Invito Mostra_formello_definitivo.pub

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DOMENICO PETROCELLI
La mostra verrà inaugurata venerdì
21 novembre alle ore 18.00
[email protected]
06-90194 240/242
venerdì e sabato
16.30 - 19.00
domenica
11.00 - 13.00; 16.30 - 19.00
lunedì 8 dicembre 11.00 - 13.00; 16.30 - 19.00
Formello
Sala Orsini di Palazzo Chigi
21 novembre 8 dicembre
2014
in collaborazione con il comune di Formello
Domenico Petrocelli (1924-2011) è nato a Sarconi in
provincia di Potenza.
Ha iniziato l'attività giornalistica scrivendo, dal 1950 al 1956,
per la Terza pagina del “Mattino” di Napoli, su invito del
direttore Giovanni Ansaldo. Nel '56 è stato chiamato a
dirigere la redazione napoletana del “Tempo” di Renato
Angiolillo che lo ha voluto poi a Roma, dove ha svolto
incarichi di carattere prevalentemente culturale.
Appassionato da sempre di pittura ha trasformato una
passione in un impegno fondamentale per la sua esistenza,
fino alla fine.
Della campagna romana e in particolare di Formello, paese
alle porte di Roma nel quale aveva deciso di trasferirsi, ha
dipinto luoghi, paesaggi e colori, come della sua Lucania.
Grazie a Barbara Paoli Vai, Assessore alle Politiche Culturali e
Giovanili di Formello e a Iefke van Kampen, Direttore del Museo
dell’Agro Veientano
PETROCELLI COLORISTA
La ricchezza del colore
comporta la pienezza della forma
Paul Cézanne
Una selezione di 36 dipinti, che mettono in evidenza 40 anni di lavoro
appassionato, ripropongono partenze ed esiti del giornalista Domenico Petrocelli
fattosi pittore, sulla scorta di un compagno di strada come Mauro Masi, per
devozione. Nel nome di Cézanne, infatti, con alle spalle una solida istruzione e
buone amicizie, il lucano di Sarconi ha attraversato l’intera sua vita ripercorrendo
le tracce del figlio del cappellaio di Aix-en-Provence come un innamorato segue
con ammirazione la quotidianità della sua donna.
Eccolo, allora, abbandonare subito le tentazioni del futurismo caro ad Emilio
Notte e a Lucio Venna per arrivare alla fonte di quel temperamento di colorista
che richiama sregolatezze e ardori consumati en plein air, tra i boschi del Sirino e
la campagna laziale scambiati per L’Estaque, dapprima romantico, poi barocco,
poi impressionista dagli impasti decisi e sregolati, eccessivo in tutto ma non nella
tensione a ritrovare nello sfogo lirico le ragioni di tanta passione. Quante volte,
Petrocelli si sarà sentito dire, non diversamente da Manet a Guillemet: “Come
può piacerti la pittura sporca?”.
A un certo punto, però, abbandonata Napoli (conosceva, allora, Grog di vino
ovvero Pomeriggio a Napoli, del 1870-1872?), trova in Formello, prima, e in
Rivello, poi, la sua Montagne Sainte-Victoire e avvia quella semplificazione della
pennellata che lo aiuterà a schiarire il colore, a rendere più precisa la forma, a
togliergli quella sfrontatezza propria dell’autodidatta, a disporre giustamente i
colori.
L’interiore esigenza d’ordine che, di decennio in decennio, viene incoraggiata
dagli incontri con Carlo Belli e gli amici del Casaletto, gli fa scoprire il nuovo
Classicismo di Cézanne, quel modo tutto suo di dividere i toni, di dipingere a
masse, di mirare all’unità compositiva. Siamo agli inizi degli anni Novanta,
quando Petrocelli conquista quella sicurezza plastica che gli permette di leggere il
paesaggio che dalla Cassia porta a Formello con ponderatezza, attento alle leggi
che reggono la composizione del quadro. È il momento migliore del suo realismo
teso a fare della pittura qualcosa di solido, ritrovando la freschezza vigorosa della
sensazione in cui, per non soffocare la forma, convergono costruzione e colore.
Sarà sempre il colore, alla fine, a dare consistenza alle cose fuggevoli e
impalpabili dell’universo.
Giuseppe Appella