La forza del capitalismo
Transcript
La forza del capitalismo
L’approfondimento Il report dell’Osservatorio Aub Bocconi con un focus sull’Emilia-Romagna La forza del capitalismo familiare Se il tessuto economico della nostra regione ha retto meglio al cambio di passo della globalizzazione lo deve alle imprese dei suoi self-made-man. Le strutture di comando sono meno autocratiche, capaci di una grande reattività di fronte alla crisi. E aiuta anche il territorio, molto vitale e internazionalizzato. Ma il peso della leadership personale, che rende l’azienda più fragile, e il problema del passaggio generazionale si fanno sentire di Ilaria Vesentini - foto Elisabetta Baracchi Più internazionalizzate, più solide, più redditizie. Sono le imprese familiari dell’Emilia-Romagna, così come appaiono nella fotografia scattata dall’Osservatorio Aub Bocconi per Modena Mondo Outlook. Performance, quelle delle 503 imprese familiari sopra i 50 milioni di fatturato tra Piacenza e Rimini, superiori non solo alla media del capitalismo familiare italiano, ma anche delle imprese non familiari della via Emilia. «Merito sicuramente del fatto di avere strutture di comando meno autocratiche della media che le hanno rese flessibili e reattive di fronte alla crisi», spiega Guido Corbetta, chair della cattedra AidafEY in Strategic management of family business dell’Università Bocconi che ha coordinato la ricerca, «e anche dell’essere inserite in un territorio molto vitale e internazionalizzato che fa da acceleratore nei settori di specializzazione tradizionali del capitalismo familiare emiliano: meccanica, alimentare, abbigliamento». Fatto sta che non sembra azzardato dire che se il tessuto della regione ha retto meglio della media al cambio di passo dell’economia globale lo si deve ai suoi self-made-man. 40 OUTLOOK - LUGLIO/AGOSTO 2015 Assetto proprietario Familiari Filiali di imprese estere Coalizioni Cooperative e consorzi Statali/Enti locali Controllate da PE/fondi d’investimento Controllate da banche TOTALE Emilia-Romagna N % 503 57,6 98 11,2 82 9,4 153 17,5 24 2,7 12 1,4 Osservatorio Aub N2 %2 4.100 58,0 1.466 2,07 572 8,1 402 5,7 353 5,0 142 2,0 2 0,2 34 0,5 874 100 7.069 100 Secondo lo studio dell’Osservatorio Aub Bocconi, le imprese familiari in Emilia-Romagna rappresentano un esempio di buon capitalismo: non solo sono fortemente orientate all’internazionalizzazione ma sono anche più solide e più redditizie rispetto alla media Dall’alto: Antonio Panini, fondatore di Edis; Rossella Po, presidente e amministratore delegato di Angelo Po Grandi Cucine L’approfondimento Modelli di governo I numeri Scorrendo le tabelle dell’Osservatorio Aub salta subito agli occhi la maggior resistenza delle imprese familiari di fronte alla crisi: erano il 54 per cento nella prima rilevazione di dieci anni fa, oggi sono il 58 per cento e le curve di crescita mostrano risultati migliori, in termini di roi, roe e indebitamento, rispetto sia ai gruppi esteri sia alle cooperative. L’Emilia-Romagna non fa eccezione rispetto all’incidenza nazionale di imprese familiari: sono il 57,6 per cento delle società sopra i 50 milioni di fatturato, mentre spicca in regione la maggiore concentrazione di cooperative e consorzi, il 17,5 per cento contro il 5,7 per cento italiano. È allineata anche per quanto riguarda le dimensioni aziendali: oltre il 57 per cento sta sotto i 100 milioni di ricavi, sopra i 250 milioni si piazza una quota del 16,3 per cento. «La prima evidente differenza», prosegue il coordinatore dell’Osservatorio Bocconi, «è nei modelli di leadership, con una forte diffusione lungo la via Emilia di modelli di leadership collegiale nei cda (45 per cento contro il 38 per cento dell’Italia) e una minore presenza di imprenditori amministratori unici. I leader familiari sono inoltre dimi- Amministratore unico Presidente Esecutivo AD singolo Leadership Collegiale TOTALE Familiari Emilia-Romagna N % 43 13,8 56 17,9 73 23,4 140 44,9 312 100 Familiari Emilia-Romagna Familiari Osservatorio Aub N % 19,2 15,0 27,6 38,2 100 Familiari Osservatorio Aub 50% 44,9% 38,2% 40% 30% 20% 23,4% 19,2% 13,8% 27,6% 17,9% 15,0% 10% 0% Amm. unico Presidente AD singolo Leadership Collegiale esecutivo L’età del leader Guido Corbetta, chair della cattedra Aidaf-EY in Strategic management of family business dell’Università Bocconi Meno di 40 anni Tra 40 e 50 anni Tra 50 e 60 anni Tra 60 e 70 anni Oltre 70 anni TOTALE Familiari Emilia-Romagna N % 8 2,6 58 18,6 82 26,3 99 31,7 65 20,8 312 100 Familiari Osservatorio Aub N % 7,3 19,7 26,7 27,5 18,8 100 Meno di 40 anni 2,6% 7,3% Tra 40 e 50 anni 18,6% 19,7% 26,3% 26,7% Tra 50 e 60 anni 31,7% Tra 60 e 70 anni Oltre 70 anni Familiari Emilia-Romagna 27,5% 20,8% 18,8% Familiari Osservatorio Aub WORGAS | Spazio ai manager esterni alla famiglia per far crescere l’energia hi-tech Worgas è il racconto di mezzo secolo di storia di innovazione e tecnologia coronato nel 1987 dall’invenzione di un nuovo metodo di combustione pulita ad «ali di farfalla» che diminuisce drasticamente le emissioni inquinanti e che è divenuto il marchio dell’azienda di Formigine. «Il nostro desiderio è portare avanti ciò che nostro padre aveva iniziato cinquant’anni fa supportato da nostra madre, colonna portante e consigliere silenzioso fin dalla creazione nel 1965 di Worgas»: sono le parole di Cristina e Simona Vecchi, due figlie entratate nel 1993 nell’azienda fondata dal padre Renzo e dal suo amico e socio Giuseppe Fogliani, la Worgas Bruciatori di Formigine, per poi assumerne il controllo nel 2013, dopo la morte improvvisa del padre. Cristina e Simona Vecchi sono membri del consiglio di amministrazione e referenti di fatto di tutte le decisioni strategiche del gruppo. Ed è stato proprio il 42 OUTLOOK - LUGLIO/AGOSTO 2015 consiglio di amministrazione a nominare, dopo la morte del padre, figure esterne alla famiglia ai vertici dell’azienda: Gunther Berthold, in azienda dal 1993, ne è diventato il presidente, e Francesco Pisano, presente dal 2012 come amministratore delegato di Worgas UK, è l’amministratore delegato del gruppo modenese. Attualmente l’azienda sviluppa e produce una gamma di bruciatori da alcuni kilowatt a grandi potenze (1,5 megawatt) con applicazioni nel settore del riscaldamento, nei processi industriali, nel cooking professionale e nella co-generazione (motori Stirling e celle combustibili). «Dal 1965 a oggi abbiamo depositato oltre 150 brevetti, investiamo ogni anno in ricerca l’8 per cento circa del fatturato consolidato di gruppo (oltre 20 milioni di euro nel 2014, ndr), esportiamo l’85 per cento all’estero e collaboriamo con università, Cnr e organismi mondiali del gas, perché il nostro valore aggiunto sono la ricerca e le tecnologie d’avanguardia», sottolineano Simona e Cristina Vecchi. Worgas festeggerà il 18 settembre i 50 anni nel nuovo stabilimento inaugurato a fine 2013, dove lavorano un centinaio di persone, per lo più donne. Altri 50 addetti operano nel sito in Gran Bretagna, frutto dell’acquisizione nel 2009 di un’impresa concorrente, mentre negli Usa Worgas è presente con una filiale commerciale. «La condivisione dei nostri valori e il rispetto delle persone», concludono Simona e Cristina Vecchi, «sono ancora oggi il presupposto di qualsiasi collaborazione con Worgas, perché le competenze si possono acquisire con la formazione e con l’esperienza, mentre avere una sintonia nella visione aziendale e lavorare congiuntamente per portare avanti le scelte produce qualcosa di più: una squadra vincente». La Worgas Bruciatori di Formigine festeggia quest’anno il cinquantesimo dell’attività. Alla guida dell’aziena sono stati nominati manager esterni, ma Cristina e Simona Vecchi, figlie del fondatore, sono membri del consiglio di amministrazione e referenti di fatto di tutte le decisioni strategiche del gruppo LUGLIO/AGOSTO 2015 - OUTLOOK 43 L’approfondimento EDIS | L’imprenditorialità rimane nel sangue dei Panini L’animal spirit keynesiano si eredita per gemmazione. Almeno così verrebbe da dire ripercorrendo le avventure imprenditoriali lungo l’albero genealogico dei Panini, un nome inciso nella hall of fame dell’economia modenese (e anche nazionale). Una famiglia di imprenditori al debutto nel 1961 con le mitiche collezioni di figurine, che ha seguito senza troppi romanticismi le leggi del mercato cedendo l’azienda nel 1988 all’editore inglese Maxwell per permetterle di superare la dimensione emiliano-centrica e il problema generazionale: otto fratelli e 26 cugini in linea di successione. «È stata un’opportunità che abbiamo colto tutti di comune accordo, il coronamento felice della classica storia padana di impresa familiare che fa il salto. Io nell’88 lavoravo lì occupandomi della vendita di figurine fuori dal canale edicola, e da bravo figlio del titolare, al momento della cessione agli inglesi, sono uscito e l’anno dopo ho creato con alcuni cugini un’agenzia di gadget promozionali», racconta Antonio Panini, figlio del fondatore dell’impero delle figurine, Giuseppe. Nel 1990 la diaspora di dirigenti ed ex colleghi delle sedi estere della real casa, che a loro volta avevano impiantato una società editrice, offre ad Antonio l’opportunità di ributtarsi nella produzione: nasce così Edis, oggi il più grande produttore europeo indipendente di collezioni di trading card, figurine e collezionabili in bustina, oltre che di promozioni in-pack e gadget promozionali. Edis festeggia quest’anno il primo quarto di secolo, con 115 dipendenti a Modena, altre 80 persone nella fabbrica aperta nel 2003 in Transilvania e una quarantina di addetti nella piccola unità produttiva di Bangalore, dove Edis dal 2012 serve direttamente il mercato indiano (cricket in primis). «Se non avessimo aperto in Romania sfruttando il minor costo della manodopera avremmo chiuso anche lo stabilimento di Modena, cinque anni fa. La produzione splittata ci consente di avere un costo medio accettabile», spiega senza troppi giri di parole l’amministratore delegato del gruppo, che oggi produce oltre 500 milioni di bustine di figurine l’an- 44 OUTLOOK - LUGLIO/AGOSTO 2015 Successioni al vertice no per 21 milioni di euro di fatturato. La famiglia ha il controllo totale del capitale, dal ’94 non stacca un dividendo perché ha sempre reinvestito tutto in azienda «ma oggi non basta più per crescere. Operiamo in una nicchia nella nicchia e dobbiamo prepararci a un altro salto: dobbiamo puntare ad aggregazioni, gemellarci con strutture complementari per crescere e offrire un servizio sempre più completo al cliente. Non abbiamo preclusioni perché la molla del cambiamento è garantire un futuro a Edis», afferma Panini. Intanto suo figlio 27enne Giovanni, entrato in azienda due anni fa, ha creato con un cugino un suo spin-off in un settore che non c’entra nulla, le docking station musicali. I laboratori di R&S della nuova intrapresa (Ixoost) si trovano nel mezzo della tenuta agricola dello zio Umberto, passato invece dalle figurine alla produzione di parmigiano reggiano bio con la sua azienda Hombre. Circola dunque nel sangue il Dna imprenditoriale? «Diciamo che quello che ho fatto e abbiamo fatto noi seconde e terze generazioni», conclude Panini, «l’abbiamo imparato non sui banchi ma nell’azienda di famiglia, una scuola di imprenditorialità che ti insegna prima di tutto a vivere l’azienda come una grande comunità in cui bisogna prima di tutto stare bene insieme per lavorare bene». SUCCESSIONI AL VERTICE 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Successioni Emilia-Romagna 3,9% 5,0% 3,4% 4,1% 2,9% 4,3% 3,9% 4,5% 5,2% 2,4% 3,7% 2,4% Successioni Osservatorio Aub 4,8% 4,7% 5,1% 5,4% 5,1% 4,9% 4,8% 4,9 4,6% 4,0% 3,9% 3,9% Familiari Emilia-Romagna Familiari Osservatorio Aub 6,0% 5,0% 4,0% 3,0% 2,0% 1,0% 0,0% 2001 2002 2003 nuiti drasticamente dal 2001 a oggi, passando dal 78,5 per cento al 68,6 per cento, un calo di dieci punti che non ha pari nel resto del capitalismo familiare del Paese (si è scesi dal 76,5 al 72 per cento) e che testimonia una maggiore spinta alla managerializzazione in regione». L’altro segnale molto forte che emerge dal capitalismo familiare all’emiliana è la grandissima apertura ai mercati globali, con un’incidenza di imprese che hanno controllate all’estero (Ide) del 67 per cento contro il 49 per cento di media dell’Osservatorio Aub. «Quasi venti punti percentuali in più», rimarca Corbetta, «la cartina di tornasole della superiore capacità di reazione e innovazione che l’economia dell’Emilia-Romagna dimostra tout court e che si può leggere anche nei tre punti in più di scarto che le imprese familiari della regione hanno anche a proposito di acquisizioni di altre imprese». Anche se si tratta di un paio di punti percentuali di dif- La Edis è nata nel 1989, ma la storia imprenditoriale di Antonio Panini è legata al padre Giuseppe, fondatore insieme ai fratelli dell’omonimo impero delle figurine. 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 ferenza, le aziende di famiglia della regione mostrano nell’ultimo decennio performance superiori sia alle non familiari della via Emilia sia alla media nazionale dell’Osservatorio Bocconi anche in termini di crescita del fatturato, di roi e di roe. A fronte di una superiore capacità di tenuta c’è però la maggiore fragilità legata alla leadership personale e al problema del passaggio generazionale. «Tanto che di fronte alla crisi c’è stato un brusco rallentamento dei passaggi di testimone. Tra il 2000 e il 2010», fa notare Corbetta, «c’era un 5 per cento l’anno di ricambio al vertice, mentre nell’ultimo triennio si oscilla tra il 2,4 e il 3,7 per cento, perché i leader senior di fronte alla crisi preferiscono tenere salde le redini del comando ed evitare ulteriori elementi di incertezza». Questo ha avuto impatto anche sull’allungamento dell’età dei capitani d’impresa, che sono sempre più anziani: l’80 per cento ha più di 40 anni, uno su 2011 2012 Marco Gabbiani, responsabile Family Business di Unicredit Aziende che hanno fatto almeno una acquisizione (2000-2013) Familiari Emilia-Romagna Acquiror Non Acquiror TOTALE N 67 436 503 % 13,3 86,7 100 Non familiari Emilia-Romagna N 46 327 373 % 12,3 87,7 100 Familiari Osservatorio Aub N 419 3681 4100 % 10,2 89,8 100 13,3 12,3 10,2 Acquiror Familiari Emilia-Romagna Non familiari Emilia-Romagna Familiari Osservatorio Aub LUGLIO/AGOSTO 2015 - OUTLOOK 45 L’approfondimento ANGELO PO | Da generazioni al timone delle grandi cucine Il trend di crescita nel settore alimentare (2004-2013) Familiari Alimentare Non familiari Alimentare 190 187,6 181,1 Familiari Osservatorio Aub 172,6 170 153,4 177,2 175,7 140,7 142,2 2012 2012 170,5 149,0 150 142,3 139,5 155,2 145,6 125,3 130 109,6 104,5 110 128,3 128,4 114,5 136,9 135,9 130,5 124,0 116,4 100 107,4 102,3 90 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Crescita composta su base 100 (anno 2004), calcolata sui ricavi delle vendite (Fonte: Aida) cinque ha superato i settanta, quelli con più di 80 anni sono oltre l’8 per cento. Pochi startupper e poco ricambio, dunque, in Emilia-Romagna più che nel resto del Paese, a fronte di maggiore expertise e lungimiranza: i capi azienda con meno di 40 anni in regione sono appena il 2,6 per cento contro il 7,3 di media delle imprese familiari italiane. Nell’alimentare l’Emilia ha fatto scuola La presenza di self-made-men è ancora più diffusa nel settore alimentare: qui le aziende familiari, con ricavi sopra i 50 milioni di euro, sono il 67,7 per cento contro il 58 per cento di media dell’Osservatorio Aub e sono le vere protagoniste del food made in Italy: secondo il rapporto Aidaf -UniCredit-Bocconi (presentato a Parma, in Barilla, a fine marzo) le 234 aziende familiari del food rappresentano il 36,1 per cento del fatturato complessivo del settore alimentare, ovvero 48 miliardi su un totale di 133 miliardi, quasi dieci punti percentuali in più di quanto valgono le imprese non familiari di analoga dimensione (24,8 per cento), mentre le piccole imprese (sotto i 50 milioni) si spartiscono il restante 39 per cento del business a tavola. Il ruolo della famiglia è forte soprattutto nel comparto conserviero (il caso Mutti fa scuola) e in quello delle carni (Cremonini su tutti) e si tratta di aziende con una significativa tradizione (il 70 per cento è stata fondata più di un quarto di secolo 46 OUTLOOK - LUGLIO/AGOSTO 2015 Angelo Po Grandi Cucine è stata fondata a Carpi nel 1922 e da allora non ha smesso di crescere, sempre guidata dalla famiglia. L’attuale presidente, Rossella Po, è la nipote del fondatore È una storia iniziata nel 1922 a Carpi nella bottega di un maestro fabbro, Angelo Po, e che continua da quattro generazioni dopo avere scavalcato tutti gli ostacoli che un’impresa familiare può trovare sul proprio cammino: una complessa compagine societaria fatta di ben 17 soci di cui 13 cugini suddivisa tra due famiglie al 50 per cento ognuna; l’entrata e la rapida uscita di un fondo di private equity per accompagnare l’accorpamento delle quote nelle mani di una sola famiglia di tre fratelli, uno poi uscito per seguire un business complementare; l’ingresso nel capitale e nella gestione di un manager esterno; le difficoltà a confrontarsi sul mercato globale con grandi multinazionali di fronte a una delle peggiori crisi del settore negli ultimi anni. Manca solo la quotazione, «un’opzione che non scartiamo a priori, ma non è in agenda», afferma il presidente e ad Rossella Po, nipote del fondatore Angelo, che dal 2010 guida l’azienda con il fratello Alessandro, coordinatore del mercato Italia. Un viaggio lungo oltre 90 anni, quello che ha percorso la Angelo Po Grandi Cucine per diventare la multinazionale tascabile da 80 milioni di fatturato e 400 dipendenti nota oggi in tutto il mondo, che punta ben oltre il brindisi del primo secolo di vita: Alberto, figlio di Alessandro, che rappresenta già la quarta generazione, è al lavoro come product manager in azienda e la famiglia continua a tenere saldamente in mano l'85 per cento per cento del capitale (il resto è dello storico e precedente ad Livio Gialdini). «Siamo stati tra i primi, nel 1996, ad aprire l’impresa di famiglia a un fondo di private equity (cui fu ceduto il 35 per cento delle azioni poi riacquistate dopo soli tre anni). L'obiettivo prioritario è crescere sia per linee interne sia per eventuali linee esterne quindi non escludiamo nulla nel nostro futuro, neppure una quotazione in Borsa qualora avessimo necessità di reperire mezzi finanziari idonei al nostro percorso. Il fatto di essere un’azienda familiare da sempre fortemente patrimonializzata e con alle spalle una lunga tradizione produttiva, al 100 per cento made in Italy, ci ha sempre permesso di lavorare con l'ottica dell'investimento di lungo termine e dell'equilibrio finanziario quindi di affrontare meglio il perdurare della crisi e i rapporti col sistema creditizio», afferma la Po. Il processo di forte internazionalizzazione sta infatti avvenendo senza bisogno di aperture a capitali esterni e, anche se le fasi manifatturiere restano concentrate in Italia (a Carpi le linee di cottura, ad Ascoli Piceno la refrigerazione professionale, a Bergamo i carrelli per veicolare i pasti), l’espansione commerciale è tutta oltreconfine, dove già oggi il gruppo carpigiano fattura il 65 per cento dei volumi. Dopo le filiali commerciali in Cina, Spagna e Francia, l'azienda si sta concentrando sul mercato Usa dove è stata aperta una nuova filiale l'anno scorso e ad aree importanti come il Sud-Est asiatico e il Medio Oriente, dove il brand Angelo Po è considerato tra i player più importanti. «Il mercato degli impianti della ristorazione professionale ha sofferto non poco negli ultimi anni», commenta l’ad, «ma l’anno scorso siamo tornati ai valori pre crisi per quanto riguarda la nostra rete distributiva export grazie a un importante incremento realizzato e quest’anno vediamo finalmente segnali di miglioramento anche dal mercato Italia». LUGLIO/AGOSTO 2015 - OUTLOOK 47 L’approfondimento addietro) e che si tramandano la «ricetta» di padre in figlio (la maggior parte sono di seconda e terza generazione). Anche in questo comparto le performance migliori sono state però registrate da famiglie che hanno saputo aprire le strutture di comando a leader non familiari, anche perché tendenzialmente si tratta di società con capifamiglia anziani alla guida (il 26 per cento dei leader ha più di 70 anni). «L’esperienza e l’affidabilità delle aziende familiari però paga sui mercati», sottolinea Marco Gabbiani, responsabile Family Business di UniCredit, «perché dal 2004 al 2013 sono cresciute 45 punti in più rispetto alle non familiari dell’alimentare, hanno mostrato una maggiore propensione verso le strategie di crescita per linee esterne e sono anche più internazionalizzate (il 42 per cento ha almeno una partecipata estera, ndr)». Anche sul fronte Ide, però, come per le acquisizioni, sono i modelli di leadership aperti, con manager e consiglieri esterni, a contraddistinguere le aziende più globali e redditizie. È difficile declinare la situazione in regione, «lo stesso caso Barilla sposta completamente qualsiasi media», precisa Gabbiani, «ma l’esperienza concreta sul campo ci conferma quello che l’Osservatorio Aub rileva, ovvero una grandissima resilienza delle imprese familiari, soprattutto nell’alimentare, dove il legame con il territorio e le tradizioni sono un fattore premiante insieme con la capacità di innovazione e internazionalizzazione. Nello stesso tempo però notiamo anche una maggiore rigidità e chiusura nei modelli di governance in alcune aree del Paese dove l’imprenditore, a volte un po’ “padre-padrone”, ancora fatica a cedere potere; scelta fondamentale, invece, perché è inevitabile che arrivati a una certa età cambi la propensione al rischio e quindi a percorrere strade nuove». «Anche i passaggi generazionali e i passaggi di testimone, però», sottolinea ancora il responsabile di UniCredit, l’istituto che dal 2009 sostiene l’Osservatorio Aub proprio per supportare il proprio stretto rapporto con le aziende familiari, «vanno pianificati, per tempo, qualsiasi sia lo strumento scelto, e non si parla di orizzonti temporali di mesi ma di anni». 2008 L’approfondimento La formazione dei leader Sede: Via Baccelliera, 6 - 41100 Modena Tel.. +39 059 468808 - FFax ax +39 059 468806 Tel. cialefond.it info@commerrcialef e-mail: [email protected] cialefond.it www.commerrcialef Web: www.commercialefond.it Filiale di Milano: Via P adre D Padre D.. M. TTuroldo uroldo 31/35 20063 Cernusco sul Naviglio viglio (MI) TTel. el.. +39 02 9230930 - FFax ax +39 02 25060800 [email protected] ond.it [email protected] TTor orrino: Filiale di Torino: Liguria, 24 - Z.I. Autoporto o Pescarito Pescarito Via Liguria, 10099 San Mauro (TO) Tel.. +39 011 2741382 - FFax ax +39 011 2742041 Tel. ino@commercialef filialetorino@commer cialefond.it e-mail: [email protected] Alluminio, Ghisa, Bronzo, Rame, Ottone e Materie Plastiche; in barre estruse, laminati e profilati, disponibili in ampia gamma di misure e formati. Centro Ser Servizi vizi interno: possibilità di taglio a misura di barre, lastre e profili a disegno. Sgrossatura mediante fresatura di barre in ghisa fino a 3400 mm. Microfusioni e fusioni a dis Realizzazione di profili su disegno. disegno. Address: Address: www.commercialefond.it www.commercialefond.it - inf [email protected] [email protected] Imprenditori si nasce o si diventa? Un po’ e un po’, sembra la risposta più corretta di fronte alle disquisizioni accademiche e alle scelte educative di Paesi come il Nord Europa o Singapore, dove l’imprenditorialità si insegna a scuola, fin dai banchi delle elementari, nella convinzione (come per ogni mestiere) che la somma di attitudini e competenze sia la ricetta migliore per garantire lo sviluppo. L’Italia non è certo un esempio in questo campo, ma si va facendo strada la consapevolezza che la spinta creativa fatta di Dna, intuizione, innovazione, abilità manageriali e coraggio che contraddistingue qualsiasi imprenditore va integrata dall’esterno, oggi più che mai, in un contesto competitivo globale in rapidissimo mutamento, da competenze su ricerca e sviluppo, marketing, tecnologie digitali. Training e formazione diventano ancora più cruciali se in gioco c’è la preparazione non di startupper ma di seconde generazioni, anche se la casistica dimostra che hanno più successo le aziende in cui l’imprenditore capostipite ha il coraggio di passare il testimone gestionale non alla famiglia bensì a manager terzi. Nascono in questo contesto i due nuovi master executive della Bologna Business School, in «Entrepreneurship-New business creation» ed «Entrepreneurship-Second generation entrepreneur», «due programmi semi-custom che non hanno simili in Italia», spiega il direttore scientifico Riccardo Fini, professore associato del dipartimento di Scienze aziendali dell’Alma Mater, «partiti da pochi mesi per rispondere a una domanda crescente di alta specializzazione su misura. Sia da parte di nuovi imprenditori, che capiscono l’importanza di abbinare alla motivazione personale lo sviluppo di competenze economiche e gestionali per far crescere imprese di successo, sia da parte di chi si appresta ad assumere una propria responsabilità di governo o di indirizzo strategico all’interno di aziende di famiglia». Nel frattempo anche le università si stanno attrezzando e dalla Cattolica alla Bocconi, dall’Università dell’Insubria a quella di Bolzano iniziano a fare capolino nell’offerta didattica i primi corsi in management ed entrepreneuership. •