c`eravamo tanto amati

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c`eravamo tanto amati
Anno II - Numero 270 - Sabato 16 novembre 2013
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Economia
Attualità
Esteri
La crisi morde:
chiusure record
Studenti in piazza
senza interlocutori
Il dramma del Tibet
non interessa più
Di Giorgi a pag. 2
CONSIGLIO ALLA MELONI: NON SFASCIATE TUTTO
Colosimo a pag. 3
a pag. 6
CLAMOROSA SCISSIONE NEL PDL: ANGELINO ALFANO LASCIA BERLUSCONI
UMILTA’ PRIMA DOTE
PER ESSERE LEADER
Si lavori per l'unità della destra italiana
di Francesco Storace
i ha molto colpito una
frase che il Secolo
d’Italia di ieri ha attribuito a Giorgia Meloni. Le
hanno chiesto delle “polemiche con Storace” - veramente era successo che all’appello all’unità rivolto dal
movimento per Alleanza nazionale si è fatto replicare a
suon di insulti da parte di un
deputato molto noto in ambienti giudiziari, Edmondo
Cirielli - e lei ha risposto che
ne parlerà domenica, alle
manifestazione che Fratelli
d’Italia terrà a Roma.
Evidentemente ha bisogno
di riflettere, a dispetto di una
tempistica giovanilistica che
dovrebbe essere tipica alla
sua bella età.
Io, che notoriamente non
sono riflessivo, non ho problemi a dire come sempre
qual è il mio pensiero: trovo
incomprensibile l’atteggiamento di Giorgia Meloni e
di Fratelli d’Italia nei nostri
e segnatamente nei miei confronti. A volte, sembra che
tra i loro sostenitori - approfittando che a tarda età ho
scoperto la rete e rispondo
senza staff e senza vaff a tutti
- sia stata messa in palio la
miglior postazione nel Porcellum per insultarmi.
La questione si fa seria quando ad insultare in maniera
ignominiosa è uno dei nove
deputati eletti alle politiche,
Cirielli, e si dà rilevanza alle
sue contumelie pubblicandole sul sito ufficiale del loro
partito. Quando costui pretende di dare lezioni di etica
politica, fa indignare.
Sostenere che ho ripudiato
An è una vergogna. Me ne
andai denunciando la deriva
centrista del partito, già involato verso il Partito popolare europeo e in direzione
del partito unico che di lì a
poco sarebbe stato formato
da Berlusconi e Fini con l’assenso di tutti quelli che seguirono proprio Fini, che poi
mollarono.
Ma Cirielli, che è molto piu
furbo che intelligente, ha
semplicemente seguito un
andazzo che ormai è diventato una pratica. Del resto,
questa volta ha avuto bisogno
della difesa di Rampelli e
non dell’avvocato per ripetere la stessa filastrocca su
chi denunciò la deriva di An,
anziché restarci dentro. E se
criticano chi se ne andò, sem-
M
bra che per loro meriti più
rispetto chi sciolse quel partito alla vergognosa...
Pare quasi che si debba in
realtà trovare a tutti i costi la
strada per impedire che si
affermi un percorso unitario
a destra. Ecco la domanda a
cui si deve rispondere: perché alimentare ancora divisioni? A che e a chi serve?
In molti mi hanno chiesto,
sia in pubblico che in privato,
perché non ho incarichi - sia
pure di natura provvisoria
perché varranno fino alla Costituente che convocheremo
- al vertice del movimento
per Alleanza nazionale.
La risposta è semplice: non
voglio rappresentare un ostacolo per l’unità della destra
italiana, visto che c’è chi non
fa altro che rinfocolare polemiche nei miei confronti.
Ma non capisco il rifiuto del
dialogo. Non si può stare
mesi senza nemmeno parlarsi. Ieri ho chiamato un
esponente del Nord di Fratelli d’Italia perché non ricordavo la data della loro festa di Milano, a cui partecipai
volentieri. Risposta testuale:
“Ma come, non ti ricordi il
dibattito con la Giorgina di
metà giugno?”. Ecco, da allora nemmeno una parola.
E’ evidente che non si vuole
costruire la destra. Almeno
con noi. O con alcuni di noi...
Eppure, stimo da tempo questa giovane leader. Deve essere uno di quegli amori
non corrisposti. Ricordo
come fosse oggi quando
dissi a Fini, nel 2006, che
aveva fatto bene a volerla
al vertice della Camera, con
la rabbia di tanti “colonnelli”, pur se appena nominata
deputata con la nuova legge
elettorale. Oggettivamente,
le va riconosciuto di essere
stata grata a quel leader
aderendo con entusiasmo
al Pdl, venendone poi lealmente ricambiata col ministero durato quattro anni.
Alla Meloni e ai suoi appassionati sostenitori, mi permetto io di dare un consiglio,
anche se sgradito: non sfasciate tutto. La destra italiana
deve invece saper suscitare
passioni. Con i risentimenti
non si va da nessuna parte.
Noi aspettiamo ancora, almeno fino al 9 dicembre,
con la pazienza che merita
il sogno di tanti italiani. Si
aspiri alla leadership. Ma
con umiltà e nessuno se ne
avrà a male.
C’ERAVAMO TANTO AMATI
di Igor Traboni
o strappo si è consumato nella
tarda serata di ieri: Angelino Alfano ha lasciato Berlusconi e il
Pdl e ha dato vita ai gruppi autonomi del “nuovo centrodestra”.
Il capogruppo al Senato Schifani si è immediatamente dimesso. Subito dopo è iniziata una lunga notte (e dei… lunghi coltelli?),
in vista del consiglio nazionale di questa
mattina. Una riunione – che Sky Tg 24 seguirà in diretta, con il commento di Francesco Storace. Berlusconi, ieri pomeriggio
non era andato tanto per il sottile: "Chi non
si riconosce più nei valori del nostro movimento è libero di andarsene – ha detto il
L
Cavaliere - ma chi ancora ci crede ha il
dovere di restare e combattere perché
questi valori trionfino finalmente nel nostro
Paese. Ora più che mai - osserva - in
questo momento buio per l'economia e
per la giustizia, tutti insieme dobbiamo
difendere la nostra libertà, dobbiamo batterci con Forza Italia, perché siamo convinti
che la difesa della libertà è la missione
più alta, più nobile e più entusiasmante
che ci sia. Ripeterò ancora una volta le
ragioni per cui è indispensabile restare
uniti e lottare insieme, noi moderati per
unire i moderati. Dopo aver parlato e
ascoltato decideremo insieme il nostro
futuro. Ognuno, dopo aver parlato ed
ascoltato, sarà libero di fare le sue scelte.
Ricordandosi della responsabilità che il
voto di milioni di persone ci ha affidato e
che a loro e solo a loro ognuno di noi è
chiamato a rispondere del proprio operato.
Non cambierò io e non cambierà Forza
Italia. Dopo lo spettacolo che la nostra
classe dirigente ha offerto in queste ultimi
giorni, perché un padre di famiglia, una
donna, un giovane dovrebbe raccogliere
questo appello. Perché i moderati italiani
dovrebbero unirsi a noi, quando fossimo
noi i primi a dividerci".
Ieri sera si è tenuto l’ennesimo vertice a
palazzo Grazioli tra Silvio Berlusconi, Angelino Alfano e Maurizio Lupi. Ennesimo
tentativo di trovare una mediazione che
però non è riuscito.
IL MINISTRO PROVA DI NUOVO A DIFENDERSI, MA NON CONVINCE
BUFERA SU NICHI
La Cancellieri non molla
Il Pd non sa ancora se mollarla
Vendola ride
di chi sta male
ancellieri 1 e 2. Anche se la figuraccia
resta la stessa: prima si difende alle Camere, ma le successive
intercettazioni telefoniche
con i Ligresti la smentiscono, adesso scrive una
‘lettera aperta’ ancora
per cercare di seppellire
la verità, ma arriva alle
soglie delle dimissioni
richieste soprattutto dalla
sua parte politica.
"Non ho mai mentito né
al Parlamento né ai pm",
scrive dunque il ministro
della Giustizia Cancellieri si appresta a diramare sul caso Ligresti. Dimissioni? La signora
ministro non ne fa neppure un
timido accenno, mentre nel Pd –
tra le varie anime dl partito in
corsa verso la segreteria - si scatena la bagarre attorno alla vicenda. Gianni Cuperlo, ad esem-
C
pio, chiama in causa direttamente
il premier Letta (fin qui abbottonatissimo sul caso ) perché “verifichi se ci sono ancora le condizioni per andare avanti con serenità nel suo ruolo di guardasigilli”. Più possibilista sulle dimissioni (mercoledì prossimo
verrà discussa la mozione di sfi-
ducia presentata dai
grillini) è Matteo Renzi.
Ma fin qui nulla di deciso: pilatescamente,
il Pd ne discuterà solo
nell’imminenza del
voto. E chissà se almeno allora sarà diradata tutta la nebbia,
così espressa dal responsabile giustizia del
partito, Danilo Leva:
''Noi siamo al governo,
non possiamo arrivare
a votare una mozione
di sfiducia delle opposizioni, anche perche'
questo implicherebbe l'interferenza del ministro per la scarcerazione della Ligresti che noi non
vediamo. Le dimissioni non si
chiedono ma si danno, è un gesto
che appartiene alla sensibilità
istituzionale di tutti noi". Insomma,
sotto sotto il Pd nelle dimissioni
della signora un po’ ci spera.
entre a Taranto centinaia di persone continuano a morire di tumore per i fumi provocati dall’Ilva, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola,
se la rideva al telefono col
braccio destro del patron dell’acciaio. Il tutto emerge da
un’intercettazione pubblicata
dal Fatto Quotidiano. Nichi
Vendola è già tra i 53 indagati
dalla Procura di Taranto per
l’inchiesta “Ambiente Svenduto”. A chiedere le dimissioni
di Vendola, anche il portavoce
del Movimento er An, Adriana
Poli Bortone.
Musumeci a pagina 3
M
2
Sabato 16 novembre 2013
Attualità
N E L P R I M O T R I M E S T R E 2 0 1 3 , D AT O I N C R E S C I TA I N T U T TA L A P E N I S O L A
Boom dei fallimenti: chiuse quasi 10 mila aziende
Tra le cause principali, la crisi economica e la nuova politica fiscale
di Cristina Di Giorgi
Q
uando si dice “costante tendenza
in ascesa” in teoria sembrerebbe
ci si stia riferendo a qualcosa di
positivo. Sembrerebbe. Perché
di positivo, nel boom dei fallimenti che si
sta verificando in Italia, c’è purtroppo
solo il nuovo record recentemente riscontrato: nei primi nove mesi del 2013
sono stati infatti quasi 10 mila (12% in più
rispetto allo stesso periodo del 2012).
E’ quanto si apprende dai dati diffusi in
questi giorni dalla Cerved, società specializzata nell’analisi delle imprese e nella
valutazione del rischio di credito. Secondo
la quale, come se non bastasse, i fallimenti
sono oggi giunti al livello massimo os-
servato da più di un decennio. Senza distinzione tra le tipologie giuridiche di attività (+12% società di capitale, +10%
società di persone e +11% altre forme) e
tra i settori produttivi. In quest’ultimo ambito, la caduta maggiore l’hanno subita
le industrie dei servizi, seguite a ruota
dal manifatturiero. Non fanno eccezione
le costruzioni (+9,7% di default).
Analizzando dal punto di vista geografico
i risultati del rapporto fornito dalla Cerved,
si nota che la tendenza è ovunque diffusa:
al Nord la Lombardia registra un +13%
di fallimenti, seguita da Emilia Romagna
e Veneto, entrambe a +19%. Nel Lazio il
dato è attestato sul 15 per cento, e anche
al sud la situazione non è per niente
rosea. Nel terzo trimestre 2013 inoltre,
hanno avviato procedure di liquidazione
IL MOVIMENTO SI STA COSTITUENDO OVUNQUE
A tutta An… anche a Merano
A
nche a Merano è in moto la macchina organizzativa per la costituzione dei comitati promotori
del “Movimento per l’Alleanza Nazionale”.
“Si tratta di un movimento che partirà dalla gente con
l’intento di restituire a milioni di italiani un simbolo che
rappresenta i contenuti – archiviati da tempo - di una
destra forte, intransigente, europeista e sociale”. Così
Mauro Minniti, promotore dei comitati di An in provincia
di Bolzano, dà le linee guida del movimento.
“Il progetto di restituire una destra unita – chiarisce
ancora l’ex consigliere provinciale de La Destra - deve
partire dal cittadino che ha voglia di riscatto e di impegnarsi attivamente ma anche il desiderio di mettersi in
gioco in prima persona per riprendersi le sue rivincite
nei confronti di una politica dalla quale si sente tradito.
La si smetta di “delegare” ad altri se si è insofferenti –
fa notare Minniti - ognuno può metterci la faccia, l’intelligenza e la capacità di contribuire all’aspirato cambiamento”.
Ecco i paletti della nuova An: non ci sono capi – spiega
Minniti - ma persone “in movimento” che hanno l’ambizione di camminare nella stessa direzione per restituire
al Paese ed agli italiani una forza politica unica ed unita
dove la sovranità nazionale nei confronti dell’Europa e
quella popolare all’indirizzo dello Stato (ma anche della
Provincia Autonoma di Bolzano) tornino ad avere il loro
ruolo essenziale. Non solo. Il Paese ha bisogno di una
forza di destra che sappia restituire agli italiani il diritto
di accedere prima degli stranieri ai servizi sociali, asili
nido e case popolari.
Intanto nelle prossime settimane anche a Merano
verrà organizzata un’assemblea popolare per presentare il nuovo soggetto politico che “sarà composto
anzitutto da militanti e attivisti che – conclude Minniti
– ridaranno un partito di raccolta agli italiani anche in
Alto Adige”.
volontaria circa 14mila aziende senza
precedenti procedure concorsuali in atto
(+5,3% in più rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente).
Questo trend, se di certo trova le sue
cause fondamentali nella generale e
diffusa situazione di crisi economica che
ormai da tempo tormenta non solo l’Italia,
è però anche favorito dalla recente riforma
della normativa fiscale nostrana, che secondo alcuni osservatori favorisce gli imprenditori che dichiarano fallimento per
non pagare i creditori. Un’altra indicazione,
questa, sull’importanza di mettere finalmente in cantiere una politica economica
e di rinnovamento legislativo in grado di
favorire la ripresa. Ammesso che il governo in carica sia in grado di programmarne una realmente efficace.
“VAFFA DAY”, NON CI SONO SOLDI PER L’ADUNATA. LA TRASFERTA IN LIGURIA NON CONVINCE NESSUNO
Grillo al capolinea: i “suoi” lo mettono alla porta
La cassa piange e dai Parlamentari nessun aiuto economico. Il Movimento è al capolinea
di Federico Colosimo
Per impedirci di andare al Governo dovranno mandare i carri armati”. E’ il 22
ottobre 2013, ad aizzare la folla sul blog,
Beppe Grillo. Che non risparmia il solito
attacco al Presidente della Repubblica Napolitano e lancia il terzo V-day (Vaffa day).
“Sarà un successo”, continua senza freni il
“
Guru. Tant’è, il giorno del verdetto, previsto
per il 1° dicembre a Genova – città natale
dell’ex comico genovese – sta per arrivare. E
per il leader del Movimento a 5 stelle non ci
sono buone notizie. Tutt’altro. A Roma, la
trasferta in Liguria non è gradita a molti.
L’entusiasmo appare così ai minimi termini
che si prospetta una defezione di massa. I
membri del partito – non partito – sono
delusi, stanchi. Quell’armonia che si respirava
solo 9 mesi fa è già finita. E a quanto pare
anche i soldi sono pochi. A lanciare l’allarme,
la senatrice Cristina De Pietro: “Le casse del
meet-up di Genova sono vuote e al V-day
mancano solo quindici giorni. Dobbiamo trovare una soluzione”.
Tempi duri per il Guru. L’adunata ligure è alle
porte, i sostenitori sono sempre meno e
adesso mancano pure i quattrini. Per tutti
questi motivi, dall’unico e inimitabile blog –
che continua a perdere consensi e visite –
Grillo ha chiesto una mano agli attivisti “per
la solita donazione volontaria”. La raccolta?
Irrisoria. E allora il leader di M5s ha chiesto
aiuto anche a deputati e senatori. E così è
partita la colletta pure in Parlamento. I
risultati? Vergognosi. Braccia corte, quelle
dei politici – pardon cittadini – pentastellati.
L’ex comico è imbufalito e con lui il suo alter
ego, Casaleggio. L’operazione “rilancio in Liguria” non convince proprio nessuno. Siamo
arrivati alla fine della corsa. Nella maniera
peggiore, con il Movimento a 5 stelle che
continua a perdere terreno nei sondaggi e
con il suo mentore, Grillo, che adesso se la
prende anche con gli elettori italiani. Quelli
che avevano creduto in lui alle politiche e
che, alla fine, hanno scoperto di aver letteralmente buttato il voto al vento. “Il nostro –
la stoccata del Guru – è un popolo che ha la
memoria corta ed è destinato a ripetere gli
errori commessi nel passato”.
BRUXELLES LIQUIDA L’ITALIA ANCHE SULLA FLESSIBILITÀ DEGLI INVESTIMENTI: “DEBITO TROPPO ALTO”
Perfino l’Europa boccia la legge di stabilità
di Giorgio Musumeci
a una parte c’è una legge di
stabilità che non piace a nessuno, dall’altro c’è un’Europa
che non perde occasione per dimostrare di essere la maestra bacchettona alla quale i Paesi più problematici devono sottostare. In
mezzo, sempre loro, gli italiani.
Mentre la disoccupazione vola alle
stelle e sempre più famiglie si trovano sulla soglia della povertà,
ecco che la Commissione europea
si fa quattro calcoli e boccia sonoramente la manovra finanziaria
promossa dal governo Letta. Il motivo è uno solo: la legge, così com’è
D
proposta, non consentirà all’Italia
di rispettare l’obiettivo per la riduzione del debito nel prossimo
anno. In particolare, da Bruxelles
fanno sapere che “la Legge di Stabilità dimostra progressi limitati
per quanto riguarda la parte strutturale delle raccomandazioni fiscali emanate dal Consiglio nell’ambito del semestre europeo”.
Due binari paralleli, dunque. Uno,
quello dell’economia reale, sul
quale viaggiano lavoratori e piccole e medie imprese. L’altro, quello delle statistiche e delle analisi,
sul quale viaggiano un governo
incapace di dare disposte forti e
rimettere in moto l’economia e un
Europa assente quando dovrebbe
aiutare (vedi Lampedusa), e presente quando deve pugnalare. Non
solo. La Commissione ha sbattuto
la porta in faccia al nostro Paese
anche per ciò che riguarda il cosiddetto bonus Ue, che prevede
maggiore flessibilità sugli investimenti. Niet: “L’Italia non ha accesso alla clausola per gli investimenti perché il debito non si è
evoluto in modo favorevole”. Non
si fa attendere la replica del ministero del Tesoro, secondo il quale
la Commissione Ue “non tiene
conto di importanti provvedimenti
annunciati dal governo, anche se
non formalmente inseriti nella leg-
ge di Stabilità, e già in fase di attuazione”. Per Fabrizio Saccomanni, dunque, nessuna bocciatura,
poiché “i rischi segnalati sono già
considerati e sono state già messe
in campo misure per contrastare
eventuali rischi su disavanzo e
debito 2014”. Da via xx settembre
precisano “che la crescita del debito in rapporto al pil è la risultante della recessione che si è
protratta fino al 2013 e del pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni (quasi 50 miliardi di euro in 12 mesi
tra il 2013 e il 2014), operazione
concordata con la Commissione
europea”.
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Sabato 16 novembre 2013
Attualità
INTERCETTAZIONE CHOC RIVELATA DAL FATTO QUOTIDIANO SUL GOVERNATORE PUGLIESE E L’EX PR DELL’ILVA
Le risate di Vendola, tra morti e concussione
“Fai sapere a Riva che il presidente non si è defilato”. E a Taranto continuano a morire di tumore
di Giorgio Musumeci
ABRUZZO/CONCUSSIONE
entre a Taranto centinaia
di persone continuano a
morire di tumore per i
fumi provocati dall’Ilva, il
presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, nel 2009 se la rideva
per “quindici minuti” insieme al suo
capo di gabinetto. Motivo di cotanta
gioia per il governatore pugliese,
era nientemeno che un video di una
conferenza stampa nella quale un
giornalista del Fatto Quotidiano chiedeva al patron dell’Ilva, Emilio Riva,
spiegazioni proprio sui tanti malati
e morti per tumore nei quartieri limitrofi allo stabilimento della lavorazione dell’acciaio. In quell’occasione, a salvare l’imprenditore
83enne dalle domande “scomode”
del cronista, ci pensò Girolamo Archinà, addetto alle relazioni istituzionali di Riva. A onor del vero, il
gesto col quale Archinà si precipita
sull’intervistatore togliendogli di
forza il microfono dalle mani, di istituzionale ha ben poco. Tuttavia, a
sentire lo stesso Nichi Vendola nella
sconcertante intercettazione pubblicata ieri sul sito de Il Fatto Quotidiano, quel movimento che il governatore ha definito “scatto felino”,
lo ha molto divertito. Ha riso tanto,
al punto di non poter rinunciare a
L’assessore
De Fanis
si è dimesso
M
assessore alla Cultura della
Regione Abruzzo, Luigi De
Fanis (Pdl), si e' dimesso
ufficialmente ieri mattina con una
nota scritta e firmata di suo pugno
inviata al presidente Gianni Chiodi.
De Fanis si trova dal 12 novembre
scorso agli arresti domiciliari nella
sua casa di Montazzoli con le accuse di concussione, peculato e
truffa aggravata. I reati si riferiscono, a vario titolo, all'elargizione
di fondi per manifestazioni culturali
e, in particolare, all'erogazione
di contributi regionali destinati
agli eventi celebrativi dell'anniversario dei 150 anni della nascita
di Gabriele d'Annunzio. Le dimissioni sono state annunciate
informalmente ieri sera intorno
alle 22 al responsabile dell'ufficio
legale della Giunta regionale, Enrico Mazzarelli, come conferma
all'AGI il legale di De Fanis, Domenico Frattura.
L’
chiamare Archinà per complimentarsi di persona. In quasi 4 minuti di
cordiale telefonata pubblicata integralmente, il leader di Sinistra Ecologia e Libertà e il braccio destro di
Riva, come due vecchi amici se la
ridono rimembrando quanto accaduto alla conferenza stampa. Un
giornalista “con la faccia di provocatore” come lo definisce Vendola,
che si permette di chiedere spiegazioni al capo dell’Ilva sui tanti tumori registrati a Taranto. Il governatore pugliese approfitta della telefonata anche per far sapere a Riva
che “il presidente non si è defilato”.
“Ognuno fa la sua parte –avverte
Vendola- e aldilà dei procedimenti
giudiziari, l’Ilva è una realtà produttiva
alla quale non possiamo rinunciare”.
Oggi Nichi Vendola è tra i 53 indagati
dell’inchiesta “Ambiente svenduto”.
Proprio lui, il cui partito ha nel nome
proprio l’Ecologia, è finito sotto inchiesta della procura di Taranto per
aver fatto pressioni sul direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, perché ammorbidisse il
suo atteggiamento nei confronti dell’Ilva. Concussione. L’altro protagonista della chiacchierata, Girolamo
Archinà, è, invece, finito in carcere
il 27 novembre 2012. Le ipotesi di
reato dalle quali dovrà difendersi
insieme a Emilio, Fabio e Nicola
Riva, e all’ex direttore della fabbrica
Luigi Capogrosso, sono associazione
a delinquere finalizzata al disastro
ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa
di cautele sui luoghi di lavoro. Archinà
è accusato anche di corruzione in
atti giudiziari per aver versato una
tangente di diecimila euro a Lorenzo
Liberti, ex consulente della procura,
incaricato di svolgere una perizia
sulle emissioni nocive dello stabilimento siderurgico. Così, mentre il
popolo di Taranto chiedeva risposte
al disastro ambientale che stava accadendo, cronisti locali e alcune testate giornalistiche venivano puntualmente pagate da Archinà purché
stessero in silenzio. E se qualcuno
provava a porre la questione sul
perché tanti malati, la risposta era
sempre la stessa, lapidaria, sconvolgente: “L’Ilva non c’entra nulla. È
tutto riconducibile al tenore di vita
dei tarantini”.
MANIFESTAZIONI A DIFESA DEL DIRITTO ALLO STUDIO. BLITZ AL MINISTERO PER L’ISTRUZIONE
La Carrozza è assente ingiustificata
La Ministra, in Cina per un forum sull’Innovazione, è circondata. Gli studenti chiedono le dimissioni
di Federico Colosimo
Change the way – Invertiamo la marcia”, è il grido di
studenti e liceali per difendere l’istruzione pubblica. Di migliaia di ragazzi che ieri, in occasione della giornata internazionale per il diritto allo studio, sono tornati in piazza a far
sentire la loro voce. “Resistiamo, la pioggia non ci ferma”, il coro
unanime. Per protestare contro la legge di stabilità in discussione
“
in Parlamento e il nuovo sistema del turnover, accusato di penalizzare soprattutto gli atenei del Sud.
La giornata di mobilitazione è iniziata all’alba con un vero e
proprio blitz al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca. Gli studenti hanno srotolato striscioni davanti all’entrata
principale di Viale Trastevere (Roma), ed hanno stampato e
diffuso in tutta la Capitale una lista di 10 domande rivolte al
ministro Maria Chiara Carrozza. La scienziata – in tutti i sensi – e
politica del Partito Democratico, è risultata però assente ingiustificata. Ha scelto la strada più corta e più facile, la titolare del
dicastero dell’Istruzione. E si è “rifugiata” in Cina – Paese lontano
anni luce sia per cultura che per punti di vista dall’Italia – per
l’inaugurazione del Quarto Forum sull’Innovazione. “Il meeting
– ha spiegato l’ufficio stampa del Miur – avrà una serie di
incontri istituzionali a Pechino, Tianjin e Shanghai, sia con le
autorità cinesi che con le molte realtà italiane operanti nel
Paese”. Ma come è possibile? La ministra non riesce a fronteggiare
le nostre di realtà e preferisce però disquisire di quelle degli
italiani all’estero? Un bel modo di svolgere il suo lavoro.
Il viaggio della Carrozza durerà solo pochi giorni. Dopo, non
avrà più scuse. Dovrà dare risposte, spiegazioni, a centinaia di
migliaia di studenti che attendono chiarimenti e cambiamenti
da ormai troppi anni. Dieci, per l’appunto, i quesiti posti dall’Unione
degli Universitari (Udu). I temi?
Il diritto allo studio, la riforma dei cicli, le bocciature, una riforma del sistema di rappresentanza degli studenti che dia maggiore spazio ai ragazzi. E
ancora: le tasse universitarie, ormai insostenibili, e il futuro dei
giovani, sempre più a rischio.
La mobilitazione di massa di ieri è stata l’ennesima occasione
persa, mancata, dal ministro Carrozza. Per rivedere alcune decisioni, posizioni. Per cercare di trovare un punto di incontro che
possa accontentare tutti. Niente da fare. E adesso c’è chi alza la
voce e ne chiede le dimissioni immediate. Ma Letta non muove
un dito e continua, imperterrito, a rifugiarsi nel silenzio.
IN MIGLIAIA CONTRO LA POLITICA DEL GOVERNO LETTA. DISORDINI A TORINO, ROMA, NAPOLI E PALERMO
Cortei di studenti, tensioni in tutta Italia
M
igliaia di studenti sono
scesi in piazza, ieri
mattina, per protestare
contro le politiche di austerity
adottate dal governo Letta. Da
Milano a Palermo, nelle principali città italiane le forze
dell’ordine sono state impegnate a contenere i cortei di
studenti intenzionati a raggiungere i palazzi delle istituzioni.
A Roma si sono vissuti momenti
di tensione a causa di un centinaio di studenti che hanno
tentato di sfondare il cordone
della polizia per raggiungere
il Campidoglio. Tafferugli an-
che a Palermo, davanti la sede
del parlamento regionale. Centinaia di ragazzi, con addosso
la maschera di V per vendetta,
hanno sfilato bloccando le vie
del centro storico. Chiedono
libri di testo a costo zero, una
manutenzione straordinaria degli edifici scolastici e trasporti
gratuiti. Una grande affluenza
è stata registrata anche nella
manifestazione di Napoli, dove
alcuni ragazzi presenti al corteo hanno fatto esplodere una
serie di grossi petardi nelle
vicinanze del cordone degli
agenti. Ad alimentare la ten-
sione è stato il lancio di oggetti
in prossimità dell'assessorato
all'Ambiente. Nel tentativo di
contenere il disordine, la polizia ha lanciato fumogeni e
dato vita a cariche di alleggerimento, durante le quali due
poliziotti hanno riportato contusioni. A Pisa, 300 studenti vicini alla sinistra antagonista
hanno occupato il palazzo della
provincia. Anche a Torino, in
corso Galileo Ferraris, un gruppo di giovani armati di bastone
ha tentato di forzare gli sbarramenti della polizia.
G.M.
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Sabato 16 novembre 2013
Storia
Lucido, aperto, innovativo, tenace, precursore dei tempi, è l’autore del documento di riforma dell’Educazione
La Carta della Scuola di Bottai / 4
Il Fascismo, “investimento passionale e folle” sia vissuto “non solo muscolarmente ma anche intellettualmente”
di Emma Moriconi
ntuito, preparazione,
intellettualismo, cultura: sono questi i caratteri essenziali e immensi del personaggio Giuseppe Bottai. Ritenendo di dare piena ragione
a chi viveva il Fascismo “non
solo muscolarmente ma anche intellettualmente”, è convinto assertore che tra il Fascismo e gli italiani serva un
“investimento totale, orgiastico e lirico, passionale e
folle, di tutta la vita, oltre tutte
le categorie, oltre tutti i limiti,
oltre tutte le regolamentazioni
e le casistiche”.
E infatti questo pensiero Bottai lo rende concreto, permeando con la sua opera
ogni ambito, dal lavoro alla
scuola, dal giornalismo alla
letteratura.
Ancora a proposito del suo
operato nella scuola, ecco
cosa pensa Bottai del sistema
in vigore prima della sua
Carta: “Per essere ‘serio’
l’esame non ha nessun bisogno di essere ‘drammatico’. Sdrammatizziamoli dunque,
questi esami, facciamone delle conversazioni, che ci servano a ‘capire
il giovane’: ‘tutto il giovane’… ”.
Ecco il pensiero del fascista Bottai.
È lucido, aperto, non accademico e
I
anzi estremamente aperto alle nuove
generazioni, determinato certamente ma “libero”.
Ma ancora, Bottai interviene anche
sulle scuole private fondando l’Enim,
una struttura di controllo su di esse.
Ecco alcuni passaggi - non esaustivi
ma sicuramente indicativi - della
famosa Carta della Scuola:
“Nell’unità morale, politica ed economica della Nazione italiana, che
si realizza integralmente nello Stato
fascista, la Scuola, fondamento primo di solidarietà di tutte le forze
sociali, dalla famiglia alla
Corporazione, al Partito,
forma la coscienza umana e politica delle nuove
generazioni”.
“L’accesso agli studi e il
loro proseguimento sono
regolati esclusivamente
dal criterio delle capacità
e attitudini dimostrate. I
collegi di Stato garantiscono la continuazione
degli studi ai giovani capaci, ma non abbienti”.
“Il lavoro, che sotto tutte
le sue forme intellettuali,
tecniche e manuali, è tutelato dallo Stato come
un dovere sociale, si associa allo studio e all'addestramento sportivo nella formazione del carattere e dell'intelligenza.
Dalla Scuola elementare
alle altre di ogni ordine
e grado, il lavoro ha la
sua parte nei programmi.
Speciali turni di lavoro,
regolati e diretti dalle Autorità scolastiche, nelle
botteghe, nelle officine, nei campi,
sul mare, educano la coscienza sociale e produttiva propria dell'ordine
corporativo”.
“Scuola e famiglia, naturalmente solidali, collaborano, in intimo e con-
tinuo rapporto, ai fini dell'educazione
e dell’orientamento degli alunni.
Genitori e parenti partecipano alla
vita della Scuola e vi apprendono
quella comunione di intenti e di
metodi, che sorregge le forze dell'infanzia e dell’adolescenza sulle
vie della religione dei padri e dei
destini d’Italia”.
“La preparazione degli insegnanti
è oggetto di cure e provvidenze
particolari. Vocazione, dottrina e
chiarezza, onde il sapere si forma
e tramanda, si consolidano e si affinano in centri didattici sperimentali,
in laboratori e musei scolastici, in
istituti di metodo annessi alle principali università, in corsi di tirocinio
nell'esercizio dell’assistentato. I concorsi a cattedre d'insegnamento si
distinguono secondo i tipi di scuola,
le discipline, le sedi. Il loro ritmo e
svolgimento assicura all’insegnamento specifica preparazione e continuità”.
L’attività, il pensiero, l’opera di Bottai
sono talmente dirompenti che è
davvero impossibile fornirne un
quadro esaustivo in poche righe.
Di pubblicazioni, testi, articoli, volumi
relativi a questo personaggio si trova
in commercio di tutto, a volte con
toni critici, più spesso con analisi
più intellettualmente oneste. Forse
Giuseppe Bottai è il “fascista” meno
additato fra i tanti personaggi del
Ventennio. Del resto, viceversa significherebbe negare l’evidenza.
(… continua …)
5
Sabato 16 novembre 2013
Storia
IL 16 NOVEMBRE 1961 GIUNGEVA LA NOTIZIA DELL’ASSASSINIO E DELLO SCEMPIO DEI CADAVERI DEGLI AVIATORI A KINDU
Quel massacro di tredici italiani nel Congo Belga
“Per una causa che non li riguardava affatto, e che non riguardava la loro Patria,
abbiamo mandato a morire i nostri fratelli in quel paese di barbarie e di orrori”
Il triste momento del rientro delle salme in Italia e, nel riquadro, la prima pagina de La Nazione
di Emma Moriconi
n Italia, il 16 novembre 1961,
arriva la notizia che tredici connazionali sono stati massacrati
a Kindu. Le notizie sono frammentarie, le prime che giungono
raccontano che si è fatto scempio dei
loro corpi, poi gettati nel fiume. “Trucidati dalla soldataglia del comunista Gizenga” scrive il Corriere della Sera
del giorno successivo. Le cronache di
quel giorno fanno rabbrividire. Continua
il Corriere: “per una causa che non li
riguardava affatto, e che non riguardava
la loro Patria, per una politica che è
stata dal principio alla fine insensata –
la politica delle Nazioni Unite al Congo
– abbiamo mandato a morire tredici
nostri fratelli in quel Paese di barbarie
e di orrori”.
In seguito si scoprirà che i loro resti
sono stati sepolti in due fosse comuni.
Un ufficiale congolese ha avuto pietà
di quello strazio. Quattro mesi i dopo i
corpi vengono riesumati ed identificati
dai loro stessi colleghi.
Le salme arrivano in Patria solo l’11
marzo del 1962. Dopo le esequie, vengono tumulate nel Sacrario dei caduti
di Kindu, all’esterno dell’aeroporto militare di Pisa. Il Sacrario è stato realizzato
grazie ad una sottoscrizione pubblica.
A perenne ricordo, una stele all’ingresso
recita “Fraternità ha nome questo Tempio che gli italiani hanno edificato alla
memoria dei tredici aviatori caduti in
una missione di pace, nell'eccidio di
Kindu, Congo 1961. Qui per sempre
tornati dinnanzi al chiaro cielo d'Italia,
con eterna voce, al mondo intero ammoniscono. Fraternità”.
I
Ma facciamo un passo indietro: nel
Congo Belga, nel giugno del 1960,
viene proclamata l’indipendenza. Il processo di decolonizzazione è travagliato,
l’odio nei confronti dei bianchi è generalizzato e profondo, il Paese non è
abbastanza maturo per gestire l’indipendenza conquistata. Così a metà luglio il governo congolese chiede aiuto
all’ONU “per sedare la rivolta che dilaga
in tutte le regioni”, come titola La Stampa
del 12 luglio 1960.
Quando i tredici italiani vengono massacrati, in quel novembre del ’61, non
è la prima volta che si verificano episodi
di intolleranza razziale e culturale. Nel
sommario al pezzo di apertura dello
stesso quotidiano torinese si legge
“continuano le violenze contro i bianchi
dopo l’uccisione di sei europei tra cui
un diplomatico italiano – centinaia di
donne aggredite dai militari che terrorizzano le città”. La Stampa parla di
“indipendenza prematura”, mentre La
Notte titola “i negri impazziti tagliano
la gola agli uomini bianchi”.
In quel novembre sono “tredici giovani
italiani, tredici figli di madri italiane” ad
essere “trucidati”, come scrive ancora il
Corriere, riassumendo in poche parole
lo stato delle cose: “la grande questione,
per cui da diciotto mesi si versa tanto
sangue e si profonde tanto denaro, è se
il Congo debba essere uno Stato unitario
o uno Stato federale: il Katanga dovrebbe
diventare un membro della futura federazione. Questo è tutto. Ora, di questo al
pubblico occidentale non importa proprio
niente. E neppure dovrebbe importare
all’Organizzazione delle Nazioni Unite:
nessun articolo della Carta delle Nazioni
Unite, nessun principio di diritto inter-
nazionale prescrive che il Congo debba
essere uno Stato unitario. Il Katanga non
vuole aderire allo Stato unitario di Lumumba? E non aderisca. È affare loro,
dei congolesi, se lo sbrighino i congolesi
tra loro”.
E invece l’Italia, in Congo, ci manda i
suoi figli. È accaduto in Afghanistan, è
accaduto a Nassirya. È la storia che si
ripete. Soldati italiani che muoiono, soli,
lontani, in una “guerra di pace” che
non gli appartiene, che non ci appartiene. È sangue italiano versato in terra
straniera, sono corpi di italiani oltraggiati
in un luogo ostile.
A quanto si apprende sui quotidiani
dell’epoca, sembra che i soldati congolesi, appartenenti a reparti ammutinati, avrebbero scambiato gli aviatori
italiani per “mercenari” paracadutisti
belgi che si diceva stessero per arrivare
in Congo per tentare un colpo di mano
militare. Testimoni oculari della tragica
vicenda raccontano che i tredici italiani,
aggrediti in sala mensa e percossi, sono
stati poi portati via a bordo di un camion,
alcuni privi di sensi. In piazza, poi, sono
stati fucilati, i loro corpi sono stati straziati, smembrati con assurda ferocia.
La notizia si diffonde in Italia nella notte
tra il 16 e il 17 novembre, diffondendo
nella popolazione – dice sempre il Corriere – “un senso di sgomento e raccapriccio”. È lo stesso quotidiano a riportare le parole di Fanfani: “la segreteria generale delle Nazioni Unite e il
primo ministro congolese, nell’inviare
l’espressione del loro vivo cordoglio
hanno assicurato che ogni sforzo sarà
compiuto perché i responsabili dell’efferato crimine siano esemplarmente
puniti”.
“I LORO MERITI ERANO TANTI”
I loro meriti erano tanti” è
il titolo del pezzo che il
Corriere, a pagina 2, dedica
ai tredici italiani uccisi a Kindu.
“Ditemi che non è vero- scrive
ancora il Corriere raccontando
il dolore del giovane colonnello
Bitonti, comandante in seconda
– ditemi che non può essere
vero”. È un soldato che piange,
intorno a lui ci sono altri ufficiali.
Pallidi e ammutoliti. “I loro meriti erano tanti –continua il giovane – ma erano gente sconosciuta. Noi tutti siamo gente
sconosciuta al di fuori del nostro mondo, che è il campo e
gli aeroplani. Parmeggiani: un
fratello. Il capo degli istruttori:
gli volevano tutti bene perché
era buono, modesto, quasi umile. Gonelli: un altro soldato nel
vero senso della parola; adorava
i suoi bambini che sono piccolissimi. La femmina, Rita, ha
due anni, il maschietto, Raffaele,è nato a dicembre dell’anno scorso”. Non riesce ad
andare avanti, il Colonnello. La
voce gli muore in gola, non ce
la fa a citarli tutti,quei tredici
soldati massacrati a Kindu. Dice
ancora il Corriere, raccontando
il dolore delle vedove: “dicono
che Francesca Di Giovanni non
abbia fatto un lamento: era davanti alla radio e accanto aveva
la fotografia del marito. L’ha
“
presa, se l’è stretta tra le braccia
ed è rimasta così immobile per
ore. La moglie del Maresciallo
Quadrumani, invece, scacciava
tutti: sola, voglio restare sola
… andatevene! una vicina se
l’è portata in casa con la bimba
che ha sei anni e si chiama
Emanuela”. I resoconti sui quotidiani di quei giorni sono drammatici, dolorosi. Le foto di quei
giovani sono ritratti che sembrano parlare. Sono tutti sorridenti: maggiore pilota Amedeo
Parmeggiani, 43 anni; capitano
pilota Giorgio Gonelli, 31anni;
tenente pilota Onorio De Luca,
25anni; sottotenente pilota Giulio Garbati, 22 anni; maresciallo
Filippo Di Giovanni, 42 anni;
maresciallo motorista Nazareno
Quadrumani, 42 anni; sergente
maggiore montatore Nicola Stigliani, 30 anni; sergente elettromeccanico Armando Fabi,
30 anni; sergente marconista
Antonio Mamone, 28 anni; sergente Silvestro Possenti, 40
anni; sergente Martano Marcacci, 27 anni; sergente marconista Francesco Paga, 31
anni; tenente medico Francesco
Remotti, 29 anni. Sono i nomi
di tredici soldati, tredici padri,
figli, mariti. Alla loro memoria,
nel 1994, è stata riconosciuta
la medaglia d’oro al valor militare.
E.M.
6
Sabato 16 novembre 2013
Esteri
LA TENSIONE È ALTISSIMA. MANIFESTAZIONI E PROTESTE IN TUTTA LA REGIONE
Il Tibet brucia. E nessuno ne parla
Un monaco di vent’anni si è dato fuoco per protestare contro l’oppressione comunista cinese
entoventinove. E’ il numero
di persone che, dal 2009
ad oggi, in Tibet hanno sacrificato la loro vita in segno
di protesta contro l’oppressione delle autorità comuniste della
Cina. Che ha radici profonde ed antiche e che, ciclicamente, manifesta
la sua ferocia con imposizioni e dettami che vanno ben oltre il semplice
controllo politico e militare.
L’ondata di manifestazioni che ha
recentemente ancora una volta portato la tensione alle stelle, è il frutto
di un atteggiamento più che repressivo da parte del governo cinese, che sta tentando – senza successo – di “rieducare” la popolazione tibetana sulla base dei principi
propugnati dal Chinese Communist
Party. E sulla base di tale piano ha
arrestato, “per attività separatiste e
disturbo della stabilità sociale” un
noto scrittore tibetano. Facendo poi
incarcerare anche altre 17 persone
tra quelle che manifestavano chiedendone la liberazione.
Senza contare che pochi giorni prima la polizia aveva aperto il fuoco
sui dimostranti che si sono rifiutati
di sottostare all’obbligo di esporre
sulle loro case la bandiera della
Repubblica Popolare cinese come
prova di lealtà. Causando più di 60
feriti. E non è purtroppo finita qui.
Un monaco di appena 20 anni si è
infatti immolato dandosi fuoco in
nome dell’autodeterminazione del
MANILA, CON CAUTELA, RIDIMENSIONA IL NUMERO DELLE VITTIME
C
Filippine: ancora
sei italiani dispersi
l tifone Hayian nelle Filippine, continua
a mietere vittime. Discordanti i dati
su quante persone hanno lasciato la
vita a causa del disastro. Dal bilancio
ufficiale diffuso dalle Nazioni Unite,
anche se provvisorio, i morti sarebbero
4.460 e almeno 1.124 persone disperse
nelle province di Samar e Leyte. Mentre
le autorità di Tecloban, più colpita, affermano che solo nella cittadina sono
ben 4000 le vittime. Intanto per il
governo di Manila sarebbero 3.621. Il
governo filippino sottolinea che non c’è
nessuna volontà di minimizzare la gravità
del bilancio ma è doverosa la prudenza
prima di comunicare le cifre della tragedia. Eduardo del Rosario, capo dell’agenzia governativa per le calamità
naturali, spiega “il governo deve verificare
le cifre riportate dai funzionari locali”
facendo presente che in una delle aree
colpite l'agenzia ha appurato come la
cifra delle vittime fornita in un primo
momento fosse il doppio di quella poi
accertata. Il tutto non rendendosi conto
che “i numeri” sono vite umane. Dalle
notizie diffuse dalla Farnesina, sugli
Italiani dispersi, presenti sul luogo
colpito dal tifone, risultano otto di loro
I
popolo tibetano. Tsering Gyal –
questo il nome del giovane – è il
centoventinovesimo martire per l’indipendenza del Tibet.
A poco sembra quindi servito l’incontro che una delegazione parlamentare tibetana ha avuto con la
COR (Eu committee of the Regions)
per discutere della tragica situazione
della regione. “Questi ultimi incidenti
dimostrano che le autorità cinesi
non hanno fatto nulla per evitare
l’uso eccessivo della forza o per
incrementare il rispetto dei diritti
dei tibetani” ha affermato la ricercatrice per la Cina di Amnesty International. Che ha aggiunto: “La
situazione rimane tesa. Il governo
di Pechino continua imperterrito a
negare ogni basilare diritto umano.
Questi trattamenti umilianti devono
finire”.
Come deve finire anche l’omertoso
silenzio con cui la maggior parte
dei mezzi di comunicazione affronta
la questione tibetana: “Della recente
escalation di violenza e repressione
– scrive Cesare Dragandana su Il
primato nazionale – non si trova
traccia nei media nazionali, evidentemente concentrati a benedire ben
altre ‘esportazioni di democrazia’.
Non è dato sapere se questo silenzio
è dovuto al timore di offendere la
nuova potenza economica o altro.
L’unica cosa certa è che il Tibet sta
bruciando”.
Cristina Di Giorgi
stati rintracciati, mentre sei sono ancora
irreperibili. Dati confermati dal Ministro
del Esteri Emma Bonino, in una intervista
rilasciata per radio. Il ministro ha asserito
che "anche le comunicazioni telefoniche
siano difficilissime, cercarli non sarà
una cosa semplice". Mentre per gli
italiani ritrovati e contattati dall’Unita di
crisi della Farnesina, “stanno bene –
asserisce Emma Bonino - hanno retto
emotivamente”. Quindi ad oggi sarebbero sei gli italiani che “non rispondono
all’appello” a causa del ciclone che ha
sconvolto, la scorsa settimana, le Filippine.
Il ministro degli Esteri ribadisce che
sul fronte degli aiuti quanto sia fondamentale e necessario organizzarli
per non disperdere le energie, spiegando
che il viceministro Lapo Pistelli presiederà una riunione con i principali operatori, tra i quali il ministero della Difesa.
Sempre la Bonino annuncia “Un primo
volo della cooperazione italiana è partito
da Dubai destinazione Cebu, - ha detto
il ministro - C’è un altro volo che parte
sempre da Dubai domenica 17, con
tende, teli di plastica, taniche di acqua”.
Chantal Capasso
7
Sabato 16 novembre 2013
Da Roma e dal Lazio
UNIONI CIVILI: È POLEMICA SULLE DICHIARAZIONI CHOC DEL SINDACO DELLA CAPITALE
Anche la Chiesa contro Marino:
“Sbandamento annunciato”
I romani già non ne possono più del primo cittadino genovese
ome ampiamente prevedibile, la Chiesa si scaglia
prepotentemente sul sindaco Ignazio Marino, che
l’altro ieri aveva ribadito l’imminenza dell’istituzione del registro
delle coppie di fatto nel comune
di Roma e il suo essere a favore
delle adozioni per le coppie gay.
La dura condanna è arrivata direttamente da Angelo Zema, direttore
di HYPERLINK "http://www.romasette.it/" \t "_blank" www.romasette.it,
nell'editoriale pubblicato ieri sul
sito d'informazione della diocesi
di Roma. Zema lancia l’affondo:
"L'iter della proposta per un registro
delle unioni civili in Campidoglio
è la cronaca di uno sbandamento
annunciato. Un deragliamento dai
principi costituzionali e dalle normative nazionali preparato con
cura, nella piena consapevolezza
dell'inutilità di un eventuale varo
del registro e della sua irrilevanza
giuridica". Per Zema le frasi del
primo cittadino di Roma sono "una
provocazione verso lo Stato. Tanto
più che 'il problema', come lo definisce lui, cioè la regolamentazione
dei vari aspetti della convivenza
nelle famiglie di fatto, potrebbe
essere risolto con le norme giá vigenti nel codice civile".
Marino afferma quindi che le adozioni dovrebbero avvenire nell’interesse del bambino/a ma tale interesse verrebbe meno "nel momento in cui manca quella dualità
maschio-femmina, fondamentale
per una sana ed equilibrata crescita
dei minori". Insomma il registro
delle unioni civili sarebbe sempre
secondo Zema "solo una bandierina
da collocare sulla sommità del bur-
UMBERTO I: ECCO LA SANITÀ DI ZINGARETTI
Tagliato il salario accessorio
del 30%. L’ira dei sindacati
Aumentati del 20% i compensi annui dei manager
C
i per sé è già una notizia: i sindacalisti contro i ‘compagni’ al comando di Regione e Campidoglio.
Così, dopo SoMarino, tocca al governatore
Zingaretti. A mandare su tutte le furie le
sigle sindacali il taglio del 30% del salario
accessorio al personale del Policlinico
Umberto I.
“Le segreterie generali di Fp Cgil, Cisl
Fp, Uil Fpl rilanciano ancora una volta
l'insostenibile situazione creatasi ai danni
dei lavoratori non ultima la lettera del
direttore a tutto il personale sulla riduzione
del salario accessori da erogare nel mese
di novembre. Chiediamo un incontro con
Nicola Zingaretti”. E’ quanto denunciano
congiuntamente Natale Di Cola (Cgil),
Roberto Cherchia (Cisl) e Sandro Bernardini (Uil).
Il direttore, infatti, ha comunicato a tutto
il personale del comparto Ssr, ma non a
quello universitario, che “per una gestione
più attenta delle risorse e delle attività,
nonché per rendere meno disagevole, ai
fini economici, l’utilizzo di nuove procedure stipendiali”. Quali? “Nel mese di
novembre verrà erogato il 70% del salario
D
rone". Burrone dal quale sta precipitando lo stesso sindaco ciclista
che ora, dopo i primi difficili mesi
di convivenza, dovrà guardarsi anche dall’ostilità crescente del Vaticano oltre a quella della quasi totalità di categorie, dai vigili ai commercianti, dai dipendenti comunale,
agli operai della metro C, fino ai
movimenti per la casa.
Ad aggravare la posizione di Marino secondo Zema, è proprio la
scelta della tempistica per le sue
esternazioni, pervenute a poca distanza da quelle di papa Francesco
che poneva nuovamente l’accento
sull’importanza e la centralità della
famiglia e lo faceva di fronte al
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Parole calpestate
in pochi attimi per pura propaganda. Eppure, incontrando nel luglio scorso Francesco, Marino aveva
assicurato l'intenzione di 'lavorare
alla realizzazione di un vero senso
della comunità. Intento ammirevole
- conclude Zema - ma le ultime
dichiarazioni del sindaco vanno in
tutt'altra direzione".
Ugo Cataluddi
accessorio e che – spiegano i sindacalisti
- nel mese di dicembre gli uffici del
trattamento economico provvederanno
alla sola liquidazione delle effettive spettanze maturate nel mese di ottobre 2013,
saltando a piè pari il 100% del salario
accessorio che si andrà a maturare nel
mese di novembre”.
E allora apriti cielo: “Sfugge il senso di
tale decisione – tuonano le organizzazioni
sindacali - che appare del tutto pretestuosa e priva di qualsivoglia fondamento
e che contribuisce a peggiorare la situazione già compromessa da questioni annose e mai risolte come la mancata costituzione dell’azienda ospedaliera universitaria, il non rispetto delle direttive
per la istituzione delle Uoc, l'utilizzo improprio del personale della cooperativa”.
I sindacalisti denunciano anche l’aumento
dello stipendio della intera direzione
aziendale e del collegio sindacale in dispregio delle disposizioni commissariali,
incrementando del 20% i compensi personali del management per un ammontare
di circa 100.000 euro annui.
Giuseppe Sarra
G I O V E N T U ’ E S E M P L A R E , A LT R O C H E L E B A B Y S Q U I L L O D E I P A R I O L I
Marino conferisca un encomio alle ragazze di Ponte Mammolo
di Alessio Aschelter
a settimane giornali
e talk show vivisezionano la vicenda
delle baby squillo
che facevano la vita ai Parioli. Un’opinione pubblica
avida di particolari desolanti ha potuto conoscere
il contenuto degli sms intercorsi tra le ragazzine e
il mondo degli adulti, fatto
di una madre sfruttatrice,
un protettore senza scrupoli
fornitore di droga e clienti
insospettabili. Uno squallido
microcosmo messo in piedi
da sudici orchi e comunque
alimentato, più o meno inconsapevolmente, da acerbe adolescenti che non disdegnavano un’esistenza
griffata. Se la mamma di
una delle due coetanee non
si fosse insospettita e le indagini non avessero fermato la giostra infernale, quel
piccolo mondo si sarebbe
esteso fagocitando chissà
quante altre persone. Ci
hanno tuttavia pensato i media a farlo apparire come
D
un qualcosa di radicato e
diffuso. Gli inviati, muniti
di taccuino o microcamera
nascosta, ci hanno riferito
che i bagni pubblici della
città e delle scuole sono
adibiti ad ambienti di tolleranza, dove in cambio di
prestazioni sessuali si ricevono ricariche telefoniche.
Poi, se l’età dei protagonisti
aumenta, crescono anche
le pretese e allora l’amor
interessato, che si consuma
magari in un locale, si baratta con borse di marca.
Una realtà confermata dal
solito catastrofismo sociologico per cui l’attuale giovane generazione è sempre
peggiore della precedente
e comunque incomparabile
rispetto all’adolescenza vissuta dal trombone di turno
chiamato a pronunciarsi sul
caso scoppiato nel cuore
della “Roma bene”.
A smentire le solite tesi stavolta ci ha pensato la cronaca, restituendoci il modello di una gioventù esemplare. Dalla stazione metropolitana di ponte Mammolo
La fermata della metropolitana di Ponte Mammolo, teatro dello sventato rapimento
due ragazze di sedici anni
hanno sventato il rapimento
di un neonato. Il bambino
era stato sottratto, da una
venticinquenne bulgara,
alla madre intenta a cambiarlo. Con sprezzo del pericolo, le giovani hanno interrotto la fuga della nomade, attirando anche l’atten-
zione dei vigilanti che poi
l’hanno presa in consegna.
Ad arrestarla ci hanno pensato, poco dopo, gli agenti.
Aspettiamo che lo spazio
mediatico dedicato alle
eroine che hanno scongiurato una delle più atroci
sciagure che possa accadere sia almeno analogo
allo scandalo dei Parioli. In
una città normale conferirebbero loro un encomio.
Ci auguriamo che l’amministrazione capitolina, non
eviti il riconoscimento per
non turbare la suscettibilità
della comunità rom, che
nell’aprile scorso ha partecipato alle primarie in-
dette per scegliere il candidato sindaco. Far prevalere la gratitudine verso gli
zingari anziché la riconoscenza nei riguardi di due
ragazze che hanno riscattato, dopo la vicenda delle
baby squillo, l’immagine
della capitale, sarebbe un
atto sconsiderato.
8
Sabato 16 novembre 2013
Dall’Italia
UNA DECISIONE SCANDALA QUELLA PRESA A BOLOGNA
Milano:
l’Università
Papà e papà con figlia a carico finanzia le offese
Il tribunale ha deciso di affidare la minore a due uomini che verranno chiamati “zii”
Il manifesto dell’iniziativa ritrae
l’ex pontefice truccato da pagliaccio
di Francesca Ceccarelli
na pratica che la legge italiana vieta, quella dell’adozione a coppie omosessuali: ma non è così per
l’affido. Su questo principio si basa
la decisione del Tribunale di Bologna che ha affidato una bimba di
3 anni ad una coppia composta
da due uomini. Si tratta di due persone di mezza età vicine alla piccola, tanto vicine da essere chiamate “zii” benchè non vi siano
reali legami di parentela, solo tanto
affetto incondizionato.
Il giudice ha acconsentito all’affidamento temporaneo solo dopo il
parere favorevole dei servizi sociali.
Una decisione a cui si era comunque già opposta la Procura del
capoluogo emiliano che aveva ritenuto i due soggetti non all’altezza
del compito: per questo ora quest’ultima potrebbe impugnare il
provvedimento.
Nessuna possibilità di replica per
il giudice Giuseppe Spadaro che
ha proclamato la sentenza choc:
non c’è nulla che possa impedire
ai due uomini di potersi occupare
della piccola. In Italia la legge
esclude le coppie non sposate
solo dalle adozioni ma non per
l’affido temporaneo che non lede
il legame con i genitori naturali.
Secondo il testo “l’affidamento
temporaneo può avvenire presso
una comunità di tipo familiare e
U
avorire in qualunque modo e forma
tutto ciò che va in direzione del politicamente corretto (leggasi “diffusione dell’ideologia pro – gay”) è ormai
prassi comune in ogni ambito e luogo.
Non si sottrae a tale dettame l’università,
in particolare la Statale di Milano. Il cui
consiglio di amministrazione ha a disposizione annualmente uno stanziamento
di 170 mila euro, da distribuire a gruppi
e associazioni per finanziarne non meglio
specificate “attività culturali”.
Al riparto di tale considerevole cifra ha
partecipato nel 2013 anche il Gruppo
Studentesco Gaystatale, che ha richiesto
un finanziamento di circa 4000 euro
(non poco, considerando il grave periodo
di crisi economica in cui l’intero paese
si sta dibattendo ormai da tempo) per
un ciclo di conferenze e cineforum sul
tema “Omosessualità e religione”. E fin
qui niente di nuovo, anche se qualcosa
da dire sui criteri di valutazione nell’assegnazione dei fondi forse ci sarebbe.
Se non altro per quanto attiene alla
qualità delle iniziative e alla serietà dei
gruppi che le promuovono.
Serietà che, a quanto pare, non sta di
casa presso il Gaystatale. Almeno stando
ai manifesti e volantini che pubblicizzano
i loro prossimi eventi, finanziati – è bene
ricordarlo ancora una volta – con i soldi
pubblici (e quindi di tutti) concessi loro
dall’amministrazione universitaria. Su di
essi campeggia infatti, con buona pace
F
può essere concesso anche ad
un single”.
Un evento non sporadico comunque: lo scorso gennaio, la Corte di
Cassazione aveva sancito il diritto
dei gay a ottenere in affido un minorenne. Per i giudici supremi, sostenere che “sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il
fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale è un mero pregiudizio”.
Sul web subito si è scatenato un
putiferio al riguardo. A farsi portavoce di dissenso il giornalista Mario
Adinolfi che ha espresso il suo
punto di vista di padre:” Ho una figlia di tre anni, esattamente la
stessa età della bimba che il tribunale dei minori di Bologna ha
deciso di affidare a una coppia di
omosessuali. Credo di comprenderne alcune dinamiche psicologiche in maniera piuttosto approfondita e mi trovo d’accordo con il
procura minorile della Repubblica
che, concentrata sul benessere
della bimba piuttosto che su ottenere uno spot sui giornali, si era
detta radicalmente contraria all’affido della treenne alla coppia gay
ritenuta “non all’altezza”.
“Una bimba di tre anni in condizione di disagio familiare – continua
il giornalista- ha prima di tutto bisogno di una figura materna, di
una donna da chiamare “mamma”
a cui poteri affidare. Non le serve
a niente un finto genitore 1 accoppiato con un finto genitore 2. Chi
non capisce questo in realtà se ne
frega dei bambini e combatte solo
una stupida battaglia ideologica.
Una battaglia regressista e non di
sinistra. Chi è di sinistra sta con i
più deboli e in questa storia bolognese il più debole è la bambina
di tre anni. Il finto progresso di
una sentenza di affido scritta per
ottenere i titoli dei giornali è moneta
farlocca, non si spende se non per
acquistare ulteriore discredito per
la magistratura italiana.”
del rispetto, una a dir poco fastidiosa
immagine ritoccata di Benedetto XVI.
Truccato come se dovesse partecipare
ad una sfilata del Gay Pride.
“Sarebbe interessante sapere – scrive
Michele Majno su Pro Life news – se il
consiglio di amministrazione dell’Università si documenta su ciò che viene
prodotto con i soldi stanziati, che sono
soldi di tutti i contribuenti. Nel caso si
documenti, nessuno si è sentito in dovere
di intervenire?”. Quesiti più che legittimi,
ai quali Majno aggiunge un’altra appropriata considerazione: “Mi piacerebbe
sapere se qualcuno dei gruppi omosessuali abbia mai avuto il coraggio di prendere in giro simboli e volti dell’Islam o
dell’ebraismo” che, di fronte ad offese e
mancanza di rispetto di certo non sono
soliti “porgere l’altra guancia”.
Cristina Di Giorgi
9
Sabato 16 novembre 2013
LE FORZE DELL’ORDINE RIPORTANO UN ALTRO GRANDE SUCCESSO
Dall’Italia
FRANCESCA TARCA NON ERA TORNATA A CASA IL 28 OTTOBRE
‘Ndrangheta: torna in manette l’ex boss Lo Giudice Donna scomparsa trovata
Fuggito nel giugno scorso dagli arresti domiciliari, è stato arrestato a Reggio Calabria
morta nel lago di Como
iustizia è fatta. L'ex boss
dell''ndrangheta e collaboratore
di giustizia Antonino Lo Giudice,
fuggito il 3 giugno scorso dagli
arresti domiciliari, è stato arrestato
ieri a Reggio Calabria. A catturarlo
gli uomini della squadra mobile locale
insieme a quelli dello Sco. Lo Giudice
era stato condannato a 6 anni e 4 mesi
per la stagione delle bombe e per le
intimidazioni che nel 2010 aveva rivolto
ai magistrati di Reggio Calabria tra
cui anche il procuratore Giuseppe Pignatone.
L’ex boss nelle dichiarazioni che poi
ha ritrattato fatte ai magistrati della
Dda di Reggio Calabria, si era autoaccusato di tre attentati fatti nel 2010:
il primo fu quello compiuto contro la
Procura generale, davanti al portone
della quale fu fatto esplodere un ordigno; il secondo, pochi giorni dopo, fu
l'attentato incendiario contro il portone
dell'edificio in cui abita il Procuratore
generale di Reggio Calabria, Salvatore
Di Landro; mentre il terzo fu l’intimidazione diretta contro lo stesso procuratore Pignatone eseguita davanti
agli uffici della Dda dove fu lasciato
un bazooka, la cui presenza fu segnalata con una telefonata anonima fatta
da un telefono pubblico alla Polizia.
Si tratta comunque di episodi che vennero spiegati da Lo Giudice, a seguito
T
G
del suo pentimento, con l'attuazione
di una strategia della tensione da parte
della 'ndrangheta contro la magistratura di Reggio Calabria. Dopo la sua
fuga il malvivente aveva predisposto
dei memoriali poi inviati ad un avvocato, in cui Lo Giudice ritrattò le sue
affermazioni autoaccusatorie, dichiarando la propria estraneità ai tre episodi e sostenendo che le dichiarazioni
erano frutto delle pressioni esercitate
nei suoi confronti dalla Dda di Reggio
Calabria.
''Sono contentissimo e spero che si
riesca a fargli dire la verità, rimuovendo
le ridicole giustificazioni rese in passato
in ordine agli attentati alla mia persona''
ha detto il Procuratore generale di
BOLZANO
Cacciatori di fantasmi
6.000 euro per mandarli via
osa ha mai affascinato e al
tempo stesso spaventato di
più del paranormale? E’ così
che i fantasmi sono entrati nell’immaginario collettivo come l’entità per antonomasia in questo
campo. Ma non tutti nel 2013
hanno capito che si tratta di superstizione a quanto pare: accade
così che a Bolzano sono andati in
scena dei “Ghostbusters”, cacciatori di fantasmi, fasulli naturalmente. Questi tizi sono stati fermati
in provincia di Bolzano e accusati
di truffa: i carabinieri di San Leonardo in Passiria hanno denunciato
nello specifico un uomo e una
donna, di 54 e 45 anni.
I due si erano fatti consegnare da
un'anziana donna e sua figlia
C
riste epilogo per Francesca Tarca, la signora
33enne scomparsa lo
scorso 28 ottobre da Mello,
in provincia di Sondrio. Purtroppo è stata ritrovata morta.
Il suo corpo esamine è affiorato dalle acque del lago di
Como. I sub hanno ripescato
il cadavere dalle acque lacustri
davanti all’abitato di Gravedona, poco distante dal luogo
dove era stata ritrovata la
macchina, abbondonata dalla
stessa Tarca, madre di una
bimba di tre anni. Nei giorni
scorsi le ricerche non avevano
dato alcun esito positivo. Poi
il ritrovamento dei sub che
hanno consegnato la salma
ai Vigili del Fuoco di Dongo.
La stessa è stata portata nella
camera mortuaria dell’ospedale di Gravedona, dove nelle
prossime ore sarà sottoposto
ad autopsia disposta dalla
Procura della Repubblica di
Como, per chiarire le cause
della morte. In un comunicato
stampa rilasciato dagli carabinieri si legge che “Gli elementi finora esaminati riconducono univocamente ad un
ipotesi suicidaria, escludendo
Reggio Calabria, Salvatore Di
Landro.''Sarebbe opportuno soprattutto
chiedergli - ha aggiunto - come mai,
se egli era l'autore dei due attentati
contro di me e quindi portatore di una
forte volontà malevola di colpirmi,
nelle migliaia di intercettazioni riguardanti lui, suo fratello Luciano e altri
del suo entourage, pur imprecando
contro vari soggetti, mai, dico mai, Lo
Giudice ha fatto riferimento a me o
alla mia condotta''. ''Io per i Lo Giudice
- è la conclusione del pg Di Landro - è
come se non fossi mai esistito. E allora
come si giustifica tanto accanimento
così pervicace ed aggressivo nei miei
confronti?''.
Francesca Ceccarelli
responsabilità di terzi nella
triste fine della malcapitata".
“Non ci sono segni di percosse
o violenze sul cadavere” hanno
comunicato gli inquirenti alla
famiglia della donna.
Il corpo è stato ritrovato grazie
all’allarme lanciato da un negoziante di zona, che alla vista
del corpo che affiorava sulle
acque ha subito avvertito le
forze dell’ordine : “Mi sembra
la signora scomparsa, stessi
abiti, stessa corporatura. Affiora dal lago. Venite subito”.
In seguito i sub dei Vigili del
fuoco di Dongo recuperavano
il cadavere riportandolo a riva.
Il marito di Francesca, Alessandro Secchi, artigiano, aveva
da subito organizzato le ricerche con parenti ed amici
coadiuvato dal Sindaco Fabrizio Bonetti. Hanno battuto a
tappeto i boschi e le zone vicino i paesi del Lario, in seguito alle tante segnalazioni
dei testimoni diffusesi, non
appena divulgata la notizia
della scomparsa della donna.
Il marito aveva sempre escluso
l’ipotesi di fuga con un altro
uomo.
Chantal Capasso
Eurosky Tower .
L’investimento più solido è puntare in alto.
6.000 euro per liberare la loro
casa dalla presunta presenza di
spiriti maligni. Quando la coppia
pochi giorni dopo ha chiesto altri
4.000 euro per proseguire il lavoro
di 'disinfestazione, le due donne
si sono insospettite e si sono
rivolte ai carabinieri, che sono
riusciti a risalire all'identità dei
truffatori.
L’Italia si conferma dunque un
paese di creduloni che, nonostante
le verità che la scienza rilascia
ogni giorno, ancora non si esime
dal dare credito ai primi accalappia
fantasmi di turno, anche se abbastanza costosi. Ebbene sì, perché
seimila euro in tempo di crisi o
non, non sono davvero bazzecole.
F.Ce.
AVELLINO
Operaio forestale suicida
Non percepiva stipendio da 17 mesi
ennesima vittima della crisi è Fai Cisl si era duramente pronunciata
un operaio forestale di 58 sull’incapacità della Regione Camanni che, senza stipendio da pania di intervenire sulla crisi del
tempo, si è tolto la vita in provincia settore, sfociata in una vera e
di Avellino. Franco D’Argenio – propria emergenza sociale.
questo il nome dell’uomo, che Durissimo il commento di Luigi
lascia la moglie e due figli – lavorava Del Regno, presidente della Coper la Comunità montana Irno So- munità montana per la quale lalofrana e non percepiva compenso vorava l’operaio suicida: “E’ una
da quasi un anno e mezzo. La di- tragedia infinita. – ha dichiarato
sperazione per questa situazione appresa la notizia – Da mesi avelo ha indotto a lasciarsi annegare vamo sollecitato lo sblocco delle
in una cisterna destinata all’irriga- risorse. E’ un morto che portano
zione dei campi, poco distante dalla sulla coscienza i dirigenti regionali.
sua abitazione. Già due settimane Restare per 17 mesi senza uno
fa l’uomo, insieme ad un altro fo- stipendio mette a dura prova le
restale, aveva tentato di uccidersi persone. Ne va di mezzo la dignità
tagliandosi le vene, ma era stato di un uomo e, come in questo
salvato dal provvidenziale intervento caso, anche la vita”.
C.D.G.
dei familiari. In quell’occasione la
L’
Eurosky Tower è il grattacielo residenziale di 28 piani che sta sorgendo a Roma, nel prestigioso quartiere
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10
Sabato 16 novembre 2013
Dall’Italia
LA VIOLENZA NON È UN AFFARE SOLO PER QUANTO RIGUARDA GLI ALUNNI ITALIANI
Se il teppista è il professore
In questi giorni due clamorosi casi: dalla scritta "Asino" sulla fronte degli alunni fino al contatto fisico
FOCUS
Bullismo in Italia
I dati parlano chiaro
di Francesca Ceccarelli
a scuola italiana e il bullismo:
non solo gli alunni protagonisti
di questo orrendo fenomeno
ma anche i professori a quanto
pare. E’ così che quelli che dovrebbero
essere loro custodi dell'incolumità degli
studenti diventano i carnefici.
E la cronaca va proprio in questo verso:
due sono gli insegnanti finiti sotto accusa
per atti di violenza verbale e fisica compiuti durante le ore di lezione. Si parla
del caso di Fiore Eusani, professore dell’Istituto Statale d’arte Fulvio Muzi de
L'Aquila, che sta subendo un processo
per l’accusa di atti di sopraffazione verbale e materiale nei confronti dei suoi
studenti e la prof di Storia dell’Arte della
Scuola Media Alfred Nobel di Sanremo
denunciata per atti di violenza fisica.
L
L’Aquila - Le accuse degli studenti
nei confronti dell’insegnante Fiore Eusani
dell’Istituto Statale d’arte Fulvio Muzi
sono molteplici, per fatti del processo
che risalgono all'anno scolastico
2009/2010. Eusani non era nuovo ad
accuse del genere: già in passato era
stato rilevato dal suo incarico proprio
dopo che gli studenti si erano lamentati
con altri insegnanti. Stando a quanto
dichiarato dalle giovani vittime, l’insegnante usava offendere ripetutamente
gli studenti con appellativi come “stupido, deficiente, somaro”. Addirittura,
secondo la testimonianza di uno studente, il professore, avrebbe chiamato
in cattedra un ragazzo per scrivergli
I
“asino” sulla fronte. Anche gesti più
clamorosi nel curriculum di bullo del
prof come strappare dalle mani compiti
scritti e strapparli, o ricorrere alle mani:
l’insegnante infatti non avrebbe esitato
a fare alzare dalla sedia una studentessa
tirandola dai capelli, e a ricorrere a
colpi di bacchetta sulla schiena per richiamare gli alunni.
Sanremo (Imperia )- Anche la Liguria
non è estranea a fatti di bullismo in cattedra. Patrizia Iannelli, prof di Storia
dell’Arte alla scuola Media Alfred Nobel
di Sanremo è stata denunciata per azioni
violente contro i giovanissimi alunni.
L’episodio di cronaca più recente riguarda proprio una studentessa, che
ha raccontato di essere stata spinta
dalla donna contro il termosifone: a
causa della colluttazione la ragazza ha
riportato un ematoma sulla schiena.
Questo fatto è avvenuto a pochi giorni
di distanza da un altro episodio ben
più grave: proprio questo aveva indotto
la Polizia ad iniziare l’indagine sull’insegnante. Proprio lei lo scorso lunedì
28 ottobre avrebbe afferrato per un
braccio un suo alunno dodicenne trascinandolo sul pavimento e provocandogli ematomi ed escoriazioni. Un fatto
inaccettabile che ha portato entrambe
le famiglie dei giovani malcapitati a
sporgere denuncia.
A porre l’accento su questo fenomeno
sempre più preoccupante tra gli studenti,
arriva il sondaggio del portale specializzato Skuola.net: circa un ragazzo su
due è stato protagonista o ha assistito a
episodi di bullismo.
Cercateci e ci troverete ovunque.
All’indirizzo www.ilgiornaleditalia.org , con un portale
all news ed un giornale sfogliabile e scaricabile on-line.
Siamo anche su Facebook all’indirizzo
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Siamo anche abili cinguettatori, su Twitter, @Giornaleditalia.
Tutti i nostri video sul canale Youtube, Il giornale d’Italia.
Se volete scriverci, potete farlo all’indirizzo e-mail:
[email protected]
l bullismo a scuola è ormai
un problema sicuramente
non da poco conto. I casi
dei professori coinvolti in fatti
del genere sono certamente
l’eccezione che conferma la
regola di docenti devoti al proprio lavoro. La norma invece
è purtroppo il fatto che gli
aguzzini delle vittime siano
giovani studenti bulli.
E' recente la notizia che vede
protagonista la provincia di
Verona, dove nel corso dello
scorso anno sono state registrate ben 250 denunce per
episodi di violenza. Secondo
un recente sondaggio di Skuola.net, il 30% degli studenti è
stato coinvolto almeno una
volta in un episodio del genere,
mentre il 20% ne è stato spettatore. Anche se il bullismo
non è ancora punibile come
reato, a seconda dell'accaduto
si possono configurare i reati
di percosse o lesioni (artt. 581
e 582 c.p.), di danneggiamento
(art. 635 c.p.), di ingiuria, diffamazione ( artt. 594 e 595
c.p), minaccia (art. 612 c.p.)
e, nel caso di persecuzioni reiterate si potrebbe addirittura
parlare di molestie ( art. 660
c.p.) e stalking. Le pene possono essere serie se coinvolgono un minore, e anche la
mancanza di intervento, quando l'insegnante non commette
violenza ma assiste ad episodi
di bullismo, è punibile per il
reato di culpa in vigilando dei
precettori, art. 2048 c. 2.
E’necessario dunque che l’Italia
si dia fa dare per raggiungere
anche in questo ambito un
corpus legislativo ad hoc.
F.Ce
11
Sabato 16 novembre 2013
Cultura
NEL VOLUME DI ALBERTO ZANETTINI IL PROFILO STORICO DI UN UOMO CORAGGIOSO, PRESSOCHÉ DIMENTICATO DALLA “STORIA A SENSO UNICO”
Paride Mori, eroe per pochi intimi
Il bersagliere apparteneva al Battaglione M, il gruppo spontaneo che costituì la sola difesa dei territori del Friuli dalle truppe di Tito
di Emma Moriconi
i sono storie che
sembra non sia
possibile raccontare. Se su google si
digita
“Paride
Mori”, i primi risultati sono
quelli relativi ad una bagarre
amministrativa circa una
strada da intitolargli nel Comune di Traversetolo, in provincia di Parma. La didascalia dice semplicemente
“Capitano dei bersaglieri”.
È la targa della discordia.
Si, perché Paride Mori fu
ufficiale nel battaglione Mussolini, fu un fascista e un repubblichino che, insieme
ad altri valorosi, difese il
territorio italiano dall’invasione titina. Ebbene, l’amministrazione – di sinistra –
nel 2010 intitola al capitano
una via, ma l’Istituto Storico
della resistenza di Parma,
le associazioni partigiane e
l’estrema sinistra insorgono:
questa strada non s’ha da
fare. L’Amministrazione fa
dietro-front: “non sapevamo
chi fosse Mori – si giustifica
il sindaco Pazzoni – ma nessuno metta in dubbio l’integrità e l’attaccamento di
Traversetolo ai valori della
C
Resistenza”.
La vicenda inizia nel 2002,
quando il Comune di Traversetolo decide di mettere
mano alla toponomastica
delle nuove zone. Alberto
Zanettini è consigliere comunale di opposizione. Tra
le sue proposte non vengono accettate quelle relative all’intitolazione ai Caduti
di Alamein e neppure quella
ai Martiri delle Foibe.
Come se Al Alamein o le
foibe fossero cose che non
ci riguardano, pezzi di storia
di serie B, solo perché non
sono consacrati ai “valori”
della cosiddetta resistenza.
Si tratta di un reiterato rifiuto
di prendere atto della storia.
La proposta di intitolare una
via a Paride Mori, invece,
passa. Ma non passa per
dare un segnale di riconciliazione, o di giustizia sociale. Passa semplicemente
perché nessuno sa chi è
Paride Mori. “Ci fu presentato dall’opposizione solo
come capitano dei bersaglieri” si difende il sindaco.
Eppure Mori nacque proprio a Traversetoli. Nemo
profeta in patria. Oggi Alberto Zanettini racconta quei
fatti in un volume, “Paride
Mori capitano dei bersaglieri”, Donati Editore, inquadrando il periodo storico
che visse l’Italia all’indomani
dell’8 settembre 1943. I Bersaglieri del Battaglione “M”
nascono come gruppo
spontaneo dopo l’8 settembre e costituiscono la sola
difesa dei territori del Friuli
dalle truppe del Maresciallo
Tito. Insieme a Mori sono
molti i giovani che sacrificano la loro stessa esistenza,
che si immolano per la Patria. Paride Mori cade nel
febbraio 1944 nel corso di
un agguato.
Nel volume Zanettini racconta vicende taciute per
decenni dalla solita ed impunita propaganda a senso
unico. In quelle pagine ci
sono fatti e sentimenti, come
le lettere di Mori alla moglie
e al figlioletto Renato. Dal
1964 le spoglie di Paride
Mori riposano nel Sacrario
d’Oltremare di Bari. Le vicende legate alla salma
sono complesse, e vengono
ricostruite da Zanettini con
puntualità, e con l’amarezza
del caso. Amarezza che è
raddoppiata dopo le vicende di Traversetoli e della
targa negata.
Quegli “Eroici Bersaglieri sacrificatisi
per la Patria ed ignorati dalle Istituzioni”
artiamo dall’inizio: è il 9 settembre 1943. “A Verona – dice
Zanettini – alcuni ufficiali decisero di formare un Battaglione
di Bersaglieri volontari, intitolato a “Benito Mussolini”, al quale aderirono in
breve tempo, circa quattrocento uomini,
il più giovane aveva 15 anni e il più anziano ne aveva 60 … il Tenente Paride
Mori era tra questi volontari”.“Per circa
20 mesi sopportarono le imboscate, la
fame, il freddo, in numero molto inferiore
al nemico, stimato ad uno a dieci, ma
nonostante ciò resistettero e riuscirono
a mantenere saldi alcuni confini nazionali
che altrimenti sarebbero passati in mano
alle orde comuniste di Tito. Poi il 30
P
aprile del 1945, a guerra
finita, i bersaglieri si arresero ai partigiani di
Tito con la garanzia di
aver salva la vita e di
poter raggiungere da
subito le proprie case.
Ma i comunisti di Tito
non mantennero fede
alle promesse, i bersaglieri furono imprigionati, torturati e fatti morire di fame e di stenti, i
cadaveri, invece di seppellirli, li gettavano nelle
buche che servivano da
latrine per i prigionieri.
I pochi sopravvissuti fecero rientro in Italia il
27 giugno 1947”.
È cosa da far accapponare la pelle pensare
che a Josip Broz Tito l’Italia abbia concesso addirittura un’onorificenza come la Gran Croce al Merito
e abbia, invece, dimenticato quei giovani
che sacrificarono la loro stessa vita per
la Patria.
Il problema è sempre lo stesso: quello
della storia a senso unico, scritta dai
vincitori e gestita a proprio uso e consumo. Quest’Italia che considera la resistenza un “valore” dimentica troppo
spesso la vergogna disumana delle foibe, dimentica troppo spesso i crimini
partigiani, consentendo che si celebrino
ricorrenze come quella del 25 aprile,
definita “liberazione”.
Per dirla con l’elaborazione di un concetto di Giordano Bruno Guerri, la sini-
stra sconfigge il Fascismo solo arrendendosi ad un nemico più insidioso: il
capitalismo americano. E la chiamano
“liberazione”.
Ebbene, in un’Italia piegata alle (il)logiche partigiane, non c’è spazio per
una strada intitolata ai Martiri delle
foibe, a Traversetoli, come non c’è spazio
per i caduti di El Alamein, e neppure
per il Capitano dei Bersaglieri Paride
Mori, che “osò” far parte del Battaglione
M.
Il volume di Zanettini è intenso, drammatico, profondo. E, soprattutto, è completo. È una finestra su un mondo volutamente messo da parte, è una luce nel
buio imperante di un’epoca che si tenta
di raccontare a proprio uso e consumo,
della quale vengono raccontate tutte
quelle storie che fanno comodo, riadattate e reinterpretate a convenienza
di parte, e della quale vengono taciute
verità scomode. Il libro dedicato all’eroico bersagliere riequilibra, per
quanto di sua pertinenza, la bilancia su
cui da troppo tempo pesano bugie e silenzi ingiustificati, traccia la vita di Mori
e le sue vicissitudini, in vita e dopo la
morte.
Il 18 febbraio 1944 Paride Mori cade in
un agguato. La sua morte – racconta Zanettini – provoca rabbia e dolore tra i
bersaglieri:“avevano tutti gli occhi lucidi
di pianto e qualcuno singhiozzava.
Addio Capitano Mori! Addio fratello di
tutti!... vecchio Bersagliere dal cuore
ardente che con l’esempio aveva alimentato la fede ed il coraggio in tutti
quelli che gli avevano combattuto a
fianco”.
E.M.
LETTERE
pesso, nel volume, Zanettini riporta brevi passi
delle lettere che Mori scriveva alla moglie Rosi e ai figli,
che l’autore definisce “quel che
più nobile possa sgorgare dal
cuore e nel pensiero di un combattente di fede italica”.
Eccone alcuni brevi esempi,
necessari per comprendere
l’anima di questo eroe di cui si
è tentato di oscurare la memoria:
Da una lettera al figlio decenne
Renato: “come vedi io faccio il
bravo soldato e servo la Patria
con le armi ben salde nel pugno
e tu devi fare il bravo ragazzo
amando l’Italia, perlomeno
quanto l’ama il tuo Papà e prepararti a servirla quando sarai
grande … studiando imparerai
che il donare per Essa la vita è
il più grande onore che possa
S
sperare ogni Italiano che sia
degno di portare questo nome
… abbracciamo e grida con
me Viva l’Italia”.
Da una lettera alla moglie Rosi
del 9 novembre 1943: “… se
Dio ha segnato sul quadrante
della mia vita l’ora suprema
vuol dire che, in pace o in guerra, io me ne debbo andare e
lasciarti il peso dei miei figli.
Ma se quest’ora dovesse essere
prossima , ti ho già detto tante
volte che preferirei morire con
l’arma in pugno, di fronte al
nemico, per la salvezza della
mia patria, che tu sai quanto
io ami … e se proprio dovessi
cadere tu sarai tanto forte da
sopportare fieramente il tuo
dolore benedicendo Dio d’avermi fatto morire della morte più
bella ”
E.M.
12
Sabato 16 novembre 2013
Editoria
UN PROGRAMMA MOLTO RICCO PER LA MANIFESTAZIONE TOSCANA
L IBRI
Al via il Pisa Book festival
“La scuola della carne”
Quest’anno protagonista la Germania con i maggiori autori contemporanei
di Francesca Ceccarelli
utto pronto per l’undicesima
edizione del Pisa Book Festival:
quest’anno è la Germania paese ospite d’eccezione. Un programma ricco e per tutti i gusti:
dalle anteprime nazionali dei libri “Buio
per i Bastardi” di Pizzofalcone di Maurizio
De Giovanni e “l’importanza dei luoghi
comuni” di Marcello Fois a oltre 200
eventi e tante novità. Si aprirà così la
fiera nazionale dell’editoria indipendente
che si svolgerà a Pisa dal 15 al 17 novembre 2013.
La manifestazione verrà ospitata al Palazzo
dei Congressi di Pisa: un’occasione per
dare voce agli autori più interessanti del
panorama europeo. Si inizia il 14 novembre con la mostra dell’autore-illustratore
Philip Waechter allestita nelle sale di Palazzo Blu con 25 tavole originali: realizzata
con la collaborazione di Hamelin, la
mostra resterà aperta fino al 30 gennaio
2014 e darà la possibilità ai visitatori di
entrare in contatto con la fantasia di uno
degli artisti tedeschi più innovativi del
settore.
A rappresentare i rapporti tra Germania
e Italia sarà l’editore-scrittore Klaus Wagenbach che con Ranieri Polese parlerà
del suo libro autobiografico La libertà
dell’editore (Sellerio). Questi gli altri
nomi di spicco tedeschi: Joe Lendle lavora
nell’editoria ed è scrittore: a Pisa presenterà il suo primo romanzo “La cosmonauta”, tradotto di recente in italiano
dall’editore Keller. Sarà presentato al
pubblico da Franco Farina con la partecipazione del traduttore Franco Filice e
letture del gruppo Fare Teatro del Teatro
Verdi di Pisa. Karl Olsberg, classe 1960,
dialogherà al festival con Marco Malvaldi
T
che presenterà il suo ultimo romanzo
Argento Vivo (Sellerio). Matthias Frings,
scrittore, giornalista e conduttore televisivo
presenta il libro Der letzte Kommunist
(L’ultimo comunista), pubblicato dalla
casa editrice Voland, dove racconta la
vita dello scrittore Ronald M. Schernikau,
l’ultimo dogmatico comunista, che, dopo
essere fuggito oltre il Muro sogna di fare
il viaggio all’indietro. Frings dialogherà
con lo scrittore Vanni Santoni e con il
germanista Luca Crescenzi.
Birgit Vanderbeke presenta ‘Das lässt
sich ändern’, appena uscito per Del Vecchio Editore con il titolo Si può fare. Nel
romanzo, attraverso le vicende di una fa-
FORMAZIONE: UNIVERSITARI A CONFRONTO
miglia, la scrittrice racconta vent’anni di
storia tedesca ed europea . La scrittrice
converserà con la giornalista Maria Vittoria
Vittori.
Nicol Ljubić al festival Nicol Ljubic parlerà
del rapporto tra storia e narrazione nella
rubrica “Riflessioni”. E poi Jan Peter
Bremer parla del libro ‘L’Investitore americano’ che presenterà al festival. Come
nelle precedenti edizioni il Pisa Book Festival offrirà un programma straordinario
di conferenze, laboratori per grandi e
piccoli, seminari per i professionisti e un
Caffè Letterario dove gli incontri saranno
moderati da Laura Montanari e Fabio
Galati.
E' uscito il 6 novembre l'inedito di Yukio Mishima
ra le maggiori novità editoriali di questi giorni c'è sicuramente La scuola della
carne, di Yukio Mishima. Un romanzo edito per la prima volta
in Giappone nel 1963 e finalmente, dopo cinquant'anni, dal
6 novembre è arrivato anche
sugli scaffali delle librerie del nostro Paese.
Nelle circa 240 pagine di questo
per i lettori italiani “nuovo” libro
di uno dei più grandi scrittori
giapponesi di tutti i tempi, ci si
incammina alla ricerca di chiarimenti su questioni che, in un
modo o in un altro, ad un livello
maggiore o minore, hanno prima
o poi toccato la vita della maggior
parte di noi. Può la passione arrivare ad annebbiare una mente
lucida? Quando ci ritroviamo a
pensare di essere innamorati,
come facciamo a capire se si
tratta di sentimenti veri o semplicemente dell'inganno dei sensi?
Per trovare le risposte “non resta
che frequentare quella 'scuola
della carne' che è la vita” si legge
in un articolo sull'argomento sulla
Biblioteca dell'Estremo Oriente.
La storia raccontata da Mishima
ha per protagonista Taeko, una
trentanovenne elegante e bellissima, che conduce una vita agiata
e godereccia, in un contesto –
quello del dopoguerra – in cui il
desiderio di occidentalizzazione
si contrappone ad antiche tradizioni e pregiudizi. L'avvenente
Taeko non rinuncerebbe mai al
suo stile di vita e alla sua libertà.
Fino a quando non incontra il
giovane Senkichi, con il quale
instaura una relazione magica e
fatale. Della quale la protagonista
T
si trova irrimediabilmente in balia.
Tra i due amanti nasce un gioco
perfido e ossessivo, in cui il ruolo
di vittima e carnefice viene ricoperto ora dall'uno ora dall'altro.
“Amore e laidezza possono convivere? Con quali risultati se non
quelli del dolore? Cosa ci fa andare oltre quel volto, oltre l'inganno della bellezza? E di cosa
ci innamoriamo realmente, dell'illusione o della realtà?” scrive
Mariella Sordo recensendo La
scuola della carne. E aggiunge:
“Anche Taeko si pone queste domande e capisce che quell'essere
che aveva tanto amato era una
chimera nata dai suoi stessi
sogni. E dopo il male e la crudeltà,
sprofonda nuovamente nella purezza della sua solitudine. Avrebbe
realmente amato l'uomo che le
stava di fronte, ma lui l'aveva
fatta soffrire con una perfidia
che oltrepassava ogni immaginazione. Non lasciando più spazio
al sogno”.
Cristina Di Giorgi
TROPEA, PREMIO LETTERARIO NAZ IONAL E 2 0 1 3 : VINCE VIT O T E T I
Più libri, più idee “Il patriota e la maestra”
Q
uesto lo slogan che
dà il titolo alla seconda edizione
della manifestazione promossa dalla Fiera della piccola e media editoria e dall'Associazione italiana editori. Attraverso un ciclo di
conferenze, che si svolgeranno nelle sedi delle principali università della Capitale, gli organizzatori si
propongono di fornire le
prime risposte ad una serie
di domande e questioni relative alle nuove frontiere
dell'editoria. Destinati agli
studenti universitari dei
corsi di editoria i seminari
saranno quattro e riguarderanno in particolare il
graphic novel e le sue tecniche (25 novembre ore 12,
aula Sabatino Moscati, Tor
Vergata), le nuove professioni editoriali legate al
web (25 novembre ore 16,
aula Oriana La Sapienza,
via Salaria 113), grafica ed
infografica per l'editoria
(26 novembre ore 9.30, Istituto europeo di design, via
Alcamo 11), story telling
ed editoria transmediale
(29 novembre ore 14, Roma
Tre, Via Ostiense 233).
“Più libri più idee – si legge
nel sito internet dell'evento
– è un progetto che nasce
nell'ambito della Fiera nazionale della piccola e media editoria promossa dall'Associazione italiana editori con l'obiettivo di sviluppare consapevolezza e
fare informazione sui temi
più attuali per l'editoria italiana”. Gli incontri formativi
sono gratuiti ma i posti sono
limitati. Per partecipare occorre iscriversi preventivamente mediante l'apposito
forum on line sul sito
www.piulibripiuliberi.it nell'area “iniziative”. Peccato
gli incontri non siano aperti
anche agli addetti ai lavori
e agli appassionati del settore, che ne avrebbero tratto utili indicazioni professionali ed importanti stimoli
di crescita e riflessione.
C.D.G
i è appena concluso il Tropea Festival
Leggere & Scrivere, la manifestazione
letteraria calabrese che, giunta quest'anno
alla sua seconda edizione, ha offerto un interessante spazio di confronto in cui intellettuali,
artisti e lettori si sono confrontati sulle nuove
forme di comunicazione.
Nel corso dell'evento, articolato in tre sezioni
(“Una regione per leggere”, “Calabria fabbrica
di cultura” e “Carta Canta”), si è anche tenuta
la settima edizione del Premio Letterario Nazionale. Promosso dall'associazione culturale
Accademia degli Affaticati, il concorso – primo
in Italia a diffondere le opere finaliste in
formato ebook – ha visto come finalisti di
quest'anno Edoardo Albinati, Benedetta Palmieri e Vito Teti. Il vincitore dell'edizione
2013, scelto dai 409 sindaci dei Comuni calabresi e da una giuria popolare, è Vito Teti,
che con il suo “Il patriota e la maestra” (Ed.
Quodlibet 2012) ha conquistato oltre il 72%
delle preferenze. Un romanzo, quello di Teti,
che racconta le vicende di Antonio Gracea,
calabrese antiborbonico e della giovane maestra torinese Giovanna Bertola. Sullo sfondo,
altri personaggi del Risorgimento meridionale,
composti in un mosaico di semplice quotidianità.
Questa vittoria, come si legge nel sito internet
della manifestazione, “è un indicatore della
tendenza a prediligere le storie legate al
reale rispetto alle narrazioni o ai romanzi di
fantasia. La storia con la s minuscola insomma,
vicissitudini individuali che, legandosi tra loro,
danno vita al racconto di vicende storiche e
dinamiche che producono l'evoluzione sociale”.
C.D.G
S
Vito Teti