trattamento diabete tipo I

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trattamento diabete tipo I
Antonio Tiengo*, Daniela Bruttomesso*
Lo scopo della terapia nel diabete di tipo 1 è il mantenimento di una glicemia il più possibile normale per prevenire l'insorgenza o ritardare l'evoluzione delle complicanze croniche.
La terapia insulinica deve quindi riprodurre la secrezione insulinica fisiologica sia in risposta ai
pasti che nel periodo interprandiale o notturno.
Rispetto alle insuline umane gli analoghi dell'insulina, lispro, aspart e glargine, usati come insuline prandiali e basali, permettono un rimpiazzo insulinico più fisiologico, un miglior controllo glicemico, meno ipoglicemie.
L'infusione insulinica s.c continua con microinfusore ha una efficacia comparabile o superiore alle
iniezioni multiple. Con analogo rapido l'efficacia aumenta. E' una terapia sicura, ma costosa.
Tra le nuove vie, non invasive, di somministrazione insulinica, la più promettente sembra la via
inalatoria. La sicurezza a lungo termine và peraltro accertata.
Alla terapia insulinica va associata una dieta equilibrata ed un regolare esercizio fisico.
Indispensabile nella gestione del diabete risulta essere l'educazione del paziente.
Parole chiave: diabete tipo 1, obiettivi glicemici, terapia insulinica, dieta, educazione
Razionale ed obiettivi della terapia insulinica
Nel diabete tipo 1 l'insulite, indotta dal processo infiammatorio aggressivo autoimmune,
induce una progressiva perdita della massa
insulare con iniziale venir meno della secrezione rapida di insulina in successione ai pasti
a cui fa seguito una riduzione fino all'azzeramento della secrezione basale.
Il deficit totale o parziale della secrezione
insulinica porterà inevitabilmente alla comparsa non solo di iperglicemia a digiuno e
postprandiale, ridotta utilizzazione ed eccessiva produzione epatica di glucosio, ma anche
ad altre alterazioni metaboliche molto impor-
tanti come una possibile chetoacidosi da
eccesso di lipolisi e altre alterazioni a carico
del metabolismo lipidico e proteico.
Per tali considerazioni nel diabete tipo 1 è
indispensabile la terapia insulinica sostitutiva
per riprodurre e mimare concentrazioni insulinemiche fisiologiche sia nelle fasi interprandiali e notturne che nelle fasi postprandiali e
quindi realizzare un profilo glicemico il più
vicino possibile al soggetto normale.
La terapia insulinica multiniettiva sottocutanea è nella maggior parte dei diabetici tipo 1
in grado di realizzare, pure con i suoi limiti,
un soddisfacente controllo metabolico. In
alcuni casi, nel cosiddetto diabete instabile si
* Malattie del Metabolismo. Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale.Università e Azienda Ospedaliera
di Padova.
Ministero della Salute - area editoriale
TRATTAMENTO DEL DIABETE DI TIPO 1
è costretti a preferire l'infusione sottocutanea
continua di insulina mediante microinfusori.
D'altra parte solo il trapianto di pancreas o di
insule, che si esegue solo in particolari casi, è
in grado di normalizzare l'omeostasi glucidica.
Negli ultimi cinquant'anni la disponibilità di
insuline sempre più purificate e con farmacocinetica sempre più favorevole per ricostruire
profili insulinemici più vicini a quelli presenti
nei soggetti non diabetici, ha permesso di
finalizzare la terapia alla prevenzione delle
complicanze croniche del diabete e quindi
migliorare la qualità e la spettanza di vita del
paziente diabetico.
Dopo le parziali dimostrazioni degli anni 80
nello Steno Study (1) e nell'Oslo Study
OSLO(2) su numeri esigui di pazienti che il
buon controllo glicemico è in grado di ridurre
la comparsa e l'evoluzione della microangiopatia diabetica, finalmente un ineccepibile
studio di intervento prospettico quale è stato il
"Diabetes Control and Complications Trial
Research Group" (3) ha definitivamente validato il "teorema metabolico delle complicanze microangiopatiche". Infatti nei diabetici
tipo 1 trattati per 6,5 anni con terapia insulinica intensiva multiiniettiva o con infusione sottocutanea continua tale da ottenere una emoglobina glicata media di 7.3%, il rischio di svi-
luppare retinopatia, nefropatia o neuropatia si
riduceva del 60% rispetto ai pazienti trattati in
modo meno intensivo con emoglobina glicata
di 9.1%. Grazie alla terapia insulinica intensiva era anche possibile realizzare un'efficace
prevenzione della evoluzione delle stesse
complicanze verso le fasi più avanzate dell'ordine del 50-60%.
Il DCCT ha perciò finalmente validato e legittimato l'efficacia della terapia ipoglicemizzante insulinica e giustificato lo sforzo di realizzare nel singolo paziente diabetico valori glicemici sempre più vicini a quelli fisiologici.
Il DCCT e gli altri studi, di minor portata
numerica ma altrettanto significativi, hanno
indicato una possibile soglia di compenso glicemico oltre la quale il paziente diabetico è
esposto alle complicanze microangiopatiche.
Tale soglia si può quantificare nel 7.0 % di
emoglobina glicata (HbA1c) che equivale a
glicemie medie plasmatiche nelle 24 ore tra
140-179 mg/dl e che a lungo termine dovrebbe prevenire la comparsa o l'evoluzione di
retinopatia, nefropatia e neuropatia nel 50-60
% dei casi. Al di sotto di tali valori di emoglobina glicata si potrebbero raggiungere risultati
ancora migliori, ma il rischio di ipoglicemia
risulta eccessivo e tale da compromettere la
qualità di vita del paziente diabetico ( 4).
Tabella 1. Raccomandazioni 2005 dell'American Diabetes Association per i pazienti diabetici adulti
in terapia insulinica (4)
Controllo glicemico* Emoglobina glicata#
Lipidi:
Pressione arteriosa
≤ 7%
Glicemia plasmatici capillare preprandiale
90-130 mg/dl
Glicemia plasmatica capillare postprandiale**
< 180 mg/dl
LDL-colesterolo
< 100 mg/dl
Trigliceridi
< 150 mg/dl
HDL
> 40 mg/dl
< 130 mmHG
* Obiettivi glicemici meno rigorosi sono accettabili in pazienti con ipoglicemia severa o frequente, nei pazienti più
giovani o più anziani o con patologie associate o con spettanza di vita limitata. Obiettivi glicemici più rigorosi sono
consigliati durante la gravidanza.
#
Emoglobina glicata, range di normalità 4.0-6.0% (DCCT allineato, 2)
**Determinazione postprandiale fatta 1-2 ore dopo l’inizio del pasto.
Per quanto riguarda le complicanze macroangiopatiche fino ad oggi non è ipotizzabile
alcuna soglia di compenso metabolico e in tal
senso si dovrebbe raggiungere un'emoglobina
glicata intorno al 6-6.5 % con glicemie medie
il più possibile vicine alla normoglicemia. Da
alcuni recenti studi sembra costituire un fattore di rischio cardiovascolare soprattutto l'iperglicemia postprandiale e in minor misura l'instabilità glicemica (5).
Il raggiungimento del compenso glicemico si
associa per lo più ad una normalizzazione
delle concentrazioni dei lipidi circolanti e dei
valori pressori che altrimenti vanno normalizzati mediante terapie specifiche (Tab. 1) (4).
Modelli di terapia insulinica
Compito di una corretta terapia insulinica è
conciliare la quasi normalizzazione della glicemia con la minore incidenza possibile di
episodi ipoglicemici. Infatti uno stretto controllo della glicemia si associa abitualmente a
un maggior rischio di ipoglicemia. Per raggiungere tale obiettivo è necessario uno schema terapeutico che riproduca in circolo il pro-
filo insulinemico fisiologico con picchi di
insulina ai pasti ed adeguati livelli insulinemici nei periodi interprandiali.
Tale modello di terapia, noto come "bolobasale", è realizzabile sia con un trattamento
multiiniettivo che con l'infusione s.c continua
mediante microinfusore.
La terapia insulinica multiiniettiva (MDI) prevede la somministrazione di boli di insulina
ad azione rapida o ultrarapida ai pasti per
rispondere al fabbisogno insulinico prandiale
(boli prandiali) e la somministrazione di singole o multiple iniezioni di insulina ad azione
intermedia-lenta per rimpiazzare il fabbisogno insulinico basale (insulinemia basale)
(Fig.1). I parametri farmacocinetici (insorgenza d'azione, picco d'azione e durata d'azione)
differiscono tra le varie insuline (6) e sono
descritti in tabella 2.
Le insuline "prandiali", sono somministrate
prima dei tre pasti, in dosi pari al 10-15% del
fabbisogno giornaliero per pasto, per evitare
eccessive escursioni glicemiche postprandiali.
Le insuline attualmente utilizzate per tale
scopo sono l'insulina umana rapida regolare e
gli analoghi dell'insulina lispro e aspart.
Figura 1. Schemi di terapia insulinica frequentemente utilizzati
MDI
Pasti
Iniezioni
NPH
Insulina
umana
regolare
Analogo
rapido
NPH
Analogo
rapido
Glargine
CSII
Boli
Infusione
basale
8
13
20
24
8
Tabella 2. Farmacocinetica delle insuline attualmente disponibili (6).
Tipo di Insulina
Inizio
Picco
Durata
d’azione
Ad azione rapida
Insulina umana Regolare
30-60 min
2-3 h
5-8 h
5-15 min
30-90 min 5 h
Insulina umana NPH (Protaphane, Humulin I)
2-4 h
4-10 h
10-16 h
Insulina umana Lenta (Humulin L, Monotard)
2-4 h
4-12 h
12-18 h
10-16 h
18-24 h
Senza
20-24 h
(Actrapid, Humulin R)
Analoghi ad azione rapida
Lispro (Humalog), Aspart (Novorapid)
Ad azione intermedia
A lunga durata d’azione
Insulina umana ultralenta (Humulin U, Ultratard) 6-10 h
Analoghi ad azione ritardata
Glargine (Lantus)
2-4 h*
picco
* per raggiungere lo “steady-state”
L'insulina umana regolare genera un picco
insulinemico ad ascesa lenta e di durata protratta esponendo così il paziente al rischio di
iperglicemia nella fase immediatamente postprandiale (per ipoinsulinemia prandiale) e di
ipoglicemia in fase postprandiale tardiva per il
protarsi di iperinsulinemia (7). Per questo è
necessario lasciar trascorrere un intervallo di
30-60 minuti tra l'iniezione di insulina umana
pronta e l'inizio del pasto.
Gli analoghi dell'insulina, lispro e aspart, vengono assorbiti più rapidamente dell'insulina
umana, producendo un picco insulinemico
che inizia più precocemente, raggiunge valori
più elevati e cessa più rapidamente (6). Il veloce assorbimento di questi analoghi permette
di ridurre o di annullare il tempo tra iniezione
e assunzione del pasto, facilita il controllo
della iperglicemia post-prandiale precoce e
riduce il rischio di ipoglicemia postprandiale
tardiva (8). Quando associati ad un appropriato rimpiazzo della insulinemia basale possono
ridurre l'emoglobina glicata di un ulteriore
0,1-0,3% rispetto alla insulina rapida regolare
(8).
Lo scopo dell'insulinizzazione basale è quella
di mantenere quasi normale la glicemia tra i
pasti e nel periodo notturno. Le insuline ad
azione intermedia (NPH) o ad azione lenta,
abitualmente utilizzate come insuline basali,
in realtà non sempre riescono a mimare la
fisiologica secrezione basale perché il loro
profilo d'azione presenta un picco pronunciato dopo 3-4 ore che contribuisce all'ipoglicemia notturna. Anche l'ultralenta presenta un
picco d'azione molto ampio ed una durata
variabile. Inoltre queste insuline hanno un
assorbimento nel circolo sistemico molto
variabile che comporta una scarsa riproducibilità nello stesso soggetto dell'effetto ipoglicemizzante e quindi sul controllo glicemico (9).
Al contrario la farmacocinetica della glargine
non evidenzia picchi o valli pronunciati dei
livelli insulinemici nell'arco di 24 ore (10) e
quindi permette un miglior controllo glicemico con un minor rischio di ipoglicemia (8).
Inoltre l'assorbimento più costante permette
un effetto meno variabile rispetto alla insulina
Figura 2. Tipico profilo di velocità di infusione basale usato nell'infusione s.c. continua di insulina.
Velocità più alta nelle prime ore dell'alba (fenomeno alba), più bassa nel pomeriggio (maggior attività) e ancora alta dopo cena (maggior sedentarietà).
NPH o ultralenta (11). Studi clinici che hanno
confrontato l'effetto di glargine con quello di
diverse insuline ad azione lenta/intermedia,
hanno dimostrato che glargine viene assorbita
con minor variabilità intraindividuale, ha efficacia metabolica comparabile o maggiore e
provoca un minor numero di episodi ipoglicemici notturni (12). Nella maggior parte dei
casi, l'insulina glargine viene assunta come
monosomministrazione serale, in dose pari a
circa il 40-50% del fabbisogno insulinico giornaliero
In gravidanza, pur in assenza di approvazione
ufficiale, gli analoghi rapidi dell'insulina sono
largamente usati, ma il loro uso richiede il
consenso della paziente (13). L'uso di glargine
non è raccomandato finchè non saranno
disponibili studi che ne documentino la sicurezza (13).
L'infusione insulinica s.c. continua con
microinfusore (CSII) rimane il modello di
terapia che più si avvicina alla secrezione fisiologica. Il microinfusore è un piccolo dispositivo computerizzato, contenente una siringa e
collegata al tessuto s.c adominale attraverso un
catetere che termina con un'ago cannula. Il
microinfusore eroga l'insulina, esclusivamente
ad azione pronta, in modo continuo nelle 24
ore (infusione basale), con una velocità differenziabile nell'arco della giornata secondo le
esigenze individuali (Fig. 2).
I boli insulinici prandiali vengono somministrati dal paziente al momento dei pasti o per
correggere iperglicemie intercorrenti.
Rispetto alla terapia multiiniettiva la CSII permette di raggiungere valori di HbA1c di circa
lo 0.5% più bassi, riduce la variabilità glicemica, il fabbisogno insulinico e la frequenza di
ipoglicemia severa (14-17 ). L'uso di analoghi
rapidi al posto di insulina regolare aumenta i
vantaggi metabolici legati alla CSII (18) ed è
preferito dai pazienti (19). Il vantaggio della
CSII sulla MDI è tanto maggiore quanto più
è elevato il valore iniziale di emoglobina glicata (20). L'elevato costo della terapia limita la
diffusione della stessa.
La terapia è indicata nei pazienti in cui fallisce la terapia multiiniettiva (considerando
anche glargine) o che necessitano di uno stile
di vita più flessibile.
I rischi eventuali della terapia (chetoacidosi,
infezioni nel sito di infusione) e il successo
della stessa
dipendono dalla corretta selezione ed educazione del paziente.
Vie alternative di somministrazione
Da alcuni anni si stanno studiando vie di
somministrazione dell'insulina diverse da
quella iniettiiva: la via orale, buccale/sublinguale, intranasale, transdermica, rettale, vaginale, oculare, e inalatoria. Allo stato attuale la
via inalatoria è la più promettente: l'insulina
somministrata è assorbita rapidamente con un
inizio d'azione sovrapponibile a quello ottenuto dopo l'iniezione s.c di lispro ed una durata d'azione intermedia tra quella della insulina lispro e l'insulina regolare (21). Numerosi
studi hanno dimostrato l'efficacia, la sicurezza, l'accettabilità e la soddisfazione della via
inalatoria nel diabete di tipo 1 (22-23) e 2 (24).
Rispetto alla via sottocutanea è richiesta
peraltro una dose di insulina 10 volte superiore, con un costo maggiore. Inoltre la calibrazione della dose è meno precisa. Patologie
polmonari potrebbero alterare l'assorbimento
dell'insulina e rimangono da chiarire eventuali effetti collaterali di una somministrazione
cronica di grandi dosi di insulina sul polmone.
Altre componenti del trattamento: la dieta, l'esercizio fisico, l'educazione
Il fabbisogno insulinico e i diversi schemi di
terapia insulinica sono condizionati da una
corretta alimentazione e dall'attività fisica che
favorisce l'azione dell'insulina.
La dieta deve essere equilibrata, suddivisa in
almeno 3 pasti e apportare il 45-65% di calorie come carboidrati (prevalentemente complessi), il 30% come grassi (<10% grassi satu-
ri, <300 mg/die di Colesterolo), il resto come
proteine. Il bolo di insulina preprandiale va
aggiustato in base all'apporto di carboidrati
della dieta. Se il bolo rimane fisso, l'apporto in
carboidrati deve essere costante (25).
L'attività fisica svolta con regolarità, oltre a
mantenere una funzione cardiovascolare adeguata e controllare il peso, può aiutare a ridurre la glicemia, aumentare la sensibilità insulinica e quindi ridurre il fabbisogno insulinico
(26). Per mantenere la glicemia nel range desiderato, in assenza di ipoglicemie o di picchi
iperglicemici durante e dopo l'esercizio, il
paziente deve imparare ad aggiustare la dieta
e l'insulina in modo appropriato, monitorando frequentemente la glicemia.
L'efficacia del trattamento del diabete implica
quindi che il paziente collabori alla cura. Non
è sufficiente che la terapia insulinica sia somministrata secondo schemi razionali e il più
possibili fisiologici, ma è necessario anche che
il paziente sia adeguatamente e sistematicamente educato alla gestione della stessa. A tal
fine dovrà imparare a misurare frequentemente la glicemia, a somministrarsi l'insulina, ma
anche ad aggiustare le dosi in base ai valori
glicemici riscontrati, al contenuto in carboidrati del pasto, all'attività fisica.
E' l'educazione terapeutica che permette al
paziente di acquisire e di conservare le capacità e competenze necessarie per convivere in
maniera ottimale con la malattia diabetica.
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