vibrazioni e onde

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vibrazioni e onde
Laura Piazza- n. matricola 140142- Acustica architettonica- lezione 8:30-10:30
INDICE:
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
1.7
1.8
1.9
1.10
1.11
1.12
VIBRAZIONI E ONDE
IL FENOMENO SONORO
I LIVELLI SONORI E LA SCALA LOGARITMICA
PROPAGAZIONE IN AMBIENTE CHIUSO
TEMPO DI RIVERBERAZIONE
INDICE DELLA ROBUSTEZZA DEL SUONO
INDICE DELLA CHIAREZZA
TEMPO BARICENTRICO
INTER AURAL CROSS CORRELATION
LATERAL FRACTION E LATERAL EFFICIENCY
PARAMETRI GENERALI
UN ESEMPIO DI PROGETTAZIONE ACUSTICA
Studente: Laura Piazza
N° matricola 140142
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Laura Piazza- n. matricola 140142- Acustica architettonica- lezione 8:30-10:30
VIBRAZIONI E ONDE
In natura esistono diversi tipi di vibrazioni, che a seconda della loro natura vengono
catalogate in due rami principali:
-vibrazioni materiali, dette anche meccaniche che necessitano di un supporto materiale per la
propagazione. Fra queste vengono incluse quelle associate all’elasticità ( acustiche,
infracustiche, ultracustiche), alla gravità ( onde d’acqua), alla tensione superficiale (
increspature dell’acqua)
- vibrazioni elettromagnetiche: che non richiedono un supporto materiale per propagarsi, ma
sono sostenute da oscillazioni di campi elettrici e magnetici.
Anche se il nostro interesse si focalizza principalmente sulle vibrazioni meccaniche e in
particolare acustiche, per seguire più agevolmente le tematiche trattate nell’ambito della tesina,
si fornisce in questo paragrafo iniziale una breve spiegazione sulla natura delle onde e sulle loro
caratteristiche, senza però avere la presunzione di trattare esaustivamente l’argomento.
-Si pensi di osservare ciò che succede quando ho dei pendoli ( nel nostro esempio li
chiameremo A, B, C, D ) collegati a due a due tramite una molla. Se imprimo un moto
oscillatorio ad A, dopo un certo tempo anche B comincerà ad oscillare; successivamente anche
C e D. ( Fig. 1)
A
B
C
D
Figura 1.
I moti oscillatori (ovvero le vibrazioni) si trasmettono attraverso un mezzo da un punto
all’altro della materia, vengono anche chiamati moti ondulatori o onde meccaniche
Poiché sappiamo che ad ogni movimento è sempre associata dell’energia, possiamo
affermare che:
Un’onda è sostanzialmente un fenomeno di propagazione di energia di tipo vibratorio.
Bisogna sottolineare che con l’onda non è la materia che si propaga, ma solo l’energia: il
passaggio di un’onda corrisponde quindi al passaggio di una certa quantità di energia.
- Si possono avere diverse modalità di vibrazione e quindi diversi tipi d’onda. Se l’onda è d
tipo elastico, i moti vibratori sono compiuti dalle particelle del mezzo. Ebbene queste possono
vibrare in direzione ortogonale alla direzione di propagazione della perturbazione ondosa( detta
onda trasversale), oppure possono vibrare proprio nelle direzione della propagazione di
quest’ultima (o onda longitudinale).
In Figura 2 sono descritti due esperimenti che possono visualizzare la differenza esistente
tra un’onda trasversale e un’onda longitudinale. In entrambi i casi viene impresso un impulso ad
un estremo della molla, nel primo mediante una forza perpendicolare alla direzione della molla
stessa ( disegno a), nel secondo mediante una forza avente la medesima direzione della molla (
disegno b). Quello che si osserva nel primo caso è un movimento ondulatorio di tipo trasversale;
quello che si osserva nel secondo è un movimento ondulatorio di tipo longitudinale
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b
a
d ire z io n e d i
p ro p a g a z io n e
d e ll'o n d a
d ire z io n e d i
p ro p a g a z io n e
d e ll'o n d a
m o v im e n to
m ano
m o v im e n to
m ano
Figura 2.
Se ora supponiamo di muovere la mano con continuità ed a un ritmo costante, potremo
vedere che lungo la molla si genera una vera e propria onda, cioè un’onda periodica. Con il
primo movimento si genera un’onda periodica trasversale, con il secondo un’onda periodica
longitudinale.
Si chiama cresta il punto più alto e cavo o ventre il punto più basso dell’onda. La lunghezza
d’onda è la distanza orizzontale tra due creste o due cavi successivi per quanto riguarda l’onda
periodica trasversale; mentre per quella longitudinale è data dalla distanza tra due successivi
massimi di concentrazione, o tra due successivi minimi. L’ampiezza è invece la metà della
distanza verticale dal cavo alla cresta.
a
b
lu n g h e z z a
d 'o n d a
c re sta
a m p ie z z a
c a v o o v e n tre
Figura 3.
IL FENOMENO SONORO:
Il fenomeno sonoro è caratterizzato dalla propagazione di energia meccanica dovuta al
rapido succedersi di compressioni ed espansioni di un mezzo elastico; tale energia, che ha
origine in una sorgente sonora, si propaga nel mezzo stesso per onde con velocità finita. Perché
il fenomeno si propaghi occorre dunque che esistano una sorgente e un mezzo elastico
attraverso il quale la perturbazione si muova.
1 La sorgente: Una semplice sorgente di perturbazioni sonore può essere immaginata
come costituita da una superficie piana che si muove di moto armonico semplice a
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un’estremità di un condotto di lunghezza infinita nel quale si trova un mezzo elastico in
quiete. La perturbazione nasce dal moto armonico del pistone caratterizzato dalla
frequenza f con cui la superficie piana si muove. La frequenza è il rapporto tra il
numero di oscillazioni e il tempo in cui tali oscillazioni sono avvenute, e viene espressa
in hertz (Hz); appare perciò legata al periodo T e alla velocità angolare ω dalla
seguente relazione:
ω
1
f =
e f =
[1]
T
2π
E’ importante evidenziare che, affinchè la sorgente sia in grado di generare una
perturbazione percepibile all’orecchio dell’uomo la sua frequenza deve essere compresa
tra i 20 e 16000 Hz circa. In questo caso si parlerà di fenomeno acustico.
Il campo acustico all’interno di una sala è generato da una o più sorgenti che, nel caso
degli ambienti destinati all’ascolto della parola saranno costituite dalla voce umana,
mentre nel caso della musica anche dal suono degli strumenti musicali.
1.1 -La voce umana: L’intensità acustica del messaggio sonoro trasmesso dalla voce
umana è in genere caratterizzato da una notevole variazione nel tempo: il livello di
potenza emesso è quindi diverso in relazione al tempo di integrazione del segnale
sonoro stesso. Se si assume un tempo sufficiente lungo, per esempio 5 secondi, il
livello di potenza sonora della voce normale emessa da un uomo è mediamente di
75 dB. Per la voce femminile si è attorno ai 73 dB. Valutando la potenza in un
tempo molto più breve, per esempio 1/8 di secondo, si trovano potenze di circa 77
dB in corrispondenza ad alcune vocali, per scendere fino a circa 47 dB per
consonanti soffiate. In generale si può affermare che la voce umana presenta una
dinamica di circa 30 dB. Inoltre i livelli più alti di potenza sonora si trovano
generalmente alle basse frequenze attorno a 400 Hz. L’80% dell’energia è infatti
costituita dalle basse frequenze ed è dovuta per la maggior parte alla presenza delle
vocali. Le consonanti occupano il campo delle alte frequenze; tuttavia esse, seppure
a bassa energia forniscono un grande contributo all’intellegibilità della parola.
1.2 – Strumenti musicali: Nel caso in cui la sorgente sia costituita da strumenti musicali
diventa difficile darne caratteristiche di potenza sonora, poiché questa cambia in
base al tipo di strumenti che compongono l’orchestra e alla loro posizione reciproca.
Ciò che è da osservare è che le potenze acustiche emesse sono notevolmente
superiori rispetto a quelle della voce umana non amplificata, consentendo quindi
dimensioni maggiori della sala che nel caso del parlato.
In considerazione degli elevati costi che caratterizzano la realizzazione di un teatro,
sempre più frequentemente si richiede che esso sia versatile ai diversi tipi di spettacolo
e quindi garantisca buone condizioni di ascolto sia per la musica che per la parola: si
parla allora di sale polivalenti o “multiuso”. Questi ambienti richiedono un accurata
progettazione in quanto molto spesso ospitano funzioni anche contraddittorie che
rendono ancora più complessa la definizione e il raggiungimento di una buona acustica.
2 Mezzo elastico: La presenza del mezzo elastico è indispensabile perché si possa parlare
di propagazione del fenomeno sonoro. Sono infatti le proprietà elastiche e la massa di
tale mezzo che stabiliscono la “velocità” con cui la perturbazione si trasmette e la
quantità di energia meccanica trasferita dalla sorgente nell’unità di tempo (W). Anche la
pressione sonora dipende dal mezzo elastico. Infatti come ho precedentemente esposto
il moto armonico della superficie della sorgente produce una perturbazione che nel suo
passaggio determina compressioni e espansioni del mezzo elastico rispetto al valore di
equilibrio della pressione ambiente. Tali compressioni ed espansioni danno origine alla
pressione acustica p ' che quindi dipende dalla frequenza e ampiezza del moto
armonico della sorgente e dalle caratteristiche elastiche e dalla massa del mezzo
acustico.
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I LIVELLI SONORI E LA SCALA LOGARITMICA
La potenza sonora associata ai fenomeni che l’orecchio dell’uomo può percepire varia in un
campo di valori estremamente ampio; da quelli minimi, dell’ordine del nanowatt, per i segnali
che sfiorano la soglia dell’udibile, a valori di alcuni kilowatt per segnali attorno alla soglia del
dolore.
Da questa constatazione è nata l’opportunità di fare uso di una scala logaritmica nella quale,
al valore della grandezza presa in esame, si fa corrispondere il logaritmo del rapporto tra quello
stesso valore e un valore prefissato di riferimento. Più esattamente, il valore di una grandezza
acustica espresso in decibel, è uguale a 10 volte il logaritmo in base dieci del rapporto tra il
valore di tale grandezza e il corrispondente valore di riferimento. Occorre ancora osservare che
al tempo in cui fu introdotto l’uso della scala logaritmica, pesò anche un’ipotesi di natura
psicofisica, secondo la quale la sensazione prodotta dai suoni era direttamente proporzionale al
logaritmo della loro intensità sonora.
Si definiscono così i seguenti livelli sonori, dove la quantità di riferimento è fornita
direttamente dalla ISO ( International Organism for Standarditazion)
LIVELLI SONORI
FORMULA
Livello di pressione
sonora
Lp
L p = 10 log p 2 / p rif2 = 20 log p / p rif
QUANTITA’ DI
RIFERIMENTO
p rif = 20 ⋅ 10 −6 Pa
Livello di potenza
sonora
Livello di intensità
sonora
Livello di densità
sonora
LW
LW = 10 log W / Wrif
Wrif = 10 −12 W
LI
LI = 10 log I / I rif
I rif = 10 −12 W/m 2
Lw
Lw = 10 log W / Wrif
Wrif = 10 −12 W/m 3
Tabella dei livelli sonori
Nell’eseguire operazioni sui livelli occorre ricordare che si tratta di quantità logaritmiche e
quindi il livello totale di dovuto, per esempio, a due sorgenti contemporaneamente in funzione
non può essere ottenuto sommando i due livelli parziali che caratterizzano ciascuna delle due
sorgenti. Occorre invece risalire alle potenze sonore corrispondenti alle due sorgenti, che
possono essere sommate, e infine calcolare il livello complessivo.
LW 1 = 10 log W1 − Wrif 
→ W1 / Wrif = 10 Lw1 / 10 [2]
LW 2 = 10 log W2 − Wrif 
→ W2 / Wrif = 10 LW 2 / 10 [3]
WT / Wrif = W1 / Wrif + W2 / Wrif = 10 LW 1 / 10 + 10 LW 2 / 10 [4]
LWT = 10 log WT / Wrif = 10 log(10 LW 1 / 10 + 10 LW 2 / 10 [5]
La Fig. 4 permette di eseguire in forma grafica, le operazioni di somma dei livelli; mentre
la Fig. 5 consente le operazioni di sottrazione dei livelli utilizzabile quando si voglia valutare il
contributo dato al rumore di fondo da una sorgente specifica.
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CORREZIONE DA DETRARRE AL LIVELLO PIU' GRANDE
CORREZIONE DA SOMMARE AL LIVELLO PIU' GRANDE
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dB
3.0
2.8
2.6
2.4
2.2
2.0
1.8
1.6
1.4
1.2
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
dB
DIFFERENZA TRA I DUE LIVELLI DA SOMMARE
FIGURA 4
dB
3.0
2.8
2.6
2.4
2.2
2.0
1.8
1.6
1.4
1.2
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
0
3
4
5
6
7
8
9
10
dB
DIFFERENZA TRA I DUE LIVELLI DA SOTTRARRE
FIGURA 5
Figura 4 e 5.
PROPAGAZIONE IN AMBIENTE CHIUSO
Quando un suono viene generato all’interno di un ambiente chiuso produce un campo
acustico che è il risultato della sovrapposizione sia delle onde dirette sia di quelle riflesse; le
prime sono dovute alle onde di pressione che, provenienti dalla sorgente, raggiungono
direttamente l’ascoltatore, come se fosse in campo libero; le seconde sono invece prodotte da
tutte le riflessioni sulle pareti che limitano l’ambiente. La porzione di energia riflessa dalle
superfici di confine dipende dal loro comportamento acustico, in generale descritto dai
coefficienti di assorbimento, riflessione e trasmissione.
1.1
Coefficienti di riflessione, assorbimento e trasmissione. Osservando il bilancio
energetico del fenomeno di riflessione dell’energia che investe una parete di
spessore finito possiamo osservare che: una prima parte della potenza sonora
incidente W0 viene rinviata nel mezzo di provenienza ( Wr ), una seconda viene
assorbita trasformandosi in calore (Wa ), una terza parte infine l’attraversa (Wt ); in
base a tale bilancio si può scrivere:
W0 = Wr + Wa + Wt [6]
Figura 6.
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Dividendo tutto per W0 si ottiene :
1 = r + a + t [7]
dove r è il coefficiente di riflessione, a di assorbimento e t è quello di trasmissione
della parete nei confronti dell’energia incidenti; il loro valore varia tra 0 e 1 e
dipende dal materiale e la finitura superficiale della parete , oltre che dalla
frequenza e dall’angolo di incidenza dell’onda sonora. E’ utile definire il
coefficiente di assorbimento acustico come:
α = 1 − r [8]
1.2
Campo acustico riverberante e semiriverberante:
Se il numero delle riflessioni prodotte dalle pareti laterali è tanto elevato da
formare un campo acustico uniforme in tutto l’ambiente ( anche in prossimità
della sorgente), si dice che il campo è riverberante. In questa situazione si può
dimostrare che la densità di energia sonora w vale:
w = 4W / c0 Sα J/m 3 [9]
dove W è la potenza sonora della sorgente o delle sorgenti, c 0 la velocità del
suono , S la superficie totale e α il valore medio del coefficiente di assorbimento
acustico delle pareti che delimitano l’ambiente. Il campo acustico riverberante può
essere prodotto in ambienti particolari, appositamente costruiti in laboratori di
misura chiamati camere riverberanti. E’ in queste camere che si misura, per
esempio, il valore del coefficiente di assorbimento acustico dei diversi materiali o
la potenza sonora delle sorgenti.
In generale in ambienti di normali dimensioni, si può ipotizzare che il campo
acustico sia semiriverberante. In tal caso si può pensare che esistano
contemporaneamente zone di campo libero- in prossimità della sorgente, dove
prevale il contributo dell’energia diretta- e zone di campo riverberante- in
prossimità delle pareti, dove prevale il campo di riflusso.
In presenza di campo acustico semiriverberante , la densità di energia sonora in un
punto dell’ambiente è pertanto data dalla somma del campo acustico diretto e di
quello riflesso: il primo ( wd ) può essere dedotto dalla relazione:
W = I /(4πr 2 ) = wc 0 (4πr 2 )W [10]
e il secondo ( wr ) dalla relazione
w = 4W / αSc0 J/m 3 [11]
avendo però osservato che la potenza che contribuisce al campo riflesso è quella
che ha subito una prima riflessione sulle pareti, W (1 − α ) ; si ottiene pertanto:
w = wd + wr = WQ / c 0 4πr 2 + 4W (1 − α ) / αSc0 [12]
Il termine
αS /(1 − α ) = R m 2 [13]
viene detto costante dell’ambiente.
Queste relazioni sono particolarmente importanti perchè permettono di prevedere
il valore del livello sonoro L p prodotto da sorgenti caratterizzate da valori noti
della potenza sonora LW . Passando infatti alla scala dei decibel si ottiene:
Lw = L p = LW + 10 log(4 / αS ) = LW + 10 log(4 / A) dB [14]
valida per il campo riverberante, e
Lw = L p = LW + 10 log(Q / 4πr 2 + 4 / R ) dB [16]
valida per il campo semiriverberante. La figura 7 rappresenta graficamente
l’andamento della relazione precedente. In particolare si può osservare che la retta
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R= ∞ rappresenta il caso limite di campo libero ( 6 dB per raddoppio della
distanza r), mentre la linea tratteggiata delimita una zona alla destra della quale il
campo acustico è praticamente riverberante. Nel caso in cui desideri ridurre il
livello sonoro nell’ambiente attraverso un trattamento acustico delle pareti, risulta
particolarmente utile verificare l’attuazione che si potrà ottenere.
Figura 7.
Se per esempio ci troviamo vicino alla sorgente , l’attenuazione sarà molto piccola
anche aumentando notevolmente il valore di R; al contrario, lontano dalla
sorgente, dove il campo acustico è prevalentemente riverberante
TEMPO DI RIVERBERAZIONE
Se all’interno di un ambiente si interrompe improvvisamente l’emissione di energia sonora
di una sorgente, il livello di pressione sonora in un generico punto non si annulla
immediatamente, a causa delle riflessioni multiple delle pareti, che proseguono il loro percorso
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Figura 8.
con la velocità del suono anche dopo lo spegnimento della sorgente, il livello sonoro
decresce più o meno rapidamente a seconda delle dimensioni dell’ambiente e delle
caratteristiche fonoassorbenti delle pareti e degli oggetti in essi contenuti.
La figura n. 8 si riferisce precisamente al fenomeno della riverberazione in ambiente chiuso
nella fase che segue lo spegnimento di una sorgente sonora.
Si definisce tempo di riverberazione TR(s) di un ambiente il tempo necessario affinchè la
densità di energia sonora diminuisca di un milionesimo rispetto al valore che aveva prima dello
spegnimento della sorgente, in modo molto approssimativo è la persistenza del suono in un
locale una volta disattivata la sorgente. Ricordando la definizione della scala dei decibel si può
anche dire che il tempo di riverberazione rappresenta il tempo necessario affinche il livello
sonoro diminuisca di 60 dB rispetto al valore che aveva prima dello spegnimento della sorgente.
Se l’ambiente è perfettamente riverberante, allora il valore del tempo di riverberazione è lo
stesso in tutti i punti e vale:
TR = 0,16V / αS s [17]
dove V è il volume dell’ambiente. Tale relazione è nota come la formula di Sabine.
Lo studio di Sabine, che esprime in sostanza il contributo dato dalle onde riflesse al campo
acustico totale, ha avuto il merito di sottolineare che le caratteristiche di una buona acustica
dell’ambiente sono fondamentalmente legate alla sovrapposizione di onde dirette e riflesse, sia
per quanto riguarda la loro composizione in frequenza sia per gli sfasamenti temporali che la
caratterizzano. Per molto tempo questo è stato però considerato l’unico parametro oggettivo in
base al quale venivano valutate le qualità acustiche di una sala, pur essendo oggi dimostrato che
non può essere l’unico dato di progetto e verifica, tuttavia rimane il riferimento che più
frequentemente viene indicato in fase di definizione dei requisiti di una sala da spettacolo. Il TR
offre infatti il vantaggio di una relativa facilità di previsione e di una semplice misurazione
sperimentale.
Dati sperimentali, rilevati nelle sale che presentano le migliori presentazioni acustiche in
relazione alla loro destinazione d’uso hanno permesso di individuare i valori ottimali del tempo
di riverberazione di riferimento. La figura seguente riporta i valori al variare del volume
dell’ambiente e per due diversi campi di frequenze: le basse, 125 HZ, e le medio-alte, tra 500÷
2000 Hz.
Figura 9.
Inoltre ci si rese progressivamente conto di due caratteristiche:
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-
che un criterio di valutazione basato solo sul tempo di riverberazione che conserva il
suo pieno significato a patto che vi sia una perfetta diffusione dell’energia riverberata
entro la sala è un traguardo irraggiungibile nella realtà.
- dell’importanza predominante che ha, per la qualità dell’ascolto, il tratto iniziale del
transitorio di estinzione, per cui si è proposto di fissare l’attenzione proprio su questo
tratto (T10 ).
Il confronto tra il valore del T10 e il tempo di riverberazione convenzionale T60 mette in
evidenza la regolarità o meno della curva di estinzione, che è di tipo esponenziale solo nella
condizione di perfetta diffusione. L’importanza del tratto iniziale del transitorio di
estinzione è giustificata da considerazioni connesse con la durata del tempo di integrazione
dell’udito.
Figura 10.
La Figura 10 esprime con sufficiente chiarezza la differenza tra T10 e T60 sulla base della
registrazione grafica del decadimento del livello di pressione sonora.
INDICE DELLA ROBUSTEZZA DEL SUONO G (dB)
Uno dei primi indici di valutazione su cui si è fatto riferimento una volta riconosciuta
l’insufficienza del solo tempo di riverberazione per la previsione della qualità dell’ascolto in
una sala, è costituito dall’indice di robustezza del suono. Questo viene usualmente misurato con
una sorgente posta sul palco che simulava la direttività della voce umana posta sul palcoscenico,
al cui livello sonoro si sottrae il livello di pressione riferito ad un campo libero posto a 10 m di
distanza dalla sorgente. Viene anche chiamato livello sonoro relativo poichè è depurato da
quello della sorgente.
G = L p − LW [18]
Sono parametri legati ad una costante.
[
]
L p = LW + 10 log 1 / 4π 10 2 =-31 dB [19]
L p 2 = Lw − 31 dB
[20]
G = L p1 − Lw + 31 dB
[21]
G di solito è negativo, infatti in caso di risultato positivo si tratta di un ambiente aperto in
cui le distanze sono maggiori.
Il risultato ottimale per una sala acustica è intorno ai 5÷10 dB. Infatti la ricerca di una
sonorità troppo elevata comporta disagi molto forti ai fruitori dello spazio, e così anche una
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tendenza verso alla scarsità di robustezza del suono provoca un senso di fastidio. La ricerca del
giusto equilibrio diventa dunque un uno degli elementi cardine della progettazione.
Si pensi ad esempio che esistono sale, di solito in struttura lignea, progettate per rivolgere
tutto il suono esclusivamente agli spettatori, comportando però un forte disagio ai musicisti che
non riescono ad avere un controllo diretto della forza della musica. Questa particolare tipologia
viene chiamata “a conchiglia”, ed il suo utilizzo è abbastanza frequente in particolare negli stadi
per i concerti. Per ovviare l’inconveniente poc’anzi riferito vengono solitamente utilizzati degli
altoparlanti di ritorno che permettono ai musicisti di sentirsi.
Anche il teatro non è esente da errori acustici, che a volte creano un effetto di disturbo
molto elevato. Si pensi come la conformazione di una sala, oppure la predilezione di un’epoca
per una forma determinata incida sulla prestazione sonora di un teatro. Per esempio sino al
XVIII secoli i musicisti delle orchestre non erano così numerosi come quelli che servirono
all’epoca romantica quando si sviluppo una sensibilità molto particolare per la potenza e
capacità espressiva del suono. Precedentemente perciò gli orchestrali erano posti tra il proscenio
e gli spettatori in platea. Con la presenza di un sempre maggior numero di musicisti si verificò
la necessità di sistemare l’ingombrante orchestra in una posizione che non ostruisse la visuale
degli spettatori e che inoltre consentisse di non sciupare area preziosa per i posti in platea. Il
rimedio adottato fu l’introduzione della fossa orchestrale, che però comportò problemi di
equilibrio tra l’intensità del suono dell’orchestra e la voce del cantante, ed inoltre molto spesso i
musicisti non riescono a sentire l’attore, e perciò dispongono solo del direttore d’orchestra come
tramite tra loro e ciò che accade sul palcoscenico.
Altro problema determinato dallo sviluppo storico del teatro è la torre scenica, in cui il
suono tende a perdersi, per evitare questo problema solitamente viene inserito uno strumento
che tende a dirigere il suono verso l’esterno, causando però in caso di cattivo funzionamento la
difficoltà dell’attore di sentirsi.
torre scenica
Figura 11.
L’introduzione del parametro G è ancora oggi di difficile attuazione, poichè è solo dagli
anni ’80 che lo si considera un parametro oggettivo per la creazione di una buona qualità
acustica. Si pensi ad esempio che nel bando di gara del teatro La Fenice di Venezia si prevedeva
come parametro da raggiungere solo il tempo di riverberazione, trascurando completamente il
parametro G.
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INDICE DELLA CHIAREZZA
Il capo acustico che raggiunge l’ascoltatore è prodotto dalla sovrapposizione delle onde
riflesse e dirette. Il contributo fornito dalle prime è particolarmente importante sia ai fini
dell’intellegibilità del parlato che per il buon ascolto della musica, condizione necessaria è però
che la differenza di livello sonoro e il tempo di ritardo tra onda diretta e riflessa non superi
determinati valori. In caso contrario potremmo avere il rimbombo che è la sensazione che
provoca sull’orecchio umano la sovrapposizione di un’onda sonora emessa direttamente da una
sorgente e dell’onda emessa da un ostacolo.
Le esperienze condotte sin dagli inizi degli anni ‘50 hanno chiaramente evidenziato tale
effetto, tanto da poter individuare un’energia utile, intesa come l’energia emessa in un periodo
inferiore ai 50 ms nel caso della voce e 75 ms nel caso della musica. Infatti il nostro orecchio ha
una capacità di integrazione tale da integrare in un unico suono tutte le riflessioni comprese tra i
50÷80 ms . Invece nel periodo compreso tra i 150 ÷ 200 ms si ha un’eco ripetuto, detto anche
flutter echo.
L’energia dannosa è composta non solo dalle riflessioni che arrivano con sufficiente
intensità in un tempo di ritardo superiore a 80÷100 ms, ma anche da quelle che, a causa della
forma delle superfici su cui incidono, tendono a focalizzare l’energia riflessa o a determinare
zone d’ombra ( fig.12), provocando accentuate disuniformità del campo acustico.
Zona d'ombra
Figura 12.
La base concettuale di questo parametro é dunque la misurazione della parte di suono
riverberato, che arriva in concomitanza con una parte dell’onda diretta costituendo un unico
suono ( considerato "utile "), a confronto con la parte che arriva dopo ( una parte piú
propriamente di riverberazione che peró tende a sporcare il suono). Questo ha portato alla
definizione dell’indice di chiarezza, esistente in due versioni ovvero C 50 e C80 (in relazione
all’ampiezza della finestra temporale che si assegna al suono utile).
Rapportando l’energia dei primi 50 ms( energia utile) a quella successiva ( energia
dannosa) ottengo l’indice della Chiarezza
p 2 en.utile
∑
[22]
C 50 = 0−80 ms
∑ p 2 en.dannosa
80 − ∞
Il valore ottimale dell’indice della chiarezza è compre so tra ± 1 dB. Infatti valori superiori
a 1 db indicano un suono troppo secco, simile al suono all’aperto mentre valori inferiori a –1
indicano una eccessiva riverberazione del suono.
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E’ importante sottolineare che i nostri microfoni misurano la pressione e non l’energia,
perciò abbiamo eseguito un procedimento di equivalenza.
TEMPO BARICENTRICO
Il tempo baricentrico è un modo diverso di tener conto degli apporti energetici relativi a un
segnale sonoro. Esso trova la sua particolare prerogativa nell’essere il rapporto tra l’energia
utile e quella dannosa, perciò lo si può anche visivamente relazionare al baricentro della linea
formata dal pettine.
∫ ∞0 ⋅t ⋅ p 2 (t )dt
ts = ∞ 2
[23]
∫ 0 ⋅ p ⋅ (t )dt
in realtà ottengo delle sommatorie
∞
ts =
∑ i ⋅ ∆t ⋅ p
1= 0
∞
∑p
2
[24]
2
1= 0
Per il parlato il suo valore varia da 30÷70 ms, mentre per la musica da 70÷120 ms.
INTER AURAL CROSS CORRELATION
Un altro elemento molto importante fa riferimento a come noi percepiamo il suono, e
sopratutto alle caratteristiche del nostro organo uditivo.Il nostro padiglione auricolare opera
infatti una funzione di trasferimento che colora il suono e con risonanze diverse attraverso un
sistema di filtraggio.
Figura 13.
L’organo dell’udito ha perciò una struttura molto complessa composta di tre parti (orecchio
esterno, orecchio medio, orecchio interno). L’orecchio esterno è costituito dal padiglione che
raccoglie le onde sonore e le convoglia verso l’orecchio medio. Questa è una cavità limitata da
due membrane: il timpano, e la finestra ovale. Il timpano, messo in vibrazione dalle onde
sonore, trasmette le oscillazioni alla finestra ovale attraverso tre ossicini ( martello, incudine e
staffa). Due piccoli martelli irrigidiscono il timpano e la staffa, se i suoni sono molto intensi, in
modo da evitare che l’orecchio interno sia danneggiato da vibrazioni troppo forti. L’orecchio
interno a sua volta è costituito da tre parti: il vestibolo e i canali semicircolari, che ci danno il
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senso dell’equilibrio, e la chiocciola che è l’organo uditivo vero e proprio e che comunica al
cervello le sensazioni sonore attraverso il nervo acustico.
Questo complicato sistema di filtraggio fa sì che ogni individuo percepisca il suono con
sfumature leggermente diverse, ed inoltre è il principale responsabile della ricchezza con cui ci
giungono i suoni.
Un diverso tipo di indici cui si fa ricorso per valutare la qualità dell’ascolto in una sala è
costituito da quei parametri che tengono conto delle direzioni di provenienza, delle intensità
delle prime riflessioni ed inoltre della forma della sala.
Molto importante tra questi sono le direzioni di provenienza del suono collegate alla
caratteristica della nostra conformazione fisica che fa sì che noi percepiamo il suono con una
differenza temporale, infatti a seconda della nostra posizione rispetto alla fonte sonora
riceviamo il segnale prima in un orecchio e poi nell’altro. Perciò è stato introdotto un nuovo
parametro chiamato IACC (inter aural cross correlation) che deriva dalla constatazione che
l’impressione sonora ricevuta da uno spettatore dipende dallo sfasamento, nel tempo, dei segnali
ricevuti separatamente da ogni orecchio. Le tecniche moderne di elaborazione dei segnali
stereofonici consentono di valutare sperimentalmente il valore di tale funzione tramite
microfoni binaurali ovvero microfoni stereo simili alle cuffie di ascolto e quindi indossati sulla
testa e sovrapposti alle orecchie.
Un esempio dell’importanza di questi parametri potrebbe essere ciò che accadrebbe se
incisioni tecnicamente perfette venissero emesse da un unico altoparlante: potrebbero apparire
molto fredde, creando così una sensazione di estraneità e non coinvolgimento alla musica, cosa
che generalmente non succede poichè vengono utilizzati più altoparlanti.
LATERAL FRACTION E LATERAL EFFICIENCY
Un parametro alternativo, di natura anglosassone, a quello esposto precedentemente è il
Lateral Fraction. Questo è un parametro ha il vantaggio di essere facilmente calcolabile tramite
il metodo delle sorgenti immagine. Per verificarlo si usano particolari strumenti, ossia dei
microfoni dotati di due capsule coincidenti, una omnidirezionale ed una a figura di otto
orientata con il piano di sensibilitá parallelo alle orecchie dell’ascoltatore. Questo microfono ha
due uscite indipendenti chiamate omni a figura di 8, la prima ci dà P, la seconda una velocità.
Lf =
E∞[5 ÷ 80ms ]
[25]
E om ni [0 ÷ ∞ms ]
Questo parametro si chiama lateral fraction ed é una percentuale, data dal rapporto di due
energie.Questo deve avere un valore abbastanza alto, prossimo a 1 ( ossia quasi tutto laterale).
Di solito si considera Lf≅(1-IACC)
Un altro parametro simile é l’efficenza laterale, definito come il rapporto tra l’energia laterale
relativa all’intervallo 25÷80 ms e l’energia totale relativa all’intervallo 0÷80 ms
LE =
en.laterale[25 ÷ 80ms ]
[26]
en.totale[0 ÷ 80ms ]
PARAMETRI GENERALI
Se si considera il precedente quadro, peraltro incompleto, degli indici proposti per la
valutazione acustica di una sale, subito si comprende la complessità della materia acustica, e
soprattutto la difficoltà da parte degli studiosi del settore di individuare un criterio con cui
scegliere un gruppo di indici oggettivi.
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Un primo tentativo fu svolto da Beranek, in seguito a diversi errori di progettazione che si
erano verificati in quegli anni a causa dell’utilizzo come unico criterio di progettazione del
tempo di riverberazione. Il criterio utilizzato era basato su una scala numerica di 100 punti
relazionata a parametri oggettivi.
Indagini sistematiche sono state svolte successivamente in Germania da tre gruppi di
studiosi, rispettivamente di Dresda, Berlino e Gottinga, alla ricerca di tre o quattro parametri
oggettivi di valutazione.
I maggiori ostacoli della loro definizione stanno principalmente nella difficoltà di effettuare
un calcolo preventivo affidabile in sede di progetto, senza dover ricorrere ad onerose prove su
modelli in scala ridotta (1/10), operazione non giustificabile quando si tratta di piccole sale.
La tabella seguente riporta un brave riepilogo dei valori ottimali che abbiamo fin qui
espresso.
CRITERIO
INTERVALLO VALORI
T60 (s)
1.4÷2.8
T10 (s)
1.8÷2.6
G (dB)
5÷10
C (dB)
-2÷+2
ts (ms) per il parlato
30÷70
ts (ms) per la musica
70÷120
IACC
0,2÷0,3
LF
1-IACC
Tabella dei valori di riferimento
UN ESEMPIO DI PROGETTAZIONE ACUSTICA
A conclusione della serie di parametri che bisogna considerare per ottenere una buona
qualità acustica, ho voluto porre un esempio della difficile convivenza che a volte si può
instaurare tra le scelte progettuali dell’architetto e le esigenze acustiche che si richiedono.
L’esempio qui riportato fa riferimento alla Sidney Opera House, che nel corso della sua
costruzione proprio per le difficoltà tecniche e acustiche riscontrate ha subito diverse fasi.
Figura 14
La tabella qui riportata fa riferimento in breve all’iter progettuale-costruttivo della struttura
.
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1956
Concorso internazionale vinto
dall’architetto J. Utzon
1956
1966
Costruzione della
esterna a gusci
1966
1966
1973
Rinuncia all’incarico di Utzon
Nuova gestione ( Hall, Todd, e
Littlemore)
struttura
Programma:
-Major Hall= sala da concerto (300 posti),a
teatro lirico (1800 posti)
-Minor Hall=sala per il dramma e la light
opera (1200 posti)
Tentativi di progettazione delle sale
-tre per la sala maggiore
-due per la sala minore
Prove per modello del 3° progetto sala
minore
Revisione generale del programma
-Major Hall= sala da concerto (2690 posti)
-Minor Hall= teatro lirico (1547 posti)
-Sala prove orchestrali
-Teatro drammatico (553 posti)
-Music room (400 posti)
-Hall (200 posti)
Modelli e collaudi acustici.
Il programma del concorso prevedeva la costruzione di due grandi sale che assolvevano a
diverse destinazioni d’uso. La scelta progettuale dell’architetto fu completamente innovativa
rispetto alle opere allora contemporanee, infatti presentò una struttura fortemente evocativa che
richiamava il profilo del ponte e delle barche a vela, allontanandosi però dalla conformazione
classica delle sale da concerto.
Figura 15.
La struttura esterna composta da gusci era dunque completamente scorrelata con la forma
interna di una normale sala da concerto, così una parte della prima fase di progettazione fu
caratterizzata da infruttosi tentativi di relazionare le due parti. La sala principale fu fortemente
limitata dall’involucro esterno, anche se si cercò di risolvere parzialmente la cosa tramite
l’adozione di un soffitto a forma di diamanti, che oltre ad essere esteticamente gradevole,
sarebbe stato anche molto efficace dal punto di vista acustico. Un grave handicap della
conformazione interna era dovuto principalmente al fatto che le pareti laterali verticali erano
molto ridotte, e ciò significava che le riflessioni laterali, necessarie per un buon ascolto,
sarebbero state pressochè inesistenti.
Un’altro tentativo di soluzione fu quello di ridurre notevolmente le dimensioni della sala,
violando però la richiesta del bando di concorso.
A questo punto l’architetto rinunziò all’incarico.
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Nel frattempo erano state condotte prove su modello in scala 1/10, dimostrando però che
nelle sale destinate al pubblico lateralmente parecchi posti non sentivano bene. Anche la sala
minore aveva visto diverse fasi, di cui un primo progetto che prevedeva una spinta verso l’alto,
creando però una cavità capace di generare riflessioni notevolmente ritardate. Nell’ultima
proposta di Utzon questa venne rivolta verso il basso, creando una copertura di grandi archi
convessi.
La rinuncia di Utzon comportò la designazione di un nuovo team di architetti rappresentato
da P. Hall.
Figura 16.
Il primo passo di tale gruppo fu di sottoporre ad un esame critico l’intero progetto, sia per
adeguarlo alle nuove esigenze della città, sia perchè proprio nella molteplice destinazione d’uso
delle sale si trovava la maggiore difficoltà. Si propose perciò all’autorità competente che la sala
maggiore divenisse solo sala da concerto, mentre si cambiò l’utilizzo di quella minore. Venne
inoltre creata una terza sala per le prove dell’orchestra. Il nuovo programma prevedeva inoltre la
realizzazione di un teatro drammatico ( 500 posti) ed una Music Room (400 posti).
Nel nuovo e definitivo progetto il soffitto fu spostato verso l’alto per quanto consentito
dalle limitazioni imposte dalla struttura esterna, e reso alquanto più piatto, venne ridotta la
distanza tra le pareti laterali che poterono così assumere la forma di superfici verticali continue.
Figura 17.
Nell’insieme le modifiche apportate avevano portato ad avvicinare la forma generale della
sala a quella di una sala da concerto classica.
Un importante problema sino ad allora trascurato fu quello dell’isolamento acustico delle
sale rispetto all’intorno. Infatti il complesso sorge su una piccola penisola in prossimità del
porto, ed è quindi soggetto ai rumori delle navi e del porto.
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Figura 18.
Si decise così di utilizzare lastre di vetro dello spessore di 18 mm, e successivamente di
dotare le pareti della sala di una maglia metallica sostenuta dai gusci e riempita di cemento.
Inoltre si intervenne sulla copertura con speciali pannelli di legno e gesso progettati per avere
una risonanza molto bassa ed un modesto coefficiente di assorbimento alle basse frequenze.
Figura 18.
Gli errori iniziali sono stati principalmente due, cioè in primo luogo un programma iniziale
discutibile che prevedeva un doppio uso per le sale principali, la seconda di aver costruito
l’esterno senza pensare alla sua compatibilità con le esigenze acustiche. A ciò si può aggiungere
lo scarso interesse per il rumore esterno che si considerò solo nella fase finale del progetto.
Tutto ciò comportò un onere in fatto di tempo e di denaro che rende chiaramente
comprensibile come sia importante instaurare un rapporto dialettico tra le varie discipline.
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