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Unita 8
Giorni di scuola
Gli altri bambini guardarono Pippi scandalizzati, e la maestra le spiegò con
pazienza che quello non era il modo di rispondere, a scuola. Non si doveva dare del “tu” alla maestra, ma bisognava chiamarla “signorina”.
«Oh, ne sono proprio spiacente!» disse Pippi, tutta contrita.2 «Non lo sapevo, e non farò mai più una cosa simile.»
«Lo spero» disse la maestra, «e voglio anche dirti che 7 più 5 fa 12.»
«Vedi dunque che lo sapevi!» esclamò Pippi. «Ma allora perché me l’hai
chiesto? Oh, che stupida: ti ho dato di nuovo del “tu”! Scusa, eh!» disse,
e si diede una vigorosa tirata d’orecchie.
La maestra fece finta di nulla, e proseguì:
«Allora, Pippi, quanto pensi che faccia 8 più 4?»
«Così, a occhio e croce, 67» rispose Pippi dopo matura riflessione.
«Ma no!» disse la maestra. «8 più 4 fa 12.»
«Ah, vecchia mia, ora stiamo proprio passando il segno!» s’indignò Pippi. «Tu stessa hai detto poco fa che è 7 più 5 che fa 12. Perfino a scuola ci
vuole un po’ d’ordine! D’altra parte, se ti perdi in simili sciocchezze proprio come una bambina, perché non ti metti buona buona in un angolo a
contare per conto tuo, e ci lasci in pace, così noi intanto possiamo giocare a nasconderci? Dio mio, ti ho dato di nuovo del “tu”!» gridò spaventata. «Ti prego, perdonami, se ti riesce, ancora per questa volta, e ti prometto di ricordarmene davvero, d’ora in poi!»
La maestra disse che doveva cercare proprio di farlo; ma non ritenne fosse il caso d’insistere ancora sull’aritmetica, con Pippi. Preferì mettersi a interrogare gli altri bambini.
«Tommy, guarda se ti riesce di risolvere questo problema» cominciò: «“Se
Lisa ha 7 mele e Axel ha 9 mele, quante ne hanno, tra tutti e due?”»
«Sì, sì, rispondi, Tommy!» intervenne Pippi. «E poi rispondi a questo mio
problema: “Se Lisa ha mal di pancia e Axel ha ancora più mal di pancia,
quale ne è la causa, e dove avevano rubato le mele?”»
La maestra fece finta di non aver sentito, e si rivolse ad Annika:
«Ora, Annika, porrò a te un altro problema: “Gustavo ha preso parte, con
i suoi compagni, a una gita scolastica. All’andata aveva una corona,3 e al
ritorno 7 centesimi. Quanto aveva speso?”»
«Già» disse Pippi, «e poi sono io che voglio sapere perché aveva le mani
così bucate, e se i soldi li aveva spesi per una gazzosa, e se si era lavato le
orecchie per bene, prima di uscire.»
La maestra stabilì di lasciar perdere l’aritmetica.
CONSIGLIO DI LETTURA
Astrid Lindgren, Pippi Calzelunghe,
trad. di P. Larussa, Salani
2 contrita: dispiaciuta, triste.
3 corona: è l’unità monetaria in uso in Svezia, stato
in cui è ambientato il romanzo. Ogni corona è divisa in 100 centesimi (öre).
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A scuola per caso
ATTIVITA
Comprensione
1
2
Che cosa desiderano Tommy e Annika?
A che Pippi giochi con loro
B che Pippi vada a scuola con loro
C non andare a scuola
D salire sul cavallo di Pippi
Come va Pippi a scuola?
A a piedi
C a cavallo
B con l’autobus
D in macchina
3
Elenca alcune delle attività che Pippi svolge di
solito la mattina mentre i suoi amici sono a
scuola.
4
5
Che cosa convince Pippi ad andare a scuola?
Come si comporta Pippi quando la maestra le
fa alcune domande di aritmetica?
Analisi del testo
I personaggi
6
Chi sono i protagonisti del brano?
....................................................................
7
Definisci Pippi con tre aggettivi.
I luoghi
8
La storia si svolge in due luoghi diversi, quali?
....................................................................
....................................................................
Le parole e le regole
9
Pippi, appena arriva a scuola, dice di essere arrivata in tempo per le mortificazioni. Che cosa
significa questa parola? In realtà, che cosa voleva dire Pippi?
10
Pippi, rispondendo al problema della maestra, dice che vuole sapere perché Gustavo
aveva le mani così bucate. Che cosa vuol dire
questa espressione?
..................................................................
..................................................................
..................................................................
..................................................................
Le abilità e l’esperienza
Se tu non andassi a scuola…
11
Ti piacerebbe poter, come Pippi, non
andare mai a scuola? Come trascorreresti le
mattinate, se potessi non frequentare?
Nella tua classe
12
Continuare la storia
13
Dopo avere interrogato in aritmetica, la
maestra dice agli alunni di disegnare ciò che
vogliono. Prova a raccontare in un breve testo
come, secondo te, si comporta Pippi e che
cosa succede in classe.
Se Pippi entrasse nella tua classe e si comportasse così, come reagireste tu e i tuoi compagni? E i tuoi insegnanti?
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ANDIAMO AL CINEMA
Non uno di meno
Genere: drammatico
Regia: Zhang Yimou
Personaggi e interpreti:
la maestra Wei Minzhi, il
ragazzino che fugge Zhang
Huike, il capovillaggio Tian
Zhenda, il maestro Gao Enman:
ognuno nella parte di se stesso
Durata: 106 minuti
Nazione: Cina
Anno: 1999
riuscirai in questo compito, oltre ai 50 yuan che ti darà il capovillaggio, te ne darò io altri 10».
Ogni giorno Wei Minzhi fa diligentemente l’appello, ricopia il
testo alla lavagna, ma non si preoccupa che gli allievi imparino qualcosa, piuttosto trascorre il suo tempo a fare la guardia
alla porta dell’aula perché non scappino. Un giorno, lo scolaro Zhang Huike, un bambino intelligente ma dispettoso, che
le aveva già fatto perdere la pazienza in diverse occasioni, non
si presenta a scuola, poiché è stato costretto dalla famiglia, gravemente indebitata, ad andare in città per cercare un lavoro.
Con le parole del maestro che le risuonano in testa e senza
una vaga idea di dove potrebbe trovarsi il piccolo Zhang, Wei
Minzhi si mette allora in marcia per la città, decisa a trovare il bambino a tutti i costi e a riportarlo a scuola.
La storia
Il maestro Gao Enman della scuola elementare Shuiquan deve
assentarsi per un mese per assistere la madre malata. Il capovillaggio passa al setaccio l’intera zona rurale, per trovare qualcuno disposto a sostituire il maestro. La sua scelta ricade sulla giovanissima Wei Minzhi, di soli tredici anni, a cui viene
affidato il compito di sorvegliare la classe e di scrivere ogni
giorno un testo alla lavagna (badando a non sciupare i pochi
e preziosi gessetti), che gli allievi dovranno ricopiare sul proprio quaderno.
Prima di andarsene, il maestro Gao ammonisce la maestrina: «Nessun allievo si dovrà ritirare dalla scuola durante la
mia assenza: la classe era composta all’inizio dell’anno da
quaranta alunni, ma presto il numero è sceso a ventotto. Se
Il film
Questa pellicola è un tipico esempio di “cinema verità”, girato con attori non professionisti. Ogni personaggio è recitato
da chi nella vita ha lo stesso ruolo e lo stesso nome: il maestro è davvero l’insegnante di quella classe, i bambini sono i
suoi allievi, le offerte pubbliche hanno veramente contribuito ad aiutare quella scuola.
Solo Wei Minzhi nella realtà non è una supplente, bensì una
studentessa tredicenne che sta completando il suo ciclo di
studi. Per questo viene affidato solo a lei il compito più arduo,
quello di tentare di cambiare il destino scolastico dei bambini che le sono stati affidati nella finzione filmica per un
mese.
PER RIFLETTERE INSIEME
I temi del film
L’importanza dell’istruzione, che, se in Italia è assicurata alla quasi totalità dei bambini, nel resto del mondo è
spesso difficile da garantire.
Uno sguardo su una cultura lontana e molto diversa dalla nostra, quale quella cinese.
Il difficile e importante ruolo di responsabilità dell’insegnante.
La solidarietà nei rapporti umani.
Un forte e commovente ritratto femminile.
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Dopo la visione
1. Il personaggio della supplente, protagonista del film, è
molto forte; va alla ricerca del bambino con grande coraggio e determinazione. Prova a descrivere il suo comportamento.
2. Tu, al posto di Wei Minzhi, che cosa avresti fatto?
3. La scuola che hai visto nel film è molto diversa da quella in cui vai tu. Metti in evidenza le differenze.
4. Il piccolo protagonista del film è costretto, come molti
bambini nel mondo, a lasciare la scuola per andare a lavorare in città. Quanto e perché secondo te, invece, è importante la scuola?
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Tema in classe
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GUIDA
ALLA
LETTURA
Antonio Skármeta
TESTO: narrativo
DA LEGGERE PER…
Capire come
il mondo esterno,
la politica e
la violenza possono
prepotentemente
entrare nella scuola.
GUIDA ALLA LETTURA
1. Che cosa
è successo al padre
di Daniel?
2. A tavola la sera
dopo l’arresto del
padre di Daniel,
Pedro vede che i suoi
genitori sono…
La madre di Pedro a
tavola…
Il sogno di Pedro è quello di avere un pallone di cuoio. Ha appena messo a segno
un bel gol di testa quando arriva una pattuglia di soldati che trascinano via il padre
del suo amico Daniel perché «è contro la dittatura». A scuola, alcuni ufficiali si
presentano in classe, ordinando di svolgere un tema che racconti la vita dei genitori. Pedro ha paura e non sa che cosa scrivere…
uando arrivò, Pedro lo abbracciò e suo papà si chinò per dargli un bacio.
«Mamma non è ancora tornata?»
«No» disse Pedro.
«Hai giocato molto?»
«Un po’.»
Sentì la mano di suo padre che gli afferrava la testa e se la stringeva alla
camicia con una carezza.
«Sono venuti i soldati e hanno arrestato il papà di Daniel.»
«Lo so già» disse il padre.
«Come lo sai?»
«Mi hanno avvertito per telefono.»
«Daniel è rimasto padrone del negozio. Magari adesso mi regalerà le caramelle» disse Pedro.
«Non credo.»
«Se lo sono portato via sulla jeep, come si vede nei film.»
Suo padre non disse nulla. Fece un respiro profondo e guardò tristemente la strada. Nonostante fosse pieno giorno, ad attraversarla erano solo gli
uomini che tornavano lenti dal lavoro.
«Credi che lo vedremo in televisione?» domandò Pedro.
«Chi?» chiese il padre.
«Il signor Daniel.»
«No.»
Quella sera, quando si sedettero tutti e tre per cenare, Pedro non aprì bocca, anche se nessuno gli aveva ordinato di stare zitto. I genitori mangiavano senza parlare. All’improvviso sua madre cominciò a piangere, senza
rumore.
«Perché mamma piange?»
Il padre guardò prima Pedro e poi lei, e non rispose. La madre disse:
«Non piango».
«Qualcuno ti ha fatto qualcosa?» domandò Pedro.
«No» disse lei.
Finirono di cenare in silenzio e Pedro andò a mettersi il pigiama. Quando
tornò in sala da pranzo, i suoi genitori erano abbracciati sulla poltrona, con
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Q
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Giorni di scuola
3. Perché Pedro
chiede a suo padre se
è contro la dittatura?
A Perché ne avevano
parlato in classe
con la maestra.
B Perché è solo
una curiosità.
C Perché ha paura
che anche lui
venga arrestato.
4. La maestra entra
in classe con…
che ordina
ai bambini di…
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l’orecchio molto vicino alla radio che emetteva strani suoni, ancora più confusi per il volume basso. Quasi indovinando che il padre si sarebbe portato un dito alla bocca per chiedere silenzio, Pedro domandò in fretta:
«Papà, tu sei contro la dittatura?»
L’uomo guardò il figlio, poi la moglie, e anche loro lo guardarono. Lui chinò la testa e la rialzò lentamente, assentendo.
«Allora arresteranno anche te?»
«No» disse il padre.
«Come lo sai?»
«Tu mi porti fortuna, chico» sorrise l’uomo.
Pedro si appoggiò allo stipite della porta, felice che non lo mandassero a
letto come le altre volte. Prestò attenzione alla radio, cercando di capire.
Quando l’apparecchio disse: «la dittatura militare», a Pedro sembrò che tutte le cose che gli frullavano nella testa andassero a posto, come in un puzzle.
«Papà» domandò allora «anche io sono contro la dittatura?»
Suo padre guardò la moglie, come se la risposta a questa domanda fosse
scritta negli occhi di lei. La madre si grattò la guancia con aria divertita e
disse: «Non si può dire».
«Perché no?»
«I bambini non sono contro nulla. I bambini sono semplicemente bambini. I bambini della tua età debbono andare a scuola, studiare molto, giocare ed essere affettuosi con i loro genitori.»
Ogni volta che gli dicevano queste frasi lunghe, Pedro restava in silenzio.
Ma stavolta, con gli occhi fissi sulla radio, rispose:
«Va bene, però il padre di Daniel è stato arrestato. Daniel non potrà tornare a scuola».
«Vai a letto, chico» disse suo padre.
Il giorno dopo, Pedro mangiò due fette di pane con la marmellata, si lavò
la faccia e andò a scuola di corsa, perché non gli mettessero di nuovo una
nota per il ritardo. Per strada scoprì un aquilone azzurro impigliato tra i
rami di un albero, ma per quanto saltasse non ci fu verso di tirarlo giù.
La campanella non aveva ancora smesso di suonare quando la maestra entrò
con aria tesa, accompagnata da un signore in uniforme militare, una medaglia sul petto, baffi grigi e un paio di occhiali più neri di un ginocchio sudicio. La maestra disse: «In piedi, bambini, e state ben dritti».
I bambini si alzarono. Il militare sorrideva, con i baffi a spazzolino da denti sotto le lenti nere.
«Buongiorno, cari piccoli amici» disse. «Sono il capitano Romo e vengo da
parte del governo, cioè del generale Perdomo, per invitare tutti i bambini
di tutte le classi di questa scuola a scrivere un tema. Quello che scriverà il
migliore riceverà, dalle mani stesse del generale Perdomo, una medaglia d’oro
e un nastro come questo, con i colori della bandiera. E, naturalmente, sarà
il portabandiera nella sfilata della Settimana della Patria.»
Mise le mani dietro la schiena, aprì le gambe con un saltello e raddrizzò
il collo, alzando un po’ il mento.
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Un tema imposto
5. Quali domande
fanno i bambini
al militare?
6. Che cosa hanno
fatto i genitori
di Pedro e Juan
ieri sera?
«Attenzione! Seduti!»
I bambini obbedirono. «Bene» disse il militare. «Tirate fuori i quaderni…
Pronti i quaderni? Bene! Prendete i lapis… Pronti i lapis? Scrivete! Titolo del tema: “Che cosa fa la mia famiglia di sera”… Capito? Cioè quello
che fate voi e i vostri genitori, quando tornate dalla scuola e dal lavoro.
Gli amici che vengono. Quello di cui parlate. I commenti a quello che vedete alla televisione. Qualunque cosa vi capiti, con tutta la libertà possibile.
D’accordo? Uno, due, tre: cominciamo!»
«Si può cancellare, signore?» chiese un bambino.
«Sì» disse il capitano.
«Si può scrivere con la biro?»
«Certo, ragazzo, come no!»
«Si può scrivere su fogli a quadretti, signore?»
«Senz’altro.»
«Quanto bisogna scrivere, signore?»
«Due o tre pagine.»
«Due o tre pagine?» protestarono i bambini.
«E va bene» si corresse il militare «facciamo una o due. Al lavoro!»
I bambini si misero il lapis tra i denti e cominciarono a guardare il soffitto, per vedere se da qualche crepa uscisse volando l’uccellino dell’ispirazione.
Pedro stava mordendo il lapis, però non gli tirò fuori una parola. Si grattò una narice e appiccicò sotto il banco un moccoletto che per caso ne era
uscito. Juan, nel banco accanto, stava mangiandosi le unghie a una a una.
«Te le mangi?» domandò Pedro.
«Che cosa?» disse Juan.
«Le unghie.»
«No. Me le taglio con i denti e poi le sputo. Così. Vedi?»
Il capitano si avvicinò e Pedro poté vedere da vicino la dura fibbia dorata
del suo cinturone.
«E voi due, non lavorate?»
«Sissignore» disse Juan e immediatamente aggrottò le sopracciglia, mise
la lingua tra i denti e scrisse una grande “A” per cominciare il tema. Quando il capitano andò verso la lavagna e si mise a parlare con la maestra, Pedro
sbirciò il foglio di Juan e gli chiese:
«Che cosa scriverai?»
«Qualunque cosa. E tu?»
«Non so» disse Pedro.
«Che cosa hanno fatto i tuoi genitori, ieri?» domandò Juan.
«Il solito, come sempre. Sono tornati, hanno mangiato e sentito la radio,
e sono andati a letto.»
«Mia mamma lo stesso.»
«Mia madre si è messa a piangere all’improvviso» disse Pedro.
«Le donne ci provano gusto, a piangere.»
«Io cerco di non piangere mai. Sarà un anno che non piango.»
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Giorni di scuola
7. Che cosa dice
la mamma di Pedro
sui bambini
e la dittatura?
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«Nemmeno se ti picchio e ti faccio gli occhi neri?»
«E perché dovresti picchiarmi, se sono tuo amico?»
«Già, è vero.»
I due si misero i lapis in bocca e guardarono la lampadina spenta e le ombre
sulle pareti, sentendosi la testa vuota come un salvadanaio. Pedro si avvicinò a Juan e gli sussurrò in un orecchio:
«Sei contro la dittatura?»
Juan controllò la posizione del capitano e si chinò verso Pedro:
«Certo, stupido».
Pedro si scostò un po’ e gli strizzò un occhio, sorridendo. Poi, facendo finta di scrivere, tornò a parlare:
«Ma sei un bambino…»
«E che importanza ha?»
«Mia mamma dice che i bambini…» cominciò Pedro.
«Dicono sempre così… Mio papà è prigioniero su al Nord.»
«Come quello di Daniel.»
«Già. Lo stesso.»
Pedro guardò il foglio bianco e lesse quello che aveva scritto: “Che cosa
fa la mia famiglia di sera. Pedro Malbrán. Scuola Siria. Terza A”.
«Juan, se mi guadagno la medaglia la vendo per comprarmi un pallone misura cinque, di cuoio bianco a bolli neri.»
Pedro bagnò la punta del lapis con un po’ di saliva, sospirò profondamente e cominciò: “Quando mio papà torna dal lavoro…”
Passò una settimana: un albero della piazza cadde per pura e semplice vecchiaia; il camion della spazzatura non passò per cinque giorni, tanto che le
mosche volavano negli occhi della gente; si sposò Gustavo Martínez della
casa di fronte e qualche fetta della torta nuziale fu divisa tra i vicini; la jeep
tornò e si portò via il professor Manuel Pedraza; il parroco non volle dir messa la domenica; sul muro
della scuola apparve la
scritta “Resistenza”. Daniel
tornò a giocare a pallone
e fece un gol di rovescia-
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Un tema imposto
8. Quando il padre di
Pedro scopre che il
figlio ha scritto un
tema su di loro per
un ufficiale è:
A contento
B preoccupato
C indifferente
D annoiato
9. Quando scopre
che cosa ha scritto
Pedro, il padre è:
A contento
B preoccupato
C indifferente
D annoiato
ta e un altro di pallonetto, i gelati aumentarono di prezzo e, quando compì nove anni, Matilde Schepp chiese a Pedro di darle un bacio sulla bocca.
«Sei matta!» le gridò lui.
Passata la settimana, ne passò un’altra, e un giorno tornò in classe il militare carico di carte, di un sacchetto di caramelle e di un calendario con la
foto di un generale.
«Miei cari piccoli amici» disse «i vostri temi erano veramente belli e hanno rallegrato molto noi militari; in nome dei miei colleghi e del generale
Perdomo debbo farvi i miei sinceri complimenti. La medaglia d’oro non è
toccata a questa classe ma a un’altra, a qualche altra. Ma per premiare i vostri
simpatici lavori, darò a ognuno di voi una caramella, il tema con una piccola nota e questo calendario con la foto del nostro capo.»
Pedro si mangiò la caramella tornando a casa e quella sera, mentre cenavano, raccontò a suo padre: «A scuola ci hanno ordinato di fare un tema».
«Mmm. Su che cosa?» domandò l’uomo mangiando la minestra.
«“Che cosa fa la mia famiglia di sera”.»
Suo padre lasciò ricadere il cucchiaio nel piatto e una goccia di minestra
finì sulla tovaglia. Guardò la moglie.
«E tu che cosa hai scritto, figlio mio?» domandò lei. Pedro si alzò dal tavolo e andò a frugare tra i suoi quaderni.
«Volete che ve lo legga? Il capitano mi ha fatto i complimenti.»
E indicò il punto in cui il capitano aveva scritto con inchiostro verde: “Bravo! Complimenti!”
«Il capitano… Che capitano?» gridò suo padre.
«Quello che ci ha ordinato di fare il tema.»
I genitori tornarono a guardarsi e Pedro cominciò:
«“Scuola Siria. Terza…”»
Suo padre lo interruppe:
«Sì, va bene, ma leggi direttamente il tema, vuoi?» E mentre i genitori ascoltavano con grande attenzione, Pedro lesse:
«“Quando mio papà torna dal lavoro, io vado ad aspettarlo all’autobus. A volte mia mamma sta a casa e quando arriva papà gli dice come va caro, com’è
andata oggi. Bene le dice mio papà e a te com’è andata, come al solito risponde mia mamma. Allora io esco a giocare a pallone e mi piace fare i gol di testa.
Poi viene mia mamma e mi dice su Pedro vieni a mangiare e poi ci sediamo
a tavola e io mangio sempre tutto tranne la minestra che non mi piace. Poi
tutte le sere mio papà e mia mamma si siedono in poltrona e giocano a scacchi e io finisco i compiti. E continuano a giocare a scacchi finché è ora di
andare a dormire. E poi, poi non posso raccontare altro perché dormo.
Firmato: Pedro Malbrán.
PS: se mi danno un premio per il tema spero che sia un pallone da calcio,
ma non di plastica.”»
Pedro alzò lo sguardo e si accorse che i suoi genitori sorridevano.
«Bene» disse papà «dovremo comprare una scacchiera… non si sa mai.»
A. Skármeta, Tema in classe, trad. di F. Lazzarato, Mondadori
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Giorni di scuola
OLTRE IL TESTO
La dittatura in Cile
L’11 settembre 1973, con un sanguinoso colpo di
stato, il generale Augusto Pinochet s’impadronì del
potere in Cile impiegando i jet dell’aeronautica militare per bombardare il palazzo presidenziale. Il presidente socialista Salvador Allende fu eliminato e
migliaia dei suoi sostenitori furono uccisi. Seguirono
giorni cupi, durante i quali gli omicidi e gli esili imposti divennero d’ordinaria amministrazione. Lo stadio della capitale Santiago venne trasformato in una
immensa prigione; la Croce Rossa stimò in circa settemila le persone che vi erano detenute nei primi dieci giorni successivi al golpe; qui molti vennero uccisi o torturati. Si calcola che in totale ben 80 000
persone furono torturate o uccise.
Pinochet, a capo di una giunta militare composta da
quattro uomini, sciolse il parlamento, mise al bando i partiti di sinistra e impedì ogni attività politica;
vennero distrutti i registri elettorali, si istituirono norme che permettevano di togliere la cittadinanza cilena e di espellere dal paese cittadini indesiderati. La
SOS
italiano
dittatura adottò la violenza come strumento della propria azione di governo. Negli anni della dittatura in
Cile si verificarono la tortura sistematica dei prigionieri e la desaparición, la “scomparsa”, di persone
arrestate dal regime.
Dopo ben quindici anni di dittatura, un referendum
popolare ha riportato la democrazia in Cile nel 1988.
Nelle elezioni, che si sono tenute l’anno seguente, il
democratico cristiano Patricio Aylwin ha battuto Hernan Buchi, il protetto di Pinochet, ma questa volta il
passaggio del potere è avvenuto pacificamente. Nessuno è mai stato riconosciuto colpevole delle stragi
e delle violenze perpetrate sotto il regime di Pinochet.
Pronome o aggettivo?
Le forme dei pronomi possessivi, dimostrativi, indefiniti, interrogativi ed esclamativi possono essere usate anche come aggettivi. L’aggettivo però accompagna sempre il nome a cui si riferisce, mentre il pronome non accompagna un nome, ma lo sostituisce.
Osserva gli esempi:
«Mio papà è prigioniero su al Nord».
aggettivo
«Come quello [il papà] di Daniel».
pronome
La medaglia d’oro non è toccata a questa classe ma a un’altra [classe].
aggettivo
pronome
• Trova nel testo un altro esempio di aggettivo e di pronome possessivo, dimostrativo, indefinito, interrogativo o esclamativo.
• Scrivi due frasi in cui questo abbia prima funzione di pronome e poi di aggettivo.
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Un tema imposto
ATTIVITA
Comprensione
1
2
Come è stato portato via il padre di Daniel?
Che cosa pensa il padre di Pedro della dittatura?
A è favorevole
C è contrario
B non pensa nulla
D non lo sa
3
Qual è il titolo del tema che l’ufficiale fa svolgere ai bambini?
4
Perché l’ufficiale chiede ai bambini di scrivere il tema?
5
Pedro racconta la verità su quello che fanno
i genitori la sera? Perché?
Analisi del testo
I personaggi e gli oggetti
6
7
Quali oggetti e accessori porta l’ufficiale?
Sottolinea nel brano tutte le parti in cui viene espresso lo stato d’animo di Pedro e dei suoi genitori.
Le parole e le regole
8
Che cos’è la dittatura? Prova prima a spiegarlo con parole tue e poi controlla la definizione sul
dizionario e trascrivila.
La dittatura è ..............................................................................................................................
...................................................................................................................................................
Definizione del dizionario: ..........................................................................................................
...................................................................................................................................................
9
Rileggi le righe sottolineate in giallo nel brano e cerchia tutti i verbi che trovi.
Le abilità e l’esperienza
Da un linguaggio all’altro
10
Come ti sei immaginato l’ufficiale che entra in classe e costringe i bambini a scrivere il tema sui loro
genitori? Prova a disegnarlo.
Informazioni rubate
11
L’ufficiale, per avere informazioni sui comportamenti e le idee dei genitori, fa svolgere un tema
ai bambini. Ti sembra giusto? Perché? Prova a spiegare che cosa ne pensi.
Il tema di Pedro
12
Pedro, per paura che possano arrestare anche suo padre, nel tema non racconta la verità. Secondo te si comporta in maniera giusta? Tu che cosa avresti fatto al suo posto? Raccontalo in un breve testo sul quaderno.
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Giorni di scuola
L E
P A R O L E
Descrivere un oggetto
Per descrivere un oggetto bisogna scegliere accuratamente le parole, affinché il lettore o chi ascolta possa immaginarselo perfettamente, come se lo avesse di fronte a sé. Di un oggetto possono
essere descritti vari aspetti e per ognuno possono essere usati moltissimi aggettivi per caratterizzarlo al meglio.
IMPARARE LE PAROLE Le caratteristiche di un oggetto
FORMA
ODORE
Aguzzo, appuntito, cilindrico,
irregolare, panciuto, piatto,
quadrato, simmetrico,
sinuoso, spigoloso,
tondeggiante…
Acido, acre, aromatico, fetido,
fragrante, inodore, odoroso,
profumato, puzzolente…
GUSTO
Amaro, aspro, delicato, dolce,
forte, insapore, ripugnante,
saporito, zuccherato…
AL TATTO
Caldo, duro, elastico,
fresco, liscio, morbido,
ruvido, soffice, vellutato,
viscido…
DIMENSIONE
Alto, basso, corto, enorme,
equilibrato, grosso, imponente,
ingombrante, largo, minuscolo,
piccolo, proporzionato,
schiacciato, stretto…
COLORE
Amaranto, ambrato,
argentato, bianco, blu,
brillante, cangiante,
ciclamino, dorato, giallo,
lilla, magenta, marrone,
nero, pastello, rosa, tenue,
trasparente, turchese,
verde, viola…
USO E FUNZIONAMENTO
Comodo, elettrico, indispensabile,
inutile, maneggevole, meccanico,
rapido, scomodo, utile, veloce…
PESO
Leggero, lieve, pesante,
ponderoso, tenue…
LAVORARE CON LE PAROLE E I TESTI Le caratteristiche
di un oggetto
1
Per ognuno di questi oggetti scrivi nel quaderno tre aggettivi che li descrivano.
automobile – carota – divano – libro – bussola – frullatore
2
Per ognuno dei seguenti aggettivi scrivi nel quaderno due frasi che li contengano, accostati a due oggetti diversi.
appuntito – leggero – trasparente
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D I R L O
Dopo aver sottolineato tutti gli aggettivi presenti nel seguente brano, prova a disegnare l’oggetto descritto.
La valigetta
Alain Robbe-Grillet
Era un oggetto di modello corrente, di fabbricazione solida però, che ispirava fiducia:
di “fibra” durissima, d’un colore bruno che dava sul rosso, e gli angoli rinforzati di colore più scuro, tra cacao e cioccolata. Il manico, articolato su due anelli metallici, era d’un
materiale più morbido, imitazione cuoio. La serratura, le due cerniere e i tre grossi ribattini visibili in ognuno degli otto angoli sembravano di rame come la montatura del manico, ma la leggera usura dei quattro ribattini della faccia inferiore rivelava la loro vera
natura: metallo bianco appena ramato.
A. Robbe-Grillet, Il voyeur, trad. di L. Aurigemma, Einaudi
4
Abbina ogni aggettivo dato a un oggetto, scrivendo nella casella la lettera corrispondente.
a. soffice
tavolo
b. veloce
torta
c. appuntito
aeroplano
d. rotondo
televisione
e. dolce
coltello
f. rumorosa
cuscino
g. puzzolente
bicchiere
h. fragile
spazzatura
5
Completa la tabella provando prima a spiegare il significato dei seguenti aggettivi, poi
controllando sul dizionario.
Aggettivi
Secondo te
Secondo il vocabolario
contundente
ispido
logoro
malleabile
6
Descrivi nel quaderno un oggetto che si trova nella tua aula. Cerchia poi gli aggettivi
che hai usato per definirlo.
7
Per ognuno dei seguenti aggettivi scrivi un suo contrario nella tabella.
Aggettivo
Contrario
Aggettivo
Contrario
viscido
...............................................
saporito
...............................................
spigoloso
...............................................
ripugnante
...............................................
maneggevole
...............................................
gigantesco
...............................................
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Unita 8
Giorni di scuola
IDEE A
CONFRONTO
Il professor Crastaing
Daniel Pennac
TESTO: narrativo
DA LEGGERE PER…
Quando si è costretti
ad avere a che fare
con un professore
severo e
insopportabile.
1 scartabellare: scorrere in fretta e disordinatamente dei fogli alla ricerca di qualcosa.
450
Io e la scuola: i professori
Testo 1: Il professor Crastaing
Testo 2: Una prof da ammirare
Spazio al dibattito pag. 458
A scuola, il professor Crastaing semina il terrore fra i suoi allievi, ma non sono
solo i ragazzi ad averne paura…
amo aveva inventato un gioco. Consisteva nel chiudere gli occhi e indovinare se Crastaing, il nostro professore di francese, fosse già arrivato
oppure no. Nove volte su dieci, quando riaprivo gli occhi la cattedra era
vuota, e Kamo intascava una barretta di cioccolato. La decima volta, Crastaing si trovava al suo posto.
«Stava dormendo, ragazzo mio?»
Faceva appena in tempo a chiudere la porta, che già si trovava dietro alla
cattedra, rapido e silenzioso come un’ombra di uccello.
«So ben io come fare a svegliarla!»
Quella voce, in tutto quel silenzio! Forte, metallica, tagliente, una lama che
ci penetrava il cuore.
«D’altra parte…»
La sua cartella si spalancava (senza produrre il minimo rumore metallico,
quasi che le chiusure fossero di velluto) e lui estraeva i nostri compiti per
casa. Non un fruscio.
«Se non mi sbaglio…» Indugiava a scartabellare1 tra il mucchietto di fogli,
come fosse un gioco di carte che non sollevasse un alito di vento.
«Lei non mi ha consegnato il compito. Sbaglio?»
Non si sbagliava mai.
«Due ore! E una chiacchieratina con il suo signor padre.»
Era fatto così, Crastaing. L’avevamo subìto per gli ultimi quattro anni della nostra infanzia: triennio delle elementari e prima media, per un ammontare di sei ore di francese alla settimana. Totale: 984 ore, 59.040 minuti (sì,
cinquantanovemilaquaranta), senza contare le ore di punizione, che teneva a sorvegliare lui stesso. Eccolo là, Crastaing, con la sua testa calva, il
viso pallido, liscio, triangolare, il mento piatto, gli occhi piccoli e lucidi,
e quella sua silenziosa vivacità. E la macchiolina color viola nella tasca dove
faceva scivolare la penna stilografica.
«Fai male a lamentarti,» diceva Kamo, «non incontrerai mai nessun altro
come lui. Neanche nei libri.»
E continuava:
«Hai notato? Non sbatte mai contro niente, non tocca mai nessuno. Forse non apre neppure la porta dell’aula, ci passa attraverso…»
Le ore di punizione, beh, Pope, mio padre, le accettava senza fare troppe
storie.
«Se preferisci passare il sabato a scuola, sono fatti tuoi; e poi immagino che
Kamo ti tenga compagnia, no?»
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Un professore terribile
2 fendette: tagliò.
Ma le “chiacchieratine con il suo signor padre” erano tutta un’altra cosa. Faceva sempre più fatica a sopportarle. Fino al giorno in cui non ce la fece più.
«Come? Un colloquio faccia a faccia con Crastaing? Un’altra volta! Adesso basta!»
Mi ricordo benissimo la scena. Era un giovedì pomeriggio. Aveva sistemato il suo laboratorio in mezzo al soggiorno. Aveva inventato per me una
specie di letto ad ante scorrevoli che venivano fatte scivolare ogni volta che
crescevo di un centimetro. (L’aveva costruito soprattutto per farmi piacere, visto che ero il più piccolo della classe e temevo di restare basso.) Alzò
gli occhi verso di me e il suo cacciavite fendette2 l’aria.
«Non insistere, ti ho detto che questa volta non ci andrò!»
Moune disegnava nel suo solito angolo. Io stavo là in piedi, tra gli utensili sparpagliati.
«Non ci andrò, ti ho detto!»
Da buona mamma, Moune finì per intervenire.
«Forse potrei andarci io al tuo posto?»
Tormentando il mio quaderno come se fosse stato un vecchio berretto, mormorai:
«Impossibile, Moune, Crastaing ha detto: “il suo signor padre”».
A questo punto ci fu un’esplosione.
«Non ci penso neanche. Non ci andrò! Basta! Ti avevo avvertito!»
La porta sbatté e due o tre fogli svolazzarono. Moune ci aveva disegnato
dei vestiti leggeri come farfalle (quello era il suo lavoro, disegnare vestiti)
e noi restammo soli per un istante, Moune e io.
«Un altro tema che non sei riuscito a finire in tempo?»
«Che non ho neppure cominciato.»
«Sei veramente la persona più pigra che conosca…»
«Non ci riesco, Moune, non ho idee.»
Un tema alla settimana. Trentasei temi all’anno. Centoquarantaquattro temi
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Unita 8
Giorni di scuola
in quattro anni. Scrivete il vostro ritratto, Raccontate le vostre vacanze, Una
serata in famiglia, In che cosa siete cambiati da un anno a questa parte? Descrivete il giardino di vostra zia. Non scherzo. Ci ha veramente dato questo tema:
Descrivete il giardino di vostra zia! Io e Kamo abbiamo passato il sabato
seguente in castigo: io avevo un giardino ma nessuna zia, lui una zia senza giardino. Ebbene, con Crastaing, era praticamente impossibile inventare; brandiva il compito sopra la vostra testa e si lamentava: «Questa non
è immaginazione, mio caro, è menzogna!» Una volta su due, aggiungeva:
«Ah, come mi fa pena la sua povera mamma».
E inoltre, possedeva una memoria da elefante:
«Mi dica, queste vacanze che pretenderebbe di aver descritto, non sono forse quelle dell’anno scorso? Ci pensi bene… Pasqua, l’anno addietro, no?
Due ore! E una chiacchieratina con il suo signor padre».
Davvero, si ricordava di tutti i nostri compiti. Correva voce che, a furia di
leggere ciò che scrivevamo, ci conoscesse meglio di noi stessi.
«Ma, ragazzo mio, lei non ha fatto la descrizione di sé in questo compito:
si tratta di una persona a caso! E questa non è la sua famiglia, ma una famiglia qualunque! Menzogne! Menzogne e pigrizia, come sempre! Crede che
i suoi genitori meritino tutto questo?»
“Tutto questo” era la copia del compito che scuoteva come uno straccio
sotto il naso del colpevole.
«No, sua madre non lo merita!»
Kamo mi dava di gomito. Tutta la classe alzava gli occhi verso Crastaing.
Lui faceva scorrere su di noi uno sguardo disperato. Il braccio gli ricadeva lungo il corpo. Il foglio scivolava sotto un banco. Un grosso groppo saliva nella gola del nostro professore, per poi andare a esplodere sopra di noi
in una specie di singulto.
Allora sembrava un bambino. Un bambino terribilmente vecchio.
«E voi, i genitori, non li meritate!»
Non so se a qualcuno di noi sia mai venuta voglia di ridere in quei momenti; a ogni modo, nessuno si arrischiò mai.
Forse era quella pietà, che papà non sopportava.
«Stammi bene a sentire, tu!»
(Molto spesso, papà e mamma si rivolgevano a me usando “tu”. Nei momenti di tenerezza, «Ehi tu, buon giorno», era dolcissimo. Ma nei momenti più
gravi, quel «Stammi bene a sentire, tu!», era alquanto efficace.)
Papà era tornato e mi puntava contro il suo cacciavite. Io rimanevo in
ascolto.
«Mi farò compatire ancora una volta da Crastaing, ma è veramente l’ultima!»
(Ritornava da questi colloqui muto come un fantasma e, nei giorni seguenti, aveva un viso pallidissimo, da convalescente.)
«Dunque, ingegnati come ti pare, ma il prossimo tema lo finirai almeno
tre giorni prima della data di consegna, intesi?»
Questo significava che avevo soltanto quattro giorni a disposizione. Non
avevo scelta. Feci comunque un tentativo:
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