Le questioni - Provincia di Verona

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Le questioni - Provincia di Verona
QUALE SENSO E QUALE RUOLO PER LA PARTECIPAZIONE
IN PROCESSI DI AGENDA 21?
Nota per il convegno provinciale “Il Forum di Agenda 21 Locale: esperienze a confronto” 28.02.03
Andrea Calori – AT – Atelier Territorio
In anni recenti, il tema della costruzione partecipata di scelte pubbliche si è diffuso
in molto rapido sotto la spinta di diverse esigenze, sensibilità ed obblighi
normativi. A partire dagli anni ’90, si è progressivamente riconosciuta anche in
Italia la necessità di considerare gli approcci partecipativi come elementi
strutturali di diverse politiche pubbliche e delle relative procedure; siano esse di
tipo codificato o volontario.
In realtà, il tema della partecipazione ha molte declinazioni e va riconosciuto che il
recente successo delle sue formulazioni ha portato anche ad una varietà di
applicazioni pratiche che poco hanno a che fare sia con le potenzialità strutturali
dei processi partecipativi, sia con i dibattiti disciplinari e con le pratiche che hanno
avuto un ruolo centrale nella crescita di una cultura partecipativa nel campo delle
scelte pubbliche. Basti pensare all’esperienza dei Patti Territoriali e, in generale,
agli strumenti della Programmazione Negoziata: è opinione largamente condivisa
che il loro esito, spesso deludente, sia dovuto in gran parte proprio alla mancanza
di un vero coinvolgimento di tutte le componenti della società locale
nell’individuare consensualmente delle vere strategie di sviluppo con obiettivi e
strumenti che siano realmente radicati nelle realtà locali.
Sia in sedi tecniche sia in ambito politico, ad esempio, si continua spesso a parlare
di partecipazione riferendosi ad esperienze ed approcci assemblearisti che avevano
avuto una stagione di successo negli anni ’60 e ’70. Un periodo in cui, sull’onda
delle trasformazioni sociali ed economiche dell’epoca, si era diffusa un’idea di
partecipazione che aveva scopi, attori e metodi radicalmente diversi da quelli che
caratterizzano gli approcci partecipativi maturati nei decenni successivi.
Il richiamo a quelle forme di partecipazione - oltretutto in presenza di un contesto
completamente diverso da quello che le aveva generate – ha portato alla
proliferazione di esperienze di convocazione assembleare della cittadinanza
generate molto spesso dalla buona volontà dei loro promotori politici e tecnici ma,
sostanzialmente, marginali (quando non illusorie) perché non in grado di incidere
efficacemente sul processo decisionale. Il risultato è che la partecipazione viene
spesso ancora vista come momento comunicativo offerto alla cittadinanza e in cui
vengono presentate alcune scelte di rilevanza pubblica, rispetto alle quali viene
sollecitata la produzione di osservazioni ex post.
In altri casi, e come adempimento di alcune normative che prescrivono di attivare
processi di partecipazione per arrivare a scelte condivise, vengono attivati dei
tavoli di incontro tra rappresentanti delle diverse istituzioni coinvolte in una data
politica. Questi tavoli, generalmente di tipo tecnico, sono molto diffusi nelle
attività di pianificazione e progettazione pubblica e rispondono sostanzialmente ai
principi della concertazione, in cui viene – appunto – “concertato”, l’apporto di
diversi soggetti..
Questi ultimi, per loro specifico mandato costitutivo, hanno compiti e ruoli specifici
rispetto ad alcuni temi ed è in virtù di questi loro contributi specifici che vengono
convocati per concertare delle scelte; limitatamente ai loro compiti e ruoli.
Il richiamo a questi due modelli – quello assemblearista-allargato e quello
concertativo-ristretto – è utile per individuare due modalità di comportamento
fra loro molto diversi, in mezzo ai quali va collocato in modo più specifico lo
spazio della partecipazione.
AT – Atelier Territorio – Milano-Torino-Firenze – sede di Milano – c.so Sempione 100 – 20154 tel. 02.331.94.56
Un ambito in cui una pluralità di soggetti caratterizzati da ruoli e competenze
differenziate partecipano in modo strutturale alla costruzione di azioni di rilevanza
pubblica; aggiungendo valore e complessità a queste azioni e dando un contributo
al trattamento dei conflitti che esse possono generare.
Alcuni documenti internazionali sul tema partecipazione-ambiente
La Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo tenutasi a Rio de
Janeiro nel 1992 e in cui nasce Agenda 21, è certamente il momento che,
simbolicamente, costituisce l’avvio della diffusione sistematica dei principi
partecipativi nelle politiche ambientali.
Prima di ogni considerazione specifica sugli approcci partecipativi, la stessa
nozione di sostenibilità che è stata promossa in quell’occasione sanciva
l’abbandono di un approccio settoriale alle tematiche ambientali, in favore
di un punto di vista più complessivo, all’interno del quale le questioni ambientali
vengono considerate come esito in un particolare sistema socioeconomico che,
opportunamente messo in discussione in termini di modello di sviluppo, genera
trasformazioni strutturali sui sistemi ambientali.
La prospettiva della sostenibilità e, quindi, legata costitutivamente a processi
partecipativi che siano in grado di mettere in discussione gli elementi strutturali
delle decisioni, incidendo in modo consensuale sui sottosistemi sociale ed
economico. Senza una consapevolezza e un consenso allargato che coinvolga
soggetti e temi fra loro integrati, non è possibile pensare a delle vere “strategie di
sviluppo” neppure a livello locale.
La Dichiarazione di Rio afferma infatti che “il coinvolgimento del pubblico e delle
parti interessate nelle decisioni relative agli interessi comuni è un cardine dello
sviluppo sostenibile […] in particolare nella formulazione e nella messa in opera
delle proposte di sviluppo, di modo che possa emergere un maggiore senso di
appartenenza e di condivisione delle responsabilità”.
Dai documenti di Rio deriva una vasta serie di prescrizioni, norme e linee guida in
cui gli approcci partecipativi vengono citati come aspetti fondamentali e
qualificanti delle azioni verso la sostenibilità.
Un esempio recente di
implementazione
della
prospettiva
della
sostenibilità
all’interno
della
programmazione delle politiche di sviluppo, è data dal “Manuale per la valutazione
ambientale dei Piani di Sviluppo Regionale e dei Programmi dei Fondi strutturali
dell’Unione europea 2000-2006” redatto dalla Direzione Generale Ambiente della
Commissione europea; in cui si definisce l’insieme degli aspetti partecipativi
che si richiamano alla Dichiarazione ONU di Rio de Janeiro come criterio
trasversale di valutazione della sostenibilità.
Questo è uno dei tanti esempi che evidenziano come – a livello europeo – la
partecipazione e la sostenibilità siano sempre di più un criterio fondamentale di
regolazione e di decisione rispetto alle politiche di sviluppo, alla capacità di
“fare patto” e, di conseguenza, alla spesa pubblica e all’efficacia delle
scelte.
La Convenzione ONU/ECE di Aarhus (1998) è il documento di riferimento
fondamentale che regola il rapporto tra questioni partecipative e trattamento dei
dati e delle informazioni ambientali e che funge da riferimento per una serie di
ulteriori documenti prescrittivi di recente pubblicazione. La Convenzione propone
un intervento in tre direzioni principali
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– sviluppare l'accesso dei cittadini all'informazione di cui dispongono le autorità
pubbliche;
– favorire la partecipazione dei cittadini alle attività decisionali aventi effetti
sull'ambiente;
– estendere le condizioni per l'accesso alla giustizia.
E’ importante notare come la Convenzione di Aarhus, recependo l’approccio della
sostenibilità diffuso a Rio, connetta esplicitamente i temi dell’informazione e della
partecipazione alla questione della giustizia; evidenziando più volte nel testo
questioni relative all’efficacia delle politiche ambientali anche in relazione alla
qualità dei processi di decisione e di giustizia sociale; con una attenzione specifica
per la dimensione locale.
In ordine temporale, l’ultimo documento europeo in materia di ambiente e
partecipazione è l’accordo raggiunto a metà dello scorso dicembre tra il
Parlamento Europeo ed il Consiglio sulla nuova Direttiva che tratta il ruolo della
partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale. La
Direttiva disciplina la partecipazione del pubblico alla “elaborazione di piani e
programmi ambientali” nei settori della gestione dei rifiuti, inquinamento
atmosferico e delle acque, nonchè in “tutti i progetti con rilevante impatto
ambientale”, modificando due importanti Direttive; quella
sulla valutazione
dell'impatto ambientale (85/337) e sulla prevenzione e il controllo integrato
dell'inquinamento (96/61).
In particolare, la direttiva prevede il tipo di informazioni che andranno fornite al
pubblico e la tempistica da rispettare, affinchè si possa promuovere un reale
coinvolgimento del pubblico nelle fasi iniziali del processo decisionale.
Spunti preliminari di riflessione
Cosa significa governare utilizzando approcci partecipativi?
Cosa significa governare in presenza di molti attori in grado di decidere? Quali
competenze sono necessarie? Quali tecniche? Quali i luoghi e i rapporti con gli
organismi della decisione (giunte, consigli, commissioni istituzionali, ecc.)?
Come si costruisce una partecipazione rappresentativa ?
Come si affronta il problema della selettività dei processi partecipativi? Partecipa
solo chi sa già come difendere i propri interessi, chi è culturalmente ed
economicamente attrezzato alla partecipazione, chi ha obiettivi e valori omogenei,
ecc.
Quali i costi e i vantaggi della partecipazione?
Es. per le istituzioni: trattamento e possibile de-potenziamento dei conflitti versus
complessificazione dei processi; per i soggetti associativi: possibilità di incidenza
nelle decisioni versus la necessità di abbandonare il facile atteggiamento di pura
opposizione assumendo maggiori vincoli e responsabilità; ecc.
Quali costi e vantaggi delle dinamiche classiche del conflitto?
Quali strategie utilizzano gli attori locali (istituzionali, economici e associativi) per
trattare i conflitti? Quali attese, quali opportunità di realizzazione spingono i
soggetti a privilegiare una dinamica di conflitto aperto? Cosa “vedono” i soggetti –
oltre alle opzioni del vincere o del perdere – che li motiva e li mobilità?
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Alcuni criteri per l’impostazione di un percorso
partecipativo nell’ambito di un Forum di Agenda 21
Governare è difficile:
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Molte questioni sono complesse
e interconnesse
Gli attori che producono “effetti
di governo” sono tanti
Gli abitanti esprimono spesso bisogni
poco decifrabili
In un quadro complesso è un problema
misurare l’efficacia
Molte scelte pubbliche mettono in
discussione a livello locale il modello di
sviluppo, che è poco indirizzabile con
strumenti di pianificazione ordinari (PRG;
Piani di Settore, ecc.)
Forum e partecipazione:
servono tecniche "molto locali”
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Favorire al massimo l’interazione
differenziandone i momenti
e le tecniche
Partecipazione per sensibilizzare
o per decidere?
Utilizzare competenze locali
per l’animazione
Valorizzare le conoscenze contestuali
Aggregare gli attori locali per problemi,
evidenziando i cicli ambientali
e dei prodotti
Utilizzare strumenti di coinvolgimento
flessibili
La partecipazione come risorsa
di efficacia
Valorizzare le conoscenze
locali che non sempre
sono evidenti
Incremento
delle
conoscenze
Valorizzare le competenze
progettuali locali
e incrementare il numero
e il tipo delle idee prodotte
Trattamento
della
complessità
Dare voce a soggetti
deboli che accedono poco
alla rappresentanza
Migliorare le prestazioni
delle politiche pubbliche,
avvicinando il mondo dove
si formano i bisogni
all'ambito della produzione
di decisioni
Empowerment
Efficacia,
riduzione dei
conflitti
La prospettiva di Agenda 21:
apprendere modalità di governo
più efficaci per un mondo complesso
Azioni
limitate e
controllabili
Governo
integrato
dell’ambiente
e del
territorio
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