l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 272 (47.407) Città del Vaticano sabato 26 novembre 2016 . Il Papa ricorda che stare tra la gente arricchisce persone e società Nella giornata mondiale contro la violenza Rischio d’isolamento La Chiesa insieme alle donne «Si corrono più rischi quando ci isoliamo di quando ci apriamo all’altro»: lo afferma Papa Francesco nel videomessaggio inviato ai partecipanti alla sesta edizione del festival della dottrina sociale della Chiesa, apertosi nella serata di giovedì 24 novembre a Verona. Ai partecipanti all’iniziativa, che si conclude domenica 27, il Pontefice ha proposto una riflessione incentrata sul tema dell’incontro — «In mezzo alla gente» — ricordando che «noi siamo fatti per stare con gli altri». Infatti, ha spiegato, «la nostra umanità si arricchisce molto se stiamo con tutti gli altri e in qualsiasi situazione essi si trovano», mentre «è l’isolamento che fa male». Questo non significa solo «essere aperti e incontrare gli altri, ma anche lasciarci incontrare», perché «la relazione chiede questo scambio tra persone: l’esperienza ci dice che di solito dagli altri riceviamo di più di quanto diamo». Stare in mezzo alla gente, per Francesco, significa inoltre «avvertire che ognuno di noi è parte di un popolo». La vita concreta non è, infatti, «la somma di tante individualità» ma «l’articolazione di tante persone che concorrono alla costituzione del bene comune». E questo «ci aiuta a vedere l’insieme» e a comprendere che «i ruoli che ognuno svolge all’interno delle dinamiche sociali non possono mai essere isolati o assolutizzati». Il Papa ha sottolineato in particolare che «quando il popolo è separato da chi comanda, quando si fanno scelte in forza del potere e non della condivisione popolare, quando chi comanda è più importante del popolo e le decisioni sono un bene per tutti». Anche perché «fa toccare con mano la ricchezza e la bellezza della diversità». In definitiva, ha concluso il Pontefice, «quando si sta con la gente si tocca l’umanità: non c’è mai solo la testa, c’è sempre anche il cuore, c’è più concretezza e meno ideologia». All’indomani Francesco ha incontrato nell’aula del Sinodo i membri dell’Unione superiori maggiori (Usg) — che celebrano in questi giorni a Roma l’ottantottesima assemblea semestrale sul tema «Andate e portate frutto. La fecondità della profezia» — trascorrendo con loro l’intera mattinata. PAGINA 8 L’incontro del Papa con i membri dell’Unione superiori generali Con un tweet diffuso nella tarda mattinata di oggi, 25 novembre, il Papa ha voluto partecipare alla giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne indetta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu): «Quante donne sopraffatte dal peso della vita e dal dramma della violenza! Il Signore le vuole libere e in piena dignità» si legge nel breve messaggio diffuso in tutto il mondo nelle lingue dell’account papale. La Chiesa ha sempre combattuto perché alle donne venisse dovunque riconosciuta la dignità di essere umano uguale a quella dell’uomo e Il Signore ha pensato ed elaborato un modello di rapporto tra uomo e donna nel matrimonio che stabilisce uguali diritti e uguali doveri ai due coniugi. E oggi un numero ingente di missionari e soprattutto di missionarie ha scelto come sua missione proprio l’assistenza alle donne violentate. Sono donne spesso cacciate dalla loro famiglia e dalla loro comunità e che trovano solo in queste istituzioni religiose non soltanto un aiuto ma anche un progetto di reinserimento dignitoso nella vita sociale, per loro e per i loro figli, anche quelli nati dalla violenza. Sono quindi ormai molti anni che la Chiesa combatte questa battaglia in prima linea nei luoghi più caldi del mondo. In questo contesto va letto il tweet di Papa Francesco. Nel rapporto dell’Onu per il 25 novembre 2016 si legge che «deve diffondersi sempre di più la consapevolezza che la violenza contro donne e giovanissime è non solo una violazione dei diritti umani, Quante donne sopraffatte dal peso della vita e dal dramma della violenza! le vuole libere e in piena dignità. (@Pontifex_it) ma è anche una emergenza sanitaria e un serio ostacolo allo sviluppo sostenibile». Il messaggio è chiaro e urgente: «C’è ancora molto che si può e si deve fare in termini di risposte e di prevenzione», anche nei casi di violenza psicologica oltre che fisica. Si parla di «azioni concrete nel sociale e di sensibilizzazione profonda per cambiare il piano della mentalità diffusa», che è «ancora ovunque troppo incline all’accettazione». Firmato il nuovo accordo tra governo colombiano e Farc Autobomba dell’Is uccide almeno 125 sciiti di ritorno dalle celebrazioni per la ricorrenza dell’Arbain Passo decisivo sulla via della pace Strage di pellegrini a Baghdad BO GOTÁ, 25. Passo decisivo verso una pace duratura in Colombia. Il presidente Juan Manuel Santos e il leader delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), Timochenko, hanno firmato ieri un nuovo accordo di pace, dopo la bocciatura della prima intesa nel referendum dello scorso 2 ottobre. L’accordo è stato firmato durante una cerimonia che si è svolta nel teatro Colón di Bogotá. Santos e Timochenko si sono limitati a un breve discorso. «Voglio invitarvi a dare un’opportunità alla pace», ha sottolineato durante il suo intervento il presidente colombiano, ricordando brevemente le principali modifiche incluse nel nuovo accordo e rimarcando «l’urgenza della pace» nel paese. Mentre Timochenko ha evidenziato il sostegno dei giovani al processo di pacificazione, ribadendo la proposta di perdono alle vittime delle Farc. y(7HA3J1*QSSKKM( +.!#!#!?!]! prese da pochi, o sono anonime, o sono dettate sempre da emergenze vere o presunte, allora l’armonia sociale è messa in pericolo con gravi conseguenze per la gente: aumenta la povertà, è messa a repentaglio la pace, comandano i soldi e la gente sta male». Per questo è evidente che stare in mezzo alla gente «fa bene non solo alla vita dei singoli ma è Il nuovo accordo tra le due parti, annunciato lo scorso 12 novembre dall’Avana, prevede modiche rispetto all’intesa precedente, considerate però insufficienti dall’opposizione, che ha appoggiato il no al referendum del 2 ottobre. L’intesa sarà confermata dal parlamento, ma senza che si proceda a nuove votazioni, pertanto non verrà sottoposto a referendum. Questo costituisce uno dei motivi per i quali è stato già respinto dall’opposizione guidata dall’ex presidente Álvaro Uribe, del partito Centro democratico, il quale ha definito il meccanismo adottato un «golpe contro il popolo e la democrazia». Dal canto suo, Santos ha la maggioranza nelle due Camere e può contare sul sostegno di altri partiti. Il dibattito parlamentare inizierà martedì prossimo. Il presidente Santos e il leader delle Farc Timochenko si stringono la mano (Afp) BAGHDAD, 25. Alla lenta avanzata delle forze governative verso il centro di Mosul il cosiddetto stato islamico (Is) risponde con un nuovo attentato. Almeno 125 persone, quasi tutti pellegrini sciiti, sono rimaste uccise ieri nell’esplosione di un’autocisterna guidata da un kamikaze a una stazione di servizio a sud della capitale irachena, dove erano in sosta diversi pullman. L’attentato, rivendicato dagli uomini di Al Baghdadi con una dichiarazione pubblicata dall’agenzia Aamaq, è avvenuto nei pressi della cittadina di Shomali, vicino ad Hilla, circa 85 chilometri da Baghdad. I pellegrini erano di ritorno dalle cerimonie svoltesi a Karbala in occasione della ricorrenza musulmana dell’Arbain, il quarantesimo giorno dopo l’Ashura, quando viene ricordata l’uccisione, nel 680 dopo Cristo, del terzo imam sciita Hussein e di 72 suoi fedelissimi e familiari. Il bilancio dell’attentato è stato fornito da fonti della sicurezza citate da Al Jazeera, secondo le quali tra le vittime vi sarebbero anche altri pellegrini stranieri, in particolare provenienti dall’Iran e dal Bahrein. L’attacco è avvenuto proprio nel giorno in cui le forze speciali irachene hanno compiuto una nuova, limitata avanzata nei quartieri orientali di Mosul, nell’ambito dell’offensiva in corso dal 17 ottobre scorso. Il generale Haidar Fadhil ha detto all’agenzia Ap che i suoi uomini hanno riconquistato i quartieri di Amn e Qahira, cercando di aprirsi la strada nel distretto densamente popolato di Zohour. Il consiglio provinciale di Ninive, di cui Mosul è capoluogo, ha intanto annunciato che i jet della coalizione internazionale a guida americana hanno compiuto ieri intensi bombardamenti, distruggendo l’ultimo ponte ancora percorribile sul Tigri che collegava la parte est della città a quella occidentale, dove i jihadisti rimangono trincerati. La struttura chiamata il “ponte vecchio” è stata costruita negli anni venti del secolo scorso dalle forze di occupazione britanniche. Mosul è ora circondata da nord, est e sud, mentre a ovest continua l’avanzata delle milizie sciite che assediano la città di Tal Afar, una ses- santina di chilometri a ovest del capoluogo. Su questo fronte ieri è arrivato in visita il primo ministro, Haidar Al Abadi, che ha incontrato i comandanti delle milizie in un campo di aviazione riconquistato nei giorni scorsi. La violenza, intanto, continua a segnare profondamente anche la Siria. Questa mattina almeno sei civili, tra cui quattro donne, sono morti in un raid aereo nella provincia nord-orientale di Raqqa. Lo hanno denunciato fonti degli attivisti che si oppongono al governo del presidente Assad. I caccia avrebbero bombardato per errore il corteo di una cerimonia funebre nel villaggio di Al Kili. Notizie di bombardamenti arrivano anche da Aleppo. In un raid compiuto nell’area orientale controllata dai ribelli sono morti ieri almeno 32 civili, tra i quali cinque bambini. «Ci sono molti feriti, cadaveri e gente sotto le macerie» hanno riferito diversi attivisti. Un giornalista della France Presse — citato da diverse altre agenzie — ha inoltre dichiarato di essersi recato nel quartiere di Al Mahsad e di aver visto «di persona soccorritori impegnati a estrarre corpi da un edificio colpito e che era già stato centrato dai bombardamenti in passato». Dal 15 novembre scorso, Aleppo ha visto la morte di almeno 188 civili, tra i quali 27 bambini. Sul piano umanitario, Mosca ha comunicato ieri che «non ci sono al momento le condizioni adeguate» per mettere in atto il piano di aiuti delle Nazioni Unite. Il carteggio fra De Luca e Papini Dai Musei alla Federazione russa Confronto ricchissimo Capolavori vaticani a Mosca PAOLO VIAN A PAGINA 4 Disperazione di un uomo sul luogo dell’attentato a Baghdad (Reuters) SILVIA GUIDI A PAGINA 5 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 sabato 26 novembre 2016 Risoluzione per sospendere i negoziati di adesione Misure su migranti e richiedenti asilo Sulla Turchia l’europarlamento frena Nuova proposta di revisione del regolamento di Dublino STRASBURGO, 25. Sempre più tesi i rapporti tra Unione europea e Turchia. Con 479 voti a favore, 37 contro e 107 astenuti, il parlamento europeo ha approvato ieri una risoluzione non vincolante per sospendere i negoziati di adesione di Ankara all’Ue. Il testo condanna «le misure repressive sproporzionate» attuate dalle autorità di Ankara dopo il fal- lito colpo di stato dello scorso 15 luglio e l’eventuale ripristino della pena di morte. Nella risoluzione, tuttavia, gli eurodeputati dichiarano che la Turchia deve comunque restare «ancorata all’Ue, per l’importanza strategica delle relazioni» e si impegnano a rivedere la loro posizione se saranno revocate le misure repressive che, si legge nel documento, «allontanano ulteriormente Ankara dal suo percorso europeo». La risposta turca non si è fatta attendere. Il premier, Binali Yıldırım, ha parlato senza mezzi termini di una decisione «priva di senso, risultato dell’applicazione di un doppio standard». E ha accusato l’Europa di «un comportamento a due facce». Da parte sua, il ministro degli affari europei, Ömer Çelik, capo della delegazione che negli ultimi mesi ha dialogato con Bruxelles per l’ingresso della Turchia in Europa, ha parlato di «una decisione che rimarrà nella storia come profondamente sbagliata». La risoluzione votata ieri a Strasburgo non è, comunque, giuridicamente vincolante. La sospensione dei negoziati, rilevano gli osservato- Si apre la corsa per la successione di Schulz BRUXELLES, 25. Effetto domino. Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha annunciato ieri che non intende candidarsi per un ulteriore periodo alla guida dell’assemblea di Strasburgo. La sua partenza crea un vuoto alla guida del parlamento europeo che rischia di alimentare tensioni politiche e anche — dicono gli osservatori — di indebolire la Commissione europea. Si è già aperta la partita della successione all’interno dei popolari, che detengono la maggioranza nell’assemblea. Il francese Lamassoure e l’irlandese McGuinness hanno annunciato la loro candidatura. In ballo per la presidenza anche Manfred Weber, il capogruppo dei popolari. La decisione di Schulz, socialdemocratico, è collegata alla scelta di presentarsi alle prossime elezioni in Germania, nel suo Land natale del Nord Reno - Vestfalia. Per ora, da Berlino, la stampa parla di lui come di un possibile nuovo ministro degli esteri, al posto di Frank-Walter Steinmeier che — secondo molte fonti — il prossimo 12 febbraio dovrebbe essere eletto alla presidenza della Repubblica. Più in generale, come detto, la scelta di Schulz rimette in gioco gli equilibri politici alla guida delle tre principali istituzioni comunitarie. Un tacito accordo tra popolari e socialisti — dicono fonti di stampa — prevede che i primi assumano la guida del parlamento, dopo un primo mezzo mandato a guida socialista. Attualmente, la Commissione europea è presieduta dal democristiano lussemburghese Jean-Claude Juncker, mentre il Consiglio europeo è guidato dal liberale polacco Donald Tusk. Un popolare al parlamento darebbe le tre istituzioni al centro-destra: una soluzione controversa che i socialisti sono poco propensi ad accettare. Peraltro, va detto che con la partenza di Schulz, Juncker perde un alleato molto importante. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan (Afp) ri, può essere decisa solo dalla Commissione, l’esecutivo europeo, che può agire di sua iniziativa o su richiesta di almeno un terzo degli stati membri. E finora, dal presidente JeanClaude Juncker in giù, i toni usati verso Ankara sono stati tutto sommato concilianti. Mentre tra gli stati, l’altro pilastro dell’Unione europea, si fanno strada posizioni meno concilianti: Austria e Lussemburgo, nelle scorse settimane, hanno già parlato apertamente di congelare i negoziati, e altri ministri degli esteri dei 27 hanno in più occasioni espresso le loro preoccupazioni. Posizioni alle quali il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, citato dal sito del quotidiano «Hurriyet», ha risposto affermando che «la Turchia aprirà le sue frontiere ai rifugiati diretti in Europa se l’Ue proseguirà su questa strada». La domanda di adesione della Turchia fu presentata nell’aprile del 1987, quando l’Ue nemmeno esisteva e c’era ancora la Cee, la Comunità economica europea. Da allora, i negoziati hanno registrato avanzamenti e repentini stop. Il presidente rassicura la popolazione sulla ricostruzione Uccisa la custode di una casa di riposo per religiosi Mattarella nelle zone terremotate Ore di paura a Montpellier ROMA, 25. «Coraggio, ce la faremo»: sono parole che il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha pronunciato nella sua seconda visita, oggi, nelle zone del centro Italia colpite dai violenti sismi del 24 agosto e del 30 ottobre. Dopo essersi recato nelle Marche, a Ussita, e in Umbria, a Preci, Mattarella avrebbe dovuto spostarsi nel Lazio ad Amatrice ma, a causa del maltempo, non ha potuto decollare il suo elicottero. Era atteso alla scuola Romolo Capranica di Villa San Cipriano, frazione del comune di Amatrice, simbolo, insieme con Norcia, della distruzione del terremoto. Il presidente, dunque, ha anticipato la visita proprio nella cittadina umbra di Norcia. A tutti ha assicurato: «Siate forti, ricostruiremo tutto». In particolare, a Ussita autorità locali e docenti universitari hanno chiesto al presidente di sposare la proposta di detassare le imprese che vorranno investire nel territorio e agevolare le aziende già presenti. Mattarella a Ussita (Ansa) PARIGI, 25. «Ci orientiamo verso una pista locale, qualcuno che era legato a questa casa. Allo stato attuale dell’inchiesta non c’è alcun elemento che proverebbe un qualsiasi legame con il terrorismo islamico». Con queste parole, il procuratore di Montpellier, Christophe Barret, ha sintetizzato gli ultimi sviluppi delle indagini sull’attacco, avvenuto a Montferrier-sur-Lez, contro una casa di riposo per religiosi. Ieri sera, un uomo armato e incappucciato, ha fatto irruzione nella struttura, uccidendo con diverse coltellate la custode che gli aveva aperto la porta. La donna, tuttavia, era riuscita poco prima a chiamare le forze dell’ordine. I primi ad arrivare sono state una quindicina di teste di cuoio di stanza nella regione, raggiunte poi dai gendarmi e da altri reparti. I sessanta monaci, le suore, i cinque o sei impiegati laici che lavoravano in quel momento nella casa di riposo, sono stati tutti messi in salvo. L’attentatore è riuscito a fuggire, facendo perdere le tracce di sé. «Il direttore della casa mi ha detto che nessuno parlava arabo e che non hanno avuto l’impressione di una minaccia jihadista. Stiamo attendendo che si trovi l’assassino. Solo allora si potranno capire molte cose» ha dichiarato l’arcivescovo non è finita — ha detto Renzi —. Nessuno può tirare oggi un sospiro di sollievo, la partita è ancora lunga». Squadre di soccorritori sono in azione a Perosa Argentina, a pochi chilometri dal capoluogo piemontese, dove una persona risulta dispersa in località Clot di Ciampiano. Il disperso, 69 anni, è stato inghiottito dalle acque del Rio Albona; sembra che stesse camminando sul fiume per recuperare i suoi cavalli quando il terreno è smottato. Complessivamente sono circa 400 gli sfollati, 250 nel cuneese e 150 nel torinese. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Il Tanaro è esondato nell’astigiano allagando la valle Bormida. Problemi per l’acqua anche ad Asti. A Torino preoccupa il Po, salito un metro sopra il livello di pericolo, ma anche alcuni suoi affluenti come il Chisola, lo Stura di Lanzo, la Dora Riparia. Anche la Liguria chiede lo stato di emergenza per il maltempo che ha colpito soprattutto il ponente. Non ci sono ancora analisi definitive dei danni, ma le prime stime della giunta dicono che si tratta di almeno 100 milioni di euro. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va di Montpellier, Pierre-Marie Carré, che questa nella prima mattina di oggi si è recato nella casa di riposo. «Non si sa ancora la ragione dell’attacco, tutte le piste sono ancora aperte. Non si conosce il motivo dell’uccisione di questa donna. Ci hanno detto che non è per forza per motivi religiosi. Possono essere ragioni diverse». In ogni caso, ha aggiunto Carré, «la vita continua: vogliamo che si sappia che non ci sentiamo minacciati. È quello che abbiamo fatto anche dopo l’assassinio di padre Hamel: affrontare la situazione con atteggiamento solido, non perdere la fiducia negli altri, avere prudenza ma non cedere all’angoscia, andare avanti senza paura con i cuori nella pace». In giornata, ieri, da fonti della polizia erano trapelate voci su possibili attacchi terroristici e obiettivi. Le informazioni erano emerse soprattutto dopo l’arresto, avvenuto nella notte tra sabato e domenica, di un gruppo di terroristi nelle zone di Strasburgo e Marsiglia. Le misure di sicurezza erano state elevate al massimo. Appena superato il primo anniversario delle stragi del 13 novembre, la Francia sembra essere subito ripiombata nel clima di paura che si respira nel paese ormai da due anni. L’Is attacca nel Sinai e uccide otto soldati egiziani Sfollati e danni per Piemonte e Liguria Emergenza maltempo nel nord Italia ROMA, 25. Emergenza maltempo in Italia. Un disperso nel torinese, torrenti in piena nell’astigiano e nell’alessandrino, il Po e i suoi affluenti che superano il livello di pericolo a Torino e fanno paura: questa la situazione in Piemonte dopo l’ondata di piogge che ha investito il nord-ovest. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si è recato a Torino, dove ha incontrato il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, e la sindaca di Torino, Chiara Appendino. «La fase di emergenza BRUXELLES, 25. Trasferimenti di alcuni richiedenti asilo «tra i più gestibili», chiusura delle frontiere interne, misure «come la detenzione» per trattenere i migranti. Sono i punti centrali della bozza di revisione sul regolamento di Dublino presentata ieri dalla presidenza slovacca dell’Ue, che ha suscitato critiche, in particolare da parte dell’Italia. In realtà per capire in quale direzione sarà rivisto il regolamento sulle procedure di richiesta del diritto di asilo bisognerà aspettare il prossimo consiglio dei ministri dell’interno dell’Unione europea il 9 dicembre e il summit dei capi di stato e di governo previsto il 15 e 16 dello stesso mese. Per il momento, la proposta presentata dalla Slovacchia, che è presidente di turno del consiglio Ue fino alla fine di dicembre, è stata fatta circolare nelle ultime ore a Bruxelles ed è stata oggetto di incontri ristretti: al tavolo si sono seduti i rappresentanti slovacchi con quelli maltesi, che assumeranno la presidenza dal primo gennaio, con alcuni espo- IL CAIRO, 25. Un gruppo armato ha attaccato ieri un posto di blocco dell’esercito egiziano nella turbolenta provincia del Sinai, nel nord dell’Egitto, uccidendo otto soldati. Lo ha riferito il portavoce delle forze armate, Mohamed Samir, in una nota citata dal sito del quotidiano governativo «Al-Ahram». Secondo il portavoce, un commando a bordo di un veicolo 4x4, imbottito di esplosivo, ha attaccato il posto di blocco, scatenando uno scontro a fuoco e facendo poi esplodere il veicolo e una seconda Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale bomba. Negli incidenti hanno perso la vita anche tre terroristi. Nessun gruppo ha finora rivendicato la responsabilità dell’attacco, ma nell’area sono stati diversi gli agguati messi in atto da una fazione affiliata al cosiddetto stato islamico (Is), ritenuta responsabile, tra l’altro, dell’abbattimento di un aereo russo nell’ottobre del 2015, a bordo del quale si trovavano 224 persone. Da mesi, le forze di sicurezza dislocate nella penisola del Sinai sono spesso prese di mira. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 nenti della commissione e rappresentanti di vari paesi. Forti critiche sono state espresse dall’Italia, paese più esposto agli sbarchi di migranti dal Mar Mediterraneo e in assoluto quello con più arrivi nel 2016. Anzitutto, l’Italia respinge l’idea di trasferimenti solo per alcune categorie di richiedenti asilo, «quelli più facilmente integrabili» o «solo i soggetti vulnerabili». Infine, l’ipotesi di “detenzione” per i migranti per evitare il loro spostamento pone serie questioni di violazioni di diritti umani. Intanto, nelle acque del Mediterraneo è stata intercettata una barca a vela con 70 persone, guidata dalle coste turche verso l’Italia da tre scafisti ucraini. Mentre in Bulgaria si è conclusa la rivolta nel campo profughi di Harmanly, che ospita 3000 migranti. Sono state arrestate 400 persone tra le 1500 che avevano protestato contro il divieto di uscita dal campo. Entrata in vigore dell’accordo tra Santa Sede e Francia La Santa Sede e la Repubblica francese, con rispettive Note Verbali del 22 agosto 2016 e del 23 novembre 2016, hanno notificato il compimento delle relative procedure, richieste per l’entrata in vigore dell’Avenant alle Convenzioni diplomatiche del 14 maggio e dell’8 settembre 1828 e agli Avenants del 4 maggio 1974, del 21 gennaio 1999 e del 12 luglio 2005, relativi alla chiesa e al convento della Trinità dei Monti, che era stato firmato il 25 luglio 2016. Pertanto, l’Avenant è entrato in vigore il 23 novembre 2016, a norma dell’Articolo 4 dell’Accordo medesimo. Bambini scudi umani in Libia TRIPOLI, 25. Nuovi orrori in Libia sono stati denunciati ieri dall’assistente del comandante delle truppe impegnate a Sirte contro i miliziani del cosiddetto stato islamico (Is), il generale di fanteria Abdel Hadi Dara. Il militare — scrive il portale di notizie Alwasat — ha infatti reso noto di avere trovato i cadaveri di due bambini, di dieci e dodici anni, con indosso cinture esplosive. I bambini sono stati rinvenuti all’interno di un’abitazione nel quartiere di Giza al Bahareya, dove sono asserragliati i jihadisti dell’Is. I terroristi dell’Is li avrebbero “utilizzati” come scudi umani, hanno precisato fonti militari, che hanno anche trovato in un palazzo del quartiere alcuni jihadisti con arti amputati e altri feriti, oltre a un ingente quantitativo di armi, munizioni ed esplosivi. Anche a Sirte prosegue senza sosta l’offensiva contro l’Is. Lo scrive la missione Africom sul suo sito, precisando che dallo scorso primo agosto fino a ieri sono stati condotti ben 420 raid aerei contro postazioni di combattimento dei jihadisti. Nonostante tutto, un gruppo di bambini è tornato ieri a scuola ad Al Sawawa, un sobborgo orientale della città di Sirte. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO sabato 26 novembre 2016 pagina 3 In fuga dalle fiamme nei pressi di Haifa (Ap) L’ultimo discorso ufficiale del presidente Obama Appello all’unità Toni concilianti anche da Trump WASHINGTON, 25. Un appello all’unità: questo il filo conduttore del messaggio rivolto da Barack Obama agli statunitensi in occasione della festa del Ringraziamento (Thanksgiving) che viene celebrata tradizionalmente l’ultimo giovedì Rinvenute fosse comuni in Messico CITTÀ DEL MESSICO, 25. Il Messico continua a registrare nuovi orrori nella violenza collegata ai cartelli della droga: una vera e propria “guerra” innescata dalla lotta per il controllo del territorio e delle rotte del narcotraffico, che recentemente ha visto crescere il coinvolgimento di bande criminali minori al fianco di quelle più conosciute ed efferate. Fosse comuni con 32 cadaveri e nove teste sono state rinvenute ieri dalla polizia nella località di Pochahuixco, nella municipalità di Zitlala, nello stato meridionale del Guerrero. Molto probabilmente, sono convinti gli inquirenti, si tratta di vittime della feroce faida in atto tra bande locali per il controllo del rimunerativo traffico di sostanze stupefacenti. Le autorità dello stato del Guerrero — lo stesso dove nel settembre del 2014 scomparvero 43 studenti — hanno riferito che i cadaveri, in avanzato stato di decomposizione, sono stati rinvenuti in 17 diverse fosse comuni. Intanto, il tribunale civile di giustizia di Città del Messico ha dichiarato ieri «ricevibile» il ricorso presentato dalla difesa del leader dei narcos messicani Joaquín Guzmán (meglio conosciuto come “el chapo”) contro l’estradizione verso gli Stati Uniti. L’appello, presentato al quinto tribunal colegiado, intende bloccare il trasferimento, deciso da un tribunale del Texas, del narcotrafficante in un carcere statunitense, dove è legale la pena di morte. Guzmán attualmente è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Ciudad Juárez, vicino alla frontiera con El Paso, in Texas. Secondo i suoi avvocati le richieste di estradizione e i trattati firmati dal Messico e dagli Stati Uniti in materia non soddisfano gli standard richiesti per un giusto processo. I legali osservano inoltre che i reati per i quali l’imputato è ricercato in Texas ricadono sotto la giurisdizione del Messico, quindi Guzmán dovrebbe essere giudicato in quel paese. Si attende ora la decisione ufficiale. del mese di novembre. Ieri il 44° presidente degli Stati Uniti, che lascerà la Casa Bianca il 20 gennaio prossimo, ha voluto così mettere la parola fine alle polemiche che hanno segnato la campagna elettorale. «Il Thanksgiving ci ricorda che non importano le nostre differenze. Noi siamo sempre un unico popolo, parte di un qualcosa che è più grande di noi stessi» ha detto Obama. «Riflettiamo su ciò che ci lega veramente come americani. Non è mai stato più importante. Come paese, siamo appena usciti da una campagna elettorale rumorosa, appassionata e talvolta piena di divisioni. Le elezioni sottolineano spesso quello che ci divide: ci si divide tra un “noi” e un “loro”». E tuttavia «il Ringraziamento ci ricorda che non importano le differenze: siamo un solo popolo, parte di qualcosa di più grande» ha spiegato Obama. Che poi ha fatto riferimento all’eredità di Lincoln, in un omaggio solenne alla storia e alla tradizione. «Oggi, continuiamo a rendere grazie. Rendiamo grazie a uomini e Numerosi incendi devastano Israele e la Cisgiordania Giorni di fuoco TEL AVIV, 25. Emergenza incendi in Israele e Cisgiordania. Questa mattina le fiamme hanno raggiunto le colline di Beit Meir, a dieci chilometri circa da Gerusalemme, mentre ad Haifa la situazione — complice una diminuzione del vento — sembra essere tornata sotto controllo. Oltre 80.000 persone sono state costrette ad abbandonare le loro case. La polizia e le forze di sicurezza hanno fatto sapere di aver fermato circa dodici palestinesi, accusati di aver appiccato il fuoco o di aver istigato azioni in tal senso. Il ministro della sicurezza, Gilad Erdan, e lo Shin Bet (il servizio di sicurezza interno israeliano) hanno confermato l’arresto «di alcune persone». Per il momento, comunque, non sono Rientra l’allarme maremoto Terremoto scuote l’America centrale SAN SALVAD OR, 25. Un forte terremoto ha scosso ieri diversi paesi dell’America centrale, poche ore dopo che l’uragano Otto si era abbattuto sul Nicaragua e sulla Costa Rica con piogge torrenziali e forti venti. In un primo momento, le autorità hanno dichiarato allerta maremoto. Tuttavia — secondo quanto diffuso da un bollettino dell’agenzia me- teorologica statunitense che monitorizza il Pacifico — l’allerta è rientrata già in tarda serata e l’emergenza è calata. L’epicentro del sisma di magnitudo 7,2 della scala Richter è stato localizzato al largo del Nicaragua e della costa di Usulutan, nello stato di El Salvador, a una profondità di 33 chilometri, secondo i dati del- l’agenzia governativa statunitense Geological Survey. Ma la scossa è stata avvertita chiaramente anche a Managua, capitale del Nicaragua, in Costa Rica e in Guatemala. I servizi di emergenza delle zone coinvolte hanno riferito che al momento non risultano notizie di vittime o di danni rilevanti. Come detto, subito dopo la scossa, le autorità Forze dell’ordine del Nicaragua sulla spiaggia di Masachapa dopo l’allerta tsunami (Afp) Accuse reciproche tra India e Pakistan ISLAMABAD, 25. Non accenna a diminuire di intensità il confronto tra Pakistan e India sul Kashmir. In una nota ufficiale, il governo di Islamabad ha fatto sapere ieri di «non essere disposto a tollerare ulteriormente che propri civili muoiano per attacchi deliberati da parte delle forze militari indiane» lungo la cosiddetta Linea di controllo (Loc) che funge da confine ufficioso indo-pakistano in Kashmir. Islamabad ha denunciato che un bombardamento di artiglieria indiana in vari settori pakistani della regione himalayana ha causato la morte di undici civili e tre militari. Parlando in una riunione di alto livello, il primo ministro, Nawaz Sharif, ha detto che «il Pakistan non può tollerare che propri civili innocenti, particolarmente donne e bambini, ambulanze e automezzi per il trasporto di passeggeri, siano donne coraggiosi che difendono la libertà in ogni angolo del mondo. E onoriamo tutte le persone che continuano ad arricchire il nostro patrimonio e dare significato ai nostri valori fondanti. In America — ha aggiunto — non siamo legati da una razza o una religione, ma dall’adesione a una credenza comune: che tutti noi siamo uguali». Parole concilianti sono giunte anche dal presidente eletto, Donald Trump, che ha festeggiato il Ringraziamento a Palm Beach. «Le tensioni non si superano in una notte» ha detto Trump. Tuttavia, «è ora di recuperare i rapporti di fiducia tra i cittadini». Intanto, si registrano nuove polemiche sui risultati del voto. Jill Stein, del partito Verde, ha lanciato una campagna per chiedere il riconteggio in tre stati: Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. Diversi studiosi avevano sottolineato irregolarità nelle procedure, non escludendo peraltro l’ipotesi dell’intervento di hacker. deliberatamente colpiti». Al riguardo il premier ha ricordato che «il Pakistan ha mantenuto un atteggiamento prudente nonostante le continue violazioni del cessate il fuoco da parte delle forze di sicurezza indiane». Alcuni giorni fa, anche l’India aveva accusato le forze militari di Islamabad di ripetute violazioni della già fragile tregua. «L’esercito pakistano — si legge in un comunicato diffuso da New Delhi — ha aperto il fuoco senza essere stato provocato nel settore di Manjakot del distretto di Rajouri nella regione di Jammu». Negli scontri è rimasto ucciso un soldato e altri sette sono stati feriti. La tensione rimane molto alta. Per il controllo del Kashmir, India e Pakistan — paesi entrambi dotati di arsenale nucleare — hanno combattuto due guerre. hanno diramato per precauzione un allarme maremoto, ordinando alla popolazione di ritirarsi ad almeno un chilometro dalla costa. Il Nicaragua e la Costa Rica avevano già predisposto piani di emergenza a causa dell’arrivo di Otto sulle coste caraibiche dei due paesi, provvedendo allo sfollamento di circa diecimila persone, poiché l’uragano aveva già causato almeno quattro morti e ingenti danni a Panama. In Costa Rica l’uragano ha provocato un numero imprecisato di vittime e dispersi, secondo quanto dichiarato dal presidente costaricano Luis Guillermo Solis, il quale ha annunciato la firma del decreto di emergenza nazionale, affermando che «è necessaria per snellire le procedure burocratiche al fine di utilizzare risorse umane, tecniche e finanziarie e far fronte agli effetti dell’uragano». Per quanto riguarda invece il Nicaragua, anche il presidente Daniel Ortega ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale in tutto il paese. La protezione civile ha riferito che l’uragano ha danneggiato migliaia di abitazioni e interrotto le linee telefoniche, ma al momento non risultano vittime. Tuttavia migliaia di persone sono state sfollate e necessitano di aiuti. Nell’Atlantico la stagione degli uragani ha avuto inizio il 1° giugno e si concluderà il 30 novembre. Alla ricerca di una soluzione al conflitto afghano I talebani e il dialogo di pace KABUL, 25. I talebani sono impegnati in un ampio dibattito per valutare la possibilità di intavolare colloqui con «interlocutori stranieri e con la controparte afghana», al fine di trovare una soluzione al conflitto. Lo scrive il quotidiano «Express Tribune» di Islamabad. Citando una fonte dell’ufficio politico dell’emirato islamico dell’Afghanistan in Qatar, il giornale precisa che per la prima volta nel dibattito sono stati coinvolti i comandanti delle forze che combattono sul terreno. Il quotidiano ha sottolineato che «si tratterà di una decisione presa a livello nazionale e che le consultazioni sono in corso a tutti i livelli». L’ufficio politico dei talebani ha voluto quindi smentire di ricercare una vittoria militare, sottolineando che noi «vogliamo una soluzione non-militare». Bambini afghani in un campo per sfollati interni vicino Kabul (Epa) segnalate vittime. Israele ha chiesto aiuto alla comunità internazionale per ottenere più aerei per spegnere le fiamme. «Ogni incendio doloso, o anche chi incita a fare incendi — ha sottolineato Netanyahu — è un atto di terrorismo e così sarà considerato. Già ieri abbiamo detto che ci sono incendi per negligenza e altri appiccati volontariamente. Questi ultimi stanno crescendo. Fronteggiamo un terrorismo dei piromani. Chi cerca di bruciare la terra di Israele sarà punito con la massima durezza». Come detto, la situazione è particolarmente critica ad Haifa, terza città del paese. Il sindaco Yona Yahav ha parlato di «disastro nazionale». Non siamo — ha detto — «in grado di dire quanta gente è coinvolta. Stiamo chiedendo a quelli che sono ancora a casa di lasciarla». Da stanotte molti sobborghi di Haifa saranno senza elettricità. La situazione altrove non è delle migliori: nel centro del paese, oltre a Gerusalemme e Modiin, sono state pesantemente colpite altre località come Nirit, dove alcune case sono in fiamme. E anche le foreste intorno a Nazareth sono minacciate. Secondo i media israeliani, Hamas, da Gaza, avrebbe espresso soddisfazione per i roghi. Tuttavia, da Ramallah, Al Fatah ha condannato tali espressioni di giubilo e il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ha anche offerto aiuti a Israele. Denunciate violenze sui rohingya NAYPYIDAW, 25. L’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha denunciato ieri «pulizia etnica» contro la minoranza musulmana dei rohingya nel Myanmar. Secondo quanto dichiarato da John McKissick, rappresentante dell’Unhcr, l’esercito governativo sarebbe impegnato «in azioni di rappresaglia» contro i rohingya dopo l’uccisione di nove guardie di frontiera a ottobre scorso. «Le forze di sicurezza — accusa ancora il funzionario — hanno massacrato bambini, violentato donne, ucciso uomini, dato fuoco ad abitazioni e costretto la popolazione ad attraversare un fiume per entrare in Bangladesh». Il governo di Naypyidaw ha negato ogni violenza e responsabilità, sostenendo che sarebbero stati i rohingya a incendiare le loro stesse abitazioni. Da circa un mese, sono in corso scontri tra l’esercito governativo e la minoranza musulmana. Dal 9 ottobre scorso, quando un gruppo di rohingya ha assaltato diverse postazioni delle forze di sicurezza, riuscendo a portare via centinaia di armi da fuoco, le autorità hanno chiuso la zona a giornalisti e operatori umanitari, intensificando la presenza dell’esercito. Nonostante la pressione internazionale, indicano gli analisti politici, i disordini continuano e si rischia un’escalation. Privati della cittadinanza e considerati immigrati illegali provenienti dal Bangladesh, i rohingya — come ricordano le Nazioni Unite — sono la minoranza etnica più perseguitata al mondo. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 sabato 26 novembre 2016 Giuseppe De Luca e Giovanni Papini verso la metà degli anni Trenta di PAOLO VIAN uello con Giovanni Papini fu, per don Giuseppe De Luca, il grande rapporto della vita. Il triennio 1930-1932, ora rispecchiato nell’esemplare edizione del carteggio a cura di Anna Scarantino, si presenta come un periodo particolare (G. De Luca - G. Papini, Carteggio, II: 1930-1932, a cura e con un saggio introduttivo di A. Scarantino, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura; I: 1930, pp. CXXVI + 234, 2015; II: 1931, pp. XII + 283, 2015; III: 1932, pp. XII + 179, 2016). Dal 1927 De Luca è archivista presso la Congregazione per la Chiesa Orientale ma vive con crescente insofferenza l’impegno burocratico, che lo distrae dagli studi e dalla scrittura. L’anelito alla liberazione dalle catene dell’ufficio curiale coincide con l’acuta consapevolezza che il nuovo decennio chiude una fase e ne apre un’altra. Il prete romano avverte che si sta ormai compiendo la sua «faticosa uscita di giovinezza»; si sente «sul limitare degli anni buoni, degli anni che spero e voglio laboriosi e grandi» (I, 152). La morte (maggio 1931) del cardinale vicario Basilio Pompili, che «mi volle e fece un bene grandissimo» ma fu anche «il nemico maggiore e irremovibile del mio studio», gli conferma che si è consumata «la liquidazione del ventennio 1911-1931» (II, 67). Con gli anni Venti di fatto termina il periodo di formazione; gli anni Trenta vedranno De Luca, immerso nella sua sta- Q Il carteggio fra Giuseppe De Luca e Giovanni Papini Confronto ricchissimo 207). Infine, a unire i due è lo spirito antiborghese che a Papini fa preferire agli «albergoni di gente ammodo» (Nuova antologia, Pegaso) una «locanduccia di campagna» come il «Frontespizio», dove si «può dire tutto ciò che oggi è concesso dire» (II, 64). Fra confessioni e sfoghi scorrono così questi 243 messaggi, sostanzialmente estranei alla dimensione politica, ma non a soggetti che appassionano i corrispondenti. Scegliamone due. Il primo, fra il luglio e il settembre 1930, è costituito da Gioacchino da Fiore e dalla sua posterità e si allarga a comprendere il ruolo dello Spirito santo, del clero e dell’eresia nella vita della Chiesa. Sono questi gli anni in cui ErEntrambi conducono una duplice battaglia nesto Buonaiuti, privato della cattedra universitaContro la cultura ufficiale ria, si sta dedicando a che vorrebbe eliminare quella cattolica una rivisitazione storica dell’abate calabrese. dal patrimonio nazionale L’edizione di testi e la Ma anche contro l’Italia religiosa ignara di sé stesura di una monografia (1930), segnata da un’interpretazione radigione letteraria, prendere il largo con nuo- cale ed eversiva del personaggio e del suo ve e più vaste esperienze: la collaborazio- messaggio, condizioneranno a lungo la ne al «Frontespizio», con i rapporti sem- comprensione del personaggio. De Luca e pre più stretti con Piero Bargellini, e quel- Papini sembrano condividerla, ma mentre la con la Morcelliana di Brescia, rappre- il primo rifiuta questo Gioacchino buosentata da Fausto Minelli. Nuovi interlo- naiutiano, Papini ne sembra attratto. Concutori soppiantano i vecchi. Nel vorticoso fessando una debolezza per Gioacchino (I, scenario di “porte girevoli” Papini rappre- 104), si domanda se sia necessario spengesenta la stagione della giovinezza e dei re ogni fiamma perché la casa a uso dei primi, incerti passi, lo specchio e il testi- mediocri non bruci. Ogni volta che la mone della crescita e delle sue difficoltà, Chiesa ha represso i moti apocalittici — in una parola, la continuità della sua vita sostiene Papini riprendendo Buonaiuti — ne è derivata una rifioritura di paganesie, in fondo, la garanzia della sua fedeltà. Chi è dunque Papini per De Luca? Si mo. In realtà la promessa di Gesù circa il potrebbe rispondere: è colui che difende De Luca da se stesso, dalle sue contraddizioni, dalle sue incertezze; è colui che ha compreso il De Luca migliore e più vero e vuole salvarlo a tutti i costi, dai pericoli costanti della dispersione, per spingerlo al lavoro sulla storia della pietà italiana che sarà il sogno, mai realizzato, di tutta la sua vita. De Luca lo affermerà con implacabile chiarezza il 29 agosto 1931: ha ben presenti nella memoria «certe sue (scil.: di Papini) parole sulla mia vera vocazione, e sull’amicizia che anche lei ha per questo mio me migliore, quasi ella stia testimone contro ogni mio attentato contro di esso, e incoraggiatore ad amarmi anch’io così» (II, 148-149). In questo intreccio di affetti e contraddizioni, rampogne e propositi, si dipana un’amicizia unica e profondissima, consolidata da impegni e atteggiamenti comuni. Sia Papini che De Luca conducono una duplice battaglia, contro la cultura ufficiale, che ignora quella cattolica e la vorrebbe anzi eliminare dal patrimonio nazionale; ma anche contro l’Italia religiosa, «vecchia oziosa e lenta» (Petrarca, Canzoniere, XI, 12; II, 174), ignara di sé, inconsapevole della sua storia e della sua tradizione, spenta in un’aria asfittica da sacrestia. Per essa De Luca sogna un rinnovamento profondo. Il «Frontespizio» e la Morcelliana devono esserne strumento spezzando «la muraglia cinese fra cattolici e il resto del mondo» (I, 161), tanto più in una Chiesa divisa fra «chiesoline e campanili» (I, 162) che lo irrita e lo indispone. Gli fa eco Papini che tuona contro «tanti cattolicuzzi rinserrati nel devozionalismo esterno» (I, 68) e si dice paradossalmente convinto che la salvezza del cristianesimo verrà dai non cristiani (I, 69). Entrambi sentono poi che il cristianesimo non è calGiuseppe De Luca rappresentato ma quiete (I, 207) o sonno (I, 213), è piutnella Porta della Morte di Giacomo Manzù tosto un «terribile lievito» (II, 15), che in(San Pietro, 1964) duce «l’insonnia della responsabilità» (I, Paraclito non si è esaurita nella Pentecoste. E, se è giusto condannare gli eretici, guai se non ci fossero, a scuotere il perbenismo borghese e tranquillo di tanti cristiani. Si comprende come il Papini profetico delle Lettere agli uomini del papa Celestino VI (1946) e de Il diavolo (1953), che vede «questa civiltà (...) già avvolta da vaporazioni apocalittiche» (I, 186), abbia radici profonde e lontane. De Luca conviene sull’accezione papiniana di eretico (I, 106-107) ma stigmatizza la fantasia gioachimita dell’amico. La discesa dello Spirito santo nel giorno di Pentecoste non ammette altre venute in particolari fasi storiche ma si consuma continuamente nelle anime. De Luca sente nell’amico il pericolo di un cristianesimo non ecclesiastico e reagisce con forza a favore dell’istituzione, anche nelle sue miserie e nei suoi grigiori: «Io non saprei amar Cristo, sentendomi solo» (I, 91), scrive il 5 luglio. Che Papini non disprezzi gli uomini, ma li ami, perché essere cristiani significa «sormontare ogni ora sé stesso» (I, 92). Il confronto prosegue vivace (I, 114-115, 116-117). Papini riconosce che il gioachimismo come forma storica dell’attesa del terzo Regno è morto ma rivendica con forza che il cristianesimo è Attesa, è «una religione di aspettanti» (I, 118-119) e confessa di preferire Bonaventura a Tommaso, che è «tedesco di sangue e d’indole tedeschissimo» (I, 120). Le due risposte di De Luca, del 6 e del 9 settembre 1930, sono di straordinario interesse e valore (I, 127-128, 132-141). Non viene solo considerato il ruolo dello Spirito santo nella vita della Chiesa e del cristiano, ma contro la «pregiudiziale antiecclesiastica» di Papini. De Luca torna ad affermare la dimensione sociale del cristianesimo che di necessità postula la Chiesa, a sostenere il valore del concilio di Trento e del Vaticano I, a difendere e al tempo stesso a circoscrivere il ruolo del clero che, come categoria di uomini, può essere criticato ma, come custode del deposito della fede, non è soggetto al giudizio degli uomini. Contro le ricostruzioni alla Sabatier e le tentazioni “spirituali”, De Luca afferma che lo stesso francescanesimo “puro”, quello delle origini della «fraternitas», per essere fecondo e vitale doveva essere «inalveato» nella Chiesa, anche rinunciando a taluni suoi caratteri originari. In realtà la Rivelazione è compiuta. La discesa dello Spirito santo nei cuori non è una rivelazione successiva e il cristiano può attendere solo la Parusia, non altro, ripetendo sempre le parole dell’Apocalisse (22, 20): Veni, Domine Jesu (saranno le ultime parole di De Luca morente, il 19 marzo 1962, al Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina). Lo Spirito santo dunque non rivela un’altra verità ma rende presente Cristo in noi; e se la vita cristiana, quando è autentica, non è un ricordo archeologico ma una compagnia vitale, ciò è possibile solo grazie allo Spirito (I, 136138). Lo scambio su Gioacchino, sul gioachimismo e sullo Spirito santo rappresenta uno dei momenti più alti del carteggio, ma anche una pagina importante del dibattito del Novecento italiano sull’abate calabrese e meriterà di essere ricordato. L’anno dopo, le parti si rovesciano. L’«apocalittico» Papini difende l’istituzione, mentre l’«integrato» De Luca mostra insofferenza per essa. Nel giugno 1931, in uno dei suoi frequenti momenti di scoramento, De Luca scrive di provare certe volte noia del suo sacerdozio; si sente un isolato; beninteso non vuole lasciare, vuole solo essere prete migliore o meglio vuole solo esserlo «davvero» (II, 89). Per tale motivo si lamenta dell’«accentramento curiale», della «papalatria» «a danno del sia né la storia: «Quel che cerco» è «l’amore di Dio» (II, 172). Un dibattito che sembra rievocare l’incubo di Girolamo, nel quale il dalmata viene duramente accusato da un angelo di non essere cristiano, ma ciceroniano. De Luca, che già si era detto convinto della necessità che i preti pensassero solo al loro ministero (I, 34) e aveva tuonato contro il prete-impiegato (I, 50), forse però si conferma nell’idea che il prete deve comunque essere senza altri impegni e aggettivi, prete-prete. Un’idea che negli anni successivi gli sarà molto cara, diventerà anzi una costante della sua concezione del sacerdozio cattolico e alla quale forse ha contribuito questo confronto col laico Papini. Il ricchissimo confronto del triennio non può ridursi a questi due momenti del dibattito. Nelle lettere vi sono frasi e brani bellissimi, che colpiscono, come quella che De Luca dedica a Cristo, che «non sarà amato, sino a che apparisce un fantasma, un mito, una divozioncella, e non il Signore delle anime, e il Maestro dell’uomo e l’Amico» (I, 74). Ma dal carteggio si possono anche raccogliere una serie di elevazioni decisamente meno mistiche, con giudizi taglienti e talvolta fulminanti, forse non sempre giusti ma comunque «intelligenti», nel senso di capacità di cogliere una personalità nei suoi aspetti più veri e profondi. Eccone alcuni di De Luca. Umberto Benigni, «che ha più malignità che ingegno e ha moltissimo ingegno» (I, 3-4); Ernesto Buonaiuti, «nato prete, non studioso né poeta. E così ora è condannato a non far altro che il prete, sia pure il prete spretato» (I, 114-115); ancora su Buonaiuti, ma riferendo le valutazioni del cardinale Pompili, a proposito di «questo suo prete incredulo del tutto» che «non è né cristiano più né figlio della Chiesa» (II, 80); Agostino Gemelli, «grosso uomo da fiera, senza una sensibilità al mondo» (II, 185). Ma anche il fiorentinissimo Papini non è da meno, a proposito di Giuseppe Ungaretti, «il Valery dei Castelli», «poeta stitico e senso cristiano nei fedeli», dei molti istituti umani che poco hanno a che fare con Cristo (II, 90). In seguito precisa e ribadisce: non ne può più dell’ambiente curiale; non è il sacerdozio a provocargli disagio ma talune traditiones seniorum (II, 105-106). Per quanto De Luca senta il bisogno di chiarire che queste idee nulla hanno a che fare col modernismo, Papini si allarma e il 29 giugno 1931 risponde preoccupato (II, 100-104) e non senza imbarazzo: «Posso io, ultimo venuto nella Chiesa, ricordare a un prete quel che significa esser prete? Posso io, vecchio anarchico, riprovare certe letture — e, vecchio letterato, biasimare certe amicizie?». Papini conviene sui pericoli di un disseccamento della ecclesia ridotta a papismo; ma la Chiesa è la Chiesa. Soprattutto è inquieto, sul piano personale, per i rischi che corre De Luca per le sue letture di Voltaire («lo stile non fa d’un porco un uomo», II, 104), per il suo «epicureismo della parola» (II, 102), per le amicizie con Antonio Baldini e Pietro Pancrazi, ai quali riserva critiche severe. De Luca replica piccato a proposito delle letture e delle amicizie con i letterati: «Ma lei sa che io miro altrove: miro a farmi leggere, a non permettere, mai, che nessuno de’ miei amici non credenti possa credere che io credo perché non ho letto. No, no, mai. Io ho «Gioacchino da Fiore nel suo studio» (1516, incisione) letto né più né meno quel che leggono loro, e credo» (II, 107). E nella lettera si dilunga a spiegare metodo, presuntuoso» con «la più velenosa lingua modalità, intenti delle sue amicizie con i del Regno» (II, 215); di Mario Missiroli, «il Gesuita senza Compagnia» (ibid.); di letterati. Questa del 2 luglio 1931 è una delle let- Ardengo Soffici, «un cattolico alla Maurtere più belle di don Giuseppe, nella qua- ras» (II, 222). Significative sono le indicazioni che De le spiega come meglio non si potrebbe il senso della sua missione ai confini del Re- Luca offre a Papini a proposito del «Frongno, fra i letterati, nell’amore per le belle tespizio». Don Giuseppe lo vuole strulettere. De Luca risponde colpo su colpo mento per vedere il mondo in Dio (II, (II, 119-123), ma anche Papini rincara la 130), lo immagina strumento per «iniziare dose: il letterato non è compatibile col una nuova intelligenza della Storia d’Italia» (II, 193); non scrivendo solo di religione o di arte religiosa, aprendosi anche ad Dalle lettere si possono anche raccogliere «autori non nostri» (II, 198199). De Luca invita quindi una serie di elevazioni Papini a scendere nell’agone decisamente meno mistiche dell’impegno, forse con la direzione di un giornale (I, con giudizi taglienti e talvolta fulminanti 171-173); e lui non si schermiForse non sempre giusti sce ma non nasconde perplessità perché «i violenti ma comunque intelligenti che dovrebbero rapire il cielo son divenuti scaldapanche o ronds-de-cuir» (I, 176). Di prete (II, 125-127) e un uomo che veramen- più, De Luca vuole che divenga «il leader te vive con Dio non è mai solo. De Luca dell’anima italiana, cristiana e nazionale, riconosce che «soffro d’amore alla lettera- specie dell’animo giovanile» (II, 174). Il tura» (II, 145) e offre a Papini il destro per momento, subito dopo la Conciliazione ribadire nuovamente: De Luca prete ama del 1929, è unico perché sino ad allora i troppo la letteratura (II, 167-168). Provo- cattolici erano stati partito, i clericali, cando ancora la reazione di De Luca che mentre ora possono divenire nazione, reail 20 settembre, senza preoccuparsi di con- lizzando veramente l’unità italiana finora traddirsi, afferma risolutamente di non mancata. Per i due amici sarà l’impegno, amare in fondo né la letteratura né la poe- instancabile e generoso, degli anni Trenta. L’OSSERVATORE ROMANO sabato 26 novembre 2016 pagina 5 Beato Angelico, «Storie di san Nicola di Bari» (1437) La vita eterna nella visione cristiana Verso il mare senza confini stiana nella vita degli uomini. Poiché, secondo la promessa della fede cristiahe speranza sarebbe una na, è la vita presente che verrà glorifisperanza valida soltanto cata nel futuro in Dio, la speranza nelper questa vita terrena e la la vita dopo la morte riporta l’attencui unica forza consiste- zione del cristiano alla vita presente rebbe in ultima analisi prima della morte. Lo sguardo fidunell’avvicinarci alla fine certa della no- cioso che si spinge oltre i confini della stra vita nella tomba? Allora davvero, morte verso il compimento della vita come dice giustamente Paolo, sarem- nell’aldilà non può dunque mai distomo «da compiangere più di tutti gli gliere il cristiano dai compiti del preuomini» (1 Corinzi, 15, 19). Ma la spe- sente; piuttosto, esso lo induce ad afranza cristiana degna di questo nome frontare questi compiti in maniera deha un più ampio respiro. Essa dà pro- cisa e ad impegnarsi a favore della vita va di sé anche e precisamente oltre la degli altri uomini e di tutto il creato. Questa conseguenza logica della femorte. Difatti, il vero amore vuole l’eternità, come ha sottolineato in ma- de ha trovato conferma in vari modi niera pertinente il poeta francese Ga- nella storia del cristianesimo. Basti ribriel Marcel: amare davvero qualcuno cordare l’esempio eloquente di quelle significa dirgli che non morirà. La ve- comunità monastiche e religiose che, ra speranza dà prova di sé nel fatto per desiderio della vita eterna quale che accordiamo ai morti la vita eterna. patria, hanno lasciato la loro patria Ancor più, l’amore infinito di Dio terrena per cercare e testimoniare Crivuole l’eternità per ogni uomo. In sto come stranieri in terre straniere, questo consiste la grande speranza entrando così a far parte dei principali della fede cristiana, come ha espresso Papa Benedetto XVI con parole molto belle nella Spe salvi, riferendosi a quanto detto da Giuseppina Bakhita: «Io sono definitivamente amata e qualunque cosa accada — io sono attesa Pubblichiamo uno stralcio della relazione da questo Amore» (n. 3). del cardinale presidente del Pontificio L’escatologia cristiana Consiglio per la promozione dell’unità dei promette all’uomo il futucristiani pronunciata il 25 novembre ro, se l’uomo vive in durante il simposio internazionale quella grande speranza sull’escatologia promosso dalla Fondazione che può essere soltanto Ratzinger. L’incontro si conclude il 26 Dio, il quale è il solo che novembre con la consegna del premio può donarci ciò che non Ratzinger. possiamo ottenere da soli, ovvero la vita eterna. La dinamica di questa speranza nella vita dell’uomo è stata descritta dal pilota e scrittore francese Antoine de Saint- diffusori di civiltà e di cultura nel paeExupéry: «Se vuoi costruire una barca, saggio europeo. non radunare uomini per tagliare leSimilmente, noi cristiani ci troviamo gna, dividere i compiti e impartire or- oggi davanti alla sfida di mantenere in dini. Ma desta in loro il desiderio per un sano equilibrio ciò che non può esil mare vasto e infinito». Se trasferia- sere diviso, preservando le giuste priomo questa massima alla fede cristiana rità, come ha osservato in maniera e al suo annuncio, possiamo declinarla pertinente Christoph Schönborn (Exinel senso seguente: è più importante stenz im Übergang. Pilgerschaft, Reindestare nell’uomo di oggi il desiderio karnation, Vergöttlichung, Einsiedeln per l’ampio oceano della vita eterna 1987, p. 94): «La vera “responsabilità che organizzare la vita presente. per l’aldiqua” cresce soltanto in base Si fraintenderebbe la massima di all’autentica “speranza nell’aldilà”. Ma Saint-Exupéry se la si intendesse come vale anche l’inverso: la responsabilità un invito all’evasione dal mondo e per la vita eterna dà, ancora di più, una promessa illusoria dell’aldilà, secondo quanto rinfacciato al cristianesi- vera gioia a questa vita: dalla “responmo da Ludwig Feuerbach e da Karl sabilità per l’aldilà” cresce la vera Marx. Si deve cogliere dunque anche “speranza nell’aldiqua”». di KURT KO CH C Un’iniziativa senza precedenti Capolavori vaticani a Mosca di SILVIA GUIDI n’iniziativa che sarebbe piaciuta moltissimo allo scrittore russo Vassilij Grossman, perdutamente innamorato della Madonna Sistina di Raffaello e conquistato dalla dolcezza della pittura italiana, in particolare dei capolavori custoditi nei Musei vaticani. Grossman, autore dello splendi- U Caravaggio, «La Deposizione» (1602-1604 circa) do affresco letterario Vita e destino, per tutta la sua esistenza non ha mai smesso di riflettere e interrogarsi sul valore estetico della grande arte, e soprattutto sul suo potente, misterioso messaggio simbolico e spirituale. Stiamo parlando della mostra «Roma Aeterna» appena inaugurata presso la Galleria Tetryakov di Mosca, che porta sul suolo russo un gran numero di tesori e capolavori vaticani, da Raffaello a Caravaggio. Gli ambasciatori non sono solo persone in carne e ossa; possono esserlo o diventarlo anche le grandi opere d’arte, ha ribadito l’arcivescovo Celestino Migliore, nunzio della Santa Sede nella Federazione russa durante i festeggiamenti per l’inaugurazione. «Crediamo fermamente — ha detto Migliore — che i buoni rapporti tra le persone e le religioni siano di vitale importanza al fine di favorire la crescita e il progresso della società umana e ci auguriamo che questa mostra di alcuni capolavori dei Musei vaticani, ospitata dalla Galleria Tetryakov, così come lo scambio di esposizioni che avverrà nei Musei vaticani, favoriscano la reciproca conoscenza, comprensione e cooperazione tra la Santa Sede e la Federazione russa. In realtà, la Santa Sede e la Federazione russa hanno mantenuto buoni rapporti ufficiali e diplomatici nell’antico passato e più recentemente, ormai da un quarto di secolo. Indubbiamente, lo storico incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill, lo scorso febbraio all’Avana, fu un punto di arrivo di questa mutua intesa e allo stesso tempo un punto di partenza per una rinnovata e sempre più intensa cooperazione». Lo Stato della Città del Vaticano — ha detto il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato, parlando ai moscoviti presenti all’inaugurazione — è nel cuore di quella città eterna che è stata nei secoli passati, ed è ancora oggi, oggetto di grande ammirazione e amore da parte del popolo russo. «Questa iniziativa non ha precedenti: per la prima volta nella storia dei Musei vaticani sono state prestate opere d’arte in numero e qualità così eccezionali. I 42 capolavori ora esposti nella Galleria Tetryakov rappresentano un’importante nucleo della raccolta di dipinti della Pinacoteca vaticana. Pietro Lorenzetti, Beato Angelico, Melozzo da Forlì, Giovanni Bellini, Perugino, Raffaello, Correggio, Veronese, Guido Reni, Guercino e Caravaggio sono solo alcuni dei numerosi artisti presenti in questa mostra. Ci sono voluti tre anni di preparativi e una complessa organizzazione, ma i Musei vaticani hanno voluto che queste meraviglie arrivassero nella vostra città in un emblematico esempio della loro missione». Iniziative come questa rappresentano una vera eccezione. Tre anni fa — conferma Barbara Jatta, vice direttore dei Musei vaticani — Antonio Paolucci e la direttrice della Galleria Tetryakov Zelfira Tregulova hanno iniziato a prendere gli accordi preliminari che hanno portato alla selezione delle opere ora esposte a Mosca. Quarantadue capolavori che di rado escono dallo Stato della Città del Vaticano, e se questo avviene, mai tutti insieme. «Si è voluto dar conto — spiega Jatta — della specificità della collezione di dipinti mobili della Pinacoteca vaticana, che è parte del complesso sistema dei Musei. Le opere esposte sono state selezionate da ognuna delle sale, operando una scelta cronologica che desse conto della specificità della raccolta e in grado di offrire un sintetico viaggio nell’arte italiana di sette secoli». L’itinerario viene aperto cronologicamente da una preziosa immagine, databile al XII secolo del Cristo Benedicente, prototipo ancora bizantineggiante del culto del Cristo Pantocrator. Il secolo successivo, il Trecento è narrato da artisti come Pietro Lorenzetti (Cristo di fronte a Pilato), probabile parte di un piccolo altare portatile, o il giottesco Alesso d’Andrea e l’elegante Mariotto di Nardo. Al gusto del gotico internazionale rimanda l’immagine di san Nicola che salva una nave da un naufragio, predella del noto Polittico Quarantesi di Gentile da Fabriano, e le due opere di Giovanni di Paolo, la Natività e L’annuncio ai pastori. «Tra i più noti, Beato Angelico, che nelle Storie di san Nicola ci illustra il lato cristiano del linguaggio figurativo rinascimentale, limpide e chiare immagini di religione e preghiera, teologia in figura» spiega Jatta. Il Seicento ha il suo massimo capolavoro nella Deposizione di Caravaggio, attorniata da un gruppo di dipinti di al- Gli ambasciatori non sono solo persone in carne e ossa possono esserlo o diventarlo anche le opere d’arte tissimo valore come Trinità con Cristo morto di Ludovico Carracci, o le pitture eteree di Guido Reni, o quelle coloristiche e intense di Guercino. Ma anche la Giuditta con la testa di Oloferne di Orazio Gentileschi o le opere di Pietro da Cortona. «È un allestimento — continua Jatta — che ha spogliato la Pinacoteca Vaticana di alcuni dei suoi pezzi più celebri e lasciato dei vuoti nelle sale che abbiamo dovuto faticosamente colmare con sostituzioni e iniziative espositive che non facessero sentire la loro mancanza (nella dodicesima sala, quella Barocca di Caravaggio, Poussin e Guercino abbiamo aperto la scorsa settimana una mostra dedicata a Giovan Lorenzo Bernini). Ma il sacrificio di questi prestiti, che pure è stato grande, ha avuto per noi il significato di un atto di gratitudine nei confronti dell’antico amore della Russia per la città eterna». Fondazione Ratzinger l’altro lato della massima di SaintExupéry: per quanto, nel voler costruire una barca, sia meglio destare nell’uomo il desiderio per il mare vasto e infinito piuttosto che tagliare la legna, dividere i compiti e impartire ordini, non appena il desiderio per il mare vasto e infinito sarà stata destato, gli uomini si metteranno immediatamente al lavoro e costruiranno la barca come previsto. Analogamente, la speranza cristiana nella vita eterna non offusca minimamente lo sguardo rivolto alla vita presente, terrena, ma mostra in modo particolare l’importanza della fede cri- La carta d’identità di Albino Luciani A quasi tre mesi dall’inaugurazione, avvenuta lo scorso 26 agosto, il museo Albino Luciani (Musal) a Canale d’Agordo si arricchisce di nuovi cimeli appartenuti al “Papa del sorriso” nel corso della sua vita pastorale. Tra i doni c’è lo zucchetto episcopale, che si aggiunge così allo zucchetto patriarcale e a quello papale già presenti all’interno del museo. Il copricapo rosso, indossato da Luciani in occasione della nomina, da parte di Paolo VI, a capo del patriarcato di Venezia è stato consegnato da monsignor Ettore Fornezza insieme con un biglietto autografo del 1971 che lo stesso patriarca Luciani inviò ai chierichetti della sua diocesi augurando loro buona Pasqua. Don Andrea Tison, già parroco di Canale d’Agordo, ha donato alcuni oggetti personali appartenuti a don Albino: tra questi, un apparecchio telefonico e una teca d’argento per la conservazione del santissimo viatico, utilizzata da Luciani per portare l’eucaristia ai malati e agli infermi quando era prete e vicario generale della diocesi di Belluno-Feltre. Inoltre don Tison ha consegnato a Loris Serafini, curatore del Musal, fotografie dell’Osservatore Romano raffiguranti alcuni momenti del papato di Giovanni Paolo I e la visita di Giovanni Paolo II a Canale d’Agordo. Il Musal ha quindi ricevuto un altro prezioso documento: la carta d’identità di Albino Luciani del 1976, quando era patriarca di Venezia. Questo cimelio, arrivato dal Belgio grazie a padre Johan Goossens, priore dell’abbazia di Sankt Norbert a Grimbergen, è stato accolto con grande emozione poiché viene a sostituire la fotocopia del documento esposta finora al museo. Il Musal a Canale d’Agordo Un recupero per san Luigi Un modo concreto per rendere omaggio a san Luigi Gonzaga: il 25 novembre viene presentato all’Oratorio del Caravita a Roma il lavoro di ripulitura e recupero di alcuni ambienti del Collegio Romano e della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio, note come le “camerette” di san Luigi presso la chiesa di Sant’Ignazio. Il recupero è stato possibile grazie al contributo del Fec, del MiBac, della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra e della Fondazione Sorgente Group. Visitate ogni anno da un migliaio di persone, le stanze prendono il nome dal giovane Luigi Gonzaga (1568-1591) che rinunciò ai privilegi della vita nobiliare, contro il parere della famiglia, per dedicarsi alla vita religiosa nella Compagnia di Gesù, morendo di peste a 23 anni. Il restauro viene illustrato da Claudio Strinati, direttore scientifico della Fondazione Sorgente Group, da Emanuela Settimi, che ha diretto i restauri per le Soprintendenze, da Susanna Sarmati, che li ha realizzati e da padre Francesco De Luccia che ha seguito i lavori. Colonna sonora dell’incontro, brani eseguiti con l’organo di fine Settecento dell’Oratorio del Caravita, restaurato quattro anni fa. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 sabato 26 novembre 2016 Impegno ecumenico delle Chiese in Brasile D iritti e giustizia per le donne «Come il movimento ecumenico può combattere la violenza contro le donne? Come affermare e difendere i diritti delle donne?»: questi gli interrogativi centrali del convegno «Mulheres: direitos e justiça – Compromisso Ecumênico» (Donne: diritti e giustizia - Impegno ecumenico) promosso a San Paolo dal Conselho Nacional de Igrejas Cristãs (Conic) del Brasile, in collaborazione con Christian Aid. L’incontro, che si inserisce in un progetto pluriennale portato avanti dal Conic per la promozione del ruolo della donna nella Chiesa e nella società, è stato pensato soprattutto per discutere della violenza di cui è continuamente vittima l’universo femminile. Un modo per proseguire il cammino che da anni vede i cristiani del Brasile impegnati nella denuncia dei casi di sopraffazione e dell’emarginazione delle donne così pure nella definizione di specifici percorsi culturali e sociali. Il convegno è stato così l’occasione per un incontro tra oltre cento donne di diverse Chiese e comunità ecclesiali, non solo del Brasile, per favorire una sempre maggiore condivisione delle esperienze ecumeniche delle realtà locali e per definire progetti e iniziative. Tra le partecipanti anche Glória Ulloa, membro della presidenza del World Council of Churches, e Deolinda Teka, segretaria generale del Conselho de Igrejas Cristãs de Angola: la loro presenza ha voluto sottolineare come riflettere ecumenicamente sul ruolo e sui diritti della donna nella vita della Chiesa costituisca una delle sfide centrali per il cammino ecumenico del XXI secolo. Uno spazio particolare è stato destinato anche al recupero della memoria storica di cosa è stato fatto per la lotta alla violenza contro le donne dal movimento ecumenico, con riferimento soprattutto al decennio 2001-2011 dedicato al superamento della violenza nella vita quotidiana. Si è tracciato così un bilancio, partendo dalla realtà brasiliana, per indicare quali devono essere i campi nei quali il movimento ecumenico può e deve operare per affermare l’effettiva l’ugua- I vescovi di Inghilterra e Galles preoccupati per l’effetto della Brexit Prima di tutto chi ha bisogno LEEDS, 25. Giubileo, Brexit e il congresso eucaristico del 2018 sono stati i principali temi affrontati dalla Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles riunita nei giorni scorsi a Leeds per l’assemblea plenaria. Durante i lavori i presuli hanno pregato per la pace nel mondo, soprattutto per il Sud Sudan, l’Ucraina e il Medio oriente e hanno sottolineato l’atteggiamento più duro dei media nei confronti dei rifugiati che, «sempre più spesso, vengono descritti come un problema invece che come esseri umani con una storia e un grande bisogno di aiuto». Al riguardo, l’episcopato ha sottolineato quanto sia importante la presenza degli immigrati in Gran Bretagna e Galles anche per la comunità cattolica: «Un segno della diversità della Chiesa in questo Paese che conta oltre cinquanta lingue diverse in alcune parrocchie e sessanta cappellani etnici nella capitale». «I vescovi — ha spiegato al Sir il portavoce della Conferenza episcopale — sono critici verso chi promuove ostilità nei confronti degli stranieri, come è avvenuto durante la campagna referendaria sulla Brexit, pur riconoscendo che c’è una parte della popolazione che ha votato contro l’Unione europea perché si sente impoverita dalla crisi economica ed esclusa dal processo politico. È importante che la voce di questi ultimi venga ascoltata evitando un’agenda ostile nei confronti degli stranieri». I presuli hanno confermato che, qualsiasi forma prenda la Brexit, la procedura di uscita dall’Unione europea, essi continueranno a partecipare alle organizzazioni episcopali europee del Consiglio delle Conferenze dei vescovi d’Europa (Ccee) e della Commissione delle Conferenze episcopali della comunità europea (Comece) e sono «preoccupati dei Durante il giubileo ogni vescovo ha visitato le prigioni nella sua diocesi, portando l’invito di Papa Francesco a ogni carcerato a considerare la porta della prigione come una porta santa. La conferenza episcopale ha anche lanciato un appello affinché si abolisca la richiesta di indicare una precedente esperienza carceraria nei moduli per la richiesta di lavoro. Necessario anche, secondo la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, un numero maggiore di personale in servizio all’interno delle carceri. Come accennato, i vescovi hanno anche dato il via libera al congresso eucaristico del 2018 che si svolgerà a Liverpool a settembre. Soltanto il secondo, dopo quello del 2005 di Birmingham, nella storia della Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles. più poveri che rischiano di pagare il prezzo maggiore» della decisione del Regno Unito. Altro tema affrontato dall’episcopato è il giubileo della misericordia, appena concluso, che ha portato grandi frutti. «Prima di tutto l’enorme successo del sacramento della riconciliazione, che è stato riscoperto da migliaia di persone. In oltre diecimila — ha aggiunto il portavoce dei vescovi — sono saliti sul bus della misericordia, organizzato dalla diocesi di Salford, che ha girato le città del nord di Inghilterra con tre sacerdoti a disposizione per la confessione, una benedizione o una semplice chiacchierata, testimoniando la vitalità della devozione anche da parte di tanti non cattolici raggiunti nei più importanti centri commerciali del nord». La presidenza della Ccee dopo la chiusura del Giubileo Continua misericordia ST. GALLEN, 25. «Nei prossimi mesi, il Ccee sarà sollecito nell’aiutare le Conferenze episcopali a individuare i modi migliori per rispondere alle diverse proposte concrete fatte dal Santo Padre sia nella pastorale sia nell’impegno sociale di ogni fedele e di ogni comunità locale. Aderendo alle intuizioni di Papa Francesco, si auspica un rinnovamento del volto della Chiesa tramite una conversione pastorale che renda più luminosa una “cultura della misericordia” (cfr. Misericordia et misera, 20)»: è quanto si legge in una nota della presidenza del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), diffusa oggi. «La Chiesa cattolica in Europa — continua la nota — ha vissuto con gioia e speranza l’Anno giubilare che si è appena concluso» nella convinzione che alla base dei problemi attuali c’è «lo scollamento dei grandi valori promossi e sostenuti dal Vangelo che hanno ispirato la cultura europea». L’impegno del Ccee allora «vuole essere anche una concreta risposta alla proposta di Papa Francesco presente nella lettera apostolica «Misericordia et misera», pubblicata a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia. glianza tra uomo e donna. Tanto da contribuire alla testimonianza dell’amore di Dio per il mondo e alla creazione di una nuova società, ispirata ai valori biblici, che costituiscono una fonte perenne di unità tra i cristiani. Il dibattito sui criteri ermeneutici nella lettura delle Scritture è stato un altro aspetto discusso nella convinzione che proprio la riscoperta della Parola di Dio può alimentare forte- delle organizzazioni ecumeniche di denuncia della violenza contro le donne e della costruzione di percorsi di giustizia. Tali progetti, è stato rimarcato, devono coinvolgere la vita quotidiana delle comunità cristiane, dal momento che, come emerso da una recente ricerca, nel 40 per cento delle comunità avvengono, con forme e modalità molto diverse tra di loro, degli atti di violenza e di discriminazione nei confronti delle donne. Nella formu- mente il ripensamento della figura della donna, offrendo quegli elementi fondanti una reale cultura della giustizia. Al tempo stesso, come è stato sottolineato nella liturgia ecumenica di apertura, a commento di un celebre passo di Giovanni (8, 1-11), la Parola di Dio ricorda a tutti i cristiani che negare la sacralità e la dignità del corpo femminile è un peccato che non può essere più tollerato. Per questo, è stato detto ricordando l’episodio dell’incontro di Gesù con l’adultera, deve finire il tempo di giudicare le donne «con le pietre». La lettura delle Scritture deve quindi aiutare i cristiani a seguire la strada indicata da Dio per una giustizia della riconciliazione, che parta dalla condanna di ogni forma di violenza. A San Paolo si è discusso anche di come sostenere i progetti lazione di nuovi progetti, soprattutto nel campo dell’educazione al rispetto dei diritti delle donne, si è notato quanto ancora deve essere fatto, nonostante i tanti passi ecumenici compiuti in questi ultimi anni per affermare come non si possa mai invocare la Parola di Dio per giustificare la violenza contro una donna. (riccardo burigana) Un volume sul confronto teologico fra le Chiese Dialogo a oriente GINEVRA, 25. Argomenti antichi, che si perdono nella notte dei tempi, ma che lasciano tuttora i loro strascichi fatti di diffidenza e incomprensione. Questioni teologiche cruciali, riguardanti il cuore stesso della fede cristiana, che restano irrisolte nonostante decenni di incontri e tentativi di riconciliazione. Parla del dialogo fra le Chiese ortodosse di tradizione bizantina e le Chiese ortodosse orientali (o precalcedonesi) il libro di Christine Chaillot, laica ortodossa svizzera, The dialogue between eastern orthodox and oriental orthodox Churches (Volos, Volos Academy Publications, 2016, pagine 520, dollari 27), presentato venerdì scorso a Ginevra, nella sede del World Council of Churches, sotto il patronato della Delegazione permanente del patriarcato ecumenico. È stato lo stesso patriarca Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, a scrivere la prefazione del volume che raccoglie trentaquattro articoli e importanti documenti. L’obiettivo è contribuire alla conoscenza reciproca di tali Chiese e alla promozione delle relazioni panortodosse. Com’è noto, dopo il 451 queste due branche antiche del cristianesimo sono separate attorno alla definizione delle due nature, umana e divina, di Cristo in una persona, formulata al concilio di Calcedonia (la natura divina e la natura umana di Gesù sono unite «senza confusione e senza separazione»). Tale affermazione fu rigettata dalle Chiese copta, armena apostolica, etiope, eritrea e sira (con le sue ramificazioni indiane) le quali continuarono a professare la dottrina di san Cirillo d’Alessandria — «una sola natura incarnata di Dio il Verbo» — approvata durante il terzo concilio ecumenico di Efeso (431). Queste Chiese, per le quali il logos è carne, non hanno dunque mai accettato la definizione calcedonese delle «due nature in Cristo», considerandola in contrasto con la professione di fede del concilio di Efeso nella quale si era definita «un’unione perfetta della divinità e dell’umanità di Cristo». In pratica queste Chiese credono che mai, nemmeno per un momento, la natura umana del Signore sia esistita separata dalla sua natura divina. Da qui l’appellativo di “precalcedonesi” perché condividono con gli altri cristiani solo le decisioni dei concili precedenti a quello di Calcedonia. Su di loro, nel corso dei secoli, anche l’accusa di monofisismo, forma cristologica secondo la quale la natura umana di Gesù era assorbita da quella divina, e di conseguente eresia in quanto tale teoria negherebbe l’umanità del Figlio di Dio e la fede nell’incarnazione. Dal 1964 in maniera informale, dal 1985 ufficialmente, si è instaurato un tavolo di dialogo con l’obiettivo di tentare di risolvere le differenze teologiche e giungere a una piena comunione fra le due famiglie ecclesiali. I partecipanti ai colloqui hanno affermato tra l’altro che, nonostante i malintesi di interpretazione, i due gruppi di Chiese avrebbero nei secoli «mantenuto l’autentica fede cristologica ortodossa e la continuità ininterrotta della tradizione apostolica, benché abbiano utilizzato termini cristologici in modo diverso» (Dichiarazione di Chambésy, novembre 1993). Conclusioni, queste ultime, non accettate da tutti. C’è chi teme di scendere a compromessi sulla fede, chi sostiene la necessità di ulteriori approfondimenti. Il libro include, fra gli altri, articoli di Aram I, catholicos di Cilicia della Chiesa armena apostolica, del metropolita di Monte Libano, Georges, del metropolita di Francia, Emmanuel, e del metropolita di Volokolamsk, Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del patriarcato di Mosca. (giovanni zavatta) «Il concilio di Efeso», Lione, basilica di Notre-Dame de Fourvières (particolare del mosaico) I greco-ortodossi di Alessandria sul diaconato femminile IL CAIRO, 25. Il sinodo greco-ortodosso di Alessandria e di tutta l’Africa, riunito sotto la presidenza del patriarca Teodoro II, ha deciso di ripristinare l’istituto del diaconato femminile e ha nominato una commissione di vescovi «per un esame approfondito della questione». A esporre in una relazione all’assemblea sinodale il potenziale ruolo delle diaconesse nell’opera missionaria, riferisce l’agenzia Fides, è stato il metropolita Gregorio del Camerun. Nel comunicato finale dei lavori, i membri del sinodo hanno voluto sottolineare che «i diversi approcci ai problemi della vita della Chiesa non sono per noi deviazioni dalla verità ortodossa, ma rappresentano l’adattamento alla realtà africana». La discussione sull’eventuale ripristino del diaconato femminile è aperta da tempo all’interno di istituzioni teologiche dell’ortodossia calcedonese. L’OSSERVATORE ROMANO sabato 26 novembre 2016 pagina 7 Pontormo, «Visitazione» (1528-1530) di BENIAMINO STELLA Maria santissima, l’“onnipotente per grazia”, come recita la supplica alla regina del rosario di Pompei, è l’icona più bella: toccata dalla misericordia di Dio, che si è chinata su di lei. Ella è diventata madre amorevole e compassionevole, pellegrina di fede in cammino con gli uomini e le donne di ogni tempo, sicura speranza per tutti coloro che cercano Dio. Maria — come ha scritto il Santo Padre — «è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore» (Misericordiae vultus, 24). Allo stesso modo, possiamo chiederci: chi entra nei nostri santuari partecipa al mistero dell’amore di Dio? I nostri luoghi di culto e di pellegrinaggio favoriscono l’incontro con il Signore e con la sua misericordia, o restano solo dei luoghi decorativi della nostra religiosità? Questi interrogativi stimolano il nostro impegno pastorale a fare dei santuari i simboli della fede del nostro popolo; luoghi nei quali le persone, arrivando da strade diverse, portano a Dio le loro fatiche e le loro speranze; spazi di preghiera, di silenzio, di riconci- A Pompei Accolti dall’arcivescovo prelato Tommaso Caputo, i rettori e gli operatori pastorali dei santuari italiani si incontrano in questi giorni (21-25 novembre) a Pompei per il loro cinquantunesimo convegno nazionale sul tema «Maria, Madre di Misericordia». Pubblichiamo ampi stralci dell’omelia tenuta dal cardinale prefetto della Congregazione per il clero e della relazione svolta dall’arcivescovo di Chieti-Vasto. L’incontro con l’amore di Dio Sulle nostre stesse strade liazione e di carità, nei quali, in mezzo alle vicende della vita, anche le più dolorose, è possibile incontrare l’amore misericordioso di Dio, che libera e guarisce. Ce lo ricorda bene il Vangelo di oggi, che descrive, con le tinte forti del linguaggio apocalittico, i segni di decadenza della creazione e gli avvenimenti umani, talvolta feriti dalla violenza e dal male; è proprio in mezzo a questi eventi che il Signore viene a salvarci: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Luca, 21, 28). È una Parola che semina speranza nel nostro cuore, diradando la nube tossica della paura, della rassegnazione e della tentazione di credere che il male sia più forte e che abbia l’ultima parola su di noi: Dio scaccia il male e vince la morte, intessendo una storia di salvezza dentro le trame della nostra vita quotidiana. È questo che, anche oggi, il Popolo di Dio viene a cercare nei nostri santuari. Essi permettono l’esperienza della preghiera, della carità e della riconciliazione e, così, sono luoghi che aiutano la gente a “risollevarsi” e “alzare il capo”, rinnovando la fede in Dio e ricevendo la sua liberazione. «Alzate il capo»: è bello vedere che il Signore desidera figli capa- ci di «stare in piedi», che non siano cioè ripiegati sotto il peso del male e della paura. Il verbo “alzatevi”, usato dal Vangelo, è lo stesso che viene utilizzato per la risurrezione di Gesù: siamo risorti con Cristo e, per questo, anche nelle difficoltà, possiamo vivere la nostra vita restando in piedi e guardando in alto. Ogni giorno entriamo nelle battaglie della vita, lavoriamo e ci impegniamo in tante cose, talvolta fronteggiamo situazioni di disagio o di dolore, e ci portiamo dentro pesi, angustie e attese; eppure, forti dell’amorevole compagnia di Dio, che percorre le nostre stesse strade, restiamo in piedi; non cediamo al male, non ci lasciamo andare allo scoraggiamento, non ci irrigidiamo nella paura. Noi camminiamo guardando sempre avanti, perché sappiamo che Dio ci viene incontro con la sua salvezza. L’incontro con Dio deve essere misurato nella vita concreta: o ha cambiato il nostro modo di pensare e di agire o ancora deve maturare e diventare autentico. Accogliere Dio significa lasciare che la nostra umanità venga trasformata a immagine di Gesù, cioè diventare capaci di amare gratuitamente e fino al dono sé, di abbattere le ostilità che ci separano dagli altri, di saperci fermare presso i fratelli feriti e farci loro prossimi. I nostri santuari, perciò, sono il luogo in cui, dalla relazione con Dio e dalla devozione a Maria e ai santi, impariamo la carità, che è il cuore del Vangelo. Sarebbe una fede povera, comoda e perfino rischiosa, quella che ci conducesse verso la cima del monte di Dio senza donarci, però, il desiderio e il coraggio di scendere verso la pianura, in mezzo ai fratelli e nel cuore dei loro tormenti e delle loro fatiche. La Vergine nel racconto evangelico Gioia della misericordia di BRUNO FORTE La convinzione che la contemplazione della figura di Maria sia via privilegiata verso la conoscenza e l’adorazione del mistero salvifico fa parte della grande tradizione cristiana indivisa: Zwinglio, il riformatore di Zurigo, non esitava ad affermare che «quanto più cresce la gloria e l’amore di Cristo Gesù fra gli uomini, tanto più cresce la valorizzazione e la gloria di Maria, perché Maria ci ha generato un Signore e Redentore così grande e ricco di grazia» (Marienpredigt). E Karl Barth, il grande teologo evangelico che nella Kirchliche Dogmatik strenua- mente aveva difeso il dogma della verginità di Maria, diceva: «Maria è semplicemente l’essere umano a cui accade il miracolo della rivelazione». Chi contempla Maria si approssima insomma al cuore stesso della rivelazione e si apre alla verità più profonda dell’essere della creatura davanti al Creatore. Mosso da questa convinzione, Paul Claudel asseriva: «Semplicemente perché tu esisti, madre di Gesù, che tu sia ringraziata». E il poeta Novalis non esitava a scrivere: «Chi, madre, t’ha veduta una volta, non subirà mai più l’incanto del male». Alle voci del cristianesimo occidentale, si Simposio internazionale organizzato dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica Come coniugare economia e carisma È giunto il momento di ripensare in profondità l’economia e la gestione del denaro e delle opere proprie dei consacrati alla luce della fedeltà al Vangelo e al carisma. L’invito viene dall’arcivescovo José Rodríguez Carballo, che nel pomeriggio di venerdì 25 novembre ha aperto il simposio internazionale sul tema: «Nella fedeltà al carisma ripensare l’economia degli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica». Promosso dal dicastero, l’incontro si svolge a Roma, presso la Pontificia università Antonianum, fino a domenica 27. Nel suo intervento il segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica ha sottolineato come i due principi di fedeltà al Vangelo e al carisma, non opponendosi certamente a una gestio- Prima riunione della commissione Si studia il diaconato delle donne È iniziata venerdì 25 novembre la prima riunione della Commissione di studio sul diaconato delle donne, istituita da Papa Francesco lo scorso 2 agosto per compiere uno studio oggettivo sulla situazione nei primi tempi della Chiesa. Sotto la presidenza dell’arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, i membri della Commissione si riuniscono nel corso di due giornate, in sessioni mattutine e serali, presso la sede della Congregazione per la dottrina della fede. ne professionale degli istituti religiosi, «sono irrinunciabili per tutti i consacrati e, in quanto tali, devono contrassegnare qualunque altro criterio». È quindi importante «passare dall’atteggiamento di spettatori di ciò che succede nel mondo dell’economia» a quello di «seminatori di cambiamento» delle strutture economiche. Si tratta, come ha detto Papa Francesco ai partecipanti all’incontro mondiale dei movimenti popolari del 5 novembre scorso, di essere «promotori di un processo in cui convergono milioni di piccole e grandi azioni concatenate in modo creativo, per camminare verso un’alternativa umana di fronte alla globalizzazione dell’indifferenza». In questo contesto, non si può dimenticare che lungo i secoli, i consacrati, in determinati momenti critici, «hanno fatto scelte innovatrici e profetiche nell’ambito dell’economia per il servizio dell’intera società, come nel caso della creazione dei monti di pietà da parte dei francescani». Infatti, ha aggiunto il presule, «chi sceglie la povertà è obbligato a parlare molto del denaro per mettere in atto la povertà liberamente abbracciata». In questo senso, perché una scelta ideale «non rimanga pura utopia» devono esserci scelte istituzionali che «permettano a esse di prendere consistenza». È questa, ha ribadito, una responsabilità a cui non possono venir meno i consacrati di tutti i tempi: quella di formarsi — ha detto — «alla dimensione economica in linea con il carisma proprio, affinché la gestione delle opere proprie e le scelte di missione possano essere veramente profetiche e non semplicemente continuative». Una parola, infine, sulla riconciliazione. È una delle esperienze più belle che un pellegrino possa vivere arrivando in un santuario. Ritrovare il silenzio interiore, avere la possibilità di guardare alla propria vita attraverso le lenti della Parola di Dio e, soprattutto, potersi accostare al torrente di grazia della Sua misericordia attraverso il sacramento della confessione. La festa di questo incontro con la misericordia di Dio rinnova il nostro cuore ferito, ristora le nostre membra stanche, ci solleva dai pesi che talvolta incombono su di noi, abbatte le barriere create dall’egoismo, dall’orgoglio e dall’indifferenza; quando sperimentiamo lo sguardo misericordioso di Dio sulla nostra vita, davvero siamo capaci di rialzarci e di ripartire con rinnovate energie. mico, gestionale e fi- nomica che crei fraternità e conanziario è sempre munione; a una gestione econodell’istituto e non può mica che ci faccia ospiti e ospitaessere lasciata a laici o a li, non padroni; a una gestione membri di altri istituti». economica che ci conduca alla reL’arcivescovo ha poi sponsabilità come attenzione al invitato a non separare creato e agli altri, come sobrietà «la gestione economica di vita e capacità di vincere l’indalla logica del dono». differenza, che ci aiuti a esproLo sviluppo economico, priarci di noi stessi». L’arcivescoanche quello degli isti- vo ha anche invitato a riflettere tuti, ha bisogno di fare sulla tutela dei beni ecclesiastici, spazio al principio di «intesa come salvaguardia del pa«gratuità come espres- trimonio stabile, in quanto beni sione di fraternità». necessari per garantire l’autosuffiTutto questo è un invito cienza economica e la sopravvi«a uscire dalla notte del venza dell’istituto, come pure la pensiero in cui l’economia ruggisce e cammina sua missione nella Chiesa e nel a tentoni, costringe e mondo». Questa tutela dei beni comporta anche soffoca»: un invito a ecclesiastici «vivere la povertà che «scelte coerenti, in caso di alienacostruisce comunione e zione, con il principio che i beni degli istituti di vita consacrata socomunità». Monsignor Rodrí- no beni della Chiesa». Riguardo alla sostenibilità delle guez Carballo ha poi Gonfalone del Monte di pietà di Milano (XVI secolo) sottolineato come con opere, il presule ha detto infine Papa Francesco, i con- che ciò «richiede di elaborare sacrati devono «dire no preventivi adeguati e di vigilare Occorre inoltre compiere, ha a una economia che uccide, no a sul loro compimento mediante aggiunto l’arcivescovo, «un discer- una economia che mette la ric- una periodica verifica». Occorre nimento comunitario e personale chezza in mano a pochi, che ten- anche un impegno di trasparenza, che porti ad azioni concrete nel de a escludere e che genera, per ossia la capacità di rendere conto campo economico della vita di sua natura, “periferie esistenzia- degli atti e dei risultati della geogni comunità e istituto, in coe- li”». Al contrario, i consacrati de- stione economica, sempre adeguarenza con la nostra condizione di vono dire sì «a una gestione eco- ta alle leggi civili e canoniche. poveri, con i poveri e come poveri». È necessario, cioè, «aprire strade, cambiando strutture, in primo luogo le strutture mentali, che spostino il primato del denaro e mettano nuovamente al centro del nostro agire l’essere umano, l’uomo e la donna». Serve predisporre «strutture economiche, anContinua in Vaticano la solidarietà per le popolazioni del centro che in collaborazione con le ChieItalia colpite dal terremoto e per i senzatetto: tra le varie iniziative, se locali e con altri istituti, avvaè in corso la quarta edizione della «Lotteria di beneficenza per le lendosi della consulenza di tecnici opere di carità del Santo Padre» organizzata dal Governatorato. I in materia», sapendo che «la rebiglietti, al costo di 10 euro ciascuno, sono acquistabili on line sponsabilità ultima delle decisioni (www.vaticanstate.va) e sul territorio vaticano. L’estrazione dei biin campo amministrativo, econoglietti vincenti si svolgerà il 2 febbraio 2017. Lotteria in Vaticano uniscono quelle dell’Oriente cristiano: «Il solo nome della Madre di Dio contiene tutto il mistero dell’economia dell’Incarnazione» (san Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa). Non stupisce pertanto che anche la misericordia — cuore del Vangelo e tratto fondamentale del Dio con noi — si trovi riflessa e offerta compiutamente in Maria, non a caso invocata come Mater misericordiae. Che Maria, Vergine dell’ascolto, sia ricolma della misericordia divina ce lo fa comprendere la scena dell’annunciazione, che l’evangelista Luca (1, 26-38) presenta secondo un modello biblico pregnante, da lui seguito anche nel racconto dell’annuncio a Zaccaria, padre del Battista (cfr. Luca, 1, 11-20). Si tratta del modello delle annunciazioni, frequente nell’antico testamento — per esempio nella storia di Mosé — articolato in cinque momenti: l’apparizione di un angelo; la reazione del destinatario; l’annuncio; l’obiezione umana; l’offerta di un segno. Si possono mettere a confronto questi cinque elementi così come sono presenti nel racconto dell’annuncio a Maria e in quello dell’annuncio a Zaccaria. Da questo confronto emerge chiaramente il messaggio che Luca ha voluto trasmettere riguardo alla misericordia di cui la Vergine è ricolma. Il racconto evangelico della scena della visitazione si conclude con il canto di Maria, il Magnificat (Luca, 1, 46-55), il cantico che mostra come lei sia la Sposa delle nozze messianiche, in cui l’Eterno è venuto a realizzare nel tempo le meraviglie dell’alleanza del Suo amore. Il testo esprime la fede pasquale nel Crocifisso-Risorto: ne è indizio l’uso dei verbi al passato, che presuppone come già avvenuta la manifestazione gloriosa del Messia. Presentando Maria come portavoce dell’attesa messianica dei poveri, che trova il suo compimento nell’agire di Dio nella Pasqua di Gesù, Luca vuole indicare in lei la figura esemplare della prima discepola cristiana: “beata” perché ha creduto (cfr. Luca, 1, 45), Maria è colei in cui si realizza in maniera esemplare la novità del Vangelo, il nuovo inizio che Dio opera a partire dai poveri. Proprio così, il Magnificat è il canto della salvezza possibile per chi non ritiene di avere alcun titolo a meritarla, è il canto della pura grazia che colma il cuore di gioia e fa della Chiesa la comunità delle nozze messianiche. Il cantico di Maria, allora, ci fa comprendere che accogliere e donare fedelmente la misericordia di Dio ci rende felici come nulla e nessuno al mondo potrebbe renderci: è la gioia di chi si riconosce amato dal Padre, la gioia contagiosa dell’incontro sempre nuovo col Signore Gesù, la gioia di chi per la fede e la carità dimora nella Trinità. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 sabato 26 novembre 2016 Il Papa ricorda che stare in mezzo alla gente arricchisce persone e società Rischio d’isolamento «Si corrono più rischi quando ci isoliamo di quando ci apriamo all’altro»: lo afferma Papa Francesco nel videomessaggio inviato ai partecipanti alla sesta edizione del festival della dottrina sociale della Chiesa, che si è aperto nella serata di giovedì 24 novembre a Verona. Di seguito la trascrizione del testo pronunciato dal Pontefice: Un caro saluto a tutti voi che partecipate al VI Festival della Dottrina sociale della Chiesa. Il tema di quest’anno è: “In mezzo alla gente”. Esso esprime una grande verità: noi siamo fatti per stare con gli altri — lo ricordavo all’indomani della mia elezione a vescovo di Roma. La nostra umanità si arricchisce molto se stiamo con tutti gli altri e in qualsiasi situazione essi si trovano. È l’isolamento che fa male non la condivisione. L’isolamento sviluppa paura e diffidenza e impedisce di godere della fraternità. Bisogna proprio dirci che si corrono più rischi quando ci isoliamo di quando ci apriamo all’altro: la possibilità di farci male non sta nell’incontro ma nella chiusura e nel rifiuto. La stessa cosa vale quando ci facciamo carico di qualcun altro: penso a un ammalato, a un vecchio, a un immigrato, a un povero, a un disoccupato. Quando ci prendiamo cura dell’altro ci complichiamo meno la vita di quando siamo concentrati solo su noi stessi. Stare in mezzo alla gente non significa solo essere aperti e incontrare gli altri ma anche lasciarci incontrare. Siamo noi che abbiamo bisogno di essere guardati, chiamati, toccati, interpellati, siamo noi che abbiamo bisogno degli altri per poter es- Al festival della dottrina sociale della Chiesa Il videomessaggio di Papa Francesco ha aperto nella serata del 24 novembre la sesta edizione del festival della dottrina sociale a Verona. L’iniziativa, intitolata «In mezzo alla gente», è organizzata dall’Istituto Toniolo e si chiuderà domenica 27 con la messa presieduta dal presidente del Comitato per le settimane sociali dei cattolici italiani, l’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro. Le attività hanno come fulcro logistico il Cattolica Center di Verona, ma prevedono anche numerosi appuntamenti in varie sedi cittadine. Filo conduttore della manifestazione, spiega il coordinatore monsignor Adriano Vincenzi, è il dialogo, l’incontro tra alcuni attori della vita sociale: imprenditori, giovani, medici, insegnanti, avvocati, operai, commercialisti. «Fondamentale — afferma — è parlarsi e guardarsi negli occhi per provare a cambiare la percezione della realtà e mettere in relazione le buone pratiche, l’operatività virtuosa e la creatività». Tema introduttivo è stato, giovedì 24, proprio quello della comunicazione e dei nuovi media. A parlarne monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione, in un intervento di cui pubblichiamo uno stralcio in questa pagina. sere resi partecipi di tutto ciò che solo gli altri ci possono dare. La relazione chiede questo scambio tra persone: l’esperienza ci dice che di solito dagli altri riceviamo di più di quanto diamo. Tra la nostra gente c’è un’autentica ricchezza umana. Sono innumerevoli le storie di solidarietà, di aiuto, di sostegno che si vivono nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. Impressionante è come alcune persone vivono con dignità la ristrettezza economica, il dolore, il lavoro duro, la prova. Incontrando queste persone tocchi con mano la loro grandezza e ricevi quasi una luce per cui diventa chiaro che si può coltivare una speranza per il futuro; si può credere che il bene è più forte del male perché ci sono loro. Stando in mezzo alla gente abbiamo accesso all’insegnamento dei fatti. Faccio un esempio: mi hanno raccontato che poco tempo fa è morta una ragazza di 19 anni. Il dolore è stato immenso, in tantissimi hanno partecipato al funerale. Ciò che ha colpito tutti è stata non solo l’assenza di disperazione, ma la percezione di una certa serenità. Le persone dopo il funerale si comunicavano lo stupore di essere uscite dalla celebrazione sollevate da un peso. La mamma della giovane ha detto: “Ho ricevuto la grazia della serenità”. La vita quotidiana è intessuta di questi fatti che segnano la nostra esistenza: essi non perdono mai efficacia anche se non entrano a far parte dei titoli dei quotidiani. Succede proprio così: senza discorsi o spiegazioni si capisce cosa nella vita vale o non vale. Stare in mezzo alla gente significa anche avvertire che ognuno di noi è parte di un popolo. La vita concreta è possibile perché non è la somma di tante individualità, ma è l’articolazione di tante persone che concorrono alla costituzione del bene comune. Essere insieme ci aiuta a vedere l’insieme. Quando vediamo l’insieme, il nostro sguardo viene arricchito e risulta evidente che i ruoli che ognuno svolge all’interno delle dinamiche sociali non Messa a Santa Marta Basta una parola Dio è sempre pronto a salvarci, sempre lì, come un padre, che aspetta solo che gli diciamo «Signore»: basta questa parola «e lui farà il resto», aiutandoci a evitare la superbia di cadere nella «dannazione eterna» per l’orgoglio di volersela «cavare da soli». Nella messa celebrata venerdì mattina, 25 novembre, nella cappella della Casa Santa Marta, Papa Francesco ha messo in guardia dalle «seduzioni del diavolo» e ha ricordato che «la dannazione eterna non è una sala di tortura» ma proprio il volersi «allontanare» da Dio dando ascolto, appunto, alle «bugie» del diavolo. «Il regno di Dio è vicino, Gesù ci aveva detto che il regno di Dio è in mezzo a noi, ma si sviluppa e cammina verso la sua maturità, verso la sua fine», ha affermato il Papa, facendo subito notare che «la Chiesa, in questi due giorni ultimi dell’anno liturgico, oggi e domani, ci fa riflettere sull’ultima giornata del mondo, prima della fine o come sarà la fine nell’ultima giornata». L’apostolo Giovanni, nella prima lettura tratta dal libro dell’Apocalisse (20, 1-4.11-21, 2), «ci parla del giudizio universale: tutti saremo giudicati». E «prima di tutto il diavolo, lui sarà il primo giudicato». C’è «quell’angelo», ha proseguito Francesco riferendosi al brano dell’Apocalisse, «che viene e afferrò il drago, il serpente antico, che è il diavolo e il Satana — chiaro, perché si capisca bene di chi sta parlando — e lo incatenò e lo gettò nell’abisso». Dunque, ecco «il diavolo, il serpente antico, incatenato perché non seducesse più le nazioni, perché lui è il seduttore». Ma il diavolo, ha detto il Pontefice, è il seduttore «dall’inizio: pensiamo ad Adamo ed Eva, come ha incominciato a parlarle con quella voce dolce», dicendo che il frutto «è buono» da mangiare. È proprio quello della «seduzione» il suo linguaggio: «lui è un bugiardo; di più, è il padre della menzogna, lui genera menzogne, è un truffatore» ha affermato il Papa. Il diavolo «ti fa credere che se mangi questa mela sarai come un Dio; te la vende così, e tu la compri e alla fine ti truffa, ti inganna, ti rovina la vita». A questo punto però occorre chiedersi «come possiamo fare noi per non lasciarci ingannare dal diavolo». L’atteggiamento giusto ce lo insegna proprio Gesù: «mai dialogare col diavolo». E infatti, ha spiegato Francesco, «cosa ha fatto Gesù col diavolo? Lo cacciava via, gli domandava il nome», ma non si metteva a fare «il dialogo». Si potrebbe obiettare che «nel deserto, nella tentazione, ci fu un dialogo»; ma, ha aggiunto il Papa, «badate bene, Gesù non ha mai usato una parola propria perché era ben consapevole del pericolo». E così «nelle risposte, nelle tre risposte che ha dato al diavolo, ha preso le parole dalla Bibbia, dalla parola di Dio: si è difeso con la parola di Dio». Così facendo, «Gesù ci dà l’esempio: mai dialogare con lui; non si può dialogare con questo bugiardo, con questo truffatore che cerca la nostra rovina». E, per questo, «il seduttore sarà gettato nell’abisso». «La narrazione di Giovanni continua», ha spiegato il Pontefice riprendendo il filo del brano dell’Apocalisse. E così appaiono «le anime dei martiri, quelli che hanno dato testimonianza di Gesù Cristo e non hanno adorato la bestia — cioè il diavolo e i suoi seguaci — non hanno adorato il denaro, non hanno adorato la mondanità, non hanno adorato la vanità, non si sono immischiati nell’orgoglio». Sono «gli umili», che «hanno dato la vita pure per questo e per questo appaiono davanti». E poi ecco «il trono dove sarà il Signore a giudicarci: i vivi e i morti, grandi e piccoli in piedi davanti al trono». E quindi «i libri furono aperti», scrive ancora san Giovanni, perché «il giudizio incomincia: “I morti vennero giudicati secondo le loro opere in base a ciò che era scritto in quei libri”». Dunque, ha ribadito il Papa, «ognuno di noi sarà giudicato secondo le nostre opere». E Giovanni prosegue ancora: «Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco». Si tratta di «quelli dannati». Il Papa ha voluto soffermarsi proprio su questa frase dell’Apocalisse: «Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco». In realtà, ha spiegato, «la dannazione eterna non è una sala di tortura, questa è una descrizione di questa seconda morte: è una morte». E «quelli che non saranno ricevuti nel regno di Dio — ha spiegato — è perché non si sono avvicinati al Signore: sono quelli che sono sempre andati per la loro strada, allontanandosi dal Signore e passano davanti al Signore e si allontanano da soli». Perciò «la dannazione eterna è questo allontanarsi continuamente da Dio, è il dolore più grande: un cuore insoddisfatto, un cuore che è stato fatto per trovare Dio ma per la superbia, per essere stato troppo sicuro di se stesso, si è allontanato da Dio». Invece Gesù ha cercato di attrarre i superbi «con parole di mitezza» dicendo: «Vieni». E lo dice per perdonare. «Ma i superbi — ha proseguito Francesco — si allontanano, vanno per la loro strada e questa è la dannazione eterna: lontani per sempre dal Dio che dà la felicità, dal Dio che ci vuole tanto bene». In realtà «non sappia- mo» se «sono tanti», ma «sappiamo soltanto che questa è la strada della dannazione eterna». L’allontanamento, dunque, è «il fuoco di non potersi avvicinare a Dio perché non voglio». È l’atteggiamento di coloro «che ogni volta che il Signore si avvicinava loro dicevano: “va’ via, me la cavo da solo”. E continuano a cavarsela da soli nell’eternità: questo è tragico». Il passo dell’Apocalisse si conclude così: «E vidi il cielo, un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova». In queste parole, ha annotato il Papa, «c’è proprio la fine, la gioia finale, dove tutti saremo salvati se apriamo il nostro cuore alla salvezza di Gesù». Il Signore, infatti, «ci chiede soltanto questo: aprire il cuore». Magari qualcuno potrebbe confidarsi e riconoscere: «Se lei, padre, sapesse le cose che ho fatto...». Ma «Gesù le sa», ha assicurato Francesco. Perciò, ha suggerito, «apri il cuore e lui perdona»; però «non andare per conto tuo, non andartene per la tua strada, lasciati carezzare da Gesù, lasciati perdonare». Basta «soltanto una parola, “Signore”, lui fa il resto, lui fa tutto». Invece «i superbi, gli orgogliosi, vanno per la loro strada e non riescono a dire parola, e l’unica parola che dicono è: “me la cavo da solo”». E «così finiscono nell’orgoglio e fanno tanto male nella vita». Ma per loro, ha insistito il Papa, tutto è iniziato proprio ascoltando e seguendo «le seduzioni del serpente antico, del diavolo, del bugiardo, del padre della menzogna». In conclusione Francesco, anticipando la liturgia di sabato, ha annunciato: «Domani, ultimo giorno dell’anno liturgico, Gesù ci ammonirà» — come riporta Luca nel suo Vangelo (21, 34-26) — con queste parole: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita». In pratica Gesù ci dice: «Contemplate quello che vi aspetta, che il vostro cuore non si appesantisca con gli affanni e le preoccupazioni della vita; guardate avanti e abbiate speranza»: quella «speranza che apre i cuori all’incontro con Gesù». Proprio «questo ci aspetta, l’incontro con Gesù: è bello, è molto bello!». E «lui ci chiede soltanto di essere umili e di dire: “Signore”. Basterà quella parola e lui farà il resto». possono mai essere isolati o assolutizzati. Quando il popolo è separato da chi comanda, quando si fanno scelte in forza del potere e non della condivisione popolare, quando chi comanda è più importante del popolo e le decisioni sono prese da pochi, o sono anonime, o sono dettate sempre da emergenze vere o presunte, allora l’armonia sociale è messa in pericolo con gravi conseguenze per la gente: aumenta la povertà, è messa a repentaglio la pace, comandano i soldi e la gente sta male. Stare in mezzo alla gente quindi fa bene non solo alla vita dei singoli ma è un bene per tutti. Stare in mezzo alla gente evidenzia la pluralità di colori, culture, razze e religioni. La gente fa toccare con mano la ricchezza e la bellezza della diversità. Solo con una grande violenza si potrebbe ridurre la varietà a uniformità, la pluralità di pensieri e di azioni ad un unico modo di fare e di pensare. Quando si sta con la gente si tocca l’umanità: non c’è mai solo la testa, c’è sempre anche il cuore, c’è più concretezza e meno ideologia. Per risolvere i problemi della gente bisogna partire dal basso, sporcarci le mani, avere coraggio, ascoltare gli ultimi. Penso ci venga spontaneo chiederci: come si fa a fare così? Possiamo trovare la risposta guardando a Maria. Ella è serva, è umile, è misericordiosa, è in cammino con noi, è concreta, non è mai al centro della scena ma è una presenza costante. Se guardiamo a Lei troviamo il modo migliore di stare in mezzo alla gente. Guardando a Lei possiamo percorrere tutti i sentieri dell’umano senza paure e pregiudizi, con Lei possiamo diventare capaci di non escludere nessuno. Questo è il mio augurio per tutti voi. Prima di salutarvi desidero ringraziare il Vescovo di Verona per l’accoglienza, tutti i volontari per la loro disponibilità e generosità, don Adriano Vincenzi per il lavoro svolto per la conoscenza e l’attualizzazione della dottrina sociale della Chiesa. E mi raccomando: non dimenticatevi di pregare per me. Grazie! Nel mondo digitale Capaci di sognare di DARIO ED OARD O VIGANÒ La vita on line e quella off line chiedono una profonda integrazione anche perché l’una rende autentica l’altra e di fatto, oggi, non si ha più una separazione netta tra l’essere in rete o l’esserne fuori. Si è sempre e comunque parte di questo nuovo mondo digitale il cui reticolato, che sia frequentato o meno consapevolmente, ci avvolge tutti. Certamente anche da questo punto di vista le potenzialità sono straordinarie e fanno auspicare una piena valorizzazione di questo nuovo contesto ad elevata capacità di socializzazione. Siamo, però, anche consapevoli che questo processo richiede un di più di responsabilità etica, con una attenta gestione di questa nuova realtà. Potremmo parlare della necessità di una “ecologia della rete e dell’ambiente digitale” affinché sia fruibile da tutti, non comporti rischi e pericoli, soprattutto per le categorie più esposte e meno attrezzate ad un uso appropriato e anche critico della rete. Occorre che tutti lavorino consapevolmente per far sì che l’umanesimo plasmato dalla rete sia davvero integrale e integrato. La rete può contribuire a far crescere un’antropologia capace di rafforzare e arricchire le relazioni sociali e nello stesso tempo attenta a coltivare la dimensione trascendente dell’esistenza umana, caratteristica senza la quale nessuna esperienza può essere e dirsi autenticamente umana. In questa prospettiva emerge la necessità di una pedagogia del desiderio e del consumo, nel tentativo di trovare l’autenticità dell’essere, con un equilibrio che non nasce da una negazione ma da una apertura alla capacità di sognare. Siamo chiamati a educare al desiderio di traguardi alti, per non appiattire l’esistenza su una dimensione unica, orizzontale, che frena il coraggio di alzare lo sguardo e scorgere orizzonti più ampi. Educare al desi- derio significa non spingere alla ricerca spasmodica di oggetti nuovi da consumare, ma indicare traguardi da raggiungere, frontiere da superare, terreni da coltivare, relazioni da costruire. Desiderare non può essere sinonimo di fame di possesso, bulimia da accumulo, in una pulsione irrefrenabile che si consuma tra “usa e getta”. Il desiderio vero, umano, ha nella sua radice la dimensione verticale, il cielo, le stelle, qualcuno che è totalmente “Altro” da me e da tutto ciò che mi circonda. La pedagogia del desiderio ci pone di fronte al fatto che «Il soggetto umano è abitato anche da un’altra mancanza, da una mancanza diversa dall’assenza segnalata dai suoi molti bisogni; il modo d’essere dell’uomo testimonia la presenza di un desiderio che attesta un tipo di mancanza che nessun possesso e nessun godimento ad esso connesso sono in grado di colmare» (Silvano Petrosino, L’idolo. Teoria di una tentazione dalla Bibbia a Lacan, Milano-Udine, 2015, p. 95). Indirizziamo i nostri sforzi, allora, verso una progettazione di politiche educative che trasmettono coraggio per osare il futuro, fermezza e ragioni per impegnarsi, orientamenti e decisioni per agire. Una visione formativa positiva fa sì che rinasca l’audacia per superare l’indifferenza, comprendere la complessità e rinunciare alla comodità della semplificazione a tut- ti i costi. Questo itinerario educativo parte da se stessi, da una corretta percezione della propria identità, del bene e del male che ci abita, delle luci e delle ombre che colorano la nostra esistenza, delle vittorie e delle sconfitte che costellano ogni esistenza umana. In questo itinerario pedagogico un altro passo fondamentale è la formazione alla libertà, che superi il significato calcolatore ed egoista che la intende unicamente come pura scelta tra cose, comportamenti e persone, senza obblighi né responsabilità, per orientarla verso una assunzione adulta di impegni personali e sociali.