Arte - Labont
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Arte Davide Dal Sasso Dialoghi di Estetica II – Che cos'è un'opera d'arte? 21 giugno 2012, Castello di Rivoli 1. L'«aboutness» (Danto 1981, 2000) 2. Filosofie dell'arte (Andina 2012) 3. La filosofia e le arti (Velotti 2012) 1. L'aboutness (Danto 2000) 1.1. Un quesito essenziale Che differenza c'è tra un'opera d'arte e un oggetto ordinario ? 1.2 Definizione dell' arte Arthur C. Danto (1981) definisce cosa è arte affermando che: 1. le opere d'arte sono sempre a proposito di qualcosa (aboutness), pertanto hanno un contenuto o significato 2. le opere d'arte sono veicoli semantici, incorporano un significato Obiettivo di Danto: opera d'arte ≠ oggetto ordinario Citando una famosa opera del pop artista americano Robert Rauschenberg, Monogram (1955-59), Danto scrive: « una capra imbalsamata cinta dal copertone di un'automobile, […] rimanda a una risposta interpretativa che solo in modo marginale ha a che fare con la nostra capacità di riconoscere un'automobile.»(Danto 2000: 144). una capra imbalsamata e il copertone di Opera d'arte ≠ Oggetto ordinario Arte ≠ Realtà 1.3. Arte ≠ Realtà Danto (2000) propone una distinzione tra: 1) Brillo Box di Andy Warhol (opera d'arte I) 2) Brillo Box di Mike Bidlo (opera d'arte II) 3) Brillo Box di Steve Harvey (oggetto ordinario) basandosi su Arte bella ≠ Arte pubblicitaria Contributo di teoria e storia dell'arte (il configurarsi della critica d'arte in relazione ai diversi oggetti) «Applichiamo dunque le articolazioni della critica d'arte alle tre scatore, […] bisogna tenere presente che nessuna critica d'arte adatta alla scatola di Harvey è adatta a quella diWarhol.» «Come entra in gioco, allora, la critica d'arte? Entra, perché l'arte di Warhol era in qualche modo a-proposito dell'arte pubblicitaria. Warhol considerava esteticamente bello il mondo comune e ammirava immensamente le cose che Harvey e u suoi eroi avrebbero ignorato e condannato.» «Le scatole di Warhol sono state una reazione all'espressionismo astratto, soprattutto perchè adoravano quello che l'espressionismo astratto disprezzava.» (Danto 2000: 147-8). 1.4. Il compito della critica d'arte Le differenze indicate dalla critica d'arte sono differenze invisibili Il compito della critica d'arte: esplicitare il significato dell'opera (cogliere l'aboutness) Danto (1997) si pronuncia anche con alcune note di demerito rivolte alla figura del critico d'arte: «il critico deve fare scoperte per dimostrare di avere “occhio esperto”, e ciò lo trasforma in un partigiano di questo o quell'artista: le quotazioni di un critico salgono o scendono insieme alla reputazione dell'artista su cui ha scommesso. Il critico a caccia di credenziali fa la posta a un artista sconosciuto o sottostimato, e alimenta così le speranze di una galleria marginale, di un nuovo talento, di un commerciante audace, impedendo al mercato di fossilizzarsi.» (Danto 2008: 88-9) 1.5. Aboutness e critica d'arte Qualsiasi cosa può essere un'opera d'arte (di conseguenza la storia dell'arte intesa come ricerca dell'autocoscienza è giunta alla fine) (si veda ancora Danto, 1997) La critica d'arte deve adattarsi ai differenti oggetti in modo da distinguere i differenti modi di essere-a-proposito-di qualcosa, così da garantire la definizione dell'arte 2. Filosofie dell'arte (Andina 2012) (a) Che cos'è un'opera d'arte? Quale soluzione teorica derivante dalle filosofie dell'arte contemporanee è appropriata per rispondere al quesito (a)? 2.1. Critiche alle teorie istituzionali (b) Come fa Scolabottiglie a diventare Scolabottiglie? George Dickie (1974) nella prima versione della sua teoria istituzionale sostiene che un'opera d'arte: (I) è un artefatto (II) a un insieme dei cui aspetti è stato conferito lo statuto di candidato all'apprezzamento estetico da parte di una persona o di alcune persone che agiscono per tramite di una determinata istitzione sociale (il mondo dell'arte) Dickie sostiene in sostanza che «l'artista è colui il quale è in grado di costruire (dipingere, comporre, scrivere...) artefatti che sono dei buoni candidati all'apprezzamento estetico» (Andina 2012: 62). (c) Che cos'è il «mondo dell'arte»? Scrive Dickie (1974: 754): «il nucleo che compone il mondo dell'arte è un gruppo di persone organizzate in modo lasco, ma legate da una qualche relazione, che include artisti (pittori, scrittori, compositori), produttori, direttori di museo, visitatori di musei, giornalisti culturali, critici che lavorano per ogni sorta di pubblicazione, storici dell'arte, teorici dell'arte, filosofi dell'arte e così via. Queste sono le persone che fanno funzionare il mondo dell'arte e con ciò si occupano di mantenerlo in esistenza. In aggiunta, ciascuna persona che si considera membro del mondo dell'arte è per questa sola ragione suo membro.» La tesi di Dickie: «il mondo dell'arte assomiglia a una istituzione informale (vale a dire a una pratica sociale oppure a un'organizzazione) che funziona grazie a regole ingenue e condivise che non troviamo scritte da nessuna parte» (Andina 2012: 68). Andina sottolinea che nella teoria di Dickie è l'istituzione a conferire lo status di opera alle opere. Il problema è però definire che cos'è questa particolare istituzione che procede in tal modo. I ) Il mondo dell'arte non è una classica istituzione sociale, poiché Dickie lo concepisce come una P-Istituzione. Vale a dire come una “quasi persona”, un agente che produce azioni ed è chiamato a risponderne. II) Mondo dell'arte / mondo dei tulipani: entrambi mostrano come i mondi non creano i loro oggetti, semmai nota Andina «li assumono, se ne servono e, alcune volte, li modificano» (Andina 2012: 81). Dickie (1977) introduce una seconda formulazione spiegando che il mondo dell'arte deve essere inteso come una pratica : «x è un oggetto se e solo se (1) x è un artefatto e (2) creato e / o presentato da un agente, che comprende ciò che fa, e lo mostra a un pubblico preparato a comprenderne il significato.» (ibidem 81). Andina critica la concezione di Dickie: 1. non sappiamo da chi è composto il mondo dell'arte 2. non abbiamo la possibilità di individuare con chiarezza tutte le regole che lo governano 3. il mondo dell'arte sembra essere una «quasi istituzione» «Non solo Dickie non elabora una riflessione filosofica sufficientemente articolata sugli artefatti […] ma cerca anche di dare ragione dell'individuazione delle opere postulando l'esistenza di un'entità che, nella prima versione della teoria, dovrebbe avere lo stesso potere di una istituzione pur non essendolo, mentre nella seconda versione, quella – per dir così – più debole, dovrebbe avere lo stesso potere di una istituzione pur dichiarando di non esserlo» (Andina 2012:85). 2.3. Artefatti Dickie indica che si ha un artefatto a parità di due condizioni: (1) x è un artefatto qualora le proprietà di x siano alterate in funzione di uno scopo e/o (2) se x è utilizzato in funzione di uno scopo. Vs. Dickie: «Un oggetto naturale a cui, con un atto intenzionale, viene cambiata la collocazione fisica rimane a tutti gli effetti un oggetto naturale giacché: (1) il cambiamento di collocazione è estrinseco all'oggetto, cioè non muta nessuna della proprietà che lo definiscono; (2) l'intenzione del soggetto non intacca permanentemente la natura dell'oggetto» (p.e. il ceppo di legno rimane ceppo di legno etc.) (Andina 2012:95). Oggetti naturali Catalogo degli oggetti Artefatti Oggetti ideali Dipert: «Un artefatto è un attrezzo modificato intenzionalmente, le cui proprietà modificate sono state immaginate da un agente per essere riconosciute da un altro agente in un tempo successivo, come proprietà che sono state alterate intenzionalmente per quello oppure un altro uso.» (Dipert 1993: 29-30). *Un oggetto è un artefatto se alcune sue proprietà sono intenzionalmente modificate in vista di uno scopo (p.e. la sedia invita a sedersi, un semplice ceppo di legno può o meno invitarci al medesimo utilizzo). Le opere d'arte vengono accomunate agli enunciati linguistici poiché, nota Dipert, entrambi hanno una proprietà comunicativa anche se esibiscono o meno proprietà che sono state modificate o introdotte dai soggetti. Artefatti – artefatti che non danno informazioni riguardo a qualcos'altro (p.e. la sedia invita a sedersi) comunicano solo qualcosa a proposito di sé; Artefatti comunicativi – informano riguardo al mondo esterno oltre che determinare credenze riguardo a loro stessi (p.e. un cartello che informa di qualcosa oltre che di essere un cartello con determinate proprietà così e così). La distinzione adottata da Dipert tra artefatti e artefatti comunicativi non vale però né per le opere d'arte e neppure per gli enunciati: «tutte le opere d'arte sono artefatti che hanno la proprietà di comunicare qualcosa a proposito di qualcosa di diverso da loro; facendo questo, esse stimolano alcune particolari facoltà, segnatamente quelle che si occupano di percepire e di interpretare» (Dipert 1993:117) Le opere d'arte sono artefatti Oggetti estetici ≠ Oggetti artistici Oggetti estetici: producono semplicemente sensazioni piacevoli. Oggetti artistici: richiedono una concettualizzazione dell'oggetto nella sua veste di artefatto – che significa considerarlo come il prodotto di un agente. Se qualsiasi oggetto può esibire proprietà estetiche (una montagna, una sonata, un cappuccino etc.) consegue però che: 1. non tutti gli oggetti estetici sono artefatti 2. non tutti gli oggetti estetici sono opere d'arte 2.4. E, l'estetica? «la filosofia dell'arte e l'estetica potrebbero non incontrarsi mai, dal momento che i rispettivi oggetti non coincidono.» «Le esperienze estetiche sono molto più diffuse, mentre lo sono meno le esperienze artistiche.» (Andina 2012: 105-6) 2.5. Tre risposte teoriche rispetto all'arte 1. teorie definitorie dell'arte basate sull'analisi delle proprietà intrinseche delle opere 2. teorie istituzionali che indagano il ruolo del soggetto, sulla specificità della fruizione e sulla realtà sociale 3. teorie antiessenzialiste storia del concetto di arte mettono in primo piano il ruolo della 2.6. Filosofia dell'arte Soluzione teorica che viene costruita tenendo conto di «questa chiara e triplice polarità: l'oggetto fisico, il soggetto congiuntamente alla sua realtà sociale e, infine, la storia di quella particolare narrazione che è la storia dell'arte.» (Andina 2012: 153) 2.7. Tre condizioni per definire che cos'è un'opera d'arte (I) x è un'opera d'arte se è un veicolo semantico che veicola rappresentazioni intensionali (II) x è un'opera d'arte solo se il medium di x non è trasparente (III) x è un'opera d'arte se i significati appartengono a una narrazione storica. (Andina 2012: 193-201) che incorpora 3. La filosofia e le arti (Velotti 2012) 1. «parlare propriamente di 'arte' implica parlare anche necessariamente d'altro?.» (Velotti 2012: 11) 2. « Dire che percepiamo una rappresentazione visiva (una rappresentazione come depiction) non significa aver necessariamente detto qualcosa su un'esperienza estetica o su un'esperienza artistica ( o su un 'fatto estetico' o 'un'opera d'arte'). Mentre è evidente che non ogni esperienza estetica riguarda un'opera d'arte (per esempio quando diciamo 'bello' o 'brutto' riferendoci a una persona o a un paesaggio), alcuni autori (come Danto) pensano che si diano opere d'arte al di fuori di ogni esperienza estetica, altri (come Goodman) non distinguono esplicitamente tra estetico e artistico (ma pensano che, se ogni 'fatto estetico' è 'artistico', ogni 'fatto artistico' è estetico).» (Velotti 2012: 45) 3. «Nonostante la sua radice etimologica (aisthesis che in greco significa sensazione o percezione), sostengo che non ogni esperienza estetica è percettiva, né ogni epserienza percettiva è estetica, così come 'percettivo' non equivale a 'estetico'» (Velotti 2012:45-6). 4. «Mentre non ho alcun dubbio sul fatto che l'estetica debba giocare un ruolo indispensabile nelle ricerche cognitive, epistemologiche, di filosofia della mente etc., credo però che la cosiddetta arte, se non viene ricompresa all'interno di una riflessione estetica, non possa essere compresa nella sua natura e nelle sue potenzialità. L'arte è certamente un prodotto storico, possibile a certe condizioni storico-culturali, ma certi prodotti possono (o sono potuti) diventare «arte» in quanto essi sono (stati) storicamente, i portatori esemplari di condizioni estetiche – necessarie a ogni esperienza umana, a cominciare da una certa organizzazione della percezione. Sganciare l'arte da queste condizioni estetiche – una dimensione della nostra esperienza che risulta irriducibile alla logica o a meccanismi psicologico-causali, significa svuotare l'arte di ogni sua necessità. Nell'arte si esibiscono esemplarmente diversi modi in cui ci orientiamo nel mondo, in cui tentiamo di dare senso alla nostra esperienza in esso. L'attività mentale e sensibile che rende possibile questa esibizione è chiamata tradizionalmente 'immaginazione'. Una riflessione estetica è anzitutto una riflessione sul lavoro dell'immaginazione.» (Velotti 2012: 61) Bibliografia Andina T. (2012), Filosofie dell'arte. Da Hegel a Danto, Carocci, Roma. Danto A.C. (1981), The Transfiguration of the Commonplace. A Philosophy of Art, Harvard University Press, Cambridge-London. ID. (1997), After the End of Art: Contemporary Art and the Pale of History, Princeton University Press, Princeton. ID. (2000), L'aboutness, in G. Di Giacomo, C. Zambianchi (a cura di), Alle origini dell'opera d'arte contemporanea, Laterza, 2008. Dickie G. (1974), Art and the Aesthetic: An Institutional Analysis, Cornell University Press, Ithaca – London. ID. (1977), A Response to Cohen: The Actuality of Art, in Id. Aesthetics: A Critical Anthology, ed. By G. Dicki, R. J. Sclafani, St. Martin Press, New York. Dipert R. (1993), Artifacts, Art Works, and Agency, Temple University Press, Philadelphia (PA). Velotti S. (2012), La filosofia e le arti. Sentire, pensare, immaginare, Laterza, Roma-Bari.