Perché, più dei furti, è il silenzio la vera minaccia al
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Perché, più dei furti, è il silenzio la vera minaccia al
ATTUALITÀ Banche, non sempre le dimensioni contano pag. 19 UNIVERSITÀ Spedizione in a.p. - d.l. 353/2003 Art.1, Comma 1, DCB Milano - Contiene I.C. La ricerca scientifica non è un optional pag. 46 Cura l’arte Perché, più dei furti, è il silenzio la vera minaccia al patrimonio culturale pag. 8 --- INTERNI STABILITÀ, PUNTO PER PUNTO Le novità della finanziaria 2016 pag. 13 --- AMBIENTE IL REFERENDUM SULLE TRIVELLE Le buone ragioni dei comitati pag. 16 --- MULTINAZIONALI STA ARRIVANDO STARBUCKS Fotografia del gigante del caffé pag. 24 --- ESTERI SLOVENIA: CONFINE SPINATO A soli 30 chilometri dall’Italia pag. 42 179 febbraio 2016 www.altreconomia.it Come abbonarsi ad Altreconomia 1.Compila il modulo, indicando il tipo di abbonamento scelto e i tuoi dati o TUTTO INCLUSO! - Annuale: 49 e o Ordinario - Annuale (11 numeri): 40 e o Amico - Annuale (11 numeri): 100 e o Biennale - (22 numeri): 78 e o Semestrale - (6 numeri): 22 e o Estero - Annuale (11 numeri): 55 e o AE + Azione Nonviolenta: 63 e o AE + Narcomafie: 62 e o AE + Gaia: 52 e NOME COGNOME VIA CAP o AE + Mosaico di pace: 64 e o AE + Valori: 72 e o AE + Nigrizia: 66 e PROV CITTÀ E-MAIL 2.Effettua il pagamento o Conto corrente postale n.14008247 intestato a Altra Economia Soc. 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Cattaneo 6, 22063 Cantù Altra Economia Soc. Coop. conta oggi 642 soci, 591 persone fisiche e 51 persone giuridiche. Il capitale sociale è di 192.500 euro. Le realtà del commercio equo e solidale sono 30. Per ogni esigenza, i soci possono scrivere a [email protected] Pubblicità: Lavinia De Ranieri [email protected] Progetto grafico: guido daelli/studioscheggia Stampa: New Press - Como Stampato su carta certificata FSC. Imbustato in Mater Bi® Chiuso in redazione il 21 gennaio 2016, alle 11.00 Altreconomia è un mensile d’informazione indipendente: non riceve finanziamenti pubblici e seleziona con criteri etici le inserzioni pubblicitarie. Se lo acquisti su strada, 3 euro su 4 del prezzo di copertina vanno al rivenditore EDITORIALE DI PIETRO RAITANO 179 Nella seconda metà del ‘500, l’ingegnere militare fiorentino Bonaiuto Lorini scrisse un saggio sulle fortificazioni; un passaggio del testo recita: “Fabbricare il corpo della fortezza con quei membri e quelle proporzioni militari che a tale architettura si richiede per difendere non solo un esercito da un altro assai maggiore, ma la città e i regni, è il nostro fine; prevalendoci della forma e della materia dei siti con ordine tale che i pochi difensori si possano difendere da numero assai maggiore, col fargli perdere tempo”. Il corsivo è dello scrittore romano Daniele Del Giudice, che nel commentare Lorini scrive: “La vera arma della fortezza era dunque il ritardo, il produrre lentezza, il dilatare il tempo fino a renderlo inoffensivo”. A farci caso, le immagini delle fortificazioni e dell’assedio sono spesso richiamate nel descrivere il sistema economico. E infatti le pratiche, le dinamiche e le politiche economiche sembrano far di tutto per farci perdere tempo, e rimandare il più possibile una transizione necessaria e urgente. Ma tempo ne abbiamo poco. È facile lavorare per analogie: nella fortezza risiede quell’1% della popolazione che -da solo- ha oltre la metà delle ricchezze del Pianeta; e i forzieri sono i paradisi fiscali. Fuori, il 99% degli abitanti del Pianeta, e tra questi gli oltre 3,6 miliardi che dispone di redditi pari a quelli dei 62 miliardari più facoltosi del globo, come ha svelato l’ong Oxfam. Non è difficile pensare che quell’1% non abbia alcuna fretta di contribuire a un mondo meno diseguale, ma che al contrario cerchi di ritardare il più possibile il momento in cui tale condizione dovesse iniziare a realizzarsi. A giudicare da come stanno le cose, ci stanno riuscendo piuttosto bene. L’assedio è un termine che si usa con frequenza anche trattando di migrazioni. E anche in questo caso, le politiche migratorie attuate dai Paesi più ricchi danno l’idea di volere “contenere” un fenomeno, più che gestirlo. Con conseguenze nefaste. Un recente rapporto di Medici Senza Frontiere ha denunciato ad esempio il catastrofico fallimento dell’Unione europea (la “Fortezza Europa”) nel rispondere ai bisogni umanitari di rifugiati, richiedenti asilo e migranti nel 2015. Il report di MSF descrive gli ostacoli che l’Europa e i governi europei hanno imposto lungo il percorso di oltre un milione di persone, la maggior parte in fuga da guerre e persecuzioni: mancanza di alternative alle pericolose traversate del mare, recinzioni di filo spinato sui confini, continui cambiamenti nelle procedure burocratiche fino a veri e propri atti di violenza. Tutto allo scopo di rallentare l’affermazione dei diritti di quelle persone: “Un approccio atroce e inaccettable” conclude MSF. Anche la transizione da un sistema energetico basato su fonti fossili a uno “rinnovabile” è continuamente rallentato. L’organizzazione Friends Of The Earth ha calcolato che le ricchezze delle 782 persone più facoltose della Terra sono equivalenti a quelle necessarie per convertire al “100% rinnovabile” i sistemi energetici di Africa, America Latina e gran parte dell’Asia, ovvero di circa metà della popolazione mondiale. Per l’Africa basterebbero i primi 32. Sarebbe molto utile, data l’urgenza -ecco ancora apparire il fattore tempoimposta anche solo dai cambiamenti climatici, ma l’economia mondiale -e anche quella locale- non riesce a togliere gli occhi dal petrolio. E per questo quegli occhi li chiude quando proprio i Paesi produttori di petrolio muovono guerre crudeli. Il conflitto in Yemen è relegato nel girone dei dimenticati della politica internazionale, e dell’opinione pubblica. Secondo l’Unhcr circa l’80% della popolazione del Paese (il più povero dell’area) necessita di assistenza umanitaria. Gli scontri sono costati la vita a oltre 6mila persone, in particolare civili (tra questi 10 bambini uccisi a Taiz, mentre tornavano a casa da scuola, il 19 gennaio 2016) mentre sono oltre 2,3 milioni gli sfollati interni. La guerra si è acuita dopo l’intervento di Arabia Saudita e Iran a sostegno delle fazioni contrapposte, con lo scopo dichiarato di tutelare la filiera del petrolio (molto del quale diretto in Europa). Le bombe saudite sganciate in Yemen sono partite anche dall’Italia, dall’aeroporto di Cagliari. Di notte, in tutta fretta, perché nessuno se ne accorgesse. --- STA ARRIVANDO LA NUOVA ALTRECONOMIA Cari lettori, dal prossimo numero (marzo 2016) potrete sfogliare un’Altreconomia tutta nuova. Nei contenuti, nella veste grafica, nelle rubriche, nel formato. L’indipendenza e la cura dell’approfondimento giornalistico, così come l’attenzione per i temi dell’economia solidale e dei diritti, invece, non cambieranno di una virgola, sostenuti in primo luogo da voi. Altreconomia, infatti, appartiene ai suoi lettori, e così sarà in futuro. FEBBRAIO 2016 WWW.ALTRECONOMIA.IT 3 4 www.CGPGrey.com QUALENERGIA.IT 17 GENNAIO 2016 In Danimarca, le fonti eoliche hanno generato oltre il 40% dell’elettricità consumata WWW.ALTRECONOMIA.IT RINNOVABILI, L’ANNO RECORD DEGLI INVESTIMENTI Nel 2015 non si è fermata la crescita degli investimenti in “energie verdi”, con una spesa complessiva di 329 miliardi di dollari (+4%). È quanto emerge da un report di Bloomberg New Energy Finance. La Cina è in testa, ma si fanno avanti India, Sud Africa e Sud America. L’Europa, invece, rallenta (-18%). Intanto, l’eolico in Danimarca ha generato nel 2015 il 42,1% dell’elettricità consumata nel Paese, quota record a livello mondiale, più che raddoppiata in 10 anni. L’obiettivo al 2020 è di raggiungere la soglia del 50% garantito soltanto da fonte eolica. FEBBRAIO 2016 12 NOTIZIE LETTE PER VOI ANCHE SUL NOSTRO SITO: WWW.ALTRECONOMIA.IT/RASSEGNA LA REPUBBLICA 8 GENNAIO 2016 Agente di spaccio Un agente della polizia penitenziaria in servizio al carcere di Monza è stato arrestato in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere per truffa aggravata, falso ideologico, corruzione in concorso e spaccio di droga in concorso con un detenuto, emessa dal gip del Tribunale di Monza. THE INDEPENDENT 11 GENNAIO 2016 Lavoro minorile. Nestlè a giudizio? Sarebbe stata consapevole dell’impiego di minori nelle piantagioni di cacao della Costa d’Avorio. La multinazionale (sponsor di Expo 2015) potrebbe quindi incorrere in una citazione in giudizio dopo che la Corte suprema degli Stati Uniti ha respinto il suo appello per chiudere la diatriba legale. Soddisfazione dall’International Labour Rights Forum. LA REPUBBLICA © European Union 2014 - Source EP 12 GENNAIO 2016 Bracco rinviata a giudizio La vice presidente di Confindustria e numero uno di Expo2015 Spa, Diana Bracco, è stata FEBBRAIO 2016 rinviata a giudizio a Milano per evasione fiscale e appropriazione indebita, reati che avrebbe commesso in qualità di presidente del cda del gruppo farmaceutico Bracco Spa. Secondo l’accusa vrebbe sottratto un milione di euro al fisco. AVVENIRE 13 GENNAIO 2016 I detenuti stranieri in calo Secondo i dati del ministero della Giustizia aggiornati a fine 2015, i detenuti stranieri presenti nelle carceri italiane sono 17.340, ovvero un terzo della popolazione carceraria complessiva. Le Regioni con più detenuti stranieri sono Lombardia, Lazio e Piemonte. Pur rappresentando un numero significativo, i detenuti stranieri sono diminuiti dello 0,7% nell’ultimo anno e del 30,5% negli ultimi cinque. ANALISIDIFESA.IT 15 GENNAIO 2016 Finmeccanica e i contratti in Angola L’Angola ha sottoscritto contratti con l’azienda guidata da Mauro Moretti per l’acquisto di 6 elicotteri, siluri e sistemi radar costieri per un totale di 212,3 milioni di euro. I contratti sono stati firmati il 23 dicembre scorso dal presidente angolano Jose Eduardo dos Santos. THE GUARDIAN 15 GENNAIO 2016 Giovanni Lo Porto, un anno dopo Daniele Lo Porto, fratello del cooperante italiano rapito in Pakistan nel 2012 e ucciso nel gennaio 2015 da un drone americano, ha raccontato al Guardian di come la sua famiglia sia stata abbandonata dai funzionari italiani e statunitensi. Dopo le condoglianze pubbliche, infatti, i contatti sono svaniti, rendendo difficile anche il rientro della salma. in tutta la Cisgiordania occupata da Israele, compresa Gerusalemme Est- contribuisca alla violazione dei diritti dei palestinesi”. OXFAM 18 GENNAIO 2016 Il mondo diseguale Nel 2015, 62 persone hanno accumulato la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di persone (la metà più povera della popolazione mondiale). Le loro ricchezze sono cresciute del 44 per cento tra il 2010 e il 2015, arrivando a 1.760 miliardi di dollari. INTERNAZIONALE 18 GENNAIO 2016 L’Etiopia dopo El Niño Per le Nazioni Unite occorrono 50 milioni di dollari per affrontare la crisi alimentare in Etiopia. A causa del fenomeno climatico El Niño più di dieci milioni di persone non hanno un accesso sicuro al cibo. La produzione agricola e zootecnica è crollata in tutto il Corno d’Africa. HUMAN RIGHTS WATCH 19 GENNAIO 2016 “Occupation Inc.” È il titolo di un documentato report curato dall’ong internazionale Human Rights Watch che ricostruisce come “il business delle imprese dei coloni israeliani -mezzo milione di persone che vivono in 237 insediamenti CORRIERE DELLA SERA 19 GENNAIO 2016 Rifugiati, il fallimento dell’Europa Medici senza frontiere ha pubblicato un dossier raccolto dai suoi operatori sul campo che denuncia gli abusi compiuti dalle autorità dei Paesi comunitari a danno dei migranti (1.008.616 di persone hanno cercato scampo in Europa nel 2015). Le testimonianze: “Gommoni affondati da uomini in divisa in Grecia”. QUOTIDIANO DIRITTO 20 GENNAIO 2016 I diritti dell’uomo nelle redazioni Le perquisizioni nelle redazioni degli organi di stampa e il sequestro di materiale cartaceo e informatico disposto da un’autorità giudiziaria sono incompatibili con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. È la Corte di Strasburgo a stabilirlo, con una sentenza sul caso “Görmüs contro Turchia”. WWW.ALTRECONOMIA.IT 5 6 LE BREVI 4.907 BATTUTE DI NEWS LA SPESA ALLA SPINA Negozio Leggero è il primo franchising italiano per la spesa alla spina, con 13 negozi in tutto il Paese (cinque dei quali tra Torino e provincia). Dal mese di febbraio, nel paniere -accanto a pasta, caffé, legumi, farine- c’è anche una selezione dei titoli di Altreconomia. L’elenco dei punti vendita è qui: negozioleggero.it BOLZANO BIO-ECO Consumo critico, autoproduzione condivisa e acquisto consapevole sono i tre “valori” fondanti di “Dal fare la spesa al farsi la spesa”, un’iniziativa promossa dal gruppo d’acquisto solidale OltryGas di Oltreisarco, un quartiere di Bolzano. Ai mercati bio-eco in programma domenica 21 febbraio, domenica 13 marzo e domenica 17 aprile ci sono anche i libri di Altreconomia e la nostra rivista. LEGUMINOSA I I Dal 4 al 6 marzo 2016 si terrà a Napoli la seconda edizione di Leguminosa, evento internazionale di Slow Food dedicato ai legumi, patrimonio di straordinaria importanza per l’alimentazione umana. L’appuntamento -in programma una mostra mercato, convegni e laboratori del gusto- organizzato da Slow Food Campania cadrà nel pieno dell’Anno internazionale dei legumi, proclamato dalla FAO. Info: leguminosa.it FA’ LA COSA GIUSTA Altreconomia fa ancora la cosa giusta. Come ogni anno, anche nel 2016 saremo presenti alla fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili -http://falacosagiusta. org- in programma a Milano, presso FieraMilanoCity, dal 17 al 19 marzo. Siamo nell’area Vegan al padiglione 4 (stand U 2/3/4). È in programma anche la presentazione dei libri “Il filo di canapa” e “Non aprire quella pappa!”, di cui scriviamo a pagina 22. LA LETTURA IN ITALIA L’Italia non legge, come dimostrano gli ultimi dati 2015 pubblicati dall’Istat a gennaio. Il 42% delle persone di 6 anni e più (circa 24 milioni) avrebbe letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti l’intervista; il 9,1% delle famiglie non ha alcun libro in casa, il 64,4% ne ha al massimo 100. Il 48,6% delle donne sono lettrici, contro il 35% dei maschi. Quasi un lettore su due (45,5%) si conferma “debole”, avendo letto non più di tre libri in un anno. Tra il 2010 KUASKA PRESENTA “LA BIRRA NON ESISTE” A RIMINI TRE PROGETTI EQUO-SOLIDALI DI PREFINANZIAMENTO B si diventa “coQ uando produttori” del caffè che eer attraction (beerattraction.it) è un evento dedicato alle birre artigianali, ma anche a tecnologie, attrezzature e materie prime. È in programma dal 20 al 23 febbraio alla Fiera di Rimini (ma aperta al pubblico di appassionati e degustatori solo il sabato e la domenica), e vedrà la partecipazione di Lorenzo Dabove: “Kuaska” presenterà il libro “La birra non esiste”, edito da Altreconomia ( bit.ly/kuaskabiografia), nel quale il “profeta” della birra artigianale italiana si racconta (l’appuntamenWWW.ALTRECONOMIA.IT to è sabato 20 alle 13.30). Da lunedì 7 a domenica 13 marzo 2016 è invece in programma la “Settimana della birra artigianale”, settimanadellabirra.it, una grande festa ideata per celebrare la birra di qualità, nazionale e straniera. Ad oggi (21 gennaio 2016) sono ben 211 le realtà aderenti, in tutta Italia tra birrifici, beershop e pub che ospiteranno incontri e degustazioni, e offriranno sconti sull’acquisto dei prodotti. IL CAFFÈ PIÙ BUONO beviamo a casa ogni giorno, l’aroma è più intenso. E quando i grani arrivano da filiera equo-solidale, come nel caso dei 3 progetti di pre-finanziamento in corso, la tazza profuma anche di diritti. La cooperativa marchigiana Shadhilly (shadhilly.com), ad esempio, promuove un “Coffeenanziamento”, rivolto in particolare ai gruppi d’acquisto solidali (Gas), cui è possibile aderire fino al 15 marzo 2016: il caffè arriva dal Guatemala (“El Bosque”) e dall’Uganda (il blend “+9”, dalla distanza di fuso orario tra i due Paesi). Ai Gas è rivolta anche la proposta dell’associazione Tatawelo (tatawelo.it), che in partnership con LiberoMondo shadhilly.com PER UNA PINTA DI QUALITÀ importa il caffè dal Chiapas, in Messico, e dal Centro America. Il pre-finanziamento è in corso fino al 29 febbraio. Arriva dal Chiapas e dalla Colombia il caffé della Torrefazione artigianale autogestita Malatesta, di Lecco (caffemalatesta. org). Il pre-finanziamento scade a fine febbraio. Tutti i moduli sono online. FEBBRAIO 2016 7 e il 2014, inoltre, la spesa delle famiglie per libri, giornali e periodici si è contratta del 18%. LA SALUTE DELL’ASILO Secondo il ministero della Salute e diverse Regioni, la possibilità di esenzione del ticket sanitario per i richiedenti asilo si ridurrebbe a 2 mesi dalla presentazione della domanda di protezione. Un’interpretazione restrittiva che rischia di colpire una “popolazione particolarmente fragile”, come ha segnalato al ministro Lorenzin l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (insieme, tra gli altri, a Fondazione Migrantes, Medici Senza Frontiere, NAGA) attraverso una lettera aperta spedita all’inizio dell’anno. LIVEWINE, NEL SEGNO DI GINO Altreconomia è media partner di LiveWine, il salone internazionale del vino artigianale in programma a Milano, presso il Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi, dal 5 al 7 marzo (livewine.it). I visitatori non troveranno al nostro stand bottiglie di vino ma “La sovversione necessaria” (bit. ly/altreconomiaveronelli) che racconta le battaglie civili e l’impegno politico di Luigi Veronelli, cioè il pensiero “fondante” di tutto il movimento. della Regione per diffondere sensibilità e attenzione al tema. A febbraio, inoltre, verrà pubblicato il report sulle mafie in Emilia-Romagna amministrazione virtuosa. È in programma a Bologna (26 febbraio), Caserta (4 marzo), Milano (11 marzo), Torino (12 marzo), Roma (15 marzo). Iscriversi costa 61 euro (e comprende un buffet a filiera corta). gli altri dal Gruppo Antimafia Pio La Torre (Gap). LA COLTURA BIODIVERSA L’Associazione italiana “Tra la via Aemilia ed il west - storie di mafie, convivenze e malaffare in E.R.” curato tra COMUNI VIRTUOSI Nella primavera del 2016 milioni di cittadini saranno chiamati al voto per eleggere i propri rappresentanti in 1.285 Comuni italiani, e migliaia tra sindaci, assessori e consiglieri comunali saranno investiti della responsabilità di governo del proprio territorio. L’associazione LA MAFIA IN EMILIAROMAGNA S’intitola “Mafie in EmiliaRomagna” il fumetto realizzato dal Gruppo dello Zuccherificio (gruppodellozuccherificio.org) in collaborazione con AdEst e Gruppo Antimafia Pio La Torre. È interamente autoprodotto e verrà distribuito in 3.000 copie ai ragazzi delle scuole medie dei Comuni virtuosi (altramministrazione.it) a tutti coloro che intendono candidarsi propone un corso d’introduzione alla pubblica per l’agricoltura biologica ha lanciato la campagna “ColtiviAMO BIOdiversitàbene comune”, con lo scopo di recuperare e diffondere biodiversità. Il metodo è pratico: la disseminazione di miscugli di semi provenienti da incroci e raccolte, anche di varietà antiche, nelle aziende agricole biologiche e biodinamiche che vorranno partecipare, e che diventeranno così custodi e moltiplicatori di semi. Info: aiab.it PRESENTATA LA BOZZA DEL DECRETO ATTUATIVO DELL’ART. 35 IL GOVERNO NON HA ABROGATO LA NORMA INTRODOTTA NEL 2009 Così è sta“I rricevibile”. ta definita da l’Italia ha rinunA gennaio ciato ad abrogare il reato bozza di decreto attuativo dell’articolo 35 della legge “Sblocca-Italia”, che riguarda i nuovi inceneritori da realizzare nel Paese. “L’unica novità -spiegano le associazioni ambientaliste in merito al testo che è stato discusso a fine gennaio nella Conferenza StatoRegioni- è l’eliminazione di 3 nuovi inceneritori previsti al Nord (Piemonte, Veneto, Liguria) dai 12 complessivamente ipotizzati”. Ma i punti critici rimangono intatti, visto che “si continua a puntare sull’incenerimento quando l’andamento della produzione di rifiuti solidi FEBBRAIO 2016 urbani è da anni in calo. E la bozza di decreto presuppone che per corrispondere alle necessità di trattamento del rifiuto, obbligo previsto dalla Direttiva 99/31 sulle discariche, sia necessario far passare il RUR (rifiuti urbani residui) attraverso sistemi di trattamento termico. Ma non è così”. “Il principio che paragona il pretrattamento a incenerimento -infatti- non trova fondamento in alcuna direttiva europea”. elena bonaccini Zero Waste Italy, Fare Verde, Greenpeace, Legambiente e WWF Italia la di clandestinità, evitando di inserirlo nel provvedimento sulle depenalizzazioni. Il “consiglio” del ministro dell’Interno Angelino Alfano -quello di non “dare agli italiani l’idea di un allentamento della tensione”- è stato ascoltato dalla maggioranza, che ha così mantenuto in vita una misura inutile e inefficace (come dichiarato più volte anche dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti), architettata sette anni fa dal governo Berlusconi (articolo 10bis della legge 94 del 2009; Alfano era ministro della Giustizia) per aggirare la normativa comunitaria sui rimpatri (in particolare la direttiva 115/2008). t. barchielli-f. attili / www.flickr.com/photos UN REATO SENZA CITTADINANZA I 9 INCENERITORI SBLOCCATI Eppure, l’abrogazione del reato avrebbe “buone ragioni”, come ha raccontato ad Ae l’avvocato Guido Savio, membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), e risolverebbe ricorrenti conflitti con procedimenti amministrativi. L’intervista completa è sul nostro sito, http://bit.ly/clandestini- tà-reato WWW.ALTRECONOMIA.IT IN COPERTINA giorgio marchiori 8 SEI MILIONI I “BENI CULTURALI ILLECITAMENTE SOTTRATTI” CENSITI DAI CARABINIERI COME SI PROTEGGE L’ARTE Il silenzio è calato sul caso del museo di Verona, depredato di opere inestimabili. Per tutelare il patrimonio culturale però non bastano le polizze assicurative --- DUCCIO FACCHINI GIOVEDÌ 19 NOVEMBRE 2015, TRA LE 19 E LE 21.50, È SPARITO UN MUSEO INTERO. È accadu- to a quello Castelvecchio, a Verona (museodicastelvecchio.comune.verona.it ). Tre “ignoti armati” -così li ha definiti il sindaco della città, Flavio Tosi, nelle sue comunicazioni in Consiglio comunale il 26 novemWWW.ALTRECONOMIA.IT bre- hanno sottratto armi in pugno 17 dipinti, approfittando di un buco operativo durante il cambio tra l’unica dipendente comunale presente a fine turno (su 11 distaccati) e la “guardia particolare giurata” della compagnia Sicuritalia -che in città monitora altri 146 siti ed è subentrata ad appalto in corso dopo il fallimento della ditta precedentemente incaricata-. In 70 minuti sono state rubate opere di Jacopo Tintoretto (e Cerchia di Jacopo Tintoretto) e di Antonio Pisano detto Pisanello, di Jacopo Bellini e di Andrea Mantegna, di Giovanni Francesco Caroto e di Domenico Tintoret- to, di Peter Paul Rubens, di Hans de Jode e di Giovanni Benini. Quello stesso giorno, il ministro dei Beni culturali e del turismo Dario Franceschini era a Roma, al Quirinale. La cronologia della Rete riconsegna ai posteri un suo sfortunato tweet delle 17.59, a pochi minuti da quel che Tomaso FEBBRAIO 2016 9 Beffa o non beffa, da quel momento il silenzio pubblico è calato sulla questione 3.847 SONO I MUSEI IN ITALIA; 501 I MONUMENTI E 240 LE AREE ARCHEOLOGICHE. PER IL 63,8% SONO DI PROPRIETÀ PUBBLICA FEBBRAIO 2016 quello del Museo nazionale del Prado di Madrid. Nella stessa fascia oraria del furto di Verona, cioè a ridosso della chiusura, il Prado non solo è aperto (come tutti i giorni), ma è persino gratuito (si tengano a mente le dovute proporzioni: Castelvecchio nel 2014 ha contato 129.800 visitatori e “introiti” per 322.266,50 euro; il Prado è stato attraversato da 2,5 milioni di persone). “I musei d’Italia sono privi di mezzi e personale -spiega-, il patrimonio è abbandonato a se stesso ed è scarsamente incentivata la frequentazione dei cittadini. Per come non è difeso, mi stupisco che fatti analoghi a quelli di Verona non accadano tutti i giorni. La vera difesa dei musei è renderli vivi, frequentati”. Montanari la definisce “difesa civile, morale, intellettuale”. Per questo diffusa. Da qui si sarebbe atteso che Franceschini “mettesse il naso nel museo depredato”, accettando di prender parte anche a qualche “funerale”, al di là delle festanti riaperture delle domus di Pompei. “Ma un’assicurazione non risolve il problema -precisa Montanari- perché Tintoretto, Rubens, Pisanello non li potrà certo restituire un risarcimento economico. flickr.com/photos/palazzochigi/ Tiberio Barchielli professore di Storia dell’arte moderna all’Università degli Studi di Napoli Federico II- definisce ad Ae la “scomparsa del museo”: “Al #Quirinale con il Presidente Mattarella per l’esposizione di due opere recuperate dai Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale”. Da quel momento, salvo un sintetico accenno al “furto di Verona” (una settimana dopo), il ministro non ha aggiunto altro. Non si è mai recato (ufficialmente) al museo per effettuare un sopralluogo. Anche perché Castelvecchio è un sito civico, e quindi non immediatamente riconducibile alle responsabilità del rappresentante del Governo. Così l’ultimo sguardo delle cronache nazionali si è poggiato su Castelvecchio per il presunto “rimborso beffa” che la compagnia assicurativa avrebbe dovuto corrispondere a Palazzo Barbieri -la sede del Comune-. Questo, infatti, aveva stipulato una polizza assicurativa “All risk” con la compagnia Cattolica Assicurazioni (nel 2012, rinnovandone una del 2009) che riconosceva scarsissime probabilità di rischio al tipo di sinistro che invece è capitato. Con un massimo rimborsabile di 250mila euro. della tutela e sicurezza del patrimonio artistico e culturale del nostro Paese -costituito tra le altre cose da 3.847 musei, 240 aree archeologiche, 501 monumenti censiti nel 2011 dall’Istat, per il 63,8% di proprietà pubblica-, il cui rilievo non è riducibile alla ricostruzione di un “colpo” ben riuscito. O, come racconta Tosi ad Ae, “una rapina troppo fortunata”, in aperta polemica con Sicuritalia, responsabile per il sindaco di aver “commesso errori procedurali che hanno di fatto reso possibile la rapina”. Chi ha provato a invertire la rotta è stato un gruppo di intellettuali e storici dell’arte -tra cui Salvatore Settis e Montanari-, autori di un appello steso a un mese dal “saccheggio di Verona”, volto a scardinare “la scontata anticamera dell’indifferenza più perniciosa”, il “silenzio”. Non ha mai ricevuto risposta. “Nessuno aveva chiesto al ministro i bollettini sulle indagini, o il racconto dell’azione giudiziaria -spiega Tomaso Montanari-, quanto piuttosto la riproposizione del punto politico. Il riserbo dell’indagine non è incompatibile con una narrazione in grado di cucire il patrimonio al discorso pubblico, soprattutto in un momento come questo”. Montanari ha in mente un modello di “sicurezza” del patrimonio che illustra citando un caso specifico, --- Sopra, il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini interviene a Pompei in occasione della riapertura di sei domus. Sotto, il sindaco di Verona, Flavio Tosi. Il Museo di Castelvecchio -a sinistra, dieci giorni dopo la rapina del 19 novembre 2015- è una struttura civica dove lavorano 11 dipendenti comunali --- alberto barberis / agenzia fotogramma Montanari, storico dell’arte e WWW.ALTRECONOMIA.IT IN COPERTINA Il Colosseo non è assicurato, gli Uffizi non sono assicurati. È una scelta storica derivata dall’insufficienza di risorse quella che ha visto alcuni enti locali, non tutti, investire risorse in questa direzione visti i tagli durissimi ai trasferimenti da parte dello Stato”. Guardando oltre Verona ci si accorge della mancanza diffusa di un monitoraggio della situazione attuale, dei musei statali e di quelli civici. Come si tutelano, che strumenti adottano, quali risorse investono. Vincenzo Santoro è responsabile del Dipartimento cultura e turismo dell’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni italiani. A precisa domanda riconosce che non solo non esistono “linee guida” a disposizione degli enti locali (“I Comuni fanno quello che gli pare -racconta-, e noi non siamo il ministero, che ha potere di imporre le direttive”), ma nemmeno un censimento delle prassi utilizzate. Il Comune di Milano, ad esempio, ha recentemente pubblicato un bando “All Risks Beni Culturali” dalla durata triennale (31/12/2015-31/12/2018). “Si assicura -si legge nel capitolato pubblicato sul portale dell’ente- a ‘primo rischio assoluto’ 60 milioni di euro per evento ed anno assicurativo per opere d’arte e di interesse storico artistico [...]”. Riguarda le “ubicazioni” del Museo delle Culture, del Museo del Novecento, di Palazzo Morando, di Palazzo Marino, fino ai Musei del Castello Sforzesco. Ad aggiudicarsi la gara d’apWWW.ALTRECONOMIA.IT palto con un premio lordo complessivo per il triennio da 378mila euro è stata la compagnia “dei Lloyd’s” -come si definisce-, che dal 1990 opera in Italia attraverso una società con sede legale a Londra. Tra la città di Torino e i suoi “civici”, prima che la gestione passasse dal Comune alla Fondazione Torino Musei, il rapporto era diverso rispetto a Milano. Lo racconta Daniele Jalla, ex direttore dei Musei cittadini e oggi presidente della rappresentanza italiana dell’International Council of Museums (ICOM) nonché membro del cda del Polo Reale di Torino dal 23 dicembre 2015, proprio dietro nomina del ministro Franceschi- ni. “Oggi le assicurazioni ‘statiche’ per i musei civici rappresentano uno spreco -sostiene Jalla-, perché si spendono soldi per assicurare opere a un valore che non serve nemmeno a riparare i rischi. La tradizione mondiale vuole che le opere dei musei non siano assicurate proprio perché i musei sono luoghi sicuri. Le assicurazioni operano nel momento in cui l’opera esce dal museo e va in mostra. In teoria il gestore dovrebbe assicurare l’assenza di rischi così da non rendere necessaria un’assicurazione permanente. Questo è il modello generale: se dovessimo assicurare tutto il patrimonio per il valore che ha finiremmo per avere una spesa non immaginabile”. Per Jalla dunque, l’assicurazione è l’ultima ratio “quando non si è in grado di eliminare i rischi alla radice o moderarli fino al punto in cui questi vengano ridotti”. Il presidente di ICOM Italia non tace l’oggettiva carenza di informazioni di contesto: “Non esistono dati generali, sia perché non sono stati raccolti sia perché non sarebbero divulgabili. La situazione è molto varia, ed è sicuramente toccata dal taglio dei fondi. Ma non tutte le amministrazioni hanno la stessa sensibilità verso la sicurezza”. Per alimentarla -racconta Jalla- ICOM, il ministero dei Beni culturali e i carabinieri del Nucleo di tutela del pa- VENTITRÉ GLI EVENTI CRIMINOSI PIÙ RILEVANTI IN CAMPO ARTISTICO NEGLI ULTIMI 40 ANNI NEL MONDO (COME IL DANNEGGIAMENTO DELLA “PIETÀ” DI MICHELANGELO A ROMA) aquilablog.it 10 --- La Basilica di Santa Maria di Collemaggio all’Aquila. Eni Spa ha annunciato nel 2013 un investimento di 14 milioni di euro per il suo restauro e la riqualificazione del Parco del Sole --FEBBRAIO 2016 11 trimonio culturale (costituito il 3 maggio 1969, composto da un organico di 270 militari in tutto il Paese e custode di una “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” informatizzata che quest’anno ha raggiunto 5,8 milioni di oggetti censiti e 600mila immagini), hanno curato la stesura di una pubblicazione intitolata “La sicurezza anticrimine nei musei”, che verrà presentata e diffusa proprio a febbraio. Il contenitore di modelli, “significativi esempi di eventi criminosi” (23 dal 1972 al 2014, dal danneggiamento de “La Pietà” di Michelangelo a San Pietro al furto di tre dipinti su tavola di un anonimo cremonese al Castello Sforzesco di Milano) e proposte operative è aperto da una prefazione a cura di Dario Franceschini, al quale Jalla -che pure “assolve” il ministro dalla critica mossa nell’appello firmato anche da Settis e Montanari- chiede di “farsi promotore insieme alle Regioni e ai Comuni di una campagna nazionale e unitaria di verifica congiunta della situazione”. Nelle oltre 100 pagine del volume c’è un passaggio sul volontariato -rispetto al quale ICOM “si è sempre dichiarata favorevole”-, che “le amministrazioni pubbliche tendono più spesso ad utilizzare [...] con una visione distorta, motivata solo da esigenze di risparmio economico, in sostituzione, --- La schermata del portale della campagna “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”, che da fine dicembre 2015 chiede al ministero dei Beni culturali di ritirare un bando rivolto a 29 volontari del patrimonio artistico --piuttosto che affiancamento del personale professionale stabile”. Sono parole familiari a Leonardo Dison, giovane archeologo che insieme ad altri colleghi anima un blog che si chiama proprio “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali” (miriconosci.wordpress.com). A fine dicembre, il MiBact ha pubblicato un bando per l’assunzione di 29 volontari del servizio civile Nazionale per il progetto “Archeologia in Cammino”, in occasione del Giubileo. “È previsto l’impiego dei volontari in mansioni che dovrebbero essere affidate ad archeologi, archivisti e storici dell’arte, ovvero a professionisti retribuiti -spiega Dison-: parliamo di documentazione e catalogazione, redazione di schede scientifiche, ri- 34 MILIONI cerche archivistiche, che si aggiungono alla vigilanza sul patrimonio museale e archeologico e funzioni di accoglienza”. I promotori dell’iniziativa -che hanno chiesto al ministero il ritiro del bando anche attraverso una riuscita campagna sui social network- sono preoccupati dal “pericoloso precedente”: “Se il ministero preposto alla tutela del patrimonio culturale italiano legittima il ricorso al volontariato, perché un museo civico non dovrebbe farlo?”. Dison vorrebbe rispondere con le sue competenze alla “Chiamata alle arti”, espressione che il MiBact enfatizza sul portale dell’Art Bonus ( http://artbonu s.gov.it ), quel meccanismo che “consente un credito di imposta del 65% della donazione a DI EURO: TANTO È STATO RACCOLTO DALL’OPERAZIONE “ART BONUS” PER INCENTIVARE IL MECENATISMO POPOLARE IN ITALIA. IN FRANCIA SI ARRIVA A UN MILIARDO FEBBRAIO 2016 chi effettua erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano” (confermato dalla Legge di Stabilità 2016). “Scopri chi ha contribuito a rendere l’Italia più bella”, si legge in testa all’elenco dei 1.664 “mecenati” censiti a metà gennaio. Per Salvatore Settis si tratta di una “iniziativa positiva che prima non c’era” ma che è ancora troppo ridotta a causa dell’infedeltà fiscale diffusa, nonostante il battage mediatico sottolinei i risultati. “Al momento, in Italia, ha fruttato 34 milioni di euro -aggiunge Montanari- mentre in Francia, dove è resa agevole anche la donazione di 50 centesimi, ogni anno il mecenatismo popolare raccoglie un miliardo di euro. È un metodo che deve funzionare meglio, chiarito però che è lo Stato a dover assicurare il necessario per la sopravvivenza, cosa che non potrà certamente assicurare l’integrativo, residuale e sussidiario Art Bonus”. --WWW.ALTRECONOMIA.IT 13 flickr.com/photos/palazzochigi/ Mario Sayadi/Blow Up CONTI PUBBLICI NEL 2016 L’INDEBITAMENTO NETTO PREVISTO SUPERERÀ I 17 MILIARDI DI EURO STABILITÀ, PUNTO PER PUNTO Analisi della legge che traccia il bilancio dello Stato fino al 2018 --- DUCCIO FACCHINI “LA PRESENTE LEGGE, SALVO QUANTO DIVERSAMENTE PREVISTO, ENTRA IN VIGORE IL PRIMO GENNAIO 2016”. Finisce così, al 999esimo comma di un solo articolo, la Legge di Stabilità 2016 (o meglio, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”), approvata definitivamente dal Senato della Repubblica il 22 dicembre scorso, a seguito del 44esimo voto di fiducia posto su un disegno di legge di iniziativa governativa (al 19 gennaio 2016) dall’inizio del Renzi-I (nato il 22 febbraio 2014). Prima di raggiungere Palazzo Madama per la conta decisiva, il testo di legge è stato emendato alla Camera dei Deputati, anche in profondità. Emendamenti approvati e testo di legge pubblicato in Gazzetta ufficiale alla mano è quindi possibile -dopo una selezione non semplice- illustrare brevemente le misure più importanti e contempoFEBBRAIO 2016 raneamente meno dibattute del provvedimento (con qualche eccezione per quelle che meritano un cenno). Innanzitutto, però, è utile un riferimento ai saldi della manovra, il raffronto cioè tra risorse e impieghi (l’indebitamento netto). “La natura della manovra -hanno scritto i servizi studi di Camera e Senato nel ‘Quadro di copertura’-, comporta un peggioramento dei saldi, implica la prevalenza degli impieghi rispetto alle risorse”. Nel 2016, 2017 e 2018, gli impieghi (cioè minori entrate e maggiori spese), toccheranno quota 31,8, 32,3 e 30,2 miliardi di euro. Tutto ciò a fronte di un andamento del- le risorse (maggiori entrate e minori spese) di 14,1, 13,1 e 14 miliardi di euro. Solo per il 2016 dunque l'indebitamento di cui sopra sarà di 17,7 miliardi di euro. Il fisco, gli immobili e la patrimoniale perduta. Dagli interventi in materia di fiscalità immobiliare -esenzione dell’IMU (Imposta municipale unica) sui terreni agricoli, abolizione della TASI (Tassa sui servizi indivisibili) sulla prima casa per tutti, eccetto 70mila immobili considerati “di lusso” (tre sole categorie catastali), l’Esecutivo ha messo in conto di rinunciare a entrate pari a 4,5 miliardi solo nel 2016. Una decisione 13 MILIARDI DI EURO: CONFERMATO L'IMPEGNO DI SPESA PER I CACCIABOMBARDIERI F-35. L'ANNUNCIO DI UN DIMEZZAMENTO DEI COSTI È STATO DISATTESO che, come già si è evidenziato a proposito della riforma del catasto (vedi Ae 177), lo stesso Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia aveva severamente bocciato nell’agosto 2013: “L’esenzione dall’IMU dell’abitazione principale avrebbe un effetto fortemente regressivo: il beneficio aumenterebbe al crescere del reddito complessivo. I contribuenti con redditi tra i 75mila euro e i 120mila euro risparmierebbero infatti 455 euro e quelli con redditi superiori a 120mila euro 629 euro. Al contrario, il beneficio per i contribuenti più poveri sarebbe sensibilmente inferiore: per i contribuenti con reddito fino a 10mila euro il risparmio sarebbe di soli 187 euro”. Nel Paese dove l’1% degli italiani controlla quasi un quarto (il 23,4%) della ricchezza nazionale netta (dati Oxfam), non ha trovato spazio la proposta dell’"Imposta sulle grandi ricchezze” avanzata in audizione WWW.ALTRECONOMIA.IT 14 CONTI PUBBLICI dalla CGIL (“con aliquote progressive da applicarsi ai patrimoni, mobiliari e immobiliari di entità superiore agli 800mila euro, per colpire le ricchezze immobilizzate del 5% delle famiglie più abbienti e disincentivare il patrimonio improduttivo”). Le tasse sulle imprese, il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali. Ammortamento fiscale per chi investe in macchinari e attrezzature, abolizione dell’IMU agricola e su imbullonati, riduzione dell’IRES (Imposta sul reddito delle società). La riduzione della tassazione sulle imprese avviata dalla Legge di Stabilità 2015 -decontribuzioni per nuovi assunti e deduzione per gli assunti a tempo indeterminato- continua. A restituire ossigeno agli ammortizzatori sociali in deroga (cassa integrazione, ad esempio) vanno 250 milioni di euro. “Insufficienti” per i sindacati, che fanno notare come la “precedente copertura di 400 milioni di euro prevista per il 2016 è stata totalmente esaurita nel corso del 2014 e 2015”. Scuola, la Costituzione e l’emendamento dell’ex ministro. Maurizio Lupi, ex ministro delle Infrastrutture dimessosi nel marzo 2015 dopo i fatti emersi dall’inchiesta “Sistema” -che ha coinvolto anche l’ex dirigente del ministero dei Lavori pubblici Ercole Incalza-, ha visto approvato uno solo dei suoi emendamenti al testo giunto all’attenzione della Camera dei Deputati. È quello che ha comportato l’incremento del rifinanziamento disposto a decorrere dal 2016 per le WWW.ALTRECONOMIA.IT scuole paritarie, portandolo, dai 225 milioni di euro previsti a 228 milioni. A “favore degli italiani all’estero”, inoltre, l’onorevole Laura Garavini (Pd) ha proposto (e ottenuto) “la spesa di 1 milione di euro per il 2016, il 2017 e il 2018 finalizzata a contributi alle scuole italiane non statali paritarie all’estero”. Le risorse a Palazzo Chigi contro la tratta degli esseri umani. Per dar piena attuazione al “Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani”, un emendamento approvato alla Camera e contenuto nel testo definitivo ha destinato al bilancio della presidenza del Consiglio dei ministri una somma pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Giochi a Roma nel 2024, 10 milioni in attesa del referendum. Nonostante le fortissime perplessità e i ritiri significativi delle candidature di Cracovia, Oslo, Monaco, Amburgo, Boston e Toronto (i casi più recenti), il comma 991 della Stabilità 2016 ha disposto “un contributo pari a 2 milioni di euro per l’anno 2016 e di 8 milioni di euro per l’anno 2017” a favore del Comitato promotore per le Olimpiadi “Roma 2024”. Ciclovie. Il VEN.TO. è cambiato? Il comma 640 della Legge di Stabilità pre- vede lo stanziamento di 17 milioni di euro per il 2016 e di 37 milioni di euro per il 2017 e il 2018 (ciascuno) per la progettazione e realizzazione “di un sistema nazionale di ciclovie turistiche”. Priorità alla Verona-Firenze, Venezia-Torino, alla Ciclovia dell’acquedotto pugliese e al Grande raccordo anulare delle biciclette. 3 milioni di euro nel triennio 2016-2018 per i cammini, gli itinerari turistici a piedi. Ferrovie dello Stato, l’atto preliminare della privatizzazione. A dicembre il Governo ha illustrato ai parlamentari l’atto di parziale privatizzazione di Ferrovie dello Stato Italiane (FSI, vedi Ae 178) ma è nella Legge di Stabilità -comma 677- che le opposizioni parlamentari sono riuscite ad inserire una sorta di “atto preliminare” (la definizione è del Sole 5 MILIONI DI EURO NONOSTANTE GLI IMPEGNI DI PARIGI, A TANTO AMMONTANO LE RISORSE DESTINATE DAL GOVERNO PER LA LOTTA AI CAMBIAMENTI CLIMATICI 24 Ore): “qualora entro il 31 dicembre 2016 si proceda all’alienazione di quote o a un aumento di capitale riservato al mercato del gruppo Ferrovie dello Stato italiane spa”: si tratta di una “relazione che evidenzia in modo puntuale l’impatto economico, industriale e occupazionale derivante dalla privatizzazione”. Al comma 678, inoltre, la Stabilità prevede il trasferimento dal ministero delle Infrastrutture a FSI -che è subentrata a RFI Spa nella partecipazione di Telt Sas (Tunnel Euralpin Lyon Turin)- delle “risorse già destinate alla realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione”. Le risorse del Garante nazionale dei detenuti. Grazie alla commissione Giustizia della Camera, è stato aggiunto il comma 317: “Per il funzionamento del Garante nazionale è autorizzata la spesa di euro 200mila annui a decorrere dall’anno 2016”. A settembre è stato designato a ricoprire tale incarico Mauro Palma, già membro per l’Italia del Comitato europeo per la prevenzione della tortura. FEBBRAIO 2016 15 Il presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi. Il suo governo è in carica dal 22 febbraio 2014 --- flickr.com/photos/palazzochigi/ Tiberio Barchielli --- La partita degli oneri di urbanizzazione. Dopo un susseguirsi di emendamenti, il testo definitivo della Stabilità (comma 737) prevede la possibilità per i Comuni di destinare alla manutenzione del verde o del patrimonio pubblico fino al 100% delle risorse riconosciute da chi realizza un intervento edilizio (oneri di urbanizzazione). Una norma controversa. Se da un lato, infatti, non consente più di stornare genericamente gli oneri alla “spesa corrente”, dall’altro non interrompe la logica perversa che ha visto gli enti locali consumare il suolo libero per “far cassa”. Amianto, il fondo 24 anni dopo la messa al bando. A favore degli “eredi di coloro che sono deceduti a seguito di patologie asbestocorrelate per esposizione all’amianto nell’esecuzione delle operazioni portuali nei porti”, si legge al comma 278 della Stabilità, è istitutito il Fondo per le vittime dell’amianto. 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018. A proposito di cambiamenti climatici. È flebile l’eco delFEBBRAIO 2016 la Conferenza mondiale sul clima che si è tenuta a Parigi tra fine novembre e l’inizio del dicembre scorso. La “questione climatica”, infatti, è pressoché assente dalla Legge di Stabilità, eccetto un comma, il 477. “Al fine di studiare e valutare gli effetti dei cambiamenti climatici, mediante la realizzazione di modelli del sistema climatico italiano e delle sue interazioni con la società e l’ambiente - si legge- [...] è autorizzato, a decorrere dall’anno 2016, un contributo annuo di 5 milioni di euro” a favore del Centroeuro-mediterraneo per i cambiamenti climatici. Frequenze radio-tv, tra Vaticano e Radio radicale. Per dar seguito a un accordo tra Italia e Città del Vaticano del giugno 2010, è stata autorizzata la spesa di 2,724 milioni di euro. Il nostro Paese metterà gratuitamente a disposizione del Vaticano la possibilità di trasmettere in cambio di canali televisivi internazionali già assegnati a quest’ultimo. Allo stesso tempo, invece, è prorogata -come ogni anno- la convenzione con Radio Radicale (che trasmette i lavori parlamentari) per un valore di 10 milioni di euro solo nel 2016. Beni confiscati, ossigeno per l’Agenzia. Prossima al suo sesto anno di vita, la claudicante “Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” potrà contare su un finanziamento annuale “massimo” di 5 milioni di euro (per gli anni 2016, 2017 e 2018). 20 MILIARDI DI EURO: IL TAGLIO PREVISTO FINO AL 2019 DEI FINANZIAMENTI PER LA SANITÀ. UN "FORTE CONTRIBUTO" SARÀ CHIESTO A REGIONI E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Evasione fiscale e carte di pagamento. L’innalzamento del tetto ai trasferimenti in denaro contante da 1.000 a 3mila euro è stabilito dai commi 898 e 899. Subito dopo, come fosse un tentativo di ravvedimento rispetto a quella che autorevoli operatori hanno definito essere una misura a favore dell’infedeltà fiscale (il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti su tutti), il deputato Boccadutri (Pd) ha proposto i commi 900 e 901 a sostegno di pagamenti con carte di debito e di credito, prevedendone l’imposizione anche per importi inferiori a 5 euro (eccetto in casi di “impossibilità tecnica”). Sanità, i tagli al Fondo e al Patto della Salute. Tra il 2016 e il 2019 è prevista una riduzione del finanziamento alla Sanità per circa 20 miliardi di euro. Quest’anno, inoltre, crollerà il Fondo sanitario -di 2,1 miliardi di euro- e il forte “contributo alla finanza pubblica” chiesto a Regioni e Pubblica amministrazione (3,9 miliardi di euro nel 2017 e 4,9 miliardi per ciascuno degli anni 2018 e 2019) produrrà effetti tangibili sul servizio sanitario. La centralizzazione degli acquisti (a metà). Estesa anche ai Comuni al di sotto dei 10mila abitanti la possibilità di affidare direttamente lavori, servizi e forniture per importi dal valore massimo di 40mila (il comma è il 501). Apparente contraddizione del forte accentramento degli acquisti pur previsto nella Legge di Stabilità 2016. Rifiuti, la proroga al principio “chi inquina paga”. “È prorogata per gli anni 2016 e 2017 la modalità di commisurazione della TARI da parte dei comuni sulla base di un criterio medio-ordinario (ovvero in base alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte) e non sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti (cosiddetto metodo normalizzato, nel rispetto del principio ‘chi inquina paga’, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE)”. È la sintesi di un emendamento approvato alla Camera e divenuto comma definitivo della Stabilità. F-35, nel segno della Stabilità. Analizzando gli allegati del provvedimento, la Rete italiana per il disarmo (disarmo.org) ha rilevato lo stanziamento di 13 miliardi di euro per l’acquisto dei 90 cacciabombardieri F-35. È stata quindi superata (e contraddetta) la richiesta parlamentare che prevedeva il dimezzamento del programma. --- WWW.ALTRECONOMIA.IT 16 AMBIENTE DEI SEI QUESITI PRESENTATI SOLO UNO SOTTOPOSTO AL VOTO LE TRIVELLE REFERENDARIE Il Governo ha scommesso sulla ricerca ed estrazione di gas e petrolio. Una scelta rischiosa per l'ambiente che ha generato confusione normativa --- PIETRO DOMMARCO QUANDO IL GOVERNO RENZI HA VARATO LA LEGGE “SBLOCCA ITALIA” (LA 164 DELL’11 NOVEMBRE 2014) -una norma che incentiva e rende strategico l’approvvigionamento da fonti fossili nel nostro Paese- nessuno avrebbe pensato che il tema della ricerca ed estrazione di gas e petrolio entrasse nel dibattito nazionale. Una scelta che mette a rischio la sostenibilità dei territori a vocazione agricola e paesaggistica e quella delle coste. Sono oltre 130 infatti i progetti ricadenti nei mari italiani, tra concessioni già attribuite, permessi di ricerca e nuove istanze. L’obiettivo, secondo i dati forniti dal ministero dello Sviluppo economico, è attingere dalle riserve certe di idrocarburi. Il 59% del totale nazionale di gas da estrarre è ubicato nell’alto Adriatico, mentre il 90% del totale nazionale di greggio in Basilicata. Quanto basta per garantire una “sopravvivenza” energetica di circa due mesi. L’approvazione della legge “Sblocca Italia” -che ha trasferito nelle mani dello Stato il potere decisorio in materia energetica a scapito degli enti locali- ha provocato uno scossone istituzionale e nella società civile. Nel gennaio 2015, 7 Regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto) l’hanno WWW.ALTRECONOMIA.IT impugnata dinanzi la Corte costituzionale rivendicando il proprio coinvolgimento nei procedimenti autorizzativi. Parallelamente, numerosi comitati ed associazioni -sotto la sigla del Coordinamento nazionale No Triv, notriv.comhanno dato vita ad un percorso destinato a dare voce ai cittadini per mezzo dello strumento referendario. Il Referendum e il “guazzabuglio” normativo. Il 30 settembre 2015, i delegati dei Consigli regionali di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto hanno depositato in Cassazione 6 quesiti referendari con oggetto l’abrograzione di alcune parti dell’articolo 35 del decreto Sviluppo e dell’articolo 38 della legge “Sblocca Italia”. L’articolo 35 del decreto -varato dal governo Monti- riguarda il rilascio di autorizzazioni alla prospezione, ricerca e concessione di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa. L’articolo 38 della legge “Sblocca Italia”, invece, riguarda gli aspetti legati all’esclusione delle Regioni dai processi autorizzativi, all’approvazione di un Piano delle aree entro le quali autorizzare ricerca, prospezioni, permessi di ricerca e concessioni di coltivazione di idrocarburi liqui- di e gassosi e alla durata delle concessioni. In sostanza, l’obiettivo principale dei 6 quesiti referendari -accolti a fine novembre 2015 dalla Cassazione- è quello di stravolgere l’impianto normativo attivato dalla legge “Sblocca Italia”. Pur di scongiurare i referendum, il Governo decide di approvare un emendamento alla Legge di Stabilità ripristinando il divieto di ricerca ed estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa ma salvando i progetti già approvati, “congelandoli” in attesa di tempi migliori; dando spazio alle Regioni negli iter autorizzativi seppur con parere decisorio non vincolante; cancellando sia il carattere strategico delle opere petrolifere, sia il Piano delle aree. La cancellazione del “carattere di interesse strategico […] di pubblica utilità, urgenti e indifferibili” per tutti i progetti di prospezione, ricerca e coltivazione di gas e greggio in terraferma ed in mare ha però il solo obiettivo di neutralizzare il ricorso depositato dalle 7 Regioni alla Consulta contro la legge “Sblocca Italia”, in attesa che il Parlamento approvi definitivamente la modifica del Titolo V della Costituzione. In particolar modo l’articolo 117, con il quale le decisioni in materiale energetica diventano di prerogativa assoluta dello Stato. L’abolizione del Piano delle aree, invece, consentirebbe alle principali aziende petrolifere che operano in Italia di sviluppare i loro progetti senza vincoli. Le modiche volute dal Governo sortiscono l’effetto sperato. La Cassazione fa dietrofront e accetta solo 1 dei 6 quesiti -relativo al divieto di ricerca ed estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa- in quanto gli altri 5 vengono ritenuti soddisfatti dalla nuova Legge di Stabilità. Ad oggi, i cittadini -grazie all’ammissibilità per l’unico quesito sancita il 19 gennaio dalla Corte costituzionalesaranno chiamati a decidere se salvare o meno “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”, i progetti di estrazione di gas e petrolio già autorizzati entro le 12 miglia dalla costa. Oltre le 12 miglia e in terraferma resta tutto invariato. FEBBRAIO 2016 adamo di loreto / buena vista 17 Non finisce qui. Tra le 10 Regioni promotrici dei referendum, 6 (Marche, Basilicata, Liguria, Marche, Puglia, Sardegna e Veneto) sollevano conflitto di attribuzione nei confronti del Parlamento cercando di riabilitare i quesiti dichiarati inammissibili. Mancano all’appello le Regioni Abruzzo, Calabria, Campania e Molise. Con la Regione Abruzzo che decide addirittura di costituirsi in giudizio dinanzi la Corte costituzionale contro le altre 9 Regioni e accanto al Governo -che da fonti vicine all’Esecutivo starebbe tentando di bloccare ogni tipo di opposizione-. Il Coordinamento No Ombrina (stopombrina.wordpress.com, in foto una manifestazione del 2013) -che si batte contro “Ombrina mare”, il progetto petrolifero proposto dalla società Rockhopper Exploration PLC a soli 6 chilometri dalla Costa dei Trabocchi, in Abruzzo- parla di risvolti clamorosi, rivelando che secondo la Cassazione il legale rappreFEBBRAIO 2016 sentante delle Regioni interessate a difendere i 6 quesiti referendari oltre a non avere le procure per il giudizio, non era stato nominato adeguatamente, vedendosi per questo motivo rigettate tutte le memorie. “Se dovesse passare il referendum, se si dovesse raggiungere il quorum con la vittoria del Sì -sostiene Augusto De Sanctis, rappresentante del Coordinamento No Ombrina- secondo l’interpretazione della Cassazione non sarebbe più possibile prorogare i titoli già esistenti entro le 12 miglia. Per quanto riguarda, invece, le concessioni di coltivazione sulla base dei dati attualmente consultabili sul sito dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse del ministero rischierebbero la chiusura 34 piattaforme esistenti entro le 12 miglia con il titolo scaduto e che ad oggi, nonostante le istanze protocollate dalle aziende non hanno avuto ancora proroghe. Inoltre, quest’anno scadranno titoli minerari con per altre 6 piattaforme; 10 nel 2017 e 11 nel 2018. Dando un seguito a quanto pare affermare la Cassazione, che fa un chiaro riferimento proprio alle proroghe -conclude De Sanctis- queste piattaforme dovrebbero essere smantellate anche in presenza di giacimenti di metano o petrolio ancora sfruttabili”. Dal Coordinamento No Ombrina assicurano anche sullo stop al progetto, “in quanto (alla luce delle modifiche approvate con la Legge di Stabilità, ndr) non è possibile rilasciare nuovi titoli entro 60 GIORNI LA "SOPRAVVIVENZA" ENERGETICA GARANTITA DALLE RISERVE "CERTE" DI GAS E PETROLIO CUI L'ESECUTIVO VUOLE ATTINGERE le 12 miglia. […] l’istanza di concessione di coltivazione richiesta da Rockhopper dovrà essere respinta dal ministero dello Sviluppo economico. Su questo aspetto non c’entrano proroghe o provvedimenti similari. La richiesta è stata avanzata per ottenere un nuovo titolo e vi dovrà essere un diniego formale quanto prima”. Infatti, ad essere sospeso non è il progetto Ombrina mare ma il permesso di ricerca vigente attribuito nel 2005 alla società Rockhopper che non ha ancora ottenuto alcun titolo abilitativo. Il paradiso oltre le 12 miglia. Nel frattempo gli iter autorizzativi seguiti dal ministero non si fermano. La Petrolceltic incassa le autorizzazioni per la prospezione di idrocarburi in prossimità delle isole Tremiti in un contesto che vede l’Adriatico al centro di grandi manovre. Sarebbero oltre una decina i decreti autorizzativi in procinto di essere emanati su oltre 20 istanze -al di là delle 12 miglia- presentate in tutto l’Adriatico, dalle Marche alla Puglia. Stesso rischio corre il mar Jonio con oltre 13 istanze. La Basilicata -che ospita il più grande giacimento di greggio in terraferma d’Europa- è sugli scudi. È la Regione con la percentuale più elevata di gas estratto in terraferma (20%), seguita da Sicilia (4%) ed Emilia-Romagna (3%). Si conferma “terra di conquista” per le compagnie minerarie mentre la legge “Sblocca Italia”, voluta dal governo Renzi sostenuta dalla Regione Basilicata, trasforma il territorio regionale in “hub energetico” fossile. --- WWW.ALTRECONOMIA.IT 18 DISTRATTI DALLA LIBERTÀ LORENZO GUADAGNUCCI GIORNALISTA DEL “QUOTIDIANO NAZIONALE”. CURA IL BLOG WWW.ALTRECONOMIA.IT/NOIDELLADIAZ LA SORTE DELLA DEMOCRAZIA Disaffezione, astensionismo e scomparsa dei partiti di massa. Perché la rappresentatività è in crisi -in Europa, in Italia- e com’è possibile invertire la rotta. Un saggio “contro le elezioni” ___ Le democrazie europee traballano. La sfiducia dei cittadini verso le istituzioni è in rapida ascesa, la partecipazione alla vita dei partiti in radicale flessione e ci sono Paesi -l’Italia fra questi- alle prese con la corruzione endemica nel ceto dei politici di professione. Fra i tanti sintomi della crisi, c’è la crescente rinuncia all’esercizio del diritto di voto. In molti Paesi il “partito dell’astensione” è al primo o al secondo posto. In Italia, alle politiche del 2013, ha votato solo il 72% degli elettori (fino al 2008 non si era mai scesi sotto l’80%), e alle regionali di Emilia-Romagna e Toscana -un tempo le regioni più rosse e più disciplinate, anche elettoralmente, del Paese- ci si è fermati, rispettivamente, sotto il 40 e sotto il 50% della partecipazione. Le democrazie in declino si piegano spesso verso forme neo autoritarie (si pensi a quel che accade nell’ambito del lavoro), ma in materia di voto non stiamo assistendo a una compressione dei diritti, bensì a una rinuncia volontaria all’esercizio della facoltà di scegliere i propri rappresentanti. Una spiegazione semplice di questa rinuncia si può rintracciare nelle tendenze in atto da qualche decennio: il domiWWW.ALTRECONOMIA.IT nio della finanza, che si è appropriata di molte funzioni di governo reale; il ruolo invadente delle tecnocrazie; la crisi delle ideologie e la scomparsa dei partiti di massa. Il cittadino è apatico e/o sente di non contare niente. C’è però anche una spiegazione più profonda e riguarda l’origine stessa del sistema rappresentativo, come illustra David van Reybrouck nel libro “Contro le elezioni. Perché votare non è più democratico” (Feltrinelli 2015). Abbiamo svilup- pato un fondamentalismo elettorale, dice van Reybrouck, dimenticando che il sorteggio è sempre stato il metodo di selezione più democratico, fin dall’antichità, mentre l’elezione ha una natura aristocratica, poiché designa alcuni eletti, scelti di norma fra i cittadini illustri. In aggiunta, nella società contemporanea, il denaro e la visibilità mediatica sono diventati il motore della politica (il congresso statunitense, per fare un esempio, è composto in grande parte da multimilionari). L’idea del sorteggio è spiazzante, educati come siamo a far coincidere il con- --- Il saggio sul sistema rappresentativo firmato da David Van Reybrouck nel 2015 è edito da Feltrinelli --- cetto di democrazia con le procedure elettorali, ma van Reybrouck fa notare come l’estrazione a sorte sia tuttora utilizzata per amministrare la giustizia nei casi penali più gravi (per la nomina dei giudici popolari nelle corti d’assise). È anche ricomparsa, in tempi recentissimi, in paesi come il Canada, l’Irlanda, l’Islanda, che hanno affidato compiti delicati -perfino la riscrittura della Costituzione- a organismi selezionati in questo modo, secondo la logica e con gli strumenti della “democrazia deliberativa”. Il tema è affascinante e la discussione andrebbe approfondita, ad esempio per capire che posto avrebbe a quel punto la politica, intesa come confronto fra opzioni ideologiche diverse (ma van Reybrouck, citando le ipotesi di alcuni studiosi, immagina sistemi bicamerali, con un’assemblea eletta e una sorteggiata). Dove conduce questo discorso? A due possibili conclusioni. La prima è che la rinuncia al diritto di voto ha una sua logica stringente e non va demonizzata, per quanto sia destinata ad affossare le democrazie che conosciamo. La seconda è che la via prescelta in Italia (e anche altrove, a dire il vero) è profondamente sbagliata: non si esce da una crisi di fiducia così profonda concentrando il potere nell’esecutivo e con sistemi elettorali ultra maggioritari che allontanano ulteriormente dalle urne. Lungo questa strada la democrazia muore (e forse è già morta). Il dubbio è se sussistano vie d’uscita. Van Reybrouck è ottimista e indica la via del sorteggio, perché bisogna “democratizzare la democrazia”, un obiettivo che si può forse raggiungere anche con altri strumenti, dai bilanci partecipativi, finiti sotto i riflettori per una breve e dimenticata stagione, fino al sistematico decentramento del potere. Quel che sembra certo, è che non c’è tempo da perdere. --- FEBBRAIO 2016 ATTUALITÀ I CINQUE PRINCIPALI ISTITUTI HANNO SOFFERENZE PIÙ ALTE DELLA MEDIA BANCHE, RISCHIO PER CHI Le vulnerabilità del sistema creditizio italiano dipendono dalla gestione più che dalla dimensione. Il caso di Banca Etica e del credito cooperativo --- LUCA MARTINELLI LE 664 BANCHE ITALIANE NON SONO TUTTE UGUALI. E A FARE LA DIFFERENZA NON È LA NATURA SOCIETARIA (CHE 376 SIANO BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO, E 172 SOCIETÀ PER AZIONI, AD ESEMPIO), NÉ LA “DIMENSIONE”, anche se le per gli investimenti sono tanta roba e ancora ne verrà” (13 gennaio). Sono “tanta roba” però anche le sofferenze, cioè i crediti assegnati a clienti in stato di insolvenza, cioè irreversibilmente incapace di saldare il proprio debito, accumulate nei bilanci dei primi cinque gruppi bancari del nostro Paese (oltre a Intesa Sanpaolo sono Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Ubi Banca e Banca popolare), pari a 133 miliardi di euro a giugno 2015. Tanti, specie se rapportate allo stesso dato rife- imagoeconomica.it notizie che si rincorrono da fine novembre 2015, dopo il crack e il salvataggio di 4 istituti di credito, hanno portato grande confusione in materia. Tra dicembre 2015 e gennaio 2016 non hanno aiutato le continue esternazioni in materia del presidente del Consiglio, Matteo Renzi. In merito, il premier ha affer- mato infatti che “in Italia ci sono state troppe banche, anche di paese” (29 dicembre), che “vanno accorpate [...] a partire dalle banche di credito cooperativo. È arrivato il momento di dire che ci sono stati troppi che hanno giocato a fare i piccoli banchieri” (16 dicembre). Guardando ai grandi gruppi bancari, invece, nel corso di una conferenza stampa organizzata per celebrare un protocollo tra l’esecutivo e Intesa Sanpaolo ha detto “i dati dell’ad [Carlo] Messina sono impressionanti: da 27 a 40 miliardi di euro --- Nella foto, una filiale della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio: l’istituto aretino è in vendita, dopo il salvataggio gestito dalla Banca d’Italia a seguito di un decreto del governo del 22 novembre 2015 --- FEBBRAIO 2016 rito alle 461 banche minori -nella classificazione di Banca d’Italia sono quelle che intermediano fondi per meno di 3,6 miliardi di euro, ne fanno parte la maggior parte delle banche di credito cooperativo (BCC)-, che è di appena 17 miliardi di euro. Il dato assoluto spiega qualcosa, ma quello relativo -la percentuale delle sofferenze sul totale delle impieghi, cioè dei prestiti alla clientela- aiuta ad approfondire l’analisi. Nel caso dei 5 principali gruppi bancari italiani, le “sofferenze” rappresentano il 10,8% degli impieghi; per le banche minori, il 9,5%; per il sistema bancario, in media, il 10,3%. Questo significa che mediamente l’“affidato” di una piccola banca di paese è più affidabile di quello di un gigante del credito. Nel caso di Banca popolare Etica, ad esempio, i crediti in sofferenza sono appena il 2,94% del totale. Alessandro Messina, direttore generale di Banca Etica, rivendica la specificità dell’istituto padovano, che “è l’unica banca in Italia che pubblica l’elenco completo delle persone giuridiche cui presta i soldi. Lo fa per convinzione, ma è anche perché ciò rappresenta un presidio di sicurezza, e rassicura non verranno mai prestati a soggetti che non lo meritano per WWW.ALTRECONOMIA.IT 19 20 ATTUALITÀ LE BANCHE ITALIANE 5 GRANDI GRUPPI*: QUANTE SONO LE BANCHE ITALIANE LE BANCHE E IL CREDITO CREDITI VERSO CLIENTELA 2.008 664 DETERIORATI 361 (18%) DI CUI SOFFERENZE 376 BANCHE DI 207 (10,3%) CREDITO COOPERATIVO 5 GRANDI GRUPPI: CREDITI VERSO CLIENTELA 172SOCIETÀ 1.240 461 PER AZIONI DETERIORATI BANCHE MINORI** 79 FILIALI DI BANCHE 228 (18,4%) DI CUI SOFFERENZE 133 (10,8%) * Sono 40, in tutto, gli istituti bancari che fanno parte dei primi 5 gruppi ESTERE 37 POPOLARI BANCHE MINORI CREDITI VERSO CLIENTELA ** Secondo la definizione 178 di Banca d’Italia, sono tali quelli istituti di credito che intermediano fondi per meno di 3,6 miliardi di euro DETERIORATI 32 (18,1%) DI CUI SOFFERENZE 17 (9,5%) LE SOFFERENZE PER CATEGORIA CATEGORIA NUMEROVALORE in miliardi di euro DA 250 A 250MILA EURO OLTRE 250MILA EURO 1.083.534 104.867 39,21 140,95 L’EVOLUZIONE DELLE “GRANDI SOFFERENZE” CAMPIONE OLTRE I 25 MILIONI DI € numero settembre 2010 216 settembre 2015 579 TRA 5 E 25 MILIONI DI € valore complessivo numero 2.038 6,8 miliardi di € 23,46 miliardi di € 5.369 valore complessivo 13,29 miliardi di € 43,3 miliardi di € Quando un credito è classificato come “sofferenza” all’interno del bilancio di un istituto di credito, questo significa che chi -persona fisica o giuridica- ha ricevuto quel prestito è “irreversibilmente incapace di saldare il proprio debito” (Banca d’Italia). A giugno 2015, il 78% delle sofferenze di tutte le banche italiane -oltre 180 miliardi di euro in tutto- fa riferimento a esposizioni superiori a 250mila euro. Su oltre un milione di clienti in sofferenza, a meno di 6mila fanno riferimento debiti per quasi 67 miliardi di euro. Le “grandi sofferenze” (oltre i 5 milioni di euro) sono triplicate dal 2010. Fonte: Banca d’Italia WWW.ALTRECONOMIA.IT motivi reputazionali”, una valutazione che per Banca Etica include anche profili di carattere ambientale e sociale. Messina è stato in passato responsabile del Settore crediti per l’ABI (Associazione bancaria italiana) e responsabile delle Relazioni con le imprese e dei Progetti speciali per la Federazione italiana delle banche di credito cooperativo e casse rurali (Federcasse). Il dibatitto in corso sulla dimensione delle banche pare omettere, ricorda, “che siamo ancora dentro la ‘grande crisi’, iniziata nel 2008, figlia del fatto che ci fossero alcune banche ‘too big to fail’, troppo grandi per fallire, e che pertanto andavano aiutate”. Secondo Messina, la retorica ha associato la forma cooperativa ad episodi di cattiva governance, quando in realtà “la creazione di gruppi d’interesse che non agiscono a tutela della banca si è registrato anche in alcuni casi di istituti di grandi dimensione, com’è il caso di Monte dei Paschi di Siena, Carige o Banca popolare di Milano”. Oggi sono due le importanti riforme del settore in corso: quella che obbliga le banche popolari (che giuridicamente sono società cooperative) a trasformarsi in società per azioni e quella delle BCC. La logica che le guida è che queste siano propedeutiche ad aggregazione, perché le “banche più grandi possono competere meglio sulla finanza globale, avere accesso con più facilità a ‘capitali d’urgenza’, dei grandi investitori, ma intanto nessuno ha voluto cambiare questa finanza. E anche il regolatore, che si chiami Banca d’Italia o Banca centrale europea -conclude MessiFEBBRAIO 2016 21 LE GRANDI BANCHE E LA BORSA ITALIANA NEL 2015 30% I TITOLI PIÙ SCAMBIATI NEL 2015 IL CORRISPETTIVO DELLE AZIONI DI CINQUE GRANDI GRUPPI BANCARI QUOTATI IN BORSA* 240,9 MILIARDI DI EURO PER CONTROVALORE (EURO) $ 95,6 miliardi di euro SUL TOTALE DELLE AZIONI SCAMBIATE A PIAZZA AFFARI 801,7 MILIARDI DI EURO $ * INTESA SANPAOLO, UNICREDIT, MONTE DEI PASCHI DI SIENA, UBI BANCA, BANCA POPOLARE DI MILANO PER NUMERO DI CONTRATTI 3.944.500 L’andamento di un titolo alla Borsa di Milano è considerato un termometro dello stato di salute di una banca, ma la compravendita delle azioni di un istituto di credito appare come un fenomeno slegato dall’economia reale. Nel 2015, ad esempio, sono passati di mano titoli di Intesa Sanpaolo per un controvalore di oltre 95 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto alla capitalizzazione -cioè al valore complessivo delle azioni- della società a fine anno, che era di 51,6 miliardi di euro, ma ciò non ha provocato alcun cambiamento nella governance e nell’azionariato, che vede gli stessi sei soggetti -Compagnia di San Paolo, Blackrock Inc, Fondazione Cariplo, Fondazione C.R. di Padova e Rovigo, Ente C.R. Firenze, Norges Bank- sopra il 2%. Complessivamente, il 30% delle azioni scambiate a Milano, dove sono quotate 356 società, fanno riferimento ad appena cinque gruppi bancari. Oltre ad Intesa, Unicredit, Banca Monte dei Paschi di Siena, Ubi Banca, Banca popolare di Milano. Fonte: Borsa Italiana na-, si è fatto compiutamente catturare”. La Banca centrale europea (Bce) utilizza due parametri per “misurare” la solidità di un istituto di credito: il Common equity tier 1 (CET1) ratio e il Total capital ratio (TCR). Guardano al grado di patrimonializzazione e agli impieghi: non li vedete nel testo e nelle infografiche che accompagnano questo articolo perché “i dati di bilancio, o i parametri, non possono essere letti in modo asettico, o parziale” come spiega Sergio Gatti, direttore di Federcasse, la federazione delle BCC. Detto che per quanto riguarda l’universo del credito cooperativo il CET 1 medio è al 16,2% (contro il 12,5% delle altre banche) mentre il TCR è al 16,7% (le altre banche al 14,8%), vale la pena sottolineare come questi dati non dicono tutto. Un esempio? A metà dicembre la Bce ha reso pubblici i risultati dell’ultimo stress test cui ha sottoposto le banche italiane. Tecnicamente si chiama Supervisory Review and Evaluation Process (SREP), e tanto Monte dei Paschi di Siena quanto Carige hanno registrato CET1 ratio ben superiori rispetto al target minimo indicato dalla Bce. Sarebbero solide, cioè. Nonostante questo, nel mese successivo alla pubblicazione dei risultati del test, i titoli di entrambe le banche -quotate alla Borsa di Milano- hanno subito un crollo, con le azioni di Mps che hanno perso (al 19 gennaio) il 45,63% del valore mentre quelli di Banca Carige segnano meno 44,53%. L’andamento del titolo non rappresenta necessariamente lo stato di salute della banca (vedi infografica), ma può riflettere -ad esempio- l’invito della Banca centrale europea a cartolarizzare e “cedere” masse di crediti in sofferenza (tecnicamente NPL, non performing loans), com’è successo a Mps, o l’annuncio che lo stesso istituto avvierà una verifica sulla gestione degli stessi, nel caso di Carige. Le Banche di credito cooperative stanno discutendo con il ministero dell’Economia e la Banca d’Italia la propria auto-riforma. “Il governo ci ha dato delle opportunità -spiega Gatti di Federcasse-, stralciando dal ‘decreto popolari’ del gennaio 2015 il capitolo sulle BCC, in cambio di un impegno a fare una proposta organica, conforme alle direttive UE. Tra gli elementi qualificanti, c’è che ogni singola BCC manterrà la licenza bancaria a livello locale, che significa protagonismo e partecipazione dei territori. Nascerà un gruppo bancario, una FEBBRAIO 2016 spa, ma a servizio delle banche del territorio; l’autonomia delle singole BCC non sarà totale, ma sarà commisurata alla sua rischiosità”. Sarà possibile intervenire sulla governance, ad esempio, quando la banca “sbanda”, com’è successo negli anni scorsi al Credito Cooperativo Fiorentino (CCF), a lungo presieduto dal parlamentare Denis Verdini. Una vicenda che ha strascichi giudiziari (Verdini è stato rinviato a giudizio), ma che è stata risolta: CCF è stata acquisita (nel 2012) da un’altra BCC, Chianti Banca. A dicembre 2015 s’è chiuso un altro salvataggio interno, quello della BCC Padovana da parte della BCC di Roma. “Tutte le banche del sistema hanno finanziato un veicolo su cui sono state caricate le sofferenze, poi grazie a un ulteriore Fondo di garanzia istituzionale, cui contribuiscono tutte le banca di credito cooperativo in proporzione alla propria rischiosità, abbiamo rimborsato anche i titolari delle obbligazioni subordinate, senza nessuna interruzione dell’attività e polemiche sui territori”. I “subordinati” sono coloro che i media hanno presentato come le vittime del “caso Etruria”. Il mutualismo è carattere fondante delle BCC. Che a fronte di una raccolta che vale il 9-10% del mercato, erogano il 23% dei mutui a favore delle imprese artigiane. E in ben 555 Comuni tengono aperto l’unico sportello bancario. “Molti non si ripagano -dice Gatti-, ma nelle aree interne ci sono territori a rischio ‘desertificazione’, dove non c’è più nemmeno la Posta”. Grazie a una presenza capillare le BCC raccolgono, complessivamente, 160 miliardi di euro. --WWW.ALTRECONOMIA.IT 22 I NOSTRI LIBRI ESCE A FEBBRAIO “NON APRITE QUELLA PAPPA!” È IL FOOD, BABY! Il cibo industriale per bambini -dagli omogeneizzati ai cornflakes- è una categoria del marketing. Questo libro legge dietro alle etichette --- MASSIMO ACANFORA A NOI NON PIACE AVERE LA PAPPA PRONTA. Ma non è solo una nostra opinione: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità -la massima autorità che vigila sulla salute globale- il cibo industriale per bambini non avrebbe ragione di esistere, perché fino a 6 mesi i bambini dovrebbero essere alimentati solo con latte materno e solo dopo -gradualmente- aggiunti i cibi che consuma la famiglia, “schiacciati o sminuzzati”. Ma abbiamo fatto i conti senza l’oste, che non è affatto un cuoco amico dei bambini: è l’industria alimentare -ben rappresentata dalle tre maggiori multinazionali Kraft-Heinz, Danone, Nestléche a colpi di marketing si contendono l’attenzione delle mamme e lo stomaco dei bambini, come rappresenta efficacemente l’espressione SOS, ovvero Share of Stomach. Colpi bassi quindi, come l’alleanza -ben rodata- con gli ospedali e i pediatri che ha perfino dato vita a un nuovo “sistema metrico omogeneizzato”, consigli “scientifici” per svezzare il bambino usando come unità di misura i 45 grammi del vasetto di omogeneizzato. Per non parlare dell’accerchiamento di spot televisivi, sms pubblicitari, siti web, application e advergames (giochi pubblicitari) che colpiscono il target-mamma ma anche il target-bambino; oppure del licensing, il connubio tra prodotto e personaggi dei cartoni animati che ha generato più di uno psicodramma davanti agli scaffali. Dal 1927, quando a Freemont (Michigan, USA), Dorothy Gerber -stufa di passare i piselli- propone al marito imprenditore di produrli in scatola, fino ad oggi il baby food è diventato un “sistema” che è perfino in grado di condizionare i tempi dell’alimentazione complementare (o svezzamento), proponendo -sulle confezioni e con studi “interessati”- di anticipare a 4 mesi l’introduzione dei cibi solidi (omogeneizzati, of course) ma anche LA BIBLIOTECA VIVENTE, PER ATTRAVERSARE MURI E SBARRE Avete mai sfogliato un “libro umano”? Vi può capitare se partecipate a Biblioteca Vivente, un modello di incontro che utilizza la narrazione e il dialogo per abbattere i pregiudizi. Gli “scaffali” di Biblioteca Vivente non contengono libri di carta, ma “libri umani”, persone in carne e ossa che offrono ai “lettori” le proprie storie. La cooperativa ABCittà www.abcitta.org, mette in relazione per la prima volta in Italia Biblioteca Vivente e il carcere -dopo cultura rom, disagio psichico e periferie urbane-, permettendo così a uomini e donne di attraversare muri, sbarre. L’esperienza è diventata un libro che racconta -attraverso WWW.ALTRECONOMIA.IT narrazioni, approfondimenti e immagini- questo strumento interculturale leggero e potente. La prima parte è narrativa, con una storia di Gianni Biondillo, e i racconti di scrittori emergenti, Stefania Arru, Matteo Ferrario, Martina Fragale, Massimiliano Maestrello, Paola Meardi, mentre nella seconda si affrontano metodo e significati di Biblioteca Vivente. Per chi ama scardinare i luoghi comuni e cambiare le cose. “Biblioteca Vivente. Narrazioni fuori e dentro il carcere”. A cura di Ulderico Maggi, Paola Meardi, Cristian Zanelli, 144 pagine, 14 euro (su altreconomia.it) FEBBRAIO 2016 23 di fare “cartello” per tenere (artificialmente) alti i prezzi del latte artificiale e insinuando il dubbio che sia migliore di quello vaccino. Anche l’autrice, la giornalista Laura Bruzzaniti, ha vissuto sulla sua pelle un’esperienza che tocca a quasi tutte le mamme quando, uscendo dall’ospedale dove aveva appena partorito, si è vista proporre una marca di latte artificiale. Una pubblicità, mascherata da consiglio medico. Il suo libro esplora allora -in profondità, senza pregiudizi e con il conforto di autorevoli pareri- l’universo del “baby food”, spiegando chi sono “i padroni della pappa”, quali sono i meccanismi del baby marketing, ma soprattutto che cosa c’è davvero dentro vasetti e confezioni e perché è importante imparare a leggerne le etichette. La conclusione è che il cibo industriale non è adatto ai bambini: prima di tutto perché è una merce, il cui compito che non è quello di assicurare una dieta sana ai bambini, ma alti fatturati alle aziende e perché l’industria alimentare non dà ai bambini quello che gli fa bene, ma quello che gli piace: cibi molto zuccherati, ricchi di sale e aromi per esaltarne la sapidità, colorati, belli a vedersi e con una consistenza “facile”, assicurata da coloranti, emulsionanti, addensanti, sali di fusione: alimenti in gran parte non salutari e inutili dal punto di vista nutrizionale, a volte con ingredienti di bassa qualità. Un vademecum chiaro, utile e puntiglioso e che ogni mamma e papà dovrebbero leggere prima di avventurarsi nelle corsie del supermercato e propinare al loro pargolo una dose eccessiva di uno o più degli “ospiti indesiderati” degli alimenti che il libro smaschera: il subdolo zucchero, l’onnipresente sale, le raffinate farine, i perfidi grassi e i misteriosi additivi. Il lieto fine? I bambini mangiano -salvo eccezioni- lo stesso cibo della famiglia, con materie prime di qualità e salutari, magari biologiche. Con interviste a numerosi esperti tra i quali Adriano Cattaneo, epidemiologo dell’Associazione Culturale Pediatri, coordinatore di uno dei documenti di riferimento per l’Unione europea: “Alimentazione dei lattanti e dei bambini fino a tre anni: raccomandazioni standard per l’Unione europea”. “Non aprite quella pappa! Manuale di autodifesa per genitori e bimbi”, di Laura Bruzzaniti, 144 pagine, 9 euro - Altreconomia edizioni. Nelle librerie, nelle botteghe del commercio equo e solidale e sul sito altreconomia.it (anche in ebook). --- CONSUMI NEL 2015 LA SOCIETÀ HA FATTURATO OLTRE 19 MILIARDI DI DOLLARI TAZZINE MODIFICATE Dato per imminente lo sbarco in Italia del colosso statunitense della caffetteria, Starbucks. Tra Ogm, elusione fiscale e diritti --- DUCCIO FACCHINI ALL’ETÀ DI 70 ANNI, IL CELEBRE CANTAUTORE CANADESE NEIL YOUNG HA DECISO DI DEDICARE IL SUO ULTIMO LAVORO DISCOGRAFICO ALLE MULTINAZIONALI DEL SETTORE AGROALIMENTARE. S’intitola “The Monsanto Years”, è del maggio 2015. Nella prima strofa del brano “A Rock Star Bucks a Coffee Shop” dice “Sì, desidero una tazza di caffè, ma non voglio ogm. Mi piacerebbe iniziare la giornata senza dare una mano a Monsanto”. La canzone non ha sfondato su YouTube (350mila visualizzazioni a metà gennaio 2016) ma ha contribuito ad allargare il fronte del boicottaggio internazionale a carico del colosso americano della caffetteria: Starbucks, il gigante che punta a sbarcare anche in Italia. Nato nel 1971 e guidato ancora oggi dal suo fondatore, Howard Schultz, Starbucks conta qualcosa come 23mila punti vendita distribuiti in 67 Paesi di tutto il mondo (vedi infografica), ed è stato capace di chiudere il 2014 con oltre 16 miliardi di dollari di fatturato (il 2015 è proiettato a 19 miliardi di dollari, più 17% sull’anno precedente) o garantire nello stesso anno, ai propri investitori, un rendimento sul capitale pari al 27,2%. L’arrivo in Italia della multinazionale è stato anticipato il 6 dicembre scorso dal WWW.ALTRECONOMIA.IT Corriere della Sera, che ha indicato come partner dell’operazione l’imprenditore Antonio Percassi (vedi a pag. 27). A suggello del connubio vi sarebbe la Siren Coffee srl, società fondata e presieduta da Percassi a fine novembre 2015 per esercitare “anche indirettamente attraverso società partecipate, sia in Italia che all’estero, attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande alcoliche e non alcoliche in genere”, come recita lo statuto depositato in Camera di commercio. Il suo nome, Siren, farebbe da esplicito richiamo al logo stampato sui bicchieri di Starbucks, una sirena bianca, incoronata, con doppia coda e sfondo verde. La Siren Coffee srl è interamente detenuta dalla Percassi Food and Beverage srl, ma all’inizio del mese di gennaio risultava ancora “inattiva”. Conoscere filiera, strategia e prospettive dell’impresa in Italia non è possibile, perché, come spiega ad Ae l’ufficio comunicazione del Gruppo, “La posizione di Percassi è quella di non commentare indiscrezioni di mercato”. Un atteggiamento, condiviso con il gruppo statunitense, che costringe all’attesa. Non resta che farsi guidare dalla voce di Young, che non si è rivolto a Starbucks per caso. --- Una sirena caratterizza il logo di Starbucks, e Siren Coffee srl è il nome della società che potrebbe portare il marchio in Italia --- starbucks.com/multimedia 24 VENTITREMILA I PUNTI VENDITA DI STARBUCKS DISTRIBUITI IN 67 PAESI NEL MONDO. IL PRIMO FU APERTO NEL 1971 DA HOWARD SCHULTZ, ANCORA OGGI ALLA GUIDA DELL’AZIENDA DA LUI FONDATA FEBBRAIO 2016 25 I NUMERI DELLA SIRENA LA DIFFUSIONE DEI NEGOZI CON L’INSEGNA DI STARBUCKS NEL MONDO Canada UK 1.396 784 Cina Germania 163 USA MESSICO Spagna 1.219 Francia Giappone 97 82 11.563 1.039 Sud Corea Turchia 632 206 Hong Kong TAIWAN 302 96 Emirati A. 104 402 Filippine Thailandia 195 222 Malesya 168 Singapore 99 Indonesia 163 BRASILE 79 I PUNTI VENDITA DI STARBUCKS (2003-2015) 25.000 23.016 20.000 I FATTURATI DEL GRUPPO (2003-2015, MILIARDI DI $) 19,2 16.680 15.000 10,4 10.000 5.000 0 $ $ 7.225 4,1 $ nel 2003 nel 2008 Partiamo dal “caso ogm”. La campagna GMO Inside (gmoinside.org), promossa negli Stati Uniti dal network Green America, ha recentemente rivolto alla multinazionale un appello che ha raccolto 155mila adesioni. Sul bicchiere, al posto della sirena, c’è un mucca. “Dì a Starbucks di servire solo latte biologico, non quello di Monsanto”. Si parla di latte, in primo luogo, e non di caffè. Il motivo è semplice: secondo una fonte citata nel rapporto, FEBBRAIO 2016 nel 2015 il colosso USA acquista ogni anno qualcosa come 530 milioni di litri di latte, quantità sufficiente a riempire 212 piscine olimpioniche. Secondo i promotori della campagna -autori di un dettagliato report che s’intitola “Starbucks: from crop to cup”-, “è giunto il momento che Starbucks si renda conto degli effetti negativi della produzione industriale di latte degli Stati Uniti”, che vede gli animali alimentati soprattutto con mangimi derivanti da coltu- nel 2003 nel 2008 Fondata nel 1971, la multinazionale americana della caffetteria ha raggiunto e oltrepassato nel 2015 quota 23mila punti vendita nel mondo e un fatturato pari a oltre 19 miliardi di euro. Il Paese che conta più negozi sono gli Stati Uniti d’America. Nel board dei direttori della casamadre siede anche Robert M. Gates, già Segretario alla Difesa durante le presidenze Bush e Obama. nel 2015 re ogm resistenti a pesticidi e sostanze tossiche (“Come il glifosato, componente chiave della linea di prodotti Roundup di Monsanto”). Le scelte di Starbucks potrebbero dunque avere un peso rilevante nel mercato lattiero-caseario degli Stati Uniti, per l’83% in mano a cinque soggetti: Dean Foods, Dairy Farmers of America, California Dairies, Land O’ Lakes e Northwest Dairy Association. Sul proprio sito, Starbucks tratta poco il “caso ogm”. L’ultima presa di posizione (di due) risale allo scorso dicembre, quando la società è tornata a ribadire la propria estraneità alla lobby che si oppone all’etichettatura dei prodotti ogm negli Stati Uniti. Un anno prima, a proposito di alcune polemiche emerse nello Stato del Vermont, era stata costretta addirittura a negare qualsiasi “allineamento alla Monsanto nel bloccare l’etichettatura degli alimenti”. WWW.ALTRECONOMIA.IT CONSUMI starbucks.com/multimedia 26 --- Gennaio 2016: il fondatore e capo di Starbucks, Howard Schultz, al China Partner Family Forum. In Cina la società ha oltre 1.200 punti vendita --- La voce di Young ha avuto eco durante tutto il 2015. Nel luglio scorso, ad esempio, l’inglese the guardian ha dato spazio a una denuncia del movimento di consumatori e investitori SumOfUs (http:// sumofus.org) relativo alle forniture di olio di palma, prodotto la cui estrazione è alla base dell’intensa deforestazione che colpisce il continente asiatico. Pur essendosi impegnato fin dal 2013 ad utilizzare olio di palma certificato al 100% dalla RSPO (la “tavola rotonda” sull’olio di palma sostenibile), Starbucks non ha mai pubblicato il dovuto report annuale sui progressi compiuti. Tant’è che a cercare il nome dell’impresa sul portale di RSPO (rspo. org) s’incappa in un “Sorry, there are no results for your search query”. Anche in questo caso è partita una campagna di pressione pubblica in rete (282mila firme al 16 gennaio 2016). Uno degli ultimi aggiornamenti risale alla fine dell’ottobre scorso, quando i promotori dell’iniziativa -che il 17 dicembre hanno spedito una lettera all’attenzione del fondatore del Gruppo, Schultz- si sono nuovamente dichiarati insoddisfatti: “Le dichiarazioni d’intenti di Starbucks non argomentano affatto come pensino di poter raggiungere il saldo zero nella deforestazione”, un obiettivo ambizioso che la multinazionale sostiene sul proprio sito di aver raggiunto a gennaio di quest’anno. Non è finita. Nel settembre scorso, la sirena sorridente s’è tinta di un arancione triste. L’ha fatto in occasione della pubblicazione di un’indagine sui diritti dei lavoratori del gruppo rappresentativa di ben 37 Stati USA in cui 20/30 MILIONI DI EURO: A TANTO AMMONTEREBBE L’ELUSIONE FISCALE DAL 2008 A OGGI DELLA SOCIETÀ DI TORREFAZIONE DI STARBUCKS SECONDO L’UE WWW.ALTRECONOMIA.IT ricadono negozi Starbucks, coordinata dalla piattaforma Coworker.org (“Che sostiene le persone nel raggiungere un cambiamento sul proprio luogo di lavoro”). “I risultati della nostra indagine -scrivono i curatori del report, che come logo ha appunto un bicchiere grigio con la sirena arancio- rivelano che Starbucks non rispetta fino in fondo il suo impegno di migliorare gli orari di lavoro dei suoi dipendenti. L’imperativo di ridurre al minimo i costi del lavoro sembra guidare le pratiche di organizzazione, ostacolando l’attuazione di politiche destinate a stabilizzare le ore di lavoro e di fornire programmi salubri”. A complicare ulteriormente l’anno appena trascorso ci ha pensato la Commissione europea, a fine ottobre, quando ha toccato un tasto che per Starbucks è già stato dolente nel 2012, nel Regno Unito: quello fiscale. “A seguito di indagini approfondite -si legge nel comunicato stampa del 21 ottobre 2015, al momento unica fonte in attesa della pubblicazione integrale della decisione- la Commissione è giunta alla conclusione che […] i Paesi Bassi hanno concesso vantaggi fiscali alla società di torrefazione del caffè di Starbucks”. Di più, l’autorità tributaria dell’Olanda avrebbe garantito alla “Starbucks Manifacturing EMEA BV” -l’unica società di torrefazione del caffè del gruppo in Europa- pratiche fiscali in grado di “ridurre artificiosamente le imposte a carico della società” per un valore compreso tra 20 e 30 milioni di euro “dal 2008 a oggi”. Una triangolazione “illegale” (la definizione è della Commissione europea) che avrebbe coinvolto una società di diritto britannico -la Alki, facente parte del Gruppo-, e la “Starbucks Coffee Trading SARL” -con sede in Svizzera e responsabile della vendita alla prima di chicchi verdi di caffè-. “Errori significativi” li ha bollati invece un portavoce di Starbucks, che si è difeso sostenendo che tra il 2008 e il 2014 la società ha versato globalmente 3 miliardi di dollari d’imposte. Nonostante tutto, il logo di Starbucks rientra tra i quelli segnalati da Fairtrade Foundation, da non confondere con la World Fair Trade Organization, o la filiera del Consorzio Altromercato, “che negli anni ha sviluppato e promosso relazioni durature, pre-finanziando l’attività dei propri produttori fino al 50% dell’importo e senza pretendere interessi, su estensioni medio-piccole delle piantagioni per evitare dinamiche di sfruttamento o logiche distanti da quelle familiari”, come spiega ad Ae la responsabile degli acquisti, Martina Madella. La fonte che la Fondazione indica ai cittadini per “verificare” le buone pratiche della sirena americana rimanda al sito starbucks. co.uk/responsibility, dove si apprende da un grafico stilizzato che il 2015 è stato l’anno del raggiungimento del 100% di caffè tratto da fonti “etiche”. Un bel risultato commerciale per quello che l’Economist -all’inizio di quest’anno- ha definito un “demone del fisco” (ma un “santo per la società”). --- FEBBRAIO 2016 27 TRA I PROGETTI FUTURI, UN CENTRO COMMERCIALE ALL’INGRESSO DEL GRAND CANYON, IN ARIZONA CHI È L’UOMO CHE PORTERÀ STARBUCKS IN ITALIA L’universo imprenditoriale di Antonio Percassi: dal make up ai negozi di alta moda, dal settore immobiliare all’Atalanta Calcio --- DUCCIO FACCHINI Siren Coffee Srl” e la ercassi Food & Beveraggi Srl” -passepartout dello sbarco in Italia di Starbucks (vedi a pag. 24)- sono solo le ultime arrivate in quello che Antonio Percassi definisce il suo “universo” imprenditoriale. Un “core business” che si sviluppa in tre ambiti principali: “House of Brands”, “Retail Development”, “Real Estate”. Nel primo rientrano tra gli altri i marchi Kiko Milano (“linea di make up professionale e trattamenti viso e corpo d’avanguardia”, fondata nel 1997), Bullfrog -barbiere tradizionale-, Billionaire Italian Couture, “linea Luxury Leisure per uomo” nata nel 2005 da “un’intuizione di Flavio Briatore”. Nel “Retail Development” è attivo con la holding “Odissea Srl”, attraverso la quale gestisce -anche in franchisingalcuni tra i principali punti vendita di Gucci, Ralph Lauren, Nike, Ferrari e, in qualità di “unico franchising partner per l’Italia”, di Victoria’s Secret (“specializzato nella vendita di lingerie e di prodotti beauty”). Ma è nel “Real Estate” che il Gruppo Percassi -proprietario dell’ “Atalanta Bergamasca Calcio Spa”- ha un ruolo strategico nel Paese. Le società di punta sono la “Stilo Immobiliare Finanziaria Srl” e la già citata “Odissea Srl”. Tra i “progetti completati” spiccano il centro commerFEBBRAIO 2016 ciale “Orio Center” dinanzi all’aeroporto di Bergamo (65mila metri quadrati, 200 negozi, un ipermercato), l’“Antegnate Shopping Center”, posto sulla Statale che unisce Milano a Brescia (40mila metri quadrati, 100 negozi, un ipermercato), il “Franciacorta Outlet Village”, presso Brescia, il “Sicilia Outlet Village”, ad Agira (Enna), o la nuova sede di IBM a Segrate (MI). A Percassi tutto questo non basta. Ed ecco perché nei “Progetti in corso di realizzazione” si ritrova -oltre ad un gigantesco allargamento dell’“Orio Center” e il “Torino Outlet Village”- il “Canyon Forest Village”, in Arizona, negli Stati Uniti, presso la porta d’accesso meridionale al Parco Nazionale del Grand Canyon. Un milione di me- tri quadrati di investimento immobiliare che punta a dar corpo ad “un vero e proprio villaggio, con abitazioni, hotel, ristoranti e centri commerciali, oltre a strutture d’intrattenimento, quali un museo della storia del West con cimeli di Buffalo Bill e ‘attrazioni’ delle maggiori comunità indiane”. Percassi vuol dire poi il “San Pellegrino Outlet Village” -“nuova area che ospiterà un complesso termale di eccellenza, un teatro, il Casinò”- e, tra le avventure più controverse, il “Westfield Milan”, mega centro commerciale (“Shopping Mall”) situato su una superficie di 60 ettari accanto all’aeroporto di Milano Linate, nel Comune di Segrate (MI). A impreziosire le proprietà di “Odissea Srl” c’è un terzo agenzia fotogramma LA “P“ --- Sessantatre anni, l’imprenditore Antonio Percassi è anche presidente dell’Atalanta Calcio, dove ha anche militato come difensore fino al 1978 --- del villaggio di Crespi d’Adda –frazione di Capriate San Gervasio (BG)-, inserito nel 1995 nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Percassi l’ha acquisito nel 2013 dalla famiglia Polli (“Crespi rinasce con Percassi” titolava Il Sole 24 Ore nell’ottobre di quell’anno), ma da allora il rapporto con l’amministrazione comunale -gestore del sito, che ha sottoscritto con l’imprenditore bergamasco un protocollo d’intesa nel gennaio dello scorso anno- s’è incrinato, congelando ogni tipo di intervento. Il progetto iniziale del socio di Flavio Briatore era quello di riunire all’interno dello stabilimento gli uffici delle diverse attività imprenditoriali del Gruppo. Ripensamenti a parte, l’unica proposta presentata prevedeva 21.700 metri quadrati dedicati a funzioni private (uffici, sale convegni), 5.600 metri quadrati di funzioni pubbliche (museo, laboratorio didattico, struttura ricettiva), 7.200 a “funzioni miste” (compresa una “area spa-fitness”), un parcheggio pubblica da 500 posti e uno privato da 100. “La copertura finanziaria dell’intervento -si legge nel bilancio 2014 di ‘Odissea’- è stata assicurata da un mutuo ipotecario di euro 40 milioni stipulato con Intesa Sanpaolo Spa”. --- WWW.ALTRECONOMIA.IT 28 AVVISO PUBBLICO LA LEGALITÀ ILLUMINATA Il progetto Sefea Energy punta alla riconversione energetica degli enti locali, coniugando sviluppo, inclusione sociale e inserimento lavorativo dei più deboli. Ha aderito anche Lipari _ _ _ Stando alle classifiche sulla qualità della vita che all’inizio di ogni anno alcuni quotidiani nazionali pubblicano sulle loro prime pagine, chi vive al Sud è spesso maggiormente penalizzato rispetto a coloro che vivono al Centro-Nord della nostra penisola. Una maggiore insicurezza, la mancanza di servizi e una forte disoccupazione dovuta alla soffocante presenza delle mafie e alla storica mancanza dello sviluppo di un tessuto produttivoindustriale, spinge tante persone, in particolar modo molti giovani, a fare le valige per spostarsi non più in Settentrione ma, addirittura, al di fuori dell’Italia alla ricerca di un futuro. Se ci limitassimo alle lettura dei giornali e all’esame delle analisi statistiche, serie ed importanti (dall’ultimo annuario statistico dell’Istat, infatti, è emerso che nelle regioni del Mezzogiorno il tasso di disoccupazione in media nel 2014 è salito al 20,7%, uno dei valori più alti in Europa dopo Grecia e Spagna), probabilmente ci sfuggirebbero quei progetti innovativi che proprio al Sud hanno avuto origine, anche in tempi recenti. WWW.ALTRECONOMIA.IT PIERPAOLO ROMANI COORDINATORE NAZIONALE DI “AVVISO PUBBLICO, ENTI LOCALI E REGIONI PER LA FORMAZIONE CIVILE CONTRO LE MAFIE”, WWW.AVVISOPUBBLICO.IT Qui racconteremo il progetto Sefea Energy, la energy company nata dalla partnership tra la Fondazione di Comunità di Messina e Sefea, la Società europea della finanza etica e alternativa (costituita nel 2002 da Banca Etica e altre nove istituzioni finanziarie europee e con progetti in cantiere in Sicilia, Emilia-Romagna, Veneto, Liguria, Trento, ma anche Belgio e Francia, e sono in fase avanzata contatti con alcuni Paesi del Maghreb), con la collaborazione di un’azienda leader nel campo dell’illuminazione, l’emiliana Beghelli. Il progetto Sefea Energy è inquadrabile nell’ambito della social green economy e mira a finanziare la riconversione a basso impatto energetico di edifici e aree pubbliche e private attualmente illuminate da impianti vetusti che consumano molta energia. Al loro posto verranno utilizzati impianti con tecnologia Led forniti da Beghelli. I promotori del progetto hanno previsto di realizzare un patto con i Comuni che decideranno di cambiare i loro impianti di illuminazione: con una parte dei risparmi economico-finanziari che si realizzeranno -fino al 20%, per i primi otto anni, tempo stimato per ammortizzare i costi- gli enti si impegnano a finanziare progetti di educazione alla legalità, programmi di sviluppo umano e di alta formazione, borse di studio per formare risorse umane locali alla scuola internazionale di economia etica, nonché processi di inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Se- fea Energy finanzierà l’installazione, la gestione e la manutenzione degli impianti di illuminazione a massima resa energetica. Queste operazioni saranno realizzate attraverso filiere corte, composte da cooperative sociali locali opportunamente formate e in rapporto con Beghelli, in cui sarà garantito l’inserimento lavorativo di soggetti deboli. Il modello proposto si fonda sull’attuazione dei principi dell’economia civile, sulla logica del mutuo vantaggio, della corresponsabilità e della sussidiarietà circolare, in coerenza con lo spirito della Costituzione repubblicana. Il Comune di Casalvecchio Siculo (ME) è stato tra i primi a decidere di implementare il progetto Safea Energy. Il risparmio ottenuto, ha dichiarato il sindaco, Marco Saetti, “sarà destinato alle attività di un Gruppo d’acquisto solidale che potrà promuovere i piccoli produttori di qualità dell’intera provincia di Messina nella logica relazionale dell’economia civile”. Altra adesione importante è stata quella del Comune di Lipari. Nelle isole Eolie, il costo dell’energia elettrica ha costi molto più elevati rispetto al resto del Paese non essendoci un collegamento con la rete energetica nazionale. Avviso Pubblico, la rete nazionale degli enti locali impegnati in attività di formazione civile contro le mafie, ha segnalato Sefea Energy ai suoi 350 enti soci ed ha partecipato alla presentazione del progetto, a Roma, alla Fondazione con il Sud, lo scorso 21 dicembre. Le legalità e la giustizia sociale si illuminano, non solo d’immenso, ma legando rispetto emancipazione a sviluppo. --- FEBBRAIO 2016 29 MOBILITÀ PREVISTI 35 MILIONI DI EURO A FAVORE DI PROGETTI “BIKE TO WORK” E “BIKE TO SCHOOL” LE CITTÀ CHE PEDALANO Dagli incentivi a chi si reca “in sella” al lavoro alle risorse per le ciclovie turistiche o il sostegno al bike sharing. Cresce la sensibilità, come dimostra Massarosa (LU) --- ALICE DELL’OMO A MASSAROSA (LU), COMUNE DELLA VERSILIA DI QUASI 25MILA ABITANTI, CHI VA AL LAVORO IN BICICLETTA VIENE PREMIATO. Per la prima volta in Italia, infatti, a quei cittadini che sceglieranno di pedalare per recarsi sul “posto” verranno riconosciuti 25 centesimi a chilometro. Francesca Papasogli, comandante di Polizia del Comune, illustra origine e risorse del progetto “Buono mobilità” che partirà a febbraio 2016: “Il territorio di Massarosa è tagliato da due strade molto trafficate e dall’autostrada. È necessario quindi ridurre il traffico e l’inquinamento. Da un’indagine condotta sul campo, è emerso che la distanza media dei trasferimenti dei cittadini del Comune per recarsi a lavoro è di soli 5/6 chilometri. Insieme a FIAB (Federazione Italiana Amici sidenti e abitanti di Massarosa, che potranno usufruire di questo bonus, prodotto dai ricavi delle contravvenzioni, attraverso un bando. Il nostro obiettivo è anche quello di realizzare una rete di percorsi, confrontandoci con i ‘vincitori’”. Nonostante l’idea, Massarosa potrebbe essere esclusa da un finanziamento che il ministero dell’Ambiente intende destinare ai Comuni con una popolazione superiore ai 100.000 abitanti (in Italia sono circa 50) che abbiano realizzato un piano urbano della mobilità sostenibile (PUMS). Dei circa 130 milioni di euro destinati alla ciclo mobilità, 35 milioni verranno stanziati per lo sviluppo di iniziative quali “bike to work” e “bike to school”, anche attraverso l’incentivo fiscale “buono mobilità”. “Confidiamo nella possibilità di creare associazioni o unioni di comuni della provincia o della Versilia, anche perché le risorse del Comune non sono infinite”, dice l’assessore Stefano Natali. La sensibilità istituzionale alla mobilità ciclistica urbana è cresciuta: sia la Legge di Stabilità (vedi pag. 13) sia il Collegato Ambientale (il ddl è stato approvato dalla Camera in via definitiva nella seduta del 22 dicembre 2015) hanno previsto risorse da destinare alla ciclo mobilità urbana (circa 130 milioni di euro). “Fino ad oggi si è investito poco o niente per la ciclo mobilità -ragiona Giulietta Pagliaccio, alla guida di FIAB-. Finalmente, viene data dignità a questa formula, nominandola. altri Paesi europei, abbiamo studiato il modo per favorire gli spostamenti casa-lavoro in bicicletta. La soluzione è arrivata dall’articolo 208 del Codice civile che regola l’utilizzo dei proventi da contravvenzioni per favorire la mobilità. Così abbiamo pensato di creare un incentivo, simile a quello di Parigi: 25 centesimi a chilometro, per un massimo di 50 euro al mese, per reFEBBRAIO 2016 archivio fiab della Bicicletta, fiab-onlus. it), e seguendo l’esempio di --- Secondo una ricerca pubblicata in occasione di COP21 a Parigi (novembre-dicembre 2015) l’uso della bicicletta può ridurre il consumo energetico e le emissioni di CO2 del trasporto urbano fino al 10% entro il 2050 rispetto alle stime attuali, e consentire un risparmio di 25mila miliardi di dollari --WWW.ALTRECONOMIA.IT MOBILITÀ Anche se in realtà i finanziamenti non sono poi così tanti, se pensiamo che per fare una pista ciclabile occorrono anche 400 euro al metro”. Il 30 dicembre 2015, inoltre, si è tenuta una riunione presso il ministero dell’Ambiente convocata dal ministro Gian Luca Galletti sull’ “emergenza smog” con i presidenti di Regione e sindaci dei grandi centri urbani, a seguito della quale è stato firmato il “Protocollo d’intesa per migliorare la qualità dell’aria, incoraggiare il passaggio a modalità di trasporto pubblico a basse emissioni, disincentivare l’utilizzo del mezzo privato, abbattere le emissioni, favorire misure intese ad aumentare l’efficienza energetica”. Promuovere la ciclo mobilità urbana ed extra urbana, significa trovare quegli strumenti che possano favorire l’utilizzo della bicicletta come mezzo di trasporto, in città e in periferia. A questo scopo, 91 milioni di euro verranno impiegati (in tre anni) per ciclovie turistiche, velostazioni (ovvero stazioni di servizio, in alcuni casi dotate di servizio di manutenzione e riparazione, dove lasciare in deposito le proprie bici nei pressi di una stazione del treno o del metrò) e zone30. Nel nostro Paese son 20 le città che vantano performance di ciclabilità di livello europeo. In quattro comuni capoluogo, infatti, almeno un quarto della popolazione si sposta a pedali; in altre cinque il 20% degli spostamenti è soddisfatto dalle bici e in 11 la percenWWW.ALTRECONOMIA.IT archiovio comune di massarosa 30 --- I cittadini di Massarosa (LU) sono i primi in Italia a poter beneficiare del “buono mobilità”: 25 centesimi a chilometro, per un massimo di 50 euro al mese, che verranno riconosciuti a chi dovesse recarsi al lavoro montando in sella --tuale di ciclisti è comunque superiore alla soglia del 10%. A Bolzano e a Pesaro la percentuale di cittadini che sceglie di pedalare per spostarsi in città è del 28%, a Ferrara il 27% e a Treviso il 25%. Questi i dati più importanti e incoraggianti che emergono da “A Bi Ci della Ciclabilità”, ricerca resa nota ad aprile 2015 sull’uso della bici nelle città italiane capoluogo di provincia realizzata da Legambiente in collaborazione con Rete Mobilità Nuova. Bolzano e Pesaro si collocano al nono e al decimo posto della classifica generale europea. Ai primi posti troviamo città olandesi (al primo posto c’è Houten) e tedesche (la prima città tedesca in classifica è Münster , al quarto posto con il 38%). Almeno un quinto degli abitanti di Ravenna, Rimini, Piacenza, Sondrio e Venezia-Mestre preferisco- no muoversi in bici e anche a Pordenone, Biella, Pavia, Reggio Emilia, Novara, Pa- dova, Pisa e Cremona la per- centuale è alta. Legambiente fornisce anche un indice relativo ai “metri equivalenti” di percorsi ciclabili, che non ha la pretesa di valutare il livello qualitativo della rete ma cerca di mettere insieme informazioni oggettive. Reggio Emilia registra il valore più alto con 39,03 m_eq/100 ab e Cremona si colloca al secondo posto con oltre 30 metri equivalenti ogni 100 abitanti. Quattro capoluoghi superano invece i 20 m_eq/100 ab: Mantova, Lodi, Verbania e Sondrio. In tutto sono 29 le città che vanno oltre i 10 m_eq/100 abitanti. Sono invece 18 le città che dichiarano di avere meno di 1 m_eq/100 abitanti e di queste Caltanissetta, Enna, Isernia, Potenza, Reggio Calabria, Siracusa non segnalano alcun tipo di infrastruttura dedicata alla ciclabilità. La media, per i capoluoghi italiani esaminati, è di 7,04 m_eq/100 abitanti di infrastrutture 1.644.592 LE BICICLETTE VENDUTE IN ITALIA NEL 2014. IL 6,6% IN PIÙ RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE ciclabili. “Più che ai dati quantitativi sulla ciclabilità bisognerebbe fare attenzione ai dati qualitativi: le ciclabili presenti sono connesse tra loro, fanno rete, sono fruibili, sono sicure? Inoltre, non bisogna ragionare solo in termini di ‘piste ciclabili’, in quanto molte volte questa definizione corrisponde al nome che si da al bisogno di sicurezza, anche per strada -riflette Eugenio Galli, presidente Fiab Ciclobby Onlus-; non basta realizzare piste ciclabili o allestire punti di bike sharing, ma è necessario farlo seguendo dei criteri di qualità. Così come non basta fare le ciclabili perché i cittadini decidano di usarle. Lo scopo dovrebbe essere quello di rendere una città intera più pedalabile, agendo sull’intera mobilità. Solo se si avranno strade più sicure, si sceglierà di lasciare l’auto in garage e di andare in bici. Sul tema del bike sharing, analizzando i valori dello studio, emerge che sono disponibili a Milano, per esempio, 26,1 biciclette ogni 10.000 abitanti (valori pro capite e per 100 km2), a Pisa 22,9, a Frosinone 11,8, a Cagliari 2,3, a Pavia 2,1, a Bari 1,9. Su circa 70 città, i servizi di bike sharing sono FEBBRAIO 2016 stefano scheda 31 --- Le città virtuose d’Italia in questo campo sono Bolzano e Pesaro. In questi comuni, infatti, la percentuale di cittadini che sceglie di pedalare per spostarsi in città è del 28%, a Ferrara del 27%. Qui sopra la velostazione di Bologna --attivi in 58 comuni, con oltre 1.000 punti di prelievo e quasi 10 mila biciclette. Ma molte, troppe, città del centro-sud, purtroppo presentano valori bassissimi o non si hanno informazioni in merito. “Gli Stati europei si trovano in fasi di evoluzione molto distanti tra loro. La Spagna e il Portogallo hanno una situazione molto simile a quella italiana. La Danimarca, l’Olanda, la Germania, l’Ungheria, invece hanno attuato un vero e proprio progetto nazionale relativo alla ciclabilità” spiega Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente. “In Italia, nello specifico, c’è profonda differenza tra nord e sud ma anche tra le stesse città del nord. Facendo un esempio concreto, Brescia e Verona hanno percentuali di spostamenti effettuati in bici sul totale degli spostamenti urbani, completamente diverse, nonostante distino una settantina di chilometri: Brescia ha il 3% e Verona ha il 9%, anche se Brescia si colloca in 20esima posizione nella classifica delle città con maggior metri equivalenti di piste ciclabili ogni 100 abitanti (m_eq/100 ab), prima di Verona. E questo significa che la presenza di FEBBRAIO 2016 ciclabili non si è ancora trasformata in uso”. Uno studio della University of California Davis (UCD) e dall’Institute for Transporta- tion and Development Policy (ITDP) e commissionato dall’Union Cycliste Internationale (UCI), dall’European Cyclists’ Federation (ECF) e dalla Bicycle Product Suppliers Association (BPSA) ha cercato di dimostrare che l’utilizzo della bicicletta tradizionale e delle biciclette a pedalata assistita (e-bike), se sostenuto da politiche coerenti, può ridurre il consumo energetico e le emissioni di CO2 del trasporto urbano fino al 10% entro il 2050 rispetto alle stime attuali, oltre a far risparmiare qualcosa come 25mila miliardi di dollari. Secondo questa ricerca pubblicata alla vigilia della Conferenza mondiale sul clima COP21 (a novembre 2015) è necessaria una corretta combinazione di investimenti e politiche per incrementare l’utilizzo della bicicletta e delle e-bike perché si raggiunga il 14% della mobilità urbana nel 2050, percentuale che favorirebbe i benefici citati. Il potenziale di sviluppo è elevato: a Parma (città campione) l’11% delle persone nel 2015 sce- glie ad esempio la bici tradizionale per spostamenti di questo tipo, dietro Olanda, Danimarca, Giappone, Cina, Paesi Nordici e Germania. Nello studio è tra l’altro evidenziata la necessità di creare servizi idonei all’utilizzo della bici in città, per non scoraggiarne l’uso. In Italia sono 1.644.592 le biciclette vendute nel 2014, cifra che in termini percentuali significa un +6,6% rispetto al 2013 (1.542.758 unità). In leggero aumento la produzione con 2.728.600 biciclette (pari a +2,1%), trainata sempre dall’export che si è attestato sui 1.765.819 pezzi (+1,1%), il Paese si conferma il principale produttore europeo, soprattutto per il segmento ragazzo fino a 20 pollici (la fonte è l’ANCMA, Associazione nazionale ciclo, motociclo e accessori). Ma produzione e vendita non sempre sono sinonimi di cultura ciclistica. “Il codice della strada italiano definisce la bicicletta ‘velocipede’ e a questa definizione antiquata corrisponde un modello di mobilità antico, se non altro rispetto alla visione europea degli ultimi decenni. In tutta Europa la bici, infatti, è stata ricono- sciuta come mezzo del futuro. In Italia invece va ancora di moda una logica protettiva, securitaria -spiega Eugenio Galli-, basti pensare che fino a qualche settimana fa era riconosciuto sì l’infortunio per chi andava al lavoro in bicicletta, ma solo se pedalava su pista ciclabile e in una città come Milano, dove le ciclabili spesso sono state realizzate con lo scomputo oneri di realizzazione, le piste non sono affatto sicure”. È stato riconosciuto l’infortunio in itinere anche per chi va a lavoro in bicicletta. In Italia l’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) tutela i lavoratori nel caso di infortuni avvenuti durante il normale tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, durante il tragitto abituale per la consumazione dei pasti (se non esiste una mensa aziendale), per recarsi da un luogo di lavoro a un altro e durante la deviazione del tragitto casa-lavoro dovuta all’accompagnamento dei figli a scuola. Fino ad oggi però, la bicicletta era considerata un mezzo privato e non necessario e che, in caso di infortunio, richiedeva verifica dell’utilizzo e della presenza di piste ciclabili sul percorso compiuto ed era quindi estremamente penalizzante. Da oggi chi andrà a lavoro in bicicletta verrà trattato come chi fa uso di mezzi pubblici o come chi ci si reca a piedi, quindi sarà sempre “coperto” dalle regole generali dell’infortunio in itinere. Si attende a questo punto una comunicazione ufficiale da parte dell’INAIL. --WWW.ALTRECONOMIA.IT 32 MOBILITÀ IN EMILIA-ROMAGNA, INVECE, CRESCE IL “PESO” DEGLI INTERVENTI A FAVORE DELLE FERROVIE LOMBARDIA, LA SOLITA STRADA Ecco le nuove (e vecchie) autostrade contenute nel Programma regionale della mobilità approvato a fine 2015 dalla Giunta Maroni --- LUCA MARTINELLI LA REGIONE LOMBARDIA PERSEVERA: IL PROGRAMMA REGIONALE DELLA MOBILITÀ E DEI TRASPORTI (PRMT), adottato dalla giunta il 23 dicembre 2015, prevede un ulteriore diluvio di autostrade. Le nuove infrastrutture indicate, la cui realizzazione è in programma entro il 2020, potrebbero occupare oltre 2mila ettari di suoli, cancellando -nel 59% dei casi, come spiega il documento di valutazione ambientale strategica, VASaree agricole, boscate o naturali. L’elenco degli interventi sul “sistema viabilistico autostradale”, al servizio della “mobilità privata su gomma” (i virgolettati sono estratti dal PRMT) occupa una decina di pagine, e riesuma anche progetti anacronistici, come l’autostrada pavese di cinquanta chilometri tra Broni e Mortara, attraverso la Lomellina: nell’autunno del 2015, il ministero dell’Ambiente ne ha censurato l’impatto ambientale, nell’ambito della procedura di valutazione (la VIA), ma non importa. Ci sono poi il completa- mento della Pedemontana lombarda, la Ti.Bre. (che sta per Tirreno-Brennero, ed è interconnessione tra l’A15 della Cisa a Parma e l’A22 del Brennero, che per 55 chilometri corre in Lombardia), il raccordo tra Brescia e la Valtrompia (fino a Lumezzane) e la “corda molle” tra Brescia Est ed Ospitaletto, tangenziale Sud alla città lombarda, una bretella tra il casello di Castelvetro sull’A21 TorinoBrescia e il porto canale sul Po a Cremona, un’autostrada tutta nuova tra Varese, Como e Lecco e un’altra di cui si parla da decenni tra Cremona e Mantova. La lista continua con una quarta corsia (lungo l’A1, tra Milano e Lodi) e una quinta (lungo l’A8, tra Milano e Lainate), e si chiude con l’IPB. Questo acronimo nasconde l’idea che serva una nuovissima autostrada per interconnettere (la “I”) le nuove autostrade Pedemontana (“P”) e BREBEMI (“B”), la prima ancora da terminare, la seconda -tra Brescia e Milano- inaugurata nel luglio del 2014. IL PROGRAMMA REGIONALE LOMBARDO PER LA MOBILITÀ E IL CONSUMO DI SUOLO SUPERFICIE OCCUPATA DA INFRASTRUTTURE 21.100 ETTARI nel 2020 23.100 ETTARI nel 2014 2.000 ETTARI nuovo suolo occupato. Di cui: 8% territori boscati e ambienti seminaturali 51% aree agricole 41% aree già antropizzate LE AREE “INTERFERITE” L’incremento, rispetto al 2014, dell’estensione di aree agricole e di territori boscati e ambienti semi-naturali in una fascia di 10-50 metri dalle nuove infrastrutture nel 2020 6.230 ETTARI SUOLO AGRICOLO GIÀ OCCUPATO PER LA COSTRUZIONE DI INFRASTRUTTURE nel periodo 2007-2012 980 ETTARI MEDIAMENTE CIRCA 200 ETTARI ALL’ANNO (pari a 5.370 m2 al giorno) Il Programma regionale della mobilità e dei trasporti (PRMT) è stato adottato dalla Giunta regionale lombarda il 23 dicembre 2015. La realizzazione entro il 2020 delle infrastrutture indicate nel Programma -illustrate in alto a destra- comporterà l’occupazione di 2.000 ettari di suolo libero (oltre 2.700 campi di calcio). Le “aree interferite”, cioè quelle che si trovano a 10-50 metri dalle infrastrutture, ammontano a 6.230 ettari. WWW.ALTRECONOMIA.IT FEBBRAIO 2016 LE NUOVE AUTOSTRADE DELLA LOMBARDIA V01 COMPLETAMENTO SISTEMA VIABILISTICO PEDEMONTANO LOMBARDO (PEDEMONTANA) V02 COLLEGAMENTO AUTOSTRADALE BRENNERO-LA SPEZIA (TI.BRE.) V03 RACCORDO AUTOSTRADALE DELLA VALTROMPIA (BRESCIA-LUMEZZANE) V04 TANGENZIALE SUD DI BRESCIA V05 BRETELLA A21-CASTELVETRO V07 QUINTA CORSIA MILANO-LAINATE (A8) V09 QUARTA CORSIA MILANO-LODI (A1) V12 COMPLETAMENTOTANGENZIALE NORD DI MILANO V15 AUTOSTRADA REGIONALE VARESE-COMO-LECCO V16 AUTOSTRADA REGIONALE CREMONA-MANTOVA V17 IPB (INTERCONNESSIONE AUTOSTRADALE TRA IL SISTEMA VIABILISTICO PEDEMONTANO E L’AUTOSTRADA BRESCIA-BERGAMO-MILANO) V18 AUTOSTRADA REGIONALE BRONI-MORTARA E RACCORDO MORTARA-STROPPIANA V19 TOEM (TANGENZIALE OVEST ESTERNA MILANESE) LEGENDA: AUTOSTRADE ESISTENTI NUOVI INTERVENTI E AMPLIAMENTI INTERVENTI DA APPROFONDIRE SONDRIO VARESE V01 LECCO COMO V15 A8D A8 V15 Orio al Serio A9 A36 V01 Malpensa V07 A8 V03 BERGAMO A4 A4 A52 V12 A51 V13 V17 BRESCIA A35 A4 MILANO V19 A50 V04 Linate Montichiari V09 LODI V18 PAVIA V05 CREMONA A21 “È tutto perfettamente coordinato, come in una rappresentazione teatrale in cui ogni attore sa che cosa fare: la legge del 2014 contro il consumo di suolo diceva che le previsioni sarebbero state applicate tranne che per quelle della Giunta regionale in ambito infrastrutturale, e perciò, incredibilmente, le autostrade non fanno parte del bilancio ‘sul suolo’ di Regione Lombardia” spiega ad Altreconomia Paolo Pileri, docente di Tecnica e pianificazione urbanistica del Politecnico di Milano e autore per Altreconomia edizioni del libro “Che cosa c’è sotto”. “Questo ‘Programma’ è stato adottato il 23 dicembre 2015, e cioè durante quello che la FAO ha dichiarato ‘Anno dei suoli’, e la ReFEBBRAIO 2016 V2 A21 A1 A7 gione lo ha analizzato nel bel mezzo di una grave crisi atmosferica ed ambientale, dovuta alle caldaie ma anche alla mobilità privata, intorno al novantesimo giorno di sforamento delle Pm10. Eppure, nonostante una valutazione ambientale strategica che indica chiaramente l’impatto degli interventi previsti, che andranno a compromettere oltre 2mila ettari di suolo, non si è ritenuto di dover modificare il testo di una virgola” aggiunge Pileri. La VAS evidenzia come l’insieme delle aree “interferite”, quelle che si trovano in un’area compresa tra i 10 e i 50 metri dalle infrastrutture, e che subiranno un impatto negativo a causa delle opere, potrebbe arrivare a ben 6.230 ettari. Un V16 V16 V16 A21 V2 dato elaborato per difetto, considerando che la temibile Tangenziale Ovest Esterna milanese (TOEM) -che attraverserebbe Parco agricolo Sud Milano e Parco del Ticino- è evidenziata solo sulle mappe come un “intervento da approfondire”. “Probabilmente non tutti gli interventi si attueranno, ma dal punto di vista culturale il messaggio della giunta guidata da Roberto Maroni è devastante -suggerisce Pileri-. E poiché non si dice che non si urbanizzerà lungo le superstrade, a fianco degli svincoli, sta replicando un modello di vent’anni fa”. A fine ottobre anche la giunta della Regione Emilia-Romagna ha adottato una revisione del proprio Programma MANTOVA delle infrastrutture strategiche (PIS), da presentare al governo. Nella nuova versione prevede una riduzione del 45% del costo complessivo, che passa da 21,67 a 11,95 miliardi di euro, ed è più bilanciato: il 50% degli interventi riguardano strade e autostrade, e il 43% le ferrovie (prima il rapporto era tra 64,4 e 29,1%). Tra le opere in “priorità 1” c’è il raddoppio della ferrovia Pontremolese tra Parma e La Spezia, ma non l’autostrada Ti.Bre.: i container scaricati nel porto della città ligure dovrebbero poter raggiungere la Pianura Padana su un treno, e non su gomma. --- WWW.ALTRECONOMIA.IT 33 34 AMBIENTE LA COSTITUZIONE PERMETTE IL TRASFERIMENTO DELL’IMPRESA AI LAVORATORI LE REGOLE DELL’ESPROPRIO Le aziende possono far leva sulla “pubblica utilità” per allontanare i cittadini dalle loro proprietà. E chi si oppone rischia contenziosi milionari --- DUCCIO FACCHINI ALCUNI PROPRIETARI DELLE CAMPAGNE DI SAN VITO DEI NORMANNI (BRINDISI) SONO STATI FORTUNATI: IL“PARCO EOLICO” DA 18 MW CHE DOVEVA SORGERE SUI LORO TERRENI È SALTATO, E LORO NON VERRANNO ESPROPRIATI. Grazie all’a- zione di un comitato locale, infatti, sono arrivate per tempo la Procura di Brindisi e la Guardia di Finanza di Ostuni. L’area che avrebbe dovuto ospitare le pale di Enel Green Power (EGP) era caratterizzata da una “vasta presenza di ulivi monumentali” e dunque vincolata, contrariamente a quanto scritto da un dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di San Vito. Ne è derivata un’inchiesta che ha portato, all’inizio del 2016, a 11 avvisi di garanzia, di cui due ad altrettanti dirigenti di EGP. Sei mesi prima, il Consiglio di Stato aveva annullato l’esproprio dei terreni, accogliendo l’impugnazione dei proprietari schierati a difesa della loro terra. Anche Silvia Ferrante ha tentato di farlo, in Abruzzo. Come gli altri membri dei comitati cittadini che si battono contro un mega elettrodotto di Terna -il “Villanova-Gissi”, che attraversa 16 Comuni per quasi 70 chilometri e una tensione di 380 kV, noelettrodottovillanovagissi.it-, la 37enne ha iniziato “fin dal 2010” a studiare l’opera, eseguire accessi agli atti, affiancare i proprietari dei terreni (in tutto WWW.ALTRECONOMIA.IT oltre 200) che si opponevano all’esecuzione degli espropri da parte della società, forti peraltro di un documentato “vademecum”. La società non ha gradito. Dall’estate scorsa, Terna -che tra i suoi azionisti vede CDP RETI, controllata da Cassa depositi e prestitiha annunciato l’avvio di azioni risarcitorie nei confronti di chi si è permesso di ostacolare l’accesso alle aree per gli espropri, citando in giudizio civile 50 persone. Solo Ferrante si è vista recapitare 24 contestazioni (l’avvocato di Terna è Giulia Bongiorno, già deputata), pari a 16 milioni di euro di richieste danni complessive. L’atteggiamento di Terna -definito “intimidatorio” da alcuni amministratori locali della zona- smentisce quanto la stessa società riporta nel paragrafo “Il nostro approccio” del suo ultimo bilancio di sostenibilità. “Pur essendo autorizzata dalla legge a seguire una procedura di esproprio -scrive appellandosi al Testo unico sugli espropri (Dpr 327/2001)-, per ottenere la disponibilità del suolo Terna preferisce ricorrere alla pratica dell’asservimento amichevole” (il corsivo è nostro). Una “ricerca di una soluzione consensuale” dichiarata più che praticata, come dimostra il caso del “Villanova-Gissi”. Presso il ministero dello Sviluppo economico, dal luglio 2014, esiste addirittura un “Ufficio unico per gli espropri in materia di energia”, che affianca le società autorizzate dal ministero o dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) “ad attuare progetti riconosciuti di pubblica utilità” qualora non abbiano “la possibilità di concludere accordi bonari per l’utilizzo dei beni necessari”. Sono 24 i procedimenti in corso, dal “Metanodotto di interconnessione Albania-Italia Trans Adriatic Pipeline” -da notare che nella sua “Politica sulla responsabilità sociale d’impresa”, TAP dichiara che “gli espropri saranno usati solo come ultima risorsa se sono fallite le trattative in buona fede”- fino alla concessione “Gorgoglione” in Basilicata a favore di Total, Shell e Mitsui. Anche tra Liguria e Piemonte gli espropri per pubblica utilità sono stati -e sono tuttora- al centro di durissime battaglie. Lo sa bene il movimento No Tav-Terzo Valico (notavterzovalico.info), che si oppone alla realizzazione della “linea ad alta capacità --- Un cartello contro il Terzo Valico, il progetto per l’alta velocità tra Liguria e Piemonte. La zona di Trasta è quella da cui sono partiti gli espropri da parte della Cociv per dare inizio ai lavori --- FEBBRAIO 2016 35 24 PROCEDIMENTI PRESSO L’UFFICIO UNICO PER GLI ESPROPRI IN MATERIA DI ENERGIA DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO veloce” tra Genova e Tortona (53 chilometri, 12 Comuni attraversati, 6,2 miliardi di euro di costo stimato, vedi Ae 144, bit.ly/terzovalico). I circa 300 espropri previsti dal progetto sono stati portati sostanzialmente a compimento dal general contractor incaricato della progettazione e costruzione dell’opera, il Consorzio COCIV (composto da Salini-Impregilo, 64%, Società Italiana Condotte d’Acqua, 31% e CIV, 5%). Nel bilancio 2014, il Consorzio ha indicato alla voce “indennizzi per espropri” 19,8 milioni di euro. L’atto di pubblica utilità che ha consentito a COCIV di procedere, anche con l’uso della forza pubblica -com’è accaduto nel luglio 2014-, facendo le veci del proponente, Rete Ferroviaria Italiana, ha la durata di 5 anni e può essere prorogato. L’ultimo è scaduto a fine luglio 2015. Ma il Consorzio non si è fermato, andando a sbattere. Lo scorso dicembre, infatti, è dovuto intervenire il Tar della Liguria, che ha annullato -su ricorso di un attivista del movimento No Tav- un esproprio condotto a Pontedecimo (Genova) perché viziato da una notifica fatta a un defunto. Quant’è lontana la Costituzione, e gli articoli dove disegna il principio dell’esproprio: il 42 e il 43, nei “Rapporti economici”. Le “comunità di lavoratori” potrebbero vedersi infatti trasferire “imprese o categorie di imprese” dal “preminente interesse generale”. A Trezzano sul Naviglio (MI), gli ex lavoratori della Maflow -riuniti nella cooperativa Ri-Maflow (www.rimaflow.it, vedi Ae 147, bit.ly/ ri-maflow)- li avevano approfonditi a più riprese insieme al giurista Paolo Maddalena (autore del saggio “Il terri- ansa/luca zennaro torio bene comune degli italiani”, Donzelli), provando FEBBRAIO 2016 a immaginare un esproprio per pubblica utilità di un sito produttivo ormai decadente in pancia a Unicredit. A qualche anno di distanza, Gigi Malabarba, ex operaio all’Alfa Romeo di Arese (MI) e anima del rilancio di Ri-Maflowracconta ad Ae quelle che rimasero “intenzioni”, visto che “per poter raggiungere un risultato di quel tipo è necessario un ente pubblico disponibile ad andare in quella direzione”. Non è un caso che sul portale della cooperativa l’ultima notizia (del 9 gennaio 2016) riguardi l’esproprio dell’IMPA, “storica fabbrica metalmeccanica di Buenos Aires”, assegnata ai lavoratori in comodato d’uso dopo una “Decláranse de utilidad pública” sancita dal “Boletín Oficial” della Repubblica Argentina. Anche a Lecco, alcuni lavoratori della storica impresa di lampadine Leuci -rilevata nel 2006 da Relco Spa, oggi, dopo il licenziamento di oltre 220 persone, lo stabilimento è chiuso- avevano iniziato a ragionare sull’esproprio, abbandonato nel giro di poco per l’entità dell’indennizzo e l’assenza di supporto da parte degli enti locali (Comune e Provincia su tutti). Oggi dalle finestre sventola uno striscione di plastica per affitti o compravendite. “Al progressivo indebolimento dell’esproprio come strumento a disposizione della pubblica amministrazione nella pianificazione e attuazione delle politiche pubbliche -spiega ad Ae Maria Rosa Vittadini, docente di Tecnica e pianificazione urbanistica all’Università Iuav di Veneziasi è andata affiancando una marcata tendenza al coinvolgimento dei privati sia nella pianificazione sia nella realizzazione delle opere cosiddette di pubblica utilità. E se è vero che le opere di pubblica utilità traducono scelte già definite dai pubblici poteri (ai diversi livelli), la tendenza al coinvolgimento massiccio dei privati racconta una storia tutta diversa, nella quale l’iniziativa e l’interesse del promotore prevalgono sistematicamente sull’interesse pubblico, chiamato a posteriori a coprire inefficienze e disavanzi”. Infatti, in Lombardia l’esproprio è uno strumento impiegato con più fortune in altri campi, soprattutto autostradali. È il “caso” di BRE.BE.MI., asse lungo 62 chilometri che si sviluppa nei campi agricoli di tre province, ed unisce Travagliato (BS) a Liscate (MI). “Al 31 dicembre 2014 -si legge nell’ultimo bilancio di Società di progetto Brebemi Spa- risultano effettuate occupazioni di terreni per circa 15,5 milioni di metri quadrati”. Di questi, 7,2 milioni sono avvenute attraverso espropri. Nel complesso, le “occupazioni” di aree utili alla realizzazione della A35 hanno interessato “1.779 ditte proprietarie”, in maggioranza aziende agricole. Ettore Prandini è il presidente di Coldiretti Lombardia. Dopo aver lavorato per il raggiungimento di un accordo chiave per la “conclusione bonaria” tra società e proprietari delle aree, si ritrova oggi a che fare con ripetute violazioni da parte di chi siede al di là del tavolo: “Almeno il 20% di chi ha sottoscritto un accordo sta ancora aspettando la liquidazione della somma spettante, che doveva avvenire prima ancora della conclusione dell’opera”. La BRE.BE.MI è stata inaugurata nel luglio del 2014. È un paradosso, visto che la soluzione “conciliante” ha evitato gli “inghippi” che invece ha fronteggiato Cociv grazie all’operato del comitato No Tav. Nonostante tutto, Prandini è convinto della bontà della strategia (“Chi è andato allo scontro rischia di non vedere un euro”), e tiene a specificare che “a Coldiretti non spetta alcuna percentuale sull’importo concordato per l’esproprio, il che sarebbe assolutamente deprimente”. --- WWW.ALTRECONOMIA.IT INTERNI NEL 2015 SONO STATE COSTRUITE NEL NOSTRO PAESE 18MILA ABITAZIONI NON AUTORIZZATE IL PATRIMONIO ABUSIVO Secondo l’Istat, cresce l’incidenza delle case realizzate illegalmente in Italia. L’ultima relazione governativa sul fenomeno risale al 2007. L’arma della confisca --- LUCA MARTINELLI IL RISTORANTE PRINCIPESSA ZAIRA È STATO ABBATTUTO NELL’OTTOBRE DEL 2015. L’edificio era stato costruito nella valle dei Templi di Agrigento, zona archeologica sottoposta a vincolo, ed è uno degli otto immobili abusivi demoliti lo scorso anno dal Comune di Agrigento. Le ruspe dovrebbero “cancellare” nei primi mesi del 2016 altri 14 stabili, tutti frutto di interventi realizzati “in assenza di una preventiva autorizzazione o in contrasto ad essa”, com’è definito l’abuso edilizio dalla Treccani. Queste scelte sono costate un’intimidazione al sindaco della città siciliana, Lillo Firetto, che a gennaio 2016 ha ricevuto una lettera minatoria. La solidarietà verso Firetto s’è fermata a Palermo, anche se quello dell’abusivismo è un problema che riguarda tutto il Paese. Nel 2015, in Italia, sono state costruite senza autorizzazione ben 18mila abitazioni, secondo una stima diffusa dal Cresme, un autorevole centro di ricerca che si occupa del mercato edilizio (www.cre- sme.it). L’Istituto nazionale di statistica (Istat), a dicembre, ha evidenziato l’impatto negativo e attuale del fenomeno dell’abusivismo, che in alcune Regioni del Paese porta a una condizione di “sostanziale irrilevanza nella pianificazione urbanistica”, e rappresenta una “forma pure e semplice di evasione fiscale”. L’indice di abusivismo edilizio, che misura la percentuale di “abusi” ogni 100 costruzioni autorizzate, è passato da 10,47 nel 2009 a 17,56 nel 2015. Quasi un casa su cinque. “L’intero comparto vive una profonda contrazione, che colpisce sia le costruzioni legali che l’abusivismo, ma il calo dell’attività legale è maggiore, ed è questo che spiega l’Istat” dice ad Ae Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme. Le case abusive realizzate nel 1990 erano 44mila, e prima della crisi (nel 2008) ancora 28mila. “La nostra analisi -specificariguarda solo le nuove abitazioni, mentre l’attività abusiva comprende anche il non residenziale e le trasformazioni del patrimonio esistente”. --- Un abuso edilizio fotografato a Maratea, in Basilicata. L’indice di abusivismo misurato dall’ISTAT è passato dal 10,47% del 2009 al 17,56% del 2015. Ciò significa che circa una casa ogni cinque autorizzate è “irregolare” --- michele lapini 36 WWW.ALTRECONOMIA.IT FEBBRAIO 2016 I NUMERI DEGLI ABUSI IN ITALIA PERMESSI DI COSTRUIRE (ISTAT) 150 INDICE DI ABUSIVISMO EDILIZIO* * Numero di costruzioni realizzate illegalmente per 100 costruzioni autorizzate dai Comuni 139.670 20 120 17,56 15,20 90 79.469 15 11,86 60 Siamo di fronte, quindi, a una stima per difetto, mentre quelle ufficiali latitano, nonostante una legge (in vigore, la 298 del 1985) imponga al ministero delle Infrastrutture di presentare una relazione al Parlamento “entro il 15 marzo di ogni anno”, dal 1986. Fanno trent’anni, e farebbero -tra un paio di mesi- trenta relazioni. L’ultima redatta è del 2007, e fa riferimento a dati del 2003 e del 2004. A significare, forse, che di abusivismo edilizio si parla solo in corrispondenza di un condono, come quelli del 1985 e del 2003 (in mezzo ce n’è stato uno anche nel 1994). “Da un punto di vista culturale credo comunque che l’Italia abbia fatto dei passi in avanti: c’è stato un periodo nel nostro Paese, e ricordiamo le campagne elettorali di Silvio Berlusconi negli anni Novanta, in cui promettere condoni pagava in termini di voti -sottolinea Rossella Muroni, da dicembre 2015 presidente di Legambiente-. Oggi è sentire comune che l’abusivismo, lungi dal risolvere il ‘problema casa’ rappresenta un problema di sicurezza. Nel momento in cui affrontiamo il tema di frane e alluvioni, scopriamo anche che il territorio più fragile è anche quello che viene edificato in modo illegale”. Accanto all’indice di abusivismo edilizio, l’Istat misura anche il numero di edifici costruiti lungo le coste in una fascia di 300 metri dalla battigia costieri compresi, o all’interno di parchi e riserve nazionali o regionali e nelle zone di interesse archeologico (come la valle dei Templi di Agrigento). Nonostante i vincoli cui queste aree sono sottoposte, il patrimonio FEBBRAIO 2016 27.598 30 0 21.855 primo primo primo primo semestre semestre semestre semestre 2005 2009 2013 2015 0 nel 2005 GLI ABUSI REGIONE PER REGIONE* * Numero di costruzioni realizzate illegalmente per 100 costruzioni autorizzate dai Comuni nel 20054,19 nel 20146,15 nel 20059,07 nel 201413,18 nel 200512,72 nel 201424,6 nel 200510,55 nel 201419,55 nel 200544,55 nel 201470,48 nel 200549,67 nel 201451,93 FONTE: Istat, BES 2015 L’URBANIZZAZIONE NELLE AREE SOTTOPOSTE A VINCOLO PAESAGGISTICO (NUMERO DI EDIFICI PER 100 KM2) nel 22,91 1981 + 30,2% nel 29,83 2011 REGIONI 1981 2011 MARCHE 50,759,4 LIGURIA 286,1 296 PUGLIA 615727 SICILIA 113,9152,1 edilizio -abusivo- è cresciuto dal 1981 del 30 per cento. In media, gli edifici realizzati in aree vincolate sono quasi 30 ogni 100 km2, ma nelle Regioni costiere il dato è esponenzialmente più alto, come dimostrano i casi di Puglia (727 edifici ogni 100 km2) e Liguria (296). Secondo Legambiente, dopo l’approvazione della legge sugli ecoreati ne servirebbe una anche sull’abusivismo edilizio, “che renda più snelle le procedure che portano al riconoscimento e all’abbattimento”. Paolo Berdini, che è un urba- 10,47 10 nista e per Altreconomia ha curato uno dei saggi del libro “Rottama Italia”, sottolinea come gli indirizzi di un eventuale nuovo intervento legislativo andrebbero ricercati nel testo della (vecchia) legge 47/85, che -spiega Berdini“dice una cosa fondamentale: il miglior deterrente all’abusivismo è la confisca, ovvero la perdita della proprietà della casa. Se chi realizza un abuso rischia la titolarità del bene, e anche quella del beneficio economico conseguente, finisce l’abusivismo”. Berdini -che nel 2010 ha scritto an- nel 2009 nel 2013 nel 2014 L’indice di abusivismo edilizio misura il numero di abitazioni illegali costruite ogni 100 interventi autorizzati realizzati. Nel 2014 era di 17,56, e dal 2009, complice la crisi economica, che ha colpito il settore edilizio, sarebbe cresciuto del 67,7%. Questo dato è stato diffuso nel dicembre 2015 dall’ISTAT, nell’ambito del terzo rapporto BES, ovvero dell’analisi che l’Istituto nazionale di statistica dedica alle misure del benessere equo e sostenibile. L’indice di abusivismo edilizio (che nel 2014 ha visto un picco in Molise, dove il 70,48% degli edifici realizzati non sarebbe autorizzato) è uno dei parametri utilizzati per definire il rapporto tra gli italiani e il “Paesaggio e patrimonio culturale” del Paese (www.istat. it/it/misure-del-benessere). Un altro riguarda invece il numero degli edifici costruiti nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico. La media nazionale è (al 2011, data dell’ultimo censimento) di 29.83, con un aumento del 30,2% rispetto al 1981. Il problema riguarda, in particolare, le Regioni costiere. che una “Breve storia dell’abuso edilizio in Italia” (Donzelli)ricorda che “la legge 47 parla anche di demolizione coatta, o dell’acquisizione del bene abusivo al patrimonio pubblico”. Secondo Berdini si tratterebbe di “un’arma atomica”, capace di risolvere anche un altro problema: “Le costruzioni illegali sono un fattore di concorrenza scorretta rispetto a chi opera in maniera legale” sottolinea Bellicini del Cresme. Come un virus, che quando colpisce un corpo malato -com’è l’edilizia italiana- fa ancora più male. --WWW.ALTRECONOMIA.IT 37 MOBILITÀ IL CICLO DI VITA DI QUESTE OPERE È DI CIRCA 70 ANNI LA SALUTE DEI PONTI Costruiti in buona parte tra il 1955 e il 1980, le infrastrutture viarie del nostro Paese necessitano di monitoraggio e manutenzione. E di un censimento puntuale --- LUCA MARTINELLI “QUANTO DURA UN PONTE?”. IL PROFESSOR PIERGIORGIO MALERBA, docente di Bridge Theo- ry and Design del Politecnico di Milano, risponde stendendo un foglio A4 sulla scrivania, e disegnando una linea del tempo: “La maggior parte di ponti e viadotti del nostro Paese sono stati costruiti tra il 1955 e il 1980. Sono, quindi, opere che hanno caratteristiche simili, e che sono state realizza- te utilizzando le medesime tecnologie. Per questo, oggi risentono, tutte insieme, degli stessi effetti del tempo in termini di ammaloramenti e di perdita di funzionalità”. Secondo Malerba, che è anche vice-presidente dell’International Association for Bridge Maintanance and Safety e coordinatore di Iabmas Italia (www.iabmasitaly.it), un’associazione di studiosi, ricercatori e pro- gettisti che si occupano di manutenzione, sicurezza e gestione dei ponti, “gli anni di vita utile effettiva per un’opera di questo tipo, nel nostro Paese, può variare tra i 50 anni e i 90 anni”. Malerba fa riferimento al concetto di Life-Cycle, “ciclo di vita”, che dev’essere esplicitamente indicato per tutti i ponti progettati e realizzati a partire dal 2008. Parla anche di “sicurezza di piena funzionalità”, evidenziando tutte le possibili cause di degrado. Dall’erosione del calcestruzzo alla corrosione delle armature, dai rigonfiamenti per ruggine al danneggiamento degli appoggi. Il Viadotto Himera, lungo l’autostrada A19 tra Palermo e Catania, in Sicilia, è stato abbattuto il 22 dicembre 2015, alle 15.48. Per farlo sono stati impiegati 250 --- Il Viadotto Himera è stato abbattuto il 22 dicembre 2015 dopo un danneggiamento dovuto a un evento franoso. Nelle pagine seguenti, la riapertura del Ponte della Becca di Pavia, sul fiume Po --FEBBRAIO 2016 WWW.ALTRECONOMIA.IT 39 40 MOBILITÀ SOSPESI SULLO STRETTO Anas spa è il principale azionista della società Stretto di Messina spa, che è stata costituita l’11 giugno del 1981, per progettare, realizzare e gestire il Ponte sullo Stretto di Messina. Si dava così attuazione a una legge del 17 dicembre 1971,“Collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente”. Esattamente 41 anni dopo, il 17 dicembre 2012, la società è stata messa in liquidazione, con un provvedimento del governo guidato da Mario Monti, e a metà gennaio 2016 il sito internet strettodimessina.it non risulta in funzione. L’idea era quella di realizzare il ponte a campata sospesa più lungo del mondo (3 chilometri e 300 metri), sostenuto da due torri alte 400 metri costruite sulla terraferma -in Calabria e in Sicilia-: alcuni elementi progettuali sono ancora visibili sul sito ponteurolink.it, che fa riferimento alla società di progetto Eurolink, il cui primo azionista è l’impresa di costruzioni Salini-Impregilo. Nel marzo del 2006 Eurolink aveva firmato un contratto che la individuava come contraente generale, ed aveva elaborato un progetto definitivo, che il 29 luglio 2011 era stato approvato da Stretto di Messina spa. Il 27 marzo 2013, dopo che il governo aveva cancellato la realizzazione del ponte dall’agenda, era arrivata dal ministero dell’Ambiente una valutazione di incidenza ambientale (VIA) negativa. E il 7 gennaio 2014 la Commissione europea aveva archiviato l’esposto di Eurolink contro l’Italia. A novembre 2015, è stato il premier Matteo Renzi a “ritornare” sul Ponte, intervistato dal giornalista Bruno Vespa lo avrebbe definito “un altro bellissimo simbolo dell’Italia”, da realizzare. WWW.ALTRECONOMIA.IT chilogrammi di esplosivo, spiega un comunicato stampa di Anas spa, la società per azioni controllata dal ministero dell’Economia che è il gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale. Otto mesi prima, nell’aprile dello scorso anno, il viadotto era stato danneggiato da un movimento franoso, che aveva fatto cedere uno dei piloni che sostenevano il manufatto. A seguito del danneggiamento, e forse a causa della grande eco mediatica che l’evento ha avuto, Anas ha annunciato un investimento di ben 842 milioni di euro sull’A19, per un “programma straordinario di potenziamento e riqualificazione dell’itinerario, che comporta la realizzazione di nuove pavimentazioni e barriere, il risanamento di tutti i viadotti e nuove dotazioni tecnologiche per le gallerie del tracciato”, come racconta l’azienda. Il programma straordinario è stato presentato a fine novembre, nel corso di una conferenza stampa cui hanno partecipato -tra gli altri- il ministro alle Infrastrutture, Graziano Delrio, il presidente dell’Anas, Gianni Vittorio Armani, il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio, e il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta. Se la scelta di investire oltre ottocento milioni di euro sull’A19 fa seguito al crollo del Viadotto Himera, è importante ricordare che si tratta di appena una delle 11mila “opere d’arte maggiori”, come l’Anas descrive ponti e viadotti, presenti lungo la rete in concessione, che misura oltre 25mila chilometri. L’ingegner Fulvio Maria Soccodato, responsabile della manutenzione straordinaria per Anas, spiega che “per circa la metà delle 11mila opere presenti nel corso degli anni 2010-2014 è stato espletato un accurato monitoraggio dei manufatti, eseguito con i più moderni strumenti di rilevazione, e che ha permesso una precisa analisi dei difetti e, in alcuni casi, anche la stima dei costi di interventi per la riduzione degli stessi”. L’altra metà non è ancora stata valutata. Intanto, a fine novembre, la società ha presentato anche il proprio “Piano pluriennale 2015-2020”, che per la prima volta prevede un impegno significativo per la manutenzione straordinaria e per le opere di messa in sicurezza, attività che interesseranno 2.919 chilometri e a cui verranno dedicate il 40,6% delle risorse disponibili, pari a 8,2 miliardi di euro. L’ingegner Soccodato definisce questa scelta “una tangibile controtendenza”, spiegando ad Ae che “negli anni a cavallo 2010-2012 si è registrata una significativa riduzione degli stanziamen- ti pubblici per l’attività di manutenzione straordinaria”. Il pericolo maggiore non sarebbe quello di un crollo, che potrebbe anche essere frutto di un evento eccezionale (è successo per il Viadotto Himera, ma anche a un ponto sul fiume Aulella, in Lunigiana, lungo la Ss 63 del Cerreto, a causa dell’alluvione del novembre 2012), ma l’interruzione prolungata di un ponte o di un viadotto, oggetto di una inadeguata manutenzione. Nell’ambito di una ricerca condotta da Éupolis per Regione Lombardia e dedicata a “I ponti sul Po: un collegamento fondamentale”, cui Malerba ha collaborato assieme alla società Trasporti e territorio srl, è stato calcolato il costo di un’interruzione, che 8,2 MILIARDI DI EURO, LE RISORSE CHE VERRANNO DESTINATE DA ANAS SPA ALLA MANUTENZIONE STRAORDINARIA E MESSA IN SICUREZZA DI 2.919 KM FEBBRAIO 2016 41 IL PONTE AL MASSIMO RIBASSO Nell’estate del 2015 è stato assegnato -dall’Anas- l’appalto per la costruzione di un nuovo ponte sul fiume Verdura, lungo la statale 115 fra Sciacca e Ribera, in provincia di Agrigento. Quello esistente aveva subito un ridurrebbe la funzionalità del sistema di trasporto, obbligando ad esempio a scegliere itinerari diversi (e più lunghi). Il mancato utilizzo potrebbe arrivare a provocare un danno di 400 milioni di euro all'anno per un ponte autostradale, mentre un attraversamento su strada provinciale (o statale) potrebbe "costare" fino a 135 milioni per un anno. Dei 29 collegamenti presi in esame dallo studio di Éupolis Lombardia, ben 12 presentavano l’esigenza di interventi urgenti. di euro aggiudicati) nello stesso anno ha registrato mediamente un ribasso medio del 28,7%, che è salito al 32,4% nei primi otto mesi del 2015. B.M.S. una limitazione di velocità di attraversamento. Accorgimenti contri i quali, mediamente, un automobilista protesta. Manca, al momento, uno strumento in grado di comunicare ai cittadini l’importanza delle manutenzioni. Che non possono essere vissute solo come un disagio attuale, ma devono essere guardate “in una logica di sviluppo del Paese”, come sottolinea Malerba. ACRONIMO DI BRIGDE MANAGEMENT SYSTEM. SE N’È DOTATA LA PROVINCIA DI TRENTO PER RICOSTRUIRE L’ANAGRAFE DEI PONTI oggi gestito da Anas, province, Comuni e concessionari autostradali, oltre a Rfi, per valutare insieme le priorità d’intervento”. Secondo il docente del Politecnico di Milano, l’anagrafe delle opere esiste solo a “macchia di leopardo”. Alcuni enti -come la Provincia di Trento, www.bms.provincia.tn.itsi sono dotati di un Brigde Management System (BMS), ma l’accuratezza dei dati raccolti non è uniforme in tutto il Paese. “A partire da una storia delle ispezioni e degli interventi di manutenzione, un sistema BMS è in gra- do di realizzare previsioni sul progredire dello stato di ammaloramento, e può essere utile per calcolare la capacità portante residua e la vita utile residua dell’opera, agevolando così le scelte decisionali ed economiche sulle priorità d'intervento”. Quello di “capacità portante residua” non è un concetto astratto: significa che il ponte o il viadotto potrebbe non essere più in grado di sopportare un traffico normale, e può tradursi -davanti a un guidatore- in un senso unico alternato o in Gianpietro Malosio / Fotogramma Il professor Malerba sottolinea l’esigenza di una visione d’insieme, o almeno di una regia istituzionale presso il ministero delle Infrastrutture, l’unico che dovrebbe essere in grado di “pesare tutto il patrimonio, crollo nel 2013. La ditta che sta realizzando i lavori, L. & C. srl ha “offerto” un ribasso del 37,9 per cento rispetto alla base d’asta. Secondo il Cresme, l’Anas, che è stata la prima stazione appaltante d’Italia nel 2014 (3,7 miliardi FEBBRAIO 2016 Altri elementi aiutano a comprendere questo concetto sono riassunti dall’ingegner Soccodato di ANAS: “I tempi di attivazione per questi lavori di manutenzione sono molto rapidi, 3-6 mesi rispetto a uno o due anni per le nuove opere. Rapidi sono quindi anche gli effetti sulla crescita economica e sul prodotto interno lordo, l’impiego di risorse umane, forniture e fatturati per cantieri. Questi interventi aumentano la capacità trasportistica senza consumare territorio e con basso impatto ambientale, allungando il ciclo di vita dell’infrastruttura”. L’Anas lo sa, il governo non ancora: Eppure: dei quasi 4 miliardi di euro erogati dal governo con lo Sblocca-Italia del novembre 2014 per le “opere cantierabili”, alla “Manutenzione ordinaria e straordinaria di ponti viadotti e gallerie della rete viaria nazionale” vanno appena 300 milioni, meno del 10 per cento delle risorse. --- WWW.ALTRECONOMIA.IT 42 DIRITTI PROTESTANO ANCHE GLI ANIMALISTI: I SELVATICI IN MOVIMENTO RISCHIANO LA VITA IL FILO SPINATO ALLA PORTA La Slovenia ha steso un reticolato lungo il fiume Dragogna, che divide il Paese dalla Croazia. A meno di 30 chilometri dall’Italia, l’Europa è divisa --- LORENZO GUADAGNUCCI SULLE SPONDE DEL DRAGOGNA SI COMPRENDE LA PROFONDITÀ DELLA CRISI POLITICA E MORALE CHE VIVE L’EUROPA. Lungo il corso del fiume che scende dai monti della Savrinia, la Repubblica di Slovenia ha steso nel novembre scorso un reticolato di filo spinato. Naturalmente, è una rete messa contro i profughi in movimento sulla rotta balcanica, o meglio per “controllare meglio i flussi migratori”, secondo il pudico linguaggio della politica. C’è da preoccuparsi, nonostante il silenzio che circonda la vicenda, perché siamo a meno di trenta chilometri dal confine italiano e perché al governo a Lubiana non c’è la destra-destra ungherese di Viktor Orbán, bensì un pacato giurista cinquantenne, Miro Cerar, alla guida di una coalizione di centrosinistra. Rafforzato dal filo spinato e dai controlli di frontiera con un Paese non-Schengen (la Croazia), il confine sul Dragogna è oggi la barriera più alta -sotto il profilo simbolico- che sia stata alzata nella penisola dell’Istria, una regione che si è sempre concepita come un’entità omogenea, con una sua cultura e 2004 anche una sua lingua, l’istroveneto, idioma che si somma allo sloveno, al serbo-croato e all’italiano. Nella Jugoslavia socialista il Dragogna era solo un confine amministrativo fra Slovenia e Croazia, barriera quasi invisibile e per lo più ignorata. La disgregazione jugoslava divise invece l’Istria in due veri spezzoni, un piccolo spicchio, fra Capodistria e Pirano, sotto Lubiana, il resto nella repubblica croata; il Dragogna cominciò a segnare un confine fra due veri Stati, con tanto di controversia internazionale sulle rispettive acque territoriali nel Golfo di Pirano. Fu un piccolo grande dramma per la gente istriana. Finché, il primo luglio 2013, non è arrivata l’Europa, con l’ingresso della Croazia nell’Unione (la Slovenia ne fa parte dal 2004): pareva l’apertura di una fase nuova, il preludio a un’ideale riunificazione dell’Istria nel più grande spazio europeo. Sono passati solo due anni e mezzo, ed ecco che Lubiana decide di piazzare 140 chilometri di filo spinato (fra l’Istria e altre zone di confine), col CON L’INGRESSO DELLA SLOVENIA IN EUROPA VENNE ABBATTUTO IL MURO CHE DAL 1947 DIVIDEVA IN DUE GORIZIA WWW.ALTRECONOMIA.IT progetto europeista rimasto fatalmente impigliato nelle piccole e taglienti lame collocate dall’esercito sloveno. Il reticolato è un segno dei tempi, e dunque pare molto pertinente l’amara e sarcastica affermazione -“Living the Ue dream” (col simbolo Ue circondato da spine d’acciaio anziché dalle stelle ufficiali)- scritta sul cartello abbandonato da qualcuno nel punto scelto da un gruppo di sindaci e amministratori per terminare la singolare marcia organizzata il 7 gennaio 2016. Primi cittadini e assessori con la fascia tricolore provenienti dalla provincia di Gorizia, lo stesso presidente dell’ente, insieme con esponenti delle associazioni degli italiani d’Istria, hanno camminato per poche decine di metri dal posto di confine al filo spinato sul Dragogna, attraversando orti e vigneti lungo un sentiero infangato. Arrivati alla barriera, gli amministratori hanno deposto mazzi di fiori e pronunciato discorsi di apertura e fratellanza, del tutto dissonanti con ciò che si dice a Lubiana ma anche a Roma e nelle altre capitali europee, visto che la scelta di posare il reticolato non ha suscitato scandalo. Le ragioni per cui gli amministratori goriziani e gli italiani d’Istria (in compagnia delle associazioni animaliste, fra le prime a protestare contro la nuova barriera) si sono messi in marcia va probabilmente ricercata nella storia recente di queste terre. Gorizia è stata una città divisa da un autentico muro -base di calcestruzzo e una cancellata alta due metri in piazza Transalpina, davanti alla stazione ferroviaria- dal 1947 fino al 2004: i dolorosi effetti della guerra fredda si sono protratti più a lungo lì che a Berlino. Quanto agli italiani d’Istria, minoranza linguistica e nazionale FEBBRAIO 2016 --- L’esercito sloveno ha steso 140 chilometri di filo spinato tra l’Istria e le altre zone di confine tra la Repubblica di Slovenia e la Croazia, che fa parte dell’Unione europea ma non aderisce al Trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone --- mette a repentaglio le fondamenta dell’Europa unita”. Il reticolato, naturalmente, ha una funzione pressoché simbolica: non serve a fermare i profughi, visto che la Slovenia è territorio di passaggio (in treno) verso il Nord Europa, ma indica il posizionamento di Lubiana sulla linea dei Paesi più duri contro i migranti, nonostante il colore politico di centrosinistra; l’ungherese Orbàn rischia allora di rivelarsi un anticipatore delle future politiche europee, più che il reprobo finora dipinto. Non serve a fermare i profughi, ma in compenso il filo spinato è un’insidia mortale per gli animali selvatici -cinghiali, volpi, caprioli, daini, cervi- e quindi non sorprende che le associazioni anima- liste siano protagoniste delle proteste e delle manifestazioni contro la nuova barriera. “I selvatici non conoscono frontiere, sono il simbolo della libertà di movimento, che noi rivendichiamo per tutte le specie”, dice Andrea Bogataj, della Società per la prevenzione dei maltrattamenti sugli animali di Capodistria. Furio Radin, deputato al par- lamento croato in rappresentanza della minoranza di lingua italiana, è uomo saggio e di vasta esperienza. Davanti al filo spinato, dopo la marcia, ha ammonito: “Faccio un appello agli amici sloveni a togliere questo filo spinato, per non rimanervi impigliati con la mente. La storia purtroppo insegna che è molto più facile mettere barriere che toglierle, perciò dobbia- lorenzo guadagnucci divisa fra due Stati, l’innalzamento di nuove barriere sul Dragogna ha per loro il sapore di un’inattesa regressione storica. Il 7 gennaio hanno quindi manifestato fino al Dragogna istituzioni e minoranze più sensibili di altre alle minacce della chiusura e del nazionalismo, perché ne hanno sofferto più a lungo e più direttamente i nefasti effetti. Enrico Gherghetta, presidente della Provincia di Gorizia, davanti al filo spinato ha tenuto un breve quanto ispirato comizio: “Abbiamo vissuto i dopoguerra tormentati del confine orientale e per noi è inimmaginabile l’idea che vengano rimessi i fili spinati. Noi siamo nati con l’idea dell’Europa che si allarga e non dell’Europa che si restringe. Questa barriera FEBBRAIO 2016 mo fare in fretta”. E Maurizio Tremul, presidente della giunta esecutiva dell’Unione italiana (l’associazione che riunisce gli italiani residenti fra Istria e Quarnaro), ha quasi infierito sui presenti, ricordando le recenti illusioni europeiste: “Ricordo la notte di Gorizia fra il 30 aprile e il primo maggio 2004: ci fu una grande festa, quando fu abbattuto il confine fra Slovenia e Italia che tagliava in due la città. Oggi, appena un decennio dopo, vedere questo filo spinato è molto doloroso”. L’ansia di barriere è un virus in forte diffusione, e lo stato d’emergenza permanente un destino quasi ineluttabile, ma almeno l’opposizione al filo spinato, sia in Slovenia che in Croazia, è piuttosto vivace. Ci sono gruppi -soprattutto animalisti- che compiono azioni di sabotaggio: piccoli commando di due-tre persone munite di tenaglie scelgono punti poco controllati e tagliano la barriera, con tanto di fotografie destinate ai social network, in modo da lasciare varchi utili agli animali e intanto combattere in rete la battaglia dei simboli aperta dal governo di Lubiana; da un lato le spine di metallo, dall’altro le cesoie. C’è chi pensa anche di organizzare un referendum contro il reticolato, ma l’appello al popolo potrebbe rivelarsi un boomerang: secondo alcuni sondaggi l’80 per cento degli sloveni sarebbe a favore della scelta compiuta dal premier Cerar. Il tarlo dell’avversione per profughi e migranti, coltivato nella Fortezza Europa, sembra aver scavato in profondità. --- WWW.ALTRECONOMIA.IT 43 DIRITTI IN ITALIA IL 72% DEI MIGRANTI È OSPITE DI CENTRI TEMPORANEI, VIOLANDO IL DIRITTO UE L’ACCOGLIENZA È UN DIRITTO Ecco come la legislazione italiana rende difficoltoso il riconoscimento dello status di rifugiato, e anche la permanenza nel Paese del richiedente asilo --- DUCCIO FACCHINI L’ACCOGLIENZA È UN DIRITTO CHE L’ITALIA HA RICONOSCIUTO PER LEGGE. L’ha fatto con un de- creto legislativo di cui si è poco dibattuto, datato 18 agosto 2015. È il 142, che è andato tecnicamente a recepire due direttive comunitarie (la 32/2013 e la 33/2013). Da quando è entrato in vigore, il 30 settembre scorso, forma e sostanza sono entrate in conflitto, generando non pochi paradossi. Interpretazioni normative tra loro diverse che riguardano non solo la vita dei richiedenti asilo -oltre 66mila le domande esaminate dalle Commissioni territoriali nel 2015, l’83% del totale di quelle presentate- ma l’intero “sistema dell’accoglienza”. Un esempio aiuta a comprendere meglio. Per i disordini capitati dopo l’annuncio di uno sciopero della fame, 4 cittadini nigeriani richiedenti asilo ospitati all’Hotel Erba (Como, in gestione alla “Cooperativa Sociale Progetto Itaca Onlus”) si son visti notificare la “revoca delle condizioni di accoglienza” e accompagnare a forza alla stazione ferroviaria: “Abbandonare il territorio provinciale, grazie”. Non sono stati espulsi perché la loro domanda di protezione è ancora valida -così come il permesso di soggiorno temporaneo che ne discende-, in attesa del giudizio della Commissione territoriale chiamata a valutarla (teoricamente entro sei mesi), ma se quelle quattro persone allontanate dal centro -e non dall’Italia- avessero voluto ricorrere contro il provvedimento del prefetto avrebbero dovuto farsi carico di un (oneroso) ricorso al Tribunale amministrativo regionale. Secondo l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), obbligare a quel tipo di percorso “appare costituzionalmente illegittimo”, proprio perché l’accoglienza è un diritto e non “mero interesse legittimo”. Dire che “l’accoglienza è un diritto” significa, come illustra Gianfranco Schiavone -vice presidente di ASGI e presidente del Consorzio italiano --- La tendopoli all’interno dell’aeroporto militare di Bresso, alle porte di Milano. Allestito dalla Croce Rossa, accoglie profughi in arrivo dalla fascia sub-sahariana --- luca matarazzo / agenzia fotogramma 44 WWW.ALTRECONOMIA.IT di solidarietà-Ufficio rifugiati Onlus di Trieste- che “final- mente è stato riconosciuto il diritto all’accoglienza anche in pendenza di ricorso o in presenza di un’autorizzazione alla permanenza. Fino a quando non è stata presa una decisione definitiva sulla domanda del richiedente, l’accoglienza non può cessare”. Schiavone non si riferisce solo alla fase iniziale dell’iter -cioè al pronunciamento delle (venti) Commissioni territoriali chiamate a valutare le domande-, ma anche ai passaggi successivi. Se la Commissione dovesse respingere la domanda, infatti, al richiedente è riconosciuta la facoltà di ricorrere al tribunale di primo grado, alla Corte d’Appello e alla Corte di Cassazione. Un’altra problematica è quella dei richiedenti asilo cui sia stato riconosciuto definitivamente il permesso di soggiorno per “motivi umanitari”. Secondo il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, che ha emanato una circolare “esplicativa” delle nuove regole sull’accoglienza a fine ottobre 2015, al beneficiario di quel tipo di permesso “non possono essere assicurate le misure di accoglienza”, “salvo che lo straniero non presenti nuova domanda alle Commissioni territoriali”. La Prefettura di Torino ha preso alla FEBBRAIO 2016 RICHIEDENTI ASILO: I DATI STRUTTURE D’ACCOGLIENZA PRESENZA/POSTI (OTTOBRE 2015) PRESENZE/ % TIPOLOGIA NUMERO POSTI STRUTTURE DELLE STRUTTURE lettera la “tesi” del ministero, comunicando formalmente ai referenti delle strutture di accoglienza temporanea che i cosiddetti “umanitari” “non possono permanere nelle strutture di accoglienza”. In provincia di Lecco ci si muove diversamente, garantendo a questa categoria di rifugiati “lo stesso trattamento degli altri”, come racconta ad Ae un operatore di una struttura che agisce in convenzione con la Prefettura. Sempre a Lecco, però, il prefetto ha disposto la revoca dell’accoglienza a un richiedente asilo incappato nel doppio diniego da parte della Commissione territoriale prima, e poi del tribunale (in primo grado). Il punto è che in realtà, come spiega Schiavone, il sistema dovrebbe garantire l’accoglienza durante tutti i gradi di giudizio, fino in Cassazione. Tutto ruota intorno alla cosiddetta “sospensiva”. Secondo l’interpretazione ministeriale della nuova legge, infatti, il ricorso contro una decisione di rigetto che per la seconda volta ha dichiarato inammissibile la domanda “non sospende l’efficacia del provvedimento impugnato”, cioè il diniego alla domanda di protezione. Quindi, sempre secondo Viminale, “il ricorrente (in appello, ndr) non ha diritto alle misure previste dal decreto legislativo” (come avvenuto a Lecco). E non è neppure certo che ne possa beneficiare se il giudice di secondo grado dovesse accogliere l’istanza di sospensiva. La nebbia s’infittisce anche per Silvia Turelli, operatrice della cooperativa K-PAX Onlus di Breno (BS), protaFEBBRAIO 2016 45 66.266 DOMANDE DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE ESAMINATE (83% sul totale delle domande presentate) 0,09% 5% status CAS 3.090 70.918 72% SPRAR 430 PROGETTI 21.814 21% CARA 13 7.290 7% 22% motivi umanitari CIE 7 464 99.096 0% 58% con provvedimento di dinego TOTALE PRESENZE altri esiti di rifugiato 15% protezione internazionale Gli acronimi dell’accoglienza sono CAS (centri di accoglienza straordinaria), SPRAR (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati), CARA (Centri di accoglienza richiedenti asilo) e CIE (Centri di identificazione ed espulsione). Fonte: ministero dell’Interno gonista di un lungimirante progetto di accoglienza diffusa in Valle Camonica che ha conquistato anche l’attenzione del quotidiano francese Le Monde. Turelli sta cercando di orientarsi nelle “zone grigie della normativa”, dov’è possibile incontrare -come racconta ad Ae- un “ricorrente in appello (la cui richiesta di sospensiva è stata respinta dal giudice) che porta avanti una pratica di riconoscimento di status di rifugiato senza poter restare sul territorio italiano, lasciando così seguire il tutto da un avvocato, su mandato”. Si tratta della cosiddetta fase “b” dell’accoglienza, che si sta svolgendo nella confusione delle regole e nella pressoché totale impreparazione delle strutture del nostro Paese. Secondo la Fondazione Migrantes, infatti, “rispetto ai 153mila sbarcati, sono accolti in Italia, nelle diverse strutture, al 1 gennaio 2016, 103.792 persone. Nella rete di primissima accoglienza sono presenti 7.394 persone (2mila in meno rispetto allo scorso anno). Nelle strutture temporanee di accoglienza sul territorio nazionale sono oggi ospitate 76.394 persone, oltre il doppio rispetto allo scorso anno. Nel Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), cioè strutture di seconda accoglienza degli asilanti (sic) e rifugiati, sono accolte 19.715 persone”. Questi dati mostrano che la straordinarietà è la norma e la regola l’eccezione. “Lo SPRAR dovrebbe contare su risorse notevolissime -spiega ad Ae Paolo Bonetti, professore associato di Diritto costituzionale all’Università Milano-Bicocca-, che invece non ha. Così com’è il sistema italiano di accoglienza viola la Direttiva comunitaria che prescrive ad ogni Stato di assicurare strutture dignitose con precisi requisiti, prevedendo deroghe -come il ricorso a strutture straordinarie- solo in casi di afflussi eccezionali. In Italia è il contrario”. I Comuni, del resto, non sono obbligati ad accogliere i potenziali richiedenti ma sono semplicemente incentivati a farlo attraverso bandi ricorrenti (l’ultimo scade il 14 febbraio 2016). Per questo, lo SPRAR riguarda oggi 434 progetti e coinvolge appena 382 enti locali in tutto il Paese. Nonostante le mancanze del sistema, riescono a fiorire buone pratiche. K-PAX, ad esempio, già al lavoro su una guida multilingue per l’orientamento legale dei richiedenti, si è immaginata la fase “c” dell’accoglienza, una volta ultimato il percorso. “Vi sono soluzioni studiate ad hoc sul progetto individuale di un ragazzo la cui accoglienza istituzionale giunge al termine ma sta svolgendo attività formative o lavorative sul territorio (il decreto 142 prevede la possibilità per l’interessato di lavorare due mesi dopo la presentazione della domanda di protezione, prima erano 6, ndr) -spiega Turelli-. In tale caso è possibile inserirlo in una delle strutture in affitto alla cooperativa facendolo compartecipare alle spese con una quota di 100 o 120 euro al mese, dal momento che accedere al mercato privato degli affitti non è semplice per chi non ha un lavoro fisso o non ha la possibilità di versare la caparra”. Non solo. Dal momento che oggi il sistema italiano “cessa l’accoglienza una volta avvenuto il riconoscimento di rifugiato o meritevole della protezione sussidiaria”, come spiega Schiavone di ASGI, K-PAX ha deciso di partecipare al progetto “OIKOS-Rifugiati in famiglia”, che prevede, sia per i richiedenti asilo sia per i già riconosciuti rifugiati, la possibilità di essere ospitati “per un massimo di 6 mesi” da famiglie residenti sul territorio di Brescia e Provincia. Un tentativo di superare l’emergenza. “Che non è quella dei richiedenti asilo -precisa Bonetti-: siamo noi”. --WWW.ALTRECONOMIA.IT 46 SCIENZA&RICERCA IL SUO LAVORO ALLA BASE DELLA RICERCA PER INDIVIDUARE IL BOSONE DI HIGGS LA FISICA È CULTURA Intervista a Giovanni Jona Lasinio, già insignito della prestigiosa medaglia Boltzmann: “In Italia si ha spesso l’impressione che la ricerca sia un optional” --- LUDOVICA JONA L’INTERESSE PER LA FISICA È COMINCIATO INTORNO A UNA TAVOLA DA PRANZO, in una di quelle riunioni di famiglia che si svolgevano ogni giorno, in cui il padre -ingegnere aereonautico con mille curiosità (nonno di chi scrive)- un giorno aveva parlato di Einstein: “La teoria della relatività mi incuriosì talmente, che in seconda liceo andai a cercarla nell’enciclopedia britannica che avevamo a casa, tradussi quella voce in italiano e ne parlai a scuola”. Così, il fisico Giovanni Jona Lasinio, accademico dei Lincei, noto a livello internazionale per i suoi studi sulla teoria dei campi e sulla meccanica statistica racconta di essersi avvicinato alla materia su cui ha svolto ricerca per oltre 50 anni. Jona Lasinio è stato, tra l’altro, insieme al premio Nobel per la fisica Yoichiro Nambu pioniere della ricerca sul concetto fisico di “rottura spontanea di simmetria” (un esempio di questo fenomeno è il magnetismo), in particolare sul suo ruolo nella fisica delle particelle. È stato il punto di partenza di Peter Higgs sulla via che ha portato alla scoperta dell’omonimo bosone. Anche per questi suoi studi, nel 2013 è stato insignito della medaglia Boltzmann, massimo riconoscimento internazionale per i fisici che ottengono risultati nell’ambito della meccanica WWW.ALTRECONOMIA.IT statistica. Intervisto mio zio, professore emerito all’Università La Sapienza di Roma, nel dipartimento dove ha cominciato a insegnare nel 1957. Ci incontriamo all’entrata dell’ateneo e attraversiamo insieme i corridoi dai muri verdognoli che sembrano non aver ricevuto tinteggiature da decenni, interrotti da vetrine in legno che raccolgono strumenti in passato utilizzati per gli esperimenti di laboratorio. Anche nella stanza a lui riservata come professore emerito devo stare attenta, mentre scelgo la giusta illuminazione per le fotografie, a maneggiare le vecchie persiane difettose, che sembrano potersi rompere da un momento all’altro. E così la domanda sui finanziamenti alla ricerca oggi in Italia appare banale: “In tutti i Paesi europei vengono dedicati alla ricerca alcuni punti del Pil. In Italia superiamo appena l’1 per cento -dice-; sono passati governi di destra e di sinistra ma non c’è stato verso, la ricerca non hanno mai capito a cosa servisse. Un problema culturale. Nonostante adesso sia di moda riempirsi la bocca di aiuto alla ricerca nei discorsi dei politici”. “Da 25 anni i concorsi per la ricerca vengono fatti a singhiozzo e spesso hanno costituito degli ‘ope legis’, come si dice in gergo, ovvero è stato dato un posto a chi, essendo rimasto per anni in attesa di poter concorrere a una promozione, non poteva essere escluso (indipendentemente dal merito)”. Hai ricevuto la medaglia Boltzmann a Seul. La Corea del Sud con quasi il 4,5 % del Pil dedicato alla ricerca scientifica e tecnologica, supera non solo l’Italia, ma anche la media europea (2%) Se vai in Corea, è impressionante la quantità di soldi che sembrano avere a disposizione anche i ricercatori. In Italia invece si ha spesso l’impressione che la ricerca sia un “optional”. Abbiamo un sistema che è stato sempre abbastanza asfittico a parte gli anni 50-60 in cui c’è stato un certo sviluppo. Quando si FEBBRAIO 2016 --- Il fisico Giovanni Jona Lasinio, professore emerito all’Università La Sapienza di Roma, è anche accademico dei Lincei. Lo intervista sua nipote, la giornalista Ludovica Jona --- decise di sviluppare l’energia nucleare ci furono investimenti nella ricerca: fu l’epoca in cui nacquero l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e i Laboratori Nazionali di Frascati. Inizialmente molti di noi ricercatori fummo assorbiti lì: non eravamo dipendenti dell’Università ma dell’Istituto. Sono entrato organicamente nel sistema universitario prima con un posto di assistente ma soprattutto vincendo la cattedra nel 1969. Come è cambiata l’università italiana negli anni? Quando io ho cominciato a insegnare c’erano in Italia 20 o 21 università, oggi sono oltre 100. Anche se alcune sono private, c’è stata negli anni una proliferazione dovuta sostanzialmente a motivi clientelari. È passata una legge per cui i concorsi si facevano su base locale e, anche se la maggioranza della commissione veniva eletta nazionalmente, un membro era designato dall’Università ed era molto difficile disattendere i desideri dell’ateneo locale in cui FEBBRAIO 2016 il valore della persona non era spesso la motivazione principale. Più recentemente è stata costituita l’Anvur (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e degli Enti di Ricerca) e ciò sta producendo dei mutamenti. Ma i criteri di valutazione usati si basano molto sugli indici bibliografici -ovvero sul numero di pubblicazioni- che alcune volte danno la risposta giusta, molte altre distorta. Il mondo della ricerca è diventato molto competitivo. I giovani sono costretti a pubblicare anche quando non hanno sostanzialmente molto da dire e questo sta influendo negativamente sulla qualità della ricerca. È un fenomeno non solo italiano ma da noi può avere effetti maggiori data la debolezza del nostro sistema scientifico. Oggi inoltre è cambiato il modo di fare ricerca: quella che si fa dentro le università è solo una parte. Ci sono altri Paesi, tra quelli che hai conosciuto nella tua attività, che potrebbero essere presi a modello? Oggi ci sono Paesi che investono molto di più come Inghilterra, Germania, Francia, gli Usa. Ma anche negli Usa le cose sono cambiate molto rispetto agli anni 50-60: il problema dei finanziamenti è diventato serio anche lì. Per avere un posto permanente non basta il curriculum scientifico, il docente deve anche essere capace di attirare fondi. Se una persona è capace di attirarli con il sistema dei grants, è facilitata rispetto a una persona superiore scientificamente. Ma il sistema di ricerca negli Usa è talmente articolato che può assorbire problemi di questo tipo per lungo tempo. Quando nel 1959 hai iniziato a collaborare con lo studioso giapponese Nambu che cosa ha significato per te, in tempi antecedenti la globalizzazione, lavorare con una persona di una cultura tanto lontana? Quando mi sono laureato, Herbert Anderson -un fisico di Chicago che era stato collaboratore di Fermi negli ultimi anni- stava tenendo a La Sapienza un corso di fisica delle particelle. Avevo contribuito a preparare gli appunti del corso e alla fine mi aveva proposto di andare a Chicago. Contemporaneamente era passato a fare un seminario Yoichiro Nambu, che lavorava alla stessa università. Così ho risposto ad Anderson: “Vengo, ma voglio lavorare con Nambu”. Sono stato a Chicago dal settembre ‘59 al dicembre ‘60. Con Nambu eravamo come gusti e mentalità affini, anche se lui veniva dalla tradizione giapponese. Andavamo entrambi per associazioni di idee. I fisici americani erano più pragmatici. Il titolo della lecture per il Nobel che hai tenuto a Stoccolma in nome di Yoichiro Nambu definisce il concetto di “rottura spontanea della simmetria” -che è stato espresso nel modello Nambu-Jona Lasinio- un caso di “fertilizzazione incrociata” indicando una interazione fruttuosa di diverse branche della fisica. È una metodolo- gia, quella della contaminazione, usata nella ricerca? Ho scelto quel titolo per descrivere il lavoro svolto con Nambu. La “cross fertilization” non è una metodologia, ma dipende principalmente dalla cultura del singolo, dalla propensione a fare accostamenti. Ci sono stati casi di “cross fertilization” anche in passato. Ad esempio il fisico Maxwell ha proposto le equazioni delle onde elettromagnetiche usando analogie con la meccanica. Attualmente è più difficile l’individuazione di analogie tra due diversi ambiti di lavoro perché i fisici sono estremamente specializzati e più raramente si mette il naso in qualcosa che sta a fianco. Il modello “NambuJona Lasinio” è nato da un’analogia, da un accostamento di due cose completamente diverse. Io venivo dall’Italia e avevo una preparazione solamente di fisica delle particelle, mentre lui in Giappone era stato esposto anche alla fisica della materia macroscopica, quella che incontriamo nella vita di tutti i giorni. L’accostamento è venuto da un’analogia matematica tra due cose, che poteva però essere solo una coincidenza. Invece è stato alla base della ricerca con cui è stato individuato il bosone di Higgs Ricordo che nel ‘66 sentii un seminario di Peter Higgs in cui lui raccontò che era partito dal nostro lavoro. Il fa- Sono passati governi di destra e di sinistra ma la ricerca non hanno mai capito a cosa servisse WWW.ALTRECONOMIA.IT 47 48 SCIENZA&RICERCA moso bosone porta il nome di Higgs ma altri fisici hanno contribuito alla teoria che ne ha fatto un elemento importante del cosiddetto Modello Standard delle particelle. Il problema che c’è dietro è spiegare le masse delle particelle elementari che con il Bosone di Higgs ha preso una forma più definita ma è tuttora non risolto. Nel modo in cui è stato presentato al pubblico ci sono degli aspetti propagandistici: oggi esiste la scienza spettacolo. C’è un legame tra fisica e filosofia oggi? Oggi la fisica è molto meno impregnata di filosofia rispetto al passato. Anche se dietro la fisica c’è molta metafisica, a cominciare dall’ipotesi che esista un mondo reale esterno di cui possiamo fare una descrizione. Però non è una metafisica sistematica. Ci sono sempre elementi metafisici nell’attività scientifica, ma è stato perso l’aspetto sistematico della filosofia. È un rapporto più complicato, ci sono molte curiosità reciproche ma nulla di sistematico. Anche perché neanche la filosofia ha più pretese sistematiche. Su cosa si concentra tua attività di ricerca oggi? Io mi sono occupato di fisica di sistemi fuori dall’equilibrio e in questi anni abbiamo fatto progressi abbastanza importanti con il mio piccolo gruppo di cinque ricercatori, di cui tre sono stati miei studenti. La fisica del non equilibrio coinvolge scale di grandezza e di tempo diverse, dall’evoluzione dell’universo alla microfisica. È un settore della fisica che investe molti ambiti, dai fenomeni climatici, ai terremoti, all’elettronica delle nanotecnologie. E poi la WWW.ALTRECONOMIA.IT biofisica, i processi negli esseri viventi. Vi sono ricadute nella comprensione dei fenomeni climatici e nell’elaborazione di modelli di sviluppo sostenibili? I fatti climatici sono tipicamente fenomeni di “non equilibrio” e ci sono fisici dell’atmosfera che usano queste idee che abbiamo introdotto. C‘è un legame complesso tra la ricerca di base e quella applicata, sono studi che dovrebbero avere un impatto sia su problemi di controllo di fatti climatici, sia in generale sui problemi energetici. Perché quando si è fuori dall’equilibrio c’è sempre un flusso di energia attraverso un sistema, che è quello che differenzia l’equilibrio dal non equilibrio. Per questo, sia l’Ente per l’energia americano, sia l’Accademia delle Scienze Americana, hanno indicato la fisica fuori dall’equilibrio tra le grandi sfide della scienza per il futuro. Hai studiato la casualità nei fenomeni fisici. Come spiegheresti il fatto che in un universo così legato al caso sia potuta nascere la vita? Per quanto ne sappiamo la nascita della vita è un fenomeno avvenuto una volta sola nella storia della Terra. Quindi esula dall’abituale metodologia della fisica che si riferisce a fenomeni ripetibili indefinitamente. Tuttavia anche la materia vivente è costituita da atomi e molecole che seguono leggi che riteniamo stabili e universali. La domanda ha quindi un senso e il problema è stato affrontato, ma per il momento è ben lontano da una soluzione condivisa. --- IL LAVORO SUI “PONTI” TRA TEORIE MATEMATICHE IL SOGNO DELL’UNIFICAZIONE Olivia Caramello, ricercatrice a Parigi: “Le rivoluzioni scientifiche servono a cambiare i punti di vista” --- PIETRO RAITANO suo libro “How Not Nof eltoMathematical be Wrong. The Power Thinking” il matematico e divulgatore Jordan Ellenberg cita pochi matematici viventi. Tra questi, un solo caso italiano: “In questo momento -scrive Ellenberg- stanno facendo sensazione le affermazioni della giovane matematica italiana Olivia Caramello, secondo cui alcune teorie che governano molti ambiti diversi della matematica risultano, quando si scava sotto la superficie, strettamente correlate […] e che, di conseguenza, teoremi dimostrati in un campo matematico possono essere trasferiti in un’altra area che superficialmente appare totalmente diversa”. Quando raggiungiamo la professoressa Caramello nel suo ufficio, a Parigi, è reduce dall’organizzazione di un convegno molto riuscito sul suo ambito di ricerca. “Le cose di cui mi occupo sono piuttosto difficili da comunicare ad un pubblico vasto, ma si può descrivere la filosofia che ci sta dietro”. Piemontese, 31 anni, laurea di primo e secondo livello in Scienze matematiche a Torino, dottorato al Trinity College di Cambridge, e -a partire dal 2009- ricerca: prima alla Normale di Pisa, al Jesus College ancora a Cambridge, al Max Planck Institute di Bonn, all’Institut des (IHES) di Parigi e oggi al Département de mathématiques dell’Université de Paris 7, con una borsa di ricerca intitolata a Marie Curie. È anche diplomata al conservatorio di Cuneo, in pianoforte. “Ho sempre perseguito un approccio interdisciplinare nel fare ricerca, orientato all’obiettivo di unificare differenti branche della matematica tra di loro. Ci sono analogie e differenze tra le varie teorie matematiche: la cosa notevole è che tra queste possono esistere dei ‘ponti’, i quali permettono di disporre di molti punti di vista su uno stesso problema e quindi sono utili per tentare di ri- Hautes Études Scientifiques FEBBRAIO 2016 --- Piemontese, 31 anni, laurea di primo e secondo livello in Scienze matematiche a Torino, dottorato al Trinity College di Cambridge, e -a partire dal 2009ricerca: prima alla Normale di Pisa, al Jesus College ancora a Cambridge, al Max Planck Institute di Bonn, all’Institut des Hautes Études Scientifiques (IHES) di Parigi. Oggi Olivia Caramello è al Département de mathématiques dell’Université de Paris 7, con una borsa di ricerca intitolata a Marie Curie --- solverlo. Più precisamente, la mia ricerca consiste nell’investigare il ruolo dei ‘topoi’ di Grothendieck come spazi unificanti nella matematica e nella logica”. Che cosa rappresentano questi “ponti” tra teorie? “I topoi sono concetti astratti che si rivelano estremamente efficaci per trasferire conoscenza tra differenti teorie matematiche. Si può fare un’analogia con il processo di traduzione di testi: è come tradurre informazioni dal linguaggio di una teoria al linguaggio di un’altra teoria. Per effettuare una buona traduzione,serve identificare le proprietà astratte dei testi (il significato, la musicalità...) che devono restare ‘invariati’ nel processo di traduzione. Una traduzione letterale procede dal basso verso l’alto, secondo un percorso guidato dal dizionario: suddividere il testo in frasi e le frasi in parole, tradurre parola per parola. Una buona traduzione invece FEBBRAIO 2016 dovrebbe procedere secondo una metodologia dall’alto verso il basso, partendo dall’identificazione di proprietà astratte del testo che si vuole rimangano invariate attraverso la traduzione. Lo stesso avviene con i topoi, che permettono di realizzare traduzioni di proprietà e costruzioni da una teoria all’altra in virtù del fatto che su di essi possono essere definiti diversi ‘invarianti’, che appunto non variano attraverso la ‘traduzione’ ma che si esprimono in maniere differenti in termini delle diverse teorie matematiche associate ad un dato topos”. Come “funzionano” i topoi? “Data una teoria matematica -normalmente presentata come insieme di assiomi scritti in un certo linguaggiosi possono considerare tutti i suoi ‘modelli’ , cioè le strutture in cui gli assiomi della teoria sono soddisfatti. In generale una teoria matematica può avere tanti modelli differenti. Così come esistono molti modi diversi di descrivere le stesse cose, analogamente teorie matematiche diverse possono ‘raccontare’ la stessa storia. È qui che intervengono i topoi: ad ogni teoria (di un certo tipo alquanto generale) si può associare un topos, detto il “topos classificatore” della teoria, il quale appunto classifica tutti i suoi modelli. Tale topos costituisce in qualche modo il DNA della teoria, cioè la sua ‘essenza’, che è indipendente da come la teoria è “presentata”. Esiste dunque una dualità tra due livelli: la sintassi e la semantica. Il topos è il ‘cuore semantico’ di una teoria matematica. Il punto cruciale è che se due teorie hanno lo stesso contenuto, ovvero lo stesso topos classificatore, per poterle collegare si può utilizzare tale topos come un oggetto ‘ponte’ che permette di trasferire dei risultati da una teoria all’altra considerando degli invarianti definiti su di esso. L’unificazione consiste nel fatto che c’è un’unica proprietà, definita a livello del topos, che si manifesta in modi diversi nel contesto di teorie differenti. A volte queste ‘traduzioni’ sono sorprendenti, perché collegano proprietà che all’apparenza non hanno legami le une con le altre. Il sogno dell’unificazione consiste dunque nello sviluppare tecniche per trasferire le conoscenze da un settore all’altro. E già Grothendieck, grande matematico metà russo e metà tedesco, che visse e lavorò per lo più in Francia, scomparso poco più di due anni fa, espresse questa aspirazione”. Professoressa, che cosa vuol dire fare “bene” ricerca? “Per poter fare ricerche in- novative sono essenziali la passione, l’ispirazione e la capacità di credere nelle proprie intuizioni, senza farsi influenzare dalle mode che esistono anche nella scienza. Può non sembrare, ma anche in campi come il mio c’è un notevole investimento dal punto di vista emotivo. Conta anche l’aspetto ‘ambientale’, ovvero la possibilità di confrontarsi con i propri colleghi. La ricerca è un’avventura collettiva e per fare bene ricerca è importante sentirsi parte di una comunità. Le istituzioni devono dare la libertà, di pensiero e di azione. Guardo quindi con una certa preoccupazione alle ultime tendenze in fatto di precarizzazione e subordinazione dei giovani ricercatori. Forse in altre discipline è necessario che i giovani studiosi debbano lavorare ‘al di sotto’ di ‘capi progetto’, ma almeno in matematica sarebbe meglio distribuire le risorse a una base più ampia e in maniera meno accentrata, in modo da favorire l’originalità, la diversità e la libertà di pensiero. D’altra parte, le idee veramente nuove vengono quasi sempre dai giovani. La ricerca non si traduce necessariamente in maniera immediata e tangibile in applicazioni pratiche. La ricerca fondamentale o di base è un investimento a lungo termine che apporta innanzitutto dei nuovi ‘modi di pensare’. È difficile quantificare quanto un modo di pensare possa portare in termini economici. Ma conta davvero? Le rivoluzioni scientifiche servono a cambiare il punto di vista, e i punti di vista sono essenziali, forse anche più dei risultati. Perché orientano le attività umane”. --WWW.ALTRECONOMIA.IT 49 50 IDEE ERETICHE DI ROBERTO MANCINI 179 L’Europa dei muri. È quella che si manifesta sempre di più, per ironia della sorte, nell’anno della misericordia. Ed è la stessa che, in funzione anti-islamica, torna sfrontatamente a dirsi “cristiana”. Ovunque si rialzano muri e barriere; governi neofascisti o di destra moderata o di centro-sinistra sono accomunati da questo tipo di reazione. Papa Francesco, nel discorso al corpo diplomatico, ha detto: “l’Europa non vacilli e accolga i migranti”; la risposta è stata quella della sordità e, in Italia, del ritorno delle voci -comprese quelle di molti politici “cattolici”- che esigono il mantenimento del reato di clandestinità. Così a essere misconosciuti ed espulsi non sono solo i migranti. Di fatto questa Unione Europea del mercato, della burocrazia e dei respingimenti ha espulso anche l’Europa dei popoli. Se la coscienza europea fosse vigile, comprenderebbe che respingendo gli altri che sono nel bisogno, nel pericolo e nella disperazione si distrugge la parte migliore di se stessi e della propria democrazia perché ci si consegna a una spirale di egoismo, irresponsabilità e violenza. Solo un forte risveglio etico può consentire di vedere le due contraddizioni di fondo di questa situazione. La prima contraddizione è quella tra l’identità cristiana retoricamente dichiarata e la mentalità realmente adottata. Quest’ultima ha cancellato la memoria del Vangelo, che in sé non è affatto “religiosa” nel senso di un’appartenenza esclusiva, perché al contrario la visione evangelica dischiude una vera sapienza antropologica ed è profondamente laica, cioè universalmente umana. Un’indicazione centrale custodita in tale memoria dice che la misericordia -cioè l’amore resistente al male proprio perché è accogliente verso chiunque- è un fattore indispensabile per vivere insieme. Non è una cosa da eroi o da santi, né la si può ridurre a un sentimento di pietà. Essa è una forma di relazione e di azione liWWW.ALTRECONOMIA.IT beratrice che porta frutto in ogni ambito, anche in quello sociale e politico, educativo ed economico. La seconda contraddizione da riconoscere e affrontare è quella tra accoglienza e respingimento. È chiaro che bisogna scegliere l’una fino in fondo anziché l’altro. Ma se ci si limita a questa alternativa secca, senza un impegno ulteriore, non si vedono né le cause decisive del problema delle migrazioni coattive di massa, né la sua soluzione. Accogliere non basta. Occorre colpire le cause di guerre, dittature, impoverimenti e deportazioni di massa, facendo in modo, con il tempo, che quella di andare a vivere all’estero diventi una scelta di libertà e non sia più un tentativo generato dalla disperazione. Il mondo attuale è un caos organizzato, più che da singoli e pessimi potenti, da logiche mortali: la logica della finanza e del profitto a tutti i costi, quella del potere come supremazia sugli altri, quella dello sfruttamento illimitato di esseri umani e mondo della natura. Ecco perché il fenomeno delle migrazioni forzate e delle espulsioni è sistematico e inevitabile finché vincono queste logiche. L’unica via per abolire le cause delle migrazioni coattive è quella di uno sviluppo internazionale della democrazia, con modalità autoctone in ogni Paese, ma anche con la costruzione di vere istituzioni democratiche mondiali. La vera cooperazione tra le nazioni è la cooperazione nella democratizzazione reciproca e nella corresponsabilità per il mondo. Infatti solo un autentico ordinamento democratico, dove i popoli della terra diventino non solo autodeterminati ma anche solidali, può dare risposta alla povertà, alla violenza, all’iniquità. Solo così si riuscirà a prevenire il cre- arsi di quelle situazioni senza scelta che costringono intere moltitudini a fuggire dal proprio Paese. In sintesi: non deve essere ignorato il legame tra logica della misericordia e sviluppo della democrazia. La misericordia tratta chiunque secondo la sua dignità e a suo modo la democrazia traduce questo stesso criterio nella vita pubblica. Lo si comprende quando si riconosce che la democrazia stessa non è solo una forma di governo o una procedura elettorale, ma è anzitutto una forma di società e di vita, quella appunto in cui la dignità umana e il bene comune, ivi inclusa la natura, sono il criterio più alto. Per queste ragioni l’anno della misericordia non è una ricorrenza rituale, è un’occasione di rigenerazione per tutti. --- ROBERTO MANCINI INSEGNA FILOSOFIA TEORETICA ALL’UNIVERSITÀ DI MACERATA Tra i suoi ultimi libri: Trasformare l’economia. Fonti culturali, modelli alternativi, prospettive politiche (Franco Angeli, 2014), Le logiche del male (Rosenberg & Sellier, 2012). Con Altreconomia edizioni ha pubblicato Dal capitalismo alla giustizia (2013) e Idee eretiche, che raccolgono gli scritti di questa rubrica. FEBBRAIO 2016 Cambiamo registro! istockphoto.com/portfolio/aluxum - istockphoto.com/portfolio/urfinguss Altreconomia fa scuola: porta la redazione nella tua classe! “Cambiamo registro!” è il progetto di Altreconomia, sostenuto da Fondazione Cariplo, dedicato agli studenti delle classi IV e V delle scuole superiori di tutta la Lombardia: incontri formativi con i giornalisti della rivista sui temi dell’economia solidale e degli stili di vita sostenibili, direttamente a scuola. L’iniziativa non ha alcun costo per studenti e istituti, e al termine di ogni incontro ogni partecipante riceverà in omaggio un abbonamento annuale alla rivista, in formato cartaceo e digitale. INFO e CONTATTI: Progetto Cambiamo registro! www.altreconomia.it/cambiamoregistro [email protected] Con il contributo di: