Gestire l`autonomia

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Gestire l`autonomia
Il manager come leader
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Capitolo primo
Il manager come leader
Abilità nelle relazioni interpersonali
Prima di entrare nel nostro ruolo e dare inizio alla nostra missione di manager,
dobbiamo sviluppare una certa abilità nello stabilire relazioni con gli altri. Dobbiamo imparare a riconoscere i diversi fenomeni comportamentali in atto e utilizzare
le nostre conoscenze per esercitare un’influenza o una «guida» su altri individui o
su altri gruppi.
Come vedremo, durante un incontro le decisioni possono essere influenzate
dall’uso dei «processi» comportamentali, piuttosto che dalla riaffermazione delle
proprie argomentazioni, per quanto convincenti esse siano. Sapere in che modo
utilizzare la propria consapevolezza dei processi comportamentali è uno degli
aspetti cruciali dell’etica manageriale. Ne facciamo uso per «manipolare» o per
«facilitare»?
Per comprendere meglio il comportamento manageriale sono stati creati dei
«modelli». Dati i rilevanti interessi di natura economica connessi alla formazione
manageriale, tali modelli si sono moltiplicati fino alla confusione e alcuni autori
hanno spesso pubblicizzato i propri modelli criticando quelli prodotti dagli altri.
Non abbiamo alcuna intenzione di allungare l’elenco e neppure di esporre i
differenti approcci proposti dai vari teorici. Vorremmo invece focalizzare la nostra
attenzione su alcuni principi universalmente riconosciuti e su alcuni modelli ben
consolidati, che a nostro parere sono utili ai manager in generale, e ai manager
scolastici in particolare.
Quelli tra i nostri lettori che hanno seguito dei corsi o che hanno già letto dei
libri sul management avranno sicuramente familiarità con il contenuto di questo
capitolo e del prossimo. Dopo una rapida lettura dei sottotitoli, perciò, possono
passare direttamente alla lettura del capitolo 3.
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I modelli di stile manageriale
I modelli di stile manageriale più noti si basano sulla premessa che ogni
manager abbia due interessi fondamentali, che sono:
1. il conseguimento dei risultati (è concentrato sul proprio «compito»)
2. le relazioni interpersonali (è concentrato sulle «persone»).
I primi modelli di management, come la serie Schmidt-Tannenbaum, elaborata
nel 1958, suggerivano che questi due interessi fossero in conflitto l’uno con l’altro e
che quanto più una persona fosse concentrata sui risultati, tanto meno lo sarebbe stata
sulle persone e viceversa. Risultò il tipo di modello presentato nella figura 1.1.
RISULTATI
R ELAZIONI
➤
➤
autocratico
(ordinare)
paternalistico
(persuadere)
consultivo
(coinvolgere)
democratico
(codeterminare)
Fig. 1.1 Un modello di stile manageriale (basato su Tannenbaum e Schmidt, 1973).
Ma ben presto ci si rese conto che i manager non si concentravano solo sui
risultati o solo sulle relazioni interpersonali, ma riuscivano a concentrarsi contemporaneamente su entrambe le cose (come posso raggiungere i risultati migliori
attraverso le persone?) o non si concentravano su nessuna delle due. Questo è il
concetto riconosciuto in alcuni modelli che mettono i risultati e le relazioni sui due
differenti assi di un grafico; uno di questi è quello ideato da Blake, detto «Blake
Grid» (Blake e Mouton, 1964).
La figura 1.2 descrive tale modello, e presenta sia i valori numerici che le
descrizioni di Blake (i lettori notino che le descrizioni nel modello sono utilizzate
con il loro significato nel contesto specifico, mentre termini come «politico»
verranno usati in seguito in un contesto più generale).
Proponiamo qui alcune caratteristiche di ciascuno dei cinque modelli di stile:
Autoritario/assertivo-aggressivo
–
–
–
–
–
–
desidera che le cose siano fatte a modo suo
parla più volentieri di quanto non ascolti
non si cura troppo dei sentimenti e delle opinioni degli altri
è aggressivo, se viene sfidato
porta le cose fino in fondo
controlla il personale
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Sollecito
si cura delle persone
vuole piacere agli altri
evita i conflitti aperti, appiana le situazioni con le lusinghe
«tutto ciò che importa è che la scuola sia contenta»
loda il successo fino all’adulazione
dissimula la negligenza o le performance inadeguate
tende al «management collettivo»
è servizievole
➤
–
–
–
–
–
–
–
–
sollecito
8
7
6
3
4
5
amministrativo
2
passivo/
politico
autoritario/
assertivo-aggressivo
1
Interesse per le relazioni interpersonali
9
motivazionale/
problem solving
0
➤
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Interesse per i risultati
Fig. 1.2 Un modello bidimensionale di stile manageriale (basato su Blake e Mouton, 1964).
Motivazionale/problem solving
–
–
–
–
–
–
si accorda sugli obiettivi e ne attende il raggiungimento
controlla le performance in relazione agli obiettivi
aiuta le persone a trovare una soluzione per le performance inadeguate
affronta i problemi con calma
concorda e valuta i progetti di azione
coinvolge il personale nelle decisioni che lo riguardano
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– delega tranquillamente
– prende decisioni nel momento e nel modo opportuni
Passivo/politico
(NB: Le persone che non hanno interesse né per le persone né per i risultati sono
spesso frustrate, disilluse e a volte si sentono minacciate. È possibile che reagiscano
in modo «passivo» o dedicandosi ad attività, per così dire, «politiche».)
Comportamento passivo:
– non fa più di quanto gli venga richiesto;
– si oppone al cambiamento;
– è negligente, se non viene controllato;
– rimprovera gli altri, i «giovani d’oggi», il progresso, il governo, ecc., per aver
creato delle condizioni intollerabili.
Comportamento politico:
– è molto preoccupato dalla sua posizione;
– critica spesso;
– attira l’attenzione sugli errori degli altri.
Amministrativo
–
–
–
–
procede secondo le regole;
conserva il sistema vigente;
è coscienzioso, piuttosto che innovativo o creativo;
è affidabile.
Orientamento e comportamento
È estremamente importante osservare che ciascuno di questi modelli opera su
due diversi livelli:
1. orientamento di base (oppure «stile dominante»), cioè il modo in cui una
persona si comporta naturalmente o desidera comportarsi;
2. comportamento, cioè il modo in cui una persona si comporta realmente in una
particolare occasione.
L’orientamento di base rimane relativamente costante. Tutti noi conosciamo
persone che tendono a essere autoritarie in tutto quello che fanno, che si preoccupano di spiegare dettagliatamente ai propri subalterni quello che devono fare e in
che modo, ma che tendono a non ascoltare o a essere intolleranti nei confronti delle
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idee degli altri. D’altra parte, abbiamo incontrato anche persone fondamentalmente «sollecite», il cui massimo interesse è mantenere delle buone relazioni.
Il comportamento, comunque, varia e dovrebbe variare a seconda delle
circostanze e delle persone con cui si ha a che fare. Come vedremo in seguito, una
delle caratteristiche di chi ha un reale interesse sia per le persone che per i risultati
è quella di essere in grado di adattare i propri comportamenti alle necessità della
persona con cui sta trattando.
Approccio dominante e approccio di riserva
È facile che quando sono sotto stress le persone passino automaticamente dal
proprio usuale approccio «dominante» a un approccio diverso, spesso definito «di
riserva». Ad esempio, i dirigenti che hanno l’abitudine di fare ciò che vogliono senza
alcun riguardo per le opinioni del personale, in un confronto diretto probabilmente
addurranno una serie di scuse del tipo: «Perché non me l’hai detto prima?», «Non
avevo idea che per te fosse così importante», oppure «La mia porta è sempre aperta».
Un’oscillazione di questo genere, da un atteggiamento autoritario a uno sollecito,
è abbastanza comune. Naturalmente, una volta superata la crisi, questi dirigenti
probabilmente continueranno a fare quello che vogliono, ma le persone più
perspicaci si ricorderanno di questa reazione per il futuro.
Ma non si dovrebbe contare su questo tipo di cambiamento. In alcuni casi,
infatti, quando si viene sfidati o si è sotto stress, l’approccio dominante diventa
ancora più marcato. Inoltre, in particolari condizioni di affaticamento, alcune
persone possono passare da un approccio autoritario a un atteggiamento sollecito
o addirittura passivo, mentre altre persone, generalmente servizievoli e attente, se
si sentono troppo sotto pressione, possono tramutarsi in leoni aggressivi.
Adattare il comportamento alle circostanze
Se vogliamo gestire bene le relazioni con i genitori, i superiori, i colleghi o i
subordinati, dobbiamo possedere la capacità di adattare il nostro comportamento
alle diverse circostanze e alle diverse persone: questo richiede «sensibilità alle
situazioni» e «flessibilità di stile» (Reddin, 1971).
Nel caso di un’emergenza, ad esempio un incendio, probabilmente lo stile
autoritario è il più appropriato, perché può non esserci il tempo sufficiente per
consultare altre persone. D’altra parte, quando una persona si trova in uno stato di
disagio emotivo, probabilmente è più adeguato un approccio sollecito: «Dimenti-
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cati del lavoro, vai a casa, risolvi le cose e torna quando puoi». Un approccio di
questo tipo può ottenere buoni risultati in termini di lealtà e impegno futuri.
Riconoscere un comportamento inadeguato
Anche se ci sono momenti in cui qualsiasi comportamento è adeguato,
dobbiamo ricordare che ci sono invece momenti in cui un comportamento particolare
può rivelarsi poco opportuno. Perciò è di vitale importanza migliorare sia la propria
capacità di capire quando una particolare forma di comportamento è sbagliata, sia la
capacità di mettere in atto delle forme di comportamento alternative.
Ricordiamo anche che, accanto all’interesse per i risultati e a quello per le
relazioni interpersonali, tutti noi abbiamo un terzo interesse, ossia un interesse per
noi stessi, oppure, più precisamente, per «l’efficacia personale». Le persone, come
anche le organizzazioni, sanno adattarsi con prontezza a qualsiasi modello di
comportamento che si è rivelato produttivo, così come sanno evitare modelli che
si sono rivelati negativi. In questo modo si crea un’interazione estremamente
interessante tra gli stili di management: infatti, se in un’organizzazione si nota che
«chi grida più forte ottiene di più», moltissime persone cominceranno a gridare e,
ugualmente, se la stima o la retribuzione dipendono dall’avere un gran numero di
dipendenti, si farà in modo di costruire un impero.
Anche se è impossibile rispondere a ogni singola situazione, ci sono molte
regole empiriche che ogni manager può utilizzare per individuare i propri comportamenti inadeguati. Ricordate che queste regole si applicano solamente a usi
inadeguati dei differenti tipi di comportamento e che, anche se ad esempio un
comportamento autoritario può avere un effetto negativo su alcune persone, lo
stesso comportamento può invece andare più che bene con altre.
Le persone infatti hanno bisogno di essere trattate in maniera diversa. Mentre
alcune prendono l’iniziativa solo se stimolate, altre invece sono sufficientemente
automotivate e realizzano i risultati migliori da sole.
Leadership ed esperienza di lavoro
Lo stile direttivo adeguato può variare a seconda dell’esperienza professionale
dei propri subordinati (Hersey e Blanchard, 1977).
È probabile che nei primi giorni essi si aspettino da parte del proprio capo che
egli dica loro cosa vuole e come si deve svolgere il lavoro. La seconda fase può
richiedere un comportamento più chiaramente «motivazionale», ad esempio ci si
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può accordare sul risultato da raggiungere, ma lasciare più libertà di decidere come
eseguire l’incarico e fornire poi un feedback sui risultati. È possibile che in una terza
fase le persone abbiano bisogno solamente di un feedback positivo o negativo sugli
esiti (una dimostrazione di genuino interesse). Alla fine una persona automotivata
può essere lasciata da sola con il suo lavoro per la maggior parte del tempo, benché
possa accadere che con certe persone questo tipo di approccio non funzioni mai.
Segnali di un uso inadeguato del comportamento autoritario/assertivo-aggressivo
Nei confronti di un subordinato:
1. Può accadere che un subordinato assuma un ruolo passivo: «Se il mio capo non
vuole ascoltare le mie idee, non darò il mio contributo a meno che non mi venga
richiesto o non mi venga ordinato espressamente». Se qualcuno ha un comportamento passivo, bisognerebbe sempre chiedersi se il suo atteggiamento deriva
dalla sua indole o se è stato provocato da noi. Il capo di un dipartimento una volta
mi disse: «Sono pagato per prendere delle decisioni e lo faccio. Il mio problema
più grave è aver “spento” gli insegnanti del mio dipartimento e non riuscire a
motivarli».
2. È possibile che il subordinato reagisca in modo politico e cominci a scavalcarvi
proponendo suggerimenti e idee ad altri che dimostrano più interesse; in tal
modo si instaurerà una relazione più di competizione che di collaborazione.
3. Può nascere una ribellione aperta o una protesta (come abbiamo visto, se
affrontati apertamente, alcuni dirigenti autoritari assumono immediatamente
un ruolo sollecito, ma tale approccio generalmente ha vita breve).
Nei confronti di un proprio pari:
1. Alcuni rispondono con termini ugualmente autoritari, cosicché si sviluppa
subito un conflitto vincitore-perdente (capitolo 6).
2. Altri colleghi con un atteggiamento sollecito cercano di «appianare» la situazione
non reagendo energicamente. Ma è possibile che riescano a minacciare la vostra
posizione in maniera più imprevedibile.
Segnali di un uso inadeguato del comportamento sollecito
Nei confronti di un subordinato: contrariamente alle aspettative di molti
manager solleciti, la maggior parte delle persone non è motivata dall’adulazione o
da uno stile che ignori gli errori. «Se il capo non si interessa dei miei risultati, perché
dovrei preoccuparmene io?» Di qui i frequenti casi di trascuratezza e scarsa
motivazione.
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Nei confronti di un proprio pari: un collega apparentemente sempre d’accordo con voi (ma che parla alle vostre spalle) perde il vostro rispetto!
Orientamento passivo/politico
Anche se talvolta un comportamento passivo/politico può rivelarsi opportuno, un orientamento di questo tipo probabilmente non sarà molto adatto a una
scuola o a un’organizzazione, tranne nel caso in cui vengano svolti esclusivamente
lavori manuali sotto un severo controllo. Ricordate, naturalmente, che è possibile
siano stati la «cultura» della scuola o un comportamento manageriale ad averlo
prodotto!
Dietro a molti insegnanti «a orario» si cela frustrazione o trascuratezza. Alcuni
mostrano un entusiasmo e un’abilità sorprendenti al di fuori della scuola come
membri di qualche associazione o come rappresentanti politici. Che cosa non ha
funzionato?
Stile e manager scolastici
Ogni giorno osserviamo una grande varietà di comportamenti nei nostri
colleghi di lavoro, nei nostri studenti, nel personale amministrativo e non docente
e nelle altre persone con cui entriamo in contatto. L’orientamento del nostro stile
personale sarà modificato in misura maggiore o minore, deliberatamente o inconsapevolmente, a seconda della situazione da affrontare.
Una lunga esperienza insegna a reagire nel modo più opportuno a molte
situazioni e a controllare le nostre reazioni impulsive. Ci sono tuttavia alcuni
modelli comportamentali che non assumeremmo mai se non ci sforzassimo.
La consapevolezza dei diversi stili manageriali dovrebbe aiutarci ad analizzare
le alternative, indurci a mettere in dubbio le nostre convinzioni e i comportamenti
conseguenti e, perciò, fare di noi dei leader migliori.
ESERCIZI
INDIVIDUALI
1. Pensa ai tuoi colleghi e cerca di classificarli a seconda del loro stile di management
dominante.Inoltre,quale/istile/idiriservahaciascunodiloro?
2. Quale ritieni che sia il tuo stile dominante e quale quello di riserva? Domanda ai tuoi
colleghilaloroopinione.
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ARGOMENTO
DI
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DISCUSSIONE
Fino a che punto è auspicabile modificare il proprio stile di management? Quali sono
i pericoli e come possiamo evitarli?