LEAP-Emissioni di polveri fini ed ultrafini da fonti mobili

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LEAP-Emissioni di polveri fini ed ultrafini da fonti mobili
Laboratorio Energia e Ambiente Piacenza
Consorzio partecipato dal Politecnico di Milano
Emissioni di Polveri Fini e Ultrafini
da fonti mobili
Relazione finale
prof. Stefano Consonni
Ing. Matteo Perotti
Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano
proff. Stefano Cernuschi e Michele Giugliano
DIIAR del Politecnico di Milano
Piacenza
01 Ottobre 2010
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
INDICE
1
2
INTRODUZIONE ................................................................................................................................. 2
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI................................................................................................... 6
2.1 Evoluzione della normativa antinquinamento da fonti mobili............................................................... 6
2.2 Caratteristiche e limiti dei sistemi di misura del numero di particelle................................................... 8
2.3 I motori dei veicoli come fonte di particolato ultrafine ....................................................................... 12
3
RICHIAMI SULLA FORMAZIONE DEL PARTICOLATO ALL'INTERNO DEL CILINDRO..... 15
4
RUOLO DELLE CONDIZIONI OPERATIVE DEL MOTORE........................................................ 18
5
CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DEL PARTICOLATO ........................................................... 24
6
RUOLO DELLA FORMULAZIONE DEL CARBURANTE ............................................................ 27
7
RUOLO DEL SISTEMA DI POST-TRATTAMENTO DEI GAS DI SCARICO.............................. 31
7.1 I sistemi SCR....................................................................................................................................... 31
7.2 I filtri antiparticolato ........................................................................................................................... 32
8
CONFRONTI CONCLUSIVI ............................................................................................................. 37
9
CONSIDERAZIONI FINALI ............................................................................................................. 45
10
BIBLIOGRAFIA................................................................................................................................. 46
APPENDICE: Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.1
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Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
1
INTRODUZIONE
Le nanoparticelle emesse dalle fonti mobili (qui si tratteranno essenzialmente i
motori a combustione interna) si differenziano per le dimensioni, la composizione, la
solubilità e, di conseguenza, per i loro effetti sulla salute.
Si verifica sperimentalmente che una frazione rilevante è costituita da specie volatili. In
funzione della temperatura e delle proprietà termodinamiche, esse possono:
- rimanere in fase gassosa,
- condensare sulle particelle solide esistenti, e
- costituire dei centri di nucleazione e dare origine a nuove particelle.
Per questo, al variare delle modalità di campionamento (posizione di prelievo,
temperatura, grado di diluizione del campione con aria, ecc.), quantità diverse delle specie
suindicate verranno catalogate come emissioni di “[nano]particolato”.
In generale quindi il campione conterrà non soltanto particelle formatesi durante il
processo di combustione ma anche particelle “secondarie” generate durante il processo di
raffreddamento e diluizione lungo lo scarico e la linea di prelievo.
A complicare ulteriormente il processo di misura si aggiunge l'estrema difficoltà a
misurare con precisione e in modo ripetibile le nanoparticelle all'estremo inferiore della
scala dimensionale.
E' utile ricordare che il particolato emesso da un motore a combustione interna è
intrinsecamente bimodale e la legge di distribuzione delle particelle in funzione del loro
diametro può essere vista come la combinazione lineare di due distribuzioni lognormali
una centrata intorno a 80-120 nm (particelle di accumulazione) e l'altra centrata intorno a
valori di 20-30 nm circa (particelle di nucleazione).
Il peso relativo delle due distribuzioni e l'integrale delle stesse dipendono da numerosi
fattori: tecnologia motoristica, caratteristiche del combustibile e del lubrificante,
condizioni di utilizzo e grado di usura del motore, condizioni atmosferiche e, non ultimo,
procedura di campionamento e metodo di misura.
Quanto appena enunciato è ben rappresentato della due figure che seguono.
La prima, tratta da [1], si riferisce ad un motore Diesel e mostra la distribuzione del
numero di particelle (N) per unità di volume in funzione del diametro dm (“mobility
diameter”). La linea continua si riferisce ad un campione di gas di scarico mentre la linea
tratteggiata è stata ottenuta dopo aver fatto rievaporare le particelle volatili che quindi non
vengono contabilizzate. Mentre nella linea continua sono presenti due massimi, uno
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relativo alle particelle di accumulazione e l'altro a quelle di condensazione nel caso della
linea tratteggiata il picco relativo alle particelle di nucleazione è quasi scomparso, essendo
queste composte in gran parte da specie volatili.
Figura 1 (tratta da [1]): tipica distribuzione bimodale del numero di particelle in funzione delle dimensioni
(concentrazione numerica rispetto al diametro) per i gas di scarico di un motore Diesel.
I due modi mostrano l'esistenza di due diverse volatilità e suggeriscono
le due diverse origini – nucleazione e accumulazione (soot).
La Figura 2 (tratta da [2]) mostra invece come si modifica la distribuzione della
concentrazione numerica delle particelle in funzione del diametro quando si introduce il
filtro antiparticolato (“with trap”) lungo il condotto di scarico di un motore Diesel senza
filtro (“without trap”). Le linee continue sono distribuzioni lognormali che ben interpolano
i dati sperimentali.
Come si vedrà più avanti, il filtro trattiene efficacemente le particelle più grandi. In questo
modo le particelle volatili che, in assenza del filtro, si adsorbirebbero alle particelle di
accumulazione generano dei centri di nucleazione, contribuendo così ad aumentare la
concentrazione delle particelle di minori dimensioni (nanoparticelle).
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Figura 2 (tratta da [2]): Confronto fra le distribuzioni granulometriche delle particelle emesse da un
motore Diesel per veicoli pesanti in presenza e in assenza di un filtro antiparticolato (trap).
Senza il filtro la gran parte delle particelle hanno dimensioni tipiche della zona di
accumulazione (50-300 nm). A valle del filtro la concentrazione delle particelle di
accumulazione si riduce di oltre due ordini di grandezza; si rilevano invece alte
concentrazioni di particelle di nucleazione che sono prevalenti in termini numerici.
In assenza del filtro le sostanze volatili condensano sulle particelle solide. Poiché il filtro
elimina la frazione solida dal flusso, la superficie utile per la condensazione diminuisce
sensibilmente. In condizioni di sovrasaturazione le sostanze volatili condensano
(nucleazione omogenea) dopo aver attraversato il filtro in fase gassosa. Questo significa
che, nonostante la concentrazione di nanoparticelle sia più elevata in presenza del filtro,
non viene creato nuovo particolato durante il processo ma la dimensione media delle
particelle decresce. Diversi autori hanno mostrato che la maggior parte delle particelle di
nucleazione che si formano non hanno un nucleo solido e quindi possono essere riportate
allo stato gassoso.
Una tipica ripartizione del particolato (PM) tra carbonio elementare (EC) e carbonio totale
(TC), somma del carbonio elementare e di quello organico (TC=EC+OC), è riportata nella
tabella che segue (da [2]). Sebbene la parte di carbonio elementare sia nettamente
preponderante a monte del filtro, essa contribuisce soltanto ad una piccola frazione del
particolato complessivo a valle del filtro stesso.
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Figura 3 (tratta da 2): Massa totale di particolato (PM), massa totale di carbonio (TC) e carbonio
elementare (EC) in presenza e in assenza di filtro antiparticolato.
Tutti i valori sono normalizzati alla massa complessiva di particolato in assenza del filtro.
Poiché, come si è visto, la distribuzione delle nanoparticelle nei gas di scarico di un
motore a combustione interna dipende da svariati fattori, per quanto possibile nel seguito
si cercherà di evidenziare separatamente l'influenza di ciascuno di essi.
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2.1
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
Evoluzione
mobili
della
normativa
antinquinamento
da
fonti
Gli sforzi per ridurre l'impatto delle emissioni da fonti mobili trovano
concretizzazione dell'inasprimento delle norme antinquinamento.
A titolo di esempio le tabelle che seguono riportano l'evoluzione dei limiti sul particolato
imposti in Europa per alcune tipologie di motori destinati all'utilizzo su strada (on-road) e
fuoristrada (off-road, principalmente macchine nel settore delle costruzioni, in agricoltura
e gruppi elettrogeni medio-piccoli).
Anno
Autovetture e furgoni
(LDV) [g/km]
Veicoli pesanti (HDV)
[g/kWh]
Euro 1
1992
0,140
0,610
Euro 3
2000
0,050
0,100
Euro 4
2005
0,025
0,020
Euro 5
2011
0,005
0,020
Tabella 1: Evoluzione dei limiti sulle emissioni di particolato per veicoli stradali Diesel
Anno
[g/kWh]
Step I
1999
0,700
Step II
2003
0,300
Step IIIA
2007
0,300
Step IIIB
2011
0,020
Tabella 2: Evoluzione dei limiti sulle emissioni di particolato per motori Diesel destinati all'utilizzo offroad (classe fino a 100kW di potenza). NOTA: lo Step IIIA riduce soltanto i limiti sugli ossidi di azoto (NOx)
I limiti sono espressi in massa di particolato riferita alla distanza percorsa (g/km, per
autovetture e furgoni) o riferita all'energia (g/kWh, per motori per impieghi pesanti) su un
ciclo di prova standardizzato.
Attualmente il metodo fissato per la certificazione delle emissioni è l'analisi gravimetrica
su opportuni filtri campione prelevati dal flusso uscente dal motore dopo una diluizione
con aria (tunnel di diluizione). Come è possibile vedere dalla Figura 4, le norme Euro 4 e
le corrispondenti norme vigenti negli USA hanno evidenziato il raggiungimento della
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soglia di sensibilità degli strumenti attualmente omologati. La sensibilità dell'analisi
gravimetrica deve essere quindi aumentata affinché il metodo possa rimanere applicabile
anche ai futuri motori con emissioni ulteriormente ridotte.
In parallelo l'evoluzione della tecnologia motoristica ha portato a significative modifiche
nella natura del particolato emesso, in particolare un aumento della frazione volatile.
Questo, unito alla constatazione che soprattutto le particelle più piccole hanno importanti
effetti sulla salute umana, ha indotto il legislatore a definire nuovi standard di misura per
l'omologazione dei futuri motori.
La procedura di misura è stata individuata a seguito di un confronto fra diversi protocolli a
livello europeo nell'ambito del progetto PMP (Particle Measurement Programme) con il
supporto del GRPE (Groupe de travail de la pollution et de l’énergie) dell'UNECE (United
Nations Economic Commission for Europe). Il metodo prevede sia la misura della massa
di particolato che il rilievo del numero delle sole particelle carboniose (solide) generate
per accumulazione. La limitazione è stata fissata per la maggiore ripetibilità della misura
del numero di particelle di dimensioni non eccessivamente piccole (> 70nm circa) mentre,
al contempo, le nanoparticelle provenienti da un processo di nucleazione non hanno effetti
sensibili sulla misura della massa.
Figura 4: Ripetibilità (variazioni tra le prove) e riproducibilità (variazioni tra laboratori)
delle misure di particolato su motori Diesel effettuate in sei diversi laboratori europei (da Burtscher, 2004).
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Il metodo si basa sullo standard applicato negli USA nel 2007 (US-EPA, 2007) e utilizza
un approccio particolare per eliminare le nanoparticelle di nucleazione attraverso una
prima diluizione in un classico sistema CVS (Constant Volume Sampling) e una
successiva rapida espansione del campione estratto in un tubo riscaldato. In questo modo
le particelle volatili eventualmente condensate ritornano allo stato gassoso prima della
misura del particolato.
Nel metodo proposto la misura delle particelle carboniose “secche” è effettuata tramite
uno strumento CPC (Condensation Particle Counter).
2.2
Caratteristiche e limiti dei sistemi di misura del numero di
particelle
Il metodo sperimentale per la determinazione del numero e della distribuzione
dimensionale delle particelle determina il risultato della misura e, in ultima analisi, la sua
confrontabilità con risultati ottenuti tramite metodi diversi. Quando si parla di particelle
ultrafini e nanoparticelle, si assume implicitamente che le procedure e gli strumenti
utilizzati forniscono informazioni sulle particelle in due intervalli dimensionali ben
distinti, rispettivamente <100 nm e <50 nm. Mentre gli strumenti CPC rilevano particelle
di dimensioni maggiori di 2 nm, la finestra di misura dei DMPS e degli SMPS
(Differential/Scanning Mobility Particle Sizers) viene normalmente selezionata a partire
dai 10-20nm, ben al di sopra del limite inferiore raggiungibile, perché è così possibile
estendere significativamente il limite superiore in modo da comprendere le particelle di
accumulazione. E' indispensabile tener presente questo aspetto quando si confrontano
distribuzioni delle concentrazioni di particelle riportate in pubblicazioni differenti che
trattano le particelle ultrafini e le nanoparticelle. Morawska et al. [3] hanno recentemente
confrontato i risultati di 52 diversi studi mostrando che lo scarto tra le distribuzioni
ottenute con strumenti CPC e DMPS/SMPS è apprezzabile (vd. Figura 5 tratta da [3]).
Pur tenendo conto delle differenti condizioni di prova, la misure degli strumenti
DMPS/SMPS sono sempre risultate più basse di quelle dei CPC (del 32% sulle medie e
del 56% sulle mediane).
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Figura 5 (tratta da [3]): Scarto fra misure del numero di particelle
effettuate con strumenti CPC e SMPS (confronto fra diversi lavori)
Due ulteriori elementi che influenzano la misura sono le perdite diffusive di particelle,
intrinsecamente connesse ad ogni misura degli aerosol, e il processo di diluizione.
Kittelson et al. [14] hanno mostrato che l'errore indotto dalla diffusione delle particelle più
piccole nel calcolo del numero totale di particelle e, conseguentemente, delle
concentrazioni è consistente. Perdite si hanno lungo la linea di prelievo e internamente
allo strumento. Utilizzando modelli di perdite diffusive opportunamente tarati con prove
di laboratorio, nel caso di uno strumento SMPS sono state stimate perdite diffusive del
70%, 35% e 12% per nanoparticelle di diametro 10, 20 e 50 nm rispettivamente.
La Figura 6, tratta appunto da [14], evidenzia come si modifica la distribuzione
granulometrica del particolato misurato qualora si introduca la correzione per le perdite
diffusive. In letteratura è raro che questa correzione venga introdotta o comunque
chiaramente indicata, introducendo un elemento di incertezza nel confronto fra risultati di
diversa origine.
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Figura 6 (tratta da [14]): Misure di distribuzione granulometrica del particolato con e senza correzioni per
le perdite diffusive nello strumento SMPS e lungo la linea di prelievo. N, V, N_30 e V_30 denotano
rispettivamente il numero totale e il volume totale dello strumento SMPS, e il numero e il volume delle
particelle più piccole di 30nm.
Il campionamento dei gas di scarico prevede uno o, più frequentemente, due stadi di
diluizione (vd. Figura. 7), una diluizione detta primaria ed una secondaria.
Figura 7 (tratta da [32]): Rappresentazione schematica di un tipico sistema di campionamento.
Un basso rapporto di diluizione (DF, dilution factor) comporta una temperatura di
rimescolamento più elevata e una relativamente alta tensione di vapore delle sostanze che
generano i centri di nucleazione. Contemporaneamente però è più alta la concentrazione di
questi composti.
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Vari ricercatori hanno mostrato che bassi rapporti di diluizione primari (PDF, primary
dilution factor) o lunghi tempi di residenza favoriscono la nucleazione nei gas di scarico di
motori Diesel.
La Figura. 8a che segue (tratta da [16]) mostra appunto che le particelle di nucleazione
crescono sensibilmente al diminuire del rapporto di diluizione primario che non ha al
contrario alcun effetto sulle particelle di accumulazione.
La Figura 8b mostra invece l'influenza della temperatura di diluizione a parità di rapporto
di diluizione primario. Non si nota una differenza significativa tra una diluizione con aria
fredda (Taria = 10°C) e una diluizione con aria a temperatura ambiente (Taria = 20°C). La
diluizione con aria più calda (Taria = 50°C) riduce fortemente il fenomeno della
nucleazione tanto che la concentrazione delle nanoparticelle con diametro 10nm misurata
dopo una diluizione primaria con aria a 50°C è di ben due ordini di grandezza inferiore a
quella ottenuta utilizzando aria di diluizione a 10 o 20°C.
L'effetto dell'umidità dell'aria è molto più evidente quando l'aria di diluizione è a 50°C: un
aumento dell'umidità relativa da 0% all'8% comporta un aumento di un ordine di
grandezza della concentrazione delle particelle di 10 nm .
Figura 8(a) (tratta da [16]): Effetto del rapporto di diluizione primario (PDF) e (b) effetto della
temperatura e dell'umidità dell'aria di diluizione primaria sulla distribuzione granulometrica delle
particelle. Misura su banco a rulli a 120 km/h utilizzando un gasolio con elevato contenuto di zolfo
(310ppm). Un tempo di stabilizzazione di 10-15 minuti ha preceduto ogni misura e i risultati sono stati
mediati tra un minimo di due o tre letture dello strumento SMPS.
L'influenza combinata del grado di diluizione e del sistema di campionamento è riassunta
nella Figura 9 (tratta da [16]). In essa sono rappresentate le misure effettuate utilizzando
quattro sistemi differenti: a) un particolare sistema a due stadi di diluizione in cui la
diluizione primaria avviene direttamente nel punto di prelievo con termostatazione della
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miscela generata e controllo dell'umidità, b) un sistema a due stadi di diluizione tramite
eiettore e disco rotante con un rapporto di diluizione complessivo di 800, c) una diluizione
monostadio tramite disco rotante (rapporto di diluizione pari a 100), d) una diluizione in
accordo con il protocollo PMP a tre stadi tramite CVS (Constant Volume Sampler) e disco
rotante (rapporto di diluizione pari a 250) e successivo riscaldamento fino a 280°C per
rimuovere le particelle semivolatili seguito da una diluizione con eiettore (rapporto di
diluizione pari a 8).
Figura 9 (tratta da [16]) Distribuzione granulometrica delle particelle ottenuta con quattro
diversi sistemi di campionamento sul banco a rulli alla velocità costante di 120 km/h.
Nelle misure su strada effettuate tramite un veicolo-laboratorio inseguitore non tutti i
precedenti parametri possono essere tenuti sotto controllo con il risultato che, a detta di
molti autori, spesso le misure risultano poco ripetibili e solo parzialmente riproducibili fra
diversi gruppi di ricerca.
2.3
I motori dei veicoli come fonte di particolato ultrafine
Molti studi hanno mostrato che le emissioni dai motori dei veicoli costituiscono la
maggior fonte di particolato ultrafine in ambito urbano [5, 6, 7, 8 e 9]. Le nanoparticelle
sono le più numerose ma le particelle più grandi danno il maggiore contributo alla
concentrazione in volume e in massa.
Il contributo dei diversi tipi di motore viene discusso più avanti.
In generale il particolato emesso da un motore può essere diviso in due categorie in
funzione del punto di generazione: a) il particolato primario che si forma nel motore o
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lungo il condotto di scarico, b) il particolato secondario che si forma dopo che i gas di
scarico sono stati scaricati in atmosfera.
Particolato primario
Il particolato primario si genera direttamente nel motore ed è costituito principalmente da
agglomerati di sostanze carboniose allo stato solido nell'intervallo tra i 30 e i 500 nm,
frutto principalmente di un processo di accumulazione. Le particelle contengono spesso
anche depositi metallici e idrocarburi adsorbiti o condensati e composti a base di zolfo. La
componente metallica deriva generalmente da additivi dell'olio lubrificante e dall'usura del
motore. La distribuzione dimensionale delle particelle di accumulazione è molto ben
rappresentata da una una distribuzione lognormale con una deviazione standard quasi
costante intorno a 1,8-1,9 [10], e varia poco su un determinato veicolo al variare delle
condizioni operative. La ripetibilità delle misure, in particolare nel caso di motori Diesel, è
molto elevata. Per questa ragione la Commissione Europea ha proposto un limite massimo
sul numero delle particelle solide primarie da introdurre nelle norme Euro 5b e Euro 6.
Particolato secondario
Quando i gas combusti vengono scaricati in atmosfera, si raffreddano e possono
condensare generando nanoparticelle. Le particelle secondarie sono costituite quindi da
sostanze volatili, principalmente da idrocarburi e acido solforico. Il particolato secondario
ha dimensioni inferiori a circa 30nm e costituisce la frazione di nucleazione che è stata
comunemente osservata in prossimità di strade e autostrade. Le nanoparticelle nucleate
secondo questa modalità, seppur talvolta presenti, non vengono comunemente rilevate
nelle prove effettuate al banco dove vengono utilizzati i tunnel di diluizione per
raffreddare e diluire i gas di scarico [11, 12, 13, 14, 15].
Vari autori hanno mostrato che la nucleazione è fortemente influenzata dalle modalità e
condizioni di diluizione e decresce al crescere del grado di diluizione [16]. Per le ragioni
che verranno meglio illustrate nel seguito un maggior numero di nanoparticelle si forma
nelle partenze a freddo e ai carichi elevati, in corrispondenza quindi di forti accelerazioni
o elevate velocità del veicolo.
Oltre agli effetti di diluizione e di raffreddamento, un altro fattore gioca un ruolo
essenziale nel determinare la concentrazione di particelle secondarie. Un'elevata frazione
dei precursori gassosi generalmente condensa o si adsorbe sulla superficie delle particelle
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carboniose primarie contribuendo quindi al fase di accumulazione. Tuttavia, se la
concentrazione di particelle carboniose primarie è bassa e quindi è ridotta la superficie
disponibile per l'adsorbimento, le sostanze volatili danno luogo a nucleazione in fase
omogenea, generando così nanoparticelle volatili. Il fenomeno è esaltato nei motori Diesel
dotati di filtri del particolato (Diesel con DPF) in cui l'accumulazione è fortemente ridotta
dalla filtrazione delle particelle, comportando così un aumento della nucleazione.
L'elevata presenza di particelle di accumulazione ha invece un effetto opposto. Si spiega
così perché i veicoli più vecchi ed usurati, che generano elevate quantità di particolato
primario, mostrano fenomeni di nucleazione meno marcati.
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RICHIAMI
SULLA
FORMAZIONE
ALL'INTERNO DEL CILINDRO
DEL
PARTICOLATO
L'evoluzione della massa di particolato durante la combustione in un motore Diesel
alimentato a gasolio segue l'andamento illustrato in Figura 10 (tratta da [17]). Il grafico si
riferisce ad una condizione di funzionamento a 2000 giri/min e carico medio-alto ma ha
valenza più generale.
All'avvio della combustione la massa di particolato cresce insieme alla concentrazione di
ossido di carbonio. Entrambi i composti chimici sono indici di una combustione
incompleta, dovuta all'insufficiente rimescolamento di combustibile e aria.
Grazie all'elevata turbolenza all'interno della camera di combustione, sia il particolato che
il CO hanno successivamente modo di rimescolarsi con aria completando l'ossidazione del
carbonio grazie alle alte temperature presenti.
Figura 10 (tratta da [17]): Evoluzione della massa di particolato e CO
in funzione dell'angolo di manovella in un motore Diesel a carico medio-alto.
Una tipica evoluzione della distribuzione granulometrica del particolato tra 190° dopo il
Punto Morto Inferiore (ABDC, After Bottom Dead Centre), cioè 10° dopo il Punto Morto
Superiore, e 300° dopo il PMI, cioè 120° dopo il PMS, è riportata nella Figura 11.
Nelle prime fasi della combustione (190° dopo PMI) le particelle più numerose sono
quelle con diametro tra
80 e 90 nm. Durante il processo di agglomerazione e di
formazione del soot, le particelle coalescono e il massimo della distribuzione
granulometrica si sposta verso diametri più grandi (intorno a 110 nm). Durante la fase di
ossidazione si ossidano dapprima le particelle più grandi (> 70 nm circa), il cui numero
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decresce, poi via via quelle di diametro inferiore. La diminuzione del numero di particelle
continua durante tutta la fase di espansione. La distribuzione granulometrica delle
particelle varia poi poco lungo il condotto di scarico.
Risulta così che quasi il 99% del particolato formatosi durante la combustione si ossida
all'interno del cilindro. Ai carichi più bassi, al diminuire della temperatura, i processi di
ossidazione sono più lenti e la frazione di particolato coinvolta nel processo di postossidazione decresce.
Figura 11 (tratta da [17]): Evoluzione della distribuzione granulometrica del particolato
con l'avanzamento della combustione e l'espansione tra 190° e 300° dopo il Punto Morto
Inferiore. La distribuzione a 300° è simile a quella misurata al terminale di scarico.
Tobias et al. [18] suggeriscono che, in un motore Diesel, le particelle di nucleazione si
formino secondo due diversi meccanismi: al minimo e ai carichi più bassi i composti
organici semivolatili (idrocarburi incombusti per presenza di zone troppo magre e
temperature troppo basse) e, in minor misura, l'acido solforico sembrano essere le sorgenti
principali; ai carichi elevati, le maggiori temperature favoriscono una combustione più
completa e l'ossidazione dell'SO2 a SO3 e la nucleazione avverrebbe quindi ad opera
principalmente dell'acido solforico e dell'acqua.
Tale ipotesi è coerente anche con i risultati che Vaaraslahti et al. [19, 20] hanno ottenuto
successivamente su un motore dotato di C-DPF (Catalyzed Diesel Particulate Filter) cioè
di un filtro per il particolato che svolge anche la funzione di catalizzatore di ossidazione.
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Ai carichi medio-bassi il C-DPF favorisce l'ossidazione degli idrocarburi incombusti
contribuendo a ridurre le particelle di nucleazione cui questi darebbero origine. Ai carichi
elevati, invece, il contributo dell'SO2 come precursore del processo di nucleazione viene
ulteriormente esaltato dal completamento dell'ossidazione nel catalizzatore. Le particelle
di SO3 e il vapor d'acqua danno così origine ad un maggior numero di centri di
nucleazione a valle del filtro.
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RUOLO DELLE CONDIZIONI OPERATIVE DEL MOTORE
L'evoluzione delle emissioni di particelle durante un ciclo di guida da due vetture
conformi alla normativa EURO4 - una a benzina a iniezione indiretta MPI dotata di
catalizzatore a tre vie e una Diesel dotata di filtro antiparticolato DPF - è stata
recentemente analizzata da Hyungmin et al. [21].
La concentrazione del numero di particelle in funzione del tempo, effettuata con un
sistema CPC, è riportata nella Figura 12 e nelle successive Figure 13 e 14. Come si può
notare, la concentrazione di particelle emesse è in stretta correlazione con le condizioni
operative del motore. Le emissioni sono massime nel transitorio a freddo sia per il motore
a benzina che per quello Diesel. Quando il motore e il catalizzatore iniziano a scaldarsi, le
emissioni, specialmente quelle dal motore ad accensione comandata a benzina, calano
sensibilmente e crescono solo durante le accelerazioni più decise.
Figura 12 (tratta da [21]): Andamento delle concentrazioni istantanee di particelle allo scarico
di due autovetture durante il ciclo di guida europeo normalizzato NEDC.
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pag.18
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Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
Figura 13 (tratta da [21]): Andamento delle concentrazioni istantanee di particelle allo scarico
di due autovetture durante la fase a freddo del ciclo di guida europeo normalizzato NEDC.
Figura 14 (tratta da [21]): Andamento delle concentrazioni istantanee di particelle allo scarico di due
autovetture durante il tratto extraurbano del ciclo di guida europeo normalizzato (Extra Urban Driving
Cycle).
Grazie al filtro antiparticolato le emissioni del motore Diesel e di quello ad accensione
comandata sono quindi confrontabili sia in numero che in massa.
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.19
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Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
Gli andamenti ottenuti da [21] sono confermati da Vouitsis et al. [22] in prove effettuate
su altri due veicoli conformi alle norme EURO 4. La vettura a benzina è anch'essa ad
iniezione indiretta MPI con catalizzatore a tre vie; la vettura Diesel è dotata, nella versione
originale, di un un pre-catalizzatore ed un catalizzatore in grado anche di ridurre gli NOx
(DeNOx). Tale motore è stato dapprima provato nelle configurazione originale (OEA,
Original Exhaust Aftertreatment nelle figure che seguono); successivamente un filtro
antiparticolato con funzioni di catalizzatore C-DPF è stato installato in sostituzione del
sistema di post-trattamento originale.
Il contenuto di zolfo nel gasolio utilizzato è inferiore a 10 ppm e inferiore a 50 ppm nella
benzina durante tutte le prove.
Le vetture sono state provate seguendo il ciclo europeo NEDC e il ciclo Artemis,
sviluppato recentemente nell'ambito di un progetto europeo omonimo e caratterizzato
mediamente da carichi più elevati del ciclo NEDC. Le portate di particolato nel ciclo
Artemis urbano e autostradale, con carichi elevati, sono maggiori del 25%-45% rispetto ai
valori ottenuti sul ciclo NEDC (vd. Figura 12).
L'utilizzo del filtro C-DPF comporta una significativa riduzione delle emissioni in massa
sia nel ciclo NEDC che nel ciclo Artemis rappresentativo del funzionamento su strade
statali (Road Artemis, caratterizzato da carichi molto vicini a quelli del ciclo NEDC),
rispettivamente del 98% e 95% ma la riduzione è minore sui cicli Artemis Urbano e
Autostradale (88% e 81% rispettivamente) a causa dei più elevati carichi. Le emissioni in
massa della vettura a benzina si sono dimostrate inferiori a quelle del Diesel con filtro
C-DPF, nell'intervallo 1-3 mg/km.
Figura 15 (tratta da [22): Emissioni di particolato al variare del ciclo di guida.
La barra dell'errore è pari all'intervallo min-max delle misure ripetute.
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pag.20
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Le emissioni espresse in numero di particelle al km (#/km) sono riassunte nella Figura 16.
L'effetto del filtro C-DPF è qui ancora più evidente, con abbattimenti che raggiungono i
due o tre ordini di grandezza a seconda del ciclo di utilizzo.
Nel caso del ciclo NEDC, in cui sono presenti accelerazioni di media intensità, le
emissioni del motore a benzina sono circa la metà di quelle del Diesel con C-DPF.
Quando però si passa ad un ciclo caratterizzato da accelerazioni più intense o velocità
elevate (e quindi alti carichi), il veicolo a benzina emette anche più del motore Diesel con
C-DPF. Secondo vari autori (vd. ad es. [23]) una probabile causa dell'aumento del numero
di particelle emesse dal motore a benzina ai carichi elevati risiede nella condensazione di
sostanze volatili presenti al termine della combustione con miscela più ricca. Tuttavia
l'enorme incremento della concentrazione di particelle allo scarico del motore a benzina
nel ciclo Artemis autostradale (Motorway nella Figura 16) è giudicato anomalo dagli
stessi autori perché in contrasto con i risultati ottenuti in precedenza da loro stessi e da
altri ricercatori. La storia e la calibrazione del motore unite alle condizioni del
catalizzatore giocano sicuramente un ruolo importante.
Figura 16 (tratta da [22]): Emissioni di particelle al km in varie condizioni di utilizzo.
La barra dell'errore è pari all'intervallo min-max delle misure ripetute. Vd. il testo per una
spiegazione dell'anomalia del motore a benzina nel tratto autostradale.
E' interessante confrontare la distribuzione granulometrica delle particelle come è mostrata
nella Figura 17. Alla velocità costante di 50 km/h (quindi a carichi moderati) tutte le
configurazioni provate mostrano un andamento lognormale. L'introduzione del filtro
C-DPF sul motore Diesel si traduce in una riduzione delle numero di particelle di oltre tre
ordini di grandezza, diventando così addirittura minore del veicolo a benzina. Il diametro
medio (media geometrica) oscilla tra 65 e 70 nm per tutte le tre configurazioni
motoristiche.
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pag.21
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A 120 km/h il Diesel OEA mostra una distribuzione granulometrica lognormale simile a
quella misurata a 50 km/h. Con il C-DPF la concentrazione numerica delle particelle di
accumulazione si riduce significativamente ma si generano contemporaneamente delle
nanoparticelle di nucleazione e la distribuzione assume una forma bimodale. In questa
situazione il diametro medio del modo di accumulazione risulta circa 70 nm e quello di
nucleazione intorno a 25 nm. Se l'SO3 costituisce la principale fonte di nucleazione,
secondo il modello sviluppato da Vouitsis et al. [24] i bassi tenori di zolfo presenti nel
carburante non giustificano i risultati ottenuti neppure in presenza di un'elevata efficienza
del catalizzatore. E' da supporre quindi che al processo contribuiscano altre fonti come lo
zolfo presente nell'olio anche se questo secondo contributo è difficilmente quantificabile
perché fortemente dipendente dal consumo di olio. Numerosi autori attestano comunque
l'importanza del processo appena descritto.
Anche la distribuzione granulometrica del particolato emesso dalla vettura a benzina
mostra un andamento bimodale a 120 km/h. In questo caso il fenomeno della nucleazione
è meno pronunciato essendo minore di un ordine di grandezza il numero delle
nanoparticelle. Il diametro medio è anch'esso minore, intorno a 12 nm. Probabilmente il
limitato tenore di ossigeno presente agli alti carichi in un motore a benzina inibisce la
formazione di acido solforico, nonostante la relativamente alta concentrazione di S nella
benzina utilizzata.
Figura 17 (tratta da [22]): Distribuzione granulometrica di particelle
ultrafini e nanoparticelle nelle tre configurazioni provate a 50 e 120 km/h.
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pag.22
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Anche la diversa struttura degli idrocarburi incombusti allo scarico dei motori a benzina
rispetto ai Diesel ha ragionevolmente un effetto sull'accrescimento delle particelle di
nucleazione.
Il contributo delle diverse condizioni di guida al numero di particelle complessivamente
emesse è ben rappresentato dalla registrazione continua della portata di particelle (numero
di particelle al secondo) lungo il ciclo europeo NEDC. Per tutti i motori, soprattutto il
Diesel dotato di C-DPF e quello a benzina con catalizzatore, il numero di particelle
emesse nei primi 300 secondi (funzionamento a freddo) è particolarmente elevato. E' noto
che durante tale fase crescono gli idrocarburi incombusti mentre il catalizzatore non ha
ancora raggiunto la temperatura di attivazione (light-off). Il fenomeno, pur presente, è
probabilmente mascherato nel Diesel in configurazione OEA perché la concentrazione di
particelle è nettamente più elevata.
Figura 18 (tratta da [22]): Portata istantanea di particelle
(numero di particelle al secondo) lungo in ciclo europeo NEDC.
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pag.23
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5
CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DEL PARTICOLATO
La tabella che segue (tratta da [22] già citata) riporta gli elementi, inclusi i metalli,
presenti nel particolato emesso da due motori per autovettura moderni: un motore Diesel
con catalizzatore di ossidazione (OEA) e con filtro antiparticolato drogato con
catalizzatore (C-DPF) e un motore a benzina a iniezione indiretta e catalizzatore a tre vie.
Le emissioni di silicio non sono riportate a causa dell'incertezza nella misura e della
dipendenza dai valori di sottofondo. I metalli più abbondanti in tutte le configurazioni
sono Ba, Fe, Sn e Te. Composti a base di bario sono stati usati in passato come
soppressori di fumo [25, 26] ma da tempo non sono più utilizzati anche se non si può
escludere la presenza nel combustibile di tracce o di altri additivi organometallici
contenenti zolfo. Dei depositi a base di carbonato di Ba si possono formare su valvole e
iniettori quando il motore è relativamente freddo e possono poi passare allo scarico ai
carichi più elevati; si spiegherebbero così le variazioni di concentrazione misurate allo
scarico.
Fe è regolarmente uno degli elementi più abbondanti nei gas di scarico di un motore
Diesel [27, 28]. Vari ricercatori riportano anche la presenza di Cr, Cu, Zn, Pb e Mn. La
combustione è anche stata identificata come fonte di Cadmio [29]. Secondo Wang et al.
[30] l'olio lubrificante, l'abrasione di componenti del motore e l'imperfetta filtrazione
dell'aria in aspirazione sono le potenziali fonti degli elementi presenti in tracce nei gas di
scarico.
Tabella 3 (tratta da [22]): Emissioni (espresse in ng/km) degli elementi rilevati tramite analisi XRF
su un campione di particolato emesso da tre tipologie di motori.
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pag.24
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E' stato mostrato [22] che le condizioni di utilizzo hanno un impatto significativo sulle
portate di tutti gli elementi, che seguono generalmente l'andamento della portata globale di
particolato. Le emissioni sono quindi più alte in corrispondenza dei carichi più elevati.
Il veicolo a benzina mostra un comportamento simile al veicolo Diesel con filtro C-DPF.
Differenze si hanno nel caso di selenio e zinco per i quali le emissioni del motore a
benzina sono doppie di quelle del Diesel con C-DPF.
In maniera abbastanza sorprendente il Diesel C-DPF emette il triplo degli ioni (NO3, SO4,
NH4) del Diesel OEA con solo catalizzatore di ossidazione (vd Tabella 4). Le ragioni
possono essere due: i) il rendimento di conversione del catalizzatore di ossidazione
presente nel C-DPF è particolarmente elevato per la grande area di scambio e le basse
velocità spaziali; ii) nel funzionamento a freddo gli ioni solfato potrebbero essere
trattenuti dalla matrice per essere poi rilasciati durante la prova a caldo producendo un
effetto additivo.
Al contrario il motore a benzina emette 6-7 volte meno ioni del Diesel con C-DPF.
Tabella 4 (tratta da [22]): portata media di ioni (in µg/km) misurata tramite analisi IC.
Il contenuto di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA/PAHs) nel particolato emesso è
riportato in Tabella 5. Nel particolato emesso dal motore Diesel prevalgono gli IPA
leggeri (MM<252) rispetto a quelli più pesanti, in accordo con svariati altri autori [27, 31].
Il filtro C-DPF si mostra nettamente più efficace nell'abbattere le emissioni di IPA durante
il ciclo europeo NEDC (abbattimento del 96%) che nei cicli più realistici. Ad esempio nei
cicli Artemis la riduzione oscilla tra il 45% e il 74%.
Tabella 5 (tratta da [22]): portata media di IPA/PAHs (in µg/km) e deviazione standard misurata tramite
HPLC.
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pag.25
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
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In Tabella 6 sono riportate la frazione in peso del carbonio (sia carbonio elementare che
carbonio organico, compreso quello presente negli IPA), degli IPA, degli ioni e
dell'insieme dei metalli e degli elementi presenti in tracce. Nel Diesel con catalizzatore di
ossidazione (OEA) domina il carbonio; nel Diesel con C-DPF le frazioni di carbonio e
ioni solfato si equivalgono; nel motore a benzina prevale il carbonio, seguito da un 10%
(in massa) di ioni.
Tabella 6 (tratta da [22]): composizione in massa del particolato emesso secondo quattro diverse tipologie
di sostanze.
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pag.26
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6
RUOLO DELLA FORMULAZIONE DEL CARBURANTE
La composizione chimica (tenore di zolfo, tenore di ossigeno, tenore di idrocarburi
policiclici aromatici, presenza di eventuali impurità) e le caratteristiche fisiche (calore di
vaporizzazione e viscosità) del carburante hanno influenza sulla produzione di particelle
ultrafini e nanoparticelle.
Dell'importanza dello zolfo presente nel carburante si è discusso nei paragrafi precedenti.
In questa sezione ci si concentra su gas naturale (CNG), biocarburanti e carburanti liquidi
di sintesi (GTL, Gas To Liquid).
Jayaratne et al. [32] hanno confrontato le emissioni di nanoparticelle da una serie di
autobus urbani con motori alimentati a gasolio e a gas naturale (GNG).
La tabella che segue mostra le caratteristiche dei veicoli provati. Il numero di esemplari
sottoposti a prova per ciascuna delle tre tipologie di autobus urbani è indicato nella tabella
stessa.
Come si può notare i veicoli a gas naturale denominati CNG2 hanno accumulato una
bassissima percorrenza e quindi sono presumibilmente meno usurati degli altri.
Veicolo
Alim.
Normativa
Dispositivo
antinquin.
Percorrenza
accumulata [km]
N. veicoli
provati
Tipo di
motore
CNG1
CNG
EURO2,3
Cat a 2 vie
134000-22600
13
SCANIA
OSC9G
CNG2
CNG
EURO3
Cat a 3 vie
2000-20000
5
MAN
2876LUH01
D1
Diesel EURO3
Nessuno
165000-217000
6
MB
OM457HLA
Tabella 7: Quadro riassuntivo delle tipologie di autobus provati da Jayaratne et al. [32]
I valori mediani del numero di particelle emesse da ciascun gruppo di motori al variare del
carico sono riportati nella Tabella 8. Le emissioni di particelle aumentano con il carico
ma, a carico costante, le emissioni sono sensibilmente diverse tra un gruppo e l'altro. Ad
ogni punto di funzionamento le emissioni dei motori Diesel risultano superiori a quelle dei
motori CNG ma la differenza è considerata significativa dagli autori solo in
corrispondenza di un carico pari al 50%.
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pag.27
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
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Veicolo
Unità
C
A
R
I
C
O
CNG1
CNG2
D1
minimo
[particelle/min]
2.0E+12
5.3E+11
5.3E+12
25%
[particelle/km]
1.2E+13
1.4E+12
3.6E+13
50%
[particelle/km]
3.1E+13
3.5E+12
2.0E+14
100%
[particelle/km]
6.5E+14
4.4E+15
1.7E+15
Tabella 8: Valori mediani delle emissioni dalle tre tipologie di autobus al variare del carico
Nel caso dei motori alimentati a gas naturale l'analisi della distribuzione di particolato in
funzione delle diametro delle particelle (ottenuta tramite un sistema SMPS) mostra una
tendenza univoca per quanto riguarda le dimensioni ma non per la numerosità. A titolo
d'esempio la figura che segue mostra tre misure effettuate a pieno carico su un esemplare
del gruppo CNG1. Si può notare che la dimensione media delle nanoparticelle è intorno a
10-12 nm in tutti i tre casi. Invece il numero totale delle nanoparticelle varia enormemente
tra le misure, mentre la differenza è ancora maggiore tra un veicolo e l'altro dello stesso
insieme. La variazione rilevata è molto maggiore di quella ottenuta con i veicoli Diesel,
per i quali il diametro medio è sensibilmente superiore.
Il risultato, per il quale gli autori non forniscono una spiegazione approfondita, conferma
l'incertezza delle misure sulle particelle più piccole.
Figura 19 (da [32]): distribuzione dimensionale delle nanoparticelle
emesse da un motore CNG a pieno carico (risultati da tre diverse misure sullo stesso motore)
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pag.28
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
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Czerwinski et al. [33] hanno analizzato le emissioni di particolato fine da motori Diesel
alimentati con quattro diversi combustibili: gasolio, combustibile sintetico ottenuto tramite
un processo Fisher-Tropsch (GTL), RME (estere dall'olio vegetale di colza) e ROR (olio
di colza).
Sia il GTL che l'RME e il ROR sono combustibili virtualmente privi di idrocarburi
policiclici aromatici e di zolfo. L'RME e, in generale, tutti gli esteri degli acidi grassi
(FAME, Fatty Acid Methyl Esters) contengono impurità come trigliceridi, glicerolo, alcol,
sodio e potassio frutto del processo di transesterificazione [34, 35]. Come noto, i metalli
alcalini contribuiscono anche alla formazione di scorie.
Per le loro caratteristiche i FAME tendono a ridurre il particolato solido ma provocano un
aumento della frazione organica solubile (SOF) delle particelle, molto probabilmente a
causa delle alte temperature di distillazione (>300°C) e della elevata viscosità.
L'aumento di frazione organica solubile genera un incremento dei centri di nucleazione,
soprattutto ai bassi carichi e all'avviamento quando le temperature sono più basse, e può
portare ad un aumento della massa di particolato nelle stesse condizioni (vd. Figura 17).
Viceversa, rispetto al gasolio l'RME comporta una diminuzione della massa di particolato
ai carichi elevati mentre l'effetto sul numero di particelle è piccolo. Il comportamento
dell'ROR è simile a quello dell'RME per quanto riguarda la massa di particolato ma il
numero di particelle aumenta sensibilmente ai bassi carichi e diminuisce ai carichi elevati.
Figura 20 (tratta da [33]): Distribuzione granulometrica del particolato emesso da un motore Diesel
funzionante a basso carico (a sinistra) e a carico elevato (a destra) al variare del tipo di combustibile.
Si noti il diverso comportamento del gasolio e del GTL (carburante ottenuto per reforming da
combustibili gassosi) rispetto a RME e ROR che contengono elevate frazioni altobollenti.
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Si tenga presente che il ritardo di combustione del ROR è leggermente inferiore a quello
degli altri combustibili a causa del diverso numero di cetano. Questo provoca un aumento
del picco di temperatura soprattutto ai carichi elevati che promuove, come si è visto,
l'ossidazione del particolato all'interno del cilindro stesso (vd. Figura 21).
Figura 21 (tratta da [33]): Emissioni in massa di particolato e concentrazione
del numero di particelle in funzione del tipo di combustibile.
La Figura 22 mostra l'andamento del rapporto tra carbonio elementare e carbonio totale
nel particolato (EC/TC) al variare del carico. Tale rapporto è minore per entrambi i
combustibili di derivazione vegetale RME e ROR rispetto a gasolio e GTL; inoltre, come
era già stato indicato, per tutti i combustibili la frazione di carbonio organico diminuisce
all'aumentare del carico e quindi aumenta il rapporto EC/TC.
Figura 22 (tratta da [33]): Influenza del carico sul rapporto EC/TC per diversi combustibili
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7
RUOLO DEL SISTEMA DI POST-TRATTAMENTO DEI GAS DI
SCARICO
Il trattamento degli effluenti gassosi da sorgenti mobili avviene con modalità e
tecnologie simili a quelle utilizzate negli impianti fissi. Anche sugli autoveicoli sono
ormai sempre presenti dei sistemi di abbattimento degli idrocarburi incombusti e degli
ossidi di azoto, e sono sempre più frequenti dispositivi tesi a ridurre le emissioni di
particolato.
Per quanto riguarda in particolare una descrizione più particolareggiata dei sistemi di
riduzione degli ossidi di azoto, si rimanda all'appendice alla fine di questo capitolo.
7.1
I sistemi SCR
Molte pubblicazioni [36, 37, 38] riportano un sensibile aumento delle nanoparticelle
emesse da motori Diesel nei veicoli pesanti dotati di dispositivo SCR con iniezione di una
soluzione di urea
nell'acqua (nome commerciale Adblue) per l'abbattimento delle
emissioni di NOx.
Nei motori EURO 5 provati le nanoparticelle a valle del catalizzatore SCR aumentano
all'aumentare del carico, cui corrisponde un incremento della soluzione urea/acqua
iniettata per ridurre l'accresciuta quantità di NOx.
Nella Figura 23 che segue gli indici “E5 before cat” e “E5 after cat” si riferiscono
appunto ai risultati ottenuto su motori EURO 5 a monte e a valle del dispositivo SCR. Ai
carichi elevati le nanoparticelle a monte del catalizzatore SCR sono di un ordine di
grandezza più numerose di quelle a valle. Ai carichi molto bassi la differenza non è invece
rilevabile.
Siccome un fenomeno molto simile è stato rilevato nei motori Diesel alimentati con
emulsioni acqua/gasolio [39], è stata avanzata l'ipotesi che una delle cause sia
l'insufficiente demineralizzazione dell'acqua iniettata.
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pag.31
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
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Figura 23 (tratta da [36]): Influenza dell'iniezione di soluzione urea/acqua su un motore Diesel EURO 5
(analisi con SMPS secondo il protocollo PMP). Sono rappresentate le concentrazioni di nanoparticelle e
particelle ultrafini a monte e a valle del catalizzatore SCR. Nella stessa figura sono riportate per confronto
le distribuzioni rilevate in un motore Diesel EURO 3 senza e con filtro antiparticolato DPF.
7.2
I filtri antiparticolato
Il comportamento di un motore per vettura Diesel EURO 4 dotato di filtro
antiparticolato DPF è stato analizzato recentemente da Bergmann at al. [4]. Le emissioni
sono state misurate sia al banco a rulli che su strada utilizzando sia il metodo
standardizzato PMP descritto in precedenza che i risultati di un analizzatore FPS insieme
ad un EEPS.
Il numero di particelle emesse è elevato durante la fase di riscaldamento del motore e della
linea di scarico (0-200s circa nel ciclo NEDC illustrato in Figura 21). Nella restante parte
del ciclo le emissioni a valle del filtro DPF sono estremamente basse e, complessivamente,
risultano pari a 0.3 mg/km, se espresse in massa, e 5.0+E11 particelle/km se espresse in
numero di particelle. Il valore è quindi inferiore a quello fissato dalla norma EURO 5b che
pone un limite di 6.0E+11 particelle/km.
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pag.32
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Figura 24 (tratta da [4]): Numero di particelle emesse in funzione del tempo lungo il ciclo standardizzato
NEDC da un'autovettura Diesel EURO 4 con filtro DPF carico. La misura è stata effettuata al banco a rulli
utilizzando uno strumento EEPS e si riferisce ad una portata diluita con aria.
L'efficacia del filtro è rilevabile dal confronto tra le misure a monte e a valle del DPF
(Figura 25); le prime sono del tutto simili a quelle di un motore senza filtro (vd. anche
[40]) mentre le seconde sono inferiori di 2-3 ordini di grandezza in tutto l'intervallo
dimensionale considerato.
Figura 25 (tratta da [4]): distribuzione granulometrica della portata di particolato a monte e a valle del
filtro DPF. I risultati si riferiscono alle medie su 29 cicli NEDC e le barrette dell'errore si riferiscono ad un
intervallo di confidenza del 95% (il livello di particelle di background è risultato <10E+4 particelle/cm3
con strumenti EEPS dotati di filtro HEPA)
Prove effettuate immediatamente dopo aver sottoposto il filtro ad una rigenerazione
mostrano che la progressiva formazione di uno strato di particelle sulle pareti dei canali
del filtro (detto “soot cake” in gergo) induce un aumento della efficienza di filtraggio e,
quindi, una riduzione dell'emissione istantanea di particelle. Il
fenomeno è stato
confermato da più autori.
La distribuzione granulometrica della portata di particelle ultrafini riportata nella Figura
26 mostra proprio un incremento del massimo rispetto al ciclo NEDC (massimo intorno a
1E+10 particelle/s con il filtro carico) durante le fasi di forte accelerazione.
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pag.33
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Figura 26 (tratta da [4]): Distribuzione della portata media di particelle al variare delle dimensioni nelle
tre fasi individuate (forte accelerazione, velocità costante a 100 e 120 km/h, decelerazione). Misure
effettuate sia al banco a rulli (“roller dyno”) che su circuito stradale con il metodo dell'inseguimento (“real
world”). Le differenze sono dovute ad incertezze su alcuni fattori di correzione (segnale di sottofondo,
grado di diluizione) nelle misure su strada.
La Tabella 9 fornisce una panoramica dei fattori di emissione di particelle ultrafini e
nanoparticelle nelle condizioni di funzionamento indicate più sopra da una vettura dotata
di filtro DPF e da una senza filtro.
Tabella 9 (tratta da [4]): Confronto tra i fattori di emissione di particolato (in particelle/secondo)
da una vettura dotata di filtro DPF ed una senza, nelle tra condizioni di funzionamento indicate più sopra.
Sono indicati separatamente i fattori di emissione per il modo di accumulazione e quello di nucleazione.
Il comportamento del filtro DPF durante la rigenerazione è illustrato nelle figure che
seguono.
Nel momento in cui la combustione dello strato di particelle trattenuto nel filtro ha inizio,
si assiste ad un incremento del numero di nanoparticelle emesse, soprattutto (vd. Tabella 9
e Figura 27. La differenza fra le misure delle particelle più fini del sistema CPC e EEPS
sono dovute soprattutto alla diversa soglia di sensibilità degli strumenti).
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.34
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Figura 27 (tratta da [4]): Andamento temporale della concentrazione di particelle durante
la fase di rigenerazione di un filtro DPF carico su circuito stradale.
I valori sono stati convertiti in concentrazioni sulla sezione di scarico a valle del filtro.
Figura 28 (tratta da [4]): Evoluzione temporale della concentrazione di particelle
durante la rigenerazione di un filtro DPF carico su banco a rulli utilizzando una diluizione.
Tutti i risultati sono convertiti in concentrazioni alla sezione di scarico.
Nel corso della rigenerazione il numero totale di particelle di nucleazione risulta di 3-4
ordini di grandezza maggiore di quelle emesse in assenza di rigenerazione, mentre il
numero di particelle di accumulazione rimane simile. Secondo [4] sembra esistere una
relazione, ed è ragionevole, tra il livello di carica del DPF (cioè la massa di particolato
intrappolato) e il numero di nanoparticelle emesse durante la rigenerazione. La Figura 29
mostra appunto il numero di nanoparticelle emesse (qui definite come particelle con
diametro inferiore a 25.5 nm) in funzione del contenuto di ioni solfato del filtro. Come si è
visto in precedenza, durante la rigenerazione i composti dello zolfo vengono ossidati a
SO3/H2SO4 e contribuiscono all'aumento dei centri di nucleazione a valle del filtro.
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pag.35
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
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Figura 29 (tratta da [4]): Correlazione tra il numero di particelle di nucleazione e il contenuto complessivo
di ioni solfato del particolato emesso durante la rigenerazione a vari livelli di carica del DPF.
Figura 30 (tratta da [4]): Evoluzione temporale della concentrazione di particelle volatili e non-volatili
(misurate con un sistema EEPS) durante la rigenerazione al banco a rulli di un filtro DPF carico. Sono
evidenziate le concentrazioni pre- e post-DPF. Tutti i valori si riferiscono rispettivamente alla sezione a
monte del DPF e allo scarico.
Il confronto con la misura delle particelle non-volatili ottenuta utilizzando il protocollo
PMP permette di evidenziare ancora una volta che il repentino aumento del numero di
particelle con l'avvio della rigenerazione nel filtro è dovuto in maniera nettamente
predominante alle particelle di nucleazione volatili, mentre le particelle non-volatili
aumentano in maniera molto meno marcata.
Con il passare del tempo la portata di particolato a valle del filtro DPF decresce, perché
l'apporto del materiale intrappolato nel filtro viene meno.
La rigenerazione completa dura circa 20-30 minuti. Al termine della rigenerazione,
quando la carica del filtro è molto bassa, l'efficienza di filtrazione è ridotta (circa 67%
dopo 3 minuti nel caso di funzionamento a velocità costante a 100 km/h) ma ritorna
rapidamente a valori superiori al 99%.
Il contributo della rigenerazione alle emissioni complessive del motore è comunque
limitato perché il fenomeno si ripete ogni 500 km circa, con un uso normale del veicolo.
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
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Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
8
CONFRONTI CONCLUSIVI
A completamento dell'analisi svolta nelle pagine precedenti vengono confrontati i risultati
di prove effettuate tra diverse tecnologie di combustione e di trattamento dei gas di
scarico.
Di seguito il confronto è svolto secondo la procedura standardizzata PMP tra quattro
veicoli leggeri [41]:
•
Diesel Euro 3 dotato di catalizzatore di ossidazione (Veicolo E)
•
Diesel Euro 3 dotato di filtro antiparticolato C-DPF (Veicolo F)
•
Benzina Euro 3 ad iniezione diretta (GDI) funzionante con miscela stechiometrica e
dotato di classico catalizzatore a tre vie (TWC: Three Way Catalyst) (Veicolo G)
•
Benzina Euro 3 ad iniezione diretta funzionante con miscela magra (ai carichi
intermedi) e stechiometrica e dotato di catalizzatore a tre vie e trappola per gli ossidi
di azoto (TWC+NOxTrap) (Veicolo H).
I motori a benzina GDI, come visto, emettono più particelle dei convenzionali motori ad
iniezione indiretta multipoint (MPI); inoltre le nanoparticelle emesse hanno composizione
simile a quella dei motori Diesel.
I motori Diesel sono stati alimentati con tre tipi di gasolio:
1.
Gasolio a bassissimo tenore di zolfo (10ppm in peso) (Combustibile DB)
2.
Gasolio derivato dal precedente in cui il tenore di zolfo è stato portato a 300ppm
(Combustibile DA)
3.
Gasolio ottenuto attraverso il processo di sintesi Fisher-Tropsch (FT) utilizzando un
combustibile gassoso (Combustibile DC). Tale combustibile si caratterizza per
l'assenza di zolfo e il bassissimo tenore di aromatici.
I veicoli a benzina sono invece stati provati utilizzando due benzine (GA e GB) di
caratteristiche lievemente diverse conformi alle specifiche EN228. La benzina GB ha un
numero di ottano inferiore a GA (RON96 contro RON98), è più volatile e contiene meno
aromatici e olefine.
I cicli di guida cui sono stati sottoposti i quattro veicoli sono:
1. Ciclo normalizzato europeo (NEDC) percorso con partenza a freddo
2. Ciclo normalizzato europeo (NEDC) percorso con partenza a caldo
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.37
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
3. Ciclo definito nel corso del progetto Artemis per rappresentare una guida su strade
extraurbane (Artemis Extraurbano), caratterizzato da bassi carichi e basse potenze
4. Ciclo definito dal progetto Artemis per rappresentare condizioni di traffico urbano
(Artemis Urbano), caratterizzato da carichi medio-alti e potenze medie
5. Ciclo definito dal progetto Artemis per rappresentare un percorso autostradale
(Artemis Autostradale), caratterizzato da carichi e potenze medio-alti.
6. Funzionamento a velocità costante a:
50 km/h, quindi a basso carico e bassa potenza
100 km/h, quindi a carico e potenza intermedi
120 km/h, quindi a carico e potenza medio-alti
I valori riportati sono la media aritmetica delle misure ottenute nel caso delle emissioni in
massa. Sono invece la media geometrica nel caso del numero di particelle. Le medie
geometriche permettono un eccellente confronto fra combustibili diversi in termini
percentuali ma hanno lo svantaggio di sottostimare le emissioni complessive in atmosfera.
Dall'altro lato le medie aritmetiche forniscono una migliore stima delle emissioni
complessive in atmosfera ma possono essere artificialmente gonfiate dagli alti valori,
anche sporadici.
La Tabella 10 e la Figura 31 corrispondente confrontano la massa di particolato emesso,
dominata dalla particelle di accumulazione sulle quali si adsorbono le particelle più
volatili.
Emissio ni di part ico lat o [g/ k m ]
Ciclo NEDC
Ciclo NEDC
Artemis
Artemis
Artemis
Vel costante Vel costante Vel costante
(a freddo)
(a caldo)
(Extraurbano) (Urbano)
(Autostradale) (50 km/h)
(100 km/h)
(120 km/h)
Ve ico lo
D IESEL
E (carburante DB)
0.0169
0.0171
0.0151
0.0263
0.0291
0.0090
0.0167
0.0290
E (carburante DA)
0.0181
0.0189
0.0197
0.0235
0.0616
0.0114
0.0305
0.0761
E (carburante DC)
0.0113
0.0111
0.0123
0.0181
0.0268
0.0068
0.0149
0.0258
F (carburante DB)
0.0004
0.0003
0.0006
0.0017
0.0115
0.0009
0.0006
0.0101
F (carburante DA)
0.0004
0.0008
0.0011
0.0014
0.0431
0.0006
0.0023
0.0831
F (carburante DC)
0.0004
0.0004
0.0005
0.0013
0.0049
0.0007
0.0007
0.0067
BENZINA
G (carburante GA)
G (carburante GB)
H (carburante GA)
H (carburante GB)
0,0028
0,0008
0,0011
0,0006
0,0004
0,0003
0,0008
0,0003
0,0007
0,0007
0,0007
0,0006
0,0014
0,0010
0,0027
0,0008
0,0044
0,0045
0,0016
0,0022
0,0003
0,0007
0,0009
0,0004
0,0005
0,0006
0,0003
0,0003
0,0063
0,0034
0,0023
0,0009
Tabella 10 (da [41]): Emissioni di particolato da due veicoli Diesel e due a benzina alimentati
con diversi carburanti in svariate condizioni di utilizzo. I valori riportati in tabella
sono espressi in grammi al km e rappresentano la media aritmetica di più misure.
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
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Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
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Emissioni di particolato in g/km
0.1000
Ciclo NEDC (a freddo)
Ciclo NEDC (a caldo)
Artemis (Extraurbano)
Artemis (Urbano)
Artemis (Autostradale)
Emissioni di particolato [g/km]
Vel costante (50 km/h)
0.0100
Vel costante (100 km/h)
Vel costante (120 km/h)
0.0010
E
(c
ar
bu
ra
nt
E
e
DB
(c
ar
)
bu
ra
nt
E
e
DA
(c
ar
)
bu
ra
nt
F
e
DC
(c
ar
)
bu
ra
n
te
F
DB
(c
ar
)
bu
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F
e
DA
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ar
)
bu
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nt
G
e
(c
DC
ar
)
bu
ra
nt
G
e
G
(c
A)
ar
bu
ra
nt
H
e
(c
G
B)
ar
bu
ra
nt
H
e
(c
G
A)
ar
bu
ra
nt
e
G
B)
0.0001
DIESEL
BENZINA
Veicolo
Figura 31: Emissioni di particolato da due veicoli Diesel e due a benzina alimentati con diversi carburanti
in svariate condizioni di utilizzo. I valori riportati in figura rappresentano la media aritmetica di più misure.
L'analisi della Figura 31 mostra che nel ciclo normalizzato europeo (NEDC) i veicoli E e
F generano molto meno particolato dei limiti Euro4. Il veicolo F, dotato di un filtro
antiparticolato C-DPF, emette meno dei limiti Euro 5 qualsiasi sia il gasolio utilizzato. La
massa di particolato emesso è almeno di un ordine di grandezza minore dei veicoli senza
filtro.
L'impatto del contenuto di zolfo è molto più evidente nel ciclo Artemis autostradale e - in
minor misura - urbano e nelle prove ad alta velocità perché tali cicli comportano carichi
medi nettamente più elevati. Il risultato è qualitativamente previsto dalla trattazione svolta
nelle pagine precedenti, considerando il metodo di misura utilizzato. La massa di
particolato emessa decresce al decrescere del tenore di zolfo nel gasolio.
L'effetto del funzionamento a freddo sulle emissioni di particolato è molto più pronunciato
per i motori a benzina rispetto ai motori Diesel.
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.39
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
Un confronto sul numero di particelle emesse compare invece nella Tabella 11 e la
Figura 32. Tenuto conto che il protocollo di misura PMP comporta una rievaporazione
delle particelle volatili eventualmente formatesi, il risultato è in linea con quanto
enunciato nelle pagine precedenti: le particelle di nucleazione contribuiscono solo
marginalmente al computo effettuato secondo il metodo PMP.
Emissioni di particolato [n. particelle/km]
Ciclo NEDC Ciclo NEDC Artemis
Artemis
Artemis
Vel costante Vel costante Vel costante
Veicolo
(a freddo)
(a caldo)
(Extraurbano) (Urbano)
(Autostradale) (50 km/h)
(100 km/h)
(120 km/h)
DIESEL
E (carburante DB)
1.59E+013 1.75E+013
1.70E+013 2.26E+013
1.62E+013
8.50E+012
2.66E+013
2.45E+013
E (carburante DA)
1.96E+013 1.85E+013
1.54E+013 2.52E+013
2.05E+013
1.07E+013
2.99E+013
2.98E+013
E (carburante DC)
1.57E+013 1.60E+013
1.86E+013 2.10E+013
1.79E+013
9.70E+012
2.83E+013
2.52E+013
F (carburante DB)
2.89E+011 1.79E+010
3.54E+010 3.63E+010
3.36E+010
1.35E+010
1.01E+010
2.82E+010
F (carburante DA)
3.57E+011 3.41E+010
4.35E+010 2.97E+010
2.73E+010
1.21E+010
8.06E+009
4.82E+010
F (carburante DC)
2.96E+011 4.17E+010
5.38E+010 3.44E+010
2.01E+010
1.48E+010
1.03E+010
3.68E+010
BENZINA
G (carburante GA)
3,29E+014 4,60E+013
1,79E+014 2,27E+014
5,01E+014
3,80E+011
2,19E+014
4,96E+013
G (carburante GB)
2,72E+014 5,80E+013
2,51E+014 7,29E+013
5,67E+014
3,16E+011
3,84E+014
6,27E+014
H (carburante GA)
5,48E+014 3,29E+014
3,03E+014 8,31E+014
2,13E+014
8,61E+012
2,54E+013
8,10E+013
H (carburante GB)
1,73E+014 6,69E+013
2,68E+014 5,52E+014
9,55E+013
1,97E+012
1,62E+013
6,33E+013
Tabella 11 (da [41]): Emissioni di particolato da due veicoli Diesel e due a benzina alimentati
con diversi carburanti in svariate condizioni di utilizzo. I valori riportati in tabella
sono espressi in numero di particelle al km e rappresentano la media geometrica di più misure.
Emissioni di particolato [n. particelle/km]
1.00E+015
Artemis (Extraurbano)
Artemis (Urbano)
Artemis (Autostradale)
Vel costante (50 km/h)
Vel costante (100 km/h)
Vel costante (120 km/h)
1.00E+014
1.00E+013
1.00E+012
1.00E+011
1.00E+010
ar
bu
ra
nt
e
E
DB
(c
ar
)
bu
ra
nt
e
E
DA
(c
)
ar
bu
ra
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e
F
DC
(c
ar
)
bu
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e
F
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ar
bu
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e
F
DA
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ar
bu
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e
G
DC
(c
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)
bu
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e
G
G
(c
A
)
ar
bu
ra
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e
H
G
(c
B)
ar
bu
ra
nt
e
H
G
(c
A
ar
)
bu
ra
nt
e
G
B)
1.00E+009
E
(c
Emissioni di particolato [n. particelle/km] (scala logaritmica)
Ciclo NEDC (a freddo)
Ciclo NEDC (a caldo)
DIESEL
BENZINA
Veicolo
Figura 32: Emissioni di particolato da due veicoli Diesel e due a benzina alimentati con diversi carburanti
in svariate condizioni di utilizzo. I valori riportati in figura rappresentano la media geometrica di più
misure.
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.40
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
L'analisi combinata della Figure 31 e 32 mostra che agli alti carichi e alte potenze del
ciclo Artemis autostradale (cui corrispondono anche più alte temperature dei gas), il
veicolo E dotato di solo catalizzatore di ossidazione emette più particolato in massa. Sullo
stesso ciclo l'effetto del combustibile sulla massa di particolato emesso dal veicolo E è
piccolo, mentre la corrispondente variazione del numero di particelle sembra trascurabile.
Invece il veicolo dotato di filtro antiparticolato C-DPF (veicolo F) evidenzia un
significativo incremento delle emissioni di particolato (in massa) nel ciclo Artemis
autostradale in confronto al ciclo NEDC con un marcato effetto del combustibile, mentre
emette un numero di particelle di circa tre ordini di grandezza inferiori.
Come già osservato, l'effetto del combustibile sulle emissioni in massa di particolato è
probabilmente dovuto all'accresciuta formazione di solfati in corrispondenza delle più
elevate temperature dei gas e del catalizzatore nei cicli a carico e potenza più elevati.
La maggiore quantità di solfati è poco evidenziata invece nella misura del numero di
particelle perché il maggiore contributo riguarda il modo di nucleazione e non le particelle
di accumulazione (particelle carboniose).
Sogawa et al. [42] hanno confrontato alcuni veicoli pesanti, furgoni leggeri e autovetture
con motori sia Diesel che ad accensione comandata (“a benzina”) dotati di diverse
tecnologie di combustione e di trattamento dei gas di scarico.
Le misure sono state effettuate utilizzando un sistema DMS (Differential Mobility
Spectrometer) mentre i veicoli descrivevano un ciclo standardizzato giapponese sul banco
a rulli. Per i veicoli Diesel si è scelto un ciclo di prova per veicoli commerciali, per i
motori a benzina un ciclo tipico delle autovetture. Nel primo caso le emissioni specifiche
sono riferite al lavoro prodotto, nel secondo caso alla distanza percorsa.
La diversa modalità di prova delle due classi di veicoli rende difficile il confronto dei
risultati in valore assoluto. Per questo si è scelto di rappresentare i valori relativi riferiti al
veicolo dotato di motore Diesel aspirato senza alcun sistema di trattamento dei gas di
scarico, scelto come campione (“Veicolo D” in figura).
Le tecnologie prese in considerazione sono:
1. Diesel turbo senza post-trattamento dei gas di scarico ("Veicolo YA senza DPF"),
2. Diesel aspirato senza post-trattamento (base) ("Veicolo D"),
3. Diesel turbo con solo catalizzatore di ossidazione ("Veicolo I"),
4. Diesel turbo con solo catalizzatore di ossidazione e raffreddamento dell'EGR
("Veicolo L"),
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.41
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
5. Diesel turbo con SCR (Urea) ("Veicolo J"),
6. Diesel turbo con filtro C-DPF ("Veicolo YA"),
7. Diesel aspirato con filtro C-DPF e raffreddamento dell'EGR ("Veicolo K"),
8. Diesel aspirato con filtro C-DPF e raffreddamento dell'EGR (#2) ("Veicolo E")
9. Benzina a iniezione diretta a miscela magra e cat a tre vie e DeNOx (“Veicolo H”),
10. Benzina a iniezione diretta, miscela stechiometrica e cat a tre vie (“Veicolo F”),
11. Benzina a iniezione indiretta MPI e cat a tre vie (mod 2002) (“Veicolo G”),
12. Benzina a iniezione indiretta MPI e cat a tre vie (mod 2000) (“Veicolo M”)
Come mostra di nuovo la Figura 33, i motori dotati di filtro antiparticolato emettono un
numero di particelle ultrafini e nanoparticelle di tre ordini di grandezza inferiore ai motori
senza alcun dispositivo antinquinamento. La distribuzione granulometrica del particolato
emesso è riportata in Figura 34.
Emissioni di particelle da veicoli Diesel per unità di energia prodotta
[valori relativi]
1.00E+01
Veicolo YA senza
DPF
1.00E+00
Veicolo D
Veicolo I
Veicolo L
1.00E-01
Veicolo J
Veicolo YA
Veicolo K
1.00E-02
Veicolo E
1.00E-03
1.00E-04
Figura 33: Confronto fra le emissioni di particelle (numero di particelle/kWh) da veicoli commerciali dotati
di motori Diesel con diverse tecnologie antinquinamento. I valori riportati sono adimensionalizzati rispetto
al motore Diesel aspirato senza dispositivi antinquinamento (Veicolo D).
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.42
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
Figura 34 (tratta da [42]): Distribuzione granulometrica del particolato emesso da motori Diesel
dotati di diverse tecnologie antinquinamento.
La Figura 35 mostra le emissioni di particelle da motori ad accensione comandata (“a
benzina”) con diverse tecnologie. I motori ad iniezione diretta emettono un numero di
particelle maggiore di almeno un ordine di grandezza rispetto ai convenzionali motori ad
iniezione indiretta multipoint (MPI). La distribuzione granulometrica del particolato
emesso è riportata in Figura 36.
Emissioni di particelle da veicoli a benzina per unità di energia prodotta
[valori relativi]
1.00E+01
1.00E+00
1.00E-01
Veicolo D
Veicolo H
Veicolo F
Veicolo G
Veicolo M
1.00E-02
1.00E-03
1.00E-04
Figura 35: Confronto fra le emissioni di particelle (numero di particelle/km) da autovetture dotate di motori
ad accensione comandata alimentati a benzina e con diverse tecnologie antinquinamento.
I valori riportati sono adimensionalizzati rispetto al motore Diesel aspirato
senza dispositivi antinquinamento (Veicolo D) riportato nel grafico.
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.43
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
Figura 36 (tratta da [42]): Distribuzione granulometrica del particolato emesso da motori a benzina
dotati di diverse tecnologie motoristiche e antinquinamento.
La Figura 37 riporta un confronto finale tra le emissioni di nanoparticelle da sorgenti
mobili e quelle dalle sorgenti fisse analizzate in un'altra sezione di questo rapporto. Poiché
i dati da sorgenti mobili disponibili in letteratura sono normalmente espressi in
particelle/km mentre le misure effettuate sugli impianti fissi sono rapportate al volume
(particelle/cm3), si sono utilizzati degli opportuni fattori di conversione medi, facendo
ipotesi adeguate quando qualche dato era mancante1.
Motori
Diesel
67.000.000
52.000.000
Motori
benzina
43.000.000
Caldaie
17.000.000
Particelle cm-3 (scala logaritmica)
45.000.000
21.000.000
Termovalorizzatori
4.000.000
500.000
1.300.000
270.000
70.000
32.000
90.000
18.000
42.000
7.000
14.000
4.500
11.000
10.000
I
GD
M
PI
Be
nz
in
a
DP
F
Be
nz
in
a
on
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F
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s
Pe
lle
t
ol
io
Ga
s
Ar
ia
am
bi
en
te
4.000
Figura 37: Emissioni di nanoparticelle - Confronto fra sorgenti mobili e sorgenti fisse
1
Per le autovetture si è supposto un consumo di 8 l/100km per i benzina e 7 l/100km per i Diesel. Si è
ipotizzato inoltre un rapporto di equivalenza unitario per i benzina e un rapporto pari a 0.5 (mediamente)
per i Diesel.
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.44
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
9
CONSIDERAZIONI FINALI
Le principali indicazioni che emergono dalla presente indagine sulle emissioni di
nanoparticelle e particolato ultrafine da sorgenti mobili sono così sintetizzabili:
•
Nei motori a combustione interna la maggior parte delle nanoparticelle (particelle di
dimensioni inferiori a 50nm) sono costituite da particelle volatili condensate.
•
Lo zolfo e gli idrocarburi più pesanti costituiscono dei precursori che danno origine
a centri di condensazione.
•
Nei motori Diesel il filtro antiparticolato riduce di oltre due ordini di grandezza le
particelle ultrafini emesse mentre può contribuire ad un aumento delle nanoparticelle
volatili; il filtro elimina infatti le particelle solide su cui si adsorbirebbero gli elementi
volatili più pesanti.
•
Durante la rigenerazione del filtro, si assiste ad un sensibile aumento delle emissioni
di nanoparticelle. Il fenomeno è comunque limitato nel tempo (la rigenerazione
avviene mediamente ogni 500 km circa)
•
I motori a benzina ad iniezione diretta (GDI) emettono un numero di nanoparticelle
volatili superiore, di quasi due ordini di grandezza, a quello dei motori ad iniezione
indiretta e maggiore di quello emesso dai motori Diesel con filtro antiparticolato.
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.45
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
10 BIBLIOGRAFIA
[1] M. Matti Maricq, “Chemical characterization of particulate emissions from diesel
engines: A review”, Aerosol Science 38 (2007), 1079 – 1118.
[2] H. Burtscher, “Physical characterization of particulate emissions from diesel engines: a
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S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.50
Emissioni di Polveri Fini ed Ultrafini da fonti mobili
Rapporto finale – 01 Ottobre 2010
Stoichiometric DISI and MPI) and Fuel Quality Effects (EtOH, ETBE, FAME, Aromatics
and Distillation)”, SAE Technical Paper Series No. 2007-01-4083
S. Consonni, M. Perotti, S. Cernuschi e M. Giugliano
pag.51
Laboratorio Energia e Ambiente Piacenza
Consorzio partecipato dal Politecnico di Milano
APPENDICE al documento
“Emissioni di Polveri Fini e Ultrafini
da fonti mobili - Relazione finale”
Emissioni di ossidi di azoto da fonti
mobili
01 Ottobre 2010
Appendice – Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
01 Ottobre 2010
INDICE
A1 INTRODUZIONE................................................................................................................... 2
A2 LA NORMATIVA PRESENTE E FUTURA......................................................................... 2
A3 RICHIAMI SULLA FORMAZIONE DEGLI NOx ALL'INTERNO DEL CILINDRO ....... 6
A3.1 Motori ad accensione comandata....................................................................................... 6
A3.2 Motori ad accensione spontanea ........................................................................................ 7
A4 ABBATTIMENTO DELLE EMISSIONI DI NOx A VALLE DEL MOTORE................... 10
A4.1 Sistemi SCR..................................................................................................................... 10
A4.2 Sistemi DeNOx basati su HC........................................................................................... 15
A5 BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................. 18
S. Cernuschi, M. Giugliano, S. Consonni
pag.A-1
Appendice – Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
01 Ottobre 2010
A1 INTRODUZIONE
Con NOx si indicano cumulativamente gli ossidi di azoto NO, NO2 e N2O che sono
presenti allo scarico di un motore come prodotti di una combustione incompleta degli
idrocarburi in aria. Il protossido di azoto (N2O), pur presente in quantità molto più ridotte
di NO e NO2, ha un potenziale di effetto serra pari a quasi 300 volte quello dell'anidride
carbonica ed è quindi oggetto di crescente attenzione.
Le sorgenti mobili sono responsabili di circa la metà degli ossidi di azoto di origine
antropogenica immessi in atmosfera (vd. Figura 1).
Figura 1 (tratta da [1]): Contributo dei diversi settori alle emissioni di NOx in atmosfera.
A2 LA NORMATIVA PRESENTE E FUTURA
Le emissioni di NOx da veicoli stradali sono normate fin dai primi anni '70 del secolo
scorso. Con il tempo le normative sono diventate sempre più stringenti ed un autoveicolo
di ultima generazione emette meno del 20% di un veicolo di trenta anni fa.
S. Cernuschi, S. Consonni e M. Giugliano
pag.A-2
Appendice – Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
01 Ottobre 2010
Figura 2: Evoluzione dei limiti di emissione per i veicoli stradali in Europa
(LD=Light Duty, HD=Heavy Duty)
In Europa i limiti attualmente vigenti sono quelli fissati dalle norme EURO 5 (per i veicoli
di nuova omologazione) o, fino al 01/01/2011, EURO 4 (per i veicoli di nuova
immatricolazione ma omologati prima del settembre 2009).
Le procedure di prova sono differenziate per le autovetture o i veicoli commerciali leggeri
e i veicoli pesanti.
Il ciclo di prova per le autovetture è il ciclo MVEG, anche chiamato NEDC (New
European Driving Cycle). I veicoli pesanti vengono invece provati sul ciclo ESC
(European Stationary Cycle) e, con l'entrata in vigore delle norme EURO IV, anche sul
ciclo ETC (European Transient Cycle).
Limiti di emissioni per autovetture secondo le norme europee [g/km]
Norma
Data
CO
HC
HC+NOx
NOx
PM
Motori ad accensione spontanea (Diesel)
Euro 1†
07.1992
2,72 (3,16)
- 0,97 (1,13)
- 0,14 (0,18)
Euro 2, IDI
01.1996
1
-
0,7
-
0,08
Euro 2, DI
01.1996a
1
-
0,9
-
0,1
Euro 3
01.2000
0,64
-
0,56
0,5
0,05
Euro 4
01.2005
0,5
-
0,3
0,25
0,03
Euro 5 ECE 692/2008
09.2009b
0,5
-
0,23
0,18
0,005e
Euro 6 ECE 692/2008
09.2014
0,5
-
0,17
0,08
0,005e
S. Cernuschi, S. Consonni e M. Giugliano
pag.A-3
Appendice – Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
01 Ottobre 2010
Motori ad accensione comandata (benzina e gas)
Euro 1†
07.1992
2,72 (3,16)
- 0,97 (1,13)
-
-
Euro 2
01.1996
2,2
-
0,5
-
-
Euro 3
01.2000
2,3
0,2
-
0,15
-
Euro 4
01.2005
1
0,1
-
0,08
-
Euro 5 ECE 692/2008
09.2009b
1
0,10c
-
0,06
0,005d,e
Euro 6 ECE 692/2008
09.2014
1
0,10c
-
0,06
0,005d,e
† I limiti tra parentesi si riferiscono alla conformità di produzione
a – fino al 30.09.1999 (a partire da quella data i limiti sono gli stessi dei motori ad iniezione indiretta, IDI)
b – Validi a partire dal 01.01.2011 per tutti i modelli (anche quelli omologati prima del 09.2009)
c – e 0.068 g/km per gli idrocarburi non metanici (NMHC)
d – applicabile solo ai veicoli con motore a iniezione diretta DI
e - 0.0045 g/km qualora venga utilizzato il protocollo di misura PMP
Limiti di emissioni per veicoli pesanti secondo le norme europee
[g/kWh] (fumosità in m-1) (ciclo ESC)
Norma
Euro I
Data
ECE R-49
CO
HC
NOx
PM
Fumo
4,5
1,1
8,0
0,612
1992, > 85 kW
4,5
1,1
8,0
0,36
10.1996
4,0
1,1
7,0
0,25
10.1998
4,0
1,1
7,0
0,15
1,5 0,25
2,0
0,02
0,15
2,1 0,66
5,0
0,10 (0,13a)
0,8
Euro IV 10.2005
1,5 0,46
3,5
0,02
0,5
Euro V
10.2008
1,5 0,46
2,0
0,02
0,5
Euro VI 01.2013
1,5 0,13
0,4
0,01
Euro II
1992, < 85 kW
Test
Euro III 10.1999, solo veicoli EEV ESC & ELR
10.2000
ESC & ELR
a – per motori con cilindrata unitaria inferiore a 0,75 litri e regime alla potenza massima superiore a 3000
giri/min.
Le date si riferiscono ai veicoli di nuova omologazione. Per i veicoli di nuova immatricolazione le norme
entrano in vigore con circa un anno di ritardo.
A partire dalle norme Euro IV i cicli di prova sono l'ESC (European Stationary Cycle) e l'ETC (European
Transient Cycle). La fumosità è misurata secondo la procedura ELR (European Load Response).
S. Cernuschi, S. Consonni e M. Giugliano
pag.A-4
Appendice – Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
01 Ottobre 2010
Limiti di emissioni per veicoli pesanti secondo le norme europee
[g/kWh] (ciclo ETC)
Norma
Data
Test CO
NMHC CH4a NOx
PMb
10.1999, solo veicoli EEV ETC
3.0
0.40
0.65
2.0
0.02
10.2000
5.45
0.78
1.6
5.0
4.0
0.55
1.1
3.5
0.03
Euro III
0.16
0.21c
Euro IV
10.2005
Euro V
10.2008
4.0
0.55
1.1
2.0
0.03
Euro VI
01.2013
4.0
0.16d
0.5
0.4
0.01
ETC
a – solo per motori a gas (Euro III-V: solo motori a Gas Naturale; Euro VI: motori a Gas Naturale e a GPL)
b – nelle norme Euro III-IV non si applica ai motori a gas
3
c – per motori con cilindrata unitaria < 0.75 dm e regime di potenza massima > 3000 giri/min
d – per i motori Diesel sono gli idrocarburi incombusti totali (THC)
Volendo esprimere i limiti suindicati sotto forma di concentrazioni, è necessario introdurre
opportune ipotesi sul rapporto aria/combustibile e sul rendimento medi del motore durante
le prove di legge.
I risultati che si ottengono sono riportati nella tabella che segue che ha semplice valore
indicativo:
Stima dei limiti di concentrazione degli NOx [mg/m3]
Autovetture e veicoli commerciali leggeri
Benzina
Veicoli pesanti
Diesel
Euro 5
Euro 6
Euro 5
Euro 6
Euro V
Euro VI
80
80
130
60
360
75
S. Cernuschi, S. Consonni e M. Giugliano
pag.A-5
Appendice – Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
01 Ottobre 2010
A3 RICHIAMI SULLA FORMAZIONE DEGLI NOX ALL'INTERNO
DEL CILINDRO
L'azoto, l'elemento preponderante nell'aria, è normalmente considerato un gas inerte.
Tuttavia alle alte temperature, quali quelle raggiunte durante la combustione in un motore
a CI, l'azoto reagisce con l'ossigeno per formare ossidi di azoto.
In un motore a combustione interna la composizione dei prodotti della combustione allo
scarico del cilindro è ben lontana dall'equilibrio, a causa dei ridotti tempi disponibili per il
completamento delle reazioni. In particolare, la cinetica delle reazioni che coinvolgono
l'azoto atmosferico dipendente fortemente dalla temperatura: la formazione di ossidi di
azoto è favorita dalle alte temperature e dalle alte concentrazioni di ossigeno mentre, in
assenza di un agente catalizzatore, al disotto dei 1000°C le reazioni sono così lente che si
suole dire che le concentrazioni degli ossidi di azoto “si congelano” a tale temperatura.
I sempre più stringenti limiti imposti dalle norme posso essere raggiunti seguendo tre
strade:
a) intervenendo sulle modalità di combustione e, in minor misura, sui combustibili in
modo da contenere la formazione degli inquinanti all'interno del cilindro;
b) trattando i prodotti della combustione in opportuni dispositivi posti lungo il
condotto di scarico;
c) utilizzando una combinazione dei due metodi precedenti.
I motori ad accensione comandata (a benzina o a gas) si comportano in modo differente
dai motori ad accensione spontanea (Diesel) a causa della diversa modalità di combustione
e del diverso rapporto di equivalenza. Per questo verranno analizzati separatamente in
questo paragrafo.
A3.1 Motori ad accensione comandata
Nella stragrande maggioranza funzionano in condizioni stechiometriche (cioè il rapporto
di equivalenza è unitario) perchè l'abbattimento degli inquinanti viene ottenuto in un
catalizzatore che tratta contemporaneamente gli idrocarburi incombusti (HC), l'ossido di
carbonio (CO) e, appunto, gli ossidi di azoto (NOx). Il catalizzatore, detto per questo “a tre
S. Cernuschi, S. Consonni e M. Giugliano
pag.A-6
Appendice – Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
01 Ottobre 2010
vie”, per svolgere efficacemente la sua funzione deve operare su gas provenienti da una
combustione stechiometrica del combustibile in aria. E' oggi suddiviso in due parti: la
parte a minore volume è posta nelle immediate vicinanze delle valvole di scarico mentre
l'elemento principale è più vicino al terminale di scarico. Poiché l'attività del catalizzatore
aumenta all'aumentare della temperatura della matrice in cui è disperso, la ricerca si
concentra nel ridurre i tempi di riscaldamento. Una progressiva miglior conoscenza dei
meccanismi di azione del catalizzatore permette di ridurre l'impiego di metalli nobili e
quindi i costi del dispositivo.
Una frazione piccola, ma crescente, di motori ad accensione comandata funziona in
eccesso di aria ai carichi bassi o medio-bassi (motori a miscela magra). In questo modo si
ottengono dei benefici sotto l'aspetto dei consumi nel funzionamento parzializzato.
L'eccesso di ossigeno rende però più difficoltosa la riduzione degli ossidi di azoto. Per
certi versi le problematiche che nascono sono
simili a quelle tipiche dei motori a
combustione spontanea.
Il metodo più efficace per contenere la formazione di ossidi di azoto all'interno del
cilindro consiste nel ricircolare all'aspirazione una frazione dei gas di scarico dopo averli
raffreddati. Tale processo viene indicato come EGR utilizzando la notazione anglosassone
(Exhaust Gas Recirculation). La sostituzione di aria (miscela di gas biatomici in cui
l'ossigeno è pari a circa il 21% in volume) con una miscela di gas bi- e tri-atomici in cui la
frazione di ossigeno è nettamente inferiore comporta un aumento del calore specifico della
carica nel cilindro e contribuisce ad abbassare le temperature massime di combustione e,
di conseguenza, a contenere la formazione di NOx.
A3.2 Motori ad accensione spontanea
Al contrario dei motori ad accensione comandata convenzionali, nel cilindro dei motori ad
accensione spontanea (Diesel) la combustione avviene in condizioni disomogenee; così a
zone ricche si alternano zone in cui è presente un forte eccesso di aria.
I precursori del particolato e le particelle solide carboniose si formano nelle zone ricche a
temperature medie (nella zona centrale del getto di combustibile), mentre gli ossidi di
azoto si generano nelle zone dove è presente ossigeno e la temperatura è sufficientemente
elevata (ad es. alla periferia del getto).
S. Cernuschi, S. Consonni e M. Giugliano
pag.A-7
Appendice – Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
01 Ottobre 2010
In questo modo, nei motori ad accensione spontanea si formano contemporaneamente
particolato e ossidi di azoto in quantità elevate.
Purtroppo il ricircolo dei gas combusti, se da un lato comporta una diminuzione degli
NOx, dall'altro favorisce la formazione di particolato come mostra qualitativamente la
Figura 3 ed è quindi sempre necessario raggiungere un compromesso.
Figura 3: influenza di una variazione della quantità di EGR su NOx e particolato
(rapporto aria/combustibile costante).
E' stato dimostrato che è possibile raggiungere concentrazioni di NOx inferiori a 10ppm
con rapporti di EGR pari a 58-62%. Miscele ancora più magre comportano temperature
più basse e riducono ulteriormente la formazione di NO. Tuttavia l'aumento del rapporto
aria/combustibile ben oltre il valore stechiometrico si traduce in una diminuzione della
coppia e quindi il problema dell'elevata formazione di ossidi di azoto permane ai carichi
più elevati.
Una nuova classe di motori ad accensione spontanea ma a carica omogenea (HCCI,
Homogeneous Charge Compression Ignition) appare particolamente promettente in questa
prospettiva perchè, grazie al massiccio impiego della sovralimentazione, estende l'area di
funzionamento magro verso i carichi medio-alti pur contenendo la produzione di ossidi di
azoto e particolato.
S. Cernuschi, S. Consonni e M. Giugliano
pag.A-8
Appendice – Emissioni di ossidi di azoto da fonti mobili
01 Ottobre 2010
Il meccanismo più accreditato per descrivere la formazione di NO è il cosiddetto
meccanismo di Zeldovich esteso accoppiato ad un modello cinetico.
Le tre equazioni che si considerano rilevanti per il fenomeno sono:
O + N 2 ⇔ NO + N
N + O2 ⇔ NO + O
N + OH ⇔ NO + H
L'equilibrio della prima delle tre equazioni precedenti, dalla quale dipende la produzione
di azoto atomico per le due reazioni successive, è fortemente dipendente dalla temperatura
(cioè l’azoto atomico si forma solo ad elevate temperature). Le molecole di NO che si
formano secondo questo modello cinetico sono dette molecole di NO "termico".
Esiste poi la possibilità che delle molecole di NO si formino secondo reazioni del tipo
CH + N 2 ⇔ HCN + N
e successiva reazione con l'ossigeno e i radicali OH come nel passo due e tre del
meccanismo di Zeldovich. In tal caso si parla di "prompt" NO e questo cammino è
favorito nelle zone ricche. Tuttavia nei motori il prompt NO ha un'importanza marginale
rispetto all'NO termico.
La temperatura della carica fresca ha un marcato effetto sulla generazione di NOx, per
quanto detto precedentemente, e una sensibile riduzione delle emissioni di NOx si ottiene
al diminuire della temperatura dell'aria in aspirazione.
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A4 ABBATTIMENTO DELLE EMISSIONI DI NOX A VALLE DEL
MOTORE
Oltre agli interventi sopra descritti per il contenimento della formazione di ossidi di azoto
all'interno del cilindro, la ricerca si concentra attualmente sul trattamento dei gas di
scarico prima della loro immissione in atmosfera.
Nei motori funzionanti a carica premiscelata stechiometrica i maggiori sforzi sono rivolti
ad ottenere elevate prestazioni del catalizzatore fin dai primi istanti di funzionamento del
motore quando le basse temperature della matrice catalitica rendono difficoltosa la
riduzione degli inquinanti.
Nei motori funzionanti con miscela globalmente magra, ad accensione comandata o
spontanea, lo sviluppo si concentra invece su efficaci sistemi di riduzione degli ossidi di
azoto in presenza di eccesso d'aria, sulla durata del catalizzatore, sull'ottimizzazione e la
riduzione dei costi.
Le due tipologie più accreditate di catalizzatori per la riduzione degli NOx sono i) i sistemi
SCR (Selective Catalytic Reduction) e ii) la combinazione di trappole per gli NOx (Lean
NOx Traps, LNT) con catalizzatori in cui l'agente riducente è costituito dagli idrocarburi
incombusti.
A4.1 Sistemi SCR
In Europa è la tecnologia più diffusa sui veicoli pesanti di recente immatricolazione
conformi alle norme Euro V. L'additivo riducente utilizzato (urea) ha nome commerciale
AdBlue, una soluzione al 32,5% di urea e acqua demineralizzata; non tossica né esplosiva.
Il suo consumo è pari a circa 5-6% dei consumi di gasolio (motori Euro V). La norma
impone che tutto il sistema sia dotato di autodiagnosi in modo da limitare le prestazioni
del motore (e quindi la generazione di NOx nel cilindro) qualora non sia presente urea nel
serbatoio apposito.
Il dispositivo è concepito in modo tale che nella zona d'ingresso del catalizzatore SCR si
sviluppa ammoniaca (NH3) tramite un processo di idrolisi dell'urea, nella parte centrale
avviene la riduzione degli NOx ad opera dell'ammoniaca mentre in una parte terminale
avviene l'ossidazione dell'eventuale ammoniaca in eccesso (catalizzatore dell'”ammonia
slip”).
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A monte dell'SCR è frequentemente presente un catalizzatore di ossidazione (DOC) in cui
una frazione di NO si trasforma in NO2 che promuove la reazione di riduzione secondo la
formula
NO + 2NH3 + NO2 → 2N2 + 3H2O (T = 150- 550°C)
P. Forzatti et al. [2] hanno recentemente proposto il nitrato di ammonio (NH4NO3) come
additivo riducente che si è dimostrato attivo già a temperature particolarmente basse anche
in assenza di un catalizzatore di ossidazione e di un controllo del rapporto NO2/NO (vd.
Figura 3).
Figura 3 (tratta da [2]): Efficienza di conversione di sistemi SCR funzionanti con ammoniaca (“Standard
SCR”), con catalizzatore di ossidazione a monte dell'SCR (“Fast SCR”) e con nitrato di ammonio.
Il processo d'iniezione di urea e il suo rimescolamento con i gas di scarico sono fattori
critici che influenzano il rendimento del sistema DeNOx (che può variare anche del 50%
passando da 60% a 95%). A temperature inferiori ai 200°C l'evaporazione dell'urea è
incompleta e si generano dei depositi solidi allo scarico composti principalmente da acido
cianurico che si decompone a 300°C. Tuttavia, con il tempo, tali depositi possono
diventare particolarmente resistenti e richiedere un'esposizione a 600°C per essere rimossi.
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La matrice del catalizzatore può utilizzare varie tecnologie e materiali. In Europa, Cina e
India i catalizzatori impiegati nei sistemi SCR sono generalmente a matrice metallica a
base di ossido di vanadio. Se il sistema SCR è associato ad un filtro DPF - come in
Giappone e USA, e come avverrà probabilmente in Europa con l'affermarsi delle norme
Euro VI - si preferiscono gli zeoliti per la migliore resistenza alle alte temperature; al
momento della rigenerazione, infatti, l'SCR può venire esposto a temperature che
raggiungono anche gli 800°C.
La Figura 4 (tratta da [3] e [4]) mostra un confronto - in assenza di controllo del tenore di
NO2 - fra i rendimenti di conversione dei catalizzatori DeNOx a base di ossido di vanadio
e quelli con zeoliti a base di rame e ferro. Gli zeoliti a base di rame hanno le migliori
prestazioni a bassa temperatura mentre quelli a base di ferro si comportano meglio ad alta
temperatura. L'utilizzo contemporaneo di zeoliti dei due tipi permette di avere buone
prestazioni in un ampio intervallo di temperature. L'ossido di vanadio è meno costoso e
più resistente allo zolfo ma si deteriora oltre i 600°C mentre gli zeoliti si danneggiano solo
marginalmente anche dopo un'esposizione prolungata agli 800°C (vd. Figura 5).
Figura 4 (tratta da [3] e [4]): Confronto fra i rendimenti di conversione di NO e NO2 degli SCR basati su
ossido di vanadio e basati su zeoliti. Gli zeoliti a base di Cu hanno le migliori prestazioni a bassa
temperatura mentre quelli basati su Fe si comportano meglio alle alte temperature.
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Figura 5 (tratta da [5]): Relazione tra superficie del catalizzatore SCR (da cui dipende il rendimento di
conversione) e la resistenza termica per uno zeolite a base di Cu. Questo catalizzatore resiste ad una breve
esposizione a 900°C e ad esposizioni più prolungate, fino a 64 ore, a temperature di 800°C.
Un certo numero di lavori in letteratura prendono in esame la resistenza all'avvelenamento
da zolfo, idrocarburi e platino. Come l'ossido di vanadio, gli zeoliti a base di Fe sono
piuttosto tolleranti ad un'esposizione allo zolfo mentre le prestazioni degli zeoliti a base di
Cu si degradano. In quest'ultimo caso, per recuperare le sue caratteristiche, la matrice deve
essere sottoposta ad un ciclo di desolfatazione che può raggiungere i 650°C in condizioni
magre. Se il tenore di zolfo è troppo elevato (2000 ppm) e se l'esposizione è prolungata,
l'avvelenamento diventa però irreversibile.
E' noto che gli zeoliti adsorbono gli idrocarburi e, se gli idrocarburi si accumulano (come
durante la rigenerazione del filtro DPF) e poi si ossidano, si possono raggiungere dei
picchi di temperatura di 1000°C. Esistono però formulazioni di zeoliti a base di Cu che
presentano un basso adsorbimento di HC senza sacrificare le proprietà DeNOx.
Per quanto riguarda l'avvelenamento da platino, Jen et al. [6] hanno mostrato un lieve
deterioramento delle prestazione dell'SCR nel caso in cui un catalizzatore di ossidazione
posto a monte del sistema SCR venga fatto funzionare a 670°C; se il DOC supera i 750°C
– situazione che può verificarsi durante la rigenerazione del DPF - le prestazioni dell'SCR
si riducono sensibilmente. E' stato dimostrato che, a temperature così elevate, una piccola
frazione del platino nel DOC sublima e si deposita nell'SCR favorendo l'ossidazione
dell'ammoniaca.
Esponendo zeoliti a base di Cu a temperature elevate (650°C) in ambiente povero di
ossigeno, il rame metallico viene estratto dalla matrice la cui funzionalità viene così
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compromessa. Secondo l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente americana (EPA), in
particolari condizioni il rame così liberato potrebbe catalizzare la formazione di diossine
in presenza di cloro. Per chiarire questo fenomeno sono state recentemente avviate delle
ricerche specifiche.
Nuove formulazioni di zeoliti privi di rame in grado di raggiungere migliori prestazioni a
bassa temperatura sono attualmente in fase di sperimentazione. Appaiono anche
promettenti nuovi catalizzatori in cui all'ossido di vanadio si affianca l'ossido di cerio.
L'ottimizzazione del funzionamento dei catalizzatori SCR a base di zeoliti dipende dal
controllo dell'urea adsorbita e dall'uso di un catalizzatore di ossidazione a monte in grado
di fornire il corretto rapporto NO2/NO, specialmente alle temperature più basse (<250°C).
Murata, et al. [7] hanno mostrato che il rendimento di un sistema SCR a temperature
inferiori a 265°C è funzione del quantitativo di ammoniaca immagazzinato nella matrice
del catalizzatore. Mantenendo sotto controllo la quantità di urea dispersa nel catalizzatore,
è possibile migliorare il rendimento del sistema DeNOx da un valore pari al 50% fino al
75% pur con temperature medie di soli 160°C.
La corretta ripartizione degli ossidi di azoto tra NO e NO2 è, infatti, particolarmente critica
sotto i 200°C; un rapporto 1:1 permette una più rapida conversione di entrambi. Ogni
tanto, tuttavia, per ossidare il nitrato di ammonio che condensa disattivando i siti attivi del
catalizzatore, è necessario far funzionare il catalizzatore con un eccesso di NO. Se la
concentrazione di NO2 è ottimizzata, Anderson, et al. [8] hanno mostrato che le
prestazioni a bassa temperatura degli zeoliti a base di Fe possono superare quelle degli
zeoliti a base di Cu. Gli zeoliti a base di Cu ossidano l'ammoniaca ma, come i sistemi a
base di ossido di vanadio e di Fe-zeoliti, si ottengono dei benefici istallando un
catalizzatore specifico per l'ammoniaca non trattata a valle del dispositivo SCR (ammonia
slip). Tuttavia, se la progettazione del dispositivo è carente, si può formare dell'N2O per
incompleta ossidazione dell'ammoniaca in quest'ultima sezione del catalizzatore. A causa
dell'elevato potenziale di effetto serra dell'N2O, nell'utilizzo di un veicolo pesante si può
così produrre un incremento anche del 15-20% nelle emissioni di gas serra, vanificando
ogni riduzione dei consumi di gasolio (e quindi di emissioni di CO2) connessa al
funzionamento del motore in condizioni di elevata generazione di NOx.
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I sistemi SCR di ultima generazione incorporano il catalizzatore SCR nel filtro DPF. A
fronte di indubbi vantaggi in termini di ingombri complessivi, le prestazioni dell'SCR sono
leggermente inferiori (del 5-10%) rispetto alla configurazione con due sistemi separati, ed
è necessario un accurato controllo della rigenerazione del DPF per evitare il
deterioramento del catalizzatore SCR. Gli effetti del particolato carbonioso sulla riduzione
del rendimento dell'SCR non sono stati ancora del tutto chiariti e la contropressione risulta
essere un po' più alta a causa della ridotta permeabilità dovuta alla presenza del
catalizzatore nella matrice del DPF.
A4.2 Sistemi DeNOx basati su HC
In alcuni casi un sistema SCR non è la tecnologia preferita, tipicamente nel caso dei
veicoli non stradali e per impieghi particolari dove la gestione dell'urea risulta
particolarmente problematica.
I sistemi si abbattimento degli NOx basati sulle trappole per gli ossidi di azoto (Lean NOx
Traps, LNT) costituiscono una possibile alternativa ad un catalizzatore SCR e si sono
dimostrate economicamente più vantaggiose sui motori fino a 2-3 litri, principalmente a
causa dell'assenza dei dispositivi per la gestione dell'urea. Anche i recenti motori DI
(Direct Injection) ad accensione comandata funzionanti a miscela magra e i motori ad
accensione spontanea a miscela omogenea (HCCI, Homogeneous Charge Compression
Ignition), che emettono ridotte quantità di ossidi di azoto ai carichi medio-bassi, sono
particolarmente adatti all'impiego delle trappole LNT. Infatti, tenuto conto delle
caratteristiche viste in precedenza, in quest'ultimo tipo di motori ci si può concentrare solo
sull'abbattimento degli NOx ai carichi medi e alti, quando le temperature dei gas di scarico
all'ingresso del dispositivo LNT superano i 350°C. In tali condizioni il contenuto di
metalli preziosi può essere ridotto del 50-70% rendendo le trappole LNT economicamente
più attraenti dei dispositivi SCR anche su motori di cilindrata superiore (5-6 litri).
Il principio di funzionamento della trappola LNT è illustrato nella Figura 6. Durante il
funzionamento in condizioni magre l'NO è ossidato ad NO2 in una prima sezione di
ossidazione e poi viene immagazzinato in una apposita matrice (a base di bario,
nell'esempio di figura); durante il periodi di funzionamento in condizioni ricche, l'ossido
di carbonio si fissa nella matrice al posto di una molecola di NO che così si libera e
reagisce con il CO su un catalizzatore in modo da formare CO2 e azoto molecolare. Gli
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ossidi di zolfo avvelenano la trappola perchè si legano abbastanza stabilmente al substrato
della matrice impedendole di svolgere la sua funzione.
Figura 6: Principio di funzionamento di una trappola LNT per NOx.
La Figura 7 mostra come variano le prestazioni di una trappola LNT con il carico di
metallo nobile. Con il miglioramento delle tecniche di disperisione si ottiene una riduzione
della quantità di metallo prezioso utilizzato e un miglioramento delle prestazioni.
Figura 7 (tratta da [9]): Dipendenza delle prestazioni di una trappola LNT dalla carica di platino.
A temperature superiori a 350°C una riduzione della carica da 75 a 50g/ft3
ha un impatto modesto sulle prestazioni ma permette di ridurre sensibilmente i costi.
L'aggiunta di alcuni elementi permette di inibire la formazione di solfati e, con le nuove
formulazioni, anche le temperature dei cicli di desolfatazione sono ormai scese intorno ai
600°C (dai 700-750°C precedenti) senza sacrificare le prestazioni ad alta temperatura. Per
la rigenerazione nei motori ad accensione spontanea (Diesel), la creazione di condizioni
ricche nel cilindro tramite un'iniezione principale ritardata e prolungata produce maggiori
quantità di H2 e CO per la rigenerazione rispetto ad una post-iniezione; ma l'iniezione alla
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valvola di scarico, ormai abbandonata perché più cara e complessa, era altrettanto efficace
e più affidabile.
L'inclusione di un elemento con funzione di adsorbitore di idrocarburi incombusti (HC)
nella trappola LNT trattiene gli HC nel funzionamento a freddo e quando la miscela è
magra. Con il rilascio degli idrocarburi durante il funzionamento a caldo e in condizioni
ricche si formano idrogeno e ossido di carbonio che favoriscono la rigenerazione della
trappola.
Xu, et al. [10] hanno mostrato che LNT a base di allumina possono essere facilmente
sottoposti a cicli di desolfatazione (1-2 minuti a 500-650°C) ed hanno buone prestazioni
nell'intervallo 150-300°C, rendendo attraente il loro utilizzo alla fine del sistema di
abbattimento degli inquinanti. Rohart, at al [11] hanno aggiunto ossido di cerio ed una
miscela di terre rare per migliorare ulteriormente le prestazioni salvaguardando la facilità
di desolfatazione.
Nell'ambito dei sistemi DeNOx basati su HC è da segnalare l'interessante sviluppo di un
sistema HC-SCR riportato da Blint, et al. [12, 13]: invece di utilizzare urea (ammoniaca)
come sostanza riducente, vengono utilizzati gli HC del combustibile. Il catalizzatore ha
bassissima carica di metalli preziosi (0.7 g/l di matrice) ma necessita di temperature
superiori a circa 300°C per un buon rendimento. Catalizzatori di questo tipo potrebbero
equipaggiare i motori a miscela magra ad accensione comandata e motori HCCI dove,
come si è fatto notare, il catalizzatore DeNOx deve funzionare solo in corrispondenza dei
carichi medio-alti.
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A5 BIBLIOGRAFIA
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Abatement”, Angewandte Chemie International Edition, 2009)
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Vanadium SCR Systems for Diesel NOx Control in Emerging Markets” SAE Int. J. Fuels
Lubr. 1(1):488-494, 2008.
[4] T. V. Johnson, “Diesel Emission Control in Review”, SAE technical paper 2009-010121, 2009.
[5] G. Cavataio, H-W. Jen, J.R. Warner, J.W. Girard, et al., “Enhanced Durability of a
Cu/Zeolite Based SCR Catalyst”, SAE Int. J. Fuels Lubr. 1(1):477-487, 2008.
[6] H-W. Jen, J.W. Girard, G. Cavataio and M.J. Jagner, “Detection, Origin and Effect of
Ultra-Low Platinum Contamination on Diesel-SCR Catalysts”, SAE Int. J. Fuels Lubr.
1(1):1553-1559, 2008.
[7] Y. Murata, et al., “Improvement of NOx Reduction Rate of Urea-SCR System by NH3
Adsorption Quantity Control”, SAE 2008-01-2498.
[8] P. Anderson, et al.,”SCR Catalysts for Low-Emitting Diesels”, US Dept. of Energy
Diesel Engine Emissions and Energy Reductions Conference (DEER), Detroit, August
2008.
[9] J. Parks, et al., “Lean NOx Trap Catalysis: Exhaust Chemistry Related to Advanced
Diesel Engines”, SAE Light-Duty Diesel Symposium, Ypsilanti, MI, November 2008.
[10] L. Xu, et al., “The Feasibility of an Alumina-Based Lean NOx Trap (LNT) for Diesel
and HCCI Applications”, SAE 2008-01-0451.
[11] E. Rohart, et al., “Ceria-Based Materials for DeNOx Catalysts Efficient at Low
Temperature and with Improved Sulphur Tolerance”, SAE 2008-01-0450.
[12] R. Blint, “HC-SCR Lean NOx Catalysis for Automotive Applications”, CTI DeNOx
Forum, Detroit, December 2008.
[13] S.J. Schmieg and R.J. Blint, “Control Strategy for the Removal of NOx from Diesel
Engine Exhaust using Hydrocarbon Selective Catalytic Reduction” SAE Int. J. Fuels Lubr.
1(1):1540-1552, 2008.
S. Cernuschi, S. Consonni e M. Giugliano
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