PROMETEIA La Newsletter per l`investitore istituzionale

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PROMETEIA La Newsletter per l`investitore istituzionale
PROMETEIA
ANTEO
OTTOBRE 2003
Anno 1, No. 7
La Newsletter per l’investitore istituzionale
In questo numero,
L’editoriale
pag. 2
Da diversi mesi i mercati azionari mostrano un trend positivo, che nelle ultime settimane è ulteriormente sostenuto da notizie particolarmente confortanti sugli utili aziendali di importanti aziende statunitensi…
I contributi
“Il processo di selezione degli asset manager per un investitore istituzionale: il punto di vista
dell’investitore istituzionale”
pag. 3
Fabrizio Montelatici – Direttore, Fondo Pensione per il Personale delle Aziende del Gruppo UniCredito Italiano
Il Fondo Pensione UniCredito Italiano ha appena ultimato il processo di ristrutturazione del proprio
portafoglio mobiliare che ha coinvolto vari aspetti del processo di investimento, dalla ridefinizione
dell’asset allocation strategica del portafoglio globale, alla impostazione di quella tattica, dalla selezione degli asset managers, all’analisi della performance dei gestori finanziari, fino…
“Il processo di selezione degli asset manager per un investitore istituzionale: il punto di vista dell’asset
manager”
pag. 5
Alessandro Gandolfi e Maria Luisa Rota – Sanpaolo IMI Institutional Asset Management Sgr
Il punto di vista di un asset manager sulle selezioni avviate da soggetti istituzionali dipende spesso
dalla consapevolezza che egli ha degli obiettivi che i potenziali clienti affidano al proprio portafoglio
e del percorso che hanno intrapreso per realizzarli…
“Il processo di selezione degli asset manager per un investitore istituzionale: il punto di vista del consulente”
pag. 9
Cinzia Lista – Consultant, Prometeia
Il consulente si trova in mezzo ai due principali attori del processo di selezione, e allora: cosa si aspetta il cliente e cosa si aspetta il gestore?…
Approfondimenti
“La concorrenza nel settore dei fondi comuni italiani: le determinanti dei flussi di raccolta”
Dal Rapporto di Previsione dell’Associazione Prometeia (dicembre 2001)
pag. 11
Nel 2001 i fondi comuni di investimento hanno registrato una raccolta netta negativa per 1,2 miliardi di
euro e una caduta del valore dei patrimoni gestiti dell’ordine di 28 miliardi di euro. Ciò è avvenuto dopo
alcuni anni di notevole sviluppo della raccolta e dei patrimoni che hanno portato i fondi comuni…
Pillole
I fondi SRI
pag. 17
Ottobre 2003
L’EDITORIALE
D
ordinaria amministrazione.
a sei mesi i mercati azionari mostrano un
trend positivo, che nelle ultime settimane è
ulteriormente sostenuto da notizie particolarmente
confortanti sugli utili aziendali di importanti aziende
statunitensi. In questi stessi mesi anche i mercati
obbligazionari hanno corretto i prezzi ed ora i rendimenti dei titoli sono più coerenti con le aspettative
di ripresa economica.
Questa fase di ristrutturazione dei portafogli dovrà
necessariamente prendere le mosse dall’analisi degli
investimenti e delle gestioni in essere, per valutare
se sono state comunque idonee e coerenti con i
mandati affidati anche nella lunga fase orso dei
mercati azionari. È probabile che in diversi casi si
arrivi a modifiche dei mandati o a iniziare processi
di selezione e ricerca di nuovi gestori, come per altro si è già verificato da parte di alcuni investitori.
Le notizie ancora deboli sull’intensità della ripresa
economica e l’incertezza sui fondamentali dei mercati finanziari non hanno però, in quei mesi, aiutato
gli investitori a ristabilire condizioni di fiducia tali
da consentire il rientro sui mercati azionari. Sia gli
investitori privati che quelli istituzionali hanno infatti mantenuto prevalentemente ancora posizioni
liquide o comunque prodotti ad elevato grado di
protezione del capitale. È un ritardo giustificato, soprattutto dopo i tre anni appena trascorsi, ma a sua
volta anche penalizzante, perché porta a non partecipare appieno alle fasi di ripresa del mercato. Su
questo punto abbiamo ritenuto utile pubblicare un
approfondimento, tratto dall’archivio dei Rapporti
di Prometeia, che evidenzia come anche nei sistemi
finanziari più sviluppati gli investitori privati si
muovano con un certo ritardo rispetto ai movimenti
dei mercati finanziari: il confronto con il mercato
degli investitori americani dimostra che gli investitori italiani seguono comportamenti molto simili.
A queste tematiche abbiamo dedicato questo numero di ANTEO, proponendo il punto di vista di diversi operatori. Il contributo dell’investitore istituzionale parla del processo di ristrutturazione del proprio
portafoglio realizzato ricorrendo all’istitu-zione di
una commissione tecnica. Segue poi il contributo di
una società di gestione che esprime il punto di vista
degli attori soggetti alla selezione, che esplora le
problematiche relative non solo alla fase di selezione, ma anche alla costruzione del sistema di monitoraggio degli investimenti e di tutti quegli strumenti
che permettono di poter giudicare nel modo più trasparente l’attività di gestione. Infine, il punto di vista del consulente proposto nel contributo di Prometeia, che cerca di mettere in evidenza le problematiche che emergono dall’espe-rienza praticata sul
mercato italiano.
Vi invitiamo ad intervenire su tale argomento
all’interno del forum di discussione da poco attivato
nel
sito
Prometeia
Advisor
all’indirizzo
http://www.advisor.prometeia.it/forum/list.php?f=6.
Ci auguriamo che il forum possa divenire un contributo importante, favorendo la circolazione delle idee, il dialogo e la conoscenza delle esigenze dei
differenti operatori.
In questi ultimi mesi, tuttavia, vi sono segnali di una
maggiore reattività degli investitori, soprattutto istituzionali, che iniziano a valutare posizioni di portafoglio che tengano conto di una maggiore partecipazione al mercato azionario. È il caso di molti fondi
pensione o enti di previdenza, che hanno mantenuto
i contributi raccolti negli ultimi anni in prodotti di
liquidità di vario genere, e delle Fondazioni bancarie, che, dopo la decisione della Consulta di fine settembre, vedono ratificati gli attuali organismi direttivi e possono dare seguito a decisioni non solo di
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I CONTRIBUTI:
IL PROCESSO DI SELEZIONE DEGLI ASSET MANAGER PER UN INVESTITORE
ISTITUZIONALE: IL PUNTO DI VISTA DELL’INVESTITORE ISTITUZIONALE
la gestione diretta in real estate rappresenta
l’attività portante del Fondo Pensione con un peso
del 65% sul portafoglio totale) come la componente core del portafoglio, sia in ragione dell’alta volatilità e dei rendimenti negativi dei mercati azionari, sia grazie alle peculiarità intrinseche in questa
asset class, quali bassa correlazione con azioni e
obbligazioni e rendimenti storicamente elevati e
stabili. Questa classe di attivo è, quindi, considerata il core del portafoglio sia in termini di rendimento assoluto (su un orizzonte di 5 anni il rendimento atteso del comparto immobiliare del Fondo
è superiore al target fissato dal bilancio tecnico) sia
in termini di gestione del rischio e di corretta individuazione del grado di avversione al rischio del
Fondo. Intorno al core è stata poi costruita la allocazione in investimenti satellite (di tipo tradizionale e di tipo alternativo). Da questo processo di ottimizzazione è quindi derivata l’individuazione di
un portafoglio ottimo caratterizzato oltre che dal
60% di real estate anche da un 8% di investimento
in hedge funds; limitatamente ai soli investimenti
di tipo tradizionale, il portafoglio risulta essere un
bilanciato 80-20 tra obbligazione e azioni, con una
parte significativa di titoli corporate tra gli strumenti a reddito fisso e posizioni lunghe sui mercati
azionari piuttosto contenute.
FABRIZIO MONTELATICI
Direttore, Fondo Pensione per il Personale delle Aziende del Gruppo UniCredito Italiano
I
l Fondo Pensione UniCredito Italiano ha appena
ultimato il processo di ristrutturazione del proprio portafoglio mobiliare che ha coinvolto vari
aspetti del processo di investimento, dalla ridefinizione dell’asset allocation strategica del portafoglio globale, alla impostazione di quella tattica,
dalla selezione degli asset managers, all’analisi
della performance dei gestori finanziari, fino alla
selezione di prodotti di investimento alternativi.
Per tutte queste attività il Fondo ha deciso di non
servirsi di un consulente esterno, ritenendo di avere
all’interno del Gruppo l’expertise necessaria, sinteticamente rappresentata da una Commissione Tecnica Finanza e dal collegamento con il gestore di
Gruppo.
Con il presente contributo vorrei soffermarmi in
particolare sulle fasi di definizione dell’asset allocation strategica e di selezione degli asset managers.
Definizione dell’asset allocation strategica del
portafoglio globale
Selezione degli asset managers
Pur con i risultati positivi registrati dalla gestione
nel suo complesso anche nel corso degli ultimi anni, il C.d.A. del Fondo Pensione ad inizio anno,
avvalendosi della commissione tecnica, ha proceduto alla verifica dell’efficienza del portafoglio e
alla ridefinizione dell’asset allocation strategica.
Tale processo ha seguito un percorso in qualche
modo “innovativo” rispetto al passato: si è deciso
infatti di procedere all’individuazione del portafoglio ottimo considerando gli immobili (attualmente
La selezione dei gestori finanziari da affiancare a
Pioneer Investment Sgr (il gestore storico del Fondo con mandato bilanciato, a cui resta comunque
affidata la quota più consistente del portafoglio
mobiliare) aveva l’obiettivo di individuare i migliori gestori specializzati per ciascuna asset class.
Si sono cioè voluti sostituire agli altri gestori bilanciati, gestori specializzati in grado di massimizzare i risultati per ciascuna asset class. Il processo
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tesi formulati o portafogli proposti, mancanza di un
processo articolato di performance attribution, limitata comprensione delle caratteristiche fiscali del
Fondo, pricing ancora indifferenziato rispetto alla
clientela retail.
di selezione si è svolto in maniera piuttosto standard, con la compilazione di un questionario,
l’individuazione di una short list e la conseguente
fase dei colloqui individuali. Il punteggio individuale è stato calcolato per un 30% in base ai risultati di gestione (masse gestite, numero portafogli,
rendimenti lordi, tracking error, info ratio e Indice
di Sortino) e per il restante 70% a un mix qualiquantitativo legato ai vari quesiti posti all’interno
del questionario. Sono stati quindi individuati i gestori top 3 per ogni classe di attività e a seguito dei
colloqui individuali, durante i quali ciascun componente della commissione tecnica ha assegnato un
rating alle varie società di gestione in competizione sulla singola classe di attivo, sono stati individuati i nuovi asset managers.
Al termine della selezione ogni asset manager interessato ha avuto una dettagliata descrizione del
processo seguito, del sistema di punteggi assegnato, del posizionamento ottenuto dal proprio RfP o
dai soli risultati di gestione in relazione ai competitors: da tutti è emersa una reale esigenza di comprendere i sistemi di valutazione, la percezione da
parte del cliente istituzionale del processo di investimento e delle skills proprie di ciascun asset
manager, aspetti evidentemente non altrettanto trasparenti quando tra institutional e gestore vi è
l’intermediazione di un advisor.
Piuttosto che entrare ulteriormente nel dettaglio del
processo di selezione seguito, vorrei invece soffermarmi, sintetizzandole, sulle problematiche riscontrate durante tale processo: mancanza di risposte puntuali ai vari quesiti (o assenza di risposta),
dati spesso errati (in particolare la conversione in
Euro, l’espressione di un total return piuttosto che
di un price index hanno creato diffusi problemi),
dati non chiaramente presentati (relativi a mandati
segregati piuttosto che a un composito, operazioni
di copertura dal rischio cambio non dichiarate),
processi di controllo del rischio ex ante in alcuni
casi totalmente assenti, incoerenza tra le views del
gestore sull’evoluzione futura dei mercati e
dell’economia nel suo complesso e rendimenti at-
Vorrei inoltre sottolineare come sia stato possibile
agire in un tempo ragionevolmente breve pur con
l’assenza della struttura e dell’expertise legata a
una società di consulenza grazie all’istituzione di
una commissione tecnica composta da membri interni ed esterni con specifiche professionalità, che
ha mantenuto un ruolo puramente operativo, attuando i piani strategici e il processo decisionale
del C.d.A.. Solo una forte coesione tra tutti i soggetti coinvolti (rappresentanze sindacali, commissione tecnica e C.d.A.) ha portato al compimento
di questo passo importante.
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I CONTRIBUTI:
IL PROCESSO DI SELEZIONE DEGLI ASSET MANAGER PER UN INVESTITORE
ISTITUZIONALE: IL PUNTO DI VISTA DELL’ASSET MANAGER
li i propri processi di valutazione.
ALESSANDRO GANDOLFI
MARIA LUISA GOTA
La seconda componente sono le linee guida che,
preliminarmente alla selezione, devono essere fatte
proprie dall’investitore e successivamente condivise da tutti i partecipanti alla costruzione del portafoglio complessivo: consulenti, gestori interni o
esterni, banca depositaria.
Sanpaolo IMI Institutional Asset Management Sgr
I
l punto di vista di un asset manager sulle selezioni avviate da soggetti istituzionali (o dai loro
consulenti) dipende spesso dalla consapevolezza
che egli ha degli obiettivi che i potenziali clienti
affidano al proprio portafoglio e del percorso che
hanno intrapreso per realizzarli.
Obiettivo di questa fase è delimitare il campo di
azione di ciascun attore coinvolto, definendo:
• l’identificazione del portafoglio core1 con le asset class di riferimento e i relativi obiettivi di
extrarendimento e Tev, da cui si determinano
gli stili di investimento che si intendono avere
ed i costi ad essi associati, i livelli di liquidabilità degli strumenti in portafoglio, la qualità degli emittenti, e, solo in ultimo, gli indici di mercato rappresentativi;
In effetti la qualità delle selezioni ed il loro successo (inteso in termini di soddisfazione duratura di
tutti i soggetti coinvolti: investitore, consulente,
gestore finanziario) è positivamente correlata al
grado di comprensione degli obiettivi perseguiti,
che dipende a sua volta dalla loro formalizzazione.
• il governo –più o meno esternalizzato- dell’asset allocation tattica, da cui deriva il grado di
“specializzazione” dei futuri gestori e i margini
di autonomia attribuiti al sistema di ribilanciamento adottato (quantitativo, qualitativo, automatico, discrezionale, ecc.) e alle strutture interne dell’investitore o del consulente.
Tale premessa, apparentemente ovvia, nella realtà
necessita di essere declinata nelle sue diverse componenti al fine di poter trovare una soluzione efficace.
La prima componente riguarda l’identificazione
formale della strategia, che, secondo una gerarchia
logico-temporale, deve determinare l’obbligazione
implicita dell’investitore, la sua scadenza (ovvero
l’orizzonte temporale), il grado di sopportazione al
rischio nel durante e la possibilità di individuare
per tempo percorsi alternativi in caso di insuccesso
delle prime fasi già avviate.
La terza componente riguarda la scelta dei gestori.
Selezionare asset managers significa conoscerne
potenzialità e rischi anche in fasi di mercato diverse da quelle appena trascorse; insoddisfazioni ingiustificate o euforie solo temporanee sono spesso
l’esito di affidamenti di mandati di gestione basati
su presupposti più fideistici che razionali.
Completano l’analisi della strategia, le attività (asset class) da prendere in esame e i rendimenti attesi
che esse esprimono, con il loro corollario di volatilità e correlazioni. Elementi, questi ultimi, che
malgrado le recenti delusioni rimangono il riferimento di medio-lungo periodo di ogni soggetto,
specie se istituzionale, che basa su logiche raziona-
La pluralità di stili offerti per ogni asset class pro1
Ai fini del presente articolo si intende per portafoglio core,
l’insieme delle classi di attivo che formano la struttura portante della strategia; la parte ove dovrebbero concentrarsi le componenenti più volatili del portafoglio o comunque meno “strutturali” può definirsi satellite.
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posta, il livello di eccellenza raggiunto in ciascuno
di essi, la persistenza “non dogmatica” del processo di gestione adottato, l’affidabilità dei team di
gestione e di relazione, intesa in termini di continuità e trasparenza, la coerenza degli strumenti utilizzati con le regole normative e regolamentari del
settore e con le impostazioni operative comunemente adottate da banche depositarie e/o service
amministrativi, sono tutti elementi che dovrebbero
emergere dall’analisi qualitativa, prima che quantitativa, dei gestori esaminati.
La selezione tuttavia non è l’unico momento di
giudizio di un asset manager, altrettanto importante per trasformare un mandato di gestione in un
rapporto fiduciario duraturo è il sistema di monitoraggio adottato.
Accanto alla percezione dell'importanza di fondare
la scelta del gestore a cui affidare il proprio patrimonio su di un processo rigoroso, negli ultimi anni
è andato progressivamente aumentando l'appetito
del mondo istituzionale verso un servizio di monitoraggio delle attività gestite caratterizzato da
competenza e professionalità.
Le analisi dei track record storici, ancorché certificati2, ed il loro peso nelle selezioni, sovente rischia
di ridursi al solo ruolo di assolvere il selezionatore
dalla valutazione compiuta delle quattro P di un
asset manager3, che, oltre alle performance, comprendono le persone, il processo, ed il portafoglio.
In particolare, persone e processo sono intrinsecamente collegate, specie ove la gestione non si basi
esclusivamente su algoritmi quantitativi e sistemi
di indicizzazione; per questo motivo, la fase
dell’intervista (che serve ad approfondire e chiarire
le parti descrittive dei questionari) dovrebbe essere
determinante almeno quanto le performance, purché sia chiaro all’intervistatore che cosa sta cercando e all’intervistato che cosa sta offrendo: team
e processo e non un semplice prodotto.
L'obiettivo dell'attività di monitoraggio è principalmente verificare la coerenza tra le aspettative e i
risultati prodotti dalla gestione. Se ben strutturato,
il processo di selezione fornisce un identikit esauriente dei candidati. Dal gestore selezionato ci si
attende una condotta in linea con quella emersa attraverso l'analisi volta alla selezione.
I canali attraverso i quali si effettuano i controlli
sono di due tipi: ex post, basati sulle performance;
ex ante costruiti a partire dalla composizione dei
portafogli.
Indicatori ex post. Esistono numerosissimi indicatori di rendimento, rischio, rendimento corretto per
il rischio adatti alla valutazione delle performance.
Il tratto comune a tutti è la natura ritardata dei segnali che offrono. Nella fase di selezione sono sicuramente preziosi, nella fase di monitoraggio servono come conferma di qualcosa che è stato già
identificato diversamente. La tentazione di utilizzare questi indicatori su periodi di tempo brevi (un
anno o meno) aumentando la frequenza delle rilevazioni (passare dallo standard che è un mese ad
una settimana o un giorno) deve essere assecondata
con grande attenzione: poiché si tratta di stime, il
valore puntuale stimato ha poco senso se non è accompagnato da un'indicazione della bontà della
stima. Un esempio può essere illuminante. L'information ratio è considerato in letteratura uno degli indicatori col maggior potere previsivo di future
performance. Quello che spesso non è chiaro è il
In quel momento si costruisce il rapporto fiduciario
che permette al gestore di operare con la necessaria serenità anche in fasi di mercato a lui avverse,
al selezionatore di svolgere il proprio compito sulla
base di un mandato intelligibile, all’investitore di
rimanere confidente delle dinamiche del proprio
portafoglio e quindi di mantenere il governo dei
propri obiettivi istituzionali.
In sintesi potremmo concludere che in una selezione deve esserci coerenza tra gli obiettivi di redditività dell’investitore e le potenzialità delle società
di gestione (e non viceversa!).
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La certificazione non garantisce l’origine del risultato ma
solo il metodo e la veridicità del calcolo
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Duncan Smith, Manager researcher, Frank Russell Co.
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livello di confidenza con cui si riesce a stimarlo.
Ebbene, per un gestore che esibisce un information
ratio di 0,5, occorrono almeno 16 anni di dati per
costruire attorno a 0,5 un intervallo di confidenza
al 95% di ampiezza 0,5. In altre parole, se 0,5 è la
stima fatta su 16 anni di rendimenti del gestore in
esame, si può dedurre che al 95% il suo vero information ratio è un numero tra 0 e 100%!
perdite dovute ad un singolo titolo e che, in assenza di una tale analisi, sarebbero state magari compensate da un risultato complessivamente positivo
e perciò passate inosservate.
A partire sempre dalla composizione del portafoglio, si può valutare la qualità del trading, ipotizzando un periodo di riferimento (per esempio il
giorno o il mese) sul quale tenere costanti le posizioni e confrontando poi il rendimento così ottenuto con quello effettivamente presentato dal gestore.
La conclusione è: non farsi disarmare ma tenere in
considerazione anche l'errore di stima nel caso di
misure ex post; dare poi un peso maggiore alle
analisi ex ante.
Un altro indicatore utile è l'indice di turn-over: in
base ad alcuni studi ha una buona capacità previsiva delle performance future (ovvero: maggiore è il
turn-over, maggiori sono i rendimenti futuri).
Analisi ex ante. Nota la composizione del portafoglio, è possibile effettuare analisi più dettagliate
sulle performance e sul profilo di rischio. La premessa, cioè la conoscenza della struttura di portafoglio, non va sottovalutata: per poter sfruttare appieno tutta l'informazione contenuta in essa, occorre un notevole sforzo procedurale di acquisizione e
archiviazione dei dati. Una prima elaborazione in
grado di offrire un'ottima prospettiva sull'operato
del gestore è l'attribuzione delle performance. Si
tratta di uno strumento molto utile per verificare
analiticamente quali leve decisionali hanno aggiunto o tolto valore alla gestione: asset allocation, selezione delle valute e dei paesi, rotazione settoriale, selezione dei titoli, classi di capitalizzazione o
classi di price-to-book nel caso azionario e scelte
di duration, di curva e di qualità del credito nel caso obbligazionario. Si pensi ad esempio ad un gestore azionario selezionato per la capacità dimostrata storicamente di scegliere titoli a piccolamedia capitalizzazione. L'attribuzione delle performance permette di verificare la coerenza dell'attività di gestione in essere rispetto a questa aspettativa e di rilevare eventuali anomalie, sulla scorta
delle quali è possibile chiedere un approfondimento al gestore per risalire alle cause.
Passando al fronte rischio, nota la composizione è
possibile stimare la volatilità ex-ante del portafoglio attuale, sia in termini assoluti, sia relativamente al benchmark di riferimento. Questo consente di
valutare la rispondenza del profilo di rischio alle
attese e ai vincoli di mandato. Sulla base della specificazione del modello di stima impiegato, si può
inoltre risalire all'attribuzione del rischio a varie
componenti. Disponendo per esempio di un modello multifattoriale che separi le componenti sistematica e specifica del rischio totale, si può intanto valutare in quale misura il rendimento futuro dipenderà da elementi sistematici: se il gestore è molto
specializzato ed è stato selezionato per la sua abilità nello stock picking, si vorrà vedere una componente di rischio sistematico bassa rispetto a quella
specifica.
In sostanza, lo strumento di analisi del rischio non
solo è necessario per stimare la volatilità futura del
portafoglio, ma anche per stabilire se i rischi assunti derivano dalle aree nelle quali il gestore ha
dimostrato di aggiungere valore.
Le elaborazioni basate sulla struttura di portafoglio
sono uno strumento potente di monitoraggio, poiché contengono tutte le informazioni necessarie per
un esame approfondito dell'operatività. La finalità
ultima è arrivare alla conferma o sostituzione del
Se si scende fino al livello di contributo alla performance del singolo titolo, è inoltre possibile valutare se esista una disciplina di vendita in grado di
prevenire situazioni tipo Enron e indagare sulle
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gestore. In ambito multi-manager, per l'advisor incaricato altresì dell'attività di asset allocation, queste analisi costituiscono un supporto fondamentale
per la costruzione consapevole di un portafoglio di
mandati.
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I CONTRIBUTI:
IL PROCESSO DI SELEZIONE DEGLI ASSET MANAGER PER UN INVESTITORE
ISTITUZIONALE: IL PUNTO DI VISTA DEL CONSULENTE
tutto avere a disposizione tutte le informazioni necessarie per una valutazione completa, gli strumenti per fare tale valutazione e poi, ovviamente,
le (loro) capacità gestionali.
CINZIA LISTA
Consultant – Prometeia
Le selezioni, per rispondere alla domanda del mio
amico, non sono tutte uguali, perché i clienti non
sono tutti uguali. Ogni processo ha il suo obiettivo
e le sue specificità, per cui ogni risultato è potenzialmente diverso.
U
na volta il responsabile di una nota società
di asset management mi ha chiesto: “ma se
dopo una vostra selezione scegliete il gestore X
per l’asset class Y, allora sceglierete sempre il
gestore X per l’asset class Y, dato che è risultato
il migliore”.
Esiste un unico processo di selezione logico che si
sviluppa in più fasi (a partire dalla redazione del
bando di gara/request for proposal fino alla stipula dei contratti di gestione); ma questo, poi, deve
essere modellato ed adattato a seconda della tipologia di mandato da assegnare.
Magari… se fosse così avrei molto più tempo libero per andare a giocare a golf!
Che significa il migliore?
Il migliore per chi? in cosa? il migliore quando?
Ogni cliente ha obiettivi/vincoli differenti.
I migliori rendimenti non sempre sono accompagnati da un minore livello di rischio.
La fotografia del gestore non basta.
Questo è scontato –starete pensando– ma se ciò è
banale a dirsi non è così facile a farsi.
Il consulente si trova in mezzo ai due principali
attori del processo di selezione, e allora mi chiedo: cosa si aspetta il cliente e cosa si aspetta il gestore?
Cambiano gli obiettivi, e quindi bisogna cambiare
i criteri di valutazione e i pesi da associare a ciascuno. Cambiano i vincoli (per es. quelli normativi), e quindi bisogna ricercare altre soluzioni.
Di conseguenza, variano le difficoltà. Per esempio, man mano che restringiamo il campo di azione le complessità diminuiscono e aumenta l’efficienza del processo: è sicuramente più complesso scegliere un gestore per l’asset class “bilanciato globale” che per “Europa dell’est convergente
all’Euro”; è sicuramente più complesso scegliere
un gestore per un mandato segregato piuttosto che
un prodotto (e non intendo solo i fondi, ma anche
i prodotti strutturati, etc.).
Il cliente si aspetta che noi selezioniamo il gestore
“giusto” tramite il quale realizzare i suoi obiettivi
finanziari (e non solo).
Il gestore si aspetta di essere scelto.
E questo dal lato cliente.
Per soddisfare il primo non ci vuole soltanto un
processo di selezione strutturato, ma serve esperienza, che proviene non solo dalla conoscenza
diretta delle società di gestione, ma, soprattutto,
dal monitoraggio effettivo dell’operato dei gestori
sui mandati assegnati. Servono tempo e risorse.
Dall’altro lato, abbiamo un mercato che è in continuo divenire.
L’idea di strutturare un database “qualitativo” è
nata per avere una storicità delle informazioni in
modo da valutare nel continuo i gestori…ma non
solo: per avere dati completi ed accurati, omoge-
Per soddisfare il secondo è indispensabile innanzi-
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nei e confrontabili, strutturati, che rendano efficace il processo di selezione.
2. incompletezza delle serie storiche: molti fondi
hanno una serie storica troppo breve;
Il gestore, infatti, prima di essere selezionato ci
deve mettere in condizioni di poterlo valutare.
Ancora troppo spesso, invece, ci ritroviamo a
“spendere” molto tempo per risistemare la mole di
informazioni che non arrivano correttamente: dati
incongruenti tra di loro, fondi denominati in fiorini olandesi, serie storiche in file pdf, risposte non
esaustive.
3. assenza di serie storiche dei mandati segregati:
questo è il problema più rilevante, perché, nella maggior parte dei casi i mandati che si assegnano sono di tipo discrezionale e, come spesso accade, se il team di gestione del mandato
non coincide con il team di gestione del fondo,
a poco servono le serie storiche del fondo. La
certificazione della performance secondo standard internazionali (GIPS, IPPS, …) potrebbe
aiutarci, ma è ancora troppo poco diffusa e le
serie storiche sono ancora brevi e con frequenze basse.
E se, per quanto riguarda le informazioni di tipo
qualitativo, il database ci ha dato una grande mano, molte difficoltà provengono dal fronte quantitativo.
Concludendo, per rendere il processo di selezione
più efficiente e scevro da elementi distorsivi è necessario, a mio avviso, migliorare sempre più la
comunicazione con le società di investimento, sia
in termini di informazioni veicolate, che sono ancora troppo vaghe e imprecise, sia in termini di
conoscenza diretta dei team di gestione. Per quanto riguarda i dati quantitativi, la soluzione è ancora più complessa e richiede uno sforzo congiunto
di tutti gli operatori del mercato affinché le performance dichiarate siano veritiere ed affidabili.
Fino a poco tempo fa, chi doveva scegliere un gestore si affidava molto, e a volte esclusivamente,
alla sola analisi della performance, rinfrancato
dalla “sicurezza” dei numeri. Tale analisi, non solo ha il grande limite, che tutti conosciamo, di essere ex-post, ma presenta, a chi quotidianamente
misura tutti gli indicatori del caso, altri punti di
criticità:
1. disomogeneità dei dati: non tutti i NAV dei
fondi dei candidati si riferiscono allo stesso arco temporale, hanno la stessa frequenza, la
stessa valuta di denominazione etc.;
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APPROFONDIMENTI:
LA CONCORRENZA NEL SETTORE DEI FONDI COMUNI ITALIANI: LE DETERMINANTI DEI FLUSSI DI RACCOLTA
sati da 823 a 1078.
DAL RAPPORTO DI PREVISIONE DELL’ASSOCIAZIONE PROMETEIA (dicembre 2001)
L’ampliamento delle reti distributive si è realizzato
oltre che con l’aumento del numero di sportelli
bancari e di promotori finanziari anche con l’utilizzo di canali diretti di vendita. I dati relativi alle
commissioni indicano una tendenza delle società di
gestione a ridurre i costi di sottoscrizione e di uscita dall’investimento a fronte di un aumento delle
commissioni di gestione per unità di patrimonio1.
Va peraltro rilevato che i dati medi relativi alle diverse categorie di fondi, oltre che nascondere eventuali modifiche negli stili di gestione delle categorie, non riescono a cogliere i comportamenti microeconomici degli operatori e i vantaggi competitivi che potrebbero essere colti dalle società che
adottano politiche di prezzo più aggressive e che
conseguono le migliori perfomance.
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el 2001 i fondi comuni di investimento hanno
registrato una raccolta netta negativa per 1,2
miliardi di euro e una caduta del valore dei patrimoni gestiti dell’ordine di 28 miliardi di euro. Ciò
è avvenuto dopo alcuni anni di notevole sviluppo
della raccolta e dei patrimoni che hanno portato i
fondi comuni italiani a rappresentare uno dei principali settori del risparmio gestito europei (alle
spalle di Francia e Lussemburgo). Il dato del 2001
riflette la fase particolarmente negativa dei mercati
finanziari e le condizioni di incertezza sugli andamenti dello scenario economico che si sono ulteriormente aggravate dopo l’11 settembre; il dato
congiunturale negativo si sovrappone tuttavia ad
un rallentamento “da maturità” del settore che, dopo il periodo di forte crescita dei patrimoni del
triennio 1998-2000, lascia prevedere tassi di sviluppo ancora positivi ma su valori molto più contenuti che in passato.
L’obiettivo dell’approfondimento è di valutare, attraverso l’analisi di un campione di fondi comuni
italiani, la relazione tra raccolta dei fondi, politiche
di prezzo e risultati della gestione. L’eventuale evidenza di condizioni favorevoli al prevalere di dinamiche concorrenziali incentrate sulle variabili di
prezzo e di rendimento della gestione avvalorerebbe uno scenario in cui il rallentamento della dinamica dei patrimoni gestiti determinerebbe una più
intensa selezione tra gli operatori ed una maggiore
rilevanza delle variabili di efficienza operativa e di
performance della gestione.
La fase di maturità del settore dovrebbe accompagnarsi ad un’accentuazione della concorrenza e ad
una maggiore selezione tra i gestori che, fino ad
oggi, si sono avvantaggiati dell’ampliamento del
mercato. Quest’ultimo ha favorito le politiche di
offerta degli operatori che si sono incentrate sullo
sviluppo dei prodotti e sulla maggiore articolazione
e integrazione dei diversi canali distributivi, mentre meno accentuata è sembrata la concorrenza sul
prezzo del servizio di gestione. Significativo è stato l’aumento del numero di fondi offerti, realizzato
soprattutto attraverso l’offerta di prodotti specializzati in particolari settori dell’economia: nell’ultimo biennio i soli fondi di diritto italiano sono pas-
Nell’ampia letteratura sui fondi comuni di investimento diversi studi hanno affrontato il tema delle
determinanti della raccolta netta dei fondi stimando
la significatività della relazione che lega tale variabile alle performance realizzate e alle commissioni
praticate alla clientela dal gestore del fondo. Con
1
Assogestioni, Fondi comuni di investimento. Guida a dati e
statistiche, 2001
11
PROMETEIA
Ottobre 2003
riferimento al mercato dei fondi statunitensi, Sirri e
Tufano (1998)2 individuano una relazione positiva
tra flussi di raccolta e performance passate relative
ad un campione di 650 fondi azionari per il periodo
1971-90. La relazione stimata presenta una significativa non linearità per effetto della maggiore reattività manifestata dalla raccolta netta dei fondi
classificati ad alto rendimento rispetto a quella registrata dai fondi con le minori performance reddituali. Le stime suggeriscono che esiste una propensione degli investitori ad indirizzare le proprie
scelte di investimento verso i fondi che nel periodo
immediatamente precedente hanno realizzato i
rendimenti più elevati, mentre non altrettanto vero
è che essi siano pronti ad uscire dai fondi con i
rendimenti più bassi. Il recente studio di Berkowitz
e Kotowitz (2000)3 conferma il tipo di relazione tra
raccolta e rendimenti stimata da Sirri e Tufano, osservando un certo ritardo temporale nell’adeguamento della domanda di fondi rispetto alle performance passate
relazione tra performance e raccolta, unitamente
alla presenza di gestori in grado di realizzare sistematicamente risultati migliori del mercato, dovrebbe portare nel tempo ad una progressiva selezione degli operatori innalzando la qualità media
della gestione dei fondi5.
In secondo luogo l’evidenza di non linearità tra
raccolta e rendimento suggerisce ai gestori comportamenti in grado di accrescere la variabilità dei
rendimenti del fondo, così da intercettare nuovi
flussi di raccolta in corrispondenza di livelli elevati
di performance, a fronte di un volume di riscatti
contenuto nei periodi caratterizzati da performance
negative6.
Le determinanti della raccolta dei fondi comuni
italiani
La valutazione dei fattori che influenzano il tasso
di raccolta dei fondi operanti in Italia è stata effettuata su un campione di 56 fondi azionari, con portafogli prevalentemente investiti sul mercato domestico. Il campione è stato selezionato includendo tutti i fondi che alla fine del 1995 rientravano
nelle categorie “Azionari Italiani” e “Azionari
Specializzati Italia” della classificazione Assogestioni, che sono stati seguiti per i cinque anni successivi, fino alla fine del 2000. I fondi che nel corso di questo periodo hanno mutato l’obiettivo di
investimento, ricollocandosi al di fuori delle classi
suddette, sono stati scartati a partire dalla data di
cambiamento7.
Questi risultati hanno interessanti implicazioni operative e di concorrenza per il settore. In primo
luogo i gestori che si caratterizzano per una persistenza di rendimenti dei propri fondi più elevati
rispetto alla media settoriale dovrebbero essere in
grado di aumentare nel tempo le quote di mercato
espresse in termini di patrimoni gestiti e di commissioni. L’effetto potrebbe essere rafforzato da
politiche promozionali volte a sottolineare la qualità della gestione. Sebbene l’evidenza sulla
persistenza dei rendimenti non sia univoca,
numerosi sono gli studi4 che individuano una
capacità di alcuni gestori di battere sistematicamente il mercato, come pure esiste evidenza di
persistenza nella fascia dei fondi a basso
rendimento. La riscontrata relazione tra
2
5
Cfr. Ippolito R.A., Consumer Reaction to Measures of Poor
Quality: Evidence from Mutual Fund Industry, Journal of Law
and Economics, 35, 1992.
6
Cfr. Chevalier J. and G.Ellison, Risk taking by Mutual Funds
as a Response to Incentives, Journal of Political Economy,
105, 1997.
7
Il procedimento di selezione garantisce che i risultati delle
analisi non siano distorti dall’esclusione dal campione di quei
gestori che, a causa di performance inferiori rispetto a quelle
dei propri diretti concorrenti, avessero deciso di cambiare
l’obiettivo d’investimento del proprio fondo o fossero usciti
dal mercato (survivorship bias). Il campione non contiene i
fondi che si sono collocati nelle due categorie di riferimento
successivamente alla fine del 1995; per questa ragione è soggetto al logoramento della rappresentatività rispetto alla popolazione di riferimento. Questo effetto risulta comunque limita-
Sirri Erik R. and Peter Tufano, Costly Search and Mutual
Fund Flows, The Journal of Finance, 5, 1998.
3
Berkowitz M.K. and Yehuda Kotowitz, Investor Risk
Evaluation in the Determination of Management Incentives in
the Mutual Fund Industry, Journal of Financial Markets, 3,
2000.
4
Cfr.Grinblatt, Mark, and Sheridan Titman, The persistence of
mutual fund performance, Journal of Finance, 47, 1992; Ibbotson, Roger, and William Goetzmann, Do winner repeat?,
Journal of Portfolio Management 20, Winter, 1994.
12
PROMETEIA
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Fig. 1
per esplorare il rapporto tra tasso di raccolta e oneri di gestione9. I risultati riportati nella Figura 2 rivelano una relazione inversa, con un tasso di raccolta medio decisamente più elevato tra i fondi che
hanno sostenuto costi di gestione più bassi
all’interno del campione. La relazione non appare
d’altro canto generalizzabile allo spettro superiore
del cost ratio relativo, per cui non risulta essere
chiaramente definita.
Tasso di raccolta e performance
Errore. Il collegamento non è valido.
L’evidenza preliminare che emerge da queste analisi suggerisce che il tasso di crescita dei fondi comuni esaminati dipenda negativamente dall’incidenza dei costi sulla gestione ma sia positivamente
correlato ai livelli di performance più elevati.
L’impatto congiunto di questi due fattori merita di
Dalla Figura 1 si apprezza la presenza di una relazione definita tra la performance e il tasso di raccolta durante il periodo di analisi. Per ogni anno tra
il 1997 e il 2000 è stata stilata una graduatoria dei
fondi osservati sulla base del rendimento realizzato
nel corso dell’anno precedente8. Nell’arco dell’intero periodo, ciascun fondo è stato attribuito di volta in volta a uno tra i sei sestili della distribuzione
annuale della performance relativa così ottenuta, e
per ciascun sestile si è calcolata la media della raccolta netta rapportata al patrimonio gestito alla fine
dell’anno precedente.
Fig. 2
Tasso di raccolta e oneri di gestione
Errore. Il collegamento non è valido.
Il tasso di raccolta medio non varia con la performance per quei fondi che hanno ottenuto rendimenti inferiori o prossimi alla mediana della distribuzione, e risulta invece sostanzialmente più alto
per quelli che si sono collocati nel 33% superiore
della classifica; in particolare, l’ultimo sestile (corrispondente al miglior 16%) è caratterizzato da un
tasso medio di raccolta di tre volte superiore a
quello del sestile precedente, e fino a dieci volte
superiore rispetto a quello dei fondi appartenenti al
77% inferiore della classifica. La relazione marcatamente non lineare tra raccolta e performance che
emerge è analoga a quella riscontrata da Sirri e Tufano (1998) per i fondi azionari statunitensi.
essere indagato con maggior attenzione, dal momento che la qualità della gestione e il costo per il
cliente non sono indipendenti tra di loro: un gestore potrebbe realizzare un track record migliore rispetto a quello dei concorrenti sia economizzando
sui costi, sia impegnandosi con successo in attività
di analisi e selezione degli investimenti o di previsione del mercato, che garantirebbero risultati sistematicamente positivi e in grado di compensare i
maggiori oneri per il cliente finale, assicurandogli
un rendimento superiore al normale.
Lo stesso tipo di analisi descrittiva è stata condotta
to dalla durata contenuta a soli cinque anni del periodo di analisi.
8
I rendimenti sono stati calcolati partendo dalle serie storiche
mensili dei valori delle quote e pertanto sono al netto sia delle
commissioni di gestione che del prelievo fiscale.
9
Gli oneri di gestione consistono nelle commissioni corrisposte alla banca depositaria e al gestore (eccetto quelle di ingresso, di uscita o di switch) e sono state calcolate in rapporto al
patrimonio gestito.
13
PROMETEIA
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L’analisi congiunta delle determinanti del tasso di
raccolta netta è stata condotta stimando una regressione sulle 186 osservazioni annuali fornite dal
campione tra il 1997 e il 2000. Il tasso di raccolta
netta corrente è espresso come funzione (i) del cost
ratio, (ii) della dimensione del fondo, (iii) del livello di rischiosità della gestione dell’anno precedente10 e (iv) della performance espressa in termini relativi, ordinando i fondi sulla base dei rendimenti
realizzati nell’ultimo anno e attribuendo a ciascuno
un punteggio compreso fra zero (per il fondo peggiore) e l’unità (per il fondo migliore). La possibile
non linearità dell’effetto della performance è specificata introducendo un ulteriore regressore (v) calcolato come:
L’esame dei risultati ottenuti indica che la performance passata rappresenta una determinante importante del tasso di raccolta dei fondi per il periodo considerato. La forte significatività, il segno positivo e la dimensione del coefficiente associato al
regressore responsabile dell’effetto di non linearità
si accompagnano al valore trascurabile e non significativo di quello relativo alla variabile di semplice
performance relativa. Ciò conferma la presenza
della relazione non lineare emersa dall’analisi univariata anche controllando per l’effetto dei costi,
della rischiosità della gestione, dell’andamento generale dei mercati di riferimento e della raccolta
complessiva del comparto.
Il costo dell’investimento appare altresì molto rilevante per orientare i flussi di risparmio. Il coefficiente del cost ratio è negativo e significativo, evidenziando un impatto notevole delle commissioni
sulla raccolta. Il valore della stima puntuale implica che la variazione di un punto percentuale
dell’incidenza degli oneri di gestione unitari determina una contrazione stimata della raccolta netta
dell’ordine del 20%. È opportuno sottolineare che,
non essendo stato possibile reperire i dati necessari
per includere nell’analisi l’effetto della presenza di
commissioni di sottoscrizione o di riscatto, è consigliabile interpretare con cautela la relazione stimata tra i costi e la raccolta12.
Max { Performance – 0,5 , 0 }
il cui coefficiente, se positivo, indica che la raccolta è più sensibile alla performance per i fondi che
hanno conseguito risultati superiori a quelli realizzati da almeno la metà dei concorrenti. Per controllare l’impatto sui risultati della dinamica della raccolta aggregata e di altri fattori non osservati e comuni al complesso dei fondi, sono state incluse tre
variabili dummies, una per ciascun anno successivo
al 199711.
I valori dei coefficienti stimati sono riportati nella
Tab. 1
Determinanti della raccolta
Variabile
Cost Ratio
Coefficiente
-19,6044
0,0056
Dimensione
-0,9958
0,0000
Performance
-0,3750
0,2940
Max{Performance - 0,5 , 0}
3,2729
0,0032
Rischio
4,8232
0,0446
R² = 0,4530
Il valore negativo e significativo del coefficiente
della variabile di dimensione indica tassi di crescita maggiori, a parità di altre condizioni, per i fondi
più piccoli. La rischiosità della gestione risulta avere un impatto solo debolmente significativo sulla
raccolta. Il segno positivo del coefficiente sembra
indicare che la maggiore variabilità storica dei rendimenti può di fatto sollecitare una maggiore sottoscrizione di quote. In questo senso è opportuno
considerare che, se è vero che l’elevata volatilità
P-value
N = 186
Tab. 1 assieme ai P-values dei relativi test di significatività.
10
La dimensione del fondo è espressa dal logaritmo naturale
del patrimonio gestito (in migliaia di euro), la rischiosità è caratterizzata dalla deviazione standard annualizzata dei rendimenti mensili realizzati nel corso dell’anno.
11
Questa soluzione consente di aumentare la precisione delle
stime perché elimina l’eventuale correlazione tra fondi indotta
dalle componenti comuni non incluse nella regressione.
12
Inoltre, Berkowitz e Kotzowitz (2000) e Ippolito (1992)
hanno rilevato che, negli Stati Uniti, la relazione tra performance e raccolta è più debole per i fondi con commissioni di
carico che per gli altri. Purtroppo, i dati a disposizione non
consentono di esaminare se questo tipo di effetto lock in sia
presente anche tra i fondi italiani.
14
PROMETEIA
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esclusivamente alla variabilità campionaria.
dei rendimenti dovrebbe agire, a parità di rendimento, come deterrente all’investimento dei risparmiatori avversi al rischio, la relazione non lineare fra raccolta e performance potrebbe compensare l’effetto negativo di una politica di gestione
molto aggressiva, premiando in termini di crescita
quei gestori che hanno successo osando di più senza penalizzare eccessivamente quelli che realizzano risultati negativi.
La seconda verifica è stata effettuata calcolando il
coefficiente di correlazione di rango di Spearman
sulle graduatorie complete dei fondi nelle coppie di
anni consecutivi: quanto più i valori ottenuti sono
prossimi all’unità tanto maggiore è la tendenza dei
gestori a mantenere la propria posizione in graduatoria. I risultati sono riportati nella quarta colonna
della tavola, e mostrano una correlazione marcata
tra il 1997 e il 1998, che e più blanda ma comunque rilevante nei bienni 1999-2000 e 1996-1997. In
ogni occasione le stime sono significativamente
positive, in particolare sui primi tre anni, in cui il
livello di confidenza nel risultato supera il 99%.
Nel complesso, la performance relativa dei fondi
del campione appare sufficientemente persistente
da giustificare una politica di selezione dei fondi
basata sulla scelta dei gestori che hanno ottenuto
risultati migliori nel passato recente.
Le relazioni individuate fra raccolta, performance e
incidenza dei costi hanno interessanti implicazioni
per l’efficienza del settore. Se i risultati passati della gestione costituiscono una guida affidabile per
gli investitori nella scelta dei gestori migliori e dei
fondi operativamente più efficienti, la competizione tra gli operatori dovrebbe progressivamente
condurre al miglioramento complessivo della qualità dei servizi offerti. Per verificare l’esistenza di
questa condizione sul mercato italiano, il campione
di fondi azionari già utilizzato è stato impiegato
per condurre alcuni semplici test di persistenza della performance.
Conclusioni
L’analisi sulle determinanti della raccolta dei fondi
comuni italiani offre alcune conferme dei risultati
ottenuti da recenti studi sulla raccolta dei fondi statunitensi. In particolare, con riferimento ai fondi
azionari italiani, le variabili rappresentate dalla
qualità e dai costi della gestione hanno avuto un
effetto di rilievo nelle politiche di raccolta dei fondi. Una conferma riguarda anche l’asimmetria del
comportamento degli investitori in fondi azionari
italiani che risultano più reattivi nella sottoscrizione dei fondi con le maggiori performance e più inerziali nel caso di fondi che registrano i minori
rendimenti. La volatilità del rendimento dei fondi
può quindi avere un effetto positivo sulla raccolta
In primo luogo, per ciascuna coppia di anni consecutivi fra il 1996 e il 2000 si è verificato se i gestori che hanno realizzato rendimenti superiori o inferiori alla mediana del campione nel primo periodo
hanno mantenuto lo stesso risultato in quello successivo. Le prime colonne della Tab. 2 riassumono
i risultati dell’analisi e mostrano che una proporzione di fondi compresa fra il 58% e il 68% ha
confermato la propria performance relativa
nell’arco del quinquennio. In due occasioni sulle
quattro considerate l’assenza persistenza risulta rifiutata dal test del chi-quadrato, che indica che il
valore elevato delle percentuali non è attribuibile
Tab. 2
Persistenza della performance
Periodi
da
A
1996
1997
1997
1998
Tasso di
permanenza
χ
2
Correlazione
61.5%
68.6%
2.7692
7.0693
0.3415
0.5982
N
52
51
1998
1999
58.1%
1.1332
0.2394
43
1999
2000
60.0%
1.6
0.3649
40
Nota: (1) significativo al 10%, (2) significativo al 5%, (3) significativo all'1%.
15
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attraverso il maggiore flusso collegato ai rendimenti superiori.
Complessivamente l’analisi prefigura uno scenario
dell’industria dei fondi che dovrebbe caratterizzarsi per livelli di concorrenza sempre più intensi soprattutto in considerazione dei minori spazi di
mercato che deriveranno agli operatori dal rallentamento della domanda di fondi da parte degli investitori. La selezione operata dalla concorrenza
riguarderà gli operatori meno efficienti e quindi
meno capaci di contenere il livello delle commissioni, mentre esistono le condizioni di mercato affinché la qualità della gestione venga riconosciuta
dalla clientela e premiata attraverso flussi di raccolta più rilevanti.
I fondi con minori patrimoni presentano maggiori
prospettive di crescita percentuale; sembrano pertanto giustificate, dal punto di vista della raccolta,
le politiche di offerta che puntano all’ampliamento
della gamma di fondi.
Il livello delle commissioni incide in modo significativo sui flussi di nuove sottoscrizioni segnalando
l’esistenza di una concorrenza che appare molto
più evidente quando dai dati medi si passa ai comportamenti di pricing dei singoli operatori.
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PILLOLE
I
Un settore che ha sofferto molto dell’andamento
negativo dei mercati finanziari in questi anni, considerato il fatto che la maggior parte dei fondi
(83% dell’asset totale) di questo tipo sono azionari o tutt’al più bilanciati.
fondi SRI
Secondo il quarto report “Green, social and
ethical funds in Europe”, ricerca condotta dalle
organizzazioni appartenenti a SiRi Group (tra cui
l’italiana Avanzi SRI Research) sul mercato
dell’investimento socialmente responsabile, il
numero dei fondi SRI attivi in Europa è cresciuto
dalla fine del 2001 a giugno 2003 del 12%, arrivando ad un numero di 313.
Il Regno Unito conserva il primato, mantenendo
invariata la sua quota di mercato, mentre l’Italia,
raddoppiando il numero di fondi (21 a giugno
2003 dai 10 di fine 2001), si attesta come mercato
retail più dinamico.
A tale crescita però non corrisponde un aumento
della massa gestita che è invece scesa del 16%.
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PROMETEIA