LA CHIESA DI FRONTE ALLE PERSONE DIVORZIATE E RISPOSATE

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LA CHIESA DI FRONTE ALLE PERSONE DIVORZIATE E RISPOSATE
LA CHIESA DI FRONTE ALLE PERSONE DIVORZIATE E RISPOSATE
1. IL MATRIMONIO NEL VANGELO DI GESU'
Ci troviamo di fronte a una delle questioni più attuali e più delicate nella vita della Chiesa
contemporanea.
La stabilità dei matrimoni tra battezzati è diminuita in modo allarmante e, anche se da noi in
Italia il fenomeno non ha ancora il rilievo che ha nei paesi del nord e dell' est dell'Europa, tuttavia, per
esempio, nel Comune di Reggio i matrimoni civili superano ormai stabilmente da qualche anno i
matrimoni religiosi e una buona parte di essi sono certamente seconde nozze di persone
precedentemente sposatesi in chiesa.
Sul tema del divorzio, peraltro, Gesù si è espresso con particolare chiarezza. Quando viene
interrogato dai farisei su quali possano essere i motivi richiesti per il divorzio (Mt 19,3-9), egli
risponde richiamando l'intenzione originaria del Creatore: "L'uomo lascerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola"; e conclude: "Quello dunque che Dio ha unito,
l'uomo non lo separi".
I suoi interlocutori gli obiettano che Mosè ha consentito il divorzio e Mosè parlava certamente in nome
di Dio. Ma Gesù risponde: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli,
ma da principio non fu così". La conclusione del discorso è particolarmente esplicita nel Vangelo di Marco:
"Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il
marito e ne sposa un altro, commette adulterio" (Mc 10,11-12). Addirittura, in Luca, il giudizio di adulterio è
esteso anche a chi dei due è "libero": "Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette
adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio" (Lc 16,18). La stessa cosa è detta da
Gesù nel Discorso della Montagna (Mt 5,31-32)1.
La tradizione apostolica riprende la parola di Gesù e la presenta come particolarmente
autorevole. Nella Prima Lettera ai Corinzi, al cap.7, dedicato alle problematiche connesse con la
sessualità e la vita familiare, Paolo dice: "Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non
si separi dal marito – e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito - e il
marito non ripudi la moglie" (1 Cor 7,10-11).
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Non affrontiamo la questione della "pornéia", che il Vangelo di Matteo pone come eccezione che consente la separazione (Mt 5,32 e
19,9). Si tratta di un termine variamente tradotto, che probabilmente indica delle unioni irregolari, che rendevano non ricevibile dalla
Chiesa il matrimonio dei convertiti.
Qual è la ragione di un atteggiamento così nuovo e netto su una materia così delicata?
Notiamo, per inciso, che la Chiesa cattolica è l'unica grande tradizione spirituale che non ammette il
divorzio, consentito invece da tutte le grandi religioni. Il motivo si può cogliere nelle parole di Gesù,
quando dice: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma
da principio non fu così"(Mt 19,8). In altre parole, Gesù vede nella fedeltà coniugale un frutto
eminente della novità evangelica, del mondo nuovo che Egli è venuto a inaugurare: in esso, il "cuore
di pietra" è sostituito da "un cuore di carne" (cfr Ez 36,26) e l'uomo ritorna al suo principio, al disegno
originario del Creatore. Sembra quasi che dica: "Non avete più bisogno del divorzio come uscita di
sicurezza per situazioni intollerabili, perchè voi siete nella libertà dei figli di Dio".
In più, il matrimonio del cristiano è a immagine del rapporto tra Dio e il suo popolo, secondo il
famoso paragone iniziato dal profeta Osea (Os 1-3) e continuato dagli altri profeti. Dice, ad esempio,
Isaia: "Tuo sposo è il tuo creatore, ... tuo redentore è il Santo di Israele. Come una donna
abbandonata e con l'animo afflitto, ti ha il Signore richiamata. Viene forse ripudiata la donna sposata
in gioventù? Dice il tuo Dio. Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso
amore. In un impeto di col/era ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho
avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore "(Is 54,5-8).
Dunque, Dio non fa divorzio: il suo amore creatore è in grado di suscitare sempre di nuovo la
fedeltà della sua sposa infedele, il popolo di Israele. Allo stesso modo, il cristiano riceve quella
medesima forza creatrice e tutto può essere risanato e ricominciare di nuovo.
In più, Paolo vede il matrimonio dei cristiani come fondato sull'unione di Cristo e della Chiesa
(Ef 5,21-33): a questo fondamento esso deve conformarsi, ricordando che Gesù ha riscattato la sua
sposa col suo sangue. Così, la croce, la sofferenza, il sacrificio sono la dimensione di verità dell' amore
e la garanzIa della sua efficacia rigenerante.
Affrontare la questione dei divorziati risposati non vuoI dire dunque diminuire il valore della
tradizione della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio. Anzi, coloro che, dopo un fallimento,
cercano un nuovo legame, lo vivono spesso proprio con il desiderio di realizzare un modello alto di
fedeltà e di amore, confermando così che Gesù rivela l'uomo a se stesso e, con la Sua parola, aiuta
l'uomo a riconoscere la sua più profonda verità.
L'indissolubilità del matrimonio non va dunque vissuta come un limite e una costrizione, bensì
come una grande libertà, che il Signore dona ai suoi discepoli. La libertà del cristiano è la libertà dello
Spirito Santo: "Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà,
mitezza, dominio di sé"(Gal 5,22).
Il matrimonio del cristiano non può essere il rispetto legalistico dei confini, dentro i quali però
ritagliarsi gli spazi per il proprio egoismo. L'essenza del matrimonio cristiano è l'apertura radicale
dell'Io al Tu dell'altro, la consegna di sé, la rinunzia a un progetto di vita solitario, l'accettare di
costruire insieme la propria storia, il portare reciprocamente i pesi l'uno dell'altro, la compassione per i
limiti dell'altro nella consapevolezza dei propri.
Persino la crisi serve allora all'amore: la sofferenza affrontata insieme, il perdono dato e
ricevuto, l'accompagnamento dei figli nella grande avventura educativa, la vecchiaia vissuta come
"lavare i piedi l'uno dell'altro" (Gv 13,14).
Ecco perché la Chiesa deve continuare ad annunziare che il matrimonio è voluto dal Signore
come indissolubile. Certo, c'è in questo annuncio un paradosso: come possono un uomo e una donna,
esseri limitati, pronunziare una parola così illimitata, "per sempre"?
Ma è proprio in questo paradosso che si colgono la dignità dell'uomo e il suo destino eterno:
l'eternità è discesa nel tempo, il Verbo si è fatto carne, il Figlio di Dio si è fatto uomo perchè l'uomo
diventi figlio di Dio. Non dobbiamo ridurre il Vangelo alla misura dei nostri limiti; al contrario, il
Signore vuole dilatare questi limiti. Dice il Libro della Sapienza che Dio ha saggiato i giusti come oro
nel crogiolo e, alla fine, "li ha trovati degni di sè" (Sap 3,5-6). Degni di Dio! Questa è la vocazione del
cristiano.
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Di fatto, però, il cammino personale di ciascun discepolo può essere anche molto tormentato
Può esservi il conflitto irrisolto tra la testimonianza e l'aspirazione della coscienza, e la fragilità della
volontà. Può capitare che la debolezza prevalga su quanto si conosce come giusto: i primi secoli
cristiani hanno conosciuto la bellezza straordinaria del martirio, come perfezione dell'amore per Dio e
per i fratelli; l!1a vi sono stati anche coloro che hanno tradito e rinnegato la fede e per loro la Chiesa
ha dovuto provvedere cammini penitenziali. In più, quando la Chiesa è diventata Chiesa di popolo, ci
si è trovati di fronte a una molteplicità di situazioni, nelle quali una fede ricevuta per tradizione e non
divenuta pienamente scelta personale non ha saputo affrontare difficoltà impreviste, spesso vissute in
solitudine.
A questa realtà così complessa dedicheremo il prossimo intervento.
don Giuseppe Dossetti