Ultime notizie dal mondo 1/ 31 Agosto
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Ultime notizie dal mondo 1/ 31 Agosto
Ultime notizie dal mondo 1/ 31 Agosto http://www.rivistaindipendenza.org/ a) Italia / Afghanistan. Il centrosinistra con l’elmetto. Per la “pace” ovviamente e buttandola comunque in caciara (9, 10 agosto). Mentre si tagliano le spese sociali, i soldi (14 agosto) saltano sempre fuori quando bisogna obbedire a Washington che non fa mancare gli ‘apprezzamenti’ (cfr. 30 agosto). b) Israele / Palestina. La mattanza quotidiana di palestinesi prosegue nell’impunità più assoluta. Gli ultimi dati al 27 agosto. Ora Tel Aviv telefona pure prima di bombardarti la casa (10 agosto). Ammazzano e sequestrano (7, 19 agosto). E avvelenano (8 agosto). Comunque Israele le competenze repressive sul campo le ha acquisite e ne fa merce d’esportazione (cfr. Israele / Bolivia 5 agosto). Se dici qualcosa ci pensa Olmert a ricordare –giustamente, va riconosciuto– il Kosovo (7 agosto). Purché si badi ai destinatari. A latere, un siparietto sulle cluster bomb a USA / Israele 26 agosto. E intanto Tel Aviv guarda alla guerra contro l’Iran (27, 30 agosto) anche con l’aiuto della Germania (23 agosto). Gaza, per alcuni, può diventare con varianti come il Libano con le polemiche in merito che crescono (19 agosto). Intanto il colonialismo aumenta e la povertà in Israele pure (30 agosto). Sul fronte politico palestinese la situazione pare destinata ad aggiustamenti (9, 10 agosto). Piccoli gesti simpatici dal Venezuela (5, 9, 14 agosto) e dal Salvador (25 agosto). c) Russia / Algeria (5 agosto) significativo per la questione energetica con interessamenti anche da queste parti. Russia / Ucraina (23 agosto) con specifico su Kiev al 3 agosto. Tra l’altro: Iran (1, 4, 13, 15, 16, 23, 24, 27, 31 agosto) Iraq (20, 25, 28 agosto) Sudafrica (30 agosto) Venezuela (12, 24, 25, 30 agosto) Giappone / USA (9 agosto) Kuwait / USA (24 agosto) Messico (10, 16, 22, 29, 30 agosto) Cecenia (13, 24 agosto) Russia / Tagikistan (15 agosto) Abkhazia / Georgia (8 agosto) Georgia / Ossezia (29 agosto) Spagna / Euskal Herria (18, 28 agosto) Corsica (6 agosto) Somalia (9, 21, 26 agosto) Pakistan (13, 15, 28, 29, 31 agosto) Gran Bretagna (13, 18 agosto) Libano (30 agosto) Timor est / Australia (16, 26 agosto) Haiti (15 agosto) Turchia / Kurdistan (15, 23 agosto) Francia / Afghanistan (26 agosto) Sri Lanka (5, 14, 30 agosto) Nepal (5, 9 agosto) 1 • Gran Bretagna. 1 agosto. L’invisibilità è possibile in un futuro non troppo lontano. Lo dice una ricerca pubblicata sul New Journal of Physics. Il dottor Ulf Leonhardt, un fisico della St. Andrews University, in Scozia, ritiene che l’esempio più calzante e attuabile sia quello della Donna Invisibile, uno dei super-eroi dei “Fantastici Quattro”. «Nel fumetto la donna riesce a controllare la luce che la circonda usando un campo di forza. Questo può essere messo in pratica», ha detto in un’intervista alla Reuters Leonhardt. L’invisibilità è un’illusione ottica che ci fa credere che un oggetto o una persona non sia presente. Nella ricerca pubblicata nel New Journal of Physics, Leonhardt descrive i mezzi fisici e teorici che permetterebbero di creare l’invisibilità. È un saggio che segue uno studio pubblicato dalla rivista Science. «Quello che la Donna Invisibile fa è modificare lo spazio attorno a sé per flettere la luce», ha detto, affermando che è la luce riflessa attorno alla persona o all’oggetto che ci permette di vederli. Sebbene questi espedienti siano ancora fermi alla fase teorica, Leonhardt ha detto che gli scienziati stanno facendo progressi nei meta-materiali, materiali artificiali con proprietà atipiche usati per produrre dispositivi atti a deviare le onde elettromagnetiche emesse dai radar o quelle prodotte dai cellulari e che andrebbero usati per rendere invisibili oggetti o persone. «È improbabile che la dimostrazione valida per i radar valga molto presto anche per il campo visuale. Ci vorrà del tempo ma non è così lontano come si crede», ha detto Leonhardt. • Serbia / Kosovo. 1 agosto. Kostunica dice che la Serbia non rinuncerà mai al Kosovo. Il primo ministro serbo, Vojislav Kostunica, ha affermato che Belgrado non riconoscerà mai l’indipendenza del Kosovo anche se questo significasse perdere l’opportunità di entrare a far parte dell’Unione Europea. «Alcune parti della comunità internazionale condizionano la nostra integrazione nella UE alla consegna del Kosovo», ha detto Kostunica al quotidiano locale Danas. «Questo è impossibile; a nessun paese è stato mai chiesto di cedere una parte del proprio territorio per ottenere di essere membro della UE», ha aggiunto. Kostunica ha fatto queste dichiarazioni nel pieno delle negoziazioni sul futuro dell’enclave, convergendo con l’appello pubblico dell’esponente del Partito Radicale Serbo all’opposizione, Tomislav Nikolic, a «difendere il Kosovo con le armi». • Afghanistan. 1 agosto. La NATO ha rilevato ieri le truppe statunitensi nel sud del paese. Finora le truppe NATO erano dispiegate in zone relativamente sicure, come Kabul ed il nord e l’ovest del paese, ma un maggior impegno era stato chiesto ed ottenuto da Washington. Le truppe USA mantengono il controllo dell’est del paese. • Iran. 1 agosto 2006. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU «non ha alcun valore». Lo ha detto il presidente del parlamento iraniano Gholam Ali Hadad Adel, citato dall’agenzia Isna, in riferimento alla risoluzione che dà all’Iran un mese di tempo per sospendere le operazioni di arricchimento dell’uranio e la costruzione di un reattore nucleare in grado di produrre plutonio. Rispetto al documento originale, la risoluzione è un testo meno severo per le insistenze di Cina e Russia. È stata approvata con 14 voti a favore e uno contrario: il Qatar, rappresentante dei Paesi arabi, ritiene che il periodo di tempo da concedere a Teheran dovrebbe essere maggiore. In caso di mancato adempimento a Teheran verrebbero applicate sanzioni economiche, ma –e qui la differenza sostanziale rispetto alle versioni precedenti– solo dopo che il Consiglio si riunisca di nuovo per discutere la questione; inoltre, ogni sospensione da parte iraniana andrebbe verificata dagli esperti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ai quali spetterebbe il compito di informare il Consiglio. 2 • Iran / Venezuela. 1 agosto. Chávez e Ahmadinejad sottolineano la complementarietà finanziaria e tecnologica dei loro Paesi nell’incontro a Teheran di due giorni fa. Ad esempio, l’Iran non possiede, malgrado la ricchezza di idrocarburi, tecnologie adatte a massimizzare le rendite in questo settore, soprattutto per ciò che riguarda le attività di raffinazione del prodotto grezzo, tanto da essere costretto a importare benzina. Su 70 milioni di litri di carburante bruciati ogni giorno, 30 devono essere importati. Il Venezuela potrebbe essere in grado di fornire tali tecnologie. La collaborazione petrolifera tra i due Paesi è in atto anche sullo sfruttamento delle enormi risorse di greggio ancora in gran parte inutilizzate della zona dell’Orinoco (Venezuela). Sin dallo scorso anno la Pdvsa (società petrolifera di Stato del Paese caraibico) ha costituito joint ventures con le omologhe iraniane per l’estrazione in loco del greggio presente. L’ampia liquidità iraniana potrebbe essere molto utile anche per il finanziamento del progetto del grandioso gasdotto con cui Chávez vorrebbe fornire gas naturale a Brasile, Argentina e Uruguay. Analoghe considerazioni sulla tecnologia nucleare a scopi civili. Alla fine dello scorso anno, Chávez sostenne che il suo Paese, in vista di un possibile esaurimento delle scorte di idrocarburi, avrebbe voluto sviluppare energia nucleare per finalità civili. L’Iran è riuscito a completare il procedimento di arricchimento dell’uranio, primo passo verso lo sfruttamento a fini energetici dell’atomo, mentre il Paese latino-americano dispone solo di elevate quantità di uranio che potrebbero però essere utilizzate da entrambi i Paesi per le loro necessità nucleari. • USA / Russia / Bielorussia. 1 agosto. Washington contro l’unione Russia-Bielorussia. L’ambasciatore USA a Minsk, George Krol, ha dichiarato nei giorni scorsi che gli Stati Uniti non riconoscerebbero un’eventuale unificazione tra Russia e Bielorussia perché le elezioni ed i referendum a Minsk sono «non democratici». In base a quanto riportato da Interfax, Krol, a colloquio con giornalisti nella capitale bielorussa, ha affermato che a Washington c’è preoccupazione per un’eventuale unione tra Mosca e Minsk. • Somalia. 2 agosto. Perde altri pezzi il governo ad interim somalo sostenuto da Stati Uniti ed Etiopia. Altri otto ministri hanno presentato ieri le dimissioni dopo che il primo ministro Ali Mohamed Gedi ha annunciato che, su sua richiesta, sono stati rinviati di 15 giorni i colloqui di pace con gli integralisti delle Corti islamiche che controllano Mogadiscio e gran parte del paese. In mattinata altri quattro membri del governo (un ministro e tre segretari di Stato) avevano annunciato le proprie dimissioni. La settimana scorsa era stata la volta di altri 18 alti esponenti a lasciare il governo. «Non avevamo altra scelta in quanto riteniamo che se i negoziati vengono rinviati un’altra volta mineranno gli sforzi di riconciliazione», ha detto alla Reuters il ministro della pesca Hassan Abshir Farah, uno dei dimissionari. • Colombia. 2 agosto. Solidarietà all’«eroica lotta dei popoli palestinese e libanese» contro Israele. Così scrivono in un comunicato, dalle montagne della Colombia, le FARC-EP (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia – Esercito Popolare), la più consistente guerriglia attiva nel paese. Nello scritto vengono altresì inviati saluti alla resistenza irachena e afgana «nelle fertili terre del Tigri e dell’Eufrate... e sulle dure ed indomite terre afgane». • Ucraina. 3 agosto. Rivoluzione arancione, addio. Il presidente filo-occidentale Viktor Yushenko, esponente di quella rivoluzione scoppiata nel 2004 in nome di più democrazia e più economia di mercato, è sceso a patti con il suo acerrimo avversario, il filo-russo Viktor Yanukovic, che ha nominato oggi primo ministro. La decisione ha fatto seguito alla firma tra le forze politiche rappresentate in Parlamento (meno il partito arancione di Yulia Timoshenko) di un “Documento universale di unità nazionale” (27 punti), fortissimamente voluto da Yushenko a conferma delle «immutate» scelte strategiche dell’Ucraina in politica interna e estera. In base all’accordo, il governo entrante manterrà una politica pro3 occidentale (ingresso nell’Unione Europea e nell’Organizzazione Mondiale del Commercio), mentre l’incorporazione nella NATO sarà decisa tramite referendum. Il testo, che dichiara tra l’altro l’ucraino lingua ufficiale del paese, anche se non in esclusività, è stato sottoscritto dal partito del presidente, Nostra Ucrania, il Partito delle Regioni, di Yanukovic, i socialisti e i comunisti. «Un atto di capitolazione politica», ha detto Yulia Timoshenko, il cui partito è stato l’unico a non firmare. Alla strana alleanza tra i due Viktor, che si sono sfidati alle presidenziali dell’autunno 2004 (vinte da Yushenko dopo le oceaniche proteste del popolo arancione contro i brogli a favore di Yanukovic, uomo di Mosca e “delfino” di un opaco regime post-sovietico), si è arrivati al termine di quattro mesi di estenuanti tira-e-molla negoziali e di colpi di scena. Nelle prime settimane dopo le elezioni legislative del 26 marzo si era profilata una maggioranza parlamentare tra i due partiti arancioni (quello di Yushenko e l’altro della Timoshenko) e l’alleato di minoranza Aleksander Moroz, leader del Partito socialista, ma per una questione di poltrone promesse e non concesse questi ultimi si sono alla fine alleati con Yanukovic (leader del Partito delle Regioni, portavoce dell’industrializzato est russofono) e con i comunisti. Questa coalizione ha ora 240 deputati su 450. • Ucraina. 3 agosto. La nomina del filo-russo Viktor Yanukovic a primo ministro è ben vista dai centri economici ucraini. Volodymyr Fesenko, analista del centro di studi politici Penta, di Kiev, segnala che il Partito delle Regioni guidato da Yanukovic conta nelle sue fila uomini d’affari importanti. «Il Partito delle Regioni è interessato alle riforme strutturali e allo sviluppo dell’economia, specialmente quella siderurgica, l’industria chimica e la costruzione di macchinari che concentrano gli interessi degli imprenditori di Donetsk», feudo filo-russo nell’est del paese. Fesenko sostiene che gli anni 2002-2004, sotto il mandato di Yanukovic, sono stati marcati da privatizzazioni «opache» di imprese a uomini d’affari vicini al potere. Per Igor Bourakovski, dell’Istituto Ucraino di Studi Economici, la Rada (il Parlamento) dovrebbe adottare nel minor tempo possibile le leggi necessarie per l’adesione del paese all’Organizzazione Mondiale del Commercio perché, oltre ad essere una priorità del presidente, serve gli interessi degli «oligarchi» del Partito delle Regioni, che esportano buona parte della loro produzione verso i mercati internazionali. In ogni caso, tutti concordano nel rilevare che con Yanukovic al governo, il paese si troverà, sulla carta, in una buona posizione per negoziare con la Russia sulle condizioni del prezzo del gas russo. Questo significherà anche l’aumento dell’influenza russa nel paese. • Cecenia. 4 agosto. Muoiono cinque soldati russi per un attentato dinamitardo. È accaduto ieri a Gudermes, seconda città della Cecenia e feudo di Ramzan Kadirov, uomo forte di Mosca nella repubblica indipendentista. I soldati facevano parte del battaglione Sever, integrato da ex paramilitari leali a Kadirov. In Inguscezia, altri due poliziotti russi sono stati uccisi. • Iran / USA. 4 agosto. Aziende indiane e russe nel mirino delle sanzioni USA. Oggi Washington ha annunciato sanzioni verso 7 aziende straniere che hanno venduto all’Iran materiale colpito da restrizioni secondo la sua “Iran Non Proliferation Act”, legge approvata dagli USA nel 2000. Si tratta, tra le altre, di aziende russe e indiane. Nuova Delhi ha protestato perché le sue aziende chimiche Balaji Amines Ltd e Prachi Poly Products non hanno violato nessuna legge vendendo alcuni prodotti all’Iran. Mosca ha condannato come infondate e illegali le sanzioni. • Cuba. 4 agosto. «Pronti a difenderci». L’industria militare cubana sta attuando un programma di modernizzazione del suo armamento per potenziare la sua capacità difensiva ed aumentare le sue possibilità combattive. Lo riporta l’edizione di ieri del quotidiano 4 Granma. I prototipi hanno costi «di gran lunga minori» che se fossero acquistati all’estero. Granma ricorda che Cuba ha una concezione difensiva denominata “Guerra di tutto il popolo” basata sulla disponibilità a combattere dei cittadini, che hanno mezzi e luoghi per farlo insieme alle truppe regolari, se il paese venisse invaso. Il quotidiano riporta stralci di un discorso di Raúl Castro di due mesi fa nel quale diceva che «come cubani siamo consapevoli che senza lo sforzo sostenuto dal nostro popolo per consolidare la capacità difensiva del paese, da tempo avremmo cessato di esistere come nazione indipendente». • Russia / Algeria. 5 agosto. Accordo di cartello sul gas. Il colosso russo del gas Gazprom, emanazione del ministero della Energia della Federazione Russa, e l’equivalente azienda statale algerina, Sonatrach, hanno firmato ieri un’intesa su estrazione, produzione e distribuzione del gas in Algeria, Russia e Paesi terzi. Praticamente tutto ciò di cui c’è bisogno per portare gas e petrolio dal giacimento alle case dei consumatori. Gazprom e Sonatrach sono, rispettivamente, il primo e il secondo esportatore di gas in Europa. In pratica il vecchio continente compra gas quasi esclusivamente da queste due aziende che dal 5 agosto hanno ufficializzato, tra le righe del memorandum, l’intenzione di non farsi alcuna concorrenza per diversi anni, puntando al contrario su strategie comuni non solo in Europa ma nel mondo intero. L’operazione potrebbe rendere inutile la futura liberalizzazione del mercato del gas in Europa che, sulla carta, prevede che tutti i protagonisti del mercato del gas in Europa potranno avere libero accesso alle pipeline e dovranno poter usufruire delle stesse condizioni di partenza, il che si traduce in un obbligo per le multinazionali energetiche di recedere da eventuali posizioni dominanti già acquisite. Secondo l’ex ministro dell’Industria italiano Alberto Clò: «Con l’accordo Gazprom-Sonetrach si è chiusa la tenaglia dei rifornimenti energetici per l’Italia e l’Europa». • Russia / Algeria. 5 agosto. Su scala globale, è chiaro il disegno industriale che sta dietro l’accordo di ieri sul gas tra Gazprom (Russia) e Sonatrach (Algeria): entrare in nuovi mercati, senza perdere le posizioni conquistate in mercati maturi e consolidati come l’Europa. L’accordo russo-algerino non fa altro che congelare il mercato del gas in Europa, per permettere ai due Paesi di concentrare i propri sforzi in mercati in cui ancora non sono massicciamente presenti: Cina, India e Stati Uniti, questi ultimi da sempre grandi consumatori di petrolio, che recentemente hanno mostrato interesse per il gas naturale. • Sri Lanka. 5 agosto. La tregua del febbraio 2002 è ormai un ricordo. L’ultima disputa tra Colombo e le Tigri Tamil è scoppiata per il controllo delle risorse idriche nella zona di Muttur, dove da qualche giorno si confrontano l’esercito e le milizie del Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte). La spiegazione ufficiale degli scontri, che sta producendo decine di morti e feriti, è la contesa per il controllo del canale di Maavilaru, vicino a Trincomalee, sulla costa est. I Tamil hanno abbassato una chiusa privando dell’acqua circa 8mila agricoltori e provocando l’intervento dell’esercito di Colombo. Diversa la spiegazione dei guerriglieri Tamil, secondo cui (www.tamilnet.com) la questione del canale è solo un pretesto utilizzato ad arte dall’esercito per passare all’offensiva. L’abbassamento della chiusa, spiegano, non è che una forma di protesta verso il governo per il mancato miglioramento del sistema idrico. In realtà, non si tratta che di un altro capitolo della guerra tra comunità Tamil e Colombo, che sta crescendo di intensità giorno dopo giorno. Secondo una fonte anonima citata dalla BBC, lo stop alle irrigazioni potrebbe colpire gli agricoltori di etnia cingalese, facendo perdere loro i raccolti, mentre i contadini musulmani e quelli Tamil se la caverebbero per aver seminato con un po’ di anticipo. La diplomazia norvegese sta cercando di salvare la Missione di monitoraggio della tregua che, seppur violata di fatto, potrebbe prolungarsi almeno formalmente. La questione non è semplice: il 31 luglio scorso il leader politico delle Tigri Tamil nella regione orientale ha dichiarato la tregua nulla, 5 almeno per il momento. In seguito alla dichiarazione dei Tamil, Danimarca, Finlandia e Svezia hanno ritirato i loro rappresentanti riducendo a meno della metà il numero degli osservatori internazionali. I quali, a partire soprattutto dall’aprile scorso, hanno assistito pressoché impotenti alla costante violazione della tregua. • Israele / Bolivia. 5 agosto. I servizi segreti di Tel Aviv istruirono le forze di polizie boliviane prima e durante la crisi dell’ottobre 2003. Nei durissimi scontri fra civili ed esercito decine i morti e centinaia i feriti. Lo scrive il giornale di Cochabamba Los Tiempos e lo rilancia Radio Lachiwana in collaborazione con GlobalProject. I compensi per questi «specialisti della repressione» furono pagati con fondi pubblici dalla Banca centrale di Bolivia. Lo ha dichiarato la settimana scorsa l’ex direttore amministrativo del ministero di governo, Filiberto Ugalde (stretto collaboratore dell’allora ministro Kukoc) al magistrato Milton Mendoza, che sta indagando sulla sospetta uscita di 13 milioni di bolivianos (circa 1 milione di euro) dalle casse della banca proprio durante i giorni dell’ottobre nero boliviano, dal 12 al 14 ottobre 2003. • Israele / Bolivia. 5 agosto. I membri dell’intelligence israeliana entrarono in Bolivia già nel settembre del 2003, e vi rimasero più di un mese allo scopo di preparare l’esercito e le forze di polizia a una guerriglia urbana già messa in preventivo. Non si trattò quindi di incidenti di piazza, ma di una strage preparata e costruita scientemente. La situazione nel paese di fatto si era fatta sempre più tesa da quando a Warisata, a pochi chilometri da La Paz, l’esercito aveva forzato un blocco di associazioni civili che protestavano contro la privatizzazione degli idrocarburi annunciata dal presidente Sanchez de Lozada. Cinque i morti. La privatizzazione, indirizzata prevalentemente all’esportazione del carburante a prezzi irrisori rispetto a quelli di mercato (circa il 30% in meno), trovò la ferma opposizione dei movimenti civili che si battevano contro la svendita delle risorse nazionali, come la Coordenadora del agua de Cochabamba, protagonista della precedente rivolta del febbraio 2003. Nelle giornate di ottobre la tensione sfociò in una rivolta che coinvolse tutto il popolo boliviano e che, nonostante le istruzioni di impronta ed esperienza israeliana, riuscì a rovesciare il governo di Lozada costringendolo alla fuga negli Stati Uniti (dove è tutt’ora, in inutile attesa di essere estradato). Non è la prima volta che viene alla luce il coinvolgimento dell’intelligence israeliana in episodi di repressione in Sudamerica. Come spiegano a Global, qualcosa di simile avvenne in Colombia dove nell’89 la prima struttura paramilitare agli ordini dei narcotrafficanti del cartello di Cali era addestrato da Yair Klein, lo stesso istruttore militare israeliano coinvolto nelle stragi di Sabra e Chatila (Libano) dell’82. • Nepal. 5 agosto. Il governo nepalese sta studiando la possibilità di ripartire tra i contadini le terre del re Gyanendra. Lo riferisce oggi l’emittente Al Jazeera. Secondo le leggi del paese, i nepalesi non possono essere proprietari di più di sette ettari di terra e, secondo calcoli del governo, Gyanendra ne avrebbe circa 1.700. • Venezuela / Israele. 5 agosto. Ritirato l’ambasciatore. Il presidente venezuelano Hugo Chávez ha condannato le operazioni militari israeliani su Libano e Palestina («genocidio», le ha definite), come un’offensiva imperialistica e ingiustificata sostenuta dagli Stati Uniti nel suo tentativo di controllare le risorse energetiche della regione. «Provoca indignazione vedere come Israele continui ad aggredire e a fare a pezzi (...), con l’appoggio degli Stati Uniti, tanta gente innocente, bambini, donne», ha detto. Giovedì l’esponente della rivoluzione bolivariana aveva dichiarato di aver chiesto il ritiro dell’ambasciatore venezuelano a Tel Aviv in segno di protesta per gli attacchi militari israeliani. In un’intervista alla televisione araba Al-Jazeera rilasciata durante una visita a Doha, il presidente del Venezuela ha comparato lo stile delle operazioni militari israeliane e 6 l’uccisione di civili innocenti alle azioni di Hitler e ha descritto gli Stati Uniti come un «Dracula assetato di sangue e petrolio». Sentiamo che l’offensiva israeliana contro palestinesi e israeliani minaccia anche noi, ha aggiunto Chávez. • Corsica. 6 agosto. «Se ci uniamo con bretoni, baschi, guyani, polinesiani, possiamo pesare tra 150mila e 200mila voti, il che potrebbe fare la differenza al secondo turno delle presidenziali (primavera 2007, ndr)», senza escludere la presentazione di un candidato comune al primo turno. Lo ha detto François Sargentini, uno dei responsabili di Corsica Nazione Indipendente alle Ghjurnate Internaziunale (4, 5, 6 agosto) di Corti, capitale storica dell’indipendentismo corso. Presenti le delegazioni basca, occitana, catalana, bretone e quelle provenienti da Guyana, Martinika e Polinesia. Tutte Nazioni senza Stato sotto amministrazione dello Stato francese. I rappresentanti del partito indipendentista della Polinesia, creato quasi trent’anni fa da Oscar Temaru e al governo dal 2004, hanno partecipato per la prima volta a queste Ghjurnate. Approvata ieri una dichiarazione congiunta in cinque punti nella quale si rivendicano il «riconoscimento dei propri diritti culturali e linguistici, oltre al diritto di autodeterminazione e alla messa in atto di un processo di decolonizzazione». Uno dei membri della delegazione basca, Joseba Alvarez, di Batasuna, ha spiegato che, nonostante le differenti problematiche di ciascuna nazione sotto dominio francese, si è deciso di unire le forze per aumentare la pressione su Parigi. All’incontro internazionale hanno partecipato anche delegazioni di Sardigna Natzione e iRS (Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna). Altro tema forte delle Ghjurnate Internaziunale quello della «lotta contro la speculazione immobiliare». Gli indipendentisti vogliono che sia adottata una regolamentazione che limiti le possibilità d’acquisto di beni sull’isola per chi non è originario e non vi risiede. • Bolivia. 6 agosto. Si insedia l’Assemblea Costituente. Celebrando l’avvenimento a Sucre, nel giorno dell’indipendenza nazionale, il presidente boliviano Evo Morales ha detto che «è giunto il grande giorno di decolonizzare il diritto per nazionalizzare la giustizia. Non parliamo di una semplice riforma costituzionale, stiamo parlando di rifondare la Bolivia». • Israele / Palestina. 7 agosto. Israele sequestra un altro dirigente palestinese. Ieri è stata la volta del presidente del Parlamento palestinese e membro di Hamas, Abdel Aziz Duaik. Sette ministri e decine di parlamentari continuano a permanere nelle carceri israeliane. • Israele. 7 agosto. Olmert nega all’Europa il diritto di criticare Israele. Il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, ha negato ai dirigenti degli Stati europei diritto alcuno a rimproverare Israele per le vittime civili nella sua aggressione al Libano. «I paesi europei attaccarono il Kosovo ed uccisero 10mila civili, e nessuno di loro ebbe poi a lamentarsi di alcun bombardamento», ha detto Olmert. • Abkhazia / Georgia. 8 agosto. Il ministro della Difesa georgiano, Irakli Okruashvili, ha dichiarato oggi che il suo paese è disposto a consentire il monitoraggio della Gola di Kodori, in Abkazia, ma solo da parte dei caschi blu della missione ONU Unomig, con una minima presenza di truppe russe e senza l’impiego di elicotteri di Mosca. Okruashvili ha ribadito che la Georgia insisterà a chiedere, in cambio, un’ispezione dell’ONU nella base russa di Gudauta, sempre in Abkazia. La tensione tra governo e indipendentisti abkhazi rimane alta. Oggi Tbilisi ha denunciato la morte di due georgiani, uccisi da miliziani abkhazi. Notizia smentita dalle autorità dell’auto proclamata repubblica di Abkhazia, resasi indipendente da Tbilisi dopo la guerra del 1992-93. 7 • Palestina. 8 agosto. Busta avvelenata per l’ANP. Haniyeh: «i servizi segreti di Israele hanno cercato di uccidermi». Così il primo ministro palestinese (Hamas), Haniyeh, dopo che a Ramallah alcuni membri (sei) dei servizi di sicurezza palestinesi erano svenuti in seguito alla apertura di una busta misteriosa, a lui indirizzata e spedita da Tel Aviv, da cui si è sprigionato un odore pungente. Fra i dirigenti di Hamas il pensiero è andato subito al 1997, quando ad Amman il leader di Hamas, Khaled Meshal, fu vittima di un attentato del Mossad, il servizio di spionaggio israeliano. Allora si fece ricorso a un tipo sofisticato di veleno, instillato in un orecchio. Il giorno dopo Meshal fu ricoverato in ospedale per una crisi cardiaca e fu salvato in extremis da un antidoto. Tutto questo segue l’arresto da parte di Israele di diversi ministri di Hamas e, ancora di recente, del presidente del parlamento Abdel Aziz Dweik, ora ricoverato dopo essere stato picchiato in carcere. • Italia / Afghanistan. 9 agosto. «Italiani al sud», giallo a Kabul. L’annuncio del ministro della difesa afghano sull’invio delle forze italiane nel turbolento Afghanistan meridionale ha suscitato reazioni in Italia, e la smentita dell’omologo italiano Parisi non ha lasciato soddisfatti. La missione nel sud dell’Afghanistan è quella che dal 31 luglio ha portato i militari ISAF a fronteggiare la resistenza afgana sostituendo le truppe USA di Enduring freedom da piazzare per altri scenari di guerra. Al momento di rifinanziare la missione ISAF, la “sinistra radicale” aveva ricevuto rassicurazioni che gli italiani non avrebbero partecipato ai combattimenti nel sud del paese. I chiarimenti di Parisi ed del generale Coi Fabrizio Castagnetti non tranquillizzano. Il ministro della Difesa Arturo Parisi ha pure aggiunto: «qualora dovessero determinarsi situazioni straordinarie che richiedessero l’intervento fuori area, esse dovrebbero essere sottoposte caso per caso dal comando ISAF al governo italiano nella persona del ministro della Difesa». «Se il comandante di ISAF vorrà chiedere il nostro intervento nel sud dell’Afghanistan dovrà chiedercelo e avremo 72 ore di tempo per rispondere». Ha poi puntualizzato Castagnetti: sarà il governo Prodi a decidere, senza nessuna verifica parlamentare. Così in caso di «estreme operazioni», i militari italiani possono essere inviati dove occorre, senza aspettare alcun benestare. In Parlamento, la “mozione di indirizzo” agganciata al rifinanziamento e approvata alla Camera impegnava il governo a valutare la «prospettiva di superamento della missione Enduring Freedom»: nei fatti, è già stata sostituita dall’ISAF a guida NATO, che appositamente ha «rafforzato» le regole di ingaggio per i militari. • Italia / Afghanistan. 9 agosto. I servizi segreti alzano il livello d’allarme: la guerriglia afghana si sta “irachizzando”. Espandere al sud del paese la sovranità del governo di Hamid Karzai con la missione ISAF autorizzata dall’ONU e condotta dalla NATO –attraverso la presenza di militari stranieri e dei Gruppi di ricostruzione provinciali (PRT) in sostituzione delle truppe USA della missione Enduring Freedom– comporterà una recrudescenza dell’attività della guerriglia. Il teatro operativo che troveranno le truppe italiane a sud e ad est del paese è estremamente ostile, fatto di deserti e montagne quasi inaccessibili, dove vivono popolazioni pashtun che hanno sempre combattuto le aggressioni straniere sulle loro terre. Nel sud, la stampa britannica riferisce dell’ostilità della popolazione della provincia di Helmand verso gli «invasori» britannici, appena insediatisi nell’area. Anche nelle aree piu “tranquille” della capitale Kabul e della città di Herat, nel quale opera attualmente il contingente italiano, la situazione rischia di precipitare. L’azione suicida e l’impiego di ordigni improvvisati attivati a distanza indicano –secondo i servizi– «la progressiva irachizzazione del teatro afghano». A Kabul, la minaccia di attentati suicidi contro ambasciate straniere, rappresentanze estere, check point ed istituzioni governative, così come il rischio di rapimento di cittadini stranieri, è valutato «significativo». 8 • Italia / Afghanistan. 9 agosto. Sono circa 1.700 i militari italiani presenti tra Kabul (968) ed Herat (710), nell’ambito della missione ISAF della NATO. Si tratta di un numero che oscilla continuamente. Intanto, per l’Afghanistan, il Parlamento ha autorizzato la partecipazione di 1.938 militari. All’aeroporto di Kabul, inoltre, sono schierati 3 elicotteri dell’Aeronautica AB-212 ed un team del 9° Stormo di Grazzanise. A Herat, nell’ovest dell’Afghanistan, l’Italia gestisce un PRT, quei Team di ricostruzione provinciali (composti da militari e civili) attraverso cui la NATO punta ad espandere la sua presenza in tutto l’Afghanistan. • Somalia. 9 agosto. Il movimento delle Corti islamiche, che a giugno ha conquistato Mogadiscio e alcune parti strategiche del sud del paese, ha preso possesso di una cittadina vicina al confine con l’Etiopia e ha dichiarato che i suoi guerriglieri stanno marciando verso una roccaforte del governo, rendendo più concreta la possibilità di nuovi scontri con l’amministrazione provvisoria. I militanti islamici hanno affermato di aver attaccato e preso il controllo di Baladwayne, sede dell’amministrazione regionale nominata dal governo, costringendo il governatore e i commissari locali a fuggire verso l’Etiopia. I guerriglieri islamici avevano già conquistato Baladwayne in giugno, ma si erano poi ritirati. Le milizie starebbero anche avanzando verso Galkaayo, cittadina a circa 750 km a nord della capitale e confinante con lo Stato semi-autonomo del Puntland, patria del presidente del governo ad interim Abdullahi Yusuf. I militanti islamici si oppongono al governo ad interim, di stanza nella città di Baidoa, che ha l’appoggio delle potenze occidentali ma non ha praticamente nessun controllo sul territorio del Corno d’Africa dove vivono 10 milioni di persone. • Nepal. 9 agosto. Maoisti-Stato, rottura sfiorata: tutti terranno le armi. I guerriglieri maoisti e i negoziatori di Kathmandu hanno superato l’empasse che da giorni minacciava la rottura del negoziato (e la ripresa della sanguinosa guerra civile conclusa mesi fa con la cacciata del re). Il dirigente maoista Prachanda e il vecchio primo ministro Koirala hanno reso noto i termini dell’accordo raggiunto: i guerriglieri staranno in caserme loro assegnate, i soldati in altre, l’ONU monitorerà entrambi. Tutti terranno le proprie armi. Per il governo nepalese è il primo vero passo in vista dell’elezione di un’assemblea costituente. I maoisti avevano comunicato che non avrebbero consegnato le armi prima delle elezioni. • Nepal. 9 agosto. I maoisti vogliono la repubblica. Tra il governo ad interim del Nepal e il Partito maoista nepalese, la formazione politico-militare che per dieci anni ha combattuto la monarchia di Kathmandu, si discute del futuro della monarchia. Il processo politico innescato dalla «rivoluzione» di aprile, le manifestazioni popolari che hanno costretto re Gyanendra a reinstaurare il parlamento (sciolto nel 2002) e a farsi da parte saranno seguiti ora da elezioni generali per eleggere un’assemblea costituente che scriverà una nuova costituzione democratica per il Nepal, paese di 24 milioni di abitanti (di cui il 40% sotto la soglia di povertà). Per il vice capo del partito maoista, Baburam Bhattarai, ora il processo è «in una fase delicata», e potrebbe fallire se il governo ad interim «insisterà a difendere la monarchia». Qualche giorno fa il primo ministro ad interim, l’anziano Girija Prasad Koirala (Partito del Congresso) aveva dichiarato che al re bisogna dare uno «spazio» nel sistema politico nepalese. Koirala vede per la monarchia un ruolo «cerimoniale» e finora il parlamento negli ultimi due mesi si è mosso in questo senso: tolti al re i poteri politici, eliminata la simbologia reale dalla vita politica. Ha anche formalmente dichiarato il Nepal uno Stato laico (era l’unico regno hindu al mondo). Il futuro della monarchia era stato affrontato già lo scorso autunno, ben prima della rivolta, quando i maoisti e la coalizione dei 7 partiti avevano già avuto colloqui politici e annunciato un accordo, nel novembre 2005, che dichiarava il comune obiettivo di mettere fine alla «monarchia autocratica». Già allora il dirigente maoista, Prachanda, aveva detto che sulla monarchia si sarebbe rispettata la 9 decisione dei nepalesi, purché questi avessero la possibilità di esprimersi in un’assemblea costituente. Intanto, dopo la rivolta di aprile, l’idea di una repubblica ha guadagnato favore tra i nepalesi e anche tra le forze politiche parlamentari. • Turchia / Israele. 9 agosto. Ankara annulla l’accordo –da cinquecento milioni di dollari– con Tel Aviv per l’ammodernamento di alcuni dei caccia a disposizione delle sue forze armate. È uno degli effetti dell’aggressione sionista al Libano. La notizia è riportata dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, il quale precisa che le aziende israeliane temono che anche altri Paesi possano adottare simili decisioni, con ripercussioni gravi sull’economia di Tel Aviv. «I turchi sono vecchi clienti», ha commentato un militare israeliano, che ha preferito mantenere l’anonimato; «è davvero un brutto segno». Il governo turco è uno dei più importanti partner d’affari militari di Israele. La cooperazione tra i due paesi, in campo militare, risale ormai a dieci anni fa. Nel 1997 i due Paesi hanno siglato un accordo per l’ammodernamento di 54 velivoli Phantom turchi per circa un miliardo di dollari. La trattativa, del valore di 500 milioni di dollari, costituiva la seconda parte di quell’accordo avviato nel 1997 per altri 50 Phantom. Secondo il sito Ynet, Ankara starebbe adesso già valutando l’ipotesi di acquistare nuovi F-16 dagli Stati Uniti. • Palestina. 9 agosto. «È probabile che Hamas e Al-Fatah (il partito di Abu Mazen, ndr) decidano nelle prossime settimane di dare vita a quel governo di unità nazionale che sembrava cosa fatta prima del blitz che ha portato alla cattura del soldato israeliano. Non credo che esistano altre possibilità per poter superare l’isolamento internazionale e ridurre al minimo i contrasti tra le due principali forze palestinesi». Lo ha affermato l’ex ministro della pianificazione Ghassan Khatib. Scettico è però l’analista Mustafa Abu Sway, del dipartimento di islamistica dell’università Al-Quds. «È inutile farsi illusioni. Olmert continuerà a boicottare l’ANP anche senza Hamas e lo stesso Abu Mazen perché il suo obiettivo è quello di impedire la riapertura di un negoziato con i palestinesi sul futuro di questa terra». • Giappone / USA. 9 agosto. A Nagasaki il sindaco Itcho Ito ha indicato gli Stati Uniti come fattore di sgretolamento degli accordi per la non proliferazione nucleare. La città giapponese che fu bersaglio del secondo bombardamento nucleare della storia, nonostante gli anni trascorsi, non cancella indignazione e paura. Nell’anniversario dell’attacco aereo USA che costrinse il Giappone alla resa nel 1945, le autorità cittadine hanno lanciato al mondo un messaggio di pace che contiene vibranti accuse. • Venezuela / Israele. 9 agosto. Le relazioni diplomatiche tra Venezuela e Israele sono al loro minimo storico. Dopo che i due paesi hanno richiamato i rispettivi ambasciatori, Chávez preannuncia la rottura completa delle relazioni diplomatiche. «Non ho alcun interesse a mantenere relazioni diplomatiche, uffici e commercio con uno Stato come quello di Israele che bombarda città e distrugge un intero paese, dove sono morte madri abbracciate ai loro figli», ha dichiarato Chávez in un’intervista. Durante una visita in Qatar a fine luglio, parlando con i giornalisti, il presidente Chávez aveva paragonato l’offensiva israeliana in Libano alle azioni di Adolf Hitler: «ciò che fa Israele in Libano è simile agli atti di Hitler che ha seminato morte e distruzioni nel mondo». • Italia / Afghanistan. 10 agosto. Kabul, 600 soldati in più, missione «nuova». Le truppe italiane aumentano e operano in una struttura integrata con chi combatte nel sud, rileva Manlio Dinucci su il Manifesto. Il 6 agosto, la Brigata multinazionale Kabul, di cui fanno parte le forze italiane, ha assunto la denominazione di «Regional command capital» (Comando regionale della capitale). È questo non solo un cambio di nome ma di struttura, 10 che cancella la distinzione fatta dal ministro della Difesa Parisi tra intervento nell’area di Kabul e «fuori area». D’altronde è lo stesso ministero della difesa italiano ad affermare che la «missione» in Afghanistan è quella di «mantenere un ambiente sicuro a Kabul e, più in generale, in tutto l’Afghanistan». Le forze italiane fanno quindi parte di un’unica struttura militare le cui regole d’ingaggio –ha dichiarato il generale britannico David Richards, attuale comandante ISAF– sono «le più dure mai stabilite dalla NATO», in quanto consentono non solo di «difendersi in maniera adeguata» ma di «intraprendere azioni militari preventive». Lo si è visto da quando le forze NATO hanno sostituito il 31 luglio quelle USA sul fronte meridionale: «a rastrellare i villaggi a caccia di taliban (o presunti tali) non sono più solo soldati USA ma militari europei della NATO; a bombardare non sono più solo aerei USA ma anche caccia NATO. Queste forze sono agli ordini del comandante supremo alleato in Europa, il generale statunitense James Jones, che ha nominato il generale italiano Emilio Gay “vice-comandante della stabilità”. Le forze italiane, ovunque siano dislocate, fanno parte di questa macchina bellica e sono quindi esposte agli attacchi della resistenza», scrive Dinucci. • Italia / Afghanistan. 10 agosto. Non c’è quindi da stupirsi che, in una guerra che diviene ogni giorno più dura e sanguinosa, ci sia bisogno di inviare più truppe. È quello che ha fatto l’Italia: il numero dei militari italiani nella missione NATO/ISAF è passato da 506 nel febbraio 2005 a 1350 nel luglio 2006. A questo punto, per neutralizzare gli oppositori al rifinanziamento della missione, il governo Prodi ha promesso, come afferma il decreto per le missioni all’estero, di «non modificare le regole d’ingaggio né aumentare le truppe». Ora però il ministero della difesa annuncia che «per l’Afghanistan è autorizzata la partecipazione di 1.938 militari italiani»: 600 in più che a luglio (senza contare i 380 impegnati in Enduring Freedom), più di quelli dislocati in Iraq (1.677). In sostanza è cambiato tutto: sia le regole d’ingaggio che il numero di militari. • Palestina. 10 agosto. «Una telefonata allunga la vita», recitava una pubblicità. A Gaza rischia di complicarla. L’ultima follia israeliana: uno squillo nella notte per avvisare la famiglia palestinese interessata pochi minuti prima di un raid dell’aviazione che sta per abbattergli la casa. L’annuncio arriva da una voce registrata che recita: «Vi parlano le forze di difesa israeliane, avete un’ora per lasciare la vostra casa che verrà distrutta, perché ritenuta deposito di armi e nascondiglio di terroristi». Il panico si estende ovviamente anche ai vicini. È l’ultima trovata dell’intelligence militare per tenere sotto pressione la popolazione civile palestinese. Questo nuovo sistema che, secondo dichiarazioni del portavoce militare israeliano, «salverebbe vite umane» si è rivelato nel corso dei giorni una potentissima arma che scatena terrore e tiene in continua ansia i civili palestinesi, anche perché, sia pur in pochi casi, è capitato che all’avvertimento non abbiano fatto seguito le bombe. Le telefonate sono diventate migliaia, fatte in particolare a nord di Gaza, nei quartieri orientali del capoluogo Gaza city e a Khan Yunis. Anche Raja Sourani, noto attivista dei diritti umani, ha sentito squillare il suo telefono nel cuore della notte. «Si tratta di una vera e propria offensiva che corre sulle linee telefoniche e terrorizza migliaia di palestinesi che peraltro non sono coinvolti in alcun attività armata», spiega Sourani aggiungendo che la Quarta Convenzione di Ginevra vieta alle forze israeliane di usare queste pratiche contro i civili indifesi. Secondo la cooperante Carla Pagano, responsabile dell’ufficio di Gaza della ONG italiana Cric, «questi messaggi scatenano il panico tra migliaia di persone che temono di venir colpiti solo perché il loro vicino di casa potrebbe essere un militante armato». • Palestina. 10 agosto. Ieri, in Parlamento, il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh (Hamas) ha aperto il dibattito sul futuro dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) dal 11 momento che la domanda di scioglierla si fa sempre più insistente. «Come può funzionare l’ANP sotto l’occupazione, i sequestri (di ministri e deputati, ndr) e gli omicidi?», ha detto Haniyeh rivolgendosi ai deputati. «È nostro diritto domandarci se sia un bene che l’Autorità palestinese continui a esistere», ha detto da parte sua l’ex ministro delle finanze Salam Fayyad, secondo cui «il permanere dell’ANP assolve Israele dalla sua responsabilità di potenza occupante». • Messico. 10 agosto. È iniziato il controllo di quasi quattro milioni di voti su 41 (poco più del 9% del totale), disposto dai sette giudici del Tribunale Elettorale pochi giorni fa. Il massimo tribunale aveva infatti respinto la richiesta di un riconteggio totale dei voti che avrebbe dato la vittoria alle destre. Le elezioni presidenziali del 2 luglio scorso sono infatti oggetto di contestazione, per brogli, dalla coalizione di sinistra “Per il bene di tutti” guidata da Andrés López Obrador. I primi risultati del nuovo conteggio hanno fatto emergere, ad esempio nello Stato di Jalisco, dove Felipe Calderón del PAN (Partito di Azione Nazionale) risultava vincente con largo margine, numerose irregolarità. Con la decisione di autorizzare un riconteggio parziale il Tribunale Elettorale ha cercato di mostrarsi equidistante, ma in realtà la sua posizione dimostra che non tutto, nelle consultazioni del 2 luglio, è stato così trasparente come sostiene la versione ufficiale. Obrador ha criticato il fatto di revisionare solo una parte minima delle schede: «per noi è molto chiaro. Se si rifiutano di aprire tutte le urne e di contare voto per voto, è una prova clamorosa che abbiamo vinto l’elezione presidenziale», ha affermato Obrador. Le proteste, quindi, proseguiranno. Sui 41 milioni di voti, secondo il resoconto dell’Istituto Federale Elettorale (IFE), la vittoria conseguita Calderón sulla lista guidata da Obrador è risultata essere dello 0.58% (243.934). Il Tribunale Elettorale ha tempo fino al 31 agosto per risolvere le impugnazioni presentate. Quindi, prima del 6 settembre, dovrà dichiarare la validità o meno delle elezioni. • Messico. 10 agosto. La resistenza civile promossa dalla coalizione “Per il Bene di Tutti” intende anche «trasformare le istituzioni nel nostro paese». Bersaglio sono diventate anche le sedi dei più importanti istituti bancari della capitale (Banamex, Bancomer e Hsbc), i cui accessi sono stati bloccati dai manifestanti tra le proteste dei clienti. Il motivo è il fiume di denaro che lo Stato ha concesso ai grandi gruppi bancari durante la crisi di metà anni 90: 100 milioni di dollari prestati e in parte finiti oltre il confine. «Banamex in realtà è l’americana Citigroup», ha detto un portavoce del partito di centrosinistra PRD. Ciò ha acuito l’aspro confronto tra governo federale e amministrazione della capitale, guidata da Alejandro Encinas, del PRD, Partido de la Revolución Democrática, cui appartiene lo stesso Obrador. Alle pressioni del portavoce presidenziale perché venissero sgomberati i presidi sorti nelle principali vie della capitale (i cosiddetti campamentos por la democracia) che provocano code e ingorghi, Encinas ha risposto che la polizia locale non si macchierà le mani di sangue reprimendo i sostenitori di López Obrador. • Messico. 10 agosto. Diversi gli scenari possibili alla fine del conteggio parziale dei voti. Uno, sempre più presente negli articoli dei commentatori politici, è quello dell’annullamento del voto, in seguito alla scoperta di gravi irregolarità. In questo caso il nuovo Congresso, che si installa in settembre, dovrebbe nominare un presidente ad interim con un mandato di un anno e mezzo, incaricato di organizzare nuove elezioni. Il presidente successivo, però, otterrebbe un mandato di soli quattro anni e mezzo, invece dei consueti sei. Il secondo scenario è che i giudici, una volta presa conoscenza del risultato dello spoglio parziale, decidano per un riconteggio totale delle schede, estendendo il processo ai 41 milioni di voti emessi il 2 luglio, come chiede il movimento per la trasparenza. Esiste un’altra possibilità, anche se più remota: nel caso che dal conteggio parziale uscissero modifiche significative dei conteggi «ufficiali», il tribunale ha la facoltà –apparentemente inappellabile– di 12 dichiarare vincitore uno dei due contendenti. In attesa del verdetto finale, il movimento che sostiene Lopez Obrador –e che non si limita ai militanti del Partido de la Revolución Democrática, di centro-sinistra, ma include cittadini senza partito e semplici elettori– sta chiamando a decentrare le azioni di resistenza civile, perché coinvolgano anche altre città. L’attesa generata dal conteggio delle schede, che si sta effettuando in questi giorni, ha aperto speranze ma anche pessimismi anticipati. Un’inchiesta realizzata dal quotidiano di sinistra La Jornada fra i suoi lettori rivela che il 56% degli intervistati crede che il tribunale confermerà la vittoria di Calderón. • Messico. 10 agosto. Insegnanti attaccati a Oaxaca. Un corteo di insegnanti è stato attaccato a da un gruppo di presunti poliziotti, che dall’interno di una casa, hanno aperto il fuoco uccidendo un manifestante e ferendone altri due. Gli attaccanti sono stati subito bloccati dai dimostranti, che hanno anche dato fuoco all’edificio da cui erano partiti gli spari. La manifestazione era stata indetta per chiedere la destituzione del governatore dello Stato, Ulises Ruiz Ortiz, e notizie sui desaparecidos. • Venezuela. 12 agosto. Il capo di Stato venezuelano Hugo Chávez ha presentato formalmente la sua candidatura al Consejo nacional electoral per le elezioni presidenziali del prossimo 3 dicembre. Gli antichavisti si sono riuniti intorno al nome del socialdemocratico Rosales precisando che non sarà legittimato da nessuna elezione di base. Manuel Rosales è il governatore dello stato di Zulia e la sua candidatura arriva dopo due mesi di dure battaglie all’interno dello schieramento antigovernativo, una miscellanea litigiosa e assetata di potere che riunisce i cristiano-democratici di Copei, il partito conservatore Primero Justicia, Izquierda democratica, fino a partiti della sinistra radicale come Movimiento al Socialismo che, nel 1992, fu tra i sostenitori dell’ascesa di Chávez. L’accordo è stato reso possibile dalla rinuncia alla corsa presidenziale da parte del leader del partito centrista Primero Justicia, Julio Borges, che si candida ora per la vicepresidenza. L’altro nome forte, il giornalista ed ex ministro Teodoro Petkoff, aveva annunciato il ritiro della propria candidatura lo scorso 4 agosto. • Venezuela. 12 agosto. «Sono tutti appoggiati dall’impero e inquadrati nel capitalismo e nel neoliberismo», ha detto Chávez dei suoi oppositori. Rosales, 54 anni, ha iniziato la carriera politica nel partito Acción Democratica, rivestendo vari incarichi legislativi a livello regionale, come deputato al parlamento regionale per 11 anni e poi sindaco di Maracaibo. Durante la crisi che il partito socialdemocratico ha attraversato negli anni Novanta, è rimasto equidistante dalle correnti interne a tal punto da decidere di candidarsi alla guida dello stato di Zulia come leader di un proprio partito, Un Tiempo Nuevo. Dopo una prima sconfitta nel 1998, Rosales ha vinto nel 2000 le elezioni amministrative facendo della regione, nell’ovest del paese, una delle ultime roccaforti dell’opposizione antichavista. A quattro mesi dalle elezioni, i sondaggi lo segnalano come il dirigente con maggiore possibilità di affrontare Chávez, anche se le percentuali a suo favore non arrivano al 30%. Il presidente conserva una popolarità del 55-60% e promette, come si legge su migliaia di murales sparsi per le strade di tutto il paese, di vincere con 10 milioni di voti. • Gran Bretagna. 13 agosto. «L’attuale politica estera del governo aumenta il rischio di attacchi contro i civili sia in Gran Bretagna che all’estero». Lo sottoscrivono trentotto associazioni musulmane in una lettera pubblicata a pagamento su alcuni quotidiani nazionali. Tra le firme anche tre dei quattro deputati musulmani che siedono alla camera dei Comuni e tre dei quattro lords. Un brutto colpo per Blair, perché finora la posizione dei deputati musulmani era stata sostanzialmente filogovernativa. Nella lettera (sottoscritta 13 anche dalle più importanti organizzazioni musulmane, Muslim Council of Britain e Muslim Association) si critica aspramente il governo. Tony Blair, affermano i firmatari, dovrebbe «raddoppiare i suoi sforzi nell’affrontare il terrore e l’estremismo» partendo proprio dalla «politica estera del governo, per mostrare al mondo intero il valore che ha per noi la vita di ogni essere umano in qualunque paese viva e a qualunque religione appartenga. Un tale cambiamento», conclude la lettera, «ci renderebbe tutti più sicuri». Uno dei firmatari, il deputato Sadiq Khan, generalmente molto vicino alle posizioni di Blair, ha ieri detto che la riluttanza del premier a criticare Israele per l’offensiva contro il Libano ha «ampliato il bacino da cui i terroristi attingono le loro reclute. Che ci piaccia o no», ha aggiunto Khan, «la politica estera del governo è vista come ingiusta e questo senso di ingiustizia fa il gioco degli estremisti». • Pakistan. 13 agosto. Islamabad, anello fragile della «guerra al terrorismo». Il presidente pakistano Parvez Musharraf, al potere dopo un golpe del 1999, attraversa un momento piuttosto difficile a causa degli inaspritisi rapporti con i vicini India ed Afghanistan. Da un lato l’India ha ripreso ad accusare il Pakistan di dare riparo al «terrorismo» dando copertura alla Lashkar-e-Taiba, gruppo islamico che combatte l’India in Kashmir accusato della strage sui treni metropolitani di Mumbai l’11 luglio scorso e, pare, responsabile di attacchi anche a Delhi e altrove. Dall’altro lato il governo di Hamid Karzai a Kabul accusa il Pakistan di dare retrovie ai combattenti Taleban che agiscono in Afghanistan e riparano oltre la frontiera. L’accusa è ripresa dalle forze occidentali. Che quei territori di frontiera siano il punto debole del Pakistan è noto: là sono riparati dopo la disfatta sia i combattenti Taliban, che in fondo erano gente dei clan pashtun estesi da entrambi i lati della frontiera. Là quelli si sono riorganizzati e là vivono i principali dirigenti. Incalzato da Washington a collaborare nella «guerra al terrorismo», il generale Musharraf ha infine dispiegato l’esercito in quei territori. Dal 2003 ha lanciato un’offensiva dopo l’altra, perso 800 uomini, causato centinaia di vittime civili e ha suscitato la rivolta nei clan locali senza però impedire che i Taliban egemonizzino interi territori. • Pakistan. 13 agosto. Perché il generale Musharraf non riesce a controllare kashmiri e Taliban? Non solo perché in origine quei gruppi sono stati creati e usati proprio dai servizi di intelligence pakistani, l’ISI, e molti sospettano che i ponti non siano del tutto tagliati. Soprattutto, quei gruppi combattenti sono sostenuti dai partiti della destra religiosa pakistana, che controllano un terzo del parlamento (cavalcando una diffusa opinione antistatunitense) e hanno un rapporto ambiguo con il generale presidente: ne criticano l’allineamento con gli USA, ma lo sostengono e ne sono sostenuti. La destra religiosa serve a Musharraf per tenere fuori dal gioco politico i due principali partiti, guidati dai due ex premier Benazir Bhutto e Nawaz Sharif. Significativo quanto detto pochi giorni fa dall’ambasciatore USA a Islamabad, Ryan Crocker: Bhutto e Sharif dovrebbero poter tornare in Pakistan e concorrere alle eletioni del 2007 contro Musharraf. Forse a Washington, che finora ha sostenuto il generale –forse convinti che fosse una barriera al fondamentalismo– si è deciso di cambiare pedine. • Cecenia. 13 agosto. Più “autodeterminazione”, meno “Jihad”. Le recenti morti di Abdul Sadulayev, ex mullah di Argun successore dell’ex presidente ceceno Aslan Maskhadov, ucciso dalle forze speciali russe l’8 marzo 2005, e soprattutto del leader guerrigliero Shamil Basayev, potranno paradossalmente rilanciare la resistenza cecena. Anche dopo la morte di Maskhadov al Cremlino si annunciava la fine della guerra, per poi ritrovarsi a dover fronteggiare nuovi focolai di insorgenza in Cecenia, ma anche nelle altre repubbliche del Caucaso del nord. Proprio per le caratteristiche del movimento armato ceceno e la sua tradizionale tendenza alla frammentazione, le due morti potrebbero addirittura proiettare la 14 resistenza cecena verso un nuovo scenario. Il neo presidente dell’autoproclamata repubblica cecena clandestina, Doku Umarov, si caratterizza diversamente dai due defunti, paradossalmente elementi di una tensione all’interno della resistenza sfruttata dagli oppressori russi. I continui riferimenti al Corano nei comunicati di Sadulayev, il suo passato di ex presidente del Tribunale supremo della Sharia e la sua idea di creare una confederazione nel Caucaso settentrionale, furono sfruttati dal Cremlino per screditarlo e collegarlo insistentemente con il wahabismo. • Cecenia. 13 agosto. L’operato di Shamil Basayev, da parte sua, ha suscitato molte perplessità tra le fila della resistenza, principalmente a partire dalla sua partecipazione alla rivolta islamica in Daghestan che diede origine alla seconda invasione russa nel 1999. Alla sua indubbia capacità di organizzare operazioni militari si contrappose il suo eccessivo protagonismo che lo portò a dirigere per conto proprio le drammatiche azioni del teatro Dubrovka a Mosca e soprattutto della scuola di Beslan, per le cui morti non bisogna comunque rimuovere le grossissime responsabilità di Mosca. Dette azioni spaccarono il fronte della resistenza, suscitando anche le pubbliche condanne del governo ceceno in esilio, ed hanno alienato simpatie verso la causa cecena che, tempo fa, sebbene a voce bassa e per strumentalizzarle a fini anti russi, Unione Europea e Stati Uniti vedevano positivamente. Doku Umarov è un personaggio differente. Il suo passato di comandante militare nella zona sud della repubblica cecena lo avvicina a leader come Dudayev o Maskhadov o Basayev, ma in lui è estranea la retorica islamista. • Cecenia. 13 agosto. Doku Umarov intende cambiare registro ponendo l’autodeterminazione della Cecenia al primo posto e contrastando la propaganda che collega la resistenza cecena al fondamentalismo islamico di al Qaeda. Un indirizzo più “nazionalista” basato sull’idea che per i ceceni al primo posto viene «la libertà, non la Jihad». Lo scenario nordcaucasico è cambiato notevolmente dalla Prima Guerra Cecena (1994-96). Umarov non è solo presidente della Repubblica cecena clandestina, ma anche il leader dei musulmani sollevatisi in armi in tutto il Nord del Caucaso, a cui ha giurato alleanza. Il Fronte Caucasico creato da Maskhadov, rinforzato da Sadulayev e ampliato dallo stesso Umarov in tempi recenti, va però considerato più una risorsa tattica ed uno strumento operativo per alleviare l’asfissiante pressione militare russa che una via per creare un “Califfato del Caucaso del Nord” come auspicava Basayev. Umarov si mostra più pragmatico e al contempo più vicino a più ampi settori della società cecena. In Cecenia rimangono comunque in campo personalità come il ministro dell’informazione della Repubblica Cecena Movladi Udugov, o collaboratori di Basayev come Musa Iskiev o Supiyan Abdualev fautori di uno Stato islamico in tutto il Caucaso settentrionale. Sarà il futuro a dire se e come, a differenza dei precedenti presidenti ceceni, tutti assassinati dai russi, Umarov innescherà un cambio politico in un paese sottoposto ad una brutale repressione. • Afghanistan. 13 agosto. Tre soldati USA in Afghanistan sono stati uccisi e altri due sono rimasti feriti in un combattimento con i taliban nella provincia nordorientale di Nooristan, secondo quanto ha riferito una nota dell’esercito statunitense. Lo scontro è avvenuto l’altroieri in una zona montagnosa del Waygal, precisa la nota. Dall’inizio dell’anno più di 70 soldati stranieri, per la maggior parte statunitensi, hanno perso la vita in Afghanistan. • Iran. 13 agosto. L’Iran è «contento per l’approvazione della risoluzione 1701 e la cessazione delle ostilità» al confine israelo-libanese, anche se ritiene il testo «non bilanciato» perché manca una chiara condanna della «aggressione e delle atrocità del regime sionista». Nonostante ciò, la risoluzione segna una «vittoria politica del governo libanese» su Israele. Lo ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri, Hamid Reza 15 Asefi. Dalla guerra durata un mese, ha aggiunto Asefi, «il regime sionista esce sconfitto, mentre Hezbollah è il vincitore». Sul disarmo di Hezbollah, Teheran si mostra intransigente. «Si tratta di una richiesta illegittima e illogica», ha affermato il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Hamid Reza Asefi. «Non dobbiamo dimenticare che fino a quando vi è un’ occupazione, la resistenza continuerà», ha aggiunto. Il presidente del Parlamento, Gholamali Haddad Adel, ha detto di ritenere «improbabile» che Israele applicherà le disposizioni della risoluzione. Argomentazioni non dissimili sono venute anche dalla Siria. • Italia. 14 agosto. Le operazioni militari italiane all’estero costano circa 1 miliardo di euro ogni anno. A tanto ammonta il capitolo “missioni di pace” contenuto nell’ultima legge finanziaria del 29 dicembre 2006. Il finanziamento delle operazioni “fuori area” è garantito da singoli provvedimenti di legge, approvati con scadenza semestrale. L’ultimo via libera alle 28 missioni militari, attive in 19 diversi Paesi, è arrivato il 28 luglio scorso. Il disegno di legge, approvato in via definitiva dal Senato, ha sbloccato 488 milioni di euro, dei quali circa 58 destinati ad interventi umanitari diretti e quasi 430 finalizzati alle operazioni militari. Ben 30 milioni di euro destinati alle missioni all’estero arrivano direttamente da tagli effettuati ai fondi previsti per alcuni ministeri-chiave: dal Lavoro al Viminale, dal dicastero delle Politiche agricole al ministero dell’Ambiente. • Italia. 14 agosto. La missione più costosa, ma anche quella più estesa dal punto di vista delle attività e delle risorse impiegate, è quella in Iraq. Il budget per l’operazione “Antica Babilonia” stanziato per gli ultimi sei mesi del 2006 si assesta intorno a 163 milioni di euro. Circa 10 milioni di meno, per le diverse missioni in corso in Afghanistan. Nell’elenco delle voci di spesa spiccano anche i 127 milioni di euro destinati a tutte le operazioni militari e di polizia attualmente operative nella vasta area dei Balcani. Le missioni all’estero, va rilevato, non incidono sul bilancio della difesa, che ha un suo capitolo a parte: 12 miliardi di euro. Uno stanziamento ritenuto insufficiente dagli stati maggiori delle Forze Armate, visto il taglio dell’11% rispetto al 2005. Gran parte delle risorse sono destinate al pagamento e alla gestione del personale (8 miliardi 757 milioni), mentre le spese di esercizio e di investimento (addestramento, manutenzione, ricerca e ammodernamento dei mezzi) hanno subìto tagli rispettivamente del 39 e 41%. • Sri Lanka. 14 agosto. Novecento morti, dallo scorso aprile a oggi, e un numero imprecisato di feriti. È il tragico bilancio, destinato a salire, del “conflitto a bassa intensità” in corso nello Sri Lanka tra l’esercito governativo e gli insorgenti delle Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte) che lottano, da più di vent’anni, per ottenere l’indipendenza dei territori a nordest dell’isola. Conflitto intensificatosi nelle ultime due settimane a causa di una disputa sorta attorno a un acquedotto che le Tigri Tamil avrebbero chiuso impedendo così alla maggioranza cingalese di accedere all’acqua. L’esercito ha reagito bombardando le postazioni Tamil, scatenando i combattimenti anche attorno alla città di Jaffna che è stata più volte teatro, negli anni scorsi, delle sanguinose battaglie tra l’Ltte e l’esercito regolare. Il cessate il fuoco, in vigore in teoria dal 2002, è diventato ormai soltanto il paravento formale di una guerra vera e propria. Una guerra non dichiarata perché, secondo gli analisti, le parti in causa non hanno alcun interesse attualmente a formalizzare la ripresa delle ostilità: nessuno riuscirebbe a ottenere una vittoria definitiva, si aggraverebbero ulteriomente le condizioni economiche di un paese che l’anno scorso ha subìto il disastro dello tsunami e perché è in gioco l’appoggio della comunità internazionale e dei paesi donatori. • Venezuela. 14 agosto. Carlos Ortega evade dal carcere. Il dirigente sindacale e tre ufficiali accusati di partecipazione nel fallito colpo di Stato dell’aprile 2002 sono fuggiti ieri dal carcere militare di Ramo Verde, a 30 km da Caracas. Ortega fu anche a capo del lungo 16 sciopero dei lavoratori petroliferi che tra il 2002 e il 2003 cercò di far cadere il governo Chávez, provocando al paese danni per 14mila milioni di dollari. • Sudan. 15 agosto. «Noi siamo determinati a vincere qualsiasi forza straniera che entrerà nel Paese, come Hezbollah ha vinto le truppe israeliane». Lo ha detto il presidente sudanese Omar el-Beshir. Le Nazioni Unite intendono dispiegare una forza militare nella regione occidentale del Darfur. • Turchia / Kurdistan. 15 agosto. Due soldati turchi sono stati uccisi oggi in scontri armati con gli indipendentisti del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, nel sud est della Turchia. Lo ha reso noto una fonte ufficiale. Almeno 96 militanti del PKK e 66 membri delle forze di sicurezza turche sono morti nelle violenze che si sono moltiplicate quest’anno. • Russia / Tagikistan. 15 agosto. Esercitazioni militari russe in Tagikistan come monito verso Washington. L’agenzia di stampa RIA Novosti ha comunicato che nella base militare russa 201st, aperta in Tagikistan nel 2004 con un contingente di svariate migliaia, sono state effettuate delle esercitazioni, che l’agenzia interpreta come un tentativo di risposta di Mosca alla crescente influenza di Washington in Asia centrale. «Le unità militari addestreranno il loro schieramento in combattimento e si organizzeranno per fronteggiare gruppi militanti illegali provenienti da uno Stato vicino», ha dichiarato una fonte militare. Fino al 18 agosto, circa duemila soldati si produrranno in una marcia di 200km tra deserto e montagna ed in esercitazioni di sparo con veicoli, artiglieria, missili e batterie corazzate, aerei ed elicotteri da combattimento. • Pakistan. 15 agosto. Islamabad manterrà il «suo appoggio politico» agli abitanti del Kashmir. Il primo ministro pakistano Shaukat Aziz ha chiesto, nel corso di una cerimonia per il 59° anniversario dell’indipendenza del Pakistan, che la disputa del Kashmir sia risolta in accordo con i desideri degli abitanti. «I loro desideri ed aspirazioni non possono essere ignorati», ha dichiarato. «Il Pakistan proseguirà nel suo sostegno politico, diplomatico e morale finché essi ottengano i loro diritti». • Iran. 15 agosto. L’autorevole religioso iraniano Ahmad Khatami ha affermato che qualora l’Iran fosse attaccato da Stati Uniti e Israele, lancerà missili su Tel Aviv. «I missili (con una gittata, ndr) di 70 km di Hezbollah hanno trasformato Israele in un Paese di fantasmi (...) Se essi (USA ed Israele, ndr) vogliono aggredire l’Iran, devono avere paura del giorno in cui i nostri missili da 2.000 km (gli Shahab-3) colpiranno il cuore di Tel Aviv», ha detto Khatami. «Bush ed Olmert devono sapere che giocare con l’Islam è come giocare con la coda del leone», ha aggiunto. Gli iraniani intanto festeggiano la vittoria di Hezbollah in Libano. Giovani in moto o in auto percorrono le strade di Teheran innalzando la bandiera gialla delle milizie sciite e le autorità hanno annunciato che oggi bus e metro di Teheran sono gratuiti. • Israele / Palestina. 15 agosto. Timore che Israele sfoghi la sua frustrazione libanese sulla Palestina. Il governo palestinese ha espresso ieri inquietudine per la possibilità che la Palestina paghi per il «fallimento» dell’esercito israeliano di fronte ad Hezbollah. Il governo ha chiesto l’«attenzione internazionale per la possibilità che gli occupanti facciano a Gaza, Nablus o Hebron quel che non hanno potuto fare a Bint Jbeil», città libanese scenario di duri scontri che gli aggressori sionisti non sono riusciti a conquistare. L’esecutivo si è quindi felicitato con il «Libano e la sua resistenza» per la sua «storica vittoria» di fronte ad Israele. • Haiti. 15 agosto. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha rinnovato il mandato della missione delle Nazioni Unite ad Haiti per altri sei mesi. Una risoluzione dell’Argentina e adottata 17 all’unanimità dai 15 membri ha autorizzato il dispiegamento di 7.200 caschi blu (finora erano 7.500) e di 1.951 membri di una forza di polizia internazionale (1.897). Il segretario generale dell’ONU Kofi Annan aveva chiesto un’estensione del mandato per 12 mesi ma gli Stati Uniti hanno insistito su sei mesi. • Iran. 16 agosto. Il presidente iraniano Ahmadinejad ha accusato l’ONU di essersi «trasformato in uno strumento nelle mani di USA e Israele». Per Ahmadinejad i governi di Stati Uniti e Gran Bretagna «devono essere processati con il regime sionista». Mentre a Teheran e in altre città si continua a festeggiare per la «vittoria» di Hezbollah in Libano, Ahmadinejad ha ribadito le critiche alla risoluzione 1701 e si è detto contrario al disarmo della Resistenza libanese. • Timor est / Australia. 16 agosto. L’interferenza australiana nella crisi di Timor Est è sempre più evidente: documenti di politica strategica australiana del 2002 rivelano come la regione sia considerata di vitale importanza, tanto dal punto di vista strategico-militare (controllo delle rotte marittime delle acque profonde e controllo del rivale regionale, la Cina, per interessi propri e anche per conto degli Stati Uniti), quanto economico (30mila milioni di dollari le riserve di petrolio e gas naturali). Le relazioni privilegiate tra Pechino e il primo ministro Mari Alkatiri, evidenziano come Timor Est sia la prima vittima della nuova Guerra Fredda emergente tra Stati Uniti e Cina. Questo in sintesi quanto sostiene, su Rebelion, Boaventura de Sousa Santos, sociologo e professore alla Facoltà di Economia dell’Università di Coimbra (Portogallo). • Messico. 16 agosto. Il Tribunale elettorale messicano ha ratificato la vittoria del Partito d’Azione Nazionale nelle elezioni parlamentari. Al partito conservatore di Felipe Calderon sono stati riconosciuti 52 seggi al Senato e 206 alla Camera bassa. Per il PRD di Manuel Lopez Obrador, che aveva contestato il risultato denunciando brogli, spetteranno 123 seggi nella Camera bassa e 28 al Senato. I giudici devono ora dichiarare entro il 6 settembre l’elezione del presidente. • Palestina. 17 agosto. Governo d’unità nazionale in vista. Si profilerebbe anche una nuova tregua armata della resistenza palestinese. Il fine: far cessare il boicottaggio politico ed economico internazionale che tanta sofferenza sta generando sulla popolazione. Mahmoud Abbas (Abu Mazen) riprende i contatti con il premier Ismail Haniyeh di Hamas per un governo aperto a tutti i gruppi, compresa la Jihad islamica, formazione che non si era presentata alle elezioni legislative di gennaio. Il nuovo governo sarebbe formato da 25 membri, 7 di Hamas e 6 di Al Fatah, e a queste due formazioni spetterebbe, a rotazione, il primo ministro. Un punto, quest’ultimo, su cui si discute: Hamas, che attualmente dirige il Governo palestinese, vuole mantenere il primo ministro e rifiuta il meccanismo di rotazione. • Palestina. 17 agosto. La formazione del Governo di unità nazionale è, secondo una fonte anonima citata da agenzie internazionali, «essenziale» per superare la crisi nella quale è caduta l’ANP dalla cattura del soldato israeliano Gilad Shalit, lo scorso 25 giugno, alla quale Israele ha risposto con l’intensificazione della sua brutale offensiva militare e la chiusura delle frontiere. Solo nella striscia di Gaza si è finora registrata la morte di 184 civili (42 bambini), più di 650 feriti e 4.000 senza tetto dopo che l’esercito italiano ne ha bombardato le case. Non muta comunque l’indifferenza della cosiddetta comunità internazionale sulle mattanze in Palestina. • Palestina. 17 agosto. Il programma dell’eventuale governo di unità nazionale si costituirà in accordo con il cosiddetto “Documento dei prigionieri”, elaborato da dirigenti di distinte 18 organizzazioni incarcerati da Israele, e che Abu Mazen ha inteso usare per mettere pressione ad Hamas. Il documento proclama la volontà di far nascere uno Stato palestinese nei territori occupati nel 1967 ed il riconoscimento implicito dell’esistenza di Israele. L’atteggiamento di Abu Mazen sembrava aver compromesso qualsiasi opzione di “grande coalizione”, ma l’ultimo mese ha cambiato le cose. George Bush e i suoi inviati nella regione hanno intensificato in queste settimane, le pressioni su Abu Mazen per fargli sciogliere il governo formato da Hamas dopo le elezioni democratiche d’inizio anno. Il presidente si era però rifiutato, insistendo sulla necessità di coinvolgere il movimento islamico in un processo di pace. Così, dopo un colloquio a Gaza con Abu Mazen, ha dichiarato il premier Haniyeh: «Si è deciso di cominciare le consultazioni per la formazione di questo governo (...) per rafforzare l’unità nazionale e per rimuovere l’assedio al quale è sottoposto il popolo palestinese e per alleviare le sue sofferenze». • Palestina. 17 agosto. Hamas ha comunque aggiunto che nessun Governo di unità nazionale entrerà in carica fino a quando non siano liberati i ministri e i deputati incarcerati da Israele, tra cui proprio il presidente del Parlamento, Aziz Dueik. Dal canto suo, Abu Mazen ha rimarcato che l’accordo è comprensivo di un cessate-il-fuoco unilaterale contro Israele e ha insistito sul fatto che i palestinesi si devono poter muovere e che per farlo si apra in particolar modo il valico di Rafah con l’Egitto. La Striscia di Gaza, di cui si è tanto enfatizzato lo sgombero delle colonie, al momento è un vero e proprio lager a cielo aperto, sottoposto a continui bombardamenti israeliani. • Euskal Herria. 18 agosto. L’attitudine «repressiva è incompatibile con lo sviluppo di un processo di negoziazione», e per questo «se continuano gli attacchi contro Euskal Herria, ETA risponderà». Dopo quasi cinque mesi di tregua permanente, l’organizzazione indipendentista ETA giudica il processo di pace «in una situazione di crisi evidente». L’organizzazione armata ripercorre gli accadimenti degli ultimi mesi e sottolinea che il governo spagnolo «si è avvalso della repressione per indebolire la sinistra abertzale (patriottica, ndr)», tramite «continui attacchi» da parte degli «apparati dello Stato». Non immune da questa prassi anche lo Stato francese. Nel comunicato pubblicato dal quotidiano indipendentista Gara, ETA fa arrivare alla cittadinanza basca la sua lettura sulla «gravità» della situazione. Punta il dito direttamente contro i socialisti baschi ed il Partito Nazionalista Basco (PNV, al governo nel Paese basco), il cui «atteggiamento meschino» ha portato a questa «grave situazione». PSOE e PNV, secondo ETA, «cercano di costruire un processo di pace a misura dei loro interessi e dei loro bisogni» e così l’hanno «snaturato e svuotato di contenuto». Anche se è la prima volta –dalla dichiarazione del cessate il fuoco permanente dello scorso 22 marzo– che l’ETA si esprime in termini così negativi, il comunicato non avrebbe turbato il governo di José Luis Rodriguez Zapatero. Fonti del Ministero degli Interni ritengono che il comunicato «fa parte del processo» e dimostra «l’impegno dell’ETA di decidere i tempi ed avere un ruolo da protagonista». Secondo fonti della Moncloa, l’ETA sta mostrando la sua faccia più dura prima di cominciare il negoziato con Madrid, annunciato lo scorso 29 giugno da Zapatero. Non ci sarebbe stato comunque ancora nessun contatto tra le due parti, dicono al ministero. • Euskal Herria. 18 agosto. Batasuna mette in guardia sul cambio di linguaggio del PSOE (socialisti). La formazione indipendentista illegalizzata ha sottolineato ieri che le attuali dichiarazioni del PSOE su temi come Nafarroa, i prigionieri, la legalizzazione o gli obiettivi del processo politico aperto in Euskal Herria non corrispondono con quanto sostenuto da rappresentanti di questa stessa formazione nei contatti bilaterali degli ultimi anni. Dopo aver richiamato una lista di dichiarazioni di esponenti del PSOE come José Blanco, Juan Fernando López Aguilar ministro della Giustizia, Diego López Garrido, Rodolfo Ares, 19 • Oscar Martínez, Javier Rojo o Ramón Jáuregui, il portavoce indipendentista, Arnaldo Otegi, ha affermato in conferenza stampa di ritenere che l’obiettivo sia di «trasferire all’opinione pubblica la falsa idea che ci troviamo di fronte ad un processo tecnico, di assimilazione, di pacificazione. Un processo in definitiva senza contenuti politici». «La sinistra abertzale (patriottica, ndr) non dice niente di differente in privato da quel che dice in pubblico», ha aggiunto Otegi. «Per quanto ci riguarda, noi manteniamo esattamente le stesse posizioni politiche sia in privato sia in pubblico». Gran Bretagna / USA. 18 agosto. La politica di Bush in Medio Oriente? «Spazzatura». Questo il giudizio del vice primo ministro britannico, John Prescott. È quanto riporta il britannico The Independent, che parla di una riunione a Londra con deputati laburisti e rappresentanti di circoscrizioni elettorali con forte concentrazione popolare di religione musulmana. Imbarazzo a Downing Street. Dopo una telefonata con Tony Blair, Prescott ha ieri smentito. • Palestina. 19 agosto. Arrestato vice primo ministro palestinese. Israele ha arrestato il vicepremier palestinese Nasser a-Din el Shaer, uno dei maggiori esponenti di Hamas. Una settimana fa era stato messo in carcere il presidente del parlamento palestinese Abdelaziz Dweik. Prima di loro altri 28 deputati e otto ministri di Hamas sono stati imprigionati perché appartenenti, secondo l’esercito israeliano, a «una organizzazione terroristica». Shaer, 45 anni, professore universitario padre di sei figli, è considerato il più importante esponente dell’ala moderata di Hamas. Dirige di fatto le attività del governo in Cisgiordania in quanto il primo ministro Ismail Haniyeh non è autorizzato da Israele a spostarsi da Gaza verso Ramallah. Il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri ha criticato «il vergognoso silenzio della comunità internazionale davanti ai crimini dell’occupazione». Il premier Haniyeh ha parlato di un «tentativo di Israele di indebolire il sistema politico palestinese» e di «ricatto». • Israele. 19 agosto. Conto alla rovescia per il governo Olmert. Stampa e classe politica intimano al governo a tirare le conclusioni del conflitto libanese, ed alcuni periodici si augurano un’ondata di proteste simili a quelle seguite alla guerra del Kippur nel 1973 contro Siria ed Egitto. Il politologo Gerald Steinberg, dell’Università di Bar-Ilan, dà addirittura solo sei mesi di vita ad Olmert come primo ministro ed ancora meno al capo di Stato maggiore Dan Halutz, molto criticato per la gestione del conflitto. Olmert e Peretz cominciano frattanto a prepararsi ad una eventuale commissione d’inchiesta, sollecitando l’assistenza di esperti e avvocati. • Israele. 19 agosto. Protestano i soldati israeliani. Circa 160 riservisti di Tsahal hanno accusato i loro comandanti di aver loro impedito di partecipare ad una manifestazione contro la guerra in Libano. Così il quotidiano Haaretz. I soldati hanno aggiunto di essere stati utilizzati come «facili bersagli». «Sono stato nell’esercito e nella riserva per 26 anni e quello che è successo non è stato semplicemente un fiasco, ma una completa debacle. Mi sono sentito un soldatino di piombo in un gioco degli assistenti di Olmert e Peretz», ha dichiarato al quotidiano un soldato. • Iraq. 20 agosto. «L’insorgenza ha portato gli attacchi a livelli senza precedenti. Conta su un ancor più consistente appoggio pubblico, ha maggiore capacità numerica ed è più abile nel portare violenza». Lo ha detto ieri al New York Times un funzionario del Pentagono. Gli ultimi rapporti di intelligence sull’Iraq danno analoga lettura. Gli attacchi contro le forze statunitensi ed irachene collaborazioniste sono raddoppiate da gennaio e tendono a salire ancora. Secondo il quotidiano USA la politica del presidente Bush «è fallita». Per molti politici iracheni, come per sempre più numerosi soldati statunitensi, «il timore peggiore... è che gli alti funzionari ed ufficiali realmente non capiscano quello che sta succedendo», 20 riporta Tom Lasseter, dell’ufficio di Baghdad della catena di periodici McClatchy. Secondo Hendrik Hertzberg, analista politico della rivista The New Yorker, «il progetto neoconservatore di un Medio Oriente democratico e amichevole (...) è peggiore di una rovina carbonizzata; è un inferno fiammante». Per tutto questo, sette ex generali d’alto rango hanno espresso opposizione alla politica di Bush negli ultimi mesi, includendo la richiesta di dimissioni del capo del Pentagono, Rumsfeld. • Somalia. 21 agosto. Il primo ministro somalo, Ali Mohamed Ghedi, ha nominato un nuovo gabinetto. Il precedente governo è stato sciolto due settimane fa a causa di una serie di dimissioni, secondo quanto comunica la BBC. Il governo ad interim controlla unicamente i dintorni di Baidoa, sede del governo. Il resto del paese è dominato al sud dal gruppo delle Corti islamiche, mentre al nord il paese rimane in mano a diversi clan tribali. Il nuovo gabinetto conta su 31 membri, al contrario del precedente che ne aveva 100. • Somalia. 21 agosto. Le Corti islamiche accusano il governo di far entrare truppe etiopi nel paese a sua difesa. Per questo rifiutano ogni colloquio con Baidoa. Alcuni testimoni confermano che truppe etiopi si dirigono verso Baidoa. Il governo somalo ha pure chiesto aiuto ad un gruppo ribelle eritreo, il Fronte di Liberazione Eritreo. Il governo somalo è stato nominato nel 2004, dopo anni di colloqui di pace in Kenia. Era composto dai diversi clan che lottarono per il controllo del paese dopo la caduta del dittatore Siad Barre nel 1991. Gli islamici sono divenuti l’unica autorità effettiva nel paese dall’ultimo anno. • USA. 22 agosto. 21 ex generali, ex diplomatici d’alto rango ed ex alte cariche della sicurezza nazionale hanno diffuso la settimana scorsa una lettera aperta esprimendo la loro opposizione all’uso dell’opzione militare contro l’Iran. Nel documento si legge che Bush, descritto come uno studente povero di conoscenze storiche, dovrebbe avviare una politica di negoziazione con i cosidetti “Stati canaglia”: Iran, Iraq e Corea del Nord. Hanno aggiunto che la politica attuale della «linea dura» sta mettendo a rischio la sicurezza degli Stati Uniti. Inoltre, la decisione di invadere l’Iraq, voluta dall’amministrazione Bush, è in parte responsabile dell’accellerazione data dall’Iran allo sviluppo del suo programma. • Messico. 22 agosto. Nel Chiapas come a Città del Messico. Nel voto statale di domenica, col 94% dei voti scrutinati, il candidato a governatore Coalición por el bien de todos (PRD, PT, Convergencia ) guida con lo 0.22% (2000 voti) sulla Alianza por México (PRI e PAN). Entrambi si proclamano vincitori. Ma a vincere è l’astensione che è stata del 56% contro il 51% del voto nazionale del 2 luglio, mostrando lo scontento degli elettori per l’attuale classe politica ed una campagna elettorale basata su insulti, diffamazione, compravendita sfacciata di voti. Però, in questo caso, le posizioni sono invertite: il PAN, che sta cercando di imporre Felipe Calderón come presidente ed è accusato di brogli per l’elezione del 2 luglio, si ritrova ora nelle veste di contestatore e invoca addirittura la vigilanza dell’esercito. Arriverà il PAN, il partito del presidente Fox e di Felipe Calderón, a chiedere un riconteggio dei voti in Chiapas, diritto che si ostina a negare, sul piano nazionale, ai sostenitori di Lopez Obrador? Intanto il candidato del PRD Juan Sabines, fino a pochi mesi fa nel PRI, prima ancora di essere proclamato governatore sta già prendendo le distanze da Lopez Obrador e si dice disposto a collaborare con un possibile governo di Felipe Calderón. • Germania / Israele. 23 agosto. Berlino vende due sottomarini nucleari a Tel Aviv. Lo scrive oggi il Jerusalem Post. I due sottomarini della classe Dolphin saranno forniti in base a un contratto firmato il mese scorso e daranno a Israele «superiori capacità» d’attacco nucleare. Essi si aggiungono ai tre già forniti dalla Germania negli anni ’90. Il Jerusalem Post conferma che i due nuovi sottomarini, come i tre precedenti, saranno costruiti secondo 21 «specifiche israeliane». Oltre ai sei tubi di lancio da 533mm, adatti ai missili da crociera a corto raggio, ne vengono aggiunti in ogni sottomarino quattro da 650 mm, da cui possono essere lanciati missili da crociera a lungo raggio a testata nucleare, tipo il Popeye Turbo (testato nel maggio 2000 nell’Oceano Indiano) che può colpire un obiettivo a 1.500 km. Questi sottomarini hanno inoltre una maggiore velocità (20 nodi) e un maggiore raggio d’azione (4.500 km) e sono più silenziosi in modo da potersi avvicinare agli obiettivi senza essere individuati. La decisione tedesca è frutto anche della pressione di Washington. C’è da chiedersi come possano la Germania e gli altri due «negoziatori» europei (Gran Bretagna e Francia) apparire credibili nel chiedere all’Iran, firmatario del Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP), di non costruire armi nucleari (che peraltro Teheran afferma di non voler fare) mentre Israele, unica potenza nucleare in Medio Oriente, non ha mai firmato il TNP e continua indisturbato a potenziare le sue forze nucleari. Anche grazie agli U-212 forniti dalla Germania. • Germania / Israele. 23 agosto. Secondo esperti militari, dei tre Dolphin forniti dalla Germania, uno viene tenuto costantemente in navigazione nel Mar Rosso e Golfo Persico, l’altro nel Mediterraneo, mentre il terzo rimane di riserva. Con l’aggiunta di altri due, il numero di quelli in navigazione, pronti all’attacco nucleare, potrà essere raddoppiato. E questa è solo una parte delle forze nucleari israeliane, il cui potenziale viene stimato in 200400 testate nucleari, con una potenza equivalente a quasi 4mila bombe di Hiroshima, e i cui vettori comprendono oltre 300 caccia statunitensi F-16 e F-15 armati anche di missili israelo-statunitensi Popeye a testata nucleare, e circa 50 missili balistici Jericho II su rampe di lancio mobili. Questi e altri vettori nucleari, puntati sull’Iran e altri paesi, sono pronti al lancio ventiquattr’ore su ventiquattro. • Turchia. 23 agosto. Aerei turchi hanno bombardato postazioni dei guerriglieri curdi nel nord dell’Iraq. Lo hanno annunciato oggi fonti militari. Centinaia di membri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) sarebbero nascosti nelle montagne della regione, da dove attraverserebbero i confini per attaccare la polizia turca, così come soldati e altri obiettivi. La Turchia ha affermato di essere tutelata dal diritto internazionale se decidesse di procedere nei confronti dei ribelli in territorio iracheno, nel caso in cui l’Iraq e gli Stati Uniti non riescano a fermare la guerriglia curda. • Russia / Ucraina. 23 agosto. Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica e della comunità internazionale è incentrata sul fronte libanese, la Russia assesta un altro colpo importante nella propria politica energetica. Dopo pochi giorni dall’annuncio dell’avvenuto accordo con l’Algeria, intesa che secondo molti analisti costituisce una “nuova Opec del gas”, il Cremlino fa sapere che Gazprom (il colosso energetico russo) provvederà alla fornitura di 24,5 miliardi di metri cubi di gas naturale all’Ucraina, al ritmo di 130 milioni di metri cubi al giorno. L’annuncio è arrivato in seguito ai colloqui tra il neo-premier ucraino Yanukovic e il suo omologo russo Fradkov. L’accordo si colloca in un contesto di distensione dei rapporti bilaterali tra Russia ed Ucraina. Dopo la vittoria alle scorse presidenziali del 2004 del filo USA Viktor Yushenko, le redini del governo sono tornate al filorusso Yanukovic. Il fatto che tale accordo sulle forniture energetiche arrivi proprio a ridosso della svolta politica interna in Ucraina, è sintomatico della crescente influenza di Mosca negli affari di Kiev. Influenza di cui il mezzo principale è lo spettro del taglio delle forniture di gas, analogo a quello che ha messo in ginocchio l’Ucraina lo scorso inverno e di cui l’attore principale è ancora una volta il colosso energetico Gazprom. La Russia è dunque molto attiva sul fronte della geopolitica dell’energia che vede l’emergere dei nazionalismi sudamericani guidati da Chávez, il complicarsi dello scenario mediorientale, le lotte per le fonti in Africa (soprattutto tra Cina e USA); il tutto con i prezzi del greggio alle stelle anche per l’alta domanda da parte 22 di Cina e India e per l’instabilità di passaggi strategici per i trasporti energetici come lo Stretto di Malacca. • Iran. 23 agosto. «Il petrolio fra una ventina, trentina d’anni finirà (…) E allora l’Iran sarà obbligato a comprare energia da altri Paesi, senza più avere le ricchezze che le vengono per ora dal petrolio. Inoltre il loro calcolo è che se avessero l’energia nucleare per l’uso interno, potrebbero vendere tutto il petrolio, e magari scaglionarne la vendita per massimizzare il guadagno». Per Juan Cole, professore di Storia del Medio Oriente all’Università del Michigan, esperto di lingua e cultura araba, è il motivo per cui Teheran intende proseguire con il suo programma nucleare. • Cecenia. 24 agosto. Il parlamento ceceno ha approvato una risoluzione, rivolta al Consiglio Federale - Camera Alta del Parlamento Federale Russo, che richiede un mutamento costituzionale affinché il presidente Vladimir Putin possa candidarsi, in occasione delle elezioni presidenziali del 2008, per un terzo mandato consecutivo attualmente non previsto. • Iran. 24 agosto. L’Iran ha soppiantato gli Stati Uniti come potenza egemonica del Medio Oriente. A sostenerlo sono un rapporto della Chatham House ed un documento del Royal Institute of International Affairs, un prestigioso centro studi di Londra che ha messo a punto un rapporto intitolato “L’Iran, i suoi vicini e la crisi regionale”. Teheran è stata la beneficiaria principale della “guerra contro il Terrore” propagata da Stati Uniti e Gran Bretagna dalla fine del 2001 a questa parte, rilevano gli esperti. Nonostante le vittorie militari in Iraq e Afghanistan, l’incapacità anglo-statunitense di rimpiazzare con «strutture politiche coerenti e stabili» nemici giurati degli sciiti iraniani come i Taliban e Saddam Hussein ha permesso a Teheran di esercitare un ruolo dominante in ambedue i Paesi. Il dossier ricorda inoltre il discreto successo che l’Iran ha riscosso nello stabilire rapporti di buon vicinato con Turchia, Pakistan e una parte consistente del mondo arabo. Così l’Iran è diventato la potenza più «influente per ragioni politiche, economiche, culturali, religiose e militari» in Medio Oriente. • Iran. 24 agosto. Il negoziato, apparentemente senza fine, tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania e l’Iran passa per un ennesimo ultimatum. Il 22 agosto, infatti, è scaduto il tempo concesso dai cinque grandi e dalla Germania a Teheran per accettare la proposta di “aiuti economici” in cambio della sospensione di ogni attività di arricchimento dell’uranio. Sullo sfondo incombe la data del 31 agosto, indicata nella risoluzione 1696 del Consiglio di Sicurezza come il limite massimo entro il quale l’Iran dovrà sospendere ogni attività nucleare. Ali Larijani, negoziatore capo di Teheran per le questioni nucleari, ricorda sempre alcuni articoli fondamentali del Trattato di non proliferazione cui l’Iran aderisce. Tra questi articoli, in particolare il quarto menziona esplicitamente il diritto per i Paesi aderenti di accedere alla tecnologia nucleare sviluppandola in proprio o importandola dall’estero. Un altro pezzo grosso della delegazione iraniana, Mohammad Sa’eedi, vice presidente della Agenzia Iraniana per l’Energia Atomica, ribadisce che Teheran non sta violando alcun trattato o accordo internazionale e ha il diritto di portare avanti il suo programma nucleare. • Iran. 24 agosto. La Russia è la grande sostenitrice sottobanco del programma nucleare iraniano. La Repubblica islamica continuerà ad arricchire in proprio l’uranio e porterà avanti la costruzione delle proprie centrali nucleari: prima tra tutte quella di Bushehr, ormai giunta al 93% dei lavori, “gemella” della centrale nucleare russa di Kalinin. È una società russa, la Atomstroiexport (parte del capitale della quale è detenuto da Gazprom tramite la controllata Gazprombank), che aiuterebbe, secondo alcune fonti, a costruire la centrale di 23 Bushehr. Mosca continuerebbe quindi ad appoggiare palesemente i progetti nucleari di Teheran, nonostante quest’ultima abbia rifiutato la proposta russa di arricchire l’uranio da utilizzare nelle centrali iraniane. Che il programma nucleare iraniano sia a buon punto, lo mostrerebbe anche l’annuncio ufficiale di Sa’eedi, vice presidente della Agenzia Iraniana per l’Energia Atomica, secondo il quale il reattore da 40 megawatt ad acqua pesante di Arak è quasi ultimato. • Iran. 24 agosto. Un’eventuale e sempre smentita da Teheran produzione di armi nucleari renderebbe l’Iran al riparo da ritorsioni di potenze esterne come USA ed Israele –che vanta da decenni un ricco arsenale nucleare ed è in grado di annichilire le postazioni iraniane– di cui sono note le intenzioni belliche verso Teheran. Come mesi fa aveva scritto persino Sergio Romano sul Corriere della Sera, l’arma nucleare servirebbe da deterrenza contro attacchi esterni, essendo suicida un “primo colpo nucleare” contro Israele che costituirebbe un pretesto regalato per la pioggia nucleare già progettata di Tel Aviv e Washington. La politica aggressiva di Washington, a partire dalla caduta del Muro di Berlino, sarebbe la causa della (eventuale) ricerca della “deterrenza nucleare” da parte di Teheran. Del resto, il caso della Corea del Nord conferma come gli USA siano titubanti ad attaccare uno “Stato canaglia” in possesso dell’arma atomica. Un Iran nucleare sarebbe inattaccabile dai propri vicini, tenuto oltretutto conto dei vettori di cui è già in possesso: oltre agli ormai noti missili strategici Shahab in grado di colpire fino a 2.000 chilometri di distanza (2.500 con lo Shahab 4), proprio in questi giorni vengono presentati i missili tattici Saegheh, vettori terraterra da 250 chilometri di gittata. La presentazione è avvenuta durante alcune esercitazioni militari effettuate in pubblico nella provincia di Sistan-Belucistan, a circa 200 km a sud dalla capitale. Lo scorso aprile, invece, durante un’esercitazione dello stesso tipo nelle acque del Golfo Persico, era stata presentata una vasta gamma di armamenti comprendente missili a testata multipla e missili antinave torpedo a prova di radar. Adam Ereli, vice portavoce del Dipartimento di Stato USA, già il 4 aprile scorso si mostrava assai preoccupato per queste esercitazioni. • Kuwait / USA. 24 agosto. Miliardario del Kuwait compra una pagina sull’International Herald Tribune, controllato al 100% dalla New York Times company proprietaria dell’omonimo quotidiano statunitense, per rispondere a Bush che poche settimane fa –dopo il presunto attentato di Londra– aveva parlato di «lotta al fascismo islamico». A fare da cornice alla pagina a pagamento acquistata dalla multinazionale kuwaitiana Al Kharafi group vi sono una serie di immagini, particolarmente forti, che riportano le conseguenze dei bombardamenti israeliani subite dalla popolazione civile, in particolare da bambini, donne e anziani libanesi. Ad essere immortalato dall’obiettivo è tra gli altri un bambino ferito e impaurito che viene medicato, uno a cui sono state amputate entrambe le gambe. Nell’appello si scrive: «Noi concordiamo con lei e con tutte le persone dell’intero globo nel rifiuto del fascismo. Comunque, guardando le immagini delle vittime libanesi seguite ai bombardamenti israeliani dell’agosto 2006, pensiamo che c’è una contraddizione nel definire “chi merita di essere chiamato fascista”!!!» Il riferimento e l’accusa nei confronti di Israele è palese. Stupisce a Washington che a prendere posizione di questo tipo sia una multinazionale nuova a prese di posizione così nette. • Venezuela. 24 agosto. Caracas raddoppierà per il prossimo inverno la quantità di combustibile sovvenzionato destinato al riscaldamento nei quartieri poveri negli Stati Uniti. Lo ha detto Chávez in visita a Pechino. Il presidente venezuelano Chávez ha dichiarato alla stampa che la Citgo Petroleum Corp, la filiale della compagnia petrolifera statale PDVSA, «già ha ricevuto istruzioni». La Citgo ha affermato di aver venduto l’anno scorso circa 150 milioni di litri di combustibile per riscaldamento a basso prezzo, l’inverno passato, agli Stati 24 del Massachusetts, Nuova York, Maine, Rhode Island, Vermont, Connecticut, Delaware e zona di Filadelfia. «Mi piacerebbe fare lo stesso in Europa», aveva affermato Chávez lo scorso maggio a Vienna. • Russia. 25 agosto. Un esponente del ministero della Difesa russo ha annunciato che la Russia potrebbe recedere unilateralmente dal Trattato per la eliminazione dei missili intermedi e a più breve raggio (firmato tra URSS e USA nel 1987 ed entrato in vigore nel 1988). «Se ci sarà una esigenza impellente, la Russia si ritirerà unilateralmente dal trattato. Ci sono stati precedenti in questo senso, in particolare il ritiro degli USA dal trattato ABM» (trattato per la limitazione dei missili antimissili). Lo riferisce l’ageniza russa Ria-Novosti. Nel giugno 2002 gli USA avevano annunciato che si sarebbero ritirati dal trattato Abm che risale al 1972. Sottolineando che nel giro di 20-30 anni qualsiasi Paese potrebbe avere missili a raggio intermedio, il rappresentante russo ha affermato: «Mosca considera questo trattato un relitto della Guerra Fredda. Quando fu firmato solo l’URSS e gli USA possedevano questo tipo di missili». • Russia. 25 agosto. Il ministro della Difesa russo ha negato di avere ricevuto alcuna direttiva per la preparazione di una nuova dottrina militare. La precisazione del ministro Sergei Ivanov era riferita ad alcune notizie stampa secondo le quali la Russia starebbe lavorando su una nuova dottrina militare. • Iraq. 25 agosto. Mentre il capo del Comando centrale USA in Iraq, il generale John Abizaid, afferma che il “piano di sicurezza” avviato a Baghdad il 14 giugno dall’esercito iracheno con l’appoggio USA ha prodotto «importanti risultati», soldati statunitensi e forze irachene continuano a morire sotto svariati attentati, in maggioranza tramite auto-bombe. Solo ieri almeno 14 soldati USA ed iracheni, stante alle fonti ufficiali. • Salvador / Israele. 25 agosto. El Salvador trasferirà la sua ambasciata da Gerusalemme a Tel Aviv, tenendo conto «dell’attuale situazione in Medio Oriente». Lo ha reso noto il ministero degli Esteri salvadoregno. L’ambasciata del Salvador, dopo una analoga decisione presa una settimana fa dal Costa Rica, era l’ultima che rimaneva a Gerusalemme. Il 16 agosto il presidente costaricano Oscar Arias aveva motivato il trasferimento dell’ambasciata da Gerusalemme, dove si trovava dal 1982, a Tel Aviv «fino a quando si arrivi ad una decisione definitiva sullo status che avrà la città di Gerusalemme». • Venezuela. 25 agosto. Il presidente venuezelano Hugo Chávez ha invocato un tribunale internazionale per i leader israeliani responsabili della guerra in Libano. «Credo vi sia stato un genocidio» in Libano, ha dichiarato a Pechino, «gli israeliani», ha detto ancora, «hanno criticato molto Hitler e anche noi la pensiamo allo stesso modo. Ma hanno fatto qualcosa di simile o forse peggio, chi lo sa, di quanto fecero i nazisti». • Venezuela / Cina. 25 agosto. Chávez a Pechino per una sei giorni di incontri e trattative con il proprio omologo Hu Jintao. Mentre la Cina continua a cercare ulteriori contratti di fornitura energetica anche oltre l’area mediorientale e del Mar Caspio, il Venezuela di Hugo Chávez, alla sua quarta visita nella capitale cinese, cerca appoggio politico per ottenere il seggio non permanente al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Hu Jintao ha promesso a Chávez un forte sostegno alla canditatura presso le Nazioni Unite in sostituzione, dal 2007, dell’Argentina. Avversario, il Guatemala, spalleggiato dagli USA. • Venezuela / Cina. 25 agosto. Diversi gli accordi in campo politico, economico, sociale e tecnologico che ha in mente Chávez con la Cina. Il presidente venezuelano ha avuto sempre 25 particolare attenzione nei riguardi del governo cinese che incontrò, per la prima volta, già nel 1999 subito dopo la sua trionfale elezione presidenziale del dicembre 1998. Finora nei primi colloqui le due parti hanno firmato un accordo per lo sfruttamento da parte della società di stato cinese Cnpc (China national petroleum corp.) del giacimento del campo petrolifero di Zumano ed, in collaborazione con la Pdsva (la compagnia di bandiera venezuelana), di altri giacimenti nella regione di Orinoco. Ma Hugo Chávez vuole che la Cina sostituisca le quote di esportazioni venezuelane verso gli USA che assorbono – attualmente– la maggior parte della produzione del paese latinoamericano (due milioni di barili al giorno). Il progetto è quello di triplicare le vendite verso la Cina: un milione di barili al giorno a partire dalla prossima decade dagli attuali 150 mila. Hugo Chávez è anche pronto a fare sconti ai cinesi di tre dollari al barile per compensare i maggiori costi di un trasporto molto più lungo (4 giorni). • Venezuela / Cina. 25 agosto. La Cina cresce ad un ritmo frenetico ed ha sempre più bisogno di risorse energetiche; inoltre Pechino ha enormi riserve monetarie che –proprio recentemente– ha iniziato ad investire in America latina. Viceversa il Venezuela può contare sul peso che ha aquisito quale quarto produttore mondiale di greggio. E tenta di utilizzare gli introiti petroliferi per finanziare progetti di sviluppo sociale interno, imporre una nuova linea di politica internazionale (soprattutto, verso gli USA) e accelerare il processo d’integrazione dell’America latina. • Francia / Afghanistan. 26 agosto. Due militari francesi sono morti dopo un’imboscata nell’est dell’Afghanistan. L’attacco si è verificato nella provincia orientale di Laghman, a circa 38 chilometri dalla capitale provinciale Mihtarlam. Altri due uomini sono rimasti feriti. • USA / Israele. 26 agosto. Cluster bomb. Inchiesta USA sulle bombe a grappolo: Washington le fornisce a Tel Aviv con il vincolo di usarle solo contro «eserciti regolari». Invece hanno colpito i civili. Ora, dopo i rapporti-denuncia di ONU e ONG, il Dipartimento USA si vede costretto a dare il via ad un valzer dell’ipocrisia e quindi indaga per verificare se Israele, durante la sua campagna in Libano, ha fatto un uso troppo ampio delle cluster bomb da loro fornite. Le cluster bomb sono quelle che quando esplodono a terra «liberano» dal loro interno centinaia di bombette che si dipartono in tutte le direzioni finché non esplodono a loro volta. Molti dei mille e più libanesi che durante la rappresaglia israeliana hanno perso la vita sono morti grazie alle cluster bomb e gli oltre 4mila rimasti feriti sono in gran parte civili. L’accordo fra Stati Uniti e Israele in merito alle cluster bomb risale agli anni Settanta, quando queste munizioni micidiali furono create per ammazzare i vietcong (e chiunque altro) nascosti nella vegetazione vietnamita, e immediatamente fornite anche agli israeliani. • Timor Est. 26 agosto. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato l’invio di una nuova missione a Timor est, il cui mandato iniziale sarà di sei mesi. La nuova forza sostituirà l’attuale piccolo contingente ONU e comprenderà 1.500 agenti di polizia e 35 ufficiali militari di collegamento. Sul posto rimarrà la forza a guida australiana giunta tre mesi fa. • Somalia. 26 agosto. «L’Etiopia è l’Israele del Corno d’Africa e non lasceremo che s’intrometta». Lo ha detto uno dei capi delle Corti islamiche, lo sceicco Hassan Dahir Aweys, tornando su uno dei temi più scottanti per il futuro delle trattative di pace con il Governo Federale di Transizione (TFG), con sede –oramai unica– a Baidoa: la presenza di truppe etiopiche in Somalia. Aweys ha ribadito il rischio di una «guerra su larga scala», in caso di mancato ritiro delle truppe mandate da Addis Abeba a difendere il debole TFG. «Noi 26 ribadiamo che l’intervento etiopico in Somalia non sarà mai accettato», ha detto ancora Aweys, uno degli intransigenti all’interno delle Corti. L’avvertimento è arrivato mentre le milizie islamiche delle Corti stavano avanzando verso nord, in direzione della regione di Mugud, nella Somalia centrale. Andare così a nord, per gli islamisti, equivale a mostrare i muscoli ad un altro attore importante sullo scenario somalo: la regione semiautonoma del Puntland, da cui peraltro proviene il presidente del TFG, Abdullahi Yusuf. Ora il Puntland è presieduto da Mohamud “Adde” Muse, uomo vicino a Yusuf e alleato del governo etiopico, con cui fa affari (parte del traffico merci marittimo verso l’Etiopia passa infatti dal porto di Bosaso). • Ciad. 27 agosto. Il Presidente Idriss Deby ha ordinato alle compagnie petrolifere straniere di lasciare il Paese, perchè si sarebbero «rifiutate di pagare le tasse». Destinatarie di questo provvedimento sono i giganti mondiali ChevronTexaco, USA, e la Petronas, compagnia della Malesia, che insieme estraevano il 60% delle risorse di idrocarburi del paese. • Iran. 27 agosto. Ahmadinejad inaugura un impianto per la produzione di acqua pesante. A cinque giorni dalla scadenza dell’ultimatum, fissato dal Consiglio di Sicurezza per la sospensione dei programmi per il trattamento di combustibili nucleari, in Iran viene ufficialmente inaugurato un impianto per la produzione di acqua pesante. Questa verrà utilizzata nel ciclo di produzione di plutonio nel vicino reattore nucleare in via di costruzione, la cui inaugurazione è prevista per il 2009. Il sito, costruito dal 1998 e in grado di produrre fino a 16 tonnellate di acqua pesante l’anno, è stato inaugurato da Ahmadinejad, dal capo dell’Agenzia atomica iraniana, Gholam Reza Aghazadeh, e dal suo vice, Mohammad Saeedi, che ha definito l’impianto «uno dei maggiori progetti nel settore nucleare» dell’Iran. Il presidente iraniano ha puntualizzato che il suo paese non abbandonerà il programma nucleare e che il progetto non è una minaccia, nemmeno per il «nemico» Israele. «Non siamo una minaccia per nessuno (…) nessuno parla di voler produrre armi nucleari». • Iran. 27 marzo. Esercitazioni militari nel Golfo Persico, dove l’esercito iraniano ha testato un nuovo tipo di missile sottomarino. Le manovre militari, ha dichiarato il portavoce del comando, Admiral Habib Sayyari, si avviano oggi ad una seconda fase che comprende anche l’utilizzo di mezzi subacquei nel mare di Oman. • Palestina. 27 agosto. Sono 202 i palestinesi uccisi dai soldati israeliani nella Striscia di Gaza dall’inizio dell’operazione “pioggia d’estate”, lanciata dopo il rapimento del soldato Gilad Shalit il 25 giugno. Fra le vittime vi sono 44 bambini. Lo riferisce un rapporto dell’ufficio dell’ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari nei territori. Il testo precisa che le forze aree israeliane hanno condotto 247 raid sulla Striscia e che sono stati distrutti 120 edifici e danneggiati altri 160. • Israele. 27 agosto. Il deputato laburista israeliano Ephraim Sneh ha affermato che Tel Aviv deve essere «preparato militarmente» per affrontare la «nuova minaccia». Sneh, il cui partito partecipa alla coalizione al potere, considera l’annuncio iraniano un «altro passo verso la costruzione di una bomba nucleare. Israele deve tirarne le conseguenze e prepararsi militarmente». • Euskal Herria. 28 agosto. La maggioranza dei baschi interrogati da un sondaggio si è detta pronta a votare a favore dell’indipendenza in un ipotetico referendum. Secondo l’inchiesta a cura del governo regionale, pubblicata dalle agenzie di stampa, il 38% dei cittadini 27 voterebbe infatti SI ad una domanda sull’indipendenza, mentre solo il 31% direbbe NO e il 13% si asterrebbe. Il 19% non ha risposto. • Pakistan / Belucistan. 28 agosto. Coprifuoco a Quetta, capitale della provincia del Belucistan, dopo la morte, a opera dell’esercito pachistano, del leader indipendentista beluco Nawab Akbar Bugti. Bugti è stato ucciso, assieme a due nipoti e altri trentasei compagni, durante un attacco missilistico lanciato dall’esercito contro gli indipendentisti. Aveva ottanta anni, e si era di recente appellato alle Nazioni Unite per «fermare il genocidio in atto» nella travagliata regione al confine tra il Pakistan e l’Afghanistan. Da dicembre a oggi sono morte in Belucistan diecimila persone, in maggioranza donne e bambini, e ci sono circa 250mila profughi, costretti ad abbandonare le loro case a causa dei bombardamenti dell’esercito pachistano. Sono state mostrate fotografie da cui si deduce, secondo gli esperti, che la popolazione civile è stata bombardata con il Sarin, il gas usato nell’attacco alla metropolitana di Tokyo di qualche anno fa. • Pakistan / Belucistan. 28 agosto. Il Belucistan è ricco di gas naturale (a Sui si trova l’impianto che fornisce quasi tutta l’energia del Pakistan), di petrolio, rame, oro, uranio e altri metalli pregiati: peccato che la popolazione locale sia esclusa da tutta questa ricchezza, che va a finire quasi tutta nelle tasche della classe dirigente di Islamabad. Pur essendo in teoria la regione più ricca del Pakistan, il Belucistan è lo stato con il maggior tasso di analfabetismo, il più alto tasso di disoccupazione e la maggior percentuale di persone che vive sotto la soglia di povertà di tutto il Paese. Non è strano, quindi, che i beluci si siano più volte ribellati nel corso degli anni. E non è strano neanche che adesso il governo, per sedare una rivolta locale, abbia mandato circa 36mila soldati, carri armati, missili e bombardieri. In Belucistan si trovano infatti anche tre siti nucleari e sei impianti per la costruzione di missili. Inoltre, Musharraf ha promesso agli USA una base permanente nei pressi di Dalbandin e Pashni, a 180 km dal porto di Gwadar, per consentire a Washington quella “profondità strategica” necessaria a contrastare il forte coinvolgimento della Cina nel porto. La morte di Bugti rischia di innescare una spirale di violenza ancora peggiore. • Giordania. 28 agosto. La Camera bassa del Parlamento giordano ha approvato ieri una controversa “legge anti-terrorismo”, che permette alle forze armate di mantenere “sospetti terroristi” sotto stretta sorveglianza e detenerli senza un mandato giudiziario. Gli oppositori della legge denunciano la violazione delle libertà individuali e paventano abusi dei diritti umani. Il governo ha proposto questa legge l’anno scorso nelle settimane successive a un attentato, attribuito ad Al-Qaeda, che uccise 60 persone e ne ferì un centinaio. La legge deve ancora essere approvata dalla Camera alta, composta da esponenti fedeli al regime. La Giordania sarebbe il primo paese mediorientale ad adottare “leggi anti-terrorismo”. • Iraq. 28 agosto. I pochi militari USA incriminati finora di omicidi di civili iracheni sono rimasti in genere impuniti. Lo scrive oggi il Washington Post dopo un esame dei casi finora andati in giudizio. Nonostante il numero dei civili iracheni uccisi a opera di marines sia stato stimato da esperti nell’ordine delle migliaia, solo 39 soldati sono stati formalmente accusati per la morte di 20 iracheni dal 2003 all’inizio del 2006. Ventisei di questi soldati sono stati incriminati per omicidio, omicidio colposo o omicidio preterintenzionale, ma solo 12 hanno passato qualche tempo in prigione per il reato del quale sono stati giudicati colpevoli. • Georgia / Ossezia. 29 agosto. L’Ossezia del Sud deciderà con un referendum per l’autodeterminazione da tenersi a fine anno se rendersi indipendente da Tbilisi. Lo ha annunciato a RIA Novosti l’autoproclamato presidente della repubblica osseta, Eduard Kokoity. L’Ossezia del Sud ha dichiarato la sua indipendenza dalla Georgia dopo la caduta 28 dell’URSS nel 1991, però non è riconosciuta internazionalmente. Il governo georgiano di Mikhail Saakashvili intende invece recuperare il controllo delle “regioni ribelle” ossete e dell’Abkhazia. «Non ho dubbi che potremo celebrare un referendum prima della fine dell’anno», ha affermato Kokoity in un’intervista, ricordando che già una si tenne nel 1992. «Si sono dette molte cose ultimamente, ad esempio che l’indipendenza riflette i desideri del presidente dell’Ossezia del Sud e del suo circondario», ha dichiarato. «Vogliamo confermare i risultati del referendum del 1992 e chiederlo alla popolazione georgiana residente nel nostro paese», ha aggiunto Kokoity. Nuove carte d’identità, che permetteranno ai georgiani residenti nella regione di convertirsi in cittadini osseti, sono distribuite dal 15 di agosto. • Georgia / Ossezia. 29 agosto. L’iniziativa della leadership sud-osseta di indire un referendum sull’indipendenza dalla Georgia «è una grave provocazione che distruggerà il processo di pace». Così il governo georgiano ha commentato ieri sera la notizia che le autorità dell’autoproclamata repubblica dell’Ossezia del Sud (separatasi dalla Georgia dopo la guerra del 1992-93) sta preparando una consultazione popolare riguardo al proprio status. • Pakistan / Belucistan. 29 agosto. Un’esplosione ha gravemente danneggiato, la scorsa notte, un oledotto nei pressi della città di Qalat, in Belucistan. Si sospetta che gli autori dell’attacco siano gli indipendentisti beluci, da tre giorni in rivolta a seguito della morte del loro leader storico, Nawab Akbar Khan Bugti, ucciso sabato dall’esercito pachistano: gli studenti sono scesi nelle strade, sfidando il coprifuoco imposto dal regime, e cercando di dare alle fiamme diversi edifici governativi. • Israele / Palestina. 29 agosto. Gaza si sta trasformando, per armi e arsenali militari, in un nuovo Libano sud. È questo l’avvertimento lanciato dal capo dello Shin Bet, il servizio segreto interno. In un intervento alla commissione parlamentare per gli affari esteri e la difesa, Diskin ha messo in guardia in particolare da importanti traffici illeciti di armi in corso dal Sinai egiziano verso la striscia di Gaza. «Eccetto carri armati ed aerei da combattimento, i palestinesi contrabbandano di tutto», ha sintetizzato un parlamentare dopo l’intervento. • Messico. 29 agosto. Il Tribunale Elettorale del Messico conferma la vittoria alle presidenziali del candidato del PAN Felipe Calderón. Il tribunale ha riscontrato irregolarità nel voto, irregolarità che hanno portato all’annullamento di 237mila voti. Secondo le motivazioni della decisione formulate dai magistrati Eloy Fuentes Cerca e Alejandro Luna, queste non sono però tali da modificare «sostanzialmente» il risultato finale delle elezioni. Felipe Calderon ha vinto con solo lo 0.58% di vantaggio sul suo avversario. Dopo essersi espresso sui 375 ricorsi per irregolarità nell’elezione presidenziale del Messico, il Tribunale Elettorale del Potere Giudiziario della Federazione sta analizzando il cosiddetto “ricorso madre”. I magistrati dovranno decidere prima del 6 settembre se l’attivismo e gli stanziamenti clientelari di fondi del presidente Vicente Fox hanno avuto influenza in campagna elettorale e squilibrato la contesa, come denuncia l’opposizione del PRD capeggiata da López Obrador, che ha parlato di «violazione dell’ordine costituzionale e di colpo di Stato». • Italia. 30 agosto. Elogi USA al servilismo italiota. L’Herald Tribune scrive che «in un momento critico l’Italia sta dimostrando di essere un ponte tra USA e UE più efficace della Gran Bretagna di Blair». In un editoriale intitolato «L’Italia moderna rivendica un posto in serie A», il quotidiano USA elogia il «nuovo corso» della politica estera di Roma e presta particolare attenzione al varo della missione italiana in Libano tanto da aprire la prima 29 pagina con una foto del premier Prodi e del ministro della Difesa Parisi che salutano i militari in partenza. • Sudan. 30 agosto. Migliaia di contestatori hanno marciato fino alla sede dell’ONU a Khartoum scandendo slogan contro «l’Occidente colonialista» e l’invio di un contingente ONU in Darfur. «Non ci piegheremo agli USA», gridavano i manifestanti, che non accettano la risoluzione ONU sostenuta in particolare da Stati Uniti e Gran Bretagna. «Il Darfur è una parte del Sudan e noi siamo in grado di difenderlo da soli», ha dichiarato Ibrahim Ghandur, leader della Federazione dei lavoratori. • Sudafrica. 30 agosto. I sudafricani non potranno più svolgere mansioni da mercenari. Il Parlamento sudafricano ha votato ieri una legge che intende farla finita con l’attività mercenaria nel paese. Lo riferisce l’agenzia di notizie dell’ONU, Irin. Tra 2mila e 4mila sudafricani agiscono in Iraq come mercenari, e a Washington si teme che la legge li obblighi a ritornare. • Palestina. 30 agosto. Continuano le mattanze israeliane a Gaza. Solo negli ultimi due mesi di attacchi israeliani sono stati 225 i palestinesi uccisi, tra cui 62 bimbi, e 900 feriti. Lo comunica il ministero della Sanità. Israele ha intensificato nella Striscia di Gaza i bombardamenti su militanti politici e popolazione dal 28 giugno scorso, in risposta al rapimento del caporale Gilad Shalit, tuttora nelle mani delle milizie di Hamas. Solo ieri sono morti nove palestinesi. 17.000 residenti rimangono senza elettricità né acqua da quando è iniziata l’aggressione sionista. • Siria. 30 agosto. I paesi aggrediti da Israele hanno «diritto a lottare e a resistere». Lo ha detto il ministro siriano dell’Informazione, Mohsen Bilal. • Siria. 30 agosto. Un gruppo armato, fino ad ora sconosciuto, ha annunciato di voler catturare militari israeliani per scambiarli con sedici prigionieri siriani, detenuti nelle carceri di Israele. La milizia avrebbe base sulle alture del Golan, la parte di territorio siriano ancora occupata da Israele. La minaccia è giunta alle agenzie stampa di Damasco via fax e il gruppo si firma “Uomini della Resistenza Siriana”. Il comunicato indica anche i nomi dei prigionieri che vorrebbero liberati. • Siria. 30 agosto. «L’attuale meccanismo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU non ci trasmette ottimismo. Può causare più caos e distruzione nel mondo e portarlo più lontano dalla pace». Così il presidente siriano Assad. • Israele. 30 agosto. Cresce la presenza dei coloni sionisti. Il ministero israeliano degli Interni ha informato che nel primo semestre di quest’anno è aumentato a 7mila il numero dei coloni in più di 150 colonie in Cisgiordania. Dal 2004, secondo statistiche riprodotte ieri dal quotidiano Maariv, il numero dei coloni è salito a 260.042, un 7,5% in più. • Israele. 30 agosto. Un bambino su 4 è povero. Il numero è salito nel 2005 a 768 mila, circa 50mila in più rispetto al 2004. Lo riferisce un rapporto della Previdenza sociale. Complessivamente i poveri in Israele sono 1,6 milioni su 7 milioni di abitanti. Ad aggravare le condizioni, spiega il quotidiano Globes, è stata la politica del governo degli ultimi anni in cui è stata operata una riduzione degli assegni mensili di sostegno alle famiglie numerose. Globes rileva che questi dati sono particolarmente allarmanti alla luce della guerra con Hezbollah, in seguito alla quale le forze armate israeliane hanno chiesto al ministero delle 30 finanze una aggiunta di diversi miliardi di dollari al bilancio per il biennio 2007-8, per ammodernare e rafforzare l’esercito. In queste condizioni, avverte il giornale, le necessità degli strati sociali israeliani inferiori rischiano di essere ancora una volta ignorate. • Israele. 30 agosto. Il governo israeliano nomina il capo dell’aviazione, generale Elyezer Shkedy, come responsabile dei preparativi per una possibile guerra con l’Iran. È un segnale di Tel Aviv per raid autonomi contro le installazioni nucleari iraniane Lo riferisce il britannico Sunday Telegraph. Il presidente iraniano Ahmadinejad ha avvertito che il regime islamico è pronto a usare «ogni mezzo» per difendersi da eventuali aggressioni. Intanto, conscio del ruolo determinante che ha l’Iran nel garantire che le forze francesi dispiegate nel Libano del Sud non vengano attaccate dal fuoco di Hezbollah, il ministro degli Esteri francese Douste-Blazy ha affermato ieri che la Francia è pronta a tornare al tavolo delle trattative con Teheran. Pure l’Egitto, privo di rapporti diplomatici con l’Iran, si è messo in moto per scongiurare un attacco militare contro Teheran. Secondo la stampa egiziana il governo di Mubarak si è calato nel ruolo di mediatore ed invita Washington a percorrere la strada del negoziato. • Sri Lanka. 30 agosto. Centinaia di morti in due giorni di combattimento. Gli scontri tra esercito e guerriglia delle Tigri di Liberazione della Patria Tamil si sono svolti a Tricomalee. Lo riferiscono fonti ufficiali. • Cuba. 30 agosto. Cuba critica Bush nel primo anniversario dell’uragano Katrina, un «disastro umano» che ha messo a nudo «l’esclusione sociale» che impera negli Stati Uniti. «Quel che alcune persone voglio chiamare disastro naturale deve essere riconosciuto come la barbarie dell’esclusione sociale. Qui né la Natura né Dio hanno cospirato, ma il liberismo economico e l’abbandono sociale», scriveva ieri il quotidiano Granma. • Messico. 30 agosto. López Obrador invita a creare un governo «parallelo» in Messico. Andrés Manuel López Obrador ha respinto ieri il responso del massimo Tribunale Elettorale messicano per la sottomissione dei giudici a «un gruppo di privilegiati e di estremisti della destra di Felipe Calderon». Per questo motivo, ha invitato i militanti del PRD (Partito Rivoluzionario Democratico) a disconoscere la vittoria del partito di Calderon e a creare un governo «parallelo». «Non accetteremo mai che si instauri un governo illegale e illegittimo nel nostro paese», ha dichiarato. • Venezuela / Siria. 30 agosto. Chávez è a Damasco. Nel corso di una visita ufficiale, il presidente venezuelano ha ribadito una posizione ferma contro «l’imperialismo e l’egemonia proveniente dall’impero americano». Il presidente siriano Assad ha definito la visita di Chávez «storica nel vero senso della parola». L’incontro mira a «consolidare» le relazioni tra Venezuela e Siria e a coordinare prese di posizione su come far fronte alle pressioni degli Stati Uniti sui rispettivi paesi. Chávez, giunto a Damasco per una visita di tre giorni, ha chiesto a Israele di togliere il blocco navale e aereo imposto al Libano e il suo ritiro dalle terre arabe occupate, come le alture del Golan, «un furto alla luce del sole e sotto gli occhi della comunità internazionale». Il governo venezuelano è stato l’unico al mondo che, oltre alle dichiarazioni di condanna dell’attacco sionista, ha ritirato il proprio ambasciatore dal paese. Gesto elogiato in Libano e che ha fatto apparire risibile la posizione degli Stati “arabi moderati”. • Russia. 31 agosto. Un tribunale di Mosca ha condannato oggi a 19 anni di reclusione Igor Gubkin, leader del Consiglio Militare Rivoluzionario, organizzazione di estrema sinistra che 31 chiede la restaurazione del regime sovietico. Gubkin è stato riconosciuto colpevole di «terrorismo» e fabbricazione di esplosivi destinati contro i monumenti dedicati agli zar. • Pakistan / Belucistan. 31 agosto. L’esercito pakistano afferma di aver trovato il corpo del leader beluco Nawar Akbar Bugti nella grotta in cui si nascondeva nel Belucistan. Bugti era stato ucciso a seguito di un assalto portato dalle forze di sicurezza. Il corpo rimane intrappolato sotto un cospicuo strato di rocce e ci vorranno giorni per recuperarlo. Continuano intanto per il quarto giorno consecutivo violenti proteste per la morte di Nawab Akbar Bugti. Il bilancio in Belucistan e in altre zone del paese è di 10 morti, 45 feriti e più di 500 incarcerazioni. A Quetta, capitale del Belucistan, la polizia ha arrestato una ventina di manifestanti mentre la maggioranza degli edifici pubblici, scuole e collegi universitari rimangono chiusi. L’opposizione pachistana ha proclamato uno sciopero generale in tutto lo Stato per la morte di Bugti. • Iran. 31 agosto. L’Iran non ha sospeso il proprio programma di arricchimento dell’uranio. La constatazione, ufficiale, viene da Vienna, da Mohammed El Baradei, il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’energia atomica. Gli ispettori inviati sul campo, comunque, non avrebbero trovato prove di un eventuale programma atomico militare nascosto. • Iran. 31 agosto. Oggi era l’ultimo giorno utile per l’Iran per rinunciare al programma nucleare, secondo quanto disposto dalla risoluzione 1696 del Consiglio di sicurezza dell’ONU che prevede lo studio di eventuali misure contro Teheran in caso di non ottemperanza. Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad aveva già più volte dichiarato che Teheran non avrebbe mai rinunciato al proprio diritto di sfruttare l’energia nucleare a fini pacifici. L’Unione Europea e il segretario generale delle Nazioni Unite intendono avviare nuove consultazioni con Teheran. Per il 6 settembre è previsto un incontro fra il capo negoziatore iraniano Ali Larijani e l’Alto rappresentante europeo di politica estera e di difesa Javier Solana. Il 7, a Berlino, si riunirà il cosiddetto “Gruppo dei 5 più 1” (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza più la Germania) per decidere il da farsi. La possibilità di sanzioni contro la Repubblica islamica sembra per il momento remota in virtù dell’opposizione di Russia e Cina. • Colombia. 31 agosto. Pesante il bilancio degli scontri che negli ultimi due giorni hanno interessato la zona colombiana al confine con il Venezuela. Almeno 15 guerriglieri appartenenti al gruppo delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) hanno perso la vita nelle sparatorie ingaggiate con gli uomini dell’esercito regolare colombiano. • Cile. 31 agosto. La presidentessa Michelle Bachelet ha fatto sapere che il 30 agosto di ogni anno sarà il “Giorno dei detenuti scomparsi”. La giornata avrà lo scopo di ricordare tutte quelle persone che durante la dittatuta di Augusto Pinochet (1973/1990) sono state arrestate e poi sono scomparse senza fare più ritorno a casa. http://www.rivistaindipendenza.org/ 32