L`enigma della bussola - 747857

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L`enigma della bussola - 747857
LIBRO
IN
ASSAGGIO
L’ENIGMA DELLA
BUSSOLA
DI AMIR D. ACZEL
L’ENIGMA DELLA BUSSOLA
L’I NVENZIONE CHE HA CAMBI ATO IL MONDO
2
SEGNI IN CIELO E IN MARE
Come facevano i navigatori dell’Antichità a trovare la propria strada senza la bussola?
Stando a una leggenda tramandata da gente con scarse conoscenze del mare e poca fiducia
nell’ingegno umano, i marinai del buon tempo antico avrebbero navigato esclusivamente a
ridosso delle coste. Eppure, niente è più lontano dal vero. Da tempo immemorabile, le navi
hanno solcato i mari spingendosi ben lungi dalle coste, e quei primi marinai che ispirarono le
storie bibliche e la mitologia greca erano perfettamente in grado di navigare in mare aperto
anche senza l’aiuto di strumenti come la bussola. Di recente sono stati scoperti i resti di un
naufragio avvenuto duemilatrecento anni fa nel mezzo del Mediterraneo, a duecento miglia
dalla più vicina terra ferma: un’ulteriore evidenza del fatto che i navigatori antichi non si
tenevano vicino alla costa.
La civiltà minoica - a Creta, un’isola posta al centro del Mediterraneo orientale - era di
fatto l’espressione di un impero marittimo la cui ricchezza derivava dall'intenso scambio
commerciale con altri popoli e paesi. Partendo da Creta, ovunque si voglia andare è
necessario attraversare il mare aperto; così, i Cretesi dovevano navigare senza troppi problemi
nel Mediterraneo. Il loro principale referente commerciale era l'Egitto, a trecento miglia in
direzione sud-ovest. Affreschi dell'Età del Bronzo (che risalgono circa al 1600 a.C.) rinvenuti a
Creta e nel sito minoico di Akrotiri sulla vicina isola di Santorini, raffigurano imbarcazioni
relativamente grandi e dotate di vele e remi. I marinai minoici attraversavano regolarmente il
Mediterraneo Qrientale, trascorrendo giorni e settimane senza vedere la terra ferma!
I documenti antichi attestano concordi l'intensa attività marinara di Fenici e Israeliti, e
sussistono prove in abbondanza che anche costoro non seguivano le coste. Quando la nave di
Giona incontra una tempesta, non è in grado di raggiungere la terra ferma (Gn 1,4-5); e così
Giona viene sbalzato in mare e ingoiato da una balena (Gn 2, 1-2). Il re Salomone
commerciava attraverso i mari e corteggiava la regina di Saba (1Re 10,1-13).
Nell’antico Egitto, per indicare una nave straniera i geroglifici raffiguravano una vela
quadrata, mentre le navi del paese venivano simboleggiate con vele di diverse fogge. Da
ritrovati in siti archeologici, possiamo inferire che nell'antico Egitto arrivavano regolarmente
navi di diverse nazioni, anche in tempi molto remoti!
Infine, i registri di navigazione romani parlano esplicitamente di attraversamento dei mari,
per esempio dalle isole greche al già citato Egitto. Il naufragio di san Paolo sull’isola di Malta
è descritto in maniera molto precisa negli Atti degli Apostoli, dove si racconta di come dopo
molti giorni di cielo coperto i marinai si fossero persi, non potendo seguire il Sole e le stelle per
orientarsi (At 27, 9-44).
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Peraltro, ci sono prove del fatto che le isole Hawaii siano state raggiunte per la prima volta
quindici secoli fa dai Polinesiani, i quali provenendo dalle isole Marchesi avevano percorso
migliaia di chilometri di oceano aperto. La credenza che prima della bussola i marinai
"stringessero la costa" può far presa solo su persone che non sappiano niente di navi e di
navigazione. Per chi prendeva il mare il più grave pericolo era costituito dall’arenarsi: la
profondità delle acque varia moltissimo da una zona all’altra, e non sempre si può prevedere
se il mare sarà abbastanza profondo in relazione al pescaggio della propria nave. Rocce e
secche abbondano anche a qualche miglio di distanza dalla costa, quindi è più sicuro
rimanere in mare aperto. Gli antichi navigatori andavano ovunque desiderassero, e anche se il
luogo di partenza e quello di arrivo si trovavano sulla stessa costa, effettuavano il viaggio
tenendosi al largo, rimanendo a distanza di sicurezza. Il pericolo delle rocce e dei banchi di
sabbia spinse a escogitare il primo ausilio per la navigazione, lo scandaglio. Si trattava di uno
strumento piuttosto semplice: una lunga corda con nodi a distanze regolari e un peso a uno dei
capi. Nei primi tempi della navigazione lo scandaglio era considerato strumento di massima
importanza, tanto che veniva confiscato alle navi trattenute in porto per non avere pagato dei
debiti; ed è stato usato fino a un’epoca recente: Samuel Clemens, pilota fluviale sul Mississippi
nel XIX secolo, scelse lo pseudonimo Mark Twain facendo riferimento al segnale di profondità
di due fathom (un fathom equivale a 1,829 metri) sullo scandaglio.
Spesso, il piombo usato come peso dello scandaglio veniva ricoperto di sego, così che
recuperandolo i marinai potessero valutare il tipo di sedimento portato in superficie, attraverso
il colore e la consistenza, e trarne informazioni utili per la navigazione.
Il fondo del mare presenta colline e avvallamenti, gole e altipiani. La conoscenza di questa
geografia sottomarina è essenziale per chi va per mare, e prima che fossero disponibili carte
con le indicazioni di profondità, la navigazione poteva contare solo sulla conoscenza dei
fondali da parte del capitano o del pilota. Avvicinandosi a una costa, le misurazioni con lo
scandaglio venivano ripetute a intervalli ravvicinati, così da evitare di incagliarsi. Era una
pratica che risaliva ai tempi biblici. Smarriti nel mare, non potendo osservare il cielo, i marinai
della nave di Paolo persero l'orientamento. "Come giunse la quattordicesima notte da quando
andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l’impressione che una
qualche terra si avvicinava. Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve
intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia" (At 27,27-28) - il che
significava che si stavano avvicinando piuttosto rapidamente alla riva. Il giorno seguente
fecero arenare la nave, a quanto pare deliberatamente, sulla spiaggia che oggi i maltesi
chiamano Baia di san Paolo (At 27, 39-44 ).
Assieme alla conoscenza del fondo marino, un navigatore doveva possedere quella delle
maree, entrambe acquisite con l’esperienza. La conoscenza delle maree era più importante
nell’Atlantico e nell'Oceano Indiano che non nel Mediterraneo, dove il fenomeno è di portata
relativamente piccola. Sin dall'Antichità, avvicinandosi al porto, le navi assoldavano pescatori
locali perché aiutassero i capitani a entrare nella baia. Quei pescatori, che conoscevano
perfettamente le maree e i fondali della loro zona, non erano altro che i precursori dei piloti
professionisti che ai nostri giorni aiutano i capitani a entrare in porto.
Una volta avvistata la terra, era di enorme importanza la conoscenza del profilo della
costa. Prima dell’introduzione delle carte nautiche e di altri ausili, i naviganti potevano fare
affidamento solo sulla propria memoria ed esperienza per identificare la loro destinazione.
Promontori, insenature, capi e baie potevano essere riconosciuti a distanze relativamente
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grandi. In particolare, i capi si rivelavano utili perche erano facilmente visibili; ma al contempo
rappresentavano una sfida: nella navigazione lungo la costa i capi sono infatti difficili da
aggirare per la presenza di forti e imprevedibili raffiche di vento, e in loro prossimità le
correnti possono essere infide.
Nell’Odissea, Omero racconta che il re Menelao, dirigendosi verso casa da Troia,
incontrò la cattiva sorte a Capo Sunio, dove l’Attica si protende nel mare Egeo. "Là Febo
Apollo il nocchiero di Menelao / con le sue miti frecce raggiunse, e l'uccise / mentre reggeva
il timone della nave in cammino" (III, 279-281). Dopo averlo seppellito, la flotta proseguì verso
sud e si avvicinò a Capo Malea, un punto del Peloponneso meridionale tristemente noto per le
sue improvvise tempeste. " [ ...] allora mala via Zeus vasta voce / gli preparò, dei venti urlanti
gli rovesciava contro il soffiare, / onde enormi s’alzavano, come montagne" (III, 288-290). La
flotta fu dispersa e Menelao condotto attraverso il mare fino all'Egitto, mentre le altre navi si
arenarono distrutte sulle coste cretesi.
Dall’alba della civiltà si costruivano fari sui promontori e sugli altipiani prospicienti il mare.
Capo Malea possiede un faro da tempi immemorabili. Vicino a esso sorge una piccola
cappella, da sempre abitata da un monaco che vive isolato dal resto dell'umano consorzio da
chilometri e chilometri di nulla. Ricordo che, ogni volta che mio padre si avvicinava con la
nave a Capo Malea, faceva suonare la sirena per tre volte in segno di saluto. Il monaco
compariva, faceva sventolare una bandiera e rintoccava la campana della cappella fin che la
nostra nave non fosse scomparsa alla vista. I passeggeri, avvisati in anticipo, s’affollavano sul
ponte per partecipare a quella tradizionale manifestazione di amicizia marinaresca. Da
quando era ancora un giovane ufficiale, mio padre aveva acquisito quell'abitudine dal suo
capitano, il quale a sua volta l'aveva ereditata dal suo, e così via a ritroso.
Una delle sette meraviglie del mondo antico, il Colosso di Rodi, era anche un aiuto per la
navigazione. Questa gigantesca statua di bronzo, raffigurante il dio Sole, realizzata attorno al
290 a.C. dallo scultore Carete di Lindo, era alta più di trenta metri. L’imponente monumento
era collocato a cavallo dell'ingresso del porto di Rodi, ed era così alto che le navi potevano
passarci sotto a vele spiegate. Era stato appunto progettato per aiutare i navigatori a
individuare l'isola e il suo porto.
Altri ausili alla navigazione erano la conoscenza dei venti e quella delle correnti, non che
l’informazione circa le abitudini di alcuni animali. Interpretare i venti e le correnti era di
immensa importanza per i marinai dei tempi antichi, in quanto venti e correnti tendono a
seguire schemi noti, che variano a seconda delle stagioni. Come vedremo più avanti, le
direzioni sulla rosa dei venti prendono i loro nomi da quelli dei venti prevalenti.
Anche le abitudini migratorie degli uccelli e le zone di residenza di alcuni animali marini
fornivano ai navigatori indizi circa la loro posizione. I serpenti di mare abbondavano ad
alcune miglia dalla costa indiana, così quando un marinaio li individuava sapeva con buona
probabilità che si stava avvicinando alla terra ferma. Le vie migratorie delle varie specie di
uccelli rimangono costanti nel tempo; così, grazie alla loro osservazione è possibile stabilire la
rotta da seguire.
Nei primi secoli dell’era cristiana, ben prima che la bussola entrasse nell’uso nautico, i
monaci d’Irlanda si spostavano da un’isola all'altra su piccole imbarcazioni sotto un cielo
quasi sempre molto nuvoloso. Ma erano in grado di trovare la loro via grazie al volo degli
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uccelli. Quanto ai Vichinghi, furono in grado di scoprire l’Islanda nell'870 d,C., guidati
anch’essi da venti e volatili. A volte, i navigatori portavano seco a bordo alcuni uccelli
migratori. I Vichinghi imbarcavano alcuni corvi imperiali, e quando congetturavano di essere
vicini alla terra ne liberavano uno: se il corvo volava via, il capitano della nave lo seguiva
giungendo infine alla terra ferma; se il pennuto ritornava alla nave, il capitano capiva di
essere ancora in alto mare. E’ una tecnica che risale a Noè. La Bibbia ci racconta che, dopo il
Diluvio, Noè liberò una colomba, "e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva
nel becco un ramoscello d'ulivo" (Gen 8,11).
Quando si trovano nelle vicinanze della costa, i corvi e altri uccelli possono percepirne la
presenza. Ma gli animali migratori devono necessariamente possedere un senso della
direzione, per riuscire a percorrere senza errori enormi distanze sul mare. Dopo avere
attraversato l’oceano per due anni, i salmoni ritrovano i fiumi in cui era cominciata la loro vita,
e analogamente gli uccelli migratori giungono sempre a destinazione. Come ci riescono? Nel
1997 Michael Walker e i suoi collaboratori della Auckland University in Nuova Zelanda
hanno riferito su Nature di avere individuato la fibra del nervo facciale che nella trota si attiva
in risposta a un campo magnetico. Il gruppo di ricerca aveva studiato anche il senso
magnetico delle api, del tonno dalle pinne gialle, del salmone rosso e del piccione viaggiatore.
In questi e in altri animali, gli scienziati hanno riscontrato sensibilità alle fluttuazioni nel campo
magnetico terrestre. E’ probabile che molti uccelli, rettili e mammiferi si orientino in relazione ai
poli magnetici della Terra. In questo modo, Walker potrebbe aver identificato il meccanismo
che consente agli animali di trovare la propria via senza che lungo il percorso esistano
elementi identificabili a vista! A quanto pare, questi animali sono dotati di una bussola
biologica. Quindi, molto prima che questo strumento fosse inventato, i navigatori dell'Antichità
facevano già uso di una "bussola" - presa a prestito dagli animali.
Nel corso della storia, i navigatori si sono affidati alle correnti, ai venti e alla forma e
profondità dei fondali. Hanno anche fatto tesoro delle abitudini di uccelli e animali marini. Ma
la più importante guida per la navigazione prima dell'invenzione della bussola - ovvero dalla
più remota Antichità fino a mille anni or sono - era in cielo, non in acqua.
© 2001 by Amir D. Aczel
© 2005, Raffaello Cortina Editore
Titolo originale: The Riddle of the Compass. The Invention That Changed the World
Edizione Mondolibri S.p.A., Milano
su licenza Raffaello Cortina Editore
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