eimuntas nekrosius - culturaspettacolovenezia
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ASSESSORATO ALLA CULTURA, SPETTACOLO E SPORT EIMUNTAS NEKROSIUS IDIOTAS di Fjodor Dostoevskij PRIMA ASSOLUTA 17 • 18 • 19 GIUGNO 2009 AREA ARCHEOLOGICA DI VILLA ADRIANA, TIVOLI • ROMA I N C O L L A B O R D I O N A Z I O N E C O N M A I Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio M S E P A S S O P R O N S I O S R T I T U Z I O N A L I N S P O N S O R Una produzione Presidente Piero Marrazzo Consiglio di amministrazione Presidente Gianni Borgna Assessore, Cultura, Spettacolo e Sport Giulia Rodano Vicepresidente Andrea Mondello Amministratore delegato Carlo Fuortes Direttore Regionale Beni e Attività Culturali, Sport Enzo Ciarravano Consiglieri Luigi Abete Bruno Cagli Antonio Calabrò Francesco Gaetano Caltagirone Innocenzo Cipolletta Giovanni Ferreri Gianni Letta Giovanni Malagò Mario Marazziti Michele Mirabella Cesare Romiti Maurizio Tucci Dirigente Area Attività e Strutture Culturali Rita Turchetti Collegio dei revisori dei conti Presidente Luigi Pezzi Alessandro Bonura Demetrio Minuto S O C I F O N D A T O R I Eimuntas NekroSiuS Idiotas di Fjodor Dostoevskij In lingua lituana con sovratitoli in italiano Versione per lo spazio aperto Regia: Eimuntas Nekrošius Il Cast: Scene: Marius Nekrošius Lev Nikolaevič Myškin Daumantas Ciunis Parfën Semionovych Rogožin Salvijus Trepulis Nastas’ja Filippovna Baraškova Elzbieta Latenaite Aglaja Epančina Diana Gancevskaite Mrs. Epančina Margarita Ziemelyte Generale Epančin Vidas Petkevicius Adelaida Epančina Migle Polikeviciute Ganja - Gavrila Ivolgin Vaidas Vilius Generale Ivolgin Vytautas Rumsas Varja – Varvara Ivolgina Ausra Pukelyte Ferdyscenko Vytautas Rumsas junior Sorella Neringa Bulotaite Afanasy Tockiji Tauras Cizas Costumi: Nadezda Gultiajeva Musiche originali: Faustas Latenas Luci: Dziugas Vakrinas Assistente alla regia: Tauras Cizas Suono: Arvydas Duksta Attrezzeria: Genadij Virkovskij Company manager: Audrius Jankauskas Produzione Meno Fortas Theater. Coproduzione Vilnius - European Capital of Culture 2009; Fondazione Musica per Roma – Festival Internazionale di Villa Adriana; International Stanislavsky Foundation, Moscow; Dialog Festival – Wroclaw; Baltic House Festival – St. Petersburg in collaborazione con Lithuanian Ministry of Culture e Aldo Miguel Grompone 3 F ëdor Dostoevskij è la guida privilegiata e complessa di questa esta- te teatrale. Sono suoi i paesaggi, storici, sociali e soprattutto interiori, che i maggiori artisti propongono al pubblico di oggi perché vi riconosca crisi e rovesci, illusioni e sentimenti di un mondo contraddittorio sull’orlo dell’abisso. Peter Stein ha da poche settimane fatto vibrare l’universo dei Demoni di Dostoevskij, e lo scrittore russo torna prepotente in scena grazie a un altro nome magico del teatro contemporaneo, Eimuntas Nekrošius. In meno di vent’anni, il regista lituano, amatissimo e pluripremiato, è diventato uno dei maestri riconosciuti del teatro mondiale. Nonostante il nome difficile, l’origine baltica, il carattere riservato se non scontroso, un rapporto stretto e riservato fin quasi alla gelosia con i suoi attori, egli ha conquistato il pubblico europeo con un’arma antica quanto fuori moda oggi, la poesia. E lo ha fatto, e continua a farlo, mescolando il pubblico più difficile, di giovani e di “iniziati”, con quello più popolare dei grandi teatri e degli abbonati. Il suo nome è conosciuto e rincorso da tutti, tutti desiderano esser commossi da lui, e dal suo potente linguaggio teatrale. Che può usare l’italiano, come è successo negli ultimi anni in diverse occasioni (ultima la sua Anna Karenina da Tolstoj, e prima i cechoviani Gabbiano e Ivanov) o il suo misterioso e musicale lituano materno. Come la sua lingua, che ha una fisionomia particolare, così è particolare l’indole di questo regista quasi cinquantenne. Fisico longilineo, che i capelli tagliati cortissimi accentuano con ruvidezza. Sguardo che sfugge, quando non se ne cattura per un attimo il riflesso grigio e luminoso. Conversazione asciutta, intervallata dalla ricorrente compagnia del fumo. Un uomo di poche parole. Tanto che è sua la distinzione tra i registi pratici e quelli teorici. I teorici sanno rivelare così bene le loro idee e i progetti dei loro spettacoli “che poi le rappre- Foto di Marius Nekrošius sentazioni risultano assai meno interessanti”. I registi pratici mettono in scena, 5 ma non sono capaci di spiegare i propri spettacoli. “Io – dice non senza malizia – non tengo mai conferenze”. Regista pratico, Eimuntas Nekrošius si esprime solo in lituano e le sue indicazioni raggiungono gli attori, se questi non parlano quella lingua, attraverso le parole degli interpreti. Parole da un’altra terra, distanti, misteriose. Tradotte risultano asciutte, precise, non una più del necessario. La lingua serve certo a comprendere meglio quanto egli ci propone, ma Nekrošius comunica già moltissimo attraverso i corpi e le modulazioni vocali dei suoi attori, e ancor prima attraverso i segni elementari di cui dissemina il palcoscenico, a cominciare da quelli primordiali dei filosofi presocratici: acqua, aria, terra, fuoco... Con lui quei “materiali” di base divengono personaggi protagonisti, come l’acqua in forma di ghiaccio che dava contatto mutante al fantasma del padre del suo Hamletas. Che per altro vedeva nel ruolo protagonista la rockstar lituana Mamountovas: perché Nekrošius non disdegna affatto la contemporaneità e i suoi segni, altrimenti non potrebbe coinvolgerci fino all’ultimo respiro di spettatori. Quando era apparso le prime volte in occidente, tutti rimasero quasi scioccati dal suo teatro: ma quasi per il pudore di dover ammettere la magica, intima penetrazione che operava nei cuori degli spettatori, si cercava e si metteva in luce anche il valore “contenutistico”, quasi a giustificare con se stessi quel sentirsi abbattuti e vinti dalla sua onda emotiva. Non era un’analisi sbagliata, ma forse insufficiente. Erano ancora gli anni ottanta, e insieme al Muro resisteva il colosso sovietico, di cui la piccola Lituania sembrava (e si sentiva) vittima schiacciata. In Pirosmani Pirosmani era facile identificare in quella forzata subalternità le favolose visioni del pittore georgiano che predicava l’insurrezione libertaria della sua terra contro gli zar nell’ottocento. E anche nello Zio Vanja il fatto che i contadini cantassero Va’ pensiero evocava un qualche risorgimento necessario. Come pochi anni dopo anche le scattanti Tre sorelle, tutte luttuosa- 6 mente vestite di nero, tutte nevrosi e polsi, quasi possedute da una ossessiva “musichetta” pianistica, esprimevano più che insofferenza, quasi martirio sdegnato rispetto alla guarnigione chiassosa e violenta che occupava la loro casa cechoviana. Poi Nekrošius ha cominciato a costruire i suoi capolavori shakespeariani (anche se Tre sorelle lascia un ricordo indelebile). E a colpi di grandinate emotive e visionarie, ha tracciato tragitti esistenziali ad altissima quota, che hanno aperto un modo nuovo per avvicinarsi e lavorare a Shakespeare. Totalmente rispettoso del testo e del racconto, ma in grado di rileggere le sue parole con semplicità paradossale quanto assoluta. Corpi massicci, materiali pericolosi, anime che volano, apparizioni lancinanti e fuggevoli quanto quelle devozionali. Un godimento per gli spettatori e per il pensiero. Intuizioni geniali di particolari infinitamente piccoli, in cui il limite umano può però annegare. Ha fatto storia quel frammento dell’Otello che Nekrošius preparava per la grande scena, e che in uno squarcio di Biennale rivelò il mare d’amore e morte di Otello e Desdemona dentro la pozzanghera ottenuta dall’acqua rovesciata da una mano. Visioni forti e fulminee, che valgono più di molto “realismo” e di tante spiegazioni, ma forse più vicini alla “rivelazione” di religiosa tradizione. Anche se la religione è quella dell’artista, e del suo tempo, e del suo fare teatro. L’abbiamo visto con chiarezza, da spettatori “occidentali”, nel suo portare in scena il biblico Cantico dei cantici, come nei poemi dedicati alle Stagioni dello scrittore classico lituano Kristijonas Donelaitis. Ma ci siamo specchiati con lo stesso rispetto (e forse con una maggiore incontenibile angoscia) in quel Faust oberato dal peso dei tronchi di una intera foresta. Come il suo Macbetas, che aveva voluto condannato a portarsi sulle spalle il bosco che gli sarebbe stato fatale, irretito da tre streghe giovani belle e seduttive, che parevano aver il volto di antiche Tre sorelle... 7 Ora Nekrošius, quasi avesse esaurito curiosità o interesse per il paesaggio del grande teatro europeo, pare volersi concentrare a scavare, e dar corpo, al grande romanzo. Lo scorso anno Anna Karenina, portata a umana e rustica (e quindi quotidiana) concretezza, lontana anni luce dal glamour di classe di Greta Garbo. Adesso va a confrontarsi con un altro romanzo epocale, a di Dostoevskij. E “l’idiozia” del principe Myškin e di Nastas’ja Filippovna è quella delle passioni e delle scelte, dell’ingenuità e dell’inadeguatezza davanti alla vita che pure procede su piccole cose: promesse e tentativi di matrimonio, viaggi all’estero, tradimenti virtuali e eredità fisicamente bruciate. Se le emozioni sono una bussola nelle tempeste della quotidianità, Nekrošius e la sua ruvida genialità possono indicarci come porci, oggi, rispetto alla innocenza quasi metafisica che Dostoevskij nel suo romanzo oppone al bieco “materialismo” dei costumi che vedeva diffondersi. 8 Foto di D. MatvejevC Gianfranco Capitta EIMUNTAS NEKROSIUS Eimuntas Nekrošius Nato nel 1952, Eimuntas Nekrošius si è diplomato all’Istituto dell’arte teatrale Lunacarskij di Mosca (1978). Dal 1978 al 1979 ha lavorato al Teatro Giovanile di Stato di Vilnius, dal 1979 al 1980 al Teatro drammatico Kaunas. Dal 1980 ha ripreso l’attività con il Teatro Giovanile, dove ha realizzato le seguenti produzioni: La piazza di Yeliseyeva (1981), Amore e morte a Verona di Antanėlis e Geda (1982), Pirosmani, Pirosmani, Un giorno più lungo di cento anni di Aitmatov (1983), Zio Vanja di Cechov (1986) e Il naso di Gogol (1991). Tutte le sue produzioni sono state premiate da vari festival teatrali in Lituania e negli Stati baltici e hanno partecipato con successo a molti festival teatrali internazionali, mentre Nekrošius ha vinto numerosi premi ufficiali nel campo artistico. Dal 1991 Nekrošius è stato incaricato della direzione del Festival Teatrale Internazionale Lituano LIFE, con cui ha realizzato Mozart e Salieri, Don Giovanni, Il festino durante la peste di Puškin (1994), Le tre sorelle di Čechov (1995)e Amore e morte a Verona (1996). Tutte queste produzioni sono state presentate a numerosi festival internazionali importanti. Nel 1994 Nekrošius ha ricevuto un premio speciale come miglior regista dell’anno dal Sindacato Teatrale Lituano, nonché un premio dell’Assemblea baltica per Mozart e Salieri, Don Giovanni, La peste. Nello stesso anno Taormina Arte col patrocinio della Comunità Europea e dell’Unione dei Teatri d’Europa gli ha assegnato il Premio Europa per le nuove realtà teatrali. Nel 1997 Nekrošius ha realizzato una delle sue produzioni più fortunate, l’Amleto di Skakespeare, che ha partecipato a quasi tutti i principali festival teatrali europei ricevendo numerosi premi. Nel 1998 il regista è stato insignito del titolo di Gran Duca Gediminas 3rd Class e nello stesso anno ha ottenuto il Premio Nazionale della Lituania. Dal 1998 Nekrošius è direttore artistico del teatro studio Meno Fortas, fondato nello stesso anno. Nel 1999 ha prodotto il Macbeth di Shakespeare, che ha ottenuto il premio Golden Mask dei critici di teatro russi. Il 2 marzo 2001 ha debuttato a Venezia l’Otello di Shakespeare, che si è aggiudicato il premio per la Migliore produzione al MESS Festival di 10 Sarajevo 2001 ed è valso a Nekrošius quello per il miglior regista. Lo stesso anno il drammaturgo anno è stato onorato del prestigioso premio internazionale K.S.Stanislavskij a Mosca. Nel 2002 Nekrošius si è lanciato nel campo della produzione operistica presentando il Macbeth Verdi al Teatro Comunale di Firenze. Nel 2003 Nekrošius ha debuttato al Teatro drammatico nazionale di Vilnius con Le stagioni, la sua nuova produzione teatrale tratta dal poema epico dello scrittore classico lituano Kristijonas Donelaitis. Nello stesso anno ha ricevuto il premio del Ministero della Cultura lituano per il regista dell’anno (per Le Stagioni) e il Golden Mask del festival internazionale teatrale russo per la migliore produzione teatrale straniera. Sempre del 2003 è il Giardino dei ciliegi di Čechov con attori russi, la cui prima ha avuto luogo nel luglio 2003 a Mosca ed è stata salutata dai critici teatrali russi come una delle produzioni più memorabili di questo testo viste negli ultimi dieci anni. Nel 2001 il regista ha ricevuto a Mosca il prestigioso premio internazionale K.S. Stanislavskij. Uno dei lavori più poetici del 2004 è stata la produzione tratta dal Cantico dei Cantici del Vecchio Testamento realizzata da Meno Fortas, con cui Nekrošius prosegue la sua ricerca di nuove forme di espressione teatrali basate sull‘emozione e l‘espressione visiva. La produzione è stata accolta positivamente dal pubblico italiano, russo e lituano. Il 2005 è stato dedicato a due produzioni liriche, I bambini di Rosenthal di Desiatnikov, allestito al teatro Bolshoi di Mosca, e Boris Godunov prodotto dal Teatro Comunale di Firenze. Le ultime creazioni di Nekrošius sono uno spettacolo tratto dal Faust di Goethe realizzato da Meno Fortas (2006) e Le valchirie di Richard Wagner allestito al Teatro dell’opera e del balletto lituano nel 2007. Il 2008 è stato ricco di nuove produzioni: Eimuntas Nekrošius ha diretto Anna Karenina al Teatro di Modena e La leggenda della città invisibile di Kitezh al Teatro Lirico di Cagliari e al Bolshoi di Mosca. Eimuntas Nekrošius è attualmente impegnato nell’ultima fase di realizzazione dell’ampia produzione teatrale tratta dall’Idiota di Fedor Dostoevskij. 11 Produzioni: S. Delaney, Sapore di miele, Teatro di Stato giovanile S. Šaltenis, Le ballate di Duokiškis, Teatro drammatico Kaunas A. Čechov, Ivanov, Teatro drammatico Kaunas G. Kanovičius, S. Šaltenis, Il gatto dietro la porta, Teatro di Stato Giovanile 1980: E. Nekrošius Il quadrato, Teatro di Stato Giovanile 1981: V. Korastyliov, Pirosmani, Pirosmani..., Teatro di Stato Giovanile 1982: K. Antanėlis, S. Geda Amore e morte a Verona, Teatro di Stato Giovanile 1983 C. Aitmatov, Un giorno lungo un secolo, Teatro di Stato Giovanile 1986: A. Čechov, Zio Vanja, Teatro di Stato Giovanile 1991: N. Gogol, ll naso“, Teatro di Stato Giovanile 1994: A. Puškin, Mozart e Salieri. Don Giovanni. La peste, LIFE festival 1994: A. Puškin Le piccole tragedie, LIFE festival 1995: A. Čechov, Le tre sorelle, LIFE festival 1996: K. Antanėlis, S. Geda, Amore e morte a Verona, LIFE festival 1997: W. Shakespeare, Amleto, LIFE festival 1999: W. Shakespeare, Macbeth, Meno fortas 2000: W. Shakespeare, Otello, Meno fortas 2000: A. Čechov, Il gabbiano, progetto dell’Ecole des Maitres actors e Eimuntas Nekrošius 2002: A. Čechov, Ivanov, Teatro Argentina, Roma 2002: G. Verdi Macbeth, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Firenze 2003: G. Verdi, Macbeth, Teatro Massimo di Palermo 2003: G. Verdi Macbeth, Teatro Bolshoi, Mosca 2003: K. Donelaitis, Le stagioni: Le gioie della primavera, Meno fortas 2003: K. Donelaitis, Le stagioni: Il benessere autunnale, Meno fortas 2003: A. Čechov, Il giardino dei ciliegi, Fondo nazionale K. Stanislavskij, Meno fortas 2004: Cantico dei Cantici, tratto dal Vecchio Testamento, Meno fortas 2005: L. Desiatnikov, I bambini di Rosenthal, Teatro Bolshoi, Mosca 2006: J. W. Goethe, Faust, Meno fortas 2007: R. Wagner, Le valchirie, Teatro dell’opera e del balletto nazionale lituano 2008: L.Tolstoj, Anna Karenina, Teatro di Modena 2008: N. Rimsky – Korsakov La leggenda della città invisibile di Kitezh (opera), Teatro Lirico di Cagliari, Teatro Bolshoi di Mosca. 1977: 1978: 1978: 1980: 12 Premi: 1988: Premio del giornale Politiki come miglior regista, Belgrado 1991: Premio speciale di Taormina Arte e Unione dei Teatri d’Europa 1994: Premio Unione del teatro lituano per il miglior regista dell’anno 1994: Premio artistico dell’Assemblea baltica internazionale 1994: Premio Europa nuove realtà teatrali del Comitato Taormina Arte e Unione dei Teatri 1995: premio per il migliore regista del Festival Baltijskij Dom, San Pietroburgo 1997: Premio per l’arte e la cultura nazionale 1997, 1999 e 2004: Premio Golden Mask (Mosca) per la migliore produzione teatrale straniera presentata in Russia 1998: Unione del teatro lituano per il miglior regista dell’anno 1999: Premio del Governo della Repubblica di Lituania 1999: Premio per la migliore produzione del Festival Kontakt, Torun, Polonia 2001: Premio per la migliore produzione e il migliore regista al MESS Festival di Sarajevo, Bosnia Erzegovina 2001: Premio del Fondo internazionale K. Stanislavskij, Mosca 2003: Premio del Ministero della cultura per i Migliori artisti teatrali della stagione 2004: Premio speciale dei giornalisti e critici teatrali Golden Mask (Mosca) per la migliore produzione presentata in Russia 2005: Lettera di onorificenza “Per la diffusione della cultura teatrale lituana” dell’Istituto lituano premi “Identità lituana 2004” 2007: Premio dell’Associazione italiana critici per la migliore produzione straniera presentata in Italia 2008: Premio UBU per Faust 13 Sinossi dello spettacolo Atto Primo Prologo Svizzera Il principe Myškin, dopo aver trascorso quattro anni in cura nella clinica del Professor Schneider in Svizzera, si prepara a ritornare in Russia; Scena I treno Varsavia - S. Pietroburgo Al mattino sul treno il principe Myškin fa la conoscenza Rogožin, il quale gli confida il suo amore per Nastas’ja Filippovna, la conseguente rabbia di suo padre e di come sia riuscito a fuggire da lui. Intanto, mentre Rogožin è lontano, suo padre muore lasciandogli una cospicua eredità. Giunto a S. Pietroburgo, Myškin si mette alla ricerca della casa del generale Epančín. Scena II Casa Epančín Myškin, mentre conversa con il generale Epančín ed il suo segretario Gavrila Ivolguin (Ganja), non può fare a meno di notare il ritratto di Nastas’ja Filippovna e scopre che, oltre ad essere molto bella, proprio quel giorno è il suo compleanno e che, in occasione della festa, avrebbe annunciato il proprio consenso alle nozze con Ganja. Scena III Casa Epančín Il principe fa la conoscenza della Signora Epančinà, sua lontana parente e delle figlie Aglaja ed Adelaide ed esortato dalle donne, racconta della sua vita in Svizzera, parla della pena capitale e della sua amicizia con i ragazzi del luogo e di Marie. In seguito, spinto ad esprimere il proprio pensiero circa i volti delle ragazze, Myškin afferma che Aglaja è quasi bella come Nastas’ja Filippovna. A questo punto, la generalessa Epančinà adirata, insiste per sapere presso Ganja se questi sia prossimo o meno al matrimonio con Nastas’ja. Scena IV S. Pietroburgo, Casa Ivolgin Myškin e Ganja si recano a casa Ivolgin, dove incontrano il padre di Ganja, il generale Ivolgin e Varja, la sorella. I progetti matrimoniali di Ganja acccendono qui un’infervorata discussione. Senza preavviso anche Nastas’ja Filippovna giunge a casa Ivolgin e per errore tratta il principe Myškin come un domestico. Infine Rogožin , sopraggiunge nell’abitazione e tenta di comprare la futura sposa a Ganja promettendo di consegnare centomila rubli entro la serata. Quella sera il principe Myškin chiede a Ivolgin di accompagnarlo alla festa di compleanno di Nastas’ja. Scena V Festa di compleanno a casa di Natas’ja Filippovna Foto di Marius Nekrošius Gli uomini giocando a un petit-jeu si confessano le cattive azioni compiute durante la vita. Nastas’ja Filippovna è molto agitata, ma si mostra improvvisamente felice per l’arrivo inaspet- 15 tato di Myškin, al quale chiede un parere circa il matrimonio con Ganja. Il principe le consiglia di non farlo, dichiarandole inoltre il proprio amore e la sua intenzione di sposarla. Myškin le parla anche della lettera di notifica relativa all’eredità. Nastas’ja Filippovna accetta di diventare principessa, ma all’arrivo di Rogožin che porta con sé i centomila rubli si vede contesa dai tre uomini. Sceglie di fuggire con Rogožin, ma prima di andarsene getta i soldi nel camino acceso e sfida Ganja ordinandogli di recuperarli dal fuoco e di impadronirsene. Atto Secondo Scena VI Casa Rogožin, S. Pietroburgo Sei mesi più tardi. Il principe Myškin si reca a far visita a Rogožin ed esprimono i loro sentimenti nei confronti di Nastas’ja Filippovna. Rogožin la ama appassionatamente e confessa di averla anche picchiata una volta. Myškin afferma invece di amarla mosso solo da un sentimento di pietà. Rogožin chiede a Myškin se crede in Dio e i due uomini si scambiano le rispettive croci. Però quella sera stessa Rogožin tenta di accoltellare a morte Myškin, ma il principe viene colto da un attacco di epilessia. Scena VII Convulsioni Dopo l’attacco di epilessia, Myškin è condotto nella residenza estiva di Pavlovsk. Scena VIII Pavlovsk Tutti sono in visita presso il principe che si sta riprendendo a poco a poco. Sentendo nominare il “ cavaliere povero“, la signora Epančinà insiste per ascoltare la poesia. Aglaja dedica i versi al principe Myškin affermando che lo odierà finché avrà vita. Rimasta sola con Myškin, la generalessa Epančinà gli ordina a mostrarle la lettera che ha scritto alcuni mesi prima ad Aglaja. Myškin le ripete a memoria la lettera e le mostra il messaggio di Aglaja a lui indirizzato. La generalessa capisce così che Aglaja è innamorata del principe e lo esorta a raggiungere la figlia immediatamente. Atto Terzo Scena IX Parco a Pavlovsk Aglaja scrive un messaggio a Myškin per fissare con lui un appuntamento. A tarda sera Rogožin incontra Myškin nel parco e asserisce che Nastas’ja Filippovna è innamorata di lui e che nel contempo sta scrivendo diverse lettere ad Aglaja. A ciò Myškin reagisce dicendo che Natas’ja non ha la testa a segno, è priva di senno e che è necessario mandarla all’estero. Myškin chiede a Rogožin di fargli gli auguri per il suo compleanno o di restituirgli la croce. Rimasto solo, il principe si addormenta e sogna Nastas’ja Filippovna. Scena X Panchina nel parco Aglaja di prima mattina trova Myškin addormentato. Risvegliatosi, Myškin le confessa di aver sognato un’altra donna. Aglaja offesa, propone comunque a Myškin di essere suo amico e di aiutarla a fuggire da casa, minacciando di sposarsi con Gavrila Ivolgin in caso contrario. 16 Consegna inoltre a Myškin le lettere di Natas’ja Filippovna chiedendogli di gettargliele in faccia. Vengono scoperti dalla generalessa Epančinà . Scena XI Lettere di Natas’ja Filippovna ad Aglaja Natas’ja ha scritto alcune lettere ad Aglaja e il principe le legge. Nelle lettere Nastas’ja Filippovna confessa di adorare Aglaja e che desidera che essa sposi Myškin. Nastas’ja invece sposerà Rogožin. Atto Quarto Scena XII Residenza estiva degli Ivolgin Ganja e Varja sono adirati con il padre poiché beve coprendo d’infamia la propria famiglia. Varja informa Ganja del fidanzamento tra Myškin e Aglaja, ma Ganja la sorprende mostrandole un messaggio in cui Aglaja lo invita ad un incontro. Scena XIII Morte del Generale Ivolgin Il generale Ivolgin si reca dal principe Myškin e annunciando che la sua vita è giunta al termine, lo invita a far visita alla sua tomba. Lo mette in guardia anche da Rogožin intimandogli di fuggire all’estero con Nastas’ja Filippovna. Ivolgin viene poi colpito da un infarto e muore. Scena XIV Residenza estiva degli Epančín, Pavlovsk Nel corso della festa gli Epančín desiderano annunciare il fidanzamento di Aglaja e Myškin. Aglaja chiede con insistenza a Myskin se desidera davvero sposarla e il principe le dichiara il suo amore e chiede la sua mano. Aglaja si scusa per il suo comportamento, bacia Myškin e gli chiede di rompere un vaso, per far piangere sua madre. Myškin, in seguito alla domanda sulla fede ed al lungo discorso sulla religione, si infervora e svenendo rompe il vaso. Gli Epančín lo perdonano. Scena XV Residenza estiva di Natas’ja Filippovna Aglaja conduce Myškin da Nastas’ja e da Rogožin. Aglaja biasima Nastas’ja Filippovna di non aver amato Myškin e anzi di averlo torturato. Inizialmente Nastas’ja Filippovna ascolta in silenzio, ma poi infuriata chiede a Myškin di scegliere tra lei e Aglaja. Myškin irretito davanti alle due donne, finisce con l’essere compassionevole nei confronti della farneticante Natas’ja. Aglaja disperata si toglie l’anello di fidanzamento e scappa. Ma Nastas’ja Filippovna proprio sul punto di sposarsi con Myškin fugge all’ultimo momento nuovamente con Rogožin. Scena XVI Casa Rogožin, S. Pietroburgo Il giorno seguente il principe si reca a casa di Rogožin il quale gli confessa di aver ucciso Nastas’ja accoltellandola di prima mattina . Entrambi decidono allora di mantenere il silenzio e si stendono accanto al corpo ormai privo di vita di Nastas’ja Filippovna. 17 IDIOTAS PRIMA PARTE Tutte le foto di Marius Nekrošius Scena 1 Fine novembre, 9 del mattino. Treno Varsavia-Pietroburgo. Rogožin: Patite il freddo? Myškin: Molto, e notate che questa è una giornata di sgelo. Non pensavo davvero che da noi facesse così freddo. Non c’ero più abituato. Rogožin: Venite dall’estero? Myškin: Sì, dalla Svizzera. Sono stato per molto tempo, più di quattro anni, lontano dalla Russia, sono stato mandato all’estero per una strana malattia nervosa, una specie di epilessia. Rogožin: Ebbene, vi hanno guarito? Myškin: No, che non mi hanno guarito. Rogožin: Eh! Avrete speso chissà quanto denaro per niente, mentre noi qui ci fidiamo di loro. Myškin: Certo non posso contraddirvi, perché conosco solo il mio caso, ma il mio medico mi ha dato del denaro, per pagarmi il viaggio di ritorno. Inoltre mi aveva già mantenuto là, a sue spese, per quasi due anni. Rogožin: Perché, non c’era nessuno che pagasse per voi? Myškin: No. Il signor Pavliscev, che mi manteneva laggiù, è morto un paio di anni fa. Io poi scrissi alla moglie del generale Epančin, una mia lontana parente, ma non ho ebbi risposta. E così, sono venuto qui. Rogožin: Immagino allora che tutto il suo bagaglio sia quel fagotto. Ma permettete, con chi ho l’onore di parlare? Myškin: Principe Lev Nikolaevič Myškin. Rogožin: Il principe Myškin? Lev Nikolaevič? Non lo conosco. Myškin: Lo credo bene! Di principi Myškin non ce n’è più nessuno, tranne me. Se non sbaglio, sono l’ultimo e unico. Non so in che modo la generalessa Epančina risulti una principessa Myškin, ma anche lei è una discendente del principe Myškin, l’ultima nel suo genere. Rogožin: Ah! L’ultima del suo genere! Che gioco di parole! 21 22 Myškin: Figuratevi che l’ho detto proprio senza pensarci. Rogožin: Ditemi! Avete studiato laggiù qualche scienza, con quel professore? Myškin: Sì. Ho studiato. Rogožin: Io invece non ho studiato mai nulla. Conoscete i Rogožin? Myškin: No. In Russia conosco pochissima gente. Siete voi Rogožin? Rogožin: Sì, sono io, Rogožin, Parfën Rogožin. Cinque settimane fa ero come voi, senz’altro che un fagotto. Sono scappato dalla casa di mio padre per venire a Pskov, e, quando ero via, lui morì. Sia benedetta la sua memoria, ma se non fossi scappato mi ammazzava di sicuro. Myškin: Voi l’avevate fatto arrabbiare? Rogožin: Oh, sì. Lo avevo fatto arrabbiare. Ma è stato soprattutto mio fratello a farmi uscire dai gangheri. Mia madre non ha potuto far niente, è una donna vecchia. Ma lui, perché non mi ha informato? Dicono che mi hanno mandato un telegramma. Che c’è di buono nei telegrammi? È arrivato alla zia. Si è spaventata e, senza aprirlo, l’ha riportato all’ufficio, ed è rimasto lì fino ad ora. Soltanto Konev, mi aiutò, informandomi di tutto. Di notte mio fratello tagliò via le nappe d’oro del drappo funebre che coprivano la bara di mio padre per guadagnare un sacco di soldi. Basterebbe solo questo fatto per mandarlo in Siberia, se volessi, perché è un sacrilegio. Credono che io sia ancora malato ma io, senza dire una parola, mi sono messo in treno, ed eccomi in viaggio. Ah, fratellino Semën, devi aprirmi e farmi entrare. Che io abbia fatto arrabbiare mio padre per lei è vero. Fu solo colpa mia. Quella volta, principe, attraversavo di corsa il Nevskij, con un pastrano di mio padre, ed eccola uscire da un negozio, e montare in carrozza. D’improvviso fui tutto un fuoco, giuro. Poi incontrai Zalëžev. Mi dice che non è roba per me. Questa è una principessa. Si chiama Nastas’ja Filippovna Baraškova, e vive con Tockij, che non sa come liberarsi di lei, perché avendo ormai una certa età, 55 anni, vorrebbe sposare la donna più bella di Pietroburgo. Mi lasciò intendere che quel giorno stesso avrei potuto vedere Nastas’ja Filippovna al balletto. Avrei voluto che mio padre ci permettesse di andare a teatro, perché normalmente ci avrebbe ammazzato! Io tuttavia ci andai per un’ora e vidi Nastas’ja Filippovna. Tutta quella notte non dormii. La mattina mio padre mi diede due titoli da vendere, da circa 5.000 rubli l’uno. “Vendili”, mi disse, “poi porta 7.500 rubli al banco e riportami il resto, “senza andare in nessun altro posto. Fa’ in fretta, ti aspetterò qui”. Io vendetti i titoli, presi il denaro ma non andai al banco. Me ne andai dritto al negozio inglese, e scelsi un paio di pendenti, con un diamante ciascuno. Corsi da Zalëžev: “Su”, dissi, “andiamo da Nastas’ja Filippovna”. E ci avviammo. Allora non dissi chi ero io, ma Zalëžev disse: “Questo è da parte di Parfën Rogožin, in ricordo dell’incontro di ieri. “Compiacetevi di accettarli”. Lei aprì la scatoletta, guardò e sorrise. “Ringraziate”, disse, “il vostro amico signor Rogožin per la gentile attenzione”. Fece un inchino e se ne andò. Perché non sono morto lì, sul momento? Io, a dire il vero, volevo già buttarmi nel fiume, senza passar a casa, ma poi ho pensato che era la stessa cosa. E come un maledetto sono tornato a casa. Mio padre mi prese, mi chiuse a chiave al piano di sopra, e mi dette una lezione che durò un’ora buona. “Questo non è che un assaggio”, mi disse. “Ripasso a darti un altro salutino prima di notte”. Il vecchio andò da Nastas’ja Filippovna, le fece degli inchini fino a terra, supplicò e pianse perché gli ridesse i diamanti. Lei le rispose: “Eccoti i tuoi orecchini, vecchio barbone. Ora per me valgono dieci volte di più “se Parfën se li è procurati con tanto rischio. Saluta e ringrazia Parfën”. Io, intanto, presi il treno per Pskov e me ne andai per bettole. Passai tutta la notte delirante, steso per terra. Rogožin: Principe, non so perché t’ho preso a benvolere. Forse perché t’ho incontrato in un momento come questo. Vieni a trovarmi, principe. Ti toglieremo codeste ghette e ti farò indossare una bellissima pelliccia di martora di prima qualità. Ti farò cucire una marsina di ottimo taglio e un panciotto bianco, o quello vuoi tu. Ti riempirò le tasche di denaro e andremo da Nastas’ja Filippovna! Verrai o no? Myškin: Verrò con grandissimo piacere. Vi ringrazio molto d’avermi preso a benvolere. Ve lo dico sinceramente, anche voi mi siete piaciuto molto, in particolare quando avete raccontato dei pendenti di brillanti, sebbene il vostro viso sia cupo. Vi ringrazio. Effettivamente presto avrò bisogno di un abito e di una pelliccia. Quanto a denaro, attualmente sono quasi senza un centesimo. Rogožin: Il denaro arriverà, stasera ne avrò molto. Vieni a trovarmi! Ma voi, principe, avete molta inclinazione per le donne? Ditelo prima! Myškin: Io, no! Io, vedete, a causa della mia malattia non le conosco affatto. Rogožin: Se è così, principe, sei davvero un santo, e Dio ama quelli come te! Scena 2 A casa del Generale Epančin. Gen. Epančin: Gavrila Ardalionovič! Allora, in cosa posso esservi utile? Myškin: Non ho alcun affare improrogabile. Il mio scopo era semplicemente di fare la vostra conoscenza. Vengo dritto dal treno... dalla Svizzera. Generale Epančin: Per far conoscenze di solito ho poco tempo. Una ragione non c’è, d’accordo, e certamente abbiamo poco in comune. Myškin: Io sono il principe Myškin e la vostra consorte appartiene alla nostra stirpe. E ho sentito dire che siete brave persone. Generale Epančin: Grazie. Principe, poiché abbiamo concluso che non è il caso di parlare di parentela fra noi, ne consegue che... 23 24 Myškin: Ne consegue che devo alzarmi e andarmene? Immagino sia giusto così. Bene, addio e scusate se vi ho disturbato! Generale Epančin: Ma sapete, principe, Elizaveta Prokof’evna forse vorrà vedere una persona che porta il suo stesso nome. Myškin: Lo confesso, contavo appunto sul fatto che Elizaveta Prokof’evna, forse, si sarebbe ricordata che le avevo scritto una lettera. Generale Epančin: Ma quanti anni avete, principe? Myškin: 26. Generale Epančin: Credevo molto meno. Myškin: Sì, dicono che ho un viso giovanile. Generale Epančin: Possedete almeno qualcosa? O forse avete intenzione di dedicarvi a qualche attività? Myškin: Per il momento non possiedo nulla e non ho nemmeno un’occupazione, eppure vorrei trovarne. Il denaro per il viaggio me l’ha dato Schneider, il mio professore, che mi aveva curato e istruito in Svizzera. Generale Epančin: E in Russia non avete nessuno, proprio nessuno? Myškin: Per ora nessuno, ma spero... Inoltre ho ricevuto una lettera! Generale Epančin: Allora siete in grado di leggere e scrivere senza errori? Myškin: Sì, altro che. Generale Epančin: Magnifico. E la calligrafia? Myškin: È, oserei dire, un mio talento. Vi scriverò subito qualcosa. Generale Epančin: Mi fareste un favore. Anzi, è necessario. Ganja, date della carta al principe. Cos’è questo? Ah, Nastas’ja Filippovna! Te l’ha mandato lei stessa, proprio lei? Ganja: Gliel’avevo chiesta già da un pezzo. Vi ricordate certamente, Ivan Fëdorovič, di questa sera? Generale Epančin: Me ne ricordo, me ne ricordo, certo, e ci sarò. Ci mancherebbe, è il giorno del suo compleanno, 25 anni! Ganja: Ad ogni modo, si risolverà tutto stasera. Myškin: Sicché questa è Nastas’ja Filippovna? Straordinariamente bella! Generale Epančin: Forse conoscete già anche Nastas’ja Filippovna? Myškin: Sì, in mattinata, in treno, Rogožin mi ha parlato di lei. Ganja: Che vi è parso, principe? Si tratta di una persona seria o solo di uno scapestrato? Myškin: Mi è parso che in lui ci fosse molta passione, persino morbosa. Generale Epančin: Vi è sembrato così? Myškin: Sì, m’è sembrato così. Generale Epančin: Ascolta, Ganja, rallegrati. Hai capito? Vuoi o non vuoi, in sostanza? Se non vuoi dillo, e tanti saluti. Ganja: Lo voglio. Generale Epančin: Quindi sa scrivere correttamente? Ganja, dai la carta al principe. Myškin: Quante cose deliziose avete qui! Tante penne e accessori, e che carta meravigliosa! Ecco, questa è la firma autentica di un manoscritto del 14° secolo. Poi ecco qui avete il carattere francese, rotondo e pieno, del 18°secolo. Guardate la rotondità di queste “a” e “d”. Questo è un carattere russo, da scrivano militare. Generale Epančin: Sorprendente Ganja. Qui abbiamo un vero talento. Non siete semplicemente un calligrafo, siete un artista! Ganja: È consapevole anche della propria vocazione. Generale Epančin: Veniamo al dunque, principe. Vi ho già spiegato che non mi è possibile ricevervi molto spesso, ma desidero sinceramente aiutarvi un pochino. Per cominciare permettetemi di offrirvi questi 25 rubli. Spero che tu, Ganja, non abbia nulla in contrario a che il principe venga a stare a casa vostra. Ganja: Oh, al contrario! Myškin: Vi ringrazio, generale. Vi siete comportato con me come un uomo straordinariamente buono. Rogožin mi aveva già invitato ma... Generale Epančin: Rogožin? No, ve lo sconsiglierei... Elizaveta Prokofievna, venite. Elizaveta Prokofievna, venite! Ganja: E così vi piace questa donna, principe? Myškin: Un viso stupendo! E sono sicuro che il suo destino non è dei più comuni. È un viso orgoglioso, orgogliosissimo. Ma chissà se è buona? Ah, se fosse buona! Tutto sarebbe salvo! Ganja: Ma voi sposereste una donna così? 25 Myškin: Non posso sposare nessuno, sono malato. Ganja: E Rogožin la sposerebbe? Che ne pensate? Myškin: Perché no? Penso che la sposerebbe anche domani. La sposerebbe, ma dopo una settimana sarebbe capace di sgozzarla. Che avete? Scena 3 A casa del Generale Epančin 26 Mrs Epančina: Mi compiaccio di constatare che conoscete le buone maniere. E non siete affatto il tipo che il generale ha ritenuto opportuno descrivere. Al contrario, siete molto ben educato. I vostri modi sono perfetti. Principe, avete molto appetito? Myškin: Sì, ora me n’è venuto molto, e vi sono assai riconoscente. Mrs Epančina: Aglaja, Adelaida, prendetevi cura del principe! Vero che non è poi così malato? Forse non c’è neanche bisogno del tovagliolo al collo. Mangiate, principe, e raccontatemi dove siete nato, dove siete stato allevato? Voglio sapere tutto, mi interessate in maniera straordinaria. Voglio che risultiate interessante anche a tutti loro. Dunque, parlate. Aglaja: Io non racconterei nulla, se me lo ordinassero così. Mrs Epančina: Che c’è di strano? Principe, vi è piaciuta la Svizzera? Myškin: La prima impressione fu forte. Quando mi portarono via dalla Russia guardavo in silenzio fuori dalla finestra. Ciò era accaduto dopo una serie di violenti attacchi del mio male. Perdevo il nesso logico dei miei pensieri. Ricordo che provavo una tristezza insopportabile, mi veniva perfino da piangere. Il fatto che tutto mi fosse estraneo aveva fatto un effetto terribile su di me. Mi ricordo che mi risvegliai completamente da questo torpore una sera. Fu il raglio di un asino, al mercato in città, a destarmi. Quell’asino mi colpì enormemente e chissà perché mi piacque moltissimo. Da quel momento, mi si schiarirono i pensieri. Mrs Epančina: Un asino? Eppure non è così strano. Chiunque potrebbe innamorarsi di un asino! Myškin: Da quella sera, gli asini mi piacciono particolarmente. E, grazie a quell’asino, cominciai ad apprezzare la Svizzera intera. Mrs Epančina: Perché continui a ridere, Aglaja? E anche tu, Adelaida? Il principe ha raccontato splendidamente dell’asino. Lui l’ha visto di persona, ma tu che cosa hai visto? Sei mai stata all’estero, tu? Adelaida: Io un asino l’ho visto, mamma. Aglaja: E io l’ho anche sentito. Mrs Epančina: Cosa avete visto all’estero oltre all’asino? Adelaida: Non capisco perché non andiamo all’estero. Sono già due anni che non riesco a trovare il soggetto di un quadro. Principe, trovatemi il soggetto di un quadro. Myškin: Mi pare che basti guardare e dipingere. Adelaida: Non sono capace di guardare. Mrs Epančina: Non sei capace? Apri gli occhi e guarda! Raccontateci piuttosto, principe, quello che guardavate voi. Myškin: Non so. Lì mi sono soltanto rimesso in salute. Ero quasi sempre felice, però. Aglaja: Felice! Voi sapete essere felice? Myškin: C’era una cascata. La notte mi piaceva ascoltarne il suono, ma in quei momenti ero preso da un grande turbamento. La stessa cosa mi accadeva in mezzo alle montagne, e tutt’intorno c’erano dei pini. Restavo tutto solo, circondato da un terribile silenzio. Il nostro villaggio era lontano. Il sole splendeva, il cielo era azzurro, un vecchio castello sulla cima. Ero solito osservare proprio là dove il cielo e la terra si incontrano, e desideravo cercare in quel punto la chiave dell’enigma, credendo che avrei potuto trovare una nuova vita, mille volte più intensa e più rumorosa. Ma poi mi sembrò che anche in prigione si potesse trovare una vita immensa. Aglaja: Quest’ultimo lodevole pensiero l’avevo già letto nella mia antologia. Adelaida: Volume secondo. Voi siete un filosofo, principe e siete venuto a farci la lezione. Aglaja: Avete finito? Myškin: Sì, ho finito. Aglaja: Perché avete raccontato questo? Myškin: Così! M’è venuto in mente, a proposito del nostro discorso. Non siete adirate con me? Tutte e tre: Per quale motivo? Myškin: Forse, a volte, dico cose strane! Aglaja: Mi dispiace, principe, che non abbiate visto un’esecuzione capitale. Vi avrei chiesto una cosa. Myškin: L’ho vista un’esecuzione capitale. Aglaja: Se l’avete vista, come fate a dire di aver vissuto sempre felicemente? V’è piaciuta molto? 27 28 Myškin: Non m’è piaciuta affatto, ma guardavo come se fossi stato incatenato, senza riuscire a distogliere lo sguardo. Aglaja: Nemmeno io avrei potuto distogliere lo sguardo. Adelaida: Raccontateci dell’esecuzione capitale. Voglio sentirlo assolutamente. Myškin: Quando mi avete chiesto di darvi un soggetto per un quadro, m’era venuta l’idea di suggerirvi questo. Dipingere il volto di un condannato un attimo prima del colpo di ghigliottina, quando è ancora in piedi sul patibolo, prima di stendersi su quell’asse. Adelaida: Come, il volto? Solo il volto? Che quadro ne verrebbe? Myškin: Perché no? Adelaida: Come dovrei dipingere quel volto? Solo il volto? Myškin: Fu giusto un minuto prima della morte. In quel momento guardò dalla mia parte. Io guardai il suo volto e capii tutto. Io già allora pensavo che un quadro simile sarebbe stato notevole. È necessario immaginarsi tutto quello che c’è stato prima. Lui era in prigione e si aspettava di venir giustiziato di lì a una settimana. Ancora assonnato non ci credette, ma quando fu sveglio del tutto e comprese quel che succedeva, tacque e non aveva più voglia di dire nulla. Attraversando tutta la città, lo conducono al patibolo. Tutt’intorno c’è folla, grida, frastuono, ma soprattutto il pensiero: “Ecco, questi sono diecimila, ma nessuno di loro viene giustiziato, invece io sì”. Al patibolo, a un tratto si mise a piangere, eppure era un uomo forte e molto malvagio! Il prete doveva essere una persona intelligente, aveva smesso di parlare e continuava a dargli il crocifisso da baciare. Ai piedi del patibolo, d’un tratto divenne pallido come un foglio di carta. Baciava la croce con avidità, con fretta, quasi si affrettasse a far provvista non so di che, per ogni evenienza. È difficile che in quel momento fosse viva in lui una qualsiasi coscienza religiosa. E fu così fino al patibolo. La testa, in questi momenti, vive e lavora terribilmente, come una macchina. E pensare che è così fino all’ultimo quarto di secondo, quando già la testa giace sul patibolo e aspetta, e sa, e ad un tratto sente scivolare giù il ferro sulla sua testa. Se mi trovassi io sul patibolo cercherei di sentirlo apposta e lo sentirei! Quando la testa vola via, è cosciente! Che cosa incredibile da provare! Pensate se quella coscienza durasse anche solo 5 secondi! Cercate di dipingere il patibolo, il condannato, la faccia pallida come un foglio di carta, il prete che tende il crocifisso. Il crocifisso e la testa. Ecco quale sarebbe il quadro. Ecco un quadro per voi. Adelaida: Be’, adesso raccontate di quando eravate innamorato. Mrs Epančina: Che sciocca! Non le badate, principe. Non pensate male se vi punzecchiano in questo modo. Ne hanno certo studiata qualcuna, ma vi vogliono già bene. Lo so, conosco i loro visi. Myškin: Anch’io conosco i loro visi. Adelaida, Aglaja: Com’è possibile? Che sapete dei nostri visi? Adelaida: Se siete un fisionomista tanto bravo, probabilmente siete stato anche innamorato. Myškin: Non sono stato innamorato. Sono stato felice diversamente. Adelaida, Aglaja: Come, in che modo? Myškin: Laggiù non c’erano che bambini e io ero sempre con loro, soltanto con loro. I bambini non mi volevano bene, all’inizio, ridevano di me, cominciarono persino a gettarmi dei sassi, quando videro che baciavo Marie. Marie aveva circa vent’anni, era debole e magrolina e aveva la tisi. Un francese, un commesso viaggiatore di passaggio, l’aveva sedotta e portata via ma dopo una settimana l’aveva abbandonata. Quando tornò, la madre per prima l’accolse con cattiveria, rudezza e disprezzo. Marie giaceva sul pavimento piangente, disperata. All’epoca aveva preso a sputare sangue. I bambini presero a gettarle del fango. Quando la madre morì, il pastore non ebbe vergogna di infangare Marie davanti a tutti. Marie stava dietro alla bara e piangeva. Marie piangeva accanto alla bara. A questo punto intervennero i bambini, perché ormai erano tutti dalla mia parte, e avevano cominciato ad amare Marie. Le detti gli otto franchi, le detti un bacio, e le dissi che la baciavo non perché fossi innamorato di lei, ma perché mi faceva tanta compassione. Lei mi baciò la mano, e io avrei voluto baciare la sua, ma la ritirò in fretta. In quel momento, i bimbi ci videro. Cominciarono a fischiare, a batter le mani e a ridere, e Marie si diede alla fuga. Lei scappava via col fiatone, e loro dietro, bersagliandola e ingiuriandola. Una volta arrivai ad azzuffarmi con loro, poi cominciai a parlar con loro. Gli raccontai quanto fosse infelice Marie. Mi ascoltarono con gran interesse, e presto ebbero compassione di Marie. Ben presto tutti cominciarono a volerle bene, e poi presero a voler bene anche a me. Io avevo baciato Marie prima che sua madre morisse. Quando poi il pastore fece quella predica, tutti i bambini erano già dalla mia parte. Ma Marie ormai era felice. Era molto malata e camminava a stento. Un giorno non poté più uscire di casa. Per due giorni i bambini si occuparono di lei e accorrevano sotto la finestra, a volte soltanto per un minuto, solo per dire: “Bonjour, notre bonne Marie!” I bambini coprirono tutta la bara di fiori e le misero una coroncina sulla testa. In chiesa il pastore non inveì più contro la morta. Ma in seguito fui guardato con sospetto dai genitori dei bambini. Ai bambini fu proibito con decisione anche solo di incontrarmi. Schneider disse che io stesso ero completamente un 29 bambino, che come anima, carattere e forse anche intelligenza non ero adulto, e così sarei rimasto. Solo una cosa è vera. Davvero io non amo stare con gli adulti. Tutti mi prendono anche per un idiota. Effettivamente, una volta ero tanto malato, e allora ero simile a un idiota, ma che idiota sono ora, se capisco io stesso che mi considerano un idiota? So molto bene che ci si vergogna a parlare davanti a tutti dei propri sentimenti, ma eccomi qui con voi a farlo, e non mi vergogno. Mi avete chiesto dei vostri visi, e cosa abbia notato in essi. Voi, Adelaida Ivanovna, avete un viso felice, e dei tre è il più simpatico. Inoltre siete molto bella, e guardandovi con semplicità, riuscite a conoscerne subito il cuore. C’è nel vostro viso una sfumatura particolare, come nella Madonna di Holbein a Dresda. Quanto al vostro viso, Lizaveta Prokof’evna non solo mi sembra, ma sono addirittura sicuro, che siete una vera bambina, in tutto ciò che è buono e in tutto ciò che è cattivo. Non ve la prendete se parlo così. Sapete bene in che gran conto io tenga i bambini. 30 Mrs Epančina: Ciò che avete detto a proposito del mio viso è l’assoluta verità. Sono una bambina, e lo so. Io ritengo che il vostro carattere si accordi perfettamente col mio. Siamo come due gocce d’acqua, solo che voi siete un uomo e io sono una donna e non sono stata in Svizzera. Però, principe, perché non avete detto nulla di Aglaja? Myškin: Oh, Aglaja Ivanovna, siete così bella che si ha paura a guardarvi. Adelaida: Ma è bella, principe, non è vero? Myškin: Straordinariamente. Quasi come Nastas’ja Filippovna, anche se il viso è tutto diverso. Mrs Epančina: Come Nastas’ja Filippovna? Quale Nastas’ja Filippovna? Myškin: Poco fa Gavrila Ardalionovič me ne ha mostrato il ritratto. Mrs Epančina: Fatemi il favore, principe. Fatevi dare il ritratto e portatelo qui. Adelaida: Principe! Ganja: Prendetelo. Mrs Epančina: Sì, è bella, molto. Allora è proprio questo il genere di bellezza che apprezzate? Myškin: Sì. Proprio questa. Mrs Epančina: E per quale motivo? Myškin: In questo viso c’è molta sofferenza. Adelaida: Che forza! Mrs Epančina: Dove? Quale forza? Adelaida: Con una tale bellezza si può rovesciare il mondo! Myškin: Venere di Milo. Dresda. Adelaida: Louvre. Mrs Epančina: Chiedete a Gavrila Ardalionovič di venire qui. State per sposarvi? Ganja: Sposarmi? Sposarmi con chi? Mrs Epančina: Prendete moglie, vi domando, se preferite quest’espressione. Ganja: N-no. Io, n-no. Mrs Epančina: Addio, adesso. Prendetevi il vostro ritratto. Arrivederci mio caro principe, Vieni a trovarmi più spesso. Myškin: Adesso prendo solo il mio fagottino e poi usciamo. Ganja: Maledizione, perché devi parlare? Non ne sai nulla, ...idiota! Scena 4 Casa di Ivolgin Ganja: Per favore, non parlate di ciò che mi è successo, né là di quel che è successo qui. Almeno per oggi cercate di trattenervi. Myškin: Vi assicuro che ho chiacchierato assai meno di quanto voi pensiate. Ganja: Be’, oggi ho dovuto già sopportare abbastanza per causa vostra. In una parola, ve ne prego. Puah, che stanza orrenda. È buia e le finestre danno sul cortile. Comunque non è affar mio, non sono io che affitto alloggi. Ivolgin: È lui! È lui! Come se fosse vivo di nuovo! Sento il caro nome a me familiare. Il principe Myškin? Myškin: Esattamente. Ivolgin: Proprio così! Il figlio del mio amico, e, posso dire, mio compagno d’infanzia Nikolaj Petrovič. Myškin: Mio padre si chiamava Nikolaj L’vovič. Ivolgin: L’vovič... Generale Ivolgin. Io vi ho portato fra le braccia. Myškin: Davvero? 31 32 Ivolgin: Io ero appassionatamente innamorato di vostra madre, ancora quando era fidanzata, fidanzata del mio amico. Il principe se n’era accorto, e s’infuriò. Venne, tirò fuori dalla tasca due pistole. Alla distanza di un fazzoletto teso. Senza testimoni. Caricammo, tendemmo il fazzoletto e ci mettemmo in posizione uno di fronte all’altro. Appoggiammo le pistole l’uno sul cuore dell’altro. D’un tratto, lacrime scesero dagli occhi di entrambi. Ci furono pianti, abbracci e una gara di generosità reciproca. Il principe gridò: “è tua”! Io gridai: “è tua”! In una parola. in una parola... Voi siete venuto a stare da noi? Myškin: Sì, per un po’ di tempo, forse. Ivolgin: Come sincero amico di vostro padre, desidero avvisarvi. In casa mia c’è una tragedia! Si prepara un matrimonio. Il matrimonio fra una donna equivoca e un giovane. Questa donna viene condotta nella casa in cui ci sono mia figlia e mia moglie! Ma finché io respirerò, lei non entrerà! Mai! Mai! Con Ganja ormai non parlo quasi più, ed evito persino d’incontrarlo. Varja: Principe, fatemi il piacere... Ivolgin: Figurati, amica mia, che ho cullato il principe fra le mie braccia! Ma è mai possibile che tu non ricordi il defunto Nikolaj L’vovič? Varja: Non mi ricordo di Nikolaj L’vovič. È vostro padre? Myškin: Sì, ma morì mentre era sotto giudizio. Non sono mai riuscito a sapere di preciso perché. È morto all’ospedale. Ivolgin: Una faccenda inconcepibile, si può dire persino misteriosa. Il soldato Kolpakov ruba a un compagno del cuoio. Il principe gli dà una lavata di capo e minaccia di fargli dare delle vergate. Dunque, Kolpakov va in caserma, si corica sul tavolaccio, e di lì a un quarto d’ora muore. Seppelliscono Kolpakov e poi viene radiato. Però, esattamente sei mesi dopo, il soldato Kolpakov ricompare, come se nulla fosse successo, nella terza compagnia del secondo battaglione. Myškin: Come? Varja: Non è così, c’è un errore! “Mon père se trompe.” Ivolgin: È facile dire “se trompe”. Ti viene in mente un altro caso simile? Si trovavano tutti come in un vicolo cieco. Tutti i confronti dimostrarono che si trattava dello stesso soldato Kolpakov, che sei mesi prima era stato sepolto. Un caso davvero raro, quasi impossibile. La finestra che dà sul cortile... Varja: Babbo, il vostro pranzo è servito. Ivolgin: Meraviglioso, cominciavo a sentire un po’ di fame. Sì, strana coincidenza, ma il caso è, si può dire, psicologico. Varja: La minestra si raffredderà di nuovo. Ognuno ha le caratteristiche particolari, e gli altri ne hanno forse anche di più. Di una cosa vi prego. Se mio padre, Ardalion Aleksandrovič, si rivolgesse a voi per il pagamento, ditegli che avete già dato a me. Oggi, Ganja? Ganja: Oggi cosa? Cosa, Ganja? Avevo già dato la mia parola. Vi rispetterò in pieno e in tutto, e così chiunque altro è in questa casa o debba oltrepassare questa soglia. Varja: Si dice che oggi si definirà tutto fra di voi. Che cosa si definirà? Ganja: Ha promesso di dichiarare se è d’accordo o no. Varja: Come ha potuto darti il suo consenso, e regalarti persino il suo ritratto, se tu non l’ami? Ganja: Finiamola qui! Ma voi come fate a sapere che io inganno Nastas’ja Filippovna? Varja: Ho detto che, se lei entrerà qui dentro, uscirò io, e manterrò la parola. Ganja: Ed è sempre per testardaggine che non ti sposi! Non c’è bisogno che mi tieni il broncio, Varvara Ardalionovna. Nastas’ja Filippovna: Ganja! Ganja! Ganja... Se la pigrizia ti impedisce di aggiustare il campanello, dovresti almeno restare in anticamera per farli entrare quando bussano. Guarda che lasci cadere la pelliccia, babbeo! Va’ ad annunciarmi. Ora perché ti porti via la pelliccia? Ma sei matto, o cosa? Ma che idiota è mai questo! Avanti! Be’, chi annuncerai? Myškin: Nastas’ja Filippovna. Nastas’ja Filippovna: Come fai a conoscermi? Io non ti ho mai visto! Va’ ad annunciarmi. Cosa sono queste urla? Myškin: Litigano. Nastas’ja Filippovna: Finalmente sono riuscita a entrare. Come mai avete una faccia tanto sconvolta? Varja: Particolare piacere. Nastas’ja Filippovna: Ma dov’è il vostro studio? E dove sono gli inquilini? Voi avete degli inquilini, vero? Ma è redditizio? Varja: Dà un po’ di fastidi ma naturalmente dev’esserci anche un buon profitto. Nastas’ja Filippovna: Ma che faccia avete? Mio Dio, che faccia avete in questo momento! Myškin: Bevete un po’ d’acqua, non fate così. Ganja: Siete forse un dottore voi, principe? Nastas’ja Filippovna, permettetemi di presentarvi questo tipo straordinariamente prezioso, il principe. 33 34 Nastas’ja Filippovna: È un principe? Prima l’ho preso per un lacchè. C’è mancato poco che vi ingiuriassi, principe. Scusatemi, ve ne prego. Che principe? Ganja: È un nostro inquilino. Nastas’ja Filippovna: Ditemi, perché non m’avete corretto prima, quando mi sono tremendamente sbagliata? Myškin: Mi sono meravigliato vedendovi così improvvisamente... Nastas’ja Filippovna: E come sapevate che ero io? Perché prima siete rimasto impietrito? Cosa c’è di tanto terrificante in me? Myškin: Poco fa mi ha molto colpito il vostro ritratto. E poi in treno mi ha parlato molto di voi Parfën Rogožin. E nello stesso istante in cui vi ho aperto la porta stavo pensando a voi, e, tutt’a un tratto, eccovi lì. Nastas’ja Filippovna: E come avete riconosciuto che ero io? Myškin: Dal ritratto e... Nastas’ja Filippovna: E poi? Myškin: E perché vi immaginavo proprio così. Mi pare di avervi già vista da qualche parte. Nastas’ja Filippovna: Dove? Dove? Myškin: Mi pare di aver visto i vostri occhi da qualche parte, ma non è possibile! Non vi ho mai vista, non sono mai stato qui. Forse in sogno, non so. Ivolgin: Ardalion Aleksandrovič Ivolgin, vecchio soldato infelice e padre di una famiglia, felice di poter sperare di accogliere in sé una così affascinante... Nastas’ja Filippovna: Voi almeno potete venire da me senza compromettere nessuno. Vi nascondete voi o vi nasconde vostro figlio? Ivolgin: I figli del 19° secolo e i loro genitori. Ora! Varja: Papà! Nastas’ja Filippovna! Per favore, fate uscire il generale per un momento, ha bisogno di riposo, subito. Nastas’ja Filippovna: Dicono che avete bisogno di riposo! Ivolgin: Amica mia! Amica mia! Rogožin: Salve, Ganka, farabutto! Non t’aspettavi Parfën Rogožin, vero? Immagino sia vero! È la fine! Ora voi, signore, mi risponderete o no? Come? Sei qui anche tu, principe. Ganja: Scusate, mi pare che non siate in una stalla, qui c’è mia sorella. Rogožin: Lo vedo. Ganja: Vi devo chiedere... e poi devo sapere... Rogožin: Vedi, non mi riconosce. Non hai riconosciuto Rogožin? Ganja: Vi ho incontrato da qualche parte, credo, ma... Rogožin: Ma se non più di 3 mesi fa, giocando con te, ho perso 200 rubli a carte. Però se ti mostrassi tre rubli d’argento, se li cavassi ora di tasca, strisceresti carponi fino all’isola Vasil’evskij per inseguirli! Ecco come sei fatto! Anche adesso sono venuto per comprarti tutt’intero, vivo come sei. Se voglio vi compro tutti! Tutti, vi compro! Nastas’ja Filippovna! Non mi scacciate, dite una parola: lo sposate o no? Nastas’ja Filippovna: Nient’affatto, che vi prende? Come v’è saltato in mente di chiedermelo? Rogožin: Davvero non lo sposerete? Loro dicono che vi siete fidanzata con lui. Ma è forse possibile? Ma io me lo compro tutto per 100 rubli, perché si ritiri, e lui scapperà via alla vigilia delle nozze e lascerà la fidanzata tutta per me. È così Gan’ka, farabutto. Sono venuto proprio per farti firmare questo impegno. Ganja: Sparisci di qui, sei ubriaco! Rogožin: È vero. Eccone 18.000. E ne avrai ancora! Nastas’ja Filippovna: 18.000 rubli per me? Finalmente ammetti di essere uno sciocco. Ivolgin: 18.000 e uno, 18.000 e due... Rogožin: Allora 40.000, 40 e non 18. Tutti sul tavolo! Ivolgin: 40.000 e uno, 40.000 e due... Rogožin: Se è così, 100.000! Ne porterò 100.000 oggi stesso Nastas’ja Filippovna: Mente perché è ubriaco. Rogožin: Non mento, ci saranno per stasera. Ivolgin: Ma insomma, cos’è questa faccenda? Rogožin: E questo da dove sbuca? Andiamo, vecchio, berrai quanto vuoi! Varja: Questa è davvero un’infamia! È mai possibile che non si trovi nessuno fra voi che porti via questa svergognata? 35 36 Nastas’ja Filippovna: È a me che si dà della svergognata? E io, sciocca, che ero venuta qui per invitarli stasera a casa mia! Ganja: Che hai fatto? Varja: Ma dove mi trascini? Forse a chiederle perdono perché ha offeso tua madre ed è venuta a disonorare la tua casa, uomo meschino? Myškin: Smettetela, basta! Ganja: Ma allora mi attraverserai sempre la strada? Myškin: Non è nulla, non è nulla. Nastas’ja Filippovna: Guarda che ragazza! Bravo! Rogožin: E se ne pentirà! Te ne vergognerai, di avere offeso una simile pecorella. Principe, anima mia, lasciali perdere, andiamocene via! Vedrai come sa amare Rogožin! Nastas’ja Filippovna: Non accompagnatemi! Arrivederci, a stasera! Avete capito? Rogožin: Hai perso, Gan’ka! Myškin: 10 rubli non li ho, ma eccone 25. Cambiate e datemene 15, perché anch’io resto senza un centesimo. Ivolgin: Senza dubbio, e state certo che lo farò immediatamente. Myškin: Oltre a ciò devo chiedervi un favore, generale. Siete mai stato da Nastas’ja Filippovna? Ivolgin: Io? Mi chiedete questo? Parecchie volte, mio caro, parecchie volte. Fingo di no solo per evitare un argomento difficile. Myškin: Volevo proprio chiedervi se potete introdurmi questa sera da Nastas’ja Filippovna. Non sono stato invitato. Sono pronto a passar sopra alle questioni d’etichetta, purché io riesca ad entrare. Ivolgin: Avete azzeccato perfettamente la mia idea. Stavo per invitarvi a farmi da compagno in una spedizione contro Nastas’ja Filippovna. Il generale Ivolgin e il principe Myškin! Che effetto le farà! Ci metteremo in cammino alle 9. Avete ancora tempo. Myškin: Dove abita? Ivolgin: Lontano da qui: vicino al Bol’šoj. Non ci sarà molta gente. Scena 5 Festa di compleanno da Nastas’ja Filippovna Nastas’ja Filippovna: Mi dispiace che prima, nella fretta, ho dimenticato di invitarvi. Sono molto contenta di potervi ringraziare e lodare per la vostra decisione. Myškin: In voi tutto è perfezione... persino che siate magra e pallida... non vi si vorrebbe immaginare diversa... desideravo tanto venire da voi... io... perdonatemi... Nastas’ja Filippovna: Non chiedete perdono, tutta l’originalità della cosa andrebbe distrutta. Allora deve essere vero quel che dicono di voi, che siete una persona strana. E allora, mi considerate una perfezione, vero? Myškin: Sì. Nastas’ja Filippovna: Anche se siete un maestro nell’indovinare, tuttavia vi siete sbagliato. Ve lo farò ricordare questa sera stessa. Signori, non vorreste bere un po’ di champagne? Forse diventerete più allegri. Generale Epančin: Avete forse un po’ di febbre. Nastas’ja Filippovna: Sì, parecchia, non un po’. Generale Epančin: Non dovremmo forse lasciare riposare la padrona di casa? Nastas’ja Filippovna: Assolutamente no, signori! La vostra presenza mi è necessaria, particolarmente oggi. Ivolgin: Sarebbe bello fare qualche gioco. Ferdyscenko: Io conosco un magnifico gioco nuovo. Ciascuno di noi,racconta ad alta voce qualche cosa di sé, tale che, egli stesso, in tutta coscienza, la consideri la più brutta da lui compiuta in vita sua, ma a condizione che il racconto sia sincero, che non si menta! Generale Epančin: Strana idea! Nastas’ja Filippovna: Davvero, si potrebbe provare, signori! Se non altro, è terribilmente originale. Ferdyscenko: Un’idea geniale! Il gioco si fa tirando a sorte. Date qui i vostri nomi, signori. Il principe estrarrà. Santo cielo! Speravo proprio che uscisse prima il principe e poi il generale. Nastas’ja Filippovna: Cominciate, Ferdyscenko, voi chiacchierate troppo e non concludete mai! Ferdyscenko: Non ho spirito, Nastas’ja Filippovna, ecco perché chiacchiero troppo! Principe,che ne pensate. Ci sono più ladri che non-ladri al mondo? Pensate che non esista persona nemmeno la più onesta, che non abbia rubato qualcosa almeno una volta nella vita? 37 38 Myškin: Mi pare che diciate il vero, solo che esagerate molto. Nastas’ja Filippovna: Ferdyscenko, o raccontate, oppure state zitto! Voi mettete a dura prova qualsiasi pazienza. Ferdyscenko: E’ una cosa molto semplice, stupida e vergognosa, ma vi assicuro che non sono un ladro. Ho rubato, sì, ma non so come. Una domenica, dopo il pranzo gli uomini si attardarono a bere del vino. Mi venne in mente di chiedere alla sua giovane figlia, di suonare qualcosa al pianoforte. Così attraverso una stanza e vedo sul tavolino un bigliettone da tre rubli. Nella stanza non c’era anima viva. Presi il biglietto e lo misi in tasca, non so perché. Di lì a una mezz’ora circa si accorsero del fatto e cominciarono a interrogare le cameriere. Mostrai curiosità. I sospetti caddero su una cameriera. Io provavo una sensazione straordinaria proprio perché stavo predicando, mentre avevo i soldi in tasca. Né allora né dopo provai particolari rimorsi di coscienza. Ecco tutto. Nastas’ja Filippovna: E la cameriera? Ferdyscenko: La cameriera fu cacciata via il giorno dopo. Era una casa severa. Nastas’ja Filippovna: Che faccenda sporca! Ferdyscenko: Le azioni peggiori sono sempre sporche. Ivolgin: Sono un uomo con 13 pallottole sul petto. Non ci credete? Qui sul torace. Li ho presi durante l’assedio di Kars. Quando c’è brutto tempo mi fanno male. Generale Epančin: A quel tempo ero soltanto un tenente. Mi venne assegnato un alloggio presso la vedova di un sottotenente. Finì per rubarmi un gallo, e a quel punto chiesi di essere trasferito da un’altra parte. Il mio inserviente mi riferì che la padrona di casa si era rifiutata di dargli la zuppiera per il fatto che io, a sua volta, gliene avevo rotto una. Mi sentii ribollire il sangue. Balzai in piedi e mi precipitai da lei. Io, sapete, le rovesciai subito addosso una valanga d’insulti. “Tu vecchia disgraziata”! Sapete come facciamo noi russi. Lei mi fissava con gli occhi sbarrati senza dire una parola. Le mosche ronzavano, il sole stava tramontando. Quando tornai a casa, l’inserviente mi disse: “Sapete, Signore, che la nostra padrona di casa è morta un’ora e mezzo fa? Quindi se n’era andata proprio nel momento in cui la stavo insultando. Questo fatto influì molto su di me. La notte sognavo quella vecchia donna. Perché mai le venne in mente di morire proprio in quel momento? Non riuscii a mettermi l’animo in pace finché, non feci ricoverare all’ospizio, a mie spese, due vecchiette malate croniche. Questo caso costituisce l’azione più brutta di tutta la mia vita. Ferdyscenko: E invece di raccontare l’azione più brutta, Eccellenza, avete raccontato una delle azioni più nobili della vostra vita. Nastas’ja Filippovna: Non immaginavo che aveste un cuore buono. Tockij: La coscienza e la memoria del cuore mi suggeriscono subito cosa raccontare. A quel tempo era in voga, l’affascinante romanzo di Dumas, “La dame aux camélias”. Le camelie divennero di moda. Tutti volevano camelie, tutti le cercavano. Petja Vorchovskoj si struggeva d’amore, per Anfisa Alekseevna. Il poveretto diventava matto per trovare delle camelie. La sera prima del ballo m’imbatto in lui. Era raggiante. L’ho trovato! Eureka! C’è un mercante che si chiama Trepalov, che non ha figli e con sua moglie hanno la passione dei fiori. Hanno delle camelie. Mi metterò in ginocchio e mi trascinerò ai suoi piedi finché non me le darà. Non me ne andrò. Mi venne un’idea originalissima! Sveglio il cocchiere, salgo in carrozza e parto. Subito dopo le sei arrivo dal vecchio mercante Trepalov. Salvami, dammi delle camelie! Il vecchio era un vecchio terribile. No, no, per nulla al mondo! E io giù ai suoi piedi! Se è così, prendetele, e che Dio vi assista! Mi alzai e mi misi a tagliare le camelie rosse! Vi potete immaginare l’entusiasmo, la riconoscenza, le lacrime di riconoscenza! Dopo quell’episodio le azioni del povero Petja crollarono definitivamente. Svenne, ebbe una febbre altissima, e aveva le convulsioni. Un mese dopo, non appena fu guarito, chiese di essere mandato nel Caucaso. Finì che fu ucciso in Crimea. A che scopo gli avevo fatto quel tiro? Almeno fossi stato innamorato! Forse quell’uomo avrebbe avuto successo nella vita. Nastas’ja Filippovna: Avete ragione Tockij, questo petit-jeu è noiosissimo e stupido. Principe ecco, ci sono qui dei vecchi amici, Tockij e il generale Ivanovič che vogliono sempre darmi marito. Ditemi che ne pensate voi. Devo sposarmi o no? Farò come direte voi. Myškin: Con chi? Nastas’ja Filippovna: Con Gavrila Ardalionovič Ivolgin. Myškin: N-no! Non lo sposate! Nastas’ja Filippovna: E così sia! Gavrila Ardalionovič, avete sentito quello che ha deciso il principe? Ebbene, quella è anche la mia risposta, e che questa faccenda sia finita una volta per tutte! Tutti: Nastas’ja Filippovna! Nastas’ja Filippovna! Nastas’ja Filippovna: Perché siete così sbigottiti? E che facce avete tutti! Se il principe avesse detto sì, avrei dato subito il mio consenso, ma lui ha detto no, e io ho rifiutato. Tutta la mia vita era sospesa ad una parola. Che c’è di più serio? Generale Epančin: Il principe! Che c’entra qui il principe? Nastas’ja Filippovna: Il principe per me c’entra perché è la prima persona, in tutta la mia vita, in cui io 39 ho creduto come ad un uomo sincero e devoto. Ha avuto fede in me fin dal primo sguardo, e io ho fede in lui. 40 Ganja: A me non resta che ringraziare Nastas’ja Filippovna per la straordinaria delicatezza con cui ha agito verso di me. Nastas’ja Filippovna: Da domani vita nuova, ma oggi è il mio compleanno, e per la prima volta in tutta la mia vita io appartengo a me stessa! Generale, riprendete anche voi le vostre perle, regalatele a vostra moglie. Da domani lascerò per sempre quest’appartamento. Questo è l’epilogo! Nastas’ja Filippovna: Cos’è questo? Rogožin: I 100.000! Nastas’ja Filippovna: Ha mantenuto la parola! Questi, signori, sono 100.000 rubli. Ho aspettato quest’uomo tutto il tempo. Ha mercanteggiato la mia persona. Aveva cominciato con 18.000 rubli, poi di colpo era saltato a 40, e dopo ecco questi 100.000. Generale Epančin: Nastas’ja Filippovna! Nastas’ja Filippovna: Che volete dire, generale? Non è una cosa decorosa, o che? Dopo cinque anni di vita illibata è arrivato quest’uomo che davanti a voi ha messo sul tavolo 100.000 rubli, e ora vuole portarmi via. Ganečka, sei ancora arrabbiato con me? Perché non volevi farmi entrare nella tua famiglia? Me, la donna di Rogožin! Non riesco proprio a capire come mi sia venuta in mente l’idea di voler entrare a far parte di una famiglia onesta! Ma come potevi sposarmi sapendo che quest’uomo mi regalava una tale collana di perle quasi alla vigilia delle nozze con te? E Rogožin! Eppure proprio in casa tua, davanti a te e a tua sorella ha mercanteggiato per avermi. Ciononostante tu sei venuto a chiedere la mia mano. È forse vero quel che ha detto di te Rogožin, che per tre rubli, saresti disposto a strisciare a carponi fino all’isola Vasil’evskij? Rogožin: Sì, ci andrebbe. Nastas’ja Filippovna: Sono convinta che per denaro un tipo come te sgozzerebbe chiunque! Anch’io sono una svergognata, ma tu sei ancora peggio. Per non parlare poi di quello del mazzo di camelie. Generale Epančin: Siete voi che parlate così, Nastas’ja Filippovna? Voi, così delicata, con dei pensieri così raffinati! Che linguaggio! Che parole!” Nastas’ja Filippovna: In questo momento sono ubriaca, generale. Voglio far baldoria! Oggi è la mia giornata, la mia festa ufficiale,la aspettavo da tanto tempo. Lo vedi quel signore laggiù, che se ne sta seduto e ride di noi? Perché l’ho tormentato per cinque anni senza mai lasciarlo libero? Mi ha dato un’educazione, mi ha mantenuto come una contessa. Quanti soldi ha speso per me. In questi cinque anni non ho vissuto con lui, ma ho preso i suoi soldi, e pensavo di averne il diritto! Che cosa disgustosa! No, meglio che me ne vada per la strada, è là il mio posto. Meglio se me ne vado per strada o a far baldoria con Rogožin, o domani a fare la lavandaia! Infatti non ho nulla di mio indosso. Me ne andrò e lascerò tutto. E senza niente chi mi prenderà? Chiedilo a Ganja, se mi prenderebbe. Nemmeno Ferdyscenko mi prenderebbe! Ferdyscenko: Forse Ferdyscenko non vi prenderebbe. È un uomo sincero. Ma il principe si. Nastas’ja Filippovna: È vero? Myškin: È vero. Nastas’ja Filippovna: Mi prendereste così come sono, senza nulla? Myškin: Sì, Nastas’ja Filippovna. Nastas’ja Filippovna: Ne abbiamo trovato un altro! E lo dice proprio col cuore sincero, lo conosco. Del resto può anche esser vero, dicono che è un po’... Ma di che vivrai, se sei tanto innamorato da prenderti la donna di Rogožin? Myškin: Io vi prendo come una donna buona e onesta, Nastas’ja Filippovna, non come la donna di Rogožin. Nastas’ja Filippovna: Io una donna buona e onesta? Myškin: Sì, voi. Nastas’ja Filippovna: Be’, questa poi, è una cosa da romanzo! E poi come puoi pensare di sposarti. Hai bisogno di una bambinaia non di una moglie! 41