Social Tv, paradigmi e modelli interpretativi della fruizione televisiva

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Social Tv, paradigmi e modelli interpretativi della fruizione televisiva
Università degli Studi
Suor Orsola Benincasa
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FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
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CORSO DI LAUREA MAGISTRALE
IN
IMPRENDITORIA E CREATIVIT À PER CINEMA, TEATRO E TELEVISIONE
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TESI DI LAUREA
IN
TEORIE E TECNICHE DEL LINGUAGGIO CROSSMEDIALE
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SOCIAL TV, PARADIGMI E MODELLI INTERPRETATIVI
DELLA FRUIZIONE TELEVISIVA CONTEMPORANEA
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Candidata
Laura Olivazzi
Matr. 177000220
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Relatore
Ch.mo Prof.
Giampaolo Rossi
Anno Accademico 2014 – 2015
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Indice
Introduzione
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1. Social Tv e Marketing televisivo
1.1 Sistemi Crossmediali: il ruolo della Social Tv nella fruizione televisiva
1.2 Strategie social in tv, evoluzioni nel tempo: cambiamenti in atto ed orizzonti
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promettenti
1.3 Network nazionali: comportamenti social, punti di forza e difetti delle reti
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italiane nella gestione della Social Tv
1.4 Social Tv e Advertising: il profitto della pubblicità televisiva corre lungo la linea
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dei social network
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1.5 Nielsen e Blogmeter: l’Auditel diventa social
1.6 Broadcasting ed interazione: da Periscope agli scenari futuri
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2. Il ruolo della Social Tv negli studi sulla televisione
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2.3 Media Education: Cattiva Maestra (Social) Tv?
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2.2 Media Literacy, esiste un posto per la Social Tv?
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2.1 Excursus sulla conversazione: da Sacks e Goffman alle conversazioni televisive
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2.4 Hashtag e cronaca in diretta, verso una nuova formularità?
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3. Case history italiani di Social Tv
3.1 The Voice of Italy: quando il social prevale su ascolti, talenti e discografia
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3.2 Il Boss delle Cerimonie, il social trash che vince
3.3 Festival di Sanremo 2016, il media event all’italiana che mette d’accordo Auditel
e Social Tv
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3.4 Pillole di Social Tv: piccoli media event crescono
Appendice
La formazione ai tempi dei new media: intervista a Marco Gorini
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Audience e scenari mediali contemporanei, conversazione con Andrea Materia
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Sitografia
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Bibliografia
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Conclusioni
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Introduzione
In un contesto mediale caratterizzato dall’incertezza, dal cambiamento costante e
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dall’ibridazione tra diversi supporti e linguaggi, l’occhio degli operatori del settore
deve dotarsi di strumenti capaci di catturare ogni movimento in atto, senza però
perdere l’orientamento. Quest’ultimo rischio, tuttavia, non è sempre facile da fugare,
soprattutto quando ci si addentra nei contorni sfumati e poco definiti del Web 2.0 e
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dei social network, che hanno riconfigurato gli assetti ed equilibri della società
contemporanea, sia da un punto di vista strettamente mediatico, sia per quanto
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riguarda gli aspetti più diffusi del quotidiano. Si può dire che i social network
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abbiano assunto in poco tempo la medesima importanza di media tradizionali come
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la televisione, che nella seconda metà dello scorso secolo ha scritto le pagine più
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importanti dell’industria culturale nostrana. In merito all’ibridazione tra media e
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linguaggi, dunque, l’incontro osmotico tra social network e televisione è stata
conseguenza naturale e, come vedremo, necessaria, per sviluppare percorsi produttivi
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e mediali in grado di soddisfare le esigenze degli utenti e dei network televisivi,
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interessati negli ultimi anni ad una vera rivoluzione digitale. Bastano pochi anni,
talvolta mesi, per osservare da vicino fenomeni di notevole portata, così radicali da
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far riconsiderare il rapporto tra media, utenti ed utilizzo dei diversi device. Un
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discorso nel quale ciò che la massmediologia contemporanea definisce come Social
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l’incontro e il rapporto di reciproco scambio tra social media e televisione
tradizionale, snodo focale per la creatività degli utenti, per la ridefinizione dei
palinsesti televisivi, per lo sviluppo di nuove forme d’interazione tra aziende e
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Tv trova il suo terreno più fertile e redditizio. Per Social Tv s’intende, per l’appunto,
consumatori, utili a rispondere in modo accurato ed efficace alle nuove e sempre più
complesse esigenze delle audience.
La ricerca condotta ai fini del presente elaborato punta l’attenzione proprio sulla
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Social Tv, ampliando un percorso già tracciato nel 2013, quando il fenomeno
iniziava a consolidarsi tra le abitudini di consumo mediale legate alla fruizione
televisiva. Nel giro di circa tre anni abbiamo assistito ad un ingresso dirompente
delle logiche social nella quasi totalità dell’offerta televisiva fruibile su diverse
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piattaforme, un processo che ha riavvicinato i giovani al piccolo schermo e che, per
converso, ha indotto ad una più accelerata alfabetizzazione digitale anche le audience
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over 40. Da fenomeno di nicchia, apparentemente destinato ad una stretta cerchia di
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nativi digitali, la Social Tv si è affermata nel panorama televisivo quale valido
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alleato nelle strategie di Marketing e nell’implementazione di nuovi business, assai
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remunerativi anche sotto il profilo legato alle inserzioni pubblicitarie. Gli addetti ai
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lavori più sensibili al cambiamento e più interessati all’aggiornamento delle proprie
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strutture produttive, sia per quanto riguarda la creazione di nuovi contenuti, sia per
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gli aspetti legati alle dinamiche economiche ne hanno compreso sin da subito il
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potenziale, stipulando accordi con le principali aziende del mondo social. Alla luce
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di questa realtà, così come avvenuto per tutti gli altri media che nella storia umana
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abbiano ricoperto ruoli tali da essere protagonisti di mutamenti epocali, anche la
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Social Tv potrebbe ritagliarsi uno spazio d’analisi e approfondimento a partire dalle
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teorie mediologiche e sociologiche sulle quali si basano le Scienze della
dalla Social Tv manifesta peculiarità ed atteggiamenti che caratterizzano le
interazioni umane sin dalle prime forme di comunicazione, sembra opportuno notare
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Comunicazione. Per quanto profondamente contemporaneo, il fenomeno scatenato
che, seppur in forme e supporti differenti, le esigenze relazionali dell’uomo si
sviluppino costantemente nel corso dei secoli, rispettando leggi dapprima non scritte,
ma, allo stesso tempo, oggetto di perenne analisi.
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Scandagliare questa variegata realtà fatta di hashtag, costanti narrative, network e
contenuti multimediali è il primo passo verso lo sviluppo di un ambito di studi che
possa fornire le chiavi di comprensione della fruizione televisiva contemporanea,
muovendosi in un’ottica crossmediale e quasi del tutto votata al digitale.
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Capitolo Primo
Social Tv e Marketing televisivo
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Nell’affrontare un percorso di analisi di un fenomeno del tutto in divenire si rischia
spesso di trovarsi di fronte ad un quadro dai contorni assai sfocati, una sorta di
nebulosa, in cui teorie, eventi e messaggi tendono a sovrapporsi e generare nuovi,
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affascinanti processi. Si può dire che per la Social Tv sia accaduto proprio questo,
una rapida evoluzione che da strumento quasi eversivo di pochi utenti di ottima
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estrazione digitale, l’ha trasformata in tool essenziale delle strategie di Marketing dei
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principali network televisivi.
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Per fare maggiore chiarezza sull’argomento preso in analisi occorre dare una precisa
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definizione di Social Tv, quel fenomeno che in breve si potrebbe definire come
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l’incontro tra televisione tradizionale e social network. Più che di fusione tra le due
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sfere mediatiche, potremmo parlare di pacifica cooperazione con vantaggi reciproci:
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l’attività principale esercitata nell’ambito della Social Tv è la cronaca in diretta di
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trasmissioni televisive o eventi mediatici di particolare rilevanza, contornata da altre
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attività social direttamente collegate alla dimensione del gaming, dell’instant
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messaging e della condivisione, o meglio, sharing di diversi contenuti multimediali.
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Ciascuna di queste componenti è generata e pensata da utenti attivi che ricoprono il
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ruolo di prosumer, ossia produttori e consumatori di quanto fruiscano all’interno
reti e panorami mediatici, evoluzioni ed involuzioni che portano ad una definizione
decisamente più complessa del fenomeno che rappresenta la massima espansione
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della sfera social-televisiva. Nel pieno del processo in divenire, inoltre, si sviluppano
delle ormai obsolete NetTv ed IpTv, retaggio di un Web 2.0 che si appresta allo step
successivo, quel 3.0 che sancisce l’era delle relazioni, anche quando si tratta di
contenuti apparentemente tradizionali quali news, podcast e vodcast, video, audio e
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testi.
Nell’attuale panorama televisivo, disegnato e dominato da palinsesti personalizzati e
a misura di spettatore, assistiamo alla transizione da Appointment Tv, tipica della
fruizione totemica della tv tradizionale, caratterizzata da appuntamenti fissi a
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cadenza settimanale, alla Relationship Tv, una televisione costituita da relazioni
umane aperta 24 ore su 24 alle necessità degli spettatori1. Il matrimonio tra universo
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social e piccolo schermo, inoltre, fa da collante tra dimensione privata e fruizione
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televisiva, accompagnando lo spettatore-utente in ogni angolo e momento della sua
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quotidianità. È più o meno questa la mission alla base delle applicazioni di second
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screen, strumenti trasversali dell’offerta televisiva che sviluppano un rapporto
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dialettico tra utenti e piattaforme.
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Una delle dirette conseguenze non soltanto della Relationship Tv, ma dell’esplosione
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social in generale, è la creazione di nuovi quadri professionali addetti all’analisi e
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alla strutturazione di strategie utili a generare engagement, contatti, click,
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visualizzazioni e ROI (Return of Investiment) che nell’era della Social Tv si rivelano
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essere pilastri in primo luogo dell’Information Technology in senso stretto, e,
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nazionale o locale.
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successivamente, anche dell’economia intrinseca a ciascun network televisivo,
si presenta oggi assai complesso e variegato, un dado multifaccia da analizzare
1
Definizione di Brian David Johnson (G. Colletti, A. Materia, "Social Tv", Gruppo 24 ore, 2012, pag.
13).
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Il contesto nel quale attualmente si trovano ad operare gli addetti ai lavori del settore
accuratamente senza lasciare nulla al caso, parole o hashtag2 che siano. Ripulire il
buzz generato dal commento in diretta dal cosiddetto rumore di fondo mediante
syndacation non basta più, è necessario osservare i movimenti degli utenti, captarne i
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gusti, intercettare le audience più adatte ad un certo tipo di advertising, rendersi
conto di trovarsi dinanzi ad una creatura mutevole e mai troppo coerente. Le
difficoltà principali di Social Media Manager e Social Media Analyst si trovano
soprattutto nell’individuare le fonti dei dati raccolti, che negli anni si sono
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moltiplicate senza controllo, isolare le keywords relative al programma o evento
televisivo soggetto ad analisi, un lavoro assai difficile se consideriamo il fatto che, al
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di là degli hashtag ufficiali forniti dalle trasmissioni, gli utenti tendono a dialogare
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tra loro inventandone di nuovi o facendo riferimento ad una parola chiave specifica
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relativa ad un particolare momento della trasmissione.
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L’hashtag fu usato per la prima volta sulla Internet Relay Chat (IRC) per organizzare gruppi e
argomenti. Anteponendo il simbolo hash (#), a noi noto come cancelletto ad una parola che
caratterizzi il post, è possibile aprire percorsi di ricerca per la parola in questione. Gli hashtag
consentono di canalizzare l’attenzione degli utenti su un particolare evento di rilevanza mediatica.
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Modello base dell’attività di Social Tv: possiamo osservare le varie fasi strutturate in circolo,
evidenziando una forte apertura del fenomeno. Le fasi fondamentali per ottenere risultati utili in
termini d’ascolto sono la fase pre-air (circa 3 ore prima della diretta) e la fase post-air (3 o più
ore dopo la diretta).
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Inoltre, se dapprima si considerava Twitter come social network prediletto per le
interazioni di Social Tv, la contemporaneità e la diffusione di altre piattaforme
impongono di raccontare il fenomeno su più fronti social, motivo per il quale bisogna
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tenere in considerazione necessariamente anche gli altri social network, Facebook e
Instagram su tutti, in un’ottica del tutto crossmediale.
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Quella che pochi anni fa si definiva come The next big Thing3, letteralmente “la
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prossima meraviglia”, con sapore quasi utopico, si è trasformata in una solida realtà
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con la quale devono fare i conti le aziende televisive, sfruttandone i vantaggi e le
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opportunità. È ormai anacronistico parlare di potenzialità della Social Tv: i network
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che non se ne servono si dicano pronti al definitivo switch off.
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1.1 Sistemi crossmediali: il ruolo della Social Tv nella fruizione
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televisiva
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Prima di chiarire il ruolo della Social Tv nel panorama mediatico disegnato dalla
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televisione, occorre fare un passo indietro sulla definizione di Crossmedialità.
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Per quanto alcuni addetti ai lavori preferiscano parlare di Transmedialità, è nelle
dei sistemi mediatici del nostro tempo. Per crossmedialità intendiamo l’incrocio, di
3
La Social TV è stata nominata una delle tecnologie emergenti dal MIT Technology Review on
Social TV nel 2010. Durante la conferenza Digital Life Design (DLD - Gennaio 2011), il CEO di
Endemol ha dichiarato: “social media meets television is the next big thing”.
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sfumature di significato di crossmedialità che si annidano le caratteristiche essenziali
qui il prefisso Cross, tra piattaforme e media diversi che partecipano ad un’idea
comune di base, il cosiddetto Grand Master, declinandone i contenuti con linguaggi
e performance diverse. La fruizione dell’utente, a differenza di quanto accade
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nell’accezione più stretta di convergenza, diviene impegnativa ed immersiva: è
necessario infatti attivare diverse sfere cognitive per rendere l’esperienza fruitiva
completa ed efficiente. Il ruolo dell’utente-consumatore diviene centrale, l’intenzione
primaria dell’autore di storie e narrazioni crossmediali è quella di integrarvi il
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fruitore che può riconoscervisi totalizzando la propria esperienza.
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successo
cinematografico,
spalmandosi
sull’industria
editoriale,
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nell’oggettistica e nei mercati di ultima generazione, sulle community web e social,
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si può definire strettamente crossmediale. Nelle strategie di pianificazione mediatica
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che assorbono le logiche della crossmedialità esistono diversi sistemi di produzione,
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ciascuno dei quali più o meno efficiente. La maggior parte dei progetti crossmediali
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si struttura intorno ad un sistema supportivo, in cui i vari media coinvolti si
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sostengono l’un l’altro, integrandosi a vicenda, come accade per la saga di Star Wars
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in cui il film si integra con i libri, le community online e i gadgets. Meno efficace ma
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talvolta utilizzato erroneamente è il sistema competitivo, in cui i comparti impiegati
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nella realizzazione del progetto entrano in competizione tra loro, creando difficoltà
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negli autori e addetti ai lavori di promozione. Infine, la rapida diffusione del web ha
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dato origine al cosiddetto sistema onnivoro, in cui un medium subordina tutti gli
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altri, diventando perno e cardine della fruizione: pensiamo ai siti web di film e serie
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tv di successo, è lì che confluiscono tutte le informazioni e le esigenze dell’utente.
Nel caso della Social Tv prevale la terza tipologia descritta, poiché è attraverso il
sistema di relazioni dei social network che si sviluppano narrazioni e comunità
11
crossmediali a partire dal tema centrale lanciato dalla trasmissione con la quale si
decide di interagire. Restando nell’ambito strettamente televisivo, citando due
esempi emblematici, si possono definire assolutamente crossmediali prodotti come il
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Grande Fratello4, reality di successo prodotto da Endemol che sin dalle prime
edizioni sviluppa strategie di comunicazione sia sul piccolo schermo che sul web,
colpevole, tuttavia, di aver scelto almeno nelle prime edizioni un sistema
crossmediale competitivo. Altro riferimento cardine nella storia della crossmedialità
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è Lost5, la serie tv di culto creata da J.J. Abrams, pietra miliare delle narrazioni
televisive, primo caso di enciclopedia partecipata dedicata ad un solo prodotto (La
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Lostpedia, per l’appunto). In entrambi i casi assistiamo ad uno sviluppo della
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narrazione e del racconto televisivo attraverso media diversi, dai gadget distribuiti
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dalle case editrici (raccolta di figurine, libri, magazines) ai giochi da tavolo, dalle
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communities online (forum, webistes e fandom6) ai dvd da collezione.
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Nonostante la proliferazione di contenuti e piattaforme, il concetto di crossmedialità
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restava piuttosto lineare prima dell’avvento dei social media che, com’è accaduto per
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i settori più disparati, hanno scatenato la rivoluzione mediatica che fa da spartiacque
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tra il vecchio e il “nuovo” web. Con la loro rapidità ed accessibilità, i social media
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costituiscono attualmente l’aspetto immateriale ed al contempo più incisivo della
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crossmedialitá: attraverso i network sociali le aziende riescono a captare contatti,
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Il Grande Fratello è un reality show trasmesso in Italia su Canale 5 dal 2000, prodotto dalla Endemol
e basato sul format olandese Big Brother. I protagonisti del reality sono persone sconosciute o semisconosciute al pubblico equamente divise tra uomini e donne di varia estrazione sociale e collocazione
geografica, le quali condividono la vita quotidiana sotto lo stesso tetto spiati 24 ore su 24 da una serie
di telecamere.
5
Lost è una serie tv prodotta da ABC, Bad Robot Productions e Grass Skirt Productions e andata in
onda dal 2004 al 2010. Acclamata da critica e pubblico, nel 2006 è riuscita a vincere un Golden Globe
per la miglior serie drammatica. La serie ha conquistato anche undici Emmy Awards, tra cui il premio
per la miglior regia. La peculiarità narrativa di Lost sta nella struttura di ciascun episodio, articolata
tra flashback e flashwoforward utili a mantenere desta l’attenzione dello spettatore.
6
Il termine fandom indica una sottocultura formata dalla comunità di appassionati (fan) che
condividono un interesse comune in un qualche fenomeno culturale, come un hobby, un libro, una
saga, un autore, un genere cinematografico o una moda.
li
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utenti, e, nell'era della viralità, visualizzazioni e condivisioni che ne incrementano i
fatturati a costi ridotti, talvolta pari a zero. I social media si possono così definire a
pieno titolo come il terreno più fertile delle strategie crossmediali, un processo dal
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quale la televisione non solo non è immune, ma diventa, invece, un campo di studi
assai prolifico di prospettive e risultati a lungo e breve termine. Del resto, l’assenza
di barriere culturali e la produzione partecipativa di contenuti ha consentito di
scrivere concretamente nuove pagine nella storia della televisione e dei moderni
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social media. La natura stessa della Social Tv è del tutto crossmediale. Pensiamo
infatti alle nuove narrazioni prodotte dagli utenti nel corso della fruizione televisiva:
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la sola attività di posting sui propri profili social in relazione ad una trasmissione o
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evento specifici è già una rielaborazione dell’idea di partenza, così come la creazione
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di hashtag indicativi. Rivolgendo l’attenzione ai social più visivi, inoltre, assistiamo
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ad un’ulteriore declinazione della crossmedialità socialtelevisiva, una sezione
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costituita da immagini e frame tratti direttamente dal backstage dei nostri programmi
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preferiti oppure dalle testimonianze dirette dei protagonisti. Real Time, emittente che
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fa capo alla società Discovery Italia, partecipa spesso con gli utenti alle
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twittercronache7 in diretta, anche mediante la creazione di meme ed immagini
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ironiche lanciati sui diversi social. Un altro esempio concreto viene dal mondo dei
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reality show: le ultime edizioni de L’Isola dei Famosi e del già citato Grande
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Fratello, hanno goduto dei benefici provenienti dagli account Instagram degli
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opinionisti in studio. Durante la settimana i loro followers sono stati costantemente
al di là delle numerose immagini in studio e dei selfie scattati durante la diretta.
7
Neologismo che indica l’attività di commento live su Twitter. Lo sviluppo di una Twittercronaca è
piuttosto semplice, occorrono un evento o un programma da seguire, un account Twitter e un hashtag
che identifichi l’oggetto e l’argomento principe della nostra cronaca.
13
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aggiornati sulle vicende dei protagonisti dei reality mediante immagini e commenti,
La televisione, del resto, è stata social sin dai suoi albori, un aggregatore di comunità
e gruppi più o meno ristretti di persone che, quando ancora il piccolo schermo era un
lusso che pochi potevano concedersi, fruivano insieme dei programmi più popolari:
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eventi sportivi, l’immancabile Festival di Sanremo e i quiz show allora in voga, tra
cui svetta per popolarità e audience Lascia o Raddoppia, condotto da Mike
Bongiorno. Ed è proprio questo show a rappresentare uno dei primi esempi di
produzione crossmediale ante litteram, con le appendici del programma diffuse sui
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quotidiani e in radio: gli spettatori più appassionati potevano così informarsi sulle
sorti dei concorrenti in gara qualora non fossero riusciti a guardare la trasmissione,
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potevano leggere curiosità e aneddoti, partecipare attivamente alla vita dei
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protagonisti dentro e fuori dal piccolo schermo. Il motore della partecipazione e della
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condivisione è sempre stato intrinseco alle conversazioni che nell’era dei social
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network, ritornano alla dimensione collettiva delle origini, seppur in misure
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esponenzialmente maggiori e non quantificabili con precisione, dopo il periodo di
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individualismo tipico degli anni Ottanta e Novanta, quando la fruizione televisiva era
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domestici.
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per lo più solitaria visto anche il moltiplicarsi degli schermi in diversi ambienti
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Il web dell’interazione, dinamico e sempre mutevole, ha operato un cambiamento
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epocale anche nella fruizione televisiva, liberando il pubblico dalla cosiddetta
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dittatura del palinsesto, affollando così le folte schiere del popolo dell’indice8.
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La televisione è il medium che più di tutti è riuscito ad assorbire per osmosi le nuove
adeguarsi al fenomeno. Un impulso fondamentale in tal senso è stato lanciato dal
8
Si definisce “popolo dell’indice” la generazione cresciuta nell’era del touch screen, tipico di device
quali smartphone e tablet, simbolicamente fruibile con il dito indice.
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dinamiche della rete, a differenza di editoria ed informazione che ancora faticano ad
diffondersi della pirateria online a discapito delle produzioni cinetelevisive. Di fronte
alla proliferazione di siti come Megavideo, chiuso nel 2012 per violazione di
copyright, l’industria degli audiovisivi si è ritrovata a dover rispondere per le rime,
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adottando diverse strategie sul web, confluite poi nell’apoteosi o zona aurea creatasi
con i social media. Nonostante contenuti non sempre innovativi, la televisione
continua ad essere il nuovo focolare domestico, un totem intorno al quale ci si siede
accompagnati da device con i quali esprimere la propria opinione, positiva o negativa
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che sia, su quanto essa abbia ancora da offrire. Paradossalmente sono le critiche
negative a foraggiare non solo il buzz di commenti e post del pre e post diretta, ma
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anche la propria identità digitale.
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Lo smartphone, insieme al tablet, si prefigura come device social per eccellenza, se
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non altro per il fatto che rappresenti una reale estensione delle nostre attività offline.
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Un’estensione che, a sua volta, costituisce un’altra piattaforma d’interazione per i
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second screen.
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racconti televisivi, uno strumento del tutto crossmediale protagonista delle attività di
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Un’indagine condotta nell’ottobre 2015 dalla statunitense Global Web Index9, attesta
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che la tendenza di utilizzare device mobili mentre si guarda un film alla tv, talvolta
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anche al cinema, è molto elevata soprattutto tra i teenager, che amano controllare i
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propri profili social e chattare su WhatsApp10. Il fenomeno va inscritto tra le
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conseguenze dell’iperconnettività, come testimoniano le statistiche relative alla
po
fruizione media delle attività di first e second screen: un utente tende a trascorrere
9
Global Web Index è lo studio più importante al mondo sul consumo e i consumatori digitali.
È un’applicazione di instant messanging multipiattaforma, creata nel 2009 da Jan Koum e da Brian
Acton, due ex-impiegati della società informatica Yahoo!. Nel 2014 è stata acquistata da Facebook
Inc.
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li
almeno 7 ore della giornata davanti ad uno schermo, 2 ore e mezza sullo smartphone,
mentre il resto del tempo si divide tra televisione e computer11. Questi dati portano
ad una revisione di forma e sostanza dell’accezione di second screen, che,
considerato il tempo trascorsovi dall’utente, può essere considerato in via definitiva
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come un First Screen, lo schermo principale delle nostre attività. Al di là della
televisione, infatti, sono molti i casi in cui l’accesso ad internet e agli account social
si effettui soltanto da mobile, che, soprattutto in Italia e nei paesi dell’Europa
mediterranea, ha in parte contribuito ad assottigliare il digital divide, la distanza cioè
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tra diversi strati di alfabetizzazione digitale. Gli utenti italiani, nello specifico, stando
alle analisi di AdReaction, lo studio condotto da Millward Brown in trenta paesi del
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mondo, dichiarano di trascorrere più tempo con un solo schermo, piuttosto che
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smartphone al 34,3% 12.
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spalmare la propria attenzione su dispositivi diversi, mantenendo la fruizione di
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social-Università di Urbino ”Carlo Bo”
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http://www.cultora.it/second-screen-uno-schermo-non-basta-piu/, in data 02 dicembre 2015.
http://www.wired.it/mobile/2014/04/11/cera-una-volta-il-second-screen/, in data 03 dicembre 2015.
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Presentazione della 5a edizione della ricerca dell’Osservatorio News-Italia: Informazione,
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I dati relativi alla Second Screen Dominance tra gli utenti attivi su Facebook rilevata da Global
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Web Index.
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Una volta chiarita la definizione di crossmedialità e l’ormai certa preponderanza del
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social networking nelle modalità contemporanee di fruizione televisiva, ci si appresta
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a verificare il quadro generale del panorama mediatico disegnato dal piccolo schermo
comunicare, fruire e produrre contenuti. Il tutto condiviso sui profili social.
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e dalle applicazioni ed attività ad esso correlate, figlie di una medesima istanza,
1.2 Strategie social in tv, evoluzioni nel tempo: cambiamenti in atto
ed orizzonti promettenti
La parola chiave che definisce al meglio lo stato attuale della televisione è
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multicanalità, affiancata da una serie di ulteriori funzioni recanti il prefisso multi che
complicano e chiariscono allo stesso tempo la natura del medium televisivo. È ancora
utile citare la teoria della Long Tail di Anderson13, che, applicata all’industria
dell’enterteinment in senso lato, riesce a spiegare perfettamente anche l’aumento di
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canali tematici e specifiche televisive, dentro e fuori la rete. Nel giro di un
quinquennio si è passati da una Social Tv praticata in modo quasi eversivo da
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ristrette cerchie di nerd e strati socioculturali ad alto tasso di alfabetizzazione
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digitale, ad una Social Tv perfettamente integrata nei palinsesti, una sorta di
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imborghesimento di un fenomeno che rientra nel mainstream a tutti gli effetti. Non
esiste trasmissione, infatti, che non abbia il suo hashtag di riferimento o il suo
Or
so
account sui vari social network, non esiste emittente che non abbia implementato le
la
proprie risorse nell’attuazione di piani strategici su Facebook, Twitter, Instagram e,
ni
Be
nei casi più lungimiranti, anche YouTube. In sostanza, non esiste strategia di
nc
marketing televisivo che non tenga in considerazione i social network, una scelta
as
obbligata che ha sì, trasformato radicalmente le modalità di fruizione e invaso i
a
palinsesti, ma che ha saputo anche adattarsi alle esigenze del pubblico senza
−
po
Na
provocare particolari traumi da digital divide. Al contrario, l’utilizzo delle
primissime strategie social da parte di personaggi televisivi di spicco, ha contribuito
li
13
Espressione coniata da Chris Anderson in un articolo dell'ottobre 2004 su Wired Magazine per
descrivere il modello economico-commerciale del nuovo millennio: oltre ai prodotti mainstream
acquistati da un’alta percentuale di consumatori, la digitalizzazione ha ampliato le nicchie di consumo
e i prodotti disponibili.
18
all’alfabetizzazione digitale di utenti non esattamente nativi digitali o Millennials14.
Pionieri indiscussi, gli americani hanno utilizzato Twitter come piattaforma primaria
per fidelizzare gli utenti di prodotti televisivi, in particolare serie tv: il network Fox,
’
ta
si
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iv
Un
infatti, vista l’intensa attività social degli spettatori, ha deciso di indirizzare trailer,
anteprime e contenuti esclusivi relativi alle trasmissioni proprio sul social
cinguettante, controllando così i feedback dell’audience, gli hashtag e le
conversazioni intessute dagli utenti, utili nella pianificazione dei palinsesti. Tuttavia,
i
gl
de
il primo a comprendere il potenziale della twittercronaca fu Jeff Probst, volto
simbolo del reality show statunitense Survivor, giunto nel 2011 alla sua ventiduesima
St
edizione e vittima di un notevole crollo d’ascolti dovuto alla lunga permanenza nei
i
ud
palinsesti della CBS. Probst riuscì a riportare il suo programma agli onori dello share
Su
grazie al live tweeting, sua sponte, senza l’ufficialità del network televisivo. Il
or
successo riscosso dall’iniziativa di Probst indusse la CBS a promuovere il live
so
Or
tweeting prima di ogni break pubblicitario, ponendosi come prototipo di hashtag e
la
twittercronache di successo. Non è un caso che il fenomeno sia esploso nell’ambito
Be
di un Reality show, genere che, insieme al Talent e al Talk show di stampo politico
ni
meglio si presta alla pioggia di tweet inviati dalle postazioni domestiche.
nc
as
Il momento della verità per la televisione tradizionale si è palesato con le prime
a
discrepanze nella rilevazione degli ascolti. I dati dell’obsoleto sistema Auditel, che
−
prende in considerazione un campione standard di spettatori applicando ad un solo
Na
po
schermo il meter15, stridevano sin dagli albori della Social Tv con i risultati prodotti
I Millennials, o Generazione Y, è propriamente la generazione del Nuovo Millennio, avvezza ai
new media e alle nuovissime tecnologie. Si è soliti definirla anche Mtv Generation, vista la forte
influenza che l’emittente televisiva ha avuto sugli usi e costumi dei nati tra gli anni ’80 e 2000.
15
Auditel è una società nata a Milano il 3 luglio 1984 per raccogliere e pubblicare dati sull'ascolto
televisivo italiano. Il rilevamento è iniziato il 7 dicembre 1986. I dati di ascolto sono diventati nel
tempo la misura del successo o dell'insuccesso delle trasmissioni televisive italiane. La società AGB
Nielsen, per conto di Auditel, ha installato nelle case di circa 5.200 famiglie italiane, corrispondenti a
19
li
14
dalle attività online, tanto da portare aziende ed emittenti a riconsiderare in toto il
sistema degli ascolti, mostrandosi decisamente più appetibili anche agli inserzionisti
e al mondo dell’advertising. Le due facce della Social Tv, la prima del tutto user
’
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iv
Un
generated, l’altra strettamente legata alle dinamiche di business televisivo, sono
chiaramente esplicate da Aldo Grasso, tra i massimi esperti italiani del piccolo
schermo: “Da un lato, la social tv viene interpretata come una modalità di
partecipazione del pubblico più libera rispetto alla passività della «semplice»
i
gl
de
visione televisiva: i tweet, i post, i commenti e le risposte sono così un’attività
interpretativa piena, e in certa misura indipendente(...) Dall’altro lato, però, non
ud
St
bisogna sottovalutare, e, anzi, proprio la loro trasparenza le rende particolarmente
importanti, la presenza sempre più diffusa di strategie attivamente perseguite dalle
i
Su
case di produzione e dai broadcaster per trarre vantaggio, in termini promozionali o
or
direttamente economici, dal trend della social tv”16.
la
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14.000 individui (aumentati, con una decisione presa dal CdA il 5 giugno 2014, a 15.600 famiglie) un
piccolo apparecchio collegato ad ogni televisore dell'abitazione e alla linea telefonica, che registra su
quale canale è sintonizzato iln televisore. Il gruppo di nuclei familiari presi in considerazione con il
metodo panel, tuttavia, non sempre corrisponde ad un campione veritiero. Da più parti e con
motivazioni diverse le scelte e i criteri dell'Auditel per fissare i dati di ascolto sono stati contestati. I
primi rilievi sono stati posti dalle Associazioni dei Consumatori che hanno investito il Tar del Lazio.
Alcuni studi effettuati da istituti di statistica indipendenti hanno evidenziato la totale inattendibilità dei
dati forniti con il sistema di rilevazione adottato, sbilanciato a favore del duopolio Rai-Mediaset.
L’emittente satellitare Sky, di fatti, non se ne serve, dato che uno dei principali detrattori del sistema è
proprio Rupert Murdoch, proprietario dell’emittente (fonte: Wikipedia).
16
http://lettura.corriere.it/debates/il-contenuto-e-il-mezzo-ecco-la-social-tv/, in data 03 dicembre 2015
li
20
1.3 Network nazionali: comportamenti social, punti di forza e difetti
delle reti italiane nella gestione della Social Tv
Siamo chiaramente ad un punto di svolta nell’organizzazione ed amministrazione dei
’
ta
si
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iv
Un
palinsesti e di tutto l’organico delle emittenti televisive nazionali. È utile ricordare
ancora che il pubblico pantofolaio dell’era broadcast si è trasformato in un’audience
interattiva che ama partecipare ai programmi di cui fruisce: il 60% dei telespettatori è
solito commentare da casa le percezioni del teleschermo, costruendo il proprio
i
gl
de
network media space in un sistema di relazioni tra utenti ed emittenti stesse, con le
quali viene a crearsi una sorta di legame tipico dei love brands17. L’attività di live
ud
St
tweeting o posting in diretta, da fenomeno spontaneo e del tutto incontrollato, subisce
i
così la real syndacation, ossia controllo, revisione e rifinitura, da parte dei
or
Su
responsabili delle emittenti televisive, che incoraggiano gli spettatori a partecipare
attivamente sui profili social, con la tacita promessa di apparire sugli schermi con
Or
so
tanto di hashtag e nome utente. La diretta conseguenza di questa opportunità sta nel
la
fatto che soltanto una parte, ovviamente la più lusinghiera, diventa visibile e
ni
Be
condivisibile con il pubblico.
nc
Alla luce di quanto affermato, ciascun network ha sentito l’esigenza, affettiva ed
as
economica, di adeguarsi alle logiche di mercato in voga, ampliando le proprie
a
−
finestre di dialogo con il pubblico verso l’universo social. Analizzando i
po
Na
comportamenti specifici di ciascuna emittente italiana, si rilevano modalità ed
atteggiamenti differenti che premiano o meno in termini di audience e dunque di
li
inserzioni pubblicitarie.
17
http://magazine.journalismfestival.com/social-tv-social-radio-e-talk-show-il-valore-dellaconversazione-in-rete/ in data 04 dicembre 2015
21
La caratteristica comune di Rai, Mediaset, La 7 e Sky, considerati i principali
fornitori di prodotti televisivi, è quella di agire costantemente sulle piattaforme social
e sui siti web aziendali ristrutturati all’occorrenza. Fiori all’occhiello della sfera
’
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iv
Un
social nel settore televisivo nostrano, sono sicuramente Real Time e Mtv Italia che,
seppur rivolte a target differenti, hanno incoraggiato sin dai loro albori l’interazione
su piattaforme e reti tipiche della Social Tv.
i
gl
de
La Rai si è adeguata alle logiche social in tempi consoni: sin dal 2009, infatti, sono
attivi gli account Facebook e Twitter che rispondono alla menzione di RaiTv,
St
aggregatore di notizie e curiosità generiche. A partire dal 2013, con l’aumento dei
i
ud
canali tematici frutto del definitivo passaggio al digitale, sono stati attivati gli
Su
account delle singole reti, da Rai Uno a Rai Storia, ciascuno dei quali twitta o posta
or
notizie relative ai programmi in onda. Questi ultimi, a loro volta, dispongono di
so
Or
singoli profili che interagiscono in diretta con gli spettatori, lanciando hashtag,
la
tendenze, meme ed immagini direttamente dal backstage per quanto riguarda la fase
Be
on air. Nel corso delle fasi pre e post, invece, rendono disponibili contenuti esclusivi
ni
relativi ai momenti salienti delle serate precedenti ed anticipazioni di quanto
nc
as
potrebbe accadere nelle puntate successive. A guidare la classifica social per numero
a
di seguaci dei singoli canali è la rete ammiraglia Rai Uno con 180000 follower su
−
Twitter, 237269 fans su Facebook, 8582 utenti su Instagram, seguita a ruota da Rai
Rai
Tre.
po
e
Na
Due
più di 389000 su Twitter, 402165 su Facebook. Nel caso di Instagram sono i
programmi specifici a collezionare più follower, forti della componente relazionale
22
li
Rai Tv, l’account dell’emittente, invece, riesce a far confluire molti più seguaci: poco
instaurata con i protagonisti e le vicende narrate: l’account ufficiale di Made in Sud,
la trasmissione comica di Rai Due, può contare su oltre 38000 follower. Svetta per
numero di follower su Twitter, il canale deputato all’informazione: Rai News attesta
’
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si
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iv
Un
oltre 754000 contatti, numero che scende a poco più di 180000 su Facebook.
Ai social media manager della Rai va riconosciuto il merito di aver dato vita ad una
delle prime iniziative social ad alto tasso di interazione e innovazione per i palinsesti
e le audience, seguendo a ruota un esempio di successo targato Mediaset 18. Nel 2011,
i
gl
de
per incrementare gli ascolti della serie tv di successo Un Medico in Famiglia, in onda
su Rai Uno dal 1998, la società di produzione Publispei chiese all’agenzia Art Attack
St
Adv di gestire la comunicazione social della fiction. Ne conseguì il gioco interattivo
i
ud
Febbre da Medico, con il quale gli utenti potevano ricevere regali elettronici
Su
rispondendo a semplici domande sulle puntate successive. Nel frattempo, le video
or
unit interne realizzavano contenuti esclusivi che portarono ad un livello di
so
Or
engagement su Facebook triplo rispetto alla fiction I Cesaroni, dalla quale era stato
la
mutuato il gioco. Altra iniziativa a tutto social, è la trasmissione Social King, in onda
Be
nel 2011 su Rai Due, una sorta di talent show in cui il concorrente di ogni puntata,
ni
tale W.I.P. (Web Important Person), rispondeva alle domande poste dal pubblico
nc
as
attraverso Facebook. L’errore sostanziale della trasmissione era nella netta
a
separazione tra web e televisione, un’intuizione rivelatasi errata alla luce dell’ascesa
−
sul piccolo schermo di star provenienti dal mondo social: il successo televisivo non
Na
po
deve necessariamente ledere la sfera dei social network, e viceversa19. Basti pensare
li
18
Il caso de I Cesaroni sarà affrontato nella sezione dedicata al comportamento social di Mediaset.
Tra le webstar diventate famose anche sul piccolo schermo è opportuno citare Frank Matano,
youtuber di successo, diventato dapprima inviato de Le Iene e poi giudice di Italia’s Got Talent,
passando per il cinema. Altro caso emblematico è Francesco Sole, conduttore di Tu si que vales
accanto a Belen Rodriguez, e Diana Del Bufalo, ex concorrente di Amici, autrice di esilaranti video
virali diffusi su Facebook e YouTube e conduttrice di Colorado Cafè Live con Paolo Ruffini.
19
23
che Frank Matano, uno tra i primi youtuber italiani, si è aggiudicato nel 2015 il
premio come Rivelazione dell’anno agli Oscar della Tv Italiana, grazie alla sua
valenza di star su più canali, social e televisivi. Altra isola felice della Social Tv della
’
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si
er
iv
Un
Rai, è Gazebo, la trasmissione di satira politica in onda su Rai Tre. Gli autori e
conduttori del programma dimostrano di saper utilizzare la preziosa cassetta degli
strumenti social, interagiscono con il pubblico, lanciano hashtag, propongono
rubriche e contenuti strutturati intorno al flusso di commenti social, come accadde
i
gl
de
con The Stream, il fortunato format di Al Jazeera English basato totalmente sulla
tempesta social di Twitter. Anche nel caso di Gazebo, le interazioni e il
i
ud
difficile fase post-air.
St
coinvolgimento degli utenti continuano e si sviluppano anche dopo lo show, nella
Su
Lo spazio che tuttavia si distingue nel palinsesto social e non della Rai, è la
or
trasmissione del sabato pomeriggio TvTalk, in onda dopo le 15:00 su Rai Tre. Il
so
Or
contenitore di Massimo Bernardini, autore televisivo molto attivo sui social network,
la
è un salotto interattivo che, pur rispettando le regole canoniche della conduzione
Be
tradizionale, dedica ampio spazio all’analisi social, commentando le tendenze su
ni
Twitter e Facebook, dando spazio ad ospiti che hanno fatto parlare di sé soprattutto
nc
a
profili social.
as
in rete e, dulcis in fundo, invitando il pubblico da casa alla costante interazione sui
−
Quanto alle fiction targate Rai, i clamorosi successi in termini di audience
Na
po
tradizionale stridono con la scarsità di tweet e post provenienti dalla sfera social,
over 40.
24
li
come prevedibile da prodotti il cui target risponde a fasce anagrafiche generalmente
Il comportamento social della Rai si mantiene sulla linea della sobrietà, con toni
istituzionali e raramente sopra le righe, fatta eccezione per i programmi più goliardici
che pure non superano mai la linea del bon ton. La comunicazione della televisione
’
ta
si
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iv
Un
di stato, del Servizio Pubblico la cui missione primaria è quella di garantire
trasparenza ed imparzialità agli spettatori-utenti, si rileva anche nella sfera social che,
al di là dello stream di notizie che si muove a ritmo tempestivo, non risulta invadente
né fastidioso per i follower. Gli account istituzionali, inoltre, contano pochi retweet e
i
gl
de
preferiti (di recente divenuti cuori per una sorta di restyling somigliante ad
Instagram) su Twitter, a differenza dei post più specifici relativi alle trasmissioni e
St
alle news. Talvolta si riscontrano ritardi nell’aggiornamento dei post. La sezione del
i
ud
sito web dedicata specificamente alla Social Tv, inoltre, non risulta sempre chiara e
Su
scorrevole, presenta una selezione di programmi e rispettivi hashtag che non
or
rispecchiano necessariamente la reale popolarità riscontrata sui canali social. Non
la
so
Or
sempre sono esplicitate le possibilità interattive degli utenti.
Be
Un linguaggio più rapido ed un’attitudine più spiccata ai social, in virtù della natura
ni
commerciale dell’emittente, è la caratteristica principale di Mediaset, diretto
nc
as
competitor di Mamma Rai, che già dal sito web presenta prerogative social assai più
a
efficienti. Nella sezione Social Tv del menu, infatti, un breve testo introduttivo ne
−
espone le peculiarità, affiancato dagli stream Twitter e Instagram aggiornati in tempo
Na
po
reale. Il servizio di Social Tv è coadiuvato dall’account ufficiale Social Mediaset,
dell’emittente, in piena ottica 2.0: notizie, retweet, appuntamenti imperdibili
confluiscono sugli account che contano circa 56000 follower su Twitter e oltre 43000
25
li
con il quale gli spettatori-utenti possono aggiornarsi sulle attività interattive
su Instagram, un apporto fondamentale alla Social Tv data l’ormai certa
preponderanza delle immagini sui post testuali: a partire dal dicembre 2014, infatti,
Instagram, supportato dal team di Facebook che nel frattempo l’ha inglobato, con i
’
ta
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iv
Un
suoi 400 milioni di iscritti ha superato Twitter fermo a 316 milioni, un distacco che
aumenta costantemente20.
Nonostante il leggero ritardo nell’attivazione degli account, che attestano l’iscrizione
al 2011-2012, Mediaset è riuscita a guadagnare terreno utile nella vittoria sul campo
i
gl
de
social, come testimoniano le statistiche.
Al di là delle peculiarità social in senso stretto, dal sito web di Mediaset si accede
St
alla pagina Facebook di Mediaset On Demand che conta quasi 22000 fan. La forte
i
ud
presenza sulla pay tv digitale, inoltre, ha garantito un exploit di fan alla rete
Su
SportMediaset, che su Facebook vanta oltre 222 mila fan, ai quali fanno eco gli oltre
or
293 mila follower di Twitter, complici una serie sempre aggiornata di notizie e
so
Or
contenuti esclusivi dal mondo del calcio e del motociclismo. Secondo BlogMeter,
la
infatti, l’evento sportivo più social del 2015 è stata la finale di Champion’s League
Be
tra Juventus e Barcellona, disputata a Berlino e trasmessa da Canale 5, rete
ni
ammiraglia Mediaset. Del resto, il 25% circa dei commenti socialtelevisivi riguarda
as
nc
proprio manifestazioni sportive.
a
Abbiamo fatto accenno all’iniziativa social di RaiUno per incrementare l’audience
−
Na
della fiction Un Medico in Famiglia, mutuata da I Cesaroni, un’altra fiction italiana
po
di successo trasmessa da Canale 5. Le avventure della famiglia romana, interpretate
di Social Tv italiana. Di fronte ad un calo d’ascolti verificatosi tra la terza e quarta
20
http://www.corriere.it/tecnologia/15_settembre_23/instagram-supera-twitter-400-milioni-utenticontro-361-511b47fc-61ca-11e5-aa9f-d1a8c0d7928a.shtml, in data 06 dicembre 2015
26
li
da Claudio Amendola, Max Tortora e colleghi, rappresentano il primo caso vincente
stagione, nel 2011, Mediaset e Publispei si sono rivolti ad un’agenzia pubblicitaria
che gestisse le attività social della fiction che, con strategie ben strutturate ed
altissimi livelli di engagement, è riuscita a collezionare oltre 350 mila like sulla
’
ta
si
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iv
Un
pagina Facebook, trasformando un prodotto tradizionale in una porta d’accesso alla
contemporaneità. È un dato ormai certo, infatti, che Amici, il talent show di Maria De
Filippi, sempre in forza su Canale 5, sia la trasmissione più social della nostra
televisione, con i suoi 3,8 milioni di tweet per la sola quindicesima edizione e quasi 2
i
gl
de
milioni di fan su Facebook, segno di intuizioni favorevoli da parte del reparto social
di Mediaset. Stesso discorso per il reality show Grande Fratello che, per la sua
i
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St
quattordicesima edizione, ha provocato una tempesta di oltre un milione di tweet.
Su
Tra luci e ombre che si stagliano sul panorama social di Rai e Mediaset, tra le
or
differenze di gestione e linguaggio presentate dalle due emittenti leader della
so
Or
fruizione televisiva nostrana, entrambe mostrano un vulnus che, ai tempi dei social,
la
rischia di causare ingenti cali di popolarità. Se cercassimo contenuti video storici su
Be
YouTube, la piattaforma di videosharing più diffusa al mondo, non riusciremmo a
ni
trovare stralci di trasmissioni ed eventi trasmessi da Rai e Mediaset. Entrambe,
nc
as
infatti, hanno oscurato i propri video da YouTube per violazioni di copyright,
a
un’operazione che ha fatto molto discutere. Ad aprire le danze, Mediaset che, nel
−
corso di una sorta di raid anti YouTube verificatosi nel novembre 2010, ha rimosso
Na
po
con breve preavviso tutti i contenuti tratti dalle sue trasmissioni. L’azienda italiana,
senza autorizzazione legale e indirizzata verso un risarcimento di circa 500 milioni di
euro. Per recuperare video e reperti storici, dunque, è necessario far riferimento alla
27
li
infatti, era da tempo in causa con Google, accusata di aver diffuso materiale video
library di Mediaset, che non sempre può fornirci ciò che cerchiamo. Quattro anni più
tardi, nel 2014, la Rai ha operato più o meno nello stesso modo contro YouTube,
oscurando e ripulendo il suo canale ufficiale dagli oltre 40000 video fruibili sulla
’
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si
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iv
Un
piattaforma. La tv di stato, infatti, non considerava più conveniente l’accordo con
YouTube, vista la possibilità di ottimizzare i profitti derivati dalle visualizzazioni
convogliate al sito ufficiale: l’azienda otteneva circa 700 mila euro ogni anno per
l’upload di 7000 video21. Attualmente vi sono pochissimi estratti e pillole provenienti
i
gl
de
dai programmi più popolari, brevi filmati con una durata che oscilla dai 2 ai 7 minuti
circa, utili a rimandare, per l’appunto, alla videoteca online del sito ufficiale.
St
i
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Non tutti i videoreperti, tuttavia, possono dirsi scomparsi. Un’altra nota piattaforma
Su
di sharing online, la francese Dailymotion22, conserva gli upload di numerose perle
or
televisive fruibili liberamente, oltre a serie tv e film completi, almeno fino a quando
so
Or
le grandi emittenti e le case di produzione non procedano legalmente contro
la
l’azienda. La crociata contro lo strapotere di Google ha coinvolto anche i social
Be
network stessi, a partire da Facebook che, nell’estate 2015 ha sì lasciato intatta
ni
l’opzione di condivisione video esterni sui propri profili, ma ne ha bloccato il counter
nc
a
preferisce video nativi.
as
di visualizzazioni, a favore dell’algoritmo video interno alla piattaforma che
−
Na
po
Altra emittente, altro social behaviour, se così vogliamo definirlo. Modello
21
http://www.ilpost.it/2014/06/06/rai-video-youtube/, in data 07 dicembre 2015
Dailymotion è la piattaforma di videosharing più famosa al mondo dopo YouTube. Fu lanciata nel
2005 da una società anonima con sede a Parigi. Dailymotion è accessibile sulla TV grazie alla
Neufbox di SFR, Livebox di Orange, Freebox e altre TV connesse dal 2009.
22
28
li
esemplare di tv crosspiattaforma, La 7, fino al 2013 in forza al gruppo Telecom
Italia Media e successivamente a Cairo Communication, si è sin da subito distinta nel
panorama mediatico italiano per la sua accessibilità, per la modernità dei linguaggi e
per stili di conduzione fuori dagli schemi tradizionali, imparzialità nei contenuti e
’
ta
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Un
innovazione nei format proposti. Nata nel 2001 da Tmc, la tv degli italiani a
Montecarlo, La 7 fu etichettata come tv giovane, per poi diventare tv
d’approfondimento nel corso degli anni. L’aspetto che colpisce di più, tuttavia, è
l’atteggiamento avveniristico manifestato sul web: La7.tv è stata la prima catch-up tv
i
gl
de
italiana23 caratterizzata da visione full screen, ha introdotto la visione in simulcast dei
programmi in prima serata e la possibilità di commentare in diretta, ed ha proposto la
St
prima diretta streaming italiana su YouTube per il debutto di Enrico Mentana alla
i
ud
conduzione del Tg nell’agosto 2010. La strategia di La 7 si è articolata in due fasi
Su
principali: dapprima si è ritagliata un ruolo sulle piattaforme social, successivamente
or
ha provveduto alla creazione di comunità e gruppi d’ascolto intorno ai suoi
so
Or
programmi. Gli obiettivi, invece, sono essenzialmente tre: ascolto, risposta ed
la
engagement. Il pubblico risponde positivamente anche grazie alla struttura
Be
multitasking della fruizione, che va dalla tv al sito web, passando per le app
ni
disponibili sui dispositivi mobile, portando a compimento la politica di second
nc
as
screen tipica della tv crossmediale. Attualmente il profilo Facebook di La 7 conta
a
circa 180000 fan, mentre l’account Twitter attesta oltre 343000 follower. Buona la
−
performance di engagement anche su YouTube, con oltre 73600 iscritti e circa 71
Na
po
milioni di visualizzazioni. Vola su numeri molto più alti, invece, il canale YouTube
visualizzazioni totali, forte di un mattatore come Maurizio Crozza, tra i nomi più
23
La catch-up TV è un’opzione che consente all’utente di visualizzare e registrare contenuti tv anche
dopo la diretta stessa, recuperandoli da un’apposita library.
29
li
La7 Intrattenimento, con oltre 216 mila iscritti e 104 milioni e mezzo di
forti della satira nostrana. Altra perla della collana offerta da La 7 è il talk show Le
invasioni barbariche di Daria Bignardi, un contenitore a metà tra il radical chic e il
nazionalpopolare che ha dato il via a fenomeni social diffusi e longevi nel panorama
’
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Un
mediatico italiano: l’hashtag #enricostaisereno, inventato da Matteo Renzi, Sindaco
di Firenze divenuto poi Primo Ministro, fu lanciato il 17 gennaio 2014 proprio in
diretta dal salotto più famoso di La 7, ove Renzi figurava tra gli ospiti principali,
diventando trend e tormentone della rete, che subito ironizzò sia sul destinatario, il
i
gl
de
premier allora in carica Enrico Letta, sia sulle possibili varianti e declinazioni.
St
Il quadro appena descritto si focalizza sulle tv free to air, ossia le emittenti non a
i
ud
pagamento fruibili da qualsiasi schermo televisivo. Nell’ottica di una Social Tv
Su
consapevole e foriera di fenomeni mediatici di grossa portata, merita uno sguardo
or
particolare anche Sky, il colosso delle tv satellitari a pagamento. Il marchio
so
Or
televisivo che fa capo alla News Corporation del magnate Rupert Murdoch, approda
la
in Italia nel 2003 grazie alla fusione di Stream e TELE +, vanta 180 canali che
Be
spaziano da contenuti generalisti a settori più specifici. La qualità dei contenuti
ni
proposti e la vasta scelta offerta agli spettatori, dallo sport all’intrattenimento,
nc
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passando per il cinema ed il varietà, ha trasformato le reti Sky in osservatori social
a
assai efficaci, sia a livello di engagement, sia a livello di interazioni e commenti
−
Na
effettivi da parte degli utenti e dei social media manager dell’azienda.
po
Pur trattandosi di un servizio televisivo disponibile soltanto previo abbonamento, e
taglio decisamente popolare, per l’accessibilità delle informazioni e la fama
guadagnata nel corso degli anni, sia per quanto riguarda i profili generici, sia per i
30
li
previa scelta di pacchetti selezionati, Sky s’impone sui social come un’emittente dal
profili dei canali tematici. L’account di Sky Online conta oltre 225 mila fan su
Facebook e circa 29300 follower su Twitter, anche in questo caso si tratta di un
aggregatore di news e curiosità provenienti dal mondo Sky. I numeri lievitano
’
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notevolmente quando ci si appresta ad analizzare gli account di canali tematici e
trasmissioni specifiche, una peculiarità davvero curiosa se consideriamo il fatto che
Sky non sia una televisione pubblica. Guida la classifica per numero di fan su
Facebook Sky Sport con circa due milioni di utenti, ai quali rispondono oltre 1
i
gl
de
milione e 800 follower su Twitter, grazie ad un palinsesto sempre folto e ricco di
eventi. Riscuote ampi consensi anche Sky Tg 24, con i suoi 611 mila fan su
St
Facebook e oltre 2 milioni di follower su Twitter, traguardo storico per la rete.
i
ud
Seguono Sky Cinema, il canale dal quale è possibile seguire in diretta la Notte degli
Su
Oscar di Los Angeles, tanto amata dai social addicted a quota 500 mila fan e 64000
or
follower, e Sky Uno con circa 319 mila fan e 146 mila follower.
so
Or
Sky presenta una strategia ben strutturata anche su Instagram, in particolare per tutti
la
quei canali che richiedono un apporto visivo superiore oltre che una stimolazione alla
Be
fruizione più dettagliata: Sky Arte, il canale dedicato al mondo della cultura, Sky
ni
Atlantic, dedicato alle serie tv, Sky Cinema su tutti, postano quasi quotidianamente
as
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fotografie ed immagini direttamente dal loro palinsesto.
a
Una delle peculiarità della Social Tv generata da Sky è l’attività a doppio flusso che
−
talvolta si verifica con i programmi trasmessi sia in diretta satellitare, sia in differita e
Na
po
in chiaro su Cielo. Il fenomeno in questione coinvolge gli utenti abbonati a Sky e gli
prime edizioni targate Sky di X Factor e per il talent show culinario Masterchef, teste
di serie della Social Tv italiana. Con l’aiuto della tv in chiaro, dunque, si testimonia
31
li
utenti che fruiscono delle repliche trasmesse pochi giorni dopo, come avvenuto per le
l’importanza del buzz post air che consente di creare interesse mediatico anche dopo
la diretta stessa.
Il lavoro essenziale svolto da Sky, inoltre, sta nella capacità di coinvolgere anche i
’
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si
er
iv
Un
più diffidenti verso l’abbonamento, grazie anche alla prontezza delle informazioni
richieste dagli utenti più attivi sui social network.
Un esempio concreto: il passaggio su Sky del talent show X Factor, trasmesso dalla
Rai fino al 2010, ha provocato non poco malcontento negli appassionati non ancora
i
gl
de
abbonati a Sky che, come si conviene, hanno espresso questo disappunto a mezzo
social. Di fronte alle numerose lamentele, Sky ha pensato di interagire direttamente
St
con gli utenti proponendo loro una soluzione veloce ed economica, ossia un
i
ud
abbonamento allo streaming online del pacchetto Intrattenimento consigliato grazie
Su
ad una mention su Twitter: “Laura Olivazzi: Non ho Sky. Rosico in modo indicibile.
or
#XF8”-“ Sky Online @LauraOlivazzi naaa, guarda qui: http://www.skyonline.it
la
dei consumatori.
so
Or
registraz. > login > Intratt. e scegli #XF8! #XF8Live”. Social media care al servizio
Be
ni
Tra tutte le emittenti analizzate, si nota una spiccata preferenza degli utenti nei
nc
as
confronti delle news e dell’informazione. I canali deputati allo stream di notizie e ai
a
tg di rete, infatti, collezionano di norma un numero di seguaci, sia su Facebook che
−
su Twitter, superiore alla norma dei canali generici e di altri programmi. Abbiamo
Na
po
già visto il caso di Sky News che ha rafforzato la sua posizione anche con il
news di Mediaset con oltre 1 milione e 300 fan su Facebook e circa 628 mila
follower su Twitter. Meno convincente su Facebook la performance di Rai News 24,
32
li
passaggio al digitale terrestre, ma colpiscono anche i numeri di TgCom24, il servizio
ferma a 51661 fan, che si fa tuttavia notare su Twitter con oltre 754 mila follower. Il
Tg di La 7, complice anche la figura di Enrico Mentana, mantiene buoni livelli con
circa 71500 fan su Facebook e 376 mila follower su Twitter. Le performance social
’
ta
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iv
Un
dei canali d’informazione si spiegano con la sempre maggiore attitudine dell’utente a
cercare informazioni online, le fonti in questo caso, si vestono d’autorevolezza
perché certificate da brand televisivi di fiducia. Anche sul piano dei contenuti e dello
schieramento politico, inoltre, la televisione italiana mostra diversi livelli
i
gl
de
d’appartenenza, non soltanto per i servizi d’informazione generalista propriamente
detti, ma anche per il conclamato genere del talk show. Come si nota dallo schema, è
St
Mediaset a vestirsi, a sorpresa, d’imparzialità, lasciando alla Rai e a La 7 i due
i
ud
versanti opposti della forbice. Sky, che fa dell’imparzialità il suo baluardo, non
or
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figura in nessuno spazio d’orientamento.
la
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Analisi effettuata a fine 2014 da “Sentimeter”, blog de “Il Corriere della Sera”.
33
Al termine di questa breve indagine sul comportamento social delle emittenti
televisive nazionali, è utile verificare quali siano effettivamente le reti più social del
’
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iv
Un
Web. La classifica elaborata da Nielsen fa salire Canale 5 sul gradino più alto del
podio che, alla fine del 2015, ha totalizzato il maggior numero di visualizzazioni,
tweet e commenti grazie ai mostri sacri del social quali Amici, L’isola dei famosi e la
finale di Champion’s League. Al secondo posto troviamo la diretta concorrente, ossia
i
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de
Rai Uno, che guadagna la medaglia d’argento grazie al Festival di Sanremo con i
suoi circa 2 milioni di tweet e alla fiction Braccialetti Rossi. Al terzo posto troviamo
ud
St
Rai Due, con l’asso nella manica The Voice, forte ai social, meno all’auditel. A Rai
Tre e La 7 va riconosciuto l’alto tasso di engagement ottenuto con i talk show politici
i
or
Su
e con l’approfondimento (vedi Report, Otto e Mezzo, Ballarò e Di martedì, per fare
qualche esempio), mentre Sky può vantare Masterchef e Italia’s got talent, in replica
la
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Or
sulla rete in chiaro Cielo.
ni
Be
Abbiamo fatto accenno alla lungimiranza social di Real Time e Mtv Italia, i cui
account interagiscono attivamente con gli utenti dediti alle conversazioni televisive.
nc
as
Popolati da personaggi sui generis e trasmissioni indirizzate a target specializzati, le
a
emittenti si prestano perfettamente a critiche e commenti: per ottenere maggiore
−
Na
engagement, talvolta, come insegna il mondo dell’informazione, è necessario
po
rivolgersi a nicchie di consumo che assicureranno una risposta certa al nostro
format di Real Time sono una sorta di Tv verità 2.0, un espediente che ricostruisce
nel virtuale le agorà di discussione tipiche dei talk show diffusi a cavallo tra gli anni
34
li
messaggio, un’ottica glocal, se così la si vuole definire. Le vicende raccontate dai
Ottanta e Novanta. Il tutto condito da goliardia e situazioni pittoresche provenienti da
prodotti televisivi importati dall’America. È naturale per il pubblico dotato di alta
alfabetizzazione digitale, sviscerarne i contenuti nei minimi dettagli: le chiavi di
’
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er
iv
Un
volta fondamentali per un programma social di successo, talvolta, sono il trash e il
kitsch portati a livelli esponenziali. I social media manager attivi sull’account
Twitter, a quota 283 mila follower, rispondono, menzionano e ritwittano i messaggi
inviati dagli utenti, ben strutturati anche i profili Facebook, con oltre 2 milioni di fan,
i
gl
de
e Instagram, seguito da 25460 utenti. Per quanto riguarda Mtv Italia, invece, il focus
d’attenzione punta soprattutto su un pubblico di teenager e giovani adulti dai 25 ai 30
St
anni, offrendo programmi d’informazione musicale, docureality sulle vite
i
ud
straordinarie di atleti e baby genitori, classifiche ed eventi mediatici di alta rilevanza,
Su
come gli Mtv Europe Music Awards o i Video Music Awards, che forniscono alla
or
socialsfera milioni di commenti e tweet al minuto. Poco appetibili per l’auditel
so
Or
tradizionale, dunque, ma premiate dal pubblico della rete che ne fruisce seguendo i
la
propri interessi e modalità, dominate dalla regola del touch screen. Aggiornamenti
Be
sicuri e rapidi sui profili social: gli oltre 2 milioni di Fan su Facebook, i 673 mila
ni
follower su Twitter e gli oltre 156 mila di Instagram ricevono notizie, immagini e
nc
a
Millennials24.
as
curiosità a ritmi serrati e costanti. Una tv pienamente inserita nell’ottica
−
po
Na
li
24
I dati raccolti e riportati in questo paragrafo sono relativi al mese di dicembre 2015.
35
1.4 Social Tv e Advertising: il profitto della pubblicità televisiva
corre lungo la linea dei social network
Le attività social che quotidianamente esercitiamo tramite i nostri account ci
’
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Un
rendono, per l’appunto, profili dotati di gusti, preferenze, orientamenti e filosofie ben
precise, una mole di dati ed informazioni di cui le aziende si sono accorte di non
poter fare a meno. L’esplosione del fenomeno Social Tv ha allettato e allertato gli
inserzionisti pubblicitari, che, tra perplessità e ritardi, hanno iniziato a comprendere
i
gl
de
che lo schermo televisivo da solo non poteva bastare: è sui second e third screen che
si gioca la partita vincente della pubblicità che, con dall’avvento delle tv
ud
St
commerciali, è la principale fonte di sostentamento delle nostre emittenti televisive.
i
Non esiste migliore occasione di una profilazione precisa dei target per strutturare
or
Su
campagne pubblicitarie quasi infallibili. La Social Tv ha operato anche in questo
senso, modificando il palinsesto editoriale, ma anche quello pubblicitario e
Or
so
commerciale. Strutturare campagne pubblicitarie in base ai dati raccolti dalle attività
la
di Social Tv può essere definita come un’operazione di programmatic advertising,
ni
Be
ossia l’insieme di quei sistemi, algoritmi e regole che consentono di automatizzare
nc
gli spazi pubblicitari modellandoli su audience e pubblico specifici, individuati
as
tramite un’attenta targettizzazione. Si tratta di un settore ancora tutto da scoprire ed
a
esplorare per gli addetti ai lavori, che ne hanno tuttavia compreso le enormi
−
po
Na
potenzialità in termini di audience e di profitto. Per quanto i dati raccolti provengano
essenzialmente dalla profilazione online degli utenti, è opportuno avere sempre come
(Key Performance Indicator), ossia quegli indicatori che monitorano il successo, o
l’insuccesso delle performance sul web.
36
li
riferimento le tecniche di advertising tradizionale, integrandole con i moderni KPI
Iniziamo con la prima mossa concreta in tal senso. È Nielsen a procedere verso
l’ottimizzazione dei profitti derivati dal business pubblicitario sui social. Nel luglio
2013, infatti, Twitter annunciò negli Stati Uniti il lancio del servizio Tv ad
’
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Un
Targeting, in collaborazione con Nielsen, per l’appunto. Il sistema intercetta gli spot
televisivi in onda, ne informa le aziende e consente loro di proseguire la promozione
tramite dashboard e promoted tweet, ossia post a pagamento sempre visibili nella
propria home, a seconda dei gusti ed orientamenti dell’utente. Le funzioni disponibili
i
gl
de
per gli inserzionisti vanno dalla possibilità di controllare il sentiment generale a
quella di correggere le campagne in tempo reale. Le analisi effettuate da Nielsen
St
negli Stati Uniti confermano l’efficacia del sistema: gli spettatori-utenti raggiunti dai
i
ud
promoted tweet derivati dallo spot televisivo dimostrano un’associazione al
Su
messaggio incrementata del 95%, con un’intenzione d’acquisto che supera il 58%25.
or
Questo processo è la diretta conseguenza della crescente personalizzazione dei
so
Or
consumi, un fenomeno che vede i suoi albori con la nascita del Web 2.0, nel 2004, e
la
la successiva consacrazione con l’arrivo dei device mobile di ultima generazione,
Be
iPhone e tablet su tutti. Di qui, la logica del second screen tanto cara alla televisione
ni
e alla Social Tv, ma soprattutto, come emerge dalle statistiche, abitudine assai
nc
as
radicata nelle audience italiane, che utilizzano altri dispositivi mentre guardano la tv.
a
Siamo un popolo tvcentrico, dunque, ma avvezzo ai nuovi media come supporto o
−
evasione dalla fruizione televisiva. Circa 25 milioni di italiani sono soliti guardare la
Na
po
televisione con un altro device a portata di mano, dotato ovviamente di connessione,
vediamo sullo schermo, il cosiddetto meshing che riguarda il 40% degli utenti,
25
http://www.thevortex.it/2013/07/tv-ad-targeting-twitter-si-sincronizza-con-gli-spot-in-tv/, in data 08
dicembre 2015
37
li
il cui utilizzo si spalma su diversi piani: fruire di contenuti correlati a ciò che
oppure, per il 60% degli utenti, svolgere attività esterne, effettuare cioè stacking. È
nel meshing che bisogna scovare i fattori più interessanti per le aziende e gli
adverstiser, che devono distinguere all’interno della categoria altri due sottogruppi,
’
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Un
l’uno intento a discutere ed interagire, l’altro ad approfondire, attività che potremmo
denominare rispettivamente Social Tv, fenomeno già noto, ed Experience
Enrichment. Quest’ultimo rappresenta il suolo più fertile per i brand e le aziende
che vogliano sponsorizzarsi grazie alle conversazioni televisive, visto che la Social
i
gl
de
Tv in senso stretto agisce verticalmente e si presenta in forme sempre mutevoli. Uno
spot che possa diventare social e continuare la propria performance ottimale anche su
St
altri device deve rispettare semplici regole: indicare il sito web, invogliare la ricerca
i
ud
sulle piattaforme social, grafica responsive26, allineamento tra i vari asset di
Su
comunicazione sia sul versante analogico che sul digitale, assicurarsi di utilizzare le
or
giuste keywords per scalare il ranking Google. Lo spot perfetto, dunque, deve
so
Or
integrarsi nelle logiche relazionali dei social network, coinvolgendo anche la sfera
la
emotiva dell’utente che deve essere invogliato talvolta a condividere la filosofia del
ni
schermo televisivo.
Be
brand in questione sul proprio profilo, trasportando la pubblicità al di fuori dello
nc
as
Sebbene le audience della tv italiana tendano ad invecchiare, l’attitudine ai social
a
avvicina alla fruizione tradizionale anche un pubblico più giovane, regalando così
−
nuovi flussi vitali al medium più antico. Nonostante ciò, i brand continuano ad
Na
po
investire ingenti somme di denaro nella pubblicità televisiva, per una quota che
notevole, e risulta molto difficile per i brand riuscire ad essere ricordati, o comunque
26
Il Design Responsivo, o Responsive Web Design, indica una particolare tecnica di web design che
si adatta ai dispositivi dai quali il contenuto è visualizzato, modellandosi in base alla risoluzione di
schermi e pixel.
38
li
arriva anche a 3,6 miliardi l’anno. L’affollamento pubblicitario sugli schermi è
risultare efficaci, merito che viene riconosciuto soltanto al 30% di essi. Una delle
metriche per comprendere la validità del messaggio lanciato dall’adv televisivo, è il
commento che gli attribuiscono gli utenti sui social network. L’attività di Social Tv,
’
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si
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iv
Un
infatti, non coinvolge soltanto i programmi televisivi propriamente detti, ma anche
gli altri contenuti e contributi video fruibili dallo schermo, tra questi figurano senza
dubbio anche gli spot. Secondo le analisi condotte da Nielsen, lo spot efficace
dev’essere fluido, semplice e assolutamente crossmediale, riconoscibile per creatività
i
gl
de
e storytelling, declinabile su diversi dispositivi e, dunque, adatto ad un’audience
social. Nel mese di ottobre 2015, l’azienda leader delle survey internazionali ha
St
elaborato un’infografica interessante sulla Social Tv strettamente legata ai brand
i
ud
pubblicitari, specificandone i settori d’appartenenza e il numero di autori unici:
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Dagli Stati Uniti, come si conviene per ogni ricerca del settore, arriva lo studio
condotto da Forbes Insight, secondo il quale la maggior parte dei marketers fa della
39
rete il parametro fondamentale per valutare il posizionamento televisivo dei propri
messaggi pubblicitari. I responsabili del settore Marketing di diverse aziende,
affermano che il Targeting è il sistema più utilizzato, attestato dal 52% degli
’
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Un
intervistati. La Reach, ossia il raggiungimento del target su siti specializzati è
utilizzata dal 12% degli intervistati, il cui obiettivo è quello di raggiungere il maggior
numero possibile di potenziali clienti. L’analisi dei dati provenienti dalla
messaggistica a tema televisivo è un campo ancor più controverso, costellato da
i
gl
de
ostacoli e punti ancora oscuri, fattori che non aiutano la pianificazione di budget e
spese complessive per le campagne pubblicitarie27.
St
Sulla scia del Tv Ad Targeting, sempre nel 2013 Twitter lanciò in edizione limitata
i
ud
Amplify, un programma di advertising con cui le aziende e i brand potevano estrarre
Su
informazioni e tendenze utili dal buzz generato dai commenti, diffondendo così il
or
proprio credo agli utenti, non necessariamente ai soli follower. Le conversazioni
so
Or
social raggiungono picchi rilevanti quando nel corso di un evento televisivo si
la
verificano colpi di scena o momenti attesi, pensiamo ai goal durante una partita di
Be
calcio o una rissa scoppiata tra gli ospiti di un talk show. Amplify consente alle
ni
trasmissioni di twittare questi momenti salienti, amplificandone le interazioni. A
nc
as
questo punto entrano in gioco i brand che possono così sponsorizzare i frame video,
a
comparendo sotto forma di brevi spot in pre-roll destinati ad un target specifico.
−
Na
Disponibile in un primo momento soltanto negli Stati Uniti, all’inizio del 2015
po
Amplify è stato accolto con successo anche in Italia, grazie ad una partnership tra
pubblicitari. I contenuti esclusivi targati Sky, inoltre, incrementano il grado
27
http://www.emarketer.com/Article/Audience-Targeting-Top-Method-Used-Place-TV-Ads/1013315,
in data 08 dicembre 2015
40
li
Twitter e Sky che lascia ai brand spazi dai tre ai dieci secondi nei pre-roll
d’interattività del pubblico, chiamato a prender parte attiva nella fruizione. Ancora
una volta, nonostante il periodo di crisi dovuto alla preponderanza delle immagini,
Twitter si conferma il social network preferenziale per la Social Tv, per rapidità,
’
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iv
Un
tempestività, ma soprattutto, come si conviene nell’era delle visualizzazioni a tutti i
costi, viralità28.
Dal versante Facebook, che può contare su un bacino d’utenza pari a 1 miliardo e
mezzo circa di iscritti, si cerca di trovare soluzioni ottimali per gestire la mole di dati
i
gl
de
che ogni mese affolla le sue reti e la strada da percorrere dovrà interessare anche gli
inserzionisti. Per adesso si procede verso metriche di misurazione del tipo panel,
St
mutuando l’esempio di Nielsen, oppure effettuando sondaggi e annunci ben visibili
i
ud
anche su mobile. Gli obiettivi sono chiari, ma è ancora in fase di lavorazione la
Su
metodologia per riuscire a raggiungerli. Basandosi sul sistema TRP, ossia Target
or
Rating Point, Facebook sta utilizzando i tool tipici di Nielsen per far sì che le
so
Or
aziende comprendano il target di riferimento a cui rivolgere i propri annunci,
la
sfruttando anche le conversazioni televisive. Per quanto il processo possa sembrare
Be
una sorta di involuzione, si presenta utile per strutturare campagne di successo per il
ni
futuro: l’azienda dovrà infatti mettersi in contatto con i manager di Facebook e
nc
as
indicare il target prescelto, le caratteristiche della campagna video e dettagli del
a
brand. Sta poi al social network il compito di integrare e collegare tutti i punti.
−
Contando su una fetta di audience tipica delle piattaforme social, i già citati
Na
po
Millennials su tutti, Facebook garantisce agli inserzionisti di raggiungere audience
contemporaneo, tra tv e mobile, tra social e analogico. Ma c’è dell’altro: attivando la
28
http://www.marketingarena.it/2015/03/17/twitter-sempre-piu-social-tv-al-via-anche-in-italia-twitteramplify/, in data 08 dicembre 2015
41
li
che la tv non sempre può assicurare, creando così un ponte tra antico e
funzione d’acquisto, si facilita il processo di fidelizzazione dell’utente, agevolato da
un’ulteriore dimensione di comfort. Per avallare la validità di questo metodo di
confronto tra Facebook e Tv, Nielsen ha monitorato quarantadue campagne
’
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Un
pubblicitarie lanciate negli Stati Uniti, affermando che le impression di Facebook
erano talvolta raddoppiate rispetto a quelle generate dalla sola fruizione televisiva.
Lo step successivo sarà quello di effettuare gli stessi esperimenti in paesi come
Canada, Regno Unito, Francia, Italia, Germania, Australia e Brasile, nei quali sarà
i
gl
de
inserita anche l’opzione d’acquisto. Nel primo semestre del 2016 si prevede
l’attivazione anche su Instagram29.
St
Per riuscire nella missione di engagement anche sui social, dunque, gli inserzionisti
i
ud
devono necessariamente far leva sulla creatività e sulla capacità di incuriosire oltre
Su
che divertire l’interlocutore, coordinando le attività in rete con quanto già fatto sugli
or
schermi televisivi, ottimizzando i profitti. Nel momento in cui si riesce a veicolare
so
Or
l’attenzione dell’utente verso due media, televisione e social network in questo caso,
la
la missione può dirsi compiuta. L’idea di advertising, inoltre, continua ad essere
Be
talvolta un elemento d’intralcio nella fruizione di contenuti, ed è qui che entra in
ni
gioco lo strumento social per eccellenza, ossia l’hashtag: introducendo una keyword
nc
as
d’effetto che si allontani almeno apparentemente dai contenuti stessi della pubblicità,
a
è più probabile che l’utente si senta coinvolto e non aggredito nell’esperienza di
−
fruizione. La prospettiva delle emittenti nazionali, dunque, è quella di incoraggiare
Na
po
ed incrementare le attività di second screen, anche senza far riferimento ad
pubblicitari: l’utente non deve sentirsi costretto a scaricare un’applicazione, che
29
http://adage.com/article/digital/facebook-adopts-traditional-tactics-woo-tv-advertisers/300534/
data 08 dicembre 2015
in
42
li
applicazioni come Shazam che offrono contenuti secondari relativi a brand
potrebbe rappresentare un ostacolo nella scelta di condividere o meno la propria
fruizione. Il punto che resta tuttavia chiaro è che la televisione, nonostante la
continua e rapida diffusione di piattaforme e trend online, continuerà ad essere il
’
ta
si
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iv
Un
medium principale del pubblico italiano. Torna utile ricordare, dunque, che il social
non annulla la televisione e vice versa, entrambi s’implementano e si nutrono a
vicenda, hashtag e telecomando diventano
due strumenti
inseparabili
e
complementari. Lo hanno capito anche gli advertiser.
i
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de
1.5 Nielsen e BlogMeter: l’Auditel diventa social
ud
St
L’azienda che ha saputo cogliere al volo l’allettante richiamo del social auditel è
Nielsen, il colosso a stelle e strisce leader mondiale dei sondaggi e delle statistiche.
i
or
Su
Già nel 2011, Nielsen diede vita ad NM Incite, nata dal connubio con McKinsey, un
progetto che si proponeva di analizzare la corrispondenza tra incremento social e
Or
fasce di spettatori suddivise per età e genere. Il passo decisivo verso la creazione di
so
la
un tessuto di rilevazione delle audience social fu compiuto però nel dicembre 2012
Be
con lo storico accordo tra Nielsen e Twitter, una sinergia utile a focalizzare
ni
l’attenzione sulle opportunità che la Social Tv potesse offrire agli inserzionisti. Il
nc
as
primo risultato di questo matrimonio d’interessi fu diffuso nel settembre 2013 con il
a
primo confronto tra auditel tradizionale e rilevazioni social effettuate su Twitter. Ne
−
Na
emerse che i generi preferiti da entrambe le fasce di spettatori erano il reality show, il
po
talent show e le manifestazioni sportive, con picchi relativi alle serie tv sul versante
li
Twitter e alto gradimento per il varietà dal fronte tradizionale.
Nel giro di due anni, l’accordo tra Nielsen e Twitter si è consolidato e rafforzato,
offrendo spunti di riflessione da diversi punti di vista, dando vita alla felice realtà di
43
Nielsen Twitter Tv Ratings, una sorta di osservatorio interattivo con cui è possibile
monitorare autori e numero di tweet relativi alle trasmissioni televisive e i dati di
reach, ossia il numero di utenti che visualizzano ed interagiscono con il tweet stesso.
’
ta
si
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iv
Un
Attiva dai primi mesi del 2015 nel nostro paese, Nielsen Twitter Tv Ratings attesta
che i generi più commentati e twittati dagli italiani, oggi come due anni fa, sono il
reality e lo sport, seguiti dall’onnipresente varietà e dai talk show politici, prodotti
tipicamente italiani che stanno vivendo una seconda giovinezza grazie ai social
i
gl
de
media, che testimoniano la volontà degli utenti di essere “un po’ meno spettatori, un
po’ più autori”30.
i
ud
St
or
Su
la
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Or
ni
Be
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I trend popolari sui social network rispecchiano i palinsesti televisivi, confermando
a
−
la predominanza di un’audience molto tradizionale, incline al prodotto tipico, anche
po
Na
soltanto per commentarlo negativamente o per rispondere ai commenti visualizzati
televisione nostrana è il classico esempio di come tradizione ed innovazione possano
30
http://www.linkiesta.it/it/article/2014/01/24/giu-nel-vortice-della-crossmedialita/19118/, in data 03
dicembre 2015
44
li
quando non si fruisce direttamente del programma in questione. Del resto, la
nutrirsi e beneficiare l’una dell’altra, senza stravolgere gli equilibri stabiliti negli
anni dallo spettatore.
Nielsen Twitter Tv Ratings mette a disposizione degli utenti un account Twitter,
’
ta
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Un
@NielsenItaly, per l’appunto, dal quale esperti e curiosi possono attingere
quotidianamente dati ed infografiche utili alla causa della Social Tv, mostrando un
valido esempio di laboratorio attivo a misura di nativi digitali. La televisione si apre
così nelle sue sfumature anche al popolo dei social, aprendo nuovi spiragli
i
gl
de
d’interesse ed approfondimento, basta seguire gli aggiornamenti alla voce #nttr,
acronimo di Nielsen Twitter Tv Ratings sotto forma di hashtag. E ciò che
St
evidenziano i rilievi social di Nielsen, è la sempre crescente attitudine manifestata
i
ud
dagli italiani nel commentare i programmi televisivi. I dati rilevati nel mese di
Su
settembre 2015 registrano 2,6 milioni di tweet relativi alle trasmissioni televisive,
or
240 mila unique authors (utenti-autori singoli) hanno twittato almeno su quanto
so
Or
fruissero dagli schermi tv, generando oltre 128 milioni di impression, ossia il numero
la
delle singole visualizzazioni di un post e un’audience di oltre 225 mila utenti al
Be
giorno31. L’efficacia di Nielsen sta nella tempestività degli aggiornamenti, peculiarità
ni
che non esclude la precisione delle metriche prese in analisi e la divulgazione dei dati
nc
as
raccolti, uno strumento che consente di condividere e partecipare in altre forme a
a
quell’intelligenza collettiva che Pierre Levy ha brillantemente teorizzato con
−
po
Na
l’avvento dei new media.
BlogMeter, l’azienda italiana fondata nel 2007 specializzata nelle attività di social
media monitoring, analytics e management attraverso l’analisi delle conversazioni
31
http://www.nielseninsights.eu/articles/nielsen-twitter-tv-ratings-for-italy, in data 03 dicembre 2015
45
li
Alle intuizioni pioneristiche di Nielsen si affiancano le attività made in Italy di
online. Tra i servizi offerti, il più utile alla causa televisiva è sicuramente il Social Tv
Meter, tool che unisce già nella sua definizione le diverse accezioni cronologiche
della misurazione dell’auditel. BlogMeter agisce soprattutto per le aziende, raccoglie
’
ta
si
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iv
Un
i dati articolando le attività di Social Tv in diverse fasi: dapprima segue il buzz delle
trasmissioni in tempo reale, rilevandone i picchi di audience e le keywords principali,
confrontando poi ciascuna puntata presa in considerazione con le precedenti.
L’analisi si dipana poi nell’arco delle settimane, ricercando generi e performance
i
gl
de
utili a pianificare i palinsesti pubblicitari anche in rete. Le metriche tenute in
considerazione per elaborare le statistiche valutative della Social Tv di BlogMeter
St
sono i nuovi fan e follower, il numero di unique authors e il total engagement.
i
ud
Inoltre, con il SocialTv Meter si osservano la popolarità ed il grado d’influenza di
Su
personaggi televisivi, webstar e trasmissioni stesse, consultando le apposite
or
classifiche settimanali lanciate sui canali social. A differenza di Nielsen Twitter Tv
so
Or
Ratings, BlogMeter osserva il comportamento degli utenti anche su Facebook, che
la
presenta un’audience assai più variegata della piattaforma di microblogging. I
Be
risultati delle ricerche, tuttavia, hanno mostrato trend molto simili alle analisi già
ni
effettuate da Nielsen, portando ancora una volta in vetta alle classifiche social reality
as
nc
e talent show come Amici di Maria De Filippi e X Factor.
a
Il comportamento social degli utenti più attivi su Facebook tende a preferire il
−
Na
programma televisivo singolo piuttosto che l’emittente, favorita, talvolta, dai
po
follower su Twitter. L’infografica aggiornata ad ottobre 2015 elaborata da BlogMeter
un programma come il Grande Fratello a cui risponde su Twitter la vittoria di Sky
46
li
chiarisce questo punto, evidenziando l’alta percentuale di nuovi fans su Facebook per
TG24, forte dello sdoppiamento su digitale terrestre32, seguita da altre emittenti come
Mtv Italia, e account di singole trasmissioni. In entrambi i casi presenziano il talent
show di Sky X Factor e il contenitore d’infotainment Le Iene, cavallo di battaglia di
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Italia Uno, la rete Mediaset più giovane.
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Facebook, tuttavia, non resta a guardare. A partire dal 2013, infatti, Zuckerberg e
la
colleghi hanno stipulato un accordo con le principali emittenti statunitensi per la
ni
Be
vendita di conversazioni pubbliche e private il cui tema verta intorno alle
as
è davvero molto labile e controverso.
nc
trasmissioni televisive. In questo caso il confine tra analisi e violazione della privacy
a
−
I casi di Nielsen Twitter Tv Ratings e di BlogMeter, dunque, sanciscono
po
Na
l’affermazione del Qualitel, una sorta di Auditel moderno basato sulla sentiment
si limita ad un criterio meramente quantitativo. La Social Tv apre le porte alle
32
Dal 27 gennaio 2015 Sky Tg24 è disponibile anche su Digitale Terrestre, fruibile anche dai non
abbonati Sky.
47
li
analysis rilevata dalle interazioni sul web, a differenza dell’Auditel tradizionale che
emozioni, alle reazioni, ai profili e ai gusti del consumatore, in una logica user
oriented sia dei palinsesti che delle inserzioni pubblicitarie.
’
ta
si
er
iv
Un
1.6 Broadcasting ed interazione: da Periscope agli scenari futuri
Abbiamo già fatto riferimento alla logica dei prosumer, ossia produttori e
consumatori di contenuti di vario genere. Nell’ottica della Social Tv, il terreno più
fertile sul quale innestare dinamiche di produzione partecipata è rappresentato da
i
gl
de
Periscope, l’applicazione che riesce a fondere l’identità di broadcaster e l’interazione
quasi pervasiva degli utenti. Diffusa all’inizio del 2015, lanciata da Twitter come
caratteristiche
ud
St
ulteriore supporto alle attività di live streaming, Periscope ha subito mostrato le
essenziali
per
cambiare
le
modalità
di
comunicazione
e
i
or
Su
d’informazione attraverso i social network. Per utilizzare l’applicazione è necessario
collegarla al proprio account Twitter, seguire gli utenti che ci interessano e ampliare
Or
la propria rete di contatti. Di qui, una volta fornite informazioni di tipo geografico
so
la
utili a localizzare interessi ed utenti, si apre l’opportunità di creare trasmissioni in
ni
Be
diretta alle quali potranno assistere non soltanto i nostri followers, ma anche utenti
provenienti potenzialmente da ogni parte del mondo. Le sperimentazioni sono state
nc
as
notevoli, anche se gli esperti affermano che non è esattamente chiara la reale utilità
a
di Periscope. L’aspetto innovativo sta nella reale fusione tra twittercronaca e
−
Na
broadcasting, dato che nel corso della diretta gli utenti possono commentare le
po
immagini ricevute mediante l’apposita barra di testo posizionata in basso. Lo
commenti inviati è causa necessaria e sufficiente per cambiamenti di rotta della
trasmissione, modellata intorno alle richieste e provocazioni dei followers, senza
48
li
spettatore si veste così a pieno titolo del ruolo di influencer, la lettura in diretta dei
filtri e rigorosamente live. I rischi delle dirette libere, per così dire, rientrano tutti nei
problemi di censura e di buongusto, nell’utilizzo di linguaggi ed atteggiamenti poco
consoni che potrebbero ledere la sensibilità altrui. Un problema con il quale anche la
’
ta
si
er
iv
Un
televisione tradizionale si trova a dover combattere ormai da decenni.
Periscope ha catturato l’attenzione di molte agenzie pubblicitarie che ne apprezzano
la forte componente interattiva, utile a creare un senso d’urgenza negli utenti indotti
ad acquistare un particolare prodotto. Marchi noti in tutto il mondo, hanno utilizzato
i
gl
de
la video app per lanciare nuovi articoli mediante brevi dirette girate dietro le quinte e
nei loro uffici. La possibilità di assistere ad uno spettacolo che rompa i cardini
St
dell’intrattenimento tradizionale è la vera valuta di scambio social con la quale
i
ud
accattivare consumatori ed utenti, quell’imprevisto consapevole che funziona anche
Su
nei palinsesti propriamente detti. Rob Fitzgerald, Presidente di We Are Social U.S.,
or
afferma che Periscope è la chiave di volta per tutti i clienti di agenzie pubblicitarie
so
Or
che cerchino contenuti innovativi, Tuttavia, secondo l’opinione comune degli esperti
la
del settore, sembra che Twitter non stia dando a Periscope la dovuta importanza,
Be
mostrandola soltanto come una semplice parte delle performance video introdotte dal
ni
social network33, non come un prodotto separato. Prima di Periscope, tuttavia,
nc
as
un’altra app di live streaming ha fatto parlare di sé per la sua portata fortemente
a
social-innovativa: Meerkat, creata dall’israeliano Ben Rubin e disponibile all’inizio
−
Na
del 2015 nell’App Store. Anche in questo caso, l’applicazione si collega direttamente
po
all’account Twitter, trasformando i propri followers in potenziali spettatori. Poco
33
Twitter ha introdotto l’opzione video nel gennaio 2015, un servizio nativo per rendersi più
competitivi sul mercato dei social network.
49
li
dopo il lancio, Redbull ed IBM tra i brand, Barack Obama e Jimmy Fallon tra i vip,
se ne sono serviti per comunicare, pubblicizzare, diffondere informazioni e contest,
regalando a Meerkat un’ondata di successo e di download molto remunerativa.
Le video app, d’altro canto, potrebbero dare nuovo slancio alla piattaforma di
’
ta
si
er
iv
Un
microblogging, considerata l’introduzione da parte di Facebook delle mentions34 in
diretta, video live di risposta ai commenti postati principalmente su pagine fan di
dominio pubblico35. Ma il social di Mark Zuckerberg non si è limitato soltanto a
questo. L’arrivo di Periscope ed il successivo oscuramento dei frame di Meerkat dal
i
gl
de
social graph di Twitter, ha dato inizio ad una sfida a distanza alla quale si aggiunge,
per l’appunto, la concorrenza di Facebook. Il social network per eccellenza, infatti,
St
ha lanciato la funzione di live video per mobile, offrendo così al singolo utente e non
i
ud
soltanto alle pagine fan, di andare in diretta con contenuti originali. La sfida diventa
Su
ancor più competitiva se pensiamo al numero di iscritti al social di Zuckerberg:
or
potenzialmente oltre un miliardo di persone potrebbero diventare papabili
so
Or
broadcaster. I live video made in Facebook si apriranno anche ai commenti live, un
la
deja vu al quale gli utenti più immersi nella socialsfera non si sottraggono. Le dirette
Be
live di Facebook non sfidano soltanto Periscope e Meerkat, ma anche Skype, dato
ni
che gli utenti possono selezionare il numero e le identità dei contatti ai quali far
nc
a
a scelta.
as
pervenire le loro immagini, collage fotografici o video da condividere con una platea
−
po
Na
li
34
Nell’agosto 2015 Facebook ha lanciato la funzione “Mentions” per le pagine e i profili certificati,
un’opzione che consente di trasmettere video in diretta per comunicare in tempo reale con i propri fan.
35
http://www.valuewalk.com/2015/12/periscope-popular-twitter-not-know/, in data 04 dicembre 2015
50
Capitolo Secondo
Il ruolo della Social Tv negli studi sulla televisione
’
ta
si
er
iv
Un
Il quadro descritto dalle attività social legate alla fruizione televisiva suggerisce una
revisione, o meglio, un aggiornamento consapevole di indagini sociologiche e studi
accademici sulla televisione. Il piccolo schermo è, sin dai suoi albori, il principale
vettore culturale del nostro paese, protagonista assoluto dell’alfabetizzazione nel
i
gl
de
secondo dopoguerra e artefice di mode, usi e costumi dell’Italia così come la
conosciamo oggi. Descrivere sistematicamente le fasi dello sviluppo culturale
St
ud
italiano, in termini di industria culturale, per l’appunto, è un’operazione complessa,
i
talvolta contraddittoria, se consideriamo l’atteggiamento molto spesso restìo
Su
Or
intellettuale.
or
dell’élite colta nei confronti dei media, colpevoli di aver omologato la produzione
la
so
È stata dunque conseguenza naturale, se non doverosa, da parte di intellettuali e
pensatori dello scorso secolo, l’attitudine ad analizzare e studiare l’impatto della
Be
ni
televisione sul modo di pensare e d’agire degli spettatori, consegnando così alla
as
nc
storia del medium pagine di eccezionale valore letterario, sociale e filosofico.
Già la televisione tradizionale, intesa come piccolo schermo, telecomando, antenna
a
−
ed etere, diede il suo ampio contributo alle critiche provenienti dalla sinistra più
Na
po
radicale; del resto, l’introduzione di una nuova tecnologia richiede da sempre tempi
36
La nozione di “domestication” si riferisce al processo mediante il quale le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione entrano a far parte della vita quotidiana delle persone,
solitamente all’interno di un’unità domestica, ma anche in altre strutture sociali, come le
Organizzazioni. Il termine evoca l’idea di “addomesticamento del selvaggio”, suggerendo che
l’artefatto tecnologico non venga semplicemente adottato, con esclusivo riguardo per le specifiche
51
li
di domestication36 adeguati. Eppure, nel mare magnum di teorie e critiche, la
televisione
costituisce
la
chiave
di
lettura
universale,
la
linea
guida
nell’interpretazione e comprensione dei principali fenomeni culturali, sociali e
mediatici del nostro paese. Se per la televisione il processo si è spalmato su un lasso
’
ta
si
er
iv
Un
di tempo relativamente breve, ma rispondente ad uno spontaneo processo
transgenerazionale, l’avvento tempestivo e irruente di internet prima e del Web 2.0
poi, ha dissolto e riorganizzato gli equilibri stabilitisi tra i diversi media e le
interazioni reciproche, lasciando lungo il percorso una serie di domande alle quali si
i
gl
de
prova a dare risposta passo dopo passo, evoluzione dopo evoluzione. Il discorso
s’intensifica con i social network, intesi sia come reti sociali e relazionali
St
propriamente dette, sia come ulteriore strumento utilizzato dai network televisivi per
i
ud
incrementare ascolti, introiti economici, per fidelizzare il pubblico attraverso
Su
linguaggi ed espressioni nuovi. Nel mezzo, troviamo la fase di transizione che, per
or
quanto breve da un punto di vista cronologico, ha vissuto trasformazioni e riassetti
so
Or
tanto rapidi quanto rivoluzionari, nel senso letterale della parola: hanno modificato
la
dall’interno determinate strutture di fruizione, pur lasciando in parte invariati i gusti e
Be
le attività dello spettatore medio che, dotato di estensione “smart”, approccia al
ni
palinsesto insignito di un nuovo potere, quello di modificare e influenzare la propria
nc
as
dieta mediale con la sua opinione, elargita attraverso i social network. Il terreno
a
disegnato dalle interazioni social è l’ampliamento massimo dei focus group tipici
−
Na
della sociologia tradizionale, dell’agorà e dello spirito aggregativo con il quale
po
venivano a formarsi comunità di fruizione o semplici gruppi d’ascolto. È cambiata
funzionalità con cui viene offerto sul mercato, ma sia piuttosto fatto oggetto di un processo di
assimilazione, teso a ricondurlo entro le cornici delle azioni e dei significati che punteggiano la vita
quotidiana (Fonte: “Tecnologie comunicative e vita quotidiana: il modello euristico della
domestication”, articolo di Gabriele Qualizza consultato in data 07/01/2016).
52
li
la modalità di conversare sui programmi televisivi, ma i contenuti, come una
costante narrativa contemporanea e nostrana, tendono alla coerenza, seppur
adeguandosi ai tempi e alle tecnologie.
Talvolta, però, l’estraneità al mezzo induce a formulare considerazioni e valutazioni
’
ta
si
er
iv
Un
superficiali in merito alla reale utilità e potenzialità delle sue funzioni. La scarsa
alfabetizzazione digitale di gran parte della classe dirigente e del corpo docenti in
servizio negli istituti scolastici ed universitari, ha prodotto effetti che non hanno
sempre reso giustizia alla reale natura del Web e dei device deputati al caso. Si tende
i
gl
de
spesso a demonizzare il “mostro” informatico, puntandovi contro il dito come
principale responsabile di devianze comportamentali diffuse tra i più giovani. Altre
negative,
proprio
perché
scarsamente
educati
alla
fruizione
i
ud
conseguenze
St
volte, invece, sono proprio le generazioni poco avvezze ai new media a subirne le
Su
consapevole. Proprio come accadeva con la televisione, e come ancora accade. Nel
or
nuovo millennio, però, il piccolo schermo trova ottima compagnia con i second (o
so
Or
first) screen tipici della contemporaneità, le estensioni dell’essere umano che, per
la
quanto sedi della nostra memoria digitale ed artefici di un progresso che va a toccare
Be
tutti gli ambiti della produzione economica e mediatica, sembrano dover ancora fare i
ni
conti con reticenze e diffidenza da parte degli studi accademici propriamente detti.
nc
as
Non mancano le eccezioni che testimoniano la volontà di aprire spiragli
a
d’innovazione anche tra le pagine di volumi che, per forza di cose, vanno
−
riattualizzati o semplicemente consegnati alla storia di Sociologia e Mediologia.
Na
po
Senza le teorie del passato, le tesi e gli esperimenti condotti non troppi decenni fa,
li
tuttavia, è impossibile procedere nella scrittura di nuovi capitoli.
53
2.1 Excursus sulla conversazione: da Goffman e Sacks alle
conversazioni televisive
’
ta
si
er
iv
Un
In principio era il logos. L’incipit del Vangelo secondo Giovanni, pilastro del
cristianesimo primitivo, è l’emblema di quanto sia stata, e continua ad essere
importante la parola. Letteralmente logos in greco significa parola, verbo, intesa,
nella sua accezione religiosa, come luce e dunque conoscenza. Certo, non esiste nulla
i
gl
de
di più broadcasting della parola cristiana, ma il paragone può essere utile a
comprendere gran parte della filosofia e sociologia dedicate al verbo e di
ud
St
conseguenza alla comunicazione, che vede tra i suoi principali veicoli di trasmissione
i
la parola, per così dire, parlata. Scendendo ancor di più nei particolari, il parlato va
or
Su
considerato come una delle prime forme di interazione, o quanto meno la più diffusa,
e alla voce interazione, si può inserire a buon diritto anche l’attività della
Or
so
conversazione. Il preambolo descritto dal logos cristiano può apparire azzardato, ma
la
nell’ambito degli studi sulla comunicazione e sulla socializzazione da essa derivata,
ni
Be
non si può fare a meno di ricordare il cristianesimo o comunque il fattore religioso in
nc
generale quale vettore potente e infallibile per la diffusione di messaggi, idee e
as
cultura, ne sono infelice testimonianza anche gli estremismi del nuovo millennio, che
a
−
fanno largo uso, tra l’altro, dei social network e dei new media.
po
Na
È necessario, tuttavia, focalizzare l’attenzione sull’atto particolare descritto
dall’interazione. L'importanza della parola e della conversazione, al di là degli studi
54
li
sul linguaggio, interessò studiosi e sociologi sin dagli anni Cinquanta e Sessanta del
'900. È in quel periodo storico che si sviluppa infatti l'etnometodologia37 , un
progetto di studi che approccia alla società e alle relazioni tra individui con metodo
scientifico ed esperienziale, contrapponendosi alla sociologia tradizionale. Uno dei
’
ta
si
er
iv
Un
principali esponenti del metodo fu Harold Garfinkel che fece del rapporto tra
sociologia e società stessa lo snodo cruciale dei suoi studi. Essendo una sorta di
impegno laico, fondato cioè sull'interesse verso l'ordine sociale spontaneo e non
imposto da ideologie dominanti, l'etnometodologia si spinge ad approfondire altri
i
gl
de
percorsi d'indagine relativi alla vita quotidiana, che fa dell'interazione il suo ago della
bilancia preferenziale. Nell’ambito della sociologia dell’interazione, la personalità di
St
spicco per eccellenza è Erving Goffman, sociologo canadese che ha fornito
i
ud
contributi essenziali alle scienze della comunicazione. Goffman teorizzò per primo il
Su
cosiddetto gioco delle facce, che risponde ai quesiti relativi ai requisiti e alle
or
condizioni necessarie per costruire vita sociale. Il concetto di faccia introdotto da
so
Or
Goffman supera l’aspetto meramente espressivo, diventando una concessione che la
la
società, e dunque gli altri individui, consegnano al soggetto, al quale sottrarla in caso
Be
di errore o comportamento deviante. Nel gioco delle facce è essenziale
ni
l’accountability, ossia il senso di morale e responsabilità verso gli altri, lo strumento
nc
as
attraverso il quale l’individuo comprende la reciproca dipendenza dai suoi simili.
a
Secondo Goffman la società e la vita quotidiana non sono altro che una
−
drammaturgia, un susseguirsi di facce e ruoli assunti in base alle situazioni nelle
Na
po
quali si è immersi, quelle che più diffusamente possiamo definire come convenzioni
li
37
Coniato dal sociologo statunitense H. Garfinkel, il termine designa una teoria dell'azione sociale
ispirata alla fenomenologia e, in particolare, all'opera di A. Schütz. Costruito sulla base di termini
simili, come etnoscienza, etnobotanica, ecc., il termine si riferisce all'insieme dei ''metodi'' impiegati
dagli attori per creare e sostenere, nei confronti del mondo sociale, la quotidianità e la naturalità del
vissuto sociale; l'e. studia in particolare i fenomeni cosiddetti ''microsociali'' non oggettivabili in
sistemi di regole. (Fonte: Enciclopedia Treccani).
55
sociali. La comprensione della società umana avviene indagando tra le pieghe della
consuetudine, tra azioni e ruoli prestabiliti, comportamenti e costruzioni di senso
derivati dall’azione, un terreno che offre numerose opportunità. Uno dei contesti che
’
ta
si
er
iv
Un
emerge da questa esigenza è proprio lo studio del parlare, della conversazione e,
dunque, della vita quotidiana. La scoperta del parlare come oggetto di studio è uno
dei traguardi più significativi della filosofia e della sociologia, tanto che si è parlato
di “svolta linguistica” delle scienze sociali, un corso di studi che ha prodotto risultati
i
gl
de
interessanti non senza difficoltà. Nella sua ultima opera, “Forme del Parlare” del
1981, Goffman afferma, per l’appunto, l’esistenza di più forme del parlare, ciascuna
St
legata ad una situazione particolare. Una delle questioni più spinose riguarda
i
ud
l’identità del parlante: in contesti come la cabina radiofonica o le aule in cui si
Su
svolgono lezioni didattiche possono sorgere dubbi sulla rispondenza tra autore di ciò
or
che si dice ed agente del parlato stesso. Nel corso di una conferenza o di una lezione
so
Or
possono avvenire cambiamenti di flusso o prestiti da altri autori, secondo quello che
la
Goffman definisce footing, vale a dire un riposizionamento dell’interlocutore che può
Be
modificare la forma dell’enunciato e la percezione degli ascoltatori. Anche il
ni
rapporto con questi ultimi diventa per Goffman oggetto d’analisi, in virtù della
nc
as
riconoscibilità dei soggetti che popolano la schiera dei riceventi. Nel momento in cui
a
si esce dagli schemi del modello di comunicazione biunivoco, trasformando i propri
−
interlocutori in un insieme indistinto e non riconoscibile di persone, si passa dalla
Na
po
nozione di ascoltatori a quella di pubblico, una versione più complessa
tradizionale.
Le
attenzioni
di
Goffman
si
concentrarono
essenzialmente sui monologhi, evidenziando una lacuna effettiva nella reale analisi
del parlato e della conversazione. A supplire questa mancanza intervenne Hervey
56
li
dell’ascoltatore
Sacks, l’allievo di Goffman che sviluppò brillantemente la Conversation Analysis,
letteralmente l’analisi della conversazione, vera conquista della sociologia
dell’interazione. Il lavoro di Sacks, che in una fase iniziale contò sul supporto e
’
ta
si
er
iv
Un
confronto con Garfinkel, prevedeva la registrazione di conversazioni quotidiane di
diverso tipo, successivamente trascritte per elaborare un valido canovaccio d’analisi.
Sacks preferì puntare i suoi studi sull’esperienza e sulle reali espressioni emerse dalle
registrazioni, che restituiscono così l’immagine di un vero ordine sociale, momento
i
gl
de
dopo momento, azione dopo azione. Il linguaggio parlato fu bistrattato per lungo
tempo data la forte imprevedibilità, accompagnata da incertezza, che caratterizza le
St
conversazioni, non esiste infatti un linguaggio ordinario ideale. L’avvento di una
i
ud
nuova tecnologia quale il nastro registrabile, consentì di sviluppare una branca di
Su
studi dedicata totalmente all’analisi precipua del parlato quotidiano, articolando le
or
indagini in due stadi: la prima fase è proprio il momento della registrazione, la
so
Or
successiva, invece, prevede la trascrizione di quanto raccolto, valutando parole,
la
pause e anche silenzi che pure assumono un significato particolare. Alla
Be
Conversation Analysis va dunque il merito di aver dato valore a ciascuna
ni
componente dell’interagire umano, anche quelle che apparentemente non avevano
Questo
approccio
alla
conversazione
è
ben
as
significato.
nc
alcun
integrato
a
nell’etnometodologia poiché dà senso all’agire e al parlato in base a quanto accade in
−
fieri, a differenza della sociologia propriamente detta che impone un certo modo di
Na
po
pensare e teorizzare sulle vicende prese in analisi. La cospicua mole di dati che si
complesso nel ricercare una strada unitaria allo sviluppo di un’analisi coerente, vista
la frammentarietà del discorso parlato: anche la minima esitazione, una pausa
57
li
presenta agli studiosi della Conversation Analysis, inoltre, rende il tutto molto
imprevista, un cambiamento improvviso del tono di voce può modificare il senso di
un’intera conversazione. Nonostante i risultati empirici raggiunti, la Conversation
Analysis fu ben lontana dall’imporre le proprie idee e metodologie sugli oggetti di
’
ta
si
er
iv
Un
ricerca individuati, ma riuscì, tuttavia, a dare dignità ad un settore di studi fino ad
allora considerato vacuo e per la sua mutevolezza, privo di senso perché troppo
immerso nella vita quotidiana e nella consuetudine.
Pur essendo più concentrato sul fenomeno della persuasione e sugli studi legati alla
i
gl
de
comunicazione di massa, bisogna ricordare Robert Merton per il suo forte
contributo alle indagini sugli eventi mediatici e, in un certo senso, anche sulla
St
conversazione, anche se in forme e metodi diversi rispetto a ciò che poi si vedrà con
i
ud
Goffman e Sacks. Il sociologo americano ma europeo di formazione, seguendo il
Su
fortunato esempio di Paul Lazarsfeld e del suo Project Radio relativo alla “Guerra dei
or
mondi” inscenata da Orson Wells38 e su suggerimento di Lazarsfeld stesso, concentrò
so
Or
le sue attenzioni su un altro evento mediatico di spicco, ossia la lunga maratona
la
radiofonica condotta da Kate Smith per raccogliere fondi con la vendita dei titoli di
Be
stato durante la Seconda Guerra Mondiale. Era il 1941 e Kate Smith era una delle
ni
cantanti radiofoniche più popolari negli Stati Uniti, la sua fama avrebbe facilmente
nc
as
persuaso il pubblico ad elargire denaro e a mettere in mostra il proprio patriottismo,
a
visto anche il sostegno dell’allora Presidente Franklin Delano Roosvelt che la definì
−
Na
come “una delle più grandi cantanti” e “rappresentazione delle virtù americane”. Le
po
trasmissioni condotte dalla Smith sull’emittente CBS pubblicizzavano sigarette,
38
“La guerra dei mondi (War of the Worlds)” fu un celebre sceneggiato radiofonico trasmesso il 30
ottobre 1938 negli Stati Uniti dalla CBS e interpretato da Orson Welles, tratto dall'omonimo romanzo
di fantascienza di Herbert George Wells. È rimasto famoso per avere scatenato il panico descrivendo
una invasione aliena. Paul Lazarsfeld la considerò un’ottima opportunità per analizzare e studiare gli
effetti dei media di massa sulla popolazione.
58
li
caffè, cereali e teglie da forno, prodotti adatti ad una sana e virtuosa vita domestica,
piuttosto che alla guerra. Kate Smith s’intrometteva nel flusso radiofonico per circa
quindici minuti ogni ora per diciotto ore, convincendo e persuadendo gli ascoltatori a
rendersi utili alla causa del paese. La maratona radiofonica fruttò oltre 40 milioni di
’
ta
si
er
iv
Un
dollari, a testimonianza del forte potere persuasivo della radio e dunque dei media di
massa. Entrato di diritto nel team di ricerca di Lazarsfeld, Robert Merton apportò
nuova linfa ai metodi di ricerca, introducendo un metodo pioneristico e assai efficace
strutturato intorno ad interviste mirate: nasce il focus group. Questo metodo fu alla
i
gl
de
base dell’analisi empirica relativa alla trasmissione di Kate Smith, che coinvolse
emotivamente ed economicamente milioni di telespettatori. Merton articolò le
St
interviste partendo dapprima dall’analisi dei contenuti della trasmissione,
i
ud
interrogando successivamente e in maniera approfondita un gruppo di circa cento
Su
persone che avessero seguito la trasmissione, formulando interviste campione con
or
una cross-section di circa mille persone. Le due fasi servirono a mostrare da un lato il
so
Or
carattere oggettivo delle trasmissioni, dall’altro, attraverso il punto di vista degli
la
intervistati, si rilevava la reale capacità di persuasione del medium: dalle interviste
Be
emerse che gli ascoltatori non si sentivano soltanto testimoni, ma addirittura
ni
partecipanti attivi. Come affermò la stessa protagonista, “più andavi avanti, più eri
nc
as
coinvolto”, l’evento assunse i connotati di un esperimento di persuasione, più che di
a
propaganda, dato che si richiedeva una rispondenza biunivoca e non unidirezionale
−
tra mezzo e ascoltatore.
Na
po
“Il solito monologo radiofonico divenne qualcosa di simile a una conversazione. La
appena detto o detto diversamente, che quello che uno anticipa sarà ripreso da colui
che parlerà dopo: la maratona permise alla Smith di rappresentare l’apparenza, e in
59
li
sostanza di una conversazione è ciò che ciascuno dice, riprende quello che l’altro ha
parte la realtà, di una conversazione”, nelle parole di Peter Simonson si raccoglie il
senso dell’esperimento e della comunicazione dei media di massa, che fanno della
conversazione, seppur inscenata, uno dei pilastri portanti, ieri, come oggi.
’
ta
si
er
iv
Un
Abbiamo fatto riferimento al focus group che, in forme ristrette e limitate alle
scienze sociali, pure rappresenta in nuce ciò che l’agorà allargata e sfumata dei social
network ha disegnato con la Social Tv, chiarirne la natura specifica può
accompagnare la comprensione della contemporaneità, decisamente più complessa.
i
gl
de
Robert Merton utilizzò la tecnica delle interviste mirate anche per valutare il morale
dei soldati durante la Seconda Guerra Mondiale, spianando la strada alle ricerche di
St
mercato che si servono abbondantemente di questo metodo e alle indagini relative a
i
ud
cause di volontariato e gusto orientato del pubblico. Alla base del focus group che è
Su
sempre guidato da una terza persona, vi è l’interazione che viene a crearsi all’interno
or
del gruppo selezionato per l’intervista, la conversazione tra i partecipanti, infatti,
so
Or
genera interessanti flussi d’informazione e consapevolezza dei propri ruoli sociali. Il
la
numero dei partecipanti varia a seconda degli argomenti scelti, spesso si preferisce
Be
scegliere partecipanti omogenei per estrazione culturale e sociale in modo da favorire
ni
l’interazione. Una volta fornite le linee guida della discussione ai partecipanti, il
nc
as
focus group si svolge secondo il metodo stimolo-risposta, assicurandosi che non si
a
creino ambiguità ed imbarazzi nel rispondere alle domande elaborate dal team di
−
esperti. Talvolta può essere utile servirsi anche di immagini e filmati per far sì che i
Na
po
membri del focus group interiorizzino gli argomenti trattati. È importante che i
vissuto particolare. La conversazione generata nel corso dell’esperimento va
registrata e sottoposta ad analisi successiva. La sbobinatura a posteriori consente di
60
li
partecipanti siano ubicati in un territorio neutro e privo di riferimenti negativi al loro
creare categorie interpretative e valutative con le quali elaborare i risultati e gli
obiettivi posti all’inizio della ricerca, e in questo caso gioca un ruolo fondamentale
l’osservatore del focus group, l’esperto incaricato a supportare silenziosamente il
’
ta
si
er
iv
Un
conduttore della conversazione. In alcuni casi è difficile comprendere la provenienza
degli intervistati, ci si può trovare dinanzi ad un pubblico ignoto e sfumato, ed è qui
che diventa importante l’analisi dei dati raccolti, la fase che consente di creare le
categorie interpretative di cui sopra anche in ambiti e contesti più difficili da
i
gl
de
individuare, caratterizzati da dettagli e particolari non percepibili in altre situazioni.
L’apparato teorico relativo ai media di massa, dunque, si serve abbondantemente
St
della conversazione che, al di là dell’accezione propriamente legata all’interazione,
i
ud
rappresenta il primo veicolo di socializzazione conosciuto dall’uomo. Nonostante la
Su
natura broadcast della radio, l’ascoltatore era indotto ad una partecipazione quasi
or
conversazionale con la voce udita dall’apparecchio, il più delle volte fruito insieme
so
Or
ad altre persone o gruppi d’ascolto. Il medesimo discorso è del tutto consono anche
la
alla televisione, medium più giovane della radio che sin dai suoi albori, soprattutto
Be
nel nostro paese, rappresentò il fulcro di diverse attività fondanti della cultura
ni
nostrana, dalla scolarizzazione allo spirito aggregativo tipico della socializzazione.
nc
as
La televisione può essere definita a buon diritto come il primo vero social network
a
dell’età contemporanea. Filiberto Guala, tra i primi a ricoprire il ruolo di
−
Na
Amministratore Delgato della Rai, definì la televisione come “Il focolare del nostro
po
tempo”, una delle metafore più felici attribuite alla funzione specifica della tv delle
diventa di colpo un presente a noi noto, un presente che sa di modernità ma che si
radica nelle tradizioni culturali della nostra “preistoria tecnologica”. Una delle dirette
61
li
origini. Ed è da questo efficace paragone che il passato del medium televisivo
conseguenze provocate dalla diffusione dei primi schermi televisivi fu la creazione
spontanea e centralizzata di reti sociali a carattere locale, costituite da uno o più
nuclei familiari che si riunivano intorno al piccolo schermo. Non era insolito
’
ta
si
er
iv
Un
intavolare discussioni e conversazioni su quanto apparisse sugli schermi, se non altro
perché “lo aveva detto la televisione”. I programmi educativi promossi dal progetto
ministeriale Telescuola, inoltre, spinsero alla creazione di vere e proprie classi in cui
si partecipava insieme alle lezioni del maestro Alberto Manzi, un fenomeno che,
i
gl
de
sotto il profilo sociologico, si declina come forma d’aggregazione. A partire dagli
anni Sessanta, con il miglioramento delle condizioni economiche, sono sempre di più
St
gli italiani a dotarsi di televisore, trasformando progressivamente la fruizione in
i
ud
attività privata e individuale. Il potere della Tv dal punto di vista prettamente
Su
aggregativo, tuttavia, non conosce crisi. Il merito è tutto dello sport, il veicolo
or
principale dell’integrazione e interazione tra gruppi sociali diversi, schermo sul quale
so
Or
proiettare il proprio immaginario collettivo, che si manifesta durante gli eventi di
la
portata nazionale ed internazionale. Le trasmissioni sportive sono le più longeve del
Be
palinsesto, sin dalle origini. I Mondiali di Calcio, le Olimpiadi Invernali del 1956 e le
ni
Olimpiadi svoltesi a Roma nel 1960, costituiscono esempi di successo validi ancora
nc
as
oggi. Per avere un’idea sulla persistenza dell’accezione della tv come rete sociale,
a
basti pensare ai maxischermi installati nelle piazze italiane in occasione dei
−
Campionati Mondiali ed Europei di Calcio, o semplicemente alla formazione di
Na
po
gruppi d’ascolto per le trasmissioni culto (sulla falsa riga dei “focus group”
volta sul Primo Canale nel 1955. Il desiderio di riunirsi e fruire insieme della
televisione non si è mai spento, si è soltanto evoluto. E si sono evolute anche le
62
li
d’indagine sociologica sopracitati), come il Festival di Sanremo, in onda per la prima
tecnologie e le modalità attraverso le quali si sviluppano socializzazione e
conversazioni televisive. L’ondata rivoluzionaria e fortemente innovativa del Web
2.0 non poteva lasciare immune la televisione che, pur sentendosi minacciata in un
’
ta
si
er
iv
Un
primo momento dall’esplosione informatica, ha tratto nuove energie dalle numerose
declinazioni della rete. La massima espressione del Web 2.0, interattivo e dinamico,
è rappresentata dai social network, le reti sociali attraverso cui si snodano oggi le
strade maestre della comunicazione e dell’interazione. Come già descritto in
i
gl
de
precedenza, era inevitabile che due realtà così pregnanti del panorama mediatico si
incontrassero, producendo un ulteriore fenomeno in costante evoluzione ed
St
espansione. L'incontro tra fruizione individuale e voglia di socializzazione, due
i
ud
implicazioni diverse e opposte del modo di guardare la tv, l'una recente, l'altra
Su
primogenita della tv delle origini, produce la Social tv. A una diversa visione del
or
mondo corrispondono diversi modi di fruire dei contenuti audiovisivi, cambia la
so
Or
morfologia del salotto nel quale sono tutti davanti alla tv ma allo stesso tempo tutti
la
connessi39. L’aumento dei device di telefonia mobile con i quali svolgere le proprie
Be
attività social ha avviato accesi dibattiti sulla perdita del contatto umano e sullo
ni
svilirsi delle relazioni sociali, a favore di forme relazionali sviluppate da uno a molti
nc
as
mediante le conversazioni social. La televisione e in particolare il commento in
a
diretta delle trasmissioni, è una delle attività preferite degli utenti social,
−
confermando la potenza culturale e mediatica del piccolo schermo, il medium più
Na
po
longevo e familiare del nostro tempo. Le statistiche testimoniano che la
59% del tempo speso online proprio sui loro profili social. La televisione non lede
39
cit. Pieranna Calvi, Responsabile Marketing editoriale e pubblicitario Web&Interattività Sipra SPA
(G. Colletti, A. Materia, "Social Tv", Gruppo 24 ore, 2012, pag. 45)
63
li
conversazione sui social media è molto frequente tra gli italiani, che trascorrono il
questa abitudine, ne diventa componente attiva e portante, facendo dei social network
un elemento complementare e, si può dire, oggi indispensabile40. Così come lo studio
sulle conversazioni della vita quotidiana teorizzato da pionieri come Goffman e
’
ta
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iv
Un
Sacks ha dato slancio vitale alla sociologia, anche le conversazioni televisive
sviluppatesi sui social media hanno ridisegnato gli assetti produttivi dei palinsesti, i
quadri professionali deputati al caso, determinando nuovi modelli di fruizione e
nuove consapevolezze da parte del pubblico, considerato parte attiva del processo
i
gl
de
piuttosto che elemento passivo da plasmare. Le conversazioni televisive, inoltre,
hanno ridefinito il concetto di audience ed Auditel, denunciando in un certo senso la
St
scarsa attendibilità dei metodi di rilevazione tradizionali, a favore di una più
i
ud
completa visione d’insieme di utenti, spettatori e audience diverse che realmente
Su
fruiscono dei programmi. Una valida spalla anche per le aziende che possono
or
comprendere al meglio il target di riferimento per le proprie campagne
so
Or
pubblicitarie41. L’intuizione dei sociologi citati è di fondamentale importanza per
la
comprendere la portata delle interazioni social nell’ambito televisivo, che possono
Be
oggi integrarsi in un discorso radicato nelle dissertazioni accademiche più raffinate
ni
ed efficaci della Sociologia. In epoche diverse, con tecnologie diverse, tuttavia, si
as
nc
rilevano differenze sostanziali da evidenziare.
a
Ciò che viene a crollare nelle conversazioni televisive è l'accountability teorizzata da
−
Garfinkel nello studio sull'interazione sociale, ossia quella base di moralità e
Na
po
responsabilità che caratterizza le relazioni interpersonali. La libertà che il web
fenomeno che pure assicura un certo grado di popolarità a chi assume tale
40
41
http://wearesocial.it/blog/2014/07/la-tv-parte-della-conversazione/, in data 07/01/16
cfr. capitolo 1, paragrafo 1.4
64
li
consegna nelle mani degli utenti scioglie talvolta le briglie del buonsenso, un
comportamento. Gli influencer più popolari, gli opinion leader della socialsfera in
generale, e in questo caso anche i più social tv addicted, sembrano venir meno a quel
senso di accountability di cui sopra, facendo della critica aspra e senza scrupoli
’
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si
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iv
Un
l'arma vincente della propria popolarità, ma anche, paradossalmente, del programma
stesso: un commento negativo induce all'effetto valanga, stimolando la curiosità di
altri utenti che si precipitano a fruire del prodotto televisivo in questione42.
Il buzz post-air gioca un ruolo fondamentale in questa fase, supportato dai palinsesti
i
gl
de
contemporanei modellati dagli spettatori-utenti, on demand e aperti alla fruizione
perenne, almeno nella maggior parte dei casi.
St
È interessante notare come evolva il concetto di faccia, ossia la risposta data da
i
ud
Goffman alla buona riuscita di una vita sociale fatta di interazioni. La faccia è un
Su
fattore che la società concede all'individuo, con la facoltà di toglierla in qualsiasi
or
momento, basti pensare alla tanto diffusa forma colloquiale "perdere la faccia" per
so
Or
comprenderne il senso. Modellata in base alle situazioni e alle caratteristiche fisiche
la
dei luoghi in cui ci si trova, la faccia assume nella sfera sfumata e vastissima dei
Be
social network diverse connotazioni di stile, carisma e orientamento, decifrabili sotto
ni
forma di hashtag, menzioni, atteggiamento nei confronti degli eventi oggetto di
nc
as
discussione e interazione con il mondo. Mentre le facce descritte da Goffman nel suo
a
"gioco delle facce" si stagliano dinanzi ad individui e contesti ben definiti e
−
fisicamente prossimi al soggetto, la faccia social si rivolge ad un pubblico
Na
po
potenzialmente infinito, con i rischi e i benefici annessi al caso. Nell'ambito delle
controversa e poco definita, rappresenta invece la chiave di volta nella comprensione
di gusti e preferenze degli spettatori, liberi di esprimere nella modalità da uno a molti
42
cfr capitolo 1, paragrafo 1.5
65
li
conversazioni televisive sviluppate sui social network, questa caratteristica assai
e da molti a molti le proprie opinioni in merito all'offerta mediatica dei network
televisivi.
Andrea Materia, esperto di new media e autore insieme ad Giampaolo Colletti di
’
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iv
Un
"Social Tv-Guida alla nuova Tv nell’era di Facebook e Twitter", uno dei primi testi
italiani sull'argomento edito da Gruppo Sole24Ore, asserisce che le conversazioni
televisive siano la killer application43 dei social media prima, dei palinsesti e
dell’industria televisiva poi. Il contenuto killer sta nella creatività dell’utente che
i
gl
de
integra la fruizione alla conversazione, generando audience che implementano piani
di business ben articolati. In questo modo la Social Tv è sempre più canalizzata da
St
accordi ai vertici delle aziende che la trasformano progressivamente da fenomeno
i
ud
spontaneo e pressoché incontrollato a strumento di marketing a tutti gli effetti.
Su
Le interazioni generate sui social network costituiscono una mole di dati indefinita,
or
quasi come accadde ad Harvey Sacks con le sue registrazioni: in entrambi i casi si ha
so
Or
a che fare con difficoltà logistiche legate all’abbondanza del materiale da sottoporre
la
ad analisi, il buzz prodotto nella fase post air ne è una versione allargata in
Be
proporzioni ben più ingenti. I dati raccolti dalle conversazioni televisive rientrano
ni
nella macrocategoria dei Big Data44, il cui dominio è l’ambizione di aziende e
nc
as
network televisive, considerando l’altissimo valore che potenzialmente posseggono.
a
Ciascun macrogruppo d’ascolto attivato dalla conversazione televisiva, inoltre, si può
−
definire come una sorta di focus group amplificato in cui lo schema stimolo-risposta
po
Na
43
66
li
La locuzione inglese killer application (abbreviata anche come killer app), spesso utilizzata nel
gergo dell'informatica, dell'elettronica, dei videogiochi e in altri settori, significa letteralmente
applicazione assassina, ma viene intesa nel senso metaforico di applicazione decisiva, vincente.
Applicazione assassina si riferisce a un prodotto di successo costruito su una determinata tecnologia
(quindi una applicazione di quella tecnologia), grazie al quale la tecnologia stessa penetra nel mercato,
imponendosi rispetto alle tecnologie concorrenti e aprendo la strada alla commercializzazione di altre
applicazioni secondarie.
44
Big data è il termine usato per descrivere una raccolta di dati così estesa in termini di volume,
velocità e varietà da richiedere tecnologie e metodi analitici specifici per l'estrazione di valore.
si articola rispettivamente con la trasmissione che fa da stimolo, mentre la risposta
risiede nell’interazione social. Così come avviene per i focus group di stampo
sociologico, l’ambiente nel quale e dal quale si interagisce è necessariamente
’
ta
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iv
Un
familiare, connotandosi spesso presso l’abitazione dell’utente stesso e nello spazio
ritagliato dai propri device, mobili o fissi.
2.2 Media Literacy, esiste un posto per la Social Tv?
i
gl
de
“Media Literacy may be defined as the ability toaccess, analyse and evaluate the
power of images, sounds and messages which we are now being confronted with a
ud
St
daily bases and are an important part of our contemporary culture, as well as to
communicate competently in media available on a personal basis. Media literacy
i
or
Su
relates to all media, including television and film, radio and recorded music, print
media, the Internet and other new digital communication technologies”45.
so
Or
la
“La media literacy è un repertorio di competenze che consentono allo
ni
Be
spettatore/utente di analizzare valutare e creare messaggi all’interno dell’ormai
vasto universo mediatico. Un cittadino media literate è quindi un individuo che sa
nc
a
provenienza.”[European Association for Viewers Interests, 2010].
as
come cercare una determinata informazione, sa comprenderne il messaggio e la sua
−
po
Na
li
45
Traduzione: “La media literacy può essere definita come la capacità di accedere, analizzare e
valutare il valore di immagini, suoni e messaggi con i quali ci confrontiamo quotidianamente e che
costituiscono una parte importante della nostra cultura contemporanea, nonché la facoltà di
comunicare con competenza con i media di cui disponiamo. La media literacy si riferisce a tutti i
mezzi di comunicazione, tra le quali vi sono, la televisione e il cinema, la radio e la musica, la stampa,
internet e le altre tecnologie di comunicazione digitale”.
67
Le citazioni sopra riportate rappresentano due esempi esplicativi ed efficaci nella
comprensione del significato reale di Media Literacy, che potremmo letteralmente
tradurre con la definizione di Alfabetizzazione digitale. Quest’ultima è tuttavia
’
ta
si
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iv
Un
un’interpretazione molto riduttiva, data la vasta mole di accezioni e sfumature di cui
si compone il vasto panorama mediatico di cui oggi disponiamo. La prima
definizione è stata redatta dalla Comunità Europea nel 2009, a supporto di una
sempre più radicata necessità di diffondere una cultura consapevole dei media e delle
i
gl
de
attività ad essi correlate, a partire da una reale alfabetizzazione digitale che ancora
rappresenta un problema per alcune realtà sociali. I media devono essere strumento
St
di facile accesso per comprendere al meglio la società nella quale i cittadini vivono,
i
ud
ma soprattutto rappresentano una chiave portante della vita democratica. Il veicolo
Su
che meglio esprime i valori culturali di cui siamo testimoni è sicuramente il settore
or
audiovisivo, di cui fa parte anche la televisione. Da questo punto di vista l’Unione
so
Or
Europea si è attivata negli ultimi anni affinché sia proprio il panorama mediale a dare
la
forte contributo alla creazione di un’identità di cittadinanza. Nel 2007, su incarico
Be
della Commissione Europea, l’Universidad Autonoma de Barcelona realizzò uno
ni
studio intitolato “Current trends and approaches to Media Literacy in Europe”,
nc
as
avente l’obiettivo di delineare una mappa delle agenzie ed enti del territorio europeo
a
che si impegnassero ad incoraggiare ed implementare la Media Literacy nei piani di
−
formazione. Intercettando le azioni e gli approcci possibili alla Media Literacy, il
Na
po
team di esperti ne individuò quattro livelli, ciascuno di essi è in grado di scaturire
dell’Unione Europea. I quattro livelli individuati sono la Classic Literacy, basata su
testi scritti, l’Audiovisual Literacy, la Digital Literacy e, per l’appunto, la Media
68
li
conseguenze evidenti sul piano sociale, economico e, talvolta, politico sulle vicende
Literacy, interpretata come effetto principale della convergenza mediale tra i media
di massa propriamente detti, quali cinema, televisione e radio, e i media digitali, ai
quali afferiscono anche i social network. All’interno dei livelli descritti si
’
ta
si
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iv
Un
individuano altri tre piani di competenza, ossia: il piano semiotico, per il
riconoscimento di codici e linguaggi; il piano tecnico, legato alla capacità di
utilizzare le tecnologie; ed il piano culturale, che consiste nell’abilità di intervenire
ed interpretare i media del proprio ambiente sociale. Quest’ultima abilità si rivela
i
gl
de
essenziale nell’era del social networking e del videosharing, non solo per
l’opportunità creativa messa a disposizione da piattaforme a basso costo, ma anche
St
per la necessità di selezionare e discernere i vari livelli interpretativi del flusso
i
ud
d’informazioni percepito attraverso i social media. Come risulta evidente negli ultimi
Su
anni e come evidenziato dai sociologi contemporanei, la convergenza mediale
or
impone in un certo senso l’ibridazione di media e di livelli interpretativi, un’ulteriore
so
Or
skill richiesta al cittadino-utente contemporaneo.
la
La Media Literacy fa dunque riferimento alla capacità d’accesso ai media, per
Be
valutarne in modo critico i contenuti e le diverse declinazioni, incoraggiando gli
ni
utenti-spettatori alla creazione di nuovi prodotti e narrazioni. La Media Literacy è,
nc
as
inoltre, un vettore fondamentale per la costruzione della cosiddetta cittadinanza
a
attiva, il perno della società dell’informazione. L’accesso ai media, o comunque le
−
competenze necessarie per portarlo a termine, sono pressoché scontate per i nativi
Na
po
digitali e i Millennials, è necessario, tuttavia, che anche le generazioni più adulte
sinonimo e garanzia di libertà, considerando la maggiore disponibilità a compiere
69
li
possano accedervi senza problemi di linguaggio. Accedere alla Media Literacy è
scelte sensate e consapevoli. Nuovi linguaggi, nuove logiche di produzione, modelli
di rappresentazione e narrazioni non possono essere indecifrabili per i cittadini.
Alcune correnti di pensiero insistono nella volontà di introdurre tra i banchi di scuola
’
ta
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iv
Un
ore dedicate all’alfabetizzazione digitale, così come già avviene nel Nord Europa. Il
concetto di literacy sottoscrive in primo luogo la capacità di leggere e scrivere, che,
applicate ai media, si traducono con la capacità e la competenza nel fruire e disporre
delle nuove tecnologie senza gap di sorta. È questione di sopravvivenza all’interno
i
gl
de
della società, i media sono di fatto le chiavi d’accesso all’integrazione e
all’inclusione sociale, ecco perché l’Unione Europea insiste molto su questo punto.
St
In sostanza, possiamo distinguere la Media Literacy in capacità di maneggiare i
i
ud
media, abilità nell’utilizzo e competenza, e Media Literacy come alfabetizzazione in
Su
senso stretto. I diversi ambiti di ricerca disciplinari nei quali si sono sviluppate le
or
analisi46 hanno portato a questa differenziazione, che vede le media skills, ossia le
so
Or
abilità mediali come la capacità di saper apprendere e comunicare in ambienti
la
virtuali, mentre per media competence, ossia competenza mediale, e alfabetizzazione
Be
s’intendono capacità utili per orientarsi da un punto di vista media-culturale nella
ni
società contemporanea. I due concetti vanno inevitabilmente presi in considerazione
nc
a
e inscindibile, sostenendosi a vicenda.
as
nello stesso momento, proprio perché è evidente che determinino un flusso continuo
−
Na
46
po
Secondo Kupiainen e Sintonen (2010, p. 63), la media literacy può essere considerata come una
pratica “focale” che richiede cose, fisiche o mentali, attorno cui gli individui si raccolgono e attraverso
la discussione e lo scambio di significati creano contesti sociali. Oltre alla pratica “focale”, la media
literacy richiede anche tecnologia, conoscenza e abilità. Per quanto riguarda il concetto di
competenza, Erstad (2005, pp. 120-152) con riferimento alla competenza digitale opera una
distinzione tra «possedere requisiti» ed «essere competente». La competenza digitale consiste in
primo luogo non nell’avere ma nell’essere; indica l’essere pronti ad agire e include la capacità di
formulare giudizi; essa è pertanto necessaria per vivere nella società dell’apprendimento. Il suo
significato è vicino al sopra citato concetto di literacy ed essere alfabetizzato, «bildning» (svedese).
(fonte:
http://formare.erickson.it/wordpress/it/2010/la-media-literacy-nella-prospettiva-finlandesenordica-ed-europea-1/, in data 07/01/2016).
li
70
’
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Un
Le dimensioni della media literacy: comprendere, agire e valutare (Arnolds-
i
gl
de
Granlund, 2010, p. 52).
St
Nella definizione di Media Literacy fornita dalla Comunità Europea figura tra i
ud
i
media interessati anche la televisione che, come già ricordato ed evidenziato più
Su
volte, rappresenta il vettore culturale più importante del nostro paese, a partire dal
or
secondo dopoguerra. Inizialmente il problema dell’accesso allo schermo televisivo, e
Or
so
di qui la media competence relativa, era quasi prettamente economico, dato che i
la
primi televisori avevano un costo troppo elevato per le masse popolari. L’aumento
ni
Be
dei dispositivi creò le premesse per una Media Literacy televisiva, o meglio, una Tv
nc
Literacy ben più articolata e radicata, aprendo soprattutto a cavallo tra gli anni
as
Ottanta e Novanta accesi dibattiti sugli aspetti educativi e persuasivi dei programmi
a
−
trasmessi, in virtù del successo riscosso dalle nascenti televisioni commerciali47.
po
Na
Nell’era di internet e del Web 2.0, la questione relativa alla Media Literacy diventa
informatizzata.
47
Cfr. paragrafo 2.3
71
li
più importante nel momento in cui la società da mediatizzata diventa del tutto
’
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Un
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St
or
Su
so
Or
Lo schema rappresenta un’efficace descrizione del concetto di Digital Literacy nella
la
quale s’integrano anche l’accesso e la fruibilità del Web.
Be
ni
Al di là dell’annoso problema rappresentato dal digital divide, ossia la discrepanza
nc
tra chi ha la possibilità di fruire dei servizi della tecnologia dell’informazione e chi
as
a
ne resta escluso, il vero vulnus della società italiana è l’assenza di infrastrutture
−
capillari che assicurino la banda larga, ossia la connessione 3G e 4G in tutta la
Na
po
penisola. Oltre alle differenze generazionali che diventano più pungenti nel processo
ricerca, allo switch off del tubo catodico televisivo a favore dei decoder digitali, si
pone un problema strutturale che complica la situazione. Nonostante ciò, è opportuno
72
li
di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e, nel caso più vicino a questa
ricordare che la vasta diffusione di dispositivi mobili quali smartphone e tablet ha
sensibilmente assottigliato il digital divide del nostro paese: i prezzi talvolta molto
vantaggiosi di smartphone e altri dispositivi ne consentono una larga diffusione,
’
ta
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iv
Un
assicurando accesso a internet, e in particolare ai social media anche a frange di
popolazione non abbienti. Il panorama mediatico che si staglia nella contemporaneità
è sempre più rivolto ad una ridefinizione del Web 2.0 che, con l’espansione del web
delle relazioni e dei social network, si appresta a trasformarsi ed evolversi in Web
i
gl
de
3.0. Senza un’opportuna Social Media Literacy, il rischio di rimanere esclusi dal
ciclo di informazioni diffuse sul web è reale e imminente. I social media possono
St
essere utili alla società in base all’utilizzo da parte dei cittadini, e la storia recente ne
i
ud
è valido esempio. Una vera social media literacy consiste nella capacità di valutare
Su
criticamente i post e le conversazioni messe in atto sulle piattaforme in questione,
or
applicandovi criteri di responsabilità sociale, oltre alla costruzione di reti sociali e
so
Or
professionali basate sulla relazione. È utile tenere a mente che nell’ambito dei social
la
media, che pure costituiscono una fonte d’informazione diffusa ed efficace, si è
ni
sotto la definizione di prosumer.
Be
prima di tutto producer, non soltanto consumer, una figura ibrida che collochiamo
as
nc
a
−
po
Na
li
73
’
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St
Su
or
Il diagramma costituito da cerchi concentrici è una valida rappresentazione grafica
Media Literacy.
la
so
Or
del posizionamento della Social Media Literacy nell’intero contesto descritto dalla
Be
ni
Le solide basi teoriche sulle quali la Sociologia e l’esperienza hanno costruito
nc
interessanti teorie sui media, con particolare riferimento alla televisione e ai social
as
a
media, consentono di avviare un percorso di studi ed inserimento della Social Tv tra
−
le file della Media Literacy. In base a quanto detto sulle conversazioni, la Social Tv
Na
po
si veste di notevole interesse data la sua portata innovativa e rivoluzionaria nel senso
difficoltà incontrata da un pubblico appartenente ad una generazione non del tutto
digitalizzata, è stato, come ricordato in precedenza, l’avvento del digitale terrestre su
tutti gli schermi italiani, regione, dopo regione, a partire dal 2009, fino alla totalità
74
li
letterale del termine, artefice della riprogettazione dei palinsesti televisivi. La prima
del territorio nazionale nel luglio 2012. Reimpostare i canali fruiti fino a quel
momento e l’ampliamento dell’offerta televisiva su più frequenze e trasmissioni,
rappresentò un motivo di disorientamento soprattutto per i pensionati e i digital
’
ta
si
er
iv
Un
migrants poco avvezzi alle nuove tecnologie, proprio perché adottate in una fase
della vita differente. L’esplosione della Social Tv, invece, non avendo basi
istituzionali, ha interessato la fruizione in modo progressivo, passando dalla fase per
così dire, clandestina e di nicchia, alla completa integrazione nei modelli di business
i
gl
de
televisivo. Il potere delle conversazioni e dissertazioni intessute sui social media è
stato tale da ridefinire gli assetti di un medium tradizionale, lo stesso medium al
St
quale l’accesso era garantito e consolidato da decenni. Con i social network il
i
ud
discorso sulla media literacy intreccia diverse strade, dato che è possibile accedere
Su
alle narrazioni televisive da più punti, sia fisicamente, dato il moltiplicarsi dei
or
dispositivi (si pensi alle attività di first, second e third screen), sia idealmente, vista la
so
Or
divergenza d’opinioni in merito alla fruizione da parte del pubblico dei nativi digitali,
la
principali fautori delle attività di social tv, e pubblico over 40. Il ruolo che la Social
Be
Tv si ritaglia in questo contesto si pone a metà strada tra la Media Literacy
ni
propriamente detta, quella descritta cioè nei primi anni Duemila dalla Comunità
nc
as
Europea, e la Social Media Literacy degli ultimi anni, proprio come avviene
a
all’interno delle attività di Social Tv nel loro svolgersi. Più volte si è descritto
−
Na
l’universo socialtelevisivo italiano come un ottimo compromesso tra passato e
po
presente, tra programmi tradizionali e nuovi punti di vista provenienti dal pubblico
compromesso ulteriore, una password efficace per fruire appieno della televisione
contemporanea, che si dipana sul web e sulle piattaforme social attraverso contenuti
75
li
alfabetizzato. La chiave d’accesso alla Social Tv Literacy, dunque, è una sorta di
esclusivi e innesti narrativi paralleli. La comprensione del nostro tempo, quindi,
conosce la sua totalità nel momento in cui l’utente riesce ad assumere una visione
d’insieme dentro ed oltre il piccolo schermo.
’
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Un
Il fenomeno descritto rappresenta una componente importante del panorama
mediatico al quale accedere, essere educati e dedicare attenzioni accademiche. Ma
c’è un altro aspetto che, dapprima la televisione, ed ora anche la Social Tv, devono
necessariamente considerare per il benessere e la tutela dell’utente-spettatore e
i
gl
de
cittadino. Parliamo di Media Education, volgendo lo sguardo ad una dimensione
quasi didattica e formativa della nostra dieta mediale.
ud
St
2.3 Media Education: Cattiva Maestra (Social) Tv?
i
or
Su
Superato il problema dell’accesso ai media e alle tecnologie, si apre un altro dibattito
foriero di prospettive e domande talvolta irrisolte. Le media skills e competence
Or
descritte dalla Media Literacy, nonostante la loro valenza fortemente democratica e
so
la
testimone di libertà, non possono essere lasciate, per così dire, allo sbando. È
ni
Be
necessario guidare gli utenti, spettatori e cittadini nell’utilizzo dei media, un
intervento che si rivela salvifico soprattutto per gli strati sociali e anagrafici più
nc
as
facilmente plasmabili da messaggi negativi e troppo persuasivi. Nessun medium è
a
escluso da questa esigenza, dal cinema alla radio, passando per la televisione e il web
−
Na
che, nella sua struttura indefinita per convenzione, rappresenta una zona in cui si
po
alternano luci ed ombre, diverse facce di una medaglia che a volte può indurre a
letteralmente Educazione ai Media, un apparato di competenze e scopi formativi con
lo scopo di tutelare il cittadino nell’accesso e fruizione dei media.
76
li
correre rischi. La guida in questione prende il nome di Media Education,
Prima dei new media e dei social network, la protagonista indiscussa dei dibattiti
sull’educazione a l’accesso consapevole ai media è stata, ed è tutt’ora la televisione.
La pervasività delle immagini è giunta alla massima potenza proprio con il piccolo
’
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Un
schermo, che ha condizionato usi e costumi, ma anche modalità d’acquisto e
produzione, degli spettatori-consumatori. L’avvento delle prime pubblicità è la prova
di tale influenza, sin dagli albori. Secondo Marshall McLuhan, padre della sociologia
e della massmediologia moderna, l’acquisto di un prodotto pubblicizzato dalla
i
gl
de
televisione era considerato come la conclusione perfetta di un meccanismo di
fruizione, che poteva dirsi completo soltanto quando il prodotto si palesava
St
concretamente tra le mani del consumatore. Del resto, l’età del trionfo della
i
ud
televisione, che possiamo collocare nell’arco di tempo compreso tra la fine degli anni
Su
Cinquanta e la metà degli anni Settanta corrisponde a quella che lo storico
or
d’ispirazione marxista Eric Hobsbawm definì come “l’età d’oro del capitalismo”:
so
Or
l’affermazione della televisione come elettrodomestico più diffuso nell’ambiente
Be
influenzandone abitudini e costumi.
la
domestico sancisce la crescita di un capitalismo che punta ad ogni tipo di pubblico,
ni
Il trionfo della televisione ha traghettato il pubblico verso approcci fruitivi ed
nc
as
educativi sempre più complessi, iniziando a tracciare un percorso che, con l’avvento
a
del Web 2.0 e dei social media si è potenzialmente aperto all’indefinito. In
−
Na
particolare, l’utilizzo dei social media e social network per le più disparate attività,
po
compresa la fruizione televisiva, ha indotto a riconsiderare imputati e colpevoli delle
singolo post o commento pubblicato. Se nel vasto arco temporale descritto a partire
dagli anni Cinquanta fino alla fine degli anni Novanta la televisione si è ben prestata
77
li
devianze comportamentali e di scarsa consapevolezza della potenza scatenata da un
al ruolo di capro espiatorio per i mali della società, la rivoluzione informatica ha
mescolato le carte, offrendo nuovi bersagli agli educatori di stampo più tradizionale.
È ingiusto, tuttavia, demonizzare totalmente l’uso dei social network quale covo di
’
ta
si
er
iv
Un
comportamenti devianti e degenerazioni di sorta, ma è proprio in questi spazi di
sgomento e libertà incontrollata che la Media Education deve svolgere il suo ruolo
primario, ricordando agli utenti di ogni estrazione sociale e culturale che ogni post,
fotografia o video pubblicato in rete diventa il nostro curriculum virtuale. Se sia
i
gl
de
positivo o negativo, è il nostro grado di alfabetizzazione digitale a deciderlo.
Un’alfabetizzazione che prevede dimestichezza con modalità e linguaggi che
St
evolvono quasi quotidianamente, un fenomeno che interessa diversi comparti della
i
ud
dieta mediale, anche i più intoccabili, almeno apparentemente. È proprio
Su
nell’evoluzione dei linguaggi che risiede il senso primario della Social Tv, che, di
or
base, rappresenta la fusione di due mondi che i più scettici consideravano
so
Or
inconciliabili.
la
.Se la tv ha a suo tempo rappresentato la svolta dei linguaggi televisivi, anche la
Be
Social Tv può vantare attenzioni particolari nella costruzione di senso relativa alla
ni
Media Education contemporanea. Il discorso in questione vede confluire due aspetti
nc
as
fondanti, ossia la percezione della televisione tradizionale, a cui si è fatto ampio
a
riferimento, e la media education relativa ai social media, che, ibridandosi possono
−
fornire chiavi di lettura efficienti nella comprensione critica della Social Tv. I
Na
po
genitori o tutori dei minori, se capaci di filtrare i messaggi televisivi, non sempre
bullismo e troll in rete, si è verificato negli ultimi anni un aumento massivo dei
teenager iscritti a Twitter, il social network preferito dalla Social Tv. Con la
78
li
riescono a mostrarsi adeguati nel controllo dei new media. Accanto ai fenomeni di
comparsa di teen idol sugli schermi televisivi, si verificano fenomeni di
sovraffollamento sulle bacheche e sui profili social, falsando talvolta i risultati di
ascolto raccolti in rete. Ma non solo. L’attività di posting assiduo e frenetico sui
’
ta
si
er
iv
Un
social network trascina gli utenti, teenager e non, nel vortice del cosiddetto overload
informativo, il sovraccarico di informazioni non desiderate che infastidisce la
propria rete di contatti. È una conseguenza negativa assai vicina ai Social Tv
addicted che, presi dalla FOMO - Fear of missing out, che sintetizza la volontà
i
gl
de
spasmodica di partecipare a qualsiasi evento mediatico proposto dai social media e
dalla rete, si sentono obbligati a commentare qualsiasi programma televisivo.
St
Per converso, l’aspetto positivo che l’approccio alla Social Tv può garantire ad una
i
ud
valida media education è lo stesso descritto da David Bukingham in Watching Media
Su
Learning. Making Sense of Media Education, saggio del 1990: il sociologo inglese definisce
or
il processo educativo come learn by doing, ossia sviluppo di abilità pratiche insieme alle
so
Or
capacità critiche: il commento costruttivo di prodotti televisivi, volto anche a
scomporne le parti, può essere chiave d’accesso all’utilizzo dei social media e alla
la
creazione di nuove narrazioni tipiche della televisione nell’era della crossmedialità,
Be
ni
fenomeno del quale i prosumer, i produttori-consumatori che bene si identificano
as
nc
negli spettatori social, sono i principali fautori.
a
Il flusso derivato dalle cronache in tempo reale aumenta la consapevolezza
−
dell’utente, il potere decisionale che questi esercita nell’influenzare palinsesti e
Na
po
assetti narrativi e produttivi della televisione contemporanea, attivando nuovi
utenti. La media education della Social Tv garantisce la fine dell’era broadcasting, e,
se applicata realmente a tutti gli strati sociali e anagrafici del pubblico, una maggiore
facoltà di selezione e scrematura delle informazioni proposte dalla rete. La fine del
79
li
meccanismi di domanda e offerta sempre più modellati intorno alle esigenze degli
broadcasting si evidenzia anche nel fatto che mentre la televisione tradizionale
tendeva a considerare il pubblico come una massa a tratti informe e priva di una
propria identità, la diffusione dei social network ha restituito questa dimensione agli
’
ta
si
er
iv
Un
utenti che, fuori dall’anonimato, applicano tecniche di riconoscibilità e di personal
branding anche inconsciamente. La stessa profilazione delle audience è un processo
fortemente identitario, è l’affermazione di un valore personale e personalizzato della
fruizione della televisione, dei social network e dell’intero panorama mediatico. Un
i
gl
de
flusso a più direzioni che il digitale ha reso ancor più complesso e affascinante.
ud
St
2.4 Hashtag e cronaca in diretta, verso una nuova formularità?
i
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, denominata anche La Grande Guerra per
or
Su
la sua portata disastrosa, l’umanità si trovava all’inizio del ‘900, quello che Eric
Hobsbawm ha brillantemente definito “il secolo breve”. Eventi, crisi, grandi
Or
so
depressioni economiche e altrettanto grandi riprese hanno caratterizzato questo
la
periodo storico, la premessa ideale al nuovo millennio che ha portato a compimento
ni
Be
alcuni dei processi iniziati proprio qualche decennio fa. Una caratteristica che ha
nc
interessato non soltanto i fenomeni politici e sociali, ma anche la cultura, gli usi e
as
costumi globali, influenzati ovviamente anche dall’avvento dei media di massa
a
elettronici, primo su tutti la televisione. Ma il Novecento è stato anche il secolo della
−
po
Na
forte frammentazione ideologica e culturale, della perdita d’identità e talvolta del
disorientamento storico, delle grandi metropoli e dell’intensificarsi dei flussi
dell’informazione (o informatizzazione?).
80
li
d’informazione, la cui apoteosi si è verificata, come sappiamo, nell’attuale società
Iniziare questo discorso a partire dalla Prima Guerra Mondiale, dunque dal 1914 ha
uno scopo preciso. È in quel periodo infatti che il filosofo e critico letterario
ungherese Gyorgy Lukàcs inizia a scrivere una delle sue opere più importanti, Teoria
’
ta
si
er
iv
Un
del Romanzo. Il saggio, ultimato nel 1915 e pubblicato nel 1920 costituisce una
brillante riflessione sulla frammentarietà dell’età contemporanea a Lucacks
attraverso la ricostruzione sistematica delle diverse forme letterarie conosciute
dall’uomo, dall’epica antica al romanzo moderno. Lo scopo sembra essere quello di
i
gl
de
rintracciare un tipo di produzione che potesse ricostruire l’unità tra interno ed
esterno, tra anima e corpo, tra pensiero e azione. Lucacks individua nell’epica antica
St
l’emblema dell’unità, dell’insieme organico di testo e cultura, quell’enciclopedia
i
ud
tribale, per usare una definizione di Eric Havelock, che sintetizza lo spirito della
Su
Grecia Antica48. L’arrivo della filosofia sancisce già una prima frattura tra uomo e
or
pensiero, lesione che diventa più profonda con la capillare e rapida diffusione delle
so
Or
religioni, fino ad approdare alle scissioni e crisi conosciute anche dalla fede. In
la
questo panorama culturale così frammentato, il romanzo moderno, comparso per la
Be
prima volta alla fine del Settecento rappresenta un valido compromesso per il
ni
filosofo. Gyorgy Lukàcs individua infatti al suo interno la frammentarietà tipica degli
nc
as
altri prodotti culturali, come la ricerca, l’avventura, l’introspezione psicologica dei
a
protagonisti, ricondotta però ad un’opera unitaria e autoconclusiva, che ridimensionò
−
il cosiddetto loisir della borghesia e delle classi alfabetizzate. Non è un caso, infatti,
Na
po
che nel nostro paese i primi grandi successi della televisione tradizionale siano
di sceneggiato, un termine ormai entrato nel linguaggio comune. Lo sceneggiato fu
48
cfr. Eric Havelock, Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone (1963)
81
li
strettamente legati alla produzione narrativa di fine Ottocento, riproposti sotto forma
uno dei generi più amati e diffusi di quella che Umberto Eco definisce come
paleotelevisione, il periodo televisivo che va dalle origini sino all’avvento della tv
commerciale. Si tratta di un prodotto audiovisivo pensato e progettato per il piccolo
’
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iv
Un
schermo sulla base di opere letterarie di successo. Al di là della componente legata
all’intrattenimento, gli sceneggiati costituirono una valida forma di scolarizzazione e
diffusione della cultura, portando nelle case degli italiani opere letterarie come I
Promessi Sposi, rappresentato a più riprese nel corso dei decenni, Mastro Don
i
gl
de
Gesualdo e La Cittadella, per citare alcuni tra gli esempi più famosi.
La televisione ha ridimensionato lo spazio domestico e collettivo, ergendosi a fattore
St
unificante di una cultura e di una società che sembrava aver perso le redini del
i
ud
proprio percorso. Illuminante è, in tal senso, il commento del sociologo e
Su
massmediologo italiano Alberto Abruzzese al saggio sul romanzo di Lukàcs.
or
Abruzzese rapporta l’importanza delle grandi narrazioni primitive tanto apprezzate
so
Or
dal sociologo ungherese con il successo della televisione delle origini, illustrandone i
la
motivi salienti: “(…) A sua volta la radiotelevisione è andata più in profondità ed
Be
estensione, ampliando non più il tempo della storia ma lo spazio del presente: ha
ni
ripreso su scala locale e insieme globale i ritmi delle narrazioni orali e conviviali
nc
della civiltà contadina e primitiva. Non a caso ha funzionato così bene in Italia.
as
a
Persino i ceti colti italiani e le loro istituzioni, inizialmente non poco resistenti alla
−
natura di flusso invece che di opera del prodotto televisivo, hanno finalmente
Na
po
compreso il contributo determinante che la tv pubblica, la Rai, ha dato alla
li
costruzione dell'identità nazionale”.
Non trascorrerà molto tempo prima che la situazione mediale e culturale italiana
subisca un nuovo scossone derivato da evoluzioni e mutamenti tecnologici.
82
L’avvento dei new media e la progressiva digitalizzazione della società di massa,
televisione compresa, ha dato adito ad una ulteriore riframmentazione dei consumi e
delle idee, in virtù di quella Coda Lunga teorizzata da Chris Anderson nel 2004:
’
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si
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iv
Un
aumenta la disponibilità di prodotti, diminuiscono i costi, le vetrine e le esigenze di
complicano e si trasformano costantemente. Ma la digitalizzazione e il web, d’altro
canto, hanno definitivamente portato a compimento il processo di democratizzazione
dell’arte e della cultura già teorizzato da Walter Benjamin49, aprendo le porte a
i
gl
de
nuove piattaforme e strumenti di condivisione che hanno di fatto ricompattato le
audience e trasformato gli utenti in prosumer consapevoli, abili nel maneggiare la
St
cassetta degli attrezzi messi a disposizione dal digitale. I new media, internet prima e
i
ud
il Web 2.0 poi, rappresentano la massima conquista di quella che filosofi e sociologi
Su
contemporanei hanno definito come intelligenza collettiva, l’opportunità di
or
condivisione e creazione del sapere che le nuove tecnologie mettono a disposizione
so
Or
di tutti gli utenti. Il filosofo francese Pierre Levy ne dà una brillante definizione:
la
«Che cos'è l'intelligenza collettiva? In primo luogo bisogna riconoscere che
Be
l'intelligenza è distribuita dovunque c'è umanità, e che questa intelligenza,
ni
distribuita dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove
nc
tecniche, soprattutto mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti sanno due
as
a
cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare
−
in comunicazione l'una con l'altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in
po
Na
modo assai generale, per grandi linee, è questa in fondo l'intelligenza collettiva»50.
Pubblicato nel 1936, “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” di Walter
Benjamin è il saggio passato alla storia per le sue brillanti tesi in merito ai consumi e alla produzione
della cultura di massa. L’intuizione più brillante è la famosa “perdita dell’aura” dell’opera d’arte, che
dalla dimensione museale e sacrale, diventa, grazie alla stampa e alla fotografia, disponibile a un
pubblico molto più vasto.
50
"L'intelligenza collettiva", intervista rilasciata da Pierre Levy all’European IT Forum di Parigi,
04/09/95
83
li
49
L’intelligenza collettiva e le modalità di scrittura, narrazione e creazione del sapere
da essa derivate sancisce il ritorno dei grandi racconti, della ricerca e della
propensione alla narrazione fictional, un desiderio che l’uomo conserva sin
’
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iv
Un
dall’antichità. Le prime fasi del Web 2.0 hanno conosciuto l’espansione di fenomeni
quali la narrazione partecipativa e la narrazione collaborativa o sinergica, due
facce di una medaglia che vede la creatività dell’utente al primo posto, insieme ad
una concezione della comunicazione votata ad un’ottica del tutto crossmediale. Nel
i
gl
de
caso della narrazione partecipativa ci troviamo in una fase creativa a valle del
processo produttivo: gli utenti generano contenuti a partire da un’idea già condivisa,
St
in un ambiente protetto costituito da cornici narrative preesistenti, basti pensare alle
i
ud
fanfiction, storie inventate dai fan di una particolare narrazione aventi per oggetto i
Su
personaggi o le ambientazioni già conosciute e apprezzate. Per quanto riguarda la
or
narrazione collaborativa o sinergica, invece, ci troviamo nella fase a monte del
so
Or
processo, dato che gli utenti contribuiscono sinergicamente alla creazione di un
la
contenuto del tutto originale, descrivendo quella che gli amanti della classicità
Be
amano definire come reductio ad unum, letteralmente una ricostituzione dell’unità.
ni
Questo è il panorama che si stagliava prima dell’avvento dei social media, che pure
nc
as
hanno rappresentato una nuova, dirompente tempesta nel mondo dell’Information
a
Technology. La comunicazione e le relazioni social hanno eroso dall’interno le
−
modalità di scambio e fruizione delle informazioni, tanto da determinare la nascita e
Na
po
la necessità di un Web 3.0 che si sviluppa a partire e all’interno dei social media
audience e dei consumi, e la risposta, come si conviene nel mondo assai eterogeneo
dei social media e social network tende ad accontentare diverse scuole di pensiero.
84
li
stessi. È lecito chiedersi se ci si trova di fronte ad un’ennesima frammentazione delle
Ciascun profilo social è, potenzialmente, un luogo di condivisione a metà tra il
virtuale e reale nel quale formulare opinioni, narrazioni, ideologie e movimenti
sociali, ciascuno dei quali con le sue peculiarità ed istanze specifiche. Ma i social
’
ta
si
er
iv
Un
network sono diventati anche uno dei principali luoghi d’aggregazione e
convergenza, piattaforme in grado di animare movimenti politici e mediatici. Quei
media event teorizzati nel 1992 da Daniel Dayan ed Elihu Katz, ossia quegli eventi
mediali capaci di attirare l’attenzione massiva di migliaia, se non milioni di utenti e
i
gl
de
spettatori, sono la reductio ad unum dell’era social, lo spirito partecipativo che
prende forma attraverso i 140 caratteri di Twitter e i post su Facebook, ma soprattutto
St
attraverso la chiave, è il caso di dire, della comunicazione contemporanea, ossia gli
i
ud
hashtag. Ogni media event che si rispetti dispone del suo hashtag di riferimento,
Su
ottimo per canalizzare le attenzioni e le notizie. E il medium attraverso il quale si
or
fruisce e si partecipa anche emotivamente ai media event in questione è, ormai da
so
Or
oltre sessant’anni, la televisione. Media event televisivi e social network
la
costituiscono la spina dorsale della Social Tv, il fattore che ne ha determinato la
Be
nascita in tempi non sospetti, quando ancora gli hashtag e il commento in tempo
ni
reale erano un passatempo di pochi geek iscritti ai social network d’avanguardia.
nc
as
L’hashtag consente di catalogare ciascun argomento come un verso formulare,
a
portando a compimento quella che Walter Ong definisce seconda oralità, fase
−
storica in cui dominano tecnologia digitale e progresso, ma permane la mistica
Na
po
partecipatoria tipica delle società disegnate nel periodo dei grandi miti e racconti51.
conseguenza di un’oralità che si trasforma in scrittura, costituita da rimandi e
formule fisse, che, nonostante la loro intrinseca mutevolezza si rilevano nella
51
cfr. Walter Ong, "Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola", Il Mulino, 1986.
85
li
L’ipertestualità imposta dallo sviluppo di reti e sistemi informatici è una diretta
struttura base e nell’attuale utilizzo di Twitter e della Twittercronaca. Come tanti
aedi, forse inconsapevoli del ruolo ricoperto, i social tv addicted si rendono partecipi
di una narrazione che ricorda, sempre in forme, modi e tecniche diverse, l’attività
’
ta
si
er
iv
Un
compositiva e mnemotecnica dei loro antichi predecessori, che utilizzavano formule
fisse per ricordare, rielaborare e declamare in pubblico i loro versi, testimoni della
cultura del tempo. E in un certo senso, anche i tweet relativi ai media event
rappresentano una spia della contemporaneità, facendo riferimento a ciò che si
i
gl
de
fruisce in televisione, sempiterno vettore delle mode, dei consumi e della cultura del
nostro paese, oggi come allora.
St
Con la Social Tv la televisione tradizionale perde la sua intoccabile sacralità, riscritta
i
ud
e rimodellata dagli utenti. Una versione televisiva di quella perdita dell’aura descritta
Su
da Benjamin nel suo celeberrimo saggio L’opera d’arte nell’epoca della
or
riproducibilità tecnica, pubblicato nel 1940. Le immagini del piccolo schermo
so
Or
viaggiano oltre le cornici narrative precostituite dell’hic et nunc tipico
la
dell’appointment tv, seguendo la scia della creatività consapevole degli spettatori.
ni
Be
as
nc
a
−
po
Na
li
86
Capitolo Terzo
Case history italiani di Social Tv
’
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si
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iv
Un
In base alle osservazioni compiute nel corso degli ultimi anni risulta evidente che un
programma televisivo ben riuscito in termini di Social Tv debba rispettare parametri
particolari che, per quanto ancora piuttosto blandi, necessitano di coerenza e
i
gl
de
rispondenza tecnica alle principali caratteristiche dei social media. I case history,
dunque, si rivelano come tali nel momento in cui attivano sfere cognitive, relazionali
mediali
che
possano
St
e
configurarsi
nella
contemporanea
organizzazione
i
ud
dell’economia televisiva. È anche vero, tuttavia, che quasi tutti i programmi inseriti
Su
nei palinsesti nostrani potrebbero definirsi social, considerandone la presenza attiva
or
sulle principali piattaforme. Soltanto alcuni di essi, però, riescono ad emergere come
so
Or
modelli esemplificativi di quanto affermato in precedenza, abbracciando discorsi che
la
vanno dalla rilevazione degli ascolti alla comprensione di messaggi più o meno
Be
educativi lanciati dal piccolo schermo e spalmati in modalità e linguaggi diversi su
ni
bacheche e profili social. Dai talent show all’informazione, dal nazionalpopolare al
nc
as
media event, i case history costituiscono una valida chiave di comprensione della
a
Social Tv, accompagnando lo spettatore nella scoperta di approcci alla fruizione
−
Na
votati all’integrazione ed alla piena consapevolezza delle proprie skills, raccontando
po
particolari altrimenti nascosti, una sorta di backstage interattivo che porta a
principali artefici di questa evoluzione in atto, sono, ovviamente, i telespettatori, leva
87
li
compimento il processo di trasformazione e domestication della televisione. I
fondamentale del riassetto di palinsesti, format e professioni legate alla grande
industria culturale del nostro tempo.
’
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iv
Un
3.1 The Voice of Italy: quando il social prevale su Auditel, talenti e
discografia
Il dubbio che attanaglia i network nazionali (ed internazionali) da poco più di un
i
gl
de
decennio a questa parte si può sintetizzare in modo efficace ed esaustivo con la
domanda Make or buy?, letteralmente “produrre o acquistare?”. Il riferimento è
ud
St
prettamente economico, considerando che produrre autonomamente un programma
i
televisivo richiede costi molto più elevati rispetto all’acquisto di un cosiddetto
or
Su
semilavorato, ossia un format già pronto e disponibile sui mercati televisivi
internazionali da adattare e modellare in base al contesto mediatico di riferimento.
Or
so
Complici crisi economica e creativa, gli attuali palinsesti sono dominati da format
la
non esattamente originali, quei programmi che si ripresentano in diversi paesi del
ni
Be
mondo utilizzando cast e contenuti differenti. A far la parte del leone vi sono i reality
nc
show, primo fra tutti il Big Brother o Grande Fratello, i più recenti factual52 e gli
as
onnipresenti talent show. Questi ultimi rivestono un ruolo preponderante sotto ogni
a
punto di vista, mediatico, culturale e artistico, vista la portata intrinseca dei vari
−
po
Na
prodotti, fucine di talenti di diversi settori dello spettacolo che rifocillano
costantemente le hit parade, la discografia, i set cinematografici e televisivi. Lo
spettacolo, attraverso un percorso a tappe in cui crescere e dimostrare le proprie
52
Programma informativo basato su una sceneggiatura che ricostruisce in forma romanzata, più o
meno rigorosa, fatti realmente accaduti
88
li
scopo del talent show è proprio questo, lanciare nuove stelle nel firmamento dello
qualità puntata dopo puntata, il tutto deciso dal pubblico sovrano che ha in pugno le
loro sorti mediante il famigerato televoto. I talent show più famosi e seguiti del
nostro paese sono senza ombra di dubbio Amici di Maria De Filippi, creatura di
’
ta
si
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iv
Un
Mediaset, che ha consacrato artisti vincitori di Festival di Sanremo come Marco
Carta, Valerio Scanu ed Emma, oltre che nomi onnipresenti nelle classifiche
discografiche quali Alessandra Amoroso o Dear Jack, giusto per fare qualche
esempio, e X Factor, la creazione di Simon Cowell che nel nostro paese, dapprima
i
gl
de
sulla Rai e successivamente su Sky, ha prodotto star del calibro di Marco Mengoni e
Giusy Ferreri, giunti anche alla ribalta internazionale. E poi c’è The Voice, il talent
St
show di Rai Due che resta una grande incognita, un mistero da un punto di vista
i
ud
discografico che non trova risposta neanche consultando i dati d’ascolto tradizionale
Su
rilevati tramite sistema Auditel. Un dilemma che, tuttavia, ad un telespettatore, o
or
meglio, a un prosumer più attento risulta facile da risolvere verificando l’andamento
so
Or
social della trasmissione. Del resto, come chiarito in precedenza, sono proprio i talent
la
show gli anelli forti della catena intrecciata sulle trame della Social Tv.
Be
The Voice, che nella versione italiana prende il nome di The Voice of Italy, è un
ni
format ideato dall’olandese John De Mol andato in onda per la prima volta nel
nc
as
settembre 2010 proprio nei Paesi Bassi, con un ottimo riscontro di pubblico. Si tratta
a
di un talent show esclusivamente canoro, come si desume dal titolo stesso, infatti, è
−
la voce a dover colpire e convincere i quattro giudici incaricati a formare altrettante
Na
po
squadre. La prima fase delle selezioni avviene con le blind auditions, audizioni al
ascoltare l’aspirante concorrente ed eventualmente schiacciare il tasto I Want You
qualora volessero ingaggiare la voce ascoltata per la propria squadra. Dopo questa
89
li
buio, per l’appunto, durante le quali i giudici-coach, seduti di spalle, devono
prima selezione, che va in onda in differita, si passa alle battles, la fase live durante
la quale due membri di una stessa squadra si sfidano in duetto, lasciando al loro
giudice di riferimento la facoltà di scegliere chi passi poi alla fase finale, il live show
’
ta
si
er
iv
Un
che vede tutti contro tutti, fino a decretare il vincitore finale. La novità introdotta da
The Voice è costituita dal fattore blind, un espediente che, al di là dell’impatto
scenico del concorrente, lascia ampio margine di meritocrazia nell’ambito vocale.
Nella primavera del 2011 il format fu esportato con altrettanto successo negli Stati
i
gl
de
Uniti, vantando un parterre di giudici quali Pharrell Williams, Shakira, Usher,
Christina Aguilera e Adam Levine. The Voice of Italy approda su Rai Due nel 2013,
St
tra ripensamenti e slittamenti continui: dopo il passaggio di X Factor su Sky e il
i
ud
fallimento di Star Academy nel 2011, alla seconda rete Rai era rimasto soltanto il
Su
reality show L’Isola dei Famosi per colmare il vuoto avvertito da un target già
or
avvezzo ai social network e al linguaggio scandito da televoto e lotte interne. Quando
so
Or
anche il reality ha chiuso i battenti nel 2012 in seguito alle accuse di scarsa
la
rispondenza alla funzione di servizio pubblico, si iniziò a parlare di un probabile
Be
approdo di The Voice in Rai, ma i costi troppo elevati fecero slittare il tutto sino alla
ni
primavera del 2013. La prima edizione di The Voice of Italy, diffuso sin da subito sui
nc
as
social network con l’hashtag #tvoi, inizia il 7 marzo 2013. I giudici della versione
a
italiana sono Raffaella Carrà, Riccardo Cocciante, Piero Pelù e Noemi, il primo
−
giudice proveniente da un talent show, X Factor in questo caso. La conduzione,
Na
po
invece, fu affidata all’attore Fabio Troiano, primo bersaglio delle critiche social: il
Carolina Di Domenico, inviata speciale della trasmissione. Vincitrice della prima
edizione fu la cantante di origini albanesi Elhaida Dani del team Cocciante, voce
90
li
popolo del web bocciò sonoramente la sua performance, stessa sorte per la sua spalla
potente, indubbie qualità artistiche, ma scarso riscontro da parte del pubblico italiano
dopo il talent show. È diventata famosa nel suo paese d’origine, figurando tra i volti
dell’emittente Agon Channel53, alcuni tra gli altri talenti, invece, hanno deciso di
’
ta
si
er
iv
Un
reinventarsi in altri programmi54.
La media di ascolti, invece, si attesta intorno ai 3.304.000 spettatori, con uno share
del 13,74%, con un picco del 15,58% durante le blind auditions, la fase più seguita
del programma. Per quanto riguarda i risultati sui social, in particolare su Twitter,
i
gl
de
The Voice of Italy prometteva bene già sin dalla prima edizione, come testimoniano
le ricerche condotte da BlogMeter all’indomani della finale del 30 maggio 201355. Il
St
Social Listening dell’osservatorio interattivo di Social Tv ha preso in considerazione
i
ud
le puntate live del programma, fase che ha totalizzato 359 mila tweet, 82 mila autori
Su
unici e oltre 67 milioni di impression totali, premiando la finalissima come puntata
or
più discussa. La sentiment analysis di BlogMeter rileva che anche i social addicted
so
Or
attivi su Twitter erano d’accordo per la vittoria di Elhaida Dani, che ha raccolto
la
l’85% delle opinioni positive, insieme al coach più giovane, ossia Noemi, regina dei
Be
social sin dalle blind auditions, e Raffaella Carrà, la più amata di sempre dal target
ni
tipico dei talent show. Scarso gradimento, invece per i due conduttori. Il verdetto del
nc
as
televoto, che ha attestato al secondo posto il concorrente Timothy Cavicchini del
a
team Pelù, è stato smentito dal parere diffuso sul web, che avrebbe premiato Silvia
−
Capasso e Veronica De Simone, rispettivamente team Noemi e team Carrà.
Na
po
Attraverso l’infografica realizzata proprio da BlogMeter, è possibile ottenere una
li
53
Agon Channel è un canale televisivo italiano fondato dall'imprenditore Francesco Becchetti e ora
parte del gruppo Canale Italia. Il nome agon in lingua albanese significa "alba"
54
È il caso di Francesca Monte, cantante che, dopo essere stata scartata dal suo coach Noemi, ha
partecipato a X Factor nel duo Komminuet
55
https://www.blogmeter.it/blog/2013/05/31/the-voice-of-italy-anche-per-twitter-la-vincitrice-eelhaida-dani/, in data 11/02/2016
91
panoramica completa dell’attività social televisiva della prima edizione di The Voice
of Italy, considerando l’essenza piena della Twittercronaca live, tipica, per l’appunto,
degli eventi televisivi in diretta:
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Grande successo sui social, discreto successo di Auditel, ma scarso impatto
discografico per la vincitrice e gli altri concorrenti, fatta eccezione per Veronica De
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Simone che ha partecipato successivamente all’edizione 2014 di Sanremo Giovani,
a
senza ulteriori riscontri di popolarità. Non tutte le prime edizioni dei talent, tuttavia,
−
Na
hanno fornito talenti di successo, così, forte del buzz generato in rete, The Voice of
po
Italy torna anche l’anno successivo con una seconda edizione, molto più ricca e
televisivo in merito alla drammaturgia dello show, con i suoi personaggi e i suoi
snodi narrativi, colpi di scena compresi.
92
li
appetitosa della prima, sia da un punto di vista social, sia dal versante strettamente
La prima novità in ordine d’apparizione della seconda edizione, andata in onda a
partire dal 12 marzo 2014, è un cambio tra le file dei giudici, al posto di Riccardo
Cocciante arriva il rapper J-Ax, icona transgenerazionale che negli anni Novanta,
’
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Un
insieme da Dj Jad formava gli Articolo 31. A differenza degli altri tre giudici, J-Ax si
mostra sin da subito molto attivo sui suoi profili social, non disdegna siparietti
virtuali e polemiche a distanza con altri utenti vip, insomma, l’ingrediente ideale per
mobilitare anche la socialsfera di The Voice. Cambia anche la conduzione, al posto di
i
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Fabio Troiano e Carolina Di Domenico arrivano Federico Russo, già volto di Mtv e
voce di Radio DeeJay e Valentina Correani, decisamente più apprezzati dei
St
predecessori. S’introducono, inoltre, gli knockout una nuova fase della gara,
i
ud
posizionata tra le battles e lo show live, che vede i concorrenti scontrarsi su due brani
Su
differenti. Ma il vero motore social della seconda edizione del talent di Rai Due è
or
stata l’apparizione, è il caso di dire, di una concorrente che ha fatto scalpore in tutto
so
Or
il mondo: The Voice of Italy sarà sicuramente ricordato come il talent show di Suor
la
Cristina, concorrente e poi vincitrice del programma. La sua prima esibizione è
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andata in onda nel corso della seconda blind audition, il 19 marzo 2014, scatenando i
ni
Social Tv addicted e le star internazionali che si sono espresse con meraviglia e
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plauso per la religiosa di origini siciliane, prima fra tutte a partecipare ad un talent
a
show. Suor Cristina si è presentata con No One, tra i brani più famosi della
−
cantautrice soul statunitense Alicia Keys, che le ha subito fatto i complimenti via
Na
po
Twitter. Il riferimento a Sister Act era inevitabile, ed ecco che anche l’attrice
Suora. L’effetto valanga non tarda ad arrivare, fioccano commenti e retweet, mentre
il video della blind audition in questione raggiunge i 24 milioni di visualizzazioni in
93
li
Whoopy Goldberg, protagonista dell’indimenticabile film si esprime a favore della
due settimane56, totalizzandone, successivamente circa 80 milioni, cifre che gli hanno
concesso di diventare il video italiano più visualizzato di sempre nella classifica
mondiale57. Dieci minuti di esibizione trasformano la Suora siciliana in un vero
’
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Un
fenomeno mediologico, con l’hashtag #SuorCristina in vetta ai trending topic di
Twitter e un’opinione pubblica sempre più rapita e divisa sull’argomento. L’effetto
Suor Cristina ha influito molto anche sugli ascolti, portando ad un progressivo
aumento dell’audience puntata dopo puntata. Ad attirare l’attenzione internazionale,
i
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de
poi, ci ha pensato la sua cover di Like a Virgin, tra i primi successi di Madonna: la
regina del Pop non ha perso occasione per sbeffeggiare la Suora sul suo profilo
St
instagram, scatenando l’ilarità del web58. La media di ascolti della seconda edizione
i
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di The Voice of Italy, tuttavia, resta salda intorno ai 3.208.000 spettatori, con uno
Su
share del 14,3%. Altro fenomeno social e nazionalpopolare per la seconda edizione
or
del talent è la partecipazione alle blind auditions di Alessandra Drusian, un nome che
so
Or
da solo può suggerire ben poco, ma che i più appassionati di fenomeni mediatici
la
ricorderanno sicuramente: la Drusian è stata la voce femminile dei Jalisse, il duo che
Be
con Fiumi di parole vinse il Festival di Sanremo nel 1997. L’audizione non è andata
ni
a buon fine, nessuno dei giudici ha deciso di premere il fatidico tasto, scatenando
nc
as
ancora una volta i commenti del popolo social: l’hashtag #Jalisse, insieme a
a
#SuorCristina, risulta tra i più popolari della seconda edizione del talent. Durante la
−
finale andata in onda il 5 giugno 2014, inoltre, la vincitrice Suor Cristina ha proposto
po
Na
li
56
http://www.fastweb.it/social/trionfo-su-youtube-e-sui-social-per-suor-cristina-di-the-voice-of-italy/, in data 12/02/2016
57
http://tvzap.kataweb.it/news/99137/suor-cristina-i-jackal-e-lorenzo-fragola-i-piu-visualizzati-suyoutube/, in data 12/02/2016
58
http://www.repubblica.it/esteri/2014/10/24/news/suor_cristina_madonna_chiesa-98953470/, in data
12/02/2016
94
un improbabile siparietto a sfondo religioso recitando il Padre Nostro in diretta,
piatto ghiotto per i social influencer e per la rete in generale.
La crescita di The Voice of Italy su Twitter risultava evidente già dalla prima
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settimana di trasmissione, come testimoniano i dati raccolti da BlogMeter:
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Il talent canoro di Rai Due è riuscito a superare veri colossi social come il Grande
la
so
Fratello (ascolto medio pari a 4.115.000 spettatori con uno share del 19,15%) e
Amici di Maria de Filippi (ascolto medio del serale pari a 4.662.000 spettatori con
Be
as
nc
Auditel.
ni
uno share del 21,87%), che, tuttavia, continuano a restare più forti sul versante
Al di là delle performance canore dei concorrenti, che, come nel caso della prima
a
−
edizione hanno avuto scarsa risonanza al di fuori del talent, il vero protagonista del
Na
programma è stato il giudice J-Ax, dapprima apprezzato musicista, ma portato alla
po
il successo sono molteplici. Innanzitutto il rapper è stato coach di Suor Cristina, la
59
La popolarità ottenuta con The Voice of Italy ha portato J-Ax alla conduzione de I sorci verdi, un
programma in onda su Rai Due in seconda serata che ha vantato ospiti di spicco come Maria De
FIlippi.
95
li
ribalta di personaggio televisivo grazie al talent59. I fattori che ne hanno determinato
cui vittoria era pressoché già annunciata sin dalle blind auditions. J-Ax è inoltre idolo
di intere generazioni di Millennials, la fascia d’età compresa tra i 14 e i 35 anni che
costituisce il target di pubblico più appetibile e al contempo più difficile da captare
’
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per i network televisivi. Dulcis in fundo, J-Ax è un personaggio social a tutti gli
effetti, sia per la sua propensione alle piattaforme di sharing online, sia per il
linguaggio utilizzato, uno slang che ben si presta alle logiche di hashtag, sintesi ed
incisività richieste dalla rete: la sua presenza tra le file dei giudici di The Voice,
i
gl
de
infatti, è stata scandita a suon di Ax-forismi, ossia aforismi targati J-Ax così ridefiniti
da un utente su Twitter, twittati in tempo reale e ricondivisi da migliaia di follower
St
ed utenti. Nel corso delle puntate di The Voice, infatti, accanto ai nomi dei
i
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concorrenti e all’hashtag ufficiale #tvoi, la keyword #axforismi ha permesso a J-Ax
Su
di aumentare notevolmente il suo engagement social, strappando a Noemi lo scettro
or
di giudice più discusso e twittato del talent show60.
so
Or
Intuito il potenziale degli Ax-forismi, Alessandro Alotti (questo il vero nome di J-
la
Ax) ha deciso di creare un instant book ad hoc, una raccolta di tutte le sue massime
Be
pronunciate nel corso della trasmissione con prefazione di Paolo Bonolis. Pubblicato
ni
nel giugno 2014, appena un giorno prima della finalissima di The Voice of Italy, il
nc
as
volume rappresenta un esempio ideale e ben riuscito di strategia crossmediale di un
a
programma televisivo, spalmando i contenuti e l’idea centrale su un medium
−
differente, ancor più tradizionale, se vogliamo, e trasportando contenuti pensati ab
Na
po
origine per il web e i social sul dispositivo cartaceo. Il processo tra First e Second
fenomeno mediale in toto.
60
http://www.datalytics.it/the-voice-of-italy/, in data 12/02/2016
96
li
Screen, dunque, si amplia anche verso i libri, consacrando The Voice come
Lontano dagli albori televisivi disegnati da Suor Cristina e dagli ax-forismi, la terza
edizione di The Voice of Italy si è rivelata, per molti esperti del settore, come un
fallimento su più fronti, soprattutto per quanto accaduto dopo la finale. Cambia
’
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Un
nuovamente il cast, via Raffaella Carrà, arriva il duo Roby e Francesco Facchinetti,
che gareggiano come unico giudice, riconfermati Federico Russo e Valentina
Correani alla conduzione. A smuovere le acque dei social ci pensano ancora una
volta le bilnd auditions che anche stavolta accolgono due volti già noti al grande
i
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pubblico: Chiara Iezzi, l’ex bionda del duo Paola&Chiara, che passa la prima
selezione scegliendo J-Ax, e Dennis Fantina, primo vincitore di Saranno Famosi, il
St
format che sarebbe poi diventato Amici di Maria De Filippi che non riesce a superare
i
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la prima fase. Al di là del clamore iniziale e dell’ironia istantanea della rete, i due
Su
episodi restano ancorati al momento, lontani dal clamore mediatico scatenato da Suor
or
Cristina e Alessandra Drusian nell’edizione precedente. L’atmosfera piatta è stata
so
Or
vivacizzata dai costanti battibecchi tra Francesco Facchinetti e J-Ax sulle divergenze
la
artistiche tra i due: il rapper si è spesso espresso in modo negativo contro i cosiddetti
Be
“figli d’arte”, di cui Francesco Facchinetti è esponente più che illustre.
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Gli ascolti rilevati dall’Auditel calano drasticamente, attestandosi in media sui
nc
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2.673.000 di spettatori con uno share dell’11,8%, percentuale nettamente inferiore
a
rispetto alle due precedenti edizioni. Il vincitore, Fabio Curto del team Facchinetti è
−
finito nel dimenticatoio, mentre due giudici molto forti da un punto di vista
Na
po
mediatico, ossia Piero Pelù e il conclamato J-Ax, decidono di abbandonare il
lanciare i concorrenti nel mondo della musica. Come se non bastasse, la finale andata
in onda il 27 maggio 2015 è stata superata in termini di ascolti persino da Chi l’ha
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li
programma dopo la terza edizione, dichiarando alla stampa l’incapacità del talent di
visto?, trasmissione di punta di Rai Tre condotta da Federica Sciarelli: gli oltre 4
milioni di telespettatori che avevano assistito l’anno precedente al trionfo di Suor
Cristina si sono drasticamente ridotti a soli 2.556.000 spettatori, contro i quasi 3
’
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Un
milioni di Chi l’ha visto?61. A dispetto degli ascolti non proprio esaltanti, The Voice
of Italy continua a muoversi bene sui social, salvando in parte le sorti del
programma. Ancora una volta è BlogMeter a testimoniare il buon livello di
engagement riscosso dal programma in termini social:
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Amici di Maria De Filippi si conferma dominatore incontrastato, ma The Voice of
nc
a
bene nonostante il calo d’ascolti.
as
Italy, sul versante Twitter, canale preferenziale della Social Tv, continua a difendersi
−
Na
Fino a pochi anni fa sarebbe bastata la scarsa percentuale di share per far sì che The
po
Voice of Italy chiudesse i battenti, come accadde nel 2011 a Star Academy, condotto
li
61
http://www.funweek.it/tv/the-voice-2016/flop-di-the-voice-finale-superata-da-chi-lha-visto.php, in
data 12/02/2016
98
da Francesco Facchinetti62, senza considerare che, a differenza degli altri talent
show, dalla fucina canora di Rai Due non sono emersi successi discografici
memorabili. Eppure, nel giro di poco più di cinque anni, la situazione è totalmente
’
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Un
cambiata, complice l’avvento dei social media che hanno ridisegnato l’assetto
dell’audience. Se la Rai continua ad insistere su The Voice, è merito (o colpa?) dei
social network, che hanno consentito al talent di gareggiare per la conquista della
menzione speciale alla Social Tv promossa dal Premio Regia Televisiva nel 201563.
i
gl
de
Ma non finisce qui, con un cast del tutto rinnovato, The Voice of Italy tornerà anche
per una quarta edizione prevista per la primavera del 2016, reintegrando Raffaella
St
Carrà tra i giudici, affiancata dalle new entries Dolcenera, Emis Killa e Max Pezzali.
i
ud
New entry anche nella conduzione: accanto al riconfermato Federico Russo, l’inviata
or
volto noto al popolo social.
Su
speciale sarà Alessandra “Angelina” Angeli, ex concorrente di Pechino Express e
so
Or
Si è già parlato dell’intrinseca efficacia social dei talent show, che, azionando il
la
fattore emotivo nello spettatore, riescono a coinvolgere l’audience meglio di altri
Be
format. È nella struttura drammaturgica di The Voice, che, tuttavia, si evidenzia la
ni
sua rilevanza in termini di Social Tv. Come nelle migliori sceneggiature, il talent
nc
as
show di Rai Due condensa l’aspetto del mistero carico d’attesa nelle blind auditions,
a
dando al pubblico a casa la parziale possibilità di conoscere in anticipo le reazioni
−
dei giudici, e, allo stesso tempo, la libertà di tifare o meno per il concorrente. La fase
Na
po
delle cosiddette battles, invece, richiama alla memoria le lotte fratricide già viste in
Alla chiusura del programma nell’autunno 2011, Facchinetti si disse comunque soddisfatto del
successo riscosso sui social, anticipando in parte ciò che sarebbe accaduto con la Social Tv
perfettamente integrata nei meccanismi televisivi.
63
Il Premio TV - Premio regia televisiva (precedentemente chiamato Oscar TV) è una manifestazione
italiana ideata da Daniele Piombi nel 1961, che attribuisce i cosiddetti Oscar TV, decisi da una giuria
composta da personaggi della cultura e dello spettacolo che fanno parte dell'Accademia degli Oscar
TV.
99
li
62
pellicole di successo come Hunger Games64, in cui due membri di una stessa squadra
si sfidano a colpi di intonazione ed interpretazione. Un meccanismo che funziona da
sempre, mascherando la tessitura narrativa con la componente live, che non esclude
’
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Un
ruoli e funzioni drammaturgiche tipiche dei grandi racconti, proprio come accade in
rete: le piattaforme social costituiscono la contemporanea tela di scrittura di racconti
e nuove narrazioni, sulle quali i talent show assurgono a pretesto preferenziale, dotati
di componente artistica, improvvisazione drammaturgica ben strutturata intorno alle
i
gl
de
impalcature della narrativa più classica. Al termine della vicenda, esiste sempre un
vincitore, un aiutante (il coach), una lotta (interna nel caso delle battles), e una
St
conquista dell’elisir che induce alla crescita personale, ossia il contratto discografico.
i
ud
Paradossalmente tutto questo va a beneficiare gli orizzonti d’attesa del pubblico, che
Su
esternano istanze, critiche e preferenze sui propri profili social, poco importa se la
or
discografia ne trae ben pochi vantaggi. Del resto, lo scopo del Marketing è un
so
Or
consumatore soddisfatto, per quanto The Voice sia un talent show resta comunque un
la
programma televisivo il cui scopo primario è coinvolgere il pubblico.
Be
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3.2 Il Boss delle Cermonie, il social trash che vince
nc
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La televisione è stata spesso accusata, soprattutto negli ultimi trent’anni, di restituire
a
agli spettatori immagini falsate della realtà, producendo immaginari troppo distanti
−
Na
dalla quotidianità. Altre volte, invece, l’accusa più forte rivolta ai contenuti del
po
piccolo schermo è stata quella di cavalcare l’onda di pregiudizi e stereotipi
persone, situazioni ed eventi in categorie standard a scarso tasso osmotico. Un
64
Saga cinematografica tratta dagli omonimi romanzi di fantascienza scritti da Suzanne Collins.
100
li
appartenenti al senso comune meno lungimirante, lo stesso che tende a incasellare
rischio, quest’ultimo, che l’emittente Real Time, nota per i suoi format innovativi e
verosimili, ha corso senza però farsi male, uscendone addirittura vincitrice. Da
gennaio 2014, infatti, Real Time può contare su un bacino di sicuro successo grazie a
’
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Un
quella che in pochi mesi è diventata una delle sue trasmissioni di punta, complici le
ambientazioni pittoresche, ma reali, e personaggi diventati testimoni di quella
comicità forse involontaria che tanto piace al pubblico televisivo e ai social addicted:
il vaso di Pandora in questione ha il titolo de Il Boss delle Cerimonie, un reality tv
i
gl
de
ambientato nel resort La Sonrisa, un’oasi kitsch dell’entroterra partenopeo, locale di
prestigio situato nel comune di Sant’Antonio Abate (Napoli) e meta di culto per
St
festeggiare ricorrenze che vanno dalle nozze ai battesimi, passando per le prime
i
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comunioni e le feste per la maggiore età. Il Boss di cui si fa menzione nel titolo è il
Su
proprietario del complesso, Don Antonio Polese, uomo di umili origini che ha
or
edificato intorno a sé un vero regno a base di pranzi luculliani, sale fastose, suite di
so
Or
lusso e clienti sempre più esigenti. Un panorama umano e culturale che non poteva
la
sfuggire all’occhio attento di Real Time, che ha deciso di farne un programma
ni
factual e un contenitore di puro enterteinment.
Be
televisivo a metà tra il docu-reality, il set di un videoclip di musica neomelodica, un
nc
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Il format è molto semplice: ogni episodio racconta l’iter di organizzazione della
a
cerimonia, dal primo incontro con i responsabili de La Sonrisa, fino ai
−
festeggiamenti veri e propri, spesso protratti fino a tarda notte, passando per la scelta
Na
po
dell’abito, la serenata prima delle nozze, il rito religioso, testimonianze e pareri più o
vivace voce narrante che, con termini forbiti, sembra stridere con il contesto di
riferimento. Le venature trash del mosaico raccontato dalla trasmissione
101
li
meno accorati dei parenti coinvolti nella celebrazione. Il tutto raccontato da una
costituiscono terreno assai fertile per il popolo social che ha fatto de Il Boss delle
Cerimonie uno degli appuntamenti più commentati e discussi in termini di
twittercronaca e prodotti crossmediali, dentro e fuori la rete. Sin dalla prima
’
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iv
Un
edizione, infatti, l’hashtag #IlBossDelleCerimonie balza tempestivamente in vetta ai
trending topic italiani, coinvolgendo, come del resto accade per tutte le sue
trasmissioni di punta, anche i social media manager di Real Time che richiamano
all’attenzione gli utenti connessi ed i propri follower. Anche in occasione delle
i
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de
repliche, che in genere dovrebbero attirare meno attenzione e pubblico, l’hashtag in
questione riesce ad entrare facilmente nei trending topic, conferma della potenza
St
social di Don Antonio e del suo staff. Ma se Il Boss riscuote successo sui social,
i
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l’altro lato della medaglia vede la trasmissione come lesiva e dannosa per
Su
l’immagine di Napoli e dei napoletani, relegati, secondo le critiche più veementi, ad
or
uno stereotipo fatto di trash ed esagerazione connesso ad un livello culturale
so
Or
piuttosto basso. In molti hanno osteggiato la scelta di rappresentare soltanto una parte
la
delle usanze partenopee in fatto di celebrazioni e nozze, ma è pur vero, tuttavia, che
Be
lo spaccato di realtà raccontato da Real Time è, per l’appunto, una delle sfaccettature
ni
presenti nel modus vivendi partenopeo65. L’emittente, infatti, già prima che fosse
nc
as
trasmesso Il Boss delle Cerimonie si era distinta per format simili, come ad esempio
a
Il Mio Grosso Grasso Matrimonio Gipsy, che testimonia lo sfarzo kitsch e trash delle
−
nozze celebrate nelle comunità gipsy americane. Oltretutto, Real Time è sempre stata
Na
po
molto attenta all’universo del wedding, esplorato in tutte le sue sfumature,
senza dimenticare format focalizzati sulla scelta dell’abito: il Boss delle Cerimonie
65
http://www.maridacaterini.it/news/2104-il-boss-delle-cerimonie-e-le-polemiche-infiammano-isocial-network.html, in data 13/02/2016
102
li
dall’aspetto strettamente organizzativo, a quello legato alla competizione tra spose,
rappresenta un ulteriore evoluzione del racconto legato al mondo del matrimonio, la
chiosa ideale di un quadro che tiene insieme come trame di una tela unitaria
sfumature diverse e complementari66. Ad infiammare le polemiche degli utenti
’
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Un
napoletani colpiti da tanto trash sono stati soprattutto i sospetti trascorsi malavitosi
del resort nel quale sono ambientate le puntate, soggetto qualche anno prima della
messa in onda a ordinanze e sequestri giudiziari per abusi e lottizzazione edilizia67.
L’effetto negativo subito dalla Social Tv in questione ha visto successivamente
i
gl
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l’apertura di numerosi gruppi su Facebook recanti titoli simili a Chiediamo la
chiusura de Il Boss delle Cerimonie, nel quale si raccoglievano adesioni per indurre
St
l’emittente a cancellare dai propri palinsesti il format in questione. Un’operazione
i
ud
che, come possiamo immaginare, non è andata a buon fine. Accanto all’indignazione,
Su
la maggior parte degli utenti, campani e non, ha accolto la trasmissione con ironia e
or
sportività, accettando di buon grado il racconto di quella che, a tutti gli effetti,
so
Or
rappresenta comunque una porzione veritiera del contesto culturale d’appartenenza.
la
L’operazione messa in atto da Real Time, infatti, è paradossalmente uno stimolo ad
Be
attivare categorie cognitive ed educative che consentano all’utente-spettatore di
ni
discernere lo stereotipo dalla realtà, una prerogativa che un pubblico alfabetizzato e
nc
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avvezzo alle dinamiche del web e dei social network in particolare, dovrebbe aver
a
già incamerato sin dall’età scolare. La Social Tv ha in tal senso aiutato la
−
trasmissione di Real Time ad emergere dalla coltre di polemiche, dato che il pubblico
Na
po
social tende e preferire programmi dal retrogusto trash per commentarli, prenderne le
li
66
Personaggio di punta dell’emittente è, infatti, Enzo Miccio, tra i più prestigiosi wedding planner
italiani al timone, per l’appunto, della trasmissione Wedding Planner. Si ricordano inoltre format
come Quattro Matrimoni, versione italiana, inglese o statunitense e Abito da Sposa Cercasi, anche
questo in versione italiana o internazionale.
67
http://www.roadtvitalia.it/il-boss-delle-cerimonie-e-lo-sdegno-degli-spettatori-napoletani/, in data
13/02/2016
103
distanze o analizzarli nelle loro componenti culturali, dando prova alle altre comunità
di utenti, magari provenienti da altre regioni o contesti geografici differenti,
dell’esistenza di uno o più aspetti della propria appartenenza. Lo stereotipo regionale,
’
ta
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Un
infatti, non è un’assoluta novità dei palinsesti televisivi, Il Boss delle Cerimonie non
ha portato in tv un’immagine negativa di Napoli e del suo entroterra, ne ha
semplicemente raccontato una parte, rumorosa, kitsh, trash e caotica, ma comunque
veritiera.
i
gl
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Al di là delle polemiche sorte in merito ai presunti stereotipi promossi da Real Time,
l’emittente sembra aver fatto centro con le avventure di Don Antonio Polese e
St
relativo staff, tanto che la prima puntata della serie, andata in onda il 10 gennaio
i
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2014, ha totalizzato ben 658000 telespettatori, con uno share del 3,6% nella prima
Su
parte e del 4,5% nella seconda, cifre record per un programma che va in onda dopo le
or
23:00, in seconda serata inoltrata su un’emittente relativamente nuova e certo non
la
sul canale trentuno del Digitale Terrestre.
so
Or
avvantaggiata dal cosiddetto LCN-Logical Channel Numbering68, essendo trasmessa
Be
Il successo della trasmissione è cresciuto puntata dopo puntata, totalizzando tre serie
ni
durante le quali dalle nozze si è passati anche al racconto di altre ricorrenze. Ma non
nc
as
solo. Don Antonio Polese, il vero mattatore, nonché Boss di cui si fa riferimento nel
a
titolo del format, è diventato uno dei volti di punta di Real Time, che ne ha fatto
−
testimonial di diversi messaggi, anche a sfondo sociale, diffusi sui suoi profili social.
Na
po
Agli inizi della terza edizione del programma, andato in onda nella stagione autunno-
68
È una funzione presente in alcuni apparecchi televisivi (televisori, set-top box, videoregistratori,
ecc.) che consente di assegnare automaticamente a ogni servizio televisivo ricevuto una posizione
predefinita all'interno della lista che li elenca. Tale funzione è stata implementata in molti paesi.
104
li
inverno 2015, si è diffuso in rete un video nel quale Don Antonio invitava gli utenti a
commentare su Twitter le puntate di cui era indiscusso protagonista69, scatenando
subito il fenomeno virale, complici il suo accento marcato, la pronuncia sui generis,
l’abbigliamento assai caratterizzante.
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Un
Le nuove serie del format hanno dato inizio ad ulteriori sviluppi narrativi che hanno
reso le feste e le vicende del Castello più dinamiche ed appetibili da un punto di vista
social, regalando al programma una drammaturgia inedita di cui Don Antonio è
indiscusso protagonista, dotato di comicità intrinseca e senso della scena. Nel corso
i
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della terza stagione, infatti, Don Antonio si è recato dapprima in Calabria, per una
missione speciale a sostegno di Nicola Flotta, un altro Boss delle Cerimonie in seria
St
difficoltà: il compito di Don Antonio è stato quello di aiutarlo a rinnovare il suo
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business. Dopo una breve vacanza rigenerante a Capri, il nostro Boss è stato
Su
chiamato ad una missione ancor più coinvolgente, volando a New York per ritrovare
or
un amico emigrato oltreoceano molti anni fa. La trasferta americana di Don Antonio
so
Or
ha avuto risvolti narrativi fuori da ogni previsione. Il proprietario de La Sonrisa è
la
venuto a contatto con la comunità italoamericana della Grande Mela, ha partecipato
Be
ad un matrimonio celebrato in un Castello a stelle e strisce e ha incontrato il più
ni
illustre Boss di Real Time, ossia Buddy Valastro, il Boss delle Torte che ha
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appassionato il pubblico qualche tempo prima di Don Antonio70. Lo speciale
a
gemellaggio tra Don Antonio e Buddy, finalizzato ad un aggiornamento sulle
−
69
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tecniche di produzione per le torte nuziali, è stato il fiore all’occhiello del palinsesto
105
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https://www.facebook.com/realtimeitalia/videos/901917876512868/, in data 13/02/2016
Il boss delle torte (titolo originale Cake Boss) è un reality show a puntate di genere documentario e
culinario. È centrato sull'attività della famiglia italo-americana Valastro, di origini siciliane e pugliesi,
che si occupa di pasticceria ed è specializzata nella confezione di torte scenografiche per ogni
occasione. Il set è collocato a Hoboken, New Jersey, nella Pasticceria da Carlo (così chiamata nella
versione italiana del reality. Nome originario Carlo's Bakery), fondata nel 1910 da Carlo Guastaferro e
acquistata nel 1964 da Bartolo "Buddy" Valastro Sr. Le serie dello show sono andate in onda in Italia
fin da 2009 sulla rete televisiva Real Time. Originariamente il reality show va in onda sulla rete
televisiva americana TLC.
70
di Real Time, che ha strutturato una collaborazione osmotica e vincente tra due dei
programmi e dei volti più amati dell’emittente, convogliandone attenzioni,
apprezzamenti ed ironia anche sui social network. Il tutto, infatti, è stato
’
ta
si
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iv
Un
documentato in tempo reale sugli account social di Real Time, una degna
conclusione della terza stagione andata in onda l’11 dicembre 2015 in formato extra.
Anche in questo caso, la promozione della puntata speciale è stata affidata in gran
parte ai video virali diffusi tramite social, con un Don Antonio impegnato a
i
gl
de
cimentarsi con la lingua inglese, un canovaccio di spunti per generare meme, hashtag
e photo frame da condividere e postare sui propri profili. In particolare, lo spot in cui
St
Don Antonio si esibisce in un personalissimo I want You, ha totalizzato oltre 17 mila
Su
Sonrisa71.
i
ud
like e circa 10 mila condivisioni, un vero record personale per il Boss de La
or
In occasione delle festività natalizie del 2015, inoltre, insieme agli altri volti di Real
so
Or
Time come Benedetta Parodi, Enzo Miccio e Carla Gozzi, Don Antonio ha augurato
la
a tutti gli spettatori di trascorrere delle serene feste, naturalmente alla sua maniera. Il
Be
vero colpo di genio messo a punto da Real Time, tuttavia, è stato quello di schierare
ni
Don Antonio a favore delle Unioni Civili in occasione della campagna Real Love e
nc
as
della promozione di #DiFattoFamiglie, format in cui si raccontano esperienze di vita
a
familiare tra coppie di fatto. Nella clip diffusa il 30 gennaio 2016, giorno in cui si è
−
svolto il Family Day72 al Circo Massimo di Roma, Don Antonio esprime la sua
Na
po
vicinanza a tutte le forme d’amore, guadagnandosi simpatia, e forse anche stima, da
71
http://www.ilmattino.it/spettacoli/televisione/boss_cerimonie_napoli_usa-1402447.html, in data
13/02/2016
72
La locuzione «Family Day» indica diverse manifestazioni organizzate in Italia in difesa dei valori
tradizionali cattolici della famiglia e in contrapposizione all'estensione dei diritti per le famiglie
omosessuali.
106
li
ampie fasce di utenti. Avvicinare il Boss ad un tema socialmente rilevante lo ha
riscattato dalle accuse mosse in passato, elevandolo ad icona di libera espressione,
per quanto altamente pittoresco e connotato in un contesto specifico. Operazioni,
queste, che mettono in atto la vera essenza della televisione contemporanea,
’
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Un
proiettata in un’ottica crossmediale che fa dei social network, e dunque della Social
Tv, il canale preferenziale e più efficace per generare engagement e sentiment da
parte dei telespettatori, coinvolti dapprima sul piano cognitivo e, successivamente,
sul versante emotivo.
i
gl
de
Accanto ai commenti diffusi con l’hashtag ufficiale della trasmissione ed ai video
postati sugli account di Real Time, Il Boss delle Cerimonie vanta un cospicuo seguito
St
anche sui canali paralleli, vista la presenza di pagine e profili ad hoc creati per
i
ud
celebrare, è il caso di dire, le cerimonie allestite presso il Castello. Tra le pagine di
Su
maggior successo si ricorda L’Ignoranza del Boss delle Cerimonie, contenitore social
or
che raccoglie tutto il meglio (o il peggio) delle puntate trasmesse in televisione. La
so
Or
pagina ha totalizzato in poco meno di due anni circa quasi 140000 like73,
la
coinvolgendo gli utenti tramite posting di meme con le citazioni più eclatanti tratte
Be
da ciascun episodio, di brevi montaggi video ancor più ironici dell’originale, e, dulcis
ni
in fundo, con le pagelle di ciascuna cerimonia: sposi, parenti, staff e altri personaggi
nc
as
coinvolti nei preparativi della festa sono sottoposti all’esame attento degli admin
a
della pagina, un appuntamento fisso che gli utenti premiano mediante like,
−
Na
condivisioni e commenti. L’alto tasso di realismo, inoltre, è stato testimoniato dagli
po
interventi diretti dei protagonisti delle puntate, che hanno spesso intavolato
aver criticato scelte ed ambientazione delle nozze. Ingredienti vincenti per un format,
in questo caso social, di successo. Accanto ai fenomeni sviluppatisi online, è
73
Dati aggiornati a febbraio 2015
107
li
discussioni e botta e risposta a colpi di commenti pungenti con gli utenti colpevoli di
opportuno ricordare, sempre nell’ottica crossmediale di cui si è fatto riferimento, gli
episodi offline che sanciscono il successo del Boss delle Cerimonie. In occasione del
Carnevale 2016, infatti, sono state numerose le testimonianze di travestimenti che
’
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iv
Un
ricalcavano le fattezze di Don Antonio Polese, con tanto di documenti fotografici
postati sui social network74. Un episodio, quest’ultimo, che conferma la valenza de Il
Boss delle Cerimonie come vero e proprio fenomeno di costume, oltre che emblema
della Social Tv e della versatilità dei palinsesti della televisione contemporanea.
i
gl
de
3.3 Festival di Sanremo 2016, il media event all’italiana che mette
ud
St
d’accordo Auditel e Social Tv
i
Tutti cantano Sanremo. È questo lo slogan che ha accompagnato la sessantaseiesima
or
Su
edizione del Festival della Canzone italiana di Sanremo, condotto per il secondo
anno di fila da Carlo Conti. Considerando però il successo di pubblico riscosso, è il
Or
so
caso di dire Tutti guardano Sanremo. Le cinque serate dedicate alla manifestazione
la
canora più attesa della televisione italiana, andate in onda dal 9 al 13 febbraio 2016,
ni
Be
hanno sbaragliato la concorrenza oltre ogni previsione, segnando record d’ascolti ed
nc
interazioni senza precedenti. I fattori del successo sono diversi e molteplici, occorre
as
soffermarsi su ciascuno di essi, spalmati su diverse prospettive, sia culturali che
a
strettamente mediologiche.
−
po
Na
Reduce dagli ottimi risultati riscontrati con la precedente edizione, Carlo Conti ha
lasciato la formula pressoché invariata, rinnovando il cast che lo ha affiancato nel
donne vincitrici del Festival, ossia Emma e Arisa, prime rispettivamente nel 2012 e
74
http://www.napolitoday.it/cronaca/carnevale-2016-costume-boss-delle-cerimonie.html, in data
13/02/2016
108
li
corso delle puntate: se nel 2015 la scelta dei co-conduttori era ricaduta sulle ultime
nel 2014, quasi a rispettare la classica equa ripartizione tra bionda e mora, l’edizione
del 2016 ha visto un parterre di conduzione ben più nutrito, costituito da Gabriel
Garko, tra i volti più amati della fiction italiana, Madalina Ghenea, modella e attrice
’
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Un
rumena già nota al pubblico italiano e la brillante comica ed imitatrice Virginia
Raffaele. L’annuncio del cast aveva già incuriosito il pubblico, data la popolarità di
Gabriel Garko e Virginia Raffaele, a loro modo fortemente caratterizzati nel
palinsesto italiano. Inoltre, un incidente che ha visto coinvolto Garko qualche giorno
i
gl
de
prima dell’inizio del Festival75, ha alimentato ulteriormente l’attesa. Anche la prima
diffusione della lista dei Big in gara, avvenuta il 13 dicembre 2015 nel corso de
St
L’Arena di Massimo Giletti aveva gettato benzina sul fuoco, annoverando artisti
i
ud
notoriamente in contrasto tra loro, come Morgan dei Bluvertigo ed Elio, oppure
Su
gruppi sciolti e nuove formazioni, come nel caso di Alessio Bernabei, ex frontman
or
dei Dear Jack presentatosi da solista, gareggiando proprio contro i suoi compagni di
so
Or
squadra, che nel frattempo hanno assoldato una nuova voce, Leiner Riflessi.
la
Oltre agli aspetti legati alla gara, a movimentare i salotti televisivi e il buzz sui social
Be
network anche l’annuncio della partecipazione di Elton John tra i superospiti della
ni
prima puntata: l’inizio del Festival, infatti, ha coinciso con la discussione in Senato
nc
as
del ddl Cirinnà sulle Unioni Civili, argomento molto vicino al cantautore britannico,
a
omosessuale e padre di due bambini. Il suo intervento sul palco dell’Ariston sarebbe
−
Na
stato, secondo le critiche più accese, un espediente per cavalcare l’onda dell’attualità.
po
Un’operazione riuscitissima, in ogni caso, per attirare l’attenzione del pubblico e
li
coinvolgere gli spettatori.
75
La villa in cui risiedeva l’attore è stata colpita da un’esplosione, forse dovuta a una fuga di gas, a
causa della quale la proprietaria di casa ha perso la vita. Gabriel Garko è stato ricoverato in ospedale
pur non avendo subito particolari danni.
109
Una vigilia così carica d’attesa è un ottimo banco di prova per il Carlo Conti bis, che
la sera del 9 febbraio non delude le aspettative dell’azienda: boom di ascolti per la
prima puntata del Festival, che raggiunge in media 11.135.000 di spettatori per uno
’
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Un
share del 49%, con picchi pari al 50%, arrivando a 12.551.000 nella prima parte del
programma76. Il mondo della Social Tv risponde con lo stesso grado di
partecipazione, facendo registrare cifre da record anche sulle piattaforme di sharing
online. Il re dei commenti, delle critiche e delle citazioni, è stato a sorpresa Gabriel
i
gl
de
Garko, presentatosi piuttosto goffo rispetto all’immagine impeccabile alla quale il
pubblico è abituato: l’umanizzazione di Garko, per così dire, ne ha fatto crescere la
St
popolarità serata dopo serata, complice una rielaborazione delle critiche in chiave
i
ud
autoironica, tentativo apprezzato dal pubblico di first e second screen. Messaggi
Su
positivi invece per Virginia Raffaele, che ha debuttato offrendo una riuscitissima
or
imitazione di Sabrina Ferilli, un espediente che, in termini di hype e attese ha lasciato
so
Or
ai telespettatori la curiosità sulle imitazioni delle serate successive. Plauso e lodi
la
anche per i superospiti Laura Pausini ed Elton John, presenti tra le tendenze con
Be
relativi hashtag. I messaggi diffusi sui social network con argomento Sanremo sono
ni
stati, almeno nella prima serata, circa 660 mila, più di 100 mila in più rispetto alla
nc
as
precedente edizione. Per l’occasione, su Twitter, è stata creata un’emoticon apposita
a
che compariva accanto all’hashtag ufficiale della kermesse, ossia #Sanremo2016.
−
Na
L’attenzione social del pubblico si è ben distribuita nel corso dell’intera prima serata,
po
facendo però registrare picchi d’interazione in due occasioni particolari, come si nota
li
dal grafico realizzato da BlogMeter:
76
Dati ufficiali Auditel.
110
’
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Un
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de
L’engagement è vistosamente aumentato anche sui profili social di Sanremo, che, su
Facebook ha acquisito oltre ventottomila fan dopo la prima serata, con un incremento
St
del 75% delle interazioni rispetto al 2015. Se l’acquisizione di nuovi follower su
ud
i
Twitter è stata inferiore rispetto all’anno precedente, la partita più interessante si è
Su
giocata su Instagram, che ha generato oltre dodicimila interazioni e oltre quattromila
or
follower, complici i post destinati soprattutto a un pubblico di giovanissimi: lo scatto
Or
la
so
più commentato e apprezzato, infatti, riguardava Lorenzo Fragola, cantautore
proveniente dalla fucina di X Factor e teen idol nostrano.
Be
Nella seconda serata si consuma il vero record: Carlo Conti, primo nella storia del
ni
as
nc
Festival, riesce a superare se stesso, facendo registrare share più elevato rispetto alla
serata di debutto: 12.391.000 spettatori per uno share del 50%. Un effetto positivo
a
−
ricaduto anche sul DopoFestival, condotto per l’occasione da Nicola Savino e dalla
po
Na
Gialappa’s Band, con medie d’ascolto di oltre due milioni di telespettatori per ogni
notte inoltrata.
Il trend positivo continua anche sui social network, complice l’imitazione di Virginia
Raffaele, cimentatasi nei panni di Carla Fracci e del superospite Eros Ramazzotti. Le
111
li
serata, cifre record considerando che la trasmissione va in onda tradizionalmente a
menzioni e gli hashtag dedicati a Sanremo 2016 continuano a spopolare su Twitter,
facendo registrare ancora notevoli incrementi rispetto all’edizione del 2015, come si
nota dall’infografica di Nielsen Twitter Tv Ratings:
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Il ritmo di crescita rilevato per il Festival di Sanremo 2016 si mantiene costante per
Or
tutto il corso della manifestazione, aiutato dalle sempre originali imitazioni della
so
la
Raffaele, cimentatasi nei panni di Donatella Versace e di Belen Rodriguez, cavallo di
ni
Be
battaglia di sempre, e dalle gaffe involontarie di Gabriel Garko, perenne oggetto di
discussione sui canali social. Il pubblico si mantiene sempre superiore ai 10 milioni
nc
as
di telespettatori, con uno share al di sopra del 40%, cifre record per la televisione
a
dell’era digitale. Il fenomeno più interessante si è rilevato, tuttavia, per la serata
−
po
Na
finale del 13 febbraio, caduta in concomitanza con la sfida più attesa del campionato
di calcio di Serie A tra Napoli e Juventus. Da un lato il successo di Auditel, con un
dominio assoluto della Social Tv condiviso con la partita di Campionato. Il big
match di Serie A, utile alla conquista del primo posto in classifica ha generato, con
112
li
ascolto medio pari a 11.222.000 spettatori e uno share del 52,5%, dall’altro, il
l’hashtag #JuveNapoli, oltre centomila tweet inviati da 27 mila autori unici nel corso
della sua durata, un risultato che, sommato alle cifre e alle interazioni del Festival di
Sanremo ha fatto sì che i due eventi monopolizzassero la Social Tv raggiungendo
’
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Un
insieme il 92% delle menzioni e dei messaggi condivisi sulle piattaforme social. Le
menzioni al Festival di Sanremo, infatti, hanno raggiunto invece quota 603.500 tweet
e oltre 71 mila autori unici, con una notevole crescita del target under 34, con un
picco di quasi 4400 tweet al minuto all’annuncio della classifica provvisoria e dei tre
i
gl
de
big in corsa per il primo posto.
La profilazione dell’audience effettuata da Nielsen lascia intravedere segnali di forte
i
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St
rinnovamento nella ricezione e nell’engagement che hanno interessato il Festival:
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li
Se consideriamo i soli contenuti dei tweet inviati, con o senza hashtag ufficiale, la
cifra arriva a sfiorare i 4 milioni di messaggi, con cifre ragguardevoli anche per gli
113
hashtag relativi ai titoli delle canzoni, prime fra tutte #noisiamoinfinito e
#finalmentepiove, rispettivamente brani in gara di Alessio Bernabei e Valerio Scanu.
Per quanto riguarda i conduttori, il più citato è stato Gabriel Garko, che si è
’
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Un
guadagnato la simpatia del pubblico e un incremento delle interazioni sui suoi canali
social, diventando, al contempo, il principale bersaglio di critiche negative. La più
amata è stata, invece, Virginia Raffaele, apprezzata soprattutto per aver scelto, nella
serata finale, di vestire i suoi panni, abbandonando le imitazioni. Il padrone di casa
i
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Carlo Conti e Madalina Ghenea, invece, hanno registrato notevole incremento sui
propri profili instagram (BlogMeter):
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Accanto alle performance strettamente legate ai contenuti televisivi e alla gara
canora, tuttavia, la sessantaseiesima edizione del Festival va ricordata anche per
114
fenomeni a latere che ne hanno ampliato la portata innovativa sia sul piano della
comunicazione che sulle attese e coinvolgimento del pubblico. Sanremo 2016 è stato
innanzitutto il Festival dell’arcobaleno: si è fatto riferimento al clima politico che ha
’
ta
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iv
Un
interessato il periodo del Festival, un momento storico che non è sfuggito agli artisti
in gara e agli ospiti che, guidati dall’apripista Noemi, hanno esibito simboli rainbow
a sostegno delle unioni civili. La volontà di schierarsi apertamente sul palco più
importante del paese non è sfuggita al popolo social che subito ha lanciato l’hashtag
i
gl
de
#sanremoarcobaleno, tra i più diffusi della manifestazione canora. Un altro
tormentone del Festival è stato Peppe Vessicchio, il maestro d’orchestra ormai
St
storico simbolo della kermesse che, non essendo comparso nel corso della prima
i
ud
puntata, ha scatenato l’ironia della rete, pronta ad una petizione per averlo sul palco:
Su
numerosi gli hashtag utili ad invocarlo, il più diffuso su tutti è stato
or
#uscitevessicchio. Il risultato si è concretizzato nelle ripetute standing ovation a
so
Or
favore del Maestro ogniqualvolta che Carlo Conti annunciava il suo nome.
la
Altre aziende, invece, hanno utilizzato la Social Tv sanremese come volano di
Be
viralità e visibilità tramite social attraverso campagne di digital marketing ben
ni
strutturate e in sintonia perfetta con il clima instauratosi nell’ambiente media
nc
as
nostrano nel corso della settimana sanremese. Il primo caso da prendere in
a
considerazione è la strategia messa in atto dal birrificio danese Ceres, noto al
−
pubblico social per le iniziative di instant marketing innovative e originali. Il brand
Na
po
ha lanciato l’hashtag #sanremoceres appositamente dedicato al Festival, utilizzandolo
concretamente il pubblico allestendo una sede di live printing in un edificio vicino al
teatro Ariston, esponendo ogni pomeriggio, dal 9 al 13 febbraio 2016, uno striscione
115
li
per ogni post relativo alla kermesse, ma non solo: Ceres ha deciso di coinvolgere
dedicato al Festival e ai singoli cantanti (lo striscione dedicato a Lorenzo Fragola, ad
esempio, recitava “Fragola e Ceres, merenda dei campioni”). L’azienda ha così
attirato l’attenzione del popolo social, degli influencer, chiamati a twittare e
’
ta
si
er
iv
Un
testimoniare il tutto tramite post brandizzati e i cantanti stessi accorsi sul balcone
allestito dagli addetti alla comunicazione del brand.
Più tradizionale ma comunque molto orientata alla Social Tv è stata la strategia
proposta dalla compagnia di volo Vueling, che ha creato meme e immagini dedicate
i
gl
de
ai big del Festival. L’originalità sta nella scelta di slogan ed esortazioni riferite
direttamente ai brani in gara:
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St
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−
Na
Un’edizione del Festival, dunque, che ha coinvolto diversi apparati di produzione e
po
li
comunicazione, anche al di fuori della fruizione audiovisiva77.
77
http://www.insidemarketing.it/laltro-lato-social-divertente-sanremo2016_13179/, in data
18/02/2016
116
I veri vincitori del Festival, tuttavia, secondo le opinioni più diffuse e dati concreti a
misura di social engagement, sono stati i videomaker partenopei del gruppo the
Jackal, considerati mattatori a distanza di Sanremo 2016. Divenuti famosi a livello
’
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iv
Un
nazionale con le parodie di Gomorra-La serie, con i siparietti comici di Gay Ingenui,
Negri Sbiaditi, Nipples, nonché autori di una delle prime web serie nostrane, ossia
Lost in Google, i Jackal possono vantare nel proprio parterre di collaborazioni volti
noti del mondo della cultura e dello spettacolo, quali Alessandro Cecchi Paone, Max
i
gl
de
Pezzali, Malika Ayane e Roberto Saviano. Forti di questa notorietà ben salda nel
mondo social, i Jackal hanno deciso di ampliare la propria attività d’interazione e
St
Social Tv relativa al Festival, caratterizzata da post e status irriverenti: gli sciacalli
i
ud
hanno lanciato ai big in gara esilaranti sfide incitandoli a pronunciare frasi
Su
improbabili tratte dai loro video più famosi al termine di ciascuna esibizione canora.
or
Le vittime designate, ossia Noemi, Clementino, Dear Jack e Zero Assoluto, hanno
so
Or
accolto positivamente l’invito, scatenando l’ilarità del web ad ogni missione
la
compiuta dai Jackal. Alla vigilia di ogni serata, infatti, gli utenti interagivano sulla
Be
pagina Facebook dei videomaker chiedendosi chi fosse il prossimo artista coinvolto,
ni
azionando un meccanismo di Social Tv che ha invertito la priorità degli schermi: la
nc
as
televisione diventa un second screen nel quale veder concretizzate le aspettative
a
espresse e meditate nell’area social, trasformata in first screen. Il momento più
−
esilarante della missione condotta dai Jackal, tuttavia, si è consumato nel corso della
Na
po
serata finale, il 13 febbraio. Il team partenopeo lancia la sfida più difficile della
protagonista di Baciato dal Sole, fiction in prima serata di Rai Uno. A Scilla l’arduo
compito di rivolgere una domanda direttamente al conduttore Carlo Conti, ossia Hai
117
li
kermesse a Guglielmo Scilla, in arte Willwoosh, che da famoso youtuber è diventato
mai cercato Google su Google?. L’espressione perplessa di Conti dinanzi al bizzarro
interrogativo ha consegnato lo scettro di dominatori assoluti del Festival ai The
Jackal, comparsi, tra l’altro, nella sezione relativa alle Curiosità della
’
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si
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Un
sessantaseiesima edizione del Festival di Sanremo pubblicata su Wikipedia. Il
potenziale di engagement generato dai Jackal è stato intuito positivamente dall’attore
e doppiatore Luca Ward che ha interagito e commentato attivamente, come un utente
qualsiasi, le vicende social delle ormai affermate star del mondo social nostrano.
i
gl
de
Il riferimento a Carlo Conti nel raccogliere i meriti di questo successo di audience è
d’obbligo. Per quanto il presentatore toscano sia fortemente connotato nell’ottica del
St
servizio pubblico, mai sopra le righe, garbato, accomodante e familiare, è comunque
i
ud
riuscito a coinvolgere un pubblico giovane nella fruizione, anche critica, del Festival,
Su
che da tempo lamentava una forte lacuna di audience tra gli strati di pubblico under
or
34. Carlo Conti ha ascoltato le esigenze della rete, accogliendo come superospite
so
Or
Cristina D’Avena, la maggiore interprete italiana delle sigle dei cartoni animati,
la
richiesta tramite petizione online nei mesi precedenti, mostrandosi al passo con i
Be
tempi nel presentare cantanti e artisti internazionali la cui popolarità è stata
ni
declamata non in base alle copie vendute, ma alle visualizzazioni totalizzate su
nc
a
ammiraglia Rai.
as
YouTube. Un linguaggio moderno che non ha leso l’immagine rassicurante della rete
−
Na
L’esplosione social di Sanremo 2016 è valsa inoltre per definirlo come il Festival dei
po
Millennials. E alla modifica dello slogan iniziale di cui si è fatto riferimento
118
li
all’inizio del paragrafo, da Tutti cantano Sanremo a Tutti guardano Sanremo, se ne
aggiunge un’altra: Tutti twittano Sanremo78, o quanto meno, lo commentano in
diretta.
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Un
3.4 Pillole di Social Tv: piccoli media event crescono
Si è già notato che, negli ultimi anni, la maggior parte delle trasmissioni televisive si
sia dotata di apparati social più o meno efficienti, garantendosi la presenza sulle
principali piattaforme di condivisione. Il grado di engagement, tuttavia, non è uguale
i
gl
de
per tutti, vi sono programmi che, per loro natura intrinseca e, si potrebbe dire, per
contratto, riescono ad avere appeal social molto più spiccato rispetto ad altri, più
ud
St
deboli da quel punto di vista. Vi sono però occasioni ed episodi particolari in cui
anche i programmi apparentemente più deboli o meno esposti al buzz social riescono
i
or
Su
a diventare dominatori della Social Tv seppur per un arco di tempo limitato o una
cornice narrativa ben definita. Si riportano alcuni casi utili a comprendere il
Or
fenomeno, sistemati in ordine di portata innovativa ed effetto eclatante sul pubblico e
so
la
sulle sorti di emittenti, addetti ai lavori e utenti coinvolti.
Be
Partiamo con il caso scoppiato in rete tra Report, la trasmissione di giornalismo
ni
d’inchiesta condotta da Milena Gabanelli su Rai Tre ed Eni, impresa integrata nella
nc
as
produzione energetica. La puntata del 13 dicembre 2015 ha avuto come tema
a
principale l’acquisizione da parte di Eni di una licenza per effettuare esplorazioni a
−
Na
largo della Nigeria per trovare nuovi giacimenti petroliferi, con presunte implicazioni
po
giudiziarie. Altra inchiesta della puntata in questione ha riguardato il piano di
rilevanti. Per quanto non siano state lanciate vere e proprie accuse, l’azienda leader
78
http://www.engage.it/social/sanremo-2016/59156, in data 18/02/2016
119
li
dismissioni che Eni sta seguendo per cedere alcune delle sue attività non ritenute più
della produzione energetica italiana ha deciso di rispondere a Report per le rime,
mettendo in atto una strategia social senza precedenti. Mentre in televisione andava
in onda il dossier di Luca Chianca su quella che “si sospetta essere una delle più
’
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iv
Un
grosse tangenti mai pagate al mondo”, dall’account Twitter di Eni Energia, alle 21:52
partiva il primo tweet di difesa, “@reportrai3 parla di #Eni. Qui il dossier con le
nostre
info,
anche
quelle
che
la
trasmissione
non
vi
dirà
…
http://www.eni.com/it_IT/media/dossier/dossier-report-13-12-2015.html
i
gl
de
#Report”.
Questo è stato il primo di una lunga serie di tweet mandati in rete nel corso della
St
trasmissione, con brevi intervalli. Ciascun tweet riportava dati, grafici, informazioni,
i
ud
documenti che testimoniassero la regolarità delle operazioni condotte da Eni,
Su
discolpando così l’azienda da quanto affermato su Report. La difesa si è articolata in
or
forma innovativa per un programma d’inchiesta, portando gli spettatori a spalmare le
so
Or
proprie attenzioni tra first e second screen. I tweet di Eni hanno rispettato una
la
tempistica ben precisa, dopo il primo ne sono seguiti altri cinque nella fase iniziale
Be
compresa tra le 21:58 e le 22:06, per poi passare alla fase finale individuata tra le
ni
22:37 e le 22:42, quest’ultima più breve ma intensa, senza considerare i tweet di
nc
as
risposta ai messaggi lanciati dall’account ufficiale di Report79. Tra le accuse mosse
a
alla trasmissione di Milena Gabanelli anche quella di non aver dato opportunità di
−
Na
replica all’azienda, ed è su questo punto che si focalizza la prima risposta di Report,
po
“I programmi d’inchiesta non sono talk show” è il messaggio diffuso da un account
costringendo la Rai ad una rettifica arrivata però con ventiquattro ore di ritardo. È su
questa risposta, seppur fittizia che, tuttavia, si è articolato il dibattito in rete tra gli
79
http://www.webnews.it/2015/12/14/report-eni/#, in data 16/02/2016
120
li
a nome della giornalista volto di Rai Tre, rivelatosi poi un profilo fittizio,
utenti, fino ad arrivare alla risposta ufficiale di Report, ossia la pubblicazione dell’email con la quale Eni avrebbe rifiutato di rispondere alle domande inviate dalla
redazione. A questo punto entra in campo anche Andrea Vianello, direttore di Rete,
’
ta
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iv
Un
con replica tempestiva di Marco Bardazzi, responsabile della Comunicazione di Eni
e, probabilmente, della strategia messa in atto nel corso della trasmissione.
I messaggi più retwittati della serata sono stati quelli diffusi dall’account di Report,
con un picco di 239 retweet per il primo tweet “Eni sta scrivendo il falso. Hanno
i
gl
de
rifiutato l’invito con attese e richieste andate avanti per un mese”. Meno retwittati
ma di certo più rumorosi i tweet di Eni, il cui primo messaggio ha totalizzato oltre
St
145 retweet.
i
ud
Per quanto entrambe le parti avessero ragione di difendere i propri punti di vista, il
Su
fenomeno messo in atto da Eni è una riuscitissima operazione di fact checking in
or
tempo reale, ossia smontare un’inchiesta in corso d’opera con dati e testimonianze
so
Or
provate, dando vita a un precedente di cui i network televisivi, soprattutto nel
la
comparto dell’informazione, dovranno necessariamente tener conto. Eni ha ribaltato
Be
e mescolato le carte in gioco della costruzione e diffusione di reportage giornalistici,
ni
che in televisione ancora conservavano l’aura di inaccessibilità e certezza, nonostante
nc
as
il sempre presente buzz sui social network. Al settore comunicazione di Eni va il
a
merito di aver difeso la propria identità davanti ai consumatori, assurgendo ad
−
esempio per altre aziende e consegnando alla Social Tv una sorta di dialogo B2B,
Na
po
acronimo di Business to Business, nel quale gli spettatori hanno potuto assistere ad
ormai un dato di fatto, non appartiene più alla televisione.
121
li
una reale trasparenza delle informazioni, da entrambe le parti. L’ultima parola, è
Dal taglio più ironico, ma decisamente più nocivo per l’immagine dell’azienda
televisiva è l’episodio legato al Capodanno festeggiato nel corso de L’Anno che
verrà su Rai Uno, rete ammiraglia della Televisione di Stato. Come ogni anno, le reti
’
ta
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iv
Un
televisive adeguano i palinsesti all’arrivo dell’anno nuovo, proponendo contenuti dal
taglio più frivolo e leggero: musica, spettacolo, giochi e puro enterteinment per
accompagnare gli spettatori fino ed oltre la mezzanotte. L’arrivo del 2016 non è stato
roseo per Rai Uno, a causa di una congerie di errori ripetuti in successione che hanno
i
gl
de
scatenato la rete e i social network anche la notte di Capodanno. L’Anno che verrà,
condotto in questo caso da Amadeus e Rocco Papaleo in diretta da Matera, location
St
scelta come Capitale Europea della Cultura nel 2019, ha messo in scena un teatrino
i
ud
grottesco in cui ad autori e tecnici è stata addossata la responsabilità di un fallimento
Su
d’immagine assicurato. Primo incidente di percorso in ordine cronologico è il forfait
or
di Claudio Lippi, terzo conduttore designato, per un malore che l’ha colpito poco
so
Or
prima della trasmissione. L’annuncio è stato dato proprio in diretta. Veniamo ai due
la
episodi clou del Capodanno targato Rai. Il più eclatante, proprio perché evidente e
Be
sotto gli occhi di tutti è stato l’annuncio della mezzanotte con oltre un minuto
ni
d’anticipo, una gaffe provocata da un problema tecnico all’orologio, bloccato per
nc
as
quattro minuti e ripartito con quaranta secondi d’anticipo. Su Twitter i telespettatori
a
si sono scatenati a colpi di battute e ironia, paragonando la trasmissione di Rai Uno
−
ad un famoso episodio della saga di Fantozzi durante il quale i musicisti di
Na
po
un’orchestra diretta dal Maestro Canello, poiché coinvolti in altri festeggiamenti,
#Fantozzi, accanto a #Capodanno e #lannocheverrà balza subito tra i trending topic.
Il vero spettacolo in termini di audience e di Social Tv, tuttavia, si è svolto grazie ai
122
li
spostano l’orologio in avanti e fanno brindare il pubblico alle 22:30. L’hashtag
messaggi comparsi in sovrimpressione, gli sms di auguri inviati dagli spettatori.
Accanto ad innocenti saluti e buoni propositi, sono comparsi una bestemmia a dir
poco oltraggiosa per i telespettatori più religiosi e lo spoiler di Star Wars-Il risveglio
’
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Un
della Forza, diffuso nelle sale cinematografiche proprio in quel periodo. Nonostante i
notevoli incidenti di percorso, il risultato di audience ottenuto ha decisamente
premiato la rete ammiraglia Rai, che ha totalizzato per il Capodanno in diretta da
Matera ben 8.810.000 spettatori, con uno share del 48,49%80.
i
gl
de
Un risultato eccellente per la Rai, considerando il giorno particolare ma senza tener
conto dello stato d’animo con il quale il pubblico ha accolto la messa in onda, un
St
sentiment raccolto egregiamente dai social network che, anche stavolta, costringono
i
ud
aziende ed emittenti a fare i conti con la verità.
Su
or
Musica, premi e target di giovanissimi, invece, hanno determinato il successo
so
Or
dell’emittente Mtv che, grazie agli Mtv Europe Music Awards 2015 condotti dal
la
cantautore britannico Ed Sheeran in diretta da Milano, ha concluso l’anno
Be
attestandosi tra le reti social più forti del panorama televisivo italiano. La kermesse si
ni
svolge ogni anno in diverse città europee, prevede la consegna di riconoscimenti
nc
as
attribuiti a furor di popolo ai più degni rappresentanti del mondo della musica e, sin
a
dagli albori, attrae un pubblico di teenager e giovani fino ai trent’anni. Scegliere
−
Na
Milano proprio nell’anno dell’Expo è stata una mossa vincente, il capoluogo
po
lombardo ha infatti concentrato su di sé le attenzioni del mondo intero anche sul
suoi padiglioni, anche spettacoli e iniziative legati all’evento targato Mtv.
80
http://tvzap.kataweb.it/news/150047/capodanno-su-rai-1-bestemmia-in-diretta-sospeso-ilresponsabile/, in data 16/02/2016
123
li
versante musicale, ospitando, oltre gli eventi previsti per l’Esposizione Universale e i
La diretta del 24 ottobre 2015 dal Mediolanum Forum di Assago e il relativo hashtag
#mtvema hanno generato in una sola sera oltre un milione di tweet in lingua italiana,
con un incremento del 400% rispetto all’edizione precedente. Una cifra record che di
’
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Un
fatto ha consacrato gli Ema’s come l’evento televisivo più social dell’anno. La
strategia social di Mtv è stata, come di consueto per la più giovane delle emittenti
televisive, accurata e oculata, a partire dalla fine di agosto 2015, periodo in cui è
stato chiesto agli utenti di votare i propri idoli per la categoria Biggest Fans tramite
i
gl
de
Twitter utilizzando l’hashtag apposito, #mtvema per l’appunto. Il risultato si è
concretizzato negli oltre dieci milioni di tweet collezionati in due mesi. Buoni i
St
risultati di engagement anche su Facebook, dove la pagina ufficiale di Mtv Italia ha
i
ud
ottenuto oltre 186 mila interazioni tra condivisioni, like e commenti, con un
Su
incremento dell’88% rispetto al 2014. Le infografiche riportano i dati rilevati
or
dall’Osservatorio Social di BlogMeter:
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Nel 2014, quando fu annunciata da Glasgow la scelta di Milano per la diretta degli
Ema’s 2015, il pubblico social italiano aveva accolto la notizia generando oltre
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duemila tweet al minuto, un preludio rivelatosi promettente visti i risultati concreti
riscontrati con l’evento stesso. I tweet di maggior successo sono stati rivolti all’idolo
dei teenager Justin Bieber, vincitore in numerose categorie. Altra scelta vincente di
Mtv è stata quella di assoldare youtubers e vlogger famosi come inviati direttamente
i
gl
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dal red carpet, mentre per quanto riguarda Instagram, è stata allestita un’area
apposita nel backstage dedicata ai selfie con i performer e i cantanti premiati nel
St
corso della serata, occasione utile a promuovere anche l’app Boomerang che
i
ud
consente di scattare cinque foto in un secondo creando una sorta di loop video dagli
Su
effetti esilaranti. In un’ottica pienamente crossmediale, inoltre, Mtv ha dato agli
or
utenti prosumers la possibilità di partecipare attivamente alla diretta, oltre che fornire
so
Or
una concreta opportunità di farsi notare nel mondo dello spettacolo. L’iniziativa Mtv
la
Canvas, così come la precedente Mtv Bump, ha dato spazio agli user generated
Be
content dei fan più affezionati, video mandati in onda durante gli spot pubblicitari81.
ni
Gli Mtv Europe Music Awards 2015 sono stati a tutti gli effetti un evento a misura di
nc
as
Millennials, per i contenuti e le logiche di fruizione, con le quali tutti gli schermi a
a
disposizione dell’utente si ponevano come first, ciascuno con i suoi contenuti
−
esclusivi e la possibilità di vivere la diretta in tempo reale. La vera essenza della
po
Na
Social Tv.
li
81
http://www.osservatoriosocialtv.it/2015/11/25/mtv-ema-2015-la-nuova-social-tv-che-avanza/, in
data 16/02/2016
125
Una creatura assai strana e televisivamente singolare è, nella storia dei palinsesti
nostrani, la manifestazione canora internazionale denominata Eurovision Song
Contest, italianizzato in Eurofestival. Nata nel 1956 ed organizzata dall’Unione
’
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Un
Europea sulla base del Festival di Sanremo, la kermesse coinvolge artisti europei che
presentano un brano votato per il 50% dai telespettatori tramite televoto e per l’altro
50% dalla giuria costituita da rappresentanti di ciascuna nazione. L’Italia, che fa
parte dei cosiddetti Big Five, ossia i paesi fondatori della manifestazione, accede di
i
gl
de
diritto alla fase finale della gara, trasmessa in eurovisione e anche in alcuni stati al di
fuori dell’Unione Europea. Nel nostro paese la finale dell’Eurovision va in onda su
St
Rai Due. Il clima festoso proposto dalla televisione, tuttavia, nasconde alti e bassi
i
ud
che ne hanno in parte oscurato la storia, soprattutto in Italia: trasmesso
Su
ininterrottamente fino al 1997, l’Eurovision ha subìto un periodo di oscurantismo nel
or
corso dell’intero primo decennio degli anni Duemila, a causa di presunti boicottaggi
so
Or
da parte della Rai ai danni dei cantanti in gara a rappresentare l’Italia, dato che il
la
paese vincitore deve ospitare il festival l’anno successivo, pagando delle penali in
Be
caso di rifiuto. L’episodio scatenante vide protagonisti i tanto discussi Jalisse,
ni
vincitori del Festival di Sanremo e in gara per l’Italia all’Eurovision, vittime,
nc
as
secondo i rumors, di sabotaggi interni come accadde nel 1993 ad Enrico Ruggeri82.
a
Dopo vari tentativi di riconciliare Rai e UER-Unione Europea Radiodiffusione,
−
durante i quali scese in campo anche Raffaella Carrà per ridestare curiosità nel
Na
po
pubblico83, finalmente, nel 2010, l’allora Direttore di Rai Due Massimo Liofredi,
82
Il cantautore milanese farà riferimento all’accaduto in Piccoli Mostri, raccolta di racconti pubblicata
nel 2000.
83
Nel settembre 2008 Raffaella Carrà, reduce da successi televisivi in Spagna, chiese ed ottenne di
poter ospitare all'interno di Carràmba! Che fortuna un cantante o gruppo che ha preso parte
all'Eurovision Song Contest 2008.
126
li
durante la presentazione di X Factor, annuncia il ritorno dell’Italia tra i partecipanti
all’Eurovision Song Contest. Il nuovo debutto dell’Italia avviene così nel 2011 con
Raphael Gualazzi sul palco di Dusseldorf, in Germania, classificandosi secondo in
volata finale.
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Un
Il ritorno dell’Eurovision sui nostri schermi televisivi avviene in un momento storico
molto particolare per la televisione nostrana, che proprio in quel periodo muove i
suoi primi passi nel mondo della Social Tv e della twittercronaca, che trova
nell’Eurovision un piatto assai ricco per sperimentare la tecnica del second screen.
i
gl
de
Le scenografie e l’offerta musicale proposte dalla kermesse, notoriamente kitsch e
pompose, inoltre, costituiscono sin da subito l’ingrediente vincente per una Social Tv
St
ante litteram, complice anche la diretta in streaming commentata dagli admin di
i
ud
Twittercronaca, account deputato al commento in tempo reale. Uno dei risultati più
Su
sorprendenti di questa attività di live tweeting furono l’engagement di nuovi
or
telespettatori attraverso gli hashtag #ESCita o #Eurofestival, balzati in trending topic
so
Or
ed il conseguente rovesciamento, se così lo si vuole definire, della logica first-second
la
screen: la curiosità suscitata dall’hashtag di successo ha portato molti utenti ad
Be
accendere il televisore per capire di cosa realmente si trattasse. Ancora una volta,
ni
tuttavia, i contributi ironici twittati a discapito di variopinte popstar provenienti
nc
as
dall’Est europeo, hanno giocato la parte più importante nello svolgersi in fieri
a
dell’attività di Social Tv. A commentare il ritorno della kermesse sulla televisione
−
italiana, Raffaella Carrà in diretta da Roma, affiancata dagli opinionisti di Tv Talk e
Na
po
dal dj francese Bob Sinclair, totalizzando per la finale del 14 maggio 1.291.000
li
telespettatori, con uno share del 6,42%.
Nel giro di pochi anni l’Eurovision Song Contest è diventato uno degli eventi più
attesi dai Social Tv addicted, con ottimi risultati sulle piattaforme di sharing, grazie
127
anche alla partecipazione di artisti molto amati dal pubblico italiano: nel 2012 è stata
la volta di Nina Zilli, mentre nel 2013 è toccato a Marco Mengoni, già reduce da
numerosi premi di livello internazionale84 e vincitore del Festival di Sanremo. Nel
’
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Un
2014 la partecipazione di Emma Marrone, pur non essendo stata premiata dalla
classifica (la cantante salentina si è classificata soltanto ventunesima), ha riscosso
enorme successo su Twitter, consacrando l’Eurovision come il programma più social
della settimana di riferimento. I momenti più twittati sono stati l’esibizione di Emma
i
gl
de
Marrone e la premiazione finale di Conchita Wurst, la cui esibizione ha rappresentato
uno degli spunti social più interessanti di quella edizione. La sintesi dei dati è ben
St
rappresentata dall’analisi di BlogMeter, che rileva anche gli autori unici e le
i
ud
impressions dei tweet diffusi in rete:
or
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ni
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a
−
Nel 2015 si è registrato il record d’ascolti italiano nella nuova era televisiva del
Na
po
festival: la finale del 23 maggio, durante la quale si sono esibiti i tre tenori de Il
ottenuto ben 3.292.000 telespettatori con uno share del 16,35%, mentre il picco
84
Il cantautore aveva già vinto nel 2010 il prestigioso riconoscimento di Best European Act agli Mtv
Europe Music Awards.
128
li
Volo, vincitori del Festival di Sanremo e rappresentanti in concorso per l’Italia, ha
massimo si è rilevato all’apertura del televoto con quasi 5 milioni di telespettatori.
L’esibizione de Il Volo, come prevedibile, è stata la più seguita con i suoi 4.554.000
telespettatori, con un sensibile aumento del target di Millennials compresi tra i 15 e i
’
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iv
Un
34 anni, i più attivi sui social network e i maggiori artefici delle pratiche di first e
second screen. A coronare il tutto, la conduzione di Federico Russo e Valentina
Correani, già volti noti di The Voice of Italy.
Scelta vincente, dunque, quella di riportare in auge l’Eurovision Song Contest
i
gl
de
Festival, tanto da indurre la Rai a trasmettere l’edizione 2016 su Rai Uno, proprio
come accadde nel 1997, l’ultima edizione pre-Social Tv. A rappresentare l’Italia ci
St
sarà la cantautrice Francesca Michielin, seconda classificata a Sanremo e vincitrice
i
ud
della prima edizione di X Factor nell’era Sky, la quinta in assoluto. Un volto già noto
or
Su
agli utenti più attivi e attenti della Social Tv nostrana.
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129
Appendice
L’esperienza sul campo, al di là delle dissertazioni teoriche e delle ipotesi formulate
’
ta
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Un
attraverso la ricerca, costituisce da sempre il metro di giudizio fondamentale per
avallare, smentire o implementare le analisi condotte su temi specifici. A fronte di
questa esigenza, che negli studi sulla Social Tv si rivela necessaria e aperta al
rinnovamento giorno per giorno, la chiosa ideale del presente elaborato si sviluppa
i
gl
de
attraverso le testimonianze dirette di due esperti del settore, sia dal punto di vista
didattico e formativo, sia dal versante strettamente tecnico. Il contributo di Marco
St
i
delle pagine precedenti.
ud
Gorini e Andrea Materia chiarisce ed approfondisce la disamina sviluppata nel corso
or
Su
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so
Or
La formazione ai tempi dei new media: intervista a Marco Gorini85
Be
L’educazione all’utilizzo formativo e professionale dei new media sembra essere la
ni
missione quasi impossibile della contemporaneità. Sono ancora troppe le persone che
nc
as
guardano all’universo social con un certo distacco, frutto delle categorizzazioni non
a
sempre positive partorite da una generazione di massmediologi poco aggiornati.
−
Na
Orientarsi tra i network e le reti sociali può essere dunque considerata un’urgenza da
po
colmare a partire dai banchi scolastici ed accademici. Una forma mentis che di sicuro
Laureato cum laude in Scienze della Comunicazione con una tesi sull’Intelligenza
85
Intervista pubblicata il 26 maggio 2014 sul magazine online Inside Marketing
(http://www.insidemarketing.it/formazione-tempi-dei-new-media-inside-marketing-intervista-marcogorini_3261/), aggiornata ed implementata ai fini dell’elaborato nel marzo 2016.
130
li
appartiene al dottor Marco Gorini, docente ed esperto di New media e Marketing,
Collettiva, si è guadagnato attestati di stima da Pierre Levy, teorico di maggior
spessore in materia. Attivo nell’ambito dell’event management e consulente in
comunicazione e formazione presso enti privati e pubblici, ha intrapreso un percorso
’
ta
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Un
didattico e professionale nel vasto e affascinante mondo della comunicazione di
massa, un settore nel quale ha trovato stimoli per le proprie passioni e la giusta
collocazione
per
attuare
i
principi
dell’intelligenza
collettiva,
a
partire
dall’insegnamento.
i
gl
de
New Media e Marketing: si tratta di un ambito didattico assai vasto e in costante
St
evoluzione. Un rischio per l’insegnamento?
i
ud
Dal punto di vista didattico è sicuramente uno stimolo, è necessario mantenersi
Su
sempre in aggiornamento ed essere attenti agli spunti d’attualità, soprattutto perché si
or
tratta di discipline strettamente legate allo sviluppo tecnologico e, in quanto tali,
so
Or
vanno rinfrescate e rielaborate di volta in volta. Le prime lezioni che ho tenuto sono
la
ormai superate, per questo motivo la didattica diventa un continuo laboratorio di
ni
Be
conoscenza e un momento di formazione per me stesso.
nc
a
studio dei New media. Qual è la strategia giusta per ovviarli?
as
Esistono ancora numerosi pregiudizi verso le Scienze della Comunicazione e lo
−
Na
Sono dell’idea che le Scienze della Comunicazione debbano essere propedeutiche a
po
ciascun tipo di percorso formativo. L’attenzione a ciò che accade intorno a noi come
della comunicazione, sia nelle relazioni professionali, sia nella fruizione degli stessi
media. Sarebbe bello immaginare un anno di studi sulla Comunicazione prima di
131
li
recettori di ruoli o informazioni necessita di un approccio di conoscenza al mondo
avvicinarsi a qualsiasi professione, basti pensare che consulenti esperti in materia
affianchino numerose figure professionali affini ad altri ambiti, proprio in virtù della
necessità di uno sviluppo concreto di questo ramo. Credo che il pregiudizio sarà
’
ta
si
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Un
destinato ad assottigliarsi proprio nell’ottica di questa necessità di conoscenza senza
la quale si resta vincolati ad un solo settore, mentre la comunicazione è immanente a
qualsiasi attività.
i
gl
de
Quali sono gli strumenti necessari affinché uno studente possa orientarsi in questo
mondo così complesso?
St
Già dalla scuola sarebbe opportuno sviluppare un senso critico, in relazione alla
i
ud
laurea si rivelano necessarie capacità d’analisi, volontà di mettersi in gioco, fare
Su
tesoro delle conoscenze in un’ottica di partecipazione nel mondo del lavoro,
or
cercando di assumere come momento di leadership anche la frequenza in aula. Lì si
so
Or
possono applicare gli elementi base dell’intelligenza collettiva, come la fruizione
la
partecipata ed i feedback. È soprattutto necessario immaginare l’uso dei new media e
Be
dei social come primo approccio al mondo del lavoro, come è accaduto con Skype:
ni
dapprima era utilizzato come strumento di confronto tra colleghi, poi è diventato
nc
as
canale preferenziale per le call conference d’ufficio, oppure pensiamo alla velocità
a
che la ricerca guadagna attraverso i nuovi strumenti deputati al caso. In questo,
−
tuttavia, i social network possono costituire una minaccia.
po
Na
li
Oltre a studiare i new media si può studiare con i new media?
Si può e si deve, considerandoli come una fonte inesauribile di saperi, ma su questo
va operato un lavoro a monte: così come quando ci recavamo in biblioteca per
132
scegliere i testi più vicini alle nostre attitudini, così anche sui social dobbiamo
pensare che ciascuna relazione equivalga ad una fonte, e considerando il tempo a
nostra disposizione va effettuata una selezione preventiva. Un contatto che non
’
ta
si
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Un
costituisce interesse per la mia formazione o per le informazioni di cui ho bisogno è
soltanto una perdita di tempo prezioso, è inutile seguire troppi utenti se questi non
possono contribuire alla nostra crescita. I social diventano strumento di formazione
quando tendono ad ampliare e sviluppare concetti dell’intelligenza collettiva, quali
i
gl
de
crowd, condivisione, costruzione di saperi e di piattaforme editoriali per la creazione
di nuovi contenuti.
St
i
ud
Qual è in tal senso il gap della formazione italiana?
Su
Il problema sta nei formatori. Se l’approccio ad uno strumento diverso rispetto alla
or
formazione, propria, di partenza è percepito come alterità, è perché non lo si conosce.
so
Or
I docenti che non usano i new media sono destinati ad essere autoreferenziali ed
la
imbalsamati nei loro saperi, una distanza che ne ostacola la diffusione. Nella mia
Be
ottica la docenza è una mentorship, più che una mera diffusione di conoscenze, è una
ni
guida alla metodologia d’apprendimento. Chi non applica questa filosofia è estraneo
nc
as
al Life Long Learning, l’evoluzione dell’insegnamento visto come una continua
a
scuola per cambiare ed imparare. L’idea di girare link utili ai tesisti tramite social
−
network, ad esempio, è utile a diffondere una conoscenza condivisa che altrimenti
po
Na
andrebbe persa.
li
133
L’ibridazione tra media diversi è un dato di fatto, soprattutto per quanto riguarda
il rapporto tra social network e televisione. In un’ottica formativa quale ruolo può
avere la Social Tv?
’
ta
si
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Un
Non darei alla Social Tv un ruolo in ottica formativa, nel senso che interventi di
applicazione di Social Tv possono essere semplicemente immaginati come una
possibile declinazione di utilizzo dei social insieme ad un altro medium, in questo
caso la televisione. E’ difficile utilizzarla come strumento formativo quale potremmo
i
gl
de
immaginare la radio, l’e-learning, o in funzione di un’erogazione di contenuti o
trasferimento di competenze. Se parliamo di formazione alludendo al rapporto tra
St
studente e docente, al versante strettamente accademico o alla formazione
i
ud
professionale, entriamo in un contesto in cui sono differenti ed altri gli strumenti ed i
Su
canali di attuazione. Non parlerei quindi di formazione attraverso la Social Tv, sarei
or
quasi drastico nel dire che non è uno strumento formativo, se non nell’accezione
so
Or
individuale dell’acquisizione di competenze per utilizzare uno strumento, dunque
la
come esperienza individuale alternativa alla tradizionale ottica broadcasting.
Be
ni
È necessario, secondo Lei, inserirla tra le discipline accademiche?
nc
as
Posso parlarne per esperienza diretta come manager didattico di un master in Media
a
Enterteinment: nell’ottica di specializzazione, di formazione e didattica specifica del
−
settore può assurgere ai livelli di disciplina accademica, intesa come spazio di
Na
po
interazione ed attuazione di determinati strumenti. Nell’ottica di formazione di base,
credo si possa adesso immaginare una specificità della disciplina, in quanto ha una
storia per ora poco consolidata e può essere più un modulo all’interno di un corso sui
134
li
quale può essere ad esempio la laurea triennale in Scienze della Comunicazione, non
new media o, meglio, di marketing televisivo. Nell’ottica netnologica va immaginata
come un ambito di studi altamente specializzato.
’
ta
si
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Un
E- learning e lezioni frontali. Esiste un giusto compromesso?
Più che di compromesso si potrebbe parlare di diversi canali di trasferimento, poiché
sono utili entrambi: il momento dell’aula è partecipativo, sociale, aggregativo,
un’occasione per mettersi in discussione. Tutto questo può essere sostituito dall’on-
i
gl
de
demand quando si tratta di mero scambio o accesso al dato in un momento dedicato
alla sola formazione di professionisti che non hanno tempo di frequentare lezioni in
St
classe. L’approccio in aula ha ancora valenza di crescita, fermo restando che tutto ciò
i
ud
va fatto in condizione di agio, altrimenti si tende a preferire l’altra soluzione che può
Su
innescare pericolosi meccanismi di solitudine. Il mondo del lavoro è fatto di contatti
or
e relazioni reali, se già nella fase d’apprendimento ce ne priviamo, possiamo correre
la
so
Or
seri rischi.
Be
La formazione didattica nel settore new media afferisce al contesto decisamente
ni
più ampio della Media Education. Quali sono le linee guida di questo
as
nc
macrosettore?
a
È un argomento più vicino alla pedagogia, rispetto ai new media. È tuttavia
−
Na
interessante l’apporto dell’Unione Europea, che nell’ambito territoriale sta tracciando
po
delle linee guida affinché siano garantiti a tutti accesso e fruizione dei mezzi di
sapere secondo regole condivise: in questo ampio spazio che è la Media Literacy, la
Media Education diventa educazione all’uso del mezzo di comunicazione.
135
li
comunicazione, per cui viene a concretizzarsi una forma di democratizzazione del
Personalmente ho immaginato questa situazione declinata sui new media il cui
utilizzo vada indicato da scuole, enti di formazione e genitori educati a questo, quindi
una media education che consenta anche agli adulti l’utilizzo di nuovi devices. Ho
’
ta
si
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Un
anche immaginato un format radiofonico nel quale, attraverso un medium evergreen
e rimediato con la digitalizzazione, si possa istruire sui nuovi media utilizzando un
linguaggio specifico. Inoltre, da questo punto di vista, trovo molto interessanti i
tutorial come strumenti di condivisione, indicando un how to do relativo a ciò che si
i
gl
de
sta guardando come testimoni di intelligenza collettiva, perché nel momento in cui ne
fruisco, posso venire a contatto con tantissime altre risorse utili alle mie conoscenze.
St
i
ud
Le attività di Social Tv possono ledere in qualche modo la sensibilità degli utenti?
Su
Siamo nel solito discorso secondo cui non è mai lo strumento che può ledere la
or
sensibilità degli utenti, ma l’utilizzo che se ne fa, come quando è stato inventato il
so
Or
telefono allorquando s’immaginava che un estraneo potesse invadere il nostro spazio,
la
oppure come quando si guarda la televisione per 18 ore su 24, alienandosi.
Be
La Social Tv non può ledere la sensibilità degli utenti se non nei termini in cui può
ni
farlo qualsiasi altro strumenti; al più le uniche a poter essere lese sono le industrie di
nc
as
produzione tv che sono molto più esposte a critiche, logiche di conflitto ed
a
interazione, così come si conviene per gli strumenti digitali; quindi deve esserci
−
Na
molta attenzione nella consapevolezza dell’utilizzo, come di recente si è dimostrato
po
sui canali nazionali più prestigiosi. Nel contesto della Media Education bisognerebbe
Snapchat che da strumenti di Social Tv.
136
li
piuttosto pensare alla formazione degli operatori del settore. Sarei più preoccupato da
Social Tv: un’ulteriore barriera per il digital divide?
Questa è una naturale declinazione di quello che deve essere un percorso di
unificazione per la fruizione di contenuti digitali, come insegnano le discipline
’
ta
si
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Un
crossmediali. La televisione ha sentito l’esigenza di avvicinarsi al web anche grazie a
tutti quei fenomeni nati dal basso: avvicinandosi ad essi, con la nascita dei
prosumers, la deriva diventa necessaria da questo punto di vista. Il digital divide
aumenta nei confronti di un tipo di pubblico ancora estraneo ed avulso da questo tipo
i
gl
de
di comunicazione, ma è lo stesso che si può avere quando le istituzioni richiedono la
PEC86, oppure impongono l’utilizzo di un bancomat per ricevere la pensione o anche
St
tutti quegli interventi che si fanno a livello sociale integrando le nuove tecnologie, al
i
ud
punto di rinnovare il nostro punto di vista sulla realtà. Se si fruisce dell’offerta
Su
televisiva e si notano nuove modalità di partecipazione alle quali non sempre si può
or
accedere, ci si può sentire esclusi; è vero però che il mercato magari tende per
so
Or
esigenze di business a rivolgersi ad un pubblico già abituato a questo tipo di
la
fruizione, per cui non parlerei di mero digital divide ma di accelerazione nella
Be
separazione da chi è nativo digitale ed i Digital Immigrants. Non credo sia frustrante
ni
non poter partecipare in termini di live tweeting o votazioni online per quei contenuti
nc
a
fruizione.
as
che non interessano a quel tipo di pubblico che non accede a questa modalità di
−
po
Na
li
86
La posta elettronica certificata (PEC) è un tipo particolare di posta elettronica, disciplinata dalla
legge italiana, che permette di dare a un messaggio di posta elettronica lo stesso valore legale di una
raccomandata con avviso di ricevimento tradizionale garantendo così il non ripudio. Anche il
contenuto può essere certificato e firmato elettronicamente oppure criptato garantendo quindi anche
autenticazione, integrità dei dati e confidenzialità.
137
Audience e scenari mediali contemporanei: conversazione con
Andrea Materia
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Un
Nel 2012, quando la Social Tv si manifestava a piccole dosi nel panorama mediatico
nostrano, Andrea Materia e Giampaolo Colletti pubblicarono la prima guida per
orientarsi tra nuovi percorsi e direzioni disegnati dall’ibridazione tra social media e
televisione tradizionale. “Social Tv-Guida alla nuova Tv nell’era di Facebook e
i
gl
de
Twitter”, edito da Gruppo24Ore, introdusse studenti ed appassionati di new media
nelle dinamiche tecniche e social che avrebbero caratterizzato e inciso
St
profondamente sui diversi modelli di business televisivo. Per suggellare la ricerca
ud
i
condotta nel corso degli ultimi anni, è necessario comprendere cosa sia realmente
Su
cambiato, quali siano i punti di debolezza o di forza della Social Tv italiana, una
or
panoramica offerta da Andrea Materia, specializzato nei linguaggi e modelli di
Or
di web tv e new media.
la
so
business della Tv interattiva, autore dei primi format di Social Tv della Rai, esperto
ni
Be
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Nel 2012 ha scritto un libro sulla Social Tv insieme a Giampaolo Colletti, Social
as
Tv-Guida alla nuova TV nell’era di Facebook e Twitter, edito da Gruppo 24 Ore.
a
−
Cosa è cambiato da allora?
po
Na
In termini di architettura del meccanismo di propagazione sui social del messaggio
forte presenza sulle maggiori piazze, dove accanto a Facebook e YouTube, che non è
propriamente un social network, si è imposto Instagram ed in alcune realtà come il
mercato americano Snapchat, ancora poco diffuso e a livello europeo. Si è verificato
138
li
televisivo, ad oggi non ci sono differenze sostanziali. I criteri si basano sempre sulla
inoltre un parziale declino di Twitter che ha difficoltà di identità. Al di là di questo,
la sostanza non è cambiata, bisogna puntare sulle fasi pre e post air, sviluppare
dinamiche di engagement in diretta, soprattutto per quanto riguarda eventi sportivi e
’
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Un
talent show. I criteri, rimanendo gli stessi, non hanno fatto emergere ad oggi una
riscossa delle entità proprietarie come i siti o le applicazioni dei broadcaster in grado
di compensare la presenza su parti terze, si è consolidata la necessità di arrivare a
formule sinergiche rispetto ai colossi tech della Silicon Valley, che ha portato come
i
gl
de
conseguenza un intenso processo di acquisizioni, di M&A, (letteralmente Merger
and Acquisition). Lo scopo è quello di creare realtà intermedie tra piattaforme e
St
canali, che sono poi quei soggetti accreditati a filtrare ed indirizzare le campagne
or
Su
ultimi anni.
i
ud
destinate ad esplodere all’interno di YouTube, com’è avvenuto per Disney negli
so
Or
Per molto tempo Twitter è stato considerato come il social network più indicato per
Be
negativamente oppure vi sono altri sbocchi?
la
le attività di Social Tv. Il calo subito negli ultimi mesi potrebbe influirvi
ni
Facebook e Instagram hanno assunto un’enorme importanza nelle politiche dei
nc
as
grandi brand, cluster tv e broadcaster, soprattutto con l’inserimento del video come
a
contenuto preferenziale, in virtù della composizione demografica più eterogenea di
−
Facebook. Introducendo gli autoplay va a competere con la pubblicità televisiva per i
Na
po
gross rating points, cosa che ha portato ad uno spostamento di budget dalla tv a
li
internet, raggiungendo risultati evidenti anche in una sola sera.
139
La rapida diffusione dei video su Facebook e sul web determina una
moltiplicazione delle audience. Quali sono le differenze sostanziali tra pubblico dei
web video e pubblico tradizionale?
’
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Un
La più grande differenza oggi è sul tempo speso: gli italiani spendono circa quattro
ore davanti alla tv, è una fruizione distratta, non è detto che la tv accesa venga
guardata. La piattaforma video leader dell’online play, ossia Netflix, rileva un tempo
speso dall’utente più o meno simile, in alcuni casi, poi, può avvenire il sorpasso. Per
i
gl
de
quanto riguarda le piattaforme di sharing video abbiamo oggi delle medie di
consumo piuttosto basse: innanzitutto va considerata la porzione di persone connesse
St
e non la popolazione in toto, come invece avviene per la televisione. La conclusione
i
ud
è che online gli utenti possono vedere tanti video ma lo fanno solo per pochi minuti,
Su
questo anche per la diffusione dello shortform che può creare problematiche anche di
or
natura creativa, visti i tempi ridotti, non si possono creare cose di natura prettamente
so
Or
televisiva, non si possono ingaggiare spettatori senza un lavoro precedentemente
la
studiato. Allo stesso tempo c’è pochissimo spazio per affollamenti pubblicitari:
Be
banalmente dentro 4 ore e mezza di fruizione tv partono numerosi blocchi
ni
pubblicitari. In una media per singolo video di 5-6 minuti e 15-16 minuti di sessione
nc
as
giornaliera su YouTube è possibile a inserire meno preroll pubblicitari: la differenza
a
poggia su questo, va a impattare da un lato sull’aspetto creativo, dall’altro sul lato di
−
po
raggiunto dalla tv, che in cambio si aspetta sicuramente qualcosa.
Na
monetizzazione, anche se è possibile traghettare sull’online un pubblico non
li
140
YouTube e Webtv, minaccia o bacino di risorse per la televisione tradizionale?
Assolutamente risorsa, i tempi sono cambiati, nel corso degli anni ciascuno si è
ritagliato il suo ruolo. Tra l’altro YouTube non è mai stato un editore puro, soltanto
’
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Un
adesso con YouTube Red87 sta creando dei contenuti, per ora soltanto in America.
Gli iscritti al canale di un determinato editore sono una risorsa di data mining nelle
mani di Google, non proprio del broadcaster, nonostante ciò non è una situazione di
ostilità, anche perché il broadcaster deve provare a creare traffico sul sito
i
gl
de
proprietario. È evidente che Facebook stia facendo una cosa analoga introducendo il
video in modo aggressivo, vi sono delle piazze che riescono a raggiungere quegli
St
utenti non raggiunti dalla televisione a priori, al tempo stesso c’è la difficoltà di
i
ud
creare una formula vincente. In America vi sono esempi riusciti, come i Late Night
Su
Show, situazioni nelle quali si è riusciti a trovare una formula redazionale perfetta
or
per sfruttare le dinamiche vincenti su YouTube, dall’altro lato c’è stata la capacità di
so
Or
utilizzare fenomeni virali del web, trasformandolo in bacino di risorse, ma
la
ovviamente sono trasmissioni e redazioni con uno staff immenso.
Be
ni
I nostri palinsesti sono ancora molto legati ad una scansione tradizionale di generi
as
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e contenuti. Come s’inserisce la realtà social in questo contesto?
a
È evidente che nel tempo è aumentato l’impegno dei broadcaster, un impegno che
−
almeno per i principali è imperniato sui propri siti ed in parte su Facebook, in modo
Na
po
limitato su YouTube, ma c’è grande differenza tra il pubblico che segue
87
Servizio a pagamento lanciato da YouTube negli Stati Uniti, consente lo streaming video senza
messaggi pubblicitari, previo pagamento. Lanciato per la prima volta nel novembre 2014, il servizio è
stato riproposto in versione aggiornata nell’ottobre 2015. Dapprima consentiva l’accesso ai soli video
musicali, con la versione più recente è possibile fruire di ogni tipo di video senza advertising, con
contenuti premium elaborati in accordo con artisti e case di produzione.
141
li
tradizionalmente la tv in prime time e day time e quello che è invece il consumatore
medio di attività social. In tv c’è una situazione in cui riesce difficile concepire come
programmi rivolti a un target over e difficilmente interessato a trascorrere tempo
online, possano poi essere “reimpacchettati” per renderli appetibili anche a un
’
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pubblico giovane. Ci sono generi come lo sport che superano questo tipo di
problematiche, per i quali però le tv sono solo distributori visto che non lo producono
in proprio, così come la parte legata alle notizie. Per tutto quello che è varietà e
programmazione seriale vi è uno scollamento forte e al tempo stesso la necessità di
i
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pensare quale tipo di offerta online proporre, senza snaturare ciò che non è stato
pensato per l’interattività, vice versa è necessario sviluppare prodotti editoriali
i
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innovativi.
or
rischio per la privacy?
Su
I social network consentono una profilazione più precisa delle audience. Un
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Questo è un antico dibattito, premesso che sia sbagliato tracciare gli utenti una volta
la
fuori dalle piattaforme, è anche vero che gli utenti devono essere consapevoli della
Be
legge, non conoscerla non giustifica comportamenti sbagliati: una volta accettati i
ni
termini di servizio è evidente che i nostri dati possono essere trattati nella misura
nc
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ritenuta congrua rispetto ai termini di servizio accettati, il punto è non tracciare ciò
a
che avviene al di fuori, ma è una controversia superata. Tutto ciò che avviene
−
Na
all’interno dei social è trattabile, sono dati sensibili che non devono essere venduti
po
superficialmente, ma a riguardo c’è una normativa ben definita da anni. Uno dei
di potersi rivolgere ad un target ben preciso. Al tempo stesso è evidente che togliere
l’accesso ai dati degli utenti agli inserzionisti andrebbe a danneggiare fortemente i
142
li
maggiori punti di vantaggio dell’adv online rispetto al tradizionale è proprio quello
vantaggi competitivi acquisiti rispetto al messaggio tradizionale, credo che sia
abbondantemente superato il tema, anzi, di contro si sta mettendo in atto da parte dei
media tradizionali la corsa ad acquisire una propria quantità di dati per effettuare una
’
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Un
profilazione interna alle loro strutture proprietarie o ai network affiliati, ma è una
corsa che parte in salita.
Punti di forza e debolezze della social tv italiana?
i
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Non ci sono punti di forza, almeno rispetto ad altri mercati. Forse l’unico interessante
è la propensione degli italiani ad accedere al web via mobile e quindi l’opportunità di
St
sviluppare offerte editoriali shortform e concepite per una fruizione via mobile. Per
i
ud
tutto il resto c’è una difficoltà nel concepire questa marcata identità della
Su
programmazione televisiva per un pubblico over 50 ed invece la comunicazione via
or
social che va a impattare con un pubblico più giovane, le due cose non sempre
so
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conciliano perché il programma è uno, il conduttore è uno e non sarebbe conveniente
la
renderli, per così dire, bipolari. O cambia l’identità della programmazione televisiva,
Be
ma è un processo che richiede moltissimo tempo, oppure bisognerebbe affiancare
ni
alla programmazione televisiva una programmazione nativa per internet.
as
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Youtuber e web star sono da sempre personaggi giovanili. La loro invasione del
−
piccolo schermo li rende più vicini anche ad altri target?
Na
po
Dipende dal contenitore in cui vengono inseriti: alcuni youtuber sul grande schermo
necessariamente una causa. In televisione, prima di fare trasmissioni completamente
autonome imperniate su personaggi nati online, la best practice è integrare il
143
li
non hanno riscosso tanto successo al botteghino, ma la loro presenza sul web non è
personaggio divenuto popolare online in un programma esistente per ammiccare a un
pubblico diverso, in modo da creare anche spinoff online. Forse in questo caso
avremmo molti più casi di web star famose in tv piuttosto che al cinema.
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Conclusioni
Un percorso accademico, se affrontato con la giusta dose di spirito critico, curiosità e
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Un
propensione
al
rinnovamento,
non
può
mai
dirsi
realmente
concluso.
L'apprendimento e la ricerca, specialmente se maturati in un contesto sempre
mutevole e pregno di evoluzioni, non possono essere considerati del tutto ultimati.
Le competenze acquisite costituiscono lo strumento essenziale per continuare anche
i
gl
de
al di fuori delle dissertazioni accademiche quei discorsi volti ad indagare discipline
totalmente immerse nella contemporaneità. È con questo tipo di atteggiamento che
St
ud
nel corso degli ultimi decenni abbiamo avuto la possibilità di assistere alla creazione
i
di nuovi panorami mediali, nuovi tool e nuove esperienze di fruizione. È risaputo ma
Su
or
non è banale né retorico ribadire che gli studi legati al mondo della comunicazione e
Or
dei media si trovino quotidianamente al punto di svolta, vista la rapidità con la quale
la
so
evolvono. Il discorso sulla Social Tv, in tal senso, deve tener conto di due piani
evolutivi differenti ma complementari, quello relazionale legato al mondo dei social
Be
ni
network, e quello tradizionalmente broadcasting della televisione. Il tentativo
as
nc
compiuto tra le pagine di questo lavoro si propone di individuare un tassello che
possa in qualche modo arricchire la congerie di teorie e analisi elaborati in merito.
a
−
Ancora una volta è da considerarsi dunque come punto di partenza per un’analisi
Na
ulteriore, visti i numerosi ambiti disciplinari e sfumature che si trova
po
chiavi di lettura ed interpretazioni.
Se pensiamo al contesto originario nel quale si è sviluppata la Social Tv delle origini,
ad esempio, vediamo una netta preponderanza di Twitter e Facebook rispetto ad altri
145
li
necessariamente a toccare, ciascuno di essi dotato di scomparti pronti a fornire nuove
social network. La creatura di Mark Zuckerberg continua a conservare un certo
primato, ma la piattaforma di microblogging famosa per i suoi cinguettii paga lo
scotto del cosiddetto ritorno delle immagini. In sostanza, mentre Twitter si
’
ta
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Un
presentava come elemento essenziale per la diffusione e la nascita della Social Tv,
tanto da essere definito dagli esperti quale suo social network preferenziale, la
situazione oggi appare quasi ribaltata. Sembra proprio che, per riguadagnare terreno
sul mercato di riferimento, sia Twitter a dover far leva sulla Social Tv, ampliatasi nel
i
gl
de
frattempo verso nuove prospettive, puntando sul buzz scatenato nelle fasi pre, on e
post air dei programmi televisivi più appetibili dalle audience social. È in questa
St
riflessione che si annidano due considerazioni tratte dall’intera riflessione effettuata
i
ud
nelle pagine precedenti: da un lato, è evidente che lo scenario di riferimento può
Su
mutare da un momento all’altro, in modo talvolta imprevedibile, invertendo la rotta
or
che si dava per scontata, dall’altro, è chiaro che il rapporto instaurato tra social
so
Or
network e televisione è ormai imprescindibile. Un rapporto che si può declinare sia
la
sul piano relativo ai contenuti, di cui gli utenti si rivelano talvolta artefici ed
Be
influencer, sia sul piano economico, dato che la profilazione delle audience fornisce
ni
nuovi orizzonti remunerativi per inserzionisti e aziende televisive, che ampliano
nc
a
attingere informazioni utili.
as
potenzialmente all’infinito i propri database di ricerca ed i bacini d’utenza dai quali
−
Bastano pochi elementi per comprendere che una sola analisi non può bastare a
Na
po
delineare il quadro completo della situazione in atto, ma può contribuire alla
raccordare ambiti di studio sempre più vicini, quasi in rapporto osmotico. La cassetta
degli attrezzi utile alla causa deve tener conto di fattori alla portata di tutti, ma
146
li
realizzazione di un percorso a più fasi e tappe che possa gettare ponti al fine di
pienamente visibili a chi voglia regalare dignità ad una disciplina ancora in progress.
Memoria, elasticità ed intuizione sono le facce di una medaglia plasmata dalle
molteplici meraviglie fruibili dai nostri schermi, sia live che da remoto, sia via
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mobile che da postazioni fisse. Tra First, second o third screen, dunque, l’incanto è di
nuovo una realtà tangibile.
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Bibliografia
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