IMPAGINATO BASILICA.qxp - Parrocchia San Leone | Assoro

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IMPAGINATO BASILICA.qxp - Parrocchia San Leone | Assoro
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Don Giovanni Gnolfo S.D.B.
BASILICA SAN LEONE
ASSORO
a cura di G. Nigrelli
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Al Rev. Luigi Ragusa nel XXV di Sacerdozio
e I anno di Parrocato assorino
La Provvidenza ha voluto che, dopo 70 anni, io potessi celebrare il mio 84” compleanno nella mia cara Assoro; Lei, gentilmente e affettuosamente, fece coincidere il mio compleanno con
le solenni celebrazioni centenarie di Don Bosco Santo a cui dedicai la mia vita (in Italia e nelle Missioni) fin dal 1920.
Come ringraziarla del tono “salesiano” che Ella ha impresso
già nella Sua Parrocchia, dandole l’ardore giovanile ed il timbro
Eucaristico-Mariano-Papale tanto caro a Don Bosco Santo?
Quod habeo libi do: poche note e disadorne note sulla Storia
della Basilica assorina
Ogni pietra di questo “Monumento Nazionale” è cementata
da gioie e dolori di tantissimi Sacerdoti e Parroci a cui ora Lei
succede. Con l’augurio che Ella continui l’opera indefessa dotta
e pia di questi predecessori, sotto lo sguardo benigno
dell’AUSILIATRICE; nella speranza che sorga presto, per opera
Sua l’avita chiesa dell’ “Aiuto” le cui radici affondano, forse nei
millenni prima di Cristo.
Questo è l’augurio e il voto
Don Gnotfo Giovanni
salesiano
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PREFAZIONE
Le seguenti notizie sulla storia della Basilica di San Leone di
Assoro sono tratte dal vasto repertorio di appunti, documenti,
indagini, etc., che il rev. p. Giovanni Gnolfo è andato raccogliendo e preservando nell’arco di tanti decenni.
Nonostante il missionario assorino abbia trascorso la sua
esistenza sostanzialmente fuori della città natale, seguendo la
lunga strada della sua vocazione che lo ha condotto nelle più
svariate sedi d’Italia e del Mediterraneo con un lungo periodo
(1925-52) in Israele, Egitto, Turchia, possiamo ben dire che non
c’è mai stato un altro cittadino di Assoro che abbia come lui
seguito le vicende della sua terra così intensamente da conoscere a fondo, - per quanto è umanamente possibile conoscere sulla
base dei dati acquisiti - ogni momento della sua lunghissima storia, ogni aspetto della sua civiltà, ogni reperto archeologico,
bibliografico, documentano, agiografico, leggendario.
Egli ha rivissuto profondamente, con amore e pietà filiale, la
storia plurimillenaria della sua Assoro, cercando in tutti i modi
di strapparne i vari brandelli all’oblio e affidarne la memoria ai
posteri.
Tutto il materiale reperibile del comprensorio assorino ha
egli esaminato, studiato, documentato; tutti gli scritti dell’archivio della Basilica ha sapientemente e pazientemente interpretato, trascritto e tradotto, impiegando i suoi brevi soggiorni in
patria nella frenetica ricerca di dati archeologici, artistici, archivistici esistenti anche nei centri vicini. E quanti sono stati i
dispiaceri nel constatare l’insipienza e il disamore per le cose
patrie per cui tanto patrimonio viene trascurato, ignorato,
disperso.
Molto materiale vedeva, tra un ritorno e l’altro al suo paese,
scomparire o rovinare inesorabilmente. Molti documenti d’archivio, da lui precedentemente esaminati e trascritti, sono andati smarriti o d’istrutti, per cui la sua paziente cura di recupero
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appare oltremodo meritevole e di fondamentale importanza per
gli studi futuri sulla storia di Assoro. Spesso la sua memoria prodigiosa e sempre lucida ha finito con l’essere l’unico sostegno di
tanti documenti e notizie per cui i suoi conversari si sono sempre rivelati una fonte inesauribile di informazioni.
Di tutto quanto riguarda la storia della sua città, l’ottuagenario sacerdote ha fatto incetta in una messe enorme di appunti,
notizie, stralci, progetti, etc. che, a causa della sua vita errabonda, non ha potuto mai organizzare in una sistematica trattazione.
La presente pubblicazione sulla storia del massimo tempio
assorino non poteva non trovare una paternità più adeguata di
quella di p. Gnolfo. L’antico monumento è stato infatti, quasi per
tutto l’attuale secolo, analizzato e studiato in tutte le sue vicissitudini, nella sua architettura, nel suo ricco patrimonio artistico,
in tutti gli aspetti molteplici della sua storia di ottocento anni,
per cui si può dire che non c’è pietra o vicenda della complessa
fabbrica che sia sfuggita alle sue attenzioni.
Tutto quanto egli è andato raccogliendo sulla storia della
Basilica, attingendo a tutte le fonti possibili (da Assoro a Enna, a
Palermo, a Roma), costituisce una gran mole di dati, appunti,
notizie, curiosità etc., che solo qualche anno fa, quando, nonostante l’età avanzata, era ancora gagliardo e resistente, avrebbero potuto dar luogo ad una robusta trattazione sistematica,
ampia ed esaustiva.
Si è inteso con questa pubblicazione estrarre, sia pure con
notevoli difficoltà, un quadro sintetico che fornisse le informazioni essenziali sulle vicende storiche, religiose, civili, artistiche
del monumento sacro per il quale si va intensificando sempre
più l’attenzione degli studiosi e dei turisti.
Novembre 1989
Giuseppe Nigrelli
N.B. La trascrizione, delle varie scritte con la loro traduzione a parte quella della cena,
la criptografia della cancellata di ferro e quelle degli intercolumni, è stata curala da Q. Nigrelli.
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PREMESSA
In epoca normanna (sec. XII) Assoro fu città demaniale,
appannaggio diretto della principessa Costanza.
Dopo il sisma del 1166 la vecchia città (che sorgeva sul
costone “Rjtu-Sjggiu”) si spostava sempre più sul monte la Stella
ed era quindi logico che si pensasse a costruirvi anche una chiesa.
L’inizio del nuovo tempio, ora Basilica, coincide con l’anno
in cui la principessa Costanza, Patrona di Assoro, sposa l’imperatore tedesco Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa (1186).
La nuova chiesa assorina può considerarsi un vero dono di
nozze: “bollivata” degli assonni alla loro principessa imperiale e
regalo principesco della nuova imperatrice.
La prima parrocchia di Assoro (Santu Pietru) era stata, fin
dal V secolo, al centro della vecchia città, sita nell’attuale via
Borgo. Essa continuò le sue funzioni parrocchiali sino al 1492:
allora S. Leone fu ingrandita, dichiarata parrocchia ed agli inizi
del “500 fu consacrata Basilica
In essa dobbiamo distinguere tre periodi differenti:
1° Costruzione: 1186 in puro stile “gotico-siciliano”.
2° Ingrandimento: 1486-1490 con apporti rinascimentali e
catalani.
3° Ristrutturazione: dopo il sisma del 11/1/1693, baroccheggiante con stucchi serpottiani.
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IL PRIMO S. LEONE
II primitivo tempio dovette avere soltanto le tre navate, con
proporzioni 2:1 ed il transetto, senza le alette: cappelle attuali del
Sacro Cuore e S. Leone.
Esso doveva avere finestre gotiche, ma l’altezza non doveva
avere l’odierna ascensionalità. Le pareti perimetrali erano ad
archi incrociati, di cui restano vestigia, visibili fra i gradini del
transetto e gli altari di S. Giuseppe e S. Petronilla.
Forse l’attuale torre campanaria appartiene a questa prima
costruzione, almeno fino alla prima meridiana, con qualche
piano di coronamento rientrante (come a Monreale) abolito nella
ristrutturazione di fine ‘400. Al primo sguardo la basilica si
manifesta di stile gotico-siciliano (reminiscenza e sintesi di goticismo nordico ed arabismo orientale). Lo stile ci riporta ai grandi monumenti del XII sec.: Cefalù, Mazzara, Monreale, Palermo.
E’ specialmente a queste due ultime città che bisogna riferirsi
nella lettura del S. Leone. Un prezioso documento ce ne svela il
mistero: il Sovrano chiamò da Assoro un gruppo di “16 burgenses e 40 Villani” per la costruzione del Duomo di Monreale
(Tabul. Eccl. Monreg.; notizia confermata dal Piazza: cfr. Arch.
Carmelitani Scalzi, Roma: reg. Assoro)1.
1 Chi erano questi “borghesi e villani?” Si tratta di discendenti di quei prigionieri
rimasti in Sicilia dopo la cacciata dei Saraceni: potevano essere maestranze anche di
alto livello intellettuale, ridotti, secondo lo stile del tempo, allo stato di schiavitù,
alcuni dei quali obbligati a stare nelle diverse “Ville” (casali) dipendenti da Assoro.
Che Assoro sia stata soggiorno obbligato di saraceni rimasti in Sicilia lo sappiamo
da un altro documento (Amari, Bibl. Arabo-Sicula, 1,127). Re Ruggero II affidò al
Visconte Arnaldo un dato numero di prigionieri “saraceni” da custodire in soggiorno obbligato nel territorio ‘Ha-sari’. Credo che sede unica di questi saraceni prigionieri sia stato il casale di “S.Giorgio”, già abitato dalla tribù araba dei ‘Banuh”:
nome molto diffuso anche in altre parti dell’isola (Amari, Storia dei Muss. in Sicilia,
Cat. 1927). Il documento del “Tabularium” da noi citato, parla infatti della zona
“Georg”. Saranno state queste maestranze medesime, prelevate da Assoro, a riportare nella terra natia gli schemi architettonici della capitale (Monreale-Palermo).
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Il confronto stilistico del S. Leone Assorino va fatto, specialmente, con la cappella Palatina di Palermo, di cui la Basilica ha
identici stilemi e quasi identiche misure. Esse erano entrambe
“Cappelle Palatine”, tanto è vero che le decime di quella assorina furono dal re normanno assegnate all’arcivescovo di
Monreale2.
Come tutte le chiese dopo il mille, il S. Leone assorino è
orientato da est ad ovest; così il sole, simbolo del Cristo, è presente dal sorgere al tramonto, inondando la chiesa di luce, che
penetra dai tre finestroni rotondi, due nell’abside centrale ed
uno sulla porta maggiore. La pianta primitiva fu un vero ”T”;
croce latina senza le alette, forse con tre nicchie nella parete absidale ove poggiavano tre altari; quello centrale, ancora esistente e
due laterali.
Fra il piano inferiore delle “navate” ed il “transetto” correva
un divisorio ligneo l’immancabile “Iconostasi” di origine bizantina di cui si ha notizia anche dopo la ristrutturazione di fine ‘400.
Questo divisorio che, secondo l’uso orientale, nascondeva il
Mistero ai fedeli (indegni di vedere il volto di Dio), rimase nel
cuore dei credenti, educati dal liturgismo orientale; tanto è vero
che, quando il divisorio fu distrutto dal sisma dell’11 gennaio
1693, l’iconostasi fu sostituita da un lungo e largo telone istoriato (a tileddra); essa pendeva dall’arco trionfale del Coro e fu
usata fin quasi la metà del secolo presente. Gli assonni poterono
ammirarla di nuovo nel Natale dell’anno 1988 esposta alla fruizione del pubblico presso l’aula del consiglio comunale.
Appartengono a quest’epoca primitiva le graziose sculture
che sorreggono l’altare maggiore; tre statue a tutto tondo in perfetto stile “gotico” rinserrate in altrettanti picchiotti, con vesti
pieghettate e fasce a tracolla su cui vi era qualche didascalia ora
completamente cancellata: si tratta dei Re Magi o di tre Profeti?
Forse anche in questa chiesa antica l’ingresso era sul lato lungo,
a sud come a Monreale; essa potrebbe essere quell’arco gotizzante, nella parte sud-est della navatella meridionale (fra i gradini del transetto e l’altare di S.Giuseppe).
A fine ‘400, quest’ingresso fu sostituito da un grazioso por-
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tale di stile “catalano”, secondo la moda del tempo; con ghiere
profonde e luminose sporgenze d’effetto coloristico quando il
portale è illuminato.
Tutta la Basilica è una sintesi armoniosa d’oriente bizantino,
d’occidente latino, d’influssi normanni nordici e di reminescenze meridionali (di Sicilia, Catalogna e mondo saraceno). La
Basilica assorina, come tutta la Storia di Sicilia, è lo specchio di
tutte le civiltà sintesi di tutte le Arti.
2 La decima assonna, ricordata fin dall’epoca di Dionigi di Siracusa (397 A.C.) fu
continuata in epoca romana II re l’assegnò a Monreale; a fine ‘400 ritornò alla matrice di Assoro.
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RISTRUTTURAZIONE
I conti Valguarnera (venuti in Assoro dalla Catalogna nel
1397),dopo avere abitato il turrito Castello3, s’erano costruito un
edificio, ancora oggi chiamato il “Palazzo” per antonomasia.
Accanto la loro nuova dimora, il conte Giovanni
Valguarnera (1491) pensò di erigere anche un meraviglioso
“Palazzo” per il Signore. Ma invece di costruire una chiesa del
tutto nuova, si pensò di ingrandire la Chiesa di S. Leone, ormai,
di tre secoli. Iniziata nel 1486, nel suo terzo centenario di vita, la
nuova chiesa era già ultimata nel 1490. Un’iscrizione su una
trave della navata centrale ci dice anche chi fu il benefattore del
soffitto ligneo, con travi arabescate e dipinte, secondo la tradizione “saracena”: “LULEGATU DI RUGGERU DI ROCCA NI
ACCAPTAU, VIVAI ANIMA EIUS” il legato (lasciato) di
Ruggero di Rocca ci comprò, la sua anima viva in Dio. Su una
seconda trave vi è anche la data: MCCCCLXXXX ‘(1490)
Quello stesso anno la grandiosa Basilica veniva dichiarata
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“Parrocchia”, anche se il fonte battesimale, commissionato al più
grande scultore siciliano (Antonello Gagini) sarà posto nel
Battistero solo nel 1514 (data incisa sullo stesso: MCCCCCXIIII).
I soffitti delle navate laterali hanno una copertura semplice
in legname ed anch’esse hanno la didascalia in ricordo dei loro
benefattori: NAVATELLASUD: “Co (n) fratria S.Marci (confraternita di S.Marco, esistente nella chiesa omonima accanto a
quella di S.Petronilla attuale Cam-posanto.
NAVATELLAEST: “Co (n) fratria S.Petri (confraternita di
S.Pietro nella chiesa omonima, presso la parrocchia al Borgo.4
I NUOVI ELEMENTI ARCHITETTONICI
Internamente il piano inferiore de! “naos’e quello superiore
del transetto rimasero come nella vecchia costruzione. Data la
nuova altezza di tutto l’edificio, il transetto ebbe, al centro, due
altissime colonne che lo resero doppio. Inoltre, ai suoi lati, si
aprirono le “alette” sul cui arco di ingresso ( romanico e non più
gotizzante) furono aperte due finestre “bifore” oscurate nel 700,
ma visibili dai tetti morti delle cappelle-alette.
3 Costruito all’epoca di Federico II (1250), esso fu dimora degli Uberò, discendenti del
Farinata Ma nel 1351 il turrito castello fu sbrecciato dagli assonni contro le
prepotenze del conte Scalerò. Da allora in poi andò sempre più in rovina.
4 Quest’ultima trave, che dal 700 serrasse l’organo, ora trovasi sul campanile, portatevi dopo gli eventi bellici del 1344, che, oltre all’organo, distrussero il pulpito.
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Anche il doppio transetto ebbe soffitto a travatura, come la
nave centrale, ma i suoi travi non furono né arabescati né dipinti.
In un piano superiore al transetto fu creato il “coro” triabsidato. Il suo soffitto, come pure quello delle alette e dei sucessivi
ingrottamenti non hanno travatura alcuna, ma scandito a multiple vele; queste hanno costoloni che si incrociano in una caratteristica chiave di volta (“ganglio” pedulo poligonale con stemmi
di vario genere).
Ancora in un piano superiore, dietro le absidi, corre il
“deambulatorio”, sulla cui porta intema sud è incisa la data: 1531.
A questa data erano quindi funzionanti gli ingrottamenti
praticati nella parete orientale delle “alette”; attuale cappella
“paolottaeMaterGratiae”. Verso il 1570, l’ingrottamento settendrionale sarà prolungato ancora, per creare il “Cappellone del
SS. Crocifisso”. Questa nuova cappella era già ultimata nel 1580,
anno in cui in Assoro fu portato il detto simulacro. Fra gli ingrottamenti delle “alette” c’è una differenza in profondità; la differenza dovuta alla natura del terreno (più roccioso nella cappella
“Paolotta”) o al fatto che la “canonica” (addossata trasversalmente al lato meridionale) sorse prima dell’ingrottamento? Noi
sappiamo che la “canonica” era già in funzione, come laboratorio per gli operai nel 1531, (atti Not. Arch. St Enna).
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ASCETISMO E SCENOGRAFIA
Guardare la Basilica assonna dalla porta centrale è una
visione indimenticabile: l’occhio è smarrito in un ascenzionismo
che si perde nei due archi trionfali del transetto e del coro.
Questi sono sostenuti da robusti pilastri in piani differenti.
Al misticismo ascenzionale si congiunge un barocchismo
scenografico: i diversi tre piani della Basilica (navate, transetto,
coro) formano un vero campo teatrale ove, in passato, si recitavano veri “drammi sacri” e la liturgia sceneggiata vi trovava
ampio respiro.
Il conte Giovanni Valguamera, per i servizi resi al Re
Ferdinando il Cattolico, ebbe la gioia di sapere che il figlio
Giacomo (Jaime) èra stato proposto dal Sovrano a Vescovo di
Malta. Così Mons. Giacomo successe alla sede maltese a Mons.
Paterno trasferito alla sede arcivescovile di Palermo.5 II conte
Giovanni non ebbe, però, la gioia di vedere consacrato il figlio
nella dignità episcopale; quel conte palatino morì nel 1491,
prima della consacrazione del figlio.
La cerimonia di consacrazione, da parte di altri tre Vescovi,
si svolse nella chiesa assonna di S.Leone, óra ingrandita ed
abbellita (1495). Per l’occasione vennero in Assoro il Vescovo
residenziale di Siracusa e due Vescovi “titolari”; gli stessi che
ritorneranno qualche anno dopo per consacrare la chiesa con il
grado di “BASILICA”.
Il nuovo Vescovo assorino fu generoso con la chiesa del S.
Leone; egli portò da Roma, vesti e arredi sacri di finissimo gusto,
calici ed incensieri d’argento, uno in stile gotico. Fra gli altri
oggetti, due alti candelieri di bronzo e il faldistorio6 in puro stile
rinascimentale, unici avanzi di tanta sacra suppellettile del ‘500.
Inoltre, resta ancora la cancellata di ferro con una curiosa epigra5 II Paterno era slato l’ultimo “Priore benedettino di Assoro”.
6 Faldistorio, seggio senza spalliera, a doppi braccioli, riservato a chi presiede una
cerimonia liturgica.
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feesornativa, formata da lettere greche e latine talvolta abbreviate. Eccola nella sua integrità con relativa spiegazione:
M con V sovrapposta = Melitensis Valguarnera
J
= Jaimus
P con sbarretta trasversale, in funzione di P latino
R greca ed E latina
= PRE
SUL che congiunto con
il precedente forma = PRESUL
S rovesciata
= SUA
M
= munificenza (a spese per munificenza)
S capovolta
= Sacravi! (consacrò)
Altre due lettere a forma di 3 e di 6 credo siano il giorno e il
mese. In ultimo altre quattro lettere a forma di 1 3 6 rovesciato
ed S indicano la data 1496. (Giacomo Valguarnera Vescovo di
Malta fece a sue spese. Consacrò il 3/6/1496).
Nel 1499 fu consacrata la chiesa di S.Leone, elevata al grado
di Basilica. Lo storico evento stato registrato in apposita pergamena (Arch. Basilica) e negli scudi apposti negli intercolunni
della navata centrale. Le diverse didascalie sono state varie volte
copiate e non sempre fedelmente. Noi diamo il testo delle attuali iscrizioni che risalgono a dopo il sisma dell’11/1/1693.
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SINISTRA
DESTRA
TArco 21 Aprile
De Andrea Episcopo Li
falciense
2° Arco Gia+imo Valguarnera Dal+Matio Episcopo
Siracusano
3° Arco MCC+CC
ANTONIO
MCCCC
EPISCOPO
LXXXXIX (illegibile)
HIERACENSE
4° ARCO, furono rovinati per la sovrapposizione di organo (a
nord) e pulpito (a sud) nel ‘700.
Nei restauri del 1945, a destra nel 3° arco, fu apposto il nome del
restauratore (Di Pasquale) e quello del parroco prevosto
Grippaldi e dell’architetto Rosario Nicoletti (assorino) del Genio
Civile di Palermo; il suo nome fu pure inciso nell’intradosso del
primo arco trionfale. La facciata attuale della Basilica opera del
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tardo ottocento dovuta al “pre-posito” G. Pantano che la rifece
nel 1863 con conci della cava comunale .(angolo sud del
Castello). Nell’occasione si pose la seguente iscrizione incisa
sopra il portale.
TEMPLUM VETUSTI) M
/ PROSPECTO HOC REAEDIFICATUM FUIT / ANNO DOMINI
MDCCCLXIII
L’antico tempio fu restaurato con questo prospetto nell’anno del Signore 1863
Lo stesso parroco fece la pavimentazione come attesta la lapide
posta al centro di essa nella navata centrale.
D. (eo) O. (ptimo) M. (assimo)
MARMOREO HOC PAVIMENTUM MUNIFICENTIA
ET EXPENSIS HUIUS COMUNIS
ASSOPÌ DELIBERATIONECONSILIARIA
PERACTA DIE SEPTIMAIULII
MDCCCXCVIII
IOSEPHO MARIA PANTANO
PAROCHO POSTULANTE MANUFACTUM
FUIT ANNO DOMINI MCM
PASQUALE GALLORINI/COSTRUI’
A Dio ottimo massimo, questo pavimento marmoreo fatto generosamente a spese di questo
comune di Assoro, su deliberazione del Consiglio comunale del 7 luglio 1898, in seguito alle
richieste del parroco Giuseppe Maria Pantano,
fu realizzato nell’anno del Signore 1900.
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SCULTURE
La Basilica iniziò la sua vita all’inizio del ‘500. In quel tempo
grande scultore di Sicilia era Antonello Gagini che lasciò in
Assoro diverse òpere. Ne diamo l’elenco in ordine cronologico:
1°SARCOFAGO del Conte “Palatino” (Giovanni
Valguarnera 1491); trovasi intatto nella cappella del
Camposante; esso poggia ancora su quattro cariati di PRUDENZA - GIUSTIZIA - FORTEZZA - TEMPERANZA. Poggia per
terra come le tombe reali ed imperiali nel Duomo di Palermo.
Erano pure così i sarcofagi della Basilica, oggi banalmente sorretti da spranghe di ferro. Delle cariatidi ne restano soltanto due,
poste ad ornamento accanto al tabernacolo. Fino agli anni sessanta del nostro secolo altre due cariatidi ornavano l’ingresso
dell’absidiola sud.
2 ° S A R C O FA GO del Vescovo
G i a c o m o
Valguarnera (abside
centrale della basilica lato sud); il
Vescovo giace sul
sarcofago nei suoi
paludamenti episcopali; al di sopra
una dolce Madonna
yeglia sul defunto
(+1511).
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Classicheggiante ed espressivo l’epitaffio:
HOC ANTISTES YAJMUS VIRTUTUM CULMEN EGENUM
CULTOR PRAECLARA MARMORE GENTE CUBAT.
CUI (E) PISCOPI DOMINI WALGUARNERAE JAIMI
MILLESIMO QUINGENTESIMO PRIMOQ (uè) RECESSIT
SEPTIMA VIGESIMO MAJA NOTATA DIES
In questo marmo giace il Vescovo GIAIMO,
culmine di virtù, amico dei bisognosi, di illustre stirpe. A lui va l’epitaffio del reverendissimo e del Vescovo di Malta e Signore Yiamo
Valguarnera. Morì nel 1501, il 27 maggio,
giorno memorabile.
3° SARCOFAGO dei fratelli
Ponzio e Vitale
Valguarnera rispettivamente morti nel
1510 e nel 1513;
anch’essi figli del
citato conte palatino
Giovanni
Valguarnera.
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L’epitaffio così recita:
CONDUNTUR TUMULO GEMINO CORPORA FRATRUM
VITÀLIS IUNIOR PONTIUS ALTER
PONTIUS HIC PERII! QUANDO IBANT LUSTRA T (re) CENTA
BINAQUE AUGUSTINO ET RITE DICATA DIES
TERNUM POST ANNUM EST VITÀLIS LUMINE FUNCTUS
MENSIS SEPTEMBRIS UNDECIMA DIE
HIS LICET ANTE DIEM PROPERASSENT STAMINA PARCE
FAMATAMENVALGUARNERASEMPERERIT
In un doppio sepolcro sono accolte le salme dei
fratelli, Vitale il più giovane e Ronzio. Qui
Ronzio morì mentre correva l’anno, 1510, nel
giorno dedicato, secondo il rito, a S. Agostino
(28 agosto). Dopo tre anni Vitale fu sottratto
alla luce del sole, 11 settembre. Seppur le Parche abbiano affrettato prematuramente i loro
giórni, la fama dei Valguarnera resterà imperitura.
4° CONA MARMOREA: (1515) la data
incisa nella fascia inferiore: ISTUD
OPUS+CRISTIPOSTSAECULAQUINQUEDECEMQUETRINAQUELUSTRACTUM EST-SITQUE PERENNE
PRECOR+REGENTE CLERO PE-TRO ET
FRANCISCO STEFANO. Quest’opera fu
scolpita dopo quindici secoli e tre lustri
dopò Cristo (1515) mi auguro che resti
perenne, reggeva il clero Pietro Panusio e
Francesco Stefano.
La predella della “Cona” chiusa fra
due scene d’oltretomba: Inferno, Purgatorio con a centro gli stemmi della vecchia e nuova città (tre monti sormontati da
un albero o da una stella) e quelli del
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Vescovo e del Conte. Al piano superiore i santi cari ad Assoro: S.
Leone Vescovo (titolare della basilica), S.Leone II, papa forse nativo di Assoro, S.Benedetto, in omaggio ai monaci benedettini che
evangelizzarono la cittadina e S. Placido martire, figlio del senatore TERTULLO che donò la “villa” assonna all’ordine benedettino.
Al centro di questi 4 eroi si innalza maestosa la Madonna “Libera
Inferni” la Vergine tiene in mano una “melograna”, simbolo delle
moltissime grazie che elargisce ai vivi ed ai defunti; dall’alto Essa
guarda le anime del purgatorio che volgono a Lei lo sguardo supplichevole. Infine, dopo alcune formelle con scene evangeliche
(Maddalena con profumi, soldati dormienti) in alto trionfa CRISTO RISORTO con bandiera spiegata. La statua attuale non sembra l’originale, sarà stata rifatta dopo il sisma del 1693.
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5° SCULTURA Importantissima il Crocifisso d’impasto che
ogni venerdì santo si porta in processione. Esso giunse in Assoro
nel 1580 (cfr. atto costitutivo delta relativa confraternita dei nudi:
Arch. Basilica). Chi ne fu l’autore?
Il critico tedesco Kruft attribuisce il “Crocifisso” assorino ad
Antonello Gagini.
(Opus Gaginianum, 1982, Germania). L’insigne critico si
basa soltanto sul confronto dell’opera assonna con quella identica di Alcamo; di sicura fattura di Antonello Gagini (resta l’atto di
commissione: cfr. Di Marzo voi. Il I Ga-gini etc.). Ma come spiegare che il Crocifisso giunse in Assoro il 1580, mentre Antonello
morì nel 1536? Per questo motivo io l’avevo assegnato al figlio di
Antonello:
Gian
Domenico, che certamente fu in Assoro
ove “locavit unam
puellam” in servizio
della moglie (atti
not. 1534 arch. st.
Enna). SI potrebbe
pensare che fu in
quell’occasione che
gli commissionò la
preziosa
scultura
d’impasto, due anni
prima che morisse il
padre che lavorava
insieme al figlio.
Sarebbero così spiegate le rassomiglianze stilistiche del
Crocifisso assorino
con
quello
di
Alcamo.
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Altri due imponenti sarcofagi, del secolo XVII, si trovano
attualmente sistemati nel cappellone del SS.Crocifisso ma provenienti dalla chiesa agostiniana di piazza “Arcivu”.
Entrambi riportano gli stemmi dei coniugi ivi sepolti G.
Valguarnera (a sinistra) e Maria del Carretto (a destra), e le iscrizioni seguenti ne esaltano le virtù.
D (eo) O(ptimo) M (aximo)
O COMES, AETERNIS ALTUM DECUS ADDITE FLAMMIS
QUI FIDO SERVAS IN LAPIDE HOC CINERES
VOLVISSENT SEXCENTA REOR TISI SAECULA PENSIS
FRACTURAE NUMQUAM TAM PIA FILA
DEAE VERUNI LUNA FACES HASTAM ADMIRATUS ORION
IURE DECUS CAELO TRAXIT UTERO (uè) SUUM
IOSEPH VALGUARNERA ET LUNA IV (A) SSORI COM (es) V (ir) C (larus)
DIANA LANZA ET CENTEGLIES MATER MAESTISS (ima) P.(osuit)
VIXAN, (norum)XLII
OBIJT KALENDIS APRILIS A (nno) D.(ornini) M D C X VIII
A Dio Ottimo Massimo O conte, alto decoro
aggiuto agli eterni splendori, che in questa amica lapide serbi le ceneri, se, credo, le Parche avessero continuato ad awolgere per secoli e secoli i
fili (di tua vita), giammai ne avrebbero recisi di
tanto amorevoli; ma, la Luna invero alle luci
stellari e Orione all’asta mirarono; l’uno e l’altro, a buon diritto, trasse al cielo il proprio decoro, Giuseppe Valguarnerae Luna, IV conte di
Assono uomo insigne. La madre, donna Lanza e
Centeglies, pose. Ad appena quarantadue anni,
morì alle calende di aprile 1618.
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D (eo) O (ptimo) M (aximo) QUID GENUS IMPERUS GRAVIDUM
QUID STEMMATA PROSUNT
OBSERAT HIC TUMULUS TOT MONUMENTA PATRUM
INTERITU PEREUNT UNO CUM CONIUGE CONIUX
NE CADATILLA CADENS ICTUS UTERQUE PERIT
ÙNUS AMOR FUERAT VITAE MORS UNA FATICAT
CONNUBIO FELIX ARDOR ET INTERITU
VIXIT IDEM PROCERUM COR SIC UNUMQUE DUOBUS
ET VITA ET MORTE PAR DECUS URNA PETIT
OBIJT QUARTO IDUS APRIL (is) M D C X VII
A Dio Ottimo Massimo A che giova la stirpe
gravida di potere, a che gli sterrfmi? Conserva
questo tumulo tante memorie dei padri. D’una
sola morte perisce con la moglie il coniuge.
Perché non cada lei, quando il colpo s’abbatte,
entrambi periscono. Ebbero entrambi lo stesso
unico cuore nobile, e nella vita e nella morte
l’urna reclama pari decoro. Morì il 10 di aprile
1617.
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ALTARI
II ‘600 fu epoca eminentemente “spagnolesca e barocca”:
l’opera del Concilio di Trento chiuso nel 1563 e l’opposizione al
Protestantesimo iconoclasta favorirono lo svilupparsi di devozioni e la proliferazione di relativi altari. Anche in Assoro troviamo tracce profonde. 13 primitivi altari del ‘200, nel 1534 sono già
otto, di cui tre fissi, quelli citati (Arch. Arciv. Catania).
Un atto notarile del Di Stefano (1531 Arch. st. Enna) ci fa
sapere che nella “canonica” alcuni “magistri” scalpellini preparavano alcuni altari in pietra; credo che siano gli stessi, che nel
700 saranno ricoperti da paliotti con simboli in perfetto stile
barocchetto. Uno di essi nell’attuale cappella petronillia-na
venne alla luce con i bombardamenti del 1944. Dopo un secolo
(1634) gli altari sono ancora otto, di cui sette indulgenziati come
quelli del Vaticano.
La Basilica Vaticana come la nuova Matrice assorina possiede un altare con una statua di S. Pietro ed una preziosa reliquia
di Santa Petronilla, tratta dal corpo della santa nel 1518, traslato
da un antico mausoleo nella basilica di S.Pietro.
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LareliquiapervenneadAssorotramrteilSac. Guerrerius: essa consiste in un dente molare ed una parte della cestola Nel 1650 gli
altari sono già quindici (di cui otto “privilegiati” già notati nel
1634). Ora per tale privilegio vӏ la clausola che in Basilica si
devono celebrare quattordici messe giornaliere, segno evidente
di clero numeroso che in quel tempo sorpassava le trenta unità
esclusi i monaci. Parallelamente agli altari si moltiplicano le
devozioni e le solennità. In basilica si trovano: Altare Maggiore,
del SS. Crocifisso-Spasimo (dolori Maria), S.Leone, S.Pietro, 15
Eletti (Santi ausiliatori), Santa Rosalia, le cui reliquie furono
ritrovate a Palermo durante il colera del 1664. Poi saranno portate le statue di S.Crescenzio e di S.Nicola da Tolentino, quando fu
chiusa la chiesa ed il convento degli agostiniani di piazza “arcivu”, nonché di S.Petrojiilla nella sopressione degli ordini religiosi del 700. Nel 1776 si ebbe la statua lignea di S.Giuseppe scolpita da FR. Graziano: la data e il nome sono incisi sul globo che
porta il Bambinello. La nuova solennità era preceduta dalla pratica dei sette mercoledì. Curiosa e bella la nota apposta per la
statua di S.Pietro, opera dello scultore-pittore Chirdo 1534:
doveva essere in pioppo, ma un pò più alta del S. Leone.
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LE CROCI ASSORINE
Oltre al Crocifisso gaginiano, Assoro ebbe altri due crocifissi lignei che una volta erano portati in processione nelle chiese di
S.Caterina e degli Angeli. Mentre il Crocifisso gaginiano viene
esaltato come “Patri amuru-su di Misericordia”, agli altri due il
popolo attribuisce pioggia di sabbia al primo e cocci di ceramica
al secondo.
Artisticamente interessanti risultano le due croci lignee pensili della basilica con pitture ai due lati: da una parte il divin crocifisso e dall’altra il Risorto: sono entrambe lobate.
Le carni gialline del Cristo farebbero pensare all’artista siciliano Ruzzolone; egli ha lasciato diverse croci pensili fra cui una
in Agira ed un’altra a Piazza. La data di composizione varia tra
il 1484-1526.
Di grande valore è la Croce d’argento con smalti firmata da
Vincenzo Ar-chifel, valente artista che lavorò pure alla “bara” di
S.Agata in Catania (Di Marzo, I Gagini, voi. I Basile; Accascina L
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ed, Flaccovio, PA, 1982). Anche questa croce da un lato ha il
Cristo morto e dal l’altra il Cristo Risuscitato, mentre nei lobi vi
è la figura della Vergine Maria con quelle degli evangelisti.
L’opera, preziosissima nella policromia dei suoi smalti luminosi,
nella ricchezza di rilievi, figure, ornamenti vari, è un autentico
capolavoro di arte rinascimentale. Alla base del pregevole crocifisso l’autore ha inciso, in modo vistoso, il suo nome: OPERA DI
MAESTRO VINCENCIO ARCHIFEL.
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LA PITTURA
Accanto ali scultura del ‘500 ritroviamo una notevole quantità di opere pittoriche. La Basilica brillava di quadri ad olio e di
affreschi orientali; oggi di tanto splendore si notano soltanto le
figure di 4 Diaconi nell’abside centrale:
Stefano - Lorenzo - Marcelle - Ciriaco
Grazioso l’angioletto che occhieggiava sotto gli stucchi, nel
Battistero.
L’altra parete settentrionale della navata centrale era .affrescata con la vita del santo titolare (S.Leone). Dopo la rovina del
sisma (1693) in questa stessa parete furono sovrapposti quadri di
diversa provenienza. Uno di essi, un bel S. Michele, ora sull’arco
trionfale del coro.
Ignoriamo chi abbia affrescato la Basilica e chi abbia dipinto
i diversi quadri ad olio.
Sappiamo che nel 1534 fu chiamato in Assoro, dalla
Confraternita dello Spirito Santo, un pittore di Polizzi (Arch. st.
Enna, Atti Not. Assoro). Egli doveva affrescare i portici della
chiesa di S.Spirito. Nessuno storico della pittura siciliana parla
di questo artista. Gli stessi atti notarili (1534) notano, per Assoro,
il pittore Chirdo messinese (lo scultore della statua di S.Pietro di
cui abbiamo parlato); egli doveva affrescare il salone maggiore
del palazzo comitale (Atti Not. Ass., Arch. st. Enna: not. Di
Stefano). Era forse suo il S.Michele citato.
E’ opera sicura del ‘500 il delicato quadro dei “IBEIetti”
(Sancti Adiutores). I n testa al quadro v’è la seguente iscrizione:
UT, NOS P (ro) CUNCTIS ELEGISTI FLAMINE S (aneto),
SIC TUA QUAE VALENT DEVOTIS MUNERA PRAESTA.
(Giacché Tu, o Dio, ci hai eletto per tutti, concedici quelle tue
grazie che giovano ai devoti).
Tutti questi quadri saranno ritoccati nel 700 dal pittore
Matteo Gari-gliano il quale ne dipinge altri per la Basilica e per
altre chiese assorine, (cf r. “Giuliana”, registro Conti; Arch. Bas.,
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1776), complessivamente 12
quadritra vecchi e nuovi, 10
per la Basilica e 2 per la parrocchia
di
S.
Lucia.
Nell’elenco settecentesco dei
quadri si parla dei “15
Eletti” e delle “Anime del
Purgatorio” (S. Lucia).
Oggi nella Basilica resta
uno squarcio di tela con
delicati volti di sicura fattura cinquecentesca; un brandello dell’opera originale
(Santi Ausilia-tori) ritoccata
nel ‘700. E’ di quest’epoca
invece, il quadro del
“Purgatorio” accantonato in
un deposito; sulla predella
dell’altare vi si legge questa iscrizione: “Gregorius Papa
Ecclesiae Doctor fact (um) ind (ulgentia) et Co-op (eratione) R
(everendi) M (ariae)... Polizzi et Can (onici) Cottone. A (nno) D
(omini) 1766. Fatto mentre era Papa Gregorio, dottore delle chiese, per indulgenza e cooperazione del Rev. Maria Polizzi e del
Canonico Cottone nell’anno 1766.
Fra i quadri notati nel 700 compaiono pure quelli di S.Leone
e due dell’”Epifania” o “Re Magi”: uno di essi, quello ritoccato
(quindi opera del ‘500) fu portato a S.Caterina, mentre quello
nuovo rimase in Basilica Ancora un quadro, notato nel ‘700,
quello della Madonna del Rosario; e, abbandonato in un-angolo
della chiesa, c’è pure un quadro dell’Assunta in cui si legge la
data 1725.
Altra pittura del ‘700 il S.Antonio affrescato nello sguancio
sud della porta maggiore.
Ultima pittura ad olio quella di S.Francesco di Paola (1845),
opera del Sac. assorino Francesco M. Pantano.
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I “PORTICI”
La ristrutturazione quattrocentesca circondò la fìuova
Matrice con un Tri portico. Anche in questo la Basilica assorina
ha rassomiglianze con le chiese di Ce-falù e Monreale i cui portici sono un’aggiunta del 1471 (per Cefalù) e del 1545 (per
Monreale).
I portici laterali assonni accompagnano solo le navatelle e
non toccano il transetto.
Lungo le pareti correva un sedile lapideo che’forse servì agli
scolari della Basilica.
Il portico meridionale resiste àncora, ma ridotto a semplice
magazzino e chiuso da banali pareti. Sotto di esso, nel ‘400, fu
aperta una graziosa porta di stile catalano.
Molto bello doveva essere lo scorcio del portico visto dalla
rampa che porta a Via Roma: visione di archi romani o gotizzanti: da quelli che delimitano il portico a sud a quelli d’ingresso,
compreso l’arco che congiunge Basilica e Palazzo comitale.
Quest’ultimo permetteva al Vescovo Valguamera di affacciarsi,
da una finestra, direttamente in chiesa (essa si apriva sulla porta
interna del campanile, nella navata destra, di fronte alla cappella del Sacramento).
Più complesse le vicende del portico settentrionale.
Certamente dopo il sisma del 1693 esso fu ridotto a cappella e vi
si portò l’altare delle “Anime del Purgatorio” della sottostante
cripta e divenuto perciò la cappella dell’Oratorio del Purgatorio.
La facciata è ingentilita da un grazioso portale barocco ricco
di fregi eleganti, capitelli corinzi, modanature età, e ornato da
simboli escatologici: teschi e tibie incrociati, il sole e la luna messaggeri del tempo fugace.... Mentre nella parete sud della navata centrale, dopo il sisma, furono aperte larghe finestre, per
alleggerire il peso, nella parte opposta si credette di rinforzare la
parte appoggiandovi la costruzione del nuovo Oratorio. Invano
dalla roccia della cripta fu fatta partire una robustissima colon-
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na per sorreggere la parte settentrionale della Basilica, e invano
fu posta una catena nella navatella nord, tutt’oggi visibile.7
L’oratorio è certamente opera del II Vescovo assorino,
Domenico Valguarnera, promosso alla sede di Cefalù ed ivi
sepolto (1762). Assoro ne celebrò solenne funerale (cfr.
“Giuliana”, Arch. Bas. 1762, f. 101).
II terzo portico che correva
lungo la facciata
della Basilica serviva da “pronao”
ed era, forse, sormontato da una
loggetta da cui il
clero parlava o benediva il popolo.
Tutto crollò nel
1693.
7 Oltre a questa catena la citata ‘Giuliana’ segna acconci per la cappella del
PurgatorioTè parla di uno ‘stemma’: certamente la finestra che si apre sopra il portale dell’Oratorio, curiosamente a forma di cappello con fiocchi vescovili pendenti
ai lati; bizzarie di quell’arte barocca che tendeva a “meravigliare”, (cfr. Archi. Bas.
1776, f. 13). Altre riparazioni della Cappella sono registrate nel 1741 in cui il prospetto fu interamente “ripiedato” e fu rifatto il tetto con l’impiego di 400 canne fatte
venire dal casale “San Giorgio”.
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TORRI CAMPANARIE
L’esistenza di una loggetta sul pronao comporta anche l’esistenza di 2 campanili, come nei duomi di Cefalù e Monreale.
Unica testimonianza di una 2A torre campanaria la presenza, in
quella ancora esistente, di buche di sostegno per ipotetici travi
congiungenti le due torri. Il secondo campanile sarebbe stato
appoggiato all’attuale Battistero. Il campanile esistente è scandito nella sua nudità dalle tre linee marcapiano. Originariamente
era di cinque piani. Il 5°, che fu demolito qualche decennio fa,
era, in origine, di forma conica, con mattoni in ceramica smaltata e colorata e disposti a spirale.
Crollato nel sisma del 1693, il 5° piano fu sostituito da una
semplice lanterna poligonale che, nel ‘700, fu abbellita da un orologio meccanico. Questo, qualche decennio fa, per ragioni non
chiare, sarà trasportato nella torre campanaria del Comune (ex
Badia S.Chiara), e la lanterna demolita. Né, fin’ora s’è pensato di
dare una degna corona al secolare campanile. La facciata sud
della torre campanaria ha avuto diverse meridiane nella sua
lunga esistenza. Doveva esisterne una già nell’originale costruzione del ‘200.
Poi,
dopo
la
seconda metà del
‘400, in seguito
alla costruzione
del Palazzo comitale, se ne creò
un’altra nel piano
superiore,
ma
anche
questa
rimase
inutilizzabile dopo la
creazione della
Badia (metà ‘500).
38
39
40
GLI STUCCHI
Palermo aveva rivestito le sue chiese di fantastici stucchi,
per opera dell’artista Serpotta. Anche Assoro volle imitare quest’arte nuova rivestendo là Basilica di barocchismo serpottiano.
L’oro americano aveva dato splendore a molte chiese d’Italia e di
Spagna. Assoro non volle restare indietro e fece indorare gli
stucchi. Le nuove finestre sfacciatamente luminose avevano tolto
le penembre del goticismo e maggiormente mettevano in evidenza le fantasticherie dei nuovi stucchi.
Questi erano già ultimati nel 1700 (data incisa nell’arco del
coro ma scomparsa in seguito ai danni bellici del 1944). L’autore
di tutto era stato tal Joannes De Joanne che finì l’indoratura nel
1711 (la data e il nome sono incisi in rosoni posti nel lato interno
degli archi del transetto).
IOANNE
PRIDIE NO
BAPTISTA DE
NAS AUGUSTI
IOANNE IANAU
SEPTINGENT
RAVIT HOC
SIMO DUO
TEMPLUM
DECIMO
Giovanni Battista di Giovanni inaugurò questo tempio il
giorno 4 agosto 1712.
Fra le sculture a stucco sono interessanti quelle sul frontone
delle absidio-le:
a) sulla Cappella SS.Sacramento domina la figura del
Pellicano, il mitico uccello che, secondo la leggenda, nutriva i
suoi pulcini con le proprie carni;
b) sulla Cappella del Cristo Risorto campeggia l’Araba
Fenice, altro mitico uccello di cui si diceva che, appena morto,
risorgeva al calore dei raggi del sole,
I due simboli che brillano nel prospetto delle absidi laterali
accanto all’altare maggiore ripropongono i temi centrali della
teologia cristiana: il Cristo Eucaristico e il Cristo Risorto.
L’opera di rivestimento riguardò anche i pilastri della nava-
41
ta centrale .che persero la loro sagoma originale e ricoperti di
stucchi assunsero le sembianze di colonne tortili proprie della
moda barocca. Le alte colonne del transetto furono avvolte da
tutta una densa trama di viti e viticci con angioletti (che ci riconducono ai puttini del Serpotta) i quali si arrampicano festanti
quasi a vendemmiare l’uva per l’Eucarestia. Gli altissimi pilastri
dei due archi trionfali hanno una ricopertura di stucchi meno
elegante: foglie trilobate di esotiche piante carnose simili a
“pale” di fichi d’India, arte veramente “strapaesana” di goffo
barocco. Nel 1775 fu indorato anche il cancello di ferro che chiude la Cappella del Sacramento, per opera di tal Francalanza (cf r.
Giuliana, 1775, f. 35, Arch. Bas.).
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LE CONSUETUDINIASSORINE - LA COLLEGIATA
All’artistico ‘500 è pure dovuta la Bolla papale di Leone X
del 1518, 10 stesso anno in cui Assoro ebbe da Roma la Reliquia
di S.Petronilla.
Il Pontefice Leone X approvò le Consuetudinesassorinae,
norme giuridiche tradizionali.
In esse il pontefice riconosceva che:
a) Parroco e sacerdoti in cura d’anime della chiesa assonna
non fossero forestieri. (In base a questa norma di “autonomia”
Assoro ebbe fino agli anni 1930 parroci locali).
b) II clero assorino doveva avere una adeguata cultura letteraria e musicale, con una scuola per i chierici della Basilica. e)
L’amministrazione della Basilica era affidata a 2 sacerdoti e a2 laici.
La Basilica non ebbe mai ricchezze straordinarie, aveva solo
da vivere decorosamente.
Eppure, nel 1684, nonostante le calamità naturali (siccità,
peste del 1684, e la decrescente popolazione) il clero assorino da
alla Basilica un nuovo splendore, costituendosi in Collegiata,
con beni in comune, equamente distribuiti.
I Canonici ebbero diritto alla mezzetta, al baldacchino, e alla
mazza-capitolare. Il Capitolo dei Canonici era formato da 3
Dignità: Arciprete o Preposi-to, Cantore (spagnolescamente
detto Ciantro), il Tesorier,e. I Canonici semplici erano 2 e rappresentavano il Senato della Basilica. All’apostolato ed al servizio
diretto della Parrocchia erano addetti un cerimoniere, 6 mansionari, 4 cappellani.
Ma il declino della città si rifletteva sulla Basilica. La contea
assonna veniva elevata al grado di Principato, ma questo ben presto esulò a Caropepe ove il \° Principe di Valguarnera fondò
l’omonima città. La popolazione assonna decresce in modo innarrestabile (1583, ab. 4985; nel 1637, ab. 4048; nel 1714, ab. 2715).
Eppure Assoro, nel ‘600-700 continuerà ad avere oltre alla Basilica,
due parrocchie, una ventina di chiese, cinque Ordini religiosi.
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CRONOTASSI DEI PARROCI ASSORINI
1492
1566
1607
1667
1685
1699
1702
1702
1716
1730
1731
1737
1757
1773
1786
1819
1841
1863
1911
1920
1925
1934
1948
1988
44
- Pannusio
- De Caro
- DiBernardo
- Gaglianò
- Tudisco
- Vitale
- Gangaglia
- Spalletta
- Litteri
- Perdico
- Parisi
- Giangrasso
- Polizzi
- Fiorenza
- Valenza
- Vitale
- lnguì
- Pantano
- Cagliano
- Labiunda
- Cantello
- Grippaldi
- Aleo
- Ragusa
- Screpis
INDICE
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2° ristampa
Finito di stampare
nel mese di agosto 2009
presso le
Arti Grafiche NovaGraf s.n.c.
c.da Piano di Corte, 18
94010 Assoro (En)
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