Perché, più dei furti, è il silenzio la vera minaccia al

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Perché, più dei furti, è il silenzio la vera minaccia al
ATTUALITÀ
Banche, non sempre
le dimensioni
contano
pag. 19
UNIVERSITÀ
Spedizione in a.p. - d.l. 353/2003 Art.1, Comma 1, DCB Milano - Contiene I.C.
La ricerca scientifica
non è un optional
pag. 46
Cura l’arte
Perché, più dei furti, è il silenzio la vera
minaccia al patrimonio culturale pag. 8
--- INTERNI STABILITÀ, PUNTO PER PUNTO Le novità della finanziaria 2016 pag. 13
--- AMBIENTE IL REFERENDUM SULLE TRIVELLE Le buone ragioni dei comitati pag. 16
--- MULTINAZIONALI STA ARRIVANDO STARBUCKS Fotografia del gigante del caffé pag. 24
--- ESTERI SLOVENIA: CONFINE SPINATO A soli 30 chilometri dall’Italia pag. 42
179
febbraio 2016
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EDITORIALE
DI PIETRO RAITANO
179
Nella seconda metà del ‘500, l’ingegnere militare fiorentino Bonaiuto Lorini scrisse un saggio sulle fortificazioni; un passaggio del testo recita: “Fabbricare il corpo della
fortezza con quei membri e quelle proporzioni militari che a tale architettura
si richiede per difendere non solo un
esercito da un altro assai maggiore, ma
la città e i regni, è il nostro fine; prevalendoci della forma e della materia
dei siti con ordine tale che i pochi difensori si possano difendere da numero
assai maggiore, col fargli perdere tempo”.
Il corsivo è dello scrittore romano Daniele Del Giudice, che nel commentare
Lorini scrive: “La vera arma della fortezza era dunque il ritardo, il produrre
lentezza, il dilatare il tempo fino a renderlo inoffensivo”.
A farci caso, le immagini delle fortificazioni e dell’assedio sono spesso richiamate nel descrivere il sistema economico. E infatti le pratiche, le dinamiche e
le politiche economiche sembrano far
di tutto per farci perdere tempo, e rimandare il più possibile una transizione necessaria e urgente. Ma tempo ne
abbiamo poco.
È facile lavorare per analogie: nella fortezza risiede quell’1% della popolazione che -da solo- ha oltre la metà delle
ricchezze del Pianeta; e i forzieri sono i
paradisi fiscali. Fuori, il 99% degli abitanti del Pianeta, e tra questi gli oltre
3,6 miliardi che dispone di redditi pari
a quelli dei 62 miliardari più facoltosi
del globo, come ha svelato l’ong Oxfam.
Non è difficile pensare che quell’1%
non abbia alcuna fretta di contribuire
a un mondo meno diseguale, ma che al
contrario cerchi di ritardare il più possibile il momento in cui tale condizione
dovesse iniziare a realizzarsi. A giudicare da come stanno le cose, ci stanno
riuscendo piuttosto bene.
L’assedio è un termine che si usa con
frequenza anche trattando di migrazioni. E anche in questo caso, le politiche
migratorie attuate dai Paesi più ricchi
danno l’idea di volere “contenere” un
fenomeno, più che gestirlo. Con conseguenze nefaste. Un recente rapporto
di Medici Senza Frontiere ha denunciato ad esempio il catastrofico fallimento dell’Unione europea (la “Fortezza Europa”) nel rispondere ai bisogni
umanitari di rifugiati, richiedenti asilo
e migranti nel 2015. Il report di MSF
descrive gli ostacoli che l’Europa e i
governi europei hanno imposto lungo
il percorso di oltre un milione di persone, la maggior parte in fuga da guerre
e persecuzioni: mancanza di alternative alle pericolose traversate del mare,
recinzioni di filo spinato sui confini,
continui cambiamenti nelle procedure
burocratiche fino a veri e propri atti di
violenza. Tutto allo scopo di rallentare
l’affermazione dei diritti di quelle persone: “Un approccio atroce e inaccettable” conclude MSF.
Anche la transizione da un sistema
energetico basato su fonti fossili a uno
“rinnovabile” è continuamente rallentato. L’organizzazione Friends Of The
Earth ha calcolato che le ricchezze delle 782 persone più facoltose della Terra
sono equivalenti a quelle necessarie per
convertire al “100% rinnovabile” i sistemi energetici di Africa, America Latina
e gran parte dell’Asia, ovvero di circa
metà della popolazione mondiale. Per
l’Africa basterebbero i primi 32.
Sarebbe molto utile, data l’urgenza
-ecco ancora apparire il fattore tempoimposta anche solo dai cambiamenti
climatici, ma l’economia mondiale -e
anche quella locale- non riesce a togliere gli occhi dal petrolio. E per questo
quegli occhi li chiude quando proprio
i Paesi produttori di petrolio muovono
guerre crudeli. Il conflitto in Yemen è
relegato nel girone dei dimenticati della
politica internazionale, e dell’opinione
pubblica. Secondo l’Unhcr circa l’80%
della popolazione del Paese (il più povero dell’area) necessita di assistenza
umanitaria. Gli scontri sono costati la
vita a oltre 6mila persone, in particolare civili (tra questi 10 bambini uccisi a
Taiz, mentre tornavano a casa da scuola,
il 19 gennaio 2016) mentre sono oltre
2,3 milioni gli sfollati interni. La guerra
si è acuita dopo l’intervento di Arabia
Saudita e Iran a sostegno delle fazioni
contrapposte, con lo scopo dichiarato
di tutelare la filiera del petrolio (molto
del quale diretto in Europa). Le bombe
saudite sganciate in Yemen sono partite
anche dall’Italia, dall’aeroporto di Cagliari. Di notte, in tutta fretta, perché
nessuno se ne accorgesse. ---
STA ARRIVANDO LA NUOVA ALTRECONOMIA
Cari lettori,
dal prossimo numero (marzo 2016) potrete sfogliare un’Altreconomia tutta nuova.
Nei contenuti, nella veste grafica, nelle rubriche, nel formato. L’indipendenza e la cura dell’approfondimento
giornalistico, così come l’attenzione per i temi dell’economia solidale e dei diritti, invece, non cambieranno di
una virgola, sostenuti in primo luogo da voi.
Altreconomia, infatti, appartiene ai suoi lettori, e così sarà in futuro.
FEBBRAIO 2016
WWW.ALTRECONOMIA.IT
3
4
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QUALENERGIA.IT
17 GENNAIO 2016
In Danimarca, le
fonti eoliche hanno
generato oltre il
40% dell’elettricità
consumata
WWW.ALTRECONOMIA.IT
RINNOVABILI, L’ANNO RECORD DEGLI INVESTIMENTI
Nel 2015 non si è fermata la crescita degli investimenti in “energie verdi”, con una spesa complessiva di 329 miliardi di dollari (+4%). È quanto emerge da un report di Bloomberg New
Energy Finance. La Cina è in testa, ma si fanno avanti India, Sud Africa e Sud America.
L’Europa, invece, rallenta (-18%). Intanto, l’eolico in Danimarca ha generato nel 2015 il 42,1%
dell’elettricità consumata nel Paese, quota record a livello mondiale, più che raddoppiata in 10
anni. L’obiettivo al 2020 è di raggiungere la soglia del 50% garantito soltanto da fonte eolica.
FEBBRAIO 2016
12 NOTIZIE LETTE PER VOI
ANCHE SUL NOSTRO SITO: WWW.ALTRECONOMIA.IT/RASSEGNA
LA REPUBBLICA
8 GENNAIO 2016
Agente di spaccio
Un agente della polizia
penitenziaria in servizio al
carcere di Monza è stato
arrestato in esecuzione
di ordinanza di custodia
cautelare in carcere per
truffa aggravata, falso
ideologico, corruzione in
concorso e spaccio di droga
in concorso con un detenuto,
emessa dal gip del Tribunale
di Monza.
THE INDEPENDENT
11 GENNAIO 2016
Lavoro minorile.
Nestlè a giudizio?
Sarebbe stata consapevole
dell’impiego di minori
nelle piantagioni di cacao
della Costa d’Avorio. La
multinazionale (sponsor di
Expo 2015) potrebbe quindi
incorrere in una citazione in
giudizio dopo che la Corte
suprema degli Stati Uniti
ha respinto il suo appello
per chiudere la diatriba
legale. Soddisfazione
dall’International Labour
Rights Forum.
LA REPUBBLICA
© European Union 2014 - Source EP
12 GENNAIO 2016
Bracco rinviata a
giudizio
La vice presidente di
Confindustria e numero
uno di Expo2015 Spa,
Diana Bracco, è stata
FEBBRAIO 2016
rinviata a giudizio a Milano
per evasione fiscale e
appropriazione indebita,
reati che avrebbe commesso
in qualità di presidente del
cda del gruppo farmaceutico
Bracco Spa. Secondo
l’accusa vrebbe sottratto un
milione di euro al fisco.
AVVENIRE
13 GENNAIO 2016
I detenuti stranieri in
calo
Secondo i dati del
ministero della Giustizia
aggiornati a fine 2015, i
detenuti stranieri presenti
nelle carceri italiane
sono 17.340, ovvero un
terzo della popolazione
carceraria complessiva. Le
Regioni con più detenuti
stranieri sono Lombardia,
Lazio e Piemonte. Pur
rappresentando un numero
significativo, i detenuti
stranieri sono diminuiti
dello 0,7% nell’ultimo anno
e del 30,5% negli ultimi
cinque.
ANALISIDIFESA.IT
15 GENNAIO 2016
Finmeccanica e i
contratti in Angola
L’Angola ha sottoscritto
contratti con l’azienda
guidata da Mauro Moretti
per l’acquisto di 6 elicotteri,
siluri e sistemi radar costieri
per un totale di 212,3
milioni di euro.
I contratti sono stati firmati
il 23 dicembre scorso dal
presidente angolano Jose
Eduardo dos Santos.
THE GUARDIAN
15 GENNAIO 2016
Giovanni Lo Porto, un
anno dopo
Daniele Lo Porto, fratello
del cooperante italiano
rapito in Pakistan nel 2012
e ucciso nel gennaio 2015
da un drone americano, ha
raccontato al Guardian di
come la sua famiglia sia stata
abbandonata dai funzionari
italiani e statunitensi. Dopo
le condoglianze pubbliche,
infatti, i contatti sono
svaniti, rendendo difficile
anche il rientro della salma.
in tutta la Cisgiordania
occupata da Israele,
compresa Gerusalemme
Est- contribuisca alla
violazione dei diritti dei
palestinesi”.
OXFAM
18 GENNAIO 2016
Il mondo diseguale
Nel 2015, 62 persone
hanno accumulato la stessa
ricchezza di 3,6 miliardi di
persone (la metà più povera
della popolazione mondiale).
Le loro ricchezze sono
cresciute del 44 per cento tra
il 2010 e il 2015, arrivando a
1.760 miliardi di dollari.
INTERNAZIONALE
18 GENNAIO 2016
L’Etiopia dopo El Niño
Per le Nazioni Unite
occorrono 50 milioni di
dollari per affrontare la
crisi alimentare in Etiopia.
A causa del fenomeno
climatico El Niño più di
dieci milioni di persone non
hanno un accesso sicuro al
cibo. La produzione agricola
e zootecnica è crollata in
tutto il Corno d’Africa.
HUMAN RIGHTS WATCH
19 GENNAIO 2016
“Occupation Inc.”
È il titolo di un
documentato report curato
dall’ong internazionale
Human Rights Watch
che ricostruisce come “il
business delle imprese dei
coloni israeliani -mezzo
milione di persone che
vivono in 237 insediamenti
CORRIERE DELLA SERA
19 GENNAIO 2016
Rifugiati, il fallimento
dell’Europa
Medici senza frontiere
ha pubblicato un dossier
raccolto dai suoi operatori
sul campo che denuncia
gli abusi compiuti dalle
autorità dei Paesi comunitari
a danno dei migranti
(1.008.616 di persone hanno
cercato scampo in Europa
nel 2015). Le testimonianze:
“Gommoni affondati da
uomini in divisa in Grecia”.
QUOTIDIANO DIRITTO
20 GENNAIO 2016
I diritti dell’uomo
nelle redazioni
Le perquisizioni nelle
redazioni degli organi
di stampa e il sequestro
di materiale cartaceo e
informatico disposto da
un’autorità giudiziaria
sono incompatibili con la
Convenzione europea dei
diritti dell’uomo. È la Corte
di Strasburgo a stabilirlo,
con una sentenza sul caso
“Görmüs contro Turchia”.
WWW.ALTRECONOMIA.IT
5
6 LE BREVI
4.907
BATTUTE
DI
NEWS
LA SPESA ALLA SPINA
Negozio Leggero è il primo
franchising italiano per la spesa
alla spina, con 13 negozi in tutto
il Paese (cinque dei quali tra
Torino e provincia).
Dal mese di febbraio, nel paniere
-accanto a pasta, caffé, legumi,
farine- c’è anche una selezione
dei titoli di Altreconomia.
L’elenco dei punti vendita è qui:
negozioleggero.it
BOLZANO BIO-ECO
Consumo critico, autoproduzione
condivisa e acquisto consapevole
sono i tre “valori” fondanti di “Dal
fare la spesa al farsi la spesa”,
un’iniziativa promossa dal gruppo
d’acquisto solidale OltryGas
di Oltreisarco, un quartiere di
Bolzano.
Ai mercati bio-eco in programma
domenica 21 febbraio, domenica
13 marzo e domenica 17 aprile ci
sono anche i libri di Altreconomia
e la nostra rivista.
LEGUMINOSA I I
Dal 4 al 6 marzo 2016 si terrà
a Napoli la seconda edizione
di Leguminosa, evento
internazionale di Slow Food
dedicato ai legumi, patrimonio
di straordinaria importanza per
l’alimentazione umana.
L’appuntamento -in programma
una mostra mercato, convegni e
laboratori del gusto- organizzato
da Slow Food Campania cadrà nel
pieno dell’Anno internazionale
dei legumi, proclamato dalla
FAO.
Info: leguminosa.it
FA’ LA COSA GIUSTA
Altreconomia fa ancora la cosa
giusta. Come ogni anno, anche
nel 2016 saremo presenti
alla fiera del consumo critico
e degli stili di vita sostenibili
-http://falacosagiusta.
org- in programma a Milano,
presso FieraMilanoCity, dal
17 al 19 marzo. Siamo nell’area
Vegan al padiglione 4 (stand U
2/3/4). È in programma anche la
presentazione dei libri “Il filo
di canapa” e “Non aprire
quella pappa!”, di cui scriviamo
a pagina 22.
LA LETTURA IN ITALIA
L’Italia non legge, come
dimostrano gli ultimi dati 2015
pubblicati dall’Istat a gennaio.
Il 42% delle persone di 6 anni
e più (circa 24 milioni) avrebbe
letto almeno un libro nei 12
mesi precedenti l’intervista; il
9,1% delle famiglie non ha alcun
libro in casa, il 64,4% ne ha al
massimo 100. Il 48,6% delle
donne sono lettrici, contro il
35% dei maschi. Quasi un lettore
su due (45,5%) si conferma
“debole”, avendo letto non più di
tre libri in un anno. Tra il 2010
KUASKA PRESENTA “LA BIRRA NON ESISTE” A RIMINI
TRE PROGETTI EQUO-SOLIDALI DI PREFINANZIAMENTO
B
si diventa “coQ uando
produttori” del caffè che
eer attraction (beerattraction.it) è un evento
dedicato alle birre artigianali, ma anche a tecnologie, attrezzature e materie
prime. È in programma
dal 20 al 23 febbraio alla
Fiera di Rimini (ma aperta
al pubblico di appassionati
e degustatori solo il sabato
e la domenica), e vedrà la
partecipazione di Lorenzo
Dabove:
“Kuaska” presenterà
il libro “La birra
non esiste”, edito
da Altreconomia
( bit.ly/kuaskabiografia),
nel
quale il “profeta”
della birra artigianale italiana si racconta
(l’appuntamenWWW.ALTRECONOMIA.IT
to è sabato 20 alle 13.30).
Da lunedì 7 a domenica
13 marzo 2016 è invece in
programma la “Settimana della birra artigianale”,
settimanadellabirra.it, una
grande festa ideata per
celebrare la birra di qualità, nazionale e straniera.
Ad oggi (21 gennaio 2016)
sono ben 211 le realtà aderenti, in tutta Italia tra birrifici, beershop e
pub che ospiteranno incontri e
degustazioni, e
offriranno sconti
sull’acquisto dei
prodotti.
IL CAFFÈ PIÙ BUONO
beviamo a casa ogni giorno, l’aroma è più intenso. E
quando i grani arrivano da filiera equo-solidale, come nel
caso dei 3 progetti di pre-finanziamento in corso, la tazza profuma anche di diritti.
La cooperativa marchigiana
Shadhilly (shadhilly.com), ad
esempio, promuove un “Coffeenanziamento”, rivolto in
particolare ai gruppi d’acquisto solidali (Gas), cui è possibile aderire fino al 15 marzo
2016: il caffè arriva dal Guatemala (“El Bosque”) e dall’Uganda (il blend “+9”, dalla distanza di fuso orario tra i due
Paesi). Ai Gas è rivolta anche
la proposta dell’associazione
Tatawelo (tatawelo.it), che in
partnership con LiberoMondo
shadhilly.com
PER UNA PINTA DI QUALITÀ
importa il caffè dal Chiapas,
in Messico, e dal Centro
America.
Il pre-finanziamento è in corso fino al 29 febbraio. Arriva
dal Chiapas e dalla Colombia
il caffé della Torrefazione artigianale autogestita Malatesta, di Lecco (caffemalatesta.
org). Il pre-finanziamento
scade a fine febbraio. Tutti i
moduli sono online.
FEBBRAIO 2016
7
e il 2014, inoltre, la spesa delle
famiglie per libri, giornali e
periodici si è contratta del 18%.
LA SALUTE DELL’ASILO
Secondo il ministero della
Salute e diverse Regioni, la
possibilità di esenzione del ticket
sanitario per i richiedenti asilo
si ridurrebbe a 2 mesi dalla
presentazione della domanda di
protezione. Un’interpretazione
restrittiva che rischia di colpire
una “popolazione particolarmente
fragile”, come ha segnalato
al ministro Lorenzin l’Alto
Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati (insieme,
tra gli altri, a Fondazione
Migrantes, Medici Senza
Frontiere, NAGA) attraverso
una lettera aperta spedita
all’inizio dell’anno.
LIVEWINE, NEL SEGNO
DI GINO
Altreconomia è media partner di
LiveWine, il salone
internazionale del
vino artigianale
in programma a
Milano, presso il Palazzo del
Ghiaccio di via Piranesi, dal
5 al 7 marzo (livewine.it). I
visitatori non troveranno al nostro
stand bottiglie di vino ma “La
sovversione necessaria” (bit.
ly/altreconomiaveronelli)
che racconta le battaglie civili
e l’impegno politico di Luigi
Veronelli, cioè il pensiero
“fondante” di tutto il movimento.
della Regione per
diffondere sensibilità
e attenzione al tema.
A febbraio, inoltre,
verrà pubblicato il report sulle
mafie in Emilia-Romagna
amministrazione virtuosa. È in
programma a Bologna (26
febbraio), Caserta (4 marzo),
Milano (11 marzo), Torino (12
marzo), Roma (15 marzo).
Iscriversi costa 61 euro (e
comprende un buffet a filiera
corta).
gli altri dal Gruppo Antimafia Pio
La Torre (Gap).
LA COLTURA
BIODIVERSA
L’Associazione italiana
“Tra la via Aemilia ed il west
- storie di mafie, convivenze
e malaffare in E.R.” curato tra
COMUNI VIRTUOSI
Nella primavera del 2016
milioni di cittadini saranno
chiamati al voto per eleggere i
propri rappresentanti in 1.285
Comuni italiani, e migliaia tra
sindaci, assessori e consiglieri
comunali saranno investiti della
responsabilità di governo del
proprio territorio. L’associazione
LA MAFIA IN EMILIAROMAGNA
S’intitola “Mafie in EmiliaRomagna” il fumetto realizzato
dal Gruppo dello Zuccherificio
(gruppodellozuccherificio.org)
in collaborazione con AdEst
e Gruppo Antimafia Pio La
Torre. È interamente autoprodotto
e verrà distribuito in 3.000 copie
ai ragazzi delle scuole medie
dei Comuni virtuosi
(altramministrazione.it)
a tutti coloro che intendono
candidarsi propone un corso
d’introduzione alla pubblica
per l’agricoltura biologica
ha lanciato la campagna
“ColtiviAMO BIOdiversitàbene comune”, con lo scopo
di recuperare e diffondere
biodiversità. Il metodo è pratico:
la disseminazione di miscugli
di semi provenienti da incroci e
raccolte, anche di varietà antiche,
nelle aziende agricole biologiche
e biodinamiche che vorranno
partecipare, e che diventeranno
così custodi e moltiplicatori di
semi. Info: aiab.it
PRESENTATA LA BOZZA DEL DECRETO ATTUATIVO DELL’ART. 35
IL GOVERNO NON HA ABROGATO LA NORMA INTRODOTTA NEL 2009
Così è sta“I rricevibile”.
ta definita da
l’Italia ha rinunA gennaio
ciato ad abrogare il reato
bozza di decreto attuativo
dell’articolo 35 della legge
“Sblocca-Italia”, che riguarda i nuovi inceneritori da
realizzare nel Paese.
“L’unica novità -spiegano
le associazioni ambientaliste in merito al testo che è
stato discusso a fine gennaio nella Conferenza StatoRegioni- è l’eliminazione di
3 nuovi inceneritori previsti
al Nord (Piemonte, Veneto,
Liguria) dai 12 complessivamente ipotizzati”. Ma i
punti critici rimangono intatti, visto che “si continua
a puntare sull’incenerimento
quando l’andamento della
produzione di rifiuti solidi
FEBBRAIO 2016
urbani è da anni in calo. E
la bozza di decreto presuppone che per corrispondere
alle necessità di trattamento
del rifiuto, obbligo previsto
dalla Direttiva 99/31 sulle
discariche, sia necessario far
passare il RUR (rifiuti urbani residui) attraverso sistemi
di trattamento termico. Ma
non è così”. “Il principio che
paragona il pretrattamento a
incenerimento -infatti- non
trova fondamento in alcuna
direttiva europea”.
elena bonaccini
Zero Waste
Italy, Fare Verde, Greenpeace,
Legambiente e WWF Italia la
di clandestinità, evitando di
inserirlo nel provvedimento sulle depenalizzazioni.
Il “consiglio” del ministro
dell’Interno Angelino Alfano
-quello di non “dare agli italiani l’idea di un allentamento della tensione”- è stato
ascoltato dalla maggioranza,
che ha così mantenuto in vita
una misura inutile e inefficace (come dichiarato più
volte anche dal procuratore
nazionale antimafia Franco
Roberti), architettata sette
anni fa dal governo Berlusconi (articolo 10bis della legge
94 del 2009; Alfano era ministro della Giustizia) per
aggirare la normativa comunitaria sui rimpatri (in particolare la direttiva 115/2008).
t. barchielli-f. attili / www.flickr.com/photos
UN REATO SENZA CITTADINANZA
I 9 INCENERITORI SBLOCCATI
Eppure, l’abrogazione del
reato avrebbe “buone ragioni”, come ha raccontato ad
Ae l’avvocato Guido Savio,
membro dell’Associazione per
gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), e risolverebbe
ricorrenti conflitti con procedimenti amministrativi. L’intervista completa è sul nostro
sito, http://bit.ly/clandestini-
tà-reato
WWW.ALTRECONOMIA.IT
IN COPERTINA
giorgio marchiori
8
SEI MILIONI I “BENI CULTURALI ILLECITAMENTE SOTTRATTI” CENSITI DAI CARABINIERI
COME SI PROTEGGE L’ARTE
Il silenzio è calato
sul caso del museo di Verona, depredato di opere inestimabili. Per tutelare il
patrimonio culturale però non bastano le polizze assicurative --- DUCCIO FACCHINI
GIOVEDÌ 19 NOVEMBRE 2015, TRA
LE 19 E LE 21.50, È SPARITO UN
MUSEO INTERO. È accadu-
to a quello Castelvecchio,
a Verona (museodicastelvecchio.comune.verona.it ).
Tre “ignoti armati” -così li
ha definiti il sindaco della
città, Flavio Tosi, nelle sue
comunicazioni in Consiglio comunale il 26 novemWWW.ALTRECONOMIA.IT
bre- hanno sottratto armi in
pugno 17 dipinti, approfittando di un buco operativo
durante il cambio tra l’unica dipendente comunale
presente a fine turno (su 11
distaccati) e la “guardia particolare giurata” della compagnia Sicuritalia -che in
città monitora altri 146 siti
ed è subentrata ad appalto
in corso dopo il fallimento
della ditta precedentemente incaricata-. In 70 minuti
sono state rubate opere di
Jacopo Tintoretto (e Cerchia di Jacopo Tintoretto)
e di Antonio Pisano detto
Pisanello, di Jacopo Bellini
e di Andrea Mantegna, di
Giovanni Francesco Caroto
e di Domenico Tintoret-
to, di Peter Paul Rubens,
di Hans de Jode e di Giovanni Benini. Quello stesso
giorno, il ministro dei Beni
culturali e del turismo Dario
Franceschini era a Roma, al
Quirinale. La cronologia
della Rete riconsegna ai
posteri un suo sfortunato
tweet delle 17.59, a pochi
minuti da quel che Tomaso
FEBBRAIO 2016
9
Beffa o non beffa, da quel
momento il silenzio pubblico è calato sulla questione
3.847
SONO I MUSEI IN ITALIA; 501 I MONUMENTI E 240 LE AREE
ARCHEOLOGICHE. PER IL 63,8% SONO DI PROPRIETÀ PUBBLICA
FEBBRAIO 2016
quello del Museo nazionale
del Prado di Madrid. Nella
stessa fascia oraria del furto di Verona, cioè a ridosso
della chiusura, il Prado non
solo è aperto (come tutti i
giorni), ma è persino gratuito (si tengano a mente le
dovute proporzioni: Castelvecchio nel 2014 ha contato
129.800 visitatori e “introiti” per 322.266,50 euro; il
Prado è stato attraversato da
2,5 milioni di persone).
“I musei d’Italia sono privi
di mezzi e personale -spiega-, il patrimonio è abbandonato a se stesso ed è
scarsamente incentivata la
frequentazione dei cittadini.
Per come non è difeso, mi
stupisco che fatti analoghi
a quelli di Verona non accadano tutti i giorni. La vera
difesa dei musei è renderli
vivi, frequentati”. Montanari la definisce “difesa civile,
morale, intellettuale”. Per
questo diffusa. Da qui si
sarebbe atteso che Franceschini “mettesse il naso nel
museo depredato”, accettando di prender parte anche a
qualche “funerale”, al di là
delle festanti riaperture delle domus di Pompei.
“Ma un’assicurazione non
risolve il problema -precisa
Montanari- perché Tintoretto, Rubens, Pisanello
non li potrà certo restituire
un risarcimento economico.
flickr.com/photos/palazzochigi/ Tiberio Barchielli
professore di Storia dell’arte moderna all’Università
degli Studi di Napoli Federico II- definisce ad Ae la
“scomparsa del museo”: “Al
#Quirinale con il Presidente
Mattarella per l’esposizione
di due opere recuperate dai
Carabinieri per la tutela del
patrimonio culturale”.
Da quel momento, salvo un
sintetico accenno al “furto
di Verona” (una settimana dopo), il ministro non
ha aggiunto altro. Non si è
mai recato (ufficialmente)
al museo per effettuare un
sopralluogo. Anche perché
Castelvecchio è un sito civico, e quindi non immediatamente riconducibile alle
responsabilità del rappresentante del Governo.
Così l’ultimo sguardo delle
cronache nazionali si è poggiato su Castelvecchio per
il presunto “rimborso beffa”
che la compagnia assicurativa avrebbe dovuto corrispondere a Palazzo Barbieri
-la sede del Comune-. Questo, infatti, aveva stipulato una polizza assicurativa
“All risk” con la compagnia
Cattolica Assicurazioni (nel
2012, rinnovandone una
del 2009) che riconosceva
scarsissime probabilità di
rischio al tipo di sinistro
che invece è capitato. Con
un massimo rimborsabile di
250mila euro.
della tutela e sicurezza del
patrimonio artistico e culturale del nostro Paese -costituito tra le altre cose da
3.847 musei, 240 aree archeologiche, 501 monumenti
censiti nel 2011 dall’Istat,
per il 63,8% di proprietà
pubblica-, il cui rilievo non
è riducibile alla ricostruzione di un “colpo” ben riuscito.
O, come racconta Tosi ad
Ae, “una rapina troppo fortunata”, in aperta polemica
con Sicuritalia, responsabile
per il sindaco di aver “commesso errori procedurali che
hanno di fatto reso possibile
la rapina”.
Chi ha provato a invertire
la rotta è stato un gruppo di
intellettuali e storici dell’arte -tra cui Salvatore Settis
e Montanari-, autori di un
appello steso a un mese dal
“saccheggio di Verona”, volto a scardinare “la scontata
anticamera dell’indifferenza
più perniciosa”, il “silenzio”.
Non ha mai ricevuto risposta. “Nessuno aveva chiesto
al ministro i bollettini sulle
indagini, o il racconto dell’azione giudiziaria -spiega
Tomaso Montanari-, quanto piuttosto la riproposizione del punto politico. Il
riserbo dell’indagine non è
incompatibile con una narrazione in grado di cucire il
patrimonio al discorso pubblico, soprattutto in un momento come questo”.
Montanari ha in mente un
modello di “sicurezza” del
patrimonio che illustra citando un caso specifico,
--- Sopra, il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini interviene a Pompei
in occasione della riapertura di sei domus. Sotto, il sindaco di Verona, Flavio Tosi.
Il Museo di Castelvecchio -a sinistra, dieci giorni dopo la rapina del 19 novembre
2015- è una struttura civica dove lavorano 11 dipendenti comunali ---
alberto barberis / agenzia fotogramma
Montanari, storico dell’arte e
WWW.ALTRECONOMIA.IT
IN COPERTINA
Il Colosseo non è assicurato, gli Uffizi non sono assicurati. È una scelta storica
derivata dall’insufficienza di
risorse quella che ha visto
alcuni enti locali, non tutti,
investire risorse in questa
direzione visti i tagli durissimi ai trasferimenti da parte dello Stato”.
Guardando oltre Verona ci
si accorge della mancanza
diffusa di un monitoraggio
della situazione attuale, dei
musei statali e di quelli civici. Come si tutelano, che
strumenti adottano, quali
risorse investono.
Vincenzo Santoro è responsabile del Dipartimento
cultura e turismo dell’Anci,
l’Associazione nazionale dei
comuni italiani. A precisa domanda riconosce che
non solo non esistono “linee
guida” a disposizione degli
enti locali (“I Comuni fanno quello che gli pare -racconta-, e noi non siamo il
ministero, che ha potere di
imporre le direttive”), ma
nemmeno un censimento
delle prassi utilizzate.
Il Comune di Milano, ad
esempio, ha recentemente pubblicato un bando
“All Risks Beni Culturali” dalla durata triennale
(31/12/2015-31/12/2018).
“Si assicura -si legge nel capitolato pubblicato sul portale dell’ente- a ‘primo rischio assoluto’ 60 milioni di
euro per evento ed anno assicurativo per opere d’arte e
di interesse storico artistico
[...]”. Riguarda le “ubicazioni” del Museo delle Culture,
del Museo del Novecento,
di Palazzo Morando, di Palazzo Marino, fino ai Musei
del Castello Sforzesco. Ad
aggiudicarsi la gara d’apWWW.ALTRECONOMIA.IT
palto con un premio lordo
complessivo per il triennio
da 378mila euro è stata la
compagnia “dei Lloyd’s”
-come si definisce-, che dal
1990 opera in Italia attraverso una società con sede
legale a Londra.
Tra la città di Torino e i suoi
“civici”, prima che la gestione passasse dal Comune alla
Fondazione Torino Musei, il
rapporto era diverso rispetto a Milano. Lo racconta
Daniele Jalla, ex direttore
dei Musei cittadini e oggi
presidente della rappresentanza italiana dell’International Council of Museums
(ICOM) nonché membro
del cda del Polo Reale di
Torino dal 23 dicembre
2015, proprio dietro nomina del ministro Franceschi-
ni. “Oggi le assicurazioni
‘statiche’ per i musei civici
rappresentano uno spreco
-sostiene Jalla-, perché si
spendono soldi per assicurare opere a un valore che non
serve nemmeno a riparare i
rischi. La tradizione mondiale vuole che le opere dei
musei non siano assicurate
proprio perché i musei sono
luoghi sicuri. Le assicurazioni operano nel momento
in cui l’opera esce dal museo
e va in mostra.
In teoria il gestore dovrebbe
assicurare l’assenza di rischi
così da non rendere necessaria un’assicurazione permanente. Questo è il modello
generale: se dovessimo assicurare tutto il patrimonio
per il valore che ha finiremmo per avere una spesa non
immaginabile”. Per Jalla
dunque, l’assicurazione è
l’ultima ratio “quando non
si è in grado di eliminare i
rischi alla radice o moderarli fino al punto in cui questi
vengano ridotti”.
Il presidente di ICOM
Italia non tace l’oggettiva carenza di informazioni
di contesto: “Non esistono
dati generali, sia perché non
sono stati raccolti sia perché
non sarebbero divulgabili.
La situazione è molto varia, ed è sicuramente toccata
dal taglio dei fondi. Ma non
tutte le amministrazioni
hanno la stessa sensibilità verso la sicurezza”. Per
alimentarla -racconta Jalla- ICOM, il ministero dei
Beni culturali e i carabinieri
del Nucleo di tutela del pa-
VENTITRÉ
GLI EVENTI CRIMINOSI PIÙ RILEVANTI IN CAMPO ARTISTICO
NEGLI ULTIMI 40 ANNI NEL MONDO (COME IL DANNEGGIAMENTO DELLA “PIETÀ” DI MICHELANGELO A ROMA)
aquilablog.it
10
--- La Basilica di Santa Maria di Collemaggio all’Aquila. Eni Spa ha annunciato nel 2013 un investimento di 14 milioni di
euro per il suo restauro e la riqualificazione del Parco del Sole --FEBBRAIO 2016
11
trimonio culturale (costituito
il 3 maggio 1969, composto
da un organico di 270 militari in tutto il Paese e custode di una “Banca dati dei
beni culturali illecitamente
sottratti” informatizzata che
quest’anno ha raggiunto 5,8
milioni di oggetti censiti e
600mila immagini), hanno curato la stesura di una
pubblicazione intitolata “La
sicurezza anticrimine nei
musei”, che verrà presentata
e diffusa proprio a febbraio.
Il contenitore di modelli, “significativi esempi di
eventi criminosi” (23 dal
1972 al 2014, dal danneggiamento de “La Pietà” di
Michelangelo a San Pietro
al furto di tre dipinti su tavola di un anonimo cremonese al Castello Sforzesco
di Milano) e proposte operative è aperto da una prefazione a cura di Dario Franceschini, al quale Jalla -che
pure “assolve” il ministro
dalla critica mossa nell’appello firmato anche da Settis e Montanari- chiede di
“farsi promotore insieme
alle Regioni e ai Comuni di
una campagna nazionale e
unitaria di verifica congiunta della situazione”.
Nelle oltre 100 pagine del
volume c’è un passaggio
sul volontariato -rispetto al
quale ICOM “si è sempre
dichiarata favorevole”-, che
“le amministrazioni pubbliche tendono più spesso ad
utilizzare [...] con una visione distorta, motivata solo
da esigenze di risparmio
economico, in sostituzione,
--- La schermata del portale della campagna “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”, che da fine
dicembre 2015 chiede al ministero dei Beni culturali di ritirare un bando rivolto a 29 volontari del patrimonio artistico --piuttosto che affiancamento
del personale professionale
stabile”.
Sono parole familiari a Leonardo Dison, giovane archeologo che insieme ad altri
colleghi anima un blog che
si chiama proprio “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali” (miriconosci.wordpress.com).
A fine dicembre, il MiBact
ha pubblicato un bando per
l’assunzione di 29 volontari
del servizio civile Nazionale
per il progetto “Archeologia
in Cammino”, in occasione
del Giubileo. “È previsto
l’impiego dei volontari in
mansioni che dovrebbero
essere affidate ad archeologi,
archivisti e storici dell’arte,
ovvero a professionisti retribuiti -spiega Dison-: parliamo di documentazione
e catalogazione, redazione
di schede scientifiche, ri-
34 MILIONI
cerche archivistiche, che si
aggiungono alla vigilanza
sul patrimonio museale e
archeologico e funzioni di
accoglienza”. I promotori
dell’iniziativa -che hanno
chiesto al ministero il ritiro
del bando anche attraverso
una riuscita campagna sui
social network- sono preoccupati dal “pericoloso precedente”: “Se il ministero
preposto alla tutela del patrimonio culturale italiano
legittima il ricorso al volontariato, perché un museo
civico non dovrebbe farlo?”.
Dison vorrebbe rispondere
con le sue competenze alla
“Chiamata alle arti”, espressione che il MiBact enfatizza sul portale dell’Art Bonus
( http://artbonu s.gov.it ),
quel meccanismo che “consente un credito di imposta
del 65% della donazione a
DI EURO: TANTO È STATO RACCOLTO DALL’OPERAZIONE
“ART BONUS” PER INCENTIVARE IL MECENATISMO POPOLARE IN ITALIA. IN FRANCIA SI ARRIVA A UN MILIARDO
FEBBRAIO 2016
chi effettua erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano” (confermato dalla Legge
di Stabilità 2016). “Scopri
chi ha contribuito a rendere l’Italia più bella”, si legge
in testa all’elenco dei 1.664
“mecenati” censiti a metà
gennaio. Per Salvatore Settis si tratta di una “iniziativa
positiva che prima non c’era” ma che è ancora troppo
ridotta a causa dell’infedeltà
fiscale diffusa, nonostante il
battage mediatico sottolinei
i risultati. “Al momento, in
Italia, ha fruttato 34 milioni di euro -aggiunge Montanari- mentre in Francia,
dove è resa agevole anche la
donazione di 50 centesimi,
ogni anno il mecenatismo
popolare raccoglie un miliardo di euro. È un metodo
che deve funzionare meglio,
chiarito però che è lo Stato
a dover assicurare il necessario per la sopravvivenza,
cosa che non potrà certamente assicurare l’integrativo, residuale e sussidiario
Art Bonus”. --WWW.ALTRECONOMIA.IT
13
flickr.com/photos/palazzochigi/ Mario Sayadi/Blow Up
CONTI PUBBLICI
NEL 2016 L’INDEBITAMENTO NETTO PREVISTO SUPERERÀ I 17 MILIARDI DI EURO
STABILITÀ, PUNTO PER PUNTO
Analisi della legge che traccia il bilancio dello Stato fino al 2018 --- DUCCIO FACCHINI
“LA PRESENTE LEGGE, SALVO
QUANTO DIVERSAMENTE PREVISTO, ENTRA IN VIGORE IL PRIMO
GENNAIO 2016”. Finisce così, al
999esimo comma di un solo
articolo, la Legge di Stabilità
2016 (o meglio, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato”), approvata definitivamente dal Senato della
Repubblica il 22 dicembre
scorso, a seguito del 44esimo
voto di fiducia posto su un
disegno di legge di iniziativa
governativa (al 19 gennaio
2016) dall’inizio del Renzi-I
(nato il 22 febbraio 2014).
Prima di raggiungere Palazzo
Madama per la conta decisiva, il testo di legge è stato
emendato alla Camera dei
Deputati, anche in profondità. Emendamenti approvati e
testo di legge pubblicato in
Gazzetta ufficiale alla mano
è quindi possibile -dopo una
selezione non semplice- illustrare brevemente le misure
più importanti e contempoFEBBRAIO 2016
raneamente meno dibattute
del provvedimento (con qualche eccezione per quelle che
meritano un cenno).
Innanzitutto, però, è utile
un riferimento ai saldi della
manovra, il raffronto cioè tra
risorse e impieghi (l’indebitamento netto). “La natura
della manovra -hanno scritto i servizi studi di Camera
e Senato nel ‘Quadro di copertura’-, comporta un peggioramento dei saldi, implica
la prevalenza degli impieghi
rispetto alle risorse”. Nel
2016, 2017 e 2018, gli impieghi (cioè minori entrate e
maggiori spese), toccheranno quota 31,8, 32,3 e 30,2
miliardi di euro. Tutto ciò a
fronte di un andamento del-
le risorse (maggiori entrate e
minori spese) di 14,1, 13,1 e
14 miliardi di euro. Solo per il
2016 dunque l'indebitamento
di cui sopra sarà di 17,7 miliardi di euro.
Il fisco, gli immobili e la patrimoniale perduta. Dagli
interventi in materia di fiscalità immobiliare -esenzione
dell’IMU (Imposta municipale unica) sui terreni agricoli, abolizione della TASI
(Tassa sui servizi indivisibili)
sulla prima casa per tutti, eccetto 70mila immobili considerati “di lusso” (tre sole categorie catastali), l’Esecutivo ha
messo in conto di rinunciare
a entrate pari a 4,5 miliardi
solo nel 2016. Una decisione
13 MILIARDI
DI EURO: CONFERMATO
L'IMPEGNO DI SPESA PER I CACCIABOMBARDIERI F-35. L'ANNUNCIO
DI UN DIMEZZAMENTO DEI COSTI È STATO DISATTESO
che, come già si è evidenziato
a proposito della riforma del
catasto (vedi Ae 177), lo stesso
Dipartimento delle Finanze
del ministero dell’Economia
aveva severamente bocciato
nell’agosto 2013: “L’esenzione dall’IMU dell’abitazione
principale avrebbe un effetto
fortemente regressivo: il beneficio aumenterebbe al crescere del reddito complessivo.
I contribuenti con redditi tra
i 75mila euro e i 120mila euro
risparmierebbero infatti 455
euro e quelli con redditi superiori a 120mila euro 629 euro.
Al contrario, il beneficio per
i contribuenti più poveri sarebbe sensibilmente inferiore:
per i contribuenti con reddito
fino a 10mila euro il risparmio
sarebbe di soli 187 euro”. Nel
Paese dove l’1% degli italiani
controlla quasi un quarto (il
23,4%) della ricchezza nazionale netta (dati Oxfam), non
ha trovato spazio la proposta
dell’"Imposta sulle grandi ricchezze” avanzata in audizione
WWW.ALTRECONOMIA.IT
14
CONTI PUBBLICI
dalla CGIL (“con aliquote
progressive da applicarsi ai
patrimoni, mobiliari e immobiliari di entità superiore agli
800mila euro, per colpire le
ricchezze immobilizzate del
5% delle famiglie più abbienti
e disincentivare il patrimonio
improduttivo”).
Le tasse sulle imprese, il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali. Ammortamento fiscale per chi investe
in macchinari e attrezzature,
abolizione dell’IMU agricola
e su imbullonati, riduzione
dell’IRES (Imposta sul reddito delle società). La riduzione della tassazione sulle
imprese avviata dalla Legge
di Stabilità 2015 -decontribuzioni per nuovi assunti e
deduzione per gli assunti a
tempo indeterminato- continua. A restituire ossigeno
agli ammortizzatori sociali in
deroga (cassa integrazione, ad
esempio) vanno 250 milioni di euro. “Insufficienti” per
i sindacati, che fanno notare
come la “precedente copertura di 400 milioni di euro
prevista per il 2016 è stata
totalmente esaurita nel corso
del 2014 e 2015”.
Scuola, la Costituzione e
l’emendamento dell’ex ministro. Maurizio Lupi, ex
ministro delle Infrastrutture
dimessosi nel marzo 2015
dopo i fatti emersi dall’inchiesta “Sistema” -che ha
coinvolto anche l’ex dirigente
del ministero dei Lavori pubblici Ercole Incalza-, ha visto
approvato uno solo dei suoi
emendamenti al testo giunto
all’attenzione della Camera
dei Deputati. È quello che
ha comportato l’incremento
del rifinanziamento disposto
a decorrere dal 2016 per le
WWW.ALTRECONOMIA.IT
scuole paritarie, portandolo,
dai 225 milioni di euro previsti a 228 milioni. A “favore
degli italiani all’estero”, inoltre, l’onorevole Laura Garavini (Pd) ha proposto (e ottenuto) “la spesa di 1 milione di
euro per il 2016, il 2017 e il
2018 finalizzata a contributi
alle scuole italiane non statali
paritarie all’estero”.
Le risorse a Palazzo Chigi
contro la tratta degli esseri
umani. Per dar piena attuazione al “Piano nazionale
d’azione contro la tratta e il
grave sfruttamento degli esseri umani”, un emendamento approvato alla Camera e
contenuto nel testo definitivo
ha destinato al bilancio della
presidenza del Consiglio dei
ministri una somma pari a 3
milioni di euro per ciascuno
degli anni 2016, 2017 e 2018.
Giochi a Roma nel 2024,
10 milioni in attesa del referendum. Nonostante le
fortissime perplessità e i ritiri
significativi delle candidature
di Cracovia, Oslo, Monaco,
Amburgo, Boston e Toronto
(i casi più recenti), il comma
991 della Stabilità 2016 ha
disposto “un contributo pari
a 2 milioni di euro per l’anno
2016 e di 8 milioni di euro
per l’anno 2017” a favore del
Comitato promotore per le
Olimpiadi “Roma 2024”.
Ciclovie. Il VEN.TO. è
cambiato? Il comma 640
della Legge di Stabilità pre-
vede lo stanziamento di 17
milioni di euro per il 2016 e
di 37 milioni di euro per il
2017 e il 2018 (ciascuno) per
la progettazione e realizzazione “di un sistema nazionale di ciclovie turistiche”.
Priorità alla Verona-Firenze,
Venezia-Torino, alla Ciclovia
dell’acquedotto pugliese e al
Grande raccordo anulare delle biciclette. 3 milioni di euro
nel triennio 2016-2018 per i
cammini, gli itinerari turistici
a piedi.
Ferrovie dello Stato, l’atto
preliminare della privatizzazione. A dicembre il
Governo ha illustrato ai parlamentari l’atto di parziale
privatizzazione di Ferrovie
dello Stato Italiane (FSI, vedi
Ae 178) ma è nella Legge di
Stabilità -comma 677- che
le opposizioni parlamentari sono riuscite ad inserire
una sorta di “atto preliminare” (la definizione è del Sole
5 MILIONI DI EURO
NONOSTANTE GLI IMPEGNI DI PARIGI, A TANTO AMMONTANO LE RISORSE
DESTINATE DAL GOVERNO PER LA LOTTA AI CAMBIAMENTI CLIMATICI
24 Ore): “qualora entro il 31
dicembre 2016 si proceda
all’alienazione di quote o a un
aumento di capitale riservato
al mercato del gruppo Ferrovie dello Stato italiane spa”:
si tratta di una “relazione che
evidenzia in modo puntuale
l’impatto economico, industriale e occupazionale derivante dalla privatizzazione”.
Al comma 678, inoltre, la Stabilità prevede il trasferimento
dal ministero delle Infrastrutture a FSI -che è subentrata a
RFI Spa nella partecipazione
di Telt Sas (Tunnel Euralpin
Lyon Turin)- delle “risorse
già destinate alla realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione”.
Le risorse del Garante nazionale dei detenuti. Grazie
alla commissione Giustizia
della Camera, è stato aggiunto il comma 317: “Per il
funzionamento del Garante nazionale è autorizzata la
spesa di euro 200mila annui a
decorrere dall’anno 2016”. A
settembre è stato designato a
ricoprire tale incarico Mauro
Palma, già membro per l’Italia del Comitato europeo per
la prevenzione della tortura.
FEBBRAIO 2016
15
Il presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi. Il suo governo è in carica dal 22 febbraio 2014 ---
flickr.com/photos/palazzochigi/ Tiberio Barchielli
---
La partita degli oneri di urbanizzazione. Dopo un susseguirsi di emendamenti, il
testo definitivo della Stabilità
(comma 737) prevede la possibilità per i Comuni di destinare alla manutenzione del
verde o del patrimonio pubblico fino al 100% delle risorse riconosciute da chi realizza
un intervento edilizio (oneri
di urbanizzazione). Una norma controversa. Se da un lato,
infatti, non consente più di
stornare genericamente gli
oneri alla “spesa corrente”,
dall’altro non interrompe la
logica perversa che ha visto
gli enti locali consumare il
suolo libero per “far cassa”.
Amianto, il fondo 24 anni
dopo la messa al bando. A
favore degli “eredi di coloro
che sono deceduti a seguito
di patologie asbestocorrelate
per esposizione all’amianto
nell’esecuzione delle operazioni portuali nei porti”, si
legge al comma 278 della
Stabilità, è istitutito il Fondo
per le vittime dell’amianto. 10
milioni di euro per ciascun
anno del triennio 2016-2018.
A proposito di cambiamenti
climatici. È flebile l’eco delFEBBRAIO 2016
la Conferenza mondiale sul
clima che si è tenuta a Parigi
tra fine novembre e l’inizio del dicembre scorso. La
“questione climatica”, infatti, è pressoché assente dalla
Legge di Stabilità, eccetto
un comma, il 477. “Al fine di
studiare e valutare gli effetti
dei cambiamenti climatici,
mediante la realizzazione di
modelli del sistema climatico
italiano e delle sue interazioni con la società e l’ambiente
- si legge- [...] è autorizzato,
a decorrere dall’anno 2016,
un contributo annuo di 5
milioni di euro” a favore del
Centroeuro-mediterraneo
per i cambiamenti climatici.
Frequenze radio-tv, tra
Vaticano e Radio radicale.
Per dar seguito a un accordo
tra Italia e Città del Vaticano del giugno 2010, è stata
autorizzata la spesa di 2,724
milioni di euro. Il nostro Paese metterà gratuitamente a
disposizione del Vaticano la
possibilità di trasmettere in
cambio di canali televisivi
internazionali già assegnati
a quest’ultimo. Allo stesso
tempo, invece, è prorogata
-come ogni anno- la convenzione con Radio Radicale (che trasmette i lavori
parlamentari) per un valore
di 10 milioni di euro solo nel
2016.
Beni confiscati, ossigeno
per l’Agenzia. Prossima
al suo sesto anno di vita, la
claudicante “Agenzia nazionale per l’amministrazione e
la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” potrà
contare su un finanziamento
annuale “massimo” di 5 milioni di euro (per gli anni
2016, 2017 e 2018).
20 MILIARDI
DI EURO: IL TAGLIO
PREVISTO FINO AL 2019 DEI FINANZIAMENTI PER LA SANITÀ. UN "FORTE
CONTRIBUTO" SARÀ CHIESTO A REGIONI E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Evasione fiscale e carte di
pagamento. L’innalzamento del tetto ai trasferimenti
in denaro contante da 1.000
a 3mila euro è stabilito dai
commi 898 e 899. Subito
dopo, come fosse un tentativo di ravvedimento rispetto
a quella che autorevoli operatori hanno definito essere
una misura a favore dell’infedeltà fiscale (il procuratore
nazionale antimafia Franco
Roberti su tutti), il deputato
Boccadutri (Pd) ha proposto i
commi 900 e 901 a sostegno
di pagamenti con carte di
debito e di credito, prevedendone l’imposizione anche per
importi inferiori a 5 euro (eccetto in casi di “impossibilità
tecnica”).
Sanità, i tagli al Fondo e
al Patto della Salute. Tra il
2016 e il 2019 è prevista una
riduzione del finanziamento alla Sanità per circa 20
miliardi di euro. Quest’anno, inoltre, crollerà il Fondo
sanitario -di 2,1 miliardi di
euro- e il forte “contributo
alla finanza pubblica” chiesto
a Regioni e Pubblica amministrazione (3,9 miliardi di
euro nel 2017 e 4,9 miliardi
per ciascuno degli anni 2018
e 2019) produrrà effetti tangibili sul servizio sanitario.
La centralizzazione degli
acquisti (a metà). Estesa
anche ai Comuni al di sotto
dei 10mila abitanti la possibilità di affidare direttamente
lavori, servizi e forniture per
importi dal valore massimo
di 40mila (il comma è il 501).
Apparente contraddizione
del forte accentramento degli acquisti pur previsto nella
Legge di Stabilità 2016.
Rifiuti, la proroga al principio “chi inquina paga”. “È
prorogata per gli anni 2016
e 2017 la modalità di commisurazione della TARI da
parte dei comuni sulla base di
un criterio medio-ordinario
(ovvero in base alle quantità
e qualità medie ordinarie di
rifiuti prodotti per unità di
superficie in relazione agli
usi e alla tipologia di attività svolte) e non sull’effettiva
quantità di rifiuti prodotti
(cosiddetto metodo normalizzato, nel rispetto del principio ‘chi inquina paga’, sancito
dall’articolo 14 della direttiva
2008/98/CE)”. È la sintesi di
un emendamento approvato
alla Camera e divenuto comma definitivo della Stabilità.
F-35, nel segno della Stabilità. Analizzando gli allegati del provvedimento, la
Rete italiana per il disarmo
(disarmo.org) ha rilevato lo
stanziamento di 13 miliardi
di euro per l’acquisto dei 90
cacciabombardieri F-35. È
stata quindi superata (e contraddetta) la richiesta parlamentare che prevedeva il
dimezzamento del programma. ---
WWW.ALTRECONOMIA.IT
16
AMBIENTE
DEI SEI QUESITI PRESENTATI SOLO UNO SOTTOPOSTO AL VOTO
LE TRIVELLE REFERENDARIE
Il Governo ha scommesso sulla ricerca ed estrazione di
gas e petrolio. Una scelta rischiosa per l'ambiente che ha
generato confusione normativa --- PIETRO DOMMARCO
QUANDO IL GOVERNO RENZI HA VARATO LA LEGGE “SBLOCCA ITALIA”
(LA 164 DELL’11 NOVEMBRE 2014)
-una norma che incentiva e
rende strategico l’approvvigionamento da fonti fossili
nel nostro Paese- nessuno
avrebbe pensato che il tema
della ricerca ed estrazione di
gas e petrolio entrasse nel dibattito nazionale. Una scelta
che mette a rischio la sostenibilità dei territori a vocazione agricola e paesaggistica e
quella delle coste.
Sono oltre 130 infatti i progetti ricadenti nei mari italiani, tra concessioni già attribuite, permessi di ricerca
e nuove istanze. L’obiettivo,
secondo i dati forniti dal ministero dello Sviluppo economico, è attingere dalle riserve
certe di idrocarburi. Il 59%
del totale nazionale di gas
da estrarre è ubicato nell’alto
Adriatico, mentre il 90% del
totale nazionale di greggio in
Basilicata. Quanto basta per
garantire una “sopravvivenza”
energetica di circa due mesi.
L’approvazione della legge
“Sblocca Italia” -che ha trasferito nelle mani dello Stato
il potere decisorio in materia
energetica a scapito degli enti
locali- ha provocato uno scossone istituzionale e nella società civile. Nel gennaio 2015,
7 Regioni (Abruzzo, Calabria,
Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto) l’hanno
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impugnata dinanzi la Corte
costituzionale rivendicando
il proprio coinvolgimento nei
procedimenti autorizzativi.
Parallelamente, numerosi comitati ed associazioni -sotto
la sigla del Coordinamento
nazionale No Triv, notriv.comhanno dato vita ad un percorso destinato a dare voce
ai cittadini per mezzo dello
strumento referendario.
Il Referendum e il “guazzabuglio” normativo.
Il 30 settembre 2015, i delegati dei Consigli regionali di
Abruzzo, Basilicata, Calabria,
Campania, Liguria, Marche,
Molise, Puglia, Sardegna e
Veneto hanno depositato in
Cassazione 6 quesiti referendari con oggetto l’abrograzione di alcune parti dell’articolo 35 del decreto Sviluppo e
dell’articolo 38 della legge
“Sblocca Italia”. L’articolo 35
del decreto -varato dal governo Monti- riguarda il rilascio
di autorizzazioni alla prospezione, ricerca e concessione di
idrocarburi entro le 12 miglia
dalla costa. L’articolo 38 della
legge “Sblocca Italia”, invece,
riguarda gli aspetti legati all’esclusione delle Regioni dai
processi autorizzativi, all’approvazione di un Piano delle
aree entro le quali autorizzare
ricerca, prospezioni, permessi
di ricerca e concessioni di coltivazione di idrocarburi liqui-
di e gassosi e alla durata delle
concessioni.
In sostanza, l’obiettivo principale dei 6 quesiti referendari
-accolti a fine novembre 2015
dalla Cassazione- è quello di
stravolgere l’impianto normativo attivato dalla legge
“Sblocca Italia”. Pur di scongiurare i referendum, il Governo decide di approvare un
emendamento alla Legge di
Stabilità ripristinando il divieto di ricerca ed estrazione
di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa ma salvando i
progetti già approvati, “congelandoli” in attesa di tempi
migliori; dando spazio alle
Regioni negli iter autorizzativi seppur con parere decisorio
non vincolante; cancellando
sia il carattere strategico delle
opere petrolifere, sia il Piano
delle aree.
La cancellazione del “carattere di interesse strategico […]
di pubblica utilità, urgenti e
indifferibili” per tutti i progetti di prospezione, ricerca e
coltivazione di gas e greggio
in terraferma ed in mare ha
però il solo obiettivo di neutralizzare il ricorso depositato
dalle 7 Regioni alla Consulta
contro la legge “Sblocca Italia”, in attesa che il Parlamento approvi definitivamente la
modifica del Titolo V della
Costituzione. In particolar
modo l’articolo 117, con il
quale le decisioni in materiale
energetica diventano di prerogativa assoluta dello Stato.
L’abolizione del Piano delle
aree, invece, consentirebbe
alle principali aziende petrolifere che operano in Italia di
sviluppare i loro progetti senza vincoli.
Le modiche volute dal Governo sortiscono l’effetto
sperato. La Cassazione fa
dietrofront e accetta solo 1
dei 6 quesiti -relativo al divieto di ricerca ed estrazione di
idrocarburi entro le 12 miglia
dalla costa- in quanto gli altri
5 vengono ritenuti soddisfatti
dalla nuova Legge di Stabilità. Ad oggi, i cittadini -grazie
all’ammissibilità per l’unico
quesito sancita il 19 gennaio
dalla Corte costituzionalesaranno chiamati a decidere
se salvare o meno “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard
di sicurezza e di salvaguardia
ambientale”, i progetti di
estrazione di gas e petrolio già
autorizzati entro le 12 miglia
dalla costa. Oltre le 12 miglia
e in terraferma resta tutto invariato.
FEBBRAIO 2016
adamo di loreto / buena vista
17
Non finisce qui. Tra le 10
Regioni promotrici dei referendum, 6 (Marche, Basilicata, Liguria, Marche, Puglia,
Sardegna e Veneto) sollevano
conflitto di attribuzione nei
confronti del Parlamento
cercando di riabilitare i quesiti dichiarati inammissibili. Mancano all’appello le
Regioni Abruzzo, Calabria,
Campania e Molise. Con la
Regione Abruzzo che decide addirittura di costituirsi
in giudizio dinanzi la Corte
costituzionale contro le altre
9 Regioni e accanto al Governo -che da fonti vicine all’Esecutivo starebbe tentando di
bloccare ogni tipo di opposizione-.
Il Coordinamento No Ombrina
(stopombrina.wordpress.com,
in foto una manifestazione
del 2013) -che si batte contro
“Ombrina mare”, il progetto
petrolifero proposto dalla società Rockhopper Exploration
PLC a soli 6 chilometri dalla
Costa dei Trabocchi, in Abruzzo- parla di risvolti clamorosi, rivelando che secondo la
Cassazione il legale rappreFEBBRAIO 2016
sentante delle Regioni interessate a difendere i 6 quesiti
referendari oltre a non avere
le procure per il giudizio, non
era stato nominato adeguatamente, vedendosi per questo
motivo rigettate tutte le memorie. “Se dovesse passare il
referendum, se si dovesse raggiungere il quorum con la vittoria del Sì -sostiene Augusto
De Sanctis, rappresentante del
Coordinamento No Ombrina- secondo l’interpretazione
della Cassazione non sarebbe
più possibile prorogare i titoli
già esistenti entro le 12 miglia.
Per quanto riguarda, invece, le
concessioni di coltivazione
sulla base dei dati attualmente consultabili sul sito dell’Ufficio nazionale minerario per
gli idrocarburi e le georisorse
del ministero rischierebbero
la chiusura 34 piattaforme
esistenti entro le 12 miglia
con il titolo scaduto e che ad
oggi, nonostante le istanze
protocollate dalle aziende non
hanno avuto ancora proroghe.
Inoltre, quest’anno scadranno
titoli minerari con per altre 6
piattaforme; 10 nel 2017 e 11
nel 2018. Dando un seguito a
quanto pare affermare la Cassazione, che fa un chiaro riferimento proprio alle proroghe
-conclude De Sanctis- queste
piattaforme dovrebbero essere smantellate anche in presenza di giacimenti di metano
o petrolio ancora sfruttabili”.
Dal Coordinamento No
Ombrina assicurano anche
sullo stop al progetto, “in
quanto (alla luce delle modifiche approvate con la Legge di
Stabilità, ndr) non è possibile rilasciare nuovi titoli entro
60 GIORNI
LA "SOPRAVVIVENZA" ENERGETICA GARANTITA DALLE RISERVE
"CERTE" DI GAS E PETROLIO CUI L'ESECUTIVO VUOLE ATTINGERE
le 12 miglia. […] l’istanza di
concessione di coltivazione richiesta da Rockhopper dovrà
essere respinta dal ministero
dello Sviluppo economico. Su
questo aspetto non c’entrano
proroghe o provvedimenti
similari. La richiesta è stata
avanzata per ottenere un nuovo titolo e vi dovrà essere un
diniego formale quanto prima”. Infatti, ad essere sospeso
non è il progetto Ombrina
mare ma il permesso di ricerca vigente attribuito nel 2005
alla società Rockhopper che
non ha ancora ottenuto alcun
titolo abilitativo.
Il paradiso oltre le 12 miglia.
Nel frattempo gli iter autorizzativi seguiti dal ministero
non si fermano. La Petrolceltic incassa le autorizzazioni
per la prospezione di idrocarburi in prossimità delle
isole Tremiti in un contesto
che vede l’Adriatico al centro
di grandi manovre. Sarebbero oltre una decina i decreti
autorizzativi in procinto di
essere emanati su oltre 20
istanze -al di là delle 12 miglia- presentate in tutto l’Adriatico, dalle Marche alla
Puglia. Stesso rischio corre il
mar Jonio con oltre 13 istanze. La Basilicata -che ospita
il più grande giacimento di
greggio in terraferma d’Europa- è sugli scudi. È la Regione
con la percentuale più elevata
di gas estratto in terraferma
(20%), seguita da Sicilia (4%)
ed Emilia-Romagna (3%). Si
conferma “terra di conquista”
per le compagnie minerarie
mentre la legge “Sblocca Italia”, voluta dal governo Renzi
sostenuta dalla Regione Basilicata, trasforma il territorio
regionale in “hub energetico”
fossile. ---
WWW.ALTRECONOMIA.IT
18
DISTRATTI DALLA LIBERTÀ
LORENZO GUADAGNUCCI GIORNALISTA DEL “QUOTIDIANO NAZIONALE”.
CURA IL BLOG WWW.ALTRECONOMIA.IT/NOIDELLADIAZ
LA SORTE DELLA
DEMOCRAZIA
Disaffezione, astensionismo
e scomparsa dei partiti
di massa. Perché la
rappresentatività è in crisi
-in Europa, in Italia- e com’è
possibile invertire la rotta.
Un saggio “contro le elezioni”
___
Le democrazie europee traballano. La
sfiducia dei cittadini verso le istituzioni
è in rapida ascesa, la partecipazione alla
vita dei partiti in radicale flessione e ci
sono Paesi -l’Italia fra questi- alle prese
con la corruzione endemica nel ceto dei
politici di professione. Fra i tanti sintomi della crisi, c’è la crescente rinuncia
all’esercizio del diritto di voto. In molti Paesi il “partito dell’astensione” è al
primo o al secondo posto. In Italia, alle
politiche del 2013, ha votato solo il 72%
degli elettori (fino al 2008 non si era
mai scesi sotto l’80%), e alle regionali
di Emilia-Romagna e Toscana -un tempo
le regioni più rosse e più disciplinate,
anche elettoralmente, del Paese- ci si
è fermati, rispettivamente, sotto il 40
e sotto il 50% della partecipazione. Le
democrazie in declino si piegano spesso
verso forme neo autoritarie (si pensi a
quel che accade nell’ambito del lavoro),
ma in materia di voto non stiamo assistendo a una compressione dei diritti,
bensì a una rinuncia volontaria all’esercizio della facoltà di scegliere i propri
rappresentanti.
Una spiegazione semplice di questa rinuncia si può rintracciare nelle tendenze in atto da qualche decennio: il domiWWW.ALTRECONOMIA.IT
nio della finanza, che si è appropriata di
molte funzioni di governo reale; il ruolo
invadente delle tecnocrazie; la crisi delle ideologie e la scomparsa dei partiti di
massa. Il cittadino è apatico e/o sente di
non contare niente.
C’è però anche una spiegazione più
profonda e riguarda l’origine stessa del
sistema rappresentativo, come illustra
David van Reybrouck nel libro “Contro le
elezioni. Perché votare non è più democratico” (Feltrinelli 2015). Abbiamo svilup-
pato un fondamentalismo elettorale,
dice van Reybrouck, dimenticando
che il sorteggio è sempre stato il metodo di selezione più democratico, fin
dall’antichità, mentre l’elezione ha una
natura aristocratica, poiché designa alcuni eletti, scelti di norma fra i cittadini illustri. In aggiunta, nella società
contemporanea, il denaro e la visibilità
mediatica sono diventati il motore della
politica (il congresso statunitense, per
fare un esempio, è composto in grande
parte da multimilionari).
L’idea del sorteggio è spiazzante, educati come siamo a far coincidere il con-
---
Il saggio sul sistema rappresentativo
firmato da David Van Reybrouck nel 2015 è edito
da Feltrinelli ---
cetto di democrazia con le procedure
elettorali, ma van Reybrouck fa notare come l’estrazione a sorte sia tuttora
utilizzata per amministrare la giustizia
nei casi penali più gravi (per la nomina
dei giudici popolari nelle corti d’assise).
È anche ricomparsa, in tempi recentissimi, in paesi come il Canada, l’Irlanda,
l’Islanda, che hanno affidato compiti
delicati -perfino la riscrittura della Costituzione- a organismi selezionati in
questo modo, secondo la logica e con
gli strumenti della “democrazia deliberativa”.
Il tema è affascinante e la discussione
andrebbe approfondita, ad esempio per
capire che posto avrebbe a quel punto
la politica, intesa come confronto fra
opzioni ideologiche diverse (ma van
Reybrouck, citando le ipotesi di alcuni
studiosi, immagina sistemi bicamerali,
con un’assemblea eletta e una sorteggiata).
Dove conduce questo discorso? A due
possibili conclusioni. La prima è che la
rinuncia al diritto di voto ha una sua
logica stringente e non va demonizzata,
per quanto sia destinata ad affossare le
democrazie che conosciamo. La seconda è che la via prescelta in Italia (e anche altrove, a dire il vero) è profondamente sbagliata: non si esce da una crisi
di fiducia così profonda concentrando
il potere nell’esecutivo e con sistemi
elettorali ultra maggioritari che allontanano ulteriormente dalle urne. Lungo questa strada la democrazia muore
(e forse è già morta).
Il dubbio è se sussistano vie d’uscita.
Van Reybrouck è ottimista e indica la
via del sorteggio, perché bisogna “democratizzare la democrazia”, un obiettivo che si può forse raggiungere anche
con altri strumenti, dai bilanci partecipativi, finiti sotto i riflettori per una
breve e dimenticata stagione, fino al
sistematico decentramento del potere.
Quel che sembra certo, è che non c’è
tempo da perdere. ---
FEBBRAIO 2016
ATTUALITÀ
I CINQUE PRINCIPALI ISTITUTI HANNO SOFFERENZE PIÙ ALTE DELLA MEDIA
BANCHE, RISCHIO PER CHI
Le vulnerabilità
del sistema creditizio italiano dipendono dalla gestione più che dalla
dimensione. Il caso di Banca Etica e del credito cooperativo --- LUCA MARTINELLI
LE 664 BANCHE ITALIANE NON
SONO TUTTE UGUALI. E A FARE LA
DIFFERENZA NON È LA NATURA SOCIETARIA (CHE 376 SIANO BANCHE
DI CREDITO COOPERATIVO, E 172
SOCIETÀ PER AZIONI, AD ESEMPIO),
NÉ LA “DIMENSIONE”, anche se le
per gli investimenti sono tanta roba e ancora ne verrà” (13
gennaio).
Sono “tanta roba” però anche
le sofferenze, cioè i crediti
assegnati a clienti in stato di
insolvenza, cioè irreversibilmente incapace di saldare il
proprio debito, accumulate
nei bilanci dei primi cinque
gruppi bancari del nostro
Paese (oltre a Intesa Sanpaolo sono Unicredit, Monte dei
Paschi di Siena, Ubi Banca e
Banca popolare), pari a 133
miliardi di euro a giugno
2015. Tanti, specie se rapportate allo stesso dato rife-
imagoeconomica.it
notizie che si rincorrono da
fine novembre 2015, dopo il
crack e il salvataggio di 4 istituti di credito, hanno portato
grande confusione in materia.
Tra dicembre 2015 e gennaio 2016 non hanno aiutato
le continue esternazioni in
materia del presidente del
Consiglio, Matteo Renzi. In
merito, il premier ha affer-
mato infatti che “in Italia ci
sono state troppe banche, anche di paese” (29 dicembre),
che “vanno accorpate [...] a
partire dalle banche di credito cooperativo. È arrivato il
momento di dire che ci sono
stati troppi che hanno giocato a fare i piccoli banchieri”
(16 dicembre). Guardando ai
grandi gruppi bancari, invece,
nel corso di una conferenza
stampa organizzata per celebrare un protocollo tra l’esecutivo e Intesa Sanpaolo ha
detto “i dati dell’ad [Carlo]
Messina sono impressionanti: da 27 a 40 miliardi di euro
--- Nella foto, una filiale della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio: l’istituto aretino è in vendita, dopo il salvataggio
gestito dalla Banca d’Italia a seguito di un decreto del governo del 22 novembre 2015 ---
FEBBRAIO 2016
rito alle 461 banche minori
-nella classificazione di Banca
d’Italia sono quelle che intermediano fondi per meno di
3,6 miliardi di euro, ne fanno
parte la maggior parte delle
banche di credito cooperativo
(BCC)-, che è di appena 17
miliardi di euro.
Il dato assoluto spiega qualcosa, ma quello relativo -la
percentuale delle sofferenze
sul totale delle impieghi, cioè
dei prestiti alla clientela- aiuta ad approfondire l’analisi. Nel caso dei 5 principali
gruppi bancari italiani, le
“sofferenze” rappresentano il
10,8% degli impieghi; per le
banche minori, il 9,5%; per il
sistema bancario, in media, il
10,3%.
Questo significa che mediamente l’“affidato” di una
piccola banca di paese è più
affidabile di quello di un gigante del credito. Nel caso
di Banca popolare Etica, ad
esempio, i crediti in sofferenza sono appena il 2,94% del
totale. Alessandro Messina,
direttore generale di Banca
Etica, rivendica la specificità
dell’istituto padovano, che
“è l’unica banca in Italia che
pubblica l’elenco completo
delle persone giuridiche cui
presta i soldi. Lo fa per convinzione, ma è anche perché
ciò rappresenta un presidio
di sicurezza, e rassicura non
verranno mai prestati a soggetti che non lo meritano per
WWW.ALTRECONOMIA.IT
19
20
ATTUALITÀ
LE BANCHE ITALIANE
5 GRANDI
GRUPPI*:
QUANTE SONO
LE BANCHE
ITALIANE
LE BANCHE
E IL CREDITO
CREDITI VERSO CLIENTELA 2.008
664
DETERIORATI
361 (18%)
DI CUI SOFFERENZE
376 BANCHE DI
207 (10,3%)
CREDITO
COOPERATIVO
5 GRANDI GRUPPI:
CREDITI VERSO CLIENTELA 172SOCIETÀ
1.240
461
PER AZIONI
DETERIORATI
BANCHE MINORI**
79
FILIALI
DI BANCHE
228 (18,4%)
DI CUI SOFFERENZE
133 (10,8%)
*
Sono 40, in tutto, gli istituti
bancari che fanno parte dei
primi 5 gruppi
ESTERE
37 POPOLARI
BANCHE MINORI
CREDITI VERSO CLIENTELA ** Secondo la definizione
178
di Banca d’Italia, sono tali
quelli istituti di credito che
intermediano fondi per meno di
3,6 miliardi di euro
DETERIORATI
32 (18,1%)
DI CUI SOFFERENZE
17 (9,5%)
LE SOFFERENZE PER CATEGORIA
CATEGORIA
NUMEROVALORE in miliardi di euro
DA 250 A 250MILA EURO
OLTRE 250MILA EURO
1.083.534
104.867
39,21
140,95
L’EVOLUZIONE DELLE “GRANDI SOFFERENZE”
CAMPIONE
OLTRE I 25 MILIONI DI €
numero
settembre 2010 216
settembre 2015 579
TRA 5 E 25 MILIONI DI €
valore complessivo numero
2.038
6,8 miliardi di € 23,46 miliardi di € 5.369
valore complessivo
13,29 miliardi di €
43,3 miliardi di €
Quando un credito è classificato come “sofferenza” all’interno del bilancio di un istituto di credito, questo significa
che chi -persona fisica o giuridica- ha ricevuto quel prestito è “irreversibilmente incapace di saldare il proprio debito”
(Banca d’Italia). A giugno 2015, il 78% delle sofferenze di tutte le banche italiane -oltre 180 miliardi di euro in tutto- fa
riferimento a esposizioni superiori a 250mila euro. Su oltre un milione di clienti in sofferenza, a meno di 6mila fanno
riferimento debiti per quasi 67 miliardi di euro. Le “grandi sofferenze” (oltre i 5 milioni di euro) sono triplicate dal 2010.
Fonte: Banca d’Italia
WWW.ALTRECONOMIA.IT
motivi reputazionali”, una valutazione che per Banca Etica
include anche profili di carattere ambientale e sociale.
Messina è stato in passato responsabile del Settore crediti
per l’ABI (Associazione bancaria italiana) e responsabile
delle Relazioni con le imprese e dei Progetti speciali per
la Federazione italiana delle
banche di credito cooperativo e casse rurali (Federcasse).
Il dibatitto in corso sulla dimensione delle banche pare
omettere, ricorda, “che siamo
ancora dentro la ‘grande crisi’, iniziata nel 2008, figlia
del fatto che ci fossero alcune
banche ‘too big to fail’, troppo grandi per fallire, e che
pertanto andavano aiutate”.
Secondo Messina, la retorica
ha associato la forma cooperativa ad episodi di cattiva
governance, quando in realtà
“la creazione di gruppi d’interesse che non agiscono a tutela della banca si è registrato
anche in alcuni casi di istituti
di grandi dimensione, com’è il
caso di Monte dei Paschi di
Siena, Carige o Banca popolare di Milano”.
Oggi sono due le importanti
riforme del settore in corso:
quella che obbliga le banche
popolari (che giuridicamente sono società cooperative)
a trasformarsi in società per
azioni e quella delle BCC. La
logica che le guida è che queste siano propedeutiche ad
aggregazione, perché le “banche più grandi possono competere meglio sulla finanza
globale, avere accesso con più
facilità a ‘capitali d’urgenza’,
dei grandi investitori, ma intanto nessuno ha voluto cambiare questa finanza. E anche
il regolatore, che si chiami
Banca d’Italia o Banca centrale europea -conclude MessiFEBBRAIO 2016
21
LE GRANDI BANCHE E LA BORSA ITALIANA NEL 2015
30%
I TITOLI PIÙ
SCAMBIATI
NEL 2015
IL CORRISPETTIVO
DELLE AZIONI DI CINQUE
GRANDI GRUPPI BANCARI
QUOTATI IN BORSA*
240,9 MILIARDI DI EURO
PER CONTROVALORE (EURO)
$
95,6 miliardi di euro
SUL TOTALE DELLE AZIONI
SCAMBIATE A PIAZZA AFFARI
801,7 MILIARDI DI EURO
$
*
INTESA SANPAOLO, UNICREDIT, MONTE DEI PASCHI
DI SIENA, UBI BANCA, BANCA POPOLARE DI MILANO
PER NUMERO
DI CONTRATTI
3.944.500
L’andamento di un titolo alla Borsa di
Milano è considerato un termometro
dello stato di salute di una banca, ma la
compravendita delle azioni di un istituto
di credito appare come un fenomeno
slegato dall’economia reale.
Nel 2015, ad esempio, sono passati
di mano titoli di Intesa Sanpaolo per
un controvalore di oltre 95 miliardi
di euro, quasi il doppio rispetto
alla capitalizzazione -cioè al valore
complessivo delle azioni- della società
a fine anno, che era di 51,6 miliardi di
euro, ma ciò non ha provocato alcun
cambiamento nella governance e
nell’azionariato, che vede gli stessi
sei soggetti -Compagnia di San Paolo,
Blackrock Inc, Fondazione Cariplo,
Fondazione C.R. di Padova e Rovigo,
Ente C.R. Firenze, Norges Bank- sopra
il 2%. Complessivamente, il 30% delle
azioni scambiate a Milano, dove sono
quotate 356 società, fanno riferimento
ad appena cinque gruppi bancari. Oltre
ad Intesa, Unicredit, Banca Monte dei
Paschi di Siena, Ubi Banca, Banca
popolare di Milano. Fonte: Borsa Italiana
na-, si è fatto compiutamente
catturare”.
La Banca centrale europea
(Bce) utilizza due parametri
per “misurare” la solidità di
un istituto di credito: il Common equity tier 1 (CET1)
ratio e il Total capital ratio
(TCR). Guardano al grado
di patrimonializzazione e agli
impieghi: non li vedete nel
testo e nelle infografiche che
accompagnano questo articolo perché “i dati di bilancio, o
i parametri, non possono essere letti in modo asettico, o
parziale” come spiega Sergio
Gatti, direttore di Federcasse, la federazione delle BCC.
Detto che per quanto riguarda l’universo del credito cooperativo il CET 1 medio è al
16,2% (contro il 12,5% delle
altre banche) mentre il TCR
è al 16,7% (le altre banche al
14,8%), vale la pena sottolineare come questi dati non
dicono tutto. Un esempio? A
metà dicembre la Bce ha reso
pubblici i risultati dell’ultimo
stress test cui ha sottoposto le
banche italiane. Tecnicamente si chiama Supervisory Review and Evaluation Process
(SREP), e tanto Monte dei
Paschi di Siena quanto Carige hanno registrato CET1
ratio ben superiori rispetto al
target minimo indicato dalla
Bce. Sarebbero solide, cioè.
Nonostante questo, nel mese
successivo alla pubblicazione
dei risultati del test, i titoli di
entrambe le banche -quotate
alla Borsa di Milano- hanno
subito un crollo, con le azioni di Mps che hanno perso
(al 19 gennaio) il 45,63%
del valore mentre quelli di
Banca Carige segnano meno
44,53%.
L’andamento del titolo non
rappresenta necessariamente
lo stato di salute della banca
(vedi infografica), ma può riflettere -ad esempio- l’invito
della Banca centrale europea
a cartolarizzare e “cedere”
masse di crediti in sofferenza (tecnicamente NPL, non
performing loans), com’è successo a Mps, o l’annuncio che
lo stesso istituto avvierà una
verifica sulla gestione degli
stessi, nel caso di Carige.
Le Banche di credito cooperative stanno discutendo con
il ministero dell’Economia e la
Banca d’Italia la propria auto-riforma. “Il governo ci ha
dato delle opportunità -spiega Gatti di Federcasse-, stralciando dal ‘decreto popolari’
del gennaio 2015 il capitolo
sulle BCC, in cambio di un
impegno a fare una proposta
organica, conforme alle direttive UE. Tra gli elementi
qualificanti, c’è che ogni singola BCC manterrà la licenza
bancaria a livello locale, che
significa protagonismo e partecipazione dei territori. Nascerà un gruppo bancario, una
FEBBRAIO 2016
spa, ma a servizio delle banche del territorio; l’autonomia
delle singole BCC non sarà
totale, ma sarà commisurata
alla sua rischiosità”. Sarà possibile intervenire sulla governance, ad esempio, quando la
banca “sbanda”, com’è successo negli anni scorsi al Credito
Cooperativo Fiorentino (CCF),
a lungo presieduto dal parlamentare Denis Verdini. Una
vicenda che ha strascichi giudiziari (Verdini è stato rinviato a giudizio), ma che è stata
risolta: CCF è stata acquisita
(nel 2012) da un’altra BCC,
Chianti Banca. A dicembre
2015 s’è chiuso un altro salvataggio interno, quello della BCC Padovana da parte
della BCC di Roma. “Tutte
le banche del sistema hanno
finanziato un veicolo su cui
sono state caricate le sofferenze, poi grazie a un ulteriore Fondo di garanzia istituzionale, cui contribuiscono
tutte le banca di credito cooperativo in proporzione alla
propria rischiosità, abbiamo
rimborsato anche i titolari
delle obbligazioni subordinate, senza nessuna interruzione dell’attività e polemiche
sui territori”. I “subordinati”
sono coloro che i media hanno presentato come le vittime
del “caso Etruria”. Il mutualismo è carattere fondante delle BCC. Che a fronte di una
raccolta che vale il 9-10% del
mercato, erogano il 23% dei
mutui a favore delle imprese
artigiane. E in ben 555 Comuni tengono aperto l’unico
sportello bancario. “Molti
non si ripagano -dice Gatti-,
ma nelle aree interne ci sono
territori a rischio ‘desertificazione’, dove non c’è più nemmeno la Posta”. Grazie a una
presenza capillare le BCC
raccolgono, complessivamente, 160 miliardi di euro. --WWW.ALTRECONOMIA.IT
22
I NOSTRI LIBRI
ESCE A FEBBRAIO “NON APRITE QUELLA PAPPA!”
È IL FOOD, BABY!
Il cibo industriale per bambini -dagli
omogeneizzati ai cornflakes- è una categoria del marketing. Questo libro
legge dietro alle etichette --- MASSIMO ACANFORA
A NOI NON PIACE AVERE LA PAPPA PRONTA. Ma non è solo
una nostra opinione: secondo l’Organizzazione Mondiale
della Sanità -la massima autorità che vigila sulla salute
globale- il cibo industriale
per bambini non avrebbe
ragione di esistere, perché
fino a 6 mesi i bambini dovrebbero essere alimentati
solo con latte materno e solo
dopo -gradualmente- aggiunti i cibi che consuma la
famiglia, “schiacciati o sminuzzati”. Ma abbiamo fatto
i conti senza l’oste, che non
è affatto un cuoco amico dei
bambini: è l’industria alimentare -ben rappresentata dalle
tre maggiori multinazionali
Kraft-Heinz, Danone, Nestléche a colpi di marketing si
contendono l’attenzione delle mamme e lo stomaco dei
bambini, come rappresenta
efficacemente l’espressione
SOS, ovvero Share of Stomach.
Colpi bassi quindi, come l’alleanza -ben rodata- con gli
ospedali e i pediatri che ha
perfino dato vita a un nuovo
“sistema metrico omogeneizzato”, consigli “scientifici” per
svezzare il bambino usando
come unità di misura i 45
grammi del vasetto di omogeneizzato. Per non parlare
dell’accerchiamento di spot
televisivi, sms pubblicitari, siti
web, application e advergames
(giochi pubblicitari) che colpiscono il target-mamma ma
anche il target-bambino; oppure del licensing, il connubio
tra prodotto e personaggi dei
cartoni animati che ha generato più di uno psicodramma
davanti agli scaffali. Dal 1927,
quando a Freemont (Michigan,
USA), Dorothy Gerber -stufa
di passare i piselli- propone
al marito imprenditore di
produrli in scatola, fino ad
oggi il baby food è diventato
un “sistema” che è perfino in
grado di condizionare i tempi
dell’alimentazione complementare (o svezzamento),
proponendo -sulle confezioni
e con studi “interessati”- di
anticipare a 4 mesi l’introduzione dei cibi solidi (omogeneizzati, of course) ma anche
LA BIBLIOTECA VIVENTE, PER ATTRAVERSARE MURI E SBARRE
Avete mai sfogliato un “libro umano”? Vi può
capitare se partecipate a Biblioteca Vivente, un
modello di incontro che utilizza la narrazione e il
dialogo per abbattere i pregiudizi. Gli “scaffali” di
Biblioteca Vivente non contengono libri di carta,
ma “libri umani”, persone in carne e ossa che
offrono ai “lettori” le proprie storie. La cooperativa
ABCittà www.abcitta.org, mette in relazione
per la prima volta in Italia Biblioteca Vivente e
il carcere -dopo cultura rom, disagio psichico e
periferie urbane-, permettendo così a uomini e
donne di attraversare muri, sbarre. L’esperienza
è diventata un libro che racconta -attraverso
WWW.ALTRECONOMIA.IT
narrazioni, approfondimenti e immagini- questo
strumento interculturale leggero e potente. La
prima parte è narrativa, con una storia di Gianni
Biondillo, e i racconti di scrittori emergenti, Stefania Arru, Matteo Ferrario, Martina Fragale,
Massimiliano Maestrello, Paola Meardi, mentre
nella seconda si affrontano metodo e significati di
Biblioteca Vivente. Per chi ama scardinare i luoghi
comuni e cambiare le cose. “Biblioteca Vivente.
Narrazioni fuori e dentro il carcere”. A cura di
Ulderico Maggi, Paola Meardi, Cristian Zanelli,
144 pagine, 14 euro (su altreconomia.it)
FEBBRAIO 2016
23
di fare “cartello” per tenere
(artificialmente) alti i prezzi
del latte artificiale e insinuando il dubbio che sia migliore di quello vaccino. Anche
l’autrice, la giornalista Laura
Bruzzaniti, ha vissuto sulla
sua pelle un’esperienza che
tocca a quasi tutte le mamme quando, uscendo dall’ospedale dove aveva appena
partorito, si è vista proporre
una marca di latte artificiale.
Una pubblicità, mascherata
da consiglio medico. Il suo
libro esplora allora -in profondità, senza pregiudizi e
con il conforto di autorevoli
pareri- l’universo del “baby
food”, spiegando chi sono “i
padroni della pappa”, quali
sono i meccanismi del baby
marketing, ma soprattutto che
cosa c’è davvero dentro vasetti
e confezioni e perché è importante imparare a leggerne
le etichette. La conclusione è
che il cibo industriale non è
adatto ai bambini: prima di
tutto perché è una merce, il
cui compito che non è quello
di assicurare una dieta sana ai
bambini, ma alti fatturati alle
aziende e perché l’industria
alimentare non dà ai bambini quello che gli fa bene, ma
quello che gli piace: cibi molto zuccherati, ricchi di sale e
aromi per esaltarne la sapidità, colorati, belli a vedersi
e con una consistenza “facile”, assicurata da coloranti,
emulsionanti, addensanti, sali
di fusione: alimenti in gran
parte non salutari e inutili dal
punto di vista nutrizionale, a
volte con ingredienti di bassa
qualità. Un vademecum chiaro, utile e puntiglioso e che
ogni mamma e papà dovrebbero leggere prima di avventurarsi nelle corsie del supermercato e propinare al loro
pargolo una dose eccessiva
di uno o più degli “ospiti indesiderati” degli alimenti che
il libro smaschera: il subdolo
zucchero, l’onnipresente sale,
le raffinate farine, i perfidi
grassi e i misteriosi additivi. Il
lieto fine? I bambini mangiano -salvo eccezioni- lo stesso
cibo della famiglia, con materie prime di qualità e salutari,
magari biologiche. Con interviste a numerosi esperti tra
i quali Adriano Cattaneo, epidemiologo dell’Associazione
Culturale Pediatri, coordinatore di uno dei documenti di
riferimento per l’Unione europea: “Alimentazione dei lattanti e dei bambini fino a tre
anni: raccomandazioni standard per l’Unione europea”.
“Non aprite quella pappa! Manuale di autodifesa per genitori
e bimbi”, di Laura Bruzzaniti,
144 pagine, 9 euro - Altreconomia edizioni. Nelle librerie,
nelle botteghe del commercio equo e solidale e sul sito
altreconomia.it (anche in
ebook). ---
CONSUMI
NEL 2015 LA SOCIETÀ HA FATTURATO OLTRE 19 MILIARDI DI DOLLARI
TAZZINE MODIFICATE
Dato per imminente lo sbarco
in Italia del colosso statunitense della caffetteria, Starbucks. Tra Ogm,
elusione fiscale e diritti --- DUCCIO FACCHINI
ALL’ETÀ DI 70 ANNI, IL CELEBRE
CANTAUTORE CANADESE NEIL
YOUNG HA DECISO DI DEDICARE
IL SUO ULTIMO LAVORO DISCOGRAFICO ALLE MULTINAZIONALI
DEL SETTORE AGROALIMENTARE.
S’intitola “The Monsanto
Years”, è del maggio 2015.
Nella prima strofa del brano
“A Rock Star Bucks a Coffee
Shop” dice “Sì, desidero una
tazza di caffè, ma non voglio
ogm. Mi piacerebbe iniziare
la giornata senza dare una
mano a Monsanto”. La canzone non ha sfondato su YouTube (350mila visualizzazioni a metà gennaio 2016) ma
ha contribuito ad allargare il
fronte del boicottaggio internazionale a carico del colosso
americano della caffetteria:
Starbucks, il gigante che punta a sbarcare anche in Italia.
Nato nel 1971 e guidato ancora oggi dal suo fondatore,
Howard Schultz, Starbucks
conta qualcosa come 23mila
punti vendita distribuiti in 67
Paesi di tutto il mondo (vedi
infografica), ed è stato capace
di chiudere il 2014 con oltre
16 miliardi di dollari di fatturato (il 2015 è proiettato
a 19 miliardi di dollari, più
17% sull’anno precedente) o
garantire nello stesso anno,
ai propri investitori, un rendimento sul capitale pari al
27,2%.
L’arrivo in Italia della multinazionale è stato anticipato il 6 dicembre scorso dal
WWW.ALTRECONOMIA.IT
Corriere della Sera, che ha
indicato come partner dell’operazione
l’imprenditore
Antonio Percassi (vedi a pag.
27). A suggello del connubio
vi sarebbe la Siren Coffee srl,
società fondata e presieduta
da Percassi a fine novembre
2015 per esercitare “anche
indirettamente
attraverso
società partecipate, sia in
Italia che all’estero, attività
di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande
alcoliche e non alcoliche in
genere”, come recita lo statuto depositato in Camera
di commercio. Il suo nome,
Siren, farebbe da esplicito richiamo al logo stampato sui
bicchieri di Starbucks, una
sirena bianca, incoronata, con
doppia coda e sfondo verde.
La Siren Coffee srl è interamente detenuta dalla Percassi Food and Beverage srl, ma
all’inizio del mese di gennaio
risultava ancora “inattiva”.
Conoscere filiera, strategia
e prospettive dell’impresa in
Italia non è possibile, perché,
come spiega ad Ae l’ufficio
comunicazione del Gruppo,
“La posizione di Percassi è
quella di non commentare
indiscrezioni di mercato”. Un
atteggiamento, condiviso con
il gruppo statunitense, che
costringe all’attesa. Non resta
che farsi guidare dalla voce di
Young, che non si è rivolto a
Starbucks per caso.
---
Una sirena caratterizza il logo di
Starbucks, e Siren Coffee srl è il nome della
società che potrebbe portare il marchio in
Italia ---
starbucks.com/multimedia
24
VENTITREMILA
I PUNTI VENDITA DI STARBUCKS DISTRIBUITI IN 67 PAESI NEL MONDO. IL PRIMO FU APERTO NEL 1971
DA HOWARD SCHULTZ, ANCORA OGGI ALLA GUIDA DELL’AZIENDA DA LUI FONDATA
FEBBRAIO 2016
25
I NUMERI DELLA SIRENA
LA DIFFUSIONE DEI NEGOZI CON L’INSEGNA DI STARBUCKS NEL MONDO
Canada
UK
1.396
784
Cina
Germania
163
USA
MESSICO
Spagna
1.219
Francia
Giappone
97
82
11.563
1.039
Sud Corea
Turchia
632
206
Hong Kong
TAIWAN
302
96
Emirati A.
104
402
Filippine
Thailandia
195
222
Malesya
168
Singapore
99
Indonesia
163
BRASILE
79
I PUNTI VENDITA DI STARBUCKS
(2003-2015)
25.000
23.016
20.000
I FATTURATI DEL GRUPPO
(2003-2015, MILIARDI DI $)
19,2
16.680
15.000
10,4
10.000
5.000
0
$
$
7.225
4,1
$
nel 2003
nel 2008
Partiamo dal “caso ogm”.
La campagna GMO Inside
(gmoinside.org),
promossa
negli Stati Uniti dal network
Green America, ha recentemente rivolto alla multinazionale un appello che ha
raccolto 155mila adesioni.
Sul bicchiere, al posto della sirena, c’è un mucca. “Dì
a Starbucks di servire solo
latte biologico, non quello di
Monsanto”. Si parla di latte,
in primo luogo, e non di caffè.
Il motivo è semplice: secondo
una fonte citata nel rapporto,
FEBBRAIO 2016
nel 2015
il colosso USA acquista ogni
anno qualcosa come 530 milioni di litri di latte, quantità
sufficiente a riempire 212 piscine olimpioniche. Secondo
i promotori della campagna
-autori di un dettagliato report che s’intitola “Starbucks:
from crop to cup”-, “è giunto
il momento che Starbucks
si renda conto degli effetti
negativi della produzione industriale di latte degli Stati
Uniti”, che vede gli animali
alimentati soprattutto con
mangimi derivanti da coltu-
nel 2003
nel 2008
Fondata nel 1971, la multinazionale
americana della caffetteria ha
raggiunto e oltrepassato nel 2015
quota 23mila punti vendita nel
mondo e un fatturato pari a oltre
19 miliardi di euro. Il Paese che
conta più negozi sono gli Stati Uniti
d’America.
Nel board dei direttori della casamadre siede anche Robert M. Gates,
già Segretario alla Difesa durante
le presidenze Bush e Obama.
nel 2015
re ogm resistenti a pesticidi
e sostanze tossiche (“Come
il glifosato, componente
chiave della linea di prodotti
Roundup di Monsanto”). Le
scelte di Starbucks potrebbero dunque avere un peso
rilevante nel mercato lattiero-caseario degli Stati Uniti,
per l’83% in mano a cinque
soggetti: Dean Foods, Dairy
Farmers of America, California Dairies, Land O’ Lakes e
Northwest Dairy Association.
Sul proprio sito, Starbucks
tratta poco il “caso ogm”.
L’ultima presa di posizione (di due) risale allo scorso
dicembre, quando la società
è tornata a ribadire la propria estraneità alla lobby che
si oppone all’etichettatura
dei prodotti ogm negli Stati Uniti. Un anno prima, a
proposito di alcune polemiche emerse nello Stato del
Vermont, era stata costretta
addirittura a negare qualsiasi
“allineamento alla Monsanto
nel bloccare l’etichettatura
degli alimenti”.
WWW.ALTRECONOMIA.IT
CONSUMI
starbucks.com/multimedia
26
---
Gennaio 2016: il fondatore e capo di Starbucks, Howard Schultz, al China
Partner Family Forum. In Cina la società ha oltre 1.200 punti vendita ---
La voce di Young ha avuto
eco durante tutto il 2015.
Nel luglio scorso, ad esempio,
l’inglese the guardian ha dato
spazio a una denuncia del
movimento di consumatori
e investitori SumOfUs (http://
sumofus.org) relativo alle forniture di olio di palma, prodotto la cui estrazione è alla
base dell’intensa deforestazione che colpisce il continente asiatico. Pur essendosi
impegnato fin dal 2013 ad
utilizzare olio di palma certificato al 100% dalla RSPO (la
“tavola rotonda” sull’olio di
palma sostenibile), Starbucks
non ha mai pubblicato il dovuto report annuale sui progressi compiuti. Tant’è che a
cercare il nome dell’impresa
sul portale di RSPO (rspo.
org) s’incappa in un “Sorry,
there are no results for your
search query”. Anche in questo caso è partita una campagna di pressione pubblica
in rete (282mila firme al 16
gennaio 2016). Uno degli
ultimi aggiornamenti risale
alla fine dell’ottobre scorso,
quando i promotori dell’iniziativa -che il 17 dicembre
hanno spedito una lettera
all’attenzione del fondatore
del Gruppo, Schultz- si sono
nuovamente dichiarati insoddisfatti: “Le dichiarazioni
d’intenti di Starbucks non
argomentano affatto come
pensino di poter raggiungere
il saldo zero nella deforestazione”, un obiettivo ambizioso che la multinazionale
sostiene sul proprio sito di
aver raggiunto a gennaio di
quest’anno.
Non è finita. Nel settembre
scorso, la sirena sorridente s’è
tinta di un arancione triste.
L’ha fatto in occasione della
pubblicazione di un’indagine sui diritti dei lavoratori
del gruppo rappresentativa
di ben 37 Stati USA in cui
20/30 MILIONI
DI EURO: A TANTO AMMONTEREBBE L’ELUSIONE FISCALE DAL 2008 A
OGGI DELLA SOCIETÀ DI TORREFAZIONE DI STARBUCKS SECONDO L’UE
WWW.ALTRECONOMIA.IT
ricadono negozi Starbucks,
coordinata dalla piattaforma
Coworker.org (“Che sostiene
le persone nel raggiungere
un cambiamento sul proprio
luogo di lavoro”). “I risultati
della nostra indagine -scrivono i curatori del report, che
come logo ha appunto un
bicchiere grigio con la sirena
arancio- rivelano che Starbucks non rispetta fino in
fondo il suo impegno di migliorare gli orari di lavoro dei
suoi dipendenti. L’imperativo
di ridurre al minimo i costi
del lavoro sembra guidare le
pratiche di organizzazione,
ostacolando l’attuazione di
politiche destinate a stabilizzare le ore di lavoro e di fornire programmi salubri”.
A complicare ulteriormente
l’anno appena trascorso ci ha
pensato la Commissione europea, a fine ottobre, quando ha
toccato un tasto che per Starbucks è già stato dolente nel
2012, nel Regno Unito: quello fiscale. “A seguito di indagini approfondite -si legge
nel comunicato stampa del
21 ottobre 2015, al momento unica fonte in attesa della
pubblicazione integrale della
decisione- la Commissione è giunta alla conclusione
che […] i Paesi Bassi hanno
concesso vantaggi fiscali alla
società di torrefazione del
caffè di Starbucks”. Di più,
l’autorità tributaria dell’Olanda avrebbe garantito alla
“Starbucks Manifacturing
EMEA BV” -l’unica società
di torrefazione del caffè del
gruppo in Europa- pratiche
fiscali in grado di “ridurre
artificiosamente le imposte
a carico della società” per un
valore compreso tra 20 e 30
milioni di euro “dal 2008 a
oggi”. Una triangolazione “illegale” (la definizione è della
Commissione europea) che
avrebbe coinvolto una società
di diritto britannico -la Alki,
facente parte del Gruppo-, e
la “Starbucks Coffee Trading
SARL” -con sede in Svizzera
e responsabile della vendita
alla prima di chicchi verdi di
caffè-. “Errori significativi” li
ha bollati invece un portavoce di Starbucks, che si è difeso sostenendo che tra il 2008
e il 2014 la società ha versato globalmente 3 miliardi di
dollari d’imposte.
Nonostante tutto, il logo
di Starbucks rientra tra i
quelli segnalati da Fairtrade
Foundation, da non confondere con la World Fair Trade Organization, o la filiera
del Consorzio Altromercato,
“che negli anni ha sviluppato e promosso relazioni
durature,
pre-finanziando
l’attività dei propri produttori fino al 50% dell’importo
e senza pretendere interessi,
su estensioni medio-piccole
delle piantagioni per evitare
dinamiche di sfruttamento
o logiche distanti da quelle
familiari”, come spiega ad Ae
la responsabile degli acquisti,
Martina Madella. La fonte che
la Fondazione indica ai cittadini per “verificare” le buone
pratiche della sirena americana rimanda al sito starbucks.
co.uk/responsibility, dove si
apprende da un grafico stilizzato che il 2015 è stato
l’anno del raggiungimento
del 100% di caffè tratto da
fonti “etiche”. Un bel risultato commerciale per quello
che l’Economist -all’inizio
di quest’anno- ha definito
un “demone del fisco” (ma un
“santo per la società”). ---
FEBBRAIO 2016
27
TRA I PROGETTI FUTURI, UN CENTRO COMMERCIALE ALL’INGRESSO DEL GRAND CANYON, IN ARIZONA
CHI È L’UOMO CHE PORTERÀ STARBUCKS IN ITALIA
L’universo imprenditoriale di Antonio Percassi: dal make up ai negozi di alta moda, dal settore
immobiliare all’Atalanta Calcio --- DUCCIO FACCHINI
Siren Coffee Srl” e la
ercassi Food & Beveraggi Srl” -passepartout dello
sbarco in Italia di Starbucks
(vedi a pag. 24)- sono solo le
ultime arrivate in quello che
Antonio Percassi definisce il
suo “universo” imprenditoriale. Un “core business” che
si sviluppa in tre ambiti principali: “House of Brands”,
“Retail Development”, “Real
Estate”. Nel primo rientrano
tra gli altri i marchi Kiko Milano (“linea di make up professionale e trattamenti viso
e corpo d’avanguardia”, fondata nel 1997), Bullfrog -barbiere tradizionale-, Billionaire
Italian Couture, “linea Luxury
Leisure per uomo” nata nel
2005 da “un’intuizione di
Flavio Briatore”.
Nel “Retail Development” è
attivo con la holding “Odissea
Srl”, attraverso la quale gestisce -anche in franchisingalcuni tra i principali punti
vendita di Gucci, Ralph Lauren, Nike, Ferrari e, in qualità
di “unico franchising partner
per l’Italia”, di Victoria’s Secret (“specializzato nella vendita di lingerie e di prodotti
beauty”).
Ma è nel “Real Estate” che il
Gruppo Percassi -proprietario dell’ “Atalanta Bergamasca Calcio Spa”- ha un ruolo
strategico nel Paese. Le società di punta sono la “Stilo
Immobiliare Finanziaria Srl”
e la già citata “Odissea Srl”.
Tra i “progetti completati”
spiccano il centro commerFEBBRAIO 2016
ciale “Orio Center” dinanzi
all’aeroporto di Bergamo
(65mila metri quadrati,
200 negozi, un ipermercato), l’“Antegnate Shopping
Center”, posto sulla Statale
che unisce Milano a Brescia
(40mila metri quadrati, 100
negozi, un ipermercato), il
“Franciacorta Outlet Village”, presso Brescia, il “Sicilia
Outlet Village”, ad Agira
(Enna), o la nuova sede di
IBM a Segrate (MI).
A Percassi tutto questo non
basta. Ed ecco perché nei
“Progetti in corso di realizzazione” si ritrova -oltre ad
un gigantesco allargamento
dell’“Orio Center” e il “Torino Outlet Village”- il “Canyon Forest Village”, in Arizona,
negli Stati Uniti, presso la
porta d’accesso meridionale
al Parco Nazionale del Grand
Canyon. Un milione di me-
tri quadrati di investimento
immobiliare che punta a dar
corpo ad “un vero e proprio
villaggio, con abitazioni, hotel, ristoranti e centri commerciali, oltre a strutture
d’intrattenimento, quali un
museo della storia del West
con cimeli di Buffalo Bill e
‘attrazioni’ delle maggiori comunità indiane”.
Percassi vuol dire poi il “San
Pellegrino Outlet Village”
-“nuova area che ospiterà un
complesso termale di eccellenza, un teatro, il Casinò”- e,
tra le avventure più controverse, il “Westfield Milan”,
mega centro commerciale
(“Shopping Mall”) situato
su una superficie di 60 ettari
accanto all’aeroporto di Milano Linate, nel Comune di
Segrate (MI).
A impreziosire le proprietà
di “Odissea Srl” c’è un terzo
agenzia fotogramma
LA “P“
---
Sessantatre anni, l’imprenditore Antonio Percassi è anche presidente
dell’Atalanta Calcio, dove ha anche militato come difensore fino al 1978 ---
del villaggio di Crespi d’Adda –frazione di Capriate San
Gervasio (BG)-, inserito nel
1995 nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Percassi l’ha acquisito
nel 2013 dalla famiglia Polli
(“Crespi rinasce con Percassi” titolava Il Sole 24 Ore
nell’ottobre di quell’anno),
ma da allora il rapporto con
l’amministrazione comunale
-gestore del sito, che ha sottoscritto con l’imprenditore
bergamasco un protocollo
d’intesa nel gennaio dello
scorso anno- s’è incrinato,
congelando ogni tipo di intervento. Il progetto iniziale
del socio di Flavio Briatore
era quello di riunire all’interno dello stabilimento gli
uffici delle diverse attività
imprenditoriali del Gruppo.
Ripensamenti a parte, l’unica
proposta presentata prevedeva 21.700 metri quadrati
dedicati a funzioni private
(uffici, sale convegni), 5.600
metri quadrati di funzioni
pubbliche (museo, laboratorio didattico, struttura ricettiva), 7.200 a “funzioni
miste” (compresa una “area
spa-fitness”), un parcheggio
pubblica da 500 posti e uno
privato da 100. “La copertura finanziaria dell’intervento
-si legge nel bilancio 2014 di
‘Odissea’- è stata assicurata
da un mutuo ipotecario di
euro 40 milioni stipulato con
Intesa Sanpaolo Spa”. ---
WWW.ALTRECONOMIA.IT
28
AVVISO PUBBLICO
LA LEGALITÀ
ILLUMINATA
Il progetto Sefea Energy
punta alla riconversione
energetica degli enti locali,
coniugando sviluppo,
inclusione sociale e
inserimento lavorativo dei
più deboli. Ha aderito anche
Lipari _ _ _
Stando alle classifiche sulla qualità
della vita che all’inizio di ogni anno
alcuni quotidiani nazionali pubblicano sulle loro prime pagine, chi vive
al Sud è spesso maggiormente penalizzato rispetto a coloro che vivono
al Centro-Nord della nostra penisola.
Una maggiore insicurezza, la mancanza di servizi e una forte disoccupazione
dovuta alla soffocante presenza delle
mafie e alla storica mancanza dello
sviluppo di un tessuto produttivoindustriale, spinge tante persone, in
particolar modo molti giovani, a fare le
valige per spostarsi non più in Settentrione ma, addirittura, al di fuori dell’Italia alla ricerca di un futuro.
Se ci limitassimo alle lettura dei giornali e all’esame delle analisi statistiche, serie ed importanti (dall’ultimo
annuario statistico dell’Istat, infatti, è emerso che nelle regioni
del Mezzogiorno il tasso di disoccupazione in media nel 2014
è salito al 20,7%, uno dei valori
più alti in Europa dopo Grecia e
Spagna), probabilmente ci sfuggirebbero quei progetti innovativi
che proprio al Sud hanno avuto
origine, anche in tempi recenti.
WWW.ALTRECONOMIA.IT
PIERPAOLO ROMANI
COORDINATORE NAZIONALE DI “AVVISO PUBBLICO,
ENTI LOCALI E REGIONI PER LA FORMAZIONE CIVILE CONTRO LE MAFIE”,
WWW.AVVISOPUBBLICO.IT
Qui racconteremo il progetto Sefea
Energy, la energy company nata dalla
partnership tra la Fondazione di Comunità di Messina e Sefea, la Società europea della finanza etica e alternativa
(costituita nel 2002 da Banca Etica e
altre nove istituzioni finanziarie europee e con progetti in cantiere in Sicilia,
Emilia-Romagna, Veneto, Liguria, Trento,
ma anche Belgio e Francia, e sono in
fase avanzata contatti con alcuni Paesi
del Maghreb), con la collaborazione di
un’azienda leader nel campo dell’illuminazione, l’emiliana Beghelli.
Il progetto Sefea Energy è inquadrabile nell’ambito della social green economy
e mira a finanziare la riconversione a
basso impatto energetico di edifici e
aree pubbliche e private attualmente
illuminate da impianti vetusti che consumano molta energia. Al loro posto
verranno utilizzati impianti con tecnologia Led forniti da Beghelli. I promotori del progetto hanno previsto di
realizzare un patto con i Comuni che
decideranno di cambiare i loro impianti di illuminazione: con una parte
dei risparmi economico-finanziari che
si realizzeranno -fino al 20%, per i primi otto anni, tempo stimato per ammortizzare i costi- gli enti si impegnano a finanziare progetti di educazione
alla legalità, programmi di sviluppo
umano e di alta formazione, borse di
studio per formare risorse umane locali
alla scuola internazionale di economia
etica, nonché processi di inserimento
lavorativo di persone svantaggiate. Se-
fea Energy finanzierà l’installazione,
la gestione e la manutenzione degli
impianti di illuminazione a massima
resa energetica. Queste operazioni saranno realizzate attraverso filiere corte,
composte da cooperative sociali locali
opportunamente formate e in rapporto
con Beghelli, in cui sarà garantito l’inserimento lavorativo di soggetti deboli.
Il modello proposto si fonda sull’attuazione dei principi dell’economia civile,
sulla logica del mutuo vantaggio, della
corresponsabilità e della sussidiarietà circolare, in coerenza con lo spirito
della Costituzione repubblicana.
Il Comune di Casalvecchio Siculo (ME)
è stato tra i primi a decidere di implementare il progetto Safea Energy.
Il risparmio ottenuto, ha dichiarato il
sindaco, Marco Saetti, “sarà destinato
alle attività di un Gruppo d’acquisto
solidale che potrà promuovere i piccoli produttori di qualità dell’intera
provincia di Messina nella logica relazionale dell’economia civile”. Altra
adesione importante è stata quella del
Comune di Lipari. Nelle isole Eolie,
il costo dell’energia elettrica ha costi
molto più elevati rispetto al resto del
Paese non essendoci un collegamento
con la rete energetica nazionale. Avviso Pubblico, la rete nazionale degli enti
locali impegnati in attività di formazione civile contro le mafie, ha segnalato Sefea Energy ai suoi 350 enti soci
ed ha partecipato alla presentazione
del progetto, a Roma, alla Fondazione
con il Sud, lo scorso 21 dicembre. Le
legalità e la giustizia sociale si illuminano, non solo d’immenso, ma
legando rispetto emancipazione a sviluppo. ---
FEBBRAIO 2016
29
MOBILITÀ
PREVISTI 35 MILIONI DI EURO A FAVORE DI PROGETTI “BIKE TO WORK” E “BIKE TO SCHOOL”
LE CITTÀ CHE PEDALANO
Dagli incentivi a chi si
reca “in sella” al lavoro alle risorse per le ciclovie turistiche o il sostegno al bike
sharing. Cresce la sensibilità, come dimostra Massarosa (LU) --- ALICE DELL’OMO
A MASSAROSA (LU), COMUNE
DELLA VERSILIA DI QUASI 25MILA
ABITANTI, CHI VA AL LAVORO IN
BICICLETTA VIENE PREMIATO.
Per la prima volta in Italia,
infatti, a quei cittadini che
sceglieranno di pedalare per
recarsi sul “posto” verranno
riconosciuti 25 centesimi a
chilometro. Francesca Papasogli, comandante di Polizia
del Comune, illustra origine
e risorse del progetto “Buono mobilità” che partirà a
febbraio 2016: “Il territorio
di Massarosa è tagliato da
due strade molto trafficate e
dall’autostrada. È necessario
quindi ridurre il traffico e
l’inquinamento. Da un’indagine condotta sul campo,
è emerso che la distanza
media dei trasferimenti dei
cittadini del Comune per
recarsi a lavoro è di soli 5/6
chilometri. Insieme a FIAB
(Federazione Italiana Amici
sidenti e abitanti di Massarosa, che potranno usufruire
di questo bonus, prodotto
dai ricavi delle contravvenzioni, attraverso un bando.
Il nostro obiettivo è anche
quello di realizzare una
rete di percorsi, confrontandoci con i ‘vincitori’”.
Nonostante l’idea, Massarosa potrebbe essere esclusa
da un finanziamento che il
ministero dell’Ambiente intende destinare ai Comuni
con una popolazione superiore ai 100.000 abitanti
(in Italia sono circa 50) che
abbiano realizzato un piano
urbano della mobilità sostenibile (PUMS). Dei circa
130 milioni di euro destinati alla ciclo mobilità, 35
milioni verranno stanziati
per lo sviluppo di iniziative
quali “bike to work” e “bike
to school”, anche attraverso
l’incentivo fiscale “buono
mobilità”. “Confidiamo nella possibilità di creare associazioni o unioni di comuni
della provincia o della Versilia, anche perché le risorse
del Comune non sono infinite”, dice l’assessore Stefano Natali.
La sensibilità istituzionale
alla mobilità ciclistica urbana è cresciuta: sia la Legge di
Stabilità (vedi pag. 13) sia
il Collegato Ambientale (il
ddl è stato approvato dalla Camera in via definitiva
nella seduta del 22 dicembre 2015) hanno previsto
risorse da destinare alla ciclo mobilità urbana (circa
130 milioni di euro). “Fino
ad oggi si è investito poco o
niente per la ciclo mobilità
-ragiona Giulietta Pagliaccio, alla guida di FIAB-.
Finalmente, viene data dignità a questa formula, nominandola.
altri Paesi europei, abbiamo
studiato il modo per favorire
gli spostamenti casa-lavoro
in bicicletta. La soluzione
è arrivata dall’articolo 208
del Codice civile che regola l’utilizzo dei proventi da contravvenzioni per
favorire la mobilità. Così
abbiamo pensato di creare
un incentivo, simile a quello di Parigi: 25 centesimi a
chilometro, per un massimo
di 50 euro al mese, per reFEBBRAIO 2016
archivio fiab
della Bicicletta, fiab-onlus.
it), e seguendo l’esempio di
--- Secondo una ricerca pubblicata in occasione di COP21 a Parigi (novembre-dicembre 2015) l’uso della bicicletta può
ridurre il consumo energetico e le emissioni di CO2 del trasporto urbano fino al 10% entro il 2050 rispetto alle stime attuali,
e consentire un risparmio di 25mila miliardi di dollari --WWW.ALTRECONOMIA.IT
MOBILITÀ
Anche se in realtà i finanziamenti non sono poi così
tanti, se pensiamo che per
fare una pista ciclabile occorrono anche 400 euro al
metro”.
Il 30 dicembre 2015, inoltre, si è tenuta una riunione
presso il ministero dell’Ambiente convocata dal ministro Gian Luca Galletti
sull’ “emergenza smog” con
i presidenti di Regione e
sindaci dei grandi centri urbani, a seguito della quale è
stato firmato il “Protocollo
d’intesa per migliorare la
qualità dell’aria, incoraggiare il passaggio a modalità di
trasporto pubblico a basse
emissioni,
disincentivare
l’utilizzo del mezzo privato, abbattere le emissioni,
favorire misure intese ad
aumentare l’efficienza energetica”. Promuovere la ciclo
mobilità urbana ed extra urbana, significa trovare quegli strumenti che possano
favorire l’utilizzo della bicicletta come mezzo di trasporto, in città e in periferia.
A questo scopo, 91 milioni
di euro verranno impiegati (in tre anni) per ciclovie
turistiche, velostazioni (ovvero stazioni di servizio, in
alcuni casi dotate di servizio
di manutenzione e riparazione, dove lasciare in deposito le proprie bici nei pressi
di una stazione del treno o
del metrò) e zone30.
Nel nostro Paese son 20
le città che vantano performance di ciclabilità di
livello europeo. In quattro
comuni capoluogo, infatti,
almeno un quarto della popolazione si sposta a pedali;
in altre cinque il 20% degli
spostamenti è soddisfatto
dalle bici e in 11 la percenWWW.ALTRECONOMIA.IT
archiovio comune di massarosa
30
--- I cittadini di Massarosa (LU) sono i primi in Italia a poter beneficiare del “buono mobilità”: 25 centesimi a chilometro,
per un massimo di 50 euro al mese, che verranno riconosciuti a chi dovesse recarsi al lavoro montando in sella --tuale di ciclisti è comunque
superiore alla soglia del
10%. A Bolzano e a Pesaro
la percentuale di cittadini
che sceglie di pedalare per
spostarsi in città è del 28%,
a Ferrara il 27% e a Treviso
il 25%. Questi i dati più importanti e incoraggianti che
emergono da “A Bi Ci della Ciclabilità”, ricerca resa
nota ad aprile 2015 sull’uso
della bici nelle città italiane
capoluogo di provincia realizzata da Legambiente in
collaborazione con Rete Mobilità Nuova. Bolzano e Pesaro si collocano al nono e al
decimo posto della classifica
generale europea. Ai primi
posti troviamo città olandesi
(al primo posto c’è Houten)
e tedesche (la prima città
tedesca in classifica è Münster , al quarto posto con il
38%). Almeno un quinto
degli abitanti di Ravenna,
Rimini, Piacenza, Sondrio e
Venezia-Mestre preferisco-
no muoversi in bici e anche
a Pordenone, Biella, Pavia,
Reggio Emilia, Novara, Pa-
dova, Pisa e Cremona la per-
centuale è alta. Legambiente fornisce anche un indice
relativo ai “metri equivalenti” di percorsi ciclabili, che
non ha la pretesa di valutare
il livello qualitativo della
rete ma cerca di mettere insieme informazioni oggettive. Reggio Emilia registra
il valore più alto con 39,03
m_eq/100 ab e Cremona si
colloca al secondo posto con
oltre 30 metri equivalenti
ogni 100 abitanti. Quattro
capoluoghi superano invece
i 20 m_eq/100 ab: Mantova,
Lodi, Verbania e Sondrio.
In tutto sono 29 le città che
vanno oltre i 10 m_eq/100
abitanti. Sono invece 18 le
città che dichiarano di avere
meno di 1 m_eq/100 abitanti e di queste Caltanissetta, Enna, Isernia, Potenza,
Reggio Calabria, Siracusa
non segnalano alcun tipo di
infrastruttura dedicata alla
ciclabilità. La media, per i
capoluoghi italiani esaminati, è di 7,04 m_eq/100
abitanti di infrastrutture
1.644.592
LE BICICLETTE VENDUTE IN ITALIA NEL 2014. IL 6,6% IN PIÙ RISPETTO
ALL’ANNO PRECEDENTE
ciclabili. “Più che ai dati
quantitativi sulla ciclabilità
bisognerebbe fare attenzione ai dati qualitativi: le ciclabili presenti sono connesse tra loro, fanno rete, sono
fruibili, sono sicure? Inoltre,
non bisogna ragionare solo
in termini di ‘piste ciclabili’,
in quanto molte volte questa
definizione corrisponde al
nome che si da al bisogno di
sicurezza, anche per strada
-riflette Eugenio Galli, presidente Fiab Ciclobby Onlus-;
non basta realizzare piste
ciclabili o allestire punti di
bike sharing, ma è necessario
farlo seguendo dei criteri di
qualità. Così come non basta fare le ciclabili perché i
cittadini decidano di usarle.
Lo scopo dovrebbe essere
quello di rendere una città
intera più pedalabile, agendo sull’intera mobilità. Solo
se si avranno strade più sicure, si sceglierà di lasciare
l’auto in garage e di andare
in bici. Sul tema del bike
sharing, analizzando i valori dello studio, emerge che
sono disponibili a Milano,
per esempio, 26,1 biciclette
ogni 10.000 abitanti (valori
pro capite e per 100 km2), a
Pisa 22,9, a Frosinone 11,8,
a Cagliari 2,3, a Pavia 2,1, a
Bari 1,9. Su circa 70 città, i
servizi di bike sharing sono
FEBBRAIO 2016
stefano scheda
31
--- Le città virtuose d’Italia in questo campo sono Bolzano e Pesaro. In questi comuni, infatti, la percentuale di cittadini
che sceglie di pedalare per spostarsi in città è del 28%, a Ferrara del 27%. Qui sopra la velostazione di Bologna --attivi in 58 comuni, con oltre 1.000 punti di prelievo e
quasi 10 mila biciclette. Ma
molte, troppe, città del centro-sud, purtroppo presentano valori bassissimi o non
si hanno informazioni in
merito. “Gli Stati europei si
trovano in fasi di evoluzione
molto distanti tra loro. La
Spagna e il Portogallo hanno
una situazione molto simile
a quella italiana. La Danimarca, l’Olanda, la Germania,
l’Ungheria, invece hanno
attuato un vero e proprio
progetto nazionale relativo
alla ciclabilità” spiega Alberto Fiorillo, responsabile aree
urbane di Legambiente. “In
Italia, nello specifico, c’è
profonda differenza tra nord
e sud ma anche tra le stesse
città del nord. Facendo un
esempio concreto, Brescia e
Verona hanno percentuali di
spostamenti effettuati in bici
sul totale degli spostamenti urbani, completamente
diverse, nonostante distino
una settantina di chilometri:
Brescia ha il 3% e Verona
ha il 9%, anche se Brescia si
colloca in 20esima posizione nella classifica delle città
con maggior metri equivalenti di piste ciclabili ogni
100 abitanti (m_eq/100 ab),
prima di Verona. E questo
significa che la presenza di
FEBBRAIO 2016
ciclabili non si è ancora trasformata in uso”.
Uno studio della University
of California Davis (UCD) e
dall’Institute for Transporta-
tion and Development Policy
(ITDP) e commissionato
dall’Union Cycliste Internationale (UCI), dall’European
Cyclists’ Federation (ECF)
e dalla Bicycle Product Suppliers Association (BPSA) ha
cercato di dimostrare che
l’utilizzo della bicicletta tradizionale e delle biciclette a
pedalata assistita (e-bike), se
sostenuto da politiche coerenti, può ridurre il consumo energetico e le emissioni
di CO2 del trasporto urbano
fino al 10% entro il 2050
rispetto alle stime attuali,
oltre a far risparmiare qualcosa come 25mila miliardi
di dollari. Secondo questa
ricerca pubblicata alla vigilia
della Conferenza mondiale
sul clima COP21 (a novembre 2015) è necessaria una
corretta combinazione di
investimenti e politiche per
incrementare l’utilizzo della
bicicletta e delle e-bike perché si raggiunga il 14% della mobilità urbana nel 2050,
percentuale che favorirebbe
i benefici citati. Il potenziale
di sviluppo è elevato: a Parma (città campione) l’11%
delle persone nel 2015 sce-
glie ad esempio la bici tradizionale per spostamenti di
questo tipo, dietro Olanda,
Danimarca, Giappone, Cina,
Paesi Nordici e Germania.
Nello studio è tra l’altro evidenziata la necessità di creare servizi idonei all’utilizzo
della bici in città, per non
scoraggiarne l’uso.
In Italia sono 1.644.592 le
biciclette vendute nel 2014,
cifra che in termini percentuali significa un +6,6%
rispetto al 2013 (1.542.758
unità). In leggero aumento la produzione con
2.728.600 biciclette (pari
a +2,1%), trainata sempre
dall’export che si è attestato sui 1.765.819 pezzi
(+1,1%), il Paese si conferma il principale produttore
europeo, soprattutto per il
segmento ragazzo fino a 20
pollici (la fonte è l’ANCMA,
Associazione nazionale ciclo,
motociclo e accessori). Ma
produzione e vendita non
sempre sono sinonimi di
cultura ciclistica. “Il codice
della strada italiano definisce la bicicletta ‘velocipede’ e a questa definizione
antiquata corrisponde un
modello di mobilità antico,
se non altro rispetto alla
visione europea degli ultimi
decenni. In tutta Europa la
bici, infatti, è stata ricono-
sciuta come mezzo del futuro. In Italia invece va ancora
di moda una logica protettiva, securitaria -spiega Eugenio Galli-, basti pensare che
fino a qualche settimana fa
era riconosciuto sì l’infortunio per chi andava al lavoro
in bicicletta, ma solo se pedalava su pista ciclabile e in
una città come Milano, dove
le ciclabili spesso sono state
realizzate con lo scomputo
oneri di realizzazione, le piste non sono affatto sicure”.
È stato riconosciuto l’infortunio in itinere anche per
chi va a lavoro in bicicletta.
In Italia l’INAIL (Istituto
nazionale per l’assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro) tutela i lavoratori nel
caso di infortuni avvenuti
durante il normale tragitto
di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro,
durante il tragitto abituale
per la consumazione dei pasti (se non esiste una mensa
aziendale), per recarsi da un
luogo di lavoro a un altro
e durante la deviazione del
tragitto casa-lavoro dovuta
all’accompagnamento dei
figli a scuola. Fino ad oggi
però, la bicicletta era considerata un mezzo privato e
non necessario e che, in caso
di infortunio, richiedeva
verifica dell’utilizzo e della
presenza di piste ciclabili sul
percorso compiuto ed era
quindi estremamente penalizzante. Da oggi chi andrà
a lavoro in bicicletta verrà
trattato come chi fa uso di
mezzi pubblici o come chi
ci si reca a piedi, quindi sarà
sempre “coperto” dalle regole generali dell’infortunio in
itinere.
Si attende a questo punto
una comunicazione ufficiale
da parte dell’INAIL. --WWW.ALTRECONOMIA.IT
32
MOBILITÀ
IN EMILIA-ROMAGNA, INVECE, CRESCE IL “PESO” DEGLI INTERVENTI A FAVORE DELLE FERROVIE
LOMBARDIA, LA SOLITA STRADA
Ecco le nuove (e vecchie) autostrade contenute nel Programma regionale
della mobilità approvato a fine 2015 dalla Giunta Maroni --- LUCA MARTINELLI
LA REGIONE LOMBARDIA PERSEVERA: IL PROGRAMMA REGIONALE
DELLA MOBILITÀ E DEI TRASPORTI
(PRMT), adottato dalla giunta
il 23 dicembre 2015, prevede un ulteriore diluvio di
autostrade. Le nuove infrastrutture indicate, la cui realizzazione è in programma
entro il 2020, potrebbero
occupare oltre 2mila ettari di suoli, cancellando -nel
59% dei casi, come spiega il
documento di valutazione
ambientale strategica, VASaree agricole, boscate o naturali.
L’elenco degli interventi sul
“sistema viabilistico autostradale”, al servizio della
“mobilità privata su gomma”
(i virgolettati sono estratti dal PRMT) occupa una
decina di pagine, e riesuma
anche progetti anacronistici, come l’autostrada pavese
di cinquanta chilometri tra
Broni e Mortara, attraverso la Lomellina: nell’autunno del 2015, il ministero
dell’Ambiente ne ha censurato l’impatto ambientale,
nell’ambito della procedura
di valutazione (la VIA), ma
non importa.
Ci sono poi il completa-
mento della Pedemontana
lombarda, la Ti.Bre. (che sta
per Tirreno-Brennero, ed è
interconnessione tra l’A15
della Cisa a Parma e l’A22 del
Brennero, che per 55 chilometri corre in Lombardia), il
raccordo tra Brescia e la Valtrompia (fino a Lumezzane) e
la “corda molle” tra Brescia
Est ed Ospitaletto, tangenziale Sud alla città lombarda,
una bretella tra il casello di
Castelvetro sull’A21 TorinoBrescia e il porto canale sul
Po a Cremona, un’autostrada
tutta nuova tra Varese, Como
e Lecco e un’altra di cui si
parla da decenni tra Cremona e Mantova.
La lista continua con una
quarta corsia (lungo l’A1, tra
Milano e Lodi) e una quinta
(lungo l’A8, tra Milano e Lainate), e si chiude con l’IPB.
Questo acronimo nasconde
l’idea che serva una nuovissima autostrada per interconnettere (la “I”) le nuove
autostrade
Pedemontana
(“P”) e BREBEMI (“B”), la
prima ancora da terminare, la seconda -tra Brescia e
Milano- inaugurata nel luglio del 2014.
IL PROGRAMMA REGIONALE LOMBARDO PER LA MOBILITÀ E IL CONSUMO DI SUOLO
SUPERFICIE OCCUPATA DA INFRASTRUTTURE
21.100 ETTARI
nel
2020 23.100 ETTARI
nel
2014
2.000 ETTARI
nuovo suolo occupato. Di cui:
8% territori boscati
e ambienti seminaturali
51%
aree agricole
41% aree già
antropizzate
LE AREE “INTERFERITE”
L’incremento, rispetto al 2014,
dell’estensione di aree agricole
e di territori boscati
e ambienti semi-naturali
in una fascia di
10-50 metri dalle
nuove infrastrutture
nel 2020
6.230 ETTARI
SUOLO AGRICOLO GIÀ OCCUPATO PER
LA COSTRUZIONE DI INFRASTRUTTURE
nel periodo 2007-2012
980 ETTARI
MEDIAMENTE CIRCA 200 ETTARI ALL’ANNO
(pari a 5.370 m2 al giorno)
Il Programma regionale della mobilità e dei trasporti (PRMT) è stato adottato dalla Giunta regionale lombarda il 23 dicembre 2015. La realizzazione entro il
2020 delle infrastrutture indicate nel Programma -illustrate in alto a destra- comporterà l’occupazione di 2.000 ettari di suolo libero (oltre 2.700 campi di
calcio). Le “aree interferite”, cioè quelle che si trovano a 10-50 metri dalle infrastrutture, ammontano a 6.230 ettari.
WWW.ALTRECONOMIA.IT
FEBBRAIO 2016
LE NUOVE AUTOSTRADE DELLA LOMBARDIA
V01 COMPLETAMENTO SISTEMA VIABILISTICO
PEDEMONTANO LOMBARDO (PEDEMONTANA)
V02 COLLEGAMENTO AUTOSTRADALE
BRENNERO-LA SPEZIA (TI.BRE.)
V03 RACCORDO AUTOSTRADALE DELLA VALTROMPIA
(BRESCIA-LUMEZZANE)
V04 TANGENZIALE SUD DI BRESCIA
V05 BRETELLA A21-CASTELVETRO
V07 QUINTA CORSIA MILANO-LAINATE (A8)
V09 QUARTA CORSIA MILANO-LODI (A1)
V12 COMPLETAMENTOTANGENZIALE NORD DI MILANO
V15 AUTOSTRADA REGIONALE VARESE-COMO-LECCO
V16 AUTOSTRADA REGIONALE CREMONA-MANTOVA
V17 IPB (INTERCONNESSIONE AUTOSTRADALE TRA IL
SISTEMA VIABILISTICO PEDEMONTANO
E L’AUTOSTRADA BRESCIA-BERGAMO-MILANO)
V18 AUTOSTRADA REGIONALE BRONI-MORTARA
E RACCORDO MORTARA-STROPPIANA
V19 TOEM (TANGENZIALE OVEST ESTERNA MILANESE)
LEGENDA:
AUTOSTRADE
ESISTENTI
NUOVI INTERVENTI
E AMPLIAMENTI
INTERVENTI DA
APPROFONDIRE
SONDRIO
VARESE
V01
LECCO
COMO
V15
A8D
A8
V15
Orio
al Serio
A9
A36
V01
Malpensa
V07
A8
V03
BERGAMO
A4
A4
A52
V12
A51
V13
V17
BRESCIA
A35
A4
MILANO
V19
A50
V04
Linate
Montichiari
V09
LODI
V18
PAVIA
V05
CREMONA
A21
“È tutto perfettamente coordinato, come in una rappresentazione teatrale in cui
ogni attore sa che cosa fare:
la legge del 2014 contro il
consumo di suolo diceva che
le previsioni sarebbero state applicate tranne che per
quelle della Giunta regionale in ambito infrastrutturale,
e perciò, incredibilmente, le
autostrade non fanno parte del bilancio ‘sul suolo’ di
Regione Lombardia” spiega
ad Altreconomia Paolo Pileri,
docente di Tecnica e pianificazione urbanistica del
Politecnico di Milano e autore
per Altreconomia edizioni del
libro “Che cosa c’è sotto”.
“Questo ‘Programma’ è stato adottato il 23 dicembre
2015, e cioè durante quello che la FAO ha dichiarato
‘Anno dei suoli’, e la ReFEBBRAIO 2016
V2
A21
A1
A7
gione lo ha analizzato nel
bel mezzo di una grave crisi
atmosferica ed ambientale,
dovuta alle caldaie ma anche
alla mobilità privata, intorno al novantesimo giorno di
sforamento delle Pm10. Eppure, nonostante una valutazione ambientale strategica
che indica chiaramente l’impatto degli interventi previsti, che andranno a compromettere oltre 2mila ettari di
suolo, non si è ritenuto di
dover modificare il testo di
una virgola” aggiunge Pileri.
La VAS evidenzia come
l’insieme delle aree “interferite”, quelle che si trovano in un’area compresa tra i
10 e i 50 metri dalle infrastrutture, e che subiranno
un impatto negativo a causa
delle opere, potrebbe arrivare a ben 6.230 ettari. Un
V16
V16
V16
A21
V2
dato elaborato per difetto,
considerando che la temibile Tangenziale Ovest Esterna
milanese (TOEM) -che attraverserebbe Parco agricolo Sud
Milano e Parco del Ticino- è
evidenziata solo sulle mappe
come un “intervento da approfondire”.
“Probabilmente non tutti gli
interventi si attueranno, ma
dal punto di vista culturale il messaggio della giunta
guidata da Roberto Maroni è
devastante -suggerisce Pileri-. E poiché non si dice che
non si urbanizzerà lungo le
superstrade, a fianco degli
svincoli, sta replicando un
modello di vent’anni fa”.
A fine ottobre anche la giunta della Regione Emilia-Romagna ha adottato una revisione del proprio Programma
MANTOVA
delle infrastrutture strategiche (PIS), da presentare al
governo. Nella nuova versione prevede una riduzione del
45% del costo complessivo,
che passa da 21,67 a 11,95
miliardi di euro, ed è più
bilanciato: il 50% degli interventi riguardano strade e
autostrade, e il 43% le ferrovie (prima il rapporto era tra
64,4 e 29,1%). Tra le opere
in “priorità 1” c’è il raddoppio della ferrovia Pontremolese tra Parma e La Spezia, ma
non l’autostrada Ti.Bre.: i
container scaricati nel porto
della città ligure dovrebbero
poter raggiungere la Pianura
Padana su un treno, e non su
gomma. ---
WWW.ALTRECONOMIA.IT
33
34
AMBIENTE
LA COSTITUZIONE PERMETTE IL TRASFERIMENTO DELL’IMPRESA AI LAVORATORI
LE REGOLE DELL’ESPROPRIO
Le aziende
possono far leva sulla “pubblica utilità” per allontanare i cittadini dalle
loro proprietà. E chi si oppone rischia contenziosi milionari --- DUCCIO FACCHINI
ALCUNI PROPRIETARI DELLE CAMPAGNE DI SAN VITO DEI NORMANNI
(BRINDISI) SONO STATI FORTUNATI:
IL“PARCO EOLICO” DA 18 MW CHE
DOVEVA SORGERE SUI LORO TERRENI È SALTATO, E LORO NON VERRANNO ESPROPRIATI. Grazie all’a-
zione di un comitato locale,
infatti, sono arrivate per tempo la Procura di Brindisi e la
Guardia di Finanza di Ostuni. L’area che avrebbe dovuto
ospitare le pale di Enel Green
Power (EGP) era caratterizzata da una “vasta presenza di
ulivi monumentali” e dunque
vincolata, contrariamente a
quanto scritto da un dirigente dell’Ufficio tecnico del
Comune di San Vito. Ne è
derivata un’inchiesta che ha
portato, all’inizio del 2016, a
11 avvisi di garanzia, di cui
due ad altrettanti dirigenti di
EGP. Sei mesi prima, il Consiglio di Stato aveva annullato
l’esproprio dei terreni, accogliendo l’impugnazione dei
proprietari schierati a difesa
della loro terra.
Anche Silvia Ferrante ha
tentato di farlo, in Abruzzo.
Come gli altri membri dei comitati cittadini che si battono
contro un mega elettrodotto
di Terna -il “Villanova-Gissi”,
che attraversa 16 Comuni per
quasi 70 chilometri e una tensione di 380 kV, noelettrodottovillanovagissi.it-, la 37enne
ha iniziato “fin dal 2010” a
studiare l’opera, eseguire accessi agli atti, affiancare i proprietari dei terreni (in tutto
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oltre 200) che si opponevano
all’esecuzione degli espropri
da parte della società, forti
peraltro di un documentato
“vademecum”. La società non
ha gradito. Dall’estate scorsa,
Terna -che tra i suoi azionisti
vede CDP RETI, controllata
da Cassa depositi e prestitiha annunciato l’avvio di azioni risarcitorie nei confronti di
chi si è permesso di ostacolare l’accesso alle aree per gli
espropri, citando in giudizio
civile 50 persone. Solo Ferrante si è vista recapitare 24
contestazioni (l’avvocato di
Terna è Giulia Bongiorno, già
deputata), pari a 16 milioni di
euro di richieste danni complessive. L’atteggiamento di
Terna -definito “intimidatorio” da alcuni amministratori
locali della zona- smentisce
quanto la stessa società riporta nel paragrafo “Il nostro
approccio” del suo ultimo bilancio di sostenibilità. “Pur
essendo autorizzata dalla legge a seguire una procedura di
esproprio -scrive appellandosi al Testo unico sugli espropri
(Dpr 327/2001)-, per ottenere la disponibilità del suolo
Terna preferisce ricorrere alla
pratica dell’asservimento amichevole” (il corsivo è nostro).
Una “ricerca di una soluzione
consensuale” dichiarata più
che praticata, come dimostra
il caso del “Villanova-Gissi”.
Presso il ministero dello Sviluppo economico, dal luglio
2014, esiste addirittura un
“Ufficio unico per gli espropri in materia di energia”, che
affianca le società autorizzate
dal ministero o dal Comitato interministeriale per la
programmazione economica
(CIPE) “ad attuare progetti riconosciuti di pubblica
utilità” qualora non abbiano
“la possibilità di concludere
accordi bonari per l’utilizzo
dei beni necessari”. Sono 24
i procedimenti in corso, dal
“Metanodotto di interconnessione Albania-Italia Trans
Adriatic Pipeline” -da notare
che nella sua “Politica sulla
responsabilità sociale d’impresa”, TAP dichiara che “gli
espropri saranno usati solo
come ultima risorsa se sono
fallite le trattative in buona
fede”- fino alla concessione
“Gorgoglione” in Basilicata a favore di Total, Shell e
Mitsui. Anche tra Liguria
e Piemonte gli espropri per
pubblica utilità sono stati -e
sono tuttora- al centro di durissime battaglie. Lo sa bene
il movimento No Tav-Terzo
Valico (notavterzovalico.info),
che si oppone alla realizzazione della “linea ad alta capacità
---
Un cartello contro il Terzo Valico, il progetto per l’alta velocità tra
Liguria e Piemonte. La zona di Trasta è quella da cui sono partiti gli espropri
da parte della Cociv per dare inizio ai lavori ---
FEBBRAIO 2016
35
24 PROCEDIMENTI
PRESSO L’UFFICIO UNICO PER GLI ESPROPRI IN MATERIA DI ENERGIA
DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
veloce” tra Genova e Tortona
(53 chilometri, 12 Comuni
attraversati, 6,2 miliardi di
euro di costo stimato, vedi
Ae 144, bit.ly/terzovalico). I
circa 300 espropri previsti dal
progetto sono stati portati sostanzialmente a compimento
dal general contractor incaricato della progettazione e
costruzione dell’opera, il Consorzio COCIV (composto da
Salini-Impregilo, 64%, Società Italiana Condotte d’Acqua, 31% e CIV, 5%). Nel bilancio 2014, il Consorzio ha
indicato alla voce “indennizzi
per espropri” 19,8 milioni di
euro. L’atto di pubblica utilità
che ha consentito a COCIV
di procedere, anche con l’uso
della forza pubblica -com’è
accaduto nel luglio 2014-, facendo le veci del proponente,
Rete Ferroviaria Italiana, ha la
durata di 5 anni e può essere
prorogato. L’ultimo è scaduto a fine luglio 2015. Ma il
Consorzio non si è fermato,
andando a sbattere. Lo scorso dicembre, infatti, è dovuto
intervenire il Tar della Liguria,
che ha annullato -su ricorso
di un attivista del movimento
No Tav- un esproprio condotto a Pontedecimo (Genova) perché viziato da una
notifica fatta a un defunto.
Quant’è lontana la Costituzione, e gli articoli dove disegna il principio dell’esproprio:
il 42 e il 43, nei “Rapporti
economici”. Le “comunità di
lavoratori” potrebbero vedersi infatti trasferire “imprese
o categorie di imprese” dal
“preminente interesse generale”. A Trezzano sul Naviglio
(MI), gli ex lavoratori della
Maflow -riuniti nella cooperativa Ri-Maflow (www.rimaflow.it, vedi Ae 147, bit.ly/
ri-maflow)- li avevano approfonditi a più riprese insieme
al giurista Paolo Maddalena
(autore del saggio “Il terri-
ansa/luca zennaro
torio bene comune degli italiani”, Donzelli), provando
FEBBRAIO 2016
a immaginare un esproprio
per pubblica utilità di un sito
produttivo ormai decadente
in pancia a Unicredit. A qualche anno di distanza, Gigi
Malabarba, ex operaio all’Alfa
Romeo di Arese (MI) e anima
del rilancio di Ri-Maflowracconta ad Ae quelle che
rimasero “intenzioni”, visto
che “per poter raggiungere
un risultato di quel tipo è necessario un ente pubblico disponibile ad andare in quella
direzione”. Non è un caso che
sul portale della cooperativa
l’ultima notizia (del 9 gennaio 2016) riguardi l’esproprio
dell’IMPA, “storica fabbrica
metalmeccanica di Buenos
Aires”, assegnata ai lavoratori
in comodato d’uso dopo una
“Decláranse de utilidad pública” sancita dal “Boletín Oficial”
della Repubblica Argentina.
Anche a Lecco, alcuni lavoratori della storica impresa
di lampadine Leuci -rilevata
nel 2006 da Relco Spa, oggi,
dopo il licenziamento di oltre
220 persone, lo stabilimento
è chiuso- avevano iniziato a
ragionare sull’esproprio, abbandonato nel giro di poco
per l’entità dell’indennizzo e
l’assenza di supporto da parte
degli enti locali (Comune e
Provincia su tutti). Oggi dalle finestre sventola uno striscione di plastica per affitti o
compravendite.
“Al progressivo indebolimento dell’esproprio come strumento a disposizione della
pubblica
amministrazione
nella pianificazione e attuazione delle politiche pubbliche -spiega ad Ae Maria Rosa
Vittadini, docente di Tecnica
e pianificazione urbanistica
all’Università Iuav di Veneziasi è andata affiancando una
marcata tendenza al coinvolgimento dei privati sia
nella pianificazione sia nella
realizzazione delle opere cosiddette di pubblica utilità.
E se è vero che le opere di
pubblica utilità traducono
scelte già definite dai pubblici poteri (ai diversi livelli), la
tendenza al coinvolgimento
massiccio dei privati racconta
una storia tutta diversa, nella
quale l’iniziativa e l’interesse
del promotore prevalgono sistematicamente sull’interesse
pubblico, chiamato a posteriori a coprire inefficienze e
disavanzi”.
Infatti, in Lombardia l’esproprio è uno strumento
impiegato con più fortune
in altri campi, soprattutto
autostradali. È il “caso” di
BRE.BE.MI., asse lungo 62
chilometri che si sviluppa nei
campi agricoli di tre province,
ed unisce Travagliato (BS) a
Liscate (MI). “Al 31 dicembre 2014 -si legge nell’ultimo
bilancio di Società di progetto Brebemi Spa- risultano effettuate occupazioni di
terreni per circa 15,5 milioni
di metri quadrati”. Di questi, 7,2 milioni sono avvenute attraverso espropri. Nel
complesso, le “occupazioni”
di aree utili alla realizzazione
della A35 hanno interessato
“1.779 ditte proprietarie”, in
maggioranza aziende agricole. Ettore Prandini è il presidente di Coldiretti Lombardia.
Dopo aver lavorato per il raggiungimento di un accordo
chiave per la “conclusione bonaria” tra società e proprietari
delle aree, si ritrova oggi a che
fare con ripetute violazioni da
parte di chi siede al di là del
tavolo: “Almeno il 20% di chi
ha sottoscritto un accordo sta
ancora aspettando la liquidazione della somma spettante,
che doveva avvenire prima
ancora della conclusione
dell’opera”. La BRE.BE.MI è
stata inaugurata nel luglio del
2014. È un paradosso, visto
che la soluzione “conciliante”
ha evitato gli “inghippi” che
invece ha fronteggiato Cociv
grazie all’operato del comitato No Tav. Nonostante tutto, Prandini è convinto della
bontà della strategia (“Chi è
andato allo scontro rischia di
non vedere un euro”), e tiene
a specificare che “a Coldiretti
non spetta alcuna percentuale
sull’importo concordato per
l’esproprio, il che sarebbe assolutamente deprimente”. ---
WWW.ALTRECONOMIA.IT
INTERNI
NEL 2015 SONO STATE COSTRUITE NEL NOSTRO PAESE 18MILA ABITAZIONI NON AUTORIZZATE
IL PATRIMONIO ABUSIVO
Secondo l’Istat, cresce
l’incidenza delle case realizzate illegalmente in Italia. L’ultima relazione
governativa sul fenomeno risale al 2007. L’arma della confisca --- LUCA MARTINELLI
IL RISTORANTE PRINCIPESSA ZAIRA È STATO ABBATTUTO NELL’OTTOBRE DEL 2015. L’edificio era
stato costruito nella valle dei
Templi di Agrigento, zona
archeologica sottoposta a
vincolo, ed è uno degli otto
immobili abusivi demoliti lo
scorso anno dal Comune di
Agrigento. Le ruspe dovrebbero “cancellare” nei primi
mesi del 2016 altri 14 stabili, tutti frutto di interventi
realizzati “in assenza di una
preventiva autorizzazione o
in contrasto ad essa”, com’è
definito l’abuso edilizio dalla
Treccani. Queste scelte sono
costate un’intimidazione al
sindaco della città siciliana,
Lillo Firetto, che a gennaio
2016 ha ricevuto una lettera minatoria. La solidarietà
verso Firetto s’è fermata a Palermo, anche se quello dell’abusivismo è un problema che
riguarda tutto il Paese. Nel
2015, in Italia, sono state costruite senza autorizzazione
ben 18mila abitazioni, secondo una stima diffusa dal
Cresme, un autorevole centro
di ricerca che si occupa del
mercato edilizio (www.cre-
sme.it). L’Istituto nazionale di
statistica (Istat), a dicembre,
ha evidenziato l’impatto negativo e attuale del fenomeno
dell’abusivismo, che in alcune
Regioni del Paese porta a una
condizione di “sostanziale irrilevanza nella pianificazione
urbanistica”, e rappresenta
una “forma pure e semplice di
evasione fiscale”. L’indice di
abusivismo edilizio, che misura la percentuale di “abusi”
ogni 100 costruzioni autorizzate, è passato da 10,47 nel
2009 a 17,56 nel 2015. Quasi
un casa su cinque. “L’intero
comparto vive una profonda
contrazione, che colpisce sia
le costruzioni legali che l’abusivismo, ma il calo dell’attività
legale è maggiore, ed è questo che spiega l’Istat” dice ad
Ae Lorenzo Bellicini, direttore
del Cresme. Le case abusive realizzate nel 1990 erano
44mila, e prima della crisi
(nel 2008) ancora 28mila.
“La nostra analisi -specificariguarda solo le nuove abitazioni, mentre l’attività abusiva
comprende anche il non residenziale e le trasformazioni
del patrimonio esistente”.
---
Un abuso edilizio fotografato a Maratea, in Basilicata. L’indice di abusivismo misurato dall’ISTAT è passato dal 10,47% del 2009 al 17,56% del 2015.
Ciò significa che circa una casa ogni cinque autorizzate è “irregolare” ---
michele lapini
36
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FEBBRAIO 2016
I NUMERI DEGLI ABUSI IN ITALIA
PERMESSI DI COSTRUIRE (ISTAT)
150
INDICE DI ABUSIVISMO EDILIZIO*
* Numero di costruzioni realizzate illegalmente per 100
costruzioni autorizzate dai Comuni
139.670
20
120
17,56
15,20
90
79.469
15
11,86
60
Siamo di fronte, quindi, a
una stima per difetto, mentre
quelle ufficiali latitano, nonostante una legge (in vigore,
la 298 del 1985) imponga al
ministero delle Infrastrutture
di presentare una relazione al
Parlamento “entro il 15 marzo di ogni anno”, dal 1986.
Fanno trent’anni, e farebbero
-tra un paio di mesi- trenta
relazioni. L’ultima redatta è
del 2007, e fa riferimento a
dati del 2003 e del 2004. A
significare, forse, che di abusivismo edilizio si parla solo
in corrispondenza di un condono, come quelli del 1985 e
del 2003 (in mezzo ce n’è stato uno anche nel 1994).
“Da un punto di vista culturale credo comunque che
l’Italia abbia fatto dei passi
in avanti: c’è stato un periodo
nel nostro Paese, e ricordiamo
le campagne elettorali di Silvio Berlusconi negli anni Novanta, in cui promettere condoni pagava in termini di voti
-sottolinea Rossella Muroni,
da dicembre 2015 presidente
di Legambiente-. Oggi è sentire comune che l’abusivismo,
lungi dal risolvere il ‘problema
casa’ rappresenta un problema
di sicurezza. Nel momento in
cui affrontiamo il tema di
frane e alluvioni, scopriamo
anche che il territorio più fragile è anche quello che viene
edificato in modo illegale”.
Accanto all’indice di abusivismo edilizio, l’Istat misura
anche il numero di edifici
costruiti lungo le coste in
una fascia di 300 metri dalla
battigia costieri compresi, o
all’interno di parchi e riserve
nazionali o regionali e nelle
zone di interesse archeologico (come la valle dei Templi
di Agrigento). Nonostante i
vincoli cui queste aree sono
sottoposte, il patrimonio
FEBBRAIO 2016
27.598
30
0
21.855
primo
primo
primo
primo
semestre semestre semestre semestre
2005
2009
2013
2015
0
nel 2005
GLI ABUSI REGIONE PER REGIONE*
* Numero di costruzioni
realizzate illegalmente per 100
costruzioni autorizzate
dai Comuni
nel 20054,19
nel 20146,15
nel 20059,07
nel 201413,18
nel 200512,72
nel 201424,6
nel 200510,55
nel 201419,55
nel 200544,55
nel 201470,48
nel 200549,67
nel 201451,93
FONTE: Istat, BES 2015
L’URBANIZZAZIONE NELLE AREE
SOTTOPOSTE A VINCOLO PAESAGGISTICO
(NUMERO DI EDIFICI PER 100 KM2)
nel
22,91
1981
+ 30,2%
nel
29,83
2011
REGIONI 1981
2011
MARCHE 50,759,4
LIGURIA 286,1
296
PUGLIA 615727
SICILIA 113,9152,1
edilizio -abusivo- è cresciuto
dal 1981 del 30 per cento. In
media, gli edifici realizzati in
aree vincolate sono quasi 30
ogni 100 km2, ma nelle Regioni costiere il dato è esponenzialmente più alto, come
dimostrano i casi di Puglia
(727 edifici ogni 100 km2) e
Liguria (296). Secondo Legambiente, dopo l’approvazione della legge sugli ecoreati ne servirebbe una anche
sull’abusivismo edilizio, “che
renda più snelle le procedure che portano al riconoscimento e all’abbattimento”.
Paolo Berdini, che è un urba-
10,47
10
nista e per Altreconomia ha
curato uno dei saggi del libro
“Rottama Italia”, sottolinea
come gli indirizzi di un eventuale nuovo intervento legislativo andrebbero ricercati
nel testo della (vecchia) legge
47/85, che -spiega Berdini“dice una cosa fondamentale:
il miglior deterrente all’abusivismo è la confisca, ovvero la
perdita della proprietà della
casa. Se chi realizza un abuso
rischia la titolarità del bene,
e anche quella del beneficio
economico conseguente, finisce l’abusivismo”. Berdini
-che nel 2010 ha scritto an-
nel 2009
nel 2013
nel 2014
L’indice di abusivismo edilizio
misura il numero di abitazioni
illegali costruite ogni 100 interventi
autorizzati realizzati.
Nel 2014 era di 17,56, e dal 2009,
complice la crisi economica, che ha
colpito il settore edilizio, sarebbe
cresciuto del 67,7%. Questo dato
è stato diffuso nel dicembre 2015
dall’ISTAT, nell’ambito del terzo
rapporto BES, ovvero dell’analisi
che l’Istituto nazionale di statistica
dedica alle misure del benessere
equo e sostenibile.
L’indice di abusivismo edilizio
(che nel 2014 ha visto un picco in
Molise, dove il 70,48% degli edifici
realizzati non sarebbe autorizzato)
è uno dei parametri utilizzati per
definire il rapporto tra gli italiani
e il “Paesaggio e patrimonio
culturale” del Paese (www.istat.
it/it/misure-del-benessere). Un
altro riguarda invece il numero
degli edifici costruiti nelle aree
sottoposte a vincolo paesaggistico.
La media nazionale è (al 2011, data
dell’ultimo censimento) di 29.83,
con un aumento del 30,2% rispetto
al 1981. Il problema riguarda, in
particolare, le Regioni costiere.
che una “Breve storia dell’abuso edilizio in Italia” (Donzelli)ricorda che “la legge 47 parla
anche di demolizione coatta,
o dell’acquisizione del bene
abusivo al patrimonio pubblico”. Secondo Berdini si tratterebbe di “un’arma atomica”,
capace di risolvere anche un
altro problema: “Le costruzioni illegali sono un fattore
di concorrenza scorretta rispetto a chi opera in maniera
legale” sottolinea Bellicini del
Cresme. Come un virus, che
quando colpisce un corpo
malato -com’è l’edilizia italiana- fa ancora più male. --WWW.ALTRECONOMIA.IT
37
MOBILITÀ
IL CICLO DI VITA DI QUESTE OPERE È DI CIRCA 70 ANNI
LA SALUTE DEI PONTI
Costruiti in buona parte tra
il 1955 e il 1980, le infrastrutture viarie del nostro Paese necessitano di
monitoraggio e manutenzione. E di un censimento puntuale --- LUCA MARTINELLI
“QUANTO DURA UN PONTE?”. IL
PROFESSOR PIERGIORGIO MALERBA, docente di Bridge Theo-
ry and Design del Politecnico
di Milano, risponde stendendo un foglio A4 sulla scrivania, e disegnando una linea del tempo: “La maggior
parte di ponti e viadotti del
nostro Paese sono stati costruiti tra il 1955 e il 1980.
Sono, quindi, opere che
hanno caratteristiche simili,
e che sono state realizza-
te utilizzando le medesime
tecnologie. Per questo, oggi
risentono, tutte insieme, degli stessi effetti del tempo in
termini di ammaloramenti
e di perdita di funzionalità”.
Secondo Malerba, che
è anche vice-presidente
dell’International Association
for Bridge Maintanance and
Safety e coordinatore di
Iabmas Italia (www.iabmasitaly.it), un’associazione di
studiosi, ricercatori e pro-
gettisti che si occupano di
manutenzione, sicurezza e
gestione dei ponti, “gli anni
di vita utile effettiva per
un’opera di questo tipo, nel
nostro Paese, può variare
tra i 50 anni e i 90 anni”.
Malerba fa riferimento al
concetto di Life-Cycle, “ciclo
di vita”, che dev’essere esplicitamente indicato per tutti
i ponti progettati e realizzati a partire dal 2008. Parla
anche di “sicurezza di piena
funzionalità”, evidenziando
tutte le possibili cause di
degrado. Dall’erosione del
calcestruzzo alla corrosione
delle armature, dai rigonfiamenti per ruggine al danneggiamento degli appoggi.
Il Viadotto Himera, lungo
l’autostrada A19 tra Palermo
e Catania, in Sicilia, è stato
abbattuto il 22 dicembre
2015, alle 15.48. Per farlo sono stati impiegati 250
--- Il Viadotto Himera è stato abbattuto il 22 dicembre 2015 dopo un danneggiamento dovuto a un evento franoso. Nelle pagine seguenti, la riapertura del Ponte
della Becca di Pavia, sul fiume Po --FEBBRAIO 2016
WWW.ALTRECONOMIA.IT
39
40
MOBILITÀ
SOSPESI SULLO STRETTO
Anas spa è il principale
azionista della società Stretto
di Messina spa, che è
stata costituita l’11 giugno
del 1981, per progettare,
realizzare e gestire il Ponte
sullo Stretto di Messina.
Si dava così attuazione a
una legge del 17 dicembre
1971,“Collegamento viario
e ferroviario fra la Sicilia ed
il continente”. Esattamente
41 anni dopo, il 17 dicembre
2012, la società è stata
messa in liquidazione, con un
provvedimento del governo
guidato da Mario Monti, e
a metà gennaio 2016 il sito
internet strettodimessina.it
non risulta in funzione.
L’idea era quella di realizzare
il ponte a campata sospesa più
lungo del mondo (3 chilometri
e 300 metri), sostenuto da due
torri alte 400 metri costruite
sulla terraferma -in Calabria
e in Sicilia-: alcuni elementi
progettuali sono ancora visibili
sul sito ponteurolink.it, che
fa riferimento alla società
di progetto Eurolink, il cui
primo azionista è l’impresa di
costruzioni Salini-Impregilo.
Nel marzo del 2006 Eurolink
aveva firmato un contratto che
la individuava come contraente
generale, ed aveva elaborato
un progetto definitivo, che il 29
luglio 2011 era stato approvato
da Stretto di Messina spa.
Il 27 marzo 2013, dopo che
il governo aveva cancellato
la realizzazione del ponte
dall’agenda, era arrivata
dal ministero dell’Ambiente
una valutazione di incidenza
ambientale (VIA) negativa. E il 7
gennaio 2014 la Commissione
europea aveva archiviato
l’esposto di Eurolink contro
l’Italia. A novembre 2015,
è stato il premier Matteo
Renzi a “ritornare” sul Ponte,
intervistato dal giornalista
Bruno Vespa lo avrebbe
definito “un altro bellissimo
simbolo dell’Italia”, da
realizzare.
WWW.ALTRECONOMIA.IT
chilogrammi di esplosivo,
spiega un comunicato stampa di Anas spa, la società per
azioni controllata dal ministero dell’Economia che è il
gestore della rete stradale ed
autostradale italiana di interesse nazionale.
Otto mesi prima, nell’aprile dello scorso anno, il viadotto era stato danneggiato
da un movimento franoso,
che aveva fatto cedere uno
dei piloni che sostenevano
il manufatto. A seguito del
danneggiamento, e forse a
causa della grande eco mediatica che l’evento ha avuto,
Anas ha annunciato un investimento di ben 842 milioni di euro sull’A19, per un
“programma straordinario
di potenziamento e riqualificazione dell’itinerario, che
comporta la realizzazione
di nuove pavimentazioni e
barriere, il risanamento di
tutti i viadotti e nuove dotazioni tecnologiche per le
gallerie del tracciato”, come
racconta l’azienda.
Il programma straordinario è stato presentato a
fine novembre, nel corso di
una conferenza stampa cui
hanno partecipato -tra gli
altri- il ministro alle Infrastrutture, Graziano Delrio, il
presidente dell’Anas, Gianni
Vittorio Armani, il capo della protezione civile, Fabrizio
Curcio, e il presidente della
Regione Sicilia Rosario Crocetta. Se la scelta di investire
oltre ottocento milioni di
euro sull’A19 fa seguito al
crollo del Viadotto Himera, è importante ricordare
che si tratta di appena una
delle 11mila “opere d’arte maggiori”, come l’Anas
descrive ponti e viadotti,
presenti lungo la rete in
concessione, che misura
oltre 25mila chilometri.
L’ingegner Fulvio Maria Soccodato, responsabile della
manutenzione straordinaria
per Anas, spiega che “per
circa la metà delle 11mila
opere presenti nel corso degli anni 2010-2014 è stato
espletato un accurato monitoraggio dei manufatti,
eseguito con i più moderni
strumenti di rilevazione, e
che ha permesso una precisa
analisi dei difetti e, in alcuni
casi, anche la stima dei costi
di interventi per la riduzione degli stessi”. L’altra metà
non è ancora stata valutata.
Intanto, a fine novembre, la
società ha presentato anche
il proprio “Piano pluriennale 2015-2020”, che per
la prima volta prevede un
impegno significativo per la
manutenzione straordinaria
e per le opere di messa in
sicurezza, attività che interesseranno 2.919 chilometri
e a cui verranno dedicate il
40,6% delle risorse disponibili, pari a 8,2 miliardi di
euro. L’ingegner Soccodato
definisce questa scelta “una
tangibile controtendenza”,
spiegando ad Ae che “negli
anni a cavallo 2010-2012 si
è registrata una significativa
riduzione degli stanziamen-
ti pubblici per l’attività di
manutenzione straordinaria”.
Il pericolo maggiore non
sarebbe quello di un crollo,
che potrebbe anche essere
frutto di un evento eccezionale (è successo per il Viadotto Himera, ma anche a
un ponto sul fiume Aulella, in
Lunigiana, lungo la Ss 63 del
Cerreto, a causa dell’alluvione del novembre 2012), ma
l’interruzione prolungata di
un ponte o di un viadotto,
oggetto di una inadeguata
manutenzione. Nell’ambito
di una ricerca condotta da
Éupolis per Regione Lombardia e dedicata a “I ponti sul Po: un collegamento
fondamentale”, cui Malerba
ha collaborato assieme alla
società Trasporti e territorio
srl, è stato calcolato il costo di un’interruzione, che
8,2 MILIARDI
DI EURO, LE RISORSE CHE VERRANNO DESTINATE DA ANAS SPA ALLA
MANUTENZIONE STRAORDINARIA E MESSA IN SICUREZZA DI 2.919 KM
FEBBRAIO 2016
41
IL PONTE AL MASSIMO RIBASSO
Nell’estate del 2015 è stato
assegnato -dall’Anas- l’appalto
per la costruzione di un nuovo
ponte sul fiume Verdura, lungo
la statale 115 fra Sciacca e
Ribera, in provincia di Agrigento.
Quello esistente aveva subito un
ridurrebbe la funzionalità del sistema di trasporto,
obbligando ad esempio a
scegliere itinerari diversi
(e più lunghi). Il mancato
utilizzo potrebbe arrivare a
provocare un danno di 400
milioni di euro all'anno
per un ponte autostradale,
mentre un attraversamento
su strada provinciale (o statale) potrebbe "costare" fino
a 135 milioni per un anno.
Dei 29 collegamenti presi in esame dallo studio di
Éupolis Lombardia, ben 12
presentavano l’esigenza di
interventi urgenti.
di euro aggiudicati) nello stesso
anno ha registrato mediamente un
ribasso medio del 28,7%, che è
salito al 32,4% nei primi otto mesi
del 2015.
B.M.S.
una limitazione di velocità
di attraversamento. Accorgimenti contri i quali, mediamente, un automobilista
protesta. Manca, al momento, uno strumento in grado
di comunicare ai cittadini
l’importanza delle manutenzioni. Che non possono
essere vissute solo come un
disagio attuale, ma devono
essere guardate “in una logica di sviluppo del Paese”,
come sottolinea Malerba.
ACRONIMO DI BRIGDE MANAGEMENT SYSTEM. SE N’È DOTATA
LA PROVINCIA DI TRENTO PER RICOSTRUIRE L’ANAGRAFE DEI PONTI
oggi gestito da Anas, province, Comuni e concessionari autostradali, oltre a Rfi,
per valutare insieme le priorità d’intervento”. Secondo
il docente del Politecnico
di Milano, l’anagrafe delle
opere esiste solo a “macchia
di leopardo”. Alcuni enti
-come la Provincia di Trento,
www.bms.provincia.tn.itsi
sono dotati di un Brigde Management System (BMS), ma
l’accuratezza dei dati raccolti non è uniforme in tutto il Paese. “A partire da una
storia delle ispezioni e degli
interventi di manutenzione,
un sistema BMS è in gra-
do di realizzare previsioni
sul progredire dello stato
di ammaloramento, e può
essere utile per calcolare la
capacità portante residua e
la vita utile residua dell’opera, agevolando così le scelte
decisionali ed economiche
sulle priorità d'intervento”.
Quello di “capacità portante residua” non è un concetto astratto: significa che il
ponte o il viadotto potrebbe
non essere più in grado di
sopportare un traffico normale, e può tradursi -davanti a un guidatore- in un
senso unico alternato o in
Gianpietro Malosio / Fotogramma
Il professor Malerba sottolinea l’esigenza di una visione d’insieme, o almeno
di una regia istituzionale
presso il ministero delle
Infrastrutture, l’unico che
dovrebbe essere in grado di
“pesare tutto il patrimonio,
crollo nel 2013. La ditta che sta
realizzando i lavori, L. & C. srl
ha “offerto” un ribasso del 37,9
per cento rispetto alla base d’asta.
Secondo il Cresme, l’Anas, che è
stata la prima stazione appaltante
d’Italia nel 2014 (3,7 miliardi
FEBBRAIO 2016
Altri
elementi
aiutano a comprendere questo
concetto sono riassunti
dall’ingegner Soccodato di
ANAS: “I tempi di attivazione per questi lavori di
manutenzione sono molto
rapidi, 3-6 mesi rispetto a
uno o due anni per le nuove
opere. Rapidi sono quindi
anche gli effetti sulla crescita economica e sul prodotto
interno lordo, l’impiego di
risorse umane, forniture e
fatturati per cantieri. Questi interventi aumentano la
capacità trasportistica senza
consumare territorio e con
basso impatto ambientale,
allungando il ciclo di vita
dell’infrastruttura”. L’Anas
lo sa, il governo non ancora:
Eppure: dei quasi 4 miliardi
di euro erogati dal governo
con lo Sblocca-Italia del
novembre 2014 per le “opere cantierabili”, alla “Manutenzione ordinaria e straordinaria di ponti viadotti e
gallerie della rete viaria nazionale” vanno appena 300
milioni, meno del 10 per
cento delle risorse. ---
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42
DIRITTI
PROTESTANO ANCHE GLI ANIMALISTI: I SELVATICI IN MOVIMENTO RISCHIANO LA VITA
IL FILO SPINATO ALLA PORTA
La Slovenia
ha steso un reticolato lungo il fiume Dragogna, che divide il Paese dalla
Croazia. A meno di 30 chilometri dall’Italia, l’Europa è divisa --- LORENZO GUADAGNUCCI
SULLE SPONDE DEL DRAGOGNA SI
COMPRENDE LA PROFONDITÀ DELLA
CRISI POLITICA E MORALE CHE VIVE
L’EUROPA. Lungo il corso del
fiume che scende dai monti
della Savrinia, la Repubblica
di Slovenia ha steso nel novembre scorso un reticolato
di filo spinato. Naturalmente, è una rete messa contro i
profughi in movimento sulla
rotta balcanica, o meglio per
“controllare meglio i flussi
migratori”, secondo il pudico linguaggio della politica.
C’è da preoccuparsi, nonostante il silenzio che circonda la vicenda, perché siamo
a meno di trenta chilometri
dal confine italiano e perché
al governo a Lubiana non c’è
la destra-destra ungherese di
Viktor Orbán, bensì un pacato giurista cinquantenne,
Miro Cerar, alla guida di una
coalizione di centrosinistra.
Rafforzato dal filo spinato e
dai controlli di frontiera con
un Paese non-Schengen (la
Croazia), il confine sul Dragogna è oggi la barriera più
alta -sotto il profilo simbolico- che sia stata alzata
nella penisola dell’Istria, una
regione che si è sempre concepita come un’entità omogenea, con una sua cultura e
2004
anche una sua lingua, l’istroveneto, idioma che si somma
allo sloveno, al serbo-croato e
all’italiano.
Nella Jugoslavia socialista il Dragogna era solo un
confine amministrativo fra
Slovenia e Croazia, barriera
quasi invisibile e per lo più
ignorata. La disgregazione
jugoslava divise invece l’Istria in due veri spezzoni, un
piccolo spicchio, fra Capodistria e Pirano, sotto Lubiana, il resto nella repubblica
croata; il Dragogna cominciò a segnare un confine fra
due veri Stati, con tanto di
controversia internazionale
sulle rispettive acque territoriali nel Golfo di Pirano.
Fu un piccolo grande dramma per la gente istriana. Finché, il primo luglio 2013, non
è arrivata l’Europa, con l’ingresso della Croazia nell’Unione (la Slovenia ne fa parte
dal 2004): pareva l’apertura
di una fase nuova, il preludio a un’ideale riunificazione dell’Istria nel più grande
spazio europeo. Sono passati solo due anni e mezzo,
ed ecco che Lubiana decide
di piazzare 140 chilometri
di filo spinato (fra l’Istria e
altre zone di confine), col
CON L’INGRESSO DELLA SLOVENIA IN EUROPA
VENNE ABBATTUTO IL MURO CHE DAL 1947 DIVIDEVA IN DUE GORIZIA
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progetto europeista rimasto
fatalmente impigliato nelle
piccole e taglienti lame collocate dall’esercito sloveno.
Il reticolato è un segno dei
tempi, e dunque pare molto
pertinente l’amara e sarcastica affermazione -“Living the
Ue dream” (col simbolo Ue
circondato da spine d’acciaio
anziché dalle stelle ufficiali)- scritta sul cartello abbandonato da qualcuno nel
punto scelto da un gruppo di
sindaci e amministratori per
terminare la singolare marcia organizzata il 7 gennaio
2016. Primi cittadini e assessori con la fascia tricolore
provenienti dalla provincia
di Gorizia, lo stesso presidente dell’ente, insieme con
esponenti delle associazioni
degli italiani d’Istria, hanno
camminato per poche decine
di metri dal posto di confine
al filo spinato sul Dragogna,
attraversando orti e vigneti
lungo un sentiero infangato.
Arrivati alla barriera, gli amministratori hanno deposto
mazzi di fiori e pronunciato
discorsi di apertura e fratellanza, del tutto dissonanti
con ciò che si dice a Lubiana
ma anche a Roma e nelle altre capitali europee, visto che
la scelta di posare il reticolato
non ha suscitato scandalo. Le
ragioni per cui gli amministratori goriziani e gli italiani
d’Istria (in compagnia delle
associazioni animaliste, fra le
prime a protestare contro la
nuova barriera) si sono messi
in marcia va probabilmente
ricercata nella storia recente
di queste terre. Gorizia è stata
una città divisa da un autentico muro -base di calcestruzzo e una cancellata alta due
metri in piazza Transalpina,
davanti alla stazione ferroviaria- dal 1947 fino al 2004:
i dolorosi effetti della guerra
fredda si sono protratti più a
lungo lì che a Berlino. Quanto agli italiani d’Istria, minoranza linguistica e nazionale
FEBBRAIO 2016
--- L’esercito sloveno ha steso 140 chilometri di filo spinato tra l’Istria e le altre zone di confine tra la Repubblica di Slovenia e la Croazia, che fa parte
dell’Unione europea ma non aderisce al Trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone ---
mette a repentaglio le fondamenta dell’Europa unita”.
Il reticolato, naturalmente, ha
una funzione pressoché simbolica: non serve a fermare i
profughi, visto che la Slovenia è territorio di passaggio
(in treno) verso il Nord Europa, ma indica il posizionamento di Lubiana sulla linea
dei Paesi più duri contro i
migranti, nonostante il colore politico di centrosinistra;
l’ungherese Orbàn rischia
allora di rivelarsi un anticipatore delle future politiche
europee, più che il reprobo
finora dipinto.
Non serve a fermare i profughi, ma in compenso il filo
spinato è un’insidia mortale
per gli animali selvatici -cinghiali, volpi, caprioli, daini,
cervi- e quindi non sorprende che le associazioni anima-
liste siano protagoniste delle
proteste e delle manifestazioni contro la nuova barriera. “I selvatici non conoscono
frontiere, sono il simbolo della libertà di movimento, che
noi rivendichiamo per tutte
le specie”, dice Andrea Bogataj, della Società per la prevenzione dei maltrattamenti
sugli animali di Capodistria.
Furio Radin, deputato al par-
lamento croato in rappresentanza della minoranza di lingua italiana, è uomo saggio e
di vasta esperienza. Davanti
al filo spinato, dopo la marcia, ha ammonito: “Faccio un
appello agli amici sloveni a
togliere questo filo spinato,
per non rimanervi impigliati
con la mente. La storia purtroppo insegna che è molto
più facile mettere barriere
che toglierle, perciò dobbia-
lorenzo guadagnucci
divisa fra due Stati, l’innalzamento di nuove barriere
sul Dragogna ha per loro il
sapore di un’inattesa regressione storica. Il 7 gennaio
hanno quindi manifestato
fino al Dragogna istituzioni e
minoranze più sensibili di altre alle minacce della chiusura e del nazionalismo, perché
ne hanno sofferto più a lungo
e più direttamente i nefasti
effetti. Enrico Gherghetta,
presidente della Provincia di
Gorizia, davanti al filo spinato ha tenuto un breve quanto
ispirato comizio: “Abbiamo
vissuto i dopoguerra tormentati del confine orientale
e per noi è inimmaginabile
l’idea che vengano rimessi
i fili spinati. Noi siamo nati
con l’idea dell’Europa che si
allarga e non dell’Europa che
si restringe. Questa barriera
FEBBRAIO 2016
mo fare in fretta”. E Maurizio Tremul, presidente della
giunta esecutiva dell’Unione
italiana (l’associazione che
riunisce gli italiani residenti fra Istria e Quarnaro), ha
quasi infierito sui presenti,
ricordando le recenti illusioni
europeiste: “Ricordo la notte
di Gorizia fra il 30 aprile e
il primo maggio 2004: ci fu
una grande festa, quando fu
abbattuto il confine fra Slovenia e Italia che tagliava in
due la città. Oggi, appena un
decennio dopo, vedere questo
filo spinato è molto doloroso”.
L’ansia di barriere è un virus
in forte diffusione, e lo stato
d’emergenza permanente un
destino quasi ineluttabile, ma
almeno l’opposizione al filo
spinato, sia in Slovenia che
in Croazia, è piuttosto vivace.
Ci sono gruppi -soprattutto
animalisti- che compiono
azioni di sabotaggio: piccoli
commando di due-tre persone munite di tenaglie scelgono punti poco controllati e
tagliano la barriera, con tanto
di fotografie destinate ai social network, in modo da lasciare varchi utili agli animali
e intanto combattere in rete
la battaglia dei simboli aperta
dal governo di Lubiana; da
un lato le spine di metallo,
dall’altro le cesoie.
C’è chi pensa anche di organizzare un referendum contro il reticolato, ma l’appello
al popolo potrebbe rivelarsi
un boomerang: secondo alcuni sondaggi l’80 per cento
degli sloveni sarebbe a favore della scelta compiuta
dal premier Cerar. Il tarlo
dell’avversione per profughi e
migranti, coltivato nella Fortezza Europa, sembra aver
scavato in profondità. ---
WWW.ALTRECONOMIA.IT
43
DIRITTI
IN ITALIA IL 72% DEI MIGRANTI È OSPITE DI CENTRI TEMPORANEI, VIOLANDO IL DIRITTO UE
L’ACCOGLIENZA È UN DIRITTO
Ecco come
la legislazione italiana rende difficoltoso il riconoscimento dello status
di rifugiato, e anche la permanenza nel Paese del richiedente asilo --- DUCCIO FACCHINI
L’ACCOGLIENZA È UN DIRITTO CHE
L’ITALIA HA RICONOSCIUTO PER
LEGGE. L’ha fatto con un de-
creto legislativo di cui si è
poco dibattuto, datato 18
agosto 2015. È il 142, che è
andato tecnicamente a recepire due direttive comunitarie
(la 32/2013 e la 33/2013). Da
quando è entrato in vigore, il
30 settembre scorso, forma
e sostanza sono entrate in
conflitto, generando non pochi paradossi. Interpretazioni
normative tra loro diverse che
riguardano non solo la vita dei
richiedenti asilo -oltre 66mila
le domande esaminate dalle Commissioni territoriali
nel 2015, l’83% del totale di
quelle presentate- ma l’intero
“sistema dell’accoglienza”.
Un esempio aiuta a comprendere meglio. Per i disordini capitati dopo l’annuncio
di uno sciopero della fame,
4 cittadini nigeriani richiedenti asilo ospitati all’Hotel
Erba (Como, in gestione alla
“Cooperativa Sociale Progetto Itaca Onlus”) si son
visti notificare la “revoca delle condizioni di accoglienza”
e accompagnare a forza alla
stazione ferroviaria: “Abbandonare il territorio provinciale, grazie”. Non sono stati
espulsi perché la loro domanda di protezione è ancora valida -così come il permesso di
soggiorno temporaneo che ne
discende-, in attesa del giudizio della Commissione territoriale chiamata a valutarla
(teoricamente entro sei mesi),
ma se quelle quattro persone
allontanate dal centro -e non
dall’Italia- avessero voluto
ricorrere contro il provvedimento del prefetto avrebbero dovuto farsi carico di un
(oneroso) ricorso al Tribunale
amministrativo regionale.
Secondo l’Associazione per
gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), obbligare a
quel tipo di percorso “appare
costituzionalmente illegittimo”, proprio perché l’accoglienza è un diritto e non
“mero interesse legittimo”.
Dire che “l’accoglienza è un
diritto” significa, come illustra
Gianfranco Schiavone -vice
presidente di ASGI e presidente del Consorzio italiano
---
La tendopoli all’interno dell’aeroporto militare di Bresso, alle porte di Milano. Allestito dalla Croce Rossa,
accoglie profughi in arrivo dalla fascia sub-sahariana ---
luca matarazzo / agenzia fotogramma
44
WWW.ALTRECONOMIA.IT
di solidarietà-Ufficio rifugiati
Onlus di Trieste- che “final-
mente è stato riconosciuto il
diritto all’accoglienza anche
in pendenza di ricorso o in
presenza di un’autorizzazione alla permanenza. Fino a
quando non è stata presa una
decisione definitiva sulla domanda del richiedente, l’accoglienza non può cessare”.
Schiavone non si riferisce
solo alla fase iniziale dell’iter
-cioè al pronunciamento delle (venti) Commissioni territoriali chiamate a valutare le
domande-, ma anche ai passaggi successivi. Se la Commissione dovesse respingere
la domanda, infatti, al richiedente è riconosciuta la facoltà
di ricorrere al tribunale di primo grado, alla Corte d’Appello e alla Corte di Cassazione.
Un’altra problematica è quella dei richiedenti asilo cui sia
stato riconosciuto definitivamente il permesso di soggiorno per “motivi umanitari”.
Secondo il Dipartimento per
le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, che ha emanato una circolare “esplicativa” delle nuove
regole sull’accoglienza a fine
ottobre 2015, al beneficiario
di quel tipo di permesso “non
possono essere assicurate le
misure di accoglienza”, “salvo
che lo straniero non presenti
nuova domanda alle Commissioni territoriali”. La Prefettura di Torino ha preso alla
FEBBRAIO 2016
RICHIEDENTI ASILO: I DATI
STRUTTURE D’ACCOGLIENZA
PRESENZA/POSTI (OTTOBRE 2015)
PRESENZE/ %
TIPOLOGIA
NUMERO
POSTI
STRUTTURE DELLE
STRUTTURE
lettera la “tesi” del ministero,
comunicando formalmente
ai referenti delle strutture di
accoglienza temporanea che
i cosiddetti “umanitari” “non
possono permanere nelle
strutture di accoglienza”. In
provincia di Lecco ci si muove
diversamente, garantendo a
questa categoria di rifugiati
“lo stesso trattamento degli
altri”, come racconta ad Ae
un operatore di una struttura che agisce in convenzione
con la Prefettura.
Sempre a Lecco, però, il prefetto ha disposto la revoca
dell’accoglienza a un richiedente asilo incappato nel
doppio diniego da parte della Commissione territoriale
prima, e poi del tribunale (in
primo grado). Il punto è che
in realtà, come spiega Schiavone, il sistema dovrebbe garantire l’accoglienza durante
tutti i gradi di giudizio, fino
in Cassazione. Tutto ruota
intorno alla cosiddetta “sospensiva”. Secondo l’interpretazione ministeriale della
nuova legge, infatti, il ricorso
contro una decisione di rigetto che per la seconda volta
ha dichiarato inammissibile
la domanda “non sospende
l’efficacia del provvedimento
impugnato”, cioè il diniego
alla domanda di protezione.
Quindi, sempre secondo Viminale, “il ricorrente (in appello, ndr) non ha diritto alle
misure previste dal decreto
legislativo” (come avvenuto
a Lecco). E non è neppure
certo che ne possa beneficiare
se il giudice di secondo grado
dovesse accogliere l’istanza di
sospensiva.
La nebbia s’infittisce anche
per Silvia Turelli, operatrice della cooperativa K-PAX
Onlus di Breno (BS), protaFEBBRAIO 2016
45
66.266
DOMANDE DI
PROTEZIONE INTERNAZIONALE
ESAMINATE (83% sul totale delle
domande presentate)
0,09%
5% status
CAS
3.090
70.918
72%
SPRAR
430 PROGETTI
21.814
21%
CARA
13
7.290
7%
22% motivi
umanitari
CIE
7
464
99.096
0%
58% con
provvedimento di dinego
TOTALE
PRESENZE
altri esiti
di rifugiato
15% protezione
internazionale
Gli acronimi dell’accoglienza sono CAS (centri di accoglienza straordinaria), SPRAR (Sistema protezione richiedenti
asilo e rifugiati), CARA (Centri di accoglienza richiedenti asilo) e CIE (Centri di identificazione ed espulsione).
Fonte: ministero dell’Interno
gonista di un lungimirante
progetto di accoglienza diffusa in Valle Camonica che ha
conquistato anche l’attenzione del quotidiano francese Le
Monde. Turelli sta cercando di
orientarsi nelle “zone grigie
della normativa”, dov’è possibile incontrare -come racconta ad Ae- un “ricorrente
in appello (la cui richiesta di
sospensiva è stata respinta dal
giudice) che porta avanti una
pratica di riconoscimento di
status di rifugiato senza poter
restare sul territorio italiano,
lasciando così seguire il tutto
da un avvocato, su mandato”.
Si tratta della cosiddetta fase
“b” dell’accoglienza, che si sta
svolgendo nella confusione
delle regole e nella pressoché
totale impreparazione delle
strutture del nostro Paese.
Secondo la Fondazione Migrantes, infatti, “rispetto ai
153mila sbarcati, sono accolti
in Italia, nelle diverse strutture, al 1 gennaio 2016, 103.792
persone. Nella rete di primissima accoglienza sono presenti 7.394 persone (2mila
in meno rispetto allo scorso
anno). Nelle strutture temporanee di accoglienza sul
territorio nazionale sono oggi
ospitate 76.394 persone, oltre
il doppio rispetto allo scorso
anno. Nel Sistema protezione
richiedenti asilo e rifugiati
(SPRAR), cioè strutture di
seconda accoglienza degli
asilanti (sic) e rifugiati, sono
accolte 19.715 persone”.
Questi dati mostrano che la
straordinarietà è la norma
e la regola l’eccezione. “Lo
SPRAR dovrebbe contare su
risorse notevolissime -spiega
ad Ae Paolo Bonetti, professore associato di Diritto
costituzionale all’Università
Milano-Bicocca-, che invece
non ha. Così com’è il sistema
italiano di accoglienza viola la Direttiva comunitaria
che prescrive ad ogni Stato
di assicurare strutture dignitose con precisi requisiti,
prevedendo deroghe -come
il ricorso a strutture straordinarie- solo in casi di afflussi
eccezionali. In Italia è il contrario”.
I Comuni, del resto, non sono
obbligati ad accogliere i potenziali richiedenti ma sono
semplicemente incentivati
a farlo attraverso bandi ricorrenti (l’ultimo scade il 14
febbraio 2016). Per questo, lo
SPRAR riguarda oggi 434
progetti e coinvolge appena
382 enti locali in tutto il Paese. Nonostante le mancanze
del sistema, riescono a fiorire
buone pratiche. K-PAX, ad
esempio, già al lavoro su una
guida multilingue per l’orientamento legale dei richiedenti, si è immaginata la fase “c”
dell’accoglienza, una volta
ultimato il percorso. “Vi sono
soluzioni studiate ad hoc sul
progetto individuale di un
ragazzo la cui accoglienza
istituzionale giunge al termine ma sta svolgendo attività
formative o lavorative sul territorio (il decreto 142 prevede
la possibilità per l’interessato
di lavorare due mesi dopo la
presentazione della domanda
di protezione, prima erano 6,
ndr) -spiega Turelli-. In tale
caso è possibile inserirlo in
una delle strutture in affitto
alla cooperativa facendolo
compartecipare alle spese con
una quota di 100 o 120 euro
al mese, dal momento che
accedere al mercato privato
degli affitti non è semplice
per chi non ha un lavoro fisso o non ha la possibilità di
versare la caparra”. Non solo.
Dal momento che oggi il sistema italiano “cessa l’accoglienza una volta avvenuto il
riconoscimento di rifugiato
o meritevole della protezione sussidiaria”, come spiega
Schiavone di ASGI, K-PAX
ha deciso di partecipare al
progetto “OIKOS-Rifugiati
in famiglia”, che prevede, sia
per i richiedenti asilo sia per
i già riconosciuti rifugiati, la
possibilità di essere ospitati
“per un massimo di 6 mesi”
da famiglie residenti sul territorio di Brescia e Provincia.
Un tentativo di superare l’emergenza. “Che non è quella
dei richiedenti asilo -precisa
Bonetti-: siamo noi”. --WWW.ALTRECONOMIA.IT
46
SCIENZA&RICERCA
IL SUO LAVORO ALLA BASE DELLA RICERCA PER INDIVIDUARE IL BOSONE DI HIGGS
LA FISICA È CULTURA
Intervista a Giovanni Jona
Lasinio, già insignito della prestigiosa medaglia Boltzmann: “In Italia si
ha spesso l’impressione che la ricerca sia un optional” --- LUDOVICA JONA
L’INTERESSE PER LA FISICA È COMINCIATO INTORNO A UNA TAVOLA
DA PRANZO, in una di quelle
riunioni di famiglia che si
svolgevano ogni giorno, in cui
il padre -ingegnere aereonautico con mille curiosità (nonno di chi scrive)- un giorno
aveva parlato di Einstein:
“La teoria della relatività mi
incuriosì talmente, che in seconda liceo andai a cercarla
nell’enciclopedia britannica
che avevamo a casa, tradussi
quella voce in italiano e ne
parlai a scuola”. Così, il fisico
Giovanni Jona Lasinio, accademico dei Lincei, noto a livello
internazionale per i suoi studi
sulla teoria dei campi e sulla
meccanica statistica racconta
di essersi avvicinato alla materia su cui ha svolto ricerca
per oltre 50 anni. Jona Lasinio è stato, tra l’altro, insieme
al premio Nobel per la fisica
Yoichiro Nambu pioniere della
ricerca sul concetto fisico di
“rottura spontanea di simmetria” (un esempio di questo
fenomeno è il magnetismo),
in particolare sul suo ruolo
nella fisica delle particelle. È
stato il punto di partenza di
Peter Higgs sulla via che ha
portato alla scoperta dell’omonimo bosone. Anche per
questi suoi studi, nel 2013 è
stato insignito della medaglia
Boltzmann, massimo riconoscimento internazionale per
i fisici che ottengono risultati
nell’ambito della meccanica
WWW.ALTRECONOMIA.IT
statistica. Intervisto mio zio,
professore emerito all’Università La Sapienza di Roma, nel
dipartimento dove ha cominciato a insegnare nel 1957.
Ci incontriamo all’entrata
dell’ateneo e attraversiamo
insieme i corridoi dai muri
verdognoli che sembrano non
aver ricevuto tinteggiature da
decenni, interrotti da vetrine
in legno che raccolgono strumenti in passato utilizzati per
gli esperimenti di laboratorio.
Anche nella stanza a lui riservata come professore emerito
devo stare attenta, mentre
scelgo la giusta illuminazione
per le fotografie, a maneggiare le vecchie persiane difettose, che sembrano potersi
rompere da un momento
all’altro. E così la domanda
sui finanziamenti alla ricerca
oggi in Italia appare banale: “In tutti i Paesi europei
vengono dedicati alla ricerca
alcuni punti del Pil. In Italia superiamo appena l’1 per
cento -dice-; sono passati governi di destra e di sinistra ma
non c’è stato verso, la ricerca
non hanno mai capito a cosa
servisse. Un problema culturale. Nonostante adesso sia
di moda riempirsi la bocca di
aiuto alla ricerca nei discorsi
dei politici”. “Da 25 anni i
concorsi per la ricerca vengono fatti a singhiozzo e spesso
hanno costituito degli ‘ope
legis’, come si dice in gergo,
ovvero è stato dato un posto a
chi, essendo rimasto per anni
in attesa di poter concorrere a
una promozione, non poteva
essere escluso (indipendentemente dal merito)”.
Hai ricevuto la medaglia
Boltzmann a Seul. La Corea del Sud con quasi il 4,5
% del Pil dedicato alla ricerca scientifica e tecnologica,
supera non solo l’Italia, ma
anche la media europea (2%)
Se vai in Corea, è impressionante la quantità di soldi
che sembrano avere a disposizione anche i ricercatori.
In Italia invece si ha spesso
l’impressione che la ricerca
sia un “optional”. Abbiamo
un sistema che è stato sempre
abbastanza asfittico a parte
gli anni 50-60 in cui c’è stato
un certo sviluppo. Quando si
FEBBRAIO 2016
---
Il fisico Giovanni Jona Lasinio, professore emerito all’Università La Sapienza di Roma, è anche accademico dei Lincei. Lo intervista sua nipote, la giornalista
Ludovica Jona ---
decise di sviluppare l’energia
nucleare ci furono investimenti nella ricerca: fu l’epoca in cui nacquero l’Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare e i
Laboratori Nazionali di Frascati. Inizialmente molti di noi
ricercatori fummo assorbiti
lì: non eravamo dipendenti
dell’Università ma dell’Istituto. Sono entrato organicamente nel sistema universitario prima con un posto
di assistente ma soprattutto
vincendo la cattedra nel 1969.
Come è cambiata l’università
italiana negli anni?
Quando io ho cominciato a
insegnare c’erano in Italia 20
o 21 università, oggi sono oltre 100. Anche se alcune sono
private, c’è stata negli anni
una proliferazione dovuta sostanzialmente a motivi clientelari. È passata una legge per
cui i concorsi si facevano su
base locale e, anche se la maggioranza della commissione
veniva eletta nazionalmente,
un membro era designato
dall’Università ed era molto
difficile disattendere i desideri dell’ateneo locale in cui
FEBBRAIO 2016
il valore della persona non era
spesso la motivazione principale. Più recentemente è stata
costituita l’Anvur (Agenzia
Nazionale per la Valutazione
dell’Università e degli Enti di
Ricerca) e ciò sta producendo
dei mutamenti. Ma i criteri
di valutazione usati si basano molto sugli indici bibliografici -ovvero sul numero
di pubblicazioni- che alcune
volte danno la risposta giusta,
molte altre distorta. Il mondo della ricerca è diventato
molto competitivo. I giovani
sono costretti a pubblicare
anche quando non hanno sostanzialmente molto da dire
e questo sta influendo negativamente sulla qualità della
ricerca. È un fenomeno non
solo italiano ma da noi può
avere effetti maggiori data la
debolezza del nostro sistema
scientifico. Oggi inoltre è
cambiato il modo di fare ricerca: quella che si fa dentro
le università è solo una parte.
Ci sono altri Paesi, tra quelli
che hai conosciuto nella tua
attività, che potrebbero essere presi a modello?
Oggi ci sono Paesi che investono molto di più come Inghilterra, Germania, Francia,
gli Usa. Ma anche negli Usa
le cose sono cambiate molto
rispetto agli anni 50-60: il
problema dei finanziamenti
è diventato serio anche lì. Per
avere un posto permanente
non basta il curriculum scientifico, il docente deve anche
essere capace di attirare fondi. Se una persona è capace
di attirarli con il sistema dei
grants, è facilitata rispetto a
una persona superiore scientificamente. Ma il sistema di
ricerca negli Usa è talmente
articolato che può assorbire
problemi di questo tipo per
lungo tempo.
Quando nel 1959 hai iniziato
a collaborare con lo studioso
giapponese Nambu che cosa
ha significato per te, in tempi
antecedenti la globalizzazione, lavorare con una persona
di una cultura tanto lontana?
Quando mi sono laureato,
Herbert Anderson -un fisico di Chicago che era stato
collaboratore di Fermi negli
ultimi anni- stava tenendo
a La Sapienza un corso di
fisica delle particelle. Avevo
contribuito a preparare gli
appunti del corso e alla fine
mi aveva proposto di andare
a Chicago. Contemporaneamente era passato a fare un
seminario Yoichiro Nambu,
che lavorava alla stessa università. Così ho risposto ad
Anderson: “Vengo, ma voglio
lavorare con Nambu”. Sono
stato a Chicago dal settembre ‘59 al dicembre ‘60. Con
Nambu eravamo come gusti
e mentalità affini, anche se lui
veniva dalla tradizione giapponese. Andavamo entrambi
per associazioni di idee. I fisici americani erano più pragmatici.
Il titolo della lecture per il
Nobel che hai tenuto a Stoccolma in nome di Yoichiro
Nambu definisce il concetto
di “rottura spontanea della simmetria” -che è stato
espresso nel modello Nambu-Jona Lasinio- un caso di
“fertilizzazione incrociata”
indicando una interazione
fruttuosa di diverse branche
della fisica. È una metodolo-
gia, quella della contaminazione, usata nella ricerca? Ho scelto quel titolo per descrivere il lavoro svolto con
Nambu. La “cross fertilization” non è una metodologia,
ma dipende principalmente
dalla cultura del singolo, dalla
propensione a fare accostamenti. Ci sono stati casi di
“cross fertilization” anche in
passato. Ad esempio il fisico
Maxwell ha proposto le equazioni delle onde elettromagnetiche usando analogie con
la meccanica. Attualmente è
più difficile l’individuazione
di analogie tra due diversi
ambiti di lavoro perché i fisici
sono estremamente specializzati e più raramente si mette
il naso in qualcosa che sta a
fianco. Il modello “NambuJona Lasinio” è nato da un’analogia, da un accostamento
di due cose completamente
diverse. Io venivo dall’Italia e
avevo una preparazione solamente di fisica delle particelle, mentre lui in Giappone era
stato esposto anche alla fisica
della materia macroscopica,
quella che incontriamo nella
vita di tutti i giorni. L’accostamento è venuto da un’analogia matematica tra due
cose, che poteva però essere
solo una coincidenza.
Invece è stato alla base della
ricerca con cui è stato individuato il bosone di Higgs
Ricordo che nel ‘66 sentii un
seminario di Peter Higgs in
cui lui raccontò che era partito dal nostro lavoro. Il fa-
Sono passati governi di destra
e di sinistra ma la ricerca non
hanno mai capito a cosa servisse
WWW.ALTRECONOMIA.IT
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48
SCIENZA&RICERCA
moso bosone porta il nome
di Higgs ma altri fisici hanno
contribuito alla teoria che ne
ha fatto un elemento importante del cosiddetto Modello Standard delle particelle.
Il problema che c’è dietro è
spiegare le masse delle particelle elementari che con il
Bosone di Higgs ha preso
una forma più definita ma è
tuttora non risolto. Nel modo
in cui è stato presentato al
pubblico ci sono degli aspetti
propagandistici: oggi esiste la
scienza spettacolo.
C’è un legame tra fisica e filosofia oggi?
Oggi la fisica è molto meno
impregnata di filosofia rispetto al passato. Anche se dietro
la fisica c’è molta metafisica,
a cominciare dall’ipotesi che
esista un mondo reale esterno
di cui possiamo fare una descrizione. Però non è una metafisica sistematica. Ci sono
sempre elementi metafisici
nell’attività scientifica, ma è
stato perso l’aspetto sistematico della filosofia. È un rapporto più complicato, ci sono
molte curiosità reciproche ma
nulla di sistematico. Anche
perché neanche la filosofia ha
più pretese sistematiche.
Su cosa si concentra tua attività di ricerca oggi?
Io mi sono occupato di fisica
di sistemi fuori dall’equilibrio
e in questi anni abbiamo fatto progressi abbastanza importanti con il mio piccolo
gruppo di cinque ricercatori, di cui tre sono stati miei
studenti. La fisica del non
equilibrio coinvolge scale di
grandezza e di tempo diverse,
dall’evoluzione dell’universo
alla microfisica. È un settore
della fisica che investe molti
ambiti, dai fenomeni climatici, ai terremoti, all’elettronica
delle nanotecnologie. E poi la
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biofisica, i processi negli esseri viventi.
Vi sono ricadute nella comprensione dei fenomeni climatici e nell’elaborazione di
modelli di sviluppo sostenibili?
I fatti climatici sono tipicamente fenomeni di “non
equilibrio” e ci sono fisici
dell’atmosfera che usano
queste idee che abbiamo
introdotto. C‘è un legame
complesso tra la ricerca di
base e quella applicata, sono
studi che dovrebbero avere
un impatto sia su problemi
di controllo di fatti climatici,
sia in generale sui problemi
energetici. Perché quando si è
fuori dall’equilibrio c’è sempre
un flusso di energia attraverso
un sistema, che è quello che
differenzia l’equilibrio dal
non equilibrio. Per questo,
sia l’Ente per l’energia americano, sia l’Accademia delle
Scienze Americana, hanno
indicato la fisica fuori dall’equilibrio tra le grandi sfide
della scienza per il futuro.
Hai studiato la casualità nei
fenomeni fisici. Come spiegheresti il fatto che in un
universo così legato al caso
sia potuta nascere la vita?
Per quanto ne sappiamo la
nascita della vita è un fenomeno avvenuto una volta
sola nella storia della Terra.
Quindi esula dall’abituale
metodologia della fisica che
si riferisce a fenomeni ripetibili indefinitamente. Tuttavia
anche la materia vivente è
costituita da atomi e molecole che seguono leggi che
riteniamo stabili e universali.
La domanda ha quindi un
senso e il problema è stato affrontato, ma per il momento è
ben lontano da una soluzione
condivisa. ---
IL LAVORO SUI “PONTI” TRA TEORIE MATEMATICHE
IL SOGNO DELL’UNIFICAZIONE
Olivia Caramello, ricercatrice a Parigi: “Le
rivoluzioni scientifiche servono a cambiare i
punti di vista” --- PIETRO RAITANO
suo libro “How Not
Nof eltoMathematical
be Wrong. The Power
Thinking”
il matematico e divulgatore
Jordan Ellenberg cita pochi
matematici viventi. Tra questi, un solo caso italiano: “In
questo momento -scrive Ellenberg- stanno facendo sensazione le affermazioni della
giovane matematica italiana
Olivia Caramello, secondo cui
alcune teorie che governano molti ambiti diversi della
matematica risultano, quando si scava sotto la superficie,
strettamente correlate […] e
che, di conseguenza, teoremi dimostrati in un campo
matematico possono essere
trasferiti in un’altra area che
superficialmente appare totalmente diversa”.
Quando raggiungiamo la
professoressa Caramello nel
suo ufficio, a Parigi, è reduce dall’organizzazione di un
convegno molto riuscito sul
suo ambito di ricerca. “Le
cose di cui mi occupo sono
piuttosto difficili da comunicare ad un pubblico vasto, ma
si può descrivere la filosofia
che ci sta dietro”. Piemontese,
31 anni, laurea di primo e secondo livello in Scienze matematiche a Torino, dottorato
al Trinity College di Cambridge,
e -a partire dal 2009- ricerca:
prima alla Normale di Pisa, al
Jesus College ancora a Cambridge, al Max Planck Institute di Bonn, all’Institut des
(IHES) di Parigi e oggi al
Département de mathématiques dell’Université de Paris 7,
con una borsa di ricerca intitolata a Marie Curie. È anche
diplomata al conservatorio di
Cuneo, in pianoforte.
“Ho sempre perseguito un
approccio
interdisciplinare nel fare ricerca, orientato
all’obiettivo di unificare differenti branche della matematica tra di loro. Ci sono
analogie e differenze tra le
varie teorie matematiche: la
cosa notevole è che tra queste
possono esistere dei ‘ponti’, i
quali permettono di disporre di molti punti di vista su
uno stesso problema e quindi
sono utili per tentare di ri-
Hautes Études Scientifiques
FEBBRAIO 2016
---
Piemontese, 31 anni, laurea di primo e secondo livello in Scienze matematiche a Torino, dottorato al Trinity College di Cambridge, e -a partire dal 2009ricerca: prima alla Normale di Pisa, al Jesus College ancora a Cambridge, al Max Planck Institute di Bonn, all’Institut des Hautes Études Scientifiques (IHES) di
Parigi. Oggi Olivia Caramello è al Département de mathématiques dell’Université de Paris 7, con una borsa di ricerca intitolata a Marie Curie ---
solverlo. Più precisamente, la
mia ricerca consiste nell’investigare il ruolo dei ‘topoi’
di Grothendieck come spazi
unificanti nella matematica e
nella logica”.
Che cosa rappresentano questi “ponti” tra teorie?
“I topoi sono concetti astratti
che si rivelano estremamente
efficaci per trasferire conoscenza tra differenti teorie
matematiche. Si può fare
un’analogia con il processo di traduzione di testi: è
come tradurre informazioni
dal linguaggio di una teoria
al linguaggio di un’altra teoria. Per effettuare una buona
traduzione,serve identificare
le proprietà astratte dei testi
(il significato, la musicalità...)
che devono restare ‘invariati’ nel processo di traduzione. Una traduzione letterale
procede dal basso verso l’alto,
secondo un percorso guidato
dal dizionario: suddividere il
testo in frasi e le frasi in parole, tradurre parola per parola.
Una buona traduzione invece
FEBBRAIO 2016
dovrebbe procedere secondo una metodologia dall’alto verso il basso, partendo
dall’identificazione di proprietà astratte del testo che
si vuole rimangano invariate
attraverso la traduzione. Lo
stesso avviene con i topoi, che
permettono di realizzare traduzioni di proprietà e costruzioni da una teoria all’altra in
virtù del fatto che su di essi
possono essere definiti diversi
‘invarianti’, che appunto non
variano attraverso la ‘traduzione’ ma che si esprimono in
maniere differenti in termini
delle diverse teorie matematiche associate ad un dato
topos”.
Come “funzionano” i topoi?
“Data una teoria matematica -normalmente presentata come insieme di assiomi
scritti in un certo linguaggiosi possono considerare tutti i
suoi ‘modelli’ , cioè le strutture
in cui gli assiomi della teoria
sono soddisfatti. In generale
una teoria matematica può
avere tanti modelli differenti.
Così come esistono molti
modi diversi di descrivere le
stesse cose, analogamente
teorie matematiche diverse
possono ‘raccontare’ la stessa
storia. È qui che intervengono i topoi: ad ogni teoria (di
un certo tipo alquanto generale) si può associare un topos,
detto il “topos classificatore”
della teoria, il quale appunto
classifica tutti i suoi modelli. Tale topos costituisce in
qualche modo il DNA della
teoria, cioè la sua ‘essenza’,
che è indipendente da come
la teoria è “presentata”. Esiste
dunque una dualità tra due livelli: la sintassi e la semantica.
Il topos è il ‘cuore semantico’
di una teoria matematica. Il
punto cruciale è che se due
teorie hanno lo stesso contenuto, ovvero lo stesso topos classificatore, per poterle
collegare si può utilizzare tale
topos come un oggetto ‘ponte’
che permette di trasferire dei
risultati da una teoria all’altra
considerando degli invarianti
definiti su di esso. L’unificazione consiste nel fatto che c’è
un’unica proprietà, definita a
livello del topos, che si manifesta in modi diversi nel contesto di teorie differenti. A
volte queste ‘traduzioni’ sono
sorprendenti, perché collegano proprietà che all’apparenza non hanno legami le une
con le altre. Il sogno dell’unificazione consiste dunque
nello sviluppare tecniche per
trasferire le conoscenze da un
settore all’altro. E già Grothendieck, grande matematico metà russo e metà tedesco,
che visse e lavorò per lo più in
Francia, scomparso poco più
di due anni fa, espresse questa
aspirazione”.
Professoressa, che cosa vuol
dire fare “bene” ricerca?
“Per poter fare ricerche in-
novative sono essenziali la
passione, l’ispirazione e la capacità di credere nelle proprie
intuizioni, senza farsi influenzare dalle mode che esistono
anche nella scienza. Può non
sembrare, ma anche in campi
come il mio c’è un notevole
investimento dal punto di vista emotivo. Conta anche l’aspetto ‘ambientale’, ovvero la
possibilità di confrontarsi con
i propri colleghi. La ricerca è
un’avventura collettiva e per
fare bene ricerca è importante sentirsi parte di una comunità. Le istituzioni devono
dare la libertà, di pensiero e
di azione. Guardo quindi con
una certa preoccupazione alle
ultime tendenze in fatto di
precarizzazione e subordinazione dei giovani ricercatori.
Forse in altre discipline è necessario che i giovani studiosi
debbano lavorare ‘al di sotto’
di ‘capi progetto’, ma almeno in matematica sarebbe
meglio distribuire le risorse
a una base più ampia e in
maniera meno accentrata, in
modo da favorire l’originalità, la diversità e la libertà di
pensiero. D’altra parte, le idee
veramente nuove vengono
quasi sempre dai giovani.
La ricerca non si traduce
necessariamente in maniera
immediata e tangibile in applicazioni pratiche. La ricerca
fondamentale o di base è un
investimento a lungo termine che apporta innanzitutto
dei nuovi ‘modi di pensare’.
È difficile quantificare quanto un modo di pensare possa
portare in termini economici.
Ma conta davvero? Le rivoluzioni scientifiche servono a
cambiare il punto di vista, e i
punti di vista sono essenziali,
forse anche più dei risultati.
Perché orientano le attività
umane”. --WWW.ALTRECONOMIA.IT
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50 IDEE ERETICHE
DI ROBERTO MANCINI
179
L’Europa dei muri. È quella che si manifesta sempre
di più, per ironia della sorte, nell’anno della misericordia. Ed è la stessa che, in funzione anti-islamica, torna sfrontatamente a dirsi “cristiana”. Ovunque si rialzano muri e barriere;
governi neofascisti o di destra moderata o di centro-sinistra sono accomunati da questo tipo di reazione.
Papa Francesco, nel discorso al corpo
diplomatico, ha detto: “l’Europa non
vacilli e accolga i migranti”; la risposta
è stata quella della sordità e, in Italia,
del ritorno delle voci -comprese quelle
di molti politici “cattolici”- che esigono il mantenimento del reato di clandestinità. Così a essere misconosciuti
ed espulsi non sono solo i migranti.
Di fatto questa Unione Europea del
mercato, della burocrazia e dei respingimenti ha espulso anche l’Europa dei
popoli.
Se la coscienza europea fosse vigile,
comprenderebbe che respingendo gli
altri che sono nel bisogno, nel pericolo e nella disperazione si distrugge la
parte migliore di se stessi e della propria democrazia perché ci si consegna
a una spirale di egoismo, irresponsabilità e violenza. Solo un forte risveglio etico può consentire di vedere le
due contraddizioni di fondo di questa
situazione.
La prima contraddizione è quella
tra l’identità cristiana retoricamente
dichiarata e la mentalità realmente
adottata. Quest’ultima ha cancellato
la memoria del Vangelo, che in sé non
è affatto “religiosa” nel senso di un’appartenenza esclusiva, perché al contrario la visione evangelica dischiude
una vera sapienza antropologica ed è
profondamente laica, cioè universalmente umana. Un’indicazione centrale custodita in tale memoria dice che
la misericordia -cioè l’amore resistente al male proprio perché è accogliente verso chiunque- è un fattore indispensabile per vivere insieme. Non è
una cosa da eroi o da santi, né la si può
ridurre a un sentimento di pietà. Essa
è una forma di relazione e di azione liWWW.ALTRECONOMIA.IT
beratrice che porta frutto in ogni ambito, anche in quello sociale e politico,
educativo ed economico.
La seconda contraddizione da riconoscere e affrontare è quella tra accoglienza e respingimento. È chiaro
che bisogna scegliere l’una fino in
fondo anziché l’altro. Ma se ci si limita a questa alternativa secca, senza
un impegno ulteriore, non si vedono
né le cause decisive del problema delle migrazioni coattive di massa, né la
sua soluzione. Accogliere non basta.
Occorre colpire le cause di guerre,
dittature, impoverimenti e deportazioni di massa, facendo in modo, con
il tempo, che quella di andare a vivere
all’estero diventi una scelta di libertà e
non sia più un tentativo generato dalla disperazione. Il mondo attuale è un
caos organizzato, più che da singoli e
pessimi potenti, da logiche mortali:
la logica della finanza e del profitto
a tutti i costi, quella del potere come
supremazia sugli altri, quella dello
sfruttamento illimitato di esseri umani e mondo della natura. Ecco perché
il fenomeno delle migrazioni forzate
e delle espulsioni è sistematico e inevitabile finché vincono queste logiche.
L’unica via per abolire le cause delle
migrazioni coattive è quella di uno
sviluppo internazionale della democrazia, con modalità autoctone in
ogni Paese, ma anche con la costruzione di vere istituzioni democratiche mondiali. La vera cooperazione
tra le nazioni è la cooperazione nella
democratizzazione reciproca e nella
corresponsabilità per il mondo. Infatti solo un autentico ordinamento
democratico, dove i popoli della terra
diventino non solo autodeterminati
ma anche solidali, può dare risposta
alla povertà, alla violenza, all’iniquità.
Solo così si riuscirà a prevenire il cre-
arsi di quelle situazioni senza scelta
che costringono intere moltitudini a
fuggire dal proprio Paese. In sintesi:
non deve essere ignorato il legame
tra logica della misericordia e sviluppo della democrazia. La misericordia
tratta chiunque secondo la sua dignità
e a suo modo la democrazia traduce
questo stesso criterio nella vita pubblica. Lo si comprende quando si riconosce che la democrazia stessa non
è solo una forma di governo o una
procedura elettorale, ma è anzitutto
una forma di società e di vita, quella appunto in cui la dignità umana e
il bene comune, ivi inclusa la natura,
sono il criterio più alto. Per queste ragioni l’anno della misericordia non è
una ricorrenza rituale, è un’occasione
di rigenerazione per tutti. ---
ROBERTO MANCINI
INSEGNA FILOSOFIA TEORETICA ALL’UNIVERSITÀ
DI MACERATA
Tra i suoi ultimi libri: Trasformare l’economia. Fonti culturali, modelli alternativi, prospettive politiche (Franco Angeli,
2014), Le logiche del male (Rosenberg
& Sellier, 2012). Con Altreconomia
edizioni ha pubblicato Dal capitalismo
alla giustizia (2013) e Idee eretiche, che
raccolgono gli scritti di questa rubrica.
FEBBRAIO 2016
Cambiamo
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