Novità licenziamento collettivo e dirigenti

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Novità licenziamento collettivo e dirigenti
DOTT. SABRINA PAGANI - PARTNER
AVV. ROBERTO RESPINTI - PARTNER
Milano, 4 Dicembre 2014
Licenziamenti collettivi e Dirigenti: novità in vigore dal 25.11.2014.
(Legge 30 Ottobre 2014 n. 161 che estende l’applicazione della L.223/91 anche ai
dirigenti).
Il 25 novembre 2014 è entrata in vigore la Legge 30 Ottobre 2014 n. 161 recante “Disposizioni
per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea –
Legge europea 2013-bis”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n° 261 del 10.11.2014, con la
quale lo Stato italiano ha recepito quanto statuito in materia di licenziamenti collettivi dalla
Corte di Giustizia Europea.
Come noto la disciplina fino ad ora vigente prevedeva la facoltà del datore di lavoro – al
termine della procedura di licenziamento collettivo (conclusa con accordo o senza accordo
sindacale) – di licenziare gli operai, gli impiegati ed i quadri, escludendo pertanto i dirigenti
dall’intera disciplina sui licenziamenti collettivi (Legge 223/91, art. 4 comma 9).
La Corte di Giustizia Europea con sentenza n° 596/12 del 13 Febbraio u.s. ha contestato allo
Stato italiano la non corretta applicazione di quanto previsto dalla Direttiva n. 95/59/CE
secondo cui le norme comunitarie in tema di licenziamento collettivo trovano applicazione nei
confronti di tutti i lavoratori, ivi compresi i dirigenti.
Conseguentemente il legislatore italiano ha dato attuazione alla sentenza comunitaria mediante
la modifica dell’art. 24, L. 223/91 in materia di licenziamenti collettivi, estendendone la
disciplina anche ai Dirigenti.
Premesso un sintetico riepilogo del contesto in cui si colloca la novità, illustriamo il nuovo
quadro normativo e le conseguenze operative derivanti dalla nuova disciplina.
1. Il licenziamento collettivo prima della modifica dell’art.24 della L.223/91: nozione e
ambito di applicazione.
Come noto nel nostro ordinamento giuridico la nozione di licenziamento collettivo e il suo
ambito di applicazione sono previsti dall’art. 24, comma 1 della Legge 223 del 23.7.1991 che
prevede che le disposizioni di legge sulla procedura di mobilità trovino applicazione:
- alle imprese che occupino più di quindici dipendenti (ora la norma indica anche espressamente
“compresi i dirigenti”)
- e che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, o che intendano
cessare l’attività,
- intendano effettuare almeno cinque licenziamenti, nell’arco di centoventi giorni, in ciascuna
unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia
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e che tali disposizioni si applicano per tutti i licenziamenti che, nello stesso arco di tempo e nello
stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione di
attività.
La medesima L.223/91 regola inoltre tutti gli aspetti inerenti il licenziamento collettivo
(procedura sindacale, criteri per il licenziamento dei lavoratori, adempimenti, etc.).
La Corte di Giustizia Europea ha dichiarato che tali disposizioni della normativa italiana
risultavano in contrasto con la finalità della Direttiva n. 98/59/Ce, che è quella di garantire a tutti
i lavoratori un’adeguata protezione, precisando che la nozione di “lavoratori” in essa contenuta
non è suscettibile di modifica e/o diversa interpretazione da parte degli Stati membri, ma deve
avere una dimensione comunitaria ed essere definita in base a criteri oggettivi che caratterizzano
il rapporto di lavoro, con la conseguenza che non può ritenersi esclusa dalla disciplina in materia
di licenziamento collettivo la categoria dei dirigenti.
2. Gli effetti della sentenza della CCGE: la nuova disciplina del licenziamento collettivo
applicabile anche ai Dirigenti prevista dalla L.223/91.
Il recepimento da parte dello Stato italiano di quanto previsto nella sentenza della Corte di
Giustizia Europea è avvenuto mediante la modifica dell’art. 24 L. 223/91 sostanzialmente in tre
ambiti:
2.1 Ambito di applicazione: inclusione dei dirigenti nel computo
La nuova normativa include anche i dirigenti nell’organico aziendale utile:
- sia ai fini del superamento della soglia dei 15 dipendenti, condizione questa comportante
l’applicazione delle norme in tema di licenziamento collettivo, qualora l’Azienda intenda
effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni;
- sia ai fini del superamento della soglia dei 5 lavoratori da licenziare nell’arco dei 120
giorni.
2.2 Procedura per la dichiarazione di mobilità
Qualora l’Azienda sia intenzionata a licenziare nell’arco di 120 giorni almeno 5 lavoratori,
e fra questi siano compresi anche dei Dirigenti, la comunicazione di avvio della procedura
di mobilità dovrà essere inviata non solo alle OO.SS. e alle eventuali rappresentanze
sindacali aziendali dei lavoratori non dirigenti, ma anche a quelle dei dirigenti, che potranno
pertanto effettuare il confronto con l’Azienda mediante “appositi incontri”. A nostro avviso
è presumibile che le rispettive OO.SS. chiederanno di effettuare dei tavoli di confronto con
l’Azienda separati per il personale dirigente e per il personale non dirigente.
2.3 Criteri di scelta
In recepimento della sentenza della Corte di Giustizia Europea, viene estesa anche ai
dirigenti la disciplina contenuta nell’art. 4 comma 9 della L. 223/91 in merito alla puntuale
indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta previsti dalla L.223/91 per
l’individuazione dei lavoratori da licenziare al termine della procedura, che come noto – in
assenza di accordo sindacale per la chiusura della procedura che preveda criteri alternativi
e/o complementari a quelli indicati dalla legge – sono i tre indicati dall’art. 5, ossia:
- anzianità (aziendale);
- carichi di famiglia;
- esigenze tecnico-produttive e organizzative aziendali.
da applicarsi “in concorso fra loro”.
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2.4 Regime sanzionatorio
All’art. 24 L. 223/91 è stato aggiunto il comma 1 quinques, che introduce uno specifico
regime sanzionatorio per le ipotesi di collocamento in mobilità del dirigente avvenuto senza
l’osservanza della procedura di licenziamento collettivo oppure in violazione dei criteri di
scelta.
La sanzione consiste nel pagamento di un’indennità compresa fra 12 e 24 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto “fatte salve le diverse previsioni sulla misura
dell’indennità contenuta nei contratti e negli accordi collettivi applicati al rapporto di
lavoro dirigenziale”.
Si tratta quindi di una sanzione autonoma per i Dirigenti solo di carattere economico e senza
alcuna ipotesi di eventuale reintegrazione nel posto di lavoro.
In merito al rinvio contenuto nella nuova norma di legge alla contrattazione collettiva sopra
riportato, al momento - in assenza di diverse autorevoli interpretazioni - riteniamo che la
corretta lettura sistematica sia la seguente:
- la sanzione applicabile in materia di licenziamento del dirigente al termine di una
procedura di licenziamento collettivo (per vizi di procedura o per violazione dei criteri di
scelta) prevista dalla legge è un indennità compresa fra 12 e 24 mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto;
- qualora i contratti o accordi collettivi dei dirigenti contengano diverse previsioni sulla
misura dell’indennità, troveranno applicazione queste anziché la previsione di legge;
- allo stato attuale i CCNL Dirigenti contengono disposizioni solo in relazione alle sanzioni
applicabili in caso di licenziamento individuale (indennità supplementare), non collettivo
(inevitabilmente, essendo stati stipulati in un contesto di legge che non prevedeva il
licenziamento del dirigente nell’ambito di una procedura collettiva);
- conseguentemente i futuri Accordi di rinnovo dei CCNL Dirigenti potranno introdurre
previsioni sulla misura dell’indennità spettante in caso di licenziamento collettivo diverse
dal criterio di legge;
- fino ad allora risulta applicabile solo il criterio di legge (12 – 24 mensilità).
Una diversa interpretazione della nuova norma nel senso della applicazione dei criteri già
oggi previsti dai contratti o accordi collettivi dei dirigenti (per i licenziamenti individuali)
anche ai licenziamenti avvenuti al termine di una procedura di mobilità per licenziamento
collettivo, a nostro avviso non risulterebbe conforme alla stessa norma di legge che
consente l’intervento della contrattazione collettiva solo in relazione alla misura
dell’indennità, ma che non si presta ad una lettura tale da legittimare l’automatica
applicazione di trattamenti già in vigore ante novella legislativa per i licenziamenti
individuali anche ai (nuovi) licenziamenti collettivi dei dirigenti.
In considerazione del nuovo contesto di legge, è plausibile ritenere che i futuri Accordi di
rinnovo dei CCNL Dirigenti, che interverranno successivamente all’entrata in vigore delle
modifiche apportate dalla Legge europea 2013-bis all’art. 24 L. 223/91, prevederanno una
specifica sanzione economica da applicare alle ipotesi di licenziamento ingiustificato
intimato nei confronti di un dirigente al termine di una procedura di licenziamento
collettivo, eventualmente anche secondo i medesimi criteri e misure già oggi previsti dai
CCNL Dirigenti per i licenziamenti individuali.
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3. Procedura di mobilità, Dirigenti e Inps.
Le modifiche introdotte nella normativa in materia di licenziamento collettivo e procedura di
mobilità inclusiva dei dirigenti riguardano tutti gli aspetti sopra riportati, ma non invece gli
aspetti che riguardano i trattamenti Inps e i relativi adempimenti nei confronti dell’Istituto
previdenziale.
Continueranno quindi a non trovare applicazione nei confronti dei dirigenti le norme contenute
nella L. 223/91 in tema di:
- “contributo di ingresso” che l’azienda deve versare all’INPS al momento dell’avvio della
procedura di licenziamento collettivo: in tal caso, per il personale con qualifica dirigenziale
dichiarato in esubero, l’azienda verserà all’INPS il contributo una tantum di licenziamento,
mentre il contributo di ingresso ex art. 4 comma 3 L. 223/91 dovrà essere versato solo in
relazione ai lavoratori in esubero aventi qualifica di Operaio, Impiegato e Quadro;
- iscrizione nelle liste di mobilità: all’esito di una procedura di licenziamento collettivo
l’azienda non dovrà iscrivere i dirigenti nelle liste, come invece è tenuta a fare per il personale
non dirigente;
- trattamento previdenziale per i dirigenti: i dirigenti licenziati al termine di una procedura
di mobilità beneficeranno del medesimo trattamento già oggi previsto per il licenziamento
individuale, avendo quindi diritto a percepire solo l’ASPI (ex “indennità di disoccupazione”)
ma non l’indennità di mobilità.
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Licenziamento collettivo e procedura obbligatoria di conciliazione introdotta dalla L.
92/2012 (Riforma Fornero) per i licenziamenti individuali per giustificato motivo
oggettivo: una recente importante conferma del Tribunale di Milano.
In occasione del tema trattato, segnaliamo che il Tribunale di Milano con Ordinanza del 16.10.
u.s. ha affermato che le richieste di conciliazione formulate per più di 4 lavoratori nell’arco di
120 giorni, riconducibili alla medesima necessità organizzativa, determinano l’illegittimità dei
licenziamenti individuali eventualmente intimati dopo aver esperito (senza esito positivo) la
procedura di conciliazione, con conseguente condanna del datore di lavoro non alla sanzione
economica prevista dall’art. 18 L. 300/70 per le ipotesi di licenziamento viziato da mero difetto
procedurale (risarcimento del danno in una misura compresa fra 12 e 24 mensilità), bensì alla
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, sanzione questa che è prevista per le ipotesi di
licenziamento intimato in violazione dei criteri di scelta previsti dall’art. 5 L. 223/91 nell’ambito
del licenziamento collettivo.
Il Tribunale di Milano ha infatti precisato che sia nell’art. 24 della L. 223/91 e sia nell’art. 7 L.
604/66 come modificato dalla L. 92/2012, viene attribuita rilevanza alla “dichiarata intenzione
di licenziare” e non al numero effettivo dei licenziamenti che verrà effettuato al termine della
relativa procedura; ciò pertanto in linea con quanto indicato dal costante orientamento della
Corte di Cassazione secondo cui “(...) al fine dell’osservanza delle procedure previste dalla L.
223/91, rileva l’intenzione di effettuare almeno cinque licenziamenti nell’arco di 120 giorni,
mentre resta irrilevante che il numero dei licenziamenti attuati a conclusione delle procedure
medesime sia inferiore.” (cfr. Cass. n. 22167/10 e n. 24566/11).
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Peraltro l’Ordinanza del Tribunale di Milano risulta altresì in linea con quanto era già stato
indicato anche dal Ministero del Lavoro con la Circolare interpretativa n. 3/2013 sulla procedura
di conciliazione obbligatoria ex L. 92/2012 secondo cui “nel caso in cui la Direzione
Territoriale del Lavoro si accorga che il datore di lavoro ha chiesto più di 4 tentativi di
conciliazione per i medesimi motivi deve ritenere non ammissibile la procedura, invitando il
datore di lavoro ad attivare quella di riduzione collettiva di Personale prevista dalla L. 223/91”.
Restiamo a Vostra disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti sugli argomenti trattati e Vi
salutiamo cordialmente.
Roberto Respinti
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