LA LUCE NEL PARADISO (pp. 3-41) Il tema della

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LA LUCE NEL PARADISO (pp. 3-41) Il tema della
MARCO ARIANI
LA LUCE NEL PARADISO
(pp. 3-41)
Il tema della luce nel Paradiso è tra i piú vulgati nella critica, ma è stato raramente affrontato con
gli strumenti adeguati a ricostruirne le fonti e a individuare la tradizione teologica e filosofica
riconoscibile nella difficile trama dantesca. Nel Paradiso la luce è l’unico mezzo adeguato a
figurare l’invisibile, visualizzato da Dante come una vertiginosa discesa fontale di accecanti ombre
luminose. Il saggio individua nella metafisica della luce di Dionigi Areopagita e nelle sue riprese
vicine a Dante (la mistica dei Vittorini, Alberto Magno, Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso
d’Aquino) la tradizione da cui il poeta ha tratto le metafore con le quali tenta di dare corpo agli
«umbriferi prefazi». L’originalità della scrittura paradisiaca consiste proprio in questa
metaforizzazione della luce come effusione liquida che investe il mondo e il pellegrino che ne viene
trasumanato, metaforizzazione che permette a Dante di coniugare le suggestioni
dell’emanazionismo platonizzante con gli schemi dell’aristotelismo tomistico.
The theme of light in Dante’s Paradise has been widely studied by critics although few studies have
managed to trace the sources and to identify the philosophical and theological aspects which are
inherent in the poet’s difficultly constructed work. Light in Paradise is the only suitable medium to
represent the invisible, visualised by Dante as a vertigiousness headlong descent of blindingly
bright shades of light. This essay pinpoints in the Dionigi Areopagita’s conception of metaphysical
light and in other ones close to Dante (the mystic of the “Vittorini”, Albert the Great, Bonaventure
from Bagnoregio and Tomas of Aquinas) the tradition from which Dante drew his metaphors and
with which he endeavours to give shape to his « shadow-prelude ». The originality of Dante’s
Paradise is to be found in the way the poet metaphorizes light as a liquid effusion which overwhelms
the world and the pilgrim who becomes transhumanised. This metaphorization enables Dante to
combine the charms of Plato’s emanationism with models of Aquinas’ Aristotelian logic.
CONCETTA DI FRANZA
L’ELEGIA DI MADONNA FIAMMETTA: LA DESCRIPTIO TRA MODELLI RETORICI
E QUESTIONI DI GENERE
(pp. 42-76)
Il saggio analizza la tecnica descrittiva della Fiammetta, individuandone le fonti nella precettistica
grammaticale del XII e XIII secolo, cui il romanzo si ispira per la descriptio della bellezza
femminile e del locus amoenus. L’originale rielaborazione boccacciana, tuttavia, piega gli elementi
topici alle esigenze di una rappresentazione chiaroscurale che rovescia in negativo valenze
tradizionalmente positive. Nel concretizzare in immagine una condizione di infelicità amorosa, la
strategia oppositiva dell’opera rivela quale proprio centro motore l’icona della ruota della Fortuna e
la connessa ideologia della vita come imprevedibile avvicendamento di bene e male. Ipotizza, quale
possibile modello di tale impostazione del racconto, l’elegia tardo-antica e mediolatina, adottata
dalla protagonista e “scrittrice” per dirsi non solo vittima irresponsabile, ma massimo exemplum di
miseria, un modello che costituisce nel contempo anche la garanzia di auctoritas per il “libretto”,
cui sono affidati il riscatto e la sopravvivenza stessa di Fiammetta.
This essay analyses the the narrative techiques of Fiammetta, by identifying the 12th and 13th
century grammatical precepts from which the novel is inspired to support its descripition of female
beauty and locus amoenus. Boccaccio’s highly original reconstruction, however, relegates its more
commonplace features by letting images of light and darkness emerge which reverse what had
traditionally been seen as positive in negative. In capturing sentimental unhappiness materially in
an image, the novel’s strategy of reversal reveals the icon of the wheel of Fortune as its driving
inspiration and its corresponding philosophy of life as being an unpredictable mix of good and bad
fortune. It presupposes the late and middle Latin elegy as a possible way of constructing the story
which is adopted by the protagonist and female writer not only to announce that she is an
irresponsible victim, but that she is the prime example of poverty, a model which guarantees at the
same time the auctoritas of the book, which Fiammetta itself relies on for its redemption and
survival.
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Documenti
CIRO PERNA
«LA VERACE MANIERA ARTIFICIOSA»: DUE SATIRE INEDITE DI ROMANO ALBERTI
IN DIFESA DELLA GERUSALEMME LIBERATA
(pp. 77-115)
Nell’ambito della celebre polemica intorno alla Gerusalemme liberata andrà valutato l’intervento di
Romano Alberti, che elaborò tre satire in difesa del poema tassiano, indirizzate Alle magnifiche
melensaggini e alle melense magnificaggini dei motteggievoli signori accademici della Crusca,
All’eccellentissimo abbate signor Giovan Battista Attendolo e All’illustrissimo signor don Gasparo
Toralto. I testi, traditi dal codice XIII D 54 della Biblioteca Nazionale di Napoli «Vittorio
Emanuele III », sono collocabili per taluni indizi interni e esterni al biennio 1585-1587 e rivelano
innanzitutto il debito ideologico contratto dall’autore nei confronti del Carrafa pellegriniano, con
cui sono espliciti i punti di convergenza. Alberti, sulla base di particolari notazioni linguistiche e
stilistiche e il supporto di un canonico aristotelismo, rigetta le accuse volte dagli Accademici della
Crusca alla Liberata, dimostrandone la superiorità sull’Orlando furioso in ciascuna delle quattro
categorie epiche.
Within the context of the renowned controversy centring around Gerusalemme liberate an
evaluation is made here of Romano Alberti’s launch of three satires in defence of Tasso’s poem.
These attacks are targetted Alle magnifiche melensaggini e alle melense magnificaggini dei
motteggievoli signori accademici della Crusca, All’eccellentissimo abbate signor Giovan Battista
Attendolo and All’illustrissimo signor don Gasparo Toralto. These texts, belonging to Codex XIII D
54 of the « Vittorio Emanuele III » National Library in Naples, can be traced back to the biennal of
1585-1587 and reveal the strong ideological influence that Pellegrino’s Carrafa had on Alberti and
the affinities between the treatise and the satires. Alberti, basing his argument on some sytlistic and
linguistic annotations and with the support of Aristotle rejects negative claims made by members of
the Academy of the Crusca about Gerusalemme liberata, and thereby demonstrates its superiority to
Orlando furioso in each of the four epic categories.
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Note e discussioni
BRUNO BASILE
FAZIO DEGLI UBERTI E IL BASILISCO
(pp. 116-22)
La descrizione analitica presente nel Dittamondo di Fazio degli Uberti del piú terribile e velenoso
dei serpenti, il basilisco (V 17 31-70), permette, scrutinando le fonti del poema enciclopedico
trecentesco, di conoscere la genesi, tra scienza e mito, di quest’aspide che invade l’immaginario
medievale (Solino, Isidoro di Siviglia, Avicenna, Brunetto Latini, l’Acerba). Il serpente delle arene
egizie diviene nel mito letterario un draco horrificus, ancora evocato nella letteratura del
Cinquecento (la Serpentum et draconum historia di Ulisse Aldrovandi) come simbolo demoniaco,
immagine di crudeltà, talora passata – grazie alla mediazione dei predicatori – anche all’essere
umano, e segnatamente, per iperbole diffusa dalla lirica, all’amante cinica, capace d’indurre solo
sofferenza.
The analitical description of the most awful and most poisonous of all snakes, the basilick, in Fazio
degli Uberti’s Dittamondo (V 17 31-70) makes it possible, by examining the sources of this
encyclopedic 14th century poem, to understand the origin, between science and myth, of this asp
which permeates its way into the medieval imagination (Solino, Isidor of Seville, Avicenna,
Brunetto Latini, L’Acerba). The snake from the Egyptian arenas becomes a dragon-like, horrible
figure, which is evoked in 16 th century literature (Serpentum et draconum historia by Ulisse
Aldrovandi) as a demonical symbol, of great cruelty, some of which passed – through the mediation
of preachers –, to human beings, and more renownedly to the figure of a cynic lover, who was
capable of only causing hurt.
ROBERTO FEDI
SPECCHIO DELLE MIE BRAME (IN MARGINE
A UN RECENTE STUDIO SUI GIARDINI)
(pp. 123-31)
Il saggio prende spunto da un volume recente di F. Oneroso (Nei giardini della letteratura, Firenze,
Clinamen, 2009), dedicato ad una puntuale riflessione sull’idea di giardino nella letteratura non solo
occidentale, per soffermarsi in particolare sull’immagine letteraria del giardino in Torquato Tasso e
nella sua Gerusalemme Liberata. I brani tassiani presi in esame sono quelli relativi al canto XVI, in
cui si accompagnano i due guerrieri Carlo e Ubaldo partiti da Gerusalemme per recuperare alla
grande impresa il fuggiasco Rinaldo, perduto nel regno incantato ma ingannevole di Armida. Si
mettono in relazione sia l’idea di giardino come “luogo” topico della tradizione culturale, dal
paràdeisos orientale a quello esperidio fino al modello giudaico-cristiano, sia la rilettura tassiana;
inoltre, si focalizza il ruolo che in questo panorama tutto intellettualizzato riveste lo specchio, che
caratterizza sia la perdizione del guerriero Rinaldo sia, nella sua versione bellica di scudo lucente, la
sua resurrezione alla fede.
This essay takes its cue from a recent monograph by F. Oneroso (Nei giardini della letteratura,
Firenze, Clinamen, 2009) which firstly makes a careful analysis of the idea of the garden not only
within Western literature and subsequently focuses its attention on the literary imagination of the
garden in Torquato Tasso and Gerusalemme liberata. The passages from Tasso examined here are
all from Canto xvi. Thet recount how two warriors, Carlo and Ubaldo, set off for Jerusalem with
the ambition of retrieving the fugitive Rinaldo, who had fallen victim to the deceiving charms of
Armida. The idea of the garden as a topos of cultural tradition from the oriental paràdeisos to the
esperidius one through to the Jewish Christian garden are all juxtaposed in addition to a
reinterpretation of Tasso’s work. Furthermore, the role of the mirror is also analysed in this
intellectual setting, which characterizes both the perdition of Rinaldo as well as his resurrection to
the faith, since employed as a warlike shining shield.