Siamo abituati a parlare di portabilità in termini di mantenimento del

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Siamo abituati a parlare di portabilità in termini di mantenimento del
LA PORTABILITÀ DEL MUTUO
MEDIANTE SURROGA
Siamo abituati a parlare di portabilità in termini di mantenimento del numero di telefono, quando si
passa da un gestore all'altro.
Ma la Legge n° 40 del 2 aprile 2007 (cosiddetta Legge Bersani) ha esteso il concetto anche ai
mutui, con un meccanimo chiamato surrogazione. Cosa significa?
Vuol dire che un mutuatario può trasferire il suo debito ad un'altra banca che gli propone condizioni
migliori, senza sopportare costi per le formalità della sostituzione.
NOTA: in termini giuridici ciò avviene appellandosi all'articolo 1202 del Codice Civile, che
disciplina la "surrogazione per volontà del debitore".
Mediante tale dispositivo la nuova banca subentra nella garanzia ipotecaria già iscritta dal creditore
originario. A seguito dell'atto di surroga del mutuo ciò risulterà da un'annotazione a margine
dell'ipoteca.
Così, mentre in passato la sostituzione implicava la cancellazione della vecchia ipoteca e l'iscrizione
di una nuova, quest'operazione può essere ora realizzata mediante un contratto di surrogazione del
mutuo originario.
La Legge 244 del 24 dicembre 2007 (Manovra Finanziaria 2008) stabilisce che con la surroga del
mutuo deve essere garantita al cliente “l'esclusione di penali o altri oneri di qualsiasi natura.” Così
tutta l'operazione potrà essere condotta senza sopportare spese di sorta, neanche quelle relative
all'atto notarile.
A seguito della sua sottoscrizione la banca subentrante provvederà a saldare il vecchio debito
residuo, sostituendosi al creditore originario nella relazione con il mutuatario.
Il debitore si troverà così a rimborsare la nuova banca, alle condizioni concordate con quest'ultima.
Il nuovo contratto di mutuo surrogato potrà essere regolato a tasso fisso o variabile, o con qualsiasi
altro criterio concordato.
Anche la durata potrà essere modificata. Resterà invece il limite dell'importo, che dovrà coincidere
esattamente con il capitale residuo del mutuo sostituito.
NOTA: Qualora per esigenze di liquidità servisse maggiorare l'importo del mutuo, si dovrà stipulare
un contratto indipendente e complementare le cui spese resteranno tutte a carico del cliente.
A quel punto sarà meglio valutare l'alternativa di rinunciare alla surroga del mutuo ricorrendo ad
una sostituzione alla "vecchia maniera". Ciò perché i costi globali resteranno complessivamente
simili, mentre il tasso applicato dalla banca potrebbe risultare inferiore a causa dell'assenza di costi
posti a suo carico dalla modalità ordinaria.
Tale considerazione non è però estensibile ai mutui destinati all'acquisto o ristrutturazione della
seconda casa, che scontando l’imposta maggiorata al 2% renderebbero anticonveniente rinunciare
alla surroga del mutuo, dovendosi altrimenti pagare nuovamente l'onerosa imposta.
In termini fiscali con la surroga verranno conservati tutti i benefici goduti sul mutuo sostituito.
LA RINEGOZIAZIONE
DEL MUTUO
Nota: Le considerazioni sulla rinegoziazione voluta dalla Legge Tremonti (Convenzione ABI/MEF) si
trovano nella seconda parte della pagina.
Sostituzione e rinegoziazione del mutuo vengono spesso confuse tra loro. La differenza invece non è
trascurabile, soprattutto per la diversa flessibilità, ma anche per i consistenti risvolti economici collegati.
Chiariamo subito che per "sostituzione" si intende l'estinzione del vecchio debito mediante l'erogazione di un
nuovo finanziamento: si chiude un contratto e se ne stipula un altro.
Perciò i contraenti possono restare gli stessi o anche mutare, l’importo può aumentare e perfino il
finanziatore può cambiare, essendo consentito ricorrere ad una banca diversa.
Con "rinegoziazione" del mutuo invece ci si riferisce solo alla modifica di alcune clausole contrattuali, per
esempio la durata residuale del rimborso o il tipo di tasso applicato.
Questo vuol dire che la rinegoziazione può avvenire esclusivamente tra gli stessi contraenti, cioè che banca e
mutuatari non possono cambiare. In effetti si tratta semplicemente della modifica alle condizioni di un
contratto che continuerà a sussistere.
Le due soluzioni differiscono soprattutto in flessibilità, ma anche in termini di costo. La rinegoziazione può
infatti essere condotta con un semplice scambio di corrispondenza tra banca e cliente, e non richiede la
presenza del notaio.
Che il tutto debba avvenire senza costi e atti notarili è perfino garantito dalla Legge 244 del 24 dicembre
2007 (Manovra Finanziaria 2008) secondo cui “resta salva la possibilità del creditore originario e del
debitore di pattuire la variazione, senza spese, delle condizioni del contratto di mutuo in essere, mediante
scrittura privata anche non autenticata.”
Da un punto di vista fiscale i benefici preesistenti verranno tutti mantenuti.
Va soltanto precisato che la modifica delle condizioni contrattuali non può essere imposta a nessuna delle
parti. Pertanto la rinegoziazione risulta possibile solo quando banca e debitore sono concordi sulle variazioni
da apportare.
NOTA: fanno eccezione gli aspetti che la Legge impone di variare. E’ il caso per esempio della modifica alla
penale di estinzione anticipata, che deve essere ricondotta per rinegoziazione entro precisi limiti. In questi
casi la banca non può opporsi alla ridefinizione della relativa clausola.
SUGGERIMENTO: se la propria banca rifiuta la rinegoziazione è possibile rivolgersi ad un altro istituto
sfruttando la portabilità del mutuo. Anche in tal caso si eviteranno tutte le spese, potendosi comunque
apportare tutte le variazioni consentite dalla rinegoziazione. E aprendosi a molti istituti potrebbe diventare
anche più facile negoziare condizioni migliori.
LA RINEGOZIAZIONE DELLA CONVENZIONE ABI/MEF (LEGGE TREMONTI)
La Convenzione tra l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e il Ministero dell’Economia e delle Finanze,
introdotta dal Decreto Legge 93/2008, ha stabilito che le banche ad essa aderenti si rendano
inopponibilmente disponibili a rinegoziare i mutui a tasso variabile stipulati prima del 29 maggio 2008 e
destinati all’acquisto, costruzione e ristrutturazione della prima casa.
L’obiettivo è quello di riportare stabilmente la rata pagata dalle famiglie sui livelli precedenti agli aumenti
dei tassi, senza che però ciò comporti un costo per lo Stato né un danno per le banche.
La modalità di rinegoziazione è predefinita e implica:
1. l’allungamento della durata residua dei mutui in essere fino al punto in cui la rata si riduce sui livelli
definiti dalla Convenzione;
2. l’applicazione della formula di rimborso a rata fissa e durata variabile (il tasso resta variabile).
La prima osservazione è ovvia per tutti: aumentando la durata del rimborso la rata si abbassa. Naturalmente
ciò comporta una spesa complessiva più elevata.
La seconda considerazione, meno intuitiva, è che gli interessi continuano ad essere calcolati a tasso variabile
e con i medesimi criteri precedenti, ma il loro effetto viene registrato dalla durata e non più dalla rata, che
risulta convenuta in misura fissa.
Utilizzando tale nuova logica se i tassi si alzassero ancora la durata continuerebbe ad allungarsi,
incrementando ulteriormente la spesa. Al contrario, con il verificarsi di una flessione dei tassi la durata
comincerebbe a ridursi, contenendo di conseguenza il costo degli interessi.
Matematicamente tutto ciò avviene appoggiandosi al cosiddetto “Conto di Finanziamento Accessorio”.
Funziona così: ogni mese viene calcolata la rata che dovresti pagare normalmente (rinunciando alla
rinegoziazione). Da tale rata, il cui ammontare dipende dal tasso del momento, si sottrae l’importo della rata
fissa convenuta (quella che verserai accettando la rinegoziazione).
La differenza non pagata viene addebitata sul conto accessorio e lì comincia a produrre anch’essa interessi
debitori al tasso del mutuo (o al tasso calcolato con il criterio IRS 10 anni + 0,50% se inferiore).
Qualora in futuro la rata “normale” dovesse risultare inferiore alla rata fissa, la differenza pagata in più verrà
accreditata sul Conto Accessorio.
Se scegli la rinegoziazione proposta dovrai dunque continuare a pagare la tua rata fissa ad oltranza finché
avrai rimborsato il debito del mutuo originario e tutte le somme addebitate sul Conto Accessorio con gli
interessi da esse prodotti; salvo che esso risultasse a credito, provocando in quel caso la riduzione della
durata del mutuo ridefinita dopo la rinegoziazione.
Eventuali rate arretrate verrebbero addebitate anch'esse sul Conto Accessorio, allungando ulteriormente la
durata globale del rimborso e comportando nuovi interessi.
La rinegoziazione avrà effetto dalla prima rata in scadenza nel 2009 in poi.
SUGGERIMENTO: la rinegoziazione così impostata appare piuttosto rigida e soprattutto non determina
alcun beneficio sul fronte delle condizioni di tasso applicate.
Ricorrere alla portabilità appare perciò ben più interessante. In primo luogo per la sua maggiore flessibilità:
si può decidere per esempio di passare al tasso fisso, come anche stabilire una durata residua più gradita di
quella proposta in base alla normativa.
Inoltre, contemplando le proposte di molte banche sarà facile individuare condizioni più favorevoli di quelle
in corso, realizzando comunque l’operazione senza sostenere spese come previsto dalla Legge in merito alla
surrogazione (portabilità).
Anche se economicamente svantaggiosa, la rinegoziazione da decreto va comunque giudicata in chiave
assolutamente positiva.
Essa consente alle famiglie che non dispongono di libero accesso al credito, magari in seguito a mutate
condizioni reddituali o a causa di segnalazioni negative dovute a rate impagate, di disporre di un’alternativa
destinata a ridurre il peso di una situazione insostenibile.