Pubblicazione-Affinamento nel legno

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Pubblicazione-Affinamento nel legno
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Il locale di affinamento nel legno (redatto in collaborazione con Condini Mosna Alessandro - a.s. 2003/04)
(pubblicato su “Terra Trendina” n° 8/2005)
In questo locale, chiamato anche fustaia, bottaia o barricaia, il vino trascorre un periodo di durata
variabile che si interpone tra la fine della fermentazione e l’imbottigliamento. Nel corso di tale
periodo, alle consuete trasformazioni dovute alla naturale evoluzione del vino, si sommano
importanti contributi determinati dal lento e costante assorbimento di ossigeno, dall’evaporazione di
alcool e acqua attraverso i pori e da un intenso scambio di componenti con il legno. Tutti questi
elementi assumono un ruolo essenziale nelle complesse trasformazioni e reazioni di carattere
chimico-fisico-biologico, responsabili dello sviluppo di componenti e caratteristiche importanti per
un vino di qualità.
L’affinamento nel legno è un passaggio operativo riservato, in linea di massima, ai vini rossi di
un certo prestigio capaci di esprimere il massimo delle proprie potenzialità solo dopo una
permanenza nel legno che può variare da pochi mesi ad alcuni anni. Passaggi brevi, nell’ordine di
qualche mese, sono ora adottati anche per taluni vini bianchi per assicurare, dopo la fermentazione
del mosto nel legno, una maturazione portatrice di più elevati livelli qualitativi a seguito di una
conservazione sulle fecce senza alcun travaso. Nel caso di permanenze più lunghe, all’iniziale
periodo di maturazione segue una fase di invecchiamento necessaria per i vini rossi di alto pregio al
fine di smorzare la giovanile spigolosità e di giungere ad una ricchezza aromatica e gustativa e ad
una armonia altrimenti impensabili.
Si tratta pertanto di un processo complesso dove la molteplicità dei fattori rilevanti e le
complesse interazioni reciproche, rendono difficile la previsione dell’effettivo risultato finale.
Principalmente si dovranno valutare i seguenti aspetti:
le caratteristiche del contenitore ed in particolare:
o le dimensioni, all’aumento delle quali si riduce il rapporto superficie-volume;
esistono moltissime tipologie di botti che si diversificano per capacità, forma e
modalità costruttive. Attualmente sono molto utilizzate le botti francesi di piccole
dimensioni (barrique bordolese da 225 l e la piece borgognona da 228 l) dove
risultano più intensi i fenomeni ossidativi e gli scambi, compresi quelli termici,
per l’elevata superficie specifica di contatto (cioè per ogni m3 di vino), maggiore
rispetto a quella delle botti più grandi (comunemente chiamati fusti) come le
tonneau da 500 l;
o l’essenza utilizzata e la sua provenienza (nella maggior parte dei casi si tratta di
rovere francese, di Slavonia o americano), la porosità e la grana del legno;
o il tipo di taglio per ottenere le doghe;
o le modalità ed il grado di stagionatura che deve essere prolungata per assicurare
estrazioni regolari e presenza di tannini morbidi e fini;
o il livello di tostatura;
o l’utilizzo di trattamenti superficiali in grado di incidere sulla porosità del legno e
conseguentemente sugli scambi con l’esterno;
o il grado di esaurimento dovuto al numero di riempimenti successivi.
il tempo di permanenza nella botte, per quanto sia difficile quantificare gli scambi e gli
effetti in relazione alla durata di contatto, poiché non esistono fra queste grandezze
relazioni rigorosamente matematiche;
gli interventi di cantina previsti dall’enologo per assecondare o favorire le diverse
trasformazioni. Le principali attività sono:
o i travasi da effettuarsi in numero variabile nel corso dell’anno utilizzando
apparecchiature che sfruttano la sovrapressione esercitata da un gas inerte. Sono
inoltre necessari serbatoi in acciaio per il deposito temporaneo del vino. In
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contemporaneità con i travasi si esegue il lavaggio interno ed esterno delle botti
mediante attrezzature manuali o semiautomatiche;
o le colmature necessarie per compensare le perdite (che mediamente variano dal 2
al 5% annuo) dovute all’assorbimento da parte del legno ed alla successiva
evaporazione; l’operazione avviene manualmente spesso agevolata da un
serbatoio in pressione, mediante un gas inerte, munito di tubazione in plastica con
beccuccio dosatore;
o il bâtonnage, utilizzato in particolare per i vini bianchi, allo scopo di operare
periodicamente l’agitazione dei depositi fecciosi tramite particolari aste.
o chiarifiche (con albumina, bentonite, …) operazioni di controllo e di correzione
(aggiunta di SO2, tannini, …).
le condizioni ambientali in grado di influenzare notevolmente il comportamento del
vino, del legno ed il loro contributo al reciproco interagire:
o la temperatura determina la velocità delle reazioni chimiche in quanto influisce
fortemente sul potenziale di ossidoriduzione; rappresenta perciò un parametro
fondamentale in grado di regolare i processi di maturazione del vino, di
intervenire sulla stabilità del colore, sull’entità delle perdite per evaporazione (nel
caso di fusti a poro aperto) e sulle caratteristiche delle componenti volatili del
vino. Alle alte temperature aumentano i rischi di fermentazioni anomale e di
maturazioni troppo veloci dai risultati grossolani. Di contro valori troppo bassi
possono impedire o quanto meno rallentare eccessivamente l’evoluzione del
prodotto. I valori ottimali, pur variando in funzione del tipo di vino, oscillano fra i
15 e i 20°C, in base a diversi fattori fra i quali spiccano il grado di dispersione
termica del serbatoio in legno che, come si è già visto varia soprattutto con la
capacità. Valori leggermente più bassi possono essere adottati per contrastare la
proliferazione di insetti come la Drosophila melanogaster. I problemi maggiori si
hanno a seguito di ampie e repentine variazioni in quanto l’alternarsi di
espansioni e di contrazioni del vino, possono causare immissioni di aria con
conseguenti perdite di prodotto per fuoriuscita, macrossidazioni del vino e rischio
di contaminazioni e di sviluppo microbiologico. Diversamente la tenuta del tappo
può, in casi estremi, indurre pericolosi incrinamenti e deformazioni delle doghe.
o l’umidità relativa invece influisce sullo stato di conservazione della superficie
esterna del legno e sugli scambi gassosi di questo con l’esterno. I migliori risultati
si hanno nell’intervallo fra il 75 e l’85%; valori inferiori causano eccessive
perdite di volume (superiori al 5%) in particolare per l’evaporazione dell’acqua,
nonostante che le doghe siano costantemente umettate dal vino. Di contro
un’umidità relativa molto elevata ostacola gli scambi di ossigeno con l’esterno ed
incrementa l’evaporazione dell’alcool e, nel contempo, favorisce la formazione di
incrostazioni di salnitro che incentivano la presenza di cattivi odori, di muffe e di
altre fonti di inquinamento biologico sulla superficie delle botti e sulle pareti del
reparto;
o la ventilazione svolge un compito fondamentale in quanto la movimentazione
periodica delle masse d’aria permette di scongiurare il rischio di formazione di
sacche di aria ristagnante (ad elevata umidità), o la stratificazione dell’aria
presente;
o la presenza di vibrazioni provenienti dall’esterno attraverso le strutture può
indurre, nel caso di esposizione prolungata una accelerazione dei fenomeni di
maturazione mentre eventi sporadici sono in grado di provocare danni in quanto
possono rimettere in sospensione i sedimenti;
o il livello di igiene deve assicurare un elevato controllo delle possibili
contaminazioni microbiche o di altra natura come la presenza di moscerini. E’
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pertanto necessaria l’adozione di dispositivi di pulizia ad acqua fredda, calda ed
eventualmente a vapore utilizzabili con o senza detergenti.
3.1.1 Caratteristiche costruttive e dimensionamento
Da quanto finora esposto, appare evidente quanto sia importante assicurare a questo reparto
condizioni ambientali ottimali ed costanti nel tempo. Per ottenere questi risultati si possono adottare
le seguenti soluzioni costruttive:
la localizzazione del reparto ad un livello interrato dove poter sfruttare la naturale inerzia
termica del terreno e l’effetto di isolanti naturali che le masse di terra o di roccia hanno
nei confronti delle variazioni, sia giornaliere che stagionali, in particolare della
temperatura. Le migliori condizioni si hanno in presenza di formazioni rocciose compatte
dove, generalmente, si presentano minori problemi di falda acquifera o comunque dove
risulta più semplice l’allontanamento delle acque; maggiore è inoltre la capacità di
mantenere costante la temperatura. Gli ingenti costi di realizzazione legati alle operazioni
di scavo, alla realizzazione di adeguate strutture, al ripristino dei profili originari e allo
smaltimento del materiale di risulta, soprattutto in presenza di materiali ad alta resistenza
meccanica, sono compensati della maggiore efficacia del processo di affinamento e di
maturazione e dalle implicazioni estetiche e coreografiche che il locale interrato
acquisisce. A margine si segnala la possibilità di costruire la bottaia anche al di sotto
della falda acquifera in modo da sfruttare l’azione coibente di terreno ed dell’acqua nel
caso che questa mantenga una temperatura adeguata e costante durante tutto l’anno;
ovviamente si dovranno adottare particolari tecniche costruttive e sistemi di
impermeabilizzazione particolarmente efficienti;
l’utilizzo di materiali con alto potere coibente (lastre in polistirene estruso, in vetro
cellulare, in poliuretano, …) ed elevata inerzia termica posizionati esternamente agli
elementi costruttivi di separazione o in intercapedini e l’adozione di tecniche costruttive
in grado di ridurre gli scambi termici attraverso i solai e le pareti, soprattutto se separano
il reparto dall’esterno o da ambienti con condizioni ambientali che si discostano
sostanzialmente da quelli ideali per la bottaia;
l’esecuzione di adeguate opere di impermeabilizzazione degli elementi costruttivi a
contatto con il terreno (guaine bituminose, geomembrane, …) ed adeguate opere di
drenaggio delle acque captate per eliminare la possibilità di infiltrazioni d’acqua.
L’apertura delle porte d’accesso e i ricambi d’aria connessi, soprattutto nel caso di frequenti
passaggi nel corso della movimentazione delle barrique con carrelli elevatori, rappresentano una
importante causa di perturbazione delle condizioni termoigrometriche. Per ridurre gli effetti
dell’immissione di grandi volumi d’aria esterna e dei relativi carichi termici e di umidità, si può
dotare il locale di accessi con sistemi automatici per l’apertura e la chiusura. Una soluzione più
efficiente, ma anche più complessa ed impegnativa, prevede la presenza di due porte in successione
in modo da formare un piccolo volume di compensazione (sufficiente a contenere un carrello
elevatore) in grado di ridurre al minimo i volumi di scambio, al prezzo però di maggiori costi
d’investimento, di maggiori fabbisogni di superficie coperta e di tempi di accesso più lunghi. Si
devono inoltre disporre eventuali ulteriori vie di fuga se l’analisi della sicurezza ne evidenzia la
necessità, in funzione della dimensione della bottaia e della sua distribuzione planimetrica.
L’adozione di fustaie sotterranee rende necessaria la presenza di rampe d’accesso in assenza dei
quali si dovrà predisporre un montacarichi dimensionato per movimentare un carrello elevatore a
pieno carico.
Le finestre generalmente sono assenti poiché in questo reparto rappresentano, per le ragioni
viste precedentemente, fonti di disturbo a causa di possibili scambi termici eccessivi, di immissione
di aria non trattata, infiltrazioni di acqua, apporti di luce naturale o di intrusioni indesiderate (insetti,
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roditori, …). Per questo le eventuali finestre presenti (comunicanti con l’esterno direttamente o più
frequentemente attraverso bocche di lupo), devono essere munite di serramenti ad elevata tenuta, di
elementi di schermatura (almeno parziale) e di opportune barriere, sul genere delle zanzariere, ma in
grado di esercitare maggiori resistenze meccaniche.
Un ulteriore passaggio nella definizione del reparto è rappresentato dal corretto
dimensionamento in termini di fabbisogno di spazio. I fattori determinanti sono sostanzialmente
cinque:
il fabbisogno di volume di stoccaggio che dipende dalla quantità di vino che annualmente
viene portato ad affinare e dal relativo periodo di permanenza se superiore ad un anno; in
caso di ridotta disponibilità di superficie è possibile predisporre dei soppalchi per
aumentare il volume stoccabile che, tuttavia, determinano la necessità di adottare sistemi
impegnativi per la movimentazione, generalmente costituiti da un argano mobile su rotaia
a soffitto;
la capacità delle botti utilizzate e della forma delle botti che possono avere sezione
circolare (come le barrique) o sezione ellittica nel qual caso, a parità di volume,
presentano una maggiore altezza;
il posizionamento delle botti su più livelli sovrapposti utilizzando le apposite selle in
legno, in acciaio zincato o in alluminio. Si riduce in tal modo la superficie necessaria
mentre, di contro, si complicano notevolmente molte delle operazioni da svolgere nel
corso dell’affinamento. La possibilità di sovrapposizione e le relative modalità esecutive
sono influenzate anche dalla forma dei recipienti e dalla loro dimensione: più semplice
risulta per le botti piccole e a sezione circolare rispetto ai fusti più grandi o a quelli a
fondo ellittico la cui sovrapposizione è da scoraggiare;
la dimensione delle corsie di servizio il cui numero dipende dalle dimensioni del reparto,
dalla sua distribuzione planimetrica e dalla disposizione adottata per le botti. La
larghezza delle corsie dovrà essere scelta a seconda delle operazioni da svolgere, delle
eventuali attrezzature utilizzate, in particolare dei mezzi per la movimentazione nel caso
delle barrique.
3.1.2 Gli impianti
Se si escludono i rari casi in cui la bottaia viene a trovarsi in un contesto particolarmente
favorevole, dove temperatura ed umidità relativa si mantengono pressoché costanti e prossimi ai
valori ottimali, nelle bottaie è necessario intervenire artificialmente mediante l’installazione di un
impianto di condizionamento in grado di monitorare, di verificare e di mantenere le condizioni
ambientali prefissate durante tutto il periodo di permanenza del vino. Le soluzioni impiantistiche
adottate devono essere dimensionare e strutturare con un particolare riguardo anche alla valutazione
dei costi di acquisto, di installazione e, soprattutto, di gestione e manutenzione. Da un punto
prettamente tecnico si deve tener conto dei seguenti aspetti:
per una maggior efficienza del sistema e per la riduzione dei costi di gestione si deve
preferire il trattamento in ricircolo dell’aria interna, compatibilmente con la
composizione dell’aria. Infatti concentrazioni eccessive di CO2, di composti pericolosi
derivanti dall’anidride solforosa o di radon (la cui presenza è caratteristica degli ambienti
sotterranei in presenza di formazioni rocciose) rendono necessario l’apporto di aria
esterna (preventivamente trattata) per ripristinare condizioni compatibili con la sicurezza
degli operatori;
la stretta correlazione fra temperatura e l’umidità relativa: quando si attua il
riscaldamento dell’aria si dovrà anche intervenire, salvo rare eccezioni, con
l’umidificazione; al contrario un raffreddamento dell’aria richiederà anche un intervento
di deumidificazione.
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Generalmente gli impianti, da dimensionare in base alle caratteristiche peculiari di ogni bottaia,
sono costituite da UTA (unità di trattamento aria) all’interno delle quali l’aria da trattare segue un
percorso lungo il quale incontra i seguenti dispositivi:
la batteria ventilante di ripresa;
una batteria filtrante per intercettare le polveri ed eventuali elementi estranei presenti
nell’aria;
la batteria calda per il preriscaldamento (mediante acqua calda) dell’aria;
un sistema di umidificazione mediante immissione di acqua nella corrente d’aria;
una batteria di raffrescamento solitamente ad acqua refrigerata (da apposito impianto
frigorifero) per il raffreddamento dell’aria;
la batteria calda di postriscaldamento dell’aria;
il separatore di gocce;
la batteria ventilante di mandata.
La deumidificazione viene ottenuta intervenendo dapprima mediante raffreddamento dell’aria
che, raggiunta la saturazione, perde parte del suo contenuto in vapore e successivamente con un
reintegro di calore attraverso la batteria di postriscaldamento in modo da abbassare il valore
dell’umidità relativa.
L’intero sistema è controllato in modo automatico in base ai valori della temperatura e
dell’umidità relativa rilevati da sonde poste internamente ed esternamente al locale, in modo da far
intervenire solo i dispositivi necessari per ripristinare le condizioni prefissate.
L’impianto è completato dalle canalizzazioni (costituite, se a vista, da due lamierini zincati
separati da un intercapedine di 2 ÷ 4 cm occupati da materiale isolante) per l’aspirazione dell’aria
da trattare e per l’immissione nell’ambiente dell’aria trattata e provvista della pressione necessaria
per attuare una corretta ventilazione. Il numero delle canalizzazioni, la loro lunghezza, la loro
collocazione, così come il numero ed il posizionamento delle bocchette di ripresa e di mandata
dipenderanno dalle dimensioni e dalla conformazione del locale. In generale risulta più efficiente
una pianta rettangolare con le prese di aspirazione poste in prossimità della UTA. Nel caso di grandi
metrature si possono installare ulteriori ventilatori (di tipo assiale) all’interno del reparto per
favorire la destratificazione dell’aria.
Per gli interventi di umidificazione si possono anche adottare sistemi che attuano la così detta
“distribuzione in ambiente” costituiti da una o più ali nebulizzanti applicate al soffitto costituite da
coppie di tubazioni parallele, una per l’aria compressa ed una per l’acqua. In corrispondenza degli
ugelli erogatori le due tubazioni si uniscono per produrre una finissima nebbiolina. In alternativa si
utilizza l’immissione di vero e proprio vapore sempre mediante tubazioni sospese. Tali sistemi
richiedono un’adeguata altezza del locale (distanza fra erogatore e botte maggiore di almeno 2,5 m)
in modo da consentire al vapore o alla nebbia di dissolversi gradualmente nell’aria senza venire a
contatto direttamente con il legno delle botti. In casi favorevoli si possono adottare soluzioni ancora
più semplici come ad esempio tubazioni disperdenti percorse da piccole portate d’acqua posate in
letti di sabbia o ghiaino, in corrispondenza delle corsie di stoccaggio delle botti.
Alcune considerazioni ora sugli impianti che, oltre a quello di condizionamento ed alla
dotazione standard di un reparto operativo (impianti per la distribuzione di acqua calda e fredda, di
vapore e di aria compressa, per la raccolta ed allontanamento dei reflui, impianti elettrico e di
illuminazione), caratterizzano la bottaia:
1. nonostante l’assenza delle sorgenti di innesco più pericolose (motori elettrici funzionanti
per lunghi periodi, presenza di fiamme libere, …) è consigliabile la presenza di
dispositivi antincendio vista la notevole presenza di legno. Si dovrà valutare, caso per
caso, il rischio di incendio in relazione al numero di botti in rapporto al volume della
bottaia (risulta particolarmente significativa l’eventuale presenza di botti vuote per
periodi di tempo non trascurabili). A seconda del livello di rischio si possono installare
semplici estintori (di cui si deve valutare accuratamente il numero e la collocazione) o
manichette con idranti alimentate da un apposito impianto di distribuzione. E’
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sconsigliata, invece, l’installazione di un impianto antincendio a sprinkler per le
conseguenze estremamente negative che si hanno in caso di esposizione delle botti
all’azione di una prolungata pioggia, con danni che si possono rivelare maggiori degli
effetti di un piccolo incendio. Molto opportuna sarà l’installazione di sonde per il
rilevamento di fumo o di fiamme collegate ad un sistema di allarme;
2. ogni qualvolta si è in presenza di serbatoi per il vino deve essere affrontato il problema
del possibile contatto con l’ossigeno atmosferico a causa di un non completo
riempimento del volume disponibile. Questo accade anche per la bottaia benché non con
il livello di criticità che troveremo per il reparto di stoccaggio dove a causa soprattutto
dei travasi si determinano frequentemente frazionamenti dei volumi. Nella bottaia invece
la sempre più diffusa presenza di contenitori di piccola capacità, garantisce un grado di
riempimento pressoché totale; inoltre in questo reparto, generalmente, giunge una
quantità di vino definita proprio in base al volume di stoccaggio disponibile. In ogni caso
la soluzione più efficiente è rappresentata dall’adozione di un impianto, di tipo fisso o
costituito da carrelli porta bombole, per la distribuzione di gas inerte (CO2, N2), che
garantisce, qualunque sia la quantità di vino da stoccare, una corretta esecuzione dei
travasi e la completa saturazione del volume residuo;
3. massima attenzione deve essere posta nel preservare il livello qualitativo raggiunto anche
durante il trasferimento del vino nel reparto dove subirà gli ultimi trattamenti di finitura e
di stabilizzazione prima dell’imbottigliamento. Nel caso delle barrique o comunque di
contenitori di piccola capacità converrà trasferire le stesse botti (che successivamente
verrebbero comunque movimentate per essere sottoposte alle operazioni di pulizia)
mentre per le capacità superiori le maggiori garanzie sono date dall’utilizzo di un
impianto costituito da tubazioni fisse con movimentazione del vino (assicurata da pompe)
in saturazione d’azoto.
Completano la dotazione del reparto alcune attrezzature come i dispositivi per eseguire le
colmature e i travasi o le attrezzature specifiche per particolari operazioni, come le aste per il
bâtonnage oppure, nel caso delle grandi barricaie, la macchina per il sollevamento e la
movimentazione automatica delle barrique. La lavabarrique o, più semplicemente, l’idropulitrice
possono invece trovare idonea collocazione in uno dei piazzali o in un apposito ambiente adiacente
alla bottaia.
3.1.3 Tipologie costruttive
Due sono le possibili impostazioni che si possono adottare nella strutturazione del locale per
l’affinamento nel legno, in funzione della scelta, sempre più frequente negli ultimi anni, di
affiancare al tradizionale compito produttivo quello di ambiente principe nella valorizzazione delle
cantine come luogo di visita e strumento di promozione e di diffusione della cultura del vino.
Si parla, in questo caso, di “bottaia di rappresentanza” come uno dei luoghi più suggestivi e di
maggior impatto sui visitatori che sempre più si avvicinano con interesse al mondo delle produzioni
enologiche. Nell’immaginario del pubblico la cantina continua ad essere, come un tempo, un
ambiente sotterraneo scavato nella roccia viva, dove regna il silenzio e la penombra, dove si respira
un atmosfera carica dei profumi del vino e del legno, e delle suggestioni sedimentate in secoli di
tradizione viticola ed enologica. Un idea che difficilmente trova corrispondenza nelle moderne
realtà produttive. Si deve pertanto ricreare un ambiente nel quale le esigenze operative indirizzate
all’efficienza ed alla razionalità passino in secondo piano rispetto ai parametri estetici e
coreografici.
Le bottaie o le barricaie “da visita” devono essere per definizione sotterranee in modo da
realizzare la corrispondenza fra obiettivi estetici ed obiettivi di controllo ambientale. Dal punto di
vista strutturale si assiste all’abbinamento di elementi architettonici tradizionali (soffitto realizzato
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con il sistema a volta a botte o con volte composte sostenute da pilastri) con soluzioni strutturali
innovative (elementi in profilati metallici, in cemento armato precompresso o in legno lamellare).
Praticamente scontato il rivestimento delle pareti e delle volte con pietra (eventualmente
recuperando i materiali di scavo), mattoni pieni faccia a vista o legno avendo cura di recuperare, se
possibile, le modalità e le tecniche costruttive della tradizione locale, per quanto non manchino belli
esempi di realizzazioni con contaminazioni moderne, anche attraverso l’uso di materiali inusuali per
la tradizione enologica. Più raro, per quanto decisamente meno costoso, l’uso di intonaci rifiniti
comunque dall’aspetto poco rifinito. Da evitare peraltro qualsiasi rivestimento che possa
compromettere la traspirazione della parete. A tale riguardo si ricorda che per le bottaie ricavate in
ambienti sotterranei naturali (grotte) o artificiali con caratteristiche simili (ambienti con pareti e
soffitti a volta rivestiti in pietra) possono essere concesse deroghe ai requisiti igienico-sanitari
previsti.
Anche nella scelta dei materiali per le pavimentazioni si devono soddisfare contemporaneamente
esigenze di tipo estetico (che spingono per l’uso di materiali tradizionali come la pietra, il cotto e il
legno) con le esigenze legate all’operatività che privilegiano la resistenza al passaggio dei mezzi
utilizzati per la movimentazione e la pulibilità delle superfici a seguito di fuoriuscite accidentali di
vino. Una possibile soluzione prevede di differenziare le corsie adibite al passaggio rispetto alle
superfici riservate alle batterie di botti e di barrique. Per le prime si possono adottare
pavimentazioni in pietra, o con piastrelle in ceramica munite di canaline e pozzetti per la raccolta
delle acque di pulizia, mentre per le seconde si può privilegiare l’utilizzo di materiali come sabbia o
ghiaino, depositati in modo da formare letti facilmente sostituibili, di rapida pulitura mediante
lavaggio, in grado di evitare ristagni di acqua o di qualsiasi altro refluo e che ben si adattano alle
sollecitazioni dovute ai carichi variabili trasmessi dalle selle portafusti (in questo caso generalmente
in legno). A tale proposito si deve evitare un eccessivo affollamento di contenitori con la
sovrapposizione dei grandi fusti o la formazione di cataste eccessivamente alte di barrique che
devono eventualmente degradare verso la corsia di passaggio in modo da non ostacolare una visione
d’insieme dell’intero ambiente.
Le suggestioni che si vogliono trasmettere al visitatore sono incompatibili con l’elevato
contenuto tecnologico generalmente presente in cantina. Pertanto tutte le tubazioni, le condotte e i
dispositivi di comando degli impianti dovranno essere sistemati a pavimento o sotto traccia nelle
pareti. In particolare l’impianto di condizionamento sarà localizzato in un locale adiacente alla
bottaia e il sistema di distribuzione dell’aria dovrà risultare invisibile al visitatore. Le canalizzazioni
verranno poste nelle pareti (particolarmente efficace risulta l’utilizzo degli spessori presenti nella
volta) in funzione comunque della disponibilità di spazio, dato che diverse esperienze hanno
dimostrato l’assenza di differenza nell’efficienza della climatizzazione tra immissione dell’aria
dall’alto o dal basso. Le prese d’aria possono essere facilmente collocate in modo discreto
utilizzando zone d’ombra ottenute con una opportuna disposizione e orientamento dei punti luce o
con un camuffamento ottenuto con griglie o con armadietti di legno oppure con finte botti.
Completa l’opera l’adozione di interruttori che all’accensione dell’impianto di illuminazione fanno
corrispondere lo spegnimento dell’impianto di condizionamento per evitare che la visita venga
disturbato dal rumore e dagli effetti delle correnti d’aria.
L’impianto di illuminazione, in particolare, può dare un importante contributo grazie alle enormi
potenzialità date dalle infinite combinazioni di giochi di luci e d’ombre, di variazioni di intensità e
di tonalità cromatiche, di collocazione e di orientamento dei punti luce (a pavimento, a soffitto,
entro nicchie, dietro schermature, …) in grado di mettere in risalto taluni particolari arcitettonici e
nasconderne altri. E’ così possibile distogliere l’attenzione del visitatore da tutti quei particolari
(soprattutto impiantistici) la cui presenza non è stato possibile evitare. Si dovrà comunque garantire
anche una illuminazione di maggiore intensità e con caratteristiche idonee allo svolgimento delle
attività operative secondo parametri di efficacia e sicurezza. Il reparto risulta così dotato di un
doppio sistema di illuminamento.
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Completamente diverso risulta l’approccio per le bottaie con un indirizzo prettamente
produttivo. In tal caso gli aspetti estetici sono minimizzati a favore del efficienza delle attività
operative, delle tecniche enologiche, della funzionalità e dell’economicità. Molte sono le
implicazioni ad incominciare della modalità di stoccaggio delle botti o dalla localizzazione del
reparto che non sarà necessariamente sotterranea (nel qual caso il progettista deve prestare molta
attenzione nell’adozione di efficaci sistemi di coibentazione del locale).
L’impianto di illuminamento dovrà principalmente assicurare livelli di visibilità medio-alti
compatibili con lo svolgimento delle attività di controllo, dei travasi e delle colmatura e con la
sicurezza nel corso delle movimentazioni delle botti mentre tutte le attrezzature (lavabarrique, …)
possono essere posto all’interno del locale, compresa l’unità di climatizzazione, in funzione della
disponibilità di spazio, dell’organizzazione delle operazioni e del livello del reparto rispetto al
suolo. I diversi elementi impiantistici (tubazioni, punti di erogazione possono essere posti a vista
lungo le pareti o meglio sul soffitto per ridurre l’intralcio all’attività degli operatori e dei mezzi di
movimentazione.
Infine le pavimentazioni saranno scelte esclusivamente per assicurare resistenza ai carichi e al
passaggio dei mezzi di movimentazione delle botti, elevati standard di pulibilità, inerzia chimica,
impermeabilità. Si possono raggiungere tali obiettivi con una corretta scelta dei materiali (piastrelle
in clinker ceramico o in porfido posate a fuga larga oppure massetti di c.l.s. rifinito con stato
antiusura in quarzo oppure con resine epossidiche), la predisposizione di adeguati sistemi per
l’allontanamento dei reflui (canalette a fessura, con griglia e pozzetti di raccolta ed evacuazione
tutti in acciaio inox) e corrette modalità esecutive (utilizzo di sgusci per il raccordo con le pareti
verticali e per tutte le angolature presenti, forma e dimensioni delle fughe fra le piastrelle, giunti in
prossimità di discontinuità). Lo stesso vale per i rivestimenti delle pareti che dovranno interessare
una altezza di almeno 2,5 m e garantire un elevato livello di igiene caratteristico delle resine
epossidiche o delle piastrelle ceramiche posate a fuga larga.
In conclusione ogni produttore dovrà valutare secondo quale filosofia organizzare e strutturare il
proprio locale per l’affinamento nel legno, prendendo in considerazione le caratteristiche peculiari
della cantina, i livelli qualitativi dei prodotti, i ritorni in termini di immagine e gli investimenti
richiesti. La scelta è certamente più complessa nel caso di cantine piccole o medie, mentre per
quelle di maggiori dimensioni è possibile adottare contemporaneamente due diversi locali di cui
uno, più piccolo, destinato ad accogliere i visitatori, ed uno, più grande dove operare in tutta
tranquillità ed efficienza.
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In questi ultimi anni si sta recuperando l’utilizzo del legno anche per la fermentazione, in
particolare dei vini bianchi, in barrique. In tal caso si deve predisporre un ambiente che si
differenzia dalla bottaia, così come precedentemente descritta, soprattutto per le condizioni
ambientali. I valori ottimali, comunque garantiti da un impianto di condizionamento, prevedono
temperature diverse in funzione al tipo di vino ed all’andamento della fermentazione (temperatura
di 16 ÷ 18°C per la fermentazione alcolica e l’affinamento e di 20 ÷ 22°C per la fermentazione
malolattica), che non corrispondono necessariamente con quelle adottate in fase di affinamento.
Risulta inoltre necessario un più consistente ricambio dell’aria per l’asportazione della CO2 emessa
nel corso della fermentazione. Infine la pavimentazione e le pareti devono consentire un più elevato
grado di pulizia; questo richiede una adeguata scelta dei materiali, la presenza di un efficiente
sistema per la raccolta e l’allontanamento dei reflui e l’eliminazione di tutte le possibili
discontinuità che possono divenire luoghi di accumulo per lo sporco. Ciò può rendere più difficile
l’adozione di elementi architettonici significativi dal punto di vista coreografico.
L’affinità con la bottaia continua comunque a rappresentare una caratteristica importante di
quest’area destinata alla fermentazione nel legno che troverà perciò una naturale collocazione in un
ambiente attiguo al reparto destinato all’affinamento in botte.
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