Malattie causate dai Lentivirus nei piccoli ruminanti/Luca_Balleri/2015

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Malattie causate dai Lentivirus nei piccoli ruminanti/Luca_Balleri/2015
Malattie causate dai Lentivirus nei piccoli ruminanti:
CAEV: artrite encefalite della capra
Visna Maedi: Malattie degli ovini
Entrambe le malattie sono causate dagli stessi virus
Storia: La malattia è stata notata la prima volta nei primi anni del ‘900 in Islanda, a seguito
dell’importazione di pecore di razza karakul. Si sviluppo’ un’epidemia con alta letalità, gli animali
mostravano sintomatologia respiratoria acuta e in alcuni casi anche forme neurologiche. La cosa particolare
fu che questi animali importati rimasero tutti sani, il che si spiega con una differente sensibilità all’agente
eziologico influenzata dalla razza.
In realtà già precedentemente in europa si parlava di “ malattia dei ginocchi gonfi “ nelle capre, al tempo
non si sapeva l’origine eziologica della malattia, ma si iniziava a sospettare che si trattasse di qualcosa di
infettivo, in quanto molti animali del gregge la manifestavano. Successivamente negli stati uniti si è
riscontrata la sintomatologia respiratoria/nervosa negli agnelli di pecora allevati a latte di capra,
dimostrando così sia la possibilità di trasmissione interspecifica, che quella legata al latte ed in particolare al
colostro.
Agente eziologico:
Sono retrovirus ( RNA doppio filamento ) e appartengono alla famiglia Retroviridae, sottofamiglia
Ortoretrovinae che comprende diversi generi, ci concentreremo sul genere Lentivirus che comprende il
virus della CAEV/Visna Maedi . Tuttavia comprende anche tutti i virus responsabili dell’immunodeficienza
acquisita delle varie specie animali e quello dell’ Anemia infettiva del cavallo.
E’ un virus dotato di envelope ma molto resistente nell’ambiente e alle alte temperature, anche mesi in
allevamento! E’ tuttavia sensibile ai comuni disinfettanti.
Sono tutti virus specie specifici, tuttavia dato l’allevamento a stretto contatto tra ovini e caprini è stato
possibile un adattamento a entrambe le specie ( Il virus ha un alto tasso di mutazione e da quasispecie ) .
I lentivirus, possono trovarsi anche sotto forma di pro-virus integrati nel genoma dei loro ospiti, questo ci
permette, studiando il loro genoma, di avere molte informazioni sulle specie animali e sulla loro
evoluzione/separazione in quanto una volta integrati, verranno trasmessi attraverso i cromosomi,
aiutandoci così ad avere una stima temporale ad esempio del momento di separazione tra lepre e coniglio.
Genoma Virale:
• GAG: codifica Ag gruppo specifici proteina M, NC e major capsid protein, presente in tutti i retroviridae;
codifica per le proteine strutturali. CODIFICA PER TUTTE LE PROTEINE CHE FUNGONO DA ANTIGENI (fissi) E
PERMETTE LA PRODUZIONE DI ANTICORPI PROTEGGENTI CHE IL VIRUS USA A PROPRIO VANTAGGIO.
• POL:
retrotrascrittasi ( crea una copia di DNA su stampo dell’RNA virale )
ribonucleasi (stacca la prima catena di DNA che si forma)
integrasi ( permette l’integrazione nel genoma dell’ospite)
quindi tutti e 3 enzimi.
• ENV: proteine dell’envelope: proteine transmembrana (TM) e proteine di superficie (SU responsabili
dell’attacco con la cellula e importanti a fini diagnostici in quanto si stanno producendo kit ( SU-5 ) in grado
di rilevare gli anticorpi specifici )
• VIF: favorisce la replicazione aOva nei macrofagi inibisce APOBEC3G E TRIM5α ( Responsabili della
resistenza ai meccanismi antivirali )
• TAT: non ha analogie con la TAT di HIV
• REV: favorisce la processazione del RNA virale.
Il virus usa i geni dei segmenti laterali ( LTR ) per modulare la risposta immunitaria, così da eludere i sistemi
antivirali dell’organismo ( coevoluzione ), questi virus inoltre a differenza degli altri retrovirus hanno la
possibilità di replicare anche in cellule statiche.
Genotipi virali:
Esistono 5 genotipi dall’ A al E:
Il genotipo A è suddiviso in ulteriori 10 sottotipi, il B in 3 ; tuttavia sono possibili ricombinazioni geniche e
assortimenti tra i vari genotipi, che danno origine a delle così dette chimere.
Si è visto, ad esempio, che in zone in cui si era eradicato il genotipo B1, il problema è ricomparso con il
genotipo A3 ed A10 in quanto si era liberata una nicchia ecologica. Inoltre gli animali in un primo momento
appaiono sani dato il lungo periodo di latenza della malattia. Per questi motivi l’eradicazione di queste
malattie risulta molto difficoltosa.
Trasmissione:
Gli adulti si infettano principalmente per via aerogena, mentre i giovani sono più esposti alla trasmissione
attraverso il colostro e il latte infetto.
Via aerogena: il virus penetra nelle vie aeree fino al parenchima polmonare dove replica e determina una
polmonite interstiziale ( effetto citopatico sinciziale per eludere il SI) . Essendo un virus che ha tropismo per
monociti-macrofagi e cellule dendritiche, successivamente, con il fenomeno della quasispecie si potranno
selezionare varianti che con la viremia possono raggiungere altri distretti per cui hanno sviluppato tropismo
( es. articolazioni ed encefalo, ma soprattutto mammella ).
Questi virus non hanno una vera e propria fase di latenza, bensì continuano imperterriti a replicare in modo
silente per anni e anni, potendo così dare origine a infinite varianti virali, tutto questo grazie soprattutto ai
meccanismi di coevoluzione racchiusi nelle zone LTR del genoma e in particolare alla zona U3 ( untrascritted
zone 3 ).
Il virus penetra nella cellula attraverso specifici recettori ( SU ) presenti sull’envelope che si legano a
recettori cellulari non ben definiti ( si pensa al mannosio ). Tuttavia la via preferenziale di ingresso è quella
con la fagocitosi da parte di macrofagi e cellule dendritiche, le quali fagocitano il virus legato agli anticorpi
prodotti dal sistema immunitario, una volta entrato il virus blocca i meccanismi di lisi e inizia il suo ciclo
replicativo, le copie virali fuoriescono poi per Budding ( esocitosi ). QUESTO MECCANISMO SI DEFINISCE
PATOGENESI A CAVALLO DI TROIA.
Trasmissione attraverso il colostro: i capretti e gli agnelli si infettano al 90% attraverso il colostro, il quale è
ricchissimo di virus, una volta ingerito il virus sfrutta per penetrare le giunzioni larghe tra gli enterociti,
concepite per il passaggio di anticorpi materni, successivamente si trova di fronte alle cellule dendritiche, le
quali lo fagocitano, qui inizia la prima replicazione. Il virus avanza fino al linfonodo regionale dove, con un
meccanismo mediato dai linfociti CD4+ ( si è visto che nei pazienti immunodepressi la patogenesi si
arresta), riesce a essere fagocitato dai monociti, i quali gli faranno da navetta per la diffusione a tutti i
distretti dell’organismo, in particolare il midollo osseo rappresenta l’organo in cui il virus replica
maggiormente, ha il ruolo di “ serbatoio”. Questo è comunque un virus che replica poco, apparte in alcuni
organi e circostanze particolari.
Nella CAEV i due organi più importanti sono l’articolazione e la mammella (organi ad alto titolo virale), in
particolare poco prima del parto la produzione di prolattina stimola la replicazione attiva del virus,
favorendo così la trasmissione attraverso il colostro al capretto.
Nella Visna-Maedi invece i due organi target sono l’apparato respiratorio ( trasmissione attraverso lo scolo
nasale ) e il sistema nervoso centrale, meno importanti mammella e articolazioni.
Risposta immunitaria: questi virus stimolano sia una risposta innata che una risposta di tipo adattativo,
abbiamo visto precedentemente che quella di tipo innato ( fagocitosi ) è più dannosa che utile, è invece
utile la produzione di un particolare interferone (mix tipo 1 e 2 ) detto Lentivirus interferon.
La risposta di tipo adattativo utile sarebbe la cellulo mediata di tipo Th1 ( produzione di IL-2, TNFα-β e
interferon γ mentre la Th2 (citotossica) è quella riscontrata negli animali che mostrano sintomatologia (
rapporto inverso tra IL-2 e virus nel sangue). Dimostrata anche l’importanza dell’IL-18 ( fattore comune con
HIV e Artrite reumatoide dell’uomo). Quella di tipo umorale, come abbiamo visto prima, aiuta il diffondersi
dei virus. Così come per HIV anche per questo virus è molto difficile mettere a punto un vaccino.
Patogenesi: malattia immuno-mediata che provoca infiammazioni con accumulo di linfociti negli organi
colpiti, ad esempio determina nella pecora una polmonite interstiziale che favorisce spesso l’attecchimento
di sovrainfezioni batteriche.
Dopo la prima fase di ingresso avremo la sieroconversione del soggetto, questa malattia è un’eccezione in
quanto di solito gli animali sieroconvertono in fase di guarigione, invece in questo caso ( come per HIV ),
abbiamo una sieroconversione pre-sintomatica. Questo ci permette di identificare gli animali infetti
utilizzando ad esempio dei test ELISA. Mano a mano che la risposta immunitaria progredisce si inizieranno a
sviluppare le lesioni fino alla morte dell’animale. Tutto ciò avviene in tempi molto lunghi ( anni ).
Sintomatologia Maedi : polmonite interstiziale con aumento di linfociti CD8+ che porta a fibrosi e
ispessimento della muscolatura liscia,
si rilevano tosse, dispnea ( traduzione
di Maedi dall’islandese), abbattimento
e broncopolmonite che si accompagna
a scolo nasale. Questi sintomi si
ritrovano spesso anche nelle capre
colpite da CAEV, in cui quasi sempre il
Mycoplasma Ovipneumonie è agente di coinfezione. ( Modello comparativo per le polmoniti dei bambini
con HIV ).
Sintomatologia Visna : localizzazione dell’ AE a livello di encefalo con conseguente meningo-encefalite e
sintomatologia nervosa ( Visna significa prostrazione ) in quanto gli
animali colpiti hanno difficoltà a controllare il treno posteriore e a
mantenersi in stazione ( DD con la screapie ).
Colpisce le pecore di tutte le età, mentre le capre sono sensibili alla
forma neurologica solo fino ai 6 mesi di età. ( Modello comparativo
per le encefaliti dei bambini con HIV )
Sintomatologia CAEV: forte artrite con essudato e successiva fibrosi che compromette la capacità di alzarsi
dell’animale e quella di deambulazione. Importante la proliferazione virale massiccia a livello di mammella
nella fase pre parto , col susseguirsi delle stagioni riproduttive si forma una mastite interstiziale che fa
apparire la mammella asimmetrica e dura al tatto con un calo di produzione fino al 30%, si dice che
l’animale ha “la mammella di legno”, inoltre anche la durata della lattazione tende sempre a diminuire e la
qualità del latte peggiora ( come valore nutrizionale ).
Profilassi e gestione della malattia: questa patologia crea delle notevoli ripercussioni economiche per
l’allevatore sia per coprire le maggiori spese veterinarie, dovute alla sintomatologia correlata, sia per la
riforma precoce dei soggetti colpiti.
La prevalenza di questa malattia è sconosciuta in quasi tutta Italia tranne che in Trentino dove è iniziato un
piano di eradicazione, tuttavia è considerata una patologia con la quale si può convivere a patto che si
riescano a evitare le sovrainfezioni da Mycolplasmi e altri AE che peggiorano nettamente il quadro clinico.
Eradicare parzialmente è inutile , l’unica via sarebbe lo stamping out e successivo vuoto sanitario, tuttavia
anche così facendo si rischia di acquistare animali infetti quando si va a ripopolare l’allevamento, in quanto
i test sierologici sono molto genotipo specifici e quindi alcuni genotipi possono sfuggire ai controlli.
Non ci sono vaccini, le uniche cose da fare sono: decidere di applicare lo stamping out o decidere di
convivere con la malattia ( tentativi di immunomodulazione anche se difficili ). Importante è anche la
profilassi diretta dei pascoli per evitare il contatto con animali selvatici recettivi alla malattia ( es.
stambecchi e mufloni ).
Un metodo di contenimento dei sintomi potrebbe essere l’utilizzo del genotipo E ( quello sardo ) come
pseudovaccino in quanto sembra essere una variante difettiva meno virulenta.
Situazione in europa e nel mondo: molti paesi tra cui la Francia ( maggior
esportatore di capre ) riferiscono di non avere dati sulla malattia mentre in altri
come la Polonia è considerata addirittura malattia denunciabile.
Diagnosi clinica: facile, si entra in allevamento e si vedono animali emaciati, con ossa
sporgenti, si rileva anche la sintomatologia articolare e quella respiratoria ( che sono le più frequenti ) oltre
alla mammella asimmetrica. Indice carpico: si esegue facendo la differenza tra la circonferenza del carpo
più grosso e quella del metacarpo più sottile, se è maggiore di 7 cm l’animale si
considera malato.
Diagnosi molecolare: molto difficile, le porzioni LTR ( di solito le più conservate nei virus ) qui sono molto
variabili, quindi si devono allestire dei primer per fare la RT-PCR, basati sui geni GAG e POL che codificano
per proteine strutturali ed enzimi; risultando così più conservate.
Diagnosi sierologica: test Idex ( molto genetipo specifico ELISA) e test di ultima generazione con Ab anti
SU-5 che è stato messo a punto dall’università di Berna e permette (sembra ) di prescindere dai genotipi.