Convegno GIOCO GIARDINO PAESAGGIO Milano, Arena Civica

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Convegno GIOCO GIARDINO PAESAGGIO Milano, Arena Civica
Convegno
GIOCO GIARDINO PAESAGGIO
Milano, Arena Civica Gianni Brera
10 ottobre 2013
GIOCARE CON LA NATURA
(Alberto Vanzo – Agronomo, Città di Torino Servizio Verde Gestione)
Associazione Italiana
Direttori e Tecnici Pubblici Giardini
Con sempre maggior frequenza oggi si “tira in ballo” la natura come fonte di ispirazione per
giocare, rilassarsi, distrarsi… e curarsi dai guai della logorante vita odierna. Si parla sempre più
spesso di ortoterapia, di riavvicinamento dell’uomo alla natura, per il raggiungimento di un
equilibrio complessivo della persona, che fa parte a pieno titolo della natura stessa e quindi da una
parte soggiace alle sue leggi, dall’altra deve imparare a rispettarle.
Fra le numerose funzioni attribuite al verde, considerato ormai a pieno titolo come un
servizio primario (come acqua, gas, luce, telefono, fibre ottiche, ecc), vi è anche quella di “igiene
mentale” e la dimensione ludica del verde non è certo da sottovalutare, nell’ambito di un progetto
articolato di Educazione ambientale.
Articoliamo la riflessione su due punti.
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L’ASPETTO PEDAGOGICO
L’Educazione ambientale è uno dei cavalli di battaglia dei moderni programmi pedagogici.
Oggi, un sacco di cose “fanno tendenza” (in base alla propria scala di valori, ognuno valuti quale
tendenza seguire e quale non seguire).
La comunicazione, nutrita di molta immagine (pure di buona qualità) ci trasmette milioni di
messaggi più o meno subliminali, dove è difficile distinguere l’informazione vera e propria da ciò
che mira a creare nuovi bisogni, alimentando ancor di più il nefasto ciclo della “società dei
consumi” che, sbandierando successo e libertà da una parte, non si preoccupa più di tanto della
distruzione di interi ecosistemi dall’altra.
L’educazione ambientale, o meglio la sensibilizzazione ambientale, si colloca in questo oceano
come una scialuppa di salvataggio che, se ben condotta, ti porta a riva, sulla terraferma, dove puoi
rifocillarti, riposare e, soprattutto, pensare e ragionare con calma per trovare la strada giusta per
lavorare bene con l’ambiente, riscoprendone anche la sua valenza ludica e divulgare le esperienze
maturate.
L’educazione ambientale si pone come un vero e proprio modello educativo, come una grande
opportunità per affrontare in modo equilibrato i molteplici aspetti della vicenda umana.
La complessità della “civiltà” moderna è spesso caratterizzata da una schizofrenia generale
connessa al susseguirsi frenetico di cambiamenti tecnologici. E’ ormai ampiamente dimostrato che,
nella storia dell’umanità, mai altro uomo come quello del XX° e XXI° secolo ha vissuto tante
trasformazioni tecniche, scientifiche, economiche, politiche, sociali, ecc.
E in mezzo a tanta confusione, qual medicina migliore della riscoperta del risveglio primaverile
della vegetazione, dell’esplosione delle prime vistose fioriture, di quella fragranza nell’aria che ti dà
la voglia di ricominciare, perché vuol dire che la vita va avanti con le regole di sempre?
E se poi pensiamo che anche la Maestra di generazioni passate faceva germinare il seme di fagiolo
sul cotone e portava i bimbi a vedere l’orto di un nonno, capiamo che nessuno ha scoperto l’acqua
calda.
Ciò che sconcerta è che in un mondo pieno zeppo di strumenti di conoscenza (libri scolastici,
enciclopedie, documentari, CD, Internet e chi più ne ha più ne metta) ci ritroviamo con bimbi di
città che non hanno mai visto una gallina “dal vivo”.
Bisogna allora “reimparare” i tempi della natura: ci vuole tempo, capacità di osservazione,
pazienza, “rompendo” una forma mentale che si è tradotta in un modus vivendi che non concepisce
pause, silenzi, perché bisogna “consumare” il tempo senza tregua.
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Ma solo il silenzio permette di ascoltare il “rumore” della natura, dal ruscello che scorre, allo
stormir di foglie sollecitate dalle correnti d'aria, al dialogo degli uccelli che costruiscono il nido, al
ramo che si stacca dall’albero perché ha completato la sua funzione.
Un’efficace sensibilizzazione ambientale parte dai più piccoli della scuola d’infanzia, dalla
conoscenza e dalla valorizzazione dello spazio verde scolastico, che rappresenta la prima
importante “palestra verde” in cui poter giocare con gli elementi naturali: terra, rami, foglie, fiori,
radici, ortaggi, frutti… costituiscono i “giocattoli”.
Sono opportune alcune riflessioni in merito.
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Quando insegnanti e bambini lavorano per realizzare e mantenere, ad esempio, l’orto didattico,
vivono un’ “esperienza di fatica” che fa sentire come proprio quel fazzoletto di terra col quale si
stabilisce un legame affettivo, importante molla motivazionale.
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La natura ha i suoi tempi: sistemare razionalmente un’area vuol anche dire saper progettare,
avere una visione d’insieme, definendo però i dettagli un po’ alla volta e ciò riguarda anche la
realizzazione, che avviene per tempi successivi.
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L’entusiasmo è una gran cosa, ma bisogna mettere subito in conto che, quando manca, l’attività
non si può fermare, ma deve prevalere la costanza dell’impegno, entra in campo una sana
“pedagogia della perseveranza”..
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Ogni persona coinvolta nell’attività (bimbo o adulto che sia) deve sentirsi veramente
“costruttore di ambiente”, il senso di appartenenza al gruppo deve essere una realtà viva.
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La creatività dei singoli deve potersi esprimere e confluire nel progetto del gruppo.
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Per non perdere la memoria storica di ciò che si fa è utile documentare con fotografie tutte le
fasi del progetto, in modo che sia chiaro il percorso pedagogico seguito e le varie fasi delle sua
realizzazione concreta. Questa fase può essere molto interessante, in quanto si più giocare nel
pensare e scrivere una fiaba, in cui per esempio, le piante utilizzate nel giardino scolastico
(ortaggi, fiori, arbusti…) diventano dei personaggi umani che si raccontano…basta lascia libero
campo alla fantasia dei bambini e dei ragazzi…
La sensibilità, la creatività e la fantasia di chi coordina e segue progetti di educazione ambientale,
non ha praticamente confini, per cui ogni approccio con la natura consente di ottenere variegate
sistemazioni e utili occasioni di crescita per tutti.
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L’ASPETTO SCIENTIFICO-TECNICO-GESTIONALE
Che bella la natura, che belli i fiori, che bello l’orto… sono esclamazioni di entusiasmo ricorrenti.
Quando si passa alla fase realizzativa, dove la poesia consiste nell’armarsi di zappa e cominciare a
scoticare l’area che “diventerà” un orto, ci si accorge che “la terra è bassa” (come dicevano una
volta i contadini), la schiena fa male, il sudore cola giù lungo la schiena, alle mani vengono i calli
(insomma, non è più tanto un gioco…). Questo passaggio è molto importante perché segna il
confine tra chi “ha scherzato” fino a quel punto (e si ritira) e chi invece vuole imparare e fare, per
poi gestire (e quindi resta sul campo).
L’esperienza insegna, innanzi tutto, che le iniziative che “promettono bene” sono quelle che vedono
coinvolte tutte le persone che lavorano nella scuola oggetto dell’intervento (insegnanti, educatori,
operatori) o perlomeno la maggior parte di esse, perché vuol dire che c’è un intero gruppo che ha
maturato la consapevolezza di un impegno comune a favore delle varie classi di bambini.
L’attività di formazione e sensibilizzazione si può orientare su quattro fronti: scientifico, tecnico,
pratico-realizzativo e gestionale.
Formazione scientifica.
Negli interventi in aula bisogna innanzi tutto rispolverare conoscenze di botanica, parlare di
agronomia (in particolare clima, terreno, acqua, concimazione), di ortaggi e loro utilizzazione
alimentare, di curiosità varie sull’ambiente, fornendo ad insegnanti, educatori ed operatori strumenti
e spunti da sviluppare con la creatività e la fantasia che senz’altro non mancano né in loro né nei
bimbi e ragazzi che sono i destinatari ultimi delle azioni di sensibilizzazione all’ambiente.
Formazione tecnica
Si tratta qui di approfondire ciò che si farà poi in pratica, descrivendo nel dettaglio come si prepara
il terreno, come si determinano le pendenze, come si decidono le prode ed i percorsi dell’orto, come
si dovranno orientare le file di ortaggi in base al sole, cosa seminare in autunno e cosa in primavera
(in base all’andamento climatico stagionale della regione e alle varietà locali di ortaggi, consultando
ad esempio i nonni ortolani che
“la sanno lunga”), come apportare l’acqua necessaria per
l’irrigazione, come organizzare il lavoro delle varie classi, dando la possibilità a tutti i bimbi
coinvolti di “sporcarsi le manine”, ecc.
Se si vuole realizzare un percorso sensoriale con erbacee perenni, ad esempio, bisognerà scegliere
specie e varietà a fioriture scalari, possibilmente profumate, e con foglie di diverse forme e colori in
modo che i cromatismi siano armonicamente distribuiti nel tempo e nello spazio e i bimbi imparino
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ad apprezzare la ricchezza e la bellezza della natura nell'arco di tutto l'anno. Ad esempio un bel
percorso cromatico può vedere alternate le seguenti specie: Lysimachia a foglia gialla, Heuchera a
foglia purpurea, Santolina a foglia embriciata che ricorda una conifera e caratteristico capolino
giallo intenso, Arenaria (a fioritura bianca a fine aprile-metà maggio), vari Dianthus (garofanini
bianchi, rosa, rossi),
Oxalis acetosella (a fiori rosa), Potentilla (fioritura gialla prolungata),
Thymus, Timo in varietà (tappezzante e profumata), Helianthemum (a fiori arancioni), Cerastium (a
fiori bianchi), Gaillardia (fiori giallo-rosso), Sedum di vario aspetto, Campanula e Ceratostigma (a
fioritura blu-azzurra più tardiva, fino ad arrivare al termine dell’estate), Hypericum dall’abbondante
fioritura gialla, ecc.
Le aromatiche si prestano benissimo allo sviluppo della sensorialità, perché si può giocare sui
profumi, gli aromi, i diversi colori (v. ad esempio le diverse varietà di timo e salvia).
Se si vuole realizzare una siepe mista, ricca di colori , non dimentichiamoci che a gennaio si vedono
i fiori bianco-gialli profumatissimi sui rami nudi del Chimonanthus praecox e dell’Hamamelis
mollis, in febbraio-marzo fiorisce il nocciolo, poi la Forsythia,, i Viburnum, le varie Weigelia a fiori
rosa e rossi, i numerosi Cornus, bellissimi per colori e variegature delle foglie, forma e colori dei
fiori, colori delle cortecce, che risaltano specialmente nei mesi invernali, la Spiraea nelle numerose
specie e varietà a fiori bianchi e rosa, ecc. fino ad arrivare all’autunno con i Pyracantha e gli Ilex,
Agrifogli sempreverdi con numerosissime bacche colorate, il Cotoneaster lacteus, che fa la sua
bella figura nei mesi invernali,in quanto sempreverde e ricco di bacche colorate arancio o rosso,
ecc.
Il colore aiuta a capire che le piante sono “vive” anche in inverno.
Non dimentichiamo inoltre che, maggior ricchezza di vegetazione (specialmente arbustiva) significa
più biodiversità, più possibilità di ricovero e nutrimento per piccoli mammiferi ed avifauna.
Realizzazione pratica.
Finalmente si incomincia a lavorare con la zappa, la vanga, il rastrello, il trapiantatore, ecc., si
manipolano semi di aspetto e dimensioni diversissime; si impara a movimentare, concimare,
sminuzzare e modellare il terreno, si fanno i solchetti per alcuni ortaggi a seme grosso (pisello,
fagiolo, ecc.) e si distribuisce a file o a spaglio, superficialmente, il seme più piccolo (insalate,
cicorie, carote, ecc.), si interrano i bulbi di varie specie, sia orticole (cipolle, aglio, ecc.) che
ornamentali (tulipani, tromboncini, narcisi, bucaneve, muscari, fritillaria, ecc.), in primavera si
svasano piantine fiorite di variegati colori (tagete, begonie, impatiens…) e si mettono a dimora nella
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terra dell’aiuola che vogliamo bella per tutta la stagione, e tutto questo va fatto con la dovuta
energia ma anche con la delicatezza del caso, per non “strappare” per esempio una piantina nel
momento in cui la si sta tirando fuori dal vaso.
Impegno gestionale.
Il bello comincia a questo punto, perché dopo aver impostato l’orto, realizzato il percorso
sensoriale, la siepe mista, bisogna irrigare, scerbare, cioè asportare le erbacce infestanti, “nutrire” il
percorso cromatico e gli arbusti con concime a lenta cessione, per far crescere le piante ed ottenere
un bel fogliame e colorate fioriture.
Bisognerà poi anche potare, togliere il secco, predisporre insomma le piante, ogni anno, a rinnovare
la propria vegetazione, senza trovare “intoppi” dell’anno precedente ormai secchi.
Nei mesi estivi, deputati giustamente alle tanto sospirate vacanze, bisogna che ci sia qualcuno che
provvede alle bagnature, alle scerbature, cioè all’eliminazione manuale delle erbacce ed alla
sarchiatura superficiale, ecc., altrimenti alla ripresa della scuola ciò che a fatica si è realizzato
nell’arco di un intero arco scolastico si troverebbe in condizioni, diciamo così “pietose”, con
frustrazione garantita per i bambini che si sono impegnati. L’estate è un periodo critico che bisogna
“coprire” (programmandolo già quando si decide di fare l’orto o qualsiasi altra realizzazione).
Tirando le somme di queste brevi riflessioni, crediamo che la crescita della sensibilità ambientale si
attui attraverso un impegnativo percorso che unisca ad elementi di studio e conoscenza
dell’ambiente, doti di creatività e fantasia per tradurre in modo piacevole i progetti sul campo, il
tutto deve scaturire in una realizzazione pratica agronomicamente e tecnicamente corretta, la cui
sopravvivenza deve essere assicurata da un programma manutentivo-gestionale che si attua
all’insegna della continuità, la quale consente di imparare a conoscere i tempi e i ritmi con cui la
natura manifesta la sua ricca e variegata bellezza.
EDUCAZIONE AMBIENTALE E SICUREZZA
Oggi, in vari ambiti della vita, del lavoro, della scuola, si vive nel “terrore” della sicurezza, quasi
che questa fatidica parola volesse dire solo ed unicamente “pariamoci le spalle” e non, come
dovrebbe essere: “facciamo le cose che dobbiamo fare, con attenzione, senza farci male”.
La questione sicurezza non deve essere vissuta all’insegna di una paralizzante paura ma di una
positiva “consapevolezza”, che induca a fare certe cose, ad adottare determinati comportamenti, per
lavorare, studiare, giocare, imparare a vivere “senza farsi male”. Bisogna saper leggere e conoscere
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l’ambiente in cui si vive la quotidianità, imparando anche a conoscere i pericoli che si incontrano in
quell’ambiente, perché il cardine della sicurezza sta tutto in una frasetta corta corta:
se il rischio è noto, lo evito
Ecco allora che un atteggiamento di attenzione a cosa faccio, a dove metto mani e piedi, ad
esplorare con la dovuta prudenza luoghi nuovi, a saggiare i materiali che si rinvengono in
quell’ambiente, ad utilizzare in modo corretto un’attrezzatura ludica o uno strumento di lavoro….
aiuta a vivere serenamente, pur soddisfacendo la nostra curiosità.
L’approccio non ansioso all’aspetto della sicurezza, che ci permette di affrontare e risolvere una
miriade di problemini o problemoni, non deve vederci catapultati per forza in un’aula di tribunale a
dover rispondere ad un giudice severo, altrimenti si corre il rischio di trasmettere ansia e incertezza
ai nostri bimbi che invece vanno a scuola per imparare a vivere e a camminare nella vita con le
proprie gambe, oltre che, ovviamente, per imparare a leggere, scrivere e far di conto.
L’osservazione attenta e puntuale del mondo che ci circonda è il punto di partenza per maturare in
modo corretto la consapevolezza della sicurezza.
Certamente camminando nel bosco incontro rami caduti a terra, radici affioranti, muschio umido e
scivoloso, quindi non dovrei mai entrare in un bosco? Nel bosco si va, ma non certo con le scarpe
da ginnastica, ma con un bel paio di scarponcini alti, impermeabili all’acqua, con una bella suola
tipo carrarmato e già che ci sono, non guasta mai mettere nello zainetto un k-way in caso di pioggia
o semplicemente di vegetazione molto bagnata.
Se a scuola devo spostare materiale vario per realizzare l’orto, mi procurerò un bel paio di guanti in
pelle in modo da non ferirmi le mani, ma nel momento in cui devo mettere a dimora ortaggi,
piantine da fiore o bulbi in un terriccio pulito e ben vagliato, mi tolgo i guanti, altrimenti non potrei
avere il contatto tra pelle e terra e sviluppare in modo corretto la mia sensorialità.
La normativa sulla sicurezza, riordinata nel nuovo Testo Unico, approvato con D. Lgs. n° 81/2008,
modificato e integrato dal D. Lgs. n° 106/2009, insiste su alcuni concetti cardine, certamente non
nuovi, che devono tradursi in prassi quotidiana: formazione, informazione, addestramento,
consultazione e partecipazione. Ma si sa che le leggi riportano un linguaggio asettico, privo di
“cuore”, perché tale è la natura della materia giuridica. Ma bisogna andare oltre e rispolverare due
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principi fondamentali, validi in tutti gli ambiti di vita, lavoro e scuola: sensibilizzazione ed esempio.
Specialmente quando si svolge un ruolo educativo e si ha a che fare con bambini, ragazzi e giovani,
non si può e non si deve barare, perché le “giovani leve” sono bravissime nel fare la “radiografia” a
noi adulti e non amano certo essere presi in giro. I fatti contano più delle parole: lo verifichiamo
nella vita di tutti i giorni, perché in genere ci fidiamo di chi fa, e non di chi dice che avrebbe fatto o
farà. Questo anche perché il “prodotto” dell’uomo (comportamenti e atteggiamenti inclusi) non
dobbiamo interpretarlo, la traduzione ci viene dall’anima, da quello che sentiamo davanti a una
disposizione d’animo, ad un gesto ad un’espressione.
L’educazione alla sicurezza è un campo d’azione che non ha limiti, perché partendo dalla gestione
della sicurezza a scuola e a casa, si può arrivare ai confini del mondo, passando dal più facilmente
percepibile (la sicurezza sulla strada, nel parco, in auto) a situazioni di più ampio respiro (in
montagna, al mare, nel bosco, sul campo sportivo, in palestra, in aereo…).
Spesso, quando si parla di sicurezza ci si ferma alle attrezzature, agli strumenti di lavoro, ai
dispositivi di protezione individuale (guanti, caschi, scarpe…) o ad impianti elettrici con salvavita o
a frullatori con tanto di marchio CE, ecc…..tutto giusto. Ma non basta. Spesso la sicurezza si può
perseguire sul fronte organizzativo e procedurale, che consiste nell’usare il buon senso unitamente
all’esperienza, per organizzare meglio le nostre attività, concentrando ad esempio una serie di
operazioni in un certo luogo e in un certo tempo, modificando un programma di attività, utilizzando
in modo diverso i locali o il giardino della scuola…
L’attenzione alla sicurezza, inoltre, favorisce l’interdisciplinarietà, perché concentra tutta una serie
di attenzioni, di azioni e comportamenti verso il raggiungimento di un obiettivo comune, che a
scuola consiste nell’imparare, possibilmente divertendosi, in modo sereno, riconoscendo in modo
consapevole i vari ostacoli che si incontrano nel cammino educativo.
E allora è opportuno imparare a distinguere il pericolo vero dal falso pericolo.
Pericoli veri.
A titolo di esempio, si possono elencare una serie di pericoli da ben conoscere per “aggirare”
l’ostacolo:
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la recinzione rustica in legno posta a delimitazione dell’orto didattico che non è ben
stabilizzata, per cui può cadere, i pali di legno non opportunamente piallati, per cui
presentano schegge che possono infilarsi nelle mani;
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le precarie condizioni fitosanitarie e statiche degli alberi della scuola, che possono
pregiudicare la loro stabilità (specialmente se si vedono funghi a mensola sul tronco o alla
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base) o recare disturbi fastidiosi, ad esempio per la presenza di larve di lepidotteri
defogliatori, che divorano le foglie delle piante e sono rivestite di peli urticanti, che possono
causare irritazioni cutanee anche di una certa gravità;
-
ristagni di acqua nei sottovasi, nei copertoni pitturati sistemati nelle aree verdi scolastiche o
nelle pozzanghere, dove prolifera facilmente la “zanzara tigre”, che punge di giorno e risulta
moto fastidiosa; si può ovviare eliminando i ristagni di acqua, dove possibile, o
semplicemente spargendo del Bacillus thuringensis (batterio innocuo per l’uomo e gli
animali a sangue caldo), gran divoratore di uova e larve di zanzare;
-
presenza di piante velenose e spinose: il vero problema è conoscerle per evitarle, anche
perché alcune di queste piante sono molo belle e i bambini sono stimolati a toccarle. Innanzi
tutto bisogna spiegare ai bambini che le piante velenose non sono per questo “cattive”, ma
da quello che per noi è velenoso, spesso si estraggono sostanze che usate in un certo modo
da bravi farmacisti, servono per preparare medicine, sieri antiofidici, ecc. per curare le
malattie dell’uomo; le spine sono anche una forma di difesa delle piante contro le
aggressioni esterne. E allora perché non destinare una porzione del giardino della scuola per
realizzare un’aiuola che ospiti piante spinose e velenose, naturalmente opportunamente
delimitata? Solo così i bambini, “giocando” con il pericolo, possono capire, ad esempio, la
differenza fra l’infiorescenza bianca e profumata della robinia (pure buona da mangiare se la
mamma la cucina in pastella) e l’infiorescenza gialla molto simile del maggiociondolo, che
invece è una pianta velenosissima; se i bambini sanno benissimo che la rosa ha le spine,
perché la regalano per la festa della mamma, forse non si rendono conto che il Berberis,
arbusto ornamentale, ha spine sottilissime, molto rigide e appuntite che se si infilano sotto
pelle fanno veramente male; ancora, i bimbi sono sicuramente attratti dalle pseudobacche
rosse del Taxus baccata, che ricoprono i soggetti femminili, rendendoli particolarmente
belli: il rivestimento rosso (arillo) è pure buono da mangiare perché molto dolce, ma
racchiude un seme velenosissimo, tanto che il tasso si definisce anche “albero della morte”;
la digitale (Digitalis purpurea) produce fiori molto belli, colorati di rosa o di bianco, che
sembrano delle piccole campane rovesciate, ma sono molto velenosi (ma altrettanto utili
nella farmacopea); il romantico mughetto (Convallaria majalis) contiene circa venti
sostanze tossiche, pur essendo una pianticella bellissima, che adorna i mazzi di fiori delle
spose; la comune fava, ottimo ortaggio non si può coltivare nell’orto didattico se in quella
scuola vi sono bambini affetti da “favismo”, per cui rischiano uno shock anafilattico anche
solo al contatto con la pianta e il suo polline.
Questo unicamente per citare alcuni esempi.
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Falsi pericoli.
Esaminiamo ora ciò che spesso viene considerato un pericolo, ma in realtà con un po’ di
attenzione lo si può evitare:
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le radici affioranti degli alberi: da che mondo è mondo, le piante hanno le radici, che
servono sia per ancorarle bene al terreno, sia per assumere dal terreno stesso l’acqua e i sali
minerali indispensabili al loro nutrimento; gli alberi, evidentemente, hanno radici più grosse,
che si dipartono dal “colletto”, che è la base del tronco, per approfondirsi nel terreno e
“tenere in piedi” l’albero. C’è chi vede in queste radici un ostacolo insormontabile, cagione
di chissà quali incidenti e traumi; ma le tanto incriminate radici “si vedono”, si sa che
servono a qualcosa, e allora facciamo attenzione a dove mettiamo i piedini, diversamente
conviene abbattere tutti gli alberi della scuola (salvo poi partecipare alla prima
manifestazione ecologista che viene promossa nel circondario) e mettere piante di plastica,
che sono sempre verdi e colorate (anche in inverno), si possono lavare alla bisogna, non
perdono le foglie, altro “grosso” problema, perché formano un tappeto scivoloso, in attesa
della loro rimozione;
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la buca nel giardino: può rappresentare un potenziale pericolo, ma se sappiamo che c’è, in
attesa che venga colmata, può diventare un luogo dell’avventura, una tana immaginaria per
il folletto inventato dai bambini, un luogo dove riporre dei giochi…;
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lo stagno è bello, ma “pericoloso”, perché se ci cado dentro posso annegare e poi ci sono le
zanzare che pungono; lo stagno può anche essere delimitato, ma è anche vero che posso
avvicinarmi ad esso per osservarlo attentamente, visto che è un mondo di vita, senza finirci
per forza dentro e le zanzare si possono tenere a freno con il Bacillus thuringensis, prima
menzionato o immettendo nello stagno dei piccolissimi pesci del genere Gambusia,
voracissimi di uova e larve di zanzare;
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l’erba alta: si verifica che non sempre il Comune, a causa delle ristrettezze di bilancio, possa
sfalciare l’erba nelle scuole con la necessaria tempestività; ma l’erba alta, ricca di piante e
fiori diversi, è lo specchio della biodiversità, aspetto che ci vede tutti compatti per la sua
difesa e la sopravvivenza dell’umanità; cominciamo ad apprezzare la biodiversità che ci
offre un semplice prato, che oltre all’erba ospita una miriade di altre creature, a cominciare
da molte specie di insetti e piccoli mammiferi.
Anche qui sono solo alcuni esempi di quotidiana esperienza.
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In conclusione, “fare sicurezza”
può anche essere un modo per giocare, per impostare un
laboratorio dove, partendo dai quattro elementi fondamentali della natura: acqua, terra, aria, fuoco,
gli stessi vengono esaminati sotto il duplice aspetto della loro utilità e della loro dannosità, e si
costruisce allora un percorso, si inventano dei personaggi, si va in giro ad osservare i quattro
elementi dal vivo, nel bene e nel male, si maturano delle consapevolezze, superando le paure, si
impara insomma a crescere in modo equilibrato, per affrontare serenamente la vita.
Alberto Vanzo
Agronomo Responsabile dell’Ufficio Educazione Ambientale
del Servizio Verde Gestione del Comune di Torino
Associazione Italiana Direttori
e Tecnici dei Pubblici Giardini
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