Il governo dell`immigrazione e il ruolo dei comuni

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Il governo dell`immigrazione e il ruolo dei comuni
IL GOVERNO DELL’IMMIGRAZIONE E IL RUOLO DEI COMUNI
a cura di Paolo Fasano
Si ringraziano per la disponibilità e la preziosa collaborazione: Sergio Briguglio, Viviana Bussadori, Simona Centonze,
Carmela Salazar, Mario Silvestri e Andrea Stuppini
2
INDICE
Premessa
pag. 3
Il riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni
pag. 3
Il dibattito sull’immigrazione nei lavori della Commissione senato Affari Costituzionali
per la revisione del titolo V parte seconda della Costituzione - Atto Senato n. 4809
pag. 4
Le funzioni amministrative e i Comuni
pag. 6
La necessità di un maggiore coordinamento tra Stato, Regioni ed autonomie locali
pag. 7
La sperimentazione nazionale per il trasferimento delle competenze
in materia di rinnovi ai Comuni
pag. 11
Conclusioni
pag. 13
Bibliografia
pag. 14
3
Premessa
Il 24 ottobre 2001 viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 248 la legge costituzionale n. 3 del 18
ottobre 2001, "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione".
Sono passati più di 4 anni dal primo testo presentato dalla Commissione Bicamerale1 alle Camere, il
30 giugno 1997, del progetto di revisione della parte seconda della Costituzione (artt.114 – 133).
Dal 1997, in particolare con la legge n. 59, la c.d. "legge Bassanini 1", erano state notevolmente
aumentate le competenze regionali, tanto legislative quanto amministrative, e modificata la
relazione tra legislazione e amministrazione, con l’introduzione del principio che l’amministrazione
spettasse di regola alle Regioni e ai poteri locali anche nelle materie di competenza legislativa
statale, salva diversa ed esplicita disposizione legislativa dello Stato.
Per stabilizzare questo processo riformatore, attuato per legislazione ordinaria, era quanto mai
necessaria una legittimazione costituzionale, in modo da sottrarlo ai cambi di maggioranza
parlamentare2. Questa considerazione rappresenta una delle principali ragioni della riforma che
traduce sul piano costituzionale una nuova impostazione, più regionalistica e autonomistica, che si
era andata affermando negli anni precedenti e una nuova configurazione sia dei rapporti tra Stato e
Regioni che delle autonomie territoriali.
In questo lavoro ho cercato di indagare, in modo certo non esaustivo, il periodo storico corrente
utilizzando la riforma del titolo V della Costituzione come una delle chiavi di lettura dell’attuale
modello di governo dell’immigrazione.
Il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni
Non è questa la sede per affrontare un’analisi generale delle innovazioni prodotte dalla riforma che
ad oggi illustri studiosi stanno approfondendo e dibattendo.
Mi preme però evidenziare la nuova architettura istituzionale che appare delinearsi: un ordinamento
policentrico nel quale, accanto allo Stato e alle Regioni, viene riconosciuta pari dignità agli enti
territoriali minori (Comuni, Province, Città Metropolitane), in quanto elementi costitutivi della
Repubblica, pur nella diversità dei poteri3. Viene capovolto il criterio di riparto delle competenze
legislative tra Stato e Regioni, in quanto sono assegnate alle Regioni tutte le materie che non sono
affidate espressamente alla competenza dello Stato4. Le Regioni hanno quindi una potestà generale
su ogni materia non espressamente riservata allo Stato (art. 117 c. 4 cost.) ed una potestà
concorrente su tutte le materie elencate al comma 3 dell’art. 117, nel senso che lo Stato deve
definire la “cornice” dei principi fondamentali all’interno della quale le Regioni esercitano poi la
potestà legislativa5.
1
Commissione parlamentare per le riforme costituzionali i cui lavori si sono succeduti dal 4 febbraio al 4 novembre
1997
2
Vedi Relazione della I Commissione permanente della Camera dei Deputati – 19 febbraio 2001 – relatori Soda e
Cerulli Irelli.
3
Principio di “Pari dignità costituzionale in posizione”
4
Principio della “Residualità a favore delle Regioni della competenza legislativa”
5
Art. 117 c. 3 ultimo capoverso: “Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa,
salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.”
4
Il dibattito sull’ immigrazione nei lavori della Commissione senato Affari Costituzionali per la
revisione del titolo V parte seconda della Costituzione - Atto Senato n. 4809
Con la riforma per la prima volta fa ingresso nella nostra carta costituzionale il termine
“immigrazione”6. Nel dibattito parlamentare si presenta dapprima, nella versione del testo
approvato in commissione Bicamerale, insieme a “cittadinanza e condizione giuridica dello
straniero7”, successivamente diventa materia a sé8 e così rimane nel testo definitivo, sempre
comunque sottoposta alla competenza esclusiva dello Stato9. Andrebbe approfondito come mai, nel
suo girovagare, compaia sempre tra le competenze esclusive dello Stato. In realtà sussistono diversi
elementi che fanno apparire come scontata questa collocazione, non ultima la considerazione che ci
si muova nel solco di una diffusa esperienza costituzionale (Austria, Spagna, Germania)10.
A mio avviso, va comunque rilevata una scarsa partecipazione al dibattito parlamentare, anche da
parte degli esperti di immigrazione. Il dibattito che accompagna l’iter di approvazione delle leggi
40/98 e 189/02 è ad esempio caratterizzato da una partecipazione intensa di associazioni, consulte,
“gruppi di riflessione”, giuristi ed esperti, forze cattoliche e laiche11, che organizzano gruppi di
studio, presentano emendamenti, proposte, osservazioni, indirizzano lettere di pressione, schede
tecniche e documenti congiunti ai rappresentanti istituzionali e agli organi competenti. Vi è una
mobilitazione che va oltre gli operatori di settore e coinvolge anche l’opinione pubblica e la
stampa12. Nel 2000-2001 quando si discute se l’immigrazione debba essere materia di competenza
esclusiva dello Stato o sottoposta ad una potestà concorrente fra Stato e Regioni, non si presenta
nulla di tutto ciò. Anche il dibattito parlamentare sulla questione appare scarno, ad eccezione della
6
E’ una conseguenza dell’inversione del criterio di riparto delle competenze tra Stato e Regioni
Questa definizione che riprendeva la dizione contenuta nell’art. 10 c. 2 cost. è stata poi cambiata nell’espressione
condizione giuridica dei "cittadini degli Stati non appartenenti all’Unione Europea"
8
Emendamento 5.334 approvato nella seduta dell’Assemblea della Camera dei Deputati del 20 settembre 2000
9
Art. 117 c.2 cost.: Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione Europea; diritto di asilo e
condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e
contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati
dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
10
Il "referendum sul federalismo" - Schede di lettura del testo che modifica il titolo V della parte II della Costituzione,
sottoposto a referendum il 7 ottobre 2001 - S e n a t o d e l l a R e p u b b l i c a - S e r v i z i o S t u d i - Ufficio
ricerche sulle questioni regionali e delle autonomie locali
11
Un’ampia documentazione del dibattito e degli eventi che hanno accompagnato i due provvedimenti legislativi fino
alla loro approvazione è contenuta nell’archivio Briguglio (www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo)
12
E’ possibile documentare un’ampia copertura della stampa e dei media durante tutto il percorso di approvazione e di
entrata in vigore dei testi legislativi. A titolo di esempio “Benvenuti in Italia” – Repubblica, 21 febbraio 1998;
“Immigrati, legge a rischio” – Repubblica, 10 marzo 1998, sono solo 2 degli oltre 20 articoli che il quotidiano La
Repubblica dedica all’argomento nel 1998.
7
5
Lega Nord che nelle commissioni parlamentari contesta l’attribuzione di questa materia alla
competenza esclusiva dello Stato. Nella seduta del senato del 14/11/200013 il senatore Gasperini
(Lega Nord) sostiene che “l'evoluzione della società ha reso necessario recuperare antiche
concezioni federaliste rimaste compresse dall'affermazione dello Stato centralista. La stessa
costruzione europea può infatti basarsi sulle realtà regionali. Nel provvedimento si vuole realizzare
un impossibile compromesso tra federalismo e centralismo, attraverso una spartizione verticale dei
poteri dello Stato centrale piuttosto che con un concreto miglioramento dell'architettura statale. È ad
esempio criticabile la legislazione esclusiva dello Stato in materia di immigrazione…”. Anche il
senatore Jacchia (Misto-CR) nella stessa seduta ritiene che sarebbe più opportuno attribuire
maggiori competenze alle Regioni in materia di immigrazione. Nella seduta del senato del
16/11/200014 il senatore Tabladini (Lega Nord) spiega, tra gli applausi del suo gruppo parlamentare
e di quello di Forza Italia, che l’emendamento n. 3.104 presentato dalla Lega Nord si propone di
attribuire alle Regioni la potestà sull'immigrazione, in quanto un potere decisionale affidato alle
autorità locali potrebbe favorire un più equilibrato assorbimento, e quindi l'integrazione, degli
immigrati. Ancora Gasperini, nella seduta del senato del 15/11/200015, ritiene che occorra attribuire
la competenza legislativa in materia di immigrazione alle Regioni, che sono più vigili sulle esigenze
dei cittadini e possono più agevolmente effettuare monitoraggi ed erogare servizi. Ed infine il
senatore Tabladini, nella seduta del senato del 16/11/200016, che precede la votazione, interviene
nuovamente a sostegno dell’emendamento 3.104: “l'emendamento tende a portare nell'alveo delle
competenze regionali tutto ciò che riguarda l'immigrazione, un tema scottante al quale non ci si può
sottrarre … Noi riteniamo, effettivamente, che attribuire alle Regioni la potestà in materia di
immigrazione sia una cosa dovuta, in quanto sono solo le Regioni che possono stabilire,
naturalmente nei limiti del possibile, la quantità ed i flussi di richiesta. … Noi riteniamo invece …
che dare alcune potestà al sindaco della città, per esempio, favorirebbe la possibilità di assorbire
questa gente. Infatti, è abbastanza facile che il sindaco della città conosca personalmente quelli che
lavorano …. e i criminali. Questi ultimi vanno cacciati, invece, senza tanti complimenti. Detto
questo, ripeto che riteniamo che questa competenza debba essere assolutamente data a livello
regionale, perché il problema verrà gestito in modo migliore. Sappiamo che si tratta di un problema
sopranazionale”.
La Lega Nord è però figlia di quei movimenti indipendentisti nati alla fine degli anni ’80 che
esibiscono avversione al Governo centrale e si caratterizzano per atteggiamenti e slogan ostili
contro i meridionali emigrati al nord e gli immigrati stranieri. Ricordiamo che tra le prime iniziative
“nazionali” di Bossi vi è la raccolta firme per abrogare la legge Martelli17 nel 1990. Pertanto la
lettura comune della posizione leghista da parte delle altre forze parlamentari non è quella di una
proposta che miri a favorire l’integrazione degli immigrati attraverso una maggiore vicinanza al
cittadino straniero della Istituzione chiamata poi a gestirne la regolarità della posizione
amministrativa. Viene piuttosto ravvisato nella proposta leghista un atteggiamento di rinnovata
sfiducia verso lo Stato centrale, venato di pericolose tentazioni discriminatorie contro gli immigrati.
Il rischio è che l'affidamento alle Regioni delle competenze in materia di immigrazione possa
portare in futuro a limitazioni della mobilità interna allo Stato. L’intervento del senatore Meloni del
Partito Sardo d’Azione sostenuto dai gruppi DS, Verdi e PPI nella seduta del 15/11/2000 è esplicito
su questo punto : “…E allora non voglio arrivare a vedere che in Italia vengono frenati i flussi di
immigrazione da una regione all'altra, perché se queste competenze vengono date alle Regioni
significa che arriveremo a stabilire anche questo”18.
13
Atto Senato n. 4809 Seduta n. 954 del 14/11/2000
Atto Senato n. 4809 Seduta n. 959 del 16/11/2000
15
Atto Senato n. 4809 Seduta n. 957 del 15/11/2000
16
Atto Senato n. 4809 Seduta n. 959 del 16/11/2000
17
“Referendum anti – immigrati: la Lega di Bossi lancia la sfida” – Repubblica - 14 agosto 1990
18
Atto Senato n. 4809 Seduta n. 957 del 15/11/2000
14
6
Il CCD annuncia l’astensione, anche se il senatore Bosi aggiunge che per la sua parte sarebbe più
“opportuno mantenere una competenza concorrente tra Stato e Regioni, perché anche queste ultime
hanno una loro specifica competenza in ordine alle questioni dell'integrazione, dell'accoglienza e,
quindi, anche dell'assunzione delle necessarie responsabilità. Pertanto, sarebbe necessario e più
opportuno avere una concorrenza di competenze …”19.
Altri gruppi di centro sottolineano che avere una competenza regionale in tema di immigrazione
non sia necessariamente sinonimo di lotta all'immigrazione, “non voglia dire necessariamente
essere anti-immigrazione; anzi, le Regioni e gli Enti Locali qualche volta sono di aiuto e spesso lo
Stato ricorre alla loro attività per rispondere ai problemi che nascono dall'immigrazione”20.
Messo ai voti l'emendamento 3.104, presentato dal senatore Tirelli e da altri senatori, non è
approvato.
L’immigrazione, come disciplina dell’ingresso e del soggiorno di cittadini non appartenenti
all’Unione Europea, resta quindi materia di competenza esclusiva dello Stato che a tutt’oggi
mantiene anche il potere regolamentare e le funzioni amministrative, normalmente attribuite ai
Comuni. Infatti la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva,21
fatta salva la possibilità di delega alle Regioni. In tutte le altre materie spetta alle Regioni.
Bisogna interrogarsi, però, su come si coniughi questo attuale sistema costituzionale con il processo
avviato nell’Unione Europea dalle modifiche introdotte nel 1997 dal trattato di Amsterdam al
Trattato della Comunità Europea. In particolare assume rilievo lo spostamento dell’immigrazione
dal terzo al primo pilastro, in quanto la normativa dei cittadini non U.e. viene progressivamente
sottratta alle singole discipline nazionali degli stati membri e sottoposta in modo diretto alle
procedure e ai meccanismi decisionali tipici del diritto comunitario.
Le funzioni amministrative e i Comuni
Per quanto riguarda le funzioni amministrative, l’art. 118 cost. le assegna chiaramente ai Comuni,
non solo quelle proprie, ma anche quelle conferite con legge statale o regionale. Solo l’esigenza di
un esercizio unitario può giustificare un diverso conferimento (a Province, Regioni o allo Stato).
Il testo precedente, approvato dalla Bicamerale, stabiliva in modo ancora più ampio l’assegnazione
di tutte le funzioni amministrative ai Comuni. Veniva attribuita ai “Comuni la generalità delle
funzioni regolamentari ed amministrative anche nelle materie di competenza legislativa dello Stato
o delle Regioni22”, mentre lo Stato e le Regioni potevano svolgere tali funzioni solo se
espressamente indicato dalla Costituzione o dalle leggi. Si voleva evitare ogni forma di
duplicazione di funzioni che potesse rendere incerta l'attribuzione di responsabilità. La precisazione
dell’attribuzione anche per le materie di competenza legislativa dello Stato e delle Regioni serviva
inoltre a superare il criterio del "parallelismo" tra funzioni legislative e amministrative che aveva
presieduto fino ad allora alla ripartizione delle funzioni amministrative tra Stato e Regioni, sulla
base del dettato costituzionale in vigore prima della riforma. L’attribuzione di competenza generale
ai Comuni aveva il merito di valorizzare maggiormente il ruolo primario che nel nuovo sistema
costituzionale sarebbe stato affidato agli enti territoriali minori, le cui strutture amministrative sono
a più diretto contatto con i cittadini23.
Sul piano amministrativo, l’immigrazione nasce in Italia come questione di pubblica sicurezza. Fino
al dlgs. 286/199824, il testo di riferimento è infatti il TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica
19
Atto Senato n. 4809 Seduta n. 959 del 16/11/2000
Intervento del senatore Gubert del 16/11/2000 seduta n. 959- Atto Senato n.4809
21
Principio del parallelismo stabilito dall’art.117 c. 6 della Cost.
22
“Ripartizione delle funzioni pubbliche: art. 56 c. 2 del progetto di revisione costituzionale” approvato dalla
commissione Bicamerale e trasmesso alle Camere il 4/11/1997
23
“Il progetto di revisione della Parte seconda della Costituzione (A.C. 3931-A e A.S. 2583-A)” - Dossier per
l'Assemblea curato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati - www.camera.it/_dati/leg13/lavori/rifcost/dossier
24
Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
coordinato ed aggiornato con le modifiche introdotte dal D.lgs. n. 380/1998, dal D.lgs. n. 113/1999, dal D.L. 4 aprile
2002, n. 51, dalla Legge n. 189/2002, dalla Legge n. 289/2002, dal D.lgs. n. 87/2003, dal D.L. n. 241/2004, dal D.L. n.
20
7
Sicurezza)25. Si tratta di norme approvate durante il fascismo, il cui regolamento di esecuzione
viene addirittura promulgato un mese prima del coinvolgimento dell’Italia nel conflitto mondiale, e
pertanto risentono non solo dell’ideologia autoritaria del regime fascista ma anche della particolare
percezione dello “straniero” da parte di un Paese coloniale che sta entrando in guerra.
Nel dopoguerra le norme vengono modificate con l’introduzione del permesso di soggiorno ma
l’impostazione rigida e l’ampia discrezionalità amministrativa permangono. Inoltre l’assenza di una
legge organica che collegasse l’autorizzazione a soggiornare a diritti riconosciuti, aveva nel tempo
determinato un’incredibile produzione di circolari ministeriali che, nel tentativo di coprire il vuoto
legislativo e in aperta violazione della riserva di legge prevista dall’art. 10 c. 2 cost.26, si
sovrapponevano in modo non coerente, creando palesi contraddizioni di diritto e nelle prassi.
Quando il fenomeno migratorio diventa di dimensioni rilevanti, negli anni ’80, diventa
improcrastinabile la necessità di un intervento legislativo. Nel 1985 la prima rilevazione statistica
effettuata dal Ministero degli Interni della presenza straniera rilascia il dato di poco più di 200.000
cittadini immigrati autorizzati al soggiorno in Italia, a cui si aggiungono le 116.000 persone che
regolarizzano la propria posizione giuridica con la sanatoria del 198627. In successione abbiamo la
legge 943 nel 1986, la legge 39 del 1990, nota come legge Martelli, fino al decreto legislativo 286
del 1998, primo intervento legislativo organico nella materia, con un modello di riferimento definito
da Giovanna Zincone “dell’integrazione ragionevole, che aveva in qualche modo rappresentato
anche lo sfondo della legge Martelli, ha orientato più concretamente il progetto di legge Contri (non
approvato), ed infine ha costituito l’impianto della legge Turco Napolitano”28. Il dlgs. 286 del 1998
completa l’abrogazione della normativa contenuta nel TULPS29, iniziata con la legge Martelli, ma
lascia alle Questure la funzione amministrativa di gestione dei rinnovi delle autorizzazioni di
soggiorno “al fine di garantirne l'esercizio unitario”.
La necessità di un maggiore coordinamento tra Stato, Regioni ed autonomie locali
La legge 286 del 1998 contiene numerosi riferimenti alle Regioni e agli Enti Locali e prevede
diversi organismi di coordinamento. La Commissione per le politiche di integrazione (art. 46), la
Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie (art. 42) e a livello locale i
Consigli territoriali per l'immigrazione (art. 3) sono organismi nei quali siedono i rappresentanti
delle Regioni e degli Enti Locali. Questi organismi si occupano, in particolare, di politiche di
inserimento ed integrazione dei cittadini immigrati, con compiti di analisi e promozione di
interventi, sia a livello nazionale che locale.
Centrale è l’istituzione del Fondo nazionale per le politiche migratorie destinato in larga parte l’80% del fondo - a finanziare gli interventi annuali e pluriennali attivati dalle Regioni nonché dagli
Enti Locali. Le Regioni redigono programmi di durata massima triennale sulla base delle linee
guida impartite con decreto dal Ministro della solidarietà sociale, d’intesa con la Conferenza
Unificata Stato, Regioni e autonomie locali. Le Regioni partecipano al finanziamento di tali
programmi con risorse proprie per una quota non inferiore al 20% del totale e successivamente
relazionano al Ministero sullo stato di attuazione degli interventi previsti nei programmi, sulle
144/2005, dal D.lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, dal D.lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, dal D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, dal D.Lgs.
10 agosto 2007, n. 154, dal D.Lgs. 9 gennaio 2008, n. 17 e dal Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92.
25
In passato, i due strumenti principali di governo dell’immigrazione sul piano amministrativo erano le sanatorie e il
TULPS. Periodicamente lo Stato varava dei decreti per sanare la posizione giuridica degli stranieri presenti
irregolarmente sul territorio nazionale e successivamente li gestiva come questione di pubblica sicurezza secondo lo
schema apparentemente contraddittorio “emergenza – ordine pubblico”.
26
Art. 10 c.2 : “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati
internazionali”.
27
L. Einaudi, 2007, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, ed. Laterza, pagg. 126 e ss.
28
C. Bonifazi, 2007, L’immigrazione straniera in Italia, ed. Il Mulino, pag. 185
29
Sono cancellati gli artt. 142, 143, 144, 145, 146, 147, 148, 149, 150 e 152 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica
Sicurezza approvato con regio decreto il 18 giugno 1931, n. 773, nonché gli articoli 262, 263, 264 e 267 del
regolamento di esecuzione del citato Testo Unico, approvato con regio decreto il 6 maggio 1940, n. 635.
8
misure da adottare per migliorare le condizioni di vita degli stranieri sul territorio, sulle risorse
impegnate e i risultati perseguiti.
Dal 2002, con il cambio di maggioranza parlamentare e la nascita di un Governo di centro – destra,
inizia un percorso di ridimensionamento dell’intervento dello Stato nelle politiche per
l’immigrazione. Come ci spiega molto bene Luca Einaudi nel suo saggio Le politiche
dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, il Dipartimento delle politiche sociali dipendente
dalla Presidenza del Consiglio viene accorpato al Ministero del lavoro, con una struttura fortemente
orientata alle politiche per il lavoro più che a quelle sociali. Il fondo nazionale per le politiche
dell’immigrazione viene ridotto da 56,8 milioni di euro del 2001 ai 39,3 milioni del 2002 e
successivamente viene soppresso, “confluendo nel fondo indistinto per le politiche sociali, trasferito
alle Regioni e agli Enti Locali, senza distinguere le politiche dedicate agli stranieri da quelle
indistinte a favore di tutti i beneficiari di politiche sociali30”. Viene lasciata quindi alle Regioni la
scelta su come distribuire tali fondi, senza che il Ministero possa svolgere più le sue funzioni di
indirizzo e monitoraggio della spesa.
I fondi vengono ridotti drasticamente anche negli anni successivi, come conseguenza dei tagli
operati alla spesa pubblica dal ministro Tremonti. Dai dati della Corte dei Conti emerge che i
finanziamenti per le politiche a sostegno dell’integrazione degli immigrati calano da 63 milioni di
euro nel 2002 a 29 milioni di euro nel 2004, e nel 2005 vi è un’ulteriore riduzione dovuta al
dimezzamento del fondo nazionale per le politiche sociali. Un’inchiesta del Sole 24 Ore su 6
Regioni italiane dal titolo “Fondi sempre più scarsi. Politiche sociali: i finanziamenti statali
assorbiti dal contrasto degli ingressi illegali. Le risorse messe in campo dalle Regioni non riescono
a sopperire a tagli del 50%” aveva dimostrato che nel periodo 2002 – 2005 la spesa complessiva a
sostegno dell’immigrazione era diminuita nonostante fosse raddoppiata la popolazione straniera e
malgrado Regioni ed Enti Locali cercassero di compensare con risorse a carico dei propri bilanci i
tagli dei finanziamenti provenienti dai fondi nazionali31.
Inoltre la Commissione per le politiche di integrazione non viene più rinnovata quando scade nel
2001 e la Consulta degli immigrati passa dal Ministero della solidarietà sociale sotto la
responsabilità del Dipartimento per le Pari Opportunità, finendo in un lungo oblio. I consigli
territoriali si caratterizzano, invece, per lungo tempo come organismi pletorici e troppo ampi per
poter incidere efficacemente sulle problematiche locali connesse ai bisogni degli immigrati.
Come vediamo, lo Stato riduce, quindi, progressivamente il proprio intervento nelle politiche per
l'immigrazione, smantellando consulte, commissioni e fondi, ed essi finiscono per ricadere quasi
integralmente sulle Regioni e gli Enti Locali32. E’ una conseguenza della eccessiva politicizzazione
della materia oppure incidono altri fattori, non ultimo la riforma del titolo V della Costituzione?
Ciò che in questa sede si vuole approfondire è se questo processo sia stato accompagnato da forme
di coordinamento efficaci con le politiche dell'immigrazione, in modo da consentire alle Regioni e
agli Enti Locali di partecipare attivamente anche al governo dei processi migratori, e non solo di
subirne le implicazioni sociali ed economiche nei propri territori
Meno articolata si presenta, infatti, la governance, quando la legge tratta della programmazione
delle quote di ingresso nonché dei rilasci / rinnovi dei titoli di soggiorno e delle autorizzazioni
all’ingresso.
Fino al 2002 lo Stato emana “in perfetta solitudine” i decreti flussi annuali, che definiscono le quote
massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per motivi di lavoro. Solo il documento
di programmazione triennale, che individua i criteri generali che presiedono alla definizione delle
politiche di ingresso e di integrazione dei cittadini stranieri, viene predisposto dal Presidente del
Consiglio dopo aver ascoltato anche la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni
30
L. Einaudi, 2007, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, ed. Laterza, pagg. 355 e ss.
Vedi nota 77 in L. Einaudi, 2007, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, ed. Laterza,
32
Tra gli interventi statali che restano in piedi, vi è quello a favore delle vittime della tratta e sfruttamento sessuale o
lavorativo ex art. 18 dlgs. 286/98.
31
9
e le Province autonome e la Conferenza Stato, città e autonomie locali. La legge 189 del 200233,
nota come legge “Bossi Fini”, in vigore quindi dopo la pubblicazione della legge di revisione
costituzionale n. 3 del 2001, istituisce il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio,
all’interno del quale sono presenti rappresentanti delle Regioni ed esperti designati dalla Conferenza
unificata Stato – Regioni ed autonomie locali34 e prevede che vengano sentiti, prima
dell’emanazione del decreto flussi, sia il Comitato che la Conferenza Unificata. In realtà il parere di
questi organismi deve essere richiesto dal Governo solo se il numero di ingressi supera quello
dell’anno precedente.
Per la gestione della posizione amministrativa del cittadino straniero sul territorio nazionale,
attraverso i rilasci e i successivi rinnovi dei titoli di soggiorno, non vi è invece alcuna forma di
coordinamento o di condivisione delle problematiche, restando esclusiva la competenza e la
funzione di controllo amministrativo in capo agli uffici periferici dello Stato, in primis la Questura
cui subentra successivamente, in alcuni procedimenti, lo Sportello Unico per l’Immigrazione35.
Con l’aumento della popolazione immigrata questa divaricazione tra politiche dell’immigrazione e
politiche per gli immigrati diventa sempre più evidente. In base all’art. 117 della cost. sono infatti
attribuite alle Regioni, come abbiamo visto, una serie di materie strettamente connesse con la
condizione di cittadino immigrato in Italia, titolare di rapporti giuridici e potenziale beneficiario di
prestazioni e servizi. Il governo del territorio, l’istruzione, la programmazione sociale, la tutela della
salute, i servizi sociali, la formazione professionale sono materie su cui le Regioni esercitano una
competenza concorrente o residuale, mentre i processi migratori, intesi come regolazione degli
ingressi e disciplina delle autorizzazioni di soggiorno (e delle sue proroghe), sono sottratti al
governo locale e sottoposti all’esclusiva autorità statale. Le istituzioni locali si trovano pertanto
nella condizione di dover spesso programmare gli interventi (mediazione culturale, servizi sociali,
prevenzione dal disagio, etc.) senza conoscere tempestivamente i dati relativi ai flussi migratori, in
quanto questi sono detenuti dagli uffici periferici dello Stato (in passato Questure e Prefetture, ora
Sportelli Unici per l’Immigrazione - SUI) o sono trasferiti con grave ritardo, quando il fenomeno si
è già manifestato in tutta la sua forza.
I flussi migratori si caratterizzano, infatti, per le improvvise e repentine accelerazioni, ad elevata
concentrazione spazio – temporale, con pesanti ricadute sui territori e sulle loro politiche. Ad
esempio, per i Comuni il non sapere quanti minori sono stati autorizzati dal SUI all'ingresso in Italia
per il ricongiungimento familiare in un dato anno, può mettere in crisi le politiche del territorio
(della scuola, dei servizi sociali, della formazione professionale etc.) e rendere ancora più velletaria
la funzione di programmazione, strumento di governo ancora esistente a livello locale, almeno in
alcuni territori.
Il movimento migratorio, per lavoro o per riunione familiare, di un consistente numero di cittadini,
necessariamente portatore di una serie di istanze individuali e familiari di welfare, espone i territori
locali ignari a imprevedibili rischi di squilibri sociali, economici e a conflitti di comunità, con
evidenti ripercussioni in termini di coesione sociale e di autorevolezza delle istituzioni. “Il deficit
33
La legge 189/02 è sicuramente nota all’opinione pubblica per le altre modifiche introdotte al dlgs. 286/98,
peggiorative della vita degli immigrati. Questa legge, anche se non stravolge l’impianto della 286/98, appesantisce
notevolmente le procedure amministrative di rilascio/ rinnovo dei titoli di soggiorno e delle autorizzazioni all’ingresso
per lavoro e famiglia, indebolendo ulteriormente la posizione giuridica degli immigrati nel nostro paese, non solo di
quelli irregolarmente presenti, ma anche e soprattutto di quelli regolarmente soggiornanti, che devono sottoporsi a iter
lunghi, complessi e farraginosi ogni qual volta debbano esercitare diritti riconosciuti o assolvere ad adempimenti
amministrativi obbligatori prescritti dalla legge.
34
La Conferenza Unificata è stata istituita dal d. lgs. 28 agosto 1997 n. 281. Si compone della Conferenza Stato-Regioni
e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, cioè Regioni, Province, Comuni e Comunità montane. Mira a
favorire la cooperazione tra l'attività dello Stato e il sistema delle autonomie ed esamina le materie e i compiti di
comune interesse. E' competente in tutti casi in cui la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Stato-Città ed
autonomie locali sono chiamate ad esprimersi su un medesimo oggetto (art. 9, comma 2, del d. lgs. 281/1997).
35
E’ il dpr n. 334 del 2004, entrato in vigore nel febbraio 2005, che aggiorna il regolamento di attuazione del Testo
Unico, il dpr 394 del 1999, in attuazione delle modifiche introdotte dalla “Bossi Fini”, a trasferire al SUI la competenza
dei procedimenti di ricongiungimento familiare.
10
informativo rischia di rivelarsi un handicap gravissimo, anche perché su questo aspetto l’interesse
del mondo politico appare limitato, se non completamente assente, quando invece uno sforzo tutto
sommato modesto in termini di risorse consentirebbe di migliorare ulteriormente la qualità della
documentazione statistica sulla componente regolare del fenomeno, con ovvie ed importanti
ricadute positive sul processo decisionale a tutti i livelli36”.
In tale contesto, per ottenere il possesso del dato diventa centrale la gestione della posizione
amministrativa dei cittadini stranieri, strumento dinamico di politica del territorio, necessario
affinché l’Ente Locale possa monitorare in tempo reale l’evoluzione locale del fenomeno ed
approntare efficaci politiche dei servizi. Il dato anagrafico non è sufficiente in quanto l’iscrizione
anagrafica può avvenire anche molto tempo dopo l’ingresso regolare in Italia37 oppure non accadere
essendo molto diffuso il fenomeno della domiciliazione in alternativa alla residenza.
Ecco perché si fa strada tra i dirigenti delle amministrazioni locali la consapevolezza che solo un
collegamento più efficace tra le politiche dell’immigrazione e le politiche per gli immigrati possa
consentire un governo più equilibrato e efficace dell’immigrazione. “In futuro occorrerà tuttavia
lavorare maggiormente su di una correlazione tra la gestione dei flussi migratori e le politiche di
accoglienza ed integrazione sociale: nel senso che sta aumentando l’accesso degli immigrati ai
servizi di welfare (sanità, scuola, casa, sociale, ecc) ed occorre pertanto evitare il prodursi di una
frattura sociale soprattutto tra le fasce più povere della popolazione. Coniugare i flussi migratori
con le politiche di integrazione rappresenterà in futuro uno degli elementi centrali delle politiche di
coesione sociale e di prevenzione dei conflitti raccomandate anche dall’Unione Europea”. È quanto
sostiene Andrea Stuppini, il quale dirige il Servizio Politiche per l’Accoglienza e l’Integrazione
sociale della Regione Emilia Romagna 38. Non è un caso che l’immigrazione sia una delle due
materie per le quali l’art. 118 c. 3 della cost. richiami una legge statale che disciplini forme di
coordinamento tra Stato e Regioni39. Certamente la previsione che il Governo prima
dell’emanazione dei decreti flussi debba ascoltare il Comitato di coordinamento e di controllo e la
Conferenza unificata rappresenta il tentativo di realizzare quel coordinamento invocato dall’art. 118
cost.
Dobbiamo però chiederci se sia sufficiente oppure se il modello di governo dell’immigrazione
disegnato dal dlgs. 286/98 appaia superato e non più in grado di interpretare le dinamiche in atto nei
processi politici - istituzionali. Se le criticità evidenziate nei paragrafi precedenti siano gestibili in
nome della “leale collaborazione tra Stato e Regioni” oppure se diventi necessario ragionare su un
nuovo modello di governance dell’immigrazione, alla luce di questo processo di riassetto
dell’ordinamento fra Stato, Regioni e autonomie locali. Una risposta ai nostri quesiti può essere
ricercata analizzando i contenziosi che negli ultimi anni hanno caratterizzato, in parte, i rapporti tra
Stato e Regioni nella specifica materia. Mi riferisco alle sentenze della Corte Costituzionale n.
300/2005, 156/2006 e 50/2008 con le quali è stato possibile dirimere contrasti sorti in merito a leggi
regionali sull’immigrazione (dell’Emilia - Romagna e del Friuli Venezia Giulia), impugnate, in
tutto o in parte, dallo Stato che le riteneva lesive delle proprie competenze, e a fondi statali
36
C. Bonifazi, 2007, L’immigrazione straniera in Italia, ed. Il Mulino, pag. 194
Dal rilascio dell’autorizzazione, l’ingresso effettivo in Italia deve avvenire entro massimo 18 mesi. Infatti
l’autorizzazione deve essere presentata alla rappresentanza consolare italiana entro 6 mesi dal rilascio e il visto di
ingresso apposto sul passaporto ha una durata di norma di 12 mesi. In realtà il cittadino immigrato è interessato ad
entrare nel nostro Paese non appena in possesso di tutti i requisiti necessari per l’ingresso regolare (visto), dal momento
che ha atteso tempi molto lunghi per la conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza del SUI e dei
consolati italiani. Dal momento in cui entra in Italia ha tempo 8 giorni per presentarsi presso il SUI territorialmente
competente.
38
Intervento al Forum della Pubblica amministrazione sul tema “Le politiche delle Regioni per l’integrazione sociale
dei cittadini stranieri immigrati” – Rimini 2008
39
L’altra materia è “ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale”
37
11
vincolati, istituiti dalla legge finanziaria per le politiche per l’immigrazione, impugnati dalle
Regioni (Lombardia e Veneto) in quanto incidenti su materie di competenza regionale40.
La sperimentazione nazionale per il trasferimento delle competenze in materia di rinnovi ai
Comuni
Nel 2006 il Ministero degli Interni fa partire, tramite gli uffici postali, la procedura ELI 2, un
progetto di digitalizzazione delle procedure di rilascio/ rinnovo dei titoli di soggiorno. Si tratta di
una notevole innovazione amministrativa, conforme agli obiettivi del Ministero per le Riforme e
l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione per l’eliminazione del cartaceo nelle procedure.
L’impiego delle tecnologie informatiche deve rappresentare, infatti, come richiesto dal Codice
dell’Amministrazione Digitale, il normale modo di procedere di ogni Amministrazione pubblica e il
Ministero degli Interni sembra adeguarsi. La prima novità è rappresentata dal fatto che le istanze
non vengono presentate più presso le Questure territorialmente competenti ma presso gli uffici
postali.
Nelle intenzioni gli obiettivi sono molto ambiziosi: ci si prefigge, in particolare, di garantire una
applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale della disciplina vigente e di velocizzare e
semplificare attraverso l’informatizzazione, con la creazione del fascicolo elettronico, l’iter di
rinnovo/rilascio dei titoli di soggiorno.
La procedura ELI 2, in vigore dall’11 dicembre 2006, lungi dal ridurre i tempi di attesa ed eliminare
le file davanti agli uffici pubblici, ha invece aggravato ulteriormente e al di là di ogni aspettativa, i
disagi dei cittadini stranieri, delle aziende o delle famiglie che vogliono assumere lavoratori
stranieri, e di molti Enti Locali che si fanno carico, con risorse proprie e con enormi sovraccarichi
funzionali, di assistere l’utenza straniera in questi iter sempre più lunghi, complessi e farraginosi.
Ciò che maggiormente impressiona sono i ritardi della procedura di rilascio41 tali da vanificare
l’uniformità e la certezza di gestione delle domande, dichiaratamente perseguita dalla riforma. I
gravi ritardi nel rilascio dei titoli di soggiorno, per cause non imputabili al cittadino, indeboliscono
la sua posizione giuridica ed intervengono direttamente sul sistema e l’esercizio dei diritti
riconosciuti.
Sarebbe auspicabile un dibattito sui motivi che non hanno consentito la realizzazione piena di
questo progetto di modernizzazione amministrativa e il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Non si comprende come in altri settori della Pubblica Amministrazione sia stato possibile avviare
un processo di informatizzazione delle procedure che ha ridotto la durata degli iter, migliorato la
circolazione e la sicurezza del trattamento dei dati e in questo settore le procedure elettroniche
hanno prodotto risultati fallimentari.
Nello stesso periodo, nel dicembre 2006, l’ANCI e il Ministero degli Interni avviano una
sperimentazione nazionale con l’obiettivo di predisporre un modello alternativo di gestione dei
rilasci/rinnovi dei permessi di soggiorno. La posta in gioco è però un’altra: si cerca di avviare un
processo di condivisione tra Stato ed Enti Locali delle problematiche relative alla gestione
amministrativa delle posizioni giuridiche dei cittadini immigrati, in una prospettiva di trasferimento
di specifiche competenze ai Comuni.
Il Consiglio dei Ministri il 28 giugno 2007 approva un disegno di legge, d’iniziativa dei Ministri
dell’Interno e della Solidarietà sociale, recante “Delega al Governo per la modifica della disciplina
40
Per un approfondimento vedi: Serena Baldin “La competenza esclusiva statale sull'immigrazione vs. la legislazione
regionale sull'integrazione sociale degli immigrati: un inquadramento della Corte Costituzionale”; Francesca Biondi
Dal Monte “La Corte Costituzionale torna sui fondi statali vincolati, con alcune novità in materia di immigrazione”;
Davide Strazzari “L'immigrazione tra Stato e Regioni”
41
Anche su questo argomento è facilmente reperibile sui siti web nazionali che si occupano di immigrazione (Stranieri
in italia, Melting pot, Anolf) e sui maggiori quotidiani (Sole 24 ore, La Repubblica, Il Corriere della Sera, Metropoli,
etc.) una rassegna di articoli che possono documentare i gravissimi ritardi nel rilascio dei titoli di soggiorno, attualmente
dai 6 mesi a oltre 1 anno, per procedimenti amministrativi che per legge dovrebbero durare 20 giorni.
12
dell'immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero”. Il provvedimento prevede, tra le
altre cose, alla lettera d) dell’art. 1, comma 1, di delegare il Governo a “semplificare le procedure ed
i requisiti necessari per il rilascio del nulla osta, del permesso di soggiorno e del suo rinnovo,
eliminando il contratto di soggiorno, prevedendo sportelli presso i Comuni per presentare le
richieste di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno e per il ritiro del documento e, dopo una
congrua fase transitoria, il passaggio delle competenze ai Comuni per il rinnovo del permesso di
soggiorno, adeguando e graduando la durata dei permessi di soggiorno, razionalizzando i relativi
procedimenti anche con una riorganizzazione degli Sportelli Unici per l'Immigrazione istituiti
presso le Prefetture - Uffici Territoriali del Governo attraverso forme di supporto e collaborazione
alle loro attività da parte degli enti pubblici nazionali, degli Enti locali, delle associazioni di datori
di lavoro, di lavoratori, nonché di associazioni di promozione sociale del volontariato e della
cooperazione”.
La relazione illustrativa al disegno di legge chiarisce ulteriormente il progetto del Governo: “Per lo
snellimento delle procedure è prevista l'istituzione presso i Comuni di sportelli per la presentazione
delle istanze per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno, attuando gradualmente e dopo
una fase transitoria per sperimentare i nuovi modelli di procedura, il trasferimento di competenze ai
medesimi Comuni per le procedure di rinnovo del permesso di soggiorno”.
Questa prospettiva riformatrice trova i suoi fondamenti in una collaborazione continuativa fra gli
uffici periferici dello Stato e i Comuni, con l’attribuzione a quest’ultimi, in una prima fase, del
ruolo di front office finora svolto dalle Questure e dagli uffici postali, e successivamente della
competenza a decidere sui rinnovi, lasciando agli Sportelli Unici per l’Immigrazione quella sul
rilascio iniziale del permesso di soggiorno. Ad avviso di diversi giuristi sono superabili anche i
motivi che oggi giustificano la prevalenza delle ragioni d’ordine pubblico ai fini del rilascio iniziale
del permesso di soggiorno, per cui i Comuni, dopo una prima fase di sperimentazione, devono
essere pronti a ampliare “il proprio ruolo per il governo, l’integrazione ed il benessere di tutti i
componenti della propria comunità locale”42.
Nel febbraio del 2008 il Ministro degli Interni Giuliano Amato promuove una ipotesi di
collaborazione diretta tra l’Ente Locale e la Questura. La nuova procedura doveva essere testata
inizialmente da parte dei 9 Enti territoriali43 che partecipano al programma di sperimentazione e,
successivamente, estesa agli altri Comuni. A sostegno dell’iniziativa, il 5 febbraio, il Ministro
emana anche una direttiva, la n. 11050/111, dal titolo “Misure volte a risolvere la questione dei
ritardi nei rilasci e nei rinnovi dei permessi di soggiorno”, nella quale si invitano le questure “nella
prospettiva del decentramento della gestione delle procedure concernenti i cittadini stranieri
regolarmente soggiornanti e del passaggio agli Enti Locali della trattazione dei rinnovi dei permessi
di soggiorno, di avviare una sperimentazione tale da favorire la semplificazione delle procedure in
un rapporto diretto tra Comuni e Questure.”
La procedura avrebbe dovuto basarsi su un nuovo software, sviluppato dal Dipartimento delle
Libertà Civili e Immigrazione, con oneri a carico del Ministero dell’Interno, che avrebbe permesso
all’Ente Locale la compilazione e l’inoltro, via web, della domanda di rinnovo dei titoli di
soggiorno, utilizzando una modulistica semplificata rispetto a quella vigente.
Nonostante siano stati impegnati da parte del Dipartimento delle Libertà Civili e Immigrazione oltre
125.000 euro per la realizzazione del nuovo sistema sperimentale, la proposta si è poi arenata su
aspetti formalmente “tecnici”44, nella sostanza politici, quali la caduta del Governo Prodi II e le
elezioni politiche anticipate.
42
“Prime riflessioni sulla sperimentazione dello sportello unico comunale per i cittadini extracomunitari fra legislazione
vigente e prospettive di attribuzione della competenza ai Comuni in conformità alle recenti linee di riforma del
Governo.” relazione di Raffaello Sestini - Magistrato Amministrativo, Capo Ufficio Legislativo del Ministero Sviluppo
Economico del Governo Prodi II (2006-2008).
43
Si tratta dei Comuni di Ravenna, Lecce, Firenze, Prato, Padova, Ancona, della Provincia di Trento e del Consorzio
dei Comuni di Portogruaro.
44
Vedi verbale della riunione del 20 marzo 2008, prot. 1347, presso il Ministero degli Interni tra Dipartimento della
Pubblica Sicurezza Direzione centrale dell’Immigrazione, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Poste
13
Conclusioni
Leggendo il notevole saggio di Luca Einaudi Le politiche dell’immigrazione dall’Unità di Italia ad
oggi45, mi sono chiesto perché molti storici quando analizzano l’evoluzione (involuzione?) della
normativa sull’immigrazione non si soffermano sulla riforma del titolo V della Costituzione, come
se non producesse effetti sulle politiche nazionali e locali. Certamente il decreto legislativo 286/98
per alcuni aspetti ha anticipato il sistema di riparto delle competenze tra Stato e Regioni, così come
emerge dal dettato costituzionale dopo la riforma. Non è un caso che la Corte Costituzionale in
numerose sentenze, quando deve affermare la competenza esclusiva o concorrente delle Regioni
faccia riferimento sia agli artt. 117 e ss. che a quelli del Testo Unico delle disposizioni
sull’immigrazione, richiamando numerose norme di valorizzazione del ruolo e delle funzioni dei
poteri locali.
A mio avviso, però, la riforma costituzionale non formalizza solo una prassi e dei rapporti di forza
così come si erano definiti negli anni precedenti, ma apre uno scenario nuovo, dai contorni
imprevedibili, per le future politiche per l’immigrazione e dell’immigrazione.
Come leggere, ad esempio, certe scelte della Regione Emilia - Romagna se non alla luce della
recente riforma costituzionale? L’Emilia - Romagna è una Regione che ha sempre mostrato
particolare attenzione a queste tematiche, realizzando interventi nel campo delle politiche per
l’immigrazione sin dalla metà degli anni ottanta, in anticipo rispetto allo Stato e alle disposizioni
nazionali. Ricordiamo l’istituzione dei centri di prima accoglienza lungo la riviera romagnola
(Ravenna- Rimini) nel 1988/89, prima della legge Martelli, oppure l’istituzione di un fondo
regionale, tuttora vigente, per realizzare azioni a sostegno della vittime della tratta nel 1996, quasi 2
anni prima degli interventi previsti dall’art. 16 della legge Turco Napolitano - poi divenuto art. 18
nel dlgs. 286/98. Ma sarebbe stato possibile solo con le disposizioni del dlgs. 286/98 - il cui art. 40
prevede per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica la titolarità di un permesso di soggiorno
almeno biennale - approvare una legge regionale nella quale, all’art. 10, si prevede che i cittadini
stranieri partecipino ai bandi per l’assegnazione degli alloggi di edilizia pubblica, anche se in
possesso di un permesso di soggiorno di durata inferiore ai 2 anni? Oppure, ancora, senza la riforma
del titolo V, l’Emilia – Romagna avrebbe potuto decidere che anche i cittadini immigrati
regolarmente soggiornanti possono accedere al pubblico impiego in Regione, in controtendenza
rispetto alla situazione nazionale? Qui siamo ancora nel campo esclusivo delle politiche per
l’immigrazione, oppure ci sono aspetti, forse non prevalenti, che attengono alla condizione giuridica
dello straniero?
Sono alcuni degli interrogativi che sorgono e sui quali è difficile trarre delle conclusioni, in quanto
si tratta di un processo storico in corso. Il periodo attuale è attraversato da dinamiche storico –
politiche spesso contraddittorie, in cui si fronteggiano tensioni centripete e centrifughe, con
improvvise accelerazioni e repentine interruzioni.
Con questo lavoro ho tentato di far emergere un’esigenza che sorge in chi, come me, partecipa a
questo processo dall’interno, e si trova disorientato di fronte ad un quadro frammentato ed
estremamente complesso. Ho quindi ricercato chiavi di lettura che consentano di comprendere
meglio questa realtà e di individuare gli elementi per una possibile lettura unitaria di questo periodo
storico, evidenziando aspetti, spunti di riflessione, eventi che potrebbero essere oggetto di analisi e
ricerca storica.
Italiane SPA e ANCI. In questa riunione è emerso come insuperabile ed ineliminabile dal procedimento, da parte dei
tecnici del Centro servizi amministrativi (CSA) di Poste Italiane, l’ostacolo della verifica del pagamento del bollettino
per il permesso di soggiorno elettronico (PSE) e il rilascio presso lo sportello postale della ricevuta con ologramma di
sicurezza.
45
Op.cit.
14
Bibliografia
-
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“Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi” a cura di Luca Einaudi
“L’immigrazione straniera in Italia” a cura di Corrado Bonifazi
“Le politiche delle Regioni per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati”
relazione di Andrea Stuppini Forum PA – Rimini 2008
Relazione della I Commissione permanente della Camera dei Deputati – 19 febbraio 2001 –
relatori Soda e Cerulli Irelli
“Prime riflessioni sulla sperimentazione dello sportello unico comunale per i cittadini
extracomunitari fra legislazione vigente e prospettive di attribuzione della competenza ai
Comuni in conformità alle recenti linee di riforma del Governo.” relazione di Raffaello
Sestini
Verbale della riunione del 20 marzo 2008, prot. 1347, Ministero degli Interni
Direttiva del Ministro Amato dal titolo “Misure volte a risolvere la questione dei ritardi nei
rilasci e nei rinnovi dei permessi di soggiorno”, del 5 febbraio 2008 n. 11050/111
Ripartizione delle funzioni pubbliche: art. 56 c. 2 del progetto di revisione costituzionale
approvato dalla commissione Bicamerale e trasmesso alle Camere il 4/11/1997
“Il progetto di revisione della Parte seconda della Costituzione (A.C. 3931-A e A.S. 2583A)” - Dossier per l'Assemblea curato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati
Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero, coordinato ed aggiornato con le modifiche introdotte dal D.lgs. n.
380/1998, dal D.lgs. n. 113/1999, dal D.L. 4 aprile 2002, n. 51, dalla Legge n. 189/2002,
dalla Legge n. 289/2002, dal D.lgs. n. 87/2003, dal D.L. n. 241/2004, dal D.L. n. 144/2005,
dal D.lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, dal D.lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, dal D.L. 15 febbraio 2007,
n. 10, dal D.Lgs. 10 agosto 2007, n. 154, dal D.Lgs. 9 gennaio 2008, n. 17 e dal Decreto
Legge 23 maggio 2008, n. 92.
“Referendum anti – immigrati: la Lega di Bossi lancia la sfida” – Repubblica - 14 agosto
1990
Atti Senato n. 4809 della XIII Legislatura 1ª Commissione permanente (Affari
Costituzionali)
Sedute in Commissione: N. 573 (pom.) del 3 ottobre 2000 - N. 574 (ant.) del 4 ottobre 2000N. 576 (ant.) del 5 ottobre 2000 - N. 580 (pom.) del 12 ottobre 2000 - N. 582 (pom.) del 18
ottobre 2000 - N. 584 (pom.) del 19 ottobre 2000 - N. 587 (pom.) del 25 ottobre 2000 - N.
592 (pom.) del 7 novembre 2000 - N. 593 (pom.) del 8 novembre 2000 - N. 594 (pom.) del 9
novembre 2000
Sedute in Assemblea: N. 950 (ant.) del 10 novembre 2000 - N. 951 (ant.) del 13 novembre
2000 - N. 952 (pom.) del 13 novembre 2000 - N. 953 (nott.) del 13 novembre 2000 - N. 954
(ant.) del 14 novembre 2000 - N. 955 (pom.) del 14 novembre 2000 - N. 956 (ant.) del 15
novembre 2000 - N. 957 (pom.) del 15 novembre 2000 - N. 958 (nott.) del 15 novembre
2000 - N. 959 (ant.) del 16 novembre 2000 - N. 960 (pom.) del 16 novembre 2000 - N. 961
(ant.) del 17 novembre 2000
Il "referendum sul federalismo" - Schede di lettura del testo che modifica il titolo V della
parte II della Costituzione, sottoposto a referendum il 7 ottobre 2001 - S e n a t o d e l l a
R e p u b b l i c a - S e r v i z i o S t u d i - Ufficio ricerche sulle questioni regionali e
delle autonomie locali
“La competenza esclusiva statale sull'immigrazione vs. la legislazione regionale
sull'integrazione sociale degli immigrati: un inquadramento della Corte Costituzionale” di
Serena Baldin
“La Corte Costituzionale torna sui fondi statali vincolati, con alcune novità in materia di
immigrazione” di Francesca Biondi Dal Monte
“L'immigrazione tra Stato e Regioni” di Davide Strazzari
15
-
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“Ombre e nebbia nel riparto delle competenze tra Stato e Regioni in materia di
emigrazione/immigrazione dopo la riforma del Titolo V” di Antonio Ruggeri - Carmela
Salazar
DPR 394 del 1999 come modificato dal dpr 334 del 2004.
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