La trilogia su Umberto Campagnolo

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La trilogia su Umberto Campagnolo
Acc. Sc. Torino
Atti Sc. Mor. 145 (2011)
DIRITTO E STORIA DEL DIRITTO
La trilogia su Umberto Campagnolo (1904-1976):
Kelsen, il federalismo, la «guerra giusta»
e la guerra europea
Nota presentata dal Socio corrispondente MARIO G. LOSANO
nell’adunanza del 9 febbraio 2010
Riassunto. I contatti tra Hans Kelsen e l’unico suo allievo italiano,
Umberto Campagnolo, sono documentati in tre volumi con ampie prefazioni di Mario G. Losano. L’ultimo di questi volumi – Conversazioni
con Hans Kelsen. Documenti dell’esilio ginevrino 1933-1940 – è stato
presentato all’Accademia subito dopo la pubblicazione nel 2010. Esso
raccoglie le annotazioni prese da Campagnolo durante le lezioni e gli
incontri con Hans Kelsen per la preparazione della sua tesi in diritto
internazionale. Poiché gli incontri si svolsero negli anni in cui entrambi erano in esilio a Ginevra (1933-1940), il volume è in larga
parte in francese. Il volume del 1999 – Diritto internazionale e Stato
sovrano – si concentra sul periodo della preparazione e della discussione della tesi di Campagnolo: vi si pubblica fra l’altro, in tedesco e
in italiano, il giudizio inconsuetamente lungo di Kelsen su quella tesi
eterodossa. Inoltre il volume del 2003 – Verso una costituzione federale per l’Europa. Una proposta inedita del 1943 – riflette le idee federaliste che Campagnolo aveva recepito da Kelsen e che lo portarono,
nel 1943, a proporre una costituzione per un’Europa federale, anticipando di oltre cinquant’anni il dibattito attuale su questo tema. La nota di Losano ricorda infine che l’introduzione di Carlo Nitsch al
volume Hans Kelsen, Diritto e pace nelle relazioni internazionali, documenta in modo approfondito le difficoltà incontrate da Kelsen
nell’emigrare dalla Svizzera agli USA, tema finora pressoché trascurato.
PAROLE CHIAVE: Umberto Campagnolo; Diritto internazionale; Europa federale; Guerra giusta; Hans Kelsen.
Abstract. The acquaintance between Hans Kelsen and his only Italian
disciple, Umberto Campagnolo, is now documented in three volumes
with large introductions by Mario G. Losano. The last of these
volumes – Conversations with Hans Kelsen. Documents from the
Genevan Exile 1933-1940 – has been presented to the Accademia
delle Scienze shortly afterwards its publication in 2010. It contains the
notes taken by Campagnolo during the lectures of and the meetings
with Hans Kelsen, in order to prepare his doctoral thesis in international law. Since these contacts took place during the years when both
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scholars were exiled in Geneva (1933-1940), this book is chiefly written in French. The other volume published in 1999 – International
Law and Sovereign State – focuses on the period when Campagnolo
prepared and defended his thesis and contains in German and Italian,
among other documents, Kelsen’s unusually large judgement about
this heterodox thesis. Furthermore, the volume published in 2003
– Towards a Federal Constitution for Europe – concerns the federalist
ideas received by Campagnolo from Kelsen, which leaded him to propose in 1943 a constitution for a federated Europe, thus anticipating
of more than fifty years the present discussion on the same subject.
Losano’s note, finally, informs that the introduction by Carlo Nitsch
– in the Italian translation of Kelsen’s lectures Law and Peace in International Relations – puts in full relief Kelsen’s difficulties in emigrating from Switzerland to the USA, a theme until now almost
uninvestigated.
KEYWORDS: Umberto Campagnolo; Hans Kelsen; International Law;
Just War; Federated Europe.
1. Gli inediti dell’unico allievo italiano di Hans Kelsen
Hans Kelsen è considerato il maggior giurista del nostro secolo, mentre il
suo allievo Umberto Campagnolo (1904-1976) fu uno dei più attivi organizzatori della cultura nell’Europa del dopoguerra. Il loro incontro avvenne nel
1933 a Ginevra, terra d’esilio e d’asilo per entrambi. Campagnolo, che a Ginevra conseguì il dottorato di diritto internazionale con Hans Kelsen, può
quindi con ragione essere considerato l’unico allievo italiano di Hans Kelsen.
Campagnolo giunse a Ginevra perché in Italia, nel 1933, gli insegnanti
vennero obbligati a iscriversi al partito fascista. Campagnolo si era da poco
laureato in filosofia e insegnava questa materia in un liceo di Padova. Per
non sottostare all’imposizione, decise di andare in esilio a Ginevra e qui incontrò Kelsen, reduce a sua volta da un duplice esilio: quello del 1930, che
lo aveva portato da Vienna a Colonia, e quello del 1933, che lo portava dalla
Germania nazionalsocialista alla Svizzera. Da questo incontro quasi casuale
prese inizio un nuovo corso nella vita di Campagnolo, che accantonò gli studi filosofici per dedicarsi al diritto, seguendo le lezioni di Kelsen e venendo
da lui accettato come dottorando.
Va subito anticipato che Umberto Campagnolo non divenne un giurista
perché, rientrato in Italia nel 1940, si dedicò all’organizzazione della cultura.
Questo mutamento nei propri interessi spiega anche perché i suoi scritti giuridici siano rimasti inediti fino al 1999, quando iniziò la loro pubblicazione
nella trilogia completata all’inizio del 2010. I singoli volumi di questa trilogia sono illustrati nella presente Nota.
L’attenzione dedicata agli scritti di Campagnolo nell’epoca dell’esilio ginevrino, durato dal 1933 al 1940, è dovuta non tanto al giovane allievo,
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quanto al già celebre Maestro. Infatti in quegli anni Campagnolo frequentava
assiduamente Kelsen per preparare la tesi dottorale e prendeva note durante
le lezioni e gli incontri, tramandandoci così una documentazione su Kelsen
come – a mio giudizio – nessun altro suo allievo ci ha lasciato. Per la storia
del diritto in Italia e, in particolare, per la storia della filosofia giuridica italiana, mi è quindi sembrato doveroso evitare che questi documenti venissero
dimenticati, o che gli originali andassero eventualmente perduti.
Essi sono oggi conservati in parte nell’archivio della Società Europea di
Cultura e in parte nell’archivio della famiglia Campagnolo, entrambi a Venezia. Ed alla cortesia tanto della Società quanto della famiglia si deve la
pubblicazione dei documenti confluiti nella trilogia.
2. Campagnolo allievo di Kelsen: la tesi a Ginevra
Il primo volume della trilogia1 comprende scritti in buona parte inediti,
che si collocano in un arco di tempo ben delimitato: dal 1933 – quando Kelsen e Campagnolo giunsero esuli a Ginevra – al 1940, quando allo scoppio
della guerra essi partirono rispettivamente per gli Stati Uniti e per l’Italia.
Al centro del volume è la tesi di dottorato di Campagnolo e la sua contrapposizione a Kelsen sul problema della superiorità del diritto internazionale rispetto al diritto nazionale. Per Kelsen il diritto internazionale deve
prevalere su quello nazionale; per Campagnolo, invece, il diritto internazionale è applicabile soltanto se recepito nelle norme di un diritto nazionale. Il
problema non era solo teorico: esso veniva infatti prospettato in anni nei
quali la Germania, in violazione di ogni regola del diritto internazionale, andava invadendo l’Austria, la Cecoslovacchia e la Polonia.
Si verificava così il curioso caso di un allievo che conquistava il dottorato
sostenendo dottrine contrarie a quelle del maestro: è la concordia discors fra
i due evocata anche nel saggio (pure incluso nel volume) di un grande amico
di Campagnolo: Norberto Bobbio2.
La prefazione al volume del 1999 nella sua prima parte traccia un quadro
dei contatti di Kelsen con la cultura giuridica italiana3. Infatti, fino ad allora,
ci si era occupati della fortuna di Kelsen fra i giuristi italiani, ma non della
fortuna dei giuristi italiani in Kelsen. Nella seconda parte, invece, la prefa1
Hans KELSEN – Umberto CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato sovrano, a cura di
Mario G. LOSANO. Con un inedito di Hans Kelsen e un saggio di Norberto Bobbio, Giuffrè,
Milano 1999, XI-402 pp.
2
Norberto BOBBIO, Nazioni e diritto: Umberto Campagnolo allievo e critico di Hans Kelsen,
«Diritto e cultura», 1993, pp. 118-132; ora, col titolo Umberto Campagnolo allievo e critico
di Hans Kelsen, anche in KELSEN – CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato sovrano, cit.,
pp. 81-98.
3
Mario G. LOSANO, Presenze italiane in Kelsen. Parte I: Kelsen e gli studiosi italiani, in
KELSEN – CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato sovrano, cit., pp. 7-48.
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zione ricostruisce l’itinerario biografico che aveva condotto Kelsen e Campagnolo a Ginevra e, in particolare, le vicende legate alla tesi ginevrina di
Campagnolo. Questo contributo alla biografia kelseniana si aggiunge quindi
all’autobiografia di Kelsen stesso4, della quale ho reso conto in una precedente Nota5.
La parte centrale del primo volume della trilogia è costituita dal dibattito
sulla tesi di Campagnolo. Kelsen, pur apprezzando l’originalità del suo allievo, ne criticò le teorie in un giudizio ufficiale inconsuetamente esteso: in
quel volume, il giudizio di Kelsen venne pubblicato per la prima volta in tedesco insieme con la traduzione in italiano6. Campagnolo, ancor più inconsuetamente, rispose al Maestro con una puntigliosa controcritica7: pratica
rimasta unica nella storia dell’Università di Ginevra ed esempio comunque
non consigliabile a chi intraprende la carriera accademica.
Il passaggio di Campagnolo dalla professione di filosofo a quella di giurista – anche se egli non diverrà mai un teorico del diritto, e meno che mai un
kelseniano – spiega perché, a Ginevra, egli avesse impostato un programma
di ricerca che partiva da zero: affrontando un campo per lui completamente
nuovo, riteneva di non potersi occupare di diritto internazionale se prima non
si fosse formato un’idea sulla natura del diritto in generale.
Il vastissimo progetto di Campagnolo comprendeva perciò una prima ricerca su che cosa fosse il diritto, cioè la costruzione di una teoria generale
del diritto: come si vede, la difficoltà dei compiti non era certo qualcosa che
scoraggiasse il giovane esule. Il secondo passo del suo progetto consisteva
poi nel definire che cosa fosse il diritto internazionale, soprattutto dal punto
di vista teorico. Il terzo passo era invece pratico: con esso Campagnolo voleva indagare quella particolare applicazione pratica del diritto internazionale
che era la Società delle Nazioni; più precisamente, voleva esaminare perché
essa non avesse funzionato e che cosa si poteva intraprendere per farla funzionare. Infatti, in quegli anni, l’impotenza della Società delle Nazioni era
sotto gli occhi di tutti, poiché la Germania nazista stava invadendo ad uno ad
uno gli Stati confinanti. La sua tesi, divenuta poi libro a Parigi con il titolo
4
Hans KELSEN, Scritti autobiografici. Traduzione e cura di Mario G. LOSANO, Diabasis, Reggio Emilia 2008, 147 pp.
5
Mario G. LOSANO, Presentazione del volume: Hans Kelsen, “Scritti autobiografici”, Accademia delle Scienze di Torino, Atti della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche,
vol. 143, Torino 2009, pp. 95-112.
6
Hans KELSEN, Giudizio sulla tesi di Umberto Campagnolo – Bemerkungen zu der DoktorThese «Nations et droit», in KELSEN – CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato sovrano,
cit., pp. 272-317.
7
Umberto CAMPAGNOLO, Risposta a Hans Kelsen, in KELSEN – CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato sovrano, cit., pp. 321-360.
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Nations et Droit8, si concentrò sul secondo punto di quel vasto progetto, cioè
sulla definizione teorica del diritto internazionale.
Nella sintesi ora esposta si intravede la parabola culturale dell’intera esistenza di Campagnolo: dalla teoria del diritto internazionale, praticata in
gioventù a Ginevra, egli giunse nella maturità veneziana all’organizzazione
della politica internazionale. Dunque diritto, diritto internazionale, istituzioni
del diritto internazionale (che dovrebbero operare nella realtà ma che,
proprio nel periodo fra il 1933 e il 1940, stavano dimostrando la loro inadeguatezza): ecco i tre oggetti su cui si concentrò via via l’interesse di Campagnolo negli anni dell’esilio ginevrino.
Nel 1933, di fronte al giovane Campagnolo stava un Hans Kelsen di 52
anni, quindi al culmine della sua maturità intellettuale e della sua affermazione internazionale, nonostante le vicissitudini cui lo avevano obbligato le
vicende politiche in Austria e in Germania. La sua dottrina era già delineata
con precisione e, in particolare, la sua visione del diritto internazionale era
già stata espressa più volte con autorevolezza, pur restando minoritaria. Infatti quelli non erano anni propizi a una dottrina secondo la quale la validità
del diritto nazionale dipende dalla sua conformità al diritto internazionale.
Kelsen considerò con particolare benevolenza lo scritto del suo allievo
così critico: infatti, pur non accettandone il contenuto, ne rispettava il rigoroso metodo deduttivo. Per entrambi, il fondamento d’ogni scritto scientifico
era il rigore con cui le singole proposizioni venivano dedotte dagli assiomi:
questo è il vero elemento che accomuna il Kelsen neokantiano e il Campagnolo giusrealista. Si spiega così perché Kelsen avesse scritto per quella tesi
eterodossa un giudizio d’una trentina di pagine, critico ma al tempo stesso
positivo. Questo corposo giudizio di Kelsen sulla tesi di Campagnolo, si noti, costituisce il più esteso scritto dedicato da Kelsen a un italiano contemporaneo.
Al momento della stesura della tesi di Campagnolo, cioè negli anni dal
1933 al 1937, i preoccupanti eventi politici non potevano passare senza lasciare una traccia anche nei lavori scientifici. Kelsen stesso lo sottolinea nel
suo giudizio sulla tesi di Campagnolo:
Non è certo una coincidenza il fatto che Campagnolo, pensatore molto dotato e particolarmente acuto, giunga a conclusioni in certa misura simili a
quelle esposte in una tesi difesa più recentemente [...]. Entrambi i lavori sono
sintomi caratteristici del nostro tempo, segnato dal crollo della Società delle
Nazioni e da un notevole indebolimento dell’efficacia del diritto internazionale. In questa situazione è comprensibile che – di fronte alle due possibili interpretazioni della realtà giuridica: primato del diritto internazionale ovvero
8
Umberto CAMPAGNOLO, Nations et Droit. Le développement du droit international entendu
comme développement de l’État. Thèse présentée à l’Université de Genève pour l’obtention
du grade de Docteur ès sciences politiques, Alcan, Paris 1938, 307 pp.
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primato dell’ordinamento giuridico statale – la seconda prenda nuovamente il
sopravvento e venga preferita soprattutto dagli autori più giovani9.
L’atteggiamento complessivo di Kelsen nei riguardi di questa tesi così
critica è decisamente lusinghiero. Nel suo giudizio scrive infatti:
Il fatto che io rifiuti la sua teoria positiva – per ragioni che, proprio per
l’importanza di questa teoria, ho esposto molto più lungamente di quanto
normalmente avvenga nel commento a una dissertazione – non vuol assolutamente dire che io non ne apprezzi altamente il valore scientifico. Al contrario.
Essa rappresenta un tentativo di inconsueto interesse e notevole per le sue profonde basi filosofiche di risolvere una serie di problemi fondamentali della
scienza giuridica partendo da un punto di vista originale. È perciò quasi superfluo aggiungere che il livello di questo lavoro è di gran lunga superiore a quello di una pur eccellente tesi di dottorato10.
Ma Campagnolo non era destinato a divenire un giurista. Rientrato in Italia nel 1940, come si è detto, si dedicò all’organizzazione della cultura e, nel
1950, fondò la «Société Européenne de Culture», sul modello (criticamente
ripensato) delle «Rencontres Internationales de Genève». Durante gli anni
della Guerra Fredda la Société costituì un punto d’incontro fra gli intellettuali dei due blocchi e l’importanza del suo archivio, conservato oggi a Venezia, è stata riconosciuta «di notevole interesse storico»11.
Su questo archivio, importante ma poco noto, è opportuno spendere qualche parola. Poiché la catalogazione è ancora in corso, risulta difficile dire
quanti siano i documenti conservati. Ad esempio, le 2000 cartelle dei «Soci
Defunti» sinora inventariate contengono carteggi con le più rilevanti personalità della seconda metà del XX secolo, presenti con documenti che possono andare dalle poche pagine a più faldoni: Bobbio, ad esempio, è presente
con cinque faldoni12. Oltre a questa importante sezione, la schedatura ha
riordinato la sezione della rivista «Comprendre» e l’«Archivio Generale»,
9
KELSEN – CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato sovrano, cit., p. 314.
KELSEN – CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato sovrano, cit., p. 314 s.
11
Il riconoscimento, avvenuto nel 1996, si fonda sul D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409.
L’archivio copre il periodo dal 1946 ad oggi e consta di circa 200 metri lineari di raccoglitori
verticali.
12
I documenti conservati si riferiscono tanto ai soci fondatori (come Julien Benda, J.D. Bernal, Guido Castelnuovo, Marc Chagall, Benedetto Croce, Eugenio d’Ors, Mircea Eliade,
Jaroslaw Iwaszkiewicz, Karl Barth, Thomas Mann, François Mauriac, Giuseppe Ungaretti,
Hans Urs von Balthasar, Giorgio La Pira, Henri Matisse, W.J.H.B. Sandberg, Jean-Paul
Sartre, Bruno Zevi, oltre al già ricordato Norberto Bobbio), quanto ad altri soci, come Vicente
Aleixandre, Ivo Andri , Samuel Beckett, Bertold Brecht, Martin Buber, Maurice Cranston,
Ilya Ehrenbourg, Paul Fierens, Irène e Frédéric Joliot-Curie, Wassily Leontief, Henri de
Lubac, Lewis Mumford, Albert Schweitzer, Umberto Terracini, Michael Tippett, Arnold
Zweig.
10
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che documenta la vita interna e le attività esterne della Società Europea di
Cultura13.
Kelsen è però presente solo fugacemente tra le grandi personalità culturali di questo archivio, e ne ho spiegato la ragione nel primo volume di questa
trilogia proprio ricorrendo alle poche carte che vi ho trovato14:
Campagnolo tentò invano di coinvolgere Kelsen in qualcuna delle sue
numerose attività culturali. In particolare, dopo averlo incontrato in Europa
nel 1952, lo invitò ad aderire alla Société Européenne de Culture, anche in vista di una futura presenza di Kelsen in Europa15.
La risposta negativa è, da un lato, tipicamente kelseniana per la neutralità
verso i valori che da essa traspare; d’altro lato, non sarebbe forse arbitrario
scorgervi anche l’incombente peso del maccartismo che avvelenò la vita
americana proprio dal 1950 al 1953. Per tutta la vita Kelsen era stato accusato dalle destre di essere un comunista e dalle sinistre di essere un reazionario: superati ormai i settant’anni, probabilmente non voleva correre il rischio
di dover spiegare al comitato del Senato che si occupava delle attività antiamericane che la Société Européenne de Culture era non un’organizzazione
criptocomunista, ma un raggruppamento di uomini liberi che cercavano di
rendere possibile il dialogo fra le culture di sistemi politici contrapposti.
Comunque la si voglia interpretare, ecco la lettera di Kelsen:
Rispondendo alla Sua cortese lettera del 4 ottobre desidero informarLa
che, con mio rammarico, non posso divenire un membro della Société Européenne de Culture. Ho sempre seguito il principio di non appartenere ad alcuna associazione che – direttamente o indirettamente – perseguisse fini politici.
Dopo un’attenta considerazione della situazione effettivamente esistente, sono
giunto alla conclusione di non ammettere alcuna eccezione a questo principio.
Spero che Lei vorrà comprendere questo mio atteggiamento. Sono stato molto
lieto di averLa riincontrata dopo tanti anni […]16.
13
L’«Archivio Generale» comprende gli atti della fondazione, la redazione dello statuto, gli
atti di tutti gli organi statutari (Consiglio di amministrazione, Consiglio esecutivo, Assemblea
generale) e di tutte le iniziative speciali (convegni internazionali, seminari, scuola estiva, mostre documentarie, ecc.).
14
Mario G. LOSANO, Presenze italiane in Kelsen, in KELSEN – CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato sovrano, cit., p. 76 s.
15
«Permettez-moi de vous dire que c’est avec une vive émotion que je vous ai revu après tant
d’années difficiles, mais en même temps avec un grand plaisir pour vous avoir retrouvé inchangé dans votre admirable vigueur intellectuelle. Je souhaite que la reprise en Europe de
votre enseignement vous apporte les satisfactions morales et intellectuelles que vous avez
peut-être trop rarement trouvées en Amérique» (Umberto Campagnolo a Hans Kelsen, Venezia, 4 ottobre 1952, in KELSEN – CAMPAGNOLO, Diritto internazionale e Stato sovrano, cit.,
p. 76, nota 195). In quell’epoca Kelsen si trovava a Ginevra per un periodo d’insegnamento
presso l’Institut de Hautes Études Internationales.
16
Hans Kelsen a Umberto Campagnolo, Ginevra, 10 ottobre 1952, Archivio privato della
Famiglia Campagnolo, Venezia: «In reply to your kind letter of October 4, I wish to inform
52 Mario G. Losano
La lunga collaborazione di Bobbio con la Société Européenne de Culture
si tradusse non soltanto nei cinque faldoni di corrispondenza conservati
nell’archivio, ma anche in una lunga serie di scritti sui rapporti fra politica e
cultura. Molti anni dopo, di fronte alla bibliografia dei propri scritti, Bobbio
constatava:
L’argomento da me più trattato è stato quello dei rapporti fra politica e
cultura o del vario atteggiamento degli intellettuali di fronte al potere. Questo
primato deriva in parte dalla mia assidua partecipazione alla vita della Société
Européenne de Culture, fondata da Umberto Campagnolo, che aveva posto
statutariamente all’ordine del giorno il problema della “politica della cultura”,
in parte dal fatto che mi sono trovato a camminare su una linea di frontiera incerta, mal tracciata e quindi non sempre ben visibile, tra l’impegno totale e il
disimpegno, tra il servizio e l’evasione, tra l’obbedienza e la diserzione17.
L’Europa era divisa politicamente e militarmente, «ma dal punto di vista
della grande tradizione culturale da cui ci mettevamo, l’Europa era indivisibile»; considerando il gruppo che faceva capo alla Société Européenne de
Culture e alla sua rivista, Bobbio ricorda: «Contrapponevamo alla politica
dei politici, cui riconoscevamo la legittimità ma non l’esclusività del “fare
politica”, la “politica della cultura”, cui attribuivamo il compito di difendere
i presupposti stessi di ogni convivenza civile»18.
Dall’impulso e anche dai contrasti con Campagnolo19 nacque così, nel
1955, il libro politicamente più rilevante di Bobbio, Politica e cultura. Nelle
pagine iniziali Bobbio ricorda che i saggi ivi raccolti
forse non sarebbero mai nati – è mio dovere riconoscerlo – se non me ne avesse dato occasione la mia assidua partecipazione alla vita della Società Europea
di Cultura, che ha posto il dialogo tra i suoi princìpi costitutivi, ed al cui promotore e organizzatore, l’amico Umberto Campagnolo, desidero esprimere la
mia gratitudine per l’esempio di onestà intellettuale e di fermezza nell’idee direttive ch’egli mi ha costantemente offerto in questi anni20.
you that, to my regret, I cannot become a member of the Société Européenne de Culture. It
has always been my principle not to join any association which - directly or indirectly - pursues political purposes. After careful consideration of all the circumstances which actually
exist, I have come to the conclusion not to make any exception to this principle. I hope you
will understand my attitude. I have been very pleased to have met you again after so many
years and I am, with the best wishes, very sincerely yours, Hans Kelsen».
17
Carlo VIOLI (a cura di), Bibliografia degli scritti di Norberto Bobbio. 1934-1993, Laterza,
Bari – Roma 1995, p. XXX; sulla Société Européenne de Culture, cfr. anche p. XII s.
18
Norberto BOBBIO, De senectute, Einaudi, Torino 1996, p. 131.
19
Il vivace confronto tra i due è oggi documentato nel volumetto Norberto BOBBIO – Umberto
CAMPAGNOLO, Dialogo sulla politica della cultura. Introduzione di Davide CADEDDU, Il Melangolo, Genova 2009, 67 pp.
20
Norberto BOBBIO, Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, p. 10. Sulla genesi di questo
libro, cfr. Norberto BOBBIO, De senectute, cit., p. 131; e l’intero capitolo Politica della cultura, ivi, pp. 108-114.
La trilogia su Umberto Campagnolo (1904-1976)
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La «Société Européenne de Culture» fondata da Campagnolo svolge ancora oggi un’intensa attività internazionale dalla sua sede a Venezia. La sua
rivista «Comprendre», dopo un’interruzione di più anni, ha ripreso nel 2009
le pubblicazioni.
3. Dalla teoria alla pratica: una costituzione federale per l’Europa del 1943
Il secondo volume della trilogia è anch’esso il frutto degli studi internazionalistici ginevrini, ma riflette già quell’attenzione per la pratica destinata
ad assorbire la successiva attività di Campagnolo. Nel 1943 si avvertiva che
ormai la guerra sarebbe terminata e ci si poneva il problema del vuoto di potere che ad essa sarebbe seguito. Poiché il nazionalismo, gli Stati nazionali,
le frontiere e i conflitti tra sovranità avevano causato due guerre mondiali,
una delle soluzioni proposte per garantire la pace futura era rappresentata dal
federalismo.
Al federalismo Campagnolo aderì con entusiasmo. Fu anche Segretario del
Movimento Federalista Europeo nel 1946-47. Sul federalismo dell’Europa postbellica prese posizione pubblicamente21 e inoltre, su questo tema, lasciò il
manoscritto che costituisce il secondo volume della trilogia22. Il mio saggio
introduttivo, nella prima parte, descrive il dibattito sul federalismo europeo e
la posizione assunta da Campagnolo in quel movimento23, mentre, nella seconda parte, analizza i tre testi federalisti di Campagnolo pubblicati nel volume24.
Nel periodo tra la fine della Seconda guerra mondiale e i primissimi anni
di pace, il pensiero federalista conobbe in Europa e in Italia un vigoroso dibattito, dal quale nei decenni successivi presero origine le attuali istituzioni
europee. A quella stagione si riferiscono gli inediti di Umberto Campagnolo,
scritti nel 1943-44 e pubblicati nel volume del 2003. Essi anticipano di oltre
mezzo secolo il dibattito sulla costituzione dell’Europa: infatti proprio nel
2003 prendeva forma ufficiale il trattato costituzionale – anzi, il Progetto di
Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa – oggi sostituito dal
21
Umberto CAMPAGNOLO, Repubblica federale europea. Unificazione giuridica dell’Europa,
Europa Unita, Milano 1945, 170 pp.; ora ristampato con il medesimo titolo: Introduzione di
Lorella Cedroni, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004, 89 pp.
22
Umberto CAMPAGNOLO, Verso una costituzione federale per l’Europa. Una proposta inedita del 1943, a cura di Mario G. LOSANO, Giuffrè, Milano 2003, XV-229 pp.
23
Mario G. LOSANO, Una “rivoluzione federale europea” alla fine della Seconda guerra
mondiale. Parte I: Il federalismo europeo italiano e Campagnolo, in CAMPAGNOLO, Verso una
costituzione federale per l’Europa, cit., pp. 9-46.
24
LOSANO, Una “rivoluzione federale europea”, cit., Parte II: Il pensiero federalista di Campagnolo negli inediti conservati a Venezia, in CAMPAGNOLO, Verso una costituzione federale
per l’Europa, cit., pp. 47-80.
54 Mario G. Losano
Trattato di Lisbona, cui si augura una fortuna maggiore di quella che (non)
arrise al Progetto del 2003.
I manoscritti confluiti in questo secondo volume della trilogia si presentano in forma già definitiva, tuttavia non vennero allora pubblicati perché le
rapide trasformazioni politiche del dopoguerra indirizzarono gli interessi di
Campagnolo verso la politica della cultura, da lui perseguita attraverso la
«Société Européenne de Culture» durante un trentennio di intensa attività.
Gli inediti sulla federazione europea precedono il forte impegno di Campagnolo nel Movimento Federalista Europeo ed esprimono le sue idee sul
federalismo: idee tanto radicali da essere da lui stesso definite «rivoluzionarie», perché mettevano in discussione il fondamento stesso degli Stati, cioè
la loro sovranità nazionale.
Secondo la sua visione, una vasta attività di educazione al federalismo
avrebbe dovuto portare le masse popolari a imporre ai governi di delegare
una parte della sovranità statale a favore di una federazione europea. Ne sarebbe nata una federazione democratica perché originata da un movimento
popolare: non le si sarebbe quindi potuto rimproverare quel «deficit di democrazia», oggi ricorrente nei dibattiti sulle istituzioni dell’attuale Unione
Europea.
Però le vicende del dopoguerra obbligarono il federalismo a scegliere una
via meno radicale e più pragmatica. Il pensiero di Campagnolo restò in ombra e prevalsero le teorie più realistiche come quelle di Altiero Spinelli e di
Jean Monnet. La pubblicazione di questi inediti ha riportato nel dibattito culturale attuale una tesi federalista minoritaria, della quale va tuttavia sottolineata la rilevanza non soltanto storica, ma anche teorica.
All’interno del volume, il Saggio sulla Costituzione dell’Europa e la Costituzione dell’Europa di Campagnolo sono scritti di ampio respiro, ma con
struttura e finalità diverse. Il primo espone la teoria del federalismo concepito come rivoluzione culturale dal basso, cioè come abbandono della nozione
di sovranità nazionale, causa delle guerre passate. Il secondo è l’esposizione
sistematica di questa teoria, ma in forma condensata e quasi catechistica:
Campagnolo l’immaginava infatti destinata a quell’educazione di massa da
lui ritenuta l’indispensabile premessa per un federalismo che nascesse dai
cittadini, e non dai vertici governativi. Il Proposito, infine, è un breve scritto
che illustra alcuni concetti complementari rispetto ai due saggi precedenti.
Questi inediti sono preceduti dal mio saggio Una “rivoluzione federale
europea” alla fine della Seconda guerra mondiale che, nella prima parte,
colloca gli scritti di Campagnolo nel solco della tradizione del pensiero federalista europeo di quegli anni e, nella seconda, analizza e commenta quegli
inediti pubblicati nel 2003. Nel suo complesso, il volume riporta alla luce il
retroterra storico e culturale di un dibattito oggi ancora acceso, ma troppo
spesso legato ai fuochi fatui del contingente, cioè dimentico della lunga
La trilogia su Umberto Campagnolo (1904-1976)
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evoluzione del pensiero federalista in generale, e del pensiero federalista europeo in particolare.
4. Nel backstage della scienza giuridica: come lavoravano Kelsen e Campagnolo
Il terzo ed ultimo volume della trilogia è più frammentario dei precedenti,
perché raccoglie le annotazioni che Campagnolo andava prendendo durante
gli incontri con Hans Kelsen25. Durante la preparazione del dottorato, infatti,
Campagnolo incontrò Hans Kelsen dentro e fuori dalle aule universitarie per
discutere con lui della teoria del diritto internazionale, sulla quale spesso le
loro opinioni discordavano fecondamente. Tanto l’allievo italiano quanto il
Maestro austriaco usavano come lingua di lavoro la lingua del paese che li
aveva accolti: poiché in questo terzo volume della trilogia gli appunti vengono pubblicati nella lingua originaria, esso risulta composto in gran parte di
testi in francese.
Da quegli anni d’anteguerra si sono salvati gli appunti di Campagnolo presi
durante le lezioni o dopo le conversazioni, nonché le note di lettura dei testi
consigliatigli da Kelsen o ritenuti utili alla discussione. Fra questi ultimi, è interessante riscoprire l’analisi dei testi di Arnaldo Volpicelli, «enfant terrible
della giurisprudenza fascista»26 ma ammiratore di Kelsen, tanto da esserne in
Italia il suo primo (anche se critico) presentatore nella rivista «Nuovi studi di
economia, politica e diritto»27. Alcuni importanti articoli di Kelsen a sostegno
della democrazia, dopo essere stati pubblicati in quella rivista “eretica” ma fortemente inserita nel movimento fascista, nel 1930 vennero raccolti nell’unico
libro in cui Kelsen figura come coautore insieme con un italiano, cioè Volpicelli28. Quel volume – dimenticato durante ottant’anni – viene oggi nuovamente ristampato29.
La forte personalità dell’allievo fa sì che queste annotazioni non siano
puri resoconti stenografici su temi giuridici: in esse, infatti, Campagnolo
25
Umberto CAMPAGNOLO, Conversazioni con Hans Kelsen. Documenti dell’esilio ginevrino
1933-1940, a cura di Mario G. LOSANO, Giuffrè, Milano 2010, XIX-295 pp.
26
Pietro COSTA, Lo Stato immaginario. Metafore e paradigmi nella cultura giuridica italiana
fra Ottocento e Novecento, Giuffrè, Milano 1986, p. 117.
27
CAMPAGNOLO, Conversazioni con Hans Kelsen, cit., 24. Corporativismo e scienza del diritto di Arnaldo Volpicelli, pp. 180-190; cfr. anche, nella mia prefazione al volume, b) I rapporti
fra Kelsen e Volpicelli, pp. 15-20; 5. La polemica sul corporativismo suscitata da Spirito e
Volpicelli, pp. 21-25.
28
HANS KELSEN – ARNALDO VOLPICELLI, Parlamentarismo, democrazia e corporativismo,
Stabilimento Tipografico Garroni, Roma 1930, 103 pp. Ne avevo dato notizia nell’articolo
Anno 1930: una dimenticata edizione italiana di Hans Kelsen, «Rivista internazionale di filosofia del diritto», 2009, n. 2, pp. 193-208.
29
HANS KELSEN – ARNALDO VOLPICELLI, Parlamentarismo, democrazia e corporativismo (1930).
Introduzione e cura di Mario G. Losano, Nino Aragno Editore, Torino 2012 (in stampa).
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enuncia l’argomento giuridico e la tesi sostenuta del Maestro, ma ben presto
se ne distacca per criticare ed enunciare pensieri suoi. Queste annotazioni, i
libri analizzati e i temi affrontati permettono di gettare uno sguardo nel
backstage del celebre istituto ginevrino e, più specificamente, dell’entourage
di Kelsen. Come le fotografie di scena, esse colgono alcuni momenti dei lavori in corso che, altrimenti, andrebbero perduti. Di qui, a mio avviso,
l’utilità di raccoglierle e riordinarle nel volume che chiude la trilogia.
In questi appunti ritorna spesso il tema kelseniano della critica alla
sovranità nazionale: quella sovranità che soltanto il federalismo poteva imbrigliare, impedendole sanguinose degenerazioni belliche. E quindi – come
complemento al tema della sovranità – troviamo la ricorrente analisi del tema della «guerra giusta». Alla guerra giusta e alla guerra libera sono dedicate le annotazioni più corpose dell’intero volume30.
Non è qui possibile analizzare il contenuto delle singole annotazioni, ma
è certo possibile immaginare l’atmosfera di quelle discussioni, che dovette
essere assai vivace, se Campagnolo sentì il bisogno di scusarsene alla fine di
una lunga lettera a Kelsen:
Pardonnez moi, Monsieur le Professeur, l’audace avec laquelle j’insiste à vous
poser des questions et à vous demander de les discuter. Peut-être m’ont trop
encouragé à le faire votre bonté et votre indulgence! Mais je dois surtout faire
appel à votre patience pour mon maintien pendant les discussions, que je reconnais toujours trop tard comme absolument blâmable. Si, malgré cela, vous
voudrez bien me garder votre estime très ambitionnée, ma gratitude et ma vénération envers vous ne pourraient que devenir plus grandes31.
Con la pubblicazione di queste note nel terzo volume della trilogia, gli
anni dell’esilio ginevrino di Kelsen e di Campagnolo si arricchiscono di una
nuova, duplice prospettiva: da un lato si può seguire l’evolversi del loro dibattito sul diritto internazionale, mentre dall’altro i temi discussi e i testi analizzati documentano gli interessi dell’entourage kelseniano durante la
settennale permanenza elvetica.
Dalla tesi Nations et droit, accompagnata dal contrasto fra maestro e allievo illustrata dal libro del 1999, attraverso la proposta federalista per
l’Europa, pubblicata nel 2003, fino agli appunti sugli incontri con Kelsen
pubblicati nel 2010, la trilogia di Campagnolo rivela così la sua unità di fondo, pur nella diversità degli scritti che la compongono.
30
CAMPAGNOLO, Conversazioni con Hans Kelsen, cit., 2. La guerre juste, p. 77; 3. La guerre
libre, la guerre juste et l’art. 231 du Traité de Versailles. Discussion au séminaire de M. Kelsen, pp. 77-82; 4. Après une discussion avec M. Kelsen sur la notion de la guerre juste considérée du point de vue de la doctrine dominante et de la doctrine pure du droit, pp. 82-86;
6. Après la deuxième discussion avec M. Kelsen sur la doctrine de la guerre juste, pp. 89-90.
31
CAMPAGNOLO, Conversazioni con Hans Kelsen, cit., 5. Una lettera per Hans Kelsen,
pp. 87-88.
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5. Nuove notizie sugli anni americani di Hans Kelsen
Nel 1940 lo scoppio della guerra provocò la partenza di Kelsen per gli
Stati Uniti e il ritorno di Campagnolo in Italia. Nella sua autobiografia Kelsen dedica poche frasi al suo passaggio dalla Svizzera agli Stati Uniti.
In realtà, quel mutamento fu più complesso di quanto lasci intendere
quell’understatement: la generazione di Kelsen tendeva a non mettere in
primo piano la propria persona. Può quindi essere opportuno, a conclusione
di questo esame della trilogia ginevrina, ricordare un accurato studio che ha
ricostruito la non semplice emigrazione – la terza! – di Kelsen dalla Svizzera
agli Stati Uniti.
L’introduzione di Carlo Nitsch alla traduzione italiana delle Holmes
Lectures – le prime lezioni che Hans Kelsen tenne negli Stati Uniti nel
194132 – precisa nel sottotitolo: Studio storico-critico su Kelsen in America.
Ed effettivamente quella prefazione è uno studio critico, nel senso che analizza il testo kelseniano tradotto fornendo un valido contributo alla discussione sul Kelsen internazionalista; ma essa è anche, al tempo stesso, uno
studio storico, perché ricostruisce con precisione il passaggio di Kelsen da
Ginevra agli Stati Uniti, documentando così una vicenda fondamentale nella
biografia culturale di Kelsen. Vicenda rimasta finora in ombra, perché tanto
la biografia di Métall, quando l’autobiografia dello stesso Kelsen presentano
quel tormentato passaggio come una transizione lineare descritta in poche
frasi.
La ricostruzione di Nitsch si fonda su materiale inedito, raccolto in numerosi archivi statunitensi e citato con abbondanza e accuratezza33. È così possibile ricostruire tutti i passaggi – e tutti i rifiuti – che accompagnarono le
richieste di accoglienza avanzate da un Kelsen sempre più preoccupato per il
precipitare della situazione europea.
Tre ordini di problemi ostacolavano l’emigrazione di Kelsen. In generale,
la crisi economica e le spese belliche avevano ridotto le disponibilità economiche delle istituzioni statunitensi, che dovevano far fronte a un forte afflusso di rifugiati34. Un primo tentativo di Kelsen naufragò perché, pur avendo
32
Hans KELSEN, Diritto e pace nelle relazioni internazionali. Le Oliver Wendell Holmes Lectures, 1940-41, a cura di Carlo NITSCH, Giuffrè, Milano 2009, LXXX-172 pp. L’ampia introduzione di Carlo Nitsch è intitolata “Holmes Lectures, 1940-41”. Studio storico-critico su
Kelsen in America, pp. V-LXXX.
33
L’elenco degli archivi consultati è in NITSCH,“Holmes Lectures”, cit., p. VI, nota 3.
34
NITSCH,“Holmes Lectures”, cit., p. XXIV, nota 27: Roscoe Pound scrive al Decano della
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università dell’Illinois: «Sto scrivendo a Kelsen. […] Il paese
è inondato di studiosi rifugiati»; un’altra facoltà «non conferirà incarichi ai rifugiati su nessun
posto per il quale sia idoneo un americano». Questa chiusura degli USA ricorda il motto corrente anche in Svizzera: «La barca è piena».
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avuto un contratto d’insegnamento con la New School for Social Research,
alle sue due figlie non venne concesso il visto d’ingresso negli Stati Uniti35.
In particolare, una chiamata di Kelsen a un’università statunitense era
ostacolata dal fatto che egli non era uno studioso displaced (cioè senza cattedra in quanto espulso da uno Stato dittatoriale): Kelsen infatti, nel 1940, proveniva non dalla Germania o dall’Austria, ma da uno Stato sovrano e
democratico come la Svizzera, dove la sua cattedra a Ginevra era indiscussa36.
Infine, Kelsen avrebbe desiderato insegnare materie di tipo giuridicoteorico, ma nei curricula delle facoltà giuridiche statunitensi le materie teoriche erano (e sono) meno rilevanti che in Europa. Abraham Flexner declinò la
richiesta di Kelsen, che avrebbe desiderato entrare all’Institute for Advanced
Studies di Princeton da lui diretto, perché – come già si era espresso nel
1935 – non voleva creare «scuole professionalizzanti»37 nella sua istituzione.
Infatti la «Law School», negli USA, è una «School» per avvocati, cioè per
pratici del diritto, nella quale le materie teoriche hanno ben poco spazio.
La ricostruzione dell’esilio statunitense di Kelsen ha anche il pregio di rievocare la rete mondiale di solidarietà – oggi quasi dimenticata – che immediatamente si impegnò nel ricollocare gli studiosi espulsi dalle dittature
europee presso istituzioni nelle quali potessero continuare le loro ricerche,
come l’«Emergency Committee on Aid of Displaced German Scholars» ricordato da Carlo Nitsch38. Questi enti solidari meriterebbero oggi uno studio
che ne ricostruisse complessivamente le attività.
I docenti e i funzionari statali non allineati con il nazionalsocialismo
vennero epurati con la legge del 7 aprile 1933 (dal titolo apparentemente innocuo di «Legge sulla rifondazione del funzionariato», «Gesetz zur Wiederherstellung des Berufsbeamtentums»). Già nel marzo 1933, Philipp Schwartz
fondò a Zurigo la «Notgemeinschaft deutscher Wissenschaftler im Ausland»,
che trasferì decine di docenti germanici nella Turchia di Atatürk, stato che
stava europeizzando le sue università39. Esemplare in proposito è la storia del
giurista e sociologo tedesco Ernst Hirsch40.
35
NITSCH,“Holmes Lectures”, cit., p. XXVI.
NITSCH,“Holmes Lectures”, cit., p. XXIX: nel 1940 la Rockefeller Foundation accetta di
finanziare Kelsen per le “Holmes Lectures”, riconoscendogli lo stato di esule.
37
NITSCH,“Holmes Lectures”, cit., p. XVII, nota 18, sul problema delle Law Schools come
«scuole professionalizzanti».
38
NITSCH,“Holmes Lectures”, cit., p. XVI s., nota 18; un dossier sulle vicende di Kelsen
è conservato anche presso l’Emergency Committee on Aid of Displaced German Scholars,
divenuto poi, dopo il 1938, Emergency Committee on Aid of Displaced Foreign Scholars (ivi,
p. XVIII).
39
Sul «Consultorio per gli scienziati tedeschi» («Beratungsstelle deutscher Wissenschaftler»)
e sulla «Mutualità degli scienziati tedeschi all’estero» («Notgemeinschaft deutscher Wissenschaftler im Ausland»), cfr. Horst WIDMANN, Exil und Bildungshilfe. Die deutschsprachige
akademische Emigration in die Türkei nach 1933. Mit einer Bio-Bibliographie der emigrier36
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Nel maggio 1933 la London School of Economics fondò un «Academic
Assistance Council», che nel 1936 prese il nome di «Society for the Protection of Science and Learning». Quest’ultima esiste tuttora come «Council for
Assisting Refugee Academics» e fa parte della rete internazionale «Scholars
at Risk». Oggi, nell’ambito di questo programma, sono ospiti a Londra due
studiosi irakeni e un palestinese: infatti gli studiosi sono «at risk» ovunque vi
sia una dittatura.
Il 10 giugno 1940 Kelsen sbarcò negli Stati Uniti e la Rockefeller Foundation riconobbe il suo status di esule, concedendo un’integrazione economica decisiva nell’ottenergli un incarico di insegnamento alla Harvard Law
School. Una volta entrato nell’orbita delle istituzioni statunitensi, nel 1942 Kelsen – che aveva ormai più di 60 anni – trovò una sistemazione a Berkeley, destinata ad essere quella definitiva.
Kelsen non tornò più ad abitare in Europa. L’ultimo suo stabile soggiorno
europeo fu quindi il settennato ginevrino, sul quale la trilogia degli scritti del
suo allievo ribelle Umberto Campagnolo aggiunge ora una testimonianza
diretta.
ten Hochschullehrer im Anhang, Bern – Frankfurt, Lang, 1973, 308 pp.; Norman BENTWICH,
The Rescue and Achievements of Refugees Scholars. The Story of Displaced Scholars and
Scientists 1933-1945, Den Haag, Nijhof, 1953, XIV-107 pp., con notizie anche sulle analoghe
organizzazioni inglesi («Academic Assistance Council», «Society for the Protection of
Science and Learning»).
40
Mario G. LOSANO, Ernst Hirsch (1902-1985). Dall’europeizzazione del diritto in Turchia
alla sociologia giuridica in Germania. Parte I. La formazione e l’esilio di Ernst Hirsch, in
«Materiali per una storia della cultura giuridica», XXXIX, 2009, n. 1, pp. 159-182 (soprattutto § 4, a). La Parte II. Ernst Hirsch sociologo del diritto, è in «Materiali per una storia della
cultura giuridica», 2009, n. 2, pp. 3-35.