Difesa di Ischia da parte di esercito e flotta francesi

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Difesa di Ischia da parte di esercito e flotta francesi
 Dalle "carte"e dagli "studi di ricerca" di Giovanni
Difesa di Ischia
da parte dell'esercito
e della flotta francesi
Durante la prima e la seconda guerra per la conquista del regno di Napoli (1494-1498 e 1499-1504) ad
opera delle armate francesi e, nella seconda, anche di
quelle spagnole, il castello d’Ischia fu l’inespugnata
roccaforte che valorosamente si oppose, come affermano, per ben due volte alle mire francesi.
Due lettere, tratte dai «Documents sur le Règne de
Louis XII» (che riportiamo e tradu­ciamo con la presentazione e le note inerenti) offrono alcune precisioni sullo svolgimento delle operazioni nelle acque di
Ischia, nel 1503. La prima, datata 18 giugno, è diretta
al re Luigi XII; l’altra, datata 21 giugno, è indirizzata
a Georges d’Amboise, detto il Cardinale d’Amboise,
ministro del re di Francia.
L’una e l’altra delineano la situazione dopo la presa
di Castelnuovo da parte degli spagnoli, grazie «alla
mina condotta alla sua perfezione» da Pietro Navarra, aprendo «l’impeto della pol­vere il muro della cittadella», come afferma Guicciardini. «E riuscí
questo acquisto piú oppor­tuno», continua lo storico,
«perché il dí seguente arrivò per soccorrerlo, da Genova, una armata di sei navi grosse e di molti altri
legni carichi di vettovaglie d’armi e di munizioni, e
con duemila fanti. In su l’approssimarsi della quale,
l’armata spagnuola che era nel porto di Napoli si ritirò a Ischia; dove, intesa che ebbe la perdita di Castelnuovo, la seguitò l’armata franzese: ma avendo
la spagnuola, per non essere sforzata a combattere,
affondato innanzi a sé certe barche, poiché s’eb­bono
tirato qualche colpo d’artiglieria, l’una andò a Gaeta,
l’altra assicuratasi per la partita sua ritornò al molo di
Napoli».
Se la lettera di Francesco Saluzzo al re di Francia
tratta, per lo più, di problemi d’intendenza, a parte
la cattura di «vele» spagnole, molto più interessante
è la lettera di Préjan sullo svolgimento dell’assedio,
il modo di difendersi della flotta spagnola all’ombra
del castello, che conferma quello delineato da Guicciardini, e, soprattutto, la gravissima situazione degli as­sediati, privi di artiglieria di lunga portata («la
bonne artillerie»), trasportata a Napoli dal mar­chese
del Vasto, senza acqua né viveri, con l’incombente
pericolo d’una distruzione quasi totale nel caso in cui
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Castagna
i francesi riuscissero ad appiccare il fuoco alle navi
spagnole.
I Francesi, in realtà, non riuscirono nel loro intento
o perché non arrivarono «i tremila Gua­sconi» dalla
Linguadoca, o perché le condizioni meteorologiche
non lo permisero ( l’espressione, infatti, «appena il
tempo sarà buono» lascia supporre che in quel fine
giugno 1503 il mare d’Ischia fosse piuttosto agitato)
o per ordini ricevuti dal re di Francia e dal Cardi­nale
d’Amboise. Quella flotta spagnola, arrivata da Ischia
e comandata da Inico d’Avalos, asse­dierà, infatti,
Poz­zuoli, che «si rende senza contrasto perché da
quel tempo che il Gran capitano era dentro Bar­letta,
questa terra aveva innalzato le bandiere di Spagna ed
era molta devota al Re Cattolico (An­necchino R, Storia di Pozzuoli e della zona Flegrea,1996, p.206).
Anche i D’Avalos, come sempre in seguito, si dimostrarono soprattutto spagnoli e, in questo momento, devoti al Re Cattolico, quel re che aveva tradito il
loro re precedente, Federico, che aveva comandato
di consegnare Ischia al re di Francia, presso il quale aveva preferito ritirarsi e non presso i suoi parenti spagnoli, « i quali stimava come traditori, e come
inimici del suo sangue» Ma i D’Avalos, «recusando
di ubbidire, la ritenneno lungamente, benché sotto
le inse­gne di Federigo», come ironicamente scrive
Guicciardini. Ed anche D’Ascia, pur unendosi al coro
di lodi cortigiane, non può fare a meno di metterne in
risalto l’incongruenza quando so­stiene che Costanza
d’Altavilla «mantenne sulla rocca alta la bandiera di
una casa che più non era, la bandiera della linea retta
dei reali d’Aragona».
***
Su questo episodio della guerra franco-spagnola nel regno di
Napoli, la collezione Dupuy della Biblioteca Nazionale (Parigi),
contiene due lettere interessanti, scritte a pochi giorni d’intervallo
che danno informazioni precise sui particolari dell’assedio. La prima, del 18 giugno, è indirizzata a Luigi XII dal marchese Francesco di Saluzzo. La seconda, del 21 giugno, al cardinale d’Amboise
dal capitano Prégent de Bidoulx. L’una e l’altra sono nel tomo 261
del fondo Dupuy, la prima al foglio 119, la seconda al foglio 13.
Sur ce brillant épisode de la guerre franco-espagnole dans
le royaume de Na­ples, la collection Dupuy, de la Bibliothèque
Nationale (Paris), contient deux inté­ressantes lettres, écrites à
peu de jours d’intervalle qui donnent des renseignementa précis
sur lu détails du siège. La première, du 18 juin, est adressée par
le marquis François de Saluces à Louis XII. La se­conde, du 21
juin, par le capitaine Prégent de Bidoulx au cardinal d’Am­boise.
L’une et l’autre sont au tome 261 du fonds Du­puy, la première au
fol. 119, la seconde au fol. 13.
I
Maestà, il 17 giugno sono partito da Ischia con le sue
galere recandomi a portare artiglieria ed altre munizioni al suo Castello dell’Ovo (1) in Napoli e ho trovato il
capitano ben deciso a difendere la detta fortezza (2).
Maestà, durante il viaggio scorsi delle vele e le inseguii; non appena le catturai mi accorsi ch’erano Spagnole trasportando 150 uomini del signor D’Aubigny
(3), fra i quali 25 soldati che condussi con me a Ischia,
ma che vogliono andare a Gaeta (4).
Maestà, i suoi ordini mi sono stati resi noti per iscritto
affinché mi attrezzassi per renderle qualche buon servizio che, per me, è il più grande di questo mondo.
Maestà, Conflans (5) mi ha detto che Prégent (6)
avrebbe portato soldi e vettovaglie per pagarmi e rifornirmi, ma non ho avuto un bel niente; e così non sarò
pagato (7) dagli intendenti delle sue finanze sino alla
fine del mese; mi pagano, inoltre, per lo più con vettovaglie ed a caro prezzo; non mi sono di grande aiuto
perché mi vendono il quintale di biscotti 30 carlini, ed
io ne trovo dappertutto a 20 carlini.
Maestà, lei sa che lo stipendio che mi dà è ben poca
cosa per svolgere l’incarico che ho. Si compiaccia prenderne nota e ordinare ai suddetti intendenti delle sue
finanze che mi avanzino due o tre mesi prima della
scadenza affinché io possa rifornire di armi e di vettovaglie le sue galere ed essere in condizione di renderle
qualche buon servizio, altrimenti non lo potrò. Maestà si compiaccia di farmi conoscere i suoi ordini
affinché io possa eseguirli con l’aiuto di N.S. che io prego affine le dia, per santa grazia, una felice e lunga vita.
Scritta davanti Ischia, il 18 giugno
Suo umilissimo e ubbidientissimo soggetto e servitore.
Francesco di Saluzzo (8).
1) Nella lettera seguente, Prègent dice, infatti, che Ischia era
sguarnita, che «la buona artiglieria che c’era, il marchese la
portò a Napoli».
2) Raymond Pons, la cui bella difesa fu opposta alla viltà di
Guérin de Tallerant, signore di Sallèles-près-Narbonne, che
consegnò Castello Nuovo.
2) Béraut Stuart d’Aubigny, fatto prigioniero a Rocca d’Angitola in Calabria, e imprigionato al Castello Nuovo
3) A Gaeta si ritirarono anche i Francesi, che costretti ad
evacuare Vallefreda e di abbandonare poi il Garigliano, potettero sfuggire agli Spagnoli.
4) Antonio di Conflans, capitano marittimo. La lettera rettifica l’affermazione di Jean d’Auton, III, 195 ( ed. de Maulde).
5) Sic, per Prégent o, come firma, Préjan. Si tratta di Prégent
de Bidoux. Cf. B. De la Roncière, Storia della marina francese.
7) A questo punto c’è un buco che lascia soltanto due lettere
visibili p e é. Si può supplire p(ay)é.
8) Il marchese Francesco di Saluzzo, che era un buon francese, leale servitore e buom amico del Re (J. D’Auton, II,243).
« Che il re aveva inviato lì via mare (ibid. III,193).
Sire, le XVIIe jour de juing, me suis party d'Iscle avec voz
gallères pour aller porter de l'artillerie et autres menucions à vostre
chasteau de l'euf à Napplee (1) et ay trouvé le cappi¬tayne bien
délibéré de bien garder ladicte place (2).
Sire, en faisant ledict voyage, vis certes voylles et leurs donnay
la chasse; tellement que je les prins et trouvé que c'estoyent les
Espaignolz, qui amenoyent des gens de Monsr d' Aubigny (3)
en nombre de 150 ; dont il y a 25 hommes d'armes, lesquelz ay
amené avec moy a Iscle, mais ilz s'en veullent aller à Gayete (4).
Sire, vostre bon plaisir a esté moy rescripre que je me misse bien
en ordre pour faire à vous quelque bon service, qui est le plus grant
service que j'aye en ce monde.
Sire, Comflans (5) m'a dict que Pretéhan (6) apportoyt de l'argent et des victuailles pour moy payer et fournir, mais de tout n'ay
riens eu; et avec ce ne suis pa[y]é (7) de Messieurs de voz finances,
jusques ad ce que le mo[y]s est escheu, et encores me payent la
plus grant part en victouailles a grant cherté, qui m'est ung grand
interrestz; car ilz me vendent le quintal de byssecuit 30 carlins, et
je le trouve pour 20 carlins partout là où je veulx.
Sire, vous savez que les gaiges que me donnés sont bien petitz
pour entretenir la charge que j'ay. Vostre bon plaisir sera y avoir
regard et de mander a mesditz seigneurs de voz finances qu'ils
m'avancent deux ou troys moys avant la main, affin que je puisse
fournir et advictouailler vos gallères, et de me mectre en estat que
vous puisse faire quelque bon service; et, sans ce, n'y puis plus
fornir.
Sire, y vous plaira me mander et commander voz bons plaisirs
pour iceulx acomplir à l'aide de N. S., auquel je prie par sa sainte
grâce, qui vous doint très-bonne vie et longue.
Escript devant Yscle, ce 18e jour de juing.
Votre très humble et très obéissant subject et serviteur.
Françoys de Saluces (8).
(1) Dans la lettre suivante, Prégent dit en effet que Yscle est dégarnie, que
«la bonne artillerie qui y était, M. le marquis l'apporta à Naples».
(2) Raymonnet Pons, dont on opposa la belle défense à la lâcheté de
Guérin de Tallerant, seigneur de Sallèles-près-Narbonne, qui rendit
Castello Nuovo.
(3) Béraut Stiart d'Aubigny, fait prisonnier à la Rocca d'Angitolo en
Calabre, et détenu au Castello Nuovo.
(4) C'est aussi à Gaète que se retirèrent les Français qui, obligés d'évacuer Vallefreda, puis d'abandonner le Garigliano, purent échapper aux
Espagnols.
(5) Antoine de Conflans, capitaine de mer. Cette lettre rectifie l'assertion
de Jean d'Auton, III, 195 (éd. de Maulde).
(6) Sic. pour Prégent, ou, selon son orthographe personnelle, Préjan. Il
s'agit de Prégent de Bidoux. Cf. sur lui B. de la Roncière, Histoire de la
marine française.
(7) II y a ici un trou qui ne laisse que deux lettres visibles p et é. On
peut suppléer p[ay]é.
(8) «Le marquis François de Salluces, lequel estoit très bon françoys,
loyal serviteur et bon amy du Roy» (J. d'Auton, II, 243). «Que le roy
avait envoyé là par mer» (ibid., III, 193).
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II
Monseigneur, depuis que suis arrivé par deça, j'ay envoyé le
secours deux foiz au cappitaine du chasteau de l'Oeuf. Dimanche au soir, Mgr le visroy me manda que le cappitaine dudit
chasteau ayoit eu parlement avec les ennemys du Roy. Je montay in continant sur un brigantin et prins trois gallères, qui m'acompaignèrent jusques au près dudit chasteau, et entray dedans environ mydi, et monstray les lettres au cappitaine dudit
chasteau que Mgr le visroy m'avoit escriptes. Ledit cappitaine
en fut mout esbay et dolent, et me dist que telle chose jamais
n'avoit esté. et que Dieu ne le laissa jamais tant vivre que d'avoir parlamenté avec les ennemys dudit Seigneur, et qu'il avoit
deffendu que homme des siens ne fust si hardy de parler ausditz
ennemys sur peine d'estre pendu, et que qui entroit dedans ledit chasteau. il y entroit pardessus son ventre et luy coustroit la
vie, et que plus tost vouldroit mourir.
Monseigneur, lesdits ennemys du Roy battent bien ledit
chasteau de l'Œuf. Touteffoiz pour ce qui y est n'y a point de
danger, mais ledit cappitaine ma’a dist que lesditz ennemys
serchent de luy mettre en une petite pointe, qui est près de la
chaussée d' icelluy chasteau, l'artillerie, de là où lesdits ennemys
du Roy luy pourroient faire beaucoup de dommaige, plus qu'ilz
n' ont fait auparavant. Touteffoiz il se mettera en peine de résister en façon qu' ilz ne luy pourront nuyre ne préjudicier selon
son advis.
Mgr. je vous escrivy l'autre jour commant nous tenons l'armée
de mer, ass[avoir] des ennemvs du Roy. assiégée à Iscle. Nous
y sommes encore et l'avons restrainte en manière qu'il ne sorte
barque, brigantin ne esquif, et ont fait lesditz ennemys deux
chesnes en mer devant leurdite armée, l'une de gumenas, bois
et chesnes de fer. et ont mis en travers quatre naulx pour remparer et résister contre nous. Monseigneur de Lalonde et moy
avons fait préparer trois navires pour les brûler dedans le port,
et le premier bon temps que nous au¬rons, ferons nostre effort
de les bruller.
Monseigneur, dedans la ville d'Iscle n'y a point d'eau ne de
victuailles, et la bonne artillerie qui y estoit, le marquis l'apporta à Naples, in continant que Gonssalle Ferrande y fut arrivé,
et pour ce, si nous pouvons. brullerons ladite armée de mer.
Ladite ville d'Iscle ou partie d'icelle est en danger d'être brullée
et perdue, et ne fust que pour ce qu'ilz n'ont point d'eau et aussi
pour ce que nous ne povons bruller icelle armée que ladite ville
ne s'en sente: car ladite armée est joignant la muraille d'icelle
ville, et pour ce nous ferons ce que nous pourrons.
Néantmoins, affin que nostre intention peult sortir son effect,
vous plaise, Mgr, de faire ordonner de haster les quatre mille
Gascons qui s'embarquent à Languedoc, et les mander venir
descendre icy et, avec l'aide de N. S., je croy, sans nulle doubte,
que dedans six jours après qu'ilz seront arrivés avec nous,
l'armée desditz ennemys du Roy sera prise ou bruslée. Pour
ce Mgr, j'en escrips au Roy et à vostre Seigneurie vous plaise
nous en mander vostre bon plaisir. Mons. de La Londe et moi,
sommes délibérez de ne partir d'icy que nous n'ayons responce
dudit Seigneur ou de vous. Au regard dudit chasteau de l' Œuf,
nous y envoye-rons si souvent qu'il luy souffira.
Mgr, je prie le benoist de (sic) Dieu que, par sa saincte grâce,
vous doint très-bonne vie et longue, vous suppliant très humblement qu'il vous plaise tousjours me commander voz bons
plaisirs. - Escript en Lomeline devant Iscle le XXIe jour de
juing. -Vostre très humble et très obéissant serviteur.
Suscription : Monseigneur, Monseigneur le Légat. PREJAN.
18 La Rassegna d’Ischia n. 2/2014
Monsignore, da quando sono arrivato quaggiù, ho inviato
due volte soccorso al capitano del castello dell’Ovo. Domenica sera, il Vicerè mi fece sapere che il capitano del detto
castello si era intrattenuto con i nemici del Re. M’imbarcai
subito su un brigantino e presi tre galere che mi accompagnarono fin nei pressi del castello, vi entrai verso mezzogiorno e mostrai al capitano del castello le lettere che il Vicerè
mi aveva scritte. Il capitano fu molto sorpreso e addolorato,
mi disse che una simile cosa non era mai accaduta e che Dio
non lo avrebbe mai lasciato vivere tanto se avesse parlamentato con i nemici del suo Signore; aveva anzi ordinato che
nessuno ardisse parlamentare con i suddetti nemici, pena
l’impiccagione; chi voleva entrare nel castello avrebbe dovuto prima ucciderlo e passare sul suo corpo: voleva piuttosto
morire. Per il momento, però, non c’è pericolo, ma il capitano mi ha detto che i nemici cercano di piazzare l’artiglieria
su una piccola altura, ch’è presso il terrapieno del castello, e
di là potranno arrecare parecchi danni, più gravi di quelli di
prima. Farà, tuttavia, di tutto per resistere in modo tale che
non si potrà, secondo lui, né nuocere né compromettere la
difesa.
Monsignore, vi ho scritto l’altrieri su come teniamo assediata a Ischia la flotta dei nemici del Re. Noi ci siamo
ancora e l’abbiamo circondata in modo che né barca né
brigantino né scafo possa uscire; i detti nemici hanno fatto
due sbarramenti in mare davanti alla loro flotta, l’una di gomene, legno e catene di ferro; di traverso, poi, hanno messo
quattro navi per proteggersi e resistere. Monsignor De Lalonde ed io abbiamo fatto preparare tre navi per incendiarle
nel porto e, appena il tempo sarà buono, faremo di tutto per
appiccarvi il fuoco.
Monsignore, nella città di Ischia non c’è né acqua né vi
sono vettovaglie e l’artiglieria migliore, che c’era, fu portata dal marchese a Napoli, non appena Gonsalle Ferrande
(Consalvo Hernandez di Cordova, «el gran capitano») vi
giunse e perciò, se possiamo, incendieremo la flotta. La città
d’Ischia o una parte corre il rischio d’essere bruciata e distrutta, non solo perché non c’è acqua, ma anche perché,
bruciando la flotta, la città ne patirà, dato che la loro flotta
è molto vicina alla muraglia della città e, dal lato nostro,
faremo tutto il possibile.
Abbiate, tuttavia, la compiacenza, Monsignore, di dare
ordine di affrettare l’imbarco in Linguadoca dei tre mila
Guasconi e farli venire qui e credo che, con l’aiuto di N. S.,
sei giorni dopo il loro arrivo, la flotta dei nemici del Re sarà
catturata o bruciata. Su questo argomento ho già scritto al
Re e piaccia alla Signoria vostra farci conoscere le sue volontà. Monsignor De Lalonde ed io siamo decisi a partire di
qui solo quando abbiamo ricevuto ordini dal Re o da voi.
Per quanto concerne il castello dell’Ovo noi vi invieremo
spesso quello che occorre.
Monsignore, prego Dio benedetto che per la sua santa
grazia, vi dia felicissima, lunghissima vita, supplicandovi
umilmente che vi piaccia ordinarmi le vostre volontà.
Scritto sulla Lomeline davanti Ischia il 21 giugno.
Il vostro umilissimo e obbendientissimo servitore
Firmato: Monsignore, Monsignor Legato PRÉJAN