Ultime notizie dal mondo 1/ 31 Agosto

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Ultime notizie dal mondo 1/ 31 Agosto
Ultime notizie dal mondo
1/ 31 Agosto
http://www.rivistaindipendenza.org/
a) Italia / Afghanistan. Il centrosinistra con l’elmetto. Per la “pace” ovviamente e buttandola
comunque in caciara (9, 10 agosto). Mentre si tagliano le spese sociali, i soldi (14 agosto)
saltano sempre fuori quando bisogna obbedire a Washington che non fa mancare gli
‘apprezzamenti’ (cfr. 30 agosto).
b) Israele / Palestina. La mattanza quotidiana di palestinesi prosegue nell’impunità più
assoluta. Gli ultimi dati al 27 agosto. Ora Tel Aviv telefona pure prima di bombardarti la
casa (10 agosto). Ammazzano e sequestrano (7, 19 agosto). E avvelenano (8 agosto).
Comunque Israele le competenze repressive sul campo le ha acquisite e ne fa merce
d’esportazione (cfr. Israele / Bolivia 5 agosto). Se dici qualcosa ci pensa Olmert a
ricordare –giustamente, va riconosciuto– il Kosovo (7 agosto). Purché si badi ai destinatari.
A latere, un siparietto sulle cluster bomb a USA / Israele 26 agosto. E intanto Tel Aviv
guarda alla guerra contro l’Iran (27, 30 agosto) anche con l’aiuto della Germania (23
agosto). Gaza, per alcuni, può diventare con varianti come il Libano con le polemiche in
merito che crescono (19 agosto). Intanto il colonialismo aumenta e la povertà in Israele
pure (30 agosto). Sul fronte politico palestinese la situazione pare destinata ad
aggiustamenti (9, 10 agosto). Piccoli gesti simpatici dal Venezuela (5, 9, 14 agosto) e dal
Salvador (25 agosto).
c) Russia / Algeria (5 agosto) significativo per la questione energetica con interessamenti
anche da queste parti. Russia / Ucraina (23 agosto) con specifico su Kiev al 3 agosto.
Tra l’altro:
Iran (1, 4, 13, 15, 16, 23, 24, 27, 31 agosto)
Iraq (20, 25, 28 agosto)
Sudafrica (30 agosto)
Venezuela (12, 24, 25, 30 agosto)
Giappone / USA (9 agosto)
Kuwait / USA (24 agosto)
Messico (10, 16, 22, 29, 30 agosto)
Cecenia (13, 24 agosto)
Russia / Tagikistan (15 agosto)
Abkhazia / Georgia (8 agosto)
Georgia / Ossezia (29 agosto)
Spagna / Euskal Herria (18, 28 agosto)
Corsica (6 agosto)
Somalia (9, 21, 26 agosto)
Pakistan (13, 15, 28, 29, 31 agosto)
Gran Bretagna (13, 18 agosto)
Libano (30 agosto)
Timor est / Australia (16, 26 agosto)
Haiti (15 agosto)
Turchia / Kurdistan (15, 23 agosto)
Francia / Afghanistan (26 agosto)
Sri Lanka (5, 14, 30 agosto)
Nepal (5, 9 agosto)
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Gran Bretagna. 1 agosto. L’invisibilità è possibile in un futuro non troppo lontano. Lo dice
una ricerca pubblicata sul New Journal of Physics. Il dottor Ulf Leonhardt, un fisico della St.
Andrews University, in Scozia, ritiene che l’esempio più calzante e attuabile sia quello della
Donna Invisibile, uno dei super-eroi dei “Fantastici Quattro”. «Nel fumetto la donna riesce a
controllare la luce che la circonda usando un campo di forza. Questo può essere messo in
pratica», ha detto in un’intervista alla Reuters Leonhardt. L’invisibilità è un’illusione ottica
che ci fa credere che un oggetto o una persona non sia presente. Nella ricerca pubblicata nel
New Journal of Physics, Leonhardt descrive i mezzi fisici e teorici che permetterebbero di
creare l’invisibilità. È un saggio che segue uno studio pubblicato dalla rivista Science.
«Quello che la Donna Invisibile fa è modificare lo spazio attorno a sé per flettere la luce»,
ha detto, affermando che è la luce riflessa attorno alla persona o all’oggetto che ci permette
di vederli. Sebbene questi espedienti siano ancora fermi alla fase teorica, Leonhardt ha detto
che gli scienziati stanno facendo progressi nei meta-materiali, materiali artificiali con
proprietà atipiche usati per produrre dispositivi atti a deviare le onde elettromagnetiche
emesse dai radar o quelle prodotte dai cellulari e che andrebbero usati per rendere invisibili
oggetti o persone. «È improbabile che la dimostrazione valida per i radar valga molto
presto anche per il campo visuale. Ci vorrà del tempo ma non è così lontano come si
crede», ha detto Leonhardt.
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Serbia / Kosovo. 1 agosto. Kostunica dice che la Serbia non rinuncerà mai al Kosovo. Il
primo ministro serbo, Vojislav Kostunica, ha affermato che Belgrado non riconoscerà mai
l’indipendenza del Kosovo anche se questo significasse perdere l’opportunità di entrare a far
parte dell’Unione Europea. «Alcune parti della comunità internazionale condizionano la
nostra integrazione nella UE alla consegna del Kosovo», ha detto Kostunica al quotidiano
locale Danas. «Questo è impossibile; a nessun paese è stato mai chiesto di cedere una parte
del proprio territorio per ottenere di essere membro della UE», ha aggiunto. Kostunica ha
fatto queste dichiarazioni nel pieno delle negoziazioni sul futuro dell’enclave, convergendo
con l’appello pubblico dell’esponente del Partito Radicale Serbo all’opposizione, Tomislav
Nikolic, a «difendere il Kosovo con le armi».
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Afghanistan. 1 agosto. La NATO ha rilevato ieri le truppe statunitensi nel sud del paese.
Finora le truppe NATO erano dispiegate in zone relativamente sicure, come Kabul ed il nord
e l’ovest del paese, ma un maggior impegno era stato chiesto ed ottenuto da Washington. Le
truppe USA mantengono il controllo dell’est del paese.
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Iran. 1 agosto 2006. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU «non ha alcun
valore». Lo ha detto il presidente del parlamento iraniano Gholam Ali Hadad Adel, citato
dall’agenzia Isna, in riferimento alla risoluzione che dà all’Iran un mese di tempo per
sospendere le operazioni di arricchimento dell’uranio e la costruzione di un reattore nucleare
in grado di produrre plutonio. Rispetto al documento originale, la risoluzione è un testo
meno severo per le insistenze di Cina e Russia. È stata approvata con 14 voti a favore e uno
contrario: il Qatar, rappresentante dei Paesi arabi, ritiene che il periodo di tempo da
concedere a Teheran dovrebbe essere maggiore. In caso di mancato adempimento a Teheran
verrebbero applicate sanzioni economiche, ma –e qui la differenza sostanziale rispetto alle
versioni precedenti– solo dopo che il Consiglio si riunisca di nuovo per discutere la
questione; inoltre, ogni sospensione da parte iraniana andrebbe verificata dagli esperti
dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ai quali spetterebbe il compito di
informare il Consiglio.
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Iran / Venezuela. 1 agosto. Chávez e Ahmadinejad sottolineano la complementarietà
finanziaria e tecnologica dei loro Paesi nell’incontro a Teheran di due giorni fa. Ad esempio,
l’Iran non possiede, malgrado la ricchezza di idrocarburi, tecnologie adatte a massimizzare
le rendite in questo settore, soprattutto per ciò che riguarda le attività di raffinazione del
prodotto grezzo, tanto da essere costretto a importare benzina. Su 70 milioni di litri di
carburante bruciati ogni giorno, 30 devono essere importati. Il Venezuela potrebbe essere in
grado di fornire tali tecnologie. La collaborazione petrolifera tra i due Paesi è in atto anche
sullo sfruttamento delle enormi risorse di greggio ancora in gran parte inutilizzate della zona
dell’Orinoco (Venezuela). Sin dallo scorso anno la Pdvsa (società petrolifera di Stato del
Paese caraibico) ha costituito joint ventures con le omologhe iraniane per l’estrazione in
loco del greggio presente. L’ampia liquidità iraniana potrebbe essere molto utile anche per il
finanziamento del progetto del grandioso gasdotto con cui Chávez vorrebbe fornire gas
naturale a Brasile, Argentina e Uruguay. Analoghe considerazioni sulla tecnologia nucleare
a scopi civili. Alla fine dello scorso anno, Chávez sostenne che il suo Paese, in vista di un
possibile esaurimento delle scorte di idrocarburi, avrebbe voluto sviluppare energia nucleare
per finalità civili. L’Iran è riuscito a completare il procedimento di arricchimento
dell’uranio, primo passo verso lo sfruttamento a fini energetici dell’atomo, mentre il Paese
latino-americano dispone solo di elevate quantità di uranio che potrebbero però essere
utilizzate da entrambi i Paesi per le loro necessità nucleari.
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USA / Russia / Bielorussia. 1 agosto. Washington contro l’unione Russia-Bielorussia.
L’ambasciatore USA a Minsk, George Krol, ha dichiarato nei giorni scorsi che gli Stati
Uniti non riconoscerebbero un’eventuale unificazione tra Russia e Bielorussia perché le
elezioni ed i referendum a Minsk sono «non democratici». In base a quanto riportato da
Interfax, Krol, a colloquio con giornalisti nella capitale bielorussa, ha affermato che a
Washington c’è preoccupazione per un’eventuale unione tra Mosca e Minsk.
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Somalia. 2 agosto. Perde altri pezzi il governo ad interim somalo sostenuto da Stati Uniti ed
Etiopia. Altri otto ministri hanno presentato ieri le dimissioni dopo che il primo ministro Ali
Mohamed Gedi ha annunciato che, su sua richiesta, sono stati rinviati di 15 giorni i colloqui
di pace con gli integralisti delle Corti islamiche che controllano Mogadiscio e gran parte del
paese. In mattinata altri quattro membri del governo (un ministro e tre segretari di Stato)
avevano annunciato le proprie dimissioni. La settimana scorsa era stata la volta di altri 18
alti esponenti a lasciare il governo. «Non avevamo altra scelta in quanto riteniamo che se i
negoziati vengono rinviati un’altra volta mineranno gli sforzi di riconciliazione», ha detto
alla Reuters il ministro della pesca Hassan Abshir Farah, uno dei dimissionari.
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Colombia. 2 agosto. Solidarietà all’«eroica lotta dei popoli palestinese e libanese» contro
Israele. Così scrivono in un comunicato, dalle montagne della Colombia, le FARC-EP
(Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia – Esercito Popolare), la più consistente
guerriglia attiva nel paese. Nello scritto vengono altresì inviati saluti alla resistenza irachena
e afgana «nelle fertili terre del Tigri e dell’Eufrate... e sulle dure ed indomite terre afgane».
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Ucraina. 3 agosto. Rivoluzione arancione, addio. Il presidente filo-occidentale Viktor
Yushenko, esponente di quella rivoluzione scoppiata nel 2004 in nome di più democrazia e
più economia di mercato, è sceso a patti con il suo acerrimo avversario, il filo-russo Viktor
Yanukovic, che ha nominato oggi primo ministro. La decisione ha fatto seguito alla firma tra
le forze politiche rappresentate in Parlamento (meno il partito arancione di Yulia
Timoshenko) di un “Documento universale di unità nazionale” (27 punti), fortissimamente
voluto da Yushenko a conferma delle «immutate» scelte strategiche dell’Ucraina in politica
interna e estera. In base all’accordo, il governo entrante manterrà una politica pro3
occidentale (ingresso nell’Unione Europea e nell’Organizzazione Mondiale del
Commercio), mentre l’incorporazione nella NATO sarà decisa tramite referendum. Il testo,
che dichiara tra l’altro l’ucraino lingua ufficiale del paese, anche se non in esclusività, è
stato sottoscritto dal partito del presidente, Nostra Ucrania, il Partito delle Regioni, di
Yanukovic, i socialisti e i comunisti. «Un atto di capitolazione politica», ha detto Yulia
Timoshenko, il cui partito è stato l’unico a non firmare. Alla strana alleanza tra i due Viktor,
che si sono sfidati alle presidenziali dell’autunno 2004 (vinte da Yushenko dopo le
oceaniche proteste del popolo arancione contro i brogli a favore di Yanukovic, uomo di
Mosca e “delfino” di un opaco regime post-sovietico), si è arrivati al termine di quattro mesi
di estenuanti tira-e-molla negoziali e di colpi di scena. Nelle prime settimane dopo le
elezioni legislative del 26 marzo si era profilata una maggioranza parlamentare tra i due
partiti arancioni (quello di Yushenko e l’altro della Timoshenko) e l’alleato di minoranza
Aleksander Moroz, leader del Partito socialista, ma per una questione di poltrone promesse e
non concesse questi ultimi si sono alla fine alleati con Yanukovic (leader del Partito delle
Regioni, portavoce dell’industrializzato est russofono) e con i comunisti. Questa coalizione
ha ora 240 deputati su 450.
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Ucraina. 3 agosto. La nomina del filo-russo Viktor Yanukovic a primo ministro è ben vista
dai centri economici ucraini. Volodymyr Fesenko, analista del centro di studi politici Penta,
di Kiev, segnala che il Partito delle Regioni guidato da Yanukovic conta nelle sue fila
uomini d’affari importanti. «Il Partito delle Regioni è interessato alle riforme strutturali e
allo sviluppo dell’economia, specialmente quella siderurgica, l’industria chimica e la
costruzione di macchinari che concentrano gli interessi degli imprenditori di Donetsk»,
feudo filo-russo nell’est del paese. Fesenko sostiene che gli anni 2002-2004, sotto il
mandato di Yanukovic, sono stati marcati da privatizzazioni «opache» di imprese a uomini
d’affari vicini al potere. Per Igor Bourakovski, dell’Istituto Ucraino di Studi Economici, la
Rada (il Parlamento) dovrebbe adottare nel minor tempo possibile le leggi necessarie per
l’adesione del paese all’Organizzazione Mondiale del Commercio perché, oltre ad essere
una priorità del presidente, serve gli interessi degli «oligarchi» del Partito delle Regioni, che
esportano buona parte della loro produzione verso i mercati internazionali. In ogni caso, tutti
concordano nel rilevare che con Yanukovic al governo, il paese si troverà, sulla carta, in una
buona posizione per negoziare con la Russia sulle condizioni del prezzo del gas russo.
Questo significherà anche l’aumento dell’influenza russa nel paese.
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Cecenia. 4 agosto. Muoiono cinque soldati russi per un attentato dinamitardo. È accaduto
ieri a Gudermes, seconda città della Cecenia e feudo di Ramzan Kadirov, uomo forte di
Mosca nella repubblica indipendentista. I soldati facevano parte del battaglione Sever,
integrato da ex paramilitari leali a Kadirov. In Inguscezia, altri due poliziotti russi sono stati
uccisi.
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Iran / USA. 4 agosto. Aziende indiane e russe nel mirino delle sanzioni USA. Oggi
Washington ha annunciato sanzioni verso 7 aziende straniere che hanno venduto all’Iran
materiale colpito da restrizioni secondo la sua “Iran Non Proliferation Act”, legge approvata
dagli USA nel 2000. Si tratta, tra le altre, di aziende russe e indiane. Nuova Delhi ha
protestato perché le sue aziende chimiche Balaji Amines Ltd e Prachi Poly Products non
hanno violato nessuna legge vendendo alcuni prodotti all’Iran. Mosca ha condannato come
infondate e illegali le sanzioni.
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Cuba. 4 agosto. «Pronti a difenderci». L’industria militare cubana sta attuando un
programma di modernizzazione del suo armamento per potenziare la sua capacità difensiva
ed aumentare le sue possibilità combattive. Lo riporta l’edizione di ieri del quotidiano
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Granma. I prototipi hanno costi «di gran lunga minori» che se fossero acquistati all’estero.
Granma ricorda che Cuba ha una concezione difensiva denominata “Guerra di tutto il
popolo” basata sulla disponibilità a combattere dei cittadini, che hanno mezzi e luoghi per
farlo insieme alle truppe regolari, se il paese venisse invaso. Il quotidiano riporta stralci di
un discorso di Raúl Castro di due mesi fa nel quale diceva che «come cubani siamo
consapevoli che senza lo sforzo sostenuto dal nostro popolo per consolidare la capacità
difensiva del paese, da tempo avremmo cessato di esistere come nazione indipendente».
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Russia / Algeria. 5 agosto. Accordo di cartello sul gas. Il colosso russo del gas Gazprom,
emanazione del ministero della Energia della Federazione Russa, e l’equivalente azienda
statale algerina, Sonatrach, hanno firmato ieri un’intesa su estrazione, produzione e
distribuzione del gas in Algeria, Russia e Paesi terzi. Praticamente tutto ciò di cui c’è
bisogno per portare gas e petrolio dal giacimento alle case dei consumatori. Gazprom e
Sonatrach sono, rispettivamente, il primo e il secondo esportatore di gas in Europa. In
pratica il vecchio continente compra gas quasi esclusivamente da queste due aziende che dal
5 agosto hanno ufficializzato, tra le righe del memorandum, l’intenzione di non farsi alcuna
concorrenza per diversi anni, puntando al contrario su strategie comuni non solo in Europa
ma nel mondo intero. L’operazione potrebbe rendere inutile la futura liberalizzazione del
mercato del gas in Europa che, sulla carta, prevede che tutti i protagonisti del mercato del
gas in Europa potranno avere libero accesso alle pipeline e dovranno poter usufruire delle
stesse condizioni di partenza, il che si traduce in un obbligo per le multinazionali
energetiche di recedere da eventuali posizioni dominanti già acquisite. Secondo l’ex
ministro dell’Industria italiano Alberto Clò: «Con l’accordo Gazprom-Sonetrach si è chiusa
la tenaglia dei rifornimenti energetici per l’Italia e l’Europa».
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Russia / Algeria. 5 agosto. Su scala globale, è chiaro il disegno industriale che sta dietro
l’accordo di ieri sul gas tra Gazprom (Russia) e Sonatrach (Algeria): entrare in nuovi
mercati, senza perdere le posizioni conquistate in mercati maturi e consolidati come
l’Europa. L’accordo russo-algerino non fa altro che congelare il mercato del gas in Europa,
per permettere ai due Paesi di concentrare i propri sforzi in mercati in cui ancora non sono
massicciamente presenti: Cina, India e Stati Uniti, questi ultimi da sempre grandi
consumatori di petrolio, che recentemente hanno mostrato interesse per il gas naturale.
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Sri Lanka. 5 agosto. La tregua del febbraio 2002 è ormai un ricordo. L’ultima disputa tra
Colombo e le Tigri Tamil è scoppiata per il controllo delle risorse idriche nella zona di
Muttur, dove da qualche giorno si confrontano l’esercito e le milizie del Liberation Tigers of
Tamil Eelam (Ltte). La spiegazione ufficiale degli scontri, che sta producendo decine di
morti e feriti, è la contesa per il controllo del canale di Maavilaru, vicino a Trincomalee,
sulla costa est. I Tamil hanno abbassato una chiusa privando dell’acqua circa 8mila
agricoltori e provocando l’intervento dell’esercito di Colombo. Diversa la spiegazione dei
guerriglieri Tamil, secondo cui (www.tamilnet.com) la questione del canale è solo un
pretesto utilizzato ad arte dall’esercito per passare all’offensiva. L’abbassamento della
chiusa, spiegano, non è che una forma di protesta verso il governo per il mancato
miglioramento del sistema idrico. In realtà, non si tratta che di un altro capitolo della guerra
tra comunità Tamil e Colombo, che sta crescendo di intensità giorno dopo giorno. Secondo
una fonte anonima citata dalla BBC, lo stop alle irrigazioni potrebbe colpire gli agricoltori di
etnia cingalese, facendo perdere loro i raccolti, mentre i contadini musulmani e quelli Tamil
se la caverebbero per aver seminato con un po’ di anticipo. La diplomazia norvegese sta
cercando di salvare la Missione di monitoraggio della tregua che, seppur violata di fatto,
potrebbe prolungarsi almeno formalmente. La questione non è semplice: il 31 luglio scorso
il leader politico delle Tigri Tamil nella regione orientale ha dichiarato la tregua nulla,
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almeno per il momento. In seguito alla dichiarazione dei Tamil, Danimarca, Finlandia e
Svezia hanno ritirato i loro rappresentanti riducendo a meno della metà il numero degli
osservatori internazionali. I quali, a partire soprattutto dall’aprile scorso, hanno assistito
pressoché impotenti alla costante violazione della tregua.
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Israele / Bolivia. 5 agosto. I servizi segreti di Tel Aviv istruirono le forze di polizie
boliviane prima e durante la crisi dell’ottobre 2003. Nei durissimi scontri fra civili ed
esercito decine i morti e centinaia i feriti. Lo scrive il giornale di Cochabamba Los Tiempos
e lo rilancia Radio Lachiwana in collaborazione con GlobalProject. I compensi per questi
«specialisti della repressione» furono pagati con fondi pubblici dalla Banca centrale di
Bolivia. Lo ha dichiarato la settimana scorsa l’ex direttore amministrativo del ministero di
governo, Filiberto Ugalde (stretto collaboratore dell’allora ministro Kukoc) al magistrato
Milton Mendoza, che sta indagando sulla sospetta uscita di 13 milioni di bolivianos (circa 1
milione di euro) dalle casse della banca proprio durante i giorni dell’ottobre nero boliviano,
dal 12 al 14 ottobre 2003.
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Israele / Bolivia. 5 agosto. I membri dell’intelligence israeliana entrarono in Bolivia già nel
settembre del 2003, e vi rimasero più di un mese allo scopo di preparare l’esercito e le forze
di polizia a una guerriglia urbana già messa in preventivo. Non si trattò quindi di incidenti di
piazza, ma di una strage preparata e costruita scientemente. La situazione nel paese di fatto
si era fatta sempre più tesa da quando a Warisata, a pochi chilometri da La Paz, l’esercito
aveva forzato un blocco di associazioni civili che protestavano contro la privatizzazione
degli idrocarburi annunciata dal presidente Sanchez de Lozada. Cinque i morti. La
privatizzazione, indirizzata prevalentemente all’esportazione del carburante a prezzi irrisori
rispetto a quelli di mercato (circa il 30% in meno), trovò la ferma opposizione dei
movimenti civili che si battevano contro la svendita delle risorse nazionali, come la
Coordenadora del agua de Cochabamba, protagonista della precedente rivolta del febbraio
2003. Nelle giornate di ottobre la tensione sfociò in una rivolta che coinvolse tutto il popolo
boliviano e che, nonostante le istruzioni di impronta ed esperienza israeliana, riuscì a
rovesciare il governo di Lozada costringendolo alla fuga negli Stati Uniti (dove è tutt’ora, in
inutile attesa di essere estradato). Non è la prima volta che viene alla luce il coinvolgimento
dell’intelligence israeliana in episodi di repressione in Sudamerica. Come spiegano a
Global, qualcosa di simile avvenne in Colombia dove nell’89 la prima struttura paramilitare
agli ordini dei narcotrafficanti del cartello di Cali era addestrato da Yair Klein, lo stesso
istruttore militare israeliano coinvolto nelle stragi di Sabra e Chatila (Libano) dell’82.
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Nepal. 5 agosto. Il governo nepalese sta studiando la possibilità di ripartire tra i contadini le
terre del re Gyanendra. Lo riferisce oggi l’emittente Al Jazeera. Secondo le leggi del paese, i
nepalesi non possono essere proprietari di più di sette ettari di terra e, secondo calcoli del
governo, Gyanendra ne avrebbe circa 1.700.
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Venezuela / Israele. 5 agosto. Ritirato l’ambasciatore. Il presidente venezuelano Hugo
Chávez ha condannato le operazioni militari israeliani su Libano e Palestina («genocidio», le
ha definite), come un’offensiva imperialistica e ingiustificata sostenuta dagli Stati Uniti nel
suo tentativo di controllare le risorse energetiche della regione. «Provoca indignazione
vedere come Israele continui ad aggredire e a fare a pezzi (...), con l’appoggio degli Stati
Uniti, tanta gente innocente, bambini, donne», ha detto. Giovedì l’esponente della
rivoluzione bolivariana aveva dichiarato di aver chiesto il ritiro dell’ambasciatore
venezuelano a Tel Aviv in segno di protesta per gli attacchi militari israeliani. In
un’intervista alla televisione araba Al-Jazeera rilasciata durante una visita a Doha, il
presidente del Venezuela ha comparato lo stile delle operazioni militari israeliane e
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l’uccisione di civili innocenti alle azioni di Hitler e ha descritto gli Stati Uniti come un
«Dracula assetato di sangue e petrolio». Sentiamo che l’offensiva israeliana contro
palestinesi e israeliani minaccia anche noi, ha aggiunto Chávez.
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Corsica. 6 agosto. «Se ci uniamo con bretoni, baschi, guyani, polinesiani, possiamo pesare
tra 150mila e 200mila voti, il che potrebbe fare la differenza al secondo turno delle
presidenziali (primavera 2007, ndr)», senza escludere la presentazione di un candidato
comune al primo turno. Lo ha detto François Sargentini, uno dei responsabili di Corsica
Nazione Indipendente alle Ghjurnate Internaziunale (4, 5, 6 agosto) di Corti, capitale storica
dell’indipendentismo corso. Presenti le delegazioni basca, occitana, catalana, bretone e
quelle provenienti da Guyana, Martinika e Polinesia. Tutte Nazioni senza Stato sotto
amministrazione dello Stato francese. I rappresentanti del partito indipendentista della
Polinesia, creato quasi trent’anni fa da Oscar Temaru e al governo dal 2004, hanno
partecipato per la prima volta a queste Ghjurnate. Approvata ieri una dichiarazione
congiunta in cinque punti nella quale si rivendicano il «riconoscimento dei propri diritti
culturali e linguistici, oltre al diritto di autodeterminazione e alla messa in atto di un
processo di decolonizzazione». Uno dei membri della delegazione basca, Joseba Alvarez, di
Batasuna, ha spiegato che, nonostante le differenti problematiche di ciascuna nazione sotto
dominio francese, si è deciso di unire le forze per aumentare la pressione su Parigi.
All’incontro internazionale hanno partecipato anche delegazioni di Sardigna Natzione e iRS
(Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna). Altro tema forte delle Ghjurnate Internaziunale
quello della «lotta contro la speculazione immobiliare». Gli indipendentisti vogliono che sia
adottata una regolamentazione che limiti le possibilità d’acquisto di beni sull’isola per chi
non è originario e non vi risiede.
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Bolivia. 6 agosto. Si insedia l’Assemblea Costituente. Celebrando l’avvenimento a Sucre,
nel giorno dell’indipendenza nazionale, il presidente boliviano Evo Morales ha detto che «è
giunto il grande giorno di decolonizzare il diritto per nazionalizzare la giustizia. Non
parliamo di una semplice riforma costituzionale, stiamo parlando di rifondare la Bolivia».
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Israele / Palestina. 7 agosto. Israele sequestra un altro dirigente palestinese. Ieri è stata la
volta del presidente del Parlamento palestinese e membro di Hamas, Abdel Aziz Duaik.
Sette ministri e decine di parlamentari continuano a permanere nelle carceri israeliane.
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Israele. 7 agosto. Olmert nega all’Europa il diritto di criticare Israele. Il primo ministro
israeliano, Ehud Olmert, ha negato ai dirigenti degli Stati europei diritto alcuno a
rimproverare Israele per le vittime civili nella sua aggressione al Libano. «I paesi europei
attaccarono il Kosovo ed uccisero 10mila civili, e nessuno di loro ebbe poi a lamentarsi di
alcun bombardamento», ha detto Olmert.
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Abkhazia / Georgia. 8 agosto. Il ministro della Difesa georgiano, Irakli Okruashvili, ha
dichiarato oggi che il suo paese è disposto a consentire il monitoraggio della Gola di Kodori,
in Abkazia, ma solo da parte dei caschi blu della missione ONU Unomig, con una minima
presenza di truppe russe e senza l’impiego di elicotteri di Mosca. Okruashvili ha ribadito che
la Georgia insisterà a chiedere, in cambio, un’ispezione dell’ONU nella base russa di
Gudauta, sempre in Abkazia. La tensione tra governo e indipendentisti abkhazi rimane alta.
Oggi Tbilisi ha denunciato la morte di due georgiani, uccisi da miliziani abkhazi. Notizia
smentita dalle autorità dell’auto proclamata repubblica di Abkhazia, resasi indipendente da
Tbilisi dopo la guerra del 1992-93.
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Palestina. 8 agosto. Busta avvelenata per l’ANP. Haniyeh: «i servizi segreti di Israele
hanno cercato di uccidermi». Così il primo ministro palestinese (Hamas), Haniyeh, dopo
che a Ramallah alcuni membri (sei) dei servizi di sicurezza palestinesi erano svenuti in
seguito alla apertura di una busta misteriosa, a lui indirizzata e spedita da Tel Aviv, da cui si
è sprigionato un odore pungente. Fra i dirigenti di Hamas il pensiero è andato subito al
1997, quando ad Amman il leader di Hamas, Khaled Meshal, fu vittima di un attentato del
Mossad, il servizio di spionaggio israeliano. Allora si fece ricorso a un tipo sofisticato di
veleno, instillato in un orecchio. Il giorno dopo Meshal fu ricoverato in ospedale per una
crisi cardiaca e fu salvato in extremis da un antidoto. Tutto questo segue l’arresto da parte di
Israele di diversi ministri di Hamas e, ancora di recente, del presidente del parlamento Abdel
Aziz Dweik, ora ricoverato dopo essere stato picchiato in carcere.
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Italia / Afghanistan. 9 agosto. «Italiani al sud», giallo a Kabul. L’annuncio del ministro
della difesa afghano sull’invio delle forze italiane nel turbolento Afghanistan meridionale ha
suscitato reazioni in Italia, e la smentita dell’omologo italiano Parisi non ha lasciato
soddisfatti. La missione nel sud dell’Afghanistan è quella che dal 31 luglio ha portato i
militari ISAF a fronteggiare la resistenza afgana sostituendo le truppe USA di Enduring
freedom da piazzare per altri scenari di guerra. Al momento di rifinanziare la missione
ISAF, la “sinistra radicale” aveva ricevuto rassicurazioni che gli italiani non avrebbero
partecipato ai combattimenti nel sud del paese. I chiarimenti di Parisi ed del generale Coi
Fabrizio Castagnetti non tranquillizzano. Il ministro della Difesa Arturo Parisi ha pure
aggiunto: «qualora dovessero determinarsi situazioni straordinarie che richiedessero
l’intervento fuori area, esse dovrebbero essere sottoposte caso per caso dal comando ISAF
al governo italiano nella persona del ministro della Difesa». «Se il comandante di ISAF
vorrà chiedere il nostro intervento nel sud dell’Afghanistan dovrà chiedercelo e avremo 72
ore di tempo per rispondere». Ha poi puntualizzato Castagnetti: sarà il governo Prodi a
decidere, senza nessuna verifica parlamentare. Così in caso di «estreme operazioni», i
militari italiani possono essere inviati dove occorre, senza aspettare alcun benestare. In
Parlamento, la “mozione di indirizzo” agganciata al rifinanziamento e approvata alla
Camera impegnava il governo a valutare la «prospettiva di superamento della missione
Enduring Freedom»: nei fatti, è già stata sostituita dall’ISAF a guida NATO, che
appositamente ha «rafforzato» le regole di ingaggio per i militari.
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Italia / Afghanistan. 9 agosto. I servizi segreti alzano il livello d’allarme: la guerriglia
afghana si sta “irachizzando”. Espandere al sud del paese la sovranità del governo di Hamid
Karzai con la missione ISAF autorizzata dall’ONU e condotta dalla NATO –attraverso la
presenza di militari stranieri e dei Gruppi di ricostruzione provinciali (PRT) in sostituzione
delle truppe USA della missione Enduring Freedom– comporterà una recrudescenza
dell’attività della guerriglia. Il teatro operativo che troveranno le truppe italiane a sud e ad
est del paese è estremamente ostile, fatto di deserti e montagne quasi inaccessibili, dove
vivono popolazioni pashtun che hanno sempre combattuto le aggressioni straniere sulle loro
terre. Nel sud, la stampa britannica riferisce dell’ostilità della popolazione della provincia di
Helmand verso gli «invasori» britannici, appena insediatisi nell’area. Anche nelle aree piu
“tranquille” della capitale Kabul e della città di Herat, nel quale opera attualmente il
contingente italiano, la situazione rischia di precipitare. L’azione suicida e l’impiego di
ordigni improvvisati attivati a distanza indicano –secondo i servizi– «la progressiva
irachizzazione del teatro afghano». A Kabul, la minaccia di attentati suicidi contro
ambasciate straniere, rappresentanze estere, check point ed istituzioni governative, così
come il rischio di rapimento di cittadini stranieri, è valutato «significativo».
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Italia / Afghanistan. 9 agosto. Sono circa 1.700 i militari italiani presenti tra Kabul (968)
ed Herat (710), nell’ambito della missione ISAF della NATO. Si tratta di un numero che
oscilla continuamente. Intanto, per l’Afghanistan, il Parlamento ha autorizzato la
partecipazione di 1.938 militari. All’aeroporto di Kabul, inoltre, sono schierati 3 elicotteri
dell’Aeronautica AB-212 ed un team del 9° Stormo di Grazzanise. A Herat, nell’ovest
dell’Afghanistan, l’Italia gestisce un PRT, quei Team di ricostruzione provinciali (composti
da militari e civili) attraverso cui la NATO punta ad espandere la sua presenza in tutto
l’Afghanistan.
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Somalia. 9 agosto. Il movimento delle Corti islamiche, che a giugno ha conquistato
Mogadiscio e alcune parti strategiche del sud del paese, ha preso possesso di una cittadina
vicina al confine con l’Etiopia e ha dichiarato che i suoi guerriglieri stanno marciando verso
una roccaforte del governo, rendendo più concreta la possibilità di nuovi scontri con
l’amministrazione provvisoria. I militanti islamici hanno affermato di aver attaccato e preso
il controllo di Baladwayne, sede dell’amministrazione regionale nominata dal governo,
costringendo il governatore e i commissari locali a fuggire verso l’Etiopia. I guerriglieri
islamici avevano già conquistato Baladwayne in giugno, ma si erano poi ritirati. Le milizie
starebbero anche avanzando verso Galkaayo, cittadina a circa 750 km a nord della capitale e
confinante con lo Stato semi-autonomo del Puntland, patria del presidente del governo ad
interim Abdullahi Yusuf. I militanti islamici si oppongono al governo ad interim, di stanza
nella città di Baidoa, che ha l’appoggio delle potenze occidentali ma non ha praticamente
nessun controllo sul territorio del Corno d’Africa dove vivono 10 milioni di persone.
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Nepal. 9 agosto. Maoisti-Stato, rottura sfiorata: tutti terranno le armi. I guerriglieri maoisti e
i negoziatori di Kathmandu hanno superato l’empasse che da giorni minacciava la rottura
del negoziato (e la ripresa della sanguinosa guerra civile conclusa mesi fa con la cacciata del
re). Il dirigente maoista Prachanda e il vecchio primo ministro Koirala hanno reso noto i
termini dell’accordo raggiunto: i guerriglieri staranno in caserme loro assegnate, i soldati in
altre, l’ONU monitorerà entrambi. Tutti terranno le proprie armi. Per il governo nepalese è il
primo vero passo in vista dell’elezione di un’assemblea costituente. I maoisti avevano
comunicato che non avrebbero consegnato le armi prima delle elezioni.
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Nepal. 9 agosto. I maoisti vogliono la repubblica. Tra il governo ad interim del Nepal e il
Partito maoista nepalese, la formazione politico-militare che per dieci anni ha combattuto la
monarchia di Kathmandu, si discute del futuro della monarchia. Il processo politico
innescato dalla «rivoluzione» di aprile, le manifestazioni popolari che hanno costretto re
Gyanendra a reinstaurare il parlamento (sciolto nel 2002) e a farsi da parte saranno seguiti
ora da elezioni generali per eleggere un’assemblea costituente che scriverà una nuova
costituzione democratica per il Nepal, paese di 24 milioni di abitanti (di cui il 40% sotto la
soglia di povertà). Per il vice capo del partito maoista, Baburam Bhattarai, ora il processo è
«in una fase delicata», e potrebbe fallire se il governo ad interim «insisterà a difendere la
monarchia». Qualche giorno fa il primo ministro ad interim, l’anziano Girija Prasad Koirala
(Partito del Congresso) aveva dichiarato che al re bisogna dare uno «spazio» nel sistema
politico nepalese. Koirala vede per la monarchia un ruolo «cerimoniale» e finora il
parlamento negli ultimi due mesi si è mosso in questo senso: tolti al re i poteri politici,
eliminata la simbologia reale dalla vita politica. Ha anche formalmente dichiarato il Nepal
uno Stato laico (era l’unico regno hindu al mondo). Il futuro della monarchia era stato
affrontato già lo scorso autunno, ben prima della rivolta, quando i maoisti e la coalizione dei
7 partiti avevano già avuto colloqui politici e annunciato un accordo, nel novembre 2005,
che dichiarava il comune obiettivo di mettere fine alla «monarchia autocratica». Già allora
il dirigente maoista, Prachanda, aveva detto che sulla monarchia si sarebbe rispettata la
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decisione dei nepalesi, purché questi avessero la possibilità di esprimersi in un’assemblea
costituente. Intanto, dopo la rivolta di aprile, l’idea di una repubblica ha guadagnato favore
tra i nepalesi e anche tra le forze politiche parlamentari.
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Turchia / Israele. 9 agosto. Ankara annulla l’accordo –da cinquecento milioni di dollari–
con Tel Aviv per l’ammodernamento di alcuni dei caccia a disposizione delle sue forze
armate. È uno degli effetti dell’aggressione sionista al Libano. La notizia è riportata dal
quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, il quale precisa che le aziende israeliane temono
che anche altri Paesi possano adottare simili decisioni, con ripercussioni gravi sull’economia
di Tel Aviv. «I turchi sono vecchi clienti», ha commentato un militare israeliano, che ha
preferito mantenere l’anonimato; «è davvero un brutto segno». Il governo turco è uno dei
più importanti partner d’affari militari di Israele. La cooperazione tra i due paesi, in campo
militare, risale ormai a dieci anni fa. Nel 1997 i due Paesi hanno siglato un accordo per
l’ammodernamento di 54 velivoli Phantom turchi per circa un miliardo di dollari. La
trattativa, del valore di 500 milioni di dollari, costituiva la seconda parte di quell’accordo
avviato nel 1997 per altri 50 Phantom. Secondo il sito Ynet, Ankara starebbe adesso già
valutando l’ipotesi di acquistare nuovi F-16 dagli Stati Uniti.
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Palestina. 9 agosto. «È probabile che Hamas e Al-Fatah (il partito di Abu Mazen, ndr)
decidano nelle prossime settimane di dare vita a quel governo di unità nazionale che
sembrava cosa fatta prima del blitz che ha portato alla cattura del soldato israeliano. Non
credo che esistano altre possibilità per poter superare l’isolamento internazionale e ridurre
al minimo i contrasti tra le due principali forze palestinesi». Lo ha affermato l’ex ministro
della pianificazione Ghassan Khatib. Scettico è però l’analista Mustafa Abu Sway, del
dipartimento di islamistica dell’università Al-Quds. «È inutile farsi illusioni. Olmert
continuerà a boicottare l’ANP anche senza Hamas e lo stesso Abu Mazen perché il suo
obiettivo è quello di impedire la riapertura di un negoziato con i palestinesi sul futuro di
questa terra».
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Giappone / USA. 9 agosto. A Nagasaki il sindaco Itcho Ito ha indicato gli Stati Uniti come
fattore di sgretolamento degli accordi per la non proliferazione nucleare. La città giapponese
che fu bersaglio del secondo bombardamento nucleare della storia, nonostante gli anni
trascorsi, non cancella indignazione e paura. Nell’anniversario dell’attacco aereo USA che
costrinse il Giappone alla resa nel 1945, le autorità cittadine hanno lanciato al mondo un
messaggio di pace che contiene vibranti accuse.
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Venezuela / Israele. 9 agosto. Le relazioni diplomatiche tra Venezuela e Israele sono al loro
minimo storico. Dopo che i due paesi hanno richiamato i rispettivi ambasciatori, Chávez
preannuncia la rottura completa delle relazioni diplomatiche. «Non ho alcun interesse a
mantenere relazioni diplomatiche, uffici e commercio con uno Stato come quello di Israele
che bombarda città e distrugge un intero paese, dove sono morte madri abbracciate ai loro
figli», ha dichiarato Chávez in un’intervista. Durante una visita in Qatar a fine luglio,
parlando con i giornalisti, il presidente Chávez aveva paragonato l’offensiva israeliana in
Libano alle azioni di Adolf Hitler: «ciò che fa Israele in Libano è simile agli atti di Hitler
che ha seminato morte e distruzioni nel mondo».
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Italia / Afghanistan. 10 agosto. Kabul, 600 soldati in più, missione «nuova». Le truppe
italiane aumentano e operano in una struttura integrata con chi combatte nel sud, rileva
Manlio Dinucci su il Manifesto. Il 6 agosto, la Brigata multinazionale Kabul, di cui fanno
parte le forze italiane, ha assunto la denominazione di «Regional command capital»
(Comando regionale della capitale). È questo non solo un cambio di nome ma di struttura,
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che cancella la distinzione fatta dal ministro della Difesa Parisi tra intervento nell’area di
Kabul e «fuori area». D’altronde è lo stesso ministero della difesa italiano ad affermare che
la «missione» in Afghanistan è quella di «mantenere un ambiente sicuro a Kabul e, più in
generale, in tutto l’Afghanistan». Le forze italiane fanno quindi parte di un’unica struttura
militare le cui regole d’ingaggio –ha dichiarato il generale britannico David Richards,
attuale comandante ISAF– sono «le più dure mai stabilite dalla NATO», in quanto
consentono non solo di «difendersi in maniera adeguata» ma di «intraprendere azioni
militari preventive». Lo si è visto da quando le forze NATO hanno sostituito il 31 luglio
quelle USA sul fronte meridionale: «a rastrellare i villaggi a caccia di taliban (o presunti
tali) non sono più solo soldati USA ma militari europei della NATO; a bombardare non
sono più solo aerei USA ma anche caccia NATO. Queste forze sono agli ordini del
comandante supremo alleato in Europa, il generale statunitense James Jones, che ha
nominato il generale italiano Emilio Gay “vice-comandante della stabilità”. Le forze
italiane, ovunque siano dislocate, fanno parte di questa macchina bellica e sono quindi
esposte agli attacchi della resistenza», scrive Dinucci.
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Italia / Afghanistan. 10 agosto. Non c’è quindi da stupirsi che, in una guerra che diviene
ogni giorno più dura e sanguinosa, ci sia bisogno di inviare più truppe. È quello che ha fatto
l’Italia: il numero dei militari italiani nella missione NATO/ISAF è passato da 506 nel
febbraio 2005 a 1350 nel luglio 2006. A questo punto, per neutralizzare gli oppositori al
rifinanziamento della missione, il governo Prodi ha promesso, come afferma il decreto per le
missioni all’estero, di «non modificare le regole d’ingaggio né aumentare le truppe». Ora
però il ministero della difesa annuncia che «per l’Afghanistan è autorizzata la
partecipazione di 1.938 militari italiani»: 600 in più che a luglio (senza contare i 380
impegnati in Enduring Freedom), più di quelli dislocati in Iraq (1.677). In sostanza è
cambiato tutto: sia le regole d’ingaggio che il numero di militari.
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Palestina. 10 agosto. «Una telefonata allunga la vita», recitava una pubblicità. A Gaza
rischia di complicarla. L’ultima follia israeliana: uno squillo nella notte per avvisare la
famiglia palestinese interessata pochi minuti prima di un raid dell’aviazione che sta per
abbattergli la casa. L’annuncio arriva da una voce registrata che recita: «Vi parlano le forze
di difesa israeliane, avete un’ora per lasciare la vostra casa che verrà distrutta, perché
ritenuta deposito di armi e nascondiglio di terroristi». Il panico si estende ovviamente
anche ai vicini. È l’ultima trovata dell’intelligence militare per tenere sotto pressione la
popolazione civile palestinese. Questo nuovo sistema che, secondo dichiarazioni del
portavoce militare israeliano, «salverebbe vite umane» si è rivelato nel corso dei giorni una
potentissima arma che scatena terrore e tiene in continua ansia i civili palestinesi, anche
perché, sia pur in pochi casi, è capitato che all’avvertimento non abbiano fatto seguito le
bombe. Le telefonate sono diventate migliaia, fatte in particolare a nord di Gaza, nei
quartieri orientali del capoluogo Gaza city e a Khan Yunis. Anche Raja Sourani, noto
attivista dei diritti umani, ha sentito squillare il suo telefono nel cuore della notte. «Si tratta
di una vera e propria offensiva che corre sulle linee telefoniche e terrorizza migliaia di
palestinesi che peraltro non sono coinvolti in alcun attività armata», spiega Sourani
aggiungendo che la Quarta Convenzione di Ginevra vieta alle forze israeliane di usare
queste pratiche contro i civili indifesi. Secondo la cooperante Carla Pagano, responsabile
dell’ufficio di Gaza della ONG italiana Cric, «questi messaggi scatenano il panico tra
migliaia di persone che temono di venir colpiti solo perché il loro vicino di casa potrebbe
essere un militante armato».
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Palestina. 10 agosto. Ieri, in Parlamento, il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh
(Hamas) ha aperto il dibattito sul futuro dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) dal
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momento che la domanda di scioglierla si fa sempre più insistente. «Come può funzionare
l’ANP sotto l’occupazione, i sequestri (di ministri e deputati, ndr) e gli omicidi?», ha detto
Haniyeh rivolgendosi ai deputati. «È nostro diritto domandarci se sia un bene che l’Autorità
palestinese continui a esistere», ha detto da parte sua l’ex ministro delle finanze Salam
Fayyad, secondo cui «il permanere dell’ANP assolve Israele dalla sua responsabilità di
potenza occupante».
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Messico. 10 agosto. È iniziato il controllo di quasi quattro milioni di voti su 41 (poco più
del 9% del totale), disposto dai sette giudici del Tribunale Elettorale pochi giorni fa. Il
massimo tribunale aveva infatti respinto la richiesta di un riconteggio totale dei voti che
avrebbe dato la vittoria alle destre. Le elezioni presidenziali del 2 luglio scorso sono infatti
oggetto di contestazione, per brogli, dalla coalizione di sinistra “Per il bene di tutti” guidata
da Andrés López Obrador. I primi risultati del nuovo conteggio hanno fatto emergere, ad
esempio nello Stato di Jalisco, dove Felipe Calderón del PAN (Partito di Azione Nazionale)
risultava vincente con largo margine, numerose irregolarità. Con la decisione di autorizzare
un riconteggio parziale il Tribunale Elettorale ha cercato di mostrarsi equidistante, ma in
realtà la sua posizione dimostra che non tutto, nelle consultazioni del 2 luglio, è stato così
trasparente come sostiene la versione ufficiale. Obrador ha criticato il fatto di revisionare
solo una parte minima delle schede: «per noi è molto chiaro. Se si rifiutano di aprire tutte le
urne e di contare voto per voto, è una prova clamorosa che abbiamo vinto l’elezione
presidenziale», ha affermato Obrador. Le proteste, quindi, proseguiranno. Sui 41 milioni di
voti, secondo il resoconto dell’Istituto Federale Elettorale (IFE), la vittoria conseguita
Calderón sulla lista guidata da Obrador è risultata essere dello 0.58% (243.934). Il Tribunale
Elettorale ha tempo fino al 31 agosto per risolvere le impugnazioni presentate. Quindi,
prima del 6 settembre, dovrà dichiarare la validità o meno delle elezioni.
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Messico. 10 agosto. La resistenza civile promossa dalla coalizione “Per il Bene di Tutti”
intende anche «trasformare le istituzioni nel nostro paese». Bersaglio sono diventate anche
le sedi dei più importanti istituti bancari della capitale (Banamex, Bancomer e Hsbc), i cui
accessi sono stati bloccati dai manifestanti tra le proteste dei clienti. Il motivo è il fiume di
denaro che lo Stato ha concesso ai grandi gruppi bancari durante la crisi di metà anni 90:
100 milioni di dollari prestati e in parte finiti oltre il confine. «Banamex in realtà è
l’americana Citigroup», ha detto un portavoce del partito di centrosinistra PRD. Ciò ha
acuito l’aspro confronto tra governo federale e amministrazione della capitale, guidata da
Alejandro Encinas, del PRD, Partido de la Revolución Democrática, cui appartiene lo stesso
Obrador. Alle pressioni del portavoce presidenziale perché venissero sgomberati i presidi
sorti nelle principali vie della capitale (i cosiddetti campamentos por la democracia) che
provocano code e ingorghi, Encinas ha risposto che la polizia locale non si macchierà le
mani di sangue reprimendo i sostenitori di López Obrador.
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Messico. 10 agosto. Diversi gli scenari possibili alla fine del conteggio parziale dei voti.
Uno, sempre più presente negli articoli dei commentatori politici, è quello dell’annullamento
del voto, in seguito alla scoperta di gravi irregolarità. In questo caso il nuovo Congresso, che
si installa in settembre, dovrebbe nominare un presidente ad interim con un mandato di un
anno e mezzo, incaricato di organizzare nuove elezioni. Il presidente successivo, però,
otterrebbe un mandato di soli quattro anni e mezzo, invece dei consueti sei. Il secondo
scenario è che i giudici, una volta presa conoscenza del risultato dello spoglio parziale,
decidano per un riconteggio totale delle schede, estendendo il processo ai 41 milioni di voti
emessi il 2 luglio, come chiede il movimento per la trasparenza. Esiste un’altra possibilità,
anche se più remota: nel caso che dal conteggio parziale uscissero modifiche significative
dei conteggi «ufficiali», il tribunale ha la facoltà –apparentemente inappellabile– di
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dichiarare vincitore uno dei due contendenti. In attesa del verdetto finale, il movimento che
sostiene Lopez Obrador –e che non si limita ai militanti del Partido de la Revolución
Democrática, di centro-sinistra, ma include cittadini senza partito e semplici elettori– sta
chiamando a decentrare le azioni di resistenza civile, perché coinvolgano anche altre città.
L’attesa generata dal conteggio delle schede, che si sta effettuando in questi giorni, ha aperto
speranze ma anche pessimismi anticipati. Un’inchiesta realizzata dal quotidiano di sinistra
La Jornada fra i suoi lettori rivela che il 56% degli intervistati crede che il tribunale
confermerà la vittoria di Calderón.
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Messico. 10 agosto. Insegnanti attaccati a Oaxaca. Un corteo di insegnanti è stato attaccato
a da un gruppo di presunti poliziotti, che dall’interno di una casa, hanno aperto il fuoco
uccidendo un manifestante e ferendone altri due. Gli attaccanti sono stati subito bloccati dai
dimostranti, che hanno anche dato fuoco all’edificio da cui erano partiti gli spari. La
manifestazione era stata indetta per chiedere la destituzione del governatore dello Stato,
Ulises Ruiz Ortiz, e notizie sui desaparecidos.
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Venezuela. 12 agosto. Il capo di Stato venezuelano Hugo Chávez ha presentato
formalmente la sua candidatura al Consejo nacional electoral per le elezioni presidenziali
del prossimo 3 dicembre. Gli antichavisti si sono riuniti intorno al nome del
socialdemocratico Rosales precisando che non sarà legittimato da nessuna elezione di base.
Manuel Rosales è il governatore dello stato di Zulia e la sua candidatura arriva dopo due
mesi di dure battaglie all’interno dello schieramento antigovernativo, una miscellanea
litigiosa e assetata di potere che riunisce i cristiano-democratici di Copei, il partito
conservatore Primero Justicia, Izquierda democratica, fino a partiti della sinistra radicale
come Movimiento al Socialismo che, nel 1992, fu tra i sostenitori dell’ascesa di Chávez.
L’accordo è stato reso possibile dalla rinuncia alla corsa presidenziale da parte del leader del
partito centrista Primero Justicia, Julio Borges, che si candida ora per la vicepresidenza.
L’altro nome forte, il giornalista ed ex ministro Teodoro Petkoff, aveva annunciato il ritiro
della propria candidatura lo scorso 4 agosto.
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Venezuela. 12 agosto. «Sono tutti appoggiati dall’impero e inquadrati nel capitalismo e nel
neoliberismo», ha detto Chávez dei suoi oppositori. Rosales, 54 anni, ha iniziato la carriera
politica nel partito Acción Democratica, rivestendo vari incarichi legislativi a livello
regionale, come deputato al parlamento regionale per 11 anni e poi sindaco di Maracaibo.
Durante la crisi che il partito socialdemocratico ha attraversato negli anni Novanta, è rimasto
equidistante dalle correnti interne a tal punto da decidere di candidarsi alla guida dello stato
di Zulia come leader di un proprio partito, Un Tiempo Nuevo. Dopo una prima sconfitta nel
1998, Rosales ha vinto nel 2000 le elezioni amministrative facendo della regione, nell’ovest
del paese, una delle ultime roccaforti dell’opposizione antichavista. A quattro mesi dalle
elezioni, i sondaggi lo segnalano come il dirigente con maggiore possibilità di affrontare
Chávez, anche se le percentuali a suo favore non arrivano al 30%. Il presidente conserva una
popolarità del 55-60% e promette, come si legge su migliaia di murales sparsi per le strade
di tutto il paese, di vincere con 10 milioni di voti.
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Gran Bretagna. 13 agosto. «L’attuale politica estera del governo aumenta il rischio di
attacchi contro i civili sia in Gran Bretagna che all’estero». Lo sottoscrivono trentotto
associazioni musulmane in una lettera pubblicata a pagamento su alcuni quotidiani
nazionali. Tra le firme anche tre dei quattro deputati musulmani che siedono alla camera dei
Comuni e tre dei quattro lords. Un brutto colpo per Blair, perché finora la posizione dei
deputati musulmani era stata sostanzialmente filogovernativa. Nella lettera (sottoscritta
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anche dalle più importanti organizzazioni musulmane, Muslim Council of Britain e Muslim
Association) si critica aspramente il governo. Tony Blair, affermano i firmatari, dovrebbe
«raddoppiare i suoi sforzi nell’affrontare il terrore e l’estremismo» partendo proprio dalla
«politica estera del governo, per mostrare al mondo intero il valore che ha per noi la vita di
ogni essere umano in qualunque paese viva e a qualunque religione appartenga. Un tale
cambiamento», conclude la lettera, «ci renderebbe tutti più sicuri». Uno dei firmatari, il
deputato Sadiq Khan, generalmente molto vicino alle posizioni di Blair, ha ieri detto che la
riluttanza del premier a criticare Israele per l’offensiva contro il Libano ha «ampliato il
bacino da cui i terroristi attingono le loro reclute. Che ci piaccia o no», ha aggiunto Khan,
«la politica estera del governo è vista come ingiusta e questo senso di ingiustizia fa il gioco
degli estremisti».
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Pakistan. 13 agosto. Islamabad, anello fragile della «guerra al terrorismo». Il presidente
pakistano Parvez Musharraf, al potere dopo un golpe del 1999, attraversa un momento
piuttosto difficile a causa degli inaspritisi rapporti con i vicini India ed Afghanistan. Da un
lato l’India ha ripreso ad accusare il Pakistan di dare riparo al «terrorismo» dando copertura
alla Lashkar-e-Taiba, gruppo islamico che combatte l’India in Kashmir accusato della strage
sui treni metropolitani di Mumbai l’11 luglio scorso e, pare, responsabile di attacchi anche a
Delhi e altrove. Dall’altro lato il governo di Hamid Karzai a Kabul accusa il Pakistan di dare
retrovie ai combattenti Taleban che agiscono in Afghanistan e riparano oltre la frontiera.
L’accusa è ripresa dalle forze occidentali. Che quei territori di frontiera siano il punto debole
del Pakistan è noto: là sono riparati dopo la disfatta sia i combattenti Taliban, che in fondo
erano gente dei clan pashtun estesi da entrambi i lati della frontiera. Là quelli si sono
riorganizzati e là vivono i principali dirigenti. Incalzato da Washington a collaborare nella
«guerra al terrorismo», il generale Musharraf ha infine dispiegato l’esercito in quei territori.
Dal 2003 ha lanciato un’offensiva dopo l’altra, perso 800 uomini, causato centinaia di
vittime civili e ha suscitato la rivolta nei clan locali senza però impedire che i Taliban
egemonizzino interi territori.
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Pakistan. 13 agosto. Perché il generale Musharraf non riesce a controllare kashmiri e
Taliban? Non solo perché in origine quei gruppi sono stati creati e usati proprio dai servizi
di intelligence pakistani, l’ISI, e molti sospettano che i ponti non siano del tutto tagliati.
Soprattutto, quei gruppi combattenti sono sostenuti dai partiti della destra religiosa
pakistana, che controllano un terzo del parlamento (cavalcando una diffusa opinione
antistatunitense) e hanno un rapporto ambiguo con il generale presidente: ne criticano
l’allineamento con gli USA, ma lo sostengono e ne sono sostenuti. La destra religiosa serve
a Musharraf per tenere fuori dal gioco politico i due principali partiti, guidati dai due ex
premier Benazir Bhutto e Nawaz Sharif. Significativo quanto detto pochi giorni fa
dall’ambasciatore USA a Islamabad, Ryan Crocker: Bhutto e Sharif dovrebbero poter
tornare in Pakistan e concorrere alle eletioni del 2007 contro Musharraf. Forse a
Washington, che finora ha sostenuto il generale –forse convinti che fosse una barriera al
fondamentalismo– si è deciso di cambiare pedine.
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Cecenia. 13 agosto. Più “autodeterminazione”, meno “Jihad”. Le recenti morti di Abdul
Sadulayev, ex mullah di Argun successore dell’ex presidente ceceno Aslan Maskhadov,
ucciso dalle forze speciali russe l’8 marzo 2005, e soprattutto del leader guerrigliero Shamil
Basayev, potranno paradossalmente rilanciare la resistenza cecena. Anche dopo la morte di
Maskhadov al Cremlino si annunciava la fine della guerra, per poi ritrovarsi a dover
fronteggiare nuovi focolai di insorgenza in Cecenia, ma anche nelle altre repubbliche del
Caucaso del nord. Proprio per le caratteristiche del movimento armato ceceno e la sua
tradizionale tendenza alla frammentazione, le due morti potrebbero addirittura proiettare la
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resistenza cecena verso un nuovo scenario. Il neo presidente dell’autoproclamata repubblica
cecena clandestina, Doku Umarov, si caratterizza diversamente dai due defunti,
paradossalmente elementi di una tensione all’interno della resistenza sfruttata dagli
oppressori russi. I continui riferimenti al Corano nei comunicati di Sadulayev, il suo passato
di ex presidente del Tribunale supremo della Sharia e la sua idea di creare una
confederazione nel Caucaso settentrionale, furono sfruttati dal Cremlino per screditarlo e
collegarlo insistentemente con il wahabismo.
•
Cecenia. 13 agosto. L’operato di Shamil Basayev, da parte sua, ha suscitato molte
perplessità tra le fila della resistenza, principalmente a partire dalla sua partecipazione alla
rivolta islamica in Daghestan che diede origine alla seconda invasione russa nel 1999. Alla
sua indubbia capacità di organizzare operazioni militari si contrappose il suo eccessivo
protagonismo che lo portò a dirigere per conto proprio le drammatiche azioni del teatro
Dubrovka a Mosca e soprattutto della scuola di Beslan, per le cui morti non bisogna
comunque rimuovere le grossissime responsabilità di Mosca. Dette azioni spaccarono il
fronte della resistenza, suscitando anche le pubbliche condanne del governo ceceno in esilio,
ed hanno alienato simpatie verso la causa cecena che, tempo fa, sebbene a voce bassa e per
strumentalizzarle a fini anti russi, Unione Europea e Stati Uniti vedevano positivamente.
Doku Umarov è un personaggio differente. Il suo passato di comandante militare nella zona
sud della repubblica cecena lo avvicina a leader come Dudayev o Maskhadov o Basayev, ma
in lui è estranea la retorica islamista.
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Cecenia. 13 agosto. Doku Umarov intende cambiare registro ponendo l’autodeterminazione
della Cecenia al primo posto e contrastando la propaganda che collega la resistenza cecena
al fondamentalismo islamico di al Qaeda. Un indirizzo più “nazionalista” basato sull’idea
che per i ceceni al primo posto viene «la libertà, non la Jihad». Lo scenario nordcaucasico è
cambiato notevolmente dalla Prima Guerra Cecena (1994-96). Umarov non è solo presidente
della Repubblica cecena clandestina, ma anche il leader dei musulmani sollevatisi in armi in
tutto il Nord del Caucaso, a cui ha giurato alleanza. Il Fronte Caucasico creato da
Maskhadov, rinforzato da Sadulayev e ampliato dallo stesso Umarov in tempi recenti, va
però considerato più una risorsa tattica ed uno strumento operativo per alleviare l’asfissiante
pressione militare russa che una via per creare un “Califfato del Caucaso del Nord” come
auspicava Basayev. Umarov si mostra più pragmatico e al contempo più vicino a più ampi
settori della società cecena. In Cecenia rimangono comunque in campo personalità come il
ministro dell’informazione della Repubblica Cecena Movladi Udugov, o collaboratori di
Basayev come Musa Iskiev o Supiyan Abdualev fautori di uno Stato islamico in tutto il
Caucaso settentrionale. Sarà il futuro a dire se e come, a differenza dei precedenti presidenti
ceceni, tutti assassinati dai russi, Umarov innescherà un cambio politico in un paese
sottoposto ad una brutale repressione.
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Afghanistan. 13 agosto. Tre soldati USA in Afghanistan sono stati uccisi e altri due sono
rimasti feriti in un combattimento con i taliban nella provincia nordorientale di Nooristan,
secondo quanto ha riferito una nota dell’esercito statunitense. Lo scontro è avvenuto
l’altroieri in una zona montagnosa del Waygal, precisa la nota. Dall’inizio dell’anno più di
70 soldati stranieri, per la maggior parte statunitensi, hanno perso la vita in Afghanistan.
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Iran. 13 agosto. L’Iran è «contento per l’approvazione della risoluzione 1701 e la
cessazione delle ostilità» al confine israelo-libanese, anche se ritiene il testo «non
bilanciato» perché manca una chiara condanna della «aggressione e delle atrocità del
regime sionista». Nonostante ciò, la risoluzione segna una «vittoria politica del governo
libanese» su Israele. Lo ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri, Hamid Reza
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Asefi. Dalla guerra durata un mese, ha aggiunto Asefi, «il regime sionista esce sconfitto,
mentre Hezbollah è il vincitore». Sul disarmo di Hezbollah, Teheran si mostra intransigente.
«Si tratta di una richiesta illegittima e illogica», ha affermato il portavoce del ministero
degli esteri iraniano, Hamid Reza Asefi. «Non dobbiamo dimenticare che fino a quando vi è
un’ occupazione, la resistenza continuerà», ha aggiunto. Il presidente del Parlamento,
Gholamali Haddad Adel, ha detto di ritenere «improbabile» che Israele applicherà le
disposizioni della risoluzione. Argomentazioni non dissimili sono venute anche dalla Siria.
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Italia. 14 agosto. Le operazioni militari italiane all’estero costano circa 1 miliardo di euro
ogni anno. A tanto ammonta il capitolo “missioni di pace” contenuto nell’ultima legge
finanziaria del 29 dicembre 2006. Il finanziamento delle operazioni “fuori area” è garantito
da singoli provvedimenti di legge, approvati con scadenza semestrale. L’ultimo via libera
alle 28 missioni militari, attive in 19 diversi Paesi, è arrivato il 28 luglio scorso. Il disegno di
legge, approvato in via definitiva dal Senato, ha sbloccato 488 milioni di euro, dei quali
circa 58 destinati ad interventi umanitari diretti e quasi 430 finalizzati alle operazioni
militari. Ben 30 milioni di euro destinati alle missioni all’estero arrivano direttamente da
tagli effettuati ai fondi previsti per alcuni ministeri-chiave: dal Lavoro al Viminale, dal
dicastero delle Politiche agricole al ministero dell’Ambiente.
•
Italia. 14 agosto. La missione più costosa, ma anche quella più estesa dal punto di vista
delle attività e delle risorse impiegate, è quella in Iraq. Il budget per l’operazione “Antica
Babilonia” stanziato per gli ultimi sei mesi del 2006 si assesta intorno a 163 milioni di euro.
Circa 10 milioni di meno, per le diverse missioni in corso in Afghanistan. Nell’elenco delle
voci di spesa spiccano anche i 127 milioni di euro destinati a tutte le operazioni militari e di
polizia attualmente operative nella vasta area dei Balcani. Le missioni all’estero, va rilevato,
non incidono sul bilancio della difesa, che ha un suo capitolo a parte: 12 miliardi di euro.
Uno stanziamento ritenuto insufficiente dagli stati maggiori delle Forze Armate, visto il
taglio dell’11% rispetto al 2005. Gran parte delle risorse sono destinate al pagamento e alla
gestione del personale (8 miliardi 757 milioni), mentre le spese di esercizio e di
investimento (addestramento, manutenzione, ricerca e ammodernamento dei mezzi) hanno
subìto tagli rispettivamente del 39 e 41%.
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Sri Lanka. 14 agosto. Novecento morti, dallo scorso aprile a oggi, e un numero imprecisato
di feriti. È il tragico bilancio, destinato a salire, del “conflitto a bassa intensità” in corso
nello Sri Lanka tra l’esercito governativo e gli insorgenti delle Liberation Tigers of Tamil
Eelam (Ltte) che lottano, da più di vent’anni, per ottenere l’indipendenza dei territori a nordest dell’isola. Conflitto intensificatosi nelle ultime due settimane a causa di una disputa sorta
attorno a un acquedotto che le Tigri Tamil avrebbero chiuso impedendo così alla
maggioranza cingalese di accedere all’acqua. L’esercito ha reagito bombardando le
postazioni Tamil, scatenando i combattimenti anche attorno alla città di Jaffna che è stata
più volte teatro, negli anni scorsi, delle sanguinose battaglie tra l’Ltte e l’esercito regolare. Il
cessate il fuoco, in vigore in teoria dal 2002, è diventato ormai soltanto il paravento formale
di una guerra vera e propria. Una guerra non dichiarata perché, secondo gli analisti, le parti
in causa non hanno alcun interesse attualmente a formalizzare la ripresa delle ostilità:
nessuno riuscirebbe a ottenere una vittoria definitiva, si aggraverebbero ulteriomente le
condizioni economiche di un paese che l’anno scorso ha subìto il disastro dello tsunami e
perché è in gioco l’appoggio della comunità internazionale e dei paesi donatori.
•
Venezuela. 14 agosto. Carlos Ortega evade dal carcere. Il dirigente sindacale e tre ufficiali
accusati di partecipazione nel fallito colpo di Stato dell’aprile 2002 sono fuggiti ieri dal
carcere militare di Ramo Verde, a 30 km da Caracas. Ortega fu anche a capo del lungo
16
sciopero dei lavoratori petroliferi che tra il 2002 e il 2003 cercò di far cadere il governo
Chávez, provocando al paese danni per 14mila milioni di dollari.
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Sudan. 15 agosto. «Noi siamo determinati a vincere qualsiasi forza straniera che entrerà
nel Paese, come Hezbollah ha vinto le truppe israeliane». Lo ha detto il presidente sudanese
Omar el-Beshir. Le Nazioni Unite intendono dispiegare una forza militare nella regione
occidentale del Darfur.
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Turchia / Kurdistan. 15 agosto. Due soldati turchi sono stati uccisi oggi in scontri armati
con gli indipendentisti del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, nel sud est della
Turchia. Lo ha reso noto una fonte ufficiale. Almeno 96 militanti del PKK e 66 membri
delle forze di sicurezza turche sono morti nelle violenze che si sono moltiplicate quest’anno.
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Russia / Tagikistan. 15 agosto. Esercitazioni militari russe in Tagikistan come monito
verso Washington. L’agenzia di stampa RIA Novosti ha comunicato che nella base militare
russa 201st, aperta in Tagikistan nel 2004 con un contingente di svariate migliaia, sono state
effettuate delle esercitazioni, che l’agenzia interpreta come un tentativo di risposta di Mosca
alla crescente influenza di Washington in Asia centrale. «Le unità militari addestreranno il
loro schieramento in combattimento e si organizzeranno per fronteggiare gruppi militanti
illegali provenienti da uno Stato vicino», ha dichiarato una fonte militare. Fino al 18 agosto,
circa duemila soldati si produrranno in una marcia di 200km tra deserto e montagna ed in
esercitazioni di sparo con veicoli, artiglieria, missili e batterie corazzate, aerei ed elicotteri
da combattimento.
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Pakistan. 15 agosto. Islamabad manterrà il «suo appoggio politico» agli abitanti del
Kashmir. Il primo ministro pakistano Shaukat Aziz ha chiesto, nel corso di una cerimonia
per il 59° anniversario dell’indipendenza del Pakistan, che la disputa del Kashmir sia risolta
in accordo con i desideri degli abitanti. «I loro desideri ed aspirazioni non possono essere
ignorati», ha dichiarato. «Il Pakistan proseguirà nel suo sostegno politico, diplomatico e
morale finché essi ottengano i loro diritti».
•
Iran. 15 agosto. L’autorevole religioso iraniano Ahmad Khatami ha affermato che qualora
l’Iran fosse attaccato da Stati Uniti e Israele, lancerà missili su Tel Aviv. «I missili (con una
gittata, ndr) di 70 km di Hezbollah hanno trasformato Israele in un Paese di fantasmi (...) Se
essi (USA ed Israele, ndr) vogliono aggredire l’Iran, devono avere paura del giorno in cui i
nostri missili da 2.000 km (gli Shahab-3) colpiranno il cuore di Tel Aviv», ha detto Khatami.
«Bush ed Olmert devono sapere che giocare con l’Islam è come giocare con la coda del
leone», ha aggiunto. Gli iraniani intanto festeggiano la vittoria di Hezbollah in Libano.
Giovani in moto o in auto percorrono le strade di Teheran innalzando la bandiera gialla delle
milizie sciite e le autorità hanno annunciato che oggi bus e metro di Teheran sono gratuiti.
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Israele / Palestina. 15 agosto. Timore che Israele sfoghi la sua frustrazione libanese sulla
Palestina. Il governo palestinese ha espresso ieri inquietudine per la possibilità che la
Palestina paghi per il «fallimento» dell’esercito israeliano di fronte ad Hezbollah. Il governo
ha chiesto l’«attenzione internazionale per la possibilità che gli occupanti facciano a Gaza,
Nablus o Hebron quel che non hanno potuto fare a Bint Jbeil», città libanese scenario di
duri scontri che gli aggressori sionisti non sono riusciti a conquistare. L’esecutivo si è quindi
felicitato con il «Libano e la sua resistenza» per la sua «storica vittoria» di fronte ad Israele.
•
Haiti. 15 agosto. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha rinnovato il mandato della missione
delle Nazioni Unite ad Haiti per altri sei mesi. Una risoluzione dell’Argentina e adottata
17
all’unanimità dai 15 membri ha autorizzato il dispiegamento di 7.200 caschi blu (finora
erano 7.500) e di 1.951 membri di una forza di polizia internazionale (1.897). Il segretario
generale dell’ONU Kofi Annan aveva chiesto un’estensione del mandato per 12 mesi ma gli
Stati Uniti hanno insistito su sei mesi.
•
Iran. 16 agosto. Il presidente iraniano Ahmadinejad ha accusato l’ONU di essersi
«trasformato in uno strumento nelle mani di USA e Israele». Per Ahmadinejad i governi di
Stati Uniti e Gran Bretagna «devono essere processati con il regime sionista». Mentre a
Teheran e in altre città si continua a festeggiare per la «vittoria» di Hezbollah in Libano,
Ahmadinejad ha ribadito le critiche alla risoluzione 1701 e si è detto contrario al disarmo
della Resistenza libanese.
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Timor est / Australia. 16 agosto. L’interferenza australiana nella crisi di Timor Est è
sempre più evidente: documenti di politica strategica australiana del 2002 rivelano come la
regione sia considerata di vitale importanza, tanto dal punto di vista strategico-militare
(controllo delle rotte marittime delle acque profonde e controllo del rivale regionale, la Cina,
per interessi propri e anche per conto degli Stati Uniti), quanto economico (30mila milioni
di dollari le riserve di petrolio e gas naturali). Le relazioni privilegiate tra Pechino e il primo
ministro Mari Alkatiri, evidenziano come Timor Est sia la prima vittima della nuova Guerra
Fredda emergente tra Stati Uniti e Cina. Questo in sintesi quanto sostiene, su Rebelion,
Boaventura de Sousa Santos, sociologo e professore alla Facoltà di Economia
dell’Università di Coimbra (Portogallo).
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Messico. 16 agosto. Il Tribunale elettorale messicano ha ratificato la vittoria del Partito
d’Azione Nazionale nelle elezioni parlamentari. Al partito conservatore di Felipe Calderon
sono stati riconosciuti 52 seggi al Senato e 206 alla Camera bassa. Per il PRD di Manuel
Lopez Obrador, che aveva contestato il risultato denunciando brogli, spetteranno 123 seggi
nella Camera bassa e 28 al Senato. I giudici devono ora dichiarare entro il 6 settembre
l’elezione del presidente.
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Palestina. 17 agosto. Governo d’unità nazionale in vista. Si profilerebbe anche una nuova
tregua armata della resistenza palestinese. Il fine: far cessare il boicottaggio politico ed
economico internazionale che tanta sofferenza sta generando sulla popolazione. Mahmoud
Abbas (Abu Mazen) riprende i contatti con il premier Ismail Haniyeh di Hamas per un
governo aperto a tutti i gruppi, compresa la Jihad islamica, formazione che non si era
presentata alle elezioni legislative di gennaio. Il nuovo governo sarebbe formato da 25
membri, 7 di Hamas e 6 di Al Fatah, e a queste due formazioni spetterebbe, a rotazione, il
primo ministro. Un punto, quest’ultimo, su cui si discute: Hamas, che attualmente dirige il
Governo palestinese, vuole mantenere il primo ministro e rifiuta il meccanismo di rotazione.
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Palestina. 17 agosto. La formazione del Governo di unità nazionale è, secondo una fonte
anonima citata da agenzie internazionali, «essenziale» per superare la crisi nella quale è
caduta l’ANP dalla cattura del soldato israeliano Gilad Shalit, lo scorso 25 giugno, alla quale
Israele ha risposto con l’intensificazione della sua brutale offensiva militare e la chiusura
delle frontiere. Solo nella striscia di Gaza si è finora registrata la morte di 184 civili (42
bambini), più di 650 feriti e 4.000 senza tetto dopo che l’esercito italiano ne ha bombardato
le case. Non muta comunque l’indifferenza della cosiddetta comunità internazionale sulle
mattanze in Palestina.
•
Palestina. 17 agosto. Il programma dell’eventuale governo di unità nazionale si costituirà in
accordo con il cosiddetto “Documento dei prigionieri”, elaborato da dirigenti di distinte
18
organizzazioni incarcerati da Israele, e che Abu Mazen ha inteso usare per mettere pressione
ad Hamas. Il documento proclama la volontà di far nascere uno Stato palestinese nei territori
occupati nel 1967 ed il riconoscimento implicito dell’esistenza di Israele. L’atteggiamento di
Abu Mazen sembrava aver compromesso qualsiasi opzione di “grande coalizione”, ma
l’ultimo mese ha cambiato le cose. George Bush e i suoi inviati nella regione hanno
intensificato in queste settimane, le pressioni su Abu Mazen per fargli sciogliere il governo
formato da Hamas dopo le elezioni democratiche d’inizio anno. Il presidente si era però
rifiutato, insistendo sulla necessità di coinvolgere il movimento islamico in un processo di
pace. Così, dopo un colloquio a Gaza con Abu Mazen, ha dichiarato il premier Haniyeh: «Si
è deciso di cominciare le consultazioni per la formazione di questo governo (...) per
rafforzare l’unità nazionale e per rimuovere l’assedio al quale è sottoposto il popolo
palestinese e per alleviare le sue sofferenze».
•
Palestina. 17 agosto. Hamas ha comunque aggiunto che nessun Governo di unità nazionale
entrerà in carica fino a quando non siano liberati i ministri e i deputati incarcerati da Israele,
tra cui proprio il presidente del Parlamento, Aziz Dueik. Dal canto suo, Abu Mazen ha
rimarcato che l’accordo è comprensivo di un cessate-il-fuoco unilaterale contro Israele e ha
insistito sul fatto che i palestinesi si devono poter muovere e che per farlo si apra in
particolar modo il valico di Rafah con l’Egitto. La Striscia di Gaza, di cui si è tanto
enfatizzato lo sgombero delle colonie, al momento è un vero e proprio lager a cielo aperto,
sottoposto a continui bombardamenti israeliani.
•
Euskal Herria. 18 agosto. L’attitudine «repressiva è incompatibile con lo sviluppo di un
processo di negoziazione», e per questo «se continuano gli attacchi contro Euskal Herria,
ETA risponderà». Dopo quasi cinque mesi di tregua permanente, l’organizzazione
indipendentista ETA giudica il processo di pace «in una situazione di crisi evidente».
L’organizzazione armata ripercorre gli accadimenti degli ultimi mesi e sottolinea che il
governo spagnolo «si è avvalso della repressione per indebolire la sinistra abertzale
(patriottica, ndr)», tramite «continui attacchi» da parte degli «apparati dello Stato». Non
immune da questa prassi anche lo Stato francese. Nel comunicato pubblicato dal quotidiano
indipendentista Gara, ETA fa arrivare alla cittadinanza basca la sua lettura sulla «gravità»
della situazione. Punta il dito direttamente contro i socialisti baschi ed il Partito Nazionalista
Basco (PNV, al governo nel Paese basco), il cui «atteggiamento meschino» ha portato a
questa «grave situazione». PSOE e PNV, secondo ETA, «cercano di costruire un processo
di pace a misura dei loro interessi e dei loro bisogni» e così l’hanno «snaturato e svuotato
di contenuto». Anche se è la prima volta –dalla dichiarazione del cessate il fuoco
permanente dello scorso 22 marzo– che l’ETA si esprime in termini così negativi, il
comunicato non avrebbe turbato il governo di José Luis Rodriguez Zapatero. Fonti del
Ministero degli Interni ritengono che il comunicato «fa parte del processo» e dimostra
«l’impegno dell’ETA di decidere i tempi ed avere un ruolo da protagonista». Secondo fonti
della Moncloa, l’ETA sta mostrando la sua faccia più dura prima di cominciare il negoziato
con Madrid, annunciato lo scorso 29 giugno da Zapatero. Non ci sarebbe stato comunque
ancora nessun contatto tra le due parti, dicono al ministero.
•
Euskal Herria. 18 agosto. Batasuna mette in guardia sul cambio di linguaggio del PSOE
(socialisti). La formazione indipendentista illegalizzata ha sottolineato ieri che le attuali
dichiarazioni del PSOE su temi come Nafarroa, i prigionieri, la legalizzazione o gli obiettivi
del processo politico aperto in Euskal Herria non corrispondono con quanto sostenuto da
rappresentanti di questa stessa formazione nei contatti bilaterali degli ultimi anni. Dopo aver
richiamato una lista di dichiarazioni di esponenti del PSOE come José Blanco, Juan
Fernando López Aguilar ministro della Giustizia, Diego López Garrido, Rodolfo Ares,
19
•
Oscar Martínez, Javier Rojo o Ramón Jáuregui, il portavoce indipendentista, Arnaldo Otegi,
ha affermato in conferenza stampa di ritenere che l’obiettivo sia di «trasferire all’opinione
pubblica la falsa idea che ci troviamo di fronte ad un processo tecnico, di assimilazione, di
pacificazione. Un processo in definitiva senza contenuti politici». «La sinistra abertzale
(patriottica, ndr) non dice niente di differente in privato da quel che dice in pubblico», ha
aggiunto Otegi. «Per quanto ci riguarda, noi manteniamo esattamente le stesse posizioni
politiche sia in privato sia in pubblico».
Gran Bretagna / USA. 18 agosto. La politica di Bush in Medio Oriente? «Spazzatura».
Questo il giudizio del vice primo ministro britannico, John Prescott. È quanto riporta il
britannico The Independent, che parla di una riunione a Londra con deputati laburisti e
rappresentanti di circoscrizioni elettorali con forte concentrazione popolare di religione
musulmana. Imbarazzo a Downing Street. Dopo una telefonata con Tony Blair, Prescott ha
ieri smentito.
•
Palestina. 19 agosto. Arrestato vice primo ministro palestinese. Israele ha arrestato il
vicepremier palestinese Nasser a-Din el Shaer, uno dei maggiori esponenti di Hamas. Una
settimana fa era stato messo in carcere il presidente del parlamento palestinese Abdelaziz
Dweik. Prima di loro altri 28 deputati e otto ministri di Hamas sono stati imprigionati perché
appartenenti, secondo l’esercito israeliano, a «una organizzazione terroristica». Shaer, 45
anni, professore universitario padre di sei figli, è considerato il più importante esponente
dell’ala moderata di Hamas. Dirige di fatto le attività del governo in Cisgiordania in quanto
il primo ministro Ismail Haniyeh non è autorizzato da Israele a spostarsi da Gaza verso
Ramallah. Il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri ha criticato «il vergognoso silenzio della
comunità internazionale davanti ai crimini dell’occupazione». Il premier Haniyeh ha parlato
di un «tentativo di Israele di indebolire il sistema politico palestinese» e di «ricatto».
•
Israele. 19 agosto. Conto alla rovescia per il governo Olmert. Stampa e classe politica
intimano al governo a tirare le conclusioni del conflitto libanese, ed alcuni periodici si
augurano un’ondata di proteste simili a quelle seguite alla guerra del Kippur nel 1973 contro
Siria ed Egitto. Il politologo Gerald Steinberg, dell’Università di Bar-Ilan, dà addirittura
solo sei mesi di vita ad Olmert come primo ministro ed ancora meno al capo di Stato
maggiore Dan Halutz, molto criticato per la gestione del conflitto. Olmert e Peretz
cominciano frattanto a prepararsi ad una eventuale commissione d’inchiesta, sollecitando
l’assistenza di esperti e avvocati.
•
Israele. 19 agosto. Protestano i soldati israeliani. Circa 160 riservisti di Tsahal hanno
accusato i loro comandanti di aver loro impedito di partecipare ad una manifestazione contro
la guerra in Libano. Così il quotidiano Haaretz. I soldati hanno aggiunto di essere stati
utilizzati come «facili bersagli». «Sono stato nell’esercito e nella riserva per 26 anni e
quello che è successo non è stato semplicemente un fiasco, ma una completa debacle. Mi
sono sentito un soldatino di piombo in un gioco degli assistenti di Olmert e Peretz», ha
dichiarato al quotidiano un soldato.
•
Iraq. 20 agosto. «L’insorgenza ha portato gli attacchi a livelli senza precedenti. Conta su
un ancor più consistente appoggio pubblico, ha maggiore capacità numerica ed è più abile
nel portare violenza». Lo ha detto ieri al New York Times un funzionario del Pentagono. Gli
ultimi rapporti di intelligence sull’Iraq danno analoga lettura. Gli attacchi contro le forze
statunitensi ed irachene collaborazioniste sono raddoppiate da gennaio e tendono a salire
ancora. Secondo il quotidiano USA la politica del presidente Bush «è fallita». Per molti
politici iracheni, come per sempre più numerosi soldati statunitensi, «il timore peggiore... è
che gli alti funzionari ed ufficiali realmente non capiscano quello che sta succedendo»,
20
riporta Tom Lasseter, dell’ufficio di Baghdad della catena di periodici McClatchy. Secondo
Hendrik Hertzberg, analista politico della rivista The New Yorker, «il progetto
neoconservatore di un Medio Oriente democratico e amichevole (...) è peggiore di una
rovina carbonizzata; è un inferno fiammante». Per tutto questo, sette ex generali d’alto
rango hanno espresso opposizione alla politica di Bush negli ultimi mesi, includendo la
richiesta di dimissioni del capo del Pentagono, Rumsfeld.
•
Somalia. 21 agosto. Il primo ministro somalo, Ali Mohamed Ghedi, ha nominato un nuovo
gabinetto. Il precedente governo è stato sciolto due settimane fa a causa di una serie di
dimissioni, secondo quanto comunica la BBC. Il governo ad interim controlla unicamente i
dintorni di Baidoa, sede del governo. Il resto del paese è dominato al sud dal gruppo delle
Corti islamiche, mentre al nord il paese rimane in mano a diversi clan tribali. Il nuovo
gabinetto conta su 31 membri, al contrario del precedente che ne aveva 100.
•
Somalia. 21 agosto. Le Corti islamiche accusano il governo di far entrare truppe etiopi nel
paese a sua difesa. Per questo rifiutano ogni colloquio con Baidoa. Alcuni testimoni
confermano che truppe etiopi si dirigono verso Baidoa. Il governo somalo ha pure chiesto
aiuto ad un gruppo ribelle eritreo, il Fronte di Liberazione Eritreo. Il governo somalo è stato
nominato nel 2004, dopo anni di colloqui di pace in Kenia. Era composto dai diversi clan
che lottarono per il controllo del paese dopo la caduta del dittatore Siad Barre nel 1991. Gli
islamici sono divenuti l’unica autorità effettiva nel paese dall’ultimo anno.
•
USA. 22 agosto. 21 ex generali, ex diplomatici d’alto rango ed ex alte cariche della
sicurezza nazionale hanno diffuso la settimana scorsa una lettera aperta esprimendo la loro
opposizione all’uso dell’opzione militare contro l’Iran. Nel documento si legge che Bush,
descritto come uno studente povero di conoscenze storiche, dovrebbe avviare una politica di
negoziazione con i cosidetti “Stati canaglia”: Iran, Iraq e Corea del Nord. Hanno aggiunto
che la politica attuale della «linea dura» sta mettendo a rischio la sicurezza degli Stati Uniti.
Inoltre, la decisione di invadere l’Iraq, voluta dall’amministrazione Bush, è in parte
responsabile dell’accellerazione data dall’Iran allo sviluppo del suo programma.
•
Messico. 22 agosto. Nel Chiapas come a Città del Messico. Nel voto statale di domenica,
col 94% dei voti scrutinati, il candidato a governatore Coalición por el bien de todos (PRD,
PT, Convergencia ) guida con lo 0.22% (2000 voti) sulla Alianza por México (PRI e PAN).
Entrambi si proclamano vincitori. Ma a vincere è l’astensione che è stata del 56% contro il
51% del voto nazionale del 2 luglio, mostrando lo scontento degli elettori per l’attuale classe
politica ed una campagna elettorale basata su insulti, diffamazione, compravendita sfacciata
di voti. Però, in questo caso, le posizioni sono invertite: il PAN, che sta cercando di imporre
Felipe Calderón come presidente ed è accusato di brogli per l’elezione del 2 luglio, si ritrova
ora nelle veste di contestatore e invoca addirittura la vigilanza dell’esercito. Arriverà il
PAN, il partito del presidente Fox e di Felipe Calderón, a chiedere un riconteggio dei voti in
Chiapas, diritto che si ostina a negare, sul piano nazionale, ai sostenitori di Lopez Obrador?
Intanto il candidato del PRD Juan Sabines, fino a pochi mesi fa nel PRI, prima ancora di
essere proclamato governatore sta già prendendo le distanze da Lopez Obrador e si dice
disposto a collaborare con un possibile governo di Felipe Calderón.
•
Germania / Israele. 23 agosto. Berlino vende due sottomarini nucleari a Tel Aviv. Lo
scrive oggi il Jerusalem Post. I due sottomarini della classe Dolphin saranno forniti in base
a un contratto firmato il mese scorso e daranno a Israele «superiori capacità» d’attacco
nucleare. Essi si aggiungono ai tre già forniti dalla Germania negli anni ’90. Il Jerusalem
Post conferma che i due nuovi sottomarini, come i tre precedenti, saranno costruiti secondo
21
«specifiche israeliane». Oltre ai sei tubi di lancio da 533mm, adatti ai missili da crociera a
corto raggio, ne vengono aggiunti in ogni sottomarino quattro da 650 mm, da cui possono
essere lanciati missili da crociera a lungo raggio a testata nucleare, tipo il Popeye Turbo
(testato nel maggio 2000 nell’Oceano Indiano) che può colpire un obiettivo a 1.500 km.
Questi sottomarini hanno inoltre una maggiore velocità (20 nodi) e un maggiore raggio
d’azione (4.500 km) e sono più silenziosi in modo da potersi avvicinare agli obiettivi senza
essere individuati. La decisione tedesca è frutto anche della pressione di Washington. C’è da
chiedersi come possano la Germania e gli altri due «negoziatori» europei (Gran Bretagna e
Francia) apparire credibili nel chiedere all’Iran, firmatario del Trattato di non-proliferazione
nucleare (TNP), di non costruire armi nucleari (che peraltro Teheran afferma di non voler
fare) mentre Israele, unica potenza nucleare in Medio Oriente, non ha mai firmato il TNP e
continua indisturbato a potenziare le sue forze nucleari. Anche grazie agli U-212 forniti
dalla Germania.
•
Germania / Israele. 23 agosto. Secondo esperti militari, dei tre Dolphin forniti dalla
Germania, uno viene tenuto costantemente in navigazione nel Mar Rosso e Golfo Persico,
l’altro nel Mediterraneo, mentre il terzo rimane di riserva. Con l’aggiunta di altri due, il
numero di quelli in navigazione, pronti all’attacco nucleare, potrà essere raddoppiato. E
questa è solo una parte delle forze nucleari israeliane, il cui potenziale viene stimato in 200400 testate nucleari, con una potenza equivalente a quasi 4mila bombe di Hiroshima, e i cui
vettori comprendono oltre 300 caccia statunitensi F-16 e F-15 armati anche di missili
israelo-statunitensi Popeye a testata nucleare, e circa 50 missili balistici Jericho II su rampe
di lancio mobili. Questi e altri vettori nucleari, puntati sull’Iran e altri paesi, sono pronti al
lancio ventiquattr’ore su ventiquattro.
•
Turchia. 23 agosto. Aerei turchi hanno bombardato postazioni dei guerriglieri curdi nel
nord dell’Iraq. Lo hanno annunciato oggi fonti militari. Centinaia di membri del Partito dei
Lavoratori del Kurdistan (PKK) sarebbero nascosti nelle montagne della regione, da dove
attraverserebbero i confini per attaccare la polizia turca, così come soldati e altri obiettivi.
La Turchia ha affermato di essere tutelata dal diritto internazionale se decidesse di procedere
nei confronti dei ribelli in territorio iracheno, nel caso in cui l’Iraq e gli Stati Uniti non
riescano a fermare la guerriglia curda.
•
Russia / Ucraina. 23 agosto. Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica e della comunità
internazionale è incentrata sul fronte libanese, la Russia assesta un altro colpo importante
nella propria politica energetica. Dopo pochi giorni dall’annuncio dell’avvenuto accordo con
l’Algeria, intesa che secondo molti analisti costituisce una “nuova Opec del gas”, il
Cremlino fa sapere che Gazprom (il colosso energetico russo) provvederà alla fornitura di
24,5 miliardi di metri cubi di gas naturale all’Ucraina, al ritmo di 130 milioni di metri cubi
al giorno. L’annuncio è arrivato in seguito ai colloqui tra il neo-premier ucraino Yanukovic
e il suo omologo russo Fradkov. L’accordo si colloca in un contesto di distensione dei
rapporti bilaterali tra Russia ed Ucraina. Dopo la vittoria alle scorse presidenziali del 2004
del filo USA Viktor Yushenko, le redini del governo sono tornate al filorusso Yanukovic. Il
fatto che tale accordo sulle forniture energetiche arrivi proprio a ridosso della svolta politica
interna in Ucraina, è sintomatico della crescente influenza di Mosca negli affari di Kiev.
Influenza di cui il mezzo principale è lo spettro del taglio delle forniture di gas, analogo a
quello che ha messo in ginocchio l’Ucraina lo scorso inverno e di cui l’attore principale è
ancora una volta il colosso energetico Gazprom. La Russia è dunque molto attiva sul fronte
della geopolitica dell’energia che vede l’emergere dei nazionalismi sudamericani guidati da
Chávez, il complicarsi dello scenario mediorientale, le lotte per le fonti in Africa (soprattutto
tra Cina e USA); il tutto con i prezzi del greggio alle stelle anche per l’alta domanda da parte
22
di Cina e India e per l’instabilità di passaggi strategici per i trasporti energetici come lo
Stretto di Malacca.
•
Iran. 23 agosto. «Il petrolio fra una ventina, trentina d’anni finirà (…) E allora l’Iran sarà
obbligato a comprare energia da altri Paesi, senza più avere le ricchezze che le vengono
per ora dal petrolio. Inoltre il loro calcolo è che se avessero l’energia nucleare per l’uso
interno, potrebbero vendere tutto il petrolio, e magari scaglionarne la vendita per
massimizzare il guadagno». Per Juan Cole, professore di Storia del Medio Oriente
all’Università del Michigan, esperto di lingua e cultura araba, è il motivo per cui Teheran
intende proseguire con il suo programma nucleare.
•
Cecenia. 24 agosto. Il parlamento ceceno ha approvato una risoluzione, rivolta al Consiglio
Federale - Camera Alta del Parlamento Federale Russo, che richiede un mutamento
costituzionale affinché il presidente Vladimir Putin possa candidarsi, in occasione delle
elezioni presidenziali del 2008, per un terzo mandato consecutivo attualmente non previsto.
•
Iran. 24 agosto. L’Iran ha soppiantato gli Stati Uniti come potenza egemonica del Medio
Oriente. A sostenerlo sono un rapporto della Chatham House ed un documento del Royal
Institute of International Affairs, un prestigioso centro studi di Londra che ha messo a punto
un rapporto intitolato “L’Iran, i suoi vicini e la crisi regionale”. Teheran è stata la
beneficiaria principale della “guerra contro il Terrore” propagata da Stati Uniti e Gran
Bretagna dalla fine del 2001 a questa parte, rilevano gli esperti. Nonostante le vittorie
militari in Iraq e Afghanistan, l’incapacità anglo-statunitense di rimpiazzare con «strutture
politiche coerenti e stabili» nemici giurati degli sciiti iraniani come i Taliban e Saddam
Hussein ha permesso a Teheran di esercitare un ruolo dominante in ambedue i Paesi. Il
dossier ricorda inoltre il discreto successo che l’Iran ha riscosso nello stabilire rapporti di
buon vicinato con Turchia, Pakistan e una parte consistente del mondo arabo. Così l’Iran è
diventato la potenza più «influente per ragioni politiche, economiche, culturali, religiose e
militari» in Medio Oriente.
•
Iran. 24 agosto. Il negoziato, apparentemente senza fine, tra i cinque membri permanenti
del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania e l’Iran passa per un ennesimo
ultimatum. Il 22 agosto, infatti, è scaduto il tempo concesso dai cinque grandi e dalla
Germania a Teheran per accettare la proposta di “aiuti economici” in cambio della
sospensione di ogni attività di arricchimento dell’uranio. Sullo sfondo incombe la data del
31 agosto, indicata nella risoluzione 1696 del Consiglio di Sicurezza come il limite massimo
entro il quale l’Iran dovrà sospendere ogni attività nucleare. Ali Larijani, negoziatore capo
di Teheran per le questioni nucleari, ricorda sempre alcuni articoli fondamentali del Trattato
di non proliferazione cui l’Iran aderisce. Tra questi articoli, in particolare il quarto menziona
esplicitamente il diritto per i Paesi aderenti di accedere alla tecnologia nucleare
sviluppandola in proprio o importandola dall’estero. Un altro pezzo grosso della delegazione
iraniana, Mohammad Sa’eedi, vice presidente della Agenzia Iraniana per l’Energia Atomica,
ribadisce che Teheran non sta violando alcun trattato o accordo internazionale e ha il diritto
di portare avanti il suo programma nucleare.
•
Iran. 24 agosto. La Russia è la grande sostenitrice sottobanco del programma nucleare
iraniano. La Repubblica islamica continuerà ad arricchire in proprio l’uranio e porterà
avanti la costruzione delle proprie centrali nucleari: prima tra tutte quella di Bushehr, ormai
giunta al 93% dei lavori, “gemella” della centrale nucleare russa di Kalinin. È una società
russa, la Atomstroiexport (parte del capitale della quale è detenuto da Gazprom tramite la
controllata Gazprombank), che aiuterebbe, secondo alcune fonti, a costruire la centrale di
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Bushehr. Mosca continuerebbe quindi ad appoggiare palesemente i progetti nucleari di
Teheran, nonostante quest’ultima abbia rifiutato la proposta russa di arricchire l’uranio da
utilizzare nelle centrali iraniane. Che il programma nucleare iraniano sia a buon punto, lo
mostrerebbe anche l’annuncio ufficiale di Sa’eedi, vice presidente della Agenzia Iraniana
per l’Energia Atomica, secondo il quale il reattore da 40 megawatt ad acqua pesante di Arak
è quasi ultimato.
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Iran. 24 agosto. Un’eventuale e sempre smentita da Teheran produzione di armi nucleari
renderebbe l’Iran al riparo da ritorsioni di potenze esterne come USA ed Israele –che vanta
da decenni un ricco arsenale nucleare ed è in grado di annichilire le postazioni iraniane– di
cui sono note le intenzioni belliche verso Teheran. Come mesi fa aveva scritto persino
Sergio Romano sul Corriere della Sera, l’arma nucleare servirebbe da deterrenza contro
attacchi esterni, essendo suicida un “primo colpo nucleare” contro Israele che costituirebbe
un pretesto regalato per la pioggia nucleare già progettata di Tel Aviv e Washington. La
politica aggressiva di Washington, a partire dalla caduta del Muro di Berlino, sarebbe la
causa della (eventuale) ricerca della “deterrenza nucleare” da parte di Teheran. Del resto, il
caso della Corea del Nord conferma come gli USA siano titubanti ad attaccare uno “Stato
canaglia” in possesso dell’arma atomica. Un Iran nucleare sarebbe inattaccabile dai propri
vicini, tenuto oltretutto conto dei vettori di cui è già in possesso: oltre agli ormai noti missili
strategici Shahab in grado di colpire fino a 2.000 chilometri di distanza (2.500 con lo
Shahab 4), proprio in questi giorni vengono presentati i missili tattici Saegheh, vettori terraterra da 250 chilometri di gittata. La presentazione è avvenuta durante alcune esercitazioni
militari effettuate in pubblico nella provincia di Sistan-Belucistan, a circa 200 km a sud
dalla capitale. Lo scorso aprile, invece, durante un’esercitazione dello stesso tipo nelle acque
del Golfo Persico, era stata presentata una vasta gamma di armamenti comprendente missili
a testata multipla e missili antinave torpedo a prova di radar. Adam Ereli, vice portavoce del
Dipartimento di Stato USA, già il 4 aprile scorso si mostrava assai preoccupato per queste
esercitazioni.
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Kuwait / USA. 24 agosto. Miliardario del Kuwait compra una pagina sull’International
Herald Tribune, controllato al 100% dalla New York Times company proprietaria
dell’omonimo quotidiano statunitense, per rispondere a Bush che poche settimane fa –dopo
il presunto attentato di Londra– aveva parlato di «lotta al fascismo islamico». A fare da
cornice alla pagina a pagamento acquistata dalla multinazionale kuwaitiana Al Kharafi
group vi sono una serie di immagini, particolarmente forti, che riportano le conseguenze dei
bombardamenti israeliani subite dalla popolazione civile, in particolare da bambini, donne e
anziani libanesi. Ad essere immortalato dall’obiettivo è tra gli altri un bambino ferito e
impaurito che viene medicato, uno a cui sono state amputate entrambe le gambe.
Nell’appello si scrive: «Noi concordiamo con lei e con tutte le persone dell’intero globo nel
rifiuto del fascismo. Comunque, guardando le immagini delle vittime libanesi seguite ai
bombardamenti israeliani dell’agosto 2006, pensiamo che c’è una contraddizione nel
definire “chi merita di essere chiamato fascista”!!!» Il riferimento e l’accusa nei confronti
di Israele è palese. Stupisce a Washington che a prendere posizione di questo tipo sia una
multinazionale nuova a prese di posizione così nette.
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Venezuela. 24 agosto. Caracas raddoppierà per il prossimo inverno la quantità di
combustibile sovvenzionato destinato al riscaldamento nei quartieri poveri negli Stati Uniti.
Lo ha detto Chávez in visita a Pechino. Il presidente venezuelano Chávez ha dichiarato alla
stampa che la Citgo Petroleum Corp, la filiale della compagnia petrolifera statale PDVSA,
«già ha ricevuto istruzioni». La Citgo ha affermato di aver venduto l’anno scorso circa 150
milioni di litri di combustibile per riscaldamento a basso prezzo, l’inverno passato, agli Stati
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del Massachusetts, Nuova York, Maine, Rhode Island, Vermont, Connecticut, Delaware e
zona di Filadelfia. «Mi piacerebbe fare lo stesso in Europa», aveva affermato Chávez lo
scorso maggio a Vienna.
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Russia. 25 agosto. Un esponente del ministero della Difesa russo ha annunciato che la
Russia potrebbe recedere unilateralmente dal Trattato per la eliminazione dei missili
intermedi e a più breve raggio (firmato tra URSS e USA nel 1987 ed entrato in vigore nel
1988). «Se ci sarà una esigenza impellente, la Russia si ritirerà unilateralmente dal trattato.
Ci sono stati precedenti in questo senso, in particolare il ritiro degli USA dal trattato ABM»
(trattato per la limitazione dei missili antimissili). Lo riferisce l’ageniza russa Ria-Novosti.
Nel giugno 2002 gli USA avevano annunciato che si sarebbero ritirati dal trattato Abm che
risale al 1972. Sottolineando che nel giro di 20-30 anni qualsiasi Paese potrebbe avere
missili a raggio intermedio, il rappresentante russo ha affermato: «Mosca considera questo
trattato un relitto della Guerra Fredda. Quando fu firmato solo l’URSS e gli USA
possedevano questo tipo di missili».
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Russia. 25 agosto. Il ministro della Difesa russo ha negato di avere ricevuto alcuna direttiva
per la preparazione di una nuova dottrina militare. La precisazione del ministro Sergei
Ivanov era riferita ad alcune notizie stampa secondo le quali la Russia starebbe lavorando su
una nuova dottrina militare.
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Iraq. 25 agosto. Mentre il capo del Comando centrale USA in Iraq, il generale John
Abizaid, afferma che il “piano di sicurezza” avviato a Baghdad il 14 giugno dall’esercito
iracheno con l’appoggio USA ha prodotto «importanti risultati», soldati statunitensi e forze
irachene continuano a morire sotto svariati attentati, in maggioranza tramite auto-bombe.
Solo ieri almeno 14 soldati USA ed iracheni, stante alle fonti ufficiali.
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Salvador / Israele. 25 agosto. El Salvador trasferirà la sua ambasciata da Gerusalemme a
Tel Aviv, tenendo conto «dell’attuale situazione in Medio Oriente». Lo ha reso noto il
ministero degli Esteri salvadoregno. L’ambasciata del Salvador, dopo una analoga decisione
presa una settimana fa dal Costa Rica, era l’ultima che rimaneva a Gerusalemme. Il 16
agosto il presidente costaricano Oscar Arias aveva motivato il trasferimento dell’ambasciata
da Gerusalemme, dove si trovava dal 1982, a Tel Aviv «fino a quando si arrivi ad una
decisione definitiva sullo status che avrà la città di Gerusalemme».
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Venezuela. 25 agosto. Il presidente venuezelano Hugo Chávez ha invocato un tribunale
internazionale per i leader israeliani responsabili della guerra in Libano. «Credo vi sia stato
un genocidio» in Libano, ha dichiarato a Pechino, «gli israeliani», ha detto ancora, «hanno
criticato molto Hitler e anche noi la pensiamo allo stesso modo. Ma hanno fatto qualcosa di
simile o forse peggio, chi lo sa, di quanto fecero i nazisti».
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Venezuela / Cina. 25 agosto. Chávez a Pechino per una sei giorni di incontri e trattative con
il proprio omologo Hu Jintao. Mentre la Cina continua a cercare ulteriori contratti di
fornitura energetica anche oltre l’area mediorientale e del Mar Caspio, il Venezuela di Hugo
Chávez, alla sua quarta visita nella capitale cinese, cerca appoggio politico per ottenere il
seggio non permanente al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Hu Jintao ha promesso a
Chávez un forte sostegno alla canditatura presso le Nazioni Unite in sostituzione, dal 2007,
dell’Argentina. Avversario, il Guatemala, spalleggiato dagli USA.
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Venezuela / Cina. 25 agosto. Diversi gli accordi in campo politico, economico, sociale e
tecnologico che ha in mente Chávez con la Cina. Il presidente venezuelano ha avuto sempre
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particolare attenzione nei riguardi del governo cinese che incontrò, per la prima volta, già
nel 1999 subito dopo la sua trionfale elezione presidenziale del dicembre 1998. Finora nei
primi colloqui le due parti hanno firmato un accordo per lo sfruttamento da parte della
società di stato cinese Cnpc (China national petroleum corp.) del giacimento del campo
petrolifero di Zumano ed, in collaborazione con la Pdsva (la compagnia di bandiera
venezuelana), di altri giacimenti nella regione di Orinoco. Ma Hugo Chávez vuole che la
Cina sostituisca le quote di esportazioni venezuelane verso gli USA che assorbono –
attualmente– la maggior parte della produzione del paese latinoamericano (due milioni di
barili al giorno). Il progetto è quello di triplicare le vendite verso la Cina: un milione di
barili al giorno a partire dalla prossima decade dagli attuali 150 mila. Hugo Chávez è anche
pronto a fare sconti ai cinesi di tre dollari al barile per compensare i maggiori costi di un
trasporto molto più lungo (4 giorni).
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Venezuela / Cina. 25 agosto. La Cina cresce ad un ritmo frenetico ed ha sempre più
bisogno di risorse energetiche; inoltre Pechino ha enormi riserve monetarie che –proprio
recentemente– ha iniziato ad investire in America latina. Viceversa il Venezuela può contare
sul peso che ha aquisito quale quarto produttore mondiale di greggio. E tenta di utilizzare gli
introiti petroliferi per finanziare progetti di sviluppo sociale interno, imporre una nuova
linea di politica internazionale (soprattutto, verso gli USA) e accelerare il processo
d’integrazione dell’America latina.
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Francia / Afghanistan. 26 agosto. Due militari francesi sono morti dopo un’imboscata
nell’est dell’Afghanistan. L’attacco si è verificato nella provincia orientale di Laghman, a
circa 38 chilometri dalla capitale provinciale Mihtarlam. Altri due uomini sono rimasti feriti.
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USA / Israele. 26 agosto. Cluster bomb. Inchiesta USA sulle bombe a grappolo:
Washington le fornisce a Tel Aviv con il vincolo di usarle solo contro «eserciti regolari».
Invece hanno colpito i civili. Ora, dopo i rapporti-denuncia di ONU e ONG, il Dipartimento
USA si vede costretto a dare il via ad un valzer dell’ipocrisia e quindi indaga per verificare
se Israele, durante la sua campagna in Libano, ha fatto un uso troppo ampio delle cluster
bomb da loro fornite. Le cluster bomb sono quelle che quando esplodono a terra «liberano»
dal loro interno centinaia di bombette che si dipartono in tutte le direzioni finché non
esplodono a loro volta. Molti dei mille e più libanesi che durante la rappresaglia israeliana
hanno perso la vita sono morti grazie alle cluster bomb e gli oltre 4mila rimasti feriti sono in
gran parte civili. L’accordo fra Stati Uniti e Israele in merito alle cluster bomb risale agli
anni Settanta, quando queste munizioni micidiali furono create per ammazzare i vietcong (e
chiunque altro) nascosti nella vegetazione vietnamita, e immediatamente fornite anche agli
israeliani.
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Timor Est. 26 agosto. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato l’invio di una
nuova missione a Timor est, il cui mandato iniziale sarà di sei mesi. La nuova forza
sostituirà l’attuale piccolo contingente ONU e comprenderà 1.500 agenti di polizia e 35
ufficiali militari di collegamento. Sul posto rimarrà la forza a guida australiana giunta tre
mesi fa.
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Somalia. 26 agosto. «L’Etiopia è l’Israele del Corno d’Africa e non lasceremo che
s’intrometta». Lo ha detto uno dei capi delle Corti islamiche, lo sceicco Hassan Dahir
Aweys, tornando su uno dei temi più scottanti per il futuro delle trattative di pace con il
Governo Federale di Transizione (TFG), con sede –oramai unica– a Baidoa: la presenza di
truppe etiopiche in Somalia. Aweys ha ribadito il rischio di una «guerra su larga scala», in
caso di mancato ritiro delle truppe mandate da Addis Abeba a difendere il debole TFG. «Noi
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ribadiamo che l’intervento etiopico in Somalia non sarà mai accettato», ha detto ancora
Aweys, uno degli intransigenti all’interno delle Corti. L’avvertimento è arrivato mentre le
milizie islamiche delle Corti stavano avanzando verso nord, in direzione della regione di
Mugud, nella Somalia centrale. Andare così a nord, per gli islamisti, equivale a mostrare i
muscoli ad un altro attore importante sullo scenario somalo: la regione semiautonoma del
Puntland, da cui peraltro proviene il presidente del TFG, Abdullahi Yusuf. Ora il Puntland è
presieduto da Mohamud “Adde” Muse, uomo vicino a Yusuf e alleato del governo etiopico,
con cui fa affari (parte del traffico merci marittimo verso l’Etiopia passa infatti dal porto di
Bosaso).
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Ciad. 27 agosto. Il Presidente Idriss Deby ha ordinato alle compagnie petrolifere straniere
di lasciare il Paese, perchè si sarebbero «rifiutate di pagare le tasse». Destinatarie di questo
provvedimento sono i giganti mondiali ChevronTexaco, USA, e la Petronas, compagnia
della Malesia, che insieme estraevano il 60% delle risorse di idrocarburi del paese.
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Iran. 27 agosto. Ahmadinejad inaugura un impianto per la produzione di acqua pesante. A
cinque giorni dalla scadenza dell’ultimatum, fissato dal Consiglio di Sicurezza per la
sospensione dei programmi per il trattamento di combustibili nucleari, in Iran viene
ufficialmente inaugurato un impianto per la produzione di acqua pesante. Questa verrà
utilizzata nel ciclo di produzione di plutonio nel vicino reattore nucleare in via di
costruzione, la cui inaugurazione è prevista per il 2009. Il sito, costruito dal 1998 e in grado
di produrre fino a 16 tonnellate di acqua pesante l’anno, è stato inaugurato da Ahmadinejad,
dal capo dell’Agenzia atomica iraniana, Gholam Reza Aghazadeh, e dal suo vice,
Mohammad Saeedi, che ha definito l’impianto «uno dei maggiori progetti nel settore
nucleare» dell’Iran. Il presidente iraniano ha puntualizzato che il suo paese non
abbandonerà il programma nucleare e che il progetto non è una minaccia, nemmeno per il
«nemico» Israele. «Non siamo una minaccia per nessuno (…) nessuno parla di voler
produrre armi nucleari».
•
Iran. 27 marzo. Esercitazioni militari nel Golfo Persico, dove l’esercito iraniano ha testato
un nuovo tipo di missile sottomarino. Le manovre militari, ha dichiarato il portavoce del
comando, Admiral Habib Sayyari, si avviano oggi ad una seconda fase che comprende
anche l’utilizzo di mezzi subacquei nel mare di Oman.
•
Palestina. 27 agosto. Sono 202 i palestinesi uccisi dai soldati israeliani nella Striscia di
Gaza dall’inizio dell’operazione “pioggia d’estate”, lanciata dopo il rapimento del soldato
Gilad Shalit il 25 giugno. Fra le vittime vi sono 44 bambini. Lo riferisce un rapporto
dell’ufficio dell’ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari nei territori. Il testo
precisa che le forze aree israeliane hanno condotto 247 raid sulla Striscia e che sono stati
distrutti 120 edifici e danneggiati altri 160.
•
Israele. 27 agosto. Il deputato laburista israeliano Ephraim Sneh ha affermato che Tel Aviv
deve essere «preparato militarmente» per affrontare la «nuova minaccia». Sneh, il cui
partito partecipa alla coalizione al potere, considera l’annuncio iraniano un «altro passo
verso la costruzione di una bomba nucleare. Israele deve tirarne le conseguenze e
prepararsi militarmente».
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Euskal Herria. 28 agosto. La maggioranza dei baschi interrogati da un sondaggio si è detta
pronta a votare a favore dell’indipendenza in un ipotetico referendum. Secondo l’inchiesta a
cura del governo regionale, pubblicata dalle agenzie di stampa, il 38% dei cittadini
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voterebbe infatti SI ad una domanda sull’indipendenza, mentre solo il 31% direbbe NO e il
13% si asterrebbe. Il 19% non ha risposto.
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Pakistan / Belucistan. 28 agosto. Coprifuoco a Quetta, capitale della provincia del
Belucistan, dopo la morte, a opera dell’esercito pachistano, del leader indipendentista beluco
Nawab Akbar Bugti. Bugti è stato ucciso, assieme a due nipoti e altri trentasei compagni,
durante un attacco missilistico lanciato dall’esercito contro gli indipendentisti. Aveva ottanta
anni, e si era di recente appellato alle Nazioni Unite per «fermare il genocidio in atto» nella
travagliata regione al confine tra il Pakistan e l’Afghanistan. Da dicembre a oggi sono morte
in Belucistan diecimila persone, in maggioranza donne e bambini, e ci sono circa 250mila
profughi, costretti ad abbandonare le loro case a causa dei bombardamenti dell’esercito
pachistano. Sono state mostrate fotografie da cui si deduce, secondo gli esperti, che la
popolazione civile è stata bombardata con il Sarin, il gas usato nell’attacco alla
metropolitana di Tokyo di qualche anno fa.
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Pakistan / Belucistan. 28 agosto. Il Belucistan è ricco di gas naturale (a Sui si trova
l’impianto che fornisce quasi tutta l’energia del Pakistan), di petrolio, rame, oro, uranio e
altri metalli pregiati: peccato che la popolazione locale sia esclusa da tutta questa ricchezza,
che va a finire quasi tutta nelle tasche della classe dirigente di Islamabad. Pur essendo in
teoria la regione più ricca del Pakistan, il Belucistan è lo stato con il maggior tasso di
analfabetismo, il più alto tasso di disoccupazione e la maggior percentuale di persone che
vive sotto la soglia di povertà di tutto il Paese. Non è strano, quindi, che i beluci si siano più
volte ribellati nel corso degli anni. E non è strano neanche che adesso il governo, per sedare
una rivolta locale, abbia mandato circa 36mila soldati, carri armati, missili e bombardieri. In
Belucistan si trovano infatti anche tre siti nucleari e sei impianti per la costruzione di missili.
Inoltre, Musharraf ha promesso agli USA una base permanente nei pressi di Dalbandin e
Pashni, a 180 km dal porto di Gwadar, per consentire a Washington quella “profondità
strategica” necessaria a contrastare il forte coinvolgimento della Cina nel porto. La morte di
Bugti rischia di innescare una spirale di violenza ancora peggiore.
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Giordania. 28 agosto. La Camera bassa del Parlamento giordano ha approvato ieri una
controversa “legge anti-terrorismo”, che permette alle forze armate di mantenere “sospetti
terroristi” sotto stretta sorveglianza e detenerli senza un mandato giudiziario. Gli oppositori
della legge denunciano la violazione delle libertà individuali e paventano abusi dei diritti
umani. Il governo ha proposto questa legge l’anno scorso nelle settimane successive a un
attentato, attribuito ad Al-Qaeda, che uccise 60 persone e ne ferì un centinaio. La legge deve
ancora essere approvata dalla Camera alta, composta da esponenti fedeli al regime. La
Giordania sarebbe il primo paese mediorientale ad adottare “leggi anti-terrorismo”.
•
Iraq. 28 agosto. I pochi militari USA incriminati finora di omicidi di civili iracheni sono
rimasti in genere impuniti. Lo scrive oggi il Washington Post dopo un esame dei casi finora
andati in giudizio. Nonostante il numero dei civili iracheni uccisi a opera di marines sia stato
stimato da esperti nell’ordine delle migliaia, solo 39 soldati sono stati formalmente accusati
per la morte di 20 iracheni dal 2003 all’inizio del 2006. Ventisei di questi soldati sono stati
incriminati per omicidio, omicidio colposo o omicidio preterintenzionale, ma solo 12 hanno
passato qualche tempo in prigione per il reato del quale sono stati giudicati colpevoli.
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Georgia / Ossezia. 29 agosto. L’Ossezia del Sud deciderà con un referendum per
l’autodeterminazione da tenersi a fine anno se rendersi indipendente da Tbilisi. Lo ha
annunciato a RIA Novosti l’autoproclamato presidente della repubblica osseta, Eduard
Kokoity. L’Ossezia del Sud ha dichiarato la sua indipendenza dalla Georgia dopo la caduta
28
dell’URSS nel 1991, però non è riconosciuta internazionalmente. Il governo georgiano di
Mikhail Saakashvili intende invece recuperare il controllo delle “regioni ribelle” ossete e
dell’Abkhazia. «Non ho dubbi che potremo celebrare un referendum prima della fine
dell’anno», ha affermato Kokoity in un’intervista, ricordando che già una si tenne nel 1992.
«Si sono dette molte cose ultimamente, ad esempio che l’indipendenza riflette i desideri del
presidente dell’Ossezia del Sud e del suo circondario», ha dichiarato. «Vogliamo
confermare i risultati del referendum del 1992 e chiederlo alla popolazione georgiana
residente nel nostro paese», ha aggiunto Kokoity. Nuove carte d’identità, che permetteranno
ai georgiani residenti nella regione di convertirsi in cittadini osseti, sono distribuite dal 15 di
agosto.
•
Georgia / Ossezia. 29 agosto. L’iniziativa della leadership sud-osseta di indire un
referendum sull’indipendenza dalla Georgia «è una grave provocazione che distruggerà il
processo di pace». Così il governo georgiano ha commentato ieri sera la notizia che le
autorità dell’autoproclamata repubblica dell’Ossezia del Sud (separatasi dalla Georgia dopo
la guerra del 1992-93) sta preparando una consultazione popolare riguardo al proprio status.
•
Pakistan / Belucistan. 29 agosto. Un’esplosione ha gravemente danneggiato, la scorsa
notte, un oledotto nei pressi della città di Qalat, in Belucistan. Si sospetta che gli autori
dell’attacco siano gli indipendentisti beluci, da tre giorni in rivolta a seguito della morte del
loro leader storico, Nawab Akbar Khan Bugti, ucciso sabato dall’esercito pachistano: gli
studenti sono scesi nelle strade, sfidando il coprifuoco imposto dal regime, e cercando di
dare alle fiamme diversi edifici governativi.
•
Israele / Palestina. 29 agosto. Gaza si sta trasformando, per armi e arsenali militari, in un
nuovo Libano sud. È questo l’avvertimento lanciato dal capo dello Shin Bet, il servizio
segreto interno. In un intervento alla commissione parlamentare per gli affari esteri e la
difesa, Diskin ha messo in guardia in particolare da importanti traffici illeciti di armi in
corso dal Sinai egiziano verso la striscia di Gaza. «Eccetto carri armati ed aerei da
combattimento, i palestinesi contrabbandano di tutto», ha sintetizzato un parlamentare dopo
l’intervento.
•
Messico. 29 agosto. Il Tribunale Elettorale del Messico conferma la vittoria alle
presidenziali del candidato del PAN Felipe Calderón. Il tribunale ha riscontrato irregolarità
nel voto, irregolarità che hanno portato all’annullamento di 237mila voti. Secondo le
motivazioni della decisione formulate dai magistrati Eloy Fuentes Cerca e Alejandro Luna,
queste non sono però tali da modificare «sostanzialmente» il risultato finale delle elezioni.
Felipe Calderon ha vinto con solo lo 0.58% di vantaggio sul suo avversario. Dopo essersi
espresso sui 375 ricorsi per irregolarità nell’elezione presidenziale del Messico, il Tribunale
Elettorale del Potere Giudiziario della Federazione sta analizzando il cosiddetto “ricorso
madre”. I magistrati dovranno decidere prima del 6 settembre se l’attivismo e gli
stanziamenti clientelari di fondi del presidente Vicente Fox hanno avuto influenza in
campagna elettorale e squilibrato la contesa, come denuncia l’opposizione del PRD
capeggiata da López Obrador, che ha parlato di «violazione dell’ordine costituzionale e di
colpo di Stato».
•
Italia. 30 agosto. Elogi USA al servilismo italiota. L’Herald Tribune scrive che «in un
momento critico l’Italia sta dimostrando di essere un ponte tra USA e UE più efficace della
Gran Bretagna di Blair». In un editoriale intitolato «L’Italia moderna rivendica un posto in
serie A», il quotidiano USA elogia il «nuovo corso» della politica estera di Roma e presta
particolare attenzione al varo della missione italiana in Libano tanto da aprire la prima
29
pagina con una foto del premier Prodi e del ministro della Difesa Parisi che salutano i
militari in partenza.
•
Sudan. 30 agosto. Migliaia di contestatori hanno marciato fino alla sede dell’ONU a
Khartoum scandendo slogan contro «l’Occidente colonialista» e l’invio di un contingente
ONU in Darfur. «Non ci piegheremo agli USA», gridavano i manifestanti, che non accettano
la risoluzione ONU sostenuta in particolare da Stati Uniti e Gran Bretagna. «Il Darfur è una
parte del Sudan e noi siamo in grado di difenderlo da soli», ha dichiarato Ibrahim Ghandur,
leader della Federazione dei lavoratori.
•
Sudafrica. 30 agosto. I sudafricani non potranno più svolgere mansioni da mercenari. Il
Parlamento sudafricano ha votato ieri una legge che intende farla finita con l’attività
mercenaria nel paese. Lo riferisce l’agenzia di notizie dell’ONU, Irin. Tra 2mila e 4mila
sudafricani agiscono in Iraq come mercenari, e a Washington si teme che la legge li obblighi
a ritornare.
•
Palestina. 30 agosto. Continuano le mattanze israeliane a Gaza. Solo negli ultimi due mesi
di attacchi israeliani sono stati 225 i palestinesi uccisi, tra cui 62 bimbi, e 900 feriti. Lo
comunica il ministero della Sanità. Israele ha intensificato nella Striscia di Gaza i
bombardamenti su militanti politici e popolazione dal 28 giugno scorso, in risposta al
rapimento del caporale Gilad Shalit, tuttora nelle mani delle milizie di Hamas. Solo ieri sono
morti nove palestinesi. 17.000 residenti rimangono senza elettricità né acqua da quando è
iniziata l’aggressione sionista.
•
Siria. 30 agosto. I paesi aggrediti da Israele hanno «diritto a lottare e a resistere». Lo ha
detto il ministro siriano dell’Informazione, Mohsen Bilal.
•
Siria. 30 agosto. Un gruppo armato, fino ad ora sconosciuto, ha annunciato di voler
catturare militari israeliani per scambiarli con sedici prigionieri siriani, detenuti nelle carceri
di Israele. La milizia avrebbe base sulle alture del Golan, la parte di territorio siriano ancora
occupata da Israele. La minaccia è giunta alle agenzie stampa di Damasco via fax e il
gruppo si firma “Uomini della Resistenza Siriana”. Il comunicato indica anche i nomi dei
prigionieri che vorrebbero liberati.
•
Siria. 30 agosto. «L’attuale meccanismo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU non ci
trasmette ottimismo. Può causare più caos e distruzione nel mondo e portarlo più lontano
dalla pace». Così il presidente siriano Assad.
•
Israele. 30 agosto. Cresce la presenza dei coloni sionisti. Il ministero israeliano degli Interni
ha informato che nel primo semestre di quest’anno è aumentato a 7mila il numero dei coloni
in più di 150 colonie in Cisgiordania. Dal 2004, secondo statistiche riprodotte ieri dal
quotidiano Maariv, il numero dei coloni è salito a 260.042, un 7,5% in più.
•
Israele. 30 agosto. Un bambino su 4 è povero. Il numero è salito nel 2005 a 768 mila, circa
50mila in più rispetto al 2004. Lo riferisce un rapporto della Previdenza sociale.
Complessivamente i poveri in Israele sono 1,6 milioni su 7 milioni di abitanti. Ad aggravare
le condizioni, spiega il quotidiano Globes, è stata la politica del governo degli ultimi anni in
cui è stata operata una riduzione degli assegni mensili di sostegno alle famiglie numerose.
Globes rileva che questi dati sono particolarmente allarmanti alla luce della guerra con
Hezbollah, in seguito alla quale le forze armate israeliane hanno chiesto al ministero delle
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finanze una aggiunta di diversi miliardi di dollari al bilancio per il biennio 2007-8, per
ammodernare e rafforzare l’esercito. In queste condizioni, avverte il giornale, le necessità
degli strati sociali israeliani inferiori rischiano di essere ancora una volta ignorate.
•
Israele. 30 agosto. Il governo israeliano nomina il capo dell’aviazione, generale Elyezer
Shkedy, come responsabile dei preparativi per una possibile guerra con l’Iran. È un segnale
di Tel Aviv per raid autonomi contro le installazioni nucleari iraniane Lo riferisce il
britannico Sunday Telegraph. Il presidente iraniano Ahmadinejad ha avvertito che il regime
islamico è pronto a usare «ogni mezzo» per difendersi da eventuali aggressioni. Intanto,
conscio del ruolo determinante che ha l’Iran nel garantire che le forze francesi dispiegate nel
Libano del Sud non vengano attaccate dal fuoco di Hezbollah, il ministro degli Esteri
francese Douste-Blazy ha affermato ieri che la Francia è pronta a tornare al tavolo delle
trattative con Teheran. Pure l’Egitto, privo di rapporti diplomatici con l’Iran, si è messo in
moto per scongiurare un attacco militare contro Teheran. Secondo la stampa egiziana il
governo di Mubarak si è calato nel ruolo di mediatore ed invita Washington a percorrere la
strada del negoziato.
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Sri Lanka. 30 agosto. Centinaia di morti in due giorni di combattimento. Gli scontri tra
esercito e guerriglia delle Tigri di Liberazione della Patria Tamil si sono svolti a Tricomalee.
Lo riferiscono fonti ufficiali.
•
Cuba. 30 agosto. Cuba critica Bush nel primo anniversario dell’uragano Katrina, un
«disastro umano» che ha messo a nudo «l’esclusione sociale» che impera negli Stati Uniti.
«Quel che alcune persone voglio chiamare disastro naturale deve essere riconosciuto come
la barbarie dell’esclusione sociale. Qui né la Natura né Dio hanno cospirato, ma il
liberismo economico e l’abbandono sociale», scriveva ieri il quotidiano Granma.
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Messico. 30 agosto. López Obrador invita a creare un governo «parallelo» in Messico.
Andrés Manuel López Obrador ha respinto ieri il responso del massimo Tribunale Elettorale
messicano per la sottomissione dei giudici a «un gruppo di privilegiati e di estremisti della
destra di Felipe Calderon». Per questo motivo, ha invitato i militanti del PRD (Partito
Rivoluzionario Democratico) a disconoscere la vittoria del partito di Calderon e a creare un
governo «parallelo». «Non accetteremo mai che si instauri un governo illegale e illegittimo
nel nostro paese», ha dichiarato.
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Venezuela / Siria. 30 agosto. Chávez è a Damasco. Nel corso di una visita ufficiale, il
presidente venezuelano ha ribadito una posizione ferma contro «l’imperialismo e l’egemonia
proveniente dall’impero americano». Il presidente siriano Assad ha definito la visita di
Chávez «storica nel vero senso della parola». L’incontro mira a «consolidare» le relazioni
tra Venezuela e Siria e a coordinare prese di posizione su come far fronte alle pressioni degli
Stati Uniti sui rispettivi paesi. Chávez, giunto a Damasco per una visita di tre giorni, ha
chiesto a Israele di togliere il blocco navale e aereo imposto al Libano e il suo ritiro dalle
terre arabe occupate, come le alture del Golan, «un furto alla luce del sole e sotto gli occhi
della comunità internazionale». Il governo venezuelano è stato l’unico al mondo che, oltre
alle dichiarazioni di condanna dell’attacco sionista, ha ritirato il proprio ambasciatore dal
paese. Gesto elogiato in Libano e che ha fatto apparire risibile la posizione degli Stati “arabi
moderati”.
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Russia. 31 agosto. Un tribunale di Mosca ha condannato oggi a 19 anni di reclusione Igor
Gubkin, leader del Consiglio Militare Rivoluzionario, organizzazione di estrema sinistra che
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chiede la restaurazione del regime sovietico. Gubkin è stato riconosciuto colpevole di
«terrorismo» e fabbricazione di esplosivi destinati contro i monumenti dedicati agli zar.
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Pakistan / Belucistan. 31 agosto. L’esercito pakistano afferma di aver trovato il corpo del
leader beluco Nawar Akbar Bugti nella grotta in cui si nascondeva nel Belucistan. Bugti era
stato ucciso a seguito di un assalto portato dalle forze di sicurezza. Il corpo rimane
intrappolato sotto un cospicuo strato di rocce e ci vorranno giorni per recuperarlo.
Continuano intanto per il quarto giorno consecutivo violenti proteste per la morte di Nawab
Akbar Bugti. Il bilancio in Belucistan e in altre zone del paese è di 10 morti, 45 feriti e più
di 500 incarcerazioni. A Quetta, capitale del Belucistan, la polizia ha arrestato una ventina di
manifestanti mentre la maggioranza degli edifici pubblici, scuole e collegi universitari
rimangono chiusi. L’opposizione pachistana ha proclamato uno sciopero generale in tutto lo
Stato per la morte di Bugti.
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Iran. 31 agosto. L’Iran non ha sospeso il proprio programma di arricchimento dell’uranio.
La constatazione, ufficiale, viene da Vienna, da Mohammed El Baradei, il direttore
dell’Agenzia Internazionale per l’energia atomica. Gli ispettori inviati sul campo,
comunque, non avrebbero trovato prove di un eventuale programma atomico militare
nascosto.
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Iran. 31 agosto. Oggi era l’ultimo giorno utile per l’Iran per rinunciare al programma
nucleare, secondo quanto disposto dalla risoluzione 1696 del Consiglio di sicurezza
dell’ONU che prevede lo studio di eventuali misure contro Teheran in caso di non
ottemperanza. Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad aveva già più volte dichiarato
che Teheran non avrebbe mai rinunciato al proprio diritto di sfruttare l’energia nucleare a
fini pacifici. L’Unione Europea e il segretario generale delle Nazioni Unite intendono
avviare nuove consultazioni con Teheran. Per il 6 settembre è previsto un incontro fra il
capo negoziatore iraniano Ali Larijani e l’Alto rappresentante europeo di politica estera e di
difesa Javier Solana. Il 7, a Berlino, si riunirà il cosiddetto “Gruppo dei 5 più 1” (i cinque
membri permanenti del Consiglio di sicurezza più la Germania) per decidere il da farsi. La
possibilità di sanzioni contro la Repubblica islamica sembra per il momento remota in virtù
dell’opposizione di Russia e Cina.
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Colombia. 31 agosto. Pesante il bilancio degli scontri che negli ultimi due giorni hanno
interessato la zona colombiana al confine con il Venezuela. Almeno 15 guerriglieri
appartenenti al gruppo delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) hanno
perso la vita nelle sparatorie ingaggiate con gli uomini dell’esercito regolare colombiano.
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Cile. 31 agosto. La presidentessa Michelle Bachelet ha fatto sapere che il 30 agosto di ogni
anno sarà il “Giorno dei detenuti scomparsi”. La giornata avrà lo scopo di ricordare tutte
quelle persone che durante la dittatuta di Augusto Pinochet (1973/1990) sono state arrestate
e poi sono scomparse senza fare più ritorno a casa.
http://www.rivistaindipendenza.org/
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