Io sono la porta delle pecore - Parrocchia San Michele Erice

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Io sono la porta delle pecore - Parrocchia San Michele Erice
PARROCCHIA SAN MICHELE ARCANGELO
LECTIO DIVINA – 4a Domenica di Pasqua – Anno A
Io sono la porta delle pecore Gesù applica a se stesso l’immagine biblica del pastore: in questo modo ci invita a riconoscerlo come guida della nostra vita. Egli è per noi il volto della misericordia di Dio. PRIMA LETTURA: At 2,14a.36-­‐41 – Dio lo ha costituito Signore e Cristo. Il brano conclude il primo discorso di Pietro al popolo. Un’affermazione decisa e chiara dell’apostolo compendia tutta l’esposizione precedente: «Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (v. 36), cioè ha dato il suo proprio nome divino (cfr. Fil 2,9-­‐11) – e quindi il suo potere – proprio a colui che Israele ha respinto e condannato a una morte infame (At 3,13-­‐15), ritenendo una bestemmia la sua pretesa di essere il Figlio di Dio, l’Inviato, il Cristo. Il popolo attendeva, sì, il messia (in greco: kristós), ma come trionfatore politico. Conoscendo queste aspettative, Gesù aveva sempre zittito i demòni che lo rivelavano come il Cristo, e aveva rifiutato di essere considerato re dalle folle. Solo al momento della sua condanna, sulla croce venne posta l’iscrizione scritta in tre lingue: «Gesù Nazareno Re dei Giudei» (Gv 19,19-­‐22) e il Padre con la risurrezione ratificò che davvero Gesù è «Signore e Cristo». Le parole di Pietro raggiungono il cuore degli astanti, mostrando loro l’enormità del male compiuto. Più tagliente di una spada a due tagli (Eb 4,12), infatti, la parola di Dio è mandata per discernere e salvare, non per condannare. La moltitudine percepisce la grazia di quella predicazione e si pare alla fede (v. 37). Pietro, secondo il mandato ricevuto dal Risorto (Lc 24,47-­‐48a), può allora invitare al pentimento e al «battesimo nel nome di Gesù Cristo per la remissione dei peccati». Immergersi sacramentalmente nella persona del Crocifisso-­‐Risorto vuol dire rendere efficace per noi la salvezza che egli ha operato. Perciò l’apostolo aggiunge: «Dopo riceverete il dono dello Spirito Santo» (v. 38). Con il perdono dei peccati e il dono dello Spirito si compie l’alleanza nuova promessa dai profeti e rivolta ora non solo a Israele, ma a tutti gli uomini (cfr. Ger 31,31-­‐34). Essa rimane però un’offerta da parte di Dio, che richiede la libera accoglienza da parte di ciascuno (vv. 40-­‐41). SALMO RESPONSORIALE: Sal 22,1-­‐3a.3b-­‐4.5.6 – Il Signore è il mio pastore non manco di nulla. Due sono le immagini su cui richiama l’attenzione il Sal 22: Dio è presentato al tempo stesso come “pastore” e come “ospite accogliente”. Nella prima parte del salmo responsoriale prevale l’immagine del “pastore”: l’Antico Testamento presenta spesso Jhwh come pastore del suo popolo, nel senso che vede in lui il vero re che protegge e guida il suo popolo. Le immagini vivaci legate alla vita pastorale abbracciano varie esperienze umane: fa riposare su pascoli erbosi, conduce ad acque tranquille, rinfranca, guida per un giusto cammino, protegge contro la minaccia di una selva oscura, il suo bastone (strumento per un cammino sicuro) e il vincastro (verga usata contro esseri ostili) danno sicurezza. Sono tutte immagini attraverso cui Dio è sperimentato come presenza protettiva e liberante. SECONDA LETTURA: 1 Pt 2,20b-­‐25 – Siete stati ricondotti al pastore delle vostre anime. Il battesimo, togliendo il peccato originale, dà a coloro che lo ricevono la nuova identità di figli di Dio. Per meglio caratterizzare tale trasformazione, Pietro usa termini molti precisi: i battezzati nella Chiesa sono pietre vive, stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa (2,1-­‐10). Tale ‘privilegio’ esige però l’acquisizione di una nuova mentalità e di una condotta di vita conformi a Cristo. Le differenze di condizione sociale o culturale perdono di consistenza, perché tutti i discepoli trovano la lor unità in Cristo e tutti sono egualmente «stranieri e pellegrini» (2,11) in questo mondo, tutti egualmente servi di Dio. Perciò Pietro, rivolgendosi a coloro che svolgevano mansioni umili nella società di allora, offre come modello proprio Gesù, il vero Servo di YHWH, che con pazienza e mitezza prende su di sé il peccato non suo per distruggerlo nella sua umanità. Per la sua offerta, così, l’umanità è liberata dall’unica vera schiavitù, quella del peccato, e può vivere «per la giustizia», che è amore e misericordia. Con il battesimo il cristiano è reso membro di Cristo, ed è perciò chiamato a condividere la sua passione per partecipare pure alla sua gloria nel cielo, insieme a tutti i fratelli che con la sua vita avrà cooperato a salvare. Da gregge disperso e sbandato, perché disorientato dallo scandalo della sofferenza (cfr. Mc 14,27-­‐28), il gruppo dei discepoli – e quindi tutta la Chiesa – torna a essere in Gesù risorto un gregge compatto, che cammina sulle sue orme (v. 25). CANTO AL VANGELO: Io sono il buon pastore, dice il Signore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. VANGELO: Gv 10,1-­‐10 – Io sono la porta delle pecore. Giovanni 10, capitolo dominato dalla figura del buon pastore, dev’essere letto nel contesto che gli è proprio per essere compreso più in profondità. Nel capitolo 9, infatti, Gesù si è rivelato come «luce del mondo» attraverso la guarigione del cieco nato e, operando tale miracolo, ha messo in rilievo anche la cecità spirituale dei capi dei Giudei (9,40-­‐41). Ora, Enoch etiopico – un testo apocrifo coevo – descrive l’intera storia d’Israele fino alla venuta del messia come un alternarsi di momenti di cecità e di possesso della vista da parte delle pecore per opera dei successivi rappresentanti di Dio, pastori del suo popolo. Questo significa che Gesù, dopo aver mostrato di avere il potere di ridare la vista, può affermare di essere l’unico pastore che conduce le pecore alla salvezza, il messia atteso. L’intero brano è composto da materiale tradizionale eterogeneo, formato originariamente da brani slegati e uniti solo con sistemi mnemonici: ciò spiega la fluidità delle immagini e la difficoltà di coordinare in sequenza logica i discorsi. In questo primo brano Gesù si identifica implicitamente con il pastore delle pecore che entra nel recinto (in greco: aulḗ) passando per la porta. Poiché il termine aulḗ indica anche il cortile del tempio ove si riunisce il popolo di Dio, egli dunque ne assume legittimamente la guida, con una autorità che gli viene da Dio, a differenza di «ladri e briganti». Come i pastori di Palestina che lanciavano un richiamo caratteristico per farsi riconoscere dal proprio gregge, egli conosce le sue pecore ed esse riconoscono la sua voce. Il buon pastore le conduce fuori – il messia guida il popolo in un esodo salvifico – «e le pecore lo seguono», con un intuito sicuro (vv. 4-­‐5). Dato che gli ascoltatori non capiscono, Gesù ricorre a una nuova immagine (vv. 6-­‐
10): egli è «la porta delle pecore», così come è la Via, cioè «l’unico mediatore tra Dio e gli uomini» (1 Tm 2,5). Chi passa attraverso la sua mediazione troverà salvezza, sicurezza e «pascolo», ossia pienezza di vita. La missione del pastore è proprio quella di porsi a servizio delle pecore, in contrapposizione con quanti si arrogano sul popolo un’autorità che Dio non ha loro conferito (vv. 9-­‐10) e che perciò diviene sfruttamento egoistico, sopraffazione, violenza. DALLE “OMELIE SUI VANGELI” DI SAN GREGORIO MAGNO PAPA (OM. 14, 3-­‐6; PL 76, 1129-­‐1130)
Cristo, buon pastore
“Io sono il buon Pastore; conosco le mie pecore”, cioè le amo, “e le mie pecore
conoscono me” (Gv 10, 14). Come a dire apertamente: corrispondono all'amore di
chi le ama. La conoscenza precede sempre l'amore della verità. Domandatevi,
fratelli carissimi, se siete pecore del Signore, se lo conoscete, se conoscete il lume
della verità. Parlo non solo della conoscenza della fede, ma anche di quella
dell'amore; non del solo credere, ma anche dell'operare. L'evangelista Giovanni,
infatti, spiega: “Chi dice: Conosco Dio, e non osserva i suoi comandamenti, è
bugiardo” (1 Gv 2, 4). Perciò in questo stesso passo il Signore subito soggiunge:
“Come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e offro la vita per le pecore” (Gv
10, 15). Come se dicesse esplicitamente: da questo risulta che io conosco il Padre
e sono conosciuto dal Padre, perché offro la mia vita per le mie pecore; cioè io
dimostro in quale misura amo il Padre dall'amore con cui muoio per le pecore. Di
queste pecore di nuovo dice: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco
ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna (cfr. Gv 10, 14-16). Di esse aveva
detto poco prima: “Se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e
troverà pascolo” (Gv 10, 9). Entrerà cioè nella fede, uscirà dalla fede alla visione,
dall'atto di credere alla contemplazione, e troverà i pascoli nel banchetto eterno. Le
sue pecore troveranno i pascoli, perché chiunque lo segue con cuore semplice
viene nutrito con un alimento eternamente fresco. Quali sono i pascoli di queste
pecore, se non gli intimi gaudi del paradiso, ch'è eterna primavera? Infatti pascolo
degli eletti è la presenza del volto di Dio, e mentre lo si contempla senza paura di
perderlo, l'anima si sazia senza fine del cibo della vita. Cerchiamo, quindi, fratelli
carissimi, questi pascoli, nei quali possiamo gioire in compagnia di tanti concittadini.
La stessa gioia di coloro che sono felici ci attiri. Ravviviamo, fratelli, il nostro spirito.
S'infervori la fede in ciò che ha creduto. I nostri desideri s'infiammino per i beni
superni. In tal modo amare sarà già un camminare. Nessuna contrarietà ci distolga
dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la metà
stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci
seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo
percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva
intenzione di arrivare.
Per la “Collatio”
1) Cosa caratterizza le cure di Gesù “buon pastore”?
2) Voglio forse ordinare a Gesù quello che deve darmi? Mi lascio guidare da lui?
3) Quali “pastori” si sono fatti carico di me? Perché devo essere grato ad essi?
4) Sarà che la nostra azione pastorale continua la missione di Gesù-Pastore?
5) Come rendere limpido il nostro sguardo per poter vedere il vero Gesù dei
vangeli?
Per l’ “Actio”
Ripeti spesso e vivi la Parola:
«Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla»
(Sal 22,1)