istruzione e formazione professionale per le persone svantaggiate

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istruzione e formazione professionale per le persone svantaggiate
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orking papers della
Fondazione G. Brodolini
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orking papers della
Fondazione G. Brodolini
ISTRUZIONE
E FORMAZIONE
PROFESSIONALE
PER LE PERSONE
SVANTAGGIATE
a cura di Bruno Calvetta
con il contributo di
Paola Mengoli e Gia ncarlo Dente
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Fondazione
GiacomoBrodolini
Fondazione Giacomo Brodolini
00187 Roma - Via Barberini, 50
tel. 0644249625 fax 0644249565
[email protected]
www.fondazionebrodolini.it
ISBN 978-88-95380-10-0
ISTRUZIONE
E FORMAZIONE
PROFESSIONALE
PER LE PERSONE
SVANTAGGIATE
a cura di Bruno Calvetta
con il contributo di
Paola Mengoli e Giancarlo Dente
Fondazione
GiacomoBrodolini
Prefazione
La presente pubblicazione affronta il tema delle esigenze formative ed educative dei principali gruppi svantaggiati presenti sul mercato del lavoro,
esaminando il ruolo della formazione professionale nel favorire l’inserimento lavorativo, ampliare la rete di contatti sociali, potenziare le abilità e
le competenze richieste dal mercato del lavoro e promuovere una cittadinanza attiva.
Essa contiene le metodologie e i risultati di un’indagine condotta in otto
Paesi diversi (Romania, Portogallo, Polonia, Svezia, Spagna, Slovacchia,
Italia e Regno Unito) su due campioni di soggetti coinvolti in attività di
istruzione e formazione professionale per gruppi svantaggiati.
L’intento è quello di fornire un contributo al dibattito politico sull’importanza dello sviluppo delle abilità per promuovere l’occupabilità e l’inclusione
e coesione sociali, nonché di aumentare la consapevolezza generale di come
viene e come dovrebbe venire progettata la formazione professionale, ispirando le azioni dei politici e stimolando ulteriori ricerche sull’istruzione e
sulla formazione professionale per le principali fasce svantaggiate a livello
nazionale ed europeo, nell’interesse delle nostre economie e società.
Nel quadro dell’attuale situazione macroeconomica, gli Stati membri
dell’Unione europea devono affrontare le sfide derivanti dalla crisi economica, nell’ottica di adeguare l’economia e i mercati del lavoro alle nuove
domande e ai cambiamenti radicali in atto.
Varie analisi socio-economiche ribadiscono l’importanza di investire nelle
risorse umane. I politici si stanno impegnando per riformare e rinnovare i
sistemi di istruzione nazionali. I ricercatori auspicano l’attivazione di sinergie tra le politiche in materia di innovazione, ricerca, imprenditoria e formazione al fine di sostenere l’inclusione sociale e la crescita del capitale
umano, nonché di rafforzare il capitale sociale a livello locale, regionale,
nazionale ed europeo. Lo sviluppo di conoscenze, abilità e competenze
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migliora l’occupabilità, aumentando così la possibilità per le persone di rendersi indipendenti e di contribuire attivamente alla crescita economica. Le
politiche sociali e formative dovrebbero essere sviluppate per ridurre le barriere che allontanano le fasce più deboli della popolazione dalle opportunità di formazione e lavoro. Gli sforzi mirati a promuovere le conoscenze, le
abilità e le competenze dei lavoratori possono determinare un miglioramento delle prestazioni aziendali, favorendo così la ripresa economica, garantendo al contempo pari opportunità ed equità
Considerata l’attuale situazione, non sembra che la formazione professionale stia promuovendo pienamente la partecipazione di tutti gli individui.
Emergono spesso barriere che escludono i gruppi svantaggiati; vi è scarsa
disponibilità di informazioni sulle barriere all’accesso alla formazione professionale per persone disabili, immigrati, minoranze, lavoratori anziani,
lavoratori scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi.
Struttura della pubblicazione
Il primo capitolo identifica lo scenario europeo, facendo riferimento alle
questioni politiche prese in esame e al quadro generale descritto nella letteratura sugli argomenti oggetto di analisi. I cambiamenti intervenuti nella
composizione della popolazione e nel mercato del lavoro introducono la
motivazione delle ipotesi e delle problematiche affrontate.
Il secondo capitolo esamina le definizioni e il quadro teorico, in particolare
in merito all’esclusione sociale e alle barriere all’accesso all’istruzione per
le principali persone svantaggiate. Questa sezione tratta anche ciò che i
ricercatori definiscono adeguatezza, efficacia, efficienza ed equità della formazione professionale per le persone svantaggiate.
Il terzo capitolo illustra la metodologia di ricerca. Il primo obiettivo della
ricerca era appunto quello di comprovare le azioni utili a illustrare, misurare e valutare la formazione professionale rivolta ai gruppi svantaggiati. A tal
fine, vengono descritti gli obiettivi, il campo di studio, la metodologia, le
classificazioni e i modelli adottati per l’analisi qualitativa e quantitativa dei
dati, la definizione del campione e le principali caratteristiche dei due campioni selezionati. Infine, è riportata una breve conclusione sulla metodologia adottata.
Il quarto capitolo è dedicato ai risultati dell’indagine condotta sui beneficiari delle attività di formazione professionale selezionati all’interno degli otto
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Paesi partner oggetto dell’indagine. Questo capitolo descrive il tipo di formazione, il comportamento e l’autovalutazione dei partecipanti, la loro condizione occupazionale e l’analisi multivariata.
Il capitolo cinque descrive i risultati dell’indagine svolta su otto campioni
di imprese selezionate negli otto Paesi interessati dalla ricerca. Contiene
una descrizione dei corsi di formazione organizzati, le differenze di trattamento dei vari gruppi svantaggiati, l’opinione delle imprese sulla formazione professionale per le persone svantaggiate, per poi illustrare l’analisi multivariata della serie di dati raccolti.
Il sesto capitolo offre una sintesi delle informazioni qualitative raccolte,
riportando in particolare le principali considerazioni emerse dalle relazioni
dei gruppi di lavoro a livello nazionale.
Il capitolo sette presenta un riepilogo delle principali risultanze e alcune
osservazioni conclusive. Infine, il capitolo otto propone le raccomandazioni di politiche.
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Sintesi
Obiettivo della ricerca e fasi di lavoro
La ricerca mirava a comprovare gli strumenti e le metodologie per l’analisi
dell’accesso alla formazione professionale dei principali gruppi svantaggiati in otto Paesi europei (Italia, Spagna, Portogallo, Slovacchia, Polonia,
Romania, Svezia e Regno Unito), tenendo conto sia del punto di vista delle
imprese sia di quello dei beneficiari della formazione.
Più specificamente, la ricerca aveva le seguenti finalità: (i) ridurre le lacune dei metodi di valutazione dell’efficacia dei sistemi di formazione professionale per soddisfare meglio le esigenze dei principali gruppi svantaggiati;
(ii) raccogliere nuovi dati per analizzare la formazione professionale rivolta ai principali gruppi svantaggiati nel mercato del lavoro. I gruppi di persone svantaggiate esaminati erano composti da disabili, immigrati e minoranze, lavoratori scarsamente qualificati, giovani che hanno abbandonato
precocemente gli studi e lavoratori anziani.
Nella prima fase, tramite la raccolta e predisposizione di buone prassi, è
stata organizzata una banca dati conoscitiva utile per creare contatti e assicurare la collaborazione con gli interlocutori nazionali. Tramite otto
“Relazioni sull’analisi di fondo” sono stati descritti i sistemi di formazione
professionale nazionali con specifico riferimento alla partecipazione dei
gruppi a rischio di esclusione sociale (sia nella formazione iniziale sia nella
formazione continua), alle attività svolte e alla coerenza con gli obiettivi
prefissati. È stata poi condotta un’indagine qualitativa sugli attori chiave a
livello nazionale al fine di sondare la percezione di queste tematiche a livello nazionale. Infine, tramite la condivisione di una serie dettagliata di criteri, si è proceduto a una valutazione delle prassi raccolte e a un confronto
delle singole esperienze nazionali in materia di formazione professionale
per gruppi svantaggiati.
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Nella seconda fase della ricerca, è stata realizzata un’analisi approfondita
dell’efficacia e dell’interesse delle attività di formazione professionale per
le persone a rischio di esclusione sociale. In ogni Paese sono state condotte
due indagini su un campione costituito da imprenditori da un lato e da beneficiari di attività formative dall’altro. L’obiettivo era di effettuare un’analisi della qualità e dell’efficacia della formazione professionale per aumentare l’occupabilità, migliorare l’inclusione sociale e ridurre il rischio di inattività.
I campioni di persone appartenenti ai principali gruppi a rischio di esclusione sociale sono stati estrapolati dagli elenchi di partecipanti a corsi di formazione professionale rivolti a persone svantaggiate. Tramite la selezione
dei corsi, delle iniziative e dei programmi esaminati si è cercato di fornire
una panoramica generale sul tipo e sulla qualità della formazione a livello
nazionale. I dati raccolti sono rappresentativi dei sottogruppi di beneficiari
e sono utilizzabili per fornire delucidazioni sulla situazione generale dei
destinatari della formazione. La quantità e la qualità delle interviste ha consentito di descrivere e confrontare i vari contesti. I campioni di imprese
sono stati selezionati in maniera casuale dagli elenchi forniti dalle Camere
di commercio o da enti simili. Tali dati sono stati ponderati sul tipo e sulla
composizione delle imprese a livello nazionale e macroregionale.
Le interviste sono state condotte tra l’estate del 2011 e l’inizio del 2012, in
un periodo in cui la crisi economica aveva già colpito quasi tutti i Paesi
coinvolti e i rispettivi mercati del lavoro erano interessati da un andamento
negativo generale. Potrebbero però esistere mercati del lavoro locali in condizioni molto diverse rispetto all’andamento generale. Pertanto, gli indicatori di prestazione delle imprese intervistate e l’impatto della formazione
sull’occupazione per i partecipanti alla formazione professionale potrebbero risultare positivi in alcuni territori e settori economici specifici, nonostante l’influsso di un andamento negativo generale.
Benefici per i corsisti appartenenti a gruppi svantaggiati
La ricerca era incentrata sulla formazione continua, escludendo invece la
formazione iniziale e in particolare l’istruzione e la formazione professionale collegata all’obbligo scolastico.
L’analisi ha riguardato due diversi aspetti.
Innanzitutto, la ricerca ha esaminato le ricadute della partecipazione alla
formazione professionale sulle condizioni dei corsisti prima, al termine e
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dopo 8-12 mesi dal termine dell’esperienza formativa, indicando tre possibili esiti: inserimento lavorativo, disoccupazione e inattività. La soddisfazione dei partecipanti rispetto al loro attuale impiego, all’orario lavorativo,
alla conservazione del posto di lavoro, alle prospettive di carriera e agli
aspetti economici sono stati analizzati e confrontati con quelli di colleghi e
superiori. Infine, la ricerca ha analizzato alcuni indicatori relativi all’inclusione sociale dei partecipanti alla formazione. Sono stati esaminati anche
altri indicatori, come la soddisfazione per la possibilità di instaurare nuove
relazioni sociali e allargare così la propria rete di contatti soprattutto con la
prospettiva di trovare lavoro tramite sistemi informali.
Inoltre, la ricerca ha esaminato la qualità della formazione professionale
erogata a persone in situazioni di svantaggio, tenendo conto della valutazione espressa dagli stessi beneficiari. Gli indicatori di qualità della formazione professionale erogata comprendono il tipo e la durata del corso, l’acquisizione di nuove abilità, la possibilità di avere contatti utili per trovare lavoro, lo sviluppo di ambizioni personali, nonché l’ampliamento delle relazioni sociali.
Le informazioni sui risultati occupazionali sono state messe in relazione con
le variabili indipendenti costituite dalle caratteristiche personali (sesso, età,
tipo di svantaggio, titolo di studio), ma anche con le specifiche condizioni
del mercato del lavoro all’inizio e alla fine del corso frequentato.
Un altro fattore altrettanto importante è rappresentato dalle motivazioni personali a seguire un corso di formazione professionale, utili per spiegare il
comportamento individuale e indicative della situazione personale complessiva, prima e dopo la partecipazione al corso. In particolare, la decisione di
partecipare a un corso di formazione per interesse personale anziché su suggerimento dell’agenzia per l’impiego, del datore di lavoro, di amici, familiari o perché era prevista l’assegnazione di un’indennità, potrebbe spiegare in parte e influenzare la probabilità di trovare un lavoro dignitoso dopo il
periodo di formazione.
In genere, il rapporto di probabilità è in linea con le aspettative. In particolare, a prescindere dal tipo di svantaggio, sembra che le donne abbiano
minori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto
agli uomini. Analogamente, le persone con un livello di istruzione secondaria superiore potrebbero avere maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto a persone con un livello di istruzione terziaria, indipendentemente dal tipo di svantaggio. Al contrario, la probabilità di
inserimento lavorativo dopo la formazione è positivamente legata all’età: i
lavoratori più anziani hanno maggiori probabilità di inserimento lavorativo
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dopo la formazione rispetto ai colleghi più giovani. In merito al tipo di svantaggio, i lavoratori svantaggiati a causa di caratteristiche occupazionali
(scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente gli
studi) mostrano maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo il corso
rispetto al gruppo di lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo1 (generalmente immigrati o minoranze).
Dall’analisi dei dati emergono chiare differenze geografiche; in particolare
nell’Europa orientale e meridionale le probabilità di inserimento lavorativo
dopo la formazione sono inferiori rispetto al nord. Questi risultati sono collegabili alla situazione generale del mercato del lavoro nei Paesi presi in
esame (essendo i Paesi settentrionali in condizioni più favorevoli rispetto
agli altri Paesi).
L’efficacia della partecipazione alla formazione per aumentare le prospettive occupazionali deve essere confrontata con la qualità del lavoro ottenuto.
Per misurare in maniera oggettiva la qualità di un posto di lavoro, la ricerca ha utilizzato come indicatori sia il tipo di contratto ottenuto dopo il corso,
sia l’opinione dell’intervistato sul posto stesso. Tuttavia, si noti che la ricerca ha omesso di misurare le diverse forme di lavoro protetto estranee al
mercato, della massima importanza soprattutto per i disabili. Le donne
mostrano minori probabilità di ottenere un lavoro stabile a tempo indeterminato e di essere soddisfatte dell’aspetto retributivo. Al contrario, i lavoratori tra i 25 e i 34 anni di età mostrano maggiori probabilità di ottenere un
lavoro stabile e a tempo pieno e di essere molto soddisfatti rispetto ai lavoratori più giovani (classe di età 15-19 anni), indipendentemente dal tipo di
svantaggio. Lo stesso vale per i lavoratori appartenenti al gruppo “altro”
(vale a dire, né occupazionale né ascrittivo), rispetto a persone con svantaggi di tipo ascrittivo; vale anche per i lavoratori con un livello di istruzione
secondaria superiore rispetto ai lavoratori con un grado di istruzione più elevato, indipendentemente dal tipo di svantaggio. Per esempio, i soggetti che
lavorano nell’azienda di famiglia e i soggetti con un contratto stabile a
tempo pieno mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti
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Il termine “ascrittivo” designa una società, un gruppo, ecc., la cui condizione viene
definita da fattori predeterminati quali età, sesso o razza, e non in base a risultati conseguiti a livello individuale. Secondo il modello dello status attainment di Blau e
Duncan (Blau e Duncan, 1967), la posizione nel mercato del lavoro e la classe sociale dei singoli sono condizionate dai titolo di studio e dal prestigio professionale del
padre: entrambi stati di tipo ascrittivo (fissati dalla nascita).
rispetto ai lavoratori assunti con altre forme contrattuali o senza contratto.
Contrariamente alle aspettative, sembra che le persone svantaggiate residenti nell’Europa meridionale abbiano maggiori probabilità di essere molto
soddisfatte per gli aspetti economici inerenti al proprio posto di lavoro,
rispetto ai lavoratori dell’Europa settentrionale.
L’analisi dei dati raccolti suggerisce che i lavoratori con svantaggi occupazionali hanno minori probabilità di essere molto soddisfatti per l’acquisizione di nuove competenze grazie alle partecipazione ad attività formative,
rispetto ai lavoratori che hanno seguito un corso su consiglio altrui, perché
era prevista un’indennità di frequenza o perché inattivi rispetto ad altri
motivi. Altrettanto vale per i lavoratori residenti nell’Europa meridionale
(rispetto a quelli residenti nell’Europa settentrionale), mentre la probabilità
è più elevata per i lavoratori residenti nell’Europa orientale. Tali risultati
sono collegabili alla qualità delle metodologie formative adottate per accrescere le abilità dei partecipanti. Tuttavia, esistono programmi formativi che
risultano più efficaci nel migliorare la preparazione dei corsisti e programmi che danno più risultati nel promuovere l’incontro tra domanda e offerta
di lavoro. Pare che i partecipanti scarsamente qualificati e i giovani che
hanno abbandonato precocemente gli studi, che per definizione avrebbero
necessità di accrescere le proprie abilità, riconoscano meno tale aspetto in
relazione al corso frequentato. Implicitamente, questo sembrerebbe indicare una scarsa qualità della formazione erogata e nessun adattamento alle esigenze dei partecipanti.
Un secondo indicatore di qualità della formazione frequentata potrebbe
essere il grado di soddisfazione dei partecipanti in merito alla creazione di
reti. I partecipanti alle attività formative in possesso di un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore (rispetto ai soggetti con un grado di istruzione post-secondaria o universitaria) e coloro che vivono nell’Europa
orientale (rispetto agli abitanti dell’Europa settentrionale) hanno maggiori
probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione per
quanto concerne il miglioramento dei contatti utili ai fini di un inserimento
lavorativo. Dall’altro lato, i lavoratori con svantaggio occupazionale
(rispetto ai soggetti con svantaggio di tipo ascrittivo) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatti sotto questo punto di vista. Anche questo indicatore pone il problema della qualità della formazione delle persone
scarsamente qualificate e dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Dall’altra parte, si conferma una percezione complessivamente
elevata della qualità delle attività formative frequentate dagli intervistati
dell’Europa orientale.
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Rispetto alla probabilità di essere soddisfatti per la creazione di nuove relazioni sociali grazie alla partecipazione alle attività formative, l’analisi ha
evidenziato che le donne con un livello di istruzione primaria, secondaria
inferiore e secondaria superiore hanno maggiori probabilità di essere molto
soddisfatte rispetto ai soggetti con un grado di istruzione più elevato. Al
contrario, si riscontrano minori probabilità di essere molto soddisfatti per la
creazione di nuove relazioni sociali grazie alla partecipazione alle attività
formative fra i lavoratori con svantaggi occupazionali, rispetto ai soggetti
con svantaggi di tipo ascrittivo. Le differenze territoriali hanno un peso rilevante: le persone che vivono nell’Europa meridionale sono molto soddisfatte sul versante della socializzazione, mentre coloro che vivono nell’Europa
orientale hanno minori probabilità di confermare queste condizioni.
Inoltre, rispetto all’opinione generale sull’efficacia del corso frequentato, in
tutti i gruppi svantaggiati tranne i disabili, solo una piccola percentuale
(meno del 40%) degli intervistati ha ritenuto che il corso sia stato utile per il
lavoro trovato. Questo è un risultato piuttosto sorprendente in quanto contraddice la sensazione generale e il contenuto di tutte le politiche attuate
negli ultimi decenni. È probabile che la maggior parte dei gruppi svantaggiati abbia bisogno di maggior supporto e sostegno nella fase di transizione
dalla formazione al lavoro; per alcuni soggetti (soprattutto per le persone con
disabilità), le mansioni da svolgere andrebbero definite in collaborazione con
le imprese, tenendo conto di eventuali lacune ed esigenze particolari.
In definitiva, le ricadute della formazione sull’occupabilità sembrano più
positive per alcuni gruppi svantaggiati piuttosto che per altri. In particolare,
emergono cambiamenti davvero positivi per i disabili, così come per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e per i soggetti scarsamente qualificati. Tuttavia, sembrerebbe che la formazione abbia avuto
ripercussioni positive ma di minor entità per immigrati, minoranze e lavoratori anziani. A livello generale, per tutti i gruppi si è registrato un calo del
tasso generale di disoccupazione. Le diminuzioni più evidenti riguardano i
giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, le persone scarsamente qualificate e i disabili.
La condizione occupazionale all’epoca dell’intervista (ovvero 8-12 mesi dal
termine dell’attività formativa) è l’unica informazione disponibile per calcolare in maniera approssimativa il perdurare nel tempo degli effetti della
formazione ricevuta. Si potrebbe confrontare con il tasso di occupazione, il
tasso di disoccupazione e il tasso di inattività (anche tenendo distinti coloro che non lavorano e coloro che non intendono cercare lavoro). L’aumento
del tasso generale di occupati tra la fine dell’attività formativa e il momen14
to dell’intervista è minore rispetto all’aumento di questo tasso tra l’inizio e
la fine del corso di formazione. Questo vale per tutti i gruppi tranne che per
gli immigrati e le minoranze, il cui tasso occupazionale registra una flessione. La percentuale di persone escluse dal mondo del lavoro (ovvero disoccupati, persone in cerca del primo impiego e persone inattive che non cercano lavoro) diminuisce leggermente ma non per gli immigrati e le minoranze. Essenzialmente, le differenze più importanti tra i gruppi emergono
nel momento in cui l’analisi si allontana dalla data di termine dell’attività
formativa: la ricerca mostra infatti che, abbandonando la prospettiva di un
effetto a breve termine, altri fattori tendono a sovrastare le ricadute della
formazione, indebolendo la crescita delle abilità. Tali effetti incidono in
maniera diversa sui vari gruppi oggetto di analisi. È molto importante tenere presente che i programmi formativi frequentati dagli intervistati hanno
per lo più breve durata e obiettivi limitati. Spesso le attività formative non
tengono conto del divario in termini di formazione iniziale, né dell’esigenza da parte degli immigrati di imparare la lingua del Paese ospitante per
facilitare l’apprendimento. Pertanto è possibile accertare come la formazione abbia poche ricadute sulla condizione occupazionale dei partecipanti, a
distanza dalla fine del corso, a causa della scarsa solidità di quanto appreso
durante il corso.
Alcuni indicatori suggeriscono di accettare con cautela i risultati dell’indagine concernenti la limitatezza degli effetti positivi della formazione continua per le persone svantaggiate, dal momento che i pareri dei partecipanti
sono stati raccolti qualche tempo dopo il termine dell’attività formativa. Il
perdurare nel tempo degli effetti dell’attività formativa sull’inserimento
occupazionale dovrebbe essere analizzato in maniera più approfondita.
Innanzitutto sarebbe importante considerare le altre caratteristiche personali dei soggetti appartenenti a ciascun gruppo svantaggiato, in modo tale da
tener conto di abilità personali, qualità e durata delle precedenti esperienze
lavorative, impegni familiari, ambiente culturale, sociale ed economico di
ognuno. In secondo luogo, bisognerebbe fare di più per raccogliere dati
sulla qualità e sulle altre caratteristiche delle attività formative frequentate.
Infine, non tutte le caratteristiche necessarie sono facili da esaminare,
soprattutto quando si tratta delle dimensioni regionali e locali, molto utili ai
fini dell’analisi. I risultati a livello occupazionale sono influenzati dalle
numerose e variegate condizioni dei mercati del lavoro locali. Nell’ambito
della ricerca condotta, la valutazione delle singole condizioni del mercato
del lavoro di ogni Paese è stata effettuata prendendo come riferimento i tassi
di occupazione medi della popolazione di ogni macroregione. Ma è ben
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risaputo quanto i singoli mercati del lavoro locali presentino caratteristiche
molto specifiche e distinte, essendo stati colpiti dalla crisi più o meno
pesantemente.
Infine, la ricerca ha consentito di elaborare alcune considerazioni in merito
ai servizi atti a favorire la partecipazione delle persone svantaggiate.
Emergono profonde differenze tra i Paesi esaminati; in particolare, le problematiche sembrano riguardare la maniera migliore di erogare tali servizi.
In particolare, il 64% dei beneficiari intervistati non ha pagato la quota di
partecipazione ai corsi; questa forma di aiuto è ritenuta prioritaria sia da chi
ha tratto beneficio dalla formazione sia da chi non ne ha tratto beneficio.
Tuttavia, altre forme di aiuto non solo sembrano scarseggiare, ma appaiono
anche distribuite in modo non efficace. I giovani che hanno abbandonato
precocemente gli studi apprezzano di più i servizi di assistenza infantile ma
hanno meno probabilità di avere accesso a questi servizi, rispetto ad altri
gruppi svantaggiati che apparentemente apprezzano meno queste forme di
assistenza. Raro è il sostegno finanziario per l’acquisto di libri e altri materiali. I lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani hanno più
probabilità di ricevere questi contributi, anche se apparentemente non li trovano particolarmente utili. Dall’altra parte, immigrati e minoranze li
apprezzano ma hanno meno probabilità di riceverli.
La partecipazione delle imprese alla formazione
professionale rivolta a gruppi svantaggiati
L’indagine condotta sulle imprese era finalizzata a raccogliere elementi
riguardanti le iniziative da esse condotte per la formazione dei lavoratori
appartenenti a gruppi a rischio di esclusione dal mercato del lavoro. La
ricerca ha tentato di individuare quali sono le aziende che effettivamente si
impegnano e dedicano investimenti (pubblici e privati) necessari per impartire corsi formativi ai gruppi più svantaggiati, al fine di promuovere l’occupabilità e aumentare il rendimento di queste persone in azienda.
La ricerca ha confermato l’assunto principale relativo alla partecipazione
delle imprese alla formazione continua del proprio personale. Emergono
alcune osservazioni e dati interessanti per i politici riguardanti la promozione della formazione mirata da parte delle imprese, allo scopo di migliorare
il rendimento del personale in situazioni di svantaggio.
Gli studiosi riconoscono da tempo che le imprese che investono nella formazione continua per il proprio personale sono le aziende più grandi, più
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dinamiche, proiettate a livello internazionale o interessate a nuovi investimenti, nuovi prodotti o nuovi servizi, e a ingrandirsi. La ricerca ha evidenziato che questo vale anche per le imprese che coinvolgono nelle attività di
formazione continua anche i membri del personale a rischio di esclusione
sociale. In realtà, il numero di piccole e medie imprese che fanno formazione professionale rivolta anche ai lavoratori svantaggiati è più alto del previsto. Inoltre, benché le imprese appartenenti al macrosettore dei servizi siano
molto rappresentate tra le imprese che fanno formazione, anche le imprese
manifatturiere e di costruzioni (soprattutto quelle di medie e grandi dimensioni) sono coinvolte in maniera significativa nella formazione continua per
le persone svantaggiate. Questa situazione è riscontrabile in tutti i Paesi esaminati.
Vi sono elementi che comprovano un’esplicita discriminazione nei confronti dei lavoratori svantaggiati o di determinati gruppi svantaggiati rispetto ad
altri? L’80% delle imprese intervistate fra quelle che offrono formazione ai
propri dipendenti ha coinvolto almeno una persona proveniente dai gruppi
svantaggiati presi in esame. Il 20% delle imprese intervistate fra quelle che
offrono formazione non coinvolge nei programmi formativi persone provenienti dai gruppi presi in esame. Supponendo l’esistenza di solo poche
aziende senza lavoratori svantaggiati in organico, si potrebbe sostenere con
estrema cautela che questo indicatore conferma la tendenza limitata a inserire nei corsi di formazione aziendali anche le persone appartenenti a gruppi svantaggiati. La situazione è più critica nell’Europa orientale e meno critica nell’Europa meridionale, mentre nei Paesi dell’Europa settentrionale
questa tendenza non è così evidente.
Non è possibile confermare o smentire l’ipotesi in merito al coinvolgimento, o al mancato coinvolgimento, di specifici gruppi svantaggiati. Infatti, la
normativa sulla protezione dei dati personali ha impedito la rilevazione del
numero di immigrati e disabili occupati presso le imprese intervistate, e la
raccolta del numero di eventuali persone escluse dalle attività di formazione professionale.
La percentuale di imprese che offrono formazione continua incentrata sulle
esigenze dei gruppi svantaggiati è di poco inferiore al 20% delle imprese
che fanno formazione. La percentuale più alta di imprese attive nella formazione mirata ai gruppi svantaggiati si riscontra fra le imprese di grandi
dimensioni operanti nel macrosettore dei servizi, seguita dalle aziende
manifatturiere di medie dimensioni. Le piccole imprese sono quasi del
tutto assenti. Le probabilità di offrire formazione mirata diminuiscono per
le aziende del settore manifatturiero e aumentano in maniera significativa
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per le aziende del settore delle costruzioni. Nel complesso, la percentuale
di formazione mirata sul totale della formazione rivolta ai lavoratori svantaggiati cambia in maniera significativa a seconda del gruppo svantaggiato considerato. Le probabilità di partecipare ad attività formative mirate
aumentano per i lavoratori anziani, i lavoratori scarsamente qualificati e i
giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Pochissime imprese che coinvolgono lavoratori disabili, immigrati e minoranze nelle attività formative organizzano programmi ad hoc per queste categorie. Questa
situazione potrebbe essere dovuta al fatto che il primo gruppo ha più probabilità di presentare alcune lacune strettamente connesse alla specifica
condizione aziendale. I disabili e gli immigrati potrebbero presentare esigenze primarie non direttamente legate alle specifiche abilità utilizzate sul
luogo di lavoro e in seno all’impresa. Le aziende dimostrano maggiore
interesse a una formazione specifica anziché a una formazione generica, in
ragione del rischio di perdere l’investimento nella formazione a seguito
delle dimissioni del personale. Infine, si osservano differenze significative
fra i vari Paesi: mediamente le imprese che offrono formazione mirata nei
Paesi dell’Europa orientale sono meno della metà della media registrata
nell’Europa meridionale e settentrionale. Questo suggerisce una forte
influenza esercitata dal contesto e dal quadro normativo di riferimento,
oltre che dalla cultura imprenditoriale diffusa nei vari Paesi o territori
all’interno dell’UE.
Questa stessa influenza potrebbe spiegare gli investimenti delle imprese in
corsi di formazione continua incentrati su specifici argomenti: per esempio
quelli obbligatori per legge o richiesti da enti pubblici. La ricerca ha riscontrato che il tema principale dei corsi di formazione continua riguarda la
sicurezza e la tutela dei lavoratori: oltre l’82% delle imprese organizza tali
corsi nell’ambito della formazione non mirata, e l’85% nell’ambito della
formazione mirata. A conferma di questi risultati, oltre la metà delle imprese dichiara di essere consapevole del fatto che gli argomenti dei corsi sono
scelti per soddisfare un mero obbligo normativo.
Si evidenziano solo poche differenze a livello di contenuti tra formazione
continua generica (per tutti i dipendenti) e formazione mirata (per persone
svantaggiate). Le lingue (lingua nazionale/lingue straniere), l’utilizzo dei
macchinari e delle tecniche di produzione, nonché l’informatica costituiscono i temi più comuni nella formazione mirata che non nella formazione continua generica. Ciò potrebbe essere dovuto al tipo di mansione svolta dai
lavoratori svantaggiati (più spesso inseriti nei reparti di produzione) o alle
loro specifiche esigenze (ovvero la conoscenza delle lingue per gli immigra18
ti). Non si riesce a spiegare il motivo per cui la formazione mirata preveda
spesso come temi la gestione delle risorse umane, la comunicazione, il marketing e la pubblicità.
Le imprese che investono nella formazione continua coinvolgendo i dipendenti che appartengono a gruppi svantaggiati, sono molto probabilmente
quelle imprese la cui formazione è finanziata integralmente o in parte dal
governo o da altri enti pubblici. La ricerca ha riscontrato che i finanziamenti pubblici sono disponibili per quasi la metà delle imprese che offrono formazione mirata per i soggetti svantaggiati e solo per un terzo delle imprese
che offrono formazione generica. Le imprese che offrono formazione mirata, per uno o più gruppi svantaggiati, hanno maggiori possibilità di ottenere finanziamenti pubblici, ma sono pochissime le imprese che dichiarano di
ricevere finanziamenti pubblici specifici per promuovere interventi di formazione mirata per persone svantaggiate.
È interessante notare la presenza di un numero consistente di imprese che
finanziano la formazione con risorse proprie. La situazione varia da Paese a
Paese, e dall’analisi effettuata sono emersi tre diversi contesti. In Romania,
Slovacchia e Polonia, solo una piccola minoranza di imprese ha ricevuto
sovvenzioni pubbliche. Dall’altra parte, in Spagna e Portogallo la grande
maggioranza delle imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. In Italia e
nel Regno Unito meno della metà delle imprese ha finanziato le attività di
formazione professionale utilizzando risorse proprie, e solo una minoranza
significativa delle imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. In Svezia, la
grande maggioranza delle imprese finanzia la formazione continua con
risorse proprie. Questo si fonda su un accordo con il quadro istituzionale
della formazione continua e con la storia della gestione aziendale, soprattutto all’interno delle piccole e medie imprese in ogni Paese.
Più di due terzi delle imprese riconoscono di aver ottenuto risultati molto
positivi grazie alla formazione continua per i propri dipendenti; in genere le
imprese ritengono che queste ricadute positive valgono sia per i lavoratori
svantaggiati sia per gli altri addetti. Le aziende hanno dichiarato che la formazione continua dei dipendenti ha determinato vantaggi diretti riassumibili in aumenti di produttività e in una maggior accuratezza e qualità del lavoro svolto sul breve e medio periodo, e questo vale anche per le persone in
condizioni di svantaggio.
Le imprese con esperienza diretta di sviluppo di corsi mirati per uno o più
gruppi di lavoratori svantaggiati sono più propense a esprimere un parere
positivo sugli esiti della formazione, sulla realizzazione di specifici corsi e
sulle sovvenzioni pubbliche. Tuttavia, hanno anche maggiori probabilità di
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riconoscere che l’attuazione di corsi comporta costi più alti ma non eccessive difficoltà dovute a impedimenti burocratici. Le imprese ritengono spesso che i corsi di formazione mirati siano difficili da trovare e poco diffusi
nel proprio settore di riferimento. Gli enti specializzati nella formazione
continua possono fornire un utile contributo, anche se si tratta di una prassi
meno comune per la formazione mirata rispetto alla formazione continua
generale.
Raccomandazioni di policy
La ricerca ha approfondito due importanti aspetti relativi all’istruzione e
alla formazione professionale per le persone svantaggiate:
1. ha messo in primo piano le persone svantaggiate già coinvolte in attività formative e con una molteplicità di situazioni occupazionali,
dagli occupati ai disoccupati e ai soggetti in cerca del primo impiego. Tutto sommato queste persone sono “più vicine” al mercato del
lavoro rispetto a persone che, per esempio, potrebbero essersi completamente allontanate dal mercato del lavoro formale;
2. tramite un’indagine presso le imprese, la ricerca approfondisce la
situazione delle persone in condizioni di disagio sociale e già inserite nel mondo del lavoro. Questa indagine ha permesso di analizzare
il ruolo che le imprese possono svolgere ora e quello che potranno
fare in futuro.
i Sviluppo della componente occupazionale della formazione
professionale
L’indagine sulle persone svantaggiate ha evidenziato che buona parte
delle attività formative frequentate ha comportato una qualche forma di
esperienza lavorativa o apprendimento sul luogo di lavoro. Tuttavia, il
42% del campione esaminato ha frequentato esclusivamente corsi in
aula. Tendenzialmente, le persone disabili, gli immigrati e le minoranze
etniche hanno avuto maggiori probabilità di seguire corsi in aula rispetto ad altri gruppi svantaggiati. Le politiche dovrebbero dunque concentrarsi sull’eliminazione di barriere che riducono l’offerta di formazione
sul luogo di lavoro, in particolare per i soggetti che risentono della mancanza di questa opportunità. Tuttavia, una sfida che tali politiche probabilmente dovranno affrontare riguarda la difficoltà a trovare imprese
propense e in grado di offrire questa opportunità. Le politiche finalizza-
20
te a incrementare le opportunità formative sul luogo di lavoro dovranno
dunque prestare attenzione al reclutamento delle imprese.
i Sviluppo del capitale sociale tramite la formazione professionale
Il possesso di reti sociali ben sviluppate e di abilità per la ricerca del
lavoro sono fondamentali per agire nel mercato del lavoro. La ricerca ha
evidenziato come la possibilità di instaurare nuovi contatti e rapporti
sociali sia ritenuta molto importante dalle persone svantaggiate iscritte a
corsi di formazione. Tuttavia, ha anche evidenziato che le persone svantaggiate sono tendenzialmente meno soddisfatte dei fattori relazionali e
sociali inerenti alla formazione rispetto alla formazione stessa. Lo sviluppo del capitale sociale dovrebbe quindi costituire una priorità dei programmi formativi al pari dell’apprendimento.
i Migliorare l’incontro tra opportunità formative e opportunità
occupazionali
Sono state riscontrate notevoli differenze fra i gruppi svantaggiati a livello di percentuale di persone che hanno trovato lavoro dopo la formazione, e anche in merito all’aumento di occupati registrato subito dopo il
corso oppure dopo 8-12 mesi. Tra l’altro, in tutti i gruppi svantaggiati
tranne i disabili, solo una minoranza (inferiore al 40%) degli intervistati
ha ritenuto che il corso seguito fosse attinente all’impiego trovato. Il
miglioramento dell’equilibrio tra il sistema generale di formazione e le
opportunità occupazionali è oggetto di grande attenzione da parte dei
politici a livello europeo, ma costituisce una priorità ancora più stringente per le persone provenienti da contesti svantaggiati, tenuto conto delle
maggiori difficoltà da loro incontrate.
i Migliorare l’impatto a lungo termine della formazione professionale
Nel complesso i maggiori benefici della formazione in termini di inserimento lavorativo tendono a verificarsi al termine del corso e non successivamente. Questo suggerisce che gli effetti occupazionali della formazione tendono ad avere breve durata. La scarsa attinenza di buona parte
della formazione rispetto alle opportunità occupazionali suggerisce anche
che numerosi corsi sono in effetti “una mera opera di contenimento” per
tenere occupate le persone fino a quando non troveranno un impiego.
Maggiore impegno deve essere dedicato allo sviluppo di un più ampio
21
bagaglio di competenze, onde consentire alle persone svantaggiate di disporre di risorse utili e rimanere così più a lungo nel mercato del lavoro.
i Aumentare l’offerta formativa in funzione delle esigenze delle persone
svantaggiate
Solo un’impresa su cinque fra quelle che offrono formazione eroga
anche una formazione mirata in funzione delle esigenze delle persone
svantaggiate. Allo stesso tempo, queste imprese hanno maggiori probabilità di ritenere che questo tipo di formazione sia utile e soprattutto indispensabile per migliorare le prospettive delle persone provenienti da
contesti svantaggiati. In altre parole, nel momento in cui si dedicano alla
formazione mirata le imprese sono più propense a riconoscerne i benefici e a volere intensificare le attività. Le politiche dovrebbero quindi
cercare di aumentare la diffusione della formazione mirata, promuovendo questo messaggio positivo presso le imprese.
i Adottare un approccio diversificato per incentivare la partecipazione
delle imprese
La ricerca ha confermato che le imprese coinvolte nella formazione tendono a essere di grandi dimensioni, dinamiche e operanti nel settore dei
servizi. Tuttavia, anziché adottare un approccio generalizzato per promuovere un più ampio coinvolgimento delle imprese, le politiche
dovrebbero adottare un approccio diversificato: incoraggiare le aziende
più piccole a collaborare tra loro per ripartire i costi; utilizzare la catena
di approvvigionamento per diffondere le buone prassi della formazione;
rivolgersi a quelle aziende che ancora non offrono formazione mirata ma
che già ne riconoscono l’utilità.
i Garantire che la formazione sia esaustiva dal punto di vista
contenutistico
La ricerca ha riscontrato che, in linea di principio, la formazione per le
persone svantaggiate non è necessariamente esaustiva dal punto di vista
contenutistico. Questo potrebbe dipendere dal tipo di imprese coinvolte ma anche da difficoltà nell’organizzazione di corsi incentrati su
determinati argomenti, quali l’uso dei macchinari per le persone svantaggiate. I politici dovrebbero esaminare questa potenziale fonte di discriminazione non intenzionale.
22
i Adottare politiche più olistiche per coinvolgere le imprese
Vi sono prove sostanziali che l’offerta formativa nelle imprese dipende
in larga misura da “stimoli esterni” esercitati dal settore pubblico.
Questo era prevedibile dato che non esiste un mercato della formazione
per le persone svantaggiate analogo al mercato privato della formazione
continua. Tuttavia è anche dimostrato che gli stimoli da parte del settore pubblico vengono esercitati tramite meccanismi poco coordinati tra
loro, come per esempio la normativa sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori, la grande varietà di fondi pubblici disponibili per le finalità
più diverse, e l’altrettanto variegata presenza di organismi specializzati
nella formazione per le persone svantaggiate. Le politiche a sostegno
della formazione aziendale rivolta alle persone svantaggiate dovrebbero
dunque puntare a diventare più organiche e meglio coordinate.
i Far leva sull’entusiasmo delle imprese più intraprendenti
Benché buona parte delle attività formative erogate sembri derivare da
una risposta a sollecitazioni esterne, esiste comunque un nucleo centrale di imprese impegnate a offrire attività formative specificamente rivolte alle persone svantaggiate. In effetti l’evidenza suggerisce che queste
imprese fanno spesso formazione non a causa ma malgrado gli strumenti messi a disposizione dalle politiche pubbliche. Queste imprese
dovrebbero costituire una base su cui fare leva, agendo in qualità di pioniere o ambasciatrici presso altre imprese.
i Sviluppare il ruolo degli enti di formazione e delle agenzie pubbliche
per l’impiego
Malgrado l’importanza degli strumenti di politica pubblica, solo una
minima parte dei fondi pubblici per la formazione è destinata alla formazione mirata delle persone svantaggiate; una consistente minoranza di
imprese ritiene che la formazione mirata sia troppo dispendiosa, poco
utilizzata nel proprio settore e difficile da trovare. Inoltre, il ruolo degli
enti di formazione è determinante per le decisioni di una minoranza di
aziende che offrono formazione mirata; la maggior parte delle persone
svantaggiate ha riferito di non aver usufruito di servizi di consulenza e
orientamento da parte di esperti per quanto riguarda la decisione di partecipare al corso di formazione. Tali dati evidenziano l’opportunità di
potenziare il ruolo degli enti di formazione quali intermediari con il mercato del lavoro. Gli enti di formazione dovrebbero intensificare le pro23
prie attività di assistenza e orientamento e per soddisfare le esigenze di
sviluppo delle competenze delle persone svantaggiate. Tali enti dovrebbero prestare una maggiore attenzione alle esigenze delle imprese, al
fine di garantire l’attinenza delle attività formative rispetto ai posti di
lavoro disponibili.
i Rimuovere gli ostacoli strutturali sul lato della domanda e dell’offerta
Nel corso della ricerca le imprese hanno segnalato la presenza di una
serie di ostacoli importanti all’organizzazione di attività formative.
Questi ostacoli sono spesso causati da complessità burocratiche e da una
scarsa collaborazione all’interno della stessa comunità imprenditoriale.
Tali questioni strutturali rischiano di indebolire i benefici delle politiche
sviluppate nelle raccomandazioni sopraesposte. Le istituzioni dell’UE
dovrebbero prendere in esame tali ostacoli e impegnarsi ad affrontarli in
collaborazione con i vari Stati membri.
24
Indice
PREFAZIONE
5
SINTESI
9
Struttura della pubblicazione
INDICE
1. Introduzione
Scenario politico europeo
6
25
27
27
Scenario generale
30
Presupposti e domande della ricerca
32
Cambiamenti e tendenze nel mercato del lavoro
2. Definizioni e quadro teorico
Esclusione sociale e barriere all’ingresso nel mercato del lavoro
Disagio sociale e livello di istruzione
Adeguatezza, efficacia ed equità della formazione professionale
per le persone svantaggiate
Appendice al capitolo 2.
Definizioni
3. Metodologia di ricerca
Metodologia generale
Individuazione e classificazione dei gruppi svantaggiati
Analisi della formazione professionale per i gruppi svantaggiati
Dimensioni e caratteristiche principali del campione selezionato
Punti di forza e di debolezza della metodologia adottata
31
35
35
40
44
48
49
51
52
55
60
69
25
Appendice 1 al capitolo 3.
Identificazione dei gruppi svantaggiati
Appendice 2 al capitolo 3.
Fasi, strumenti e report
4. Indagine sui gruppi svantaggiati: principali risultati
Tipo di formazione ricevuta dai beneficiari intervistati
71
73
75
75
Comportamento e autovalutazione
85
Condizioni occupazionali al momento dell’intervista
99
Situazione occupazionale all’inizio e alla fine del corso
Appendice al capitolo 4.
Dati e analisi multivariata
5. L’indagine sulle imprese: principali risultati
Domande e ipotesi
91
104
121
121
Le attività di formazione professionale
122
Il parere delle imprese
144
Tra i gruppi svantaggiati
Appendice al capitolo 5.
Dati e analisi multivariata
141
152
6. La raccolta dati qualitativa: principali risultati
165
7. Riepilogo e osservazioni conclusive
179
Appendice al capitolo 6.
Raccolta di prassi sulla formazione professionale
8. Documento sulle raccomandazioni di policy
Appendice 1 al capitolo 8.
Risultati emersi dai questionari raccolti presso gli interlocutori
Appendice 2 al capitolo 8.
Elenco di collaboratori che hanno contribuito alla stesura
del documento sulle raccomandazioni di policy
9. Bibliografia
26
172
189
207
214
217
CAPITOLO 1.
Introduzione
Scenario politico europeo
La prosperità dell’Unione europea è legata alle competenze della propria
forza lavoro e all’innovatività e competitività delle proprie imprese. Dal
2000 l’Europa si sta impegnando per diventare un’economia della conoscenza, definendo come obiettivo la creazione di più numerosi e migliori
posti di lavoro. L’inclusione e la coesione sociale sono priorità dell’agenda politica UE per innovare i sistemi educativi sia nel sistema di istruzione tramite la formazione lungo tutto l’arco della vita, sia nel sistema di
welfare con l’obiettivo dell’allargamento della partecipazione al mercato
del lavoro.
Dopo Lisbona, la nuova strategia denominata “Europa 2020” (Commissione
europea, 2010b) specifica gli obiettivi e le priorità per il decennio successivo (2010-20), stabilendo cinque obiettivi ambiziosi. Essi comprendono la
riduzione del tasso di abbandono scolastico precoce al di sotto del 10%, l’aumento al 40% dei 30-34enni con un livello di istruzione terziaria e la partecipazione di almeno il 15% di adulti ad attività di formazione continua. La
comunicazione “Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione”
(Commissione europea, 2010a) evidenzia l’importanza di aumentare la partecipazione alla formazione continua.
Malgrado le iniziative e le strategie delineate, vi è l’esigenza di un maggiore e più ampio coordinamento tra le varie politiche e misure per lo sviluppo
e l’innovazione dell’istruzione e della formazione, nonché l’occupazione e
le politiche sociali e sanitarie, al fine di superare le barriere responsabili del
disagio sociale di parte della popolazione. Anche se nel corso degli ultimi
anni la politica UE si è concentrata sul raggiungimento degli obiettivi di
Lisbona e sul rafforzamento della formazione e dell’istruzione in generale,
vi è ampio margine per ulteriori iniziative per promuovere una maggiore
equità e uguaglianza.
27
La strategia “Europa 2020” considera la formazione professionale e l’istruzione strumenti indispensabili per trasformare l’Europa in un’economia più
efficiente, verde, sostenibile e inclusiva entro il prossimo decennio.
Nell’ambito di questa strategia, un adeguato sviluppo di competenze è ritenuto essenziale per far fronte ai profondi cambiamenti in atto prima e durante la crisi e alle sue conseguenze a livello socioeconomico.
In questo contesto, la formazione professionale risponde alle esigenze della
forza lavoro di integrare, ampliare o aggiornare le proprie conoscenze, abilità e competenze tenendo conto delle evoluzioni a livello tecnologico, organizzativo, nella richiesta di beni e servizi e nella distribuzione globale delle
attività economiche. La formazione professionale si rivolge ai giovani, più
predisposti a trovarsi in situazioni di fragilità per quanto riguarda la possibilità di trovare un lavoro soddisfacente e sicuro. Troppi giovani abbandonano la scuola prematuramente con competenze insufficienti dal punto di
vista sociale e lavorativo. Inoltre, le statistiche evidenziano che in Europa
sono ancora troppi i lavoratori giovani e adulti scarsamente qualificati; la
loro partecipazione ad attività di formazione continua resta ancora troppo
limitata.
Agli Stati membri si chiede di sviluppare i sistemi di formazione e istruzione al fine di renderli più inclusivi e universali, vale a dire di soddisfare tanto
la domanda degli studenti migliori e più brillanti quanto le esigenze dei
gruppi a rischio di esclusione sociale. Non è facile dire se le recenti riforme
dei sistemi di istruzione e formazione abbiano adeguatamente promosso la
partecipazione e la qualità in Europa. Tra il 2002 e il 2010 si è registrato un
calo complessivo delle iscrizioni nella scuola secondaria superiore (approssimativamente dal 60% al 50% nell’UE-27). Si rilevano anche alcuni
miglioramenti, tuttavia la partecipazione degli adulti alle attività di formazione continua resta sempre al di sotto dell’obiettivo UE del 12,5%. Nella
maggioranza dei Paesi, la partecipazione delle imprese e delle forze sociali
alla formazione professionale è ancora insufficiente e i programmi di studio
tendono a essere scollegati rispetto alle esigenze del mercato del lavoro. I
motivi di queste tendenze non sono molto chiari, inoltre sussistono profonde differenze tra i vari Paesi dell’UE.
La prima questione affrontata dalle riforme dell’istruzione riguarda la mancanza di comunicazione tra i programmi di formazione professionale da un
lato, e altre parti del sistema di istruzione e formazione, soprattutto a livello superiore e terziario. Vari Paesi promuovono una transizione dalla formazione professionale all’istruzione terziaria, consentendo un accesso diretto
o tramite un collegamento tra corsi. Gli strumenti di valutazione delle com28
petenze acquisite sul posto di lavoro sono spesso impiegati per promuovere un ritorno all’istruzione dei giovani e degli adulti privi di un titolo di
scuola secondaria superiore.
La seconda questione riguarda la “cattiva reputazione” della formazione
professionale rispetto alla più generale formazione accademica.
Quest’ultima viene ritenuta in grado di favorire una più vasta scelta occupazionale sul mercato del lavoro. La crescita nel settore dei servizi ha contribuito a creare un’esigenza percepita di competenze e conoscenze non tecniche e più generiche: sempre più giovani si iscrivono alla scuola superiore
senza un’idea chiara del proprio futuro professionale, nel tentativo di tenere aperte più opzioni possibili. Pertanto è importante consentire agli studenti di trovare una propria direzione fornendo loro tutte le opzioni disponibili, e allo stesso tempo aumentare la rilevanza e l’attinenza dei programmi
formativi, professionalizzanti e generici, rispetto al mercato del lavoro.
La terza e ultima questione riguarda l’accesso alla formazione professionale
per persone con esigenze speciali o in situazione di difficoltà. Tutti i Paesi
incoraggiano la partecipazione dei giovani al sistema educativo e la partecipazione degli adulti alla formazione continua; tuttavia le azioni di sostegno
non sembra abbiano favorito condizioni di accesso più eque. Persistono disuguaglianze a livello di accesso soprattutto per gli adulti scarsamente qualificati, i lavoratori più anziani, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, gli immigrati, persone appartenenti a gruppi minoritari, infine i
disabili. Le donne sono poi in condizione di svantaggio in tutte le categorie,
a maggior ragione quando appartengono a uno dei gruppi appena citati.
La formazione continua e l’apprendimento sul posto di lavoro incidono
direttamente sulle imprese e sugli istituti di istruzione. Purtroppo la percentuale di aziende coinvolte in attività di formazione per i propri dipendenti è
molto bassa, soprattutto tra le micro e piccole imprese. Le aziende dovrebbero tenere conto delle proprie esigenze di formazione sul breve e lungo
periodo. Allo stesso tempo, le aziende dovrebbero fornire un proprio contributo ai corsi di formazione per i giovani, offrendo stage in azienda e migliorando le capacità dei propri addetti. Un ruolo molto importante viene svolto dai policy-makers a tutti i livelli territoriali. Occorre garantire un flusso
di informazioni per migliorare la consapevolezza di ciò che si deve fare per
rendere l’istruzione e la formazione coerenti con le esigenze delle imprese
e delle persone. Questo è particolarmente importante nel quadro di sfide
come la grave crisi economica, il flusso massiccio di immigrati, le nuove
sfide poste dalla competitività internazionale e i cambiamenti culturali e
sociali in atto.
29
Aumentare la partecipazione alla formazione iniziale e continua è una sfida
per quasi tutti i Paesi europei. L’obiettivo è di incrementare la partecipazione di giovani, adulti e lavoratori anziani anche in considerazione dell’innalzamento generalizzato dell’età pensionabile. Sta diventando sempre più evidente che è necessario sostenere la partecipazione delle fasce di popolazione normalmente escluse dalla formazione e dall’istruzione, ai corsi di formazione. Questa è sicuramente una delle sfide più importanti per quasi tutti
i Paesi europei.
Scenario generale
Numerose ricerche recenti sembrano essere incentrate sul confronto tra
benefici sociali e benefici economici. Le ricadute più importanti della formazione riguardano l’occupabilità delle persone e la disponibilità di forza
lavoro qualificata sul mercato. Cosa si intende per “ricadute sociali della
formazione”?
Una prima risposta a questa domanda considera l’inserimento sociale, in
particolare dei gruppi più vulnerabili a rischio di esclusione. Come noto, la
tendenza generale delle politiche sociali è transitata da un approccio “correttivo” a un approccio basato su “incentivi”. L’inserimento sociale diventerà dunque sostenibile e sarà ottenuto grazie alla partecipazione al mercato del lavoro. Per questo motivo le “politiche sociali attive” prestano attenzione alle esperienze formative in quanto esse possono aumentare le prospettive occupazionali delle persone, in particolare dei soggetti a rischio di
esclusione sociale, tradizionalmente a carico dei servizi sociali.
La ricerca condotta mette in chiaro che ad oggi l’istruzione determina in
maniera significativa un aumento degli stipendi e delle prospettive occupazionali (cfr. ad esempio Card, 1999). Sappiamo bene quanto le esperienze
formative condizionino i risultati individuali nel mercato del lavoro e quanto le esperienze formative disfunzionali o avverse delle fasce deboli incidano sull’inserimento lavorativo di queste persone. Inoltre, mettendo a confronto istruzione e crescita economica nei diversi Paesi, l’istruzione scolastica riveste un ruolo importante per favorire la crescita economica e la solidità dello stato sociale di un Paese (Barro, 1997; Barro & Lee, 1993;
Krueger & Lindahl, 2001). Allo stesso tempo, l’inclusione sociale viene
sostenuta innanzitutto mediante la partecipazione individuale al mercato del
lavoro e conseguentemente tramite il grado di istruzione che favorisce l’occupabilità.
30
Una seconda risposta alla domanda mette in relazione il ruolo dell’istruzione nelle più importanti caratteristiche sociali. L’istruzione aumenta l’impegno civile e la cittadinanza attiva (Brehm & Rahn, 1997; Dee, 2004).
Inoltre, esiste un rapporto diretto tra il grado di istruzione dei genitori e l’istruzione dei figli (Black, Devereux & Salvanes, 2005). Infine, la ricerca
mostra l’impatto significativo sulla salute (Currie, 1995), sulla criminalità
(Lochner & Moretti, 2004) e un’ampia gamma di ricadute sul capitale
sociale (Hammond & Feinstein, 2004).
Di recente studiosi e policy-makers hanno concordato sulla necessità di
dedicare un’attenzione particolare alle esperienze educative delle persone
svantaggiate, al fine di esaminare e promuovere azioni di lotta contro la
povertà e l’esclusione sociale.
Ci si riferisce qui a due principali categorie di politiche. Da una parte, le
politiche educative dovrebbero offrire una via di uscita dal disagio sociale
per i giovani, anche se alcuni Paesi hanno adottato politiche di ammissione
scolastica più eque rispetto ad altri Paesi. Le scuole dovrebbero sostenere
obiettivi cognitivi e non cognitivi, in particolare per gli studenti provenienti da contesti svantaggiati e in situazioni di disagio personale. Dall’altra
parte, le politiche sociali per l’inclusione e la coesione sociale, l’equità e il
benessere dovrebbero favorire l’accesso al sistema di istruzione e formazione. Alcuni esempi di queste politiche: trasferimento di fondi alle famiglie
con figli in età scolare; programmi di istruzione per i giovani che hanno
abbandonato precocemente gli studi; formazione per adulti scarsamente
qualificati; bilancio delle competenze acquisite sul posto lavoro per facilitare il reinserimento nel sistema di istruzione.
Fino a poco tempo fa, scarseggiavano le ricerche sul tema delle esperienze
formative dei gruppi svantaggiati finalizzate a migliorarne l’occupabilità
anche in termini di occupabilità, inclusione sociale, coesione, tutela sociale
e cittadinanza attiva. La ricerca i cui risultati sono riportati nella presente
pubblicazione punta a entrare a far parte di questo nuovo filone di studi.
Cambiamenti e tendenze nel mercato del lavoro
I recenti afflussi di stranieri (iper)qualificati disposti a svolgere i lavori ritenuti più umili, in termini di competenze, mansioni e retribuzione, ha determinato una maggiore pressione competitiva sui lavoratori “nativi” scarsamente qualificati o non qualificati. Si tratta di una situazione diffusa in vari
Paesi dell’Europa orientale, settentrionale e occidentale. Essa riguarda sia i
31
giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, sia i lavoratori
adulti e anziani prossimi all’età pensionabile.
Le statistiche europee ufficiali mostrano una diminuzione della percentuale
di forza lavoro scarsamente qualificata o priva di ogni qualifica. Questo per
due ragioni: innanzi tutto le nuove generazioni hanno un livello di istruzione generalmente più elevato rispetto al passato; secondo, il mercato del
lavoro ha sempre più bisogno di lavoratori qualificati.
La recessione in atto ha provocato un aumento dei lavoratori in esubero
scarsamente qualificati confermando una tendenza legata a cambiamenti sul
lato della domanda. I datori di lavoro hanno cercato di trattenere i membri
più qualificati della propria forza lavoro, cogliendo l’occasione per innalzare i propri standard di assunzione. La situazione ha peggiorato la drammatica riduzione di posti di lavoro per le persone più fragili, già colpite da una
serie di difficoltà a migliorare la propria condizione socio-economica.
Questo vale soprattutto per le persone disabili (in grado di lavorare), per i
lavoratori anziani con problemi di salute, per le donne sole con figli e per i
soggetti in condizioni di disagio multiplo.
Presupposti e domande della ricerca
Alla base dello studio condotto vi sono i seguenti presupposti:
(a) la partecipazione e le ricadute dell’istruzione e della formazione
sembrano condizionate dalle origini della famiglia, da etnia e disabilità e dal generale quadro istituzionale. Il capitale umano è strettamente correlato alle componenti del capitale culturale (Bourdieu &
Passeron, 1964) e sociale (Putnam, 1993);
(b) la mancata partecipazione ai sistemi di istruzione e formazione da
parte delle persone appartenenti a gruppi svantaggiati a rischio di
esclusione sociale dipende da due cause principali: la prima fa riferimento ai fattori insiti al sistema educativo e formativo, strutturato in
maniera tale da escludere tendenzialmente le fasce più vulnerabili
della popolazione. Il secondo insieme di cause fa riferimento alle
caratteristiche personali, sociali ed economiche dei soggetti, vulnerabili al punto da sperimentare spesso un calo di motivazione rispetto
alla partecipazione al sistema di istruzione e formazione;
(c) alcuni importanti fattori allontanano i gruppi svantaggiati dal sistema
di istruzione e formazione professionale: la tendenza a privilegiare
32
una formazione teorica a discapito dello svolgimento di attività pratiche, un sistema di selezione orientato agli studenti migliori con conseguente allontanamento delle persone con scarso rendimento, l’assenza o la penuria di programmi efficaci per il superamento delle barriere linguistiche, ma anche la carenza di servizi di tutoraggio, mentoring e orientamento;
(d) tra i fattori principali che allontanano le persone dal sistema di istruzione vi sono la paura del fallimento, la scarsa fiducia nelle opportunità, la sottovalutazione delle proprie abilità personali, la presenza di
barriere linguistiche, responsabilità familiari, difficoltà economiche,
povertà sociale, il risiedere in quartieri degradati o aree periferiche,
la presenza di barriere architettoniche, malattia o disabilità, e così
via;
(e) le probabilità che hanno le persone di trovare lavoro dipendono da un
insieme di fattori complessi e dal possesso di capitale umano. Le abilità, capacità, competenze e conoscenze personali costituiscono l’insieme di elementi posseduti dai soggetti più studiato e dibattuto; in
realtà anche i fattori economici, sociali, istituzionali, tecnologici e
organizzativi sono estremamente importanti;
(f) ai fini della creazione di capitale umano, l’apprendimento formale,
non formale (soprattutto sul posto di lavoro) e informale contribuiscono allo sviluppo di abilità e competenze soprattutto per quanto
riguarda la popolazione adulta;
(g) vi sono imprese molto attive dal punto di vista formativo a fronte di
altre imprese che non promuovono (se non di poco) lo sviluppo delle
competenze: gli elementi centrali (Hackman and Oldham, 1974)
determinanti la varietà o la complessità di una data mansione sono
fondamentali in quanto strettamente connessi alle esigenze di
apprendimento specifiche di un determinato posto di lavoro (Richter
& Wardanjan, 2000);
(h) le conoscenze utilizzate sul posto di lavoro non sono solo legate alla
capacità di svolgere specifiche mansioni, ma vanno integrate anche
da competenze relazionali e sociali, oltre che da competenze generali e di base. Per conservare un posto di lavoro decoroso per tutta la
vita è importante essere in grado di creare adeguate reti di relazioni;
(i) in questa epoca contrassegnata da vincoli di bilancio, è indispensabile fornire strumenti per l’individuazione delle politiche più efficaci
33
ed efficienti atte a promuovere solo le pratiche con ricadute positive.
Questo studio intende chiarire alcune delle relazioni esistenti tra formazione professionale, occupazione e inclusione sociale per i principali gruppi
svantaggiati a rischio di esclusione sociale. Qui di seguito sono indicate le
principali domande dello studio, alle quali la presente pubblicazione cerca
di dare risposta:
(1) la partecipazione ai sistemi di istruzione e formazione può far
aumentare la qualità della vita di persone fino ad oggi parzialmente
escluse dall’apprendimento? È in grado di promuoverne l’occupabilità e di conseguenza una più efficace inclusione sociale? È in grado
di aumentare il loro rendimento sul lavoro, promuovendo una cittadinanza attiva a sostegno della coesione sociale a livello locale/regionale?
(2) la partecipazione ai sistemi di istruzione e formazione, e soprattutto
alla formazione continua da parte dei gruppi più svantaggiati non
dovrebbe essere l’unico intervento a sostegno della loro produttività,
occupabilità e inclusione sociale (Preston & Green, 2008). È necessario prevedere uno stretto collegamento tra politiche educative per
gruppi svantaggiati e politiche generali per l’occupazione, la salute e
il welfare?
(3) al fine di esaminare le competenze utili per l’occupabilità, è importante approfondire la connessione tra competenze sviluppate tramite
la partecipazione al sistema di istruzione e formazione, e competenze maturate sul posto di lavoro, durante o dopo aver concluso l’esperienza formativa o scolastica? Sarebbe importante tenere conto del
tipo di programma scolastico o formativo frequentato dalle persone?
Quali sarebbero le implicazioni derivanti dal tener conto non solo del
corso frequentato ma anche di precedenti esperienze lavorative?
(4) gli investimenti pubblici e privati sono indispensabili per promuovere l’innovazione e l’inclusione dei principali gruppi svantaggiati
nelle attività scolastiche e formative? Oppure potrebbe bastare la partecipazione delle imprese private per migliorare l’occupabilità di
questa fascia di popolazione?
34
CAPITOLO 2.
Definizioni e quadro teorico
In questo capitolo viene presentato il quadro teorico di riferimento dello studio, costituito dalla formazione professionale per le persone svantaggiate e
dagli aspetti chiave delle politiche attive del lavoro e delle attività di formazione continua. Inoltre vengono fornite alcune definizioni utili sulla formazione professionale, la formazione aziendale e i gruppi svantaggiati nel
mercato del lavoro.
Il quadro di riferimento della presente ricerca attinge a vari settori della letteratura, ovvero: esclusione, inclusione e coesione sociale da un punto di
vista sociologico; equità nel sistema di istruzione e formazione; rapporto tra
disagio sociale, grado di istruzione, occupabilità e carriera professionale.
Infine, è riportata una breve disamina sull’efficacia ed efficienza della formazione professionale.
Esclusione sociale
e barriere all’ingresso nel mercato del lavoro
Il disagio e l’esclusione sociale gravi rappresentano un tema cruciale per
qualsiasi società. Il disagio sociale descrive una situazione in cui le persone soffrono di una “combinazione di problemi interconnessi e auto-rafforzanti”, quali disoccupazione, scarsità di competenze, basso reddito, condizioni abitative misere, criminalità, cattiva salute e disgregazione del nucleo
familiare (Hills, Le Grand, Piachaud, 2002). Il disagio sociale è dunque un
concetto dalle tante sfaccettature inerente alla scarsa o mancata partecipazione alle aree chiave della vita moderna, come i consumi, la ricchezza, la
vita sociale e la cittadinanza attiva.
Brandsma (2002) presenta un’analisi dettagliata dei vari significati attribuiti dagli studiosi al tema dell’esclusione sociale, suggerendo una definizione
complessa e convincente di gruppi svantaggiati. La ricercatrice considera
35
l’esclusione sociale uno stato di negazione della partecipazione alla sfera
sociale, culturale ed economica, comprendendo quindi anche l’istruzione, la
formazione e il mercato del lavoro. Inoltre, aggiunge che l’esclusione sociale deve essere studiata prestando particolare attenzione ai momenti chiave
di transizione nella vita. L’esclusione sociale e lavorativa si può verificare
a qualsiasi età e non ha necessariamente un punto di inizio e/o di fine.
È possibile individuare due categorie di fattori alla base dell’esclusione
sociale. I fattori strutturali possono essere di natura economica, tecnologica, socio-demografica, istituzionale e politica. I fattori culturali riguardano
il ruolo di opinioni comunemente accettate (es. in merito all’importo minimo delle sovvenzioni o al salario minimo); valori e norme (etica del lavoro,
opinioni sulla solidarietà) e aspettative legate ai ruoli (es. uomini e donne);
atteggiamenti verso le minoranze etniche (es. in merito al contesto di una
società multiculturale) e verso fasce deboli in genere (stigmatizzazione
sociale che impedisce l’esercizio dei diritti); sviluppo di una “cultura della
povertà” all’interno di gruppi esclusi o isolati o di comunità ad alto rischio
di trasmissione dell’esclusione da una generazione all’altra; percezione di
povertà e disuguaglianze (Brandsma, 2002, p. 20).
I membri delle minoranze etniche, le persone con disabilità o problemi di
salute, gli anziani e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi
vengono spesso identificati come gruppi svantaggiati anche sotto il profilo
istituzionale (es. EHRC, 2010).
Occorre considerare che il disagio sociale non è osservabile direttamente
ma lo sono le sue conseguenze, utilizzabili appunto per la rilevazione e la
descrizione del disagio stesso.
Le situazioni concrete di disagio solitamente sommano elementi appartenenti a varie aree di disagio, facendo emergere condizioni di bisogno molteplici. Le principali aree di disagio personale sono:
1. economico: generale povertà, interruzioni nella storia occupazionale,
scarso o insufficiente sostegno da parte dei servizi pubblici;
2. educativo: dispersione scolastica, scarse qualifiche e competenze,
scarsa comprensione della lingua parlata nel Paese di arrivo, riconoscimento dei diritti di cittadinanza;
3. sociale: origini e contesto familiare difficili, condizioni abitative e
ambiente in generale, mancanza di reti di sostegno;
4. culturale: discriminazione sociale e lavorativa per il colore della
pelle, disabilità, sesso, orientamento sessuale, religione, opinioni
personali;
36
5. salute: malattia, disabilità, patologie e fragilità psicologiche;
6. caratteristiche personali: riluttanza personale agli spostamenti, scarsa motivazione al superamento delle barriere e così via.
In alternativa, il concetto chiave di un’economia di mercato è il lavoro remunerato. L’esclusione dal lavoro remunerato (disoccupazione o inattività) e la
segregazione in posti di lavoro di bassa qualità caratterizzati da stipendi bassi,
condizioni lavorative scadenti, occupazione instabile e poche opportunità di
crescita rappresentano aspetti cruciali sotto vari punti di vista, contribuendo a
definire l’identità di una persona. Parimenti, anche lo standard familiare e la
qualità della vita dipendono dal reddito guadagnato. Il disagio nel mercato del
lavoro può anche dare origine a ulteriori forme di svantaggio ed esclusione
sociale, tramite dipendenza dai sussidi, povertà, condizioni di salute precarie
e persino comportamenti antisociali (inclusa la criminalità).
Il gruppo dei soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro potrebbe fare riferimento alla fascia di popolazione con opportunità occupazionali limitate a
lavori di routine, molto semplici o sottopagati, oppure a persone escluse dal
mercato, disoccupate o economicamente non attive.
Per spiegare la posizione delle fasce deboli sul mercato del lavoro, è utile il
concetto di labor queue, o graduatoria dei potenziali lavoratori. Questo concetto, ottimamente espresso da Thurow (1975), afferma che i datori di lavoro controllano gli accessi ai posti di lavoro. Essi stilano una graduatoria dei
potenziali lavoratori in ordine di attrattiva per l’azienda e scorrono questo
elenco, iniziando le assunzioni dal soggetto più attraente per poi passare al
secondo più attraente e così via, fino ad aver soddisfatto le esigenze di forza
lavoro dell’azienda. I lavoratori di maggior valore verranno messi all’inizio
della graduatoria, mentre quelli meno validi (o più costosi) andranno a formare la fine della graduatoria. Il valore elevato è generalmente associato
all’alto rendimento reso possibile dal possesso delle capacità o competenze
base necessarie per ricoprire il posto di lavoro vacante, anche se un datore
di lavoro potrebbe ritenere il possesso di qualifiche o di esperienze pregresse come segni o indicatori di tali capacità. Secondo i datori, i candidati di
basso valore sono quelli non in possesso di queste capacità di base e dunque bisognosi di ulteriore preparazione per arrivare al livello standard
richiesto per l’esecuzione del lavoro.
La posizione del singolo in questo elenco (all’inizio, alla fine) determinerà
le possibilità di assunzione. Quando la domanda di lavoro cresce, le assunzioni di lavoro verranno effettuate scorrendo verso il basso la graduatoria
più di quanto non succederebbe in caso di rallentamento della domanda di
37
lavoro. Oltre al deficit di competenze, che per le imprese potrebbe significare la necessità di fare formazione aggiuntiva per i nuovi assunti, monitorare da vicino il lavoro svolto o persino modificare le procedure operative,
altre caratteristiche che secondo il datore (a ragione o meno) potrebbero
generare costi aggiuntivi (come la scarsa disciplina sul posto di lavoro,
eventuali assenze per malattia, la necessità di fornire un alloggio, ecc.) contribuiranno a far scendere di graduatoria il lavoratore.
Si presume che le persone appartenenti ai gruppi svantaggiati mostrino alcuni segni che determinano un loro posizionamento in fondo a questa graduatoria. Secondo la teoria, solo le persone con bassi livelli di competenze, scarsamente qualificate o prive di qualsiasi qualifica dovrebbero essere inserite
in fondo alla graduatoria del lavoro. E invece vari fattori economici, culturali e linguistici, nonché la presenza di barriere psicologiche, possono impedire ai membri dei gruppi svantaggiati di occupare una buona posizione nella
graduatoria dei potenziali lavoratori. La posizione nel mercato del lavoro dei
soggetti svantaggiati per problemi di salute, disabilità o altri fattori culturali
ed etnici discriminanti può venire ulteriormente indebolita.
Ovviamente non tutti i soggetti appartenenti a questi gruppi sono svantaggiati dal punto di vista delle prospettive occupazionali o del grado di istruzione, ma le fasce di popolazione definite da determinate caratteristiche
mostrano livelli molto più alti di disagio rispetto alla popolazione generale.
Gli studi sulle barriere all’ingresso nel mercato del lavoro, oltre alla mera
assenza o carenza di qualifiche, hanno preso in esame in particolare i disabili e le minoranze etniche. Questi soggetti, a parità di livello e tipo di qualifica, hanno più probabilità di subire discriminazioni rispetto ad altri gruppi svantaggiati.
Barriere all’ingresso nel mercato del lavoro delle persone disabili
Precedenti studi hanno individuato la presenza di diverse barriere all’ingresso nel mercato del lavoro delle persone disabili (Burchardt, 2001). Esse
comprendono la mancanza di qualifiche, formazione ed esperienza, l’assenza di incentivi fiscali, difficoltà nella compilazione delle domande di lavoro e a sostenere un colloquio, trasporti non accessibili, scarsa comprensione da parte dei consulenti del lavoro, percezione dei datori secondo cui il
lavoro non è eseguibile dal disabile, e discriminazioni da parte dei datori di
lavoro. Naturalmente, alcuni disabili non inseriti nel mondo del lavoro
potrebbero non essere in grado o non essere disposti a lavorare. Tuttavia,
anche tenuto conto di ciò, rispetto ai disabili il tasso di transizione al lavo38
ro è quattro volte più alto tra i non disabili rispetto ai disabili, segno evidente di una asimmetria nelle barriere all’ingresso al lavoro di persone disabili
e non disabili (Barret, 2010; Eurostat, 2002). Non soltanto le percentuali di
accesso al lavoro sono più basse tra i disabili, ma anche le percentuali di
permanenza in una situazione di impiego sono più basse tra i disabili,
soprattutto immediatamente dopo il verificarsi della disabilità.
Le persone con disabilità possono essere inserite in un posto di lavoro regolare o in un posto di lavoro sovvenzionato nell’ambito del collocamento
obbligatorio o di forme di lavoro protetto. Il lavoro protetto consiste in
diverse tipologie di laboratori che offrono opportunità di inserimento a persone affette da diversi livelli di disabilità. La distribuzione delle persone
disabili nel lavoro ordinario per grado di disabilità indica che le persone con
disabilità lieve o moderata sono generalmente inserite nel mercato ordinario, e al diminuire della cosiddetta “ridotta capacità lavorativa” aumenta la
percentuale di inserimento nel mercato ordinario (Applica, Cesep &
European Centre, 2007).
Barriere all’ingresso nel mercato del lavoro di immigrati e minoranze
I dati evidenziano che la discriminazione, in particolare la discriminazione
razziale (basata su fattori etno-razziali socialmente prodotti come il colore
della pelle, l’accento, l’affiliazione religiosa o culturale) rappresenta un fattore diffuso che ostacola la ricerca di un lavoro stabile da parte delle persone. Esso condiziona anche le esperienze professionali come ad esempio le
tipologie di mansioni assegnate, la mobilità professionale e la conservazione del posto di lavoro.
Vari studi documentano che il mancato riconoscimento di eventuali credenziali/esperienze svolte all’estero e l’obbligo di un’istruzione/esperienza
acquisite nella nazione ospitante costituiscono la barriera più significativa
che impedisce agli immigrati recenti di trovare un impiego stabile nel proprio settore. I risultati della presente ricerca indicano che gli immigrati
hanno tuttora difficoltà a trovare un lavoro stabile nel proprio settore, anche
dopo aver maturato esperienze formative o lavorative nella nazione di arrivo. I fattori etno-culturali socialmente costruiti come etnia, razza, religione,
lingua, accento e Paese di origine hanno grande importanza nel definire gli
accessi e gli esiti sul mercato del lavoro.
Il crescente corpus di ricerche empiriche svolte, ad esempio in Germania,
ha ripetutamente dimostrato che gli immigrati hanno prospettive più deboli
sul mercato del lavoro rispetto ai tedeschi nativi. Gli immigrati sono ampia39
mente rappresentati tra i disoccupati e le fasce più basse della gerarchia
occupazionale (Shima et al. 2008).
Alcune spiegazioni teoriche suggeriscono che le differenze di retribuzione
tra lavoratori nativi e immigrati sono determinate o dalle differenze nell’acquisizione di capitale umano o da specifiche forme di esclusione degli
immigrati da sistemi retributivi equi. Le ipotesi sulla qualità del lavoro e
sulle discriminazioni nel mercato del lavoro sono state esaminate nel 1995,
tramite un corposo campione di lavoratori dipendenti svedesi. I dati mostrano che l’inserimento nel mercato del lavoro è relativamente poco problematico per gli immigrati dei Paesi occidentali, mentre gli immigrati di altri
Paesi, soprattutto quelli provenienti da Africa, Asia e America Latina, una
volta entrati nel mercato del lavoro svedese incontrano ostacoli considerevoli per quanto riguarda gli aumenti salariali. Per quest’ultimo gruppo di
Paesi, l’esercizio di controlli sul capitale umano generico e specifico per
Paese riduce le differenze di tipo salariale. Ciò nonostante permane un divario di dimensioni non trascurabili. Così, le ipotesi sulla qualità del lavoro
spiegano in parte il divario retributivo osservato tra nativi e immigrati, ma
le restanti differenze sono interpretabili solo in termini di discriminazione
nel mercato del lavoro (Grand & Szulkin, 2002).
Disagio sociale e livello di istruzione
Brandsma (2002, p. 23) considera la relazione tra esclusione sociale e partecipazione ai sistemi di istruzione e formazione, concludendo che: “l’istruzione non è l’unica causa o l’unica soluzione per l’esclusione sociale.
Ciononostante, vi sono buone ragioni per ritenere che il grado di istruzione
o meglio l’accesso e l’utilizzo delle opportunità di istruzione, formazione e
apprendimento costituiscono fattori chiave nel processo di esclusione”.
In linea generale, le persone in una situazione di disagio hanno un grado di
istruzione decisamente inferiore, e il disagio sociale agisce tramite l’istruzione generando redditi più bassi anche per le persone provenienti da
ambienti meno svantaggiati. Questo perché le persone provenienti da situazioni di disagio investono meno nell’istruzione e solo alcune di queste persone ottengono stipendi più alti associati a tale investimento.
La ricercatrice ha esaminato i benefici dell’istruzione in rapporto a salute,
criminalità, impegno civile ed educazione dei figli. Vi sono prove di importanti effetti, in quanto l’istruzione migliora sensibilmente lo stato di salute
(Grossman & Kaestner, 1997, Kitagawa & Hauser, 1973), riduce i livelli di
40
criminalità (Feinstein & Sabates, 2005) e promuove il grado di impegno e
partecipazione civile (Dee, 2004). L’istruzione degli adulti provoca importanti effetti intergenerazionali sull’istruzione dei figli (Black, Devereux &
Salvanes, 2005). La scarsa partecipazione al sistema di istruzione e formazione della popolazione svantaggiata produce un inasprimento del disagio
proprio per la mancanza di questi benefici non economici.
Recentemente, importanti istituzioni2 e ricercatori hanno messo in luce la
grave situazione in cui versano alcuni gruppi svantaggiati privi delle tradizionali conoscenze e competenze offerte dall’istruzione iniziale obbligatoria. Le persone svantaggiate dal punto di vista sociale e lavorativo mostrano carenze a livello di conoscenza della lingua, capacità logiche e nozioni
di materie scientifiche. Inoltre, la letteratura esamina la forte complementarità tra abilità, qualifiche e conoscenze maturate durante l’istruzione formale da un lato, e abilità, competenze e capacità acquisite durante la formazione sul lavoro. Le conoscenze e competenze pregresse offrono forti incentivi e maggiori opportunità per proseguire gli investimenti nell’istruzione e
nella formazione. In pratica, sembra che la partecipazione degli adulti alla
formazione professionale amplifichi il divario di competenze anziché compensare i bassi livelli di istruzione dei lavoratori.
McCoshan et al. (2008) individuano e descrivono le principali barriere che
i gruppi svantaggiati devono fronteggiare nel percorso di apprendimento e
partecipazione al sistema di istruzione e formazione. Essi distinguono alcuni fattori comuni che ostacolano il raggiungimento di adeguati obiettivi formativi per sette gruppi di persone svantaggiate. Essi sono in particolare:
abbandono dell’istruzione formale e scarsa motivazione; mancanza di
opportunità formative per le persone scarsamente qualificate e bisognose di
assistenza e orientamento; carenza di risorse e presenza di stereotipi; pregiudizi e discriminazioni.
La tabella seguente riporta una descrizione delle barriere all’accesso all’istruzione e alla formazione per i gruppi oggetto della ricerca. Questa ha cercato di verificare i fattori più importanti individuati dalla letteratura come
barriere alla partecipazione alla formazione per i gruppi svantaggiati, prestando particolare attenzione a controllare il peso della mancanza di risorse
finanziarie rispetto ad altre tipologie di barriere.
2
Si fa riferimento all’indagine “Letteratismo e abilità per la vita” (ALL) condotta nel
2003 e alla Ricerca internazionale sulle competenze alfabetiche della popolazione
adulta (IALS), condotta in tre fasi (1994, 1996 e 1998) in 20 nazioni tra cui gli Stati
Uniti.
41
42
43
Adeguatezza, efficacia ed equità della formazione
professionale per le persone svantaggiate
La valutazione della formazione professionale per i gruppi svantaggiati
costituisce un vasto campo di ricerca che esamina prima di tutto gli aspetti
statistici quantitativi relativi alla quantità di formazione, al numero di partecipanti e ad altre misure dell’input. Altre misure sono necessarie nel processo decisionale: la qualità della formazione professionale erogata, i risultati, gli effetti e l’impatto del corso frequentato e i benefici economici complessivi per i singoli, le imprese e la comunità. Qui è riportato un estratto
della letteratura disponibile.
La qualità dell’istruzione e della formazione professionale è oggetto di
numerosi studi di varia provenienza. Esiste una letteratura molto vasta in
termini di qualità e quantità (Le Boterf et al., 1992; OCSE, 1995). Si
parla spesso di “gestione totale della qualità” nei processi produttivi del
settore privato, con un’attenzione alla qualità come metodo e processo
(Hackman & Wageman, 1995). Malgrado ciò, vi sono diversi dubbi sull’adozione di questi approcci per la valutazione dei sistemi di istruzione
e formazione professionale e delle relative pratiche operative (Van den
Berghe, 1995).
Sin dagli anni ‘90 l’UE ha colto l’importanza strategica dello sviluppo di
sistemi di istruzione e formazione professionale (IFP) di qualità nei Paesi
membri in una serie di documenti (risoluzioni, decisioni e conclusioni),
puntando alla qualità del sistema di IFP (Faurschou, 2003). Il Cedefop ha
altresì incaricato alcuni esperti di svolgere un’indagine iniziale sulla qualità dei sistemi di IFP in vari Paesi.
Il concetto di qualità dell’istruzione e della formazione è stato definito in
diversi documenti scientifici (uno per tutti Seyfried, 2007) come: (i) qualità come valore assoluto; (ii) qualità di prodotto; (iii) qualità intesa come
soddisfazione del cliente; (iv) qualità di processo; (v) qualità intesa come
ottimizzazione del rapporto qualità/prezzo.
Ad oggi risulta difficile valutare l’efficienza della formazione continua e
della formazione degli adulti: i dati statistici sui costi della formazione scarseggiano e le informazioni sulle ricadute positive della formazione professionale sulla produttività sono ancora limitate (Bassanini et al., 2005).
Servirebbero maggiori analisi empiriche soprattutto per approfondire la
questione dei gruppi di popolazione lontani dalla formazione continua, esaminando il tema dell’uguaglianza nella partecipazione alla formazione professionale.
44
Quale sarebbe la tipologia di formazione più appropriata ed efficace per le
esigenze specifiche dei gruppi svantaggiati?
I sistemi formativi più adatti a soddisfare le esigenze dei gruppi svantaggiati sono legati al tipo di disagio considerato, alle competenze mancanti e allo
specifico corso progettato. Essi devono tener conto di aspetti quali eventuali esperienze pregresse, ambizioni, condizioni specifiche dei beneficiari tra
i vari gruppi e all’interno degli stessi gruppi svantaggiati (es. stato di salute, impegni familiari, autosufficienza, ecc.) e di come le differenze nei vari
contesti economici e sociali si incrociano alle variabili individuali. In particolare:
(i) per quanto riguarda la popolazione target: si noti che non tutti i
gruppi svantaggiati, e non tutti i soggetti appartenenti allo stesso
gruppo, devono necessariamente partecipare ad attività di formazione professionale. Il fatto di essere immigrati e disoccupati non
implica necessariamente che occorre frequentare un corso per ottenere un lavoro dignitoso. In questi casi, l’alternativa è rappresentata dall’accesso diretto al mondo del lavoro o ai servizi assistenziali. L’adeguamento della formazione professionale alle caratteristiche degli utenti finali potrebbe determinare la partecipazione di persone che non hanno necessariamente bisogno di formazione per
migliorare la propria occupabilità o per facilitare la loro inclusione
sociale. Al contrario dovrebbero venire escluse persone con altre
caratteristiche. Preston & Green (2008, p. 121) sostengono che
“primo, vari gruppi possiedono caratteristiche tipiche dell’esclusione sociale che potrebbero non venire raggiunte da un sistema di IFP
mirato. Secondo, un sistema di IFP mirato potrebbe rafforzare l’esclusione sociale se non viene collegato ad azioni formative non
mirate”;
(ii) relativamente alle specifiche metodologie: è dimostrato che si
ottengono migliori risultati con programmi mirati, accompagnati a
metodologie diverse dai sistemi di IFP ordinari per soddisfare bisogni educativi speciali e non per segregare le persone svantaggiate.
L’analisi delle opportunità e del rapporto costi/benefici suggerisce
di evitare l’implementazione di azioni rivolte a un unico gruppo di
soggetti svantaggiati. Al contrario, le persone svantaggiate dovrebbero essere inserite in un percorso formativo generalmente rivolto
alla popolazione complessiva, tenendo conto delle loro specifiche
esigenze; questa sembra la soluzione più efficace ed efficiente;
45
(iii) relativamente al contesto: i programmi di formazione professionale
per le persone svantaggiate dovrebbero essere accompagnati da una
serie di misure complementari. Gli studiosi e i valutatori di politiche pubbliche concordano sul fatto che la formazione professionale e gli altri aiuti sociali rivolti alle principali fasce deboli della
popolazione producono effetti cumulativi (McCoshan et al., 2008);
(iv) relativamente ai contenuti della formazione: secondo le teorie ufficiali, le aziende nei mercati del lavoro competitivi ottengono un
vantaggio economico se promuovono lo sviluppo di competenze
specifiche, mentre i lavoratori sono a favore del miglioramento
delle competenze generali (Becker, 1964). Nei mercati del lavoro
imperfetti, le aziende ottengono un ritorno economico dalla promozione della formazione generale nei casi in cui devono combinare
tra loro varie competenze generiche (Lazear, 2003), con il rischio di
un sottoinvestimento (Acemoglu & Pischke, 1999). Bassanini et al.
(2005) puntualizzano che non vi sono prove certe di un sottoinvestimento nella formazione sul lavoro e che i reali livelli di investimento potrebbero non essere molto lontani dai livelli ideali in molti
Paesi europei, ma è quasi impossibile misurare l’impatto sui gruppi svantaggiati.
La teoria economica ufficiale afferma che i singoli sono disposti a frequentare attività di formazione e istruzione solo se i costi (quote di iscrizione e
partecipazione, mancato guadagno durante la formazione e buste paga più
basse durante il periodo formativo) vengono compensati da un futuro e adeguato aumento di stipendio (Becker, 1964, Mincer, 1974). È stata data
ampia dimostrazione del fatto che la formazione professionale incide sugli
stipendi dei lavoratori. Anche la distorsione da selezione e l’inversione del
rapporto causa-effetto sono oggetto di analisi e il significato dei risultati
ottenuti viene messo in discussione. Analogamente, la formazione più efficace non tiene conto delle ricadute sociali o non legate alla remunerazione
ottenuta dai singoli tramite l’istruzione, come ad esempio il piacere dell’apprendimento, la possibilità di conoscere altre persone e di espandere la propria rete di contatti, e i vantaggi sociali derivanti dal trovare un lavoro più
interessante. Ne deriva che la formazione più efficace (anche per le esigenze dei gruppi svantaggiati) dovrebbe limitare i costi fino a raggiungere il
livello in cui tali costi non sono controbilanciati dall’aumento di stipendio,
e questo sarà l’unico punto di cui tenere conto.
Dall’altra parte, la teoria ufficiale accetta che il datore di lavoro finanzi la
formazione dei propri dipendenti sperando di ottenere un ritorno sull’inve46
stimento in termini di aumento di produttività, maggior competitività e profitti attuali e futuri più alti. È molto complicato misurare i ritorni dell’istruzione e della formazione per le imprese, tanto è vero che gli studi su questo
tema scarseggiano. Primo, è estremamente difficile ottenere i dati sulla produttività, sulla competitività e sulla redditività. Poi, è difficile rispondere
alla domanda sulla causalità: il rendimento è migliorato grazie alle attività
formative, oppure sono le capacità preesistenti a giustificare il livello di formazione dei lavoratori? Infine, pare che le imprese siano interessate solo a
fare formazione attinente al proprio settore di attività, evitando di organizzare formazione generica o non specifica, nonostante le difficoltà a distinguere tra formazione specifica e formazione generica. È molto difficile
misurare il vantaggio che hanno le aziende nell’attuare programmi di formazione per i propri dipendenti in situazioni di disagio, e spesso l’aumento
salariale viene preso come riferimento. La formazione dei gruppi svantaggiati potrebbe richiedere maggiori investimenti senza venire controbilanciata da una certezza a livello di risultati. Occorre tenere presente che gli obiettivi di equità e uguaglianza non possono essere considerati parte integrante
dei programmi aziendali. Tra i vari fattori non economici che giustificano
l’investimento nella formazione per i gruppi più svantaggiati, si potrebbero
citare la responsabilità sociale dell’imprenditore e il desiderio di favorire
l’inclusione e il benessere della comunità circostante.
Requisiti di adeguatezza, efficacia, equità ed efficienza
Alla luce delle teorie ufficiali, è molto difficile stilare un elenco di caratteristiche che soddisfino i criteri di adeguatezza, efficacia, equità ed efficienza della formazione professionale per le persone svantaggiate.
La valutazione della qualità e degli esiti dei programmi di formazione frequentati dai gruppi svantaggiati è più problematica rispetto alla valutazione
della formazione ordinaria. Pertanto dobbiamo considerare che non possiamo utilizzare lo stesso metodo di valutazione per la formazione iniziale e
per la formazione continua, vista la differenza a livello di obiettivi e destinatari.
Rispetto alla formazione continua, dal punto di vista dei corsisti aspetti
come qualità, efficienza ed equità andrebbero misurati a fronte dei risultati
ottenuti nel mercato del lavoro e di altri fattori non strettamente economici:
in particolare il grado di apprendimento delle conoscenze di base (se necessarie), l’inserimento delle persone svantaggiate nel gruppo classe, la rete di
contatti utili per trovare lavoro (per i soggetti non occupati), una miglior
47
comprensione delle modalità di accesso ai sussidi e, non ultimo, la soddisfazione di aver dedicato tempo ed energie al proprio miglioramento personale. Tutte queste variabili pongono problemi di misurazione complessi e
specifici, per questo sarebbe opportuno definire un modello analitico.
Infine, in merito all’efficacia e all’efficienza della formazione organizzata
dalle imprese, data la difficoltà di misurare l’incremento di produttività
(spesso visto in termini di aumento di stipendio), si dovrebbe far riferimento ad altri tipi di misurazioni riguardanti sia la percezione delle ricadute
positive della formazione, sia il bisogno di agire con equità e uguaglianza
da parte del datore di lavoro.
Appendice al capitolo 2.
Definizioni
Formazione e istruzione professionale iniziale e continua
Nell’ottica di confrontare tra loro le varie situazioni nazionali, i ricercatori hanno
accettato e adottato la definizione proposta dal Cedefop (2004) inerente alla formazione continua e l’istruzione e formazione iniziale. “Il sistema di istruzione e
formazione professionale continua (IFPC) comprende le attività di istruzione e
formazione successive all’istruzione e formazione iniziale, oppure successive
all’ingresso nella vita lavorativa, finalizzate ad aiutare le persone a sviluppare o
aggiornare le proprie conoscenze e competenze, oppure ad acquisire nuove
competenze per un avanzamento di carriera, l’aggiornamento professionale e
proseguire così nel proprio sviluppo personale o professionale. L’istruzione e la
formazione continua rientrano nella formazione permanente e possono comprendere vari tipi di istruzione (generica, specializzata o professionalizzante, formale o non formale, ecc.). Esse sono cruciali per promuovere l’occupabilità delle
persone”. (Cedefop, 2004). All’opposto, “il sistema di istruzione e formazione iniziale (IFPI) indica il sistema di istruzione e professionale generico svolto nel
sistema educativo iniziale, solitamente precedente all’accesso nella vita lavorativa. Tuttavia (a) determinate attività formative svolte prima dell’ingresso nella
vita lavorativa potrebbero essere considerate come attività di formazione iniziale (es. aggiornamento) e (b) determinate attività di istruzione e formazione iniziale potrebbero venire svolte in qualsiasi momento del percorso di istruzione e
formazione professionale (formazione in aula a tempo pieno, oppure formazione in alternanza) o apprendistato” (Cedefop, 2004).
48
CAPITOLO 3.
Metodologia di ricerca
Questo capitolo descrive gli obiettivi, le fasi, la metodologia e gli strumenti utilizzati nella ricerca oggetto di questa pubblicazione. L’ultimo paragrafo considera e riepiloga i punti di forza e di debolezza della metodologia
impiegata nello studio.
Obiettivi
Durante il lavoro di ricerca sono stati raccolti dati significativi sulla formazione professionale rivolta ai principali gruppi svantaggiati. Mediante un
approccio comparativo, la ricerca ha messo a confronto otto Paesi UE:
Italia, Spagna, Portogallo, Slovacchia, Polonia, Romania, Svezia e Regno
Unito.
Area di studio
Nella fase iniziale della ricerca non è stata effettuata alcuna selezione sulle
tipologie di programmi di formazione professionale su cui concentrare l’attenzione. Nella definizione dell’area di studio, i ricercatori hanno esaminato il sistema di istruzione e formazione nel suo complesso per le varie nazioni coinvolte. Successivamente si sono concentrati su quelle attività formative mirate a sviluppare competenze direttamente o indirettamente spendibili sul posto di lavoro, in particolare selezionando le attività rivolte, totalmente o in parte, ai soggetti svantaggiati sul mercato del lavoro.
La ricerca ha evidenziato la necessità di tenere distinta l’analisi della formazione iniziale dall’analisi della formazione continua, viste le profonde differenze a livello di obiettivi, metodologie, destinatari e durata. Lo studio ha
capitalizzato sui contributi prodotti ad oggi dal Cedefop, da Eurostat e
dall’UNESCO sui sistemi di istruzione e formazionale iniziale, sulla capa49
cità di tali sistemi di includere (nella formazione ordinaria o speciale) persone con disabilità, immigrati e minoranze etniche e linguistiche, nonché
giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi.
La ricerca ha cercato di limitare la variabilità delle attività di formazione
considerate, al fine di migliorare la qualità dei risultati. Gli studi sul ritorno
sull’investimento nella formazione e sulla partecipazione alla formazione
hanno chiarito che l’utilizzo di descrizioni troppo aggregate della “formazione” possono nascondere importanti differenze a livello di fattori determinati e ricadute delle varie forme di formazione (Blundell, Dearden &
Meghir, 1996). L’indagine ha preso in esame programmi di aggiornamento
e miglioramento delle conoscenze e competenze di lavoratori o disoccupati, ad esclusione di tutti i tipi di programmi di formazione scolastica. La formazione professionale appartiene così alla vasta categoria della formazione
continua3. I beneficiari intervistati hanno frequentato per lo più corsi di
breve durata.
La formazione continua coinvolge soggetti non più idonei ad accedere all’istruzione obbligatoria, fatta eccezione per i giovani con meno di 18 anni che
hanno lasciato precocemente gli studi e senza considerare i “programmi
della seconda opportunità” atti a compensare la fuoriuscita degli adulti dal
sistema di istruzione. Sono illustrate tre categorie di programmi: quelli
rivolti ai disoccupati o a soggetti anche in possesso di un titolo di studio elevato per il miglioramento di competenze e abilità necessarie per entrare nel
mercato del lavoro; quelli rivolti ai lavoratori per il miglioramento della
propria condizione occupazionale; infine, i programmi per i lavoratori generalmente definiti tramite accordi tra le parti sociali o promossi dalle aziende in totale autonomia. I programmi formativi previsti nell’ambito dei contratti di apprendistato non sono stati presi in esame.
La formazione per i disoccupati viene erogata da enti pubblici o imprese
private. La formazione per i lavoratori viene erogata da imprese private specializzate nel settore o dalle aziende che organizzano direttamente i corsi
per i propri dipendenti. La formazione continua per disoccupati o lavoratori riguarda soprattutto i giovani con un grado di istruzione iniziale, secon3
50
La ricerca si è quindi concentrata sulla formazione continua solitamente organizzata al di fuori del sistema di istruzione e formazione ordinario. Solo in riferimento ai
giovani e al fenomeno della dispersione scolastica sono state prese in esame attività
che, rispetto alle tradizioni di ogni Paese, potrebbe essere considerate parte integrante del sistema di istruzione e formazione iniziale.
daria o superiore e con caratteristiche che ne favoriscono l’occupabilità. Per
questo motivo le politiche attive per il lavoro che spesso includono la formazione continua, sono rivolte innanzi tutto a persone prive di caratteristiche personali forti per il mercato del lavoro: soggetti scarsamente qualificati, con un basso livello di istruzione, donne, soggetti con difficoltà linguistiche, problemi personali, sanitari, fisici, psicologici o familiari.
Ai fini dell’analisi prevista dalla ricerca, sono stati selezionati sei gruppi di
soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro. Essi sono: persone con disabilità, immigrati e persone appartenenti a minoranze etniche o linguistiche,
lavoratori con oltre cinquant’anni di età, persone scarsamente qualificate e
giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. A prescindere dall’ampia diffusione di condizioni di disagio multiplo, la ricerca ha cercato di
individuare per quanto possibile gli elementi che caratterizzano la specifica
condizione di ciascun gruppo svantaggiato.
Infine, la ricerca ha messo a confronto le loro situazioni in otto Paesi UE:
Italia, Spagna e Portogallo in rappresentanza dei Paesi UE del
Mediterraneo, Slovacchia, Romania e Polonia per l’Europa dell’est e Regno
Unito e Svezia come esempi di Paesi dell’Europa settentrionale.
Metodologia generale
Tenendo conto del quadro teorico e dei presupposti delineati nel capitolo 1,
la ricerca effettuata ha collaudato una metodologia per affrontare un’area di
studio non sufficientemente sviluppata. La ricerca si divide in tre parti:
1. analisi quantitative dei dati secondari raccolti a livello nazionale e
confronto con le statistiche ufficiali UE sui sistemi di istruzione e
formazione, la dimensione delle fasce deboli della popolazione per
età e sesso;
2. analisi qualitative dei programmi di formazione professionale rivolti
ai principali gruppi svantaggiati, in particolare:
(*) individuazione dei programmi formativi e descrizione tra Paesi delle
loro caratteristiche allo scopo di “misurare” e confrontare le varie
pratiche per destinatari, tipi di interventi e obiettivi specifici;
(**) interviste semistrutturate a 10 testimoni scelti tra stakeholder e
policy-makers in ogni Paese per raccogliere analisi, riflessioni e
osservazioni critiche sulla partecipazione della popolazione
svantaggiata alla formazione professionale;
51
3. indagine telefonica tramite metodologia CATI (Computer-Assisted
Telephone Interviewing) sui destinatari di attività formative e su
imprenditori in ciascuno degli otto Paesi. Il database così costruito ha
consentito l’effettuazione di analisi statistiche bivariate e multivariate.
È stato adottato un approccio integrato. Tramite un’analisi quali-quantitativa,
è stata realizzata un’approfondita analisi a più livelli sulla base delle presunte relazioni tra condizioni personali e situazione familiare, esperienze formative e lavorative pregresse e durata, qualità e argomenti dei corsi frequentati,
condizione lavorativa al termine del corso e dopo un certo periodo, alcuni specifici aspetti del lavoro trovato (posto di lavoro dignitoso, lavoro protetto,...),
gli obiettivi delle imprese coinvolte nell’erogazione di attività formative e nel
riconoscimento delle ricadute positive della formazione professionale, indicatori sull’andamento economico generale di ogni Paese coinvolto.
Per le interviste alle imprese è stata adottata la metodologia CATI, in ragione dell’efficacia e del buon rapporto costi/benefici, già sperimentati in
numerosi altri studi. La stessa metodologia è stata adottata per intervistare
le persone svantaggiate partecipanti ad iniziative di formazione professionale, con l’obiettivo di verificare l’efficacia di tale metodologia per intervistare e coinvolgere persone solitamente difficili da raggiungere. Ai fini della
ricerca sono stati sviluppati appositi strumenti adattati alle esigenze degli
otto Paesi coinvolti: strumenti di raccolta dati (questionari, tracce per le
interviste semistrutturate, modelli di raccolta e valutazione delle buone
prassi), strategie per il superamento dei problemi emersi durante le interviste delle persone svantaggiate, nonché uno schema per l’elaborazione dei
dati quali-quantitativi. Tali strumenti sono ora a disposizione di futuri progetti di ricerca sulla formazione professionale rivolta ai gruppi svantaggiati sul mercato del lavoro.
Individuazione e classificazione dei gruppi svantaggiati
I gruppi svantaggiati oggetto della ricerca sono stati individuati tenendo
conto di quanto già fatto nel settore delle ricerche sociali e nell’ambito di
azioni politiche comuni a livello europeo.
Il Glossario sulla protezione e integrazione sociale della DG Occupazione,
affari sociali e inclusione della Commissione europea indica come gruppi
svantaggiati: minoranze etniche, immigrati, disabili, senza tetto, soggetti
con problemi di abuso di sostanze, anziani e bambini isolati. Tutte queste
persone spesso devono far fronte a ostacoli che possono determinare un ina52
sprimento della loro condizione di emarginazione sociale, come ad esempio
bassi livelli di istruzione, disoccupazione o sottoinquadramento professionale. Anche se il disagio non si presta a definizioni scevre da ambiguità, ai
fini della ricerca viene considerato come una condizione di vulnerabilità di
tipo occupazionale. Questo approccio alle fasce deboli comprende il rischio
di emarginazione dal mercato del lavoro e di esclusione sociale (Eurofound,
2002).
La ricerca ha selezionato cinque gruppi di persone svantaggiate nel mercato del lavoro: disabili, immigrati e minoranze, giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, soggetti scarsamente qualificati e lavoratori
anziani. Il prossimo paragrafo descrive le caratteristiche di ciascun gruppo
selezionato.
I gruppi di ricerca nazionali hanno definito di comune accordo le caratteristiche specifiche delle persone appartenenti ai gruppi esaminati, prendendo una serie di decisioni al fine di evitare sovrapposizioni dovute a caratteristiche condivise tra più gruppi. Nell’appendice di questo capitolo sono
riportate tutte le specifiche in termini di età, condizioni personali e grado
di istruzione utilizzate per selezionare le persone identificate come disabili, immigrati e appartenenti a minoranze etniche, lavoratori anziani, soggetti scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi.
La ricerca ha ritenuto opportuno dividere i gruppi esaminati in due ampi
aggregati al fine di elaborare i dati raccolti, fornire una descrizione migliore e più precisa e valutare le informazioni. I gruppi svantaggiati esaminati
sono stati suddivisi in due categorie sulla base della loro condizione ascrittiva o acquisita. La prima categoria comprende tutte quelle situazioni e condizioni non modificabili in quanto definite da elementi immodificabili come
sesso, età, razza, origine etnica e lingua madre. La seconda categoria comprende tutte quelle situazioni maturate nel corso della vita che condizionano la posizione occupazionale della persona. Esse comprendono il titolo di
studio, le qualifiche e le capacità spendibili nel mercato del lavoro.
Sostanzialmente si tratta di due categorie non separabili e con evidenti interconnessioni. In realtà le situazioni di tipo ascrittivo possono ostacolare le
condizioni di tipo acquisito, nel senso che la persona potrebbe non aver
accesso agli strumenti necessari per realizzare il pieno potenziale a causa
dello stato ascrittivo.
I ricercatori hanno accettato le dichiarazioni degli intervistati per registrare
le caratteristiche ascrittive di età, disabilità, immigrazione e appartenenza a
una minoranza. I livelli di istruzione utili per l’identificazione del tipo di
53
54
svantaggio tra i soggetti scarsamente qualificati e i giovani che hanno
abbandonato precocemente gli studi fanno riferimento alla classificazione
ISCED. Per concludere, ai fini dell’analisi lo stato ascrittivo è riferito ai disabili, immigrati e minoranze e lavoratori anziani, mentre lo stato acquisito
è riferito ai lavoratori scarsamente qualificati e ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi.
Analisi della formazione professionale per i gruppi svantaggiati
Per illustrare e valutare l’efficacia della formazione professionale per i
gruppi svantaggiati, la ricerca ha adottato un approccio integrato.
Il lavoro può essere diviso in due parti principali: la prima dedicata a
una descrizione dei programmi formativi per i gruppi svantaggiati, e
all’individuazione di caratteristiche utili per ottenere una classificazione omogenea dei programmi formativi, individuando una serie di indicatori di qualità. La seconda parte del lavoro è dedicata alla discussione
dei risultati originali elaborati in maniera descrittiva (tabelle e grafici) e
con l’aiuto di regressioni logistiche binarie. È stata effettuata un’analisi
multivariata dei dati raccolti tramite due indagini sui gruppi svantaggiati destinatari di attività formative, nonché sulle imprese coinvolte nell’implementazione di corsi di formazione e nell’assunzione di lavoratori con competenze sviluppate anche grazie alla partecipazione ad attività formative.
Analisi quantitativa tramite indicatori
La ricerca effettuata, sulla base della letteratura esistente, ha costruito un set
di indicatori per misurare la qualità della formazione per le persone svantaggiate. Gli indicatori di qualità della formazione e istruzione professionale servono per facilitare la valutazione dei sistemi ad ogni livello: locale,
regionale, nazionale ed internazionale. Gli indicatori sono utili per individuare temi da esaminare, consentendo ai ricercatori e ai policy-makers di
approfondire le questioni più problematiche.
La Tabella 2 riporta una sintesi degli indicatori di misurazione relativi alla
formazione professionale per gruppi svantaggiati.
55
Modelli di regressione
Il modello presuppone la seguente catena di effetti: le politiche costituiscono un quadro di riferimento per la progettazione di programmi a finanziamento pubblico (e i programmi a finanziamento privato sono influenzati dai
programmi pubblici). In genere, tali programmi sono formati da una serie di
progetti. Si presume che ogni progetto venga realizzato da un organismo
responsabile della qualità, della durata e della metodologia del corso, ma
anche della qualità degli stage in azienda svolti durante la formazione (in
base alla più o meno buona collaborazione tra ente di formazione e impresa partner) e del sostegno all’inserimento al termine del progetto. Come
vanno le cose dopo il corso dipende dalle caratteristiche personali non
osservabili, dalle caratteristiche personali osservabili (come età, sesso, disabilità, etnia, lingua, esperienze lavorative, grado di istruzione,...), ma
anche dalle condizioni del mercato del lavoro e dalle opportunità sociali e
assistenziali disponibili a livello locale.
Le ricadute della partecipazione delle persone ad attività di formazione professionale sono:
1. aumento delle probabilità di inserimento lavorativo:
• alla fine del corso;
• entro 8-12 mesi dalla fine del corso;
• in un posto di lavoro stabile;
• in posto di lavoro positivo per rapporti umani;
• in un posto di lavoro coerente con i propri studi (o con aspettative
e possibilità);
2. diminuzione delle probabilità di inattività o disoccupazione;
3. aumento delle probabilità di maggiori relazioni sociali;
4. aumento delle probabilità di maggiori contatti sociali utili per trovare e conservare il posto di lavoro.
La decisione delle imprese di investire nella formazione dei dipendenti
appartenenti a gruppi svantaggiati e il grado di soddisfazione rispetto a questa esperienza costituiscono le variabili dipendenti che la ricerca ha messo in
relazione con caratteristiche autoriferite (dimensione, settore, posizionamento nel mercato, prospettive economiche, propensione all’innovazione, ecc.).
La ricerca ha tenuto conto di altri indicatori relativi al contesto istituzionale
nazionale e alla situazione economica a livello regionale e nazionale.
56
La definizione del campione
La ricerca ha comportato la realizzazione di due indagini per ogni Paese:
una sulle imprese e una sulle persone partecipanti a specifici percorsi di formazione professionale. Imprese e beneficiari sono stati ritenuti entrambi
utenti finali della formazione professionale. Sono stati organizzati vari
momenti di dibattito e confronto finalizzati a superare questioni metodologiche e problemi pratici emersi durante la progettazione e la realizzazione
delle indagini, apportando alcuni aggiustamenti alla ricerca e alle attività
programmate.
I campioni di beneficiari appartenenti ai principali gruppi a rischio di esclusione sociale sono stati estratti dagli elenchi dei partecipanti a specifiche
attività formative svolte nei Paesi oggetto della ricerca. Due sono le fasi di
lavoro per la definizione strategica dei campioni. Nella prima fase, i ricercatori di ogni Paese coinvolto hanno individuato le attività formative di riferimento in base a una valutazione di tipo qualitativo. Le attività selezionate
dovevano soddisfare i seguenti requisiti: (i) essere state realizzate e concluse nei 6-12 mesi precedenti il periodo delle interviste ai beneficiari; (ii) non
trattarsi di attività sporadiche o rientranti in iniziative non organizzate. La
priorità è stata assegnata alle azioni promosse dagli enti pubblici, anche a
livello nazionale o regionale, o ad azioni implementate in uno specifico territorio o gestite da specifiche tipologie di enti di formazione.
Nella seconda fase, i ricercatori hanno raccolto i nominativi dei partecipanti alle azioni formative precedentemente selezionate. Da questi elenchi di
partecipanti, per ogni nazione è stato estratto a caso un campione, tenendo
costante la composizione per sesso ed età. Nel caso di campioni composti
da meno di cento unità, i ricercatori procedevano a intervistare tutti i partecipanti. La scelta del campione da intervistare è stata ostacolata da numerose barriere dovute alle stringenti normative nazionali sulla protezione e tutela dei dati personali relativi allo status di disabilità ed etnia. Tutti i team di
ricerca hanno affrontato tale questione giuridica trasferendo i dati sensibili
dall’ente autorizzato alla loro raccolta alla società incaricata di condurre le
interviste tramite la metodologia CATI. La collaborazione con le istituzioni
regionali e locali è stata spesso cruciale.
Al fine di raccogliere elenchi con un numero sufficiente di candidati da
intervistare (soprattutto relativamente ai disabili e ai giovani che hanno
abbandonato precocemente gli studi), sono state considerate più edizioni
dello stesso corso di formazione, in maniera tale da comprendere programmi completati al massimo nei tre anni precedenti le interviste. Questa situa57
zione, se da un lato ha consentito la definizione di un campione sufficientemente numeroso, dall’altro ha determinato condizioni non uniformi per gli
intervistati soprattutto in riferimento alla situazione economica presente
all’inizio e alla fine del corso di formazione. Nell’analisi dei risultati si è
cercato di tener conto di questo aspetto.
Durante la creazione degli elenchi di persone da intervistare, sono emersi
ulteriori problemi connessi con la loro disponibilità telefonica. Numerosi
beneficiari inseriti negli elenchi si sono dimostrati impossibili da raggiungere telefonicamente, nonostante possedessero un numero di telefono o un
cellulare. Le difficoltà nei contatti telefonici si sono registrate frequentemente tra gli immigrati e i Rom residenti nell’Europa dell’est. Per superare questi problemi, alcune interviste sono state condotte in modalità “faccia a faccia”. Infine, è stata prestata un’attenzione particolare alle abilità
comunicative delle persone con disabilità. Nella conduzione delle interviste è stata spesso necessaria la presenza di intermediari, e nei casi di impossibilità a condurre l’intervista telefonica sono stati organizzati degli incontri diretti.
L’incremento del costo della fase di indagine ha richiesto una revisione del
budget previsto per l’attività di ricerca e una riduzione nel numero di interviste.
I campioni di imprese sono stati individuati utilizzando i medesimi criteri
per gli otto Paesi al fine di costruire un quadro rappresentativo delle varie
situazioni nazionali e regionali, sia rispetto alla distribuzione per numero di
addetti, sia rispetto alla distribuzione delle imprese in quattro macrosettori
economici: manifatturiero, costruzioni, servizi 1 (commercio, hotel, ristorazione e trasporti) e servizi 2 (servizi postali e comunicazioni, servizi finanziari, assicurazioni, servizi immobiliari, informatica, ricerca e innovazione,
istruzione, assistenza sanitaria e sociale). Alcuni partner hanno avuto alcune difficoltà nell’organizzazione delle interviste; infine i gruppi di ricerca di
Spagna, Portogallo, Slovacchia e Regno Unito hanno ritenuto di non intervistare imprese con meno di 10 addetti (e nel caso del Portogallo, le imprese con meno di 20 addetti). Ulteriori complicazioni sono derivate dalla difficoltà a collaborare da parte delle agenzie pubbliche per l’impiego e delle
società specializzate in possesso degli elenchi di imprese, comprensivi di
indirizzi e numeri di telefono. Inoltre, alcune società specializzate hanno
dimostrato scarsa capacità e poca dimestichezza nella gestione della metodologia CATI, necessaria per il completamento dell’indagine. Al termine,
tutti i Paesi hanno realizzato un numero adeguato di interviste, mentre i soggetti che non hanno risposto sono rimasti mediamente sotto il 5%, consen58
tendo di analizzare i dati più rilevanti. La qualità del database creato è ritenuta di buon livello4.
Significatività statistica
Le maggiori problematiche riguardano il grado di significatività statistica e
il grado di rappresentatività del campione di popolazione svantaggiata individuato.
Innanzitutto, la ricerca mirava a intervistare persone che avessero frequentato
un’attività formativa; pertanto gli intervistati devono essere considerati rappresentativi dei gruppi ai quali essi appartengono, in quanto hanno già partecipato
ad attività di formazione professionale. Secondo la letteratura e le statistiche, il
principale problema dei gruppi svantaggiati è costituito dalla difficoltà a essere
inseriti nei corsi. Non è possibile respingere l’ipotesi secondo cui gli intervistati abbiano caratteristiche personali diverse dalla media del gruppo di popolazione cui appartengono, e che proprio il possesso di queste caratteristiche abbia
consentito loro di prendere parte alla formazione professionale. Certamente la
qualità del corso frequentato può aver determinato il coinvolgimento delle persone svantaggiate, ma i due fattori sono tra loro indissolubili, considerata la
modalità con cui è stato estratto il campione e realizzate le interviste.
In secondo luogo, la grande maggioranza delle persone intervistate è stata
raggiunta telefonicamente, escludendo in tal modo i corsisti non in possesso di telefono: è probabile che questo abbia determinato l’esclusione delle
fasce più deboli ed emarginate tra i gruppi svantaggiati partecipanti alla formazione.
Oltre a queste considerazioni, interviene un altro fattore a rendere difficoltoso l’esame dei risultati della partecipazione ai corsi. Potrebbero essersi verificati cambiamenti nelle condizioni esterne, ad esempio a livello di situazione economica, durante lo svolgimento di più edizioni dello stesso corso, pertanto i soggetti intervistati provenienti da diverse sessioni formative potrebbero avere opinioni e risultati diversi. Pertanto si è reso necessario acquisire
i destinatari di più edizioni dello stesso corso, in maniera da ottenere un campione statisticamente significativo. I beneficiari si sono inseriti nel mondo
del lavoro al termine del corso non solo in mercati del lavoro diversi ma
anche in momenti diversi, rapportandosi quindi con situazioni economiche
più o meno favorevoli a seconda del periodo in cui si è svolto il corso.
4
Non sono state prodotte stime per integrare i dati mancanti.
59
Dimensioni e caratteristiche principali del campione
selezionato
I beneficiari dei programmi di formazione professionale
I dati della sono stati raccolti tramite questionari somministrati ai campioni
estratti da una selezione di gruppi svantaggiati a rischio di esclusione sociale. Tutti i soggetti inseriti nel campione e intervistati hanno frequentato attività di formazione professionale.
La classificazione dei gruppi svantaggiati partecipanti ad attività di formazione professionale si basa sulle risposte fornite dai singoli durante le interviste in merito a età, sesso, stato di salute e grado di istruzione. La classificazione di natura amministrativa è stata fornita dall’ente di formazione e
presenta alcune differenze in quasi tutti i Paesi. Nella seguente tabella viene
mostrato il caso italiano a titolo esemplificativo.
Al fine di costruire una classificazione uniforme dei gruppi negli otto Paesi
considerati, i ricercatori hanno creato un nuovo gruppo denominato “altro”
ove inserire tutti gli intervistati che non soddisfacevano i criteri di selezione applicati. Questo gruppo verrà utilizzato come punto di partenza per
alcune specifiche analisi, pur sapendo che converrebbe escluderlo a causa
della sua estrema eterogeneità.
Tabella 3. Composizione del campione italiano di destinatari di attività di
formazione professionale. Numero di questionari compilati secondo la
classificazione amministrativa e la classificazione adottata dalla ricerca
per gruppo di svantaggio
Disabili
Immigrati - Minoranze
Giovani che hanno abbandonato
precocemente gli studi
Classificazione
amministrativa
Classificazione
adottata dalla ricerca
116
111
63
31
113
31
Persone scarsamente qualificate
117
91
Altro
13
161
Lavoratori anziani
Totale
60
93
515
90
515
Purtroppo la riclassificazione del tipo di svantaggio secondo le categorie
adottate dalla ricerca ha ridotto il numero di questionari compilati dalle persone con disabilità, dai lavoratori scarsamente qualificati e dai lavoratori
anziani. I questionari compilati sono quasi 4000 e solo per i giovani che
hanno abbandonato precocemente gli studi il numero di questionari compilati scende a 400. Il gruppo denominato “altro” ha prodotto quasi 1000 questionari; escludendo tale gruppo, il numero totale di interviste scende a 3000
(cfr. Tabella 4).
Sesso, età, etnia e disabilità
Le donne intervistate costituiscono oltre la metà (53,6%) del campione ma
solo il 39,8% tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e
solo il 50,2% tra i disabili. Le donne sono più rappresentate degli uomini tra
i lavoratori scarsamente qualificati e costituiscono il 60% del gruppo denominato “altro”. Emergono alcune differenze nei campioni selezionati dai
Paesi coinvolti nello studio.
I campioni di Spagna, Portogallo e Italia mostrano una percentuale più
bassa di donne rispetto alla media degli Paesi coinvolti nella ricerca. Inoltre,
i vari Paesi presentano anche alcune differenze a livello del rapporto uomini/donne per ogni gruppo svantaggiato. In particolare, solo in Italia e in
Portogallo gli uomini superano le donne tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, mentre in tutti gli altri Paesi e nella media
transnazionale si evidenzia una situazione opposta5. Le differenze nella
composizione per sesso del campione intervistato influiscono sull’analisi
dei risultati, soprattutto nel confronto tra macroregioni geografiche europee
(cfr. Tabella 5).
L’analisi per età mostra una percentuale quasi identica di lavoratori adulti
(tra i 35 e i 50 anni) e di lavoratori anziani (oltre i 50 anni), attestandosi per
entrambi i gruppi attorno al 30%. I giovanissimi con meno di 19 anni sono
inferiori al 6,5% ma rappresentano il 31,7% dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi.
La percentuale di giovanissimi in ogni campione di intervistati è diversa per
ogni Paese coinvolto nella ricerca e andrà tenuta in considerazione nella dis5
Le tabelle con le percentuali per sesso nei Paesi interessati dalla ricerca non sono
riportate.
61
62
cussione dei dati presentata nei prossimi paragrafi. In particolare Portogallo,
Regno Unito e Polonia hanno intervistato rispettivamente il 16%, 14% e
10% delle persone con meno di 19 anni. Al contrario, in Svezia e Italia è
presente meno dell’1% di giovani in questa classe di età. Infine, oltre il 50%
(52%) dei beneficiari di attività formative intervistati in Slovacchia ha oltre
50 anni. Nel Regno Unito e in Svezia la percentuale di intervistati oltre i 50
anni è superiore alla media del campione totale: rispettivamente il 36% e
34%. Di questo si terrà conto nell’analisi dei dati relativa a questi Paesi.
La Tabella 6 mostra la distribuzione del tipo di disabilità tra i gruppi di disabili in ogni Paese coinvolto dalla ricerca.
Il 42,5% dei disabili intervistati presenta una disabilità motoria, mentre il
22,7% una disabilità sensoriale. Oltre un terzo dei disabili presenta altre disabilità o rifiuta di dichiarare la propria disabilità. La situazione è alquanto
diversa tra i singoli campioni intervistati in ogni Paese. In Polonia e Svezia,
ad esempio, quasi il 90% degli intervistati ha ammesso la propria disabilità, senza però specificare se affetti da disabilità motoria o sensoriale. Oltre
la metà dei disabili italiani ha fornito le stesse informazioni agli intervistatori.
Il gruppo delle persone disabili comprende persone di tutte le classi di età.
Gli adulti rappresentano oltre il 34% degli intervistati in quanto il gruppo
dei disabili solitamente comprende anche persone con gravi limitazioni dell’autonomia personale dovute all’età avanzata, e vittime di incidenti e infortuni gravi6.
Livello di istruzione e indicatori sullo status sociale ed economico
Il 41,5% dei beneficiari (cfr. Tabella 7) ha solo un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore, rispetto al 30% della media europea (UE27 nel
2011). Il sottogruppo di lavoratori anziani intervistati mostra una percentuale più bassa (18%) di persone poco istruite. Al contrario, il gruppo dei disabili ha la percentuale più alta di persone poco istruite (42,7%), seguito
dagli immigrati e dalle minoranze (41,6%) e dai lavoratori scarsamente qualificati. Per definizione, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli
studi hanno un titolo di scuola secondaria inferiore o anche più basso.
6
La tabella dei disabili suddivisi per Paese e per età non è esposta nel presente rapporto.
63
64
La composizione del campione di corsisti conferma i dati forniti da altre
importanti ricerche sulla formazione professionale. In effetti oltre la metà
dei partecipanti ha un titolo di studio di livello medio o una qualifica di tipo
accademico. La percentuale di partecipanti con un livello di istruzione iniziale aumenta tra i disabili e gli immigrati, poiché queste fasce di popolazione partecipano in misura minore al sistema di istruzione obbligatoria
durante l’infanzia e l’adolescenza. È però interessante notare come la maggioranza dei disabili e degli immigrati intervistati abbia un livello di istruzione secondaria o più alto.
La ricerca individua tre indicatori per descrivere la situazione socio-economica dei beneficiari delle iniziative formative (cfr. Tabella 8). Due terzi dei
beneficiari possiedono una casa di proprietà, con il gruppo “altro”, i disabili e il lavoratori scarsamente qualificati che mostrano la percentuale più alta.
Al contrario, una percentuale inferiore si registra tra i giovani che hanno
abbandonato precocemente gli studi, mentre immigrati e minoranze rappresentano la percentuale più bassa tra i proprietari di case.
Nel campione dei beneficiari, il possesso di un computer e l’accesso a internet riguardano una percentuale più alta rispetto allo stesso indicatore
Eurostat relativo alla situazione europea. Nel 2010, le persone che possiedono un computer rappresentavano il 71% a livello europeo e l’81,9% tra le
categorie svantaggiate oggetto dell’indagine. Analogamente le persone con
accesso a internet erano il 69% in Europa e l’83% tra gli intervistati nell’ambito dell’indagine. La percentuale più bassa di persone che possiedono
un computer si riscontra tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Lo stesso gruppo mostra però una percentuale maggiore in termini di accesso a internet. La percentuale di disabili, immigrati e minoranze è inferiore alla media sia per possesso di computer sia per accesso a internet. La percentuale più alta di intervistati con accesso a internet si riscontra
tra i lavoratori anziani e il gruppo “altro”. Rispetto ai lavoratori anziani,
questo risultato non è confermato dai dati disponibili, e questo potrebbe
essere un segnale a conferma del fatto che gli intervistati provengono da una
selezione non casuale di persone partecipanti ad iniziative formative, e
soprattutto da una selezione non casuale di lavoratori anziani.
Mediamente il campione utilizzato dai ricercatori non mostra gravi problemi economici e sociali, a prescindere dalle caratteristiche non omogenee dei
vari gruppi. Apparentemente disabili, immigrati e minoranze soffrono maggiori difficoltà di altri.
65
66
Il campione delle imprese: dimensione e settore di attività
La Tabella 9 mostra la distribuzione percentuale per numero di addetti e
Paese7 delle imprese intervistate. Le micro e piccole imprese (da 1 a 49
addetti) rappresentano il 51,0%, le imprese di medie dimensioni (da 50 a
250 addetti) il 30,3% e quelle con oltre 250 addetti il 18,6%.
La distribuzione percentuale per dimensione dell’impresa nell’UE27 nel
2005 mostra una percentuale di piccole imprese superiore al campione della
ricerca (84,2% contro il 47,5%). Nell’UE27, la percentuale di imprese di
medie dimensioni era il 13,3% rispetto al 32,5% delle imprese della stessa
classe di dimensione, interessate dallo studio. Le imprese con oltre 250
addetti erano solo il 2,6% delle imprese dell’UE27, contro il 19,9% nell’indagine condotta. Il campione ha reso possibile un numero elevato di interviste per ciascun gruppo di imprese; è dunque fattibile un’analisi tramite il
confronto tra piccole, medie e grandi imprese, nonostante le differenze nella
distribuzione delle imprese per dimensione nel campione di formazione
continua e nell’UE27.
Tabella 10. Confronto sulla composizione per classe di dimensione tra
campione utilizzato dalla ricerca e dati UE27 2005 (Eurostat)
N° imprese del campione
utilizzato dalla ricerca
% imprese del campione
utilizzato dalla ricerca
100,0%
% UE27 (2005)
100,0%
7
10-49
50-249
Oltre 250
Totale
975
667
409
2051
47,5%
32,5%
19,9%
84,2%
13,3%
2,6%
Italia, Spagna e Portogallo hanno estratto un campione di 400 imprese, mentre gli
altri Paesi coinvolti nella ricerca hanno estratto un campione di 200 imprese. Al fine
di evitare la scarsa rappresentatività delle grandi imprese, il campione è stato costruito pesando il numero di imprese con il numero medio di addetti per la corrispondente classe. Tutti i dati riportati nel rapporto non sono stati ponderati. Sarà fornita una
versione definitiva delle tabelle.
67
La distribuzione delle imprese esaminate nell’indagine mostra un’elevata
rappresentatività delle imprese manifatturiere rispetto alla media dell’UE27
nel 2007. Nondimeno sono riscontrabili alcune differenze nella distribuzione per settore delle imprese del campione della ricerca nel Regno Unito, in
Svezia e Spagna, mentre le imprese intervistate nel settore dei servizi rappresentano rispettivamente oltre il 65% (Spagna) e 77% (Regno Unito e
Svezia).
Tabella 11. Numero di imprese del campione utilizzato dalla ricerca per
Paese e principale settore di attività
Italia
Manifaturiero
Costruzioni
Servizi
Assente
Totale
34
13
156
-
203
53
264
-
407
18,3%
37
96
-
200
9,0%
-
400
18,0%
234
Regno Unito
Svezia
21
23
72
18
Spagna
90
Romania
67
Slovacchia
Portogallo
76
Polonia
Totale
%
32
168
762
34,3%
38
58
272
12,2%
138
154
110
-
-
-
97
1
1189
1
174
53,5%
0,0%
%
404
18,2%
198
8,9%
200
212
2224
100,0%
9,1%
9,0%
9,5%
100,0%
Tabella 12: Confronto nella composizione per settore principale di attività
tra campione utilizzato dalla ricerca e statistica UE27 2007 (Eurostat)
N° imprese del campione
utilizzato dalla ricerca
% imprese del campione
utilizzato dalla ricerca
100,0%
% imprese UE27 2007
100,0%
68
Manifatturiero
Costruzioni
Servizi
Totale
762
272
1189
2223
34,3%
12,2%
53,5%
11,3%
14,8%
73,9%
Punti di forza e di debolezza della metodologia adottata
La metodologia utilizzata ha dimostrato sia aspetti positivi sia punti problematici.
In particolare, la ricerca qualitativa ha consentito al gruppo di lavoro di esaminare gli argomenti della ricerca sulla base di dati concreti e condivisi, sia
per quanto concerne le esperienze formative svolte dai gruppi svantaggiati,
sia in riferimento alla percezione e ai pareri espressi da altri ricercatori, stakeholder e policy-makers in ogni Paese. Il gruppo di lavoro ha poi raccolto
le diverse posizioni dei testimoni che suggerivano una molteplicità di punti
di vista sulla situazione specifica di ogni Paese.
La metodologia prevedeva che ogni fase della ricerca, compresa quella
qualitativa, si dovesse svolgere sulla base di un quadro di riferimento condiviso: nella fattispecie un glossario, linee-guida, tracce per le interviste
semistrutturate, questionari, tabelle, procedimenti e modelli per l’elaborazione dei dati. Questo insieme di strumenti potrà essere utilizzato da altri
ricercatori. Lo scambio degli strumenti richiede tempo e fortunatamente la
disponibilità di mezzi di comunicazione a distanza ha consentito numerosi
scambi, richiedendo solo due incontri annuali. La rilevazione delle informazioni è avvenuta in maniera abbastanza omogenea in tutti i Paesi, malgrado le differenze a livello linguistico, nell’utilizzo delle risorse, nelle
pratiche operative e nelle convinzioni, condizionando contenuti e risultati.
Senza la raccolta di buone prassi e le interviste ai testimoni, utili per rendere più concreto il quadro descrittivo emerso dalle statistiche ufficiali, i ricercatori non sarebbero riusciti a produrre un’indagine così complessa e originale. Infatti, tramite la ricerca qualitativa il gruppo di lavoro ha potuto contattare direttamente le persone coinvolte nella progettazione, attuazione,
finanziamento e controllo qualità delle attività formative rivolte alle persone svantaggiate. Queste molteplici relazioni hanno permesso di instaurare
rapporti di fiducia utili sia per elaborare i questionari e prendere contatto
con i corsisti da intervistare, sia per avere delucidazioni e chiarimenti in
merito alle situazioni incontrate.
La sfida maggiore è stata rappresentata dalla raccolta dati quantitativa tramite la metodologia CATI.
Il questionario ha consentito di svolgere un’analisi approfondita e molto
significativa della formazione professionale per i gruppi svantaggiati nei
Paesi esaminati. Tuttavia l’esperienza ha evidenziato che sarebbe stato utile
inserire nel questionario per entrambi i corsisti e le imprese alcune doman69
de aggiuntive, purtroppo omesse per tenere conto delle risorse disponibili e
della durata massima consigliata di un’intervista telefonica. La metodologia
CATI si è dimostrata estremamente efficace ed efficiente per lo svolgimento delle interviste alle imprese. Al contrario, quando utilizzata per le interviste ai beneficiari soprattutto se svantaggiati, occorrerebbero maggiori
risorse e un tempo idoneo per integrare il campione con interviste faccia a
faccia. Infatti, il campione degli intervistati estratto tra le persone raggiungibili telefonicamente non comprendeva parte della popolazione più svantaggiata, enfatizzando la problematica della distorsione da selezione. Ad
esempio, i soggetti senza connessione telefonica, fissa o mobile, e quelli
con numero di telefono sconosciuto costituiscono una fetta importante della
popolazione svantaggiata non raggiunta dalle interviste telefoniche tramite
CATI.
Sia per le interviste CATI alle imprese sia per le interviste ai partecipanti di
iniziative formative, è cruciale riuscire a selezionare una società specializzata con un’esperienza idonea nell’uso di questa metodologia. L’esperienza
mostra che questa selezione richiede molta attenzione in quanto da essa
dipende molto la qualità dei dati raccolti. Anche se la tecnologia e il software utilizzati per le rilevazioni CATI sono sempre più diffusi, potrebbe non
esserci la competenza idonea per prendere contatto con aziende su tematiche che richiedono almeno due telefonate, o con persone con difficoltà linguistiche.
La ricerca avrebbe poi tratto grande beneficio dalla possibilità di estendere
le interviste anche a soggetti svantaggiati appartenenti a gruppi che non
hanno partecipato ad attività formative. In questo modo sarebbe stato possibile misurare le ricadute della formazione, a parità di condizioni personali, tramite un confronto tra effetti positivi o negativi prodotti da altri fattori
economici, sociali e istituzionali indipendenti e diversi dallo svolgimento di
attività formative. Inoltre sarebbe stato possibile illustrare più approfonditamente le caratteristiche delle persone svantaggiate coinvolte in attività
formative, rispetto alle caratteristiche di soggetti non partecipanti ad iniziative di formazione e istruzione. Questo aspetto della ricerca è necessario per
compiere un passo avanti nella comprensione dei meccanismi di esclusione
eventualmente presenti nel sistema di formazione professionale, nonché per
favorire l’individuazione di politiche per la riduzione della selezione negativa di questa fascia della popolazione.
Detto questo, si può concludere che: (i) una metodologia che integri analisi
qualitativa e analisi quantitativa è molto utile nel caso di fenomeni complessi e sfaccettati; (ii) la tecnologia e il software per la realizzazione delle inter70
viste CATI con persone in situazioni di disagio sociale e con problemi di
distorsione da selezione devono poter essere integrati da interviste faccia a
faccia. Inoltre, questa metodologia dovrebbe essere utilizzata da personale
altamente specializzato con esperienza nella conduzione di interviste telefoniche della durata superiore a 10 minuti; (iii) le interviste ai gruppi svantaggiati non coinvolti in attività formative vanno integrate alle interviste ai corsisti al fine di calibrare attentamente l’erogazione di appropriate risorse
finanziarie.
Appendice 1 al capitolo 3. Identificazione dei gruppi svantaggiati
Le categorie di persone svantaggiate sono state regolarmente definite tra i vari
Paesi coinvolti nella ricerca.
I disabili sono stati individuati inizialmente sulla base di informazioni provenienti da archivi di proprietà di istituti o agenzie di formazione professionale. Durante
le interviste, però, è stato chiesto ai partecipanti di dichiarare la propria condizione di disabilità. In Italia è emerso un sorprendente disequilibrio tra le due
situazioni, quella amministrativa e quella dichiarata dai singoli, in quanto buona
parte dei corsisti si è rifiutata di ammettere la propria condizione di disabilità.
Ulteriori evidenze raccolte durante le interviste (es. un numero impressionante
di disabili in possesso di laurea) hanno portato a ritenere che la classificazione
amministrativa sia totalmente errata, evidenziando un conflitto tra requisiti burocratici e condizioni fisiche effettive. In definitiva, in tutti i Paesi coinvolti nella
ricerca l’elaborazione dei dati è stata effettuata tenendo conto delle autodichiarazioni di disabilità, bypassando la definizione amministrativa sui partecipanti
alle attività formative.
In merito al gruppo degli immigrati, esso comprende tutte le persone nate nel
Paese in cui è stata svolta la formazione, che si sono autodichiarate immigrate o nate in un altro Paese a prescindere dal possesso di cittadinanza. La
ricerca identifica come “minoranze” quelle persone che si riconoscono
appartenenti ad un altro Stato o minoranza etnica. Coloro i quali hanno
dichiarato la propria condizione di disabilità sono stati esclusi dalla categoria degli immigrati e delle minoranze, e sono stati inseriti esclusivamente
nella categoria dei disabili. In Romania, Regno Unito e Slovacchia le persone intervistate appartengono al gruppo “minoranze”, mentre in Italia, Regno
Unito, Polonia, Svezia e Spagna i soggetti intervistati appartengono alla
categoria “immigrati”.
Con il termine “giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi” si intendono tutte quelle persone non disabili con un’età non superiore a 24 anni al
momento della partecipazione alla formazione e con un titolo di studio non supe71
riore alla scuola secondaria di primo grado (ISCED 2)8. I giovani che hanno
dichiarato di essere immigrati sono stati inseriti tra i giovani che hanno abbandonato gli studi anziché tra gli immigrati, a causa del numero esiguo di giovani
da intervistare appartenenti al primo gruppo.
Con “lavoratori scarsamente qualificati”9 si intendono tutte quelle persone non
disabili e con un’età compresa tra i 25 e i 50 anni al momento della partecipazione alle iniziative di formazione professionale, con un livello di istruzione
secondaria inferiore o ancora più basso (ISCED 2). Questa definizione è compatibile con la classificazione fornita dall’OCSE (1998). Tuttavia, soprattutto nei
Paesi dell’Europa dell’est, questo gruppo comprende persone con un grado di
istruzione pari al livello ISCED 3c, corrispondente alla frequenza di brevi percorsi di formazione professionale. Coloro i quali si sono dichiarati immigrati o appartenenti a minoranze etniche sono stati inseriti nel gruppo degli immigrati o delle
minoranze etniche.
Con “lavoratori anziani o senior”10 si intendono tutte quelle persone di età superiore ai 50 anni al momento della partecipazione ai programmi di formazione professionale e non in condizioni di disabilità. In genere sono le persone nate prima
del 1961. Coloro i quali si sono dichiarati immigrati o appartenenti a minoranze
etniche sono stati inseriti nel gruppo degli immigrati o delle minoranze etniche.
8
Con l’espressione “dispersione scolastica”, l’Unione europea intende tutti quei giovani tra i 18 e i 24 anni con un livello di istruzione secondaria inferiore o ancora più
basso, e non inseriti in un ciclo di istruzione e formazione. Questa definizione è stata
adottata dai Ministri europei dell’istruzione (Conclusioni del Consiglio in merito a
“Livelli di riferimento del rendimento medio europeo nel settore dell’istruzione e
della formazione. Parametri di riferimento”) nel maggio 2003. Sono giovani che
hanno completato esclusivamente il ciclo pre-elementare, primario, secondario inferiore o che hanno frequentato la scuola superiore per un periodo non superiore a 2
anni. Livelli 0, 1, 2 o 3c della Classificazione internazionale standard dell’istruzione (ISCED) stabilita dalle Nazioni Unite.
9 Brandsma (2002, p. 91) ha adottato la definizione di lavoratori scarsamente qualificati suggerita da Hannan et al. (1998): “persone che hanno abbandonato il sistema
di istruzione iniziale a tempo pieno senza aver raggiunto il primo momento utile (o
la possibilità) di conseguire un diploma all’interno del sistema di istruzione secondaria superiore”. Questa definizione è strettamente connessa con i sistemi formativi
e occupazionali nazionali. Steedman e McIntosh (2001) mostrano che il livello
ISCED 2 costituisce la linea di demarcazione più appropriata per l’individuazione
del gruppo dei lavoratori scarsamente qualificati.
10 Il Cedefop (2007, p. 96) ha evidenziato l’obiettivo UE di innalzare al 50% il tasso di
occupati per le persone con oltre 55 anni entro il 2010, mentre la ricerca suggerisce
che i lavoratori iniziano a subire discriminazioni nel mercato del lavoro fin dall’età
di 40-45 anni.
72
Il gruppo denominato “altro” rappresenta un gruppo variegato. Include persone
intervistate non rientranti in nessuno degli altri gruppi pur avendo partecipato ad
iniziative formative rivolte alle persone svantaggiate sul mercato del lavoro. Nel
Regno Unito, ad esempio, la categoria “altro” comprende “giovani in crescita
sotto i 25 anni” e “lavoratori altamente qualificati”. I motivi che spiegano questa
particolare decisione del gruppo di ricerca inglese sono illustrati in dettaglio nel
relativo rapporto nazionale.
I beneficiari di attività formative sono stati identificati tenendo conto della reale
fattibilità delle interviste. In particolare, i ricercatori hanno valutato la disponibilità di elenchi di corsisti con l’indicazione dell’indirizzo e del numero di telefono.
Appendice 2 al capitolo 3. Fasi, strumenti e report
Il risultato della prima fase della ricerca è costituito da otto rapporti nazionali sull’analisi del Paese in oggetto, della letteratura e dei dati statistici europei. Questi
i principali obiettivi: (i) definire l’area di studio; (ii) costruire un’agenda condivisa,
definire lo scenario delle problematiche e un glossario di supporto per gli otto
gruppi di lavoro.
Successivamente, ciascun gruppo di lavoro nazionale ha condotto un numero
minimo di dieci interviste con testimoni di rilievo che potessero offrire un’analisi
della formazione professionale rivolta ai gruppi svantaggiati in ogni Paese. Sono
stati coinvolti policy-makers, ricercatori, membri di ONG, educatori e progettisti
di attività formative, assistenti sociali e imprenditori. Sono stati elaborati dei
nuovi rapporti nazionali (rapporti nazionali sulle evidenze) sulla base di una
nuova raccolta di testi e informazioni statistiche e soprattutto sulla base dei contributi ricevuti dai testimoni intervistati.
Tramite un set condiviso di criteri specifici sono state raccolte e poi valutate le reali
prassi sulla formazione professionale rivolta ai principali gruppi di persone svantaggiate. A questo punto l’obiettivo era di descrivere i metodi adottati nei vari Paesi
fino a questo momento e ritenuti efficaci per il potenziamento delle competenze
delle persone in situazione di disagio nel mercato del lavoro e quindi a rischio di
esclusione dalla società. La letteratura in merito all’assenza di questi gruppi dal
sistema educativo è molto più ampia rispetto a quella relativa alla descrizione delle
opportunità concrete di inclusione nella formazione professionale. La raccolta di
esempi di prassi formative rivolte a soggetti appartenenti ai gruppi svantaggiati sul
mercato del lavoro ha comportato un lavoro intenso e impegnativo. È stato necessario infatti costruire e concordare un vocabolario e una griglia di osservazione
che consentissero ai ricercatori di confrontare le varie prassi alla ricerca di invarianti e caratteristiche comuni o specifiche di programmi atti a soddisfare esigenze non sempre comparabili. Le interviste ai testimoni sono servite a descrivere le
caratteristiche dei bisogni formativi dei gruppi svantaggiati, gli aspetti positivi e
negativi di prassi non così diffuse ma comunque importanti e significative.
73
Infine, la ricerca ha tentato di realizzare un’analisi approfondita in merito all’efficacia e all’attrattiva delle attività di formazione professionale finalizzate allo sviluppo di competenze e alla promozione dell’occupabilità e dell’inclusione sociale di persone a rischio di esclusione sociale. In ciascun Paese sono state condotte due indagini su due campioni costituiti da imprenditori, da un lato, e beneficiari di attività formative, dall’altro. Il contributo più innovativo della ricerca è
rappresentato dall’effettuazione di queste due indagini sui beneficiari della formazione professionale e sulle imprese.
Qui di seguito è riportato un elenco degli strumenti che sono stati via via realizzati per la conduzione delle fasi della ricerca.
Strumenti di lavoro
1. Nota metodologica per il rapporto sull’analisi di background
2. Linee-guida per la conduzione delle interviste semistrutturate per i rapporti nazionali basati sull’evidenza
3. Nota metodologica per i rapporti nazionali basati sull’evidenza
4. Linee-guida per l’identificazione degli elenchi da cui estrarre i campioni di
beneficiari e imprese
5. Questionari dei beneficiari e delle imprese
6. Elenco delle tabelle per l’elaborazione dei dati statistici descritti e delle
variabili per i modelli di regressione
7. Quadro di riferimento per il rapporto sull’indagine presso i datori di lavoro e i beneficiari
8. Modello per la definizione delle buone prassi
9. Modello di valutazione delle buone prassi
10. Questionario degli stakeholder sulle raccomandazioni di policy
Infine, i rapporti prodotti nell’ambito della ricerca sono elencati qui di seguito.
Rapporti
1. Analisi di background nazionale
2. Sintesi dell’analisi di background
3. Rapporti nazionali basati sulle evidenze
4. Rapporti nazionali sull’indagine sui datori di lavoro
5. Rapporti nazionali sull’indagine sui beneficiari
6. Rapporto comparativo sulle indagini nazionali
7. Documento sulle raccomandazioni di policy
8. Rapporto sui risultati emersi dai questionari agli stakeholder
74
CAPITOLO 4.
Indagine sui gruppi svantaggiati:
principali risultati
Questo capitolo affronta il tema della partecipazione dei gruppi svantaggiati alla formazione continua. L’analisi mira ad evidenziare le differenze tra i
vari gruppi di persone svantaggiate, presentando le ricadute di tipo occupazionale delle esperienze formative. La composizione generale del campione di beneficiari di corsi di formazione continua intervistati negli otto Paesi
coinvolti nella ricerca è già stata descritta nel capitolo 3.
Tipo di formazione ricevuta dai beneficiari intervistati
Gli otto campioni di beneficiari sono stati selezionati tra i partecipanti di
specifiche attività formative ritenute rappresentative della formazione continua. La selezione è stata effettuata seguendo i medesimi criteri in tutti i
Paesi interessati dalla ricerca.
Gli intervistati hanno frequentato in prevalenza corsi di formazione con
caratteristiche assimilabili alla formazione continua. In genere, tranne alcuni rari casi descritti di seguito, la stragrande maggioranza dei programmi
formativi aveva come obiettivo la riqualificazione di persone già inserite nel
mercato del lavoro, di chi era alla ricerca di un lavoro o di chi intendeva
migliorare la propria situazione lavorativa. In Spagna, Slovacchia e Polonia,
i corsi di formazione sono individuati e suggeriti dalle agenzie per l’impiego. In Italia i corsi di formazione professionale rientrano nell’ambito delle
politiche attive del lavoro, come ad esempio quelli promossi dalla Regione
Marche. Una minoranza di intervistati all’interno del gruppo dei giovani
che hanno abbandonato precocemente gli studi in Slovacchia e Romania ha
partecipato a corsi svolti nelle scuole appartenenti al sistema di istruzione
generale, mirati a prevenire il fenomeno della dispersione scolastica. Infine,
potrebbero essere considerate attività di formazione professionale iniziale i
corsi di formazione frequentati da una parte degli intervistati, ancora una
75
76
Corsi terminati tra il 31/12/08 e il 01/03/10. Interviste effettuate a settembre 2011.
Partecipanti a corsi di formazione professionale finanziati dalla Regione Marche tramite il Fondo sociale
europeo. Si tratta principalmente di corsi di formazione continua svolti in parte all’interno delle imprese e rivolti
ai dipendenti di singole aziende. Sono esclusi i corsi di tipo scolastico e i corsi in alternanza.
Tipo di attività di formazione professionale considerato
Svezia
>>>
Una larga fetta dei partecipanti è costituita da persone con disabilità e immigrati con una conoscenza
insufficiente della lingua svedese. I nominativi delle persone con disabilità e i giovani che hanno abbandonato
precocemente gli studi sono stati raccolti in tre comuni svedesi selezionati a caso: Umeå, Norrköping e Lund.
Le Folk High School (folkhögskolor) sono istituzioni per l’istruzione degli adulti, rivolte a utenti con un’età
minima di 18 anni per quanto riguarda i corsi generici. Generalmente le Folk High Schools danno la
precedenza a domande di ammissione provenienti da soggetti con un livello di istruzione pregressa limitato.
I lavoratori anziani e gli immigrati sono stati individuati consultando un elenco di tutti gli allievi di corsi di
formazione (Kvalificerad yrkesutbildning e Yrkeshögskoleutbildning) acquisito presso il Ministero svedese per
la formazione professionale (Myndigheten för yrkeshögskolan).
Il grado di istruzione più alto dei lavoratori scarsamente qualificati è uguale o inferiore al livello ISCED 1.
Regno Unito Attività svolte dal City of Bristol College per gli iscritti all’anno accademico 2011/2012. Corsi di lingua inglese
per immigrati. Lavoratori anziani dipendenti del sindacato.
Italia
Paese
Tabella 13. Attività di formazione professionale frequentate dal campione di beneficiari
77
Polonia
Portogallo
Romania
Slovacchia
Spagna
Paese
Corsisti indirizzati dalle Agenzie per l’impiego distrettuali di Rybnik e Gdansk.
Organismi di formazione professionale: Escola das Profissões, FITI, Santa Casa de Misericórdia Amadora,
AFID, tutti nella regione di Lisbona. Programmi di formazione iniziale e continua.
La formazione professionale per le persone disabili (disabili mentali) comprende l’insegnamento di conoscenze
di base, nonché competenze relazionali elaborate da un esperto in psicopedagogia per disabili mentali.
I programmi contro la dispersione scolastica mirano a prevenire la fuoriuscita precoce tramite speciali corsi di
doposcuola.
Collaborazione dei seguenti istituti (alcuni pubblici ma la maggior parte provenienti dalla società civile): EcoConsult, Diakonia, CRFPA (Centro regionale per la formazione degli adulti) Cluj. Per i disabili: Gondviselés
(Assistenza sociale), Centro diurno per disabili mentali “Saint Mary“, Motivation Foundation, Bioterra.
Per quanto riguarda la dispersione scolastica, il programma di formazione era sostenuto dalle scuole al fine di
prevenire l’abbandono e la formazione professionale per gli orfani.
Gli allievi erano disabili non udenti che ricevevano una formazione specialistica per qualificarsi a lavorare con
altri utenti non udenti.
Agenzia per l’impiego dei seguenti distretti: Banská Bystrica, Luãenec, Revúca, Rimavská Sobota e Velki Krtis.
Corsi di formazione realizzati tra il 2007 e il 2011, solitamente della durata di 1-3 mesi.
La Fundación Andaluza Fondo de Formación y Empleo ha fornito alla società di rilevazioni statistiche
Proyempleo S.L. i dati provenienti dal Servicio Andaluz de Empleo, ente della Junta de Andalucía, Governo
regionale della Regione Andalusia. Il campione è costituito per il 60% da uomini e per il 40% da donne.
Tipo di attività di formazione professionale considerato
Tabella 13 (segue)
78
6,8%
38,0%
46,6%
7,5%
14,2%
31,6%
Altre forme di aiuto
Tutor per la formazione
Contributi per spese
di trasporto
25,7%
25,0%
11,7%
30,4%
4,6%
1,8%
24,0%
14,7%
16,9%
12,0%
Assegno familiare
durante il corso
Contributi per l’alloggio
Sovvenzioni per
l’acquisto di materiale
didattico
54,0%
71,3%
38,4%
45,2%
Immigrati/
Minoranze
Quote di partecipazione
sostenute dalla pubblica
amministrazione
Sovvenzioni/Sostegno ai partecipanti
Modalità mista
Formazione in azienda
Formazione in aula
Tipo di formazione
Disabili
8,1%
36,0%
19,7%
21,1%
2,7%
9,4%
24,3%
58,7%
48,7%
40,6%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
Tabella 14. Tipo di formazione e sovvenzioni/sostegno ai partecipanti
8,4%
41,3%
16,5%
37,3%
4,6%
16,2%
20,8%
71,9%
48,6%
39,0%
Persone
scarsamente
qualificate
3,1%
31,6%
21,4%
32,1%
0,8%
15,6%
15,2%
68,8%
47,8%
44,5%
Lavoratori
anziani
16,0%
33,5%
18,8%
30,2%
5,2%
12,6%
12,8%
64,0%
42,2%
36,8%
Altro
9,0%
32,6%
18,8%
28,2%
3,4%
13,6%
18,0%
64,9%
43,3%
41,9%
Totale
volta prevalenti tra coloro che hanno abbandonato prematuramente la scuola, giovani e con un basso grado di istruzione iniziale.
La Tabella 13 riporta una breve sintesi dei corsi frequentati dal campione
intervistato nell’ambito della ricerca.
In genere si trattava di programmi specifici, circoscritti nei contenuti e di
breve durata, ad esempio un mese o meno di 100 ore. Non tutti i programmi comprendevano attività di orientamento e counselling. Tuttavia la presenza di attività formative svolte sul posto di lavoro costituisce l’aspetto più
significativo della formazione professionale per la promozione dell’occupabilità11.
Le attività formative oggetto delle interviste ai corsisti sono divisibili in tre
gruppi in base alla metodologia utilizzata per lo svolgimento delle lezioni.
Il primo gruppo comprende corsi di formazione professionale realizzati con
una prevalenza di lezioni frontali, nella maniera più tradizionale. Il secondo gruppo comprende attività di formazione professionale che prevedono
quasi esclusivamente formazione in azienda ed esercitazioni pratiche.
Infine, un gruppo misto comprende attività formative svolte in parte in aula
e in parte in azienda tramite esercitazioni pratiche, mentoring e coaching
(cfr. Tabella 14)..
Oltre il 40% (41,9%) dei destinatari ha partecipato ad attività formative
svolte esclusivamente in aula; solo il 9% ha partecipato ad attività formative pratiche svolte soprattutto in azienda, mentre il 43,3% ha preso parte ad
attività formative svolte in modalità mista. Purtroppo queste percentuali non
possono essere ritenute rappresentative della formazione continua nei Paesi
partner interessati dalla ricerca, in quanto i corsi sono stati selezionati più in
base alla qualità che alla loro diffusione. È comunque importante sottolineare una piccola percentuale di attività formative svolte in stretta collaborazione con le imprese e realizzate nell’ambito di un’esperienza di formazione sul lavoro. È risaputo che l’inserimento di adulti fragili all’interno di attività corsuali richiede il passaggio da metodologie di insegnamento e
apprendimento tradizionali verso altri meccanismi di apprendimento. Per
questo le attività formative svolte esclusivamente in aula devono essere ritenute meno efficaci rispetto all’adozione di altre strategie organizzative.
11 La necessità imposta dalla tecnologia CATI di limitare il numero delle domande dei
questionari ha costretto a ridurre le informazioni sulla durata dei corsi frequentati
dagli intervistati e le informazioni sulla partecipazione ripetuta ai programmi di formazione.
79
80
90,6%
84,6%
83,6%
Altre forme di aiuto
Tutor
86,5%
76,0%
88,9%
Assistenza infantile
89,7%
84,1%
84,3%
Contributi per le spese
di trasporto
86,1%
91,4%
83,3%
85,9%
85,6%
Immigrati/
Minoranze
Sovvenzioni per l’acquisto
del materiale didattico
Contributi per l’alloggio
Sovvenzioni pubbliche
per il pagamento delle
rette
Disabili
83,3%
86,0%
77,8%
100,0%
86,7%
78,4%
88,7%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
87,5%
88,3%
79,9%
78,3%
77,1%
81,3%
87,9%
Persone
scarsamente
qualificate
79,1%
85,6%
81,5%
40,0%
67,3%
81,9%
86,4%
Lavoratori
anziani
76,5%
86,3%
77,7%
68,9%
86,1%
78,2%
90,2%
Altro
Tabella 15. Importanza molto elevata/elevata attribuita a sovvenzioni e forme di sostegno per la
partecipazione alla formazione professionale
82,0%
86,2%
81,3%
74,1%
79,9%
82,3%
88,3%
Totale
I contributi e i sussidi finanziari per la partecipazione alla formazione sembrano ampiamente disponibili per tutte le persone, benché non generalizzati per tutti o uniformemente distribuiti in tutti i Paesi considerati.
Oltre il 64% dei partecipanti non sostiene il costo per l’iscrizione ai corsi in
quanto le rette sono sovvenzionate dalla pubblica amministrazione. Questa
percentuale è più alta tra i disabili e i lavoratori scarsamente qualificati. Gli
immigrati, le minoranze e i giovani che hanno abbandonato precocemente
gli studi hanno relativamente meno probabilità di una riduzione o un esonero dal pagamento delle quote di iscrizione.
I contributi per le spese di trasporto e alloggio sono molto importanti per la
riduzione delle barriere per le persone provenienti da aree periferiche o
scarsamente servite dai servizi pubblici. Questi contributi, tuttavia, riguardano solo una piccola parte dei partecipanti, rispettivamente il 28,2% e il
18,0% dei corsisti. Gli immigrati/minoranze e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi ricevono la percentuale più alta di aiuti finanziari per le spese di trasporto.
Solo il 32,6% del campione è stato affiancato da un insegnante di sostegno;
la percentuale più bassa dei corsisti che hanno usufruito di questa opportunità si registra tra i disabili, mentre la percentuale più alta si registra tra i
giovani che hanno abbandonato gli studi.
Circa il 14% dei partecipanti ha ricevuto sovvenzioni per l’acquisto dei
libri. Immigrati e minoranze, lavoratori scarsamente qualificati e lavoratori
anziani hanno avuto tendenzialmente meno probabilità di ricevere questa
forma di sovvenzione rispetto ad altre categorie di soggetti svantaggiati. In
particolare, è difficile spiegare il motivo per cui il contributo per l’acquisto
dei libri sia stato assegnato a una percentuale così bassa di giovani che
hanno abbandonato precocemente gli studi.
Gli assegni familiari e altre forme di sostegno familiare hanno riguardato
solo il 3,4% dei corsisti e sono più frequenti nei sottogruppi con una presenza più alta di donne: lavoratori scarsamente qualificati e “altro”.
L’indagine ha anche cercato di cogliere il grado di importanza attribuito dai
beneficiari ai contributi ricevuti per la partecipazione ai corsi. Queste risposte rappresentano utili indicatori sul significato di sovvenzioni, contributi e
sussidi per favorire la partecipazione alla formazione professionale cfr.
Tabella 15).
In genere gli aiuti ricevuti (e soprattutto la possibilità di esonero dal pagamento delle rette) sono molto apprezzati dai partecipanti appartenenti a tutti
i gruppi considerati.
81
82
90,5%
71,3%
Tutti i Paesi
74,0%
56,9%
Svezia
Regno Unito
98,5%
77,6%
Slovacchia
Romania
12,2%
Polonia
Spagna
75,0%
64,5%
Portogallo
Italia
Disabili
54,0%
65,1%
43,2%
100,0%
80,0%
51,6%
6,6%
80,2%
61,9%
Immigrati/
Minoranze
58,7%
81,8%
48,8%
80,0%
93,0%
68,0%
5,6%
63,8%
70,0%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
71,9%
73,0%
97,2%
88,7%
66,7%
11,1%
79,5%
62,2%
Persone
scarsamente
qualificate
68,8%
59,8%
97,5%
91,8%
58,0%
2,4%
40,3%
61,4%
Lavoratori
anziani
64,0%
44,2%
41,7%
98,3%
93,0%
49,2%
7,0%
90,0%
67,9%
Altro
64,9%
46,6%
67,6%
97,8%
91,2%
59,7%
7,9%
73,2%
64,4%
Totale
Tabella 16. Percentuale di corsisti destinatari di contributi della pubblica amministrazione per il pagamento
del corso, suddivisi per tipo di svantaggio e Paese
La percentuale di pareri favorevoli diminuisce per quanto riguarda i contributi per l’acquisto del materiale didattico, soprattutto tra i lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani, principali beneficiari in termini percentuali di questo tipo di sostegno. Questi aiuti sono maggiormente apprezzati dagli immigrati e dalle minoranze, i soggetti con maggiori probabilità
di esserne destinatari.
L’assistenza all’infanzia registra la percentuale più bassa tra i lavoratori
anziani e nel gruppo “altro”, malgrado la grande presenza di donne in questi due gruppi e l’alta percentuale di persone destinatarie di questi aiuti. I
soggetti che in percentuale sembrano gradire di più gli assegni di famiglia
si riscontrano tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e
i disabili, i gruppi meno interessati da questa forma di sostegno.
Stando alle valutazioni, i beneficiari hanno dichiarato l’utilità delle forme di
sostegno e aiuto ricevute, malgrado alcuni segnali evidenzino l’esigenza di
un miglior incrocio tra destinatari e distribuzione degli aiuti. Infatti, alcuni
contributi sono stati assegnati a soggetti meno bisognosi di altre categorie
svantaggiate che non hanno avuto accesso a tali sovvenzioni. Due esempi a
riprova di questo punto: le sovvenzioni per il materiale didattico sembrano
meno utili per i lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani
rispetto a immigrati e minoranze. Gli assegni di famiglia e l’assistenza
familiare, normalmente assegnati alle donne, tendenzialmente riguardano
meno i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi nonostante
siano i gruppi maggiormente bisognosi.
Infine sussistono forti differenze tra un Paese e l’altro.
Secondo la Tabella 16 a fianco, la percentuale di persone esonerate dal
pagamento della quota di iscrizione ai corsi di formazione in Italia, Spagna,
Romania e Regno Unito è inferiore alla media dei Paesi interessati dalla
ricerca. Al contrario, Polonia e Slovacchia mostrano una percentuale più
alta di persone nella stessa condizione. Italia, Polonia e Svezia presentano
una percentuale molto alta di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi assistiti dalla pubblica amministrazione, mentre Spagna e Regno
Unito hanno la percentuale più bassa. Nel Regno Unito, i giovani che hanno
abbandonato precocemente gli studi e i disabili hanno più probabilità di
essere esonerati dal pagamento delle quote di iscrizione rispetto ad altri
gruppi svantaggiati.
Ovviamente le politiche nazionali incidono sulla possibilità per i gruppi
svantaggiati di ricevere contributi per la partecipazione alle attività formative. Nei Paesi considerati la quota di iscrizione è spesso coperta dalla pub83
84
36,0%
12,0%
5,4%
24,3%
5,4%
24,3%
6,9%
31,0%
Ritirati per scarso
interesse (% abbandoni) 13,8%
20,7%
Ritirati per motivi di
salute (% abbandoni)
Ritirati per aver trovato
lavoro (% abbandoni)
4,0%
8,0%
85,7%
86,9%
88,9%
Ritirati per mancanza
di aiuti (% abbandoni)
Poche/Zero assenze
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
Disabili
Frequenza
Immigrati/
Minoranze
29,4%
0,0%
5,9%
11,8%
92,8%
Persone
scarsamente
qualificate
Tabella 17. Frequenza e decisione di interrompere la partecipazione al corso
30,8%
15,4%
15,4%
0,0%
96,1%
Lavoratori
anziani
34,8%
4,3%
4,3%
8,7%
92,4%
Altro
22,9%
8,3%
21,5%
6,9%
91,2%
Totale
blica amministrazione tramite voucher individuali e finanziamenti diretti
assegnati agli organismi di formazione o ai datori di lavoro che propongono corsi per i propri dipendenti. I dati dell’indagine non consentono di
distinguere tra i due tipi di contribuito di cui hanno usufruito i beneficiari
intervistati.
Tranne l’esonero dal pagamento delle quote di partecipazione ai corsi,
riguardanti dai 2/3 ai 3/4 dei beneficiari appartenenti a gruppi svantaggiati,
il sostegno finanziario per la formazione professionale non è molto diffuso,
interessando i vari gruppi in maniera non uniforme. Le differenze tra un
Paese e l’altro sono profonde e vanno a incidere sulle disparità di trattamento riservate ai vari gruppi. Una maggior attenzione andrebbe riservata al servizio di assistenza infantile, perché a quanto pare non soddisfa le esigenze
dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e delle giovani
donne.
Comportamento e autovalutazione
Oltre il 90% degli intervistati ha partecipato con regolarità alle attività formative. Tuttavia l’effetto della distorsione da selezione potrebbe aver condizionato i dati, indebolendo il significato di questo risultato. Il campione di
persone intervistate è stato estratto dagli elenchi dei corsisti a disposizione
degli enti di formazione; è quindi difficile negare che comportamenti opportunistici possano aver influenzato i risultati effettivi, ad esempio l’archiviazione dei nominativi esclusivamente di quegli studenti che abbiano completato il corso o che abbiano frequentato un numero minimo di ore.
Pertanto l’indagine non può misurare la regolarità della frequenza in maniera esatta (Tabella 17).
I dati sulla regolarità della frequenza e i motivi del ritiro dal corso potrebbero essere indicativi del contenuto e dell’attinenza delle attività di formazione professionale. Tuttavia la raccolta dati non solo evidenza i limiti dell’indagine, ma mostra anche alcuni segnali relativi alla scarsa qualità della
formazione professionale, soprattutto in riferimento alle esigenze dei gruppi svantaggiati più vulnerabili e impegnativi.
La percentuale più bassa di persone che frequentano regolarmente si riscontra tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, le persone
disabili e gli immigrati e le minoranze. Questo potrebbe dipendere dallo
scarso interesse di questi gruppi nei confronti delle materie, degli obiettivi
e delle metodologie formative, derivante dalle caratteristiche del corso fre85
86
Altro
per ricevere
un’indennità
per interesse
personale
su suggerimento
altrui
Decisione
di partecipare
0,6%
2,1%
11,8%
58,5%
49,7%
13,5%
29,1%
Immigrati/
Minoranze
34,7%
Disabili
0,6%
12,6%
55,3%
31,5%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
1,0%
14,5%
52,8%
31,7%
Persone
scarsamente
qualificate
Tabella 18. Decisione di partecipare ad attività di formazione professionale
1,9%
9,8%
62,9%
25,4%
Lavoratori
anziani
3,1%
15,9%
44,4%
36,6%
Altro
1,8%
13,2%
53,1%
31,9%
Totale
quentato. Dall’altro lato, i lavoratori anziani sembrano più costanti e interessati alle attività formative.
Sono l’8,3% ha smesso di frequentare la formazione quando è venuto meno
l’interesse nel corso; questa percentuale è più alta tra i disabili, i giovani che
hanno abbandonato precocemente gli studi e i lavoratori anziani. Il 22,9%
dei ritirati dal corso ha trovato un nuovo lavoro. Il 21,5% ha deciso di interrompere il corso per problemi di salute, soprattutto in riferimento ai disabili e ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Stando ai dati
raccolti, i lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani hanno
interrotto il corso perché hanno trovato un nuovo lavoro. Ancora una volta,
questo risultato mostra la grande disponibilità dei soggetti a continuare la
formazione, tranne nel caso di un cambiamento drastico a livello di situazione personale o economica.
Infine, la percentuale di ritirati a causa della mancanza di sovvenzioni si
limita al 6,9%, con un aumento tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi (8%) e i lavoratori scarsamente qualificati (11,8%).
Tuttavia la maggioranza di coloro che hanno dichiarato delle difficoltà a frequentare i corsi non sembra soffrire della mancanza di sostegno da parte dei
servizi pubblici. Anche in questo caso, gli effetti della distorsione da selezione potrebbero condizionare la significatività del risultato.
Riepilogando, in base all’indagine svolta la qualità della formazione professionale dovrebbe essere migliorata soprattutto per soddisfare i bisogni dei
disabili, dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, e degli
immigrati e minoranze. Non vi sono prove sufficienti per affermare che la
carenza di contributi finanziari da parte della pubblica amministrazione
abbia inciso sulla frequenza o sulla tendenza a ritirarsi a corso già iniziato
Tabella 18).
Oltre il 53% dei beneficiari ha deciso di partecipare alle attività formative
per interesse personale. La percentuale è superiore alla media tra gli immigrati, le minoranze e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli
studi, raggiungendo il valore massimo del 62,9% tra i lavoratori anziani.
Questo dato è un chiaro indicatore dell’interesse nei confronti della formazione da parte degli intervistati. Vale la pena ricordare, però, che queste persone potrebbero avere caratteristiche personali diverse rispetto alla popolazione totale in situazione di svantaggio.
Il 31,9% dei partecipanti ha deciso di frequentare un corso su suggerimento
di conoscenti, agenzie pubbliche per l’impiego, altre agenzie per l’impiego,
istituti e organizzazioni di tipo assistenziale. Questa percentuale è più alta tra
87
88
9,1%
10,4%
Conseguenze
negative
7,1
37,2%
6,2
Altri vantaggi
38,4%
6,8
6
5,9
5,9
7,3
6,9
Immigrati/
Minoranze
Grado di
socializzazione
Ambizioni personali
Contatti
professionalmente
utili
Apprendimento
Disabili
7,7%
7,2
35,6%
6,5
5,8
7
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
6,2%
6,3
36,4%
6,1
5,7
7
Persone
scarsamente
qualificate
7,4%
5,5
40,4%
5,7
5,3
6,6
Lavoratori
anziani
5,8%
6,7
41,4%
6,4
6
7,5
Altro
7,6%
6,5
38,7%
6,2
5,8
7,1
Totale
5,5%
8,6%
20,4%
8,8%
11,5%
7,7%
Assente
Tabella 19. Grado di soddisfazione rispetto all’esperienza formativa sotto vari punti di vista (10 = punteggio
massimo), percentuale di persone che ha tratto altri vantaggi o conseguenze negative.
i disabili, i lavoratori scarsamente qualificati e nel gruppo “altro”. Solo tra
gli immigrati, le minoranze e i lavoratori anziani si registra una percentuale
più bassa di partecipanti iscritti ad attività di formazione professionale su
consiglio altrui. Circa il 12% degli immigrati e delle minoranze e circa il
16% del gruppo “altro” ha partecipato ad attività formative per altri motivi.
Ad esempio, immigrati e minoranze hanno frequentato un corso per imparare a parlare correttamente la lingua del Paese in cui vivono e lavorano.
Una piccola minoranza (meno del 2%) di persone ha deciso di frequentare
un corso di formazione grazie alla possibilità di ricevere un’indennità o altri
incentivi. Questa percentuale aumenta tra i disabili (2,1%) e il sottogruppo
“altro” (3,1%), pur rimanendo comunque una quota molto bassa.
Il grado di soddisfazione rispetto alla formazione professionale (cfr. Tabella
19) si estende da sufficiente (circa 6/10) a buono (superiore a 7/10) a eccellente (superiore a 8/10).
I lavoratori anziani hanno assegnato una valutazione inferiore alla media
per tutti gli aspetti testati, apparentemente risultando il gruppo meno soddisfatto, pur essendo il gruppo meno numeroso della media ad aver partecipato ad attività formative non per interesse personale ma su consiglio altrui. I
disabili hanno assegnato un punteggio inferiore per quanto riguarda l’apprendimento di nuove cose, il grado di socializzazione e le ambizioni personali12. Rispetto alla media, essi assegnano un punteggio leggermente più
alto per quanto riguarda i contatti professionalmente utili. I giovani che
hanno abbandonato precocemente gli studi assegnano un punteggio più alto
della media per quanto riguarda la socializzazione e le ambizioni personali.
Immigrati e minoranze mostrano un grado di soddisfazione superiore alla
media per quanto riguarda l’apprendimento, la socializzazione, le ambizioni personali e i contatti professionalmente utili.
Circa il 38,7% del campione ha tratto altri vantaggi non menzionati nel questionario. Meno dell’8% degli intervistati ha rilevato delle conseguenze
negative legate alla partecipazione ad attività formative. Questa percentuale aumenta tra i disabili, gli immigrati, le minoranze e i giovani che hanno
abbandonato precocemente gli studi. Come risaputo, se la formazione è
calibrata sulle esigenze dei gruppi svantaggiati, vi è una maggiore percezione delle conseguenze negative da parte dei corsisti e delle persone che essi
incontrano nel mercato del lavoro, dopo aver partecipato a un corso.
12 Al contrario, Poleis (2004) ha indicato la socializzazione come fattore determinante
per i disabili coinvolti in attività di formazione professionale.
89
90
4,6%
38,6%
34,1%
Immigrati/
Minoranze
24,1%
1,6%
22,5%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
31,4%
7,8%
23,6%
Persone
scarsamente
qualificate
9,8%
38,8%
29,0%
Lavoratori
anziani
7,2%
34,5%
27,3%
Altro
5,7%
31,3%
25,6%
Totale
29,9%
Occupati
2,9%
27,0%
Lavoratori autonomi
Lavoratori dipendenti
Disabili
40,7%
5,2%
35,5%
Immigrati/
Minoranze
29,3%
2,3%
27,0%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
48,4%
11,1%
37,3%
Persone
scarsamente
qualificate
47,5%
9,9%
37,6%
Lavoratori
anziani
39,2%
10,1%
29,2%
Altro
39,6%
7,4%
32,2%
Totale
Tabella 21. Condizione occupazionale al termine del corso di formazione. Le percentuali si riferiscono alla
totalità degli intervistati.
1,4%
15,9%
Occupati
Lavoratori autonomi
14,6%
Lavoratori dipendenti
Disabili
Tabella 20. Condizione occupazionale all’inizio dei corsi di formazione. Le percentuali si riferiscono alla
totalità degli intervistati.
In genere, il grado di soddisfazione rispetto alla formazione professionale
non raggiunge il punteggio eccellente in nessuno degli aspetti qualitativi
sottoposti a verifica. La media dei punteggi raggiunge a malapena il livello
sufficiente, soprattutto tra i disabili e i lavoratori anziani. La dimensione
qualitativa resta mediamente insufficiente per quanto riguarda i contatti utili
avuti durante il corso per la promozione dell’inserimento lavorativo; un’eccezione è costituita dalla valutazione sufficiente (6/10) dichiarata da immigrati e minoranze e dal gruppo “altro”. Pur trattandosi di una valutazione
qualitativa effettuata solo sulla base di opinioni espresse dagli utenti finali
di corsi, questi dati confermano la necessità di promuovere un miglioramento dei programmi di formazione.
Situazione occupazionale all’inizio e alla fine del corso
La ricerca intendeva misurare l’efficacia dei corsi di formazione professionale per i gruppi svantaggiati. In particolare, l’obiettivo era di rilevare eventuali differenze nelle condizioni occupazionali prima dell’avvio dei corsi,
dopo la partecipazione ai corsi e al momento della rilevazione, al fine di
testare l’ipotesi di una ricaduta positiva della formazione sull’occupabilità
degli allievi. Le probabilità di rimanere disoccupati dovrebbero diminuire
dopo la partecipazione ad attività formative, aumentando invece le prospettive occupazionali. Infine, la formazione professionale dovrebbe consentire
una diminuzione del tasso di inattività, soprattutto tra i gruppi svantaggiati
(come i disabili), spesso costretti all’inattività forzata, data l’impossibilità
(effettiva o percepita) di trovare un impiego.
La rilevazione della condizione occupazionale dei partecipanti costituisce il
metodo di misurazione più diffuso in merito all’efficacia della formazione
professionale. Tuttavia questa ricerca non sottovaluta altri risultati, in particolare l’aumento del livello di socializzazione e l’integrazione sociale dei
partecipanti.
Le due tabelle a fianco mostrano i risultati a livello di condizione occupazionale dei partecipanti intervistati, all’inizio e alla fine del corso di formazione professionale.
Mediamente, il 31,3% degli intervistati era già occupato all’inizio del corso
di formazione. La percentuale era più alta tra gli immigrati e minoranze e i
lavoratori anziani. La percentuale più bassa di occupati prima dell’avvio del
corso si registra tra le persone con disabilità (15,9%) e i giovani che hanno
abbandonato precocemente gli studi (24,1%).
91
Al termine o verso la fine del corso, la media degli occupati è salita al
39,6%. La percentuale è più alta tra i lavoratori scarsamente qualificati
(48,4%) e i lavoratori anziani (47,5%). La percentuale più bassa di occupati al termine del corso è del 29,3% tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e del 29,9% tra i disabili. Anche se queste ultime due
categorie restano le più sofferenti in termini di tassi occupazionali, la partecipazione alle attività formative ha modificato positivamente le condizioni
occupazionali di una buona parte di corsisti.
Grafico 1. Percentuale di occupati all’inizio e al termine dei corsi di
formazione
Il tasso di occupazione sale di 14 punti percentuali per i disabili e di 17 punti
percentuali per i lavoratori scarsamente qualificati. Questi ultimi due incrementi sono ritenuti più alti rispetto a quelli degli altri gruppi; in particolare
immigrati e minoranze hanno mostrato un aumento del tasso di occupazione di soli due punti percentuali. Solo i lavoratori scarsamente qualificati e il
gruppo “altro” mostrano un aumento di 3 punti percentuali per quanto
riguarda il lavoro autonomo; in genere questo tipo di occupazione non è
aumentato e rimane confinato a una piccolissima percentuale di intervistati13.
13 La percentuale di lavoratori autonomi tra i partecipanti alle attività formative aumenta in Slovacchia dall’1 al 9%, in Polonia dal 2 al 7%, nel Regno Unito dal 5 all’8%.
La tabella dei lavoratori autonomi partecipanti ad attività formative non è esposta.
92
A questo punto è bene sottolineare che in merito all’occupazione dei disabili, la ricerca non è riuscita a identificare la proporzione tra lavoro protetto
nel settore non-profit o in imprese che non sostengono costi per l’assunzione dei disabili, e lavoro in imprese a scopo di lucro che sostengono pienamente il costo per l’assunzione del disabile. Le ricerche precedenti mostrano che tale distinzione potrebbe essere di cruciale importanza per comprendere le problematiche relative all’inserimento lavorativo dei disabili14.
La condizione occupazionale dei partecipanti alle attività formative varia
notevolmente da Paese a Paese.
Tabella 22. Tassi di occupazione all’inizio e al termine dei corsi di
formazione, formative suddivisi per Paese
Tasso di occupazione
prima
Tasso di occupazione
al termine
Differenze
Italia
61,9%
69,5%
8
Spagna
4,2%
24,8%
Portogallo
Polonia
(a)
(b)
(b-a)*100
52,5%
14
5,0%
27,5%
22
38,9%
Romania
30,4%
2,7%
31,4%
29
Svezia
62,9%
73,2%
10
Tutti i Paesi
31,3%
39,6%
8
Slovacchia
Regno Unito
58,7%
41,0%
21
73,8%
11
15
Slovacchia, Polonia e Spagna mostrano le differenze positive più significative nel tasso di occupazione dei partecipanti al termine e alla fine del corso.
Regno Unito, Portogallo, Romania e Svezia mostrano una situazione intermedia. L’incremento più basso del tasso di occupati si è registrato in Italia.
I dati relativi alla Spagna rivelano sia un aumento notevole del tasso di
14 Poleis (2004).
93
occupazione, sia una percentuale di occupati al termine dei corsi inferiore
alla media rispetto agli altri Paesi coinvolti nella ricerca.
A questo punto occorre ricordare che le interviste di raccolta dati sono state
effettuate nei mesi centrali del 2011, mentre in molti casi i corsi di formazione sono terminati nel 2010. Ciò significa che i corsisti hanno iniziato a
cercare lavoro in un periodo molto delicato, con l’Europa già colpita dalla
crisi finanziaria pur con conseguenze non uniformi dal punto di vista occupazionale. Tra i Paesi interessati dalla ricerca, Spagna, Italia e Portogallo
hanno subito il maggior calo del tasso di occupazione complessivo negli
anni dal 2010 al 2011.
L’analisi delle variazioni nel tasso di occupati tra i vari Paesi e rispetto a
specifici gruppi svantaggiati evidenzia alcune importanti differenze. Solo in
alcuni casi la percentuale di occupati è diminuita alla fine dei corsi rispetto
all’inizio. In particolare, si è registrata una diminuzione della percentuale di
occupati tra i lavoratori anziani in Italia e Svezia, e lo stesso per i giovani
che hanno abbandonato precocemente gli studi in Portogallo. Non è dato
sapere fino a che punto gli effetti negativi sui tassi di occupazione siano
dovuti alla congiuntura economica e alla specifica situazione del mercato
del lavoro nei vari Paesi interessati, e quanto questi risultati siano invece
prodotti dalla formazione professionale.
All’opposto, la quota di occupati tra i disabili sale in maniera significativa oltre
la media in Romania, Italia e Slovacchia, e lo stesso avviene per gli immigrati nel Regno Unito e in Spagna, per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi in Romania, Svezia e Polonia, per i lavoratori scarsamente qualificati in Slovacchia, Polonia e Portogallo. Infine, la percentuale di occupati
tra i lavoratori anziani è salita oltre la media in Slovacchia e Spagna15.
Tutte queste differenze sono interconnesse con le specifiche situazioni di
ogni Paese esaminato. Tuttavia, in Europa orientale le probabilità di un inserimento lavorativo dei partecipanti al termine dei corsi sembrano più alte se
confrontate con la condizione di questi soggetti prima della formazione.
Questo vale in particolare per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, i lavoratori scarsamente qualificati, gli immigrati, le minoranze e i disabili. Sembrerebbe che i lavoratori anziani scontino maggiori
difficoltà in Italia e Svezia. Queste differenze sono forse attribuibili alle
specifiche attività formative rivolte a questa fascia di popolazione.
15 Le tabelle sui tassi di occupazione per gruppi svantaggiati e Paesi non sono esposte
nel presente rapporto.
94
Per comprendere appieno le ricadute della formazione sui gruppi svantaggiati, è utile misurare la relazione tra partecipazione alla formazione e riduzione dei tassi di disoccupazione e inattività (cfr. Tabella 23).
Oltre la metà degli intervistati era disoccupata all’inizio del corso ma quasi
tutti, tranne un 3,8%, erano alla ricerca di un impiego. La maggioranza dei
disabili era senza lavoro (il 65% del gruppo) e l’8,1% non era interessato a
cercare un impiego. La percentuale più alta di disoccupati si registra tra le
persone scarsamente qualificate (64,6), con solo l’1,7% non interessato alla
ricerca di un impiego. Per quanto riguarda immigrati/minoranze e giovani
che hanno abbandonato precocemente gli studi, le percentuali di inoccupati all’inizio dei corsi sono le più basse di tutto il campione. Il 10% dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi dichiara di essere studente. I pensionati costituiscono una piccola percentuali all’interno dei
gruppi dei disabili, dei lavoratori anziani e “altro”.
Al termine delle attività formative, o nel periodo intorno a tale data, la percentuale di inoccupati scende al 37,5%, con un calo di oltre 15 punti percentuali (Tabella 24). La percentuale media di soggetti non interessati alla
ricerca di un impiego scende da un quasi 4% al 2,2%. A livello generale, per
tutti i gruppi si è registrato un calo generale del tasso di disoccupazione. Le
diminuzioni più evidenti riguardano i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, le persone scarsamente qualificate e i disabili.
Al termine del corso, i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi
vedono scendere la probabilità di essere ancora in cerca di un impiego (quasi
20 punti percentuali), aumentare leggermente le prospettive occupazionali (5
punti percentuali) e ridurre il tasso di inattività dal 4,4% allo 0,8% del proprio
gruppo. Questo risultato viene leggermente mitigato da un incremento delle
mancate risposte al questionario sulla condizione occupazionale, salite al 34%.
Il tasso di disoccupazione tra i disabili scende di 17 punti percentuali, mentre la percentuale di coloro che non sono interessati a cercare un impiego
scende di soli 3 punti percentuali. Allo stesso tempo, il tasso di occupazione sale di 14 punti percentuali. È evidente quanto la formazione professionale abbia ricadute molto positive sulla condizione occupazionale dei disabili. Tuttavia occorre tenere presente che dopo la partecipazione ai corsi il
tasso di occupati tra i disabili è di poco superiore al 30%, contro un 40% di
disoccupati e un 10% di inattivi16.
16 La quota mancante per arrivare al 100% è la percentuale di risposte non ricevute alla
domanda sulla condizione occupazionale.
95
96
70,3%
49,1%
64,1%
0,3%
10,8%
4,4%
48,7%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
67,3%
0,0%
1,0%
1,7%
64,6%
Persone
scarsamente
qualificate
2,1%
Pensionati
Totale inoccupati
49,4%
36,3%
0,5%
3,5%
1,6%
2,4%
5,2%
Studenti
30,7%
39,6%
Immigrati/
Minoranze
Disoccupati e non
interessati a cercare
un impiego
Disoccupati ma in
cerca di un impiego
Disabili
35,3%
0,3%
0,8%
5,0%
29,3%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
47,4%
0,0%
1,2%
1,5%
44,8%
Persone
scarsamente
qualificate
Tabella 24. Tasso di partecipanti inoccupati al termine dell’attività formativa
Totale inoccupati
0,3%
3,2%
1,2%
Pensionati
4,4%
5,4%
8,1%
Disoccupati e non
interessati a cercare
un impiego
Studenti
40,2%
Immigrati/
Minoranze
56,6%
Disoccupati ma in
cerca di un impiego
Disabili
Tabella 23. Tasso di partecipanti inoccupati all’inizio dell’attività formativa
48,1%
1,1%
2,5%
0,3%
44,3%
Lavoratori
anziani
58,4%
1,4%
0,5%
1,4%
55,2%
Lavoratori
anziani
42,7%
1,1%
1,7%
4,0%
35,8%
Altro
62,4%
1,7%
7,7%
2,2%
50,8%
Altro
43,5%
0,9%
2,2%
2,8%
37,5%
Totale
61,5%
0,9%
4,5%
3,8%
52,3%
Totale
Dopo i corsi, la quota di lavoratori scarsamente qualificati inattivi è scesa di
18,5 punti percentuali. Dato l’aumento del tasso di occupazione di quasi 15
punti percentuali, i lavoratori scarsamente qualificati hanno ricevuto benefici significativi per la loro condizione occupazionale, subito dopo i disabili.
Il calo del tasso di disoccupati è meno rilevante per immigrati e minoranze,
lavoratori anziani e per il gruppo “altro”. In definitiva, è importante sottolineare che la quota di lavoratori anziani disoccupati e interessati a cercare un
impiego aumenta leggermente al termine delle attività formative.
Grafico 2. Differenze in percentuale tra inoccupati, persone alla ricerca di
un impiego e persone non interessate a trovare un impiego, prima e
dopo aver partecipato alle attività formative
Si potrebbe tuttavia sostenere che coloro che hanno trovato lavoro dopo il
corso, lo avrebbero trovato in ogni caso. L’analisi controfattuale, complessa e dispendiosa, esula dallo scopo di questa ricerca. Il questionario utilizzato ha permesso di raccogliere l’opinione degli intervistati in merito al rapporto diretto tra formazione ricevuta e primo lavoro trovato dopo aver frequentato il corso.
A livello generale, è possibile fare alcune importanti considerazioni. In particolare, quasi la metà degli intervistati occupati al termine del corso afferma di aver trovato lavoro grazie ai contatti avuti durante il corso stesso. La
percentuale di coloro che ha accettato questa dichiarazione sale al 100% tra
i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, al 66,8% tra le
persone disabili e all’89,4% nel gruppo “altro”. Solo il 35,6% degli intervistati occupati alla fine del corso sostiene di aver trovato un lavoro attinente
97
98
La formazione è
stata utile
per il lavoro
Lavoro attinente
alla formazione
ricevuta
Posto di lavoro trovato
grazie a contatti avuti
durante il corso di
formazione
45,9%
29,2%
34,5%
70,6%
79,2%
Immigrati/
Minoranze
66,8%
Disabili
39,0%
28,0%
100,0%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
28,9%
25,3%
11,0%
Persone
scarsamente
qualificate
36,2%
30,1%
6,8%
Lavoratori
anziani
50,7%
35,8%
89,4%
Altro
44,1%
35,6%
49,8%
Totale
Tabella 25. Valutazione del posto di lavoro trovato al termine dell’attività formativa. Le percentuali si
riferiscono al totale di occupati al termine dell’attività formativa.
70,1%
72,6%
59,2%
Assente
al corso frequentato. Questa percentuale sale al 70,6% tra i disabili e diminuisce al 25% tra i lavoratori scarsamente qualificati. L’impressione è che
la formazione abbia ricadute positive per la possibilità di trarre vantaggio
dai contatti personali avuti durante il corso di formazione. Al contrario, dal
punto dei vista dei contenuti, la formazione sembra meno efficace per incrementare le capacità professionali dei partecipanti.
Il 44% degli intervistati occupati al termine dell’attività formativa afferma
che il corso frequentato è stato utile per trovare lavoro (cfr. Tabella 25). La
percentuale è pari al 79% tra le persone con disabilità e al 50,7% nella categoria “altro”. Al contrario, la percezione che la formazione sia meno importante per trovare lavoro si riscontra tra i lavoratori scarsamente qualificati,
immigrati e minoranze, e i lavoratori anziani.
Riepilogando, gli effetti della formazione sull’occupabilità sembrano più
positivi per alcuni gruppi di soggetti svantaggiati piuttosto che per altri. In
particolare, emergono cambiamenti molto positivi per i disabili, i giovani che
hanno abbandonato precocemente gli studi e i soggetti scarsamente qualificati. Tuttavia l’impressione è che la formazione abbia avuto ricadute positive ma di minore portata per immigrati, minoranze e lavoratori anziani.
Condizioni occupazionali al momento dell’intervista
La condizione occupazionale dei corsisti al termine dell’attività formativa
potrebbe essere transitoria, troppo legata all’influenza delle persone conosciute durante il corso o a competenze acquisite in maniera occasionale. Le
interviste ai partecipanti sono state effettuate entro 8-12 mesi dal termine
dell’esperienza formativa. La condizione occupazionale al momento dell’intervista misura a grandi linee le ricadute a medio e lungo termine della
formazione ricevuta.
Il tasso medio di occupati al momento dell’intervista è pari al 45,6%, con
un 8,9% di lavoratori autonomi (Tabella 26). Il tasso di occupati tra i disabili è pari al 29,9%, mentre immigrati, minoranze e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi mostrano un tasso non lontano dal 40%. I
lavoratori scarsamente qualificati, i lavoratori anziani e il gruppo “altro”
mostrano un tasso di occupati superiore al 50%.
Le persone in cerca di un impiego sono il 28,5%, con notevoli differenze tra
i vari gruppi. La percentuale di persone in cerca di un impiego sono oltre il
30% tra i disabili, i lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori anziani.
La percentuale di persone inoccupate e in cerca di un impiego è inferiore
99
100
7,3%
100%
Pensionati
Totale
Assente
Studenti
20,1%
100%
22,6%
0,5%
7,4%
3,0%
5,0%
Disoccupati e non
interessati a cercare
un impiego
6,5%
26,6%
31,2%
Disoccupati ma in
cerca di un impiego
5,7%
40,0%
5,3%
29,9%
Occupati
Lavoratori autonomi
34,2%
24,6%
Immigrati/
Minoranze
Lavoratori dipendenti
Disabili
100%
11,9%
0,8%
13,9%
2,9%
29,6%
41,0%
4,7%
36,3%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente gli studi
100%
9,4%
0,7%
3,2%
2,4%
34,0%
50,3%
14,0%
36,3%
Persone
scarsamente
qualificate
11,6%
100%
10,3%
3,3%
0,9%
1,3%
31,3%
52,8%
41,2%
Lavoratori
anziani
10,6%
100%
9,8%
1,6%
7,9%
3,0%
22,9%
54,8%
44,1%
Altro
8,9%
100%
14,0%
2,5%
6,4%
2,9%
28,5%
45,6%
36,8%
Totale
Tabella 26. Condizioni occupazionali al momento dell’intervista. Le percentuali si riferiscono alla totalità degli
intervistati.
alla media tra immigrati e minoranze, giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e nel gruppo “altro”. Per meglio comprendere i cambiamenti evidenziati dai dati raccolti, è utile mettere a confronto la situazione
al momento dell’intervista con la situazione riscontrata al termine delle attività formative.
Rispetto alla data di termine dei corsi, il tasso complessivo di occupati sale
di 6 punti percentuali al momento dell’intervista. Tuttavia emergono importanti differenze tra i vari gruppi. Il tasso di occupati aumenta di quasi 12
punti percentuali tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli
studi, di oltre 15 punti percentuali per il gruppo “altro” e di 5 punti percentuali per i lavoratori anziani.
Al contrario, il tasso di occupati diminuisce per gli immigrati e le minoranze e resta invariato per i disabili (cfr. Tabella 27).
La percentuale di disoccupati ma in cerca di un impiego diminuisce in tutti
i gruppi tranne i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, se
si confronta la loro condizione occupazionale al termine della formazione e
al momento dell’intervista. La diminuzione del tasso di disoccupati è molto
alta tra i lavoratori anziani e i soggetti scarsamente qualificati (12 punti percentuali), meno importante ma comunque significativa tra i disabili (8 punti
percentuali), e si limita a soli 4 punti percentuali tra gli immigrati e le minoranze.
Infine, diminuisce in tutti i gruppi la quota di persone inattive. La condizione di inattività consiste in tre circostanze, diversamente combinate nei vari
gruppi. Con “soggetti inattivi” si intendono gli studenti, i pensionati, nonché quei disoccupati che non cercano attivamente un lavoro.
La media misurata sul totale dei dati del campione mostra un aumento nella
quota di inattivi, fino a 6 punti percentuali, raddoppiando la quota del 6%
registrata al termine delle attività formative. L’aumento di soggetti inattivi
è più alto tra i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e le
persone con disabilità. Il valore resta molto basso tra i lavoratori anziani, a
smentita della tendenza ad anticipare la pensione quando questi soggetti
faticano a trovare lavoro.
Alcune considerazioni sui principali gruppi vengono presentate a sintesi di
ciò che è già stato analizzato.
Al termine dell’attività formativa, i disabili vedono un incremento molto
significativo della probabilità di inserimento lavorativo e un calo della probabilità di essere ancora in cerca di lavoro. Dopo un periodo di circa 12
mesi dal termine dell’attività formativa, le probabilità di un inserimento
101
102
26,6%
30,7%
10,9%
5,5%
31,2%
39,6%
18,8%
9,8%
d) Inoccupati al termine
dell’attività formativa
e) Nessun interesse,
studenti o pensionati al
momento dell’intervista
e)-f)
f) Nessun interesse, studenti
o pensionati al termine
dell’attività formativa
c)-d)
-9,0
-8,4
5,4
-4,2
-0,7
c) Inoccupati al momento
dell’intervista
0
40,7%
29,9%
a)-b)
40,0%
29,9%
Immigrati/
Minoranze
b) Occupati al termine
dell’attività formativa
a) Occupati al momento
dell’intervista
Disabili
11,5
6,0%
17,6%
0,3
29,3%
29,6%
11,7
29,3%
41,0%
Giovani che hanno
abbandonato
precocemente
gli studi
3,7
2,7%
6,4%
-10,7
44,8%
34,0%
1,9
48,4%
50,3%
Persone
scarsamente
qualificate
1,7
3,8%
5,6%
-12,9
44,3%
31,3%
5,3
47,5%
52,8%
Lavoratori
anziani
5,6
6,9%
12,5%
-12,9
35,8%
22,9%
15,6
39,2%
54,8%
Altro
Tabella 27. Condizione occupazionale al momento dell’intervista e al termine dell’attività formativa
5,8
6,0%
11,8%
-9,0
37,5%
28,5%
6
39,6%
45,6%
Totale
lavorativo non cambiano rispetto al termine del corso, mentre continuano a
diminuire le probabilità di essere ancora in cerca di lavoro. Col tempo
aumentano le probabilità di pensionamento e di prosecuzione degli studi.
Per quanto riguarda i giovani che hanno abbandonato precocemente gli
studi, al termine dell’attività formativa aumentano di 5 punti percentuali le
probabilità di inserimento lavorativo e calano di quasi 20 punti percentuali le probabilità di essere ancora in cerca di lavoro. Terminata la formazione, le probabilità di inserimento lavorativo continuano ad aumentare in
maniera significativa. Per buona parte di questi soggetti aumentano anche
le possibilità di riprendere gli studi. In ogni caso, non si evidenziano particolari modifiche nell’incidenza delle persone ancora disoccupate.
Per quanto riguarda i soggetti scarsamente qualificati, si registra un aumento delle probabilità di inserimento lavorativo di 17 punti percentuali rispetto alla condizione in cui si trovavano all’inizio del corso di formazione. Si
riducono di 20 punti percentuali le possibilità di essere ancora in cerca di
lavoro. Al momento dell’intervista, la loro condizione in termini di diminuzione delle probabilità di essere ancora in cerca di lavoro continua a migliorare. Le probabilità di inserimento lavorativo aumentano di solo pochi punti
percentuali. Una certa tendenza all’aumento del tasso di inattività fa salire
il tasso di disoccupazione, le probabilità di essere senza lavoro, di non essere interessati a cercare lavoro, nonché le probabilità di essere studenti o pensionati.
Infine, per il gruppo immigrati/minoranze, si evidenzia il cambiamento
meno significativo a livello di condizione occupazionale, sia tra l’inizio e la
fine delle attività formative, sia riferendosi al momento dell’intervista. Le
probabilità di inserimento lavorativo aumentano di 2 punti percentuali tra
l’inizio e la fine del corso, e di 1 punto percentuale tra la fine del corso e
l’intervista. Questo gruppo non mostra un cambiamento significativo a
livello di condizione occupazionale, tuttavia – e questo vale anche per gli
altri gruppi – considerando che la situazione economica ha determinato
quasi ovunque una stagnazione o una notevole diminuzione del tasso di
occupati, anche una costante potrebbe indicare un miglioramento delle condizioni per quanto riguarda l’occupazione.
Rispetto al gruppo degli immigrati e delle minoranze, le possibilità di essere ancora in cerca di lavoro diminuiscono di 9 punti percentuali tra l’inizio
e la fine del corso, e di 4 punti percentuali tra la fine del corso e l’intervista. Tra le fine del corso e l’intervista aumenta la quota di inattivi, con un
aumento pur limitato a un solo punto percentuale, della quota di disoccupati non interessati a cercare lavoro.
103
Le ricadute a medio e lungo termine della partecipazione alle attività formative sull’ingresso nel mercato del lavoro devono essere analizzate separatamente per ciascun gruppo. Se possibile, sarebbe importante considerare
anche le caratteristiche personali dei soggetti interessati in termini di capacità, esperienze lavorative, carichi familiari e contesto socioeconomico circostante. Inoltre, sarebbe utile considerare la qualità e i tratti distintivi delle
attività formative frequentate. I dati raccolti durante le interviste sono
influenzati dalle molteplici e più svariate condizioni del mercato del lavoro,
governato da normative e pratiche operative specifiche di ogni Paese, e condizionati dal peso più o meno grave della crisi che ha colpito i territori in
maniera tutt’altro che omogenea.
Appendice al capitolo 4.
Dati e analisi multivariata
L’analisi delle regressioni è stata utilizzata con l’intento generale di valutare l’efficacia della formazione professionale frequentata dai soggetti intervistati per
migliorarne l’occupabilità e l’inclusione sociale. A tal fine, dobbiamo considerare
tre insiemi di regressioni, utilizzando le tecniche del modello logistico e della
regressione logistica ordinale.
Nel primo insieme di regressioni la variabile dipendente è costituita dalla probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione. Nel secondo insieme di
regressioni, utilizziamo vari indicatori relativi alla soddisfazione dei lavoratori
rispetto al loro attuale impiego: rapporti con colleghi e superiori, orario di lavoro,
conservazione del posto di lavoro, prospettive di carriera e aspetti economici.
Analogamente, nel terzo insieme di regressioni utilizziamo vari indicatori relativi
alla valutazione dell’efficacia della formazione da parte dei lavoratori, facendo
riferimento a diversi aspetti: acquisizione di nuove competenze, contatti utili per
trovare lavoro, ambizioni personali, allargamento delle relazioni sociali. In questi tre insiemi di regressioni, sono state utilizzate le seguenti variabili indipendenti:
-
-
104
caratteristiche personali:
• donna: la corrispondente variabile dicotomica assume valore 1 se il
lavoratore è codificato come donna;
• classe di età: sono state inserite le classi di età più elevate, escludendo dal confronto i soggetti più giovani;
tipo di svantaggio: per tutte le regressioni è stata inserita una variabile
per indicare se lo svantaggio caratterizzante il lavoratore è di tipo: ascrittivo (disabili, immigrati), occupazionale (giovani che hanno abbandonato
precocemente gli studi, soggetti scarsamente qualificati, lavoratori anzia-
-
ni), altro. Il primo gruppo (svantaggio di tipo ascrittivo) è stato escluso dal
confronto;
capitale umano:
• scuola primaria e scuola secondaria di primo grado: la corrispondente
variabile dicotomica assume valore 1 se il livello di istruzione più alto è
quello di scuola primaria o di scuola secondaria inferiore (ISCED livelli 1 e 2);
• scuola secondaria di secondo grado: la corrispondente variabile dicotomica assume valore 1 se il livello di istruzione più alto è quello di
scuola secondaria superiore (ISCED livello 3).
Il gruppo escluso dal confronto corrisponde al titolo di istruzione post-secondaria o successiva alla scuola secondaria superiore.
Relativamente al primo e al terzo insieme di regressioni considerato sono state
prese in considerazione anche:
-
le motivazioni per aver partecipato alle attività formative:
• suggerimento altrui: la decisione di frequentare il corso di formazione
è stata presa su suggerimento dell’agenzia per l’impiego, del datore di
lavoro, di amici, familiari, ecc.;
• interesse personale: la decisione di frequentare il corso di formazione
è stata presa sulla base di un interesse personale;
• indennità: la decisione di frequentare il corso di formazione è stata
presa per la possibilità di ricevere un’indennità di frequenza;
• inattività: la decisione di frequentare il corso di formazione è stata
presa in quanto la persona stava attraversando un periodo di inattività.
Il gruppo escluso dal confronto è quello relativo ad “altri motivi” per aver frequentato il corso di formazione.
Solo per il secondo insieme di regressioni considerato sono state considerate le
variabili relative a:
-
tipo di contratto:
• lavora nell’azienda di famiglia: il lavoratore dichiara di lavorare nell’azienda di un familiare o parente;
• apprendistato;
• contratto stabile (regolare contratto a tempo indeterminato);
• autonomo/libero professionista;
i gruppi esclusi dal confronto riguardano le voci “altro tipo di contratto” e “senza
contratto”;
-
part-time: si è anche considerato se il lavoratore abbia o meno un contratto part-time.
105
Tabella 28. Probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione;
modelli logistici, rapporto di probabilità stimato (il dataset comprende
tutti i Paesi)
Variabile dipendente: probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione
Modello 1
Modello 2
Modello 3
Modello 4
Donna
0,708***
0,711***
0,722***
0,776***
Età 25-34
1,952***
2,161***
2,288***
2,783***
Età oltre 50
2,099***
2,372***
2,528***
2,789***
Caratteristiche personali
Età 20-24
Età 35-50
Tipo di svantaggio
Occupazionale
Altro
Capitale umano
1,777**
2,309***
1,513***
1,466***
Scuola primaria e
secondaria inferiore
Scuola secondaria
superiore
1,922**
2,543***
1,952**
2,684***
1,993**
3,043***
1,454***
1,453***
1,480***
1,2
1,211
1,124
1,165
1,212*
0,965
1,500***
1,517***
Motivazioni per aver partecipato ad attività formative
Suggerimento altrui
1,547
1,617***
1,459
Interesse
1,842
1,579
Inattività
1,924
1,672
Indennità
1,031
Area geografica
Sud
Est
Costante
Oss.
0,350***
1,006
3,250
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
0,837
3,227
Effetti fissi per Paese per il modello 1, il modello 2 e il modello 3
106
1,16
0,468
3 032
0,171***
0,625
3 032
Per tutti i modelli di regressione, i risultati sono riportati in termini di rapporto di
probabilità, mentre la significatività statistica dei coefficienti associati alle variabili è data dal numero di asterischi “*”, come riportato in legenda.
I risultati del primo insieme di regressioni sono riportati nella Tabella 28. Sono
stati sviluppati quattro modelli di regressione relativi a un dataset riferito all’insieme di tutti i Paesi. Nei primi tre modelli, mentre venivano progressivamente
inserite ulteriori covariate, sono stati considerati gli effetti fissi per Paese, mentre nel quarto è stata inserita una variabile riferita all’area geografica di appartenenza dei soggetti: est (Slovacchia, Romania, Polonia) e sud (Italia, Portogallo,
Spagna) entrano nelle regressioni, mentre il nord (Regno Unito, Svezia) è escluso dal confronto.
Nel modello 1 le variabili indipendenti sono costituite solo dalle caratteristiche
personali e dal tipo di svantaggio:?il modello sembra essere complessivamente
significativo e l’interpretazione del rapporto di probabilità è tutto sommato in
linea con le nostre previsioni. In particolare, sembrerebbe che il fatto di essere
donna anziché uomo riduca la probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione. Al contrario, le probabilità di inserimento lavorativo sono connesse
positivamente con l’età: i lavoratori anziani hanno maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto ai lavoratori più giovani. In merito
al tipo di svantaggio, i lavoratori svantaggiati a causa di caratteristiche occupazionali o per altri motivi mostrano maggiori probabilità di inserimento lavorativo
dopo la formazione rispetto al gruppo di lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo.
I risultati del modello 2, che differisce dal modello 1 solo perché tiene conto
anche di variabili legate al capitale umano, confermano i risultati del modello 1
e i coefficienti relativi al capitale umano non sono significativi. Nel modello 3
sono state aggiunte delle covariate inerenti alle motivazioni per aver deciso di
partecipare ad attività formative. Non otteniamo coefficienti significativi per queste ulteriori variabili, mentre manteniamo gli stessi risultati per le variabili già
considerate nei precedenti modelli (ad esclusione di una debole significatività
del coefficiente legato al capitale umano, che suggerisce che i lavoratori con un
livello di istruzione secondaria superiore potrebbero avere maggiori probabilità
di inserimento lavorativo dopo la formazione rispetto ai lavoratori con un livello
di istruzione ancora più alto).
Infine nel modello 4 gli effetti fissi per Paese sono stati sostituiti con le variabili
relative alle aree geografiche, mantenendo le stesse covariate usate nel modello 3: si riconfermano gli stessi risultati; in più, è stato riscontrato che il fatto di
risiedere in Europa orientale e meridionale abbassa le probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione, rispetto al fatto di risiedere al nord.
La Tabella 29 presenta i risultati di un modello di regressione dove la variabile
dipendente è ancora una volta la probabilità di inserimento lavorativo dopo la
formazione, sviluppato sui singoli dataset nazionali.
107
108
1,346
12,525**
496
167
0,153
1,069
2,114*
0,992
0,754
3,199**
2,945
17,708**
1,401
Regno Unito
1,214
2,091***
5,256***
3,500**
0,418***
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
Oss.
Costante
Scuola secondaria
superiore
Scuola primaria e
secondaria inferiore
Capitale umano
Altro
Occupazionale
Tipo di svantaggio
Età oltre 50
Età 25-50
Donna
Caratteristiche personali
Italia
1,028
485
1,841
1,662*
0,687
1,28
1,579*
0,708
1,594**
Svezia
1,375
376
1,223
0,262***
0,665
1,305
0,941
1,702
1,2
Spagna
Variabile dipendente: probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione
0,599
481
0,868
1,139
0,799
1,318
1,043
0,564
0,659**
Slovacchia
461
0,741
0,447**
0,947
0,554**
0,777
1,052
2,201***
0,802
Romania
6,451***
267
1,89
0,044**
0,070*
0,716
4,298***
8,989***
0,693
Portogallo
0,69
494
0,634
1,079
0,717
1,403
1,54
0,353**
0,412***
Polonia
Tabella 29. Probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione; modelli logistici per Paese, rapporto di
probabilità stimato (dataset nazionali)
•
•
•
•
•
Italia: il modello sembra nel complesso significativo e suggerisce che le
donne hanno minori probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione. Al contrario, i lavoratori oltre i 50 anni mostrano probabilità più alte
di trovare lavoro dopo la formazione rispetto ai lavoratori di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Lo stesso si può dire per i lavoratori con svantaggio di tipo occupazionale o legato ad altri fattori, rispetto ai casi in cui
esso dipende da caratteristiche ascrittive; questo potrebbe anche valere
(ma con un livello di significatività minore) per i lavoratori con un livello di
istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori con un titolo di studio più alto.
Regno Unito: se il sesso non sembra un fattore significativo, i lavoratori
tra i 25 e i 50 anni e oltre i 50 anni mostrano una probabilità più alta di
trovare lavoro dopo la formazione rispetto ai lavoratori nella classe di età
15-24 anni. Relativamente al tipo di svantaggio, lo stesso si può dire per
la categoria di lavoratori con svantaggio “altro” rispetto ad altri lavoratori
con svantaggi di tipo ascrittivo.
Romania: i lavoratori nella classe di età 25-50 mostrano una probabilità
più alta di trovare lavoro dopo la formazione rispetto ai lavoratori più giovani. Al contrario, i lavoratori che appartengono al gruppo “altro” quanto
al tipo di svantaggio e con un livello di istruzione secondaria superiore
potrebbero avere minori probabilità di trovare lavoro dopo la formazione,
rispetto ai lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo e ai lavoratori con un
titolo di studio più alto.
Portogallo: si riscontrano gli stessi risultati italiani, fatta eccezione per
due situazioni. Innanzitutto, il coefficiente relativo al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio non è significativo e sembra che il livello di istruzione determini l’effetto opposto. In particolare, i lavoratori con un livello
di istruzione secondaria superiore mostrano minori probabilità di trovare
lavoro dopo la formazione rispetto ai lavoratori con un livello di istruzione più alto.
Svezia, Spagna e Slovacchia: i risultati suggeriscono che tra le variabili
considerate si riscontrano solo deboli connessioni.
Se riconsideriamo il primo modello, quello relativo al dataset contenente tutti i
Paesi, e sviluppiamo i modelli di regressione solo sui soggetti disoccupati prima
del corso, otteniamo i risultati di cui alla Tabella 30.
In questo caso, in tutti i modelli le donne hanno meno probabilità di trovare lavoro dopo la formazione. Succede il contrario per i lavoratori nella classe di età 2534 anni rispetto ai lavoratori nella classe di età 15-24 anni. Nel quarto modello,
l’inserimento di variabili inerenti all’area geografica suggerisce che i lavoratori in
Europa meridionale e orientale hanno minori probabilità di trovare lavoro dopo
la formazione rispetto ai lavoratori in Europa settentrionale.
109
Tabella 30. Probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione per i
soggetti disoccupati prima del corso; modelli logistici, rapporto di
probabilità stimato (il dataset comprende tutti i Paesi).
Variabile dipendente: probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione
Caratteristiche personali
Donna
Classe di età
Età 20-24
Modello I
Modello II
Modello III
Modello IV
0,723***
0,734***
0,778**
0,832*
1,405
1,506
1,599
1,823**
Età 25-34
1,601*
1,739**
1,951**
2,130***
Età oltre 50
1,071
1,149
1,306
1,549
1,156
1,168
1,234
1,072
1,059
0,938
1,185
1,235
1,22
3,115
3,475
3,709
4,203
Età 35-50
Tipo di svantaggio
Occupazionale
Altro
Capitale umano
1,327
1,167
1,204
Scuola primaria e
secondaria inferiore
Scuola secondaria
superiore
1,423
1,559
1,199
1,228
Motivazioni per aver partecipato ad attività formative
Suggerimento altrui
Interesse
3,059
Inattività
2,493
Indennità
Area geografica
Sud
Est
Costante
Oss.
1,177
4,084
3,162
0,417***
0,312***
2180
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
0,280***
2172
0,077**
Effetti fissi per Paese per il modello 1, il modello 2 e il modello 3
110
1,780**
1986
0,359***
0,127*
1986
Relativamente al secondo insieme di regressioni (cfr. Tabella 31), sono stati sviluppati diversi modelli logistici, considerando come variabili dipendenti due indicatori (aspetti economici e conservazione del posto di lavoro) che misurano la
soddisfazione dei lavoratori rispetto all’attuale impiego. Ogni indicatore si basa
sulle risposte date dai lavoratori alla seguente domanda: “Come valuterebbe su
una scala da 1 a 10 questo aspetto della sua attuale situazione lavorativa (dove
10 indica la massima soddisfazione)?”. La scala da 1 a 10 è stata convertita
nella scala “non molto soddisfatto” (1-4), “abbastanza soddisfatto” (5-7) e “molto
soddisfatto” (8-10). Nella Tabella 31 sono riportati tre modelli per ciascuna variabile dipendente, riferiti al dataset comprensivo di tutti i Paesi.
Complessivamente i risultati non suggeriscono un forte collegamento tra le
variabili dipendenti e le variabili indipendenti considerate.
Rispetto alle probabilità di essere soddisfatti degli aspetti economici, l’unico
modello che sembra suggerire alcune relazioni significative tra covariate e
dipendente variabile è il modello c. In particolare, le donne mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatte degli aspetti economici del loro lavoro. Al
contrario, i lavoratori nella classe di età 25-34 anni mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti rispetto ai lavoratori più giovani (classe di età 1519 anni). Lo stesso si può dire per i lavoratori appartenenti al gruppo “altro”
quanto al tipo di svantaggio rispetto ai soggetti con svantaggi di tipo ascrittivo,
e ai lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori in possesso di un titolo di studio più alto. Inoltre, la probabilità di essere
molto soddisfatti degli aspetti economici del proprio lavoro è maggiore per i lavoratori residenti nel sud dell’Europa rispetto ai lavoratori del nord.
Relativamente alla conservazione del posto di lavoro, il modello t suggerisce
che le donne hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatte, così come
i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori
con un livello più alto. Relativamente al tipo di contratto, abbastanza prevedibilmente, i soggetti che lavorano nell’azienda di famiglia e quelli con un contratto
stabile mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti per quanto
riguarda la conservazione del posto di lavoro, rispetto a soggetti occupati con
altre forme contrattuali o senza contratto.
I risultati del terzo insieme di regressioni sono riepilogati nelle Tabelle 32, 33 e
34. Anche in questo caso, come per gli insiemi precedenti, sviluppato sono stati
sviluppati diversi modelli logistici ordinati considerando quattro indicatori (nuove
competenze, nuovi contatti, realizzazione personale, nuove relazioni sociali)
relativi alla valutazione da parte dei lavoratori dell’efficacia della formazione.
Ogni indicatore si basa sulle risposte date dai lavoratori alla seguente domanda: “Quanto si ritiene soddisfatto, su una scala da 1 a 10, della sua partecipazione al corso di formazione relativamente ai seguenti aspetti (punteggio da 1 a
10, dove 10 indica la massima soddisfazione)?”. Anche in questo caso la scala
da 1 a 10 è stata convertita nella scala “non molto soddisfatto” (1-4), “abbastanza soddisfatto” (5-7) e “molto soddisfatto” (8-10).
111
112
0,86
Scuola secondaria superiore
Scuola primaria e
secondaria inferiore
Capitale umano
Altro
Occupazionale
Tipo di svantaggio
Età oltre 50
1,372**
1,207
1,122
1,01
0,768
1,407
Età 35-50
Età 25-34
1,356
0,839*
Età 20-24
Donna
Caratteristiche personali
Modello o
1,334**
1,176
1,186
1
0,747
0,823
1,426
1,337
0,85
Modello p
Aspetti economici
1,333
1,345**
1,284*
1,312**
0,918
0,854
0,913
1,538*
0,836*
Modello q
1,375
1,502***
1,172
0,895
1,128
0,865
1,132
1,524*
1,218**
Modello r
1,188
1,439***
1,143
0,86
1,075
0,759
0,983
1,445
1,206*
Modello s
1,352
1,504***
1,107
0,807
1,046
0,805
1,07
1,601*
1,249**
Modello t
Conservazione del posto di lavoro
>>>
Tabella 31. Soddisfazione per l’attuale impiego, modelli logistici ordinati, rapporto di probabilità stimato per i
rapporti con colleghi/superiori e per la conservazione del posto di lavoro (il dataset comprende tutti i Paesi).
113
1681
1,867**
0,240***
1561
2,058**
0,265***
0,905
1,045
Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli o, p, r , s.
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
Oss.
cut 2 constant
cut 1 constant
Est
Sud
Area geografica
Part-time
Autonomo/libero professionista
0,961
1,206
Apprendistato
Contratto stabile
Modello p
Aspetti economici
1,501
Modello o
Lavora nell’azienda di famiglia
Tipo di contratto
Tabella 31 (segue)
1,035
0,85
1561
3,195***
0,421***
1,402**
1,026
1,087
1,222
1,574
Modello q
1713
1,406
0,271***
1,501*
1594
1,863*
0,346***
0,965
1,14
2,081***
1,879**
Modello s
1,357
1,248*
1594
1,792*
0,336***
1,004
0,898
1,02
1,937***
1,774**
Modello t
Conservazione del posto di lavoro
Modello r
114
1,094
0,87
0,882
cut 2 constant
489
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
Oss.
446
0,300***
0,057***
0,466**
0,147***
0,927
cut 1 constant
Scuola secondaria
superiore
1,164
0,897
0,934
0,864
0,935
0,599**
0,744
1,208
0,907
Regno Unito
0,987
Scuola primaria e
secondaria inferiore
Capitale umano
Altro
Occupazionale
Tipo di svantaggio
Età oltre 50
Età 25-50
Donna
Caratteristiche personali
Italia
1,546
461
1,659
1,898**
0,355***
1,883**
0,719
0,994
1,435
1,121
Svezia
0,882
378
1,515
1,353
0,343***
0,973
1,197
0,718
1,084
1,098
Spagna
0,921
492
0,585**
0,218**
1,102
1,03
1,329
0,452
1,884***
Slovacchia
440
0,438**
0,736
0,084***
0,986
1,101
1,282
0,911
0,965
1,082
Romania
383
5,853***
2,079
6,359***
1,375
7,003***
1,34
1,209
2,560***
4,369***
Portogallo
Variabile dipendente: probabilità di essere soddisfatti dell’efficacia della formazione per l’acquisizione di nuove competenze
0,791
500
1,216
1,44
0,343**
1,833*
1,087
1,046
0,542*
0,896
Polonia
Tabella 32. Efficacia della formazione per l’acquisizione di nuove competenze, modelli logistici ordinati,
rapporto di probabilità stimato (dataset nazionali)
Nella Tabella 32 si è tenuto conto dell’indicatore sulla valutazione dell’efficacia
formativa in termini di acquisizione di nuove competenze, sviluppando lo stesso
modello di regressione su ciascun dataset nazionale.
Nel complesso non sembrano esserci stretti collegamenti tra covariate e variabili dipendenti, in quanto per la maggior parte dei Paesi solo una o due di esse
sono significative. L’unica eccezione è rappresentata dal modello del Portogallo,
nel quale si ottengono alcuni interessanti collegamenti. In particolare, sembra
che le probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione
rispetto all’acquisizione di nuove competenze siano più alte tra le donne, nella
classe di età 25-50 anni (rispetto ai soggetti più giovani), per gli individui appartenenti al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio (rispetto ai soggetti con
svantaggi di tipo ascrittivo) e per i soggetti con un livello di istruzione secondaria superiore (rispetto ai soggetti con un grado di istruzione più alto).
Nella Tabella 33 si è tenuto conto dell’indicatore sulla valutazione dell’efficacia
formativa in termini di creazione di nuove relazioni sociali, sviluppando lo stesso modello di regressione su ciascun dataset nazionale.
Come nel caso precedente, non sembrano esserci stretti collegamenti tra covariate e variabili dipendenti, in quanto per la maggior parte dei Paesi solo una o
due di esse sono significative. Tuttavia per quanto riguarda il modello portoghese, i risultati suggeriscono che hanno più probabilità di essere molto soddisfatti
dell’efficacia formativa per la creazione di nuove relazioni sociali le donne, i lavoratori appartenenti al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio (rispetto ai soggetti con svantaggi di tipo ascrittivo) e i soggetti con un livello di istruzione
secondaria superiore (rispetto ai soggetti con un livello di istruzione più alto). Il
modello polacco suggerisce risultati analoghi salvo per le variabili legate al tipo
di svantaggio, non molto significative, e per il fatto che anche i lavoratori con un
livello di istruzione primaria o secondaria inferiore mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione per la creazione di
nuove relazioni sociali, rispetto ai lavoratori con un grado di istruzione postsecondaria o più alto.
Nel Tabella 34 sono riportati i risultati di quattro regressioni, una per ogni indicatore di soddisfazione in merito all’efficacia formativa, sviluppate sul dataset comprensivo di tutti i Paesi. Relativamente all’acquisizione di nuove competenze, la
variabile significativa indica che le donne potrebbero avere più probabilità di
essere molto soddisfatte; lo stesso si può dire per i soggetti appartenenti al gruppo “altro” quanto al tipo di svantaggio (rispetto ai lavoratori con svantaggio di tipo
ascrittivo), per i soggetti con un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore rispetto ai soggetti con istruzione post-secondaria o più alto, e per i lavoratori dell’Europa orientale rispetto a quelli dell’Europa settentrionale. Al contrario,
il modello suggerisce che hanno minori probabilità di essere molto soddisfatti
dell’acquisizione di nuove competenze i lavoratori con svantaggio di tipo occupazionale e i lavoratori che hanno partecipato ad attività formative su suggeri115
116
0,755
0,488
0,581
cut 2 constant
489
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
Oss.
446
0,401*
0,110***
1,307
0,088***
1,076
cut 1 constant
Scuola secondaria
superiore
0,705
0,875
0,340**
1,056
1,296
0,713
0,67
0,501**
0,987
Regno Unito
1,145
Scuola primaria e
secondaria inferiore
Capitale umano
Altro
Occupazionale
Tipo di svantaggio
Età oltre 50
Età 25-50
Donna
Caratteristiche personali
Italia
461
0,931
1,389
0,170***
0,864
0,668
0,746
0,682
0,652*
0,912
Svezia
1,118
378
1,17
1,243
0,243***
1,029
1,126
0,859
1,084
1,622**
Spagna
0,487
492
2,051*
6,609**
1,413
0,82
0,811
0,712
0,309***
Slovacchia
1,118
440
0,364**
0,398***
0,048***
0,681
0,775
0,713
0,788
0,87
Romania
1,476
383
4,375***
1,709
5,177***
1,347
5,582***
1,541
1,172
3,351***
Portogallo
Variabile dipendente: probabilità di essere soddisfatti dell’efficacia della formazione per la creazione di nuove relazioni sociali
0,966
0,983
500
3,239***
1,677**
3,152***
1,358
1,033
0,736
2,472***
Polonia
Tabella 33. Efficacia della formazione per la creazione di nuove relazioni sociali, modelli logistici ordinati,
rapporto di probabilità stimato (dataset nazionali)
mento altrui, per ricevere un’indennità o perché inattivi, rispetto a lavoratori con
altre motivazioni. Inoltre, tale probabilità è minore anche per i lavoratori residenti in Europa meridionale (rispetto a quelli residenti in Europa settentrionale),
mentre è più elevata per i lavoratori residenti in Europa dell’est.
Per quanto riguarda il modello sui nuovi contatti, da un lato hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione per il miglioramento dei contatti professionalmente utili le donne, i soggetti con un livello di
istruzione primaria o secondaria inferiore (rispetto a soggetti con un livello di
istruzione post-secondaria o più alto) e i soggetti che vivono in Europa orientale (rispetto ai lavoratori residenti in Europa settentrionale). Dall’altro lato, i lavoratori con svantaggio occupazionale (rispetto ai soggetti con svantaggio di tipo
ascrittivo) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatti sotto questo
punto di vista.
Il modello relativo alla valutazione dell’efficacia formativa in termini di realizzazione personale mostra che le donne, i soggetti con un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore e i soggetti con un livello di istruzione secondaria
superiore (rispetto ai soggetti con un’istruzione post-secondaria o più alta)
hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatti. Al contrario, tutte le classi di età considerate (ad esclusione della classe di età 15-19 anni, non considerata per il confronto) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatte di
questo aspetto inerente all’efficacia formativa. Analogamente i lavoratori con
svantaggio occupazionale e i soggetti che vivono in Europa orientale e meridionale (rispetto a coloro che vivono in Europa settentrionale) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatti.
Infine, il modello relativo alle probabilità di essere molto soddisfatti della creazione di nuove relazioni sociali tramite la partecipazione ad attività di formazione
professionale suggerisce che hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatti le donne, i soggetti con un livello di istruzione primaria/secondaria inferiore o secondaria superiore (rispetto ai soggetti con un livello di istruzione postsecondaria o più alto) e i soggetti che vivono nel sud dell’Europa. Al contrario, il
modello suggerisce minori probabilità di essere molto soddisfatti della creazione di nuove relazioni sociali grazie alla partecipazione ad attività di formazione
professionale per tutte le classi di età considerate nella regressione (rispetto alla
classe di età 15-19 anni), per i lavoratori con svantaggio occupazionale (rispetto ai lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo), e per i soggetti che vivono in
Europa orientale.
Nel complesso, analizzando le regressioni emergono alcuni interessanti collegamenti tra le variabili dipendenti e le covariate considerate. Innanzitutto, si è
riscontrato che le probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione
potrebbero essere messe in relazione con alcune caratteristiche dei corsisti:
sesso, classe di età, tipo di svantaggio, area geografica. Questo è il risultato
principale dei modelli di regressione sviluppati sul dataset comprensivo di tutti i
117
Tabella 34. Efficacia della formazione, modelli logistici ordinati,
rapporto di probabilità stimato (il dataset comprende tutti i Paesi)
Caratteristiche personali
Donna
Età 20-24
Età 25-34
Età 35-50
Età oltre 50
Nuove
competenze
Nuovi
contatti
Realizzazione
personale
Modello aa
Modello bb
Modello cc
Modello dd
1,240***
1,395***
1,335***
1,210***
0,84
0,986
0,699**
0,757
0,992
0,813
0,979
Nuove
relazioni
sociali
0,612***
0,592***
0,742*
0,481***
0,591***
0,909
0,968
0,653***
0,771***
0,772***
0,793***
0,727***
1,376***
1,256**
1,718***
1,734***
1,004
1,029
1,236**
1,499***
Suggerimento altrui
0,431**
0,808
0,574*
0,76
Indennità
0,441*
0,658
0,649
Tipo di svantaggio
Occupazionale
Altro
Capitale umano
Scuola primaria e
secondaria inferiore
Scuola secondaria
superiore
1,301***
1,079
Motivazioni per aver partecipato ad attività formative
Interesse
0,609
Inattività
0,432**
Sud
0,580***
cut 1 constant
0,098***
Area geografica
Est
cut 2 constant
Oss.
0,569*
0,807
0,777
0,809
1,228
0,641
0,539***
0,466**
0,166***
0,166***
3247
3326
3323
1,321***
0,340***
1,571
3354
1,001
0,941
1,307***
Legenda * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
118
0,963
1,04
0,363***
0,582***
0,599
1,241**
0,463***
0,544*
Paesi. Rispetto ai modelli di regressione sviluppati sui singoli dataset nazionali,
tali collegamenti restano validi in alcuni casi, anche se leggermente più deboli;
questo potrebbe essere dovuto alla dimensione piuttosto limitata del campione.
In secondo luogo, l’analisi della soddisfazione dei partecipanti rispetto a due
aspetti del loro attuale impiego (aspetti economici e conservazione del posto di
lavoro) non suggeriscono una stretta connessione tra variabili dipendenti e indipendenti considerate. Ciononostante, per quanto riguarda gli aspetti economici
le donne mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatte, mentre i lavoratori della classe di età 25-34 anni mostrano maggiori probabilità di essere
molto soddisfatti rispetto ai lavoratori più giovani (classe di età 15-19 anni). Lo
stesso vale per i lavoratori appartenenti al gruppo “altro” rispetto ai lavoratori con
svantaggi di tipo ascrittivo e per i lavoratori con un livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori con un titolo di studio più alto. Inoltre, la probabilità di essere molto soddisfatti degli aspetti economici del proprio lavoro è
maggiore per i lavoratori residenti nel sud dell’Europa rispetto ai lavoratori del
nord. Relativamente alla conservazione del posto di lavoro, le donne hanno
maggiori probabilità di essere molto soddisfatte, così come i lavoratori con un
livello di istruzione secondaria superiore rispetto ai lavoratori con titoli di studio
più alti. Inoltre, come previsto, i soggetti che lavorano nell’azienda di famiglia e
i soggetti con un contratto stabile mostrano maggiori probabilità di essere molto
soddisfatti per la conservazione del posto di lavoro rispetto ai lavoratori assunti
con altre forme contrattuali o senza contratto.
Infine, il terzo insieme di modelli di regressione ha messo in evidenza le connessioni tra soddisfazione dei partecipanti rispetto alle attività formative frequentate e profilo dei partecipanti (caratteristiche personali, tipo di svantaggio). Come
nel caso del primo insieme di regressioni, i modelli sviluppati sul dataset comprensivo di tutti i Paesi mostra connessioni più strette tra covariate e variabili
dipendenti, rispetto a quelle ottenute sviluppando i modelli sui singoli dataset
nazionali. Tuttavia tali risultati potrebbero tornare utili per la progettazione di attività formative nel futuro, con l’obiettivo di migliorare sia l’occupabilità dei gruppi
svantaggiati sia la loro inclusione sociale.
119
CAPITOLO 5.
L’indagine sulle imprese:
principali risultati
Domande e ipotesi
La finalità dell’indagine era di raccogliere evidenze quantitative sulle
imprese con lavoratori appartenenti a uno o più gruppi di persone a rischio
di esclusione dal mercato del lavoro17. Cinque le ipotesi formulate:
Ipotesi 1: le imprese che investono in attività di formazione professionale
per il proprio personale e che coinvolgono anche i lavoratori appartenenti ai
gruppi a rischio di esclusione sociale sono soprattutto (o esclusivamente) le
grandi imprese, quelle più dinamiche, quelle a vocazione internazionale o
intenzionate a realizzare nuovi investimenti, nuovi prodotti e servizi, nonché al reclutamento di nuovo personale.
Ipotesi 2: le imprese che hanno adottato una politica formativa inclusiva
rivolta a tutti i dipendenti (compresi quindi i soggetti a rischio di esclusione o disagio sociale) offrono soprattutto (o esclusivamente) formazione
generica non mirata, senza tenere conto delle particolari esigenze dei gruppi più svantaggiati.
17 Una trascurabile minoranza di imprese intervistate non ha tra il proprio personale
lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati. Queste imprese dovrebbero venire
escluse dai calcoli per la verifica delle ipotesi di ricerca. Ma, ad esempio, solo nove
imprese italiane sulle 304 che hanno svolto attività di formazione per i propri dipendenti, non hanno tra il personale lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati. Detto
questo, tutte le imprese non sono ritenute esentate dall’esigenza di promuovere la
formazione professionale per almeno un gruppo di lavoratori appartenenti ai gruppi
svantaggiati esaminati.
121
Ipotesi 3: le imprese che investono in programmi di formazione professionale aperti anche ai lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati si concentrano su determinati gruppi svantaggiati escludendone altri. Disabili e lavoratori anziani hanno più probabilità di essere esclusi dall’offerta formativa
rispetto ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, ai lavoratori scarsamente qualificati e al gruppo immigrati/minoranze.
Ipotesi 4: le imprese che investono in programmi di formazione professionale non aperti ai lavoratori appartenenti a gruppi svantaggiati si interessano esclusivamente di determinate tipologie di formazione, ad esempio i corsi obbligatori per legge o perché imposti dalla pubblica amministrazione.
Ipotesi 5: le imprese che investono in programmi di formazione professionale aperti anche ai lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati sono
imprese le cui attività formative vengono (interamente o in parte) finanziate dal governo o da altri enti pubblici.
Le attività di formazione professionale
La letteratura disponibile (Behringer et al., 2009) fornisce alcune informazioni teoriche preliminari sulle modalità di progettazione dei corsi di formazione da parte delle imprese. Tali dati mostrano che il settore e la dimensione dell’impresa incidono profondamente sull’offerta formativa.
Il 78% delle imprese esaminate nel quadro della ricerca ha svolto corsi di
formazione per il proprio personale durante i 12 mesi che hanno preceduto
la ricerca, superando la media UE27 pari al 60% (Cedefop, 2010). Le ragioni alla base della grande disponibilità di queste aziende a offrire attività di
formazione ai propri dipendenti non sono molto chiare. Si potrebbe affermare che il miglioramento delle competenze dei lavoratori costituisce una
strategia per far fronte alle sfide poste dalla crisi finanziaria, tuttavia sembra più probabile che questa particolarità derivi dal metodo utilizzato per la
definizione del campione di indagine. In termini di copertura geografica, si
è registrato un sensibile aumento delle imprese che offrono programmi di
formazione professionale in Europa orientale e meridionale tra il 1999 e il
2005 (Eurostat, vari anni). Questo vale soprattutto per Portogallo e
Romania, Paesi oggetto della ricerca.
122
Tabella 35. Percentuale di imprese analizzate dalla ricerca per numero di
addetti e attività di formazione professionale
Imprese che
non fanno
formazione
Imprese che
fanno
formazione
Assente
Totale
Riga %
21,8%
78,2%
1
0,0%
2 220
100,0%
1-50 addetti
69,7%
40,3%
100,0%
46,7%
21,3%
-
N°
483
1 736
51-249 addetti
17,4%
33,5%
Assente
4,8%
4,9%
Oltre 250 addetti
Totale
8,0%
100,0%
100,0%
-
30,0%
-
4,9%
100,0%
18,4%
100,0%
Come previsto, le piccole imprese sono largamente rappresentate tra le
imprese che non hanno offerto programmi di formazione ai propri addetti
nei 12 mesi precedenti l’indagine (esse costituiscono circa il 70% del campione, pur avendo un peso del 46,7%). Al contrario, le medie e grandi
imprese sono ampiamente rappresentate tra le imprese che hanno svolto
attività di formazione professionale: le medie imprese costituiscono il 33%
di tutte le imprese con programmi di formazione, pur avendo un peso del
30% sul campione totale. Le imprese più grandi (da 250 addetti in su) rappresentano il 21% di tutte le imprese con programmi di formazione professionale, pur avendo un peso del 18,4% sul campione totale.
Sulla base dei dati statistici e della letteratura generale (Cedefop, 2010), le
imprese manifatturiere e di costruzioni sono ampiamente rappresentate tra
le imprese che non offrono attività di formazione professionale alla propria
forza lavoro. Questi risultati sono in linea con le previsioni (Tabella 36).
Le aziende manifatturiere rappresentano il 38,5% di tutte le imprese che
offrono formazione professionale a fronte di un peso di poco più del 33%
sul campione totale, mentre le imprese di costruzione superano il 17%, a
fronte di un peso totale del 16,2% del campione. Al contrario, le aziende nel
settore dei servizi sono ampiamente rappresentate tra le imprese che fanno
formazione e costituiscono oltre il 52% del gruppo.
123
Tabella 36. Percentuale di imprese analizzate dalla ricerca per
macrosettore, numero di addetti e attività di formazione professionale
N°
Manifatturiero
Micro e piccole imprese
Medie imprese
Imprese che
non fanno
formazione
Imprese che
fanno
formazione
Totale
38,5%
31,7%
33,2%
8,0%
13,2%
12,1%
483
29,4%
Grandi imprese
0,9%
Servizi
44,1%
Assente
0,3%
1 736
13,7%
4,8%
0,1%
52,4%
2 219
17,1%
3,9%
0,2%
50,6%
Micro e piccole imprese
31,5%
21,2%
23,4%
Grandi imprese
5,0%
14,2%
12,2%
Medie imprese
Assente
Altre imprese (costruzioni)
Totale
7,5%
0,2%
17,4%
100,0%
17,1%
0,0%
15,9%
100,0%
15,0%
0,0%
16,2%
100,0%
Un altro risultato atteso riguarda la dimensione delle imprese per settore. Si
può osservare che le piccole imprese, sia nel settore manifatturiero sia nei
servizi, hanno meno probabilità di offrire attività formative ai propri addetti. Le piccole imprese manifatturiere costituiscono quasi il 30% di tutte le
imprese che non fanno formazione, ma rappresentano il 17% di tutte le
imprese. La differenza di quasi 12 punti percentuali è notevole, superando
il valore registrato per le piccole imprese nel settore dei servizi. Le piccole
imprese nel settore dei servizi rappresentano il 32% delle imprese che fanno
formazione, con un peso percentuale leggermente superiore al 23%. La differenza di 9 punti percentuali è significativa ma inferiore a quella relativa
alle piccole imprese manifatturiere.
Le imprese hanno risposto ad alcune domande, fornendo informazioni sul
loro dinamismo economico. L’ipotesi da verificare afferma che le aziende
più dinamiche offrono maggiori opportunità per la formazione del personale, aperte anche agli addetti appartenenti ai gruppi svantaggiati.
124
Questi sono gli indicatori:
1. la prospettiva di aumentare i profitti;
2. il lancio previsto di nuovi prodotti;
3. la previsione di cambiamenti organizzativi;
4. un aumento previsto nel numero di addetti;
5. una riduzione prevista nel numero di addetti.
Tabella 37. Indicatori di performance delle imprese analizzate dalla ricerca
N°
% imprese che esportano
% imprese che prevedono
un aumento dei ricavi
% imprese che prevedono
il lancio di un nuovo prodotto
% imprese che prevedono
un cambiamento organizzativo
% imprese che prevedono di
aumentare il numero di addetti
% imprese che prevedono di
ridurre il numero di addetti
Imprese che
non fanno
formazione
Imprese che
fanno
formazione
Totale
28,8%
37,2%
35,4%
3,1%
5,8%
5,2%
28,5%
37,0%
35,2%
15,5%
21,7%
20,4%
14,5%
21,1%
19,7%
14,5%
13,8%
14,0%
483
1736
2219
Le interviste sono state condotte tra l’estate del 2011 e l’inizio del 2012,
quando la crisi economica aveva già mostrato la propria intensità in quasi
tutti i settori in ogni Paese. Il campione di cui si è fatto uno nella ricerca,
comprende oltre un terzo di imprese che esportano i propri prodotti e servizi (35,4%). Si può asserire che le imprese aperte alla concorrenza internazionale hanno più probabilità di essere attive sul fronte dell’innovazione,
dei cambiamenti economici e dello sviluppo.
La bassa percentuale di aziende che prevedono un aumento dei ricavi sul
breve periodo (5,2%) può essere messa in relazione con la crisi generale che
ha colpito l’intero continente.
125
Alcuni sottogruppi sono formati da un numero significativo di aziende che
prevedono un aumento dell’occupazione (19,7%), il lancio di nuovi prodotti (35,2%) e l’attuazione di cambiamenti organizzativi (20,4%).
Si è voluto verificare l’ipotesi relativa a un aumento di interesse, da parte
delle imprese più dinamiche, nei confronti della creazione di occasioni formative per i lavoratori e in particolare per i gruppi svantaggiati e vulnerabili. Questa ipotesi può essere confermata: la percentuale di imprese con prospettive economiche migliori è più alta della media tra le imprese che fanno
formazione, e più bassa della media tra quelle che non fanno formazione.
Infine, le imprese che prevedono un aumento del personale sono ampiamente rappresentate tra le imprese che attuano programmi di formazione professionale. All’opposto, le imprese che prevedono una riduzione del personale
sono molto rappresentate tra le imprese che non fanno formazione. Questo
risultato conferma quanto affermato dalla letteratura generale, ovvero il
compromesso tra formazione interna e assunzione di personale specializzato direttamente dal mercato del lavoro esterno. Infatti, i dati rilevati dalla
ricerca mostrano che le imprese che prevedono un aumento nel numero di
addetti hanno maggiori probabilità di formare internamente il personale.
Nella sezione seguente si cercherà di confermare o smentire l’ipotesi secondo la quale le imprese più dinamiche sono anche le imprese più inclini a fare
formazione.
Formazione professionale per i gruppi svantaggiati
La percentuale di imprese che offrono formazione anche ai gruppi svantaggiati è piuttosto elevata quando si tratta di lavoratori anziani, immigrati e minoranze, e lavoratori scarsamente qualificati. Il numero di imprese diminuisce
rapidamente quando si considerano i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, arrivando alla quota più bassa quando si tratta dei disabili.
Questi dati dipendono in misura massiccia dalla presenza di lavoratori svantaggiati tra il personale dell’impresa. In particolare, è risaputo che i lavoratori disabili rappresentano il gruppo meno numeroso tra le fasce deboli della
popolazione, e questo è il motivo per cui le imprese con lavoratori disabili
sono spesso in numero minore delle imprese con lavoratori immigrati o
scarsamente qualificati. Purtroppo non è possibile fornire dati più precisi
sulla maggiore o minore probabilità con cui i gruppi svantaggiati di lavoratori sono inseriti nei corsi di formazione professionale. Tale valutazione
sarebbe fattibile solo registrando il numero esatto di dipendenti per ciascun
gruppo svantaggiato in organico presso ogni azienda intervistata (informa126
Grafico 3. Numero di imprese che fanno formazione per tipo di gruppo
svantaggiato coinvolto e tipo di formazione organizzata.
zioni raccolte solo in parte nell’ambito dell’indagine italiana18). Le norme
sulla protezione dei dati sensibili e soprattutto quelle a tutela dei disabili,
immigrati e minoranze etniche e linguistiche hanno disincentivato la raccolta di questo tipo di informazioni19.
L’80% delle imprese i cui programmi di formazione si rivolgono ad almeno un gruppo di lavoratori svantaggiati (rispetto al numero totale di imprese eroganti attività di formazione) costituisce il solo e unico indicatore disponibile della partecipazione dei lavoratori alla formazione continua.
Come evidenziato dal grafico seguente, esistono enormi differenze tra i vari
Paesi, anche tra quelli appartenenti alla stessa macroarea geografica. Nel
Regno Unito e in Svezia, Portogallo e Spagna, tutte le aziende che offrono
corsi di formazione coinvolgono i lavoratori svantaggiati. La percentuale
diminuisce negli altri Paesi, fino a quasi 3 su 4 in Italia e Slovacchia, e con
18 Nell’indagine italiana, alle imprese è stato chiesto se tra i propri dipendenti fossero
presenti lavoratori svantaggiati appartenenti a una delle categorie di cui sopra; alle
imprese non è stato però chiesto di specificare il numero esatto di tali addetti. In base
ai dati raccolti, la percentuale di imprese senza lavoratori disabili è inferiore all’1%.
19 Nei Paesi in cui esiste una normativa vigente a sostegno del lavoro dei disabili, l’indagine sui lavoratori potrebbe essere condizionata da comportamenti opportunistici
difficilmente verificabili.
127
un 65,8% in Polonia. Il tasso più basso si registra in Romania, dove solo il
30,5% delle imprese che fanno formazione coinvolge lavoratori appartenenti a gruppi svantaggiati.
Grafico 4. Percentuale di imprese che coinvolgono i gruppi svantaggiati
nelle attività di formazione professionale (specifiche e non) suddivise
per Paese
Le politiche formative più eque dei Paesi dell’Europa settentrionale potrebbero essere alla base dei dati riportati nel grafico, come sostiene anche la
letteratura disponibile (Bassanini et al., 2005). Tuttavia, essi potrebbero
anche dipendere dal fatto che questi Paesi hanno un numero molto ridotto
di imprese senza lavoratori svantaggiati; la percentuale più alta riscontrabile in Spagna e Portogallo potrebbe confermare questa ipotesi. Se questa
situazione fosse stata verificata in tutti i Paesi coinvolti dalla ricerca, allora
le percentuali riportate nelle tabelle di cui sopra fornirebbero una stima
accurata dell’esistenza di pratiche non inclusive inerenti alla formazione
continua dei gruppi svantaggiati.
Le imprese intervistate che hanno offerto programmi di formazione ai propri dipendenti sono state raccolte in due gruppi non sovrapposti tra loro.
Nel primo gruppo è stato inserito il 63% delle imprese intervistate e oltre
l’80% delle imprese che hanno fatto formazione. Queste aziende hanno erogato corsi di formazione rivolti al personale interno, nell’ottica di aumentare i profitti o stimolare l’innovazione. Una parte di queste imprese ha coinvolto i lavoratori svantaggiati, senza però aver calibrato i corsi sulle esigenze specifiche di questi gruppi o soggetti.
128
Il secondo gruppo ha erogato programmi di formazione professionale attentamente calibrati sulle esigenze di uno o più gruppi di lavoratori svantaggiati. Questi programmi di formazione comprendono, ad esempio, corsi di lingue per immigrati, oppure moduli metodologici per rispondere alle esigenze dei lavoratori disabili. Sono compresi anche i programmi implementati
in collaborazione con scuole ed enti di formazione professionale, rivolti ai
giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Le imprese intervistate che presentavano queste caratteristiche rappresentano quasi il 15% del
totale delle imprese e solo il 19% delle imprese che fanno formazione.
La presenza di programmi di formazione professionale mirati non indicano
necessariamente da parte delle imprese un maggiore o migliore coinvolgimento nella formazione dei lavoratori svantaggiati. Non tutti i lavoratori
appartenenti ai gruppi svantaggiati hanno la necessità di una formazione specifica mirata alle esigenze di singoli individui o gruppi. L’inserimento dei
lavoratori svantaggiati (a rischio di esclusione sociale) nella formazione
aziendale rivolta a tutto il personale è indicativa dell’integrazione sociale di
questi soggetti e di un approccio inclusivo. Per valutare in maniera approfondita il livello qualitativo dei programmi di formazione implementati dalle
imprese, occorrerebbe tenere conto delle specifiche condizioni della singola
impresa. Tuttavia, l’implementazione di specifici programmi formativi rivolti a uno o più gruppi di lavoratori svantaggiati potrebbe essere l’indicatore di
una maggiore sensibilità nei confronti dei bisogni dei gruppi svantaggiati, e
pertanto di una maggiore qualità dei corsi di formazione erogati.
Tabella 38. Imprese che fanno formazione e imprese che non fanno
formazione per tipo di formazione: generica o mirata per i gruppi
svantaggiati
N°
Imprese che
Imprese che
Imprese che
non fanno fanno formazione fanno formazione
formazione
professionale professionale
generica
mirata per GS20
483
% di tutte le imprese 21,8%
% di tutte le imprese
che fanno formazione
1405
331
63,3%
14,9%
80,9%
19,1%
Assente
Totale
1
2220
0,0%
100,0%
20 Gruppi svantaggiati.
129
La rilevazione consente di analizzare da vicino le principali caratteristiche
dei due gruppi di imprese che fanno formazione.
La percentuale di imprese che attuano specifici programmi rivolti ai gruppi
svantaggiati è più alta se si tratta di lavoratori anziani, lavoratori scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi.
Pochissime imprese organizzano specifici programmi formativi rivolti a
disabili, immigrati o lavoratori appartenenti a minoranze. La tabella seguente mostra che solo il 50,9% delle imprese intervistate coinvolge i lavoratori anziani, e quasi il 45% delle aziende coinvolge immigrati o persone
appartenenti a minoranze. La quota più bassa si registra tra le imprese che
coinvolgono i disabili (20,9%), seguita dalle aziende che coinvolgono i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi (23,2%) e i lavoratori
scarsamente qualificati (35%).
Tabella 39. Imprese che coinvolgono gruppi svantaggiati nella
formazione professionale sul totale delle imprese analizzate dalla ricerca,
per tipo di svantaggio e formazione (generica o mirata)
Persone disabili
Immigrati/Minoranze
Lavoratori anziani
Persone scarsamente qualificate
Giovani che hanno abbandonato
precocemente gli studi
100 = n. imprese intervistate (2219)
Imprese che
Imprese che
Imprese che
fanno formazione fanno formazione
fanno
professionale
professionale
formazione
generica
mirata per GS
14,7%
6,2%
20,9%
34,6%
10,3%
44,9%
24,3%
10,7%
35,0%
38,3%
14,1%
12,6%
9,1%
50,9%
23,2%
La tabella seguente verte sul confronto tra le imprese che offrono formazione generica ai propri dipendenti (compresi i lavoratori svantaggiati) e le
imprese che organizzano una formazione mirata per i gruppi svantaggiati.
Le variabili sono costituite dalla dimensione dell’impresa, dal settore di attività e dalle condizioni finanziarie.
130
Tabella 40. Percentuale di imprese che fanno formazione per
macrosettore, numero di addetti e tipo di attività formativa.
Imprese che
Imprese che
Imprese che
fanno formazione fanno formazione
fanno
professionale
professionale
formazione
generica
mirata per GS
Manifatturiero
Micro e piccole imprese
Medie imprese
Assente
Servizi
Grandi imprese
Micro e piccole imprese
Medie imprese
Assente
Grandi imprese
Altre imprese (costruzioni)
Totale
31,7%
31,7%
31,7%
12,4%
16,9%
13,2%
0,1%
0,0%
0,1%
15,1%
4,2%
7,6%
7,2%
13,7%
4,8%
52,1%
53,8%
52,4%
17,4%
15,8%
17,1%
0,0%
0,0%
0,0%
22,8%
11,9%
16,2%
100,0%
14,2%
23,8%
14,5%
100,0%
21,2%
14,2%
15,9%
100,0%
I dati mostrano una scarsa correlazione tra macrosettore di attività e probabilità che l’impresa abbia organizzato programmi di formazione professionale mirata per i gruppi svantaggiati. Le imprese del settore manifatturiero
sono rappresentate equamente tra le imprese che organizzano formazione
generale e tra le quelle che organizzano formazione specifica per rispondere alle esigenze dei gruppi svantaggiati. Le probabilità di organizzare formazione specifica diminuiscono quando si tratta di imprese di costruzioni.
Dall‘altro lato, si può notare una correlazione positiva tra le imprese che
organizzano formazione specifica e la dimensione delle stesse. Le imprese
che fanno formazione specifica per i gruppi svantaggiati sono di grandi
dimensioni e operano nel macrosettore dei servizi, seguite dalle aziende
manifatturiere di medie dimensioni. Se consideriamo le imprese che organizzano solo programmi di formazione generica, notiamo come le aziende
di costruzioni e le piccole imprese manifatturiere e di servizi siano ampiamente rappresentate, come mostra il loro peso totale nel campione; questo
indica, da parte loro, una scarsa probabilità di erogare corsi formativi mirati sulle esigenze dei gruppi svantaggiati.
131
Relativamente al dinamismo delle imprese, le rilevazioni mostrano chiaramente che le imprese apparentemente più dinamiche e di grandi dimensioni hanno maggiori probabilità di offrire programmi di formazione professionale ad hoc per gruppi svantaggiati. Le imprese che organizzano attività formative specifiche per i propri dipendenti (rispetto al numero totale di imprese che fanno formazione) sono in genere le imprese che esportano e quelle
che prevedono un aumento dei ricavi, il lancio di nuovi prodotti, un cambiamento organizzativo o un incremento nel numero di addetti.
Tabella 41. Indicatori di performance delle imprese che fanno formazione
N°
% imprese
di esportazioni
che prevedono un aumento
dei ricavi
che prevedono il lancio di un
nuovo prodotto
che prevedono un cambiamento
organizzativo
che prevedono un aumento
nel numero di addetti
che prevedono una riduzione
nel numero di addetti
Imprese che
Imprese che
Imprese che
fanno formazione fanno formazione
fanno
professionale
professionale
formazione
generica
mirata per GS
1405
331
1736
35,4%
45,0%
37,2%
4,4%
12,1%
5,8%
36,0%
41,1%
37,0%
26,9%
35,0%
28,4%
20,4%
23,9%
21,1%
12,2%
20,8%
13,8%
La quota di aziende che prevedono di ridurre il personale è superiore alla
media tra le aziende che utilizzano la formazione specifica. Questo dato è
in contrasto con l’intero campione di imprese esaminate, comprensivo di
aziende non dotate di programmi di formazione. Pertanto, sembra che le
imprese che prevedono di ridurre il personale siano tendenzialmente sotto
rappresentate tra le imprese che fanno formazione ma ampiamente rappresentate tra le imprese che offrono formazione specifica per i gruppi svantaggiati.
132
L’impegno delle imprese nei confronti dell’organizzazione di formazione
specifica per i soggetti svantaggiati non è omogeneo rispetto ai vari tipi di
svantaggio. Nella seguente tabella, sono riportate le imprese che coinvolgono i lavoratori svantaggiati in rapporto al tipo di svantaggio. La percentuale di aziende che offrono formazione specifica costituisce quasi il 40% tra
le imprese che coinvolgono i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Circa il 30% (29,5%) delle imprese organizza attività formative
per i lavoratori disabili, mentre una percentuale simile (30,6%) si rivolge ai
lavoratori scarsamente qualificati. Al contrario, solo il 22,8% delle imprese
coinvolge nelle attività formative i lavoratori immigrati e le minoranze e
solo il 24,8% delle imprese coinvolge i lavoratori anziani.
Una possibile spiegazione per queste differenze potrebbe venire dalla grande diffusione di agenzie formative specializzate nell’istruzione dei giovani,
dei lavoratori scarsamente qualificati e dei disabili. Si è anche riscontrato un
incremento della presenza delle iniziative formative ad hoc per le categorie
svantaggiate nell’ambito dei programmi a finanziamento pubblico. Spesso
le iniziative formative per questi gruppi possono contare sulla collaborazione degli istituti scolastici per quanto riguarda la parte generale dei corsi.
Una parte della formazione rivolta ai disabili e ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi non è legata alla soddisfazione di una qualche forma di obbligo. Più spesso che in altri casi, le imprese che fanno formazione ricevono un sostegno diretto da parte degli enti pubblici, i quali
suggeriscono i contenuti da inserire nei corsi.
Tabella 42. Imprese che fanno formazione per tipo di formazione e tipo di
gruppo svantaggiato
Persone disabili
Immigrati/Minoranze
Lavoratori anziani
Persone scarsamente qualificate
Giovani che hanno abbandonato
precocemente gli studi
Imprese che
Imprese che
Imprese che
fanno formazione fanno formazione
fanno
professionale
professionale
formazione
generica
mirata per GS
70,5%
29,5%
100,0%
75,2%
24,8%
100,0%
60,8%
39,2%
100,0%
77,2%
69,4%
22,8%
30,6%
100,0%
100,0%
133
Solitamente le imprese che fanno formazione e quelle che fanno formazione ad hoc per il personale disabile sono di dimensioni più grandi e più
dinamiche. Tuttavia questo non spiega del tutto la variabilità dei comportamenti osservati nelle imprese dislocate negli otto Paesi coinvolti nella
ricerca.
I lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati non hanno accesso alle
stesse opportunità formative. Come si evince dal grafico di seguito riportato, le imprese che non fanno formazione sul totale degli intervistati
vanno da un 8% in Slovacchia al 39% in Polonia. In Italia e Regno Unito
la quota è del 25%. Inoltre, la percentuale di imprese che fanno formazione mirata è solo del 3% sul totale delle imprese intervistate in Romania, e
il 7% in Polonia. Questa quota si attesta tra l’11% e il 15% in Italia,
Spagna e Svezia, salendo al 19% e 26% rispettivamente in Slovacchia e
Regno Unito. La percentuale più alta si riscontra in Portogallo, pari al
43%.
Grafico 5. Percentuale di imprese per Paese e attività di formazione
professionale
La classificazione dei Paesi europei in macroaree mostra che la percentuale più bassa di imprese che non fanno formazione si riscontra nei tre Paesi
dell’Europa meridionale (Italia, Spagna e Portogallo), seguiti dai due Paesi
134
dell’Europa settentrionale (Regno Unito e Svezia). La media più alta si registra in Europa orientale. I Paesi dell’Europa meridionale e settentrionale
condividono la stessa quota di imprese (19%) che sostengono di offrire formazione mirata a uno o più gruppi svantaggiati, mentre questa quota è inferiore al 9% in Europa orientale. La quota di imprese che offrono formazione professionale generica (talvolta rivolta anche ai gruppi svantaggiati) è
simile in tutte e tre le macroaree considerate.
Questi dati consentono un confronto con i sistemi di istruzione e formazione, i sistemi inerenti alle relazioni industriali, il funzionamento del mercato
del lavoro e la struttura dello stato sociale nelle macroaree interessate.
Tuttavia, in questo caso non è facile collegare lo scostamento tra comportamento medio delle imprese in ogni Paese e caratteristiche associabili ai cluster territoriali in cui sono raggruppati i Paesi europei. Le profonde differenze tra un Paese e l’altro permangono anche raggruppando tali Paesi in
macroaree geografiche: i dati emersi dall’indagine sulle aziende italiane, ad
esempio, si discostano parecchio dai risultati medi di Spagna e Portogallo.
Lo stesso si può dire mettendo a confronto i dati dei tre Paesi dell’Europa
orientale, anche se con differenze statistiche apparentemente meno pronunciate rispetto ai tre Paesi del Mediterraneo. Solo nel caso dell’Europa nel
nord, si nota una certa omogeneità.
Grafico 6. Percentuale di imprese per tipo di formazione professionale e
zona geografica in Europa
135
Riepilogando, si osserva che:
1. l’indagine non consente di fornire una valutazione quantitativa delle
pratiche di formazione continua esplicitamente discriminatorie nei
confronti delle persone svantaggiate. Tuttavia, possiamo affermare
che circa il 20% delle imprese esaminate che fanno formazione non
coinvolge nei corsi il personale appartenente ai gruppi considerati,
malgrado la presenza di lavoratori svantaggiati nell’organico di quasi
tutte queste imprese. La situazione è più critica in Europa dell’est e
meno critica al sud, con un netto miglioramento nei Paesi
dell’Europa settentrionale;
2. la quota di aziende che organizzano attività formative specifiche
per rispondere ai bisogni dei lavoratori svantaggiati è di poco inferiore al 20% (19,1%) tra tutte le imprese che fanno formazione.
Questo dato non è distribuito uniformemente in tutti i Paesi interessati e non riguarda allo stesso modo i vari gruppi considerati. I giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, i lavoratori
disabili e i lavoratori scarsamente qualificati hanno maggiori probabilità di ricevere una formazione adeguata ai propri bisogni,
rispetto a immigrati, minoranze e lavoratori anziani. Questa situazione è condizionata dalle politiche a sostegno della formazione sul
posto di lavoro;
3. le imprese più attive dal punto di vista dell’inserimento dei lavoratori svantaggiati nelle attività formative sono in genere le imprese
di medie e grandi dimensioni. Tuttavia, anche le piccole e medie
imprese si occupano di formazione professionale per i gruppi svantaggiati. Viene dunque confermata l’ipotesi secondo la quale le
imprese più dinamiche sono più propense a offrire formazione ai
gruppi svantaggiati. Allo stesso modo, le imprese che prevedono di
aumentare il personale sono più attive per quanto riguarda la formazione professionale, rivolta ai lavoratori appartenenti ai gruppi
svantaggiati.
Contenuto dei corsi, risorse finanziarie e bisogni formativi
In questo paragrafo si analizzano le risorse finanziarie, i contenuti dei corsi
e i bisogni cui la formazione professionale intende rispondere. La finalità è
di approfondire l’influenza degli enti pubblici e delle normative sul tipo e
sui contenuti dei corsi organizzati dalle imprese.
136
Tabella 43. Contenuto dei corsi promossi dalle aziende intervistate
nell’ambito della ricerca
Imprese che
fanno formazione
professionale
generica
Imprese che
fanno formazione
professionale
mirata per GS
% salute e sicurezza sul lavoro
82,1%
85,3%
% qualità e innovazione
49,4%
N°
% utilizzo dei macchinari, tecniche
di produzione e trasformazione
1405
51,9%
331
58,3%
54,2%
% amministrazione, contabilità e finanze
41,5%
54,3%
% comunicazione, marketing, tecniche
di vendita, pubblicità
33,7%
48,7%
% lingue straniere
24,1%
34,9%
% informatica
% gestione delle risorse umane
34,7%
31,1%
53,1%
44,7%
L’argomento principale dei corsi di formazione riguarda la sicurezza e la
tutela dei lavoratori. Oltre l’82% delle imprese analizzate ha inserito questa
tematica nei propri programmi formativi. La percentuale è ancora più alta
tra le imprese che offrono attività formative ai gruppi svantaggiati (85,3%).
Come noto, la formazione sulla sicurezza e la tutela dei lavoratori è sostenuta e finanziata dalla pubblica amministrazione nell’ottica di promuovere
il rispetto delle norme e procedure di sicurezza sul posto di lavoro. Pertanto
è evidente che una buona percentuale di imprese si preoccupa innanzi tutto
di osservare le norme che impongono di informare e addestrare i lavoratori
sulle procedure di sicurezza.
Le altre tematiche sembrano più che altro connesse allo specifico knowhow delle singole imprese, a prescindere dal settore economico di attività.
Ad esempio, l’utilizzo dei macchinari, le tecniche di produzione e trasformazione sono riscontrabili in qualsiasi processo produttivo. Circa la metà
delle imprese analizzate ha offerto questo tipo di formazione, con una percentuale di quasi il 60% nel caso di imprese che offrono formazione professionale ad hoc per persone svantaggiate. Al contrario, le percentuali più
basse si riscontrano per i corsi su informatica, comunicazione, marketing,
pubblicità e gestione delle risorse umane. L’indagine sui contenuti della for137
mazione promossa dalle imprese per i propri addetti ha spesso evidenziato
la diffusione di questi argomenti. All’opposto, tra tutte le imprese che organizzano formazione generica, solo una su tre affronta queste materie e la
metà delle imprese che fanno formazione mirata dichiara di inserire queste
materie tra i corsi.
Una possibile spiegazione al declino dell’informatica nei corsi di formazione professionale viene dal fatto che il personale ha molto probabilmente
acquisito queste competenze prima di entrare nel mondo del lavoro. Inoltre
l’informatica, la comunicazione e la vendita sono attività più esposte alle
contrazioni economiche.
La formazione professionale sul tema della “gestione delle risorse umane”
è più diffusa tra le imprese che offrono formazione mirata rispetto alle
imprese che offrono solo formazione generica. Questo è un punto interessante perché solleva la questione dell’esigenza più o meno pronunciata, da
parte del personale svantaggiato, di approfondire queste aree tematiche.
Analogamente, la percentuale di aziende che organizzano corsi di lingue
straniere è maggiore tra le imprese che offrono formazione mirata ai propri
dipendenti rispetto alle imprese che fanno formazione generica (34% contro il 24%).
La selezione degli argomenti potrebbe dipendere dal ruolo ricoperto in
azienda dai lavoratori svantaggiati (nei casi in cui tali soggetti siano inseriti nelle attività di formazione professionale). Questa ipotesi trae origine
dalle risposte date nell’ambito dell’indagine condotta.
Oltre la metà (53,8%) di tutte le imprese che fanno formazione utilizza
risorse proprie per finanziare i corsi per il proprio personale, e una percentuale leggermente inferiore (49,7%) si registra per le imprese che fanno formazione mirata. I finanziamenti pubblici sono disponibili per il 48,8% delle
imprese che offrono formazione mirata ai soggetti svantaggiati e per il
34,2% delle imprese che offrono formazione generica.
Il dato più importante riguarda la quota trascurabile di imprese (meno
dell’1%) che afferma di aver ricevuto finanziamenti pubblici per promuovere e organizzare attività formative per rispondere ai bisogni delle persone
appartenenti alle fasce deboli. La percentuale di mancate risposte alle
domande sui finanziamenti pubblici è piuttosto elevata: quasi il 13% delle
imprese che offrono formazione ad hoc e quasi il 15% delle imprese che
offrono formazione generica. Queste cifre potrebbero essere indicative di
una limitata diffusione delle informazioni utili sulle risorse pubbliche disponibili.
138
Tabella 44. Risorse finanziarie destinate alle attività di formazione
professionale, per tipo di formazione
N°
% imprese
con corsi di formazione
interamente finanziati
dall’impresa
che ha ricevuto contributi
da enti pubblici per la
realizzazione di attività
formative in generale
che ha ricevuto contributi
da enti pubblici per attività
formative rivolte ai gruppi
svantaggiati
Imprese che
Imprese
che fanno
che fanno
formazione
formazione
professionale professionale
generica
mirata per GS
Imprese
che fanno
formazione
Valori
Valori
mancanti
mancanti
per la cat. per la cat.
“formazione “formazione
generica”
mirata”
331
1405
1736
54,7%
49,7%
53,8%
5,7%
2,1%
34,2%
48,8%
37,0%
14,7%
12,7%
1,4%
0,7%
0,8%
14,7%
12,7%
Benché le imprese attive nella formazione professionale per i gruppi svantaggiati abbiano maggiori possibilità di accedere ai finanziamenti pubblici,
sono molto poche le imprese che colgono in maniera chiara l’impegno
pubblico a sostenere la formazione mirata per i lavoratori svantaggiati. La
maggioranza delle aziende finanzia le attività formative utilizzando risorse proprie. Questo vale sia per la formazione generica, sia per la formazione mirata.
Il coinvolgimento degli enti pubblici nel finanziamento della formazione
professionale varia da Paese a Paese. Si possono osservare tre scenari:
• in Romania, Slovacchia e Polonia, solo un numero limitato di imprese afferma di aver ricevuto finanziamenti pubblici;
• in Spagna e Portogallo, la maggioranza delle imprese ha ricevuto
finanziamenti pubblici;
• in Italia e Regno Unito, la maggioranza delle aziende finanzia la formazione professionale con mezzi propri, pur essendovi una discreta
minoranza di aziende che ha ricevuto finanziamenti pubblici.
139
Grafico 7. Percentuale di imprese che fanno formazione per fonte di
finanziamento (formazione professionale generica/formazione
professionale mirata) (dati sui contributi pubblici assenti per la Svezia)
Alle imprese che fanno formazione è stato chiesto di specificare il motivo
per cui hanno attuato programmi di formazione professionale. Anche tra le
imprese che fanno formazione, solo un 26% promuove la formazione a
sostegno dei futuri bisogni di competenze (Cedefop, 2010).
Le risposte confermano quanto già ampiamente dibattuto nella letteratura e
permettono di sviscerare ulteriormente le esigenze delle aziende specificamente legate all’istruzione dei soggetti svantaggiati.
Tabella 45. Percentuale di imprese che offrono formazione, per tipo di bisogno
N°
Imprese che
Imprese che
Imprese che
fanno formazione fanno formazione
fanno
professionale
professionale
formazione
generica
mirata per GS
331
1405
1736
% esigenze dell’impresa
96,7%
93,1%
93,8%
% su consiglio dell’ente di
formazione
49,2%
42,6%
43,9%
30,5%
24,7%
25,8%
% esigenze dei lavoratori
% su consiglio dei fornitori/
clienti dell’azienda
% novità legislativa
140
91,8%
49,8%
82,7%
51,4%
84,5%
51,1%
Quasi tutte le attività formative sono atte a soddisfare i bisogni delle imprese. È interessante sottolineare come questa affermazione riguardi in misura
minore le imprese che hanno svolto attività formative mirate per i gruppi
svantaggiati. Le esigenze dei lavoratori sono tenute in grande considerazione: in media circa l’84% di tutte le imprese, e quasi il 92% delle imprese
che fanno formazione generica, ma stranamente solo l’82,7% delle imprese
che fanno formazione mirata. Oltre la metà delle imprese intervistate organizza corsi di formazione per soddisfare obblighi normativi, ad esempio in
riferimento al tema della salute e tutela dei lavoratori, in particolare in caso
di emanazione di nuove disposizioni. Le pressioni esercitate dagli enti di
formazione rivestono un ruolo piuttosto importante e riguardano circa il
43,9% delle imprese, con una percentuale maggiore tra le imprese che fanno
esclusivamente formazione generica rispetto alle imprese attive nell’organizzazione della formazione specifica.
Queste considerazioni confermano l’importanza del sostegno pubblico alla
formazione organizzata dalle aziende, soprattutto quando coinvolge direttamente i gruppi di lavoratori svantaggiati. I finanziamenti pubblici (a copertura del costo della formazione aziendale) e gli specifici corsi (promozione
della sicurezza e della tutela dei lavoratori) caratterizzano la formazione
professionale improntata ai bisogni dei gruppi svantaggiati. Le agenzie formative svolgono un ruolo importante, mettendo a disposizione competenze
e programmi che le imprese non sarebbero diversamente in grado di realizzare con le proprie risorse.
Tra i gruppi svantaggiati
La tabella seguente contiene una ripartizione delle imprese che offrono formazione generica e formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati, tenendo
conto del tipo di svantaggio21.
Anche se a un primo sguardo i risultati riproducono i dati forniti alla Tabella
27, si può osservare che:
1. le medie imprese sono più attive nella formazione per immigrati
rispetto alla formazione di altro personale svantaggiato;
2. le grandi imprese sono generalmente più attive nella formazione dei
disabili rispetto ad altre categorie svantaggiate;
21 La tabella è stata compilata dall’autore del presente rapporto.
141
142
% altre imprese (costruzioni)
% grandi imprese di servizi
% medie imprese di servizi
8,9%
22,5%
19,4%
14,5%
16,2%
19,2%
9,0%
7,3%
% micro e piccole imprese
di servizi
5,4%
44,4%
9,0%
% imprese di servizi
49,2%
21,3%
14,4%
10,7%
22,2%
41,1%
27,6%
41,9%
36,2%
43,8%
28,5%
19,7%
44,1%
360
364
Immigrati/
Minoranze
% grandi imprese manifatturiere
% medie imprese manifatturiere
% micro e piccole imprese
manifatturiere
% imprese manifatturiere
% grandi imprese (>250 addetti)
% medie imprese (51-249 addetti)
% micro e piccole imprese
(1-49 addetti)
N°
Disabili
36,8%
17,9%
10,5%
17,1%
21,0%
56,0%
5,0%
15,5%
13,0%
33,5%
24,3%
38,9%
892
Lavoratori
anziani
34,3%
13,8%
12,7%
19,0%
13,9%
46,7%
5,1%
18,2%
17,1%
40,6%
29,4%
36,2%
614
Persone
scarsamente
qualificate
31,1%
12,3%
12,1%
25,9%
9,4%
47,7%
7,9%
17,3%
14,8%
40,2%
41,0%
27,7%
411
Giovani che
hanno abbandonato
precocemente gli studi
Tabella 46. Caratteristiche delle imprese che offrono formazione (generica e/o mirata) ai gruppi svantaggiati,
per tipo di svantaggio, dimensione e settore di attività
143
% imprese che
prevedono una
riduzione nel
numero di addetti
% imprese che
prevedono un
aumento nel numero
di addetti
% imprese che
prevedono un
cambiamento
organizzativo
% imprese che
prevedono il lancio
di un nuovo prodotto
% imprese che
prevedono un
aumento dei ricavi
% imprese di
esportazioni
N°
360
43,5%
10,9%
44,1%
32,7%
61,6%
38,4%
46,3%
11,2%
44,9%
35,7%
58,2%
41,8%
Immigrati/
Minoranze
364
Disabili
41,0%
59,0%
29,5%
42,3%
9,1%
40,3%
892
Lavoratori
anziani
43,8%
56,2%
32,4%
41,1%
10,9%
43,7%
614
Persone
scarsamente
qualificate
40,8%
59,2%
35,3%
48,3%
14,0%
49,5%
411
Giovani che
hanno abbandonato
precocemente gli studi
13,8%
21,1%
28,4%
37,0%
5,8%
37,2%
1736
Imprese
che fanno
formazione
Tabella 47. Indicatori di performance delle imprese che offrono formazione professionale e tipo di svantaggio
3. le aziende manifatturiere, soprattutto se di piccole o piccolissime
dimensioni, mostrano una minore propensione a offrire formazione
ai lavoratori anziani;
4. le micro e piccole imprese manifatturiere si mostrano più propense a
offrire formazione ai lavoratori scarsamente qualificati;
5. le grandi imprese nel macrosettore dei servizi sono in genere più attive nella formazione professionale dei giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, rispetto ad altre categorie svantaggiate.
L’analisi dei dati della Tabella 47 conferma l’ipotesi avanzata in merito alla
correlazione positiva tra maggior dinamismo delle imprese e impegno alla
formazione professionale per i gruppi svantaggiati. Tuttavia si può anche
osservare che:
1. la percentuale di imprese che esportano costituisce il 50% delle
imprese che coinvolgono nei corsi i giovani che hanno abbandonato
precocemente gli studi, ma solo il 40% delle imprese che fanno formazione per i lavoratori anziani;
2. le imprese che si occupano della formazione dei lavoratori anziani
registrano le percentuali più basse tra le imprese che prevedono un
incremento dei ricavi, il lancio di nuovi prodotti o l’implementazione di cambiamenti organizzativi;
3. le imprese che prevedono un aumento del personale hanno più probabilità di inserire gli immigrati e le minoranze nei corsi di formazione, a conferma delle effettive condizioni del mercato del lavoro nella
stragrande maggioranza dei Paesi occidentali.
Il parere delle imprese
Il questionario ha permesso di definire un quadro abbastanza preciso delle
opinioni delle imprese in merito alla formazione dei lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati.
Oltre i due terzi delle imprese che offrono formazione riconoscono che la
formazione indirizzata ai dipendenti ha avuto ricadute positive e molto positive. La risposta è molto positiva tra le imprese che offrono formazione
mirata per il personale svantaggiato (80%). Questo risultato potrebbe dipendere indirettamente da una maggior efficienza delle attività formative mirate. Tuttavia, solo l’11% delle imprese che fanno formazione ritiene che la
formazione sia più efficace per i lavoratori svantaggiati rispetto a tutti gli
144
Tabella 48. Imprese che fanno formazione: pareri sulla formazione
professionale generica e mirata.
% in cui la formazione
professionale ha determinato
un grande o sufficiente
miglioramento per i lavoratori
% in cui i gruppi svantaggiati
trarrebbero più vantaggio da
una formazione più mirata
% indispensabile per ottenere
il massimo dai lavoratori
appartenenti ai gruppi svantaggiati
% in cui la formazione
professionale ha aumentato le
capacità dei gruppi svantaggiati
% in cui la formazione
professionale ha diminuito le
capacità dei gruppi svantaggiati
% in cui la formazione
professionale ha mantenuto
invariate le capacità dei
gruppi svantaggiati
Imprese che
Imprese che
Imprese che
fanno formazione fanno formazione
fanno
professionale
professionale
formazione
generica
mirata per GS
75,9%
80,0%
76,8%
32,6%
53,2%
40,0%
42,0%
65,8%
51,3%
7,8%
19,7%
11,1%
4,4%
2,9%
4,2%
87,8%
77,4%
86,1%
altri lavoratori. Al contrario, tra le imprese che fanno formazione, pochissime (il 4,2%) ritengono che la formazione professionale sia meno efficace
per i lavoratori svantaggiati rispetto agli altri lavoratori, e questo vale in
modo particolare per le imprese che fanno formazione mirata. La grande
maggioranza (86,1%) delle imprese che fanno formazione ritiene che la formazione per i soggetti svantaggiati sia altrettanto efficace della formazione
per tutti gli altri lavoratori.
145
Queste caratteristiche potrebbero suggerire che le opinioni sull’efficacia
della formazione professionale per i lavoratori svantaggiati sono fortemente condizionate dalle esperienze delle imprese stesse.
Circa il 40% delle imprese che fanno formazione ritiene più opportuno inserire i lavoratori svantaggiati all’interno di attività specificamente calibrate
sulle loro esigenze. La percentuale sale al 53,2% tra le imprese che hanno
esperienza diretta di questo tipo di formazione.
Infine, il 51,3% delle imprese che fanno formazione ritiene altrettanto indispensabile formare il personale appartenente ai gruppi svantaggiati per
aumentarne il rendimento. La percentuale diminuisce significativamente tra
le imprese che non hanno avuto alcuna esperienza di formazione ad hoc per
i gruppi svantaggiati.
Tabella 49. Percentuale di imprese che fanno formazione e loro parere
sulla formazione professionale mirata
% in cui la formazione
professionale ha apportato
grandi o sufficienti miglioramenti
% in cui i gruppi svantaggiati
trarrebbero maggior beneficio
da una formazione più mirata
% indispensabile per ottenere
il massimo dai lavoratori
appartenenti ai gruppi svantaggiati
% in cui la formazione
professionale ha aumentato le
capacità dei gruppi svantaggiati
% in cui la formazione
professionale ha diminuito le
capacità dei gruppi svantaggiati
% in cui la formazione
professionale ha mantenuto
invariate le capacità dei
gruppi svantaggiati
146
Imprese che
Imprese che
Imprese che
fanno formazione fanno formazione
fanno
professionale
professionale
formazione
generica
mirata per GS
75,9%
80,0%
76,8%
32,6%
53,2%
40,0%
42,0%
65,8%
51,3%
7,8%
19,7%
11,1%
4,4%
2,9%
4,2%
87,8%
77,4%
86,1%
Quasi il 40% delle imprese con esperienza di formazione ad hoc per i
gruppi svantaggiati ha ritenuto che l’implementazione delle attività formative fosse troppo dispendiosa. La percentuale scende (32,8%) tra le
imprese che offrono formazione generica, e ciò è probabilmente dovuto
a una loro minore esperienza in questo campo. Anche se una parte delle
imprese intervistate ritiene che i vincoli economici costituiscano degli
ostacoli alle attività formative, è anche vero che la loro assenza potrebbe
impedire la diffusione della formazione mirata per i soggetti svantaggiati o il loro inserimento nelle attività generiche organizzate dalle imprese,
soprattutto quando sono presenti persone disabili. Questi ultimi richiedono spesso servizi integrativi di assistenza e le aziende devono acquisire
dall’esterno attività formative calibrate.
Una minoranza di imprese intervistate (43,2%) ritiene che la formazione specifica, mirata sulle particolari esigenze dei gruppi svantaggiati,
sia difficile da trovare e poco diffusa nel loro settore di attività. Una
percentuale leggermente più alta (48,2%) si riscontra tra le aziende che
offrono formazione mirata. Inoltre, solo il 32,5% delle imprese che
offrono formazione professionale generica ritiene che le opportunità
formative adeguate per i gruppi svantaggiati siano di difficile individuazione. Inaspettatamente il 41,7% delle imprese che offrono formazione professionale mirata dichiara che le attività mirate sono difficili
da trovare, segno che la maggioranza delle imprese è a conoscenza di
iniziative in questo ambito, ma ha difficoltà nella definizione della formazione mirata.
La situazione varia considerevolmente da un Paese all’altro.
Portogallo, Polonia e Romania registrano la percentuale più alta di
imprese che dichiarano di ritenere molto dispendiosa la formazione mirata (dal 45% al 58%). Questo potrebbe dipendere dalla grande varietà di
situazioni presenti da un Paese all’altro. Infatti, Polonia e Romania hanno
registrato la percentuale più bassa di imprese che inseriscono i gruppi
svantaggiati nelle attività di formazione mirata. La loro opinione potrebbe dipendere dal fatto che esistono relativamente poche informazioni
sulle reali difficoltà a fare formazione mirata. Al contrario, in Portogallo
si è registrata la più alta percentuale di imprese che coinvolgono le persone svantaggiate nella formazione mirata, con oltre il 40% di imprese
destinatarie di finanziamenti pubblici per la formazione. In questo caso,
l’esperienza motiva il costo maggiore delle offerte di formazione professionale.
147
Grafico 8. Opinioni sull’implementazione di attività formative mirate da
parte delle imprese attive nella formazione professionale
Come precedentemente illustrato, le imprese che offrono formazione in
Portogallo e Romania affermano più facilmente che la formazione mirata è
difficile da trovare e poco diffusa nel loro settore, seguiti da Italia e
Slovacchia. Al contrario, sembra che in Svezia e Regno Unito le attività formative rivolte alle persone svantaggiate siano più diffuse.
Quasi tre aziende su quattro (74,7%) tra quelle che fanno formazione mirata si ritengono soddisfatte delle attività formative organizzate per il personale svantaggiato. La percentuale scende leggermente (al 70,9%) tra le
imprese che hanno organizzato attività di formazione generica.
Analogamente, l’88% delle imprese che offrono formazione mirata la ritiene indispensabile ai fini dell’organizzazione delle attività formative, registrando una percentuale più alta rispetto alle aziende che offrono solo formazione generica (80%). Rispetto all’alto numero di imprese che ritengono
necessario organizzare attività formative integrative, la quota di imprese
interessate a organizzare attività formative integrative scende al 41% tra le
imprese con esperienze precedenti in questo ambito, e al 22,0% tra le imprese che offrono formazione generica (Tabella 50).
Le imprese esperte nell’organizzazione di attività formative mirate risultano quelle più soddisfatte per la formazione del personale. Questo risultato
potrebbe essere legato alla soddisfazione rispetto alle precedenti esperienze, alla disponibilità di fondi pubblici o al fatto di avere coinvolto più lavoratori svantaggiati nei corsi.
148
Tabella 50. Valutazione dell’importanza e della soddisfazione rispetto alla
formazione del personale
% grado di soddisfazione
“eccellente” e “buono” rispetto alla
formazione professionale per GS
% necessità di organizzare
ulteriori attività formative
% necessità di organizzare
attività formative più mirate
Formazione
professionale
generica
Formazione
professionale
mirata
Imprese
che fanno
formazione
70,9%
74,7%
71,7%
80,0%
88,0%
81,6%
22,0%
41,0%
25,7%
Tabella 51. Imprese non interessate a organizzare attività formative in
futuro aperte alle persone svantaggiate
% a causa dell’aumento
dei costi della formazione
% a causa di vincoli burocratici
% a causa del rischio di dimissioni
del personale dopo il corso
Formazione
professionale
generica
Formazione
professionale
mirata
Imprese
che fanno
formazione
27,9%
35,1%
29,3%
43,3%
63,2%
47,1%
49,0%
46,6%
48,5%
Oltre il 35% delle imprese che offre formazione mirata non considera la
possibilità di organizzare altre attività in futuro, a causa dei costi sostenuti.
La percentuale è minore per le imprese impegnate nella formazione generica (27,9%). Il 49% delle imprese che offrono formazione generica e il
46,6% di quelle che offrono formazione mirata non prende in considerazione l’ipotesi di organizzare ulteriori attività formative aperte alle persone
svantaggiate, a causa di vincoli e impedimenti burocratici connessi all’implementazione dei corsi. Infine, il 63,2% delle imprese che fanno formazione mirata teme di non essere in grado di beneficiare dell’aumento di produttività dei lavoratori a causa di una loro fuoriuscita dall’azienda. La quota
scende al 43,3% per le imprese che offrono formazione generica.
149
Emergono risultati diversi da Paese a Paese. In Romania, Slovacchia,
Svezia e Regno Unito non sono previste ulteriori attività formative,
soprattutto per il timore che il personale lasci l’azienda. Questo vale anche
per le imprese portoghesi e polacche, meno per le aziende italiane e spagnole. Rispetto a queste ultime, il motivo principale alla base della decisione di interrompere l’organizzazione di attività formative è di natura
burocratica.
Grafico 9. Percentuale di imprese che fanno formazione non interessate
a organizzare in futuro ulteriori attività formative aperte (non solo) ai
gruppi svantaggiati, per Paese e motivo
Grafico 10. Percentuale di imprese che fanno formazione, loro risposte
alla domanda: “Ritiene che le attività di formazione professionale
abbiano aumentato/diminuito/mantenuto invariate le competenze dei
lavoratori svantaggiati rispetto agli altri lavoratori?”
150
A livello generale le imprese ritengono che la formazione professionale
abbia un effetto positivo per entrambe le categorie di lavoratori, svantaggiati e non. Emergono alcune differenze tra un Paese e l’altro in merito alla
valutazione dell’impatto della formazione professionale. Nel Regno Unito,
in Slovacchia e in Portogallo, la percentuale di imprese che ritengono che
la formazione professionale delle persone svantaggiate sia molto efficace è
decisamente superiore alla media. Una minoranza (in media il 3%) delle
imprese afferma che la formazione professionale è meno efficace per i lavoratori svantaggiati. La maggior parte delle imprese romene intervistate tra
quelle che fanno formazione non ha espresso un’opinione in merito, probabilmente a causa della limitata esperienza nell’ambito della formazione
mirata.
Infine, la soddisfazione delle imprese sugli esiti della formazione organizzata per il personale appartenente ai gruppi svantaggiati varia da Paese a
Paese. Slovacchia, Polonia (e in misura minore Portogallo) registrano una
percentuale relativamente elevata di imprese con grado di soddisfazione
“sufficiente”. Dall’altra parte, Spagna e Svezia mostrano la percentuale più
alta di imprese con grado di soddisfazione “buono”.
Grafico 11. Risposte alla domanda: “Qual è il suo grado di soddisfazione
rispetto alle attività formative realizzate, soprattutto in riferimento ai
lavoratori svantaggiati?”
151
Appendice al capitolo 5.
Dati e analisi multivariata
L’analisi della regressione è stata utilizzata con l’obiettivo di mettere in relazione le caratteristiche delle imprese con tre aspetti fondamentali:
1) la probabilità per un’impresa di svolgere attività di formazione professionale mirate sui gruppi svantaggiati;
2) la probabilità per un’impresa di ritenere importante la formazione professionale per i gruppi svantaggiati (importanza della formazione professionale
mirata per GS) per ottenere il massimo da queste categorie di lavoratori;
3) la probabilità per un’impresa di dichiarare l’intenzione di offrire formazione professionale mirata per i gruppi svantaggiati nel futuro (intenzione di
organizzare attività formative mirate per GS);
4) la probabilità per un’impresa di ritenersi soddisfatta rispetto alle attività
formative svolte, soprattutto in riferimento ai gruppi svantaggiati (soddisfazione per l’attività formativa svolta).
Le variabili indipendenti sono state individuate in base a:
1) caratteristiche delle imprese
• settore: manifatturiero, servizi o costruzioni (il terzo dell’elenco è stato
escluso dal confronto);
• dimensione: nessun dipendente, micro/piccole imprese, medie/grandi
imprese (la prima e la terza categoria sono state escluse dal confronto);
2) fattori specifici del settore e del mercato
• attività di esportazione;
• previsione dell’impresa sui ricavi futuri;
• tipo di formazione (macchinari e processi produttivi, innovazione e
qualità, salute e sicurezza sul lavoro, gestione risorse umane, comunicazione e marketing, amministrazione e contabilità, lingue straniere);
• presenza più o meno diffusa della formazione mirata per i gruppi svantaggiati nel settore di appartenenza dell’impresa.
Tra le variabili è stata inserita anche la voce “Paese”, al fine di tenere conto di
modelli nazionali specifici e delle ricadute in Europa orientale e meridionale.
L’Europa del nord è stata esclusa.
Per tutti i modelli di regressione, i risultati sono riportati in termini di rapporto di
probabilità22, mentre la significatività statistica dei coefficienti associati alle
variabili è data dal numero di asterischi “*”, come riportato in legenda.
22 Quando il valore del rapporto di probabilità è superiore a 1, il coefficiente stimato ha
segno positivo e dimostra che la covariata ha un effetto positivo sulla variabile dipendente. È vero il contrario quando il valore del rapporto di probabilità è inferiore a 1.
152
Tabella 52. Probabilità che un’impresa svolga attività formativa mirata per
i gruppi svantaggiati (rapporto di probabilità), tutti i Paesi
Variabile dipendente: Probabilità di svolgere attività formative mirate per i gruppi svantaggiati
Caratteristiche dell’impresa
Impresa di medie
dimensioni (51-249 addetti)
Impresa di grandi
dimensioni (da 250 addetti)
Impresa manifatturiera
Modello 1
Modello 2
Modello 3
Modello 4
1,840***
1,452*
1,313
1,105
2,140***
1,722**
1,588*
1,790**
1,228
1,142
0,963
0,929
1,094
Impresa di servizi
Fattori legati al mercato
Esportazioni
Nuovo prodotto
Aumento dei ricavi
0,961
1,395**
1,055
0,897
1,521**
0,906
1,337
1,021
1,107
1,198
1,717**
2,746***
Macchinari/produzione
0,805
0,936
Salute e sicurezza sul lavoro
1,054
1,041
Finanziamenti pubblici
1.832**
0,912
1,493**
Tipo di formazione
Innovazione e qualità
1,327
0,833
Gestione risorse umane
1,243
Comunicazione e marketing
1,611**
Amministrazione/contabilità
1,148
Lingue straniere
1,088
Informatica
1,463**
Area geografica
Est
Sud
costante
Oss.
1,238
0,761
1,188
1,642**
1,302
0,86
1,462**
0,444***
0,094***
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
1465
0,103***
1079
0,102***
1065
0,661
0,164***
1065
Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli 1, 2, 3.
153
Tabella 53. Probabilità che un’impresa ritenga importante la formazione
professionale per i gruppi svantaggiati (rapporto di probabilità), tutti i
Paesi
Variabile dipendente: Importanza della formazione professionale specifica per GS
Caratteristiche dell’impresa
Impresa di medie dimensioni
(51-249 addetti)
Impresa di grandi dimensioni
(da 250 addetti)
Impresa manifatturiera
Impresa di servizi
Fattori legati al mercato
Esportazioni
Aumento dei ricavi
Modello a
Modello b
Modello c
1,377**
1,489***
1,365**
1,395*
1,356
1,728***
0,741
0,773
0,537***
0,541***
0,885
0,9
0,789
0,941
1,627*
2,308***
Macchinari/produzione
0,942
0,992
Salute e sicurezza sul lavoro
0,767
0,816
Tipo di formazione
1,537*
0,621**
Innovazione e qualità
0,955
Gestione risorse umane
1,465***
Comunicazione e marketing
1,316*
Amministrazione/contabilità
0,99
Lingue straniere
1,045
Informatica
0,865
Area geografica
Est
Sud
costante
Oss.
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
1,345**
1,202
1,093
0,857
0,858
3,074***
1,356
1455
Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli a e b.
154
1,002
1,438
1278
2,542***
0,509**
1278
Nella Tabella 52 vengono presentati i risultati di quattro modelli di regressione
per tutti i Paesi, ove la variabile dipendente è costituita dalla probabilità di svolgere attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati:
•
•
•
•
nel modello 1, si è solo tenuto conto di alcune caratteristiche delle imprese e dei fattori legati al mercato. Nell’interpretazione del rapporto di probabilità, l’impressione è che le medie e grandi imprese abbiano maggiori probabilità di svolgere attività formative speciali per i gruppi svantaggiati rispetto alle micro/piccole imprese;
nel modello 2, sono state aggiunte altre due variabili legate al mercato; i
risultati suggeriscono che le imprese che prevedono un aumento dei ricavi (rispetto alle imprese che ne prevedono una diminuzione) e le imprese beneficiarie di finanziamenti pubblici per le attività formative hanno
maggiori probabilità di svolgere attività di formazione professionale speciali per i gruppi svantaggiati;
nel modello 3, sono state aggiunte le variabili relative al tipo di formazione. Ci sono due variabili significative: le imprese che offrono corsi di
comunicazione, marketing o informatica mostrano maggiori probabilità di
svolgere attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati;
nel modello 4, sono stati esclusi gli effetti specifici per Paese, considerando come variabili le aree geografiche (est e sud). Di conseguenza,
sembra che le imprese in Europa orientale (Polonia, Slovacchia e
Romania) abbiano meno probabilità di svolgere attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati rispetto alle aziende in Europa del nord
(Regno Unito e Svezia).
Nella Tabella 53 viene presentata una serie di regressioni logistiche sulla probabilità che un’impresa giudichi importante la formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati.
•
Nel modello a, sono state considerate come covariate solo alcune caratteristiche dell’impresa e del mercato, tenendo presente gli effetti fissi per
Paese: apparentemente quattro variabili su sei presentano coefficienti
significativi. Nell’interpretazione del rapporto di probabilità, l’impressione
è che le medie e grandi imprese abbiano maggiori probabilità di giudicare importante l’attività formativa ad hoc per i gruppi svantaggiati, rispetto
alle micro/piccole imprese. Relativamente al settore, le imprese manifatturiere sembrano meno propense a prendere in considerazione la formazione professionale mirata per i gruppi svantaggiati rispetto alle imprese
di costruzioni (categoria esclusa dal confronto). Relativamente alle caratteristiche legate al mercato, le imprese che prevedono un aumento dei
ricavi mostrano anche maggiori probabilità di prendere in considerazione
la formazione professionale ad hoc per i gruppi svantaggiati.
155
Tabella 54. Probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare
per il futuro formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati (rapporto di
probabilità), tutti i Paesi
Variabile dipendente: Intenzione di svolgere attività formativa specifica per GS
Caratteristiche dell’impresa
Impresa di medie dimensioni
(51-249 addetti)
Impresa di grandi dimensioni
(da 250 addetti)
Impresa manifatturiera
Impresa di servizi
Fattori legati al mercato
Esportazioni
Aumento dei ricavi
Altri fattori
Modello z
Modello v
Modello w
1,149
1,372
1,019
1,543**
1,832**
2,518***
0,381***
0,325***
0,300***
0,843
0,709*
1,041
0,685**
2,918***
Soddisfazione per l’attività
formativa svolta
La formazione professionale
specifica è poco diffusa
Area geografica
0,680*
3,095***
4,097***
1,63
1,334
1,524**
1,281
Est
Sud
costante
Oss.
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
1,03
0,291***
1743
Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli z e v.
156
0,547***
0,120***
1008
1,243
0,221**
1014
•
•
Nel modello b, sono state aggiunte alle variabili precedenti le variabili
riferite al tipo di offerta formativa delle imprese. Pur ottenendo risultati
simili sulle variabili contenute nel modello a (salvo che per la variabile
relativa alle grandi aziende, il cui coefficiente non è più significativo), le
variabili riguardanti il tipo di formazione non sono significative, tranne un
paio. In particolare, le imprese che fanno formazione sulla gestione delle
risorse umane e sul tema comunicazione e marketing hanno maggiori
probabilità di ritenere importante la formazione professionale specifica
per i gruppi svantaggiati.
Nel modello c, sono state mantenute le stesse variabili del modello b, ma
anziché considerare gli effetti fissi per Paese, sono state incluse le variabili dicotomiche relative alle aree geografiche est e sud. Il terzo modello
logistico nel complesso conferma i risultati del modello a e b per quanto
riguarda le variabili comuni (tuttavia il coefficiente per le grandi imprese
è ancora significativo, mentre il coefficiente relativo alla formazione sul
tema comunicazione e marketing non è più significativo). In più, sembra
che le imprese situate nell’est (Polonia, Slovacchia, Romania) e sud
(Italia, Portogallo, Spagna) d’Europa abbiano maggiori probabilità di ritenere importante la formazione specifica per i gruppi svantaggiati, rispetto alle aziende nel nord (Regno Unito, Svezia).
Nella Tabella 54, è illustrata una seconda serie di regressioni logistiche sulla
probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro formazione specifica per i gruppi svantaggiati.
•
•
Nel modello z, sono state considerate come covariate solo alcune caratteristiche dell’impresa e del mercato, tenendo presente gli effetti fissi per
Paese; i coefficienti significativi sono 4 su 6. I risultati mostrano che le
grandi imprese hanno maggiori probabilità di dichiarare di volere organizzare per il futuro formazione ad hoc per i gruppi svantaggiati, rispetto alle
micro e piccole imprese. Al contrario, le imprese del settore manifatturiero e dei servizi mostrano minori probabilità di dichiarare l’intenzione di
organizzare per il futuro formazione specifica, rispetto alle imprese di
costruzioni. In più, le imprese che prevedono un aumento dei ricavi
mostrano maggiori probabilità di dichiarare l’intenzione di organizzare
per il futuro formazione specifica.
Nel modello v, sono state mantenute le stesse variabili del modello z,
salvo per altre due variabili: la prima è una variabile dicotomica relativa
alla soddisfazione o meno dell’impresa rispetto alle attività formative
svolte, in particolare rispetto ai risulti per gruppi svantaggiati (soddisfazione per l’attività formativa svolta). Il coefficiente associato a questa
variabile non sembra essere significativo. La seconda variabile tiene
conto del fatto che la formazione professionale mirata non è molto diffu-
157
158
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
Oss.
costante
La formazione professionale
specifica è poco diffusa
Aumento dei ricavi
Esportazioni
Fattori legati al mercato
352
0,125***
3,845***
0,693
0,344**
117
0,18
1,022
0,19
0,562
2,849
3,445
0,713
Impresa di servizi
0,6
0,226*
0,857
Impresa di grandi dimensioni
(da 250 addetti)
Impresa manifatturiera
0,976
0,592
125
1,26
3,168
1,705
2,746
0,869
2,371
1,858
Regno Unito Svezia
1,608
Impresa di medie dimensioni
(51-249 addetti)
Caratteristiche dell’impresa
Italia
0,602
234
1,715
0,157***
(omissis)
3,198**
1,932
0,335**
0,270**
Spagna
1,66
144
1,676
0,053***
2,009
1,044
1,79
0,983
1,031
Slovacchia
Variabile dipendente: Probabilità di organizzare attività formative mirate per i gruppi svantaggiati
0,313
138
0,051***
11,772***
(omissis)
0,671
0,614
5,478*
0,897
Romania
0,067*
184
0,77
0,534
116
1,152
0,363*
0,294
0,951
0,976
0,56
0,618
Polonia
59,585*** 11,022**
0,718
0,101**
41,668***
5,612
Portogallo
Tabella 55. Probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro formazione ad hoc per i
gruppi svantaggiati (rapporto di probabilità), tutti i Paesi. Tutti i gruppi di imprese
•
sa nel settore in cui opera l’impresa (la formazione professionale è poco
diffusa). Il coefficiente associato a questa variabile suggerisce che le
imprese che dichiarano che la formazione professionale è poco diffusa
nel loro settore hanno maggiori probabilità di dichiarare anche che intendono organizzare nel futuro attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati. Contrariamente al modello z, il coefficiente relativo alle imprese
di esportazioni appare leggermente più significativo nel modello v.
Nel modello w, sono state mantenute le stesse variabili del modello v,
considerando però le variabili est e sud al posto degli effetti fissi per
Paese. I coefficienti significativi sono gli stessi del modello v, salvo che
per le esportazioni (leggermente significativo nel modello v e non significativo nel modello z).
La Tabella 55 mostra i risultati delle regressioni logistiche sviluppate sui dataset
nazionali. La variabile dipendente è ancora una volta costituita dalla probabilità
che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro formazione mirata per i gruppi svantaggiati. In questo caso non è stato inserito alcun controllo
sul fatto che l’impresa abbia già svolto attività formative specifiche per i gruppi
svantaggiati o qualsiasi tipo di attività formativa generale. Sono stati presi in
esame tutti i gruppi di imprese:
•
•
•
•
Italia: le probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare
attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati risultano maggiori
per le imprese che lavorano nei settori in cui la formazione professionale è poco diffusa, e minori per le imprese che lavorano con l’estero;
Spagna: le medie e grandi imprese mostrano una maggiore probabilità di
dichiarare l’intenzione di organizzare attività formative specifiche per i
gruppi svantaggiati rispetto alle imprese di dimensioni più piccole. Al contrario, le imprese che lavorano con l’estero hanno maggiori probabilità;
Portogallo: le grandi imprese mostrano maggiori probabilità di dichiarare
di avere l’intenzione di organizzare attività formative specifiche per i
gruppi svantaggiati, rispetto alle imprese di piccole dimensioni. L’opposto
si verifica per le imprese manifatturiere e di servizi, rispetto alle imprese
di costruzioni. Inoltre, le imprese che prevedono un aumento dei ricavi
mostrano anche maggiori probabilità di dichiarare di avere l’intenzione di
organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati;
Regno Unito, Svezia, Slovacchia, Romania e Polonia: i modelli non sembrano complessivamente significativi.
159
160
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
Oss.
costante
La formazione professionale
specifica è poco diffusa
Esperienza di formazione
professionale per GS
Altri fattori
Aumento dei ricavi
Esportazioni
Fattori legati al mercato
Impresa manifatturiera
Impresa di grandi dimensioni
(da 250 addetti)
Impresa di medie dimensioni
(51-249 addetti)
Caratteristiche dell’impresa
0,976
253
117
0,343**
3,895***
0,056***
3,489**
0,63
0,150**
2,370*
0,213***
(omissis)
1,15
0,158**
1,606
0,874
0,901
86
2,322
3,490**
1,065
1,131
(omissis)
0,617
1,338
0,999
Regno Unito Svezia
2,436**
Italia
211
1,869
0,119***
4,766***
2,414
(omissis)
0,464
0,556
0,468
Spagna
132
1,997
0,064***
3,586**
2,011
1,313
0,701
0,75
0,965
Slovacchia
125
0,022***
11,031**
12,079*
0,327
(omissis)
0,556
(omissis)
2,942
Romania
184
0,545
0,079*
1,936
0,367*
116
1,02
0,396**
0,381
0,246
1,135
0,549
0,679
Polonia
81,514*** 15,464***
0,641
47,546***
3,888
Portogallo
Variabile dipendente: Probabilità di voler organizzare attività di formazione professionale ad hoc per gruppi svantaggiati
Tabella 56. Probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro formazione ad hoc per i
gruppi svantaggiati (rapporto di probabilità), per Paese.
La Tabella 56 mostra i risultati delle regressioni logistiche sviluppate sui singoli
dataset nazionali, dove la dipendente variabile è ancora la probabilità che un’impresa dichiari l’intenzione di organizzare per il futuro attività formative specifiche
per i gruppi svantaggiati. In questo caso sono state considerate solo le imprese
che avessero esperienza di formazione professionale, a prescindere dal fatto
che si trattasse di formazione generica o specifica per i gruppi svantaggiati. A tal
fine, è stata aggiunta come covariata la variabile dicotomica “esperienza nell’organizzazione di attività di formazione professionale per gruppi svantaggiati”. In
questo modo si è tenuto conto o delle imprese con attività di formazione mirata
(se il valore della variabile dicotomica “esperienza nell’organizzazione di attività
di formazione professionale per gruppi svantaggiati” è uguale a 1), o generica
(se il valore della variabile dicotomica “esperienza nell’organizzazione di attività
di formazione professionale per gruppi svantaggiati” è uguale a 0).
•
•
•
•
Italia: i risultati suggeriscono che le imprese di medie dimensioni hanno
maggiori probabilità di dichiarare di voler organizzare attività formative
specifiche per i gruppi svantaggiati, rispetto alle imprese più piccole. Lo
stesso si può affermare per le imprese che hanno già svolto attività formativa per i gruppi svantaggiati e per quelle imprese che hanno dichiarato che questo tipo di formazione non è diffuso nel proprio settore di riferimento. Al contrario, le imprese di esportazioni mostrano una minore
probabilità.
Regno Unito: le imprese di grandi dimensioni mostrano minori probabilità di dichiarare di voler organizzare attività formative specifiche per i
gruppi svantaggiati, rispetto alle imprese di piccole dimensioni. Lo stesso si può affermare per le imprese che prevedono un aumento dei ricavi. Come nel caso precedente, il fatto di avere maturato un’esperienza
pregressa nell’ambito della formazione specifica per i gruppi svantaggiati aumenta le probabilità di dichiarare di voler organizzare tali attività.
Portogallo: le grandi imprese mostrano maggiori probabilità di dichiarare
di voler organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati, rispetto alle imprese di piccole dimensioni. Lo stesso si può affermare
per le imprese che prevedono un aumento dei loro ricavi. Le esportazioni all’estero, tuttavia, incidono negativamente su tale probabilità.
Svezia, Spagna, Slovacchia, Romania e Polonia: i modelli non sembrano complessivamente significativi.
Nella Tabella 57, è riportata la terza serie di regressioni logistiche relative alla
probabilità per un’impresa di ritenersi soddisfatta rispetto alle attività svolte,
soprattutto in riferimento ai gruppi svantaggiati (Soddisfazione per l’attività formativa svolta). In questo caso, sono stati sviluppati dei modelli di regressione
considerando l’insieme di tutti i Paesi e tenendo conto degli effetti fissi per
Paese nei modelli x e y, inserendo invece la variabile geografica nel modello k.
161
Tabella 57. Probabilità per un’impresa di essere soddisfatta rispetto alle
attività formative svolte, soprattutto in riferimento ai gruppi svantaggiati
Variabile dipendente: Soddisfazione rispetto all’esperienza formativa
Caratteristiche dell’impresa
Impresa di medie dimensioni
(51-249 addetti)
Impresa di grandi dimensioni
(da 250 addetti)
Impresa manifatturiera
Impresa di servizi
Fattori legati al mercato
Esportazioni
Aumento dei ricavi
Tipo di formazione
Modello x
Modello y
Modello k
4,322***
5,139***
4,500***
2,588
2,837*
3,366*
1,914
3,192**
3,197**
1,265
1,173
0,876
0,625
Macchinari/produzione
1,084
0,64
1,218
1,186
0,971
0,832
1,106
Innovazione e qualità
0,949
0,827
Gestione risorse umane
0,540*
0,509*
Salute e sicurezza sul lavoro
1,68
Comunicazione e marketing
0,449**
Amministrazione/contabilità
2,957**
Lingue straniere
1,468
Informatica
0,74
Area geografica
Est
Sud
costante
Oss.
Legenda: * p<.1, ** p<.05, *** p<.01
0,417**
2,647**
1,8
0,73
1,155
9,283***
1075
Gli effetti fissi per Paese sono considerati nei modelli x e y.
162
1,653
5,334**
1056
1,706
6,003*
1060
•
•
•
Nel modello x, le cui covariate sono costituite solo dalle caratteristiche
dell’impresa e del mercato, solo una variabile mostra un coefficiente
significativo: le imprese di medie dimensioni mostrano maggiori probabilità di essere molto soddisfatte delle attività formative svolte, rispetto alle
micro/piccole imprese.
Nel modello y, sono state aggiunte le variabili relative al tipo di formazione offerta dall’impresa, ottenendo coefficienti significativi in cinque casi in
più rispetto al modello x. Innanzitutto, il coefficiente sulle grandi imprese
è abbastanza significativo e dimostra che le grandi imprese hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatte della formazione svolta,
rispetto alle micro/piccole imprese. Lo stesso si può affermare per le
imprese di servizi rispetto alle imprese di costruzioni. In più, le imprese
che offrono formazione sulla gestione delle risorse umane e sul tema
comunicazione e marketing mostrano minori probabilità di essere molto
soddisfatte per le attività formative svolte, mentre vale il contrario per le
imprese che hanno organizzato attività formative in materia di amministrazione e contabilità.
Nel modello k, sono state mantenute le stesse variabili del modello y, eliminando gli effetti fissi per Paese e aggiungendo invece le due variabili
est e sud, per tenere conto dell’area geografica interessata. Sono stati
ottenuti gli stessi risultati del modello y per le altre variabili, mentre le due
variabili riguardanti il territorio in cui hanno sede le imprese non sono
significative.
Nel complesso, l’analisi della regressione svolta suggerisce alcune connessioni
tra le variabili associate alla probabilità di organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati, l’utilità delle attività formative per i gruppi svantaggiati (dal punto di vista delle imprese), l’intenzione da parte delle imprese di
organizzare attività di formazione per i gruppi svantaggiati e la soddisfazione
delle imprese rispetto alle attività svolte (soprattutto in riferimento ai gruppi svantaggiati), quando vengono considerate come variabili dipendenti in relazione alle
caratteristiche delle imprese, ai fattori legati al mercato, al tipo di formazione
erogata e all’area geografica.
In particolare, dai modelli logistici sviluppati sul dataset comprensivo di tutti i
Paesi, è emerso che le grandi imprese mostrano maggiori probabilità di organizzare attività formative specifiche per i gruppi svantaggiati. Nel complesso, lo stesso si può affermare per le imprese che prevedono un aumento dei loro ricavi.
In merito alla probabilità che un’impresa ritenga utili le attività di formazione professionale per i gruppi svantaggiati, le medie e grandi imprese mostrano maggiori probabilità rispetto alle micro/piccole imprese. Lo stesso si può affermare
per le imprese operanti nel settore manifatturiero rispetto alle imprese di costruzioni, e per le imprese che prevedono un aumento dei ricavi. Inoltre, la stessa
163
relazione è riscontrabile per le imprese con sede in Europa meridionale e orientale.
Rispetto all’intenzione di organizzare attività formative specifiche per i gruppi
svantaggiati, l’impressione è che le grandi imprese che prevedono un aumento
dei ricavi e le imprese operanti in settori in cui la formazione professionale per i
gruppi svantaggiati è poco diffusa, sono più propense a manifestare tale intenzione. L’opposto si verifica per le imprese manifatturiere e di servizi, rispetto alle
imprese di costruzioni.
Infine, rispetto alla probabilità che un’impresa sia soddisfatta per le attività formative svolte, apparentemente i risultati migliori si registrano tra le imprese di
medie dimensioni. Lo stesso si può affermare per le imprese operanti nel settore dei servizi. In merito al tipo di formazione, le imprese che organizzano corsi
sul tema amministrazione e contabilità mostrano maggiori probabilità di essere
molto soddisfatte per le iniziative formative svolte, mentre quelle che organizzano corsi sulla gestione delle risorse umane e sul tema comunicazione e marketing mostrano probabilità più basse.
164
CAPITOLO 6.
La raccolta dati qualitativa:
principali risultati
In questo capitolo sono illustrate le principali considerazioni emerse dall’indagine qualitativa svolta nell’ambito della ricerca.
Fin dall’inizio, l’obiettivo principale era quello di creare una base comune
di informazioni e definizioni sulla tematica e sulle problematiche in esame,
al fine di colmare il divario esistente in questo ambito nei Paesi dell’UE
(come ampiamente dimostrato da indagini statistiche e politiche).
L’analisi del contesto ha permesso di esaminare il quadro legislativo, istituzionale ed economico nell’ambito del quale operano i programmi di IFP per
le fasce deboli, la numerosità dei beneficiari interessati e le loro condizioni
nel mercato del lavoro. Tramite una mappatura delle iniziative di istruzione
e formazione professionale specificamente rivolte ai gruppi svantaggiati, è
stato possibile descrivere le finalità e i limiti dei sistemi nazionali. Qui di
seguito sono riportate le principali osservazioni emerse dopo la prima campagna realizzata dagli otto gruppi di lavoro sulla ricerca:
1. la partecipazione dei gruppi svantaggiati, in particolare dei disabili,
al sistema di IFP viene gestita tramite programmi distinti, sotto forma
di iniziative specifiche (Regno Unito, Italia, Svezia e Portogallo),
oppure in maniera inclusiva (Italia, in atto in Svezia). In alcuni casi,
soprattutto per i disabili, i programmi di istruzione e formazione sono
strettamente connessi al welfare e ai servizi sanitari e socioassistenziali (Italia, Regno Unito);
In Italia, la formazione iniziale svolta nell’ambito del sistema scolastico pubblico prevede un’organizzazione in classi in cui vengono inseriti anche eventuali disabili (a prescindere dal tipo o dalla gravità della
disabilità), immigrati, giovani o adulti (questi ultimi solo nei corsi sera165
li) con problematiche di vario tipo e senza conoscenza della lingua
italiana. D’altro canto, esiste un’offerta di programmi formativi regionali di durata circoscritta e di tirocinio per l’acquisizione di specifiche
qualifiche professionali, che comprende anche (o soprattutto, in base
alla situazione locale e regionale) l’erogazione di corsi specifici per
disabili, immigrati o altri soggetti svantaggiati (tossicodipendenti, ex
carcerati, ecc.). I servizi socioassistenziali o sanitari intervengono per
la creazione di sinergie, collaborando alla fase di ricerca e conservazione del posto di lavoro. In Spagna, i sistemi della previdenza sociale e della formazione professionale interagiscono nell’ambito del
sistema di istruzione formale. L’istruzione scolastica obbligatoria
riguarda i ragazzi fino all’età di 16 anni e la sua applicazione viene
garantita dalla previdenza sociale, soprattutto per quanto riguarda la
scuola primaria (da 6 a 11 anni).
2. i programmi di formazione e aggiornamento specificamente rivolti a
persone in situazione di disagio sono incentrati principalmente sull’esecuzione di semplici lavori manuali (Italia, Slovacchia, Polonia e
Regno Unito);
In Italia la maggioranza dei giovani disabili, immigrati e altri giovani
svantaggiati si rivolgono agli enti di formazione professionale, dove
possono seguire corsi incentrati su profili professionali a basso contenuto di competenze nell’ambito manifatturiero o dei servizi. Per
quanto riguarda i disabili, al completamento dell’istruzione obbligatoria la maggior parte di loro può accedere a programmi formativi per
lo più incentrati sull’esecuzione di semplici attività manuali che spesso non tengono conto delle effettive capacità delle persone.
In Polonia, oltre a programmi incentrati sull’esecuzione di semplici
lavori manuali, vi è anche la possibilità di partecipare a corsi di formazione di livello più avanzato, nonché di accedere a borse di studio
a supporto della frequenza di corsi post-diploma. Questi programmi
vengono finanziati tramite i fondi UE e il Fondo per il lavoro.
In Slovacchia, la formazione professionale finalizzata all’inserimento
lavorativo delle persone con disabilità risente della carenza di flessibilità a livello di programmi e di offerta. I programmi di specializzazione e aggiornamento professionale sono incentrati soprattutto su
166
semplici lavori manuali. L’offerta formativa è spesso obsoleta e poco
appetibile, e gli allievi usciti dai corsi non hanno alcuna possibilità di
accedere al mercato del lavoro non protetto.
3. ancora troppe persone disabili non riescono ad accedere al mercato
del lavoro ordinario, e l’inserimento in laboratori protetti resta per
loro l’unico modo per entrare nel mondo del lavoro. Tali laboratori
svolgono una funzione terapeutica e riabilitativa, ma quanto a sviluppo di ambizioni personali, progetti o identità lavorativa le possibilità
offerte sono molto limitate. Vi è dunque l’esigenza di calibrare la formazione continua all’interno delle imprese, soprattutto i corsi per lo
sviluppo di un’autonomia attiva;
In Italia e Slovacchia molti disabili, pur essendo in grado di lavorare,
vengono inseriti all’interno di cooperative sovvenzionate dai fondi
pubblici, svolgendo mansioni non correlate con il mercato del lavoro
ufficiale. I laboratori protetti e le altre forme di impiego protetto svolgono funzioni di socializzazione e riabilitazione, in alcuni casi erogando anche corsi di formazione di base. Le attività di produzione e vendita svolgono un ruolo secondario. Per le persone inserite nei laboratori protetti, le possibilità di transizione nel mercato del lavoro ordinario sono generalmente scarse.
4. il fondamento dell’inclusione sociale nel sistema di istruzione e formazione professionale è costituito dall’aumento dell’occupabilità e
dalla partecipazione attiva alla sfera privata e alla vita pubblica. I
programmi di istruzione e formazione per gli adulti (compresi i gruppi svantaggiati) prevedono lo sviluppo dell’alfabetizzazione come
elemento costitutivo della formazione (Spagna, Svezia);
In Spagna, i programmi di IFP (Laboratori formativi, Corsi di qualifica
e Stage in azienda) prevedono corsi di alfabetizzazione e preparano
gli studenti a sostenere gli esami necessari per il conseguimento del
diploma di istruzione secondaria o il diploma di istruzione degli adulti. Questi programmi si rivolgono in modo particolare ai gruppi svantaggiati. Il sistema di istruzione degli adulti prevede corsi di alfabetiz167
zazione e il conseguimento del diploma di istruzione secondaria. Il
sistema spagnolo prevede anche un diploma equivalente: diploma di
istruzione degli adulti.
La Svezia è un Paese caratterizzato da un’importante tradizione di
formazione continua a finanziamento pubblico. Sempre più l’accento
viene posto sulla necessità di aprire il sistema di IFP anche agli adulti. Il Paese sta incrementando i fondi pubblici destinati alla formazione professionale degli adulti per contrastare gli effetti della crisi.
L’Education Act ha esteso il diritto dell’istruzione a tutti gli adulti. Gli
strumenti utilizzati sono costituiti dal sistema comunale di istruzione
degli adulti e il sistema di istruzione degli adulti con disturbi dell’apprendimento. Il sistema di istruzione degli adulti è ben sviluppato e
consente a coloro che non hanno completato l’istruzione obbligatoria
o secondaria superiore di integrare la propria istruzione dopo i 19
anni. La formazione professionale si rivolge in particolare ai disoccupati e ai soggetti deboli in cerca di occupazione, privi delle necessarie competenze per un inserimento lavorativo. I programmi di istruzione hanno principalmente finalità professionalizzanti, pur proponendo
anche moduli introduttivi teorici, a necessario complemento della preparazione.
5. i sistemi di istruzione generale nei Paesi partner contribuiscono ad
aumentare i casi di disagio sociale (scarso rendimento, insufficiente
qualità dei corsi, esclusione, ecc.). Questo è particolarmente evidente per quanto riguarda il fenomeno della dispersione scolastica. In
buona parte, questo fenomeno trae origine dai meccanismi interni di
funzionamento dei sistemi educativi, se troppo orientati a privilegiare gli studenti migliori trascurando gli allievi più vulnerabili;
6. in genere, i ricercatori hanno rilevato una scarsità di informazioni in
merito alla presenza delle persone svantaggiate, in particolare i disabili, nei sistemi di istruzione e formazione (Svezia, Italia e anche in
tutti gli altri Paesi). Le informazioni necessarie non erano completamente disponibili, e spesso risultavano frammentate tra vari istituti e
ricercatori in diversi ambiti. Solo nel Regno Unito la quantità di
informazioni sui disabili risulta adeguata.
168
Grazie alle interviste ai principali testimoni nell’ambito della formazione
professionale, occupazione e integrazione sociale dei principali gruppi
svantaggiati, è stato possibile raccogliere dati significativi utili per i gruppi
di ricerca. I rapporti nazionali basati sulle evidenze sono stati realizzati nel
corso di questa interessante fase della ricerca.
Gli investimenti nelle attività di istruzione e formazione professionale rivolte ai gruppi svantaggiati sono realizzati soprattutto grazie al contributo
dell’FSE. Tuttavia, anche in caso di disponibilità di fondi, le attività di istruzione e formazione professionale non vengono implementate in maniera
omogenea e adeguata. Alcune categorie di lavoratori sono state particolarmente colpite dalla crisi; tra di loro sono compresi immigrati, giovani che
hanno abbandonato precocemente gli studi e lavoratori anziani. In alcuni
Paesi (Italia), l’FSE è stato utilizzato per l’attuazione di iniziative di aggiornamento professionale rivolte a soggetti che avevano perso il posto di lavoro, in cambio della concessione di un sostegno al reddito. D’altro canto, la
riduzione dei finanziamenti ha comportato un ridimensionamento dei contributi destinati alle persone disabili, una categoria pesantemente colpita dai
tagli al budget.
È probabile che la cultura formativa orientata al mercato tipica del Regno
Unito andrà a incidere sulle decisioni in merito ai destinatari della formazione nei Paesi dell’UE. È probabile che sarà la categoria dei lavoratori,
maggiormente favorita dalla formazione in termini di aumento della produttività (con conseguenti benefici per l’azienda), a diventare la principale
destinataria della formazione, data la volontà delle aziende di massimizzare il ritorno sull’investimento nella formazione. Avendo perseguito un
modello economico relativamente “non interventistico” ispirato agli USA, i
precedenti governi e l’attuale governo inglese (ma anche altri governi UE
come ad esempio l’Italia) di rado hanno dimostrato un’attiva propensione a
intervenire direttamente sull’economia. Un importante cambiamento di
rotta si registra a livello degli investimenti sulla sicurezza sociale e la formazione dei soggetti svantaggiati. Oggi l’agenda politica globale sta
rischiando di diventare più flessibile e aperta a livello locale, soprattutto per
quanto riguarda l’erogazione dell’istruzione e della formazione professionale. Fenomeni come una maggior libertà per gli enti di formazione e un
minore intervento da parte degli organi politici nazionali e locali sull’effettiva offerta e sulle attività formative potrebbero determinare tagli alla qualità e quantità di offerta formativa. Infine, in Paesi come la Svezia esiste
ancora una linea politica molto diversa. In questo Paese la formazione per i
disoccupati e per le altre categorie escluse dal mercato del lavoro è total169
mente a carico delle finanze pubbliche, nell’ambito dei programmi e delle
politiche del lavoro.
La crisi ha colpito violentemente i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi e i lavoratori scarsamente qualificati, determinando un forte
bisogno di formarsi professionalmente e riqualificarsi. Questo risulta particolarmente evidente in Spagna, Italia e Slovacchia. La crisi ha aggravato le
condizioni delle principali fasce deboli della popolazione. Sarebbe opportuno esaminare i dati in merito alla severità dei controlli per l’applicazione
della legge sulle quote d’obbligo d’assunzione e sugli accessi ai servizi assistenziali da parte dei soggetti che hanno maggiormente risentito dell’impatto della crisi economica. Secondo diversi testimoni chiave, si è registrato un
peggioramento delle prospettive degli immigrati. A causa della crisi che li
ha particolarmente colpiti, molti stanno tornando nei loro Paesi di origine. I
lavoratori anziani hanno maggiori difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro. Infine, la crisi ha inasprito la competizione tra gruppi svantaggiati nel
mercato del lavoro e altre categorie (in particolare le donne) per quanto
riguarda l’accesso ai servizi sociali e alle risorse.
In genere, sono pochi gli esempi di istituti formalmente incaricati di gestire
la formazione professionale per le persone svantaggiate e in particolare per
gli adulti. Questa situazione, soprattutto in un’epoca di crisi economica contrassegnata da pesanti livelli di disoccupazione, ha determinato un irrigidimento da parte delle imprese, disposte ad assumere solo lavoratori già qualificati e professionalmente competenti. I lavoratori scarsamente qualificati,
i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, come anche i disabili e gli anziani hanno più difficoltà ad accedere alla formazione professionale, o per impedimenti di tipo individuale o perché il settore privato ha
scarso interesse a investire nella loro formazione. Solo un solido quadro
legislativo che favorisca la partecipazione delle imprese alla formazione
professionale, tramite una strutturazione del sistema di istruzione e formazione, può invertire questa tendenza. Ad oggi questa opportunità non sembra essere molto diffusa: l’incertezza delle aziende circa la loro posizione
sul mercato e il persistere degli effetti negativi della crisi economica sulle
finanze pubbliche spiegano il motivo per cui i gruppi di lavoro hanno
riscontrano in tutti i Paesi segnali di declino e degrado di una situazione già
di per sé molto fragile.
L’analisi delle prassi di formazione professionale rivolta alle persone svantaggiate ha permesso di raccogliere alcuni interessanti esempi di programmi. Tendenzialmente si tratta di programmi strettamente professionalizzanti, a fianco di altri programmi finalizzati all’apprendimento della lingua par170
lata nel Paese ospitante per i migranti, o per l’acquisizione di competenze
non direttamente legate a profili professionali per le persone disabili, e infine azioni di sostegno, consulenza e orientamento per persone in situazione
di grave disagio sociale.
La compilazione del catalogo delle buone prassi ha costituito l’occasione
per incontrare agenzie formative, ONG e istituzioni attive nell’ambito delle
politiche per i gruppi svantaggiati. Ha inoltre permesso di costruire una
nuova base conoscitiva sulla quale il gruppo di lavoro ha testato il modello
di valutazione.
In sintesi, gli esempi di buone prassi possono essere suddivisi in due macrocategorie: la prima categoria comprende le pratiche formative strettamente
connesse ai servizi pubblici per l’impiego. La finalità principale di queste
prassi è di promuovere il più rapidamente possibile l’inserimento lavorativo dei partecipanti in posizioni vacanti compatibili con le competenze
acquisite durante i corsi. Tali prassi sono rivolte alle persone scarsamente
qualificate, ai lavoratori anziani e agli immigrati, molto meno ai disabili e
ai giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Il secondo gruppo di prassi riguarda invece lo sviluppo di competenze più generali o di
competenze meno legate a uno specifico e definito profilo professionale, già
rivolte ai partecipanti.
Tra le prassi educative per gli immigrati, sono state inserite le iniziative per
l’apprendimento della lingua del Paese ospitante, spesso integrate da attività orientative o consulenziali. Tra le prassi rivolte alle minoranze, vi sono
alcuni validi esempi di formazione per la popolazione Rom, ritenuta carente in vari Paesi dell’Europa dell’est dal punto di vista dell’istruzione di base
e della cultura generale. Gli esempi di buone prassi per gli ultracinquantenni sono numericamente ridotti e spesso confusi con attività non professionalizzanti rivolte a tutta la cittadinanza in generale. Apparentemente solo il
gruppo dei lavoratori anziani è scarsamente coinvolto in attività formative
calibrate sulle loro esigenze, forse per la loro grande eterogenità in termini
di esperienze professionali pregresse.
171
Appendice al capitolo 6.
Raccolta di prassi sulla formazione professionale
Le seguenti tabelle riportano le dimensioni qualitative e i titoli delle esperienze
svolte inserite nella raccolta di buone prassi.
Tabella 58. Numero di prassi formative rivolte ai gruppi svantaggiati in
ciascun Paese partecipante alla ricerca
Immigrati/
Minoranze
Disabili
Lavoratori
anziani
Italia
3
3
2
Portogallo
4
2
Polonia
Romania
Slovacchia
Spagna
Svezia
Regno Unito
Totale
172
5
2
4
3
3
4
28
3
2
2
1
2
2
3
1
2
1
19
9
2
Giovani
Persone
che hanno
scarsamente
abbandonato
qualificate
precocemente
gli studi
2
1
2
2
2
2
1
14
3
10
10
1
10
2
10
16
86
2
2
3
14
11
2
1
2
Totale
10
11
173
5. POLONIA
4 .POLONIA
3. ITALIA
Formazione
professionale per i
giovani nei
riformatori o nei
carceri minorili
Accesso al lavoro
dei Rom
Sartoria Romanì
Corso di lingua
italiana
Corso sulla
cittadinanza per
immigrati
1. ITALIA
2. ITALIA
Immigrati/
Minoranze
PAESE
Junior – Programma
per la diffusione di
notizie di ambito
professionale per
disabili diplomati
Orientamento
professionale
inclusivo per
l’attivazione dei
lavoratori anziani
Progetto di sostegno
per persone con
disabilità fisiche e
mentali
Accessibile.
Trova te stesso nel
Autonomia, famiglia, mercato del lavoro
riabilitazione,
istruzione, lavoro.
Un sistema integrato
Progetto INPSPromozione di una
ASPHI per lavoratori vita lavorativa attiva
svantaggiati
per gli over 45 in
Friuli-Venezia Giulia
Lavoratori
anziani
Corsi di formazione ANCORA – Operai
per giovani disabili
comuni addetti alle
comunità Capodarco pulizie e alla
manutenzione degli
ambienti
Disabili
Formazione
professionale per i
giovani nei
riformatori o nelle
carceri minorili
Trova te stesso nel
mercato del lavoro
Scuola “I care”
Progetto maestri di
strada
Formazione
professionale per i
giovani nei
riformatori o nelle
carceri minorili
Trova te stesso nel
mercato del lavoro
Corsi di formazione
per giovani disabili
comunità Capodarco
Giovani che hanno
Persone
abbandonato
scarsamente
precocemente gli studi qualificate
Tabella 59. Titoli delle prassi formative rivolte ai gruppi svantaggiati, per tipo di svantaggio e Paese
174
11. PORTOGALLO
10. PORTOGALLO
9 .PORTOGALLO
8 .POLONIA
7 .POLONIA
6 .POLONIA
PAESE
Tabella 59 (segue)
Cruz Vermelha
Portuguesa (CVP) –
Delegação da
Amadora
Centro de
Reabilitação
Profissional da
Crinabel
Formazione sulle
abilità professionali,
sociali e fisiche delle
persone con disabilità
Disabili
AMUCIP –
Quinta Essência
Associação para o
Desenvolvimento das
Mulheres Ciganas
Portuguesas
ACIDI
“Kxetanes – Insieme
– Iniziativa di
promozione della
imprenditoria Rom”
“Awazymyz”
Pubblicazione per
la minoranza caraimi
in Polonia
MuliQulti. Punto
informativo
specializzato per
stranieri e Varsavia
Immigrati/
Minoranze
Lavoratori
anziani
Associação
Humanidades –
Percursos à medida
Plano Integrado de
Projecto “Ser Mais”
Educação e
(“Essere di più”)
Formação Educação-Formação
- Projecto Romi
Escola da Floresta
Giovani che hanno
Persone
abbandonato
scarsamente
precocemente gli studi qualificate
175
16. SLOVACCHIA
15. ROMANIA
14. ROMANIA
13. ROMANIA
12. PORTOGALLO
PAESE
Tabella 59 (segue)
L’istruzione per
combattere
l’esclusione sociale
e la disoccupazione
a Zlaté Klasy
Programma di
istruzione per i
Csángó ungheresi
Step by step
(“Passo dopo
passo”)
Valenza educativa e
formativa della
Caritas di Setúbal
Immigrati/
Minoranze
POINT – Corso di
informatica per non
udenti
Inserimento
sociolavorativo per
persone con gravi
disabilità mentali
Centro di
informazioni,
consulenza e
intermediazione
professionale per
persone disabili
Disabili
Nonni e nipoti al PC
Promozione
dell’agricoltura
biologica in
Transilvania, contee
di Cluj e Bihor
Lavoratori
anziani
Borse di studio per
combattere la
dispersione
scolastica dovuta al
disagio sociale
Formazione e
istruzione
Sostegno a giovani
in situazioni di
disagio sociale e
familiare
Pratica per diplomati
Pari opportunità di
inserimento lavoro
per persone
provenienti da istituti
psichiatrici
Modernizzazione
della segheria di
Lunca Ilvei, contea
di Bistrita-Nasaud,
Romania
Incontro tra forza
lavoro e richieste del
mercato nei territori
dell’Oltenia sudoccidentale e
nordoccidentale
Giovani che hanno
Persone
abbandonato
scarsamente
precocemente gli studi qualificate
176
23. SVEZIA
22. SPAGNA
21. SPAGNA
20. SPAGNA
19. SLOVACCHIA
18. SLOVACCHIA
17. SLOVACCHIA
PAESE
Tabella 59 (segue)
Insteget
Programma Unità
locali
ACCEDER:
Programma
operativo
multiregionale contro
la discriminazione
II Programma
andaluso per
l’integrazione degli
immigrati
La tua regione
Spi‰.
Partecipazione delle
ONG all’economia
sociale
Il cavallo intelligente
Lighthouse - Stiamo
imparando a
lavorare
Immigrati/
Minoranze
JobbNu
Programma
d’intervento
sperimentale
Progetto per
l’occupabilità delle
persone disabili in
Andalusia
Teatro del passaggio
(Teatro di comunità)
SIZAR
Disabili
Hemtjänst på
hemspråk
Merit.nu
Jämlikt och jämställt
skogsbruk
Corsi di formazione
al lavoro
Programma di
alternanza nelle
scuole professionali
e commerciali
Giovani che hanno
Persone
abbandonato
scarsamente
precocemente gli studi qualificate
Programma per le
Programma per il
persone disoccupate miglioramento
over 45
dell’occupabilità dei
giovani andalusi
Programma di
laboratori per
l’occupazione
Lavoratori
anziani
177
29. REGNO UNITO
28. REGNO UNITO
27. REGNO UNITO
26. REGNO UNITO
25. SVEZIA
24. SVEZIA
PAESE
Tabella 59 (segue)
The Matchmaker.
Istruzione e
formazione di nomadi
e zingari adulti
Open Doors Scuola
internazionale di
lingue
Gloucestershire
Works
Organizzazione
anglo-polacca di
Tiverton
Yrkesutbildning
för romer
Samisk mathållning
(Gastronomia sami)
Immigrati/
Minoranze
Lavoro protetto
tramite Pluss
Getting A Life
KomAn
Disabili
Lavoratori
anziani
LYSA-projektet
Fifteen Cornwall
TUC Unionlearn
Cornwall (ente di
formazione di
ispirazione sindacale)
Community and
Trade Union
Learning Centre
Breakthrough
AGELESS @
Transformation Trust WORK
Navigatorcentrum i
Östersund
Giovani che hanno
Persone
abbandonato
scarsamente
precocemente gli studi qualificate
CAPITOLO 7.
Riepilogo e osservazioni conclusive
La ricerca ha permesso di testare strumenti e metodologie per l’analisi della
formazione professionale indirizzata ai principali gruppi svantaggiati nel
mercato del lavoro, mettendo a confronto le situazioni di otto Paesi e prendendo in esame il punto di vista di entrambe le categorie, corsisti e imprese. Le due indagini condotte hanno consentito di evidenziare le metodologie e le ricadute delle iniziative di formazione professionale rivolte ai principali gruppi svantaggiati. L’analisi presentata in questa pubblicazione
aveva come obiettivo l’individuazione di ricadute positive e negative per
corsisti e imprese, come primo passo per valutare l’efficacia e l’efficienza
dei programmi.
Diverse problematiche hanno interessato la creazione del campione di beneficiari e di imprese, nonché la conduzione delle interviste. I ricercatori hanno
affrontato e superato tali problematiche in maniera coerente, tenendo conto
delle particolarità di ogni singola nazione coinvolta. L’ostacolo che ha maggiormente condizionato il lavoro di ricerca è legato alla normativa nazionale sulla tutela dei dati personali, che restringe la circolazione delle conoscenze e delle informazioni inerenti alle persone disabili e i soggetti appartenenti a minoranze etniche o linguistiche. In secondo luogo, è stato necessario
ridefinire più volte i questionari usati per le interviste, successivamente
testarli in vari ambienti e tradurli in otto lingue, tenendo conto delle molteplici diversità culturali.
I campioni di persone appartenenti ai principali gruppi a rischio di esclusione sociale sono stati estratti da un numero limitato di elenchi di partecipanti
a corsi di formazione professionale. La scelta dei corsi, delle iniziative e dei
programmi ha soddisfatto i criteri di rappresentatività nazionale significativa
in termini di qualità. I dati non potevano essere utilizzati per ricostruire la
popolazione dei corsisti, ma solo per rappresentare i partecipanti ai programmi selezionati.
179
I campioni di imprese sono stati selezionati in maniera casuale dagli elenchi
forniti dalle Camere di commercio o da enti simili, e successivamente utilizzati per ricostruire la situazione della popolazione delle imprese, così da rappresentare in maniera significativa ogni Paese e le rispettive regioni interessate.
La valutazione dei dati raccolti in merito ai beneficiari delle attività formative presenta alcuni limiti importanti. Innanzitutto, le persone intervistate non
possono essere assunte come rappresentative dei gruppi ai quali esse appartengono, avendo già partecipato ad attività di formazione professionale. La
letteratura e le statistiche individuano come principale problema per i gruppi svantaggiati la loro difficoltà a essere coinvolti nelle attività formative.
Non è possibile respingere l’ipotesi secondo cui gli intervistati abbiano caratteristiche personali diverse dalla media della popolazione cui appartengono,
e che proprio il possesso di queste caratteristiche abbia consentito loro di
partecipare a iniziative formative. Certamente il coinvolgimento dei soggetti svantaggiati potrebbe essere dipeso dalla qualità del corso frequentato, ma
i due fattori sono tra loro indissolubili, a seconda delle modalità con cui sono
stati estratti i campioni e realizzate le interviste.
In secondo luogo, la grande maggioranza delle persone intervistate è stata
raggiunta telefonicamente, escludendo in tal modo i corsisti non in possesso
di telefono. È probabile che questo abbia determinato l’esclusione di persone appartenenti alle fasce più deboli e isolate tra i gruppi svantaggiati che
hanno partecipato alla formazione.
Infine, le condizioni degli intervistati in termini di situazione economica
sono mutate tra il periodo di inizio del corso di formazione professionale, e
il periodo di fine corso. Questa situazione è dipesa dalla decisione di inserire nella rilevazione più edizioni dello stesso corso, al fine di stilare un elenco di partecipanti sufficientemente numeroso. I beneficiari si sono inseriti nel
mercato del lavoro al termine del corso, non solo in aree territoriali diverse
ma anche in periodi diversi, rapportandosi quindi con situazioni economiche
più o meno favorevoli a seconda dell’epoca in cui si è svolto il corso.
Le interviste sono state condotte tra l’estate 2011 e l’inizio del 2012, in un
periodo in cui la crisi economica aveva già colpito quasi tutti i Paesi interessati, pertanto è possibile che i rispettivi mercati del lavoro presentassero un
generale andamento negativo. Potrebbero però esistere mercati del lavoro in
condizioni divergenti rispetto all’andamento generale. Analogamente, se da
un lato gli indicatori di performance delle imprese intervistate sono senza
dubbio influenzati da questo andamento negativo, dall’altro i singoli territori e settori economici potrebbero mostrare una situazione molto positiva.
180
L’indagine condotta sulle imprese era finalizzata a raccogliere evidenze sulle
iniziative aziendali per la formazione dei lavoratori, in particolare di quelli
appartenenti a uno o più gruppi a rischio di esclusione dal mercato del lavoro. Le cinque ipotesi formulate all’inizio della ricerca sono state tutte confermate, con approfondimenti e specifiche potenzialmente molto interessanti
per i policy-makers.
La prima ipotesi sosteneva che le imprese che investono nella formazione
continua per il proprio personale, compresi i lavoratori appartenenti ai gruppi a rischio di esclusione sociale, sono le aziende più grandi, quelle più dinamiche, quelle proiettate internazionalmente o interessate a nuovi investimenti, nuovi prodotti e servizi, e quelle che hanno esigenza di aumentare il personale. In realtà, il numero di piccole e medie imprese che organizzano formazione continua rivolta anche ai lavoratori svantaggiati, non è affatto trascurabile. Inoltre, benché le imprese appartenenti al macrosettore dei servizi
siano quelle più rappresentate tra le imprese che fanno formazione, anche le
imprese manifatturiere e di costruzioni (soprattutto medio-grandi) sono coinvolte in maniera significativa nella formazione continua per le persone svantaggiate. Questa situazione è riscontrabile in tutti i Paesi esaminati.
L’indagine non ha consentito di misurare le eventuali pratiche discriminatorie nei confronti del personale in situazione di disagio in relazione ai programmi di formazione continua. Nondimeno, il 20% delle imprese intervistate tra quelle che fanno formazione non coinvolge nelle attività formative
il personale appartenente ai gruppi svantaggiati, malgrado la presenza quasi
universale di lavoratori appartenenti ad almeno uno dei gruppi svantaggiati
considerati. La situazione è più critica nell’Europa dell’est e meno critica al
sud, mentre si verifica l’esatto opposto nei Paesi dell’Europa settentrionale.
È impossibile trovare conferme o smentite all’ipotesi secondo cui le imprese preferiscono esplicitamente offrire formazione ad alcuni gruppi svantaggiati, adottando invece pratiche discriminatorie nei confronti di persone
appartenenti ad altri gruppi svantaggiati. In effetti, come anticipato in precedenza, la normativa sulla tutela dei dati personali ha impedito la rilevazione
del numero di immigrati e disabili occupati presso le imprese intervistate e
del numero di eventuali persone escluse dalle attività di formazione professionale. Tuttavia si è riscontrato che la percentuale delle imprese che hanno
coinvolto i gruppi svantaggiati nei programmi formativi è piuttosto alta per
quanto riguarda i lavoratori scarsamente qualificati, immigrati, minoranze e
lavoratori anziani; diminuisce rapidamente per quanto riguarda i giovani che
hanno abbandonato precocemente gli studi, raggiungendo il livello minimo
con i disabili.
181
In secondo luogo, si è ipotizzato che le imprese che hanno fatto formazione
per tutti i dipendenti, coinvolgendo quindi anche i soggetti svantaggiati a
rischio di esclusione sociale, abbiano organizzato esclusivamente corsi generici e non mirati, non tenendo conto delle speciali esigenze degli addetti più
svantaggiati. Infatti, la percentuale di imprese che offrono formazione continua mirata sui bisogni dei gruppi svantaggiati è di poco inferiore al 20%
delle imprese che fanno formazione. Questo valore varia in maniera significativa a seconda del gruppo svantaggiato considerato. Infatti, le probabilità
di partecipare ad attività formative mirate aumentano per i lavoratori anziani, per i lavoratori scarsamente qualificati e per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi. Pochissime tra le imprese che coinvolgono
lavoratori disabili, immigrati e minoranze organizzano programmi ad hoc
per queste categorie.
Inoltre, la percentuale più alta di imprese che fanno formazione mirata per i
gruppi svantaggiati si riscontra tra le imprese di grandi dimensioni operanti
nel macrosettore dei servizi, seguite dalle aziende manifatturiere di medie
dimensioni. Le imprese del settore manifatturiero sono rappresentate equamente sia tra le imprese che organizzano formazione generale sia tra quelle
che organizzano formazione specifica mirata sulle esigenze dei gruppi svantaggiati. Le probabilità di organizzare formazione specifica diminuiscono
notevolmente quando si tratta di imprese di costruzioni. Infine, si riscontrano ulteriori differenze tra i vari Paesi: la media delle imprese che offrono
anche formazione mirata nei Paesi dell’Europa dell’est è meno della metà
della media delle imprese in Europa meridionale e settentrionale.
È stato ipotizzato che le imprese che investono in programmi di formazione
professionale, includendo i lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati, si
concentrino su determinate tipologie di formazione, ad esempio quelle obbligatorie per legge o richieste dagli enti pubblici.
In effetti, gli argomenti più importanti per la formazione continua riguardano la sicurezza e la tutela dei lavoratori per oltre l’82% delle imprese nell’ambito della formazione non mirata. Tra le imprese che organizzano attività di formazione continua per i gruppi svantaggiati, questa quota aumenta
leggermente, raggiungendo l’85%. A conferma di questi risultati, oltre la
metà delle imprese dichiara di essere consapevole di aver scelto gli argomenti dei corsi per adempiere un mero obbligo normativo.
Oltre a quest’ultima osservazione, un’ulteriore differenza tra formazione
generica e formazione mirata riguarda l’aspetto dei contenuti. Lo studio delle
lingue straniere, la gestione delle risorse umane, l’utilizzo dei macchinari e
delle tecniche di produzione, temi come informatica, comunicazione, marke182
ting e pubblicità compaiono più frequentemente nella formazione mirata che
non nella formazione generale. La scelta di questo particolare insieme di
materie, nel caso di corsi rivolti ai gruppi svantaggiati, potrebbe dipendere
dalle specifiche funzioni ricoperte in azienda da questi lavoratori.
È stato ipotizzato che le imprese che investono in programmi di formazione
professionale rivolti anche ai lavoratori appartenenti ai gruppi svantaggiati,
usufruiscono di finanziamenti pubblici a copertura, totale o parziale, delle
attività formative. In effetti i finanziamenti pubblici sono disponibili per quasi
la metà delle imprese che offrono formazione mirata per i soggetti svantaggiati e solo per un terzo delle imprese che offrono formazione generica.
Benché le imprese che offrono formazione mirata per uno o più gruppi svantaggiati abbiano maggiori possibilità di ottenere finanziamenti pubblici, sono
molto poche le imprese che dichiarano di ricevere finanziamenti pubblici
specifici per promuovere interventi di formazione mirata per persone svantaggiate.
È interessante notare la presenza di un numero consistente di imprese che
finanzia la formazione con risorse proprie. La situazione varia da un Paese
all’altro, e dall’analisi effettuata si sono delineati tre diversi scenari. In
Romania, Slovacchia e Polonia, solo una piccola minoranza di imprese ha
ricevuto sovvenzioni pubbliche. Dall’altra parte, in Spagna e Portogallo la
grande maggioranza delle imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. In
Italia e nel Regno Unito, meno della metà delle imprese ha finanziato le attività di formazione professionale utilizzando risorse proprie, e solo una minoranza significativa delle imprese ha ricevuto sovvenzioni pubbliche. In
Svezia, la grande maggioranza delle imprese finanzia la formazione continua
con risorse proprie.
Oltre i due terzi delle imprese che fanno formazione riconoscono di aver tratto risultati molto positivi dalla formazione professionale indirizzata ai propri
dipendenti. In genere, le imprese hanno riscontrato lo stesso miglioramento
per tutti i dipendenti, compresi quelli in situazione di disagio.
Le imprese con esperienza diretta di sviluppo di corsi mirati per uno o più
gruppi di lavoratori svantaggiati sono più propense a esprimere un parere
positivo sui risultati, sull’attuazione dei corsi e sulle sovvenzioni pubbliche.
Tuttavia, hanno anche maggiori probabilità di riconoscere che la formazione
mirata comporta costi più alti, ma non eccessive difficoltà dovute a impedimenti burocratici. Molte imprese ritengono che i corsi di formazione mirati
siano difficili da trovare e poco diffusi nel proprio settore di riferimento. Gli
enti specializzati nell’erogazione di formazione continua intervengono a for183
nire assistenza, anche se si tratta di una prassi meno comune per la formazione mirata rispetto alla formazione continua generale.
La formazione continua dei lavoratori determina vantaggi diretti per le
imprese, riassumibili in un aumento della produttività e in una maggior accuratezza e qualità del lavoro svolto sul breve e medio periodo. In sintesi, i
risultati della ricerca sottolineano e confermano l’intenzione (talvolta circoscritta) delle imprese di investire anche risorse proprie nella formazione dei
gruppi svantaggiati, sia per soddisfare gli obblighi normativi sulla sicurezza,
sia per ottenere ricadute positive per lo meno analoghe a quelle dei lavoratori non appartenenti ai gruppi svantaggiati.
Spostando la prospettiva e assumendo il punto di vista dei lavoratori, emergono altre problematiche e soprattutto altre finalità di cui tenere conto. L’oggetto
della ricerca era costituito dalla formazione continua, tralasciando il sistema
di formazione iniziale e soprattutto il sistema di istruzione e formazione professionale collegata all’obbligo scolastico. Sul lato dei lavoratori, i disoccupati e le persone che si affacciano sul mercato del lavoro per la prima volta
entrano in gioco accanto agli occupati. Relativamente ai gruppi svantaggiati,
assume particolare importanza la grande varietà di situazioni riconducibili
all’inattività e alla mancata partecipazione al mercato del lavoro.
L’analisi del dataset contenente le informazioni raccolte durante le interviste
ai beneficiari affronta la questione degli esiti sul mercato del lavoro, ovvero
la probabilità di trovare lavoro dopo il corso, oppure di essere disoccupati ma
in cerca di lavoro, superando quindi una situazione di inattività rispetto al
mercato. La soddisfazione dei partecipanti rispetto al loro attuale impiego è
stata esaminata in termini di rapporti con colleghi e superiori, orario lavorativo, conservazione del posto di lavoro, prospettive di carriere e aspetti economici.
L’analisi è stata dedicata anche ad approfondire la qualità della formazione
professionale erogata a persone in situazione di disagio. Tra i vari indicatori
di qualità della formazione professionale erogata, sono compresi il tipo e la
durata del corso frequentato, nonché la valutazione dell’efficacia della formazione ricevuta da parte dei corsisti con riferimento a una serie di aspetti:
acquisizione di nuove competenze, contatti utili per trovare lavoro, sviluppo
di ambizioni personali, allargamento delle relazioni sociali.
Le informazioni sui risultati occupazionali sono da collegare alle variabili
indipendenti costituite dalle caratteristiche personali (sesso, età, tipo di svantaggio, titolo di studio), mentre la qualità della formazione professionale erogata viene considerata variabile strumentale in grado di produrre tali risultati, mitigati non solo dalle variabili indipendenti ma anche dalle specifiche
184
condizioni del mercato del lavoro nel periodo in cui è iniziato e successivamente terminato il corso.
Un altro fattore altrettanto importante è rappresentato dalle motivazioni personali a seguire un corso di formazione professionale, utili per spiegare il
comportamento individuale e in quanto indicative della situazione personale
complessiva, prima e dopo la partecipazione al corso. In particolare, la decisione di partecipare a un corso di formazione per interesse personale anziché
su suggerimento dell’agenzia per l’impiego, del datore di lavoro, di amici o
familiari o perché era prevista l’assegnazione di un’indennità, si lega alla
presenza di caratteristiche personali migliori, giustificando in parte la probabilità di trovare un lavoro dignitoso dopo il periodo di formazione.
In genere, il rapporto di probabilità è in linea con le nostre aspettative. In particolare, a prescindere dal tipo di svantaggio, sembrerebbe che il fatto di
essere donna anziché uomo riduca la probabilità di inserimento lavorativo
dopo la formazione. Analogamente, le persone con un livello di istruzione
secondaria superiore potrebbero avere maggiori probabilità di inserimento
lavorativo dopo la formazione rispetto alle persone con livelli di istruzione
più elevati, indipendentemente dal tipo di svantaggio. Al contrario, le probabilità di inserimento lavorativo sono connesse positivamente con l’età: i
lavoratori anziani hanno maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo
la formazione rispetto ai lavoratori più giovani. In merito al tipo di svantaggio, i lavoratori svantaggiati a causa di caratteristiche occupazionali (lavoratori scarsamente qualificati e giovani che hanno abbandonato precocemente
gli studi) mostrano maggiori probabilità di inserimento lavorativo dopo la
formazione rispetto al gruppo di lavoratori con svantaggio di tipo ascrittivo.
La ricerca ha omesso di tenere conto fino in fondo dell’impatto delle condizioni locali del mercato del lavoro sulle possibilità di un inserimento lavorativo dignitoso, e di poter tenere presenti le condizioni economiche, tecnologiche, organizzative e della congiuntura. Nondimeno, nell’Europa orientale
e meridionale le probabilità di inserimento lavorativo dopo la formazione
sono inferiori rispetto al nord.
L’efficacia della formazione per l’inserimento lavorativo deve essere confrontata con la qualità del lavoro ottenuto. Ai fini della presente ricerca, il
tipo di contratto lavorativo ottenuto dopo la formazione è stato ritenuto un
indicatore per misurare la qualità in maniera oggettiva, mentre l’opinione
dell’intervistato sul lavoro ottenuto vale come indicatore qualitativo.
Tuttavia, è bene ricordare che la ricerca ha omesso di misurare le diverse
forme di lavoro protetto considerate esterne al mercato, estremamente
importanti soprattutto per i disabili.
185
Le donne mostrano minori probabilità di ottenere un posto fisso a tempo
pieno, e di essere pienamente soddisfatte del lato economico del proprio
lavoro. Al contrario, i lavoratori nella classe di età 25-34 anni mostrano maggiori probabilità di ottenere un contratto a tempo indeterminato full-time e di
essere molto soddisfatti rispetto ai lavoratori più giovani (classe di età 15-19
anni). Lo stesso vale per i lavoratori appartenenti al gruppo “altro”, rispetto
a persone con svantaggi di tipo ascrittivo; e vale anche per i lavoratori con
un livello di istruzione secondaria superiore, rispetto ai lavoratori con un
grado di istruzione più elevato, indipendentemente dal tipo di svantaggio.
Relativamente al campione nel suo insieme e in riferimento al tipo di contratto, conformemente alle aspettative i soggetti che lavorano nell’azienda di
famiglia e quelli con un contratto stabile a tempo pieno mostrano maggiori
probabilità di essere molto soddisfatti, rispetto ai lavoratori con altri tipi di
contratto o senza alcun contratto. Inoltre, contrariamente alle aspettative,
sembra che le persone svantaggiate residenti in Europa meridionale abbiano
maggiori probabilità di essere molto soddisfatte per gli aspetti economici del
lavoro rispetto ai lavoratori nell’Europa settentrionale.
L’analisi dei dati raccolti suggerisce che i lavoratori con svantaggi occupazionali hanno minori probabilità di essere molto soddisfatti per l’acquisizione di nuove competenze, rispetto ai lavoratori che hanno seguito un corso su
suggerimento altrui, perché era prevista un’indennità di frequenza o perché
inattivi rispetto ad altri motivi. Inoltre, tale probabilità è minore anche per i
lavoratori residenti in Europa meridionale (rispetto a quelli residenti in
Europa settentrionale), mentre è più elevata per i lavoratori residenti in
Europa dell’est. Tali risultati sono collegabili alla qualità delle metodologie
formative adottate nei corsi per favorire l’incremento di competenze dei partecipanti. Esistono programmi formativi atti a migliorare le competenze dei
corsisti, che però risultano più efficaci nel promuovere l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Sembra che le persone scarsamente qualificate e i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, che per definizione
avrebbero necessità di accrescere le proprie competenze, non riconoscano
tale effetto al corso di formazione frequentato. Implicitamente, questo sembrerebbe indicare la scarsa qualità della formazione erogata e un insufficiente adattamento ai bisogni dei partecipanti.
Un secondo indicatore di qualità della formazione frequentata dai partecipanti potrebbe essere il grado di soddisfazione per quanto riguarda la creazione di reti. I corsisti con un livello di istruzione primaria o secondaria inferiore (rispetto ai soggetti con un grado di istruzione post-secondaria o universitaria) e coloro che vivono in Europa dell’est (rispetto agli abitanti
186
dell’Europa del nord) hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatti dell’efficacia della formazione per quanto concerne il miglioramento dei
contatti utili ai fini di un inserimento lavorativo. Dall’altro lato, i lavoratori
con svantaggio occupazionale (rispetto ai soggetti con svantaggio di tipo
ascrittivo) mostrano minori probabilità di essere molto soddisfatti sotto questo punto di vista. Anche questo indicatore pone il problema della qualità
della formazione delle persone scarsamente qualificate e dei giovani che
hanno abbandonato precocemente gli studi. Dall’altra parte, si conferma una
percezione complessivamente elevata della qualità delle attività formative
frequentate dagli intervistati in Europa orientale.
Rispetto alla probabilità di essere soddisfatti del corso frequentato per la
creazione di nuove relazioni sociali, la ricerca ha suggerito che le donne con
un livello di istruzione primaria, secondaria inferiore e secondaria superiore
hanno maggiori probabilità di essere molto soddisfatte rispetto ai soggetti
con un grado di istruzione più elevato. Al contrario, si riscontrano minori
probabilità di essere molto soddisfatti del corso frequentato per la creazione
di nuove relazioni sociali tra i lavoratori con svantaggi occupazionali (rispetto ai soggetti con svantaggi di tipo ascrittivo). Le differenze territoriali hanno
un peso rilevante: le persone che vivono nel sud dell’Europa sono molto soddisfatte sul versante della socializzazione, mentre coloro che vivono in
Europa orientale hanno minori probabilità di confermare queste condizioni.
In definitiva, le ricadute della formazione sull’occupabilità sembrano più
positive per alcuni gruppi di soggetti svantaggiati piuttosto che per altri. In
particolare, rilevato sono stati rilevati cambiamenti davvero positivi per i disabili, così come per i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi
e per i soggetti scarsamente qualificati. Invece sembrerebbe che la formazione abbia avuto ricadute positive ma di minore portata per immigrati, minoranze e lavoratori anziani. A livello generale, per tutti i gruppi si è registrato
un calo generale del tasso di disoccupazione. Le diminuzioni più evidenti
riguardano i giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, le persone scarsamente qualificate e i disabili.
La condizione occupazionale al momento dell’intervista (ovvero 6-12 mesi
dal termine dell’attività formativa) rappresenta l’unica informazione disponibile per valutare il perdurare sul medio periodo degli effetti della formazione ricevuta. Il tasso generale di occupati è salito meno nel lasso di tempo tra
la fine dell’attività formativa e il momento dell’intervista, mentre è diminuito per immigrati e minoranze. Il tasso di persone escluse dal mercato è leggermente diminuito, ma non per immigrati e minoranze. Le differenze tra i
gruppi diventano sempre più significative man mano che ci si allontana dalla
187
data di termine del corso. Abbandonando la prospettiva di un effetto a breve
termine, altri fattori tendono a sovrastare le ricadute della formazione, a fronte di una già debole crescita di competenze promossa dalla partecipazione al
corso.
Le ricadute di medio e lungo termine, che la partecipazione alle attività formative produce sulla situazione nel mercato del lavoro dei beneficiari della
formazione, devono essere analizzate separatamente per ciascun gruppo
svantaggiato. Se possibile, sarebbe importante considerare anche le caratteristiche personali dei soggetti interessati in termini di capacità, esperienze
lavorative, carichi familiari e ambiente socio-economico circostante.
L’attività di ricerca condotta, pur sforzandosi di raggiungere questo obiettivo, rappresenta solo il punto d’inizio di un percorso necessario per il reperimento di dati il più possibile completi e affidabili. Inoltre, sarebbe utile prendere in esame la qualità e i tratti distintivi delle attività di formazione professionale frequentate. I dati raccolti durante le interviste sono influenzati dalle
molteplici e più svariate condizioni del mercato del lavoro, governato da normative e pratiche operative specifiche di ogni Paese, e condizionati dal peso
più o meno grave della crisi che ha colpito i territori in maniera tutt’altro che
omogenea. Non è facile tenere conto di tutte queste specifiche, soprattutto
nei casi in cui le dimensioni regionali e locali potrebbero fornire un contributo molto interessante all’analisi.
Infine, si riportano qui alcune riflessioni in merito alle azioni di sostegno per
favorire la partecipazione delle persone svantaggiate alle attività formative.
Emergono profonde differenze tra i Paesi esaminati. Le maggiori problematiche, però, sembrano riguardare l’adozione di misure di supporto efficaci e
adeguate ai bisogni. In particolare, il 64% dei partecipanti intervistati è stato
esonerato dal pagamento della quota di partecipazione ai corsi; in genere
questa misura di supporto è stata ritenuta indispensabile, a prescindere dal
fatto che sia stata ricevuta o meno. Al contrario, altre forme di supporto non
solo sembrano scarseggiare, ma a quanto pare risultano mal distribuite. I giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi apprezzano di più l’assistenza infantile ma hanno meno probabilità di avere accesso a questo servizio, rispetto ad altri gruppi svantaggiati che apparentemente apprezzano
meno queste forme di assistenza. Raro è il sostegno finanziario per l’acquisto di libri e altri materiali. I lavoratori scarsamente qualificati e i lavoratori
anziani hanno più probabilità di ricevere questi aiuti, anche se apparentemente non ne vedono l’utilità. Dall’altra parte, immigrati e minoranze li
apprezzano ma hanno meno probabilità di poterne beneficiare.
188
CAPITOLO 8.
Documento sulle
raccomandazioni di policy
La ricerca è finalizzata ad analizzare due importanti aspetti dell’istruzione
e della formazione professionale legati alle persone svantaggiate.
In primo luogo, essa fornisce informazioni su una certa sottocategoria di
persone svantaggiate, ossia quelle che stanno già svolgendo un’attività formativa e che occupano varie tipologie di posizioni lavorative, in altre parole quelle che hanno già un impiego, che sono disoccupate e che stanno cercando il loro primo impiego. Tali dati sono rilevanti poiché questo gruppo
di persone, essendo impiegato attraverso vari tipi di interventi statali, si può
considerare in una posizione intermedia tra il settore della formazione e il
mercato del lavoro. A parità di condizioni, queste persone dovrebbero avere
bisogno di interventi meno significativi rispetto a quelle che per molti anni
non hanno partecipato ad attività formative o di lavoro e che possono aver
abbandonato completamente il mercato del lavoro vero e proprio.
In secondo luogo, attraverso indagini a livello aziendale, la ricerca mette
in luce la categoria di persone che si trovano in situazioni di svantaggio e
che sono già inserite nel mondo del lavoro. Si acquisiscono così informazioni preziose che non solo rendono possibile analizzare il ruolo svolto
dalle aziende oggi, ma anche quello che potrebbero avere in futuro.
Infatti, sebbene sia un dato preso in esame raramente, la formazione presso le aziende delle persone in condizioni svantaggiate costituisce un’importante sottocategoria nel campo della formazione delle persone svantaggiate in genere.
Inoltre, è necessario sottolineare che nonostante non vi sia alcuna connessione in termini di modalità di raccolta tra le informazioni relative a queste
due componenti, insieme, esse rappresentano due diverse prospettive di uno
stesso argomento più ampio, ossia come provvedere in maniera efficace ai
bisogni relativi alla formazione e all’inclusione lavorativa delle persone in
una condizione di svantaggio.
189
Lo scopo di questa sezione è utilizzare i risultati dello studio per sviluppare linee-guida e raccomandazioni sulle politiche. Per prima cosa, verranno
presentate le linee-guida per le politiche basate sui risultati relativi alle persone svantaggiate in genere per poter così fornire una visione complessiva
dell’attività formativa a cui esse partecipano. Successivamente, lo sguardo
sarà rivolto alle aziende e al ruolo che svolgono. Entrambe le categorie di
risultati permetteranno infine di elaborare importanti proposte per sviluppare l’offerta formativa futura.
Possibilità di sviluppo di servizi di formazione con una
componente legata all’ambito professionale
La maggior parte delle attività formative svolte dalle categorie di persone
svantaggiate coinvolte in questa indagine include un certo tipo di esperienze lavorative o di apprendimento sul posto di lavoro. Si tratta principalmente di una forma mista che include anche la formazione in aula, con solo una
persona su dieci che svolge attività di formazione professionale esclusivamente sul posto di lavoro e basata su esperienze pratiche. Alla luce dei tanto
decantati vantaggi che si attribuiscono oggi all’apprendimento sul lavoro, è
quindi un dato positivo scoprire che l’apprendimento orientato al luogo di
lavoro è una caratteristica abbastanza comune della formazione per persone
in condizioni svantaggiate.
Nonostante quanto appena indicato, ben il 42% del campione ha partecipato ad attività formative svoltesi esclusivamente in aula. Mancano comunque
dei parametri di riferimento per giudicare se questa percentuale sia elevata
o meno rispetto ai dati sulla formazione professionale del resto della popolazione. Inoltre, è necessario tenere conto della frequente rilevanza attribuita alla formazione in aula per alcune categorie di persone in condizione di
svantaggio, in quanto questa permette loro di acquisire delle solide abilità
di base prima di essere “esposte” alle aziende reali e a potenziali datori di
lavoro. Nonostante ciò, è innegabile che le attività formative nell’ambiente
lavorativo potrebbero essere rese disponibili in modo più ampio.
Un tale aumento è ovviamente legato al reperimento di aziende che siano
disponibili e in grado di partecipare. Nei Paesi europei non solo è difficile
trovare aziende disponibili allo svolgimento di apprendistato, ma vi è una
maggiore probabilità che queste considerino le persone svantaggiate più
inclini ad abbandonare tali attività o che ritengano che la loro formazione
possa richiedere sforzi e risorse maggiori. Trovare datori di lavoro disposti
a formare persone in condizioni di svantaggio è dunque più difficile che tro190
varli per apprendistati normali. Questo dato potrebbe anche spiegare il perché della diffusione non omogenea della disponibilità delle opportunità di
apprendimento sul posto di lavoro all’interno dei diversi gruppi di persone
in condizione di svantaggio, inclusi nel campione. Ne consegue che i disabili, gli immigrati e le persone appartenenti a minoranze etniche abbiano
maggiori probabilità di ricevere una formazione in aula rispetto agli altri
gruppi.
Raccomandazione sulle politiche 1:
La possibilità di svolgere attività di apprendimento e di inserimento
professionale nell’ambiente lavorativo dovrebbe essere incrementata
specialmente per le persone con disabilità, gli immigrati e le persone
che appartengono a minoranze etniche.
Necessità di sviluppare elementi di formazione professionale al di
là della componente di apprendimento
Non c’è dubbio sul fatto che il valore di ogni sessione di formazione professionale non risiede solo in ciò che si apprende concretamente, ma anche
in altri aspetti come per esempio la socializzazione e la creazione di contatti. Questo dato è confermato dalla maggiore importanza durante la ricerca
di un impiego che i partecipanti attribuiscono ai contatti stabiliti durante tali
attività, a discapito dell’effettiva pertinenza e attinenza tra tale formazione
e il lavoro. Inoltre, vi sono sempre maggiori prove a sostegno dell’importanza di queste componenti non direttamente legate alla formazione.
Trovare un impiego non dipende solo dall’avere le capacità più adatte per il
lavoro giusto, ma anche dall’essere in grado di trovare effettivamente lavoro disponibile. Questo a sua volta dipende dal “capitale sociale”, ossia dall’aver stabilito contatti sociali solidi per avere supporto durante la formazione e la ricerca di lavoro, e per trovare opportunità lavorative in situazioni in
cui “il passaparola” rimane un importante canale di comunicazione del mercato del lavoro.
Al contrario, l’indagine svolta sulle persone svantaggiate mostra che, sebbene l’apprendimento sia stato giudicato da adeguato a buono, gli aspetti
legati ai contatti e alla socializzazione per la ricerca di lavoro hanno ottenuto giudizi tendenzialmente meno positivi. In particolare, i livelli di socializzazione di solito hanno ottenuto risultati nettamente migliori rispetto ai con-
191
tatti professionali. Ciò indica che in molti programmi di formazione professionale vi sia ampio spazio per migliorare queste componenti, specialmente quelle che riguardano i contatti professionali.
Infine, all’interno dei gruppi di persone svantaggiate sono state rilevate
delle differenze, ma queste sono difficilmente interpretabili. Non è ancora
chiaro se ciò sia dovuto alle differenze nei programmi di formazione e/o alle
diverse “situazioni di partenza” dei gruppi svantaggiati. Queste potrebbero
tuttavia rispecchiare in un certo qual modo i diversi modi in cui i gruppi
sono svantaggiati nell’istruzione, nella formazione e sul mercato del lavoro. Coloro che hanno abbandonato gli studi prematuramente, gli immigrati
e gli appartenenti a minoranze etniche hanno espresso tendenzialmente più
soddisfazione per i livelli di socializzazione e dei contatti professionali raggiunti durante i loro programmi di formazione. Possiamo perciò facilmente
presumere che una delle difficoltà che questi gruppi si trovano spesso a
fronteggiare sono i loro limitati contatti sociali, tendendo così a giudicare
molto favorevolmente qualsiasi genere di supporto in questo senso. Lo stesso vale per le persone disabili che, però, hanno mostrato meno soddisfazione per i loro livelli di socializzazione rispetto ai tre gruppi sopraccitati.
Risulta quindi evidente che si tratta di un campo d’indagine complesso: ciò
che è emerso sottolinea la necessità di svolgere ulteriori indagini e di analizzare più da vicino le dinamiche legate agli aspetti sociali e professionali
della formazione professionale in relazione ai bisogni dei vari gruppi di persone svantaggiate.
Raccomandazione sulle politiche 2:
È necessario prendere in considerazione le componenti della formazione professionale legate ad aspetti occupazionali e di ricerca del
lavoro che vanno oltre la semplice acquisizione di capacità per un
lavoro specifico. Le persone svantaggiate dovrebbero essere aiutate
e sviluppare il “capitale sociale”, necessario per instaurare contatti
professionali e per la socializzazione.
192
L’efficacia della formazione per l’inserimento lavorativo
Tra le percentuali di persone che entrano nel mondo del lavoro dopo un
periodo di formazione, vi sono differenze notevoli a seconda dei gruppi di
persone svantaggiate. Questo non vale solo per chi inizia a lavorare subito
dopo un periodo di formazione, ma interessa anche l’andamento lavorativo
diversi mesi dopo. Gruppi differenti mostrano, infatti, andamenti differenti
in queste due situazioni. È impossibile valutare quanto questo avanzamento nel lavoro sia da attribuire alla formazione professionale oppure alla
situazione del mercato del lavoro o ad altri fattori. Per certi versi, individuare questi elementi non ha comunque alcun valore: ciò che è davvero importante sembra, infatti, essere l’interazione tra loro, cosa che i risultati sembrano chiarire almeno in parte.
Non vi sono dubbi sul fatto che la formazione professionale esercita effetti
molto differenti a seconda dei gruppi di persone svantaggiate. In un certo
senso, tali differenze stanno probabilmente a rappresentare le diverse situazioni di questi gruppi, sia rispetto alla formazione che al mercato del lavoro. Per questo motivo è necessario analizzare il cambiamento nello status
occupazionale sia prima che dopo la fine del periodo di formazione, nonché
tra la fine del periodo di formazione e gli 8-12 mesi successivi.
Per quanto riguarda il cambiamento dello status occupazionale prima e al
termine del periodo di formazione, la formazione professionale risulta
meno efficace per coloro che hanno abbandonato prematuramente gli studi,
per gli immigrati e per le minoranze etniche, anche se le motivazioni alla
base sembrano essere differenti. Per coloro che hanno abbandonato gli
studi prematuramente ciò potrebbe essere dovuto a problemi di iniziale
inserimento nel mercato del lavoro, poiché risulta evidente che questo
gruppo ha iniziato a trovare impiego da 8 a 12 mesi dopo il periodo di formazione. Questo andamento è supportato dal fatto che tra coloro che hanno
abbandonato gli studi prematuramente e che hanno interrotto la formazione altrettanto presto, solo il 4% lo ha fatto per trovare lavoro (e il 23% sull’intero campione). In questo senso è interessante notare che coloro che
hanno abbandonato gli studi prematuramente tendono a dare molto peso
all’importanza di trovare un impiego attraverso i contatti instaurati durante il corso di formazione. Di conseguenza, è importante che le politiche che
riguardano coloro che hanno abbandonato gli studi prematuramente non
sia incentrata solo sullo sviluppo di capacità per un lavoro specifico, ma
che si focalizzi anche (a) sul mondo del lavoro in una prospettiva più
ampia, per aumentare il loro valore agli occhi dei datori di lavoro, e (b)
sullo sviluppo del loro capitale sociale.
193
Per le comunità di immigrati/minoranze etniche il ridotto impatto iniziale
della formazione professionale non è controbilanciato da miglioramenti
successivi. Al contrario, si registra perfino un leggero calo dell’occupazione. Questo dato evidenzia le particolari difficoltà attraversate dalle comunità di immigrati/minoranze etniche nel trovare un impiego. I contatti sociali
sono spesso limitati ai membri delle loro comunità, che offrono quindi
opportunità occupazionali limitate, mentre l’inserimento nella più ampia
comunità del lavoro rischia di essere ostacolato da pregiudizi e discriminazioni. Per questo motivo la sola formazione professionale potrebbe non
essere sufficiente per fornire supporto per l’inclusione lavorativa di queste
categorie svantaggiate. Di conseguenza, il fine di queste politiche è esaminare quali misure complementari siano necessarie, nello specifico relativamente al capitale sociale.
Per le persone disabili la formazione professionale sembra invece avere
un impatto iniziale relativamente forte. Come evidenziato nel diagramma
seguente, è interessante notare che questo gruppo è, tra tutti, proprio quello che considera il periodo di formazione maggiormente attinente e in
linea con il proprio lavoro. Tuttavia, negli 8-12 mesi successivi al periodo di formazione il tasso di occupazione risulta essere pari a quello alla
conclusione del periodo di formazione, indicando così che nel lungo terPertinenza della formazione con il posto di lavoro rispetto al cambio di
breve termine della condizione occupazionale
194
Pertinenza della formazione con il posto di lavoro rispetto al cambio di
medio termine della condizione occupazionale
mine questo non contribuisce al miglioramento della posizione delle persone disabili sul mercato del lavoro. Inoltre, il tasso di occupazione rimane tra i più bassi rispetto a tutti i gruppi di persone svantaggiate, confermando la presenza dei principali ostacoli sul mercato del lavoro. Queste
politiche dovrebbero quindi assicurare l’ideazione di misure per le persone disabili, che offrano loro un tipo di supporto che vada ben oltre la semplice formazione.
A differenza delle persone disabili, quelle meno qualificate mostrano il
cambiamento percentuale più elevato nello status occupazionale prima e
dopo il periodo di formazione, e nonostante ciò sono il gruppo più riluttante a riconoscere la pertinenza e l’attinenza della formazione al loro lavoro.
Tra gli 8 e i 12 mesi successivi al periodo di formazione, il miglioramento
che si registra nel tasso di occupazione è molto ridotto. Per questo motivo
la formazione professionale per le persone meno qualificate sembra piuttosto costituire un’alternativa alla disoccupazione fino a quando non viene
trovato un lavoro. A conferma della capacità di trovare un impiego, dimostrata da gran parte delle persone meno qualificate, vi è il fatto che una porzione relativamente elevata di queste ha interrotto il periodo di formazione
in anticipo per intraprendere un nuovo impiego (il 29% rispetto al 23% sul195
l’intero campione). In questo caso le politiche dovrebbero tuttavia tenere
conto della sostenibilità a lungo termine della formazione offerta ai lavoratori meno qualificati. Nonostante il (re)inserimento lavorativo rimanga una
priorità, nel lungo termine, per l’occupazione è importante aver sviluppato
ampie “capacità occupazionali”.
Lo status occupazionale dei lavoratori più anziani mostra un miglioramento moderato sia prima che dopo la fine del periodo di formazione, nonché
tra la fine del periodo di formazione e gli 8-12 mesi successivi. Anche il
tasso di pertinenza della formazione al proprio lavoro è moderato. Per questo gruppo i contatti stabiliti nel corso della formazione hanno poca rilevanza. Queste caratteristiche riflettono la varietà di questo gruppo che può
comprendere una vasta gamma di livelli di capacità e anche l’eventualità
che abbiano sviluppato capitale sociale e contatti durante la loro vita lavorativa. La capacità di trovare lavoro è indicata dal fatto che il 31% dei componenti di questo gruppo ha abbandonato la formazione anticipatamente
per un nuovo lavoro (nettamente al di sopra del 23% rispetto all’intero
campione). È perciò importante che le esperienze probabilmente diverse di
questo gruppo si riflettano anche in tutte le politiche rivolte ai lavoratori
più anziani.
Guardando a tutti i gruppi di persone svantaggiate nel loro insieme, ciò che
colpisce maggiormente è che per tutti, tranne che per quello dei disabili,
solo in pochissimi casi la formazione è stata considerata importante per
l’impiego ottenuto. Questo indica che vi sia poca sintonia tra formazione
professionale e impiego disponibile, rispecchiando così le condizioni economiche estremamente avverse che hanno caratterizzato il periodo di ricerca. Tuttavia, è anche un segnale della necessità di dare maggiore attenzione
al miglioramento della sintonia tra il campo della formazione e il mercato
del lavoro per quanto riguarda le persone svantaggiate.
Raccomandazione sulle politiche 3:
All’interno dell’Europa, il successo della formazione professionale nel
favorire l’ingresso delle persone svantaggiate nel mondo del lavoro
ha avuto un andamento disomogeneo e molto variabile a seconda
dei diversi gruppi di persone svantaggiate. Risulta quindi evidente la
necessità di maggiore sintonia tra formazione professionale e opportunità lavorative disponibili.
196
La necessità di sviluppare una formazione professionale che
abbia un impatto a lungo termine
In linea di massima qualsiasi vantaggio derivante dalla formazione professionale tende a manifestarsi alla fine del periodo di formazione piuttosto che
in seguito. Questo indica che volendo individuare quali influenze la formazione eserciti sull’impiego, si può affermare che queste tendono a essere di
breve durata, suggerendo di conseguenza che il periodo di formazione
potrebbe non essere abbastanza efficace nel fornire ai suoi partecipanti le
capacità necessarie per conseguire un impiego nel lungo periodo. Questo
dato confermerebbe altre ricerche che sostengono che la maggior parte della
formazione ideata per aiutare le persone a ottenere un impiego sia focalizzata sul breve periodo.
È significativo il fatto che una proporzione così ampia dei partecipanti
all’indagine non abbia ritenuto la formazione ricevuta rilevante ai fini dell’impiego ottenuto, in quanto sembra suggerire che persino una formazione
focalizzata sul breve periodo non sia di per sé efficace, ma che rappresenti
“un’operazione di trattenimento”, per tenere occupati finché non si ottiene
il lavoro. L’aspetto positivo di tali attività formative consiste invece nell’offrire evidenti possibilità di sviluppare contatti e di socializzare, opportunità
in grado di garantire benefici a più lungo termine, e che permettono di sviluppare competenze chiave. Questa ricerca non ha stabilito se la formazione incentra la sua attenzione su competenze legate a un lavoro specifico o
su competenze chiave. Tuttavia, altre ricerche indicano la necessità di maggiore sviluppo di tali competenze chiave da parte della formazione professionale.
Raccomandazione sulle politiche 4:
L’impatto nel breve termine che ha gran parte della formazione professionale sulle persone svantaggiate sembra discutibile. È perciò
compito di questa ricerca stabilire se la formazione si concentra troppo sulla priorità immediata di inserire le persone nel mondo lavorati-
vo piuttosto che provvedere a formare una serie di competenze per
aiutarle a mantenere un determinato impiego nel lungo termine.
197
Le persone svantaggiate nel lavoro: il ruolo delle aziende
La ricerca mette in luce il ruolo che rivestono le aziende nella formazione professionale per le persone svantaggiate. È significativo notare come le persone
svantaggiate che hanno un impiego tendono a partecipare a corsi di formazione a carattere generico piuttosto che a corsi che in qualche modo soddisfano le
loro necessità specifiche (attraverso contenuti specifici come per esempio corsi
di lingua per immigrati o metodi di insegnamento e ambienti di apprendimento specifici che potrebbero essere necessari per persone con disabilità fisiche).
L’81% delle aziende fornisce al suo staff una formazione generica per persone
svantaggiate, mentre solo il 19% fornisce formazione professionale specificatamente ideata per i bisogni dei gruppi svantaggiati. Questi dati, tuttavia, variano sostanzialmente da Paese a Paese: la percentuale di aziende che offre formazione specifica è pari al 4% in Romania, ma raggiunge il 48% in Portogallo.
Nonostante la formazione specifica sia fornita da una minoranza, l’attenzione deve essere posta su di essa per due motivi: (a) la formazione generica
non sarà assolutamente d’aiuto per avere informazioni sulla formazione
delle persone svantaggiate in particolare; (b) le aziende considerano più
efficace la formazione specifica. Di conseguenza, i dati forniti in questa
sezione si riferiscono alla formazione specifica, a meno che non venga indicato diversamente.
Le ragioni per aumentare la disponibilità di formazione specifica
Nonostante tale formazione specifica sia offerta solo da un numero limitato
di aziende, prendere in considerazione solo questi dati non è sufficiente per
ricavare informazioni sulla necessità di intraprendere delle misure per
aumentare la proporzione di aziende che offrono formazione specifica.
Dopo tutto non tutti i lavoratori che appartengono a gruppi svantaggiati
necessitano di programmi di formazione specifica. Tuttavia, le aziende che
offrono questo tipo di attività formativa tendono a credere nei suoi benefici, ritenendo in particolare che essa sia essenziale per permettere a coloro
che sono in situazioni di svantaggio di esprimere il meglio di sé. Le stesse
aziende tendono di conseguenza a ritenere che migliori attività di formazione specifica apporterebbero ulteriori benefici a favore dei gruppi svantaggiati. Inoltre, quanto più le aziende partecipano ad attività di formazione
specifica, tanto più tendono a esserne soddisfatte, a vederne la necessità e
ad avere il desiderio di intensificarle. Ciò è prova del fatto che queste attività hanno ottenuto un feedback positivo: le aziende che vengono coinvolte in attività di formazione specifica ne vedono i vantaggi.
198
Raccomandazione sulle politiche 5:
Solamente una su cinque tra le aziende che forniscono attività formative offre corsi specifici per le necessità delle persone svantaggiate,
ma nonostante ciò, quelle che lo fanno, sono convinte della loro effi-
cacia. Le politiche dovrebbero cercare di rendere le attività di formazione specifica più ampiamente disponibili e di diffondere questo
feedback positivo tra un maggior numero di aziende.
Dove concentrare gli sforzi?
Dalla ricerca emerge conferma del fatto che le attività formative vengono
offerte da aziende di grandi dimensioni, dinamiche e che appartengono al
settore dei servizi, nonostante non sia da trascurare il numero di piccole e
medie imprese e di aziende del settore manifatturiero ed edilizio che offrono attività simili. Sarebbe facile allora suggerire che gli sforzi per espandere la disponibilità di attività formative specifiche dovrebbero concentrarsi
sui settori e sulle categorie di aziende che non le offrono ancora. Tuttavia,
anche se una promozione a tutti i livelli, specialmente se low cost, avrebbe
i suoi vantaggi, vi sono altri aspetti da non sottovalutare. I risultati evidenziano in particolare quanto segue.
Per prima cosa, visti i costi elevati che comportano le attività formative specifiche, non è un caso che queste siano più diffuse nelle medie e grandi
aziende. Tali aziende hanno sicuramente a disposizione dei budget tendenzialmente più elevati da investire nelle risorse umane, nonché attività e strategie di responsabilità sociale d’impresa ben sviluppate. Operando individualmente, le piccole imprese non sono invece in grado di superare simili
ostacoli. Per questo motivo, è importante che si arrivi a trovare dei meccanismi che permettano alle piccole imprese di lavorare congiuntamente per
ripartire i costi molto elevati che comporta questa tipologia di formazione.
In secondo luogo, i risultati emersi dall’indagine sottolineano l’importanza per
molte aziende del ruolo svolto dalla rete di agenzie formative nello sviluppo
di queste attività. Un quarto di tutte le aziende che offrono periodi di formazione, infatti, si è avvalso di suggerimenti da parte di agenzie o clienti. Questi
legami hanno un’importante valenza in quanto fungono da canali di diffusione per promuovere le attività di formazione per le persone svantaggiate.
199
In terzo luogo, solamente un quinto delle aziende che offrono attività di
formazione generica sente la necessità di organizzare attività formative
più specifiche. Questo indica l’esistenza di un certo grado di visioni
opposte nelle prospettive e negli atteggiamenti nei confronti della formazione specifica tra i “convertiti”, e cioè chi è stato già testimone del
valore della formazione specifica, e la gran parte delle aziende che
offrono attività formative, che invece non lo riconosce. La maggior
parte delle aziende sembra essere abbastanza soddisfatta già solo per il
fatto che le persone che provengono da una situazione di svantaggio
siano incluse nelle attività di formazione generica. Nonostante gli sforzi di promozione di attività generiche producano più risposte favorevoli, sarebbe preferibile adottare un approccio differenziato che concentri
l’attenzione e le risorse nel fornire supporto alle aziende che sono coinvolte nell’offerta formativa seppur non ancora specifica, ma che ne riconoscono i vantaggi.
Raccomandazione sulle politiche 6:
Si dovrebbe sviluppare un approccio differenziato per incrementare il
coinvolgimento delle aziende nella formazione delle persone svantaggiate, che permetta alle piccole imprese di lavorare insieme per
ripartire i costi, si avvalga delle reti di agenzie formative per diffonde-
re le buone prassi e abbia come target le aziende che non offrono
ancora formazione specifica, ma che ne riconoscono i vantaggi.
Alcuni contenuti formativi sembrano prestarsi meglio di altri ad
essere svolti in maniera mirata
In riferimento ai contenuti delle attività di formazione specifica, è evidente che su un piano generale questi siano simili a quelli offerti dalle attività
di formazione generica, i cui temi più diffusi sono la salute e la sicurezza
sul luogo di lavoro, seguiti dall’utilizzo di macchinari, tecniche di produzione e gestione, e infine qualità e innovazione. Alcuni temi sono tuttavia
più diffusi nella formazione specifica23, come per esempio: IT, comunica23 Sulla base della differenza in punti percentuali con la formazione generica.
200
zione, marketing, vendite e pubblicità, gestione delle risorse umane, amministrazione, contabilità e finanza.
La ragione alla base di queste differenze non è chiara: esse potrebbero
rispecchiare l’importanza che le imprese appartenenti al settore dei servizi
hanno nella formazione specifica, ma anche le differenze intrinseche nella
facilità con cui alcuni temi si prestano più facilmente ad essere trattati in
maniera mirata. Per esempio, la formazione specifica nell’utilizzo dei macchinari potrebbe costituire una sfida più impegnativa rispetto alla formazione specifica nell’amministrazione per alcuni gruppi di persone svantaggiate.
Ciò rende necessarie ulteriori analisi per stabilire se per alcuni contenuti sia
necessario fornire un supporto maggiore, al fine di assicurarsi che i gruppi di
persone svantaggiate non vengano dalla stessa attività di formazione.
Raccomandazione sulle politiche 7:
I policy-makers dovrebbero indagare il motivo per cui alcuni temi
sono più comuni di altri nella formazione specifica al fine di assicura-
re che le persone svantaggiate non vengano inavvertitamente discriminate.
Il ruolo delle aziende dovrebbe essere esposto in maniera migliore
nelle politiche per la formazione di persone svantaggiate?
È indubbio che le aziende rappresentano una fonte importante di domanda
per la formazione in generale, e che creano mercati per questo settore.
Tuttavia, la formazione specificatamente rivolta alle persone svantaggiate
mostra una situazione differente e non regge alle regole di mercato: è ragionevole presumere che le motivazioni che spingono i datori di lavoro a offrire formazione specifica sono differenti da quelle di solito associate all’offerta di formazione, cioè sia il rispetto dell’equità sociale e la responsabilità sociale d’impresa, sia la produttività e i profitti. Ne consegue che per le
persone svantaggiate non esiste un mercato come quello del settore privato
per una formazione professionale continua, e ciò rende essenziale il coinvolgimento del settore pubblico.
A supporto di quanto affermato, la ricerca fornisce testimonianze che evidenziano una spinta esterna significativa sulle aziende affinché forniscano
attività formative. Anche se la forza motrice delle attività formative in quasi
201
tutte le aziende consiste chiaramente nel soddisfare le necessità di queste e
dei loro dipendenti, più dell’80% di quelle che offrono formazione, lo fanno
su temi quali la sicurezza e l’igiene, e più del 50% stanno agendo in linea
con la nuova legislazione. Inoltre, il 44% delle aziende offre attività formative con il supporto di un’agenzia di formazione e il 37% riceve finanziamenti da parte del settore pubblico. Tali dati non solo variano notevolmente a seconda dei Paesi europei, ma indicano anche che la disponibilità di
finanziamenti pubblici esercita una certa influenza sull’incidenza della formazione. Molte aziende in Portogallo e Spagna, Paesi in cui la proporzione
di imprese che offrono attività formative è la più elevata all’interno del
campione utilizzato dai ricercatori, utilizzano finanziamenti pubblici. In
Romania e Polonia invece solo una minoranza ristretta di aziende utilizza i
finanziamenti pubblici, con una conseguente minore diffusione della formazione professionale, specialmente di quella specifica.
Per questo motivo è chiaro che i requisiti obbligatori stabiliti dal governo,
i finanziamenti pubblici e l’influenza delle agenzie di formazione rappresentano tutte leve importanti nelle decisioni aziendali in materia di formazione per dipendenti in una situazione di svantaggio. Tuttavia è legittimo
obiettare che il ruolo dei datori di lavoro nei confronti dei gruppi di persone svantaggiate non sia trattato in maniera completa da queste politiche.
Tra le altre cose, queste politiche spesso affrontano questioni particolari
come la disabilità. È però necessario un riconoscimento più ampio del
ruolo rivestito dalle aziende? Per quale ragione la percentuale di finanziamento pubblico specificatamente destinata alla formazione specifica nelle
aziende è così bassa? Potrebbero essere utilizzate altre misure, come per
esempio agevolazioni fiscali e incentivi legati al programma della responsabilità sociale d’impresa?
Raccomandazione sulle politiche 8:
I policy-makers devono prendere in considerazione il ruolo che posso-
no avere le aziende nella formazione di persone svantaggiate in gene-
rale, piuttosto che in relazione a questioni particolari. Oltre che esercitare pressione sulle aziende in genere affinché formino i loro dipenden-
ti, dovrebbe essere considerato anche lo sviluppo di una più ampia
serie di incentivi, per assicurare un equilibrio tra “carota e bastone”.
202
Un’importante minoranza di aziende con spirito di iniziativa
potrebbe assumere un ruolo-giuda
Le testimonianze emergenti attestano allo stesso tempo anche l’esistenza di
un nucleo di aziende impegnate a offrire periodi di formazione specificatamente rivolti alle persone svantaggiate, e molto attive nell’attuazione di tali
attività. Inoltre, le aziende che offrono attività formative specifiche mostrano una maggiore tendenza a utilizzare finanziamenti pubblici rispetto a
quelle che offrono attività formative generiche. Tuttavia, è un dato di fatto
che la formazione specifica offerta non è supportata da finanziamenti pubblici specificatamente destinati a questo scopo. Meno dell’1% delle aziende che offrono attività formative affermano, infatti, di aver ricevuto contributi per la formazione specifica da enti pubblici. Inoltre, le aziende che
offrono attività formative specifiche tendono a farlo più per la superiorità
delle attività formative in sé che su suggerimento di un’agenzia di formazione, e infatti sembrano farlo nonostante gli ostacoli che si presentano loro
(ciò è testimoniato dalle limitate differenze relative ai costi e alla facilità di
accesso alle attività formative tra le aziende che forniscono formazione
generica e quelle che forniscono formazione specializzata). Tutti questi dati
suggeriscono l’esistenza di un gruppo di aziende che hanno un approccio
abbastanza attivo nei confronti delle persone svantaggiate, che non si adeguano passivamente alle richieste e ai requisiti governativi e che non si affidano in maniera eccessiva ai finanziamenti del settore pubblico. Tali aziende hanno tutto ciò che serve per rappresentare e sostenere il valore delle attività formative rivolte alle persone svantaggiate.
Raccomandazione sulle politiche 9:
Sembra provata l’esistenza di un gruppo di aziende attive in questo
campo. I policy-makers hanno il dovere di scoprire nuovi modi per
servirsi dell’entusiasmo di queste aziende come base per costruire
qualcosa, sviluppando il loro ruolo di rappresentanti e di sostenitrici
del valore della formazione per le persone svantaggiate.
203
È necessario un miglioramento nell’offerta di formazione
specifica
Visto l’importante ruolo del settore pubblico, che cosa si può dire in merito a
ciò che riguarda l’offerta vera e propria delle attività di formazione per le persone svantaggiate? Il dato evidente è che le aziende percepiscono l’esistenza
di una certa quantità di limitazioni nell’offerta di attività formative specifiche.
Quasi il 40% delle aziende con esperienza nella formazione specifica la ritiene troppo costosa, il 48% la ritiene inusuale nel settore, e il 42% difficile da
trovare. È significativo che queste percentuali siano molto più elevate di quelle delle risposte provenienti da aziende che offrivano una formazione generica; in altre parole, le aziende con esperienza concreta nella formazione specifica avevano maggiore tendenza a indicare l’esistenza di limitazioni.
La questione può essere analizzata anche dal punto di vista dello sviluppo.
Più del 35% delle aziende che hanno offerto formazione professionale specifica al loro personale non intendono offrire altre attività simili nel prossimo futuro per via dei costi connessi ad esse. Il 47% lo esclude invece a
causa degli ostacoli burocratici. Tali ostacoli sono veri e propri problemi in
tutti gli otto Paesi dell’Europa centrale e orientale e nel Mediterraneo analizzati nella ricerca.
Per questo motivo, agli occhi delle aziende sembra esserci un certo raggio
d’azione per migliorare l’offerta formativa specifica, in altre parole per renderla più ampiamente disponibile, più facile da trovare, meno costosa e con
meno cavilli amministrativi. Queste richieste non sono nuove, in quanto coincidono con quelle che tipicamente il settore privato fa nei confronti dei servizi pubblici. Tuttavia, non sembra esserci la possibilità di aumentare la quantità di finanziamenti pubblici destinati alla formazione specifica e ad accrescere l’influenza delle agenzie di formazione e di enti pubblici come per
esempio i servizi pubblici per l’impiego. I consigli di un’agenzia di formazione sono stati fondamentali nella decisione del 49% delle aziende che offrono
formazione generica, ma solo per il 43% di quelle che offrono formazione
specializzata. Questo dato sorprende le aspettative, vista la potenziale esperienza dei fornitori di formazione nell’elaborazione e nell’attuazione di attività formative specifiche per le aziende. In questa sede è necessario considerare anche i risultati dell’indagine sulle persone svantaggiate che hanno evidenziato l’importanza di creare reti sociali e contatti con i datori di lavoro come
parte integrante dei programmi di formazione. Hanno inoltre mostrato che
solo un terzo del campione complessivo ha deciso di partecipare alla formazione professionale su suggerimento di qualcun altro, o di un ente pubblico
come il servizio pubblico per l’impiego, o di chi si occupa di assistenza e pro204
tezione sociale. In altre parole, la maggior parte dei partecipanti non aveva
usufruito dei consigli e delle indicazioni di professionisti del settore.
Analizzati congiuntamente a ciò che è emerso dalle indagini sulle aziende,
questi risultati indicano un’opportunità per i fornitori di servizi di incrementare la loro funzione di intermediari all’interno del mercato del lavoro, permettendo loro di ricoprire una posizione di mediazione tra le persone svantaggiate e i potenziali datori di lavoro. Questo richiederebbe loro di ampliare il
proprio raggio d’azione, ben oltre la semplice formazione, per includere prospettive più ampie di armonia tra datori di lavoro e persone svantaggiate. Per
esempio, un’importante ruolo potrebbe essere quello di segnalare ai datori di
lavoro le persone che hanno difficoltà a ottenere colloqui di lavoro in quanto,
pur possedendo determinate capacità, non sono in grado di attestarle con un
certificato o una qualifica. Un ruolo simile potrebbe essere particolarmente
vantaggioso per gli immigrati, le minoranze etniche e le persone con disabilità che sembrano incontrare le difficoltà maggiori nella ricerca di un impiego.
Dal punto di vista dei datori di lavoro, il ruolo di intermediari nel mercato
del lavoro potrebbe essere particolarmente vantaggioso per le piccole e
medie imprese che non hanno le stesse risorse dei datori di lavoro più grandi per attuare le procedure di reclutamento, che ricercano attivamente persone in situazioni di svantaggio o che perlomeno permettono a persone con un
capitale sociale limitato di diventare consapevoli delle opportunità di lavoro.
Raccomandazione sulle politiche 10:
È necessario prendere in considerazione l’ipotesi di incrementare il
ruolo di intermediari del mercato di lavoro da parte delle agenzie di
formazione e dei servizi pubblici per l’impiego. Questo, in particolare,
si tradurrebbe nello sviluppo, da parte dei fornitori di formazione, di
una gamma più ampia di funzioni oltre alla semplice offerta di formazione. Essi dovrebbero agire da canale di comunicazione chiave tra
le persone svantaggiate e le aziende. I fornitori di formazione dovrebbero assumere un ruolo più attivo nell’offrire consulenza e guida alle
persone svantaggiate, sostenendo la loro necessità di competenze
più ampie. Essi dovrebbero anche occuparsi più da vicino dei bisogni
delle aziende per assicurarsi che la formazione che forniscono sia
effettivamente pertinente agli impieghi disponibili.
205
Le linee-guida delle politiche dovranno essere interpretate a
seconda dei diversi contesti di ogni Paese
Non è un caso che le limitazioni per le aziende non abbiano una distribuzione
uniforme. Ulteriori informazioni a riguardo sono fornite dalla frequenza di due
limitazioni in particolare: gli ostacoli burocratici e il poaching (ossia il rischio
che il personale abbandoni un’azienda al termine del periodo di formazione).
Questi due indicatori insieme definiscono molte differenze che si rilevano tra
i principali gruppi di Paesi nel campione analizzato nella ricerca. Come si può
vedere dal grafico sottostante, quattro Paesi in particolare, e cioè Portogallo,
Polonia, Romania e Slovacchia, sembrano presentare problemi rilevanti sia
rispetto alla burocrazia nel settore pubblico che al poaching in quello privato.
Se il poaching rappresenta un potenziale problema di ogni Paese, in alcuni di
essi questo problema è stato attenuato grazie a un forte consenso sociale sul
valore dell’attività formativa (per il bene collettivo) e attraverso un sistema di
formazione/qualificazione che assicura una forte connessione tra la formazione e l’occupazione. In tali Paesi (l’archetipo è probabilmente la Germania)
un’elevata proporzione di aziende è coinvolta nella formazione e ciò riduce il
rischio che si verifichi il poaching. Per quanto riguarda invece il problema
della burocrazia, molte aziende in Portogallo, Polonia e Romania sono quelle
che tra tutti i Paesi riportano con più frequenza i costi elevati delle attività formative e la loro difficile reperibilità. Inoltre, in Polonia, Romania e Slovacchia
il numero di aziende che ha accesso a finanziamenti pubblici è molto limitato.
Paesi a confronto in termini di vincoli burocratici e poaching
206
A differenza di questi Paesi, la Svezia e il Regno Unito evidenziano pochi
problemi legati agli aspetti burocratici. Tuttavia, le aziende inglesi registrano problemi significativi relativi al poaching, problema che in genere si rileva dove i meccanismi di dialogo sociale sono deboli. In Italia e Spagna le
aziende identificano come problema principale la burocrazia, ma molte
aziende ammettono di ricevere finanziamenti pubblici.
Da tutto ciò ne consegue che, sia dal punto di vista della domanda che dell’offerta di capacità e attività formative, le linee-guida generali per le politiche dovrebbero essere interpretate a seconda delle condizioni specifiche di
ogni singolo Paese.
Raccomandazione sulle politiche 11:
Gli Stati membri dell’Unione europea si trovano ad affrontare diversi
problemi che riguardano l’unione di domanda e offerta di attività forma-
tiva per le persone svantaggiate. Le sfide sono particolarmente impegnative nei Paesi in cui le aziende stesse percepiscono l’esistenza di
problemi legati sia alla complessità burocratica che alla mancanza di
cooperazione all’interno della loro stessa comunità d’affari. Affrontare
questi problemi strutturali dovrebbe costituire una parte importante
dello sviluppo di qualsiasi politica in questo campo, dal momento che
la persistenza di tali ostacoli continuerà a rappresentare un freno
costante al successo degli sforzi a cui sono tese altre politiche.
Appendice 1 al capitolo 8. Risultati emersi
dai questionari raccolti presso gli interlocutori
Indagine presso gli interlocutori sulle raccomandazioni politiche
Il proposito di questa pubblicazione è di descrivere i risultati dell’indagine condotta tramite la somministrazione di un questionario predisposto dai ricercatori,
per raccogliere suggerimenti e riscontri sulle raccomandazioni politiche.
L’elenco sintetico di raccomandazioni riportato qui di seguito fissa le azioni rivolte direttamente alle persone e le misure specifiche per le imprese.
207
Raccomandazioni politiche indirizzate alle persone
1. Le esperienze di formazione iniziale e continua in azienda (IFPI e IFPC)
sono cruciali per le persone svantaggiate come per tutte le altre persone. Attualmente alcuni gruppi, in particolare i disabili, gli immigrati e le
persone provenienti da gruppi etnici risentono in modo particolare della
mancanza di queste opportunità. Per questo motivo, sarebbe opportuno
incrementare gli investimenti e la partecipazione delle imprese, degli enti
di IFP e dei servizi per l’impiego (formazione in azienda).
2. Per le persone svantaggiate è fondamentale sviluppare un proprio “capitale sociale”: il miglioramento delle reti di contatti e delle abilità sociali
costituisce un obiettivo primario di tutte le attività di IFP (capitale sociale).
3. È necessario migliorare la corrispondenza tra i contenuti delle attività di
IFPI e IFPC rivolte alle persone svantaggiate, e le opportunità presenti
nel mercato del lavoro (contenuti professionalmente più attinenti).
4. Le politiche dovrebbero aumentare la disponibilità di offerte formative per
le persone svantaggiate, in entrambi i sistemi di IFPI e IFPC (formazione
mirata).
5. Il sistema di IFPI (ma anche quello di IFPC) dovrebbe fornire alle persone un più ampio bagaglio di competenze, per consentire loro di restare
più a lungo nel mercato del lavoro (ampliamento delle competenze).
6. I politici dovrebbero tenere monitorati gli argomenti della formazione continua per le persone svantaggiate, al fine di evitare eventuali discriminazioni non intenzionali (zero discriminazioni, ecc.).
Politiche indirizzate alle imprese
Le politiche dovrebbero puntare ad aumentare l’offerta formativa rivolta alle persone svantaggiate (in entrambi i sistemi di IFPI e IFPC), tenendo presente che
le imprese si rendono più facilmente conto dei benefici della formazione mirata
solo dopo averla sperimentata. Le politiche a sostegno della formazione continua mirata per le persone svantaggiate dovrebbero:
1. esortare le piccole imprese a collaborare tra loro, in maniera tale da ripartire i costi delle attività di IFPC per le persone svantaggiate (ripartizione
dei costi);
2. utilizzare la catena di approvvigionamento per favorire la diffusione di
buone prassi (catena di approvvigionamento);
3. sostenere le imprese interessate non ancora attive sul versante della formazione mirata ma già consapevoli della sua utilità (imprese interessate).
208
Inoltre:
4. le politiche sembrano poco organiche e scarsamente coordinate in termini di azioni di stimolo alle imprese ad agire coerentemente a favore della
formazione delle persone svantaggiate (coordinamento politico);
5. i politici dovrebbero puntare sull’entusiasmo di alcuni gruppi di imprese
per promuovere la formazione continua per i gruppi svantaggiati di lavoratori, tramite la diffusione di buone prassi (diffusione di BP);
6. gli enti di formazione e i servizi pubblici per l’impiego dovrebbero diventare più attivi per quanto riguarda l’offerta di attività di consulenza, orientamento e sostegno, sia per favorire l’allargamento delle competenze dei
corsisti, sia per soddisfare le necessità delle imprese (enti di IFP e SPI);
7. le istituzioni dell’UE dovrebbero far fronte alle difficoltà delle imprese in
termini di complessità burocratiche e di scarsa cooperazione all’interno
della stessa comunità imprenditoriale (burocrazia).
I risultati dell’indagine
L’indagine è stata condotta tra l’ultima settimana di novembre e la prima settimana del dicembre 2012. I partecipanti sono stati selezionati fra gli interlocutori coinvolti durante i tre anni in cui è stata realizzata la ricerca. Sono state condotte 22 interviste e le risposte ricevute sono servite per perfezionare le raccomandazioni politiche.
Le raccomandazioni politiche sono riepilogate nella Tabella 60, raggruppate in
quattro categorie.
Le raccomandazioni politiche cui la maggior parte degli intervistati ha assegnato il punteggio massimo quanto a importanza, o comunque un punteggio più alto
sono: lo sviluppo del “capitale sociale”, delle competenze relazionali e sociali
come finalità indispensabili delle attività di IFP, le esperienze di apprendimento
in azienda come principale strategia didattica, la necessità di incrementare l’offerta di formazione ad hoc per le persone disabili, e l’importanza di tenere monitorate le materie dell’IFPC per le persone svantaggiate, al fine di evitare eventuali discriminazioni non intenzionali. Fra le politiche rivolte alle imprese, ne spiccano due in particolare: gli enti di formazione e i servizi per l’impiego dovrebbero puntare a rispondere meglio ai bisogni delle imprese; in secondo luogo, la
necessità di promuovere l’IFPC per i gruppi svantaggiati tramite la diffusione di
buone prassi.
Si tratta di raccomandazioni della massima importanza, ritenute da un numero
significativo di intervistati essere le più efficaci e più urgenti da adottare.
D’altronde queste proposte hanno ricevuto una valutazione mediamente positiva da parte della totalità degli intervistati, anche da coloro i quali non le hanno
ritenute altrettanto efficaci, urgenti e necessarie.
209
Un discreto numero di intervistati ha assegnato il punteggio più alto in termini di
importanza e urgenza all’obiettivo di adattare i contenuti delle attività di IFPC (e
IFPI) alle persone svantaggiate, al fine di favorire una migliore corrispondenza
con le opportunità lavorative disponibili per queste categorie di persone. La
media del campione di intervistati ha invece assegnato un punteggio inferiore
alla media, mostrando una certa perplessità al riguardo. Nella stessa posizione
vi sono altre due raccomandazioni politiche rivolte alle imprese: le politiche
dovrebbero cercare di esortare le piccole imprese a collaborare tra loro per
ripartire i costi dell’IFPC, e le istituzioni dell’UE dovrebbero far fronte alle difficoltà delle imprese in termini di complessità burocratiche e scarsa cooperazione
all’interno della stessa comunità imprenditoriale. Maggiori dettagli su questo
punto sono riportati più avanti.
Infine, quattro raccomandazioni sono considerate da alcuni intervistati meno
urgenti ed efficaci.
Le raccomandazioni politiche ritenute altrettanto importanti (punteggio superiore alla media) ma non così indispensabili o urgenti sono: in primo luogo, le politiche pubbliche dovrebbero essere più organiche e coordinate per poter aiutare
le imprese ad agire in maniera costante, e in secondo luogo, il sistema di IFP
dovrebbe tenere conto della necessità di ampliare le competenze delle persone,
per consentire loro di restare più a lungo nel mercato del lavoro.
Tabella 60. Punteggi medi e percentuale di risposte che assegnano una
valutazione eccellente a ciascuna raccomandazione politica: i quadranti
sono identificabili tramite le medie.
210
È opportuno approfondire queste risposte.
È evidente che l’adozione di politiche coerenti e coordinate, soprattutto se finalizzate a sostenere le imprese impegnate nella formazione professionale delle persone svantaggiate, è considerata importante ma non altrettanto prioritaria della
promozione e diffusione di buone prassi o della valorizzazione del ruolo e delle
capacità degli enti di IFP e SPI. L’acceso dibattito in corso sul tema della coerenza e del coordinamento delle politiche potrebbe aver influenzato queste risposte:
è più facile pensare che gli interventi di miglioramento della situazione siano già
disponibili, anziché rendersi conto della necessità di aggiungere ulteriori priorità.
Alcuni intervistati hanno espresso dei dubbi in merito al tema dell’ampliamento
delle competenze da parte della formazione continua e della formazione iniziale. In effetti, la domanda in merito a questo argomento ha ricevuto un certo
numero di riscontri negativi. I motivi più importanti addotti per giustificare un disaccordo su questo punto sono:
1. considerando le risorse disponibili, la sostenibilità di un siffatto sistema di
formazione continua non è credibile. Occorre un’analisi più approfondita
per comprendere le eventuali implicazioni a livello di singoli individui e di
organizzazioni;
2. le interazioni sociali sul posto di lavoro sono temi importanti da approfondire, ma ancora più urgente è la formazione mirata, capace di combinare le specificità delle persone svantaggiate con precisi profili professionali, assieme alle problematiche derivanti dall’adattamento al contesto lavorativo. Questo cambiamento può avvenire solo “facendosi carico” della
formazione delle persone svantaggiate (utilizzando per esempio strumenti di tutoraggio, mentoring e orientamento), all’interno e all’esterno
del contesto aziendale in maniera stratificata (aumento delle competenze, miglioramento delle relazioni con colleghi e superiori, miglioramento
delle infrastrutture di trasporto, carichi familiari, carriera e così via);
3. i corsi di formazione continua hanno una durata mediamente troppo
breve, idonea solo per promuovere un aggiornamento delle competenze;
4. la formazione professionale per le persone svantaggiate dovrebbe essere progettata esattamente come la formazione rivolta alle persone non
svantaggiate.
Le due raccomandazioni politiche che hanno raccolto i minori consensi da parte
degli intervistati sono: le politiche a supporto della formazione continua per i
gruppi svantaggiati dovrebbero far leva sulla catena di approvvigionamento per
la diffusione delle buone prassi; dovrebbero puntare alle imprese che ancora
non offrono formazione mirata ma che sono già consapevoli della sua utilità. Tali
reazioni potrebbero dipendere dall’innovatività delle proposte e dalla necessità
di articolarle e definirle meglio in termini pratici. Oppure potrebbero essere indicative di una minore importanza attribuita alle politiche per la diffusione della for211
mazione rivolta ai gruppi svantaggiati, dando la priorità alle imprese che offrono
attività di formazione continua ai propri dipendenti. In questo periodo di recessione economica, viene data priorità alle persone in cerca di lavoro anziché alle
persone già occupate. Per questo motivo, le politiche finalizzate a potenziare la
formazione professionale per favorire l’inserimento lavorativo delle persone
svantaggiate, dovrebbero concentrarsi maggiormente sulle persone disoccupate. In tempi di crisi, le persone svantaggiate si trovano spesso in condizione di
disoccupazione o inattività, e la loro situazione potrebbe aggravarsi a causa
della crisi. Finora le imprese sono rimaste al margine della formazione per i disoccupati, pertanto le politiche di incentivo alla formazione per il personale svantaggiato rischiano di essere poco efficaci per inserire le persone svantaggiate
nel mercato del lavoro.
Alla domanda sulle ripercussioni a lungo termine degli investimenti nella formazione professionale delle persone svantaggiate a causa della crisi, gli intervistati hanno risposto in maniera non uniforme. La maggioranza concorda sul fatto
che la crisi induce a sospendere le misure a sostegno dell’occupabilità delle persone svantaggiate, a favore delle persone non svantaggiate che hanno perso il
lavoro. Altri non vedono una connessione diretta tra crisi e riduzione degli investimenti per la formazione professionale dei gruppi svantaggiati. Anzi, essi ritengono che la crisi aumenterà gli interventi pubblici a favore delle fasce deboli,
sovraccaricando i servizi sociali e ingrossando il debito pubblico. Una minoranza ritiene che i tagli agli investimenti pubblici, ivi compresi quelli per la formazione mirata per i gruppi svantaggiati, a lungo andare provocheranno un aumento
della disoccupazione per queste categorie, una maggiore dipendenza nei confronti dei contributi pubblici e una più profonda sofferenza sociale.
Punti di vista diversi: ricercatori e politici
È interessante confrontare le differenze nelle risposte pervenute dai due gruppi
più numerosi di persone intervistate: i ricercatori e i politici. Il numero di datori di
lavoro e di enti di formazione è troppo ridotto per essere preso in considerazione a questo punto. Le risposte raccolte risultano abbastanza omogenee all’interno di ogni gruppo, ma alquanto diverse tra i due gruppi (Tabella 61).
Innanzitutto, è interessante notare come i ricercatori intervistati si siano dimostrati molto più critici dei politici, oltre che meno disposti ad assegnare punteggi
elevati alle proposte politiche. Si tratta di un risultato difficile da spiegare.
Potrebbe essere indicativo di una diversa e opinabile percezione della situazione e dei problemi da risolvere, evidenziando la necessità di una più efficace diffusione dei risultati della ricerca oppure di ulteriori studi e analisi.
I ricercatori intervistati hanno assegnato un punteggio più alto dei ricercatori solo
alla necessità di sviluppare il “capitale sociale”, in quanto le capacità di fare rete
e di socializzare sono ritenuti obiettivi fondamentali delle attività di formazione
212
Tabella 61. Punteggi medi per categoria di intervistati e tipo di
raccomandazione politica
Ricercatore
Politico
Punteggio
medio
Ampliamento delle competenze
7,0
8,2
7,5
Capitale sociale
8,3
7,7
8,3
Formazione mirata
7,1
8,2
7,3
Imprese mirate
5,2
7,7
6,0
Coordinamento politico
7,7
8,2
7,5
Diffusione BP
7,6
-9,0
7,7
Alleggerimento burocratico
7,4
6,7
7,2
Media
7,1
7,7
7,4
Politiche rivolte alle persone
Nessuna discriminazione di origine contenutistica
Contenuti adeguati ai profili richiesti dal mercato
Formazione sul luogo di lavoro
Politiche rivolte alle imprese
Diffusione nella catena di approvvigionamento
Ripartizione dei costi tra imprese
Enti di formazione e SPI
7,0
6,3
8,2
6,5
6,7
7,8
8,8
7,2
6,7
7,0
7,2
8,2
7,5
6,6
7,9
6,6
6,8
8,0
per le persone svantaggiate, poi in grado di promuovere queste esperienze nei
rispettivi posti di lavoro. Infine, contrariamente alle opinioni dei politici, i ricercatori ritengono che le politiche pubbliche siano indispensabili per alleggerire il
peso burocratico gravante sulle imprese che organizzano attività formative per
il personale svantaggiato. Secondo i politici, l’eccesso di burocrazia non rappresenta un’area di intervento prioritaria, probabilmente perché più di altri riconoscono e concordano sulla necessità di tenere sotto controllo le risorse pubbliche
frequentemente utilizzate dalle imprese che fanno formazione per le persone
svantaggiate. I ricercatori sembrerebbero condividere di più l’esigenza delle
imprese di puntare a ridurre il carico di rapporti e verifiche, allentando i vincoli
all’utilizzo di fondi pubblici.
213
Appendice 2 al capitolo 8.
Elenco di collaboratori che hanno contribuito alla stesura
del documento sulle raccomandazioni di policy
Paese
Nome
Italia
Giuseppe Fiorani
Italia
Sara Colombini
Italia
Patrizio Bianchi
Italia
Tiziana Bernardi
Regno Unito Lisa Vernon
Regno Unito Chrissie Upton
Regno Unito Kevin Poulton
Regno Unito Chris Evans
Polonia
Agnieszka Bartel
Svezia
Håkan Printz
Svezia
Pelle Persson
Svezia
Pelle Tjärnlund
Svezia
Kurt Johansson
Polonia
Svezia
Svezia
214
Marcin Jaêwiec
Karin Tjärnlund
Ente
Ricercatore – Università di Modena e Reggio
Emilia
Staff del Viceministro del Lavoro e delle Politiche
Sociali
Assessore Scuola, formazione professionale,
università e ricerca, lavoro della Regione EmiliaRomagna
Responsabile Lifelong Learning Center,
UniCredit
Consorzio Learning & Development del
Derbyshire
Coordinatore regionale,
ESF Works presso Tribal Group plc
Consulente presso l’Improvement Advisor
Service – ACL Consultant, Tribal Education
Responsabile rigenerazione economica
Consigli di Christchurch e East Dorset
Direttore dell’Osservatorio Marchmont,
Università di Exeter
Ricercatrice
Rettore dell’Università di Lodz
Responsabile del Navigatorcentrum di
Östersund
Presidente del Partito Sociale Democratico
Östersund
CEO di Nivå2, Östersund
Nivå2, Linköping, consulente Fondo sociale
ed esperta in questioni legate al mercato del
lavoro svedese
Preside, Lärcentrum Östersund
AnnSofie Andersson Sindaco del comune di Östersund
>>>
Paese
Nome
Svezia
Henrietta Steein
Svezia
Tone Morseth
Romania
Sorina Poledna
Romania
Remus Oltean
Romania
Horea Camarasan
Romania
Kovács Melinda
Romania
Ancuta Mercea
Romania
Ioana Hossu
Romania
Lorin Ghiman
Romania
Pattantyus Agnes
Spagna
Alexia Puch
Slovacchia
Robert Kiãina
Svezia
Spagna
Slovacchia
Pär-Robert Liljefjäll
Federico Pozo
Klaudius ·ilhár
Ente
Responsabile del progetto FSE Solaris e capo
del Dipartimento sociale del comune di Bräcke
Capo di dipartimento, Servizio pubblico per
l’impiego di Stoccolma
Direttore dell’impresa sociale Govido per
l’inserimento lavorativo di disabili mentali a
Östersund
Professore associato presso il Dipartimento di
Servizi sociali della Facoltà di Sociologia e
Servizi Sociali dell’Università di Babes-Bolyai,
Cluj
Sociologo presso l’Agenzia per l’impiego, contea
di Cluj
Camera di Commercio e dell’Industria, contea di
Cluj
Associazione per l’assistenza ai disabili –
Gondviselés-Pro Sorge
Associazione per l’assistenza ai disabili Santa
Maria
Sociologa ed esperta presso l’Institutul de
Formare Economica si Sociala (Istituto per le
riforme economiche e sociali), Cluj
Sociologo ed esperto presso l’Institutul de
Formare Economica si Sociala (Istituto per le
riforme economiche e sociali), Cluj
Responsabile del progetto “After School”,
Fondazione Diakonia
Esperta di istruzione degli adulti
Esperto di istruzione degli adulti
Alleanza imprenditoriale slovacca (PAS)
Presidente di AIVID (Associazione degli istituti di
istruzione degli adulti nella Repubblica Slovacca)
e Direttore del Programme Centre
dell’Accademia dell’istruzione (Akadémie
vzdelávania)
215
CAPITOLO 9.
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