PROCEDURA PENALE I. Il processo penale. e II. La

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PROCEDURA PENALE I. Il processo penale. e II. La
PROCEDURA PENALE
PARTE PRIMA
LA LEGGE PROCESSUALE PENALE, I SOGGETTI DEL PROCESSO, GLI ATTI.
I. Il processo penale. e II. La successione delle leggi processuali penali nel tempo e le
disposizioni transitorie del nuovo codice di procedura penale.
Il codice vigente si rifà al sistema accusatorio e distingue nettamente tra procedimento e processo
penale, nella prima fase “delle INDAGINI PRELIMINARI” il pubblico ministero NON acquisisce
prove ma ELEMENTI DI PROVA volti ad accertare se si debba procedere o meno all’esercizio
dell’azione penale, il giudice (terzo ed imparziale) nel sistema attuale non conosce le indagini
preliminari ed assiste al formarsi della prova IN SEDE DIBATTIMENTALE nel
CONTRADDITTORIO delle parti.
LA MODIFICA DELL’ART. 111 COST.
L’articolo 111 Cost. e stato modificato nel 1999 e attualmente indica i principi generali di GIUSTO
PROCESSO.
Soprattutto dalla garanzia costituzionale della formazione della prova solo nel contraddittorio delle
parti in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Inoltre la colpevolezza
dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è
sempre sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore.
Tempus regit actum : tale principio impone che ad un determinato reato venga applicata la norma
vigente al momento del suo compimento.
Ma il tempo di applicazione di una norma processuale penale, non è quello della commissione del
fatto, ma quello del processo. → Dubbio : ma il tempus regit actum è applicabile anche per norme
processuali penali? Oppure si applica il principio di efficacia immediata della norma?
Secondo l’art. 16 Disp. Att. , le norme della L. 517/55 si applicano a tutti i procedimenti in corso
(salvo gli atti già compiuti che sono validi). Si sostiene quindi che tale norma non è temporanea,
perché non si sa esattamente quando si esauriranno tutti i problemi di transazione, e quindi questo è
un argomento positivo per individuare un principio generale.
Per evitare di incorrere però in errori o paradossi, il criterio tempus regit actum deve essere (per non
dover ricorrere al criterio dell’immediatezza) applicato non all’intero procedimento o ad una sua
fase, ma ai singoli atti.→ anche la legge processuale penale ha normalmente carattere irretroattivo,
perché il tempus regit actum è riferito ai singoli atti.
Nasce però il problema della retroattività della legge proc. penale più favorevole al reo.
Si osserva comunemente che l’art. 2co3 c.p. fa applicare la norma più favorevole posteriore
(retroattività), o la norma più favorevole anteriore (ultrattività), quindi per questo sarebbe
applicabile anche alla norma proc. penale.
L’art. 2 co3 c.p. non parla però di ultrattività, ma di tempo del commesso reato, per cui, dato che il
tempo di applicazione della legge proc. penale è invece quello del processo, si riferisce solo a
norme penali, anche perchè, se un mutamento legislativo dovesse importare una regressione del
procedimento, seppure in maniera più favorevole per l’imputato, l’interesse di questo sarebbe
comunque pregiudicato per l’allungarsi dei tempi.
Mentre poi, l’ultrattività della norma precedente più favorevole è, nel diritto penale applicazione del
principio tempus regit actum, nel diritto processuale penale una deroga al principio stesso.
Tale retroattività o ultrattività è stata sostenuta anche sulla base dell’art. 25 co2 Cost., la quale
parlando genericamente di una impossibilità di punire se non in forza di una legge antecedente alla
commissione del fatto, colpirebbe non solo il diritto penale sostanziale, ma anche quello
processuale, dal momento che le garanzie del cittadino vengono menomate non solo dalle norme
penali, ma anche da quelle processuali attraverso le quali si applica la sanzione penale.
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Tuttavia ciò significa ritenere l’art. 25 co2 Cost. come una deroga al principio tempus regit actum,
perché troverebbe applicazione non una legge processuale vigente nel tempo in cui si procede, ma
quella più favorevole vigente al momento della commissione del fatto. Oltretutto la Costituzione
non parla assolutamente di retroattività, mentre lo fa l’art. 2 c.p. già confutato. E’ chiaro poi come
ciò porterebbe a gravissimi inconvenienti di ordine pratico, in quanto potrebbe rendere privi di ogni
valore atti non ripetibili.
Non si può nemmeno cercare la conferma di ciò nel comma 1 (Nessuno può essere distolto dal
giudice naturale precostituito per legge), poiché, anche ritenendo che precostituito significhi
esistente al momento del commesso reato, questo non indicherebbe una ultrattività delle
disposizioni più favorevoli, ma una deroga al tempus regit actum.
Pur escludendo sulla base delle precedenti considerazioni tanto una retroattività che una ultrattività
della norma più favorevole al reo, ci si è chiesti, vigente il codice Rocco se, il principio di
immediata applicazione della norma processuale penale non trovi un temperamento nel favor rei
quando concernano la libertà personale dell’imputato.
Tuttavia ciò non sembra configurabile, poiché fino a quando dura la carcerazione preventiva,
l’applicabilità della legge processuale più favorevole è espressione del principio tempus regit
actum.
Il problema si pone invece , e non si poneva invece nel codice Rocco dove era espressamente
stabilita la ultrattività, per la ultrattività della legge processuale più favorevole.
Problema : le disposizioni transitorie del codice del 1988 hanno seguito il tempus regit actum o vi
hanno apportato modifiche?
Art. 258 co1 disp. att. i procedimenti in corso diversi da quelli degli artt. 241 (solo se era stato
emanato l’atto istruttorio conclusivo, o emesso decreto pretorile di citazione o decreto penale di
condanna o giudizio direttissimo) e 242 (quando nei procedimenti in corso si fossero realizzate 2
condizioni : il compimento di un atto istruttorio di cui fosse previsto il deposito, e l’avvenuta
contestazione del fatto all’imputato o l’enunciazione del fatto stesso in un mandato o in un ordine
rimasto senza effetto; oppure quando prima del nuovo codice fosse stato eseguito arresto in
flagranza o fermo), proseguivano con l’osservanza delle disposizioni del codice, consentendo
quindi una applicazione ultrattiva.
Per la determinazione della competenza per materia e per territorio le disposizioni del codice si
applicavano solo per i reati commessi successivamente alla data dell’entrata in vigore dello stesso
(si aveva riguardo non al tempo della commissione del singolo atto processuale, ma al tempo della
commissione del reato.
Ma che succedeva se ex 241 era stato emanato un decreto pretorile di citazione che giustificasse
l’applicazione del codice Rocco e poi questo risultava inficiato di nullità? Alcuni dicevano che si
dovesse applicare ugualmente la norma del vecchio codice; tuttavia ciò è in palese contrasto con il
tempus regit actum e con il favor rei, dal momento che solo nel nuovo codice si ha piena attuazione
del contraddittorio nel momento di formazione della prova.
I SOGGETTI
IL GIUDICE
Si deve distinguere innanzitutto tra giudici ordinari (giudice di pace, tribunale, corte d’assise) e
giudici speciali (giudici militari) e tra giudici collegiali e giudici monocratici (giud. Di pace,
trib.monocratico, giud.per l’ud. Preliminare, etc.)
Titolare del potere decisionale è super partes .
Ordinari
Æ Pretore (monocratico), Tribunale , Corte d’Assise
Speciali
Æ Tribunale Militare
INCOMPATIBILITÁ DEL GIUDICE PENALE (art. 34-35-36-37 c.p.p.)
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ART. 34 c.p.p. stabilisce i casi in cui il giudice non può prendere parte al processo penale perché
la sua imparzialità è intaccata da precedenti attività da lui compiute, quando cioè ha emesso la
sentenza di un grado precedente, ha svolto le funzioni di GIP o GUP o PM salvo i casi in cui
(indicati nel medesimo articolo) gli atti posti in essere non determinino una conoscenza degli
elementi di prova o determinino il venir meno dell’imparzialità (ad es. emettere un autorizzazione
sanitaria non rende il giudice incompatibile)
ART. 35 c.p.p indica l’incompatibilità del giudice per ragioni di parentela. (fino al secondo grado)
ART. 36-37 c.p.p. ulteriori casi di incompatibilità derivanti dall’interesse del giudice nei confronti
dell’oggetto del processo o delle parti (debitori o creditori) o (art. 37) nel caso in cui abbia
indebitamente espresso il proprio parere sui fatti oggetto dell’imputazione)
ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE.
Sono rimedi con cui si può far valere una situazione di incompatibilità del giudice.
ASTENSIONE ART. 36 c.p.p. è la RINUNCIA all’esercizio della funzione a cui il giudice è
obbligato se si trova in una delle situazione TASSATIVAMENTE indicate dall’art.36 (Interesse,
parentela, ha svolto funzioni precedenti)
RICUSAZIONE ART. 37 c.p.p. è la dichiarazione mediante la quale una parte chiede la
sostituzione del giudice perché ritiene che ricorra una delle situazioni indicate nell’art. precedente o
perché questi ha indebitamente espresso la propria opinione sui fatti, esiste un termine
PERENTORIO1 (art. 38) per la richiesta che va fatta o durante l’udienza preliminare (art. 491) o
(se manca) prime dell’accertamento della costituzione delle parti. Sulla richiesta decide la Corte
d’appello, se la richiesta viene accolta il giudice che la accoglie indica anche se gli atti
precedentemente compiuti conservano efficacia.
CORTE D’ASSISE
Composta da giudici laici e togati; infatti art. 102 cost prevede la partecipazione diretta del popolo
all’amministrazione della giustizia ma è diversa dalla giuria ,composta invece da giudici laici che
non sono tenuti a motivare le decisioni in quanto non hanno nozioni tecniche .
Art 111 Cost. “tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati ”.
Corte d’Assise
Minorenni
Presiede un magistrato della Corte d’Appello o del Tribunale + 6 giudici
Due giudici di carriera + due esperti tra i
popolari estratti a sorte tra cittadini aventi titolo di studio di scuola media e di cultori di psicologia , pedagogia, uno uomo
età tra i 30 – 65 anni
e l’altra donna
Corte d’ Assise d’Appello
Presiede magistrato Corte di Cass. +magistrato Corte d’Appello
+ 6 giudici popolari
LA COMPETENZA
La competenza di un giudice si determina in base a tre criteri
1. COMPETENZA FUNZIONALE inerente i vari stati e gradi del procedimento
2. COMPETENZA PER MATERIA individuata dall’art 5-6 c.p.p. (sostanzialmente per tipo di
reati) la corte d’assise è competente per i reati più gravi puniti con l’ergastolo o con pene
superiori a 24 anni di reclusioni e per i reati indicati espressamente dall’art. 5 c.p.p. il giudice di
pace decide invece per i reati di microconflittualità tra privati (reati meno gravi) la competenza
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Non si ritiene che l’esistenza di una causa di incompatibilità determini una causa di nullità rilevabile quindi in ogni stato e grado del procedimento
perché questo sarebbe incompatibile con la presenza di un termine perentorio.
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