Simona Valente

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Simona Valente
Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP: Vol II, pp. 523-530
Il ruolo del lessico nella subordinazione gerundiva
di alcuni testi siciliani del XIV secolo
Simona Valente
Università di Napoli Federico II
Abstract
Questo studio è dedicato all’analisi di alcune proprietà lessicali esibite dai gerundi attestati in un campione di testi siciliani del XIV
secolo. Analogamente a quanto riscontrato in altre varietà romanze antiche, il predicato delle proposizioni gerundive occorrenti nel
campione di riferimento presenta in modo preferenziale lessemi verbali ascrivibili ad alcuni gruppi lessicali. In particolare, si sono
dimostrati specialmente frequenti i gerundi di verbi di movimento, di verbi di percezione, di verbi che denotano volontà, opinione ed
altre attività psichiche, di verbi di dire e di verbi locativo-esistenziali. Oltre che a ragioni sintattiche delle quali non ci si è occupati in
questa sede, la prevalenza di tali tipi lessemi pare legata a motivi di carattere funzionale e stilistico. Spesso infatti, i gerundi di verbi
attribuibili ai gruppi appena menzionati tendono ad occorrere in costruzioni dotate di un certo grado di fissità formale. Talvolta inoltre
queste costruzioni svolgono precise funzioni di carattere testuale. Nel presente contributo, per esemplificare il carattere ricorrente di
alcune costruzioni e di alcune funzioni ad esse associate, sono esaminate in dettaglio le strutture relative a due dei gruppi indicati in
precedenza: i verbi di dire e i verbi locativo-esistenziali.
1. Introduzione
Come è noto, l’ampio utilizzo di frasi gerundive
costituisce un tratto caratterizzante della sintassi del
periodo di testi romanzi antichi. Studi classici quali Segre
(1963) e Brambilla Ageno (1964) e lavori recenti tra cui
Egerland (1999) e Marra (2003) hanno infatti mostrato
che tale tipo di costruzioni concorre in modo decisivo alla
formazione di strutture periodali peculiari di varietà
romanze trecentesche e quattrocentesche. Nonostante
dunque il ruolo centrale rivestito dalle gerundive
nell’edificazione dell’architettura testuale antica sia stato
da tempo riconosciuto, restano ancora aperte molte
questioni relative alla composizione interfrastica e
intrafrastica di questo tipo di proposizioni.
Il presente studio è un contributo all’approfondimento
di un aspetto presumibilmente centrale per la
comprensione della struttura interna, dello status e delle
funzioni delle gerundive di epoca antica. Si analizzeranno
infatti alcune proprietà lessicali dei predicati delle frasi al
gerundio. Tale argomento sarà affrontato sulla base di un
campione di testi siciliani del XIV secolo su cui si tornerà
tra poco. Nel corso del lavoro, si metterà in primo luogo in
evidenza che i predicati delle proposizioni al gerundio
riscontrate nel corpus di riferimento tendono a presentare
verbi ascrivibili ad alcuni gruppi lessicali. In secondo
luogo, si mostrerà che tale occorrenza preferenziale è in
parte connessa a ragioni funzionali e stilistiche. Queste
ultime sembrano interagire, secondo dinamiche
complesse, con fattori di natura propriamente sintattica dei
quali non ci si occupa in questa sede1.
Lo speciale rapporto che nelle lingue romanze antiche
sembra legare il gerundio ad alcuni tipi di lessemi verbali
si trova talvolta sottolineato nella romanistica, in
particolare in alcune analisi della prima parte del ’900.
Nella letteratura più e meno recente tuttavia, le
osservazioni sul rapporto tra gerundio e lessico, quando
sono presenti, appaiono per lo più occasionali e non
tentano di comporsi in quadri complessivi. I riferimenti al
1
Questo studio costituisce una parte di un più ampio lavoro di
prossima pubblicazione dedicato alla sintassi del gerundio e del
participio passato nel siciliano antico. In tale lavoro, sono trattati
sia gli aspetti sintattici sia quelli stilistici che paiono
caratterizzare le proposizioni gerundive e participiali rilevate.
lessico disseminati negli studi dedicati al gerundio
romanzo antico consentono tuttavia di cogliere alcune
tendenze, che sembrano accomunare l’area romanza. Sulla
base della bibliografia, sembra innanzitutto possibile
dedurre la particolare frequenza di gerundi di verbi di
movimento2, di verba dicendi3 e di verbi di percezione4.
Accanto a questi gruppi, paiono dotati di un carattere
ricorrente gerundi quali gli italiani considerando,
pensando, credendo e sapendo5. Già prima del XIII
secolo, tali tipi di forme verbali appaiono notevolmente
diffusi anche in spagnolo6. In modo asistematico, si trova
segnalata inoltre nella bibliografia l’occorrenza non
sporadica di gerundi di verbi che potremmo definire con
una terminologia moderna “locativo-esistenziali”. Nella
2
La frequenza dei gerundi riconducibili a questo gruppo è ad
esempio sottolineata come una caratteristica ricorrente nelle
lingue romanze già in Garner (1887-1889). Per l’italiano la
frequenza di gerundi di verbi di movimento è, tra gli altri,
segnalata da Herczeg (1949: 37) nella prosa di Boccaccio.
3
In un’ottica comparativa, Lyer (1934: 88-99) indica la classe
dei verba dicendi tra quelle a cui è possibile ricondurre un’ampia
serie delle gerundive da lui studiate. Per l’italiano, la particolare
frequenza di gerundi di verbi di dire è menzionata da Škerlj
(1926: 118) e Brambilla Ageno (1978: 299). Per lo spagnolo, tali
lessemi sono identificati come preferenziali per realizzare i
predicati di proposizioni gerundive da Lyer (1932: 5) e Muñío
Valverde (1995: 21 e passim).
4
Per lo spagnolo la speciale frequenza di gerundi di verbi di
percezione è sottolineata da Lyer (1932: 5) e Muñío Valverde
(1995: 21, 35 e passim). Per l’italiano, questo gruppo di lessemi
è ad esempio identificato come preferenziale da Herczeg (1949:
37). Anche la bibliografia francese, tra cui Stimming (1910) e
Buridant (2000), segnala l’alta frequenza, già nel XII secolo, di
costruzioni gerundive il cui predicato è costituito dai verbi oïr
‘udire’ e veoir ‘vedere’.
5
Si vedano Lyer (1934: 110), Škerlj (1926: 142-144), Brambilla
Ageno (1978: 301). Anche nella prosa di Boccaccio, Herczeg
(1949: 38-39) mette in luce la assiduità di gerundi di “verbi che
indicano una considerazione logica (o un sentimento) fungenti
da moventi dell’azione principale” e, in particolare, credere,
conoscere, considerare e dubitare, etc.
6
Si confronti ad esempio Lyer (1934: 110). Anche Muñío
Valverde (1995: 21 e passim) sottolinea la frequenza di gerundi
di verbi di entendimiento.
Simona Valente
prosa di Boccaccio, Herczeg (1949: 37) rileva ad esempio
la assiduità di gerundi che denotano l’«essere in qualche
luogo o in qualche modo», come essere, stare e
dimorare7. In testi romanzi medievali, Lyer (1934: 98-99)
osserva anche la speciale frequenza di gerundi che
esprimono un «mouvement de l’âme»8, come ‘ridere’,
‘piangere’, ‘sospirare’. Similmente per l’italiano antico,
Škerlj (1926: 119-122) mette in evidenza che alcuni verbi
al gerundio tra cui quelli appena citati risultano a tal punto
frequenti, da assumere un carattere formulaico9.
Come si è anticipato, la presente analisi delle proprietà
lessicali del gerundio è basata sullo spoglio parziale di un
campione di testi siciliani del XIV10. Tali testi sono
indicati di seguito:
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
La istoria di Eneas vulgarizata per Angilu di Capua,
a cura di G. Folena, Palermo, Centro di Studi
Filologici e Linguistici Siciliani, 1956.
La conquesta di Sichilia fatta per li normandi
translatata per frati Simuni da Lentini, a cura di G.
Rossi-Taibbi, Palermo, Centro di Studi Filologici e
Linguistici Siciliani, 1954.
Valeriu Maximu translatatu in vulgar messinisi per
Accursu da Cremona, a cura di F. Ugolini, Palermo,
Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani,
1967.
Sposizione del Vangelo della Passione secondo
Matteo, a cura di P. Palumbo, Palermo, Centro di
Studi Filologici e Linguistici Siciliani, 1954.
Testi d’archivio del Trecento, a cura di G. M. Rinaldi,
Palermo, Centro di Studi Filologici e Linguistici
Siciliani, 2005.
Regole, costituzioni, confessionali e rituali, a cura di
F. Branciforti, G.M. Rinaldi. Palermo, Centro di Studi
Filologici e Linguistici Siciliani, 195311.
7
Per la frequenza del verbo estar nelle costruzioni gerundive
attestate nello spagnolo antico, si confronti ad esempio Muñío
Valverde (1995: 34-35 e passim).
8
Lyer (1932: 4) ne documenta in particolare l’occorrenza nel
Poema del Cid. Per l’attestazione di gerundi di questi verbi in
italiano antico, si confronti ad esempio Brambilla Ageno (1978).
9
In modo parzialmente simile, Herczeg (1949: 39) rileva la
frequenza di gerundi di verbi come spingere, incitare e muovere
accompagnati da nomi che dentotano “fattori spirituali”, come
umore, pietà, paura e fede. Sull’uso di simili espressioni nella
lingua di Dante, si veda invece Brambilla Ageno (1978: 297).
10
In particolare, sono state sottoposte a spoglio circa 100 pagine
delle prime tre opere indicate nell’elenco. Per gli ultimi tre testi,
la frequenza sensibilmente ridotta delle gerundive in confronto ai
primi tre testi ha reso necessario lo spoglio di sezioni più ampie.
Sulla differente frequenza del gerundio in opere narrative e non
narrative si confronti la nota 14.
11
Nelle citazioni di brani, questi testi sono abbreviati come
segue: E = La istoria di Eneas, CQ = La conquesta di Sichilia
VM = Valeriu Maximu, SP = Sposizione del Vangelo della
passione secondo Matteo, TA = Testi d’archivio del Trecento,
RC = Regole, costituzioni, confessionali e rituali. Dopo la sigla
indicante il testo, si trovano segnalati con caratteri numerici il
capitolo o libro, la pagina e il capoverso in cui sono contenuti i
brevi passi riportati.
Si sottolinea che queste opere sono ascrivibili a
tipologie diverse. Seppure con varie ed importanti
differenze, La istoria di Eneas, La conquesta di Sichilia e
il Valeriu Maximu sono testi dotati di un carattere più
spiccatamente narrativo. La istoria di Eneas, traduzione
del noto volgarizzamento toscano dell’Eneide di Andrea
Lancia, è infatti un’opera propriamente narrativa. La
conquesta di Sichilia costituisce invece il volgarizzamento
di una parte del De rebus gestis di Goffredo Malaterra ed
è pertanto un’opera storiografica. Com’è noto però, in
epoca medievale questo genere di testo si presenta vicino
ad
un’opera
narrativa.
Il
Valeriu
Maximu,
volgarizzamento dei latini Factorum et dictorum
memorabilium libri, è infine una collezione di exempla.
Gli ultimi tre testi citati nell’elenco riportato sopra non
non sono ascrivibili al genere narrativo. La Sposizione del
Vangelo secondo Matteo è una trattazione originale di
carattere didascalico. I volumi Regole, costituzioni,
confessionali e rituali e Testi d’archivio del Trecento
raccolgono invece testi di carattere documentario. Il primo
di essi riunisce infatti documenti in volgare riguardanti la
vita religiosa siciliana del XIV e XV secolo, mentre il
secondo contiene una serie di carte di varia natura, tra cui
gabelle, calmieri, capitoli, giuramenti, ordinanze, lettere
pubbliche e lettere private12.
2. Gerundio,
lessico
e
variazione
intertestuale nel campione siciliano
L’analisi del lessico dei predicati delle propozioni al
gerundio attestate nel campione siciliano selezionato per
questa indagine ha mostrato significative analogie con
quanto è stato notato in altre varietà romanze antiche e
sintetizzato in modo inevitabilmente sommario nel
paragrafo precedente.
I gerundi presenti nel corpus paiono riferirsi
preferenzialmente ad alcuni verbi. Questi ultimi sembrano
riconducibili ai gruppi lessicali indicati nella prima
colonna della Tab. 1. Si possono attribuire infatti a tali
gruppi il 60% delle frasi al gerundio occorrenti nei testi
esaminati.
Gruppo lessicale
Verbi di volontà, conoscenza
e altre attività psichiche
Verbi di movimento
Verbi di percezione
Verbi locativo-esistenziali
Verbi di dire
Verbi psicologici
n° di
occorrenze
193
% occorrenze
totali
14.5
184
174
112
92
42
13.9
13.8
8.4
6.9
3.1
Tabella 1: gruppi lessicali preferenziali dei gerundi
rilevati.
12
Sui testi del campione selezionato si confrontino in generale
Bruni (1980), De Blasi e Varvaro (1987) e Mattesini (1993).
Sulle singole opere che compongono il corpus si vedano invece
Branciforti (1953), Folena (1956), Rinaldi (2005), Rossi-Taibbi
(1954), Ugolini (1953) e (1967).
Il ruolo del lessico nella subordinazione gerundiva di alcuni testi siciliani
I dati riportati nella tabella mostrano che sono attestati
con maggiore assiduità gerundi ascrivibili ai gruppi
lessicali citati dalla bibliografia romanistica richiamata in
§ 1. Sono risultati infatti più frequenti i gerundi di verbi
che denotano volontà, conoscenza ed altre attività
psichiche, di verbi di movimento e di verbi di percezione.
La rilevanza di questi tre gruppi è evidente dal fatto che è
plausibile ricondurre ad essi oltre il 40% dei gerundi
rilevati nel complesso del corpus. Rispetto agli insiemi
appena menzionati, appaiono dotati di una frequenza
inferiore ma degna tuttavia di considerazione i gerundi di
verbi locativo-esistenziali e di verbi di dire. Sembra
invece meno ragguardevole, per quanto non sporadica,
l’occorrenza di gerundi di verbi psicologici.
All’interno dei gruppi indicati nella Tab. 1, è possibile
osservare talvolta una pronunciata concentrazione
lessicale che conferma la crucialità del “fattore lessicale”
per lo studio del gerundio antico. Nell’ambito dei verbi
che denotano volontà, conoscenza ed altre attività
psichiche è risultato ad esempio largamente maggioritario
il verbo volere. Il gerundio di tale lessema costituisce il
40% circa delle attestazioni incluse nel gruppo. Quasi la
totalità delle occorrenze di gerundi di verbi di percezione
riguarda i lessemi vedere ed udire, con una forte
prevalenza del primo di essi. In modo più prevedibile,
quasi la totalità dei lessemi di dire riguarda il generico
dire e quasi la totalità dei lessemi locativo-esistenziali
concerne i verbi essere e stare.
Nei testi oggetto di analisi, gli orientamenti riscontrati
in ambito lessicale sono presumibilmente legati alla
concomitanza e all’interazione di fattori di natura
sintattica, quali le proprietà di reggenza dei lessemi, e di
fattori di carattere stilistico, testuale e funzionale. Oltre
che per ragioni sintattiche delle quali non ci si occupa in
questa sede, alcuni tipi di gerundio sembrano occorrere
infatti con una speciale frequenza perché costituiscono il
predicato di costruzioni dotate di un certo grado di fissità
formale e, talvolta, funzionale. In alcuni casi, tali
costruzioni sono osservabili, seppure una certa differenza
di frequenza, in tutti i testi del corpus, talvolta invece si
concentrano all’interno di una tipologia testuale o di un
testo in particolare.
In questo contributo, per esemplificare il carattere
ricorrente di alcune costruzioni e delle funzioni ad esse
associate, saranno esaminate in dettaglio strutture relative
a due dei gruppi menzionati in precedenza: i verbi di dire
e i verbi locativo-esistenziali. Si noterà preliminarmente
come le occorrenze dei gerundi di tali tipi di verbi si
distribuiscono tra i testi del corpus. Si analizzeranno poi
alcune costruzioni ricorrenti e alcune funzioni associate ai
gerundi di questi verbi13.
Nella Tab. 2 è sintetizzata la distribuzione delle
gerundive costruite con verbi di dire nei testi considerati.
13
Con speciale riferimento a La istoria di Eneas e alla
Conquesta di Sichilia, le costruzioni ricorrenti e le funzioni di
gerundi ascrivibili ad altri gruppi lessicali, in particolare ai verbi
di percezione, sono state analizzate in un articolo in corso di
stampa per il Bollettino del Centro di Studi Filologici e
Linguistici Siciliani.
La tabella mostra innanzitutto che tali frasi sono state
rilevate in modo non sporadico in tutte le opere del
corpus. Emergono tuttavia con chiarezza alcune differenze
di frequenza. Le gerundive con verba dicendi sono
specialmente numerose nell’Eneas, in cui si concentra
quasi il 30% delle occorrenze. In misura minore, tali frasi
sono attestate nel Valeriu Maximu e nella Conquesta, che
contengono rispettivamente il 19.8% e il 17.6% dei casi
complessivi. I testi non narrativi del corpus presentano un
numero di attestazioni sensibilmente ridotto rispetto a
quello riscontrato nell’Eneas ma non di molto inferiore, a
quello osservato nel Valeriu Maximu e nella Conquesta.
La differenza di frequenza considerevole ma non
massiccia tra testi narrativi e testi non narrativi è di un
certo interesse poiché i testi non narrativi presentano
globalmente un numero di gerundive di gran lunga
inferiore a quello notato in testi narrativi14.
Testo
La istoria di Eneas
Conquesta di Sichilia
Valeriu Maximu
Sposizione
Regole, costituzioni…
Testi d’archivio
n° di occorrenze
27
17
18
12
8
10
%
29.6
17.6
19.8
13.2
8.8
11
Tabella 2: gerundi di verbi di verba dicendi nei diversi
testi del corpus.
Nella Tab. 3 è riportata la suddivisione delle
occorrenze di gerundi di verbi locativo-esistenziali nei
diversi testi del campione. La tabella consente di osservare
che tali gerundive si distribuiscono in modo diverso da
quelle del gruppo precedentemente esaminato. Spicca
soprattutto la sproporzione osservabile tra il Valeriu
Maximu e gli altri testi del campione Le attestazioni
documentate nel volgarizzamento di Accursu da Cremona
costituiscono infatti il 44.6% delle gerundive di questo
gruppo. Il numero di occorrenze riscontrato nell’Eneas,
nella Conquesta e nei Testi d’archivio suggerisce invece
in questi testi un uso non occasionale, anche se non ampio
al pari del Valeriu Maximu, delle gerundive costruite con
lessemi locativo-esistenziali.
Testo
La istoria di Eneas
La conquesta di
Sichilia
Valeriu Maximu
Sposizione
Regole, costituzioni…
Testi d’archivio
n° di occorrenze
20
16
%
18.2
14.6
49
6
6
13
44.6
5.4
5.4
11.8
Tabella 3: gerundi costruite con verbi locativo-esistenziali
nei diversi testi del corpus.
14
La associazione del gerundio con il genere narrativo osservata
nel campione selezionato è stata affrontata nell’articolo
menzionato nella nota precedente.
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3. Gruppi lessicali e funzioni testuali
Come si è anticipato, la particolare frequenza di
gerundive con verbi di dire e con verbi locativoesistenziali sembra in parte collegata al fatto che tali frasi
occorrano in costruzioni dotate di un certo grado di fissità
e svolgano precise funzioni testuali. In § 3.1. saranno
esaminate alcune strutture caratteristiche ed alcune
funzioni testuali tipiche dei gerundi di verba dicendi
attestati nel campione di riferimento. In § 3.2. sarà invece
osservato un uso particolare delle gerundive con lessemi
locativo-esistenziali riscontrato nel Valeriu Maximu.
3.1. Costruzioni con i verba dicendi
Le gerundive con verba dicendi rilevate nell’Eneas,
testo in cui si concentra il più alto numero di occorrenze15,
sembrano confermare l’ipotesi fin qui delineata. In quasi
la metà delle attestazioni tratte da questo
volgarizzamento16, il gerundio del verbo dire è impiegato
per introdurre un discorso diretto. In tali casi,
esemplificati in (1)-(4), la funzione del gerundio coincide
dunque con quella di una formula di citazione. In un solo
passo, riportato in (5), il gerundio del verbum dicendi
introduce invece un discorso indiretto17.
(1) Et zo factu, Eneas incumminzau a confortari li soi
cumpagnuni cum paroli multi humili et piatusi dichendu:
«…» (E, I, 11, 26)
(2) Ma lu vitranu Ankises cum grandi alligriza livau li
occhi in chelu et stisi li mani dichendu: «…» (E, II, 42,
109-110)
(3) Undi, standu per unu spaciu, et li venti clamavanu li
vili, et eu ià però non mancai ki non spiyassi a lu indivinu
Henolu, dichenduli: «…» (E, III, 56, 62)
(4) Et intandu Entellu, richipendu li duni, misi lu so pugnu
dirictu in menzu li corna di killu vitellu et falu cadiri in
terra dichendu: «…» (E, V, 90, 38)
(5) Et cussì la dicta Cassandra discursi per la chitati comu
pacha, gridandu et dichendu ki in nullu modu mictissiru
lu cavallu dintra, et di zo fu ipsa pocu ascultata. (E, II, 32,
42)
Le gerundive presenti nei brani appena citati mostrano
che le costruzioni utilizzate come formule di citazione
hanno un carattere piuttosto fissato. Da un punto di vista
interfrastico, si nota infatti che, in modo sistematico, il
gerundio occorre dopo la frase principale a cui si collega e
precede immediatamente la citazione. Da un punto di vista
15
Si veda § 2.
Si tratta di 11 attestazioni.
17
Si osserva che l’utilizzo del gerundio del verbo dire nella
funzione di formula di citazione è stata talvolta notata anche in
altri testi romanzi medievali. Tale uso è ad esempio segnalato da
Brambilla Ageno (1978: 301-302). Si confronti inoltre Lyer
(1934: 259).
16
intrafrastico inoltre, queste gerundive esibiscono in qualità
di predicato sempre il verbo dire e sono inoltre
contrassegnate da una struttura sintattica molto semplice.
In nessuno dei brani citati infatti, la frase gerundiva ha un
soggetto espresso e include modificatori. Seppure in un
numero di passi inferiore rispetto a quanto si è notato
nell’Eneas, anche nella Conquesta di Sichilia, sono
attestate frasi gerundive costruite con il verbo dire, che
espletano la funzione di formula di citazione18 e sono
dotate di caratteristiche formali analoghe a quelle
sottolineate poco sopra. Alcuni segmenti di testo tratti
dalla Conquesta che comprendono questo tipo di
proposizioni sono riportati in (6)-(8).
(6) La citella, comu tennira et delicata, non potti pluy
fugiri, et lu frati, videndu zo, illu prindi lu so cultellu et
cum grandi lacrimi si l'auchisi dichenduli: «…» (CQ,
VIII, 34, 3-6)
(7) Et zo fachendu, et illi sì mandaru unu missu a lu conti
Rugeri dichendu chisti paroli: «…» (CQ, XIX, 86, 13-14)
(8) In la secunda lu Conti et Ursellu, videndu li loru essiri
timidi per la grandi multitudini di li inimichi, sì li
confortavanu dichendu: «…» (CQ, XIII, 60-61, 1-3)
Con una misura superiore rispetto all’Eneas, nella
Conquesta, le gerundive il cui predicato è costituito da un
verbo di dire introducono un discorso indiretto19. Tale uso
è visibile nei passi citati in (9)-(11).
(9) Quilli di lu castellu mandaru unu missu a lu Conti,
significanduli comu eranu fortimenti constritti di li
Sarrachini. (CQ, XVIII, 81, 16-18)
(10) Li Puglisi, non saciati di tanti tradimenti chi havianu
fattu, di capu mandaru occultamenti missagi a lu Papa di
Ruma, significanduli comu la Pugla si apparteni a la
Ecclesia di Ruma et li soy predecessuri per raxuni la
happiru et possiderula; (CQ, VI, 18, 3-7)
(11) Li Pisani mercatanti, li quali solianu viniri cum loru
mercancii per guadanguari, richipendu alcuni iniurii di li
Palermitani, vulendusi diviniari, cum loru navi sì vinniru
in Sichilia in unu portu di la Valli di Demoni et mandaru
loru missagiu a lu Conti in Trayna, requirendulu si ipsu
vulissi mandari sua genti, per terra, per prindiri Palermu,
chì illi eranu apparichati, per mari, cum loru navili per
darichi ayutu, sencza premiu, nè guadangnu, eceptu chi si
vulianu deviniari di loru iniuria, chi appiru di li
Palermitani. (CQ, XIV, 63, 7-15)
Come si può notare dai brevi brani riprodotti in (9)(11), nella Conquesta, quando introducono un discorso
indiretto, le gerundive con verba dicendi sono attestate in
contesti simili. Esse tendono ad occorrere dopo frasi
18
Nella Conquesta, tale costruzione è stata riscontrata in cinque
casi.
19
Nella Conquesta, ciò accade in sei passi.
Il ruolo del lessico nella subordinazione gerundiva di alcuni testi siciliani
principali simili l’una all’altra che denotano l’invio di un
messaggio e introducono l’espressione del contenuto di
tale messaggio. Nonostante la affinità dell’architettura
testuale in cui sono inserite, da un punto di vista formale,
le frasi evidenziate sopra non presentano la fissità di
quelle esemplificate in (1)-(4) e in (6)-(8).
Analogamente a quanto è stato riscontrato nell’Eneas e
nella Conquesta, anche nel Valeriu Maximu, il gerundio
del verbo dire e, in un caso, del verbo gridare sono
utilizzati in funzione di formula di citazione per introdurre
un discorso diretto. Rispetto all’Eneas, come nella
Conquesta, nel volgarizzamento di Accursu da Cremona,
questo uso pare più limitato ed è stato notato solo in
quattro casi. La scarsa frequenza è, con ogni probabilità,
connessa con la rarità dei discorsi diretti che, insieme ad
altri elementi, contraddistingue il Valeriu Maximu e la
Conquesta dall’Eneas. Due esempi tratti dal Valeriu
Maximu sono riportati in (12) e (13)20.
(12) Ca multu svirgugnatamenti Duriuni muntau a la
renghera dicendu quisti paroli: «…» (VM, II, 90, 76-77)
(13) E Cassiu, spagnatu di quilla vista, dedi li spalli a lu
jnimicu, dicendu in prima intra si medemmi: «…» (VM,
I, 44, 162-164)
Con un parallelismo con quanto si è notato nella
Conquesta, nel Valeriu Maximu, in un discreto numero di
casi, ovvero in nove attestazioni, esemplificate in (14)(16), il gerundio di un verbum dicendi introduce un
discorso indiretto.
(14) Adonca issi foru dananti unu judici qui avia nomu
Attiliu Calatinu: dananti lu quali Valeriu prupossi in
quista maynera, dicendu que lu consulu in quilla battalya
era statu a la lettèra zoppu et issu avia fattu da lu intuttu lu
ufficiu di lu imperaduri. (VM, II, 85, 30-34)
(15) E li sclavi dicendu que nullu homu non ci era
trassutu, ancura se pusi a durmiri et incontinenti li apparsi
quillu medemmi. (VM, I, 35, 111-113)
(16) E lu Salinaturi eciandeu persecutau a Neruni de
semelyanti sententia, dicendu que issu Nero non era
riturnatu puramenti in amuri con sicu. (VM, II, 91, 98100)
Nell’ambito delle opere non narrative, l’uso del
gerundio per introdurre un discorso diretto o indiretto è
risultato ricorrente nella Sposizione. In quest’ultima opera,
tale funzione è stata osservata infatti in nove casi, ovvero
quasi nella totalità dei passi in cui è presente il gerundio di
un verbum dicendi21. Le costruzioni della Sposizione sono
esemplificate in (17)-(19).
20
È forse degna di nota la presenza nella gerundiva di (13) di
due modificatori che rendono la frase leggermente diversa da
quelle fin qui osservate.
21
Si veda la Tab. 2.
(17) Unde lu salvaturi, dichenduli: - Tu lu dichi -, ni
insignau ki per omni circumstancia debita, divimu lu
nostru proximu et lu nostru subditu revocar da mali. (SP,
VI, 91, 1-4)
(18) Et si dubiti, dichendu: - Lu spiritu simul et semel
non poti essiri hiczà visibilimenti, et a Ruma
spiritualmenti presenti invisibilimenti, et tu dichi ki lu
corpu di Cristu esti in chelu corporalimenti, visibilimenti,
et localimenti, et in l'autaru esti presenti simul et semel
invisibilimenti: non ài datu bona similitudini -, respondeo:
(SP, VII, 116, 14-19)
(19) Si Deu fichi lu chelu et lu mundu cumandandu: Fiat -, Deu fa kistu santu corpu dichendo: - Hoc est enim
corpus meum. - Et omni santa opera in kistu sacramentu si
cunfirma, unde kistu sacramentu si sacra dichendu: «…»
(SP, VII, 141, 16-20)
Anche nelle Regole e nei Testi d’archivio, seppure con
una misura di molto inferiore rispetto alle opere
menzionate fin qui, il gerundio di verbi di dire è utilizzato
talvolta per introdurre un discorso diretto o indiretto. Due
esempi tratti dai testi d’archivio sono citati in (20) e (21).
(20) et mostrauli prusuli volti una burza grandi tucta plina
di literi sempri dicendu: «…» (TA, 107, 217, 15)
(21) Apre/ssu, Signuri, essendu eu ià culcatu intra lu lettu
la pri/ma sira, vinniru dui homini ki fugeru di l’hosti,
l’unu // di li quali vinni a la fidilitati vostra et l’autru era
di killi / nostri di Chifalù prisuni: confirmaru comu dictum
est / da supra et iunsiru comu li capitanei di la hosti
fi/chiru parlari a·ffidanza adimandandu ki lu no/bili
Berarduni di Anglora loru permittissi prindiri // li loru
ocisii et livari di lu fussatu, non perkì eranu / ipsi supra
zo di fugirisindi; (TA, 82, 173, 15-25)
Nell’Eneas e nella Conquesta, in un numero di passi
fortemente inferiore a quelli in cui il gerundio di un
verbum dicendi introduce un discorso diretto o indiretto, il
gerundio del verbo dire è utilizzato per collegare il
discorso diretto e la ripresa della narrazione. In cinque
segmenti di testo riscontrati nell’Eneas ed esemplificati in
(22)-(24), dopo un discorso diretto, occorre il gerundio
composto di dire. Dai brani riportati è agevole osservale la
ripetitività della struttura lessicale e sintattica della
gerundiva. Oltre a esibire il gerundio composto del
medesimo lessema verbale, quest’ultima presenta
l’identico complemento diretto pronominale zo,
sistematicamente interposto tra l’ausiliare (h)avendu e il
participio passato dictu.
(22) Allura Eolus, havendu zo dictu, dedi cum la virga a
la porta undi li venti eranu inchusi et cummandauli ki
andassiru et fachissiru zo ki la rigina Iuno li cummandassi.
(E, I, 8, 12-13)
(23) Et avendu zo dictu, la regina calau la fachi intru lu
scossu stuyandusi li lagrimi di l'ochi. (E, IV, 66, 8)
Simona Valente
(24) Havendu zo dictu Eneas, foru ordinati killi ki
divianu curriri, di li quali lu primu ki tinni lu locu di lu
curriri fu Niso, lu sicundu <ki> fu unu ki avia nomu
Salliu, lu terzu fu Eurialu, lu quartu fu unu ki avia nomu
Elimu… (E, V, 88, 23)
Talvolta, sia nell’Eneas sia nella Conquesta, invece
del gerundio composto del verbo dire osservato in (22)(24), è attestato con la medesima funzione il gerundio
semplice dichendu. Alcuni esempi di queste costruzioni
tratti dai due testi sono riportati in (25)-(27).
(25) Et zo dichendu, illa primamenti prisi lu focu et
gictaulu a lu navili. (E, V, 93, 53)
(26) Et dichendu chisti paroli lu Duca a lu populu, li plui
savii mitigaru la furia di lu populu dichendu: «…» (CQ,
XI, 47-48, 22-21)
(27) Et dichendu chisti paroli, et illà si parsi intru di loru
unu cavaleri luchenti, armatu, a cavallu in unu cavallu
blancu, et una bandera in manu cum armi in cruchi, et
apparsi chi illu ississi di la genti di li Normandi. (CQ,
XIII, 61, 9-12)
Si sottolinea che, analogamente all’uso del gerundio
come formula di citazione, anche l’occorrenza di
gerundive del tipo ‘dicendo questo’, quali quelle presenti
in (25)-(27), è stata talvolta notata in altri testi romanzi
antichi22.
3.2. Costruzioni del tipo ‘essendo console’ ed
‘essendo giovane’ nel Valeriu Maximu
Come si è indicato in § 2., nel Valeriu Maximu, è stato
rilevato quasi il 45% delle gerundive costruite con verbi
locativo-esistenziali riscontrate nel complesso del corpus.
Tale preponderanza è legata soprattutto alla frequente
attestazione nel volgarizzamento di Accursu da Cremona
di gerundive riconducibili a due tipi frasali dotati di un
carattere fisso, quasi formulaico, che si possono definire
‘essendo console’ e ‘essendo giovane’. Sono infatti da
attribuire a tali tipi oltre la metà delle proposizioni al
gerundio presenti nel Valeriu Maximu il cui predicato è
rappresentato da un lessema locativo-esistenziale.
In poco meno della metà delle occorrenze dei due tipi
menzionati, la gerundiva designa la carica pubblica
rivestita dal referente del soggetto della frase
sovraordinata. In questi casi, la costruzione è di solito
realizzata con il verbo essere23 e il predicato verbale è
sempre seguito da un elemento che denota una carica
pubblica, ad esempio ‘console’, etc. Il carattere
formulaico della costruzione del tipo ‘essendo console’ è
visibile anche dalla posizione del gerundio, situato sempre
immediatamente dopo il SN soggetto. Quattro esempi
della costruzione appena delineata sono citati in (28)-(31).
(28) In lu quali tempu cussì strittu et cussì gravusu per lu
grandissimu dalmaiu di la republica, et issu Marciu
essendu tribunu di li cavaleri era da essiri alusenghatu,
ca issu sulu avia bastatu a curregiri lu statu di tutta la
citati. (VM, II, 81, 247-250)
(29) Camillu et Postumiu essendu censuri cumandaru
que tutta la munita di quilli qui eranu vivuti fin a la
vetraneza senza mulyeri a nomu di pena fussi purtata a lu
erariu. (VM, II, 88, 17-19)
(30) E chò li cumandau suta certa pena, et issu Postumiu,
essendu imperaduri, li obediu. (VM, I, 13, 20-23)
(31) Ca issu, essendu edili et facendu li ioghi di lu cirku
in lu templu de Jupiter optimu et maximu, avia misu a
vilyari la nocti unu citellu cu la faci grandi, ki era
iucularu. (VM, I, 17, 4-6)
La specificazione della carica pubblica ricoperta da un
personaggio al momento dell’azione descritta è
ovviamente uno stilema della storiografia latina, presente
anche nell’originale del Valeriu Maximu. Per quanto
sembrino mancare studi specifici sull’argomento, alcuni
sondaggi preliminari24 paiono suggerire che l’uso di
gerundive del tipo ‘essendo console’ sia piuttosto
frequente nei volgarizzamenti medievali di opere di epoca
classica. Oltre alle costruzioni in cui il soggetto della
gerundiva è coreferente con quello della sovraordinata,
sono state riscontrate nel Valeriu Maximu gerundive del
tipo ‘essendo console’ dotate di un soggetto proprio,
diverso da quello della frase principale. In questi casi, la
proposizione al gerundio denota il periodo storico in cui si
svolge l’episodio narrato. Anche in tale uso, piuttosto
diffuso nei volgarizzamenti, è evidente l’influenza di uno
stilema tipico della storiografia latina. Come è noto infatti,
nell’ambito di questa tradizione, il ricorso al nome dei
consoli in carica per indicare il periodo storico è molto
comune. Alcuni esempi di tale tipo di costruzioni sono
riportati in (32)-(35).
(32) Di grandi amiraciuni foru quilli signali, li quali
aviniru in la nostra citati intra li primi moti de li guerri,
essendi consuli Gayu Voluniu et Sulpiciu. (VM, I, 26,
47-49)
(33) Essendu li duy consuli Gay Sulpiciu Bethico e G.
Liciniu Sculuni, una grandissima pestilencia oy interiuri
mali, ki quasi non si putia suffriri, di dumestica et civili
guerra avia afflitta la nostra citati, e ià era la speranza di li
Rumani pluy riposta in alcunu novu cultu di religiuni ca in
humanu consilyu. (VM, II, 62, 342-347)
22
La occorrenza sistematica di tale genere di strutture è segnalta
ad esempio per l’area ibero-romanza da Lyer (1934: 303) e
Muñío Valverde (1995: 49).
23
In dieci occorrenze, si trova infatti il gerundio di essere e in
due il gerundio di stare.
24
Sono stati effettuati alcuni controlli sul database testuale
dell’Opera del Vocabolario Italiano, disponibile sul sito web
http://ovisun198.ovi.cnr.it/italnet/OVI/.
Il ruolo del lessico nella subordinazione gerundiva di alcuni testi siciliani
(34) Que fu quillu qui avenni, essendu Paulo consulu?
(VM, I, 22, 33)
(35) Ma lu donu gladiatoriu inprimamenti a Ruma fu datu
a lu mercatu di li boy, essendu consuli Appiu Claudiu et
Fulviu Flaccu; (VM, II, 65, 448-449)
In un ristretto numero di passi, tra cui quelli riportati in
(36) e (37), la gerundiva del tipo ‘essendo console’
rappresenta un predicato secondario riferito ad un
elemento della frase sovraordinata25.
(36) … ma skittu a lu filyu qui era citellu era licitu di
andari ananti lu patri standu consulu. (VM, II, 57, 170171)
(37) Quistu spiritu non amancau eciandeu a la puericia di
Catuni, ca, cun chò sia cosa que issu se nutricassi in casa
di Marcu Drusiu, sou cianu de mamma, et certi homini
latini fussiru vinuti ad issu, essendu tribunu, per
adimandari la citati, issu Cato, pregatu da Pompeyu
principi de li Latini et hustulanu de Drusiu que issu
ayutassi li soy compagnuni latini ananti sou ciu, issu Cato
rispusi cu constanti vultu que issu no ndi faria nenti; (VM,
III, 99, 22-29)
Le gerundive ascrivibili al tipo ‘essendo giovane’,
esemplificate in (38)-(40), sono molto simili a quelle del
tipo ‘essendo console’ appena descritte.
Si tratta di frasi costruite con il gerundio del verbo
essere e, talvolta, del verbo stare e con un elemento, di
solito un aggettivo, che indica l’età del soggetto a cui il
gerundio si riferisce. Curiosamente, in tutti i casi, l’età
denotata da tale elemento è sempre l’infanzia o
l’adolescenza. In (38) e (39), è attestata la frase piuttosto
frequente essendu (…) citellu; in (39) occorre inoltre la
proposizione essendu juvini e in (40) è documentata la
gerundiva standu di tenera etati. Dagli esempi si nota che,
come si è già osservato nelle gerundive del tipo ‘essendo
console’, anche in questo gruppo di casi, il gerundio tende
a seguire immediatamente il nome a cui si riferisce.
(38) Emiliu Leppidu essendu intandu citellu, andandu a
la batalya, aucisi lu inimicu et servau lu citadinu. (VM,
III, 98, 6-7)
(39) Ca per certu tu, Postumiu dittaturi, cumandasti que
Aulu Postumiu, lu quali tu avivi ingendratu per succediri a
ti et a li cosi tuy et lu quali tu avivi nutricatu intra di lu to
scossu et lu quali, essendu citellu, tu lu avivi amagistratu
di literatura et, essendu juvini, tu lu avivi instruttu in
factu d'armi, santu forti et amativu di ti insemblamenti et
di la patria, però ca, non per to cumandamentu, ma per sua
vuluntati propria, issutu di la skera avia sconfittu lu
inimicu, tu dicu, cumandasti que issu fussi firutu di la
assuna... (VM, II, 76-77, 84-96)
25
Per simili costruzioni in area romanza si confrontino, tra gli
altri, Muñío Valverde (1995: 40-43), Corti (1953: 342-343) e
Herczeg (1949: 40-41).
(40) Adonca Cato, standu di tenera etati, percipiu la
gravitati di tuta la curti e per sua perseveranza rebuttau li
Latini qui vulianu prendiri li rasuni di la nostra citati.
(VM, III, 99, 37-40)
Nei due segmenti di testo citati in (41) e (42), come in
(36) e (37), le proposizioni del tipo ‘essendo giovane’
rappresentano dei predicati secondari riferiti ad un
elemento della frase sovraordinata diverso dal soggetto26.
(41) A Serviu Tullyu, [qui fu lu sextu rigi di Ruma,]
sendu intandu pizzulillu, durmendu, li soy familiari
vitteru inturnu lu capu sua una flamma resplendenti. (VM,
I, 25, 5-7)
(42) Ma a Mida, a lu imperiu di lu quali Frigia fu suyetta,
essendu citellu et durmendu a la naka, li formiki li
congregaru cochi di granu in buca e li parenti soy
incirkandu que signali era quistu, li aguriri li rispusiru
que: «…» (VM, I, 31, 220-223)
4. Conclusioni
Il lessico sembra costituire un elemento cruciale per la
comprensione dello statuto sintattico e stilistico delle
proposizioni gerundive di epoca antica.
Nell’analisi effettuata sui testi siciliani del campione di
riferimento, si è notato in primo luogo che le proposizioni
al gerundio tendono a presentare in qualità di predicato
verbi riconducibili ad alcuni gruppi lessicali: verbi di
movimento, verbi di percezione, verbi che denotano
volontà, conoscenza ed altre attività psichiche, verbi di
dire, verbi locativo-esistenziali.
Il quadro sul lessico del gerundio che emerge
dall’analisi del corpus siciliano presenta dunque notevoli
punti di contatto con la situazione che emerge da altri
studi sul gerundio romanzo antico. Oltre che a ragioni
sintattiche che in questa sede non sono state affrontate, la
concentrazione di gerundi ascrivibili ai gruppi menzionati
pare legata a ragioni di tipo funzionale e stilistico. Il
gerundio è infatti spesso attestato in costruzioni ricorrenti,
dotate di un grado variabile di fissità formale, a cui sono
talvolta associate precise funzioni testuali. In alcuni casi,
queste costruzioni paiono comuni a diversi tipi di testo, in
altri, esse paiono invece contribuire a caratterizzare testi
ascrivibili a determinate tipologie.
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per frati Simuni da Lentini, a cura di G. Rossi-Taibbi.
Palermo, Centro di Studi Filologici e Linguistici
Siciliani, 1954.
26
In (42) ma non in (41), tale costituente è ripreso da un
pronome clitico nella frase sovraordinata.
Simona Valente
Valeriu Maximu translatatu in vulgar messinisi per
Accursu da Cremona, a cura di F. Ugolini. Palermo,
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