di fronte all`amore
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u n i t à 1 Donne e uomini di fronte all’amore LO SGUARDO DELL’ARTE Sin dai tempi antichi l’arte è stata caratterizzata da opere che hanno come soggetto principale l’amore: affreschi e sculture egizi ci tramandano esempi di amore nuziale e così anche le pitture romane ritrovate a Pompei. Nel tempo, l’amore ha continuato a rappresentare uno dei soggetti prediletti dell’arte. In epoca moderna, è stato una delle fonti di ispirazione predilette dagli artisti acquistando significati sempre più dichiaratamente sensuali, per arrivare, nell’800, a una interpretazione finemente psicologica del sentimento amoroso: profondo elemento di unione tra mondo maschile e femminile. Un esempio è Il bacio, il capolavoro di uno dei più grandi scultori del Novecento, il romeno Costantin Brancusi (1876-1956). Gli antecedenti: l’amore nelle letterature antiche Noi lettori del XXI secolo siamo abituati a considerare l’amore come uno dei temi principali – se non il principale – della letteratura. In realtà non è stato sempre così. Nella letteratura greca e latina l’amore aveva un’importanza marginale. Nell’epica classica è praticamente assente, se si eccettua l’episodio della regina fenicia Didone nell’Eneide di Virgilio: Didone ama, riamata, Enea, che però la abbandona, perché lo attende un destino più grande: giungere nel Lazio e gettare le basi della civiltà romana. Nella letteratura greca, specie nell’epica e nella tragedia, l’amore è una prerogativa soprattutto femminile, mentre negli uomini prevale il senso del dovere militare, politico o morale. Le due più celebri eroine innamorate della letteratura greca, entrambe protagoniste di amori infelici e tragici sono: Medea, anch’essa, come Didone, abbandonata per ragioni politiche, e Fedra, travolta da una passione inconfessabile per il figliastro Teseo. 268 modulo 3 PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO L’amore nella letteratura medievale La poesia amorosa vera e propria nasce in età latina, a cavallo fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., attraverso l’opera di poeti come Catullo, che canta il suo amore sofferto e tormentato Tibullo per Lesbia. Questo esempio sarà un’importante fonte di ispirazione per la lirica amorosa di età medievale, fiorita nei secoli XIII e XIV dapprima in Provenza (nella Francia meridionale) e poi in Toscana. I maggiori autori lirici medievali furono, oltre ai provenzali, Dante Alighieri e Guido Cavalcanti, e soprattutto Francesco Petrarca, il quale, nel suo Canzoniere (un libro composto da 366 poesie, una per ogni giorno dell’anno), esprime la natura sconvolgente dell’amore che fa perdere all’uomo le sue facoltà razionali. In età medievale, il tema amoroso assume un’importanza crescente anche nel romanzo cavalleresco, dapprima nella Francia settentrionale, nei secolo XII e XIII, e poi in Italia, nel secoli XV e XVI, grazie soprattutto all’opera di Matteo Maria Boiardo (Orlando innamorato) e Ludovico Ariosto (Orlando furioso). L’amore nella prosa narrativa Nella prosa narrativa europea delle origini, l’amore caratterizza, almeno in parte, il nuovo genere della novella, che si afferma in Europa fra il XIII e il XIX secolo. Le raccolte di novelle dell’epoca comprendono, infatti, diversi testi che si incentrano su vicende sentimentali dall’esito a volte felice a volte tragico. Fra i primi, abbiamo scelto un testo del Novellino, raccolta di cento brevi novelle di autore anonimo (vedi p. 000); mentre fra i testi che narrano amori infelici e tragici, abbiamo preferito una delle più belle novelle di Giovanni Boccaccio, l’autore del Decameron, considerato il padre della moderna prosa narrativa. Sia per il Novellino, sia per il Decameron, l’amore ha tuttavia un ruolo ancora secondario, anche perché, in molti casi, si tratta più di desiderio sensuale che di amore inteso come sentimento assoluto e totalizzante. L’amore assoluto diventa uno dei temi dominanti della letteratura, sia della poesia sia della narrativa, soltanto durante il Romanticismo, fra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento. Da allora in poi siamo infatti soliti parlare di “amore romantico” come di una passione totale, soprattutto spirituale, che con la sua forza irresistibile travolge e sconvolge uomini e donne opponendosi alla fredda ragione. Innumerevoli sono le opere narrative incentrate sulla tematica amorosa. Fra queste citiamo La nuova Eloisa del francese Jean Jacques Rousseau (1712-1778), I dolori del giovane Werther del tedesco Wolfgang Goethe (1749-1832) e Le ultime lettere di Jacopo Ortis (dove però un ruolo importante spetta anche al tema politico) di Ugo Foscolo (1778-1827). Ma anche in pieno Ottocento, come nell’età antica, le protagoniste di amori travolgenti e infelici sono spesso donne, come le protagoniste dei romanzi Cime tempestose (1847) di Emily Brontë, La signora delle camelie (1848) di Alexandre Dumas figlio, Madame Bovary (1857) di Flaubert o Anna Karenina (1877) di Tolstoj. L’amore nel Novecento Nel Novecento la visione dell’amore subisce profonde trasformazioni, grazie alle teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud. A queste teorie si lega quella che viene definita la “crisi del personaggio”. I protagonisti del romanzo del Novecento tendono infatti a essere figure complesse e contorte, spesso scisse in varie personalità, ansiose, piene di dubbi, spesso caratterizzate da assenza di volontà e da un senso di estraneità verso il mondo. È evidente DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE unità 1 269 PP ercorso che, in personaggi del genere, l’amore come passione assoluta stenta ad affermarsi. Fra i pochi amori “romantici” del Novecento – a parte quelli della letteratura “rosa”, come i romanzi di Liala (1902-1995) – possiamo citare gli amori vissuti dai protagonisti dei romanzi Il grande Gatsby (1925) dell’americano Francis Scott Fitzgerald e Il dottor Zivago (1957) del russo Boris Pasternak. In questo panorama, il più grande “analista” del XX secolo della passione amorosa, soprattutto dei suoi aspetti dolorosi – la gelosia, la menzogna, l’ossessione, l’assenza, il conflitto, ecc. – è stato certamente il francese Marcel Proust nella sua monumentale opera La ricerca del tempo perduto (1913-1927). Nonostante questi fattori, l’amore ha continuato a caratterizzare moltissime opere del Novecento, sopravvivendo fra mille difficoltà, spesso in modo incompiuto, contorto, immaginario, o anche nevrotico, cioè frenato da dubbi e inibizioni. È questo il caso degli altri due racconti qui antologizzati: il primo, della scrittrice neozelandese Katherine Mansfield (vedi p. 000), in cui i protagonisti si dibattono fra la scelta di restare amici o legarsi sentimentalmente, il secondo, del colombiano Gabriel Garcia Marquez (vedi p. 000), su un amore platonico e totalmente “virtuale”. A 270 Testo 1 ANONIMO, Una bella novella d’amore, dal Novellino Epoca: XIII sec. modulo 3 PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO Genere letterario: Aneddoto, exemplom Testo 2 GIOVANNI BOCCACCIO, Lisabetta da Messina, dal Decameron Epoca: 1349-51 Genere letterario: Novella TESTO 3 KATHERINE Mansfield, Psicologia, da Tutti i racconti Epoca: 1920 Genere letterario: Racconto psicologico Testo 4 GABRIEL GARCÍA MÀRQUEZ, L’aereo della bella addormentata, da Dodici racconti raminghi Epoca: 1982 Genere letterario: Racconto psicologico ANONIMO nalisi dell’opera Costantin Brancusi, considerato da alcuni critici il massimo scultore del ventesimo secolo, apprese i primi rudimenti dell’arte dell’intaglio dai pastori della sua terra, la Romania. Questo elemento “artigianale” fu fondamentale nel successivo sviluppo della sua attività artistica: infatti, Brancusi privilegiò sempre l’esperienza del contatto diretto con l’arte popolare, piuttosto che gli insegnamenti accademici. La sua fu una ricerca della forma quanto più pura e semplice delle cose, un ritorno alla primordialità dell’immagine che lo portò ad avvicinarsi all’esenzialità dell’arte africana e orientale, come testimonia un’opera come Il bacio, realizzata nel 1907 e oggi di proprietà del Museo d’Arte della città di Craiova. Nella scultura, un uomo e una donna si baciano appassionatamente, stringendosi in un abbraccio che pare rendere unica ed indissolubile la loro identità. Le loro figure sono quasi accennate, come se stessero emergendo dal sasso: essi appaiono come fusi in un monolite, un unico blocco di pietra. Il soggetto, poi, è rappresentato con una semplicità estrema, senza che alcun elemento o alcuna decorazione della superficie possa distogliere l’attenzione dell’osservatore dal tema centrale, con uno stile che richiama fortemente le sculture in legno africane. Antologico Una bella novella d’amore, dal Novellino « Andonne L’opera averso la magione di colei, non per intendimento di trovarla né di vederla, ma solo per vedere la contrada. « Il Novellino è una raccolta di cento novelle scritte fra il 1281 e il 1300 da un autore rimasto anonimo, che ha riscritto e ordinato testi di svariata origine. L’opera, in volgare fiorentino, è uno dei primi esempi di prosa narrativa in volgare. Comprende racconti anche di poche righe, incentrati su battute argute, beffe, azioni cavalleresche, amori cortesi. Riguardo ai destinatari si può immaginare che le novelle fossero rivolte a un pubblico appartenente a una classe colta e raffinata. L’intento è duplice: dilettare ed educare, cioè proporre narrazioni piacevoli e al tempo stesso ricche di insegnamenti morali, civili, religiosi. Per la loro varietà, le novelle costituiscono un affresco dell’età medievale alla fine del Duecento e dei suoi valori. Primo piano sul testo Il racconto qui presentato, uno dei più lunghi del Novellino, narra un triangolo amoroso composto da due pretendenti e una fanciulla, che si conclude con la “sconfitta” del pretendente più tiepido e con la “vittoria” del più appassionato, sebbene le preferenze della fanciulla facciano inizialmente prevedere il contrario. A causa delle difficoltà di lettura, ne proponiamo una versione in italiano moderno, ripresa dall’edizione dell’opera curata da Cesare Segre e Mario Marti. U n giovane di Firenze sì amava carnalmente una gentile pulcella, la quale non amava niente lui, ma amava a dismisura un altro giovane, lo quale amava anche lei ma non tanto ad assai quanto costui. E ciò si parea: ché costui n’avea lasciato ogni altra cosa, e consumavasi come smemorato, e spezialmente il giorno ch’elli non la vedea. A un suo compagno ne ’ncrebbe. Fece tanto che lo menò a uno suo bellissimo luogo, e là tranquillaro per quindici dì. PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 271 5 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE Un giovane di Firenze amava intensamente una gentile fanciulla che non ricambiava suo amore, ma amava a dismisura1 un altro giovane, il quale a sua volta la amava, ma non tanto quanto il primo. E ciò era evidente: infatti il primo innamorato aveva lasciato ogni altra cosa e si consumava come se fosse fuor di senno2, specialmente quando non riusciva a vederla. Un suo amico si rattristò di questa situazione e tanto fece che lo condusse in una sua bellissima villa dove trascorsero serenamente quindici giorni. In quel mezzo la fanciulla si crucciò con la madre. Mandò la fante, e fece parlare a colui cui amava che ne voleva andare con lui. Quelli fu molto lieto. La fante disse: – Ella vuole che voi vegnate a cavallo, già quando fia notte ferma. Ella farà vista di scendere nella cella: sarete all’uscio aparechiato e gitteravisi in groppa. Ell’è leggera e sa bene cavalcare. – Elli rispuose: – Ben mi piace. – Quand’ebbero così ordinato, fece grandemente aparecchio a un suo luogo, ed ebbevi suoi compagni a cavallo, e feceli stare alla porta, perché non fosse serrata, e mossesi con un fine roncione, e passò dalla casa. Ella non era ancora potuta venire, perché la madre la guardava troppo. Questi andò oltre per tornare a’ compagni. Nel frattempo la fanciulla ebbe un litigio con la madre. Ella allora mandò una delle cameriere dal giovane di cui era innamorata e gli fece dire che era disposta a fuggire con lui. Quello se ne rallegrò molto. La donna3 gli disse: “Ella desidera che voi veniate a cavallo quando sarà già buio. Lei fingerà di scendere in cantina e voi sarete pronto ad attenderla sulla porta, si getterà rapidamente in groppa. La fanciulla è leggera e sa cavalcare bene”. Egli rispose: “Così mi piace”. Presi gli accordi, fece preparare nel modo più opportuno una sua villa, riunì i suoi compagni a cavallo e disse loro di aspettare presso una delle porte della città, affinché non fosse chiusa4 quando egli fosse arrivato con lei. Si avviò con un buon cavallo da soma verso la casa della fanciulla. Quella però non era ancora potuta scendere perché la madre la sorvegliava. Il giovane allora andò via e tornò dai suoi compagni. Ma quelli che consumato era, in villa non trovava luogo; era salito a cavallo, e ’1 compagno suo no[l] seppe tanto pregare che ’l potesse ritenere; e non volle la sua compagnia. Giunse quella sera alle mura. Le porte erano tutte serrate; ma tanto acerchiò che abatté a quella porta dov’erano coloro. Entrò dentro. Andonne averso la magione di colei, non per intendimento di trovarla né di vederla, ma solo per vedere la contrada. Essendo ristato rimpetto alla casa – di poco era passato l’altro – la fanciulla diserrò l’uscio, e chiamollo sotto boce, e disse che acostasse il cavallo. Questi non fu lento: accostòsi, ed ella li si gittò vistamente in groppa, e andarono via. Quando furono alla porta, e’ compagni dell’altro non li diedero briga, ché noi conobbero, però che fosse stato colui cui elli aspettavano sarebbe ristato co loro. Questi cavalcarono ben diece miglia, tanto che furono in un bello prato intorniato di grandissimi abeti. Smontaro, e legaro il cavallo all’albero. E prese a basiarla. Quella il conobbe: accorsesi della disaventura; cominciò a piangere duramente. Ma questi la prese a confortare lagrimando, e a renderle tanto onore ch’ella lasciò il piagnere e preseli a volere bene, veggendo che la ventura era pur di costui; e abbracciollo. 1. a dismisura: moltissimo. 2. fuor di senno: pazzo. 272 modulo 3 3. La donna: la cameriera. 4. affinché non fosse chiusa: si riferisce PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO all’uso di chiudere le porte delle città al calare delle tenebre. 10 15 20 25 30 35 40 45 Intanto l’altro innamorato, non trovando pace in campagna, era salito a cavallo per fare ritorno in città e il suo compagno non era riuscito a trattenerlo con le preghiere né quello aveva accettato la sua compagnia. Giunse sul far della sera alle mura. Le porte erano tutte chiuse, ma egli, facendo il giro delle mura, trovò aperta la porta che gli amici dell’altro sorvegliavano. Allora si avviò verso la casa della fanciulla non perché sperasse di incontrarla, ma solo per vedere quel luogo. E mentre se ne stava di fronte alla casa per guardarla – da poco l’altro era andato via – la fanciulla aprì l’uscio, lo chiamò sottovoce e gli disse di accostare il cavallo. Egli fu veloce: si avvicinò, lei gli balzò sveltamente in groppa e andarono via. Quando uscirono attraverso la porta, i compagni dell’altro non lo riconobbero e non lo chiamarono, pensando che, se fosse stato chi essi stavano aspettando, si sarebbe fermato con loro. I due cavalcarono per ben dieci miglia, finché raggiunsero un bel prato circondato da grandissimi abeti. Qui smontarono e legarono il cavallo a un albero. Il giovane cominciò a baciare la ragazza, la quale allora lo riconobbe e, accortasi dello scambio, cominciò a piangere disperatamente. Ma il giovane piangendo prese a consolarla e a renderle tanto onore che ella smise di piangere e cominciò a volergli bene, vedendo che la fortuna era dalla parte di costui, lo abbracciò. Quell’altro cavalcò poi più volte, tanto che [u]dì il padre e la madre fare romore nell’agio, e intese dalla fante com’ella n’era ’ndata in cotal modo. Questi sbigottì. Tornò a’ compagni, e disselo loro. E que’ rispuosero: – Ben lo vedemmo passare co lei, ma nol conoscemmo; ed è tanto, che puote essere bene alungato. E andârne per cotale strada. – Missersi incontanente a tenere loro dietro. Cavalcaro tanto, che li trovaro dormire così abbracciati; e miravagli per lo lume della luna ch’era apparito. Allora ne ’ncrebbe loro disturbarli, e dissero: – Aspettiamo tanto ch’elli si sveglieranno, e poi faremo quello ch’avemo a fare. – E così stettero tanto, che ’l sonno giunse e furo tutti addormentati. Coloro si svegliaro in questo mezzo, e trovaro ciò ch’era. Maravigliàrsi. E disse il giovane: – Ci hanno fatta tanta cortesia, che non piaccia a Dio che noi li ofendiamo! – Ma salio questi a cavallo, ed ella si gittò in su altro de’ migliori che v’erano, e andaro via. Quelli si destaro e fecero gran corrotto, perché più non li potevano ire cercando. L’altro intanto tornò più volte presso la casa e sentì il padre e la madre fare gran rumore nella camera, e seppe dalla donna di servizio che la ragazza era fuggita. Rimase veramente sbigottito5. Ritornò dai compagni e raccontò loro il fatto. Quelli risposero: “Noi l’abbiamo visto passare con lei, ma non l’abbiamo riconosciuto; ed è ormai trascorso tanto tempo che può essere andato lontano. Essi hanno preso quella strada”. Immediatamente si misero a inseguirli. Cavalcarono finché li trovarono che dormivano abbracciati, illuminati dai raggi della luna che era in cielo. Allora decisero di non disturbarli e dissero: “Aspettiamo che si sveglino e poi faremo quello che dobbiamo fare”. E così aspettarono fintanto che anch’essi si addormentarono. Quelli nel frattempo si svegliarono e li videro. Si meravigliarono molto. Allora il giovane disse: “Costoro ci hanno fatto una tale cortesia che non possiamo non rendergliela!”. Lui salì su un cavallo, lei si gettò su un altro dei migliori fra quelli che erano lì, e andarono via. Quelli si svegliarono e si disperarono grandemente perché non potevano più cercarli. (da Novellino, in La prosa del Duecento, a cura di C. Segre e M. Marti, Ricciardi) 5. sbigottito: stupefatto (in senso negativo). PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 273 50 55 60 65 70 75 80 85 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE A nalizziamo il testo La struttura Nella prima parte il narratore dà un veloce resoconto della situazione iniziale: un giovane ama intensamente una fanciulla, che però è innamoratissima di un secondo giovane, il quale la ricambia in modo piuttosto tiepido. Nella seconda sequenza, il giovane non ricambiato e un suo amico si sono recati in una villa di campagna, la fanciulla fa sapere al suo amato che lo aspetta sulla soglia di casa. Costui si reca allora da lei, ma, non trovandola, se ne va. Nella terza sequenza il giovane non ricambiato, non trovando pace in campagna, torna in città solo per poter osservare la casa dell’amata, ma la fanciulla, scambiandolo per il giovane di cui è innamorata, sale con lui a cavallo. I due si fermano in un prato, la fanciulla accortasi dell’errore scoppia in lacrime. Ma il giovane comincia a consolarla e a mostrarle un affetto tale che la fanciulla comincia a ricambiarlo. Nella quarta sequenza l’altro giovane intuisce che cosa è successo, raggiunge coi suoi compagni il prato trova i due addormantati e resta in attesa che si sveglino, ma si addormenta a sua volta, così che i due novelli fidanzati possono scomparire senza lasciar tracce. Una serrata successione di eventi Come si vede dal riassunto che abbiamo dato sopra, la novella, pur essendo piuttosto breve, è fitta di avvenimenti. È una caratteristica delle narrazioni “arcaiche” (si ricordi che il Novellino è la prima raccolta di racconti in volgare italiano e corrisponde quindi a una fase “primordiale” della letteratura italiana). Si tratta di una novella d’amore e di equivoci, ma anche di una novella basata su un arguto motto finale – motivo assai frequente nel Novellino che verrà genialmente ripreso da Boccaccio nel Decameron – Esercizi “Costoro ci hanno fatto una tale cortesia che non possiamo non rendergliela!“. I personaggi e i loro comportamenti La novella è destinata prevalentemente a “dilettare”, ma non manca una componente “educativa”. Uno dei due giovani, infatti, resta beffato a causa del suo atteggiamento poco galante e passionale, mentre l’altro viene premiato per la sua grande dedizione amorosa nei confronti della fanciulla. La diversa disposizione d’animo dei due giovani maschi non viene descritta e analizzata attraverso analisi psicologiche, ma segnalata da pochi dettagli del loro comportamento. Il primo, non trovando la ragazza all’appuntamento, se ne va immediatamente, senza aspettare neppure un attimo. L’altro, invece, si reca da lei al solo scopo di stare a osservare la sua casa, tanto forte è l’amore che prova; inoltre, quando vede che la porta della città è chiusa, non si perde d’animo e gira intorno alle mura finché non trova una porta aperta (quella dove si erano appostati i compagni dell’altro giovane). Attiviamo il testo COMPRENSIONE 1. Quali sentimenti legano i due giovani alla ragazza? 2. Perché l’amico conduce il giovane non ricambiato in una villa di campagna? 3. Perché fallisce l’appuntamento di uno dei due giovani con la ragazza? 4. Qual è il motto, la battuta di spirito finale della novella? EDUCAZIONE LETTERARIA I personaggi 5. Quali sono i personaggi della novella? Fa’ un elenco e indica per ciascun personaggio le caratteristiche principali: PERSONAGGI CARATTERISTICHE PRINCIPALI .......................................................................... ............................................................................................................................... .......................................................................... ............................................................................................................................... .......................................................................... ............................................................................................................................... 6. Quali personaggi svolgono, rispettivamente, il ruolo di aiutante del protagonista, aiutante La cortesia e la fortuna A questo proposito vale la pena di notare altri due particolari solo apparentemente marginali. Quando la fanciulla scopre il suo errore, prima si mette a piangere, poi, vedendosi consolata e onorata dal suo “rapitore”, comincia a volergli bene. È implicito qui un elogio dei valori di gentilezza e cortesia. Inoltre, il narratore aggiunge: “vedendo che la fortuna era dalla parte di costui, lo abbracciò”. È questa un’affermazione che rivela una visione che tornerà più volte nel Decameron: è uomo (o donna) migliore colui (o colei) che è favorito dalla fortuna – cioè dalla sorte – perché ha saputo volgerla a suo favore. dell’antagonista, oggetto del desiderio? 7. Indica quali comportamenti nell’uno o nell’altro dei due ragazzi, dimostrano l’intensità dei loro sentimenti. Da quali indizi si capisce che uno è più innamorato dell’altro? Il tema 8. Nelle novelle si ritrovano numerosi temi: l’amore, la beffa, la fortuna ecc. Quali sono, oltre all’amore, i temi presenti in questa novella? 9. Qual è il ruolo che la cortesia e la fortuna svolgono nella vicenda? RIFLESSIONE SULLA LINGUA 10. Riproduciamo di seguito alcune frasi del testo originale. Individua le fradi corrisondenti in italiano moderno e osserva le principali differenze sul piano del lessico e della sintassi: a) “costui n’avea lasciato ogni altra cosa, e consumavasi come smemorato, e spezialmente il giorno ch’elli non la vedea.” ........................................................................................................................................................................................................ I CARATTERI DEL NOVELLINO Nel prologo del Novellino si legge: “Questo libro tratta d’alquanti fiori di parlare, di belle cortesie e di be’ risposi e di belle valentie e doni” (“questo libro è un’antologia di bei discorsi, bei gesti di cortesia, belle risposte, begli atti di coraggio e bei regali”). Caratteristiche essenziali della raccolta sono infatti la brevità e incisività che ne stabiliscono 274 modulo 3 anche l’efficacia e la grazia. Nel Novellino riconosciamo la presenza della tradizione medievale dell’”aneddoto” che si accompagna a una prima intenzione di delineare, seppure sommariamente, personaggi, ambienti e vicende. L’esempio, la facezia, l’arguzia, la sentenza sono tutte forme che si possono comprendere sotto la comune deno- PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO minazione di “aneddoto”. E le fonti a cui il Novellino attinge e che predilige nella sua fondamentale ispirazione, offrivano un contenuto narrativo che è ancora “aneddoto” e non già “novella”. Molte delle storie del Novellino si riallacciano al genere letterario dell’exemplum (vedi pag ***) in quanto presentano un fatto o un detto memorabile; non b) “fece grandemente aparecchio a un suo luogo, ed abbevi suoi compagni a cavallo, e feceli stare alla porta, perché non fosse serrata, e mossesi con un fine roncione, e passò dalla casa.” ........................................................................................................................................................................................................ c) “Smontaro, e legaro il cavallo dall’albero? E prese a basiarla. Quella li conobbe: accorsesi della disaventura; cominciò a piangere duramente” ........................................................................................................................................................................................................ d) “coloro si svegliaro in questo mezzo, e trovaro ciò che era. Maravigliatorsi. E disse il giovane: – Ci hanno fatta tanta cortesia, che non piaccia a Dio che noi li ofendiamo!” ........................................................................................................................................................................................................ PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 275 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE GIOVANNI BOCCACCIO Lisabetta da Messina da Decameron « e poi che L’autore e l’opera vedi a pag. 000. Primo piano sul testo molto Nel Decameron, Boccaccio immagina che dieci giovani fiorentini – tre uomini e sette donne – siano fuggiti da Firenze, devastata dalla peste, per rifugiarsi in collina, in un luogo piacevole e incontaminato. Per trascorrere serenamente i pomeriggi decidono di raccontarsi novelle. Le cento novelle che essi raccontano sono scandite in un arco di dieci giornate, ognuna delle quali, quindi, comprende dieci novelle. Ogni giornata ha un tema, tranne la prima e la nona, che sono a tema libero. Lisabetta da Messina è la quinta novella della quarta giornata, dedicata agli amori che hanno un finale infelice. I fratelli di Lisabetta uccidono Lorenzo, il suo amante, e lo seppelliscono in un bosco. La ragazza, però, attraverso un sogno viene a sapere dove è sepolto. Si reca sul posto, dissotterra il cadavere e gli taglia la testa, per conservarla in un vaso di basilico. Quando i fratelli glielo sottraggono, Lisabetta muore di dolore. vagheggiato l’avea, sopr’esso andatasene, cominciava a piagnere, e per lungo « spazio, tanto che tutto il bassilico bagnava, piagnea. […] La mia novella, graziose donne, non sarà di genti di sì alta condizione, come costoro furono de’quali Elissa ha raccontato1, ma ella per avventura non sarà men pietosa2; e a ricordarmi di quella mi tira3 Messina poco innanzi ricordata, dove l’accidente4 avvenne. Erano adunque in Messina tre giovani fratelli e mercatanti5, e assai ricchi uomini rimasi dopo la morte del padre loro, il qual fu da San Gimignano; e avevano una lor sorella chiamata Lisabetta, giovane assai bella e costumata, la quale, che che se ne fosse cagione6, ancora maritata non aveano. E avevano oltre a ciò questi tre fratelli in uno lor fondaco7 un giovinetto pisano chiamato Lorenzo, che tutti i lor fatti8 guidava e faceva; il quale, essendo assai bello della persona e leggiadro9 molto, avendolo più volte Lisabetta guatato10, avvenne che egli le ’ncominciò stranamente11 a piacere. Di che12 Lorenzo accortosi e una volta e altra, similmente, lasciati suoi altri innamoramenti di fuori13, incominciò a porre l’animo a lei; e sì andò la bisogna14 che, piacendo l’uno all’altro igualmente, non passò gran tempo che, assicuratisi15, fecero di quello che più disiderava ciascuno. E in questo continuando e avendo insieme assai di buon tempo e di piacere16, non seppero sì segretamente fare che una notte, andando Lisabetta là dove Lorenzo dormiva, che il maggior de’ fratelli, senza accorgersene ella, non se ne accorgesse. Il quale, per ciò che savio giovane era17, quantunque molto noioso gli fosse a ciò sapere18, pur mosso da più onesto 1. genti… raccontato: il narratore fa riferimento alla novella precedente, raccontata da Elissa (una delle sette narratrici), il cui protagonista era il re Gerbino. 2. pietosa: dolorosa. 3. mi tira: mi induce. 4. l’accidente: il caso, la vicenda. 5. mercatanti: mercanti. 6. che che… cagione: qualunque ne fosse la causa. 276 modulo 3 7. fondaco: magazzino. 8. fatti: affari. 9. leggiadro: bello e gentile. 10. guatato: guardato, osservato. 11. stranamente: in modo straordinario. 12. Di che: di ciò, della qual cosa. 13. lasciati… fuori: trascurate le altre sue simpatie amorose. 14. e sì… bisogna: e così andò la faccenda. PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO 15. assicuratisi: fattisi coraggio. 16. avendo… piacere: passando insieme il loro tempo molto piacevolmente. 17. per ciò… era: poiché era un ragazzo saggio. 18. quantunque… sapere: anche se fu per lui molto sgradevole sapere ciò che era successo. 5 10 15 consiglio19, senza far motto20 o dir cosa alcuna, varie cose fra sé rivolgendo21 intorno a questo fatto, infino alla mattina seguente trapassò22. Poi, venuto il giorno, a’ suoi fratelli ciò che veduto avea la passata notte dell’Elisabetta e di Lorenzo raccontò, e con loro insieme, dopo lungo consiglio, diliberò23 di questa cosa, acciò che né a loro né alla sirocchia alcuna infamia ne seguisse24, di passarsene tacitamente e d’infignersi del tutto d’averne alcuna cosa veduta25 o saputa infino a tanto che tempo venisse26 nel quale essi, senza danno o sconcio27 di loro, questa vergogna, avanti che più andasse innanzi, si potessero torre dal viso28. E in tal disposizion dimorando29, così cianciando e ridendo con Lorenzo come usati erano30 avvenne che, sembianti faccendo d’andare fuori della città a diletto tutti e tre, seco menarono Lorenzo31; e pervenuti in un luogo molto solitario e rimoto, veggendosi il destro32, Lorenzo, che di ciò niuna guardia prendeva, uccisono33 e sotterrarono in guisa che niuna persona34 se ne accorse. E in Messina tornati dieder voce d’averlo per lor bisogne mandato in alcun luogo; il che leggiermente creduto fu, per ciò che spesse volte eran di mandarlo attorno usati 35. Non tornando Lorenzo, e Lisabetta molto spesso e sollicitamente i fratei domandandone36, sì come colei a cui la dimora37 lunga gravava, avvenne un giorno che, domandandone ella molto instantemente38, che l’uno de’ fratelli le disse: – Che vuol dir questo? Che hai tu a fare di Lorenzo39, ché tu ne domandi così spesso? Se tu ne domanderai più, noi ti faremo quella risposta che ti si conviene. Per che la giovane dolente e trista, temendo e non sappiendo che40, senza più domandarne si stava, e assai volte la notte pietosamente il chiamava41 e pregava che ne venisse, e alcuna volta con molte lagrime della sua lunga dimora si doleva e, senza punto rallegrarsi, sempre aspettando si stava. Avvenne una notte che, avendo costei molto pianto Lorenzo che non tornava, ed essendosi alla fine piagnendo addormentata, Lorenzo l’apparve nel sonno, pallido e tutto rabbuffato42 e con panni tutti stracciati e fracidi indosso, e parvele43 che egli dicesse: – O Lisabetta, tu non mi fai altro che chiamare e della mia lunga dimora t’attristi, e me con le tue lagrime fieramente accusi; e per ciò sappi che io non posso più ritornarci44, per ciò che45 l’ultimo dì che tu mi vedesti i tuoi fratelli m’uccisono. E disegnatole46 il luogo dove sotterrato l’aveano, le disse che più nol chiamasse né l’aspettasse, e disparve. La giovane, destatasi e dando fede alla visione, amaramente pianse. Poi la mattina levata, 19. onesto consiglio: cioè, un proposito (consiglio) che salvaguardasse il “buon nome”, l’“onestà” della famiglia. 20. senza far motto: senza dire una parola. 21. rivolgendo: rimuginando. 22. trapassò: passò il tempo, attese. 23. diliberò: decise. 24. acciò che… seguisse: affinché non succedesse niente di disonorevole a loro e alla sorella (sirocchia). 25. di passarsene… veduta: di non parlarne (passarsene tacitamente) e di fingere di non aver visto nulla. 26. infino… venisse: finché non fosse passato abbastanza tempo. 27. sconcio: disonore. 28. avanti… viso: prima che andasse troppo avanti, si potessero togliere (torre) dagli occhi. 29. dimorando: indugiando. 30. come usati erano: come facevano di solito. 31. sembianti… Lorenzo: facendo finta (sembianti faccendo) di andare tutti e tre fuori città a divertirsi (a diletto), portarono con loro (seco menarono) Lorenzo. 32. veggendosi il destro: avendone l’occasione. 33. Lorenzo… uccisono: uccisero Lorenzo, che non aveva alcun timore al riguardo (e quindi non stava all’erta). 34. in guisa… persona: in modo che nessuno. 35. dieder… usati: sparsero la voce che per i loro affari l’avevano mandato in un certo luogo; il che fu creduto facilmente (leggiermente) perché essi avevano l’abitudine di mandarlo spesso in giro. 36. domandandone. chiedendo di lui. 37. si… come gravava: in quanto le pesava la lunga attesa, il lungo ritardo (dimora). 38. instantemente: insistentemente. 39. che tu… Lorenzo: che cos’hai a che fare con Lorenzo. 40. temendo… che: avendo paura e non sapendo di cosa. 41. pietosamente il chiamava: dolorosamente lo chiamava, lo invocava. 42. rabbuffato: scarmigliato, spettinato. 43. parvele: le parve. 44. ritornarci: ritornare qui, nel mondo. 45. per ciò che: poiché. 46. disegnatole: indicatole. PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 277 20 25 30 35 40 45 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE non avendo ardire di dire alcuna cosa a’ fratelli, propose di volere andare al mostrato luogo e di vedere se ciò fosse vero che nel sonno l’era paruto47. E avuta la licenza d’andare alquanto fuor della terra a diporto48, in compagnia d’una che altra volta con loro era stata49 e tutti i suoi fatti sapeva, quanto più tosto50 poté là se n’andò; e tolte via foglie secche che nel luogo erano, dove men dura le parve la terra quivi cavò51; né ebbe guari52 cavato, che ella trovò il corpo del suo misero amante in niuna cosa ancora guasto né corrotto53: per che manifestamente conobbe54 essere stata vera la sua visione. Di che più che altra femina dolorosa, conoscendo che quivi non era da piagnere55, se avesse potuto volentieri tutto il corpo n’avrebbe portato per dargli più convenevole56 sepoltura; ma, veggendo che ciò esser non poteva, con un coltello il meglio che poté gli spiccò dallo ’mbusto la testa57, e quella in uno asciugatoio inviluppata58 e la terra sopra l’altro corpo59 gittata, messala in grembo alla fante60, senza essere stata da alcun veduta, quindi si partì e tornossene61 a casa sua. Quivi con questa testa nella sua camera rinchiusasi, sopra essa lungamente e amaramente pianse, tanto che tutta con le sue lagrime la lavò, mille baci dandole in ogni parte. Poi prese un grande e un bel testo62, di questi nei quali si pianta la persa63 o il bassilico, e dentro la vi mise fasciata in un bel drappo; e poi messovi su la terra, su vi piantò parecchi piedi64 di bellissimo bassilico salernetano, e quegli di niuna altra acqua che o rosata o di fior d’aranci o delle sue lagrime non inaffiava giammai65; e per usanza66 avea preso di sedersi sempre a questo testo vicina, e quello con tutto il suo disidero vagheggiare67, sì come quello che il suo Lorenzo teneva nascoso68; e poi che molto vagheggiato l’avea, sopr’esso andatasene69, cominciava a piagnere, e per lungo spazio, tanto che tutto il bassilico bagnava, piagnea. Il bassilico, sì per lo lungo e continuo studio70, sì per la grassezza71 della terra procedente dalla testa corrotta che dentro v’era, divenne bellissimo e odorifero72 molto. E servando la giovane questa maniera del continuo73, più volte da’ suoi vicini fu veduta. Li quali, maravigliandosi i fratelli della sua guasta bellezza e di ciò che gli occhi le parevano della testa fuggiti, il disser loro74: – Noi ci siamo accorti, che ella ogni dì tiene la cotal maniera75. Il che udendo i fratelli e accorgendosene, avendonela alcuna volta ripresa e non giovando76, nascosamente da lei fecer portar via questo testo. Il quale, non ritrovandolo ella, con grandissima instanzia77 molte volte richiese; e non essendole renduto78, non cessando il pianto e le lagrime, infermò79, né altro che il testo suo nella infermità domandava. I giovani si 47. propose… paruto: decise di andare al luogo che le era stato indicato e di vedere se era vero ciò che le era apparso in sogno. 48. avuta… diporto: avuto il permesso di andare a passeggio poco (alquanto) lontano dalla città. 49. con loro era stata: era stata al loro servizio. 50. tosto: rapidamente. 51. cavò: scavò. 52. guari: molto. 53. in niuna… corrotto: cioè, ancora intatto. 54. manifestamente conobbe: seppe con certezza. 55. conoscendo… piagnere: ben consapevole che non era il momento né il luogo (quivi) di mettersi a piangere. 56. convenevole: adatta, decorosa. 278 modulo 3 57. gli spiccò… testa: gli staccò la testa dal busto. 58. inviluppata: avvolta. 59. l’altro corpo: il resto del corpo. 60. fante: la ragazza che l’accompagna. 61. quindi… tornossene: si allontanò da lì (quindi) e se ne tornò. 62. testo: vaso. 63. persa: maggiorana. 64. piedi: piantine. 65. da niuna… giammai: non innaffiò mai quelle piantine se non con acqua di rose o di fiori d’arancio o con le sue lacrime. 66. usanza: abitudine. 67. vagheggiare: guardare amorosamente. 68. sì come… nascoso: poiché quel vaso teneva nascosto il suo Lorenzo. 69. sopr’esso andatasene: chinatasi su di esso. 70. studio: cura. PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO 71. grassezza: fertilità. 72. odorifero: profumato. 73. servando… continuo: e dato che la giovane si comportava sempre in questo modo. 74. li quali… disser loro: i quali (i vicini), vedendo che i fratelli si preoccupavano della sfiorita bellezza di Lisabetta e del fatto che gli occhi sembravano esserle sfuggiti dalla testa (cioè che gli occhi si erano infossati), dissero loro. 75. tiene… maniera: si comporta in questo modo. 76. avendonela… giovando: avendola rimproverata alcune volte per tale motivo e non avendo ottenuto alcun giovamento (non giovando). 77. instanzia: insistenza. 78. renduto: reso, restituito. 79. infermò: si ammalò. 50 55 60 maravigliavan forte di questo addimandare e per ciò vollero vedere che dentro vi fosse; e versata la terra, videro il drappo e in quello la testa non ancor sì consumata che essi alla capellatura crespa non conoscessero lei esser quella di Lorenzo80. Di che essi si maravigliaron forte e temettero non81 questa cosa si risapesse; e sotterrata quella, senza altro dire, cautamente di Messina uscitisi e ordinato come di quindi si ritraessono82, se n’andarono a Napoli. La giovane non restando83 di piagnere e pure il suo testo addimandando, piagnendo si morì; e così il suo disavventurato84 amore ebbe termine. Ma poi a certo tempo divenuta questa cosa manifesta85 a molti, fu alcuno che compuose quella canzone la quale ancora oggi si canta, cioè: Quale esso fu lo malo cristiano, che mi furò la grasta86 ecc. (da Decameron, Rizzoli) 65 80. la testa… Lorenzo: la testa non era ancora così consumata perché essi non potessero capire, dalla capigliatura crespa, che era quella di Lorenzo (cioè, riconobbero Lorenzo). 81. temettero non: temettero che (costruzione alla latina). 82. ordinato… ritraessono: disposto il modo di riti- rarsi da lì (cioè sistemati i loro affari in modo da potersi trasferire da Messina a Napoli). 83. non restando: non cessando. 84. disavventurato: sventurato. 85. manifesta: nota. 86. Quale esso… grasta: chi fu quel malvagio che mi rubò il vaso? (da una canzone popolare siciliana). 70 75 A nalizziamo il testo La struttura e i personaggi La novella può essere divisa in quattro sequenze. Nella prima Lisabetta e Lorenzo, guardandosi l’un l’altra, sentono una forte attrazione reciproca e allacciano una segreta relazione sentimentale. Nella seconda sequenza, il maggiore dei fratelli di Lisabetta coglie sul fatto i due amanti e, dopo una notte passata a rimuginare, si consulta con gli altri fratelli e decide che si deve intervenire per salvaguardare il buon nome della sorella. Attirano così il povero Lorenzo in un luogo solitario, lo uccidono e lo seppelliscono. Nella terza sequenza Lisabetta, preoccupata per l’assenza dell’amato, viene a sapere, attraverso un sogno, che Lorenzo si troverebbe sepolto in un certo luogo. Vi si reca e scopre che il sogno era veritiero. Non potendo dare a Lorenzo una più degna sepoltura, decide di tagliargli la testa e di avvolgerla in un panno e poi sotterrarla in un vaso di basilico, su cui piange calde lacrime. Nella quarta sequenza i fratelli, preoccupati nel vedere che la sorella deperisce e che sta continuamente presso il basilico, le sottraggono il vaso, lo svuotano del suo contenuto e trovano la testa di Lorenzo. Infine, per evitare che la vicenda si venga a sapere, decidono di andarsene da Napoli, mentre Lisabetta, rimasta senza i macabri resti del suo amato, muore di dolore. Lisabetta e i fratelli, ovvero il contrasto fra amore assoluto e calcolo economico Questa novella, compresa nella giornata che ha per tema gli amori che si concludono infelicemente, è una delle più tragiche del Decameron. È la storia di un amore assoluto, totale, che neppure la morte riesce ad attenuare. Per amore, Lisabetta giunge persino a tagliare la testa del suo amato pur di tenerlo sempre con sé, di nascosto dai fratelli. Questo gesto dà alla novella una forte componente macabra, quasi horror. Eppure il lettore non è portato a prendere le distanze dalla ragazza – considerandola magari una povera pazza, una squilibrata – ma ad avvertire ancor più intensamente la forza e la nobiltà del suo sentimento amoroso. La partecipazione emotiva del lettore alle vicende di Lisabetta è rafforzata dal comportamento insensibile e crudele dei fratelli, i quali affermano di agire per il bene della ragazza. In realtà, il loro comportamento è PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 279 80 85 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE dettato da motivazioni tutt’altro che nobili: anzitutto essi non possono tollerare che la sorella abbia una relazione con un loro garzone e quindi con una persona di una classe sociale più bassa. Considerano inoltre il “buon nome” della loro “azienda” come un valore ben più importante dell’amore della sorella: temono insomma che lo “scandalo” possa danneggiare i loro affari. Infine ritengono Lisabetta una loro proprietà personale, ignorando totalmente il fatto che possa avere diritti, aspirazioni o passioni. La scelta di una borghese come Lisabetta, anziché di un’aristocratica, per rappresentare un amore tragico, può quindi essere considerata, indirettamente, un omaggio di Boccaccio alla propria classe sociale d’appartenenza. Con Boccaccio l’individuo è ormai al centro del mondo (la cultura medievale poneva invece Dio al centro) e il mondo è già tutto terreno, fatto di uomini con le loro virtù e difetti, intelligenti o sciocchi, gretti o capaci, come Lisabetta, di grandi gesti di umanità. Luci e ombre dei valori della borghesia mercantile Quest’ultimo aspetto merita una precisazione. Boccaccio è ritenuto lo scrittore che incarna i valori della borghesia mercantile fiorentina: l’intelligenza pratica, il senso degli affari, l’intraprendenza, la fiducia in sé stessi e così via. In questa novella, tuttavia, i mercatanti toscani (originari di san Gimignano, oggi in provincia di Siena) mostrano i lati peggiori di questa mentalità come il cinismo, la grettezza interessata, il disprezzo dei sentimenti ecc. In questo modo Boccaccio sembra implicitamente sostenere che i valori della emergente borghesia comunale, che pure egli condivide, possono anche diventare abietti e odiosi se non sono controbilanciati dalla tolleranza, dal rispetto, dal senso di umanità. Da sottolineare è che anche Lisabetta, come i suoi fratelli, appartiene alla classe borghese; mentre al tempo di Boccaccio gli amori assoluti e drammatici erano solitamente attribuiti, nella finzione letteraria, ai membri dei ceti nobili, ai principi, ai re, a persone cioè che non dovevano preoccuparsi di lavorare e di guadagnarsi da vivere. Lo stile Decameron è considerato il libro che ha fondato la prosa letteraria italiana: un ruolo che non ha uguali in tutta la nostra storia letteraria. L’unica altra opera in prosa che, da questo punto di vista, può esserle paragonata è I promessi sposi di Manzoni. La scrittura di Boccaccio non è di facile comprensione; e la lettura merita quindi un certo sforzo. La ragione della difficoltà del testo è che la lingua italiana ha subito non poche modificazione, lessicali (“facilmente” per leggiermente, “vaso” per testo ecc.) e soprattutto morfologiche (“parso” per paruto, “reso” per renduto, “uccisero” per uccisono, “piangeva” per piagnea ecc.). La seconda ragione è che Boccaccio, nelle novelle tragiche, mantiene un tono più alto ed elaborato sul piano sintattico, cambiando l’ordine consueto delle parole e alterando la costruzione della frase (per es. il che leggiermente creduto fu, per ciò che spesse volte eran di mandarlo attorno usati al posto della costruzione più “normale” “il che fu creduto leggiermente, per ciò che spesse volte eran usati di mandarlo attorno”). EDUCAZIONE LETTERARIA La struttura 5. Divideri ogni macrosequenza in sequenze minori e indica che tipo di sequenze sono: descrittive, narrative o dialogiche? I personaggi 6. Individua il protagonista e l’antagonista del racconto ed elencane le caratteristiche psicologiche. Protagonista .................................................................................................................................................................................. Caratteristiche psicologiche .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................................................................................. Antagonista .................................................................................................................................................................................... Caratteristiche psicologiche .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................................................................................. 7. Lisabetta ti pare un personaggio statico o dinamico? Il tema 8. Quali sono i valori borghesi che Boccaccio, nel Decameron, mostra di apprezzare, e quali invece quelli che, in questa novella, sembra condannare? 9. Elenca i vari sentimenti che compaiono nel brano, citando i passi da cui si possono dedurre. .................................................................................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................................................................................. Autore, narratore 10. Il narratore della vicenda è esterno o interno? 11. Il narratore fa prevalere il discorso diretto o indiretto? RIFLESSIONE SULLA LINGUA 12. Fai la parafrasi letterale delle seguenti frasi, volgendole in italiano moderno e coniugando i verbi allo stesso modo, tempo e persona del testo originale. a) Erano adunque in Messina tre giovani fratelli e mercatanti, e assai ricchi uomini rimasi dopo la morte del padre loro Esercizi Attiviamo il testo ............................................................................................................................................................................................................ b) diliberò di questa cosa, acciò che né a loro né alla sirocchia alcuna infamia ne seguisse, di passarsene tacitamente e d’infignersi del tutto d’averne alcuna cosa veduta ............................................................................................................................................................................................................ COMPRENSIONE 1. In che epoca si svolge la vicenda? In quale città? 2. Come si chiama e che lavoro fa l’amante di Lisabetta? 3. Perché i fratelli si oppongono all’amore di Lisabetta? 4. In che modo Lisabetta viene a sapere dov’è il cadavere del suo amato e che cosa fa quando lo trova? 280 modulo 3 PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO c) E in tal disposizion dimorando, così cianciando e ridendo con Lorenzo come usati erano avvenne che ............................................................................................................................................................................................................ d) E in Messina tornati dieder voce d’averlo per lor bisogne mandato in alcun luogo Il che udendo i fratelli e accorgendosene, avendonela alcuna volta ripresa e non giovando ............................................................................................................................................................................................................ PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 281 C I N E M A A L Il cinema e l’amore: Romeo e Giulietta ROMEO E GIULIETTA: LE ORIGINI Una leggenda senese del basso medioevo, probabilmente, la fonte più lontana da cui trasse origine la tradizione letteraria che Shakespeare, con la tragedia sui due infelici amanti veronesi, ha portato allo splendore e all’immortalità. Se ne appropriò Masuccio Salernitano (pseudonimo di Tomaso dei Guardati, 1415-1476), uno dei maggiori narratori del Quattrocento italiano, che la riscrisse nel suo Novellino con il titolo I due amanti senesi (novella 33): Mariotto e Ganozza, finiti tragicamente dopo un amore contrastato. Umanità e originalità nelle situazioni e capacità narrativa caratterizzano l’opera dell’autore salernitano. A questa novella s’ispirò Luigi Da Porto, nobile vicentino e celebre uomo d’armi (1485-1529), del quale nel 1531, due anni dopo la sua scomparsa, apparve la Istoria novellamente ritrovata di due nobili amanti riproposta, leggermente diversa, in un’edizione del 1539 con il titolo La Giulietta. Mutati i nomi popolareschi del racconto di Masuccio in quelli di Romeo e Giulietta, e così saranno tramandati in tutte le letterature, il Da Porto immagina lo svolgimento della novella in Verona al tempo della signoria di Bartolomeo della Scala (1301-1304). Romeo e Giulietta, la tragedia Scritta da William Shakespeare (1564-1616) intorno al 1594, “Romeo e Giulietta” è sicuramente la più famosa tragedia del grande drammaturgo inglese. Vi si narrano le vicende dell’amore impossibile, tra Romeo, appartenente alla famiglia dei Montecchi, e Giulietta, della famiglia rivale dei Capuleti. I due giovani si conoscono ad un ballo mascherato, scoprono di amarsi e si sposano in segreto. La rivalità e gli odi tra le due famiglie veronesi costringono Romeo a fuggire dalla città, dopo che ha ucciso Tebaldo, cugino di Giulietta, durante una lite per strada. Il giovane Capuleti tornerà alla notizia della morte dell’amata (in realtà solo addormentata grazie a una pozione presa per evitare il matrimonio voluto dal padre) e, credendola ormai perduta, si avvelenerà presso il sepolcro di lei. Il risveglio di Giulietta avverrà troppo tardi e, di fronte al cadavere di Romeo, anche lei si suiciderà. Il tragico epilogo della loro storia d’amore, però, farà capire alle famiglie l’insensatezza del loro odio e le farà riappacificare. Romeo e Giulietta al cinema William Shakespeare è certamente uno degli autori più amati dal cinema: dalle sue tragedie e dalle sue commedie sono state tratte decine di pellicole, e l’attenzione per il grande autore inglese da parte dei registi è stata costante fin dai primordi della cinematografia. All’interesse del cinema non poteva dunque sfuggire una delle tragedie più conosciute del drammaturgo inglese, Romeo e Giulietta, probabilmente la più famosa storia d’amore di tutti i tempi e uno dei capolavori assoluti del teatro europeo. Da essa sono stati tratti, a partire dai primi anni del Novecento, più di una trentina di film, alcuni di questi vere e proprie trasposizioni cinematografiche della tragedie shakesperiana, altri rielaborazioni in chiave moderna della vicenda dei due innamorati di Verona. La più famosa trasposizione per il cinema del dramma di Shakespeare è, certamente, il fortunatissimo Romeo e Giulietta, diretto nel 1968 da Franco Zeffirelli. 282 modulo 3 PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO A L C I N E M A Le trasposizioni in chiave moderna Spesso, però, i registi hanno preferito utilizzare l’opera del grande autore inglese come sfondo, rielaborandola e ambientandola in epoche diverse. In West Side Story, un musical diretto nel 1961 da Robert Wise e Jerome Robbins, Romeo e Giulietta si chiamano Tony e Maria e vivono nella New York degli anni Cinquanta. La loro storia d’amore non è avversata dalle famiglie ma ostacolata dal fatto che essi appartengono a bande tra loro rivali, i Jets, bianchi, e gli Squali, portoricani. Dopo una serie di violenti scontri, la morte di Tony riporterà la pace tra le gang rivali. Romeo + Giulietta di William Shakespeare Un tentativo di attualizzare la vicenda dei due amanti, avvicinandola alle nuove generazioni, è stato fatto dal regista Baz Luhmann nel 1996. Romeo + Giulietta di William Shakespeare è una pellicola in cui l’azione si svolge in un’immaginaria località balneare dei nostri giorni, Verona Beach, una sorta di mix delle moderne Città del Messico e Los Angeles. Romeo Montagne (interpretato dalla star Leonardo Di Caprio) e Juliet Capulet si innamorano l’uno dell’altra, sfidando l’odio che divide le rispettive famiglie, bianca e aristocratica quella di lui, latino-americana quella di lei. Il regista mantiene pressoché intatto il testo e il linguaggio shakespeariano, stravolgendo però totalmente l’ambientazione e facendo muovere i protagonisti in una città del ventesimo secolo, al ritmo di musica rap. Shakespeare in love La storia di Romeo e Giulietta, anzi il racconto fantasioso di come nacque la grande tragedia, fa da sfondo a uno dei film di maggior successo degli ultimi anni, Shakespeare in love (1998) del regista John Madden, campione d’incassi e vincitore di ben sette premi Oscar nel 1999. Protagonista del film è lo stesso William Shakespeare, che innamorato di lady Viola de Lesseps, promessa sposa per volere della regina Elisabetta a lord Wessex, racconta il suo sfortunato amore in una tragedia destinata a divenire Romeo e Giulietta. La vicenda è ambientata a Londra, nell’estate del 1593; il giovane Will Shakesperare, autore in gran voga nel vivace panorama teatrale della capitale, cade improvvisamente vittima di un blocco creativo. Non riesce più a trovare la fantasia per cominciare a scrivere un’ opera di cui ha concepito finora solo il titolo: Romeo e Ethel, la figlia del pirata. Mentre impresari e proprietari di teatri lo incalzano, la fortuita conoscenza di una misteriosa ragazza gli dà nuovo slancio e fiducia in se stesso. Scritto il testo in pochi giorni, cominciò a cercare gli attori per metterlo in scena. La convenzione dell’epoca proibisce alle donne di calcare il palcoscenico. Per il ruolo di Romeo si presenta un giovane che, dopo qualche incertezza, viene accettato. Si tratta in realtà di Lady Viola. Svelato l’inganno, i due si innamorano, proprio come i due protagonisti della vicenda teatrale. Ma le convenzioni sociali prevarranno anche qui, costringendo l’amore al sacrificio. PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 283 P ercorso A ntologico KATHERINE Psicologia « DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE MANSFIELD L’autrice e l’opera Avevano un altro linguaggio in comume, e in quel nuovo Katherine Mansfield (vero nome Kathleen Beauchamp) nacque nel 1888 a Wellington, in Nuova Zelanda, e dal 1902 al 1906 soggiornò per motivi di studio in Inghilterra, Francia e Germania. Dopo un matrimonio fallito, sposò il critico John Middleton Murray. La sua prima raccolta di racconti, In una pensione tedesca (1911), è caratterizzata da una vena satirica che scomparirà nelle opere successive, come Felicità e altri racconti (1920), Il garden-party e altri racconti (1922) e Il nido delle colombe (1923), che denotano una vena più intimista e malinconica. Nel 1923 la Mansfield morì in Francia per una malattia polmonare, all’età di trentacinque anni. Primo piano linguaggio egli si struggeva di sussurrarle: «Anche tu lo provi? Mi In questo racconto l’autrice descrive l’incontro fra un uomo e una donna legati da una profonda amicizia. Ma è un’amicizia particolare perché, sotto le apparenze di un rapporto basato sull’affetto reciproco e su comuni interessi letterari e artistici, cova il fuoco di una violenta passione amorosa. «Q capisci, dunque?...» uando, aperta la porta, se lo vide davanti in piedi, provò una gioia maggiore delle altre volte; e anche lui, mentre la seguiva nello studio, sembrava molto, molto felice di essere venuto. «Non hai da fare?» «No. Stavo per prendere il tè.» «E non aspetti nessuno?» «Assolutamente nessuno.» «Oh! Bene.» Si tolse lentamente cappello e cappotto, quasi indugiando, quasi avesse molto tempo a disposizione, o come se dovesse separarsene per sempre; poi si avvicinò al fuoco tendendo le mani verso la fiamma rapida, guizzante. Per un istante rimasero tutt’e due in silenzio in quella tremula luce. Si sarebbe detto che stessero ancora gustando sulle labbra sorridenti la dolce emozione dell’incontro. Nel loro intimo si bisbigliavano: “Perché parlare? Non basta così?”. “Sì che basta, certo! Non mi ero mai reso conto fino a questo momento...” “Com’è bello starti vicina...” “Così...” “Sì che basta, certo!” Ma d’un tratto egli si voltò e la guardò, mentre si allontanava rapidamente. [...] Il fascino particolare, esaltante di quell’amicizia consisteva nel loro completo abbandono1. Come due città aperte nel mezzo di una vasta pianura, le loro due anime erano aperte l’una all’altra. E non si poteva dire che lui penetrasse in quella di lei da conquistatore armato fino 1. nel… abbandono: nel fatto che potevano restare completamente rilassati. 284 modulo 3 PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO 5 10 15 20 ai denti, senza veder altro che un gaio sventolio di sete, né che lei penetrasse in quella di lui come una regina che cammini su petali di fiori. No, erano due viaggiatori sagaci2 ed attenti, loro, assorti nella fatica di comprendere quanto era visibile e di scoprire ciò che si celava3, preoccupati di trarre il massimo profitto da quella straordinaria fortuna che a lui rendeva possibile di esserle fedelissimo, e a lei di essere sincera con lui fino allo scrupolo. E il meglio di questa loro avventura era che tutti e due si trovavano ad essere ormai abbastanza maturi per goderne in pieno, senza sciocche complicazioni sentimentali. La passione avrebbe guastato ogni cosa: se ne rendevano conto tutti e due. E del resto, quel problema era ormai superato e liquidato per loro: lui aveva trentun anni e lei trenta, avevano avuto le loro esperienze ricche e varie, in verità; e ora era venuto il momento del raccolto, della messe. Forse che i romanzi che lui scriveva non erano destinati a grande successo? E le commedie di lei! Chi altri poteva vantare un così squisito senso della vera commedia inglese?... Lei tagliò con cura il dolce in tanti cubetti massicci e lui si sporse per prenderne uno. «Renditi conto, ti prego, di come è buono» lo supplicò lei. «Mangialo con un po’ di fantasia. Fa’ roteare gli occhi se ci riesci e assaporane il gusto prelibato. Non è un panino imbottito della bisaccia del cappellaio4: è il tipo di dolce di cui si sarebbe potuto parlare nella Genesi... E Dio disse: “Sia fatto il dolce”. E il dolce fu. E Dio vide che era buono.» «Non è necessario che tu mi supplichi» rispose lui. «Non è necessario. È strano: ma soltanto qui io mi accorgo di quello che mangio, altrove, mai. Forse è il fatto di vivere solo da tanto tempo e di leggere sempre, mentre mangio... forse deriva dalla mia abitudine a considerare il cibo nient’altro che cibo... qualcosa che si trova lì, in determinati momenti, con lo scopo di essere consumato... per poi non esserci più.» E rise. «Ti scandalizzi, vero?» «Fino nel più intimo» rispose lei. «Ma, vedi un po’...» Lui scostò la sua tazza e si mise a parlare in gran fretta. «Io non ho affatto vita esteriore. Non conosco per niente la nomenclatura5 degli oggetti – degli alberi e cose del genere – e non mi accorgo mai dei luoghi o dei mobili o dell’aspetto della gente. Per me una stanza è uguale all’altra: un posto in cui ci si può mettere a sedere per leggere o per chiacchierare... eccetto,» qui fece una pausa, sorridendo in maniera stranamente ingenua «eccetto questo studio.» Si guardò intorno e poi guardò lei; e rise meravigliato e compiaciuto. Era simile a un uomo che, svegliandosi in treno, si accorge di esser giunto già alla fine del viaggio. «E poi c’è un’altra sensazione strana. Se chiudo gli occhi, vedo questa stanza in ogni suo minimo particolare, il più minuscolo... Adesso che ci penso, mai fino ad ora ne avevo avuto coscienza. Spesso, quando sono lontano di qui, rivisito questa stanza in ispirito6, e vago fra le tue sedie rosse, ammiro la coppa di frutta sulla tavola nera... e sfioro appena con dita delicate quel capolavoro di testa di bambino addormentato.» E la guardò, mentre così parlava. Era là, in un angolo della mensola sopra il camino, reclinata da un lato, le labbra semiaperte come se, nel sonno, il fanciullo ascoltasse una musica soave... «Adoro quel bimbo» bisbigliò. E poi tutti e due rimasero zitti. Un nuovo silenzio si stabilì fra loro. Per nulla simile a quella confortante pausa che era seguita al loro primo saluto, a quel: «Be’, eccoci di nuovo qui insieme, e non c’è ragione 2. sagaci: avveduti, saggi. 3. si celava: si nascondeva. 4. la bisaccia del cappellaio: allusione a un episodio di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. 5. nomenclatura: i nomi ordinati per categorie. 6. in ispirito: cioè immaginando di esserci davvero. PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 285 25 30 35 40 45 50 55 60 65 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE perché non si debba riprendere il filo interrotto l’ultima volta». Un silenzio che poteva essere contenuto nel cerchio di quel delizioso focherello7, nell’alone di luce diffuso dalla lampada. Quante volte non vi avevano gettato dentro qualcosa8, proprio per il gusto di stare a vedere le increspature infrangersi sulle rive placide. Ma ora la testa del fanciullo9 che dormiva il suo sonno senza tempo era caduta dentro quello stagno sconosciuto, e le increspature si allontanavano, via via, sconfinatamente lontane, nel buio profondo e sfavillante. E di nuovo lo ruppero insieme, quel silenzio. «Devo riattizzare il fuoco» disse lei; e lui: «Ho cominciato un nuovo...». Cercavano entrambi un’evasione. Lei ravvivò il fuoco e scostò il tavolino, spinse in avanti sulle ruote la poltrona blu, vi si rannicchiò dentro, mentre lui si riadagiava fra i cuscini10. Presto! Presto! Dovevano impedire che si ripetesse. «Ho letto il libro che hai lasciato qui l’altra volta.» «Ah! Che te ne pare?» Eccoli ripartiti; e tutto era tornato come prima, Ma era poi vero? Non erano un po’ troppo pronti, un po’ troppo rapidi nelle loro risposte, troppo preoccupati a scambiarsi la battuta? Non era forse questa una magistrale imitazione di altre simili situazioni e niente più? A lui batteva il cuore, lei si sentiva il viso in fiamme; e il peggio era che non riusciva a capire dove fossero in realtà o che cosa stesse esattamente accadendo. Non aveva tempo di guardarsi indietro. A questo punto, la cosa si ripeté. Il loro dire divenne impacciato, esitante, s’interruppe, cessò. Di nuovo ebbero coscienza di un’oscurità sconfinata piena di interrogativi. Eccoli ancora tornati... due cacciatori, chini sopra il fuoco, ma che all’improvviso odono venire dalla giungla una raffica di vento e un urlo acuto, interrogativo... Ella alzò il capo: «Piove» bisbigliò. E lo disse con la stessa voce con cui egli aveva detto poco prima: «Adoro quel bimbo». Già, Ma perché non si lasciavano andare, non cedevano, per vedere che cosa sarebbe accaduto, poi? No. Pur incerti e tormentati, erano abbastanza coscienti per rendersi conto che la loro preziosa amicizia era in pericolo. Quella sarebbe stata distrutta: non loro; e senza colpa, né dell’uno né dell’altro. Lui si alzò, vuotò la pipa, si passò una mano fra i capelli e disse: «Mi sono spesso domandato, in questi ultimi tempi, se il romanzo dell’avvenire sarà il romanzo psicologico o no. Fino a che punto sei proprio sicura che la psicologia in quanto psicologia abbia rapporto con la letteratura?». «Vuoi dire che non escluderesti affatto che gli scrittori giovani di oggi — creature misteriose e inesistenti — stiano semplicemente tentando di scavalcare l’esigenza degli psicanalisti11?» «Appunto. E credo che sia perché la generazione attuale è abbastanza intelligente per riconoscersi ammalata e rendersi conto che la sua unica possibilità di guarigione sta nell’analizzare i propri sintomi, nello studiarli a fondo, nel rintracciarli di volta in volta, cercando così di arrivare alla radice del male.» 7. focherello: del caminetto. 8. Quante volte… qualcosa: il senso è che ogni tanto essi dicevano qualcosa che smuoveva un po’ le acque di quel cerchio di luce, come fosse uno stagno, senza però creare eccessivi turbamenti (increspature). 9. la testa del fanciullo: cioè l’allusione di lui all’idea di avere un figlio contenuta nel suo accenno alla testa scolpita di un bambino sulla mensola del camino. 286 modulo 3 PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO 10. sulle ruote… cuscini: lei è seduta in poltrona, mentre lui è semisdraiato su un letto. 11. scavalcare… psicanalisti: in quegli stessi anni, le teorie psicologiche di Sigmund Freud e di altri psicanalisti avevano aperto alla letteratura nuovi terreni di esplorazione dell’animo umano e in particolare delle malattie psichiche (vedi dopo l’“unica possibilità di guarigione”, … “analizzare i propri sintomi” ecc). 70 75 80 85 90 95 100 105 «Ohimè!» protestò lei. «Che sconfortante prospettiva!» «Niente affatto» egli ribatté. «Vedi...» E la conversazione continuò. Adesso sembrava che ci fossero riusciti davvero. Lei si rigirò nella poltrona per guardarlo in viso, mentre gli rispondeva. Il sorriso di lei diceva: “Abbiamo vinto”12. E lui le sorrise di rimando, fiducioso: “In pieno”. Ma il sorriso li separò. Era durato troppo a lungo, fino a divenire una smorfia. Si videro come due burattini sogghignanti che scomparivano nel nulla a passo di danza. “Di che cosa abbiamo parlato?” pensò lui. Era così disperatamente annoiato, che dovette reprimere un gemito. “Bello spettacolo abbiamo offerto!” pensò lei. E vide lui che a fatica — oh, con quanta fatica! — preparava il terreno, e lei che gli correva dietro, piantando qua un albero e là un cespuglio fiorito, e ancor più in là gettando una manciata di pesciolini lucenti nella vasca. Questa volta tacquero per pura disperazione. L’orologio batté sei colpi lieti e il fuoco ebbe un debole guizzo. Che sciocchi erano! Grevi, pedanti, attempati13: due sciocchi dal cervello imbottito. Poi il silenzio gettò su di loro un incantesimo, come una musica solenne. Era una pena, una pena per lei il sopportarlo, e lui ne sarebbe morto... morto, se si fosse spezzato. Eppure si struggeva di spezzarlo. Non con le parole. In ogni caso, non con quelle loro solite chiacchiere snervanti. Avevano un altro linguaggio in comune, e in quel nuovo linguaggio egli si struggeva di sussurrarle: “Anche tu lo provi? Mi capisci, dunque?...”. Invece, con suo stesso orrore, si sentì dire: «Devo andare. Alle sei ho un appuntamento con Brand». Quale demone gli fece pronunciare questa frase invece dell’altra? Lei balzò, sì, balzò addirittura dalla poltrona, e lui la sentì esclamare: «Devi sbrigarti, allora. Brand è così puntuale! Ma perché non l’hai detto prima?». “Mi hai, fatto male, mi hai fatto male! Abbiamo sbagliato” diceva il suo io segreto mentre gli porgeva cappello e bastone, sorridendogli gaiamente. Non gli diede tempo di pronunciare un’altra parola, ma corse rapida giù per il corridoio fino ad aprire la grande porta verso strada. Potevano lasciarsi così? Com’era possibile? Lui si fermò sullo scalino e lei dentro, in casa, nell’atto di trattenere la porta. Non pioveva più. “Mi hai fatto male, mi hai fatto male” diceva il cuore di lei. “Perché non te ne vai? No, non andare. Resta. No... va’!”. E guardava fuori, nella notte. Vide la bella scalinata, il giardino scuro cinto di lucida edera e, dall’altro lato della strada, gli immensi salici spogli: il cielo al disopra era vasto e rilucente di stelle. Ma lui certo non avrebbe visto nulla. Era superiore a tutto ciò. Lui, con quella sua mirabile filosofia “spirituale”14! Aveva ragione. Lui non vide assolutamente nulla. Che malinconia! Non ebbe quella gioia. Ormai era troppo tardi per qualsiasi tentativo. Davvero? Sì davvero. Una gelida raffica di vento odioso soffiò nel giardino. Maledetta vita! Lui la sentì gridare: «Au revoir»15 e la porta si chiuse di colpo. Tornata di corsa nello studio, ella si comportò in modo assai strano. Corse su e giù per la 12. “Abbiamo vinto”: cioè, siamo riusciti a parlare d’altro, a evitare “complicazioni sentimentali”. 13. Grevi… attempati: pesanti, noiosi, vecchi dentro. 110 115 120 125 130 135 140 145 14. Lui… spirituale: si riferisce al fatto che lui non è interessato al mondo esterno (“Io non ho affatto vita esteriore”, aveva detto prima). 15. Au revoir: arrivederci (in francese). PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 287 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE stanza con le braccia levate in alto, gridando: «Oh! Oh! Che stupida! Che imbecille! Che stupida!» e poi si buttò sul divano senza pensare a nulla: aveva soltanto bisogno di starsene sdraiata a covare rabbia. Era finito tutto. Che cosa? Be’, qualcosa. E non l’avrebbe più rivisto, mai più. Dopo molto molto tempo (o forse dieci minuti) trascorso in quel golfo tetro, il campanello squillò un colpo secco e repentino. Era lui, di sicuro. E altrettanto di sicuro lei non avrebbe dovuto badargli, ma lasciare che il campanello continuasse a suonare. Volò ad aprire. Sulla soglia stava una vetusta vergine16, una creatura patetica che, Dio sa perché, l’idolatrava17, e aveva questa abitudine di comparire ogni tanto alla porta per poi esclamare quando l’amica andava ad aprire: «Mandami via, cara!». Ma l’amica non la mandava mai via. Di solito la invitava ad entrare e le permetteva di ammirare ogni cosa, accettando con gran benevolenza un mazzo di fiori leggermente appassiti. Ma oggi... «Oh, quanto mi dispiace!» esclamò. «Ma ho qui una persona, e insieme stiamo lavorando a certe xilografie. Sono occupata tutta la sera, purtroppo.» «Non fa niente, non fa proprio niente, cara» rispose la buona amica. «Passavo di qui e ho pensato di lasciarti due violette.» Frugò fra le stecche di un grande ombrello antiquato. «Le ho messe qui giù. Un ottimo posto per tenere i fiori al riparo dal vento. Eccole» soggiunse scuotendo un mazzolino di fiori morti. Per un istante ella non li prese. Ma lì, sulla soglia di casa in atto di trattenere la porta, le accadde una cosa strana... Di nuovo ella vide la bella scalinata, il giardino scuro bordato di lucida edera, i salici, l’immenso cielo scintillante.18 Di nuovo ebbe la sensazione di quel silenzio simile a un interrogativo. Ma questa volta non esitò. Fece un passo avanti e, quasi temendo di provocare un’increspatura in quel lago di pace sconfinata, molto teneramente, molto delicatamente, gettò le braccia intorno al collo dell’amica. «Cara!» bisbigliò questa felice, sopraffatta dalla gratitudine. «Non sono proprio nulla. Proprio il classico mazzolino da tre soldi.» Ma, mentre parlava, si sentì stringere con maggior tenerezza, si sentì abbracciare con tanta dolce effusione e così a lungo che la poveretta ne rimase addirittura sconvolta, ed ebbe soltanto la forza di balbettare: «Allora non ti do poi troppo fastidio?». «Buonanotte, amica mia» sussurrò l’altra. «Torna ancora presto.» «Verrò, sì, certo; verrò.» Questa volta lei rientrò nello studio a passi lenti; poi, in piedi in mezzo alla stanza, con gli occhi semichiusi, si senti così leggera, così riposata, come se si fosse destata da un sonno infantile. Il fatto stesso di respirare era una gioia... Il sommier19 era tutto sossopra. I cuscini, «come montagne furenti», secondo la sua espressione; li riordinò, prima di andarsi a sedere alla scrivania. “Ho ripensato alla nostra conversazione sul romanzo psicologico”, si mise a scrivere di getto: “è un argomento molto interessante davvero...”. E così via. Come chiusa aggiunse: “Buonanotte, amico mio. Torna presto”. (da Tutti i racconti, Adelphi) 150 155 160 165 170 175 180 A nalizziamo il testo La struttura Il testo può essere suddiviso in cinque ampie sequenze. Nella prima lui, romanziere di trentun anni, si reca a casa di lei, commediografa, di un anno più giovane. Subito si intuisce che fra loro c’è qualcosa in più di una semplice amicizia. Eppure il narratore (che assume il punto di vista di lei), quasi a voler convincere il lettore del contrario, spiega i vantaggi dell’amicizia rispetto all’amore. Nella seconda sequenza le parole di lui alludono sempre più chiaramente alla passione che lo agita. Ne segue un silenzio imbarazzato. Nella terza sequenza i due, quasi per “raffreddare” la situazione ed evitare ogni “complicazione sentimentale”, avviano una conversazione “intellettuale” sul ruolo della psicologia nel romanzo. Nella quarta sequenza, quando lui se ne va, la donna resta affranta e piena di angoscia. Ma questa angoscia, nella sequenza finale, finalmente si scioglie, dopo l’arrivo casuale di un’amica vicina di casa: la visione del cielo stellato le appare come una promessa di felicità, di pienezza vitale che per lei (a differenza che per l’anziana amica) sembra ancora possibile. La tensione fra i personaggi La forza di questo racconto consiste essenzialmente nella tensione che si stabilisce in entrambi i personaggi fra due sentimenti diversi e in parte persino opposti: l’amicizia e l’amore. Essi vorrebbero restare dentro i binari di un’amicizia, “senza sciocche complicazioni sentimentali”, e pensano che la “passione avrebbe guastato ogni cosa”. Eppure, qualcosa di diverso comincia ad affiorare, specialmente nell’uomo, prima in modo indiretto “Solo qui mi accorgo di quello che mangio, altrove mai”, poi via via più chiaro “Se chiudo gli occhi, vedo questa casa in ogni suo minimo particolare… rivisito questa casa in ispirito”, fino al commento estasiato sulla statuetta di un bimbo che allude chiaramente alla possibilità di avere un figlio “‘Adoro quel bimbo’. E poi tutti e due rimasero zitti”. Lo scioglimento del conflitto interiore I veri e più profondi sentimenti dei due “amici” sono anche segnalati dalle parole fra virgolette alte, che rivelano i loro pensieri amorosi nascosti (“Anche tu lo provi? Mi capisci, dunque?…”) e i dubbi in cui soprattutto la donna si dibatte “Perché non te ne vai? (No, non andare. Resta. No… va!”). È infatti soprattutto lei ad esser combattuta, perché non vuole rinunciare alla propria indipendenza sentimentale ed esistenziale e ai propri sogni di gloria letteraria. Nel finale, infatti, dopo essersi disperata per la partenza di lui e aver sperato che tornasse (“Volò ad aprire”), finalmente si placa, guardando ciò che sta intorno a lei e che sembra invitarla a gustare senza tentennamenti le gioie della vita: la bella scalinata, …i salici, l’immenso cielo scintillante”. Lo strumento involontario di questa rivelazione è la vecchia vicina di casa, che comparendo all’improvviso sulla porta fa pensare a un bizzarro angelo venuto a portare un misterioso messaggio per la protagonista. Alla fine del brano, nella lettera che si appresta a scrivere all’amico, la donna torna a parlare di psicologia, come per ribadire la sua intenzione di restargli soltanto amica, ma poi aggiunge quella chiusa “Buonanotte, amico mio. Torna presto” che lascia aperta la possibilità di un diverso sviluppo del loro rapporto. Esercizi 185 Attiviamo il testo COMPRENSIONE 1. Dove si trovano i due protagonisti? 2. In che cosa consiste il loro conflitto interiore? 3. Perché l’allusione di lui alla statuetta del bambino posta sul caminetto fa cadere fra i due un improvviso silenzio? 4. Perché, alla fine del dialogo sulla psicologia, lei pensa “Abbiamo vinto?” È davvero convinta di questo? 16. vetusta vergine: anziana, zitella (ironico). 17. l’idolatrava: venerava la protagonista come fosse una divinità. 288 modulo 3 PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO 18. ella vide… scintillante: la protagonista gode della vista di ciò che lui considera invece irrilevante. 19. Il sommier: cioè il letto. 5. Che cosa vuol comunicare la protagonista scrivendo, nella sua lettera, Ho ripensato alla nostra conversazione sul romanzo psicologico? E che cosa vuol fare intendere con la chiusa “Torna presto”? PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 289 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE EDUCAZIONE LETTERARIA GABRIEL GARCÍA MÁRQUEZ L’aereo della bella addormentata Il narratore e il punto di vista 6. Il narratore, nella parte iniziale, spiega perché l’amicizia sarebbe da preferire a un rapporto amoroso. In base a quali motivi? Quale punto di vista assume in questo caso il narratore? 7. In quali punti del testo il narratore utilizza il discorso indiretto libero? Quali sentimenti dei protagonisti vengono espressi mediante questa tecnica? I personaggi 8. La Mansfield accosta i suoi personaggi a diverse immagini (ad esempio: “due città aperte”). Prova a individuarne qualcuna nel testo e fanne un elenco. Come cambiano le immagini man mano che la storia volge al fine? Il tema 9. In che modo viene rappresentato nel racconto il sentimento d’amore che lega i due protagonisti? 10. In quali azioni si manifesta il sentimento che lega lo scrittore e la commediografa? 11. Che cosa simboleggia, secondo te, il “mazzolino di fiori morti” che la vecchia vicina di casa (la “vetusta vergine”) ha lasciato appassire dentro il “grande ombrello antiquato”, pensando di proteggerli dal vento? 12. Perché, secondo te, la protagonista abbraccia con tanto calore la vecchia amica? Di che cosa vuole ringraziarla? 13. In che senso si può dire che la storia ha un finale aperto? RIFLESSIONE SULLA LINGUA 14. Individua i diversi modi con cui nel testo vengono espressi sentimenti e pensieri nascosti dei personaggi. « L’autore e l’opera Fu un’apparizione sovrannaturale che esistette solo un istante e scomparve tra la folla dell’atrio. Gabriel García Márquez è nato in Colombia nel 1928. Dopo aver abbandonato gli studi in legge, cominciò a lavorare come cronista. La professione giornalistica gli consentì di viaggiare all’estero, in Messico, Francia, Spagna e Italia. Nel 1955 pubblicò il suo primo romanzo, Foglie morte. Tornato in America Latina, si stabili all’Avana (Cuba). Dal 1961 si è dedicato esclusivamente alla letteratura: nel 1967 pubblicò il suo capolavoro, Cent’anni di solitudine, uno dei libri più letti e amati del Novecento. Fra gli altri suoi libri ricordiamo L’autunno del patriarca (1975), incentrato sulla figura di un dittatore, Cronaca di una morte annunciata (1981), la storia di un delitto d’onore che nessuno vuole impedire, e L’amore ai tempi del colera (1985). Nel 1982 Garcìa Márquez ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura. Attualmente vive a Città del Messico. Primo piano sul testo Esistono amori corrisposti oppure no, spirituali o carnali, profondi o effimeri. In ogni caso si tratta sempre di sentimenti in cui due persone sono consapevoli di che cosa sta loro accadendo. In questo racconto, tratto dal libro Dodici racconti raminghi, si narra di un singolare eppure diffusissimo tipo di amore: quello che si può provare per una persona, incontrata occasionalmente, semplicemente guardandola e osservandola. «E ra bella, elastica, con una pelle morbida color del pane e gli occhi di mandorle verdi1, ee aveva i capelli lisci e neri e lunghi fin sulla schiena, e un’aura2 di antichità che poteva essere dell’Indonesia come delle Ande. Era vestita con un gusto sottile: giacca di lince, camicetta di seta naturale a fiori molto tenui3, pantaloni di lino grezzo, e scarpe lineari color delle buganvillee4 «Questa è la donna più bella che abbia mai visto in vita mia» pensai quando la vidi passare col suo silenzioso incedere5 da leonessa, mentre io facevo la coda per imbarcarmi sull’aereo per New York all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. Fu un’apparizione sovrannaturale che esistette solo un istante e scomparve tra la folla dell’atrio. Erano le nove del mattino. Stava nevicando fin dalla notte prima, e il traffico era più fitto del solito per le vie della città, e più lento ancora sull’autostrada, e c’erano camion da carico allineati sul margine, e automobili fumanti nella neve. Nell’atrio dell’aeroporto, invece, la vita era sempre in primavera. Io facevo la fila per il check-in6 dietro una vecchia olandese che rimase quasi un’ora a discutere sul peso delle sue undici valigie. Cominciavo ad annoiarmi quando vidi l’apparizione istantanea che mi aveva lasciato senza respiro, sicché non seppi come finì la disputa, finché l’impiegata non mi riportò sulla terra con un rimprovero per la mia distrazione. A titolo di scusa le domandai se credeva negli amori a prima vista. «Certamente» mi disse. «Quelli impossibili sono gli altri.» Se ne rimase con lo sguardo fisso sullo schermo del computer, e mi domandò che posto preferivo: per fumatori o per non fumatori. «È lo stesso» le dissi con intenzione, «purché non sia accanto alle undici valigie.» Lei mi ringraziò con un sorriso commerciale7 ma senza scostare lo sguardo dallo schermo fosforescente. 1. di mandorle verdi: dal colore di mandorle acerbe. 2. aura: un soffio, un’emanazione. 3. fiori… tenui: fiori dai colori delicati. 290 modulo 3 PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO 4. buganvillee: piante rampicanti dai fiori rosso-violaceo. 5. incedere: avanzare, camminare. 6. check-in: sportello dell’accettazione. 7. sorriso commerciale: sorriso stereotipato, come si usa coi clienti. PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 291 5 10 15 20 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE «Scelga un numero» mi disse: «tre, quattro o sette». «Quattro.» Il suo sorriso ebbe allora un bagliore trionfale. «In quindici anni che lavoro qui» disse «è il primo a non scegliere il sette.» Segnò sulla carta di imbarco il numero del posto e me la consegnò col resto dei miei documenti, guardandomi per la prima volta con certi occhi color uva che mi servirono da consolazione finché non avessi rivisto la bella. Solo allora mi avvertì che l’aeroporto era stato appena chiuso e che tutti i voli erano rinviati. «Fin quando?» «Lo sa Dio» disse col suo sorriso. «Questa mattina la radio ha annunciato che sarà la nevicata più intensa di tutto l’anno.» Si sbagliò: fu la più intensa di tutto il secolo. Ma nella sala di prima classe la primavera era così reale che c’erano rose fresche nei vasi e persino la musica in scatola sembrava sublime e sedativa8 come asserivano i suoi creatori. D’improvviso mi venne da pensare che quello era un rifugio adatto alla bella, e la cercai nelle altre sale, rabbrividendo per la mia audacia. Ma perlopiù erano uomini della vita reale che leggevano giornali in inglese mentre le mogli pensavano ad altri, contemplando gli aerei morti nella neve attraverso le vetrate panoramiche, contemplando le fabbriche glaciali, i vasti vivai di Roissy devastati dai leoni9. Dopo il mezzogiorno non c’era più uno spazio disponibile, e il caldo era diventato così insopportabile che scappai via per respirare. Fuori trovai uno spettacolo incredibile. Gente di ogni risma10 aveva invaso le sale d’attesa, ed era accampata nei corridoi soffocanti, e anche nelle scale, coricata a terra con gli animali e i bambini, e i bagagli. Anche le comunicazioni con la città erano interrotte, e il palazzo di plastica trasparente sembrava un’immensa capsula spaziale arenata nella bufera. Non riuscii a evitare l’idea per cui anche la bella doveva essere in qualche posto in mezzo a quelle orde mansuete11, e tale fantasia mi infuse nuovo coraggio per aspettare. All’ora di pranzo avevamo assunto la nostra consapevolezza di naufraghi12. Le code si fecero interminabili davanti ai sette ristoranti, alle tavole calde, ai bar stracolmi, e in meno di tre ore dovettero chiuderli perché non c’era più nulla da mangiare né da bere. I bambini, che per un momento sembravano essere tutti quelli del mondo, si misero a piangere al contempo, e dalla folla prese a levarsi un odor di gregge. Era il momento degli istinti. L’unica cosa che riuscii a mangiare in mezzo al ruffaraffa13 furono le ultime due coppette di gelato alla crema in un negozio per bambini. Li inghiottii lentamente al banco, mentre i camerieri sistemavano le seggiole sui tavoli a mano a mano che si liberavano, e guardandomi nello specchio in fondo, con l’ultima coppetta di cartone e l’ultimo cucchiaino di cartone, e pensando alla bella. Il volo per New York, previsto per le undici del mattino, partì alle otto di sera. Quando riuscii infine a imbarcarmi, i passeggeri di prima classe erano già al loro posto, e una hostess mi guidò fino al mio. Rimasi senza fiato. Nel sedile accanto, vicino al finestrino, la bella stava prendendo possesso del suo spazio col dominio dei viaggiatori esperti. “Se un giorno dovessi scrivere tutto questo, nessuno mi crederebbe”, pensai. E tentai appena con la lingua legata un saluto indeciso che lei non colse. Si installò come per vivere molti anni, disponendo ogni cosa al suo posto e nel suo ordine, finché lo spazio rimase ben sistemato come la casa ideale dove tutto era a portata di mano. 8. sedativa: tranquillante. 9. vivai… leoni: i vivai delle rose. Roissy è la cittadina a nord di Parigi che ospita l’aeroporto internazionale Charles de Gaulle; il testo allude probabilmente a 292 modulo 3 statue di leoni che si trovano nel giardino dell’aeroporto. 10. di ogni risma: di ogni tipo. 11. orde mansuete: si riferisce alla folla dei viaggiatori. PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO 12. la nostra… naufraghi: i passaggeri, bloccati nell’aeroporto dall’abbondante nevicata, sono consapevoli di essere come dei naufraghi su un’isola. 13. ruffaruffa: arraffa arraffa. 25 30 35 40 50 55 60 Mentre lo faceva, lo steward14 ci portò lo champagne di benvenuto. Presi una coppa per offrirla a lei, ma me ne pentii in tempo. Accettò solo un bicchier d’acqua, e chiese allo steward, dapprima in un francese inaccessibile e poi in un inglese solo un po’ più sciolto, che non la svegliasse per alcun motivo durante il volo. La sua voce grave15 e tiepida strascicava una tristezza orientale. Quando le ebbero portato l’acqua, si aprì sulle ginocchia un cofanetto da toilette con gli angoli di rame, come i bauli delle nonne, e prese due pillole dorate da un astuccio in cui ce n’erano altre di colori diversi. Faceva ogni cosa in maniera metodica e parsimoniosa16, come se non ci fosse nulla che non fosse previsto per lei fin dalla sua nascita. Infine abbassò la tendina del finestrino, reclinò il sedile al massimo, si avvolse nella coperta fino alla vita senza togliersi le scarpe, si mise una mascherina17 per dormire, si sistemò su un fianco, girandomi la schiena, e si addormentò senza una sola pausa, senza un sospiro, senza un minimo cambiamento di posizione, durante le otto ore eterne e i dodici minuti in più che durò il volo per New York. Fu un viaggio intenso. Ho sempre creduto che non ci sia nulla di più bello al mondo di una donna attraente, sicché mi fu impossibile sottrarmi sia pure per un istante alla malia18 di quella creatura da favola che mi dormiva accanto. Lo steward era scomparso subito dopo il decollo, e fu sostituito da una hostess cartesiana19 che cercò di svegliarla per consegnarle la confezione da toilette e gli auricolari per la musica. Le ripetei l’avvertenza che aveva fatto allo steward, ma la hostess insistette per sentirsi dire da lei che non voleva neppure cenare. Dovette confermarglielo lo steward, e anche così mi sgridò perché la bella non si era appesa al collo il cartellino con l’ordine di non svegliarla. Feci una cena solitaria, dicendomi in silenzio tutto quel che avrei detto a lei se fosse stata sveglia. Il suo sonno era così stabile, che a un certo punto ebbi l’inquietudine che le pillole che aveva preso non fossero per dormire ma per morire. Prima di ogni sorso, alzavo il bicchiere e brindavo: «Alla tua salute, bella.» Finita la cena spensero le luci, proiettarono il film per nessuno, e noi due rimanemmo soli nella penombra del mondo. La bufera più intensa del secolo era passata, la notte dell’Atlantico era immensa e limpida, e l’aereo sembrava immobile fra le stelle. Allora la contemplai palmo a palmo per diverse ore, e l’unico segno di vita che riuscii a cogliere furono le ombre dei sogni che le passavano sulla fronte come le nuvole sull’acqua. Aveva al collo una catenella così sottile che era quasi invisibile sulla sua pelle d’oro, e le orecchie perfette senza fori per gli orecchini, le unghie rosee di buona salute, e un anello liscio alla mano sinistra. Siccome non sembrava avere più di vent’anni, mi consolai all’idea che non fosse un anello di nozze ma di un fidanzamento effimero20. “Saper che dormi tu, quieta, sicura, alveo21 fedele di abbandono, linea pura, così vicina alle mie braccia strettamente avvinte”, pensai, ripetendo sulla cresta di spume di champagne il sonetto magistrale di Gerardo Diego22. Poi reclinai il sedile all’altezza del suo, e rimanemmo distesi più vicini che in un letto matrimoniale. Il ritmo del respiro era identico a quello della voce, e la pelle esalava un alito tenue che poteva essere solo l’odore della sua bellezza. Mi sembrava incredibile: la primavera precedente avevo letto un bel romanzo di Yasunari Kawabata23 sui vecchi borghe14. steward: il corrispettivo maschile della hostess. 15. grave: dai toni bassi. 16. parsimoniosa: cioè misurata nei movimenti. 17. mascherina: per proteggersi dalla luce. 18. malia: fascinazione: 19. cartesiana: precisa e metodica (con riferimento al filosofo francese Cartesio, 1596-1650). 20. effimero: passeggero, destinato a finire presto. 65 70 75 80 85 90 95 100 105 21. alveo: letteralmente, letto di un fiume o corso d’acqua. 22. Gerardo Diego: poeta spagnolo (1896-1987). 23. Yasunari Kawabata: scrittore giapponese (1899-1972). PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 293 P ercorso A ntologico DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE si di Kyoto che pagavano somme enormi per passare la notte contemplando le ragazze più belle della città, nude e narcotizzate24, mentre loro agonizzavano d’amore nello stesso letto. Non potevano svegliarle, né toccarle, e neppure ci provavano, perché l’essenza del piacere consisteva nel guardarle dormire. Quella notte, vegliando il sonno della bella, non solo capii quella raffinatezza senile25, ma la vissi pienamente. «Chi ci avrebbe creduto» mi dissi, con l’amor proprio esacerbato26 dallo champagne. «Io, che faccio il vecchio giapponese a questa altezza.» Credo di avere dormito diverse ore, sopraffatto dallo champagne e dalle vampate mute del film, e mi svegliai con la testa frastornata. Andai alla toilette. Due posti dietro il mio giaceva la vecchia delle undici valigie malamente abbandonata sul sedile. Sembrava un morto dimenticato sul campo di battaglia. A terra, in mezzo al corridoio, c’erano i suoi occhiali per leggere col filo di perline colorate, e per un istante godetti della gioia meschina di non raccoglierli. Dopo essermi ripreso dagli eccessi dello champagne mi sorpresi nello specchio, indecoroso27e brutto, e mi stupii che fossero così terribili gli scempi28 dell’amore. D’improvviso, l’aereo cascò giù a picco, si raddrizzò alla meglio, e continuò a volare al galoppo. L’ordine di tornare al proprio posto si accese. Uscii di fretta, con l’illusione che le turbolenze di Dio29 svegliassero la bella, e che dovesse rifugiarsi fra le mie braccia in preda al terrore. Nell’urgenza per poco non calpestai gli occhiali dell’olandese, e me ne sarei rallegrato. Ma tornai sui miei passi, li raccolsi, e glieli posai in grembo, d’improvviso riconoscente che non avesse scelto prima di me il posto numero quattro. Il sonno della bella era invincibile. Quando l’aereo si fu stabilizzato, dovetti resistere alla tentazione di scuoterla con un pretesto qualsiasi, perché l’unica cosa che desideravo in quell’ultima ora di volo era vederla sveglia, sia pure infuriata, per poter recuperare la mia libertà, e forse la mia giovinezza. Ma non ne fui capace. «Cazzo» mi dissi, con grande spregio. «Perché non sono nato nel Toro!»30 Si svegliò senza aiuto nel momento in cui si accesero i segnali dell’atterraggio, ed era bella e riposata come se avesse dormito in un roseto. Solo allora mi accorsi che i vicini di posto sugli aerei, al pari dei vecchi coniugi, non si dicono buongiorno al risveglio. Neppure lei. Si tolse la mascherina, aprì gli occhi radiosi31, raddrizzò il sedile, scostò la coperta, si scosse i capelli che si pettinavano da soli col loro peso, si rimise il cofanetto sulle ginocchia, e si fece un trucco rapido e superfluo, che le fu sufficiente per non guardarmi finché la porta non si aprì. Allora si infilò la giacca di lince, mi passò quasi addosso chiedendomi convenzionalmente32 scusa in uno spagnolo puro delle Americhe, e se ne andò senza neanche salutare, senza nemmeno ringraziarmi per tutto quello che avevo fatto per la nostra notte felice, e scomparve fino al sole di oggi nell’amazzonia di New York34. 24. narcotizzate: addormentate con un 25. senile: da vecchio. sonnifero. 26. esacerbato: inasprito, irritato. 110 115 120 I personaggi e i momenti-chiave L’andamento del racconto, perfettamente calibrato nelle sue parti, si incentra su tre momenti-chiave: a) il protagonista assiste all’apparizione soprannaturale della donna; b) la ritrova inaspettatamente sull’aereo, di fianco a sé, come se si trattasse di un segno del destino; c) la vede andarsene via, senza neanche salutare. Attorno a questi tre momenti ruotano i piccoli eventi che segnano la giornata, apparentemente banale, ma in realtà intensissima, del protagonista, la cui esperienza amorosa è totalmente interiore. Se da un lato la vicenda si conclude con una cocente delusione, dall’altro egli può ben dire di aver trascorso una “notte felice”, passata al fianco della donna più bella e affascinante che abbia mai visto in vita sua. La potenza dell’immaginazione L’autore fa riferimento a un romanzo del giapponese Yasunari Kawabata, La casa delle belle addormentate. In quel romanzo, caratterizzato da un erotismo sottile e quasi morboso, alcuni vecchi pagano “somme enormi per passare la notte contemplando le ragazze più belle della città” e se ne vanno prima del loro risveglio. Nel libro di Kawabata, la totale indifferenza delle ragazze acuisce, anziché attenuare, il desiderio. È una situazione paradossale, che però mostra la potenza dell’immaginazione. Esercizi 125 130 Attiviamo il testo COMPRENSIONE 1. Dove si trova il protagonista? 2. Chi incontra all’inizio del racconto? 3. Che cosa impedisce al protagonista di imbarcarsi subito sul suo volo? 4. Chi ritrova una volta sistematosi al suo posto in prima classe? (da Dodici racconti raminghi, Mondadori) EDUCAZIONE LETTERARIA La struttura 5. Quali sono i tre momenti-chiave del racconto? Prova a riassumerli brevemente: a) ........................................................................................................................................................................................................ b) ...................................................................................................................................................................................................... c) ........................................................................................................................................................................................................ I personaggi 6. Sottolinea i passi in cui il protagonista si sofferma a descrivere l’aspetto esteriore della 27. indecoroso: sgradevole, poco presentabile. donna e raccogli tutti gli elementi che descrivono il personaggio della passeggera bellissima e misteriosa. Prova poi a tracciarne un ritratto completo. 135 140 .............................................................................................................................................................................................................. A nalizziamo il testo La struttura Il racconto può essere diviso in tre sequenze. Nella prima, piuttosto breve, il protagonista-narratore descrive una giovane e bellissima donna che ha appena visto all’aeroporto De Gaulle di Parigi. Nella seconda descrive la sua permanenza all’aeroporto, prima in coda al check-in e poi nei locali d’attesa e di ristoro, mentre fuori sta avvenendo la più 294 modulo 3 .............................................................................................................................................................................................................. .............................................................................................................................................................................................................. intensa nevicata del secolo. In queste ore gli capita più volte di sperare in un nuovo incontro con la donna. Nella terza sequenza, che è ambientata in aereo, il protagonista scopre con piacere che la donna siede in una poltrona proprio di fianco alla sua. Mentre lei dorme, comincia a osservarla ossessivamente, tanto che finisce con l’esserne totalmente affascinato. PERSONAGGI E SGUARDI DELL’UNIVERSO LETTERARIO 7. Il personaggio della vecchia olandese che funzione ha nel racconto? In che modo si contrappone all’immagine della bella addormentata? 8. In che modo l’ambientazione accentua il carattere fiabesco del racconto? Il tema 9. Quale romanzo ha ispirato il titolo e il tema di questo racconto? Di che cosa parla? 10. È possibile, secondo te, definire “amore” l’insieme dei sentimenti provati dal protagonista? Motiva la tua risposta. PERCORSO ANTOLOGICO unità 1 295 SCHEDA DI A pprofondimento di lettura IL ROMANZO SENTIMENTALE Analizziamo, attraverso un brano della studiosa argentina Beatriz Sarlo e tratto da, Segni della passione. Il romanzo sentimentale, in Il romanzo, II. Le forme, Einaudi, 2002, quali sono le caratteristiche di questo genere così peculiare. quistato nel XIX secolo dal romanzo d’appendice. LA PAROLA SENTIMENTO Parole come «sentimento», «sentimentale», «sentimentalismo», hanno in epoca moderna un significato decisamente speciale. A partire dalla metà del XVIII secolo, il romanzo (…)ha dato all’amore un’importanza cruciale dal punto di vista narrativo. E se in verità anche prima c’erano stati romanzi d’amore e grandi amori letterari, il romanzo sentimentale è però qualcosa di totalmente nuovo (…). I personaggi del romanzo sentimentale esprimono ininterrottamente tutto ciò che provano, inventando così nuove modulazioni dell’amore: e il sentimentalismo, divenuto tendenza universale dell’intera epoca, influisce poi sulle pratiche religiose, sulla pittura, in particolare la paesaggistica, sull’abbigliamento e sul costume. (…) Il sentimentalismo di questa specie di romanzo è un’invenzione moderna. Dopo i grandi romanzi del Settecento, tutto il secolo successivo cercò di fare i conti con questa novità nella letteratura e nella vita. I romantici la esagerarono; il melodramma ne fece un uso sublime; Flaubert la criticò con l’ironia; Dickens ne toccò magistralmente le corde. Il XX secolo non vede la fine del sentimentalismo, ma, piuttosto, la sua espansione di massa, che accompagna la crescita di un pubblico popolare più ampio di quello con- LA SCENA DELLA LETTURA I romanzi sentimentali presentano ad un pubblico che legge personaggi che scrivono. Sono opere che dialogano intensamente con i propri lettori, li ammoniscono, li emozionano, li consigliano, propongono loro uno specchio idealizzato, che dà, tuttavia, l’impressione di parlare della vita. I lettori e le lettrici di romanzi sentimentali, identificandosi con questi personaggi così attraenti, semplici, quasi familiari per la grande intimità con cui si conoscono le loro sofferenze, formano una comunità immaginaria che stabilisce nessi, forti sebbene lontani, con i propri autori preferiti. (…) Ci immaginiamo lettrici che passano dal salone al giardino, che portano con sé i loro libri in viaggio o nelle passeggiate in campagna, che leggono da sole nei loro studioli, per svagarsi dal ricamo, dal disegno o dalla lezione di musica, fuori dalle imponenti biblioteche maschili dai tomi pesanti. Ci immaginiamo lettrici giovani, anche in luoghi ben lontani da quelli deputati della cultura urbana, e uomini che leggono a donne innamorate. (…) Le donne scrittrici, in Europa e in America, non erano mai state così numerose e così importanti. Alcune presentarono con umiltà le proprie opere a scrittori uomini, come Charlotte Bronte che dedicò Jane Eyre (1874) a Thackeray; ma in altri casi provocarono anche reazioni intemperanti, come quella di Hawthorne, che le chiamò, senza mezzi termini, «scribacchine». Dalla 1. melodramma: azione drammatica, per lo più in versi, messo in musica e cantato 2. romanzo d’appendice: appariva a puntate sui quotidiani 3. deputati: assegnati a ricoprire in ruolo 4. cultura urbana: cultura cittadina 5. intemperanti: fuori di misura 6. fisionomia: modo di essere, di presen- 296 nascita del romanzo sentimentale fino ad oggi, i bestsellers sono stati scritti tanto (o più ) da donne che da uomini. Spesso, a causa di successi fulminanti (…) gli scrittori provarono a immaginare la fisionomia del proprio pubblico. (…) Questo pubblico non si trova solo a corte o nei salotti: si tratta delle classi medie, che crescono rapidamente, bensì siano ancora una minoranza tanto in Europa che nelle città dell’Est nordamericano. Il gran numero di pubblicazioni e la circolazione testimoniata dai prestiti delle biblioteche, confermano l’osservazione di Stendhal : « Non ci sono donne di provincia che non leggano i loro cinque o sei volumi al mese; molte ne leggono quindici o venti, e non vi è piccola città che non disponga di due o tre gabinetti di lettura.» (…) La lettura è, del resto, un segno di prestigio. Distingue le donne del ceto medio da quelle che lavorano e dalle contadine, visto che, pur non richiedendo le competenze dell’uomo di lettere, esige comunque tempo libero e una certa cultura. La lettura di poesie e romanzi libera le donne da un rapporto quasi esclusivo con i libri religiosi, i manuali pratici e gli almanacchi. Le donne di città alfabetizzate leggono, forse per la prima volta nella storia delle classi medie, per intrattenimento, (…) per dare asilo ai propri sogni ad occhi aperti. (…) La lettura esplora sotto gli occhi delle giovani del ceto medio nuove zone della soggettività, e in particolare crea un nuovo tipo di personaggio giovane, che nella sua evoluzione deve confrontarsi con le scelte proprie della sua età: il primo amore, la verginità, il matrimonio. tarsi 7. zone della soggettività: aspetti relativi al soggetto: emozioni, affetti, sentimenti Donne e uomini di fronte all’amore Un bacio è l’espressione più tipica dell’amore, non solo fra un uomo e una donna ma anche fra genitori e figli, o fra amici. Quello che cambia, di situazione in situazione, è l’intenzionalità di ciò che il bacio vuole comunicare: passione, tenerezza, affetto e simpatia, desiderio, disperazione ecc… Che cosa comunicano, attraverso il bacio, i due ragazzi della foto? L’autore, Robert Doisneau, ha scelto di ritrarre i due ragazzi in mezzo a una strada trafficata, qual è l’effetto? 1 Il tuo primo incontro con il testo deve essere “libero”. Non tener conto, dunque delle annotazioni a margine. 2 Prova ora a entrare “nel vivo” del racconto seguendo le notazioni suggerite dalla legenda e le indicazioni di leggere e ri-leggere, annota le tue impressioni. 3 Infine, utilizza la traccia delle osservazioni guidate, (sottolineate in nero nel testo). d i ar i o di lettura LEGENDA Utilizza questi simboli grafici per seguire la ri-lettura: annota le impressioni libere a fianco del brano, in modo da poter “dialogare” con il testo. primo passaggio alla vita adulta secondo passaggio alla vita adulta ultimo passaggio alla vita adulta (amore) notazioni di tempo contesto o notazioni di luogo Che suggestioni ti trasmette questo attacco? Ecco il primo passaggio alla vita adulta. Il luogo è definito oppure no? Cerca e segnala con il riquadro tutti gli altri elementi del contesto. Si tratta di un tempo vago o definito? ERRI DE LUCA Scoprire l’amore in un nome da Tu, mio Siamo nell’Italia del dopoguerra. Su di un’isola del Tirreno, durante un’estate, si avvera per un giovane sedicenne l’atteso “passaggio” dall’adolescenza all’età adulta. In questo momento di “iniziazione alla vita”, magico ma non privo di dolore, il ragazzo vive con trepidazione l’incontro con Caia, una ragazza più grande di lui. Orfana di origine rumena e ospite presso una famiglia del luogo, Caia è portatrice di segreti: il suo stesso nome Caia o“Haia”, e la morte del padre, ebreo. Ed è proprio dalla silenziosa condivisione di un dolore e dall’intima percezione e condivisione di un segreto che tra i due ragazzi nasce un amore intenso, diverso e “unico”. Era l’estate dei miei sedici anni, stavo su un precipizio di sentimenti. In disparte dai coetanei non ero attento alle ragazze in età buona per me. Mi piacevano le più grandi, un desiderio impossibile. Però quell’estate riuscii, unico dei miei coetanei a frequentarle. Fu grazie a Daniele, figlio di zio, che era più grande di me di quattro anni. Era centro di un gruppo di giovani di buona famiglia, dotati di motorette e qualche barca. Lui sprovvisto di questi mezzi era ugualmente il capo naturale che ogni gruppo di ragazzi si dà. Era ospite nella casa di fitto1 presa dai miei, dormivamo nella stessa stanza. Quell’estate si accorse di me. Non so trovare una ragione per quell’attenzione, però ci fu. Mi insegnò accordi di chitarra, mi portò al loro luogo di ritrovo sulla spiaggia, mi consentì di stare. Non era un granché il mio aspetto magro, sforzato dalla crescita, una peluria in faccia più gialla che bionda, occhi stretti e una mandibola serrata2 che non si scioglieva. Forse mi vide più grande o capì che in quel suo cugino si stava accumulando una valanga. Non andavo alle loro gite nei posti lontani dell’isola, di rado passavo accanto alle loro sere, ai balli che improvvisavano ovunque. Andavo alla loro spiaggia dopo la pesca. Daniele da qualche anno cominciava a far tardi la sera e a non aver voglia di tirarsi su3 presto. Aveva smesso di andare con suo padre e Nicola. Avevo preso il suo posto. Così quando tornavo dalla pesca lo raggiungevo e lui si faceva raccontare volentieri i particolari della giornata. Quell’estate ebbi il battesimo di sangue della murena4. Tirata su con la coffa5 insieme a una cernia, mentre zio e Nicola si occupavano del pesce 1. 2. 3. 4. 298 modulo 1 di fitto: presa in affitto serrata: stretta tirarsi su: alzarsi murena: pesce marino, privo di squame e PERSONAGGI DELL’UNIVERSO LETTERARIO dal corpo nerastro; possiede denti che iniettano, attraverso il morso, il veleno che secernono le ghiandole del palato. pregiato, io tentavo di liberare l’amo dalla gola della murena. La stringevo con la sinistra alle guance per tenerle aperta la bocca. Riuscii a estrarre l’amo e nel momento dell’uscita si divincolò, persi la presa sulle guance e i denti si affondarono nella mano all’attaccatura dell’indice. Non dà solo un morso la murena, ma dove afferra non stacca la presa. Incastra la mandibola e non l’apre più. Riuscii a non gridare, avevo le lacrime appese agli occhi per lo sforzo. Quando finì con la cernia e zio riprese a tirare la coffa, Nicola si accorse di me e con un solo colpo di coltello staccò la testa della murena. Poi ruppe l’osso della mandibola e solo allora, uno a uno, mi levò i denti dal dito. Guardavo il mare mentre Nicola eseguiva tranquillo una piccola operazione antica, la mano ferita era lontana dai miei pensieri, il dolore bussava ma io non aprivo. Mi capitava quello che avevo ascoltato nei racconti. Mi era già successo il veleno della tracina6 sotto il piede e quello dello scorfano7 nel palmo. Ero in barca e quel sangue era nel conto. Zio fece un mezzo sorriso tra una bracciata di coffa e l’altra, scuotendo un po’ la testa. «Mo’ si’ pescatore»8, disse Nicola quando finì sciacquandomi la mano in mare. Capivo poco perché la virilità dovesse ignorare il dolore. La vedevo applicata dagli uomini, cercavo di ripeterla quando veniva il mio turno. Capivo che non era il rifiuto di avere un corpo, ma la pazienza di sopportarlo, un carico sull’asino che a volte è esagerato e pure l’uccide, ma fino a quel punto non se ne lamenta9. Corpo era una bestia paziente, gli uomini l’addomesticavano con fierezza. Corpo era un sud accanito di formule virili10. Le spine dei ricci che i ragazzi imparavano a estrarre da soli, i pescatori le lasciavano stare, ad assorbirsi piano sottopelle. Imparavo da loro la distrazione dal dolore. Quando arrivai alla spiaggia avevo la febbre dallo sforzo di non dire niente e mi batteva la vena in fronte. Daniele si fece raccontare la storia e mostrò a tutti la gloria della mia ferita. Quel gesto suo di darmi importanza, quella premura mi tolse il dolore dagli occhi. La curiosità di una ragazza mai vista prima, il contatto delle sue mani con la mia piena di buchi mi tolse il dolore anche da lì. Restava una vena che batteva gonfia sulla tempia. Guardai quella ragazza nuova in faccia e le spuntò una risata limpida, sonante come fa il crollo delle monete nel salvadanaio che si rompe. E i 5. coffa: attrezzo da pesca costituito da una lunga corda di canapa o di nylon alla quale sono applicati numerosi ami. 6. tracina: o pesce ragno, è un pesce che vive sui fondi sabbiosi, provvisto di raggi spinosi e ghiandole velenose. 7. scorfano: pesce dalle carni pregiate ma dal pungiglione velenoso. d i ar i o di lettura Il secondo passaggio alla vita adulta che cosa prevede? Che cosa rappresenta la curiosità della ragazza? 8. “mo’ si’pescatore”: dialetto napoletano “ora sei un vero pescatore”. 9. non se ne lamenta: soggetto sottinteso è l’asino: l’irregolarità della frase rieccheggia la sintassi della parlato. 10. Corpo era un sud… virili: era come la terra del sud, abituata da generazioni a sopportare una serie di stereotipi sulla forza maschile. DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE unità 1 299 d i ar i o di lettura Il personaggio presenta se stesso. Qui si esprime un sentimento e se ne da una definizione. Chi sta parlando, un ragazzo o un adulto? di ar i o di lettura denti, uno appena scalfito in mezzo alla bocca, squillarono di bianco tra le labbra piene e un volo di capelli si abbatté su metà della sua faccia e io sentii un calcio nel sangue. Poi finì il giro della ferita e io sentii da Daniele il nome della ragazza nuova. Si chiamava Caia. […] Mi accorsi più tardi che lei non diceva «io sono Caia», ma «mi chiamo Caia». Lei non era Caia, un nome, lei era una persona che si chiamava così. Forse voleva tenere a bada quel piccolo pezzo d’identità, oppure non le piaceva. Ecco, Già stavo indagando su di lei, in cerca di una sua verità. Ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore. Ci si innamora da vicino, ma non troppo, ci si innamora da un angolo acuto un poco in disparte in una stanza, presso una tavolata, seduto in un giardino dove gli altri ballano al ritmo di una musichetta insulsa e decisiva11 che fa da colla di pesce per una faccia che si appunta a spilli sul diaframma del petto. Da subito m’innamoravo a vuoto di Caia, di una ragazza più grande, dal dente spezzato in un sorriso a grandine, che aveva toccato la mia mano senza riguardo per la ferita e mi era stata intima per quello. M’innamoravo secondo un impulso opposto all’evidenza: che io ero di molto più adulto, che a me toccasse il compito di proteggerla dai pericoli dell’isola, custodendo il suo segreto che non conoscevo ancora ma che doveva esserci e io l’avrei saputo, io solo. […] Haia, Hàiele12 diventava la mia musica in testa, la ripetevo al mattino appena sveglio, ci chiudevo i pensieri sopra all’ora del sonno. Gli innamorati pregano con una parola sola, un nome. Non lo scrivevo, non lo pronunciavo, non dovevo compromettere il segreto lasciando tracce. […] Da Erri del Luca, Tu, mio, Milano, Feltrinelli Per il diario di lettura Fase A LEGGERE E RI-LEGGERE: LE PRIME IMPRESSIONI 1. Il racconto merita una seconda lettura, a voce alta. Ascolta e rifletti: • • • 2. A un tratto, l’adolescente diviene oggetto di attenzione, quasi a sua insaputa; e senza accorgersene si trova ad attraversare un passaggio, dal mondo della fanciullezza a quello della giovinezza adulta: “Non so trovare una spiegazione per quell’attenzione, ma ci fu”. De Luca suggerisce al lettore una sorta di “prima condizione” che scandisce il passaggio alle esperienze della vita adulta: ed è che gli altri si accorgano di te. Non si sa per quale ragione, ma succede: a un certo momento l’adolescente cattura l’attenzione su di sé. • • Hai sorvolato su questo passaggio dell’accorgersi, oppure ti ha colpito? Riporta le tue riflessioni sul diario di lettura; puoi far ricorso ad esempi della tua esperienza personale. Il “battesimo del dolore” è una sorta di prezzo che si paga per l’ingresso nella vita adulta. Credi che senza “il battesimo della murena” Caia si sarebbe accorta di lui? Annota le tue riflessioni. Dopo l’accesso alla giovinezza, socialmente riconosciuta, “accade” l’accesso alla vita adulta, il riconoscimento del nuovo status per cui l’adolescente, quasi all’improvviso, si ritrova “grande” tra i grandi. “Mo’ si’ pescatore….” • Il lavoro identifica qui il passaggio all’età adulta. Di fatto è davvero così? Infine, l’ultimo passaggio, il transito alla vita dell’amore, esso stesso improvviso, se è vero che nasce in presenza di una ragazza “mai vista prima”, ignota, come ignota e misteriosa è l’emozione che produce il suo primo sguardo. • 11. insulsa e decisiva: per quanto insignificante la musica aiuta a superare l’imbarazzo che tende i lineamenti del volto e toglie il Ti pare che la narrazione risulti più incisiva quando il brano è letto a voce alta? Quali effetti emotivi ha suscitato nella classe la lettura ad alta voce? Sapresti riassumerli in un’espressione (da annotare sul tuo diario di lettura). Sottolinea le espressioni che hai preferito e poi, in altro modo, quelle che ti sono apparse insolite; confronta infine le tue scelte con quelle dei tuoi compagni. respiro. 12. Haia, Haiele: la pronuncia originale del nome Caia e il suo vezzeggiativo. Ti sembra che lo scrittore sia riuscito a cogliere momenti significativi, dell’itinerario che segna la crescita degli adolescenti? Ne sei rimasto coinvolto, oppure hai trovato in questa pagina motivi di scoperta (e di autoscoperta) del tuo cammino personale di crescita? 3. La storia si colloca nell’estate dei sedici anni, il tempo dei desideri impossibili. • FLASH SULL’AUTORE 4. Il luogo in cui prendono vita le vicende narrate non è ben definito dall’autore, eppure sembra possibile, mentre si legge, abbozzarne un acquerello. • Erri De Luca è nato a Napoli nel 1950. Prima di diventare scrittore e giornalista ha fatto diversi lavori: muratore, operaio, scaricatore. Autore di molti romanzi, Erri De Luca è particolarmente apprezzato dal pubblico giovane per Non ora, non qui (1989), Aceto, arcobaleno (1992), Tre cavalli (1999), oltre che per Tu, mio (1998), il romanzo da cui sono state tratte le pagine che seguono. 300 modulo 1 PERSONAGGI DELL’UNIVERSO LETTERARIO Ti pare che nel testo l’estate definisca una stagione temporale, oppure che valga ad evocare una stagione dell’esistenza, quasi a simboleggiare la stagione dell’amore? Notevole successo ha riscosso il suo ultimo romanzo, Montedidio (2002). Interessato alla cultura ebraica, ha curato la traduzione in lingua italiana di Esodo, Giona, Ecclesiaste, Libro di Ruth. Attualmente collabora al Corriere della Sera e al Manifesto, come opinionista. Che cosa “vedi” tra le righe? Sottolinea tutti i termini che ti possono aiutare a dipingere, con le parole, il contesto delle vicende. 5. Dove ritroviamo la voce dell’autore? Rileggi il passaggio in cui nel ragazzo s’annuncia improvviso il sentimento dell’amore. • Hai provato emozione nel leggerlo? Mentre lo leggevi, ti è sembrato che in alcune espressioni traducesse sentimenti che tu stesso provi, o hai provato personalmente? DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE unità 1 301 di ar i o di ar i o di lettura Fase B di lettura LE OSSERVAZIONI GUIDATE 1. Nella rilettura del brano hai potuto cogliere, globalmente, i tratti di originalità della scrittura di Erri De Luca. Esamina, per esempio, la collocazione dell’unica virgola nella frase che conclude il primo capoverso: “Però quell’estate riuscii, unico dei miei coetanei a frequentarle.” Materiali per la scrittura finalizzata Considera questa FRASE EVOCATIVA, tratta dal brano di De Luca che hai appena letto: “Ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, con amore.” L’accento della frase cade sul verbo “riuscii”: la voce di chi parla intende mettere in risalto che, mentre in occasione delle precedenti estati il ragazzo non era stato capace di frequentare le ragazze più grandi, proprio in “quella” estate, invece, apparentemente senza un perché, i tentativi avevano dato i loro frutti. Prova a elaborare una scaletta per un tema personale che abbia come titolo la frase indicata. Segui lo schema: Prova ad accostare un’altra virgola, come parrebbe “naturale”, e a rileggere la frase: “Però quell’estate riuscii, unico dei miei coetanei, a frequentarle.” Nella frase si crea un’incidentale che cambia il tono espressivo. L’enfasi che introduce nel discorso quell’unica virgola, consente allo scrittore di sottolineare emotivamente il sentimento di soddisfazione del protagonista, unico (!) tra i suoi compagni, a riuscire a frequentare le ragazze più grandi. • Che cos’è l’amore? In genere, al cinema, nei romanzi ecc l’amore è • Che cosa è per me l’amore? Io penso che l’amore sia • Che cosa cerco nella persona amata? Per amare una persona io ho bisogno che questa sia .......................................................................................................................................................................................................... • Ci sono momenti o stati d’animo particolari che ricordo e collego a questo sentimento? Uno dei momenti più belli che ricordo è stato quando .............................................................. • Conclusioni Se l’amore non esistesse bisognerebbe inventarlo perché 2. Hai osservato l’uso insistente del possessivo “loro” (loro luogo, loro gite, loro sere, loro spiaggia): il suo ripetersi marca una “distanza” e una “estraneità”, che, ora, improvvisamente, l’amico Daniele sembra colmare e annullare. Finalmente, il ragazzo può condividere i luoghi e le esperienze dei suoi pari. • parole; ma non è così. Lo scrittore sta scendendo nel profondo della personalità dei suoi attori. Io sono Caia, designa l’interiorità della ragazza, le sue ansie, i suoi sogni, le sue tristezze, la sua interiorità. Io mi chiamo Caia designa invece quello che, del suo io, appare agli altri, il suo io sociale, non personale e intimo. Rileggi l’attacco del brano di Herman Melville, Moby Dick a pag 000, che cosa noti? 4. Soffermati su quello che è il centro brano, e anche del romanzo. “Ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore…” Qui conviene fermarsi un po’ più a lungo, perché, se le cose stanno così, come sembra credere il nostro autore, ebbene, allora l’incontro con l’amore è davvero un’esperienza unica: perché l’amore è dono solo per chi scruta nel profondo e va alla ricerca dell’intimità dell’altro/a. • ................................................................................ ............................................ Quest’uso riflette il registro della lingua comunemente parlata dai ragazzi? 3. “non diceva ‘io sono Caia’ ma ‘mi chiamo Caia’”: par quasi un bisticcio di • ................................................ L’amore, che nasce così, senza far rumore, l’amore da scotimento delle vene “io sentii un calcio nel sangue”, in quale altro modo si trasforma? 5. In una scrittura tutta interiore com’è quella di De Luca, anche le descrizioni dei personaggi sono pennellate d’artista. La percezione fisica di una persona, il leggere il suo volto e il suo corpo, o l’interpretare un suo movimento costituiscono un unico momento, che pare interminabile, e in cui qualcuno ci colpisce e ci attrae. • Sosta con attenzione (e metti in evidenza il passo) sulla descrizione di Caia. In quali passaggi ti sembra di percepire la voce di chi già nutre una passione per lei? • Quale delle descrizioni ti ha offerto con più immediatezza l’immagine dei due ragazzi? Quale hai preferito? Idee guida per la scrittura creativa La descrizione di un personaggio deve includere il nome, alcuni tratti della personalità, una descrizione fisica e anche altre informazioni che riguardano l’ambiente sociale, l’epoca ecc. Se il tuo personaggio non è reale, immaginalo nella maniera più dettagliata possibile, magari usando e Proposta 1 Traccia una vera e propria carta d’identità di questo personaggio, tracciandone anche l’aspetto fisico quasi fosse una fotografia • Descrivi con spontaneità, immaginando una conversazione telefonica con un caro amico, il ragazzo o la ragazza (reale o ideale) di cui sei innamorato o per cui provi simpatia. • Immagina, poi, di aver scattato di lei (o di lui) diversi primi piani. Come se tu scrivessi sul retro delle foto, ricavane un tuo ritratto personale. La descrizione di uno stato d’animo, nel comunicare sentimenti e stati d’animo puoi seguire un registro informale, non ti preoccupare della coeren- Proposta 2 mischiando caratteristiche di diverse persone che conosci bene. • za assoluta di quello che scrivi e utilizza pure simboli, abbreviazioni o anche frasi tratte da poesie e canzoni. Stavo (sono) su un precipizio di sentimenti… Questa frase potresti averla scritta tu, in una lettera o sul tuo diario personale, per descrivere la tempesta interiore che talvolta vivi o hai vissuto in questi anni della tua adolescenza. Continua il testo e, se vuoi, spiega se per te l’innamoramento è fonte di ulteriori turbamenti o è l’occasione in cui accetti maggiormente anche te stesso. Trascrivi sinteticamente le tue riflessioni 302 modulo 1 PERSONAGGI DELL’UNIVERSO LETTERARIO DONNE E UOMINI DI FRONTE ALL’AMORE unità 1 303