14 - storia arte cultura2
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STORIA, ARTE, CULTURA... STORIA, ARTE, CULTURA… ANNO II, NUMERO 4-5 APRILE-MAGGIO 2009 SUPPL. MENS. DE “LA CITTÀ” N. 8 DEL 22 APRILE 2009 ISCR. TRIBUNALE DI VITERBO DEL 19.02.1992 N. 381 www.storiaartecultura.it pagina 1 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... www.storiaartecultura.it Diffusione COMPLETAMENTE gratuita on line e per e-mail Tutto il materiale presente su “Storia, Arte, Cultura…” è protetto dalle leggi che in tutto il mondo tutelano il diritto d’autore. “Storia Arte e Cultura” si potrebbe avvalere anche di immagini che provengono da internet, da siti che possono essere considerati di pubblico dominio e di immagini storicizzate pertanto patrimonio dell’umanità. Qualora esistessero eventuali aventi diritto non a nostra conoscenza, questi ultimi possono richiederne la cancellazione, cosa che noi puntualmente ci obblighiamo a fare. Gli indirizzi e-mail che si trovano nel nostro archivio sono provenienti dai nostri contatti personali o da elenchi pubblici. 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Sommario: La flotta veneta dal 1797 alla prima guerra d’Indipendenza Mario Laurini Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme Decorazioni Ordini Cavallereschi Stati Preunitari e Regno d’Italia Tavola Niccolò Machiavelli nel 540° anniversario della sua nascita Anna Maria Barbaglia Le strade consolari: la via Cassia Anna Maria Barbaglia La via Cassia e il porto di Volsinii Alessandro Fioravanti Passeggiando qua e là per l’Italia: Sutri (VT) Anna Maria Barbaglia I Sabini Popolo d’Italia. Dalla storia al mito Giulio Giancarlo Martini L’artiglieria borbonica dal 1815 al 1860 Mario Laurini Riceviamo e pubblichiamo La Redazione www.storiaartecultura.it pagina 2 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... LA FLOTTA VENETA DAL 1797 ALLA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA ITALIANA Per mano delle truppe Francesi dell’esercito Napoleonico cadde la Secolare Repubblica di Venezia. Questo importantissimo fatto chiude un periodo storico e ne apre un altro contraddistinto dagli effetti della rivoluzione francese. Il Bucintoro, la nave che rappresentava lo splendore e la potenza della Repubblica veneta, utilizzato durante la cerimonia importantissima e piena di significato dello “Sposalizio del Mare”, su ordine di Napoleone fu praticamente distrutta con le asce dai soldati francesi nei suoi meravigliosi gruppi lignei dorati e scolpiti con rara maestria e che rappresentavano visivamente il ricordo di tempi tanto gloriosi e tanto belli. L’opera di distruzione fu poi completata con il fuoco dimostrando pubblicamente che quella www.storiaartecultura.it Mario Laurini Nazione e la sua Repubblica non esistevano più a dominare la terra e tanto meno il mare. In genere moltissimi sono convinti che del Bucintoro non rimase nulla e questa non è la verità, del Bucintoro rimase lo scafo, mentre ci si limitò a distruggere pagina 3 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... l’orgoglio monumentale della nave che rappresentava la Serenissima. Lo scafo fu utilizzato per realizzare una batteria galleggiante al quale fu imposto il nome di Idara. Diverse altre navi venete furono requisite dai Francesi che le incorporarono nella loro Marina e diverse parteciparono così alla spedizione in Egitto. Due di esse, dopo la sconfitta di AbuKir irriconoscibili anche per i nuovi nomi che i Francesi avevano imposto loro, furono utilizzate per riaccompagnare in Francia proprio Napoleone. La mattina del 18 gennaio 1798, l’ultimo corpo francese abbandonava la povera Venezia, subito dopo, entrarono i primi reparti Austriaci. Nell’arsenale di Venezia esistono le prove di come i francesi lo trovarono nel 1797 e come fu lasciato da costoro l’anno successivo. L’Austria non aveva una grossa esperienza marinara in quanto per lo più era una potenza continentale ed, a parte la il possesso di Trieste e di Fiume non aveva altro, ma ciò non bastava certo per creare, mantenere ed impiegare una flotta che coprisse interessi fin oltre l’Adriatico per cui non poté fare a meno di effettuare buon uso della esperienza marinara di Venezia. Tutto ciò fu dimostrato dal tentativo di conquista della Dalmazia da parte Austriaca che fu reso possibile solo grazie all’aiuto della flotta sotwww.storiaartecultura.it tile Veneto-Dalmata che ancora inalberava il rosso vessillo di San Marco. Fu solo così possibile Raggiungere Ragusa e le bocche di Cattaro. Sotto la Bandiera Austriaca nacque e mosse così i primi passi una Marina Austro-Veneta. Il ritorno della Francia nel 1805 portò ancora alla distruzione della flotta, ma soprattutto alla eliminazione della direzione ed alla guida dei Veneti. Bisogna però chiarire che non fu fatto il precedente errore di distruggere l’arsenale. Questa volta i Francesi, intenzionati a tenersi Venezia, addirittura lo migliorarono per sfruttare le sue capacità costruttive ed impostarono sui suoi scali ben 5 vascelli da 74 cannoni. Certamente fu difficile far giungere quelle navi in mare aperto visto il forte pescaggio delle stesse ed, a tal proposito, l’ingegnere francese Tupinier inventò e costruì dei cassoni semiaffondabili che potevano “alzare” quelle grosse navi. Il primo vascello portato in mare aperto con quei cassoni chiamati Cammelli è stato riprodotto con quell’artificio in un modello attualmente conservato a Parigi nel Museo del Mare. Tra il 1808 ed il 1815 molte flotte invasero l’Adriatico fra cui quella Britannica. I Francesi non si fidarono dei Veneti ed armarono le navi con propri equipaggi e propri ufficiali, tenendo i Veneti lontani anche da scontri di una certa importanza. Gli Austriaci, dal canto loro, furono costretti a barricarsi nei porti di Trieste e Fiume dopo aver perso anche Zara. Passata la bufera Napoleonica, ritornata Venezia sotto il dominio Austriaco, si assistette all’evoluzione della mentalità degli Asburgo che ebbe uno sviluppo in senso marinaro e Vienna si avvalse ancor più della esperienza veneta come ceppo originario dal quale era nata la sua forza navale e Venezia rinnovò una passata grandezza sul mare anche se sulle navi venete sventolava la bandiera Austriaca. “La Venetianiche flotte” nel 1840 partecipò alla campagna di Siria ed alla conquista di Beirut e di San Giovanni d’Acri insieme ai Britannici ed agli Ottomani. La Flotta Veneta dal 1797 al 1805 portò il nome ufficiale di “Cesarea Regia Marina”. Dopo il Regno Italico, una volta tornata l’Austria, fino al 1848-49 ebbe la denominazione di “Imperiale Regia Marina Veneta”. Ma all’inizio della 1° guerra d’indipendenza un biglietto di questo tenore cominciò a circolare tra i Marinai Veneti. “Marinai della flotta Veneto-Dalmata! Ricordatevi che il primo e più sacro dovere vi lega alla Patria; che l’Austria non è più la nostra Patria. Pensate alla vergogna di rimanere inoperosi mentre i vostri compagni acquistano onore a sé e pagina 4 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... salute all’Italia. Non badate alle false voci che i nemici spargono a noi sfavorevoli. Correte a Venezia con i Vostri legni quanti potete, quanto più presto potete. La Madre chiama a sé i suoi figli”. Venezia. 1° Aprile 1848 Successivamente alla caduta di Venezia del 1849 l’Austria impose un nome che non ricordasse neanche da lontano l’Italia e l’Italiano, il nuovo nome fu Kaiseriche und Konigliche Marine. ORDINE DI SAN LAZZARO DI GERUSALEMME, TRATTO DA “ORDINE DEI SANTI MAURIZIO E LAZZARO SUOI GRANDI MAESTRI, CENNI STORICI E BIOGRAFICI DI L. TIOLI -1867 Nel 363 incominciarono in Oriente le scorrerie di Giuliano. San Basilio oppose a quelle la più seria resistenza, favoreggiando la chiesa cristiana. Felice II sedeva sul soglio pontificale durando queste lotte, quando Giuliano nel 366 cessava di vivere. Dai perigli delle frequenti scorrerie prese, il Vescovo di Cesarea, occasione di istituire una Religione cavalleresca, perché invigilasse alla difesa della Chiesa contro gli eretici, che di giorno in giorno maggiori insorgevano, inalberando nuovi dogmi, tendenti a suscitare sempre nuove fazioni contro la medesima. A questi nuovi Cavalieri fu dato il protettorato di S. Lazzaro, indossavano vewww.storiaartecultura.it ste bianca, ed il lato sinistro del petto con una Croce verde si fregiavano ed i loro inservienti portavano detta croce sul lato destro… Goffedro Buglione, Gran Capitano delle Crociate, da una spedizione contro il Soldano di Damasco ritorna… e ben lungi sospettare assaggia un cedro, ma per essere questo avvelenato poco dopo gli causa la morte addì 7 Agosto 1100. Allora i guerrieri Crociati eleggono a loro Re Balduino contro il volere di Tancredi. Balduino sostenne onoratamente tal grado sino al 1118, epoca in cui dopo essersi spinto valorosamente nell’Egitto alla testa di 400 soldati e 200 cavalieri, moriva. pagina 5 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... Decorazioni dell’Ordine di San Lazzaro Durante nel comando delle Crociate Balduino e colla dignità di primo Re di Terra Santa, San Basilio ed i Cavalieri dell’Ordine da lui formato, istituirono sotto il titolo di S. Lazzaro fuori le mura di Gerusalemme un Ospedale, ove i poveri pellegrini affetti da lebbra e da altri mali contagiosi caritatevolmente si curavano. Per questa fondazione presero, i detti Cavalieri, il soprannome di Spedalieri, e si dividevano tra loro, parte prendendo le armi a difesa della Religione, parte nella cura degli infermi adoprandosi. E talmente esercitavano con zelo i loro doveri e tali servigi prestavano che tanto Balduino, quanto Fulco, Almerigo III e IV e le regine Melisenda e Teodora protessero moltissimo l’Ordine loro, ed alle case che eglino tenevano in Siria, molti benefici prodigarono nel tempo stesso, che da Pontefici ricevevano molti e preclari privilegi. Arme dei Cavalieri di san Lazzaro www.storiaartecultura.it Stemma dell’Ordine Militare ed Ospedaliero di San lazzaro Luigi VIII detto il Giovine aveva già regalato Orleans a quest’Ordine, resosi assai benemerito. I Cavalieri di esso, ritirandosi da Palestina fissarono quindi la residenza del loro capo a Boigny, paese vicino ad Orleans. Quivi il Capo di essi prese il titolo di Gran Maestro dell’Ordine tanto di qua come di là dal mare, cioè stendendo la giurisdizione sua non solo sopra i Cavalieri che si annoveravano in Francia, quanto sopra tutti gli stranieri a questa. Dall’epoca di cui si è parlato, sino al 1198 si raddoppiarono sempre le questioni religiose, nuovi scismi nacquero, nuove Innocenzo III fazioni si combatterono e fu sorte, che in quest’anno Innocenzo III a Gregorio VII addì 8 Gennaio, nel pontificato succedesse… Difatti il Pontefice di allora doveva “ dare, o rinnovare privileggi a conventi, a Ordini a chiese; o cassare i pregiudicevoli, introdurre feste; assicurare la purezza dell’oprare e del credere” altrettante bisogna che chiaramente dall’illustre Storico Cesare Cantù vengono enumerate… L’Ordine di S. Lazzaro in quest’epoca ebbe maggiore sviluppo, e che i suoi segnati molta gloria si accrebbero… Per ottenere di redimere Terra Santa, tanto egli quanto il di lui successore Onorio III non solo confermarono questo nuovo Ordine religioso, Onorio III ma gli elargirono ricche Commende ed ecclesiastici benefici, annodandolo definitivamente sotto la protezione ed obbedienza della chiesa… Nella Sicilia, nelle Puglie, nelle Calabrie poi, ed in Terra di Lavoro erano immense le ricchezze che quest’Ordine possedeva e di molte delle quali era stato arricchito da Federico Barbarossa dopo la di lui incoronazione a Re d’Italia, e Imperatore a Roma… Morto Innocenzo III, primo tutore di Federico tra quest’ultimo ed i pontefici Onorato III Gregorio XI e Celestino IV nacquero seri dissapori, gli uni agli altri e viceversa comandare volendo… Innocenzo IV eletto a sommo Pontefice, contraria ancora Federico ma vinto, fugge da Roma a Lione sotto il protettorato della pagina 6 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... Francia e da qui scaglia la scomunica contro il nemico… In quest’epoca (1245/53) accade una modificazione nella prima dignità dell’Ordine di S. Lazzaro. Sino dalla fondazione i suoi componenti eleggere non potevano a loro Gran Maestro se non un Cavaliere Lebbroso dell’Ospedale di Gerusalemme e fu ciò scrupolosamente osservato sino a che, sotto il pontificato di questo Papa, essendo stati obbligati ad abbandonare la Siria, ad esso si presentarono, essendo il Gran Maestro defunto, esponendo che la consuetudine, ossia meglio l’obbligo fondamentale di nominare per loro Capo un Cavaliere lebbroso più non potevano, perché gli infedeli tutti i Cavalieri lebbrosi che trovavansi nell’Ospedale di Gerusalemme, avevano uccisi. Pregavan quindi che per l’avvenire si concedesse loro di eleggere per Gran Maestro un Cavaliere, che non fosse punto affetto di lebbra, ed anzi di salute perfettissimo. Inteso ciò il Papa rimise tale domanda al Vescovo di Frascati affine che esaminatala bene, e riconosciutala in nulla ostare alla volontà di Dio fosse favorevolmente decretata. Nello stesso tempo nelle interne lotte d’Europa, le sorti delle armi in Terra Santa volgeano alla peggio per i Cristiani ed i Cavalieri dell’Ordine nostro furono dalla Palestina cacciati e fedelmente seguirono il Santo Re Luigi in Francia. Questi, a premio della servitù e della fedeltà loro, volle beneficarli col confermare non solo le donazioni dai suoi predecessori, ma anche col donar loro case, commende, e privilegi moltissimi loro concedere. La famiglia d’Angiò protegge i Papi ed Alessandro IV, è innalzato alla Cattedra PontiAlessandro IV ficale. Questi trovato l’Ordine di S. Lazzaro arrolato già dalla Chiesa colla regola di S. Agostino gliela conferma insieme a tutti quei privileggi… Continuarono i dissapori politici tra la Corte Romana ed altri regnanti, sino a che, eletto Sommo Pontefice Clemente V, di nazione francese portò questi la sede pontificia da Roma ad Avignone… Filippo di Valois aveva assunto alla dignità di Gran Maestro Giovanni di Covras, il quale conferì l’autorità a Fra Giovanni Alidei scozzese di governare tanto per lo spirituale quanto per il temporale tutto ciò che l’Ordine possedeva in Inghilterra ed in Iscozia obbligandolo però al pagamento annuo di trenta marche sterline www.storiaartecultura.it d’argento alla Gran Commenda di Boigny. Nel 1370 Gregorio XI ritorna in Roma, e sott’Urbano VI cominciò lo scisma d’Occidente. In quest’anno Giacomo di Boynes fu elevato da Re Carlo V, il Savio, di Francia alla carica di Urbano VI Gran Mastro, ed egli conferì a Fra Domenico di S. Roy la Commenda di Seringon in Ungheria, creandolo suo Vicario Generale di tutto quel Regno, assoggettandolo però ad intervenire ai Capitolo Generali e nel tempo stesso a portare quattro marche di fino argento… Infrattanto (1378/1490) i Grandi Maestri dell’Ordine di S. Lazzaro si succedevano confermando la florida esistenza del medesimo. Carlo VII per esempio, a Pietro Revaux conferito il Vicariato Generale, e più tardi F. Delmares Gran Maestro assegnava tal carica a certo Frate Poitie che cessava di vivere dopo non lungo tempo… Benché, tornando all’Ordine di S. Lazzaro questa istituzione mai venisse meno al proprio lustro… pure a poco a poco veniva diradandosi per il Papa Innocenzo III affinché non perisse, unì quasi tutti i Cavalieri di quest’Ordine a quelli di Malta. Se non Arme di Leone X che, questa Bolla non venne in Francia né rispettata, né accettata e tanto è ciò vero che vi sono sempre stati colà Grandi Maestri di quest’Ordine, che sempre hanno accettato Cavalieri, che sempre a loro concesse hanno Commende e che pur sempre tale diritto in fatto fu da essi posseduto. Luigi XII concesse in quest’epoca il Gran Maestrato a Agnano di Marevil. Simultaneamente alla nomina accennata dell’Ordine di S. Lazzaro sedeva nel pontificato Leone X. Questi volle di nuovo ristabilire quell’Ordine che un suo antecessore aveva voluto in altro confondere. Incominciò a riconoscere l’Ospedale di Capua per Gran Commenda anche per accudire alle istanze dell’Imperatore Carlo V. Poi gli Ospedali di S. Giovanni di Palermo e di S. Agata di Messina assoggettò al Commendatariato dell’Ospedale di Capua, al cui Capo diede il titolo di Gran Maestro. pagina 7 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... DECORAZIONI ORDINI CAVALLERESCHI E DINASTICI DEGLI STATI ITALIANI PREUNITARI E DEL REGNO D’ITALIA www.storiaartecultura.it pagina 8 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... RICORDIAMO UN GRANDE: NICCOLÒ MACHIAVELLI NEL 540° ANNIVERSARIO DELLA SUA NASCITA Il 3 maggio ricorreva il 540° anniversario della nascita, avvenuta nel 1469, di un grande della letteratura: Niccolò Machiavelli e lo ricordiamo tra i grandi italiani sulle pagine della nostra rivista. La sua figura si colloca al vertice dell’umanesimo civile del ’400 portando a compimento il processo di liberazione del pensiero politico da quelli che erano gli schemi del medioevo. Dai pensatori della sua età raccoglie la distinzione tra verità di fede e verità filosofiche ed imposta il suo pensiero in base a ciò che di più lo interessa: l’uomo sotto l’aspetto della pura naturalità. Egli valuta il risultato dell’operare dell’uomo e crede di scoprire leggi fisse ed immutabili fondate sulla natura dell’uomo che egli considera sempre uguale, avido, vile, servile, mai mosso dal sentimento di giustizia e giudica il suo operato mosso a fin di bene soltanto quando ne ha necessità e ritiene l’abbondare della libertà come qualcosa che riempie tutto di disordine e di confusione. Egli considera gli stati come creazione di singoli uomini, di “eroi” che, agendo in base alle concrete norme del concreto vivere umano e non quelle relative alla morale, sono stati capaci di dominare gli uomini e di renderli “buoni e ubbidienti ad una norma che assicura il benessewww.storiaartecultura.it Anna Maria Barbaglia re universale”. Egli offre ad un Principe, in un momento molto grave, l’esito dei suoi studi, del suo pensiero, un codice di norme che il Principe deve seguire per fondare uno stato, per mantenerlo, per dominare gli uomini, portarli all’ordine collettivo, solo strumento che possa assicurare il benessere. Machiavelli sviluppa il suo pensiero partendo dalla personale partecipazione alle vicende politiche del suo tempo e dal desiderio di trovare una soluzione che possa aiutare gli stati italiani ad uscire dalla crisi in cui si trovano. Egli in modo naturale sviluppa una profonda passione per l’uomo come creatura terrena attraverso il quotidiano uso della politica pubblicamente esercitando legazioni in Italia, ma anche all’estero, osservando gli uomini che egli scopre ogni giorno di più nella loro integrità. Già molto giovane in una lettera riferentesi al Savonarola esplicita il suo pensiero e il suo vivo interesse per lo svolgimento dei fatti storici di cui vede gli uomini veri protagonisti e lascia intravedere già quelli che saranno gli aspetti che caratterizzeranno in seguito il suo pensiero politico. Nel 1502 nella relazione “Del modo di trattare i popoli della Val di Chiana ribellati” si rivela ancor più come egli concepisce l’azione politica. Infatti in questa volge il suo interesse al mondo umano, alla psicologia dell’uomo ed arriva alla considerazione dell’immortalità della natura umana nel corso dei secoli e già accenna al rapporto tra umana virtù e fortuna. Nel momento molto importante della sua vita in cui andava chiarendo a se stesso i suoi pensieri, conosce il Valentino e rimane profondamente colpito dalla sua azione politica e lo prende a modello, ne ammira la prontezza, la spregiudicatezza, l’impetuosità, la fermezza e la sicurezza nell’azione. Su questo modello Machiavelli sviluppa la necessità di possedere armi proprie e cerca di creare una milizia cittadina. Vediamo un Machaivelli che tende a trarre una lezione anche dalle esperienze altrui per agire sulla realtà storica e cercare di modificarne il corso. Manifesta ancor più il suo impegno di cittadino, la sua passione di scienziato scrivendo il “Principe”. Egli ha intuito la forza delle monarchie occidentali ed intravede la possibilità della fondazione di uno stato forte ed egemonico che, superando le discordie ed i contrasti dei principi italiani, si opponga alle monarchie d’oltralpe ponendo fine alle sventure dell’Italia prepagina 9 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... data e lacerata dagli eserciti stranieri. Egli scrive con fervore, con lucidità mentale e con l’entusiasmo di colui che vorrebbe sperimentare la validità della sua teoria e di colui che aspirerebbe alla formazione di un principato assolutistico che sia capace di combattere con forza e vittoriosamente la lotta contro gli stranieri. Questo è il tono de il Principe. La speranza del Machiavelli era in un redentore d’Italia che, costruendo un forte stato nell’Italia Centrale, fosse in grado di promuovere la liberazione dai barbari e di assicurare l’indipendenza. Era intimamente convinto della giustezza della sua intuizione che la catastrofe italiana era dovuta ad una sorta di viltà dei principi che non avevano saputo e voluto armarsi di armi proprie affidandosi ad armi mercenarie, fonti di ogni male. Il suo appello alla redenzione rimase inascoltato e, ben presto, le sue idee si rivelarono come pura illusione: i progetti dei Medici cadevano uno dopo l’altro e nel 1516 Giuliano moriva, mentre nella guerra di Urbino del 1517 Lorenzo si rivelava di tutt’altra tempra rispetto al restauratore della fortuna italiana che il Machiavelli vedeva in lui. Dalla parte opposta si trovava il re di Francia che, nel 1515 era nuovamente diventato il padrone di Milano e, nel 1515, la salita al trono di Spagna di Carlo d’Aburgo faceva intravedere una nuova lotta tra i due per il possesso della penisola italiana. Dopo il “Principe” tornò a lavorare sui “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio” che aveva accantonato per gettarsi nella stesura del Principe. Chi dopo la lettura del Principe si avvicina alla lettura dell’opera citata, ha l’impressione di leggere due diversi autori, ma il motivo portante dei “Discorsi” è che la storia deve essere fonte di ispirazione per coloro che intendono occuparsi della res pubblica. Mentre nel Principe i fatti servono ad avvalorare norme generali già date secondo un processo deduttivo, nei Discorsi sono i fatti che determinano, secondo un metodo induttivo, le regole dell’agire politico. Nel Principe il personaggio centrale è il capo di stato con un popolo completamente assente, nei Discorsi è il popolo ad apparire in piena luce e lo stato rappresenta una sorta di “corpo misto” che nasce, cresce, giunge a pieno sviluppo, si corrompe e muore attraverso un processo circolare di avvicendamento tra prosperità e decadenza, più rapido per quegli stati non ben organizzati, e più lento per gli stati con una solida organizzazione. Il Machiavelli che leggiamo in “Dell’Arte della guerra” è l’uomo in cui era caduta la speranza di www.storiaartecultura.it un tempo e che ha visto dissolversi le speranze, ma è anche l’uomo che doveva pur fare qualcosa e nel campo che più gli era caro: la riforma militare. L’opera è molto costruttiva soprattutto nell’analisi dei sistemi di armamento ed addestramento dei soldati, dei corpi tattici, del modo di combattere, delle fortificazioni… La cosa più importante che il Machiavelli si auspicava era la necessità per uno stato di essere armato con buone armi ed il riconoscimento della stretta connessione esistente tra problema politico e problema militare. Machiavelli è stato uno studioso ed uno scrittore molto prolifico e la quantità di opere è tale che non bastano certo le pagine di questa rivista per poter parlare di tutto il suo pensiero. Questo articolo non ha certo la pretesa di voler rappresentare tutto il Machiavelli, ma abbiamo parlato brevemente di lui per ricordare un grande che avrebbe voluto dare tanto alla sua Firenze, alla storia d’Italia ed a coloro che si affacciano alla politica. Abbiamo voluto ricordare l’uomo Machiavelli come personaggio perfettamente in linea con i suoi tempi, un personaggio che è entrato con autorevolezza tra gli spiriti magni della nazione italiana una volta superate tutte le polemiche sul suo pensiero durate per oltre due secoli. pagina 10 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... LE STRADE CONSOLARI: LA VIA CASSIA Area archeologica di Sutri Questa strada fu realizzata per consentire rapidi spostamenti, soprattutto di eserciti, verso la pianura Padana e si sviluppava principalmente tra la via Aurelia e la via Flaminia. Nel suo percorso originale partiva da Roma, come tutte le strade romane, dal Miliarium Aureum del Foro e fu realizzata su percorsi preesistenti etruschi ed, in un primo momento, arrivava fino a Chiusi per essere successivamente prolungata fino a Firenze dove, attraverso altre strade, si poteva valicare l’Appennino. Fu poi prolungata fino a ricongiungersi con l’Aurelia, dopo Lucca. Come tutte le strade dell’antica Roma, anche questa prese il nome del Console che ne aveva curato la costruzione, ma fino al 171 a.C. non troviamo nessuno che portasse il nome di Cassio, mentre questa linea era precedente. Da ciò si può desumere che Cassio fu colui che ne curò i lavori definitivi di lastricatura con il tipico selciato dell’epoca. I Romani, anche per la Cassia, procedettero secondo il loro disegno in linea retta e, per superare i dislivelli, ricorrevano alle tipiche “tagliate” raccordandole con i ponti per superare i corsi d’acqua e si avvalsero anche dell’esperienza conseguita dagli Etruschi, sostituendola con la loro tecnica costruttiva più avanzata soprattutto per ciò che riguarda i ponti sostituendo il legno con la muratura. L’antica Cassia tendeva a lasciar fuori i più antichi centri abitati etruschi, come quasi per emarginarli anche se le città più importanti avevano sviluppato una sorta di “ragnatela” di strade da e per le località considerate minori. Dopo 40 chiwww.storiaartecultura.it Anna Maria Barbaglia lometri la strada passava nelle vicinanze di Sutri, centro strategicamente importante in quanto posto al confine tra l’Agro Veientano e l’Agro Falisco per poi proseguire verso Capranica e Vetralla. Attenendosi alle indicazione della “Tabula Peutingeriana” che segna le Stationes, non si può affermare che passasse all’interno di Sutri e Capranica come avviene oggi, infatti, troviamo una indicazione del Vicus Matrinus che si trova alcuni chilometri più a Nord, mentre la successiva Statio indicata sulla Tabula è Forum Cassii che corrisponderebbe al luogo dove oggi possiamo trovare i ruderi della chiesa di Santa Maria di Forcassi. Tra questa Statio e le alture vulcaniche dei Vulsinii il tracciato si spostava lungo le sorgenti calde delle località del Viterbese, infatti nei dintorni delle acque termali sono molti i resti di edifici romani e dell’antico lastricato. Sulle pendici dei Monti Vulsinii si sviluppò l’insediamento di Aquae Passarsi da dove la strada saliva verso l’attuale Montefiascone per poi lentamente scendere sul crinale della caldera per dirigersi verso la città etrusca Velzna sulle rive del lago. Da qui la strada saliva per puntare “ad fines Clausinorum”, proseguire verso Clusiu (Chiusi) fino ad Arretium (Arezzo) e Florentia. La strada non fece sorgere altri importanti nuclei urbani lungo il suo percorso anche se nelle zone attraversate dalla Cassia vi fu una notevole crescita della popolazione con conseguente sviluppo dell’agricoltura che, in parte, soppiantò la pastorizia nomade, soprattutto nell’antica Etruria. Poi le prime invasioni barbariche e la successiva caduta dell’Impero d’Occidente. Questa regione fu divisa tra Longobardi e Bizantini e la Cassia ne rappresentò il corridoio. Furono comunque i Longobardi a possedere gran parte dei territori che andavano tra gli apparati vulcanici di Vico e di Bolsena e fu proprio Liutprando a concedere i territori di questa zona alla Chiesa che cominciò così a costituire il primo Patrimonio di San Pietro in Tuscia, possedimenti che furono ampliati da Carlo Magno e, in breve tempo, la Cassia fu considerata la via preferenziale dai pellegrini che, dalla Francia, la percorrevano verso Roma e che, per questo, in alcuni tratti, prese il nome di Francigena. Intorno all’anno 1000 Viterbo era la città più importante della zona ed il percorso originario della Cassia fu sostituito con un altro percorso che attraversava la città: dall’attuale Porta Fiorentina fino all’attuale Porta Romana per puntare non verso Roma, ma verso i Monti Cimipagina 11 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... ni. L’attuale percorso della via Cassia ricalca, invece, più quello antico verso Vetralla, Capranica e Sutri, mentre a Nord di Viterbo il tragitto medioevale tra Viterbo e Montefiascone è diventato definitivo. Una notevole variazione del percorso si è realizzata più a Nord, infatti, la strada dei pellegrini superava l’Arno tra Fucecchio e San Genesio, proseguiva per San Gimignano e Siena, per Acquapendente e scendeva fino a Bolsena. Selciato della via Cassia nei pressi di Montefiascone LA VIA CASSIA E IL PORTO DI VOLSINII (I) Pubblichiamo su gentile concessione del Dr. Alessandro Fioravanti, ingegnere minerario, archeologo, subacqueo, esperto nell’interpretazione delle fotografie aeree e, ad oggi, il più esperto e maggior conoscitore dei fondali e della morfologia del lago di Bolsena. Il lavoro che andiamo a pubblicare è dedicato al ricordo della moglie Gabriella e madre dei suoi figli Da Sutri a Bolsena Nel gennaio 1965, presso la Scuola di Aereocooperazione di Guidonia, fu tenuto un corso di fotointerpretazione aerea, riservato agli archeologi delle Soprintendenze Archeologiche1. Come prova finale dell'esame venne prevista la fotointerpretazione di differenti zone archeologiche da parte dei partecipanti, riuniti a coppie: la viabilità antica da Bolsena verso sud fu assegnata al Dott. Giovanni Colonna, Ispettore della Soprintendenza Archeologica Etruria Meridionale insieme all'Ing. Alessandro Fioravanti, Esperto della Cassa per il Mezzogiorno per scavi archeologici e musei. Per svolgere il tema assegnato erano disponibili le Tavolette I.G.M. al 25000 di Bolsena, Montefiascone, Commenda, Castel d'Asso e le foto aeree rilewww.storiaartecultura.it vate prima del 1957. In quella occasione avemmo modo di utilizzare anche le numerose indicazioni archeologiche che, da tempo, andavo raccogliendo nel corso di ricognizioni in campagna ed attraverso le segnalazioni di agricoltori i quali, nel lavoro quotidiano, si imbattevano in ruderi sepolti nel terreno (Fioravanti 1963, pag. 127, tav. 1). Purtroppo, quando venivo avvertito e mi recavo sul posto, il danno era già fatto: il basolato era stato portato in superficie e spostato dove non dava impedimento alle lavorazioni agricole. Le conseguenti indicazioni cartografiche, pertanto, non sono precise ma, comunque, molto indicative. Con il trascorrere degli anni ho continuato ad arricchire quelle segnalazioni topografiche che, oggi, presentano, un particolare interesse, dato che il territorio è stato poi selvaggiamente aggredito e stravolto da pesanti interventi meccanici a scopo agricolo, edilizio, stradale ed urbanistico: delle antiche strade basolate, dei suggestivi ruderi, non restano che le povere annotazioni sulle mie vecchie carte! Sullo stesso percorso, Arnold Esch, Direttore dell'Istituto Storico Germanico di Roma, ha pubblicato recentemente "La via Cassia", una affascinante guida alla Alessandro Fioravanti conoscenza di quanto resta oggi di questa antica arteria fra Sutri e Bolsena (Esch 1996). Con un ricco corredo bibliografico, grafico e fotografico, ci accompagna attraverso boschi, torrenti, oliveti... portandoci per mano, passo per passo... ma, giunto a circa 6 Km. da Bolsena, dopo il Poggio Cerretella, si trova senza punti d'appoggio: " il tracciato si perde davanti al Fosso d ' A r l e n a " (Esch 1996, pag. 47, punto 49). Ritenendo che possa avere un qualche interesse, riprendo il discorso di Esch dal punto 49, senza pretendere di saper mantenere alto lo stesso tono emotivo ma, soltanto, per mezzo di aride mappe catastali, nude tavolette militari, moderne fotografie terrestri ed aree e quelle mie vecchie annotazioni che, oggi, purtroppo, non sono più in grado di verificare. Si parte, dunque, dal punto 49, pag. 47, riga2....... Scendendo verso il lago Nell'anno 1963, in occasione dei rilevamenti topografici per la realizzazione della zona residenziale "S. Antonio", fu ritrovato un lungo tratto di basolato stradale romano, largo poco più di 4 metri e bordato da crepidini, che scendeva lungo la collina, costeggiando in alto il fosso d'Arlena. Si presentava profondamente sconvolto a pagina 12 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... na rappresentazione molto evidente di tutta la strada basolata, che prosegue in discesa dopo il punto 49 di Esch, la troviamo in una mappa manoscritta (fig. 1) del 1562 (Fioravanti 1991, pag. 10, tav.l) nella quale è indicata come “Strada Antiqua Selicata Romana” ("selicata" per "selciata"). Nella mappa, molto dettagliata, è disegnato il suo percorso ininterrotto fino a congiungersi a valle con la medievale "Strada Romana" (l'attuale S.S. Cassia), poco a monte del fosso di Arlena, il cui attraversamento è indicato con un ponte ad arco. Data la natura rocciosa di questo ultimo tratto al piede della collina, è probabile che, in epoca ro-mana, il letto del corso d'acqua (pianeggiante in quel punto) venisse attraversato con un semplice guado, opportunatamente adattato. Raggiunta così la pianura, il basolato scompare alla vista, Foto 1, basolato in loc. s. Antonio causa della vegetazione e delle radici del fitto bosco di querce che, da secoli, aveva invaso la zona (carta 1, punto: "Z",foto: 1). L'antico tracciato, in alcuni punti presenta una discreta pendenza: per quale motivo fu abbandonato il percorso a mezza costa? Continuando in quella direzione sarebbe stato necessario costruire alcuni ponti di 10-20 metri di luce per attraversare i fossi, profondamente incisi, di Arlena, Turona, Melona, del Lavoratore e della Carogna: ragionevolmente si preferì scendere verso le invitanti pianure costiere del lago! U- Fig. 1 –Mappa manoscritta del territorio tra Bolsena, Montefiascone e Bagnoregio, anno 1562 www.storiaartecultura.it Carta 1– Cartografia d’insieme da F.so di Arlena a Bolsena, dai tipi dell’I.G.M. (autorizzazione n. 4895 del 26/10/1998 pagina 13 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... risultando oggi coperto da uno strato di terreno agricolo, intensamente coltivato che, con una larghezza variabile tra 200 a 700 metri ed uno spessore fino a 2,5 metri, giunge a Bolsena, distante circa 5 km. Gli edifici funerari lungo la via Cassia Una testimonianza significativa della importanza di questo tratto della Via Cassia, la ritroviamo nelle parole dello storico Andrea Adami che, nei primi del 1700, così la descriveva: "Due miglia pria di giungere a Volseno... seguendo il littorale del Lago, ove molti antichi sepolcri si veggono." (Adami 1737, pag. 101). Alla tavola di pag. 101 "Antico Bagno su la Via Cassia a cui vicino si vedono duo Sepolcri" (fig. 2) è rappresentato un suggestivo insieme di edifici monumentali romani e, forse, etruschi (Fioravanti 1991, pag. 31, tav. 11): la lo-calità ha conservato, ancora oggi, il nome "Bagno" (carta 1. Pod. Bagno, quota 315), ma, di tutti quei ruderi, oggi, non resta la minima traccia. A pag. 198 della stessa opera è raffigurato un "Sepolcro nella via Cassia", costituito da un edificio a torre quadrata di due piani, perfettamente conservato, ed a pag. 212 "Altro sepolcro su la Via Cassia", un monumentale edificio coperto a volta, parzialmente diruto ma di grandi dimensioni. Le lavorazioni agricole li hanno totalmente rasi al suolo, cancellandone anche le minime tracce. Dall'alto della collina, detta della Torretta (per i resti di una torre medievale su ruderi romani e, forse, etruschi) (carta 1, quote 390 e 397), fino ad una decina di anni fa, con favorevoli condizioni di luce e vegetazione, si potevano osservare chiaramente le cosiddette "tracce da fotointerpretazione", variazioni cromatiche della pianura sottostante: una traccia lineare parallela alla riva (la Via Cassia) e varie tracce quadrate (i monumenti funerari). Oggi, con le profonde lavorazioni agricole e dopo la posa del grosso collettore dell'impianto Co. Ba. L.B., non si vede più nulla! Eppure, della sua esistenza hanno la piena certezza gli agricoltori che, arando o scavando pozzi, ancora incontrano frequentemente gli ingombranti basoli di pietra che vengon trascinati via ed abbandonati lungo le rive del lago. Ad ulteriore conferma della importanza di questa arteria, posso ricordare il bel bassorilievo di marmo, ritrovato nel 1991 a poca profondità, durante i lavori per una fognatura del ristorante "La Fornacella", sito ad est del monumento stesso; ha dimensioni 81x55x28 cm. e rappresenta due coniugi affiancati, purtroppo con le teste asportate in passato. È stato collocato nel Lapidarium del Museo Territoriale del Lago di Bolsena, nella Rocca Monaldeschi. Ed infine, tra le vecchie mie carte di famiglia, trovo una annotazione (impossibile a verificare) di mio nonno Alessandro, socio della Società Storica Volsiniese, "...nello sterrare il basamento di un tempio alle Pietre Lanciate il 19 luglio 1904 fu scoperto una asse di bronzo." Dunque, nei pressi della Via c'era anche un tempio. Anche quello è sparito. La cartografia de territorio Per interpretare e coordinare le numerose segnalazioni di cui dispongo e gli elementi osservabili ancor oggi con i moderni metodi di ricognizione e fotointerpretazione aerea, mi rendo conto che non posso fare ricorso a fonti storiche o archivistiche: non si tratta di cercare o trovare notizie relative agli anni del Rinascimento o del Medioevo, e neanche dei "secoli bui"... la Via Cassia fu lastricata dai Romani intorno alla metà del II secolo a.C. ed il breve tratto in questione, appena 5 chilometri, non è stato teatro di eventi storici o di qualche rilievo. Riportando, invece, la posizione di punti archeologici noti o di quelli da me annotati in passato, su una idonea cartografia Fig. 2 –Incisione dalla “Storia di Bolsena” di A. Adami, 1737 www.storiaartecultura.it pagina 14 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... (carta 1), già si osserva a prima vista che appaiono disposti secondo una direzione coerente che conduce a Bolsena. Integrando questa prima operazione con gli elementi morfologici del terreno (viabilità campestre, limiti di proprietà e di coltura, etc. etc.) risultanti dalla lettura delle mappe catastali (specialmente le più antiche) e con le "tracce" interpretabili sulle foto aeree (ombre da dislivelli, variazioni tonali e di tessitura tra varie colture) ne risulta la rappresentazione grafica inequivocabile di una importante via di comunicazione. Può essere interessante ricordare anche un tratto di basolato (carta 1,g), ritrovato nel 1988, a profondità di un metro, con quota del basolato 309 m., che risulta fuori dell'allineamento della Via Cassia. È largo metri 2,50 e volge verso est, cioè in direzione perpendicolare a quella della Cassia: si tratterebbe di una strada secondaria, pur sempre di una qualche importanza perché basolata. Nella cartografia d'insieme (carta 1), sono indicati con lettere maiuscole (A,B,C,) i tre punti di appoggio dei quali dispongo ai dati topografici; con lettere minuscole (a,b,c,...) sono indicate le se-gnalazioni ricevute in passato su tratti di basolato venuti in luce e (probabilmente) distrutti, prive però di dati precisi in conseguenza del lungo tempo trascorso e della natura stessa dei segnalatori. Con i numeri (1,2,3,...) le tracce da fotointerpretazione aerea ed i relitti morfologici (dislivelli tra colture o proprietà, viabilità campestre, etc.etc.) rilevabili in campagna e sulle mappe catastali. Punti d’appoggio quotati -A- Basolato romano nei pressi della Curva dell'Olivo, circa al km. 109,400 (carta 1,A) ritrovato www.storiaartecultura.it Foto 2, Cornicione ritrovato sulla riva del lago in loc. Curva dell’Olivo a profondità di 2,50 m. (quota del basolato 305,50 m) nel corso dei lavori per la posa del collettore Co.Ba.L.B. nel 1988. Della stessa zona sono da tener presenti anche due elementi di trabeazione in pietra lavica, provenienti da due differenti edifici, da me ritrovati sul bagnasciuga dove erano stati abbandonati e da me recuperati (foto 2): ulteriore prova della presenza di edifici, anche notevoli, costruiti lungo la antica via. Il ritrovamento e recupero furono denunciati alla Soprintendenza. -B- Struttura romana in località "Muraccio" (carta 1, quota 308 m), costituita da grossi blocchi di pietra lavica perfettamente squadrati e rifiniti, di cm. 50x40x90, su una grossa fondazione in calcestruzzo molto tenace: il piano superiore dei blocchi si trova a quota 305,50 m e presenta il fronte esterno in direzione parallela alla riva (Fioravanti 1963, pag. 127,tav. 1; Fioravanti 1988, pag. 607,tav. 6, tav. 7). Poco più a nord, le foto aeree rivelano l'esistenza di una grande insenatura della costa, riempita da sedimenti recenti (carta 1,9, Traversa, quota 305 m): fino a circa 20 anni fa, il luogo era detto "Scarceto" per la natura acquitrinosa del terreno, ove prosperava spontaneamente il giunco (in dialetto "scarcia"). Oggi è sede di un grande camping. -C- "Fornacella" - rudere a forma di torre, in laterizio sagomato di costruzione settecentesca (foto 3) (carta 1,C), su un basamento di calcestruzzo a sacco di età romana, forse a protezione di una sorgente al suo interno, oggi non sempre attiva. L'agricoltore del luogo mi assicurava che, a poca profondità nel terreno si trovano frequentemente elementi di basolato e, verso il lago (e la Via), il monumento presenta una larga pavimentazione in lastre di pietra. Accertato così l'andamento planimetrico della Via, è necessario rivolgere l'attenzione ad un parametro che sembra essere generalmente trascurato: l'andamento altimetrico della via stessa. Disponiamo a tal fine di due punti noti con certezza, i punti "A" (Curva dell'Olivo) e "B" (Muraccio), distanti dalla riva circa 200 metri, il cui piano superiore si trova alla stessa quota 305,50 m e che oggi sono coperti da uno spesso-re di terreno, ovviamente di riporto naturale, di metri 2,50 circa. Abbiamo, dunque, due punti tra di loro distanti 1 km che sono coperti dai Foto 3, rudere della “Fornacella” pagina 15 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... sedimenti trasportati dal fosso Melona, a metà strada tra i due. Se ne deduce che, a seguito di temporali, nubifragi, alluvioni nel corso dei secoli, il livello del piano campagna si è innalzato, mentre la foce del fosso e le rive circostanti si sono progressivamente protese verso il lago. Lo stesso discorso vale per gli altri fossi della costa verso Bolsena (e per tutto il lago), i fossi Maltempo, Bronzino, Arlena, Turona, del Lavatore, della Carogna, di S. Maria, Brutto o della Cavallaccia, tutti profonda- mente incisi e con vasti bacini di erosione. Se ne induce, ovviamente, che, diversi secoli or sono, le rive del lago erano molto arretrate rispetto a quelle attuali. Di quanto? Certamente, in epoca romana, non oltre l'antica Via Cassia. "...ristrettesi le acque ... si son da quello (il tempio) dilungate duecento passi circa.", così annota il solito Abate Adami nel '700 (Adami 1737, pag. 78) parlando della distanza del presunto tempio della presunta Dea Nortia da una presunta linea di costa ove egli presumeva che fosse stato edificato dai romani. A parte le elucubrazioni storicoarcheologiche dello stesso, mi sembra notevole il fatto che, in quei tempi, fosse riconosciuto in qualche modo un avanzamento delle rive. Come è notevole il fatto che questo avanzamento, a datare dai romani, 200 passi (circa 140 metri), andasse a coincidere con una traccia di antica linea di costa, rilevabile con la fotointerpretazione aerea (Fioravanti 1991, pag. 35). (continua) PASSEGGIANDO QUA E LÀ PER L’ITALIA: SUTRI (VT) Il primo nucleo urbano di Sutri sorgeva su un piede di tufo a forma di fuso lungo il corridoio tra i territori interni dell’Etruria Meridionale e la fascia costiera che rappresentava anche la linea di congiunzione tra Roma e la parte più a Nord del Lazio. L’esistenza stessa della cittadina era dovuta al fatto che si trovasse su questa linea. Sono stati ritrovati frammenti di materiale risalenti al X secolo a.C. ed, attraverso questi si può dimostrare che il sito era abitato sin dai tempi della preistoria. Gli storici non hanno e- scluso che la cittadina sia nata dalla fusione di insediamenti minori presenti sul territorio. Sono stati ritrovati resti di tombe a pozzetto e a fossa risalenti all’VIII ed al VII secolo a.C. in località La Ferriera lungo la via Cassia. Prima della conquista di Roma, Sutri non rivestiva un ruolo importante e sembra facesse parte del territorio falisco o di quello più importante di Veio. Sutri cominciò a crescere dopo la caduta di quest’ultima ed entrò, insieme a Nepi, nell’area romana divenendo un centro militare gra- Secondo la leggenda il primo Re della Penisola Italica fu il Dio Saturno, padre di tutti gli Dei che prese dimora in Italia Centrale fondandone la città più antica e la tradizione vuole che anche Sutri sia stata fondata dal Dio Saturno tanto che gli Etruschi la chiamavano “Sutrinas”. Per questo nello stemma appare il Dio a cavallo con un fascio di spighe dorate in mano a dimostrazione della fertilità della terra. Ad ogni modo, leggenda o realtà, le origini di Sutri sono da ricercare molto lontano nel tempo. www.storiaartecultura.it pagina 16 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... zie alla sua posizione strategica tra le terre falische ed etrusche. Divenne colonia latina intorno al 383 a.C. e fu teatro di scontri tra Roma e le città etrusche anch’esse inglobate nei possedimenti romani: in successione Tarquinia, Volsinii e Falerii. Durante il I secolo a.C. la cittadina godette di un periodo di benessere dovuta alla posizione sulla via Cassia che, nel frattempo era diventata una delle maggiori linee per i traffici tra Roma e le regioni del Centro e del Nord Italia. In questo periodo registrò un notevole incremento della popolazione legato ad un sostanziale sviluppo economico. Ne sono testimonianza l’Anfiteatro e l’estendersi della necropoli urbana. La via Cassia ha continuato a svolgere un ruolo fondamentale di collegamento per tutto il medioevo e Sutri ha continuato ad essere il punto di riferimento per il transito da e verso Roma. Entrò presto tra i possedimenti della Chiesa e fu coinvolta nelle lotte tra i Bizantini ed i Longobardi che, alla fine presero il sopravvento. Secondo la tradizione sembra essere stato il re longobardo Liutprando a donare Sutri al Papa Gregorio II nel 728. Con questa donazione si costituì il primo nucleo di quello che sarà il Patrimonio di San Pietro che è andato via via ad allargare i confini grazie a donazioni, lasciti e conquiste. Sutri, nel corso dei secoli, è stato punto di incontro tra Papi ed Imperatori ed è stata sede di concilii anche all’epoca degli Antipapi. Enrico III indice un concilio nel 1046 nel quale fu eletto Papa Clemente II; nel 1059 un altro concilio fu indetto dal papa Nicolò II per deporre l’antipapa Benedetto X. Il territorio sutrino fu anche teatro degli scontri tra potenti famiglie dell’www.storiaartecultura.it aristocrazia romana e dei conflitti tra papato e signori feudali più conosciuti come “lotte per le investiture”. Nel 1111 vide l’incontro tra l’Imperatore Enrico V ed il Papa Pasquale II, mentre nel 1120 l’antipapa Gregorio VIII fece di Sutri la sua roccaforte. In età comunale la cittadina non riuscì ad affermare la propria autonomia in quanto troppo vicina a Roma e troppo legata al potere pontificio. Nel 1146 divenne rifugio momentaneo di Papa Eugenio III in fuga verso la Francia e, sempre questa località vide, nel 1255 l’incontro tra Adriano IV e Federico Barbarossa e, durante gli scontri tra Papato ed Impero, vi si rifugiò Innocenzo IV. Fu terreno di scontro, tra i secoli XIII e XIV tra guelfi e ghibellini e godette di un periodo di pace soltanto dal 1322. All’inizio del XV secolo si sottomise al Papa Alessandro V per essere protetta e, da quella data, seguì le vicissitudini dello Stato Pontificio anche se ulteriori scontri portarono alla sua distruzione nel 1433 per opera di Nicolò Fortebraccio. La sua decadenza fu inesorabile, la popolazione diminuì e crollò anche l’economia. A tale decadenza contribuì anche lo sviluppo della vicina Ronciglione che faceva parte della zona interna del Ducato di Castro retto dai Farne- se. I traffici commerciali da e per Roma furono spostati sulla via Cimina a discapito della Cassia. Partecipò, in modo molto marginale, alle vicende che interessarono lo Stato Pontificio e fu successivamente occupata dalle truppe francesi. Siamo arrivati all’epoca napoleonica. La restaurazione operata dal Congresso di Vienna dopo la sconfitta finale di Napoleone, riportò Sutri all’interno dello Stato Pontificio e vi rimarrà fino all’unità d’Italia. L’Anfiteatro Il più importante ed anche il più famoso monumento da visitare a Sutri è sicuramente l’Anfiteatro del quale, fino agli inizi del 1800, non si conosceva neppure l’esistenza in quanto completamente interrato e coperto da coltivazioni nella proprietà privata Savorelli. Furono gli stessi proprietari che, attraverso una campagna di scavi, in parte, lo riportarono alla luce, mentre gli ultimi scavi lo riportarono a nuova vita. È completamente scavato nel tufo su un promontorio e rappresenta una grandiosa opera ingegneristica la cui struttura, nella sua interezza, è visibile solo dall’interno. L’arena è a pianta ellittica con l’asse maggiore che raggiunge i quasi 50 metri, mentre quello minore arriva a quasi 41 metri. Alle estremità dell’asse maggiore pagina 17 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... sono scavati due passaggi: vere e proprie gallerie con volta a botte. L’ingresso sul lato via Cassia è molto rovinato in quanto è quasi completamente crollata la galleria di accesso ed il crollo si è portato dietro anche parte delle gradinate sovrastanti. L’arena è circondata da un alto podio che parte dai lati degli ingressi principali. Lungo il podio si aprono 10 porte, cinque per versante, poste ad intervalli regolari dalle quali si accede ad un ambulacro anulare continuo che termina agli ingressi principali. La cavea si presenta in un discreto stato di conservazione nella zona NordOvest, mentre nella parte opposta appare come una ripida e scoscesa rampa. Risulta composto da tre ordini di gradinate alle quali si accede attraverso un funzionale sistema distributivo costituito da scalinate e quattro “vomitoria” per far entrare gli oltre 5000 spettatori che poteva contenere. Non c’è dato sapere se in questo luogo si svolgessero i giochi tra gladiatori o fosse utilizzato per le “venationes”, vere e proprie battaglie con animali feroci e più antiche rispetto agli spettacoli con i gladiatori. I due www.storiaartecultura.it ingressi a volta introducevano all’interno gli spettatori che si dirigevano verso accessi diversi dipendenti dal loro censo e dalle cariche politiche e religiose. I più ricchi ed importanti accedevano direttamente da un deambulacro anulare dal quale entravano nella parte di gradinate più vicine all’arena. L’Anfiteatro è stato per anni al centro delle dispute tra archeologi, infatti, alcuni attribuiscono la costruzione ai Romani, mentre altri ritengono si tratti di una costruzione precedente, ma, in considerazione della sua semplicità e linearità, oggi si è portati a pensare che sia stato costruito alla fine del I secolo a.C. dopo la costruzione di quello di Pompei. La Necropoli Urbana Si trova a ridosso della via Cassia e costituisce uno degli esempi più importanti di tombe scavate nel tufo relative all’età romana. Oggi ne possiamo ammirare 64 disposte su più livelli e già depredate a partire dall’epoca medioevale. Fino ad un passato molto recente sono state adoperate come stalle o rimesse di mezzi agricoli che ne hanno compromesso irrimediabilmente la struttura. Sicuramente la vegetazione presente e l’interramento coprono ancora molti ingressi. Sotto il profilo architettonico sono individuabili tombe ad una ed a due camere, a nicchia rettangolare con o senza incassi. Nella necropoli sono anche presenti i riti funerari ad inumazione o ad incinerazione e numerose di queste tombe sono a rito misto. Tutto il complesso si trova nel parco archeologico perfettamente visitabile. Il Museo del Patrimonium Si trova nel centro storico di Sutri ed è collocato negli ambienti di un edificio del XV secolo che un tempo ospitava l’ospedale. Nella stessa struttura sono anche presenti la Biblioteca e l’Archivio Storico. La parte dedicata al Museo, istituito nel 1996, custodisce reperti che vanno dal periodo romano al primo rinascimento ed è strutturato su tre sale. Nella prima sono visibili i reperti archeologici tra cui lapidari, affreschi strappati dalla chiesa rupestre di Santa Fortunata risalenti a varie epoche ed un tabernacolo della scuola di Andrea Bregno; nella seconda sala sono visibili reperti provenienti dalla Cattedrale di Sutri tra cui paramenti sacri, reliquiari ed il Codice Lombarda Vulgata del XII secolo; nella terza sala troviamo uno stendardo processionale ed un paramento sacro per il pontificale di Santa Dolcissima, lavoro di ricamo barocco. Anna Maria Barbaglia pagina 18 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... I SABINI POPOLO D’ITALIA. DALLA STORIA AL MITO Scoperta occasionalmente e riportata alla luce nel 1971, la Necropoli che ricade nell’area di ricerca del CNR, appare ancora in ottimo stato di conservazione. E crescente è il ruolo che va acquistando nella storia e negli studi sulla bassa Sabina. Fu, infatti, proprio la scoperta di questo sito e dello scavo delle prime 23 tombe a camera, a permettere l’approfondimento e di comprendere gli aspetti archeologici della cultura dei Sabini nella Valle del Tevere. I loculi del sito, che sono disposti sui due versanti del terrapieno e ben allineati a breve intervallo, sono collegati da una camera sotterranea scavata nel tufo. Completamente privi di qualsiasi ornamento e preceduti da un Dromos di circa 6 mt sul quale si affacciano sepolture e panchine per le deposizioni, riconducono nella più profonda notte dei tempi. L'opera, appunto riferibile ad un periodo compreso tra il IV e la prima metà del III secolo a.C., non presenta ricercatezze architettoniche, se non nel lungo dromos a gradini corredato di particolari rifiniture interne, nonché in un movimento plastico sottostante il loculo di deposizione di una tomba probabilmente nobiliare. Il tutto si inserisce nel quadro della cultura laziale del III sec. e mostra influenze della zona falisca-capenate, di cui testimonia i contatti che dovettero avvenire proprio tramite la vie Caecilia e Salaria ed il Tevere, con l'antica Eretum. La città, cioè, nominata da Virgilio tra le città sabine che, appunto, si unirono in guerra contro Enea di Troia. E si dice che in una di queste tombe, fosse stato sepolto anche il gran troiano.Particolare interesse è stato rivolto al progetto di ricostruzione virtuale della Tomba principesca i cui reperti sono conservati in parte nel museo di Fara in Sabina ed in parte nella Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen (Il Carro del guerriero). Il trono del Principe dei Sabini restaurato a regola d’arte Ospitato negli accoglienti padiglioni del Museo Civico Archeologico della Sabina, nel Palazzo dei Nobili Brancaleoni, è mèta continua di turisti, studiosi e scolaresche. Frutto di sapiente, certosino ed accurata opera di restauro, il “Trono del Principe sabino” è finalmente ritornato al suo antico splendore. Interamente scolpito in terracotta finemente decorata con i classici colori bianco-rosso che contraddistinguevano le insegne del popolo degli antichi sabini, il prezioso reperto -unico del genere- è alto www.storiaartecultura.it G.G. Martini 95 cm e pesa oltre 150 kg. Sottoposta ad approfonditi e sofisticatissimi studi tecnico-scientifici e ad un completo restyling generale, la singolare rarità è finalmente ritornata al suo status iniziale. Non facile per impegno e durato diversi mesi, il restauro appunto per la particolarità del reperto, è stato avvedutamente affidato alle sapienti cure della dottoressa Patrizia Cocchieri ed alla sua collaboratrice Barbara Caponera entrambe designate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. Ritrovato all’interno della Tomba principesca n. 36 nella Necropoli di Colle del Forno (lunga 37 metri ed articolata in un corridoio di 28 metri e tre camere, è la più grande sepoltura a camera scavata in Italia), esistente nei pressi della Stazione ferroviaria di Pianabella, il Trono è situabile intorno al IV secolo a.C.. << Ormai in pezzi ed inglobato nel contesto tufaceo - ha spiegato l’Archeologa Maria Luisa Agneni, Direttrice del Museo Civico Archeologico di Fara Sabina- il Trono giaceva accanto al defunto principe, incinerato, deposto con tutto il suo corredo in una cassa lignea sistemata in un loculo sulla parete di fondo. Del corredo facevano parte anche quattro calderoni in bronzo (ora quasi polverizzati ed in corso di restauro) di pregevole fattura e di grande diametro. Sia il trono di terracotta, realizzato su imitazione di quegli etruschi in bronzo, e gli oggetti del corredo erano considerati elementi di prestigio lasciati in testimonianza dell’alto rango sociale del defunto. La presenza di simboli regali -conclude la dott/ ssa Agneni- dimostra, altresì, il ruolo di Eretum nel panorama politico del tempo. La città sabina, infatti, non era stata ancora conquistata dai Romani ed a differenza di Custumerium o Fidene, rimase indipendente fino al IV secolo >>. Sepolto e, quindi, liberato dai detriti della volta crollata sotto l’inclemenza del tempo che lo aveva custodito fipagina 19 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... no ai giorni nostri, il Trono è stato riportato alla luce nell’estate del 2007. Ciò, grazie agli scavi condotti in località Colle del Forno, dall’Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo An- tico del CNR, in virtù dei quali gli archeologi hanno veramente restituito al mondo, un altro spaccato della organizzazione sociale dei sabini. Ma non è finita. Insieme al prezioso reperto che gli archeologi hanno definito di rara unicità era, infatti, anche sepolto il “Carro da guerra” del re di Eretum, accompagnato da due cavalli da tiro sacrificati e deposti davanti alla porta dello stesso ambiente sepolcrale. Il carro che si dice sia stato trafugato dalla Necropoli intorno agli anni ’70 e, quindi, trasferito subito dopo l’escavazione, impreziosisce ora il museo civico di Copenaghen. Una scoperta sensazionale, il recupero del Trono che ha ben presto fatto il giro del mondo e di cui è stato trattato nel corso di apposite conferenze. Un vanto per la protostoria Sabina. L’ARTIGLIERIA BORBONICA DAL 1815 AL 1860 Nel 1815, Ferdinando di Borbone, IV per Napoli e III per la Sicilia che allora erano due regni distinti, stabilì con un suo decreto che il proprio esercito in tempo di pace avesse una forza di 60.000 uomini, due corpi d’artiglieria una a piedi ed una montata, una dedicata alle coste ed un treno d’artiglieria. Uno specifico decreto costituì il 24 Agosto del 1815 i due reggimenti di artiglieria, e questi furono chiamati, il primo:”Reggimento Re” ed il secondo “Reggimnto Regina”. Ciascuno dei due era composto da uno Stato Maggiore e due battaglioni di 10 compagnie per Reggimento. L’armamento degli Artiglieri era composto da una corta sciabola ed un moschettowww.storiaartecultura.it ne. Nello stesso tempo vennero costituite due compagnie di artefici del Real Corpo di Artiglieria con una uniforme che si differì di poco e per piccoli particolari rispetto a quella degli altri due reggimenti e con il medesimo armamento. Vennero poi costituite una compagnia di artiglieri pontieri, una Brigata di artiglieria a cavallo con uno Stato Maggiore e due squadroni di due compagnie reggimentali di terra. Sempre con il medesimo decreto venne stabilita l’organizzazione dei Corpi che costituivano i serventi delle batterie alla difesa delle coste i quali ne furono nominati anche custodi. E ancora nel 1815, e precisamente nel mese di settembre Mario Laurini venne stabilita la formazione di uno squadrone di artiglieria della Guardia Reale costituito da due compagnie con armamento ed uniformi simili a quello della Brigata a cavallo. Sostanziali modifiche vennero apportate nel 1824 riguardo all’armamento dei singoli così che i soldati appiedati dell’artiglieria furono armati di un moschettone munito di baionetta e sciabole di fanteria, mentre le truppe d’artiglieria montate furono munite delle pistole e delle sciabole di cavalleria. Ferdinando di Borbone, che aveva riunito in un unico regno “delle due Sicilie” la Sicilia e Napoli, aveva assunto il numerale di 1° modificò poi anche le divise degli ufficiali generali, superiori, inferiori pagina 20 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... e sottufficiali fino al grado di brigadiere. Nel 1833 la mezza brigata montata della Guardia Reale fu sciolta, mentre si costituì una nuova compagnia da aggregare al Reggimento Regina. I due reggimenti Re e Regina, a far data dalla loro fondazione fino al 1848 e dal maggio 1849 alla fine di giugno del 1860, adottarono la classica bandiera borbonica di colore bianco con stemma al centro. Le misure di quella bandiera erano di 1,00 metri per 1,15 metri e l’asta era alta metri 2,50. Dai primi giorni del 1848 al maggio fu adottato un tricolore veramente particolare con lo stemma dei Borboni al centro, mentre nel 1860 il tricolore borbonico divenne simile al tricolore sardo per le bande verticali e lo stemma posto sul bianco. Alla fine del Regno nel 1860 l’artiglieria Borbonica era ordinata su due Reggimenti, su 16 batterie di 8 cannoni ciascuna, una batteria a cavallo oltre a quella da fortezza. Bisogna dare atto all’artiglieria napoletana di essere sempre stata all’altezza dei tempi da Napoleone fino alla difesa di Venezia con Pepe nel 1848-49 e, certamente, fino agli ultimi combattimenti del 1860 sul Volturno. Quale emerito organizzatore degli arsenali del Regno ricordiamo il Generale Carlo Filangieri, ma ricordiamo anche che questi fu il comandante delle truppe inviate in Sicilia per domare la rivolta siciliana che valse a Ferdinando il titolo di “Re Bomba”. Ricordia- mo anche Don Vincenzo Afan de Rivera, padre della prima artiglieria rigata nell’esercito Borbonico che, dopo la caduta del Regno, passò al servizio della Santa Sede. Non poteva certamente fare diversamente visto che il suo Re Ferdinando spesso diceva che il suo Regno era protetto e dall’acqua di mare e da quella benedetta. Gen. Carlo Filangieri RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO Comune di Villa Carcina, Assessorato alla Cultura ed Aref-Brescia: La traccia dell’Arte a Villa Carcina. Venti anni di mostre a Villa Glisenti- Sabato 9 maggio alle ore 19.00 si inaugura la mostra La traccia dell’arte a Villa Carcina. Venti anni di mostre a Villa Glisenti. Intervengono l’Assessore alla Cultura del Comune di Villa Carcina Gianni Galesi e le curatrici della mostra Silvia Iacobelli e Maddalena Penocchio. Seguirà rinfresco. La mostra è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Villa Carcina, curata e organizzata dall’Aref - Associazione artistica e culturale Emilio Rizzi e Giobatta Ferrari di Brescia, con il contributo di Riedil Costruzioni S.p.A. di Villa Carcina (www.riedilcostruzioni.it). La mostra rimarrà aperta fino a domenica 7 giugno ad ingresso libero con il seguente orario: il venerdì dalle 17 alle 22, il sabato dalle 15 alle 20, la domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 20. É possibile visitare la mostra su prenotazione per gruppi di almeno tre persone telefonando allo 030.3752369 o al 333.3499545 o 339.1000256. Più che una mostra di opere, La traccia dell'arte a Villa Carcina si presenta come una “mostra di mostre”, scelte sulla base dell'esistenza di una documentazione che testimoniasse l'evento: primo fra tutti il catalogo, e in secondo luogo l'invito, il materiale pubblicitario e la rassegna stampa relativi. Per ricordare le mostre sono state richieste opere possibilmente già esposte a Villa Glisenti, circa due per ogni evento espositivo, personale o collettivo. Criterio discriminante nella scelta è stata la concreta reperibilità delle opere. Quarantasette artisti per un totale di sessantatre opere - fra pittura, scultura, fotografia, installazioni e videoarte - cercano di raccontare la storia di una delle sedi espositive più prestigiose della provincia di Brescia dal 1989 ad oggi. Sulla base dei risultati della ricerca condotta da Silvia Iacobelli per conto dell’Assessorato alla Cultura di Villa Carcina sull’attività espositiva di Villa Glisenti, la mostra si propone come importante momento di riflessione sulla presenza o assenza di caratteristiche comuni, filoni ricorrenti e consolidati, e come occasione www.storiaartecultura.it pagina 21 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... per iniziare a fare un bilancio, dal quale partire per ipotizzare una politica culturale per il futuro. La mostra è organizzata seguendo la cronologia delle opere e non l'anno di realizzazione delle mostre relative, per garantire un allestimento più logico e omogeneo. Oltre alla generosità di numerosi collezionisti privati, la mostra è stata resa possibile dalla disponibilità di diverse realtà sia pubbliche sia private: ADAC di Modena, Archivio Fondazione Cavellini di Brescia, Associazione Arte e Spiritualità di Concesio (Bs), Fondazione Biblioteca Morcelli Pinacoteca Repossi di Chiari (Bs), Cesar Onlus di Concesio (Bs), Centro Arte Lupier di Gardone V.T. (Bs), Civici Musei di Arte e Storia di Brescia. L'esposizione si apre con quadri dell’Ottocento di maestri del calibro di Eugenio Amus, Giovan Battista Ferrari, Francesco Filippini, Cesare Bertolotti e Arnaldo Soldini. Le altre sale del piano terra e le stanze dei piani superiori ospitano l'ampia sezione dedicata alla contemporaneità e alle sue molteplici forme espressive, con opere che vanno dalla metà del XX secolo ai giorni nostri, dai maestri del ‘900 bresciano Virgilio Vecchia, Giovan Battista Cattaneo, Vittorio Botticini, Ermete Lancini, Guglielmo Achille Cavallini fino alle opere più sperimentali di giovani professionisti come – per citarne solo alcuni – Stefano Bombardieri, Armida Gandini, Domenico Franchi. Fra gli artisti in mostra anche nomi di importanza nazionale e internazionale come Ruggero Maggi, Claudio Olivieri, Carlos Corres, Jorunn Monrad. Sempre al primo piano è possibile visitare la sezione dedicata alla fotografia, forma d’arte così spesso ospite nelle sale della Villa, raccontata in quest’occasione attraverso i lavori, fra gli altri, di Gian Butturini, Alessandra Dosselli, Giuliano Radici, Franco Solina, Monica Bulaj. Grandi assenti per questioni di tempi e costi le mostre relative al Seicento e Settecento in Val Trompia, tematica alla quale verrà però dedicato un momento di approfondimento negli eventi serali correlati all'esposizione. Tre le iniziative in programma venerdì 15, 22 e 29 maggio alle ore 21.00 nella sala conferenze di Villa Glisenti. Il primo appuntamento è dedicato alla pittura religiosa in Val Trompia e a Brescia nel XVII e XVIII secolo. Rivolti invece a tematiche di grande attualità gli altri due incontri che si propongono l'uno come occasione di riflessione sugli aspetti dell'arte contemporanea a Brescia e l'assenza della Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, l'altro come una serata dibattito sui poli artistici e culturali in Provincia, sulle proposte dell'Assessorato circa l'utilizzo di Villa Glisenti. Programma delle iniziative correlate venerdì 15 maggio ore 21.00 Seicento e Settecento. Opere e artisti della pittura religiosa della Valle Trompia e di Brescia Introducono: Gianni Galesi, assessore alla cultura del Comune di Villa Carcina Maddalena Penocchio, curatrice della mostra La traccia dell’arte a Villa Glisenti Relatori: Carlo Sabatti, storico e curatore delle mostre inerenti il tema specifico realizzate a Villa Glisenti, Elena Lucchesi Ragni, Civici Musei d’Arte e Storia di Brescia, Rita Dugoni, ispettrice della Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici di Brescia venerdì 22 maggio ore 21.00 Aspetti del contemporaneo a Brescia: la contemporaneità a Brescia e l’assenza della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Introducono: Gianni Galesi, assessore alla cultura del Comune di Villa Carcina, Silvia Iacobelli, curatrice della mostra La traccia dell’arte a Villa Glisenti Relatori: Tino Bino, docente di Organizzazione delle aziende dello spettacolo e della comunicazione presso l’Università Cattolica di Brescia, Piero Cavellini, Archivio Fondazione Cavellini di Brescia venerdì 29 maggio ore 21.00 I luoghi dell'arte di ieri e di oggi in provincia di Brescia Introduce: Silvia Iacobelli, curatrice della mostra La traccia dell’arte a Villa Glisenti Relatori: Ione Belotti, presidente della Fondazione Biblioteca Morcelli e Pinacoteca Repossi di Chiari, Paolo Boifava, direttore dei Musei di Montichiari, Roberto Ferrari, presidente dell'Aref , Gianni Galesi, assessore alla cultura del Comune di Villa Carcina, Aurelio Gatti, presidente del Centro Culturale l’Arsenale di Iseo, Paolo Pagani, vicepresidente e assessore alla cultura della Comunità Montana di Valle Trompia. Informazioni: Comune di Villa Carcina | Assessorato alla Cultura- tel. 030.8984346\ [email protected]. ******* Assolterm e istituzioni: fronte comune per l’energia. Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico presenti alla tavola rotonda organizzata da Assolterm, per il riconoscimento del ruolo del solare termico in Italia: Roma, 22 aprile 2009 – Svolta nello sviluppo del solare termico in Italia, in occasione della tavola rotonda organizzata da Assolterm, tenutasi a Roma il 20 aprile a soli due giorni dal G8 Ambiente, con le più alte cariche di Governo, Enti Locali e associazioni di categoria che operano nel settore. Obiettivo: fare fronte comune per la liberalizzazione del solare termico. Moderati da Antonio Cianciullo, giornalista de La Repubblica, hanno preso parte alla tavola rotonda il Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente Corrado Clini e Fabrizio Penna, Capo segreteria del Sottosegretario di Stato dello stesso Ministero, e Luciano Barra, Capo www.storiaartecultura.it pagina 22 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... della Segreteria Tecnica DGERM del Ministero dello Sviluppo Economico. Assieme a loro, hanno contribuito al dibattito i delegati di Estif (European Solar Thermal industry Federation), Enea (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), dell’Agenzia delle Entrate, supportati dal giornalista di Radio Rai Elio Cadelo e da alcuni rappresentanti delle amministrazioni regionali italiane maggiormente solarizzate. Sono 3 milioni gli impianti che Assolterm si propone di installare in Italia da qui al 2020, obiettivo per il quale, ricorda il presidente dell’associazione Sergio D’Alessandris, «il ruolo del Governo è fondamentale, in quanto organo in grado di tradurre in concreto le politiche ambientali europee e nazionali. La tecnologia del solare termico - continua - trova inspiegabilmente ancora scarsa applicazione nel nostro paese, rispetto ad altre nazioni europee. Fanno scuola Germania e Austria, paesi meno soleggiati, ma con un numero di sistemi solari di gran lunga superiore all’Italia». Dai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico giunge una volontà di apertura nei confronti del solare termico, nella sua duplice funzione di fattore di crescita dell’economia nazionale e di strumento idoneo al raggiungimento degli obiettivi UE previsti dal pacchetto clima ed energia 20-20-20. L’installazione di un impianto consente infatti di ridurre dell’80% la quantità di metano impiegato per il riscaldamento dell’acqua, elemento che si traduce in un abbattimento delle emissioni di CO2 (circa 1,4 ton/anno di CO2, per una famiglia media di 4 persone). Sul piano dell’occupazione, il settore può dare nuovo impulso ad una situazione stagnante: con una previsione di crescita del 30% nei prossimi cinque anni, il solare termico si conferma come una delle realtà più promettenti per il superamento della crisi. Nei prossimi mesi verranno studiate le misure per garantire maggiori incentivi al settore: si inizierà con il Piano Casa del Governo, in approvazione nei prossimi giorni, che liberalizzerà l’installazione di pannelli solari, semplificando le procedure burocratiche. Al termine del dibattito, i soci Assolterm hanno proseguito i lavori con il rinnovo delle cariche associative: nell’ottica di una continuità, la maggioranza ha confermato alla guida di Assolterm Sergio D’Alessandris e Arrigo Burello, rispettivamente presidente e vicepresidente: i vertici continueranno sulla strada della collaborazione con le istituzioni, che ha portato l’associazione a compiere grandi passi in avanti per lo sviluppo. ******* È Renato Zanon l’autore del Palio di Feltre 2009, 16/04/2009 - Sarà Renato Zanon a realizzare il drappo del Palio di Feltre 2009. Un momento esclusivo che da 30 anni rappresenta una vetrina per i grandi artisti che realizzano l’ambito premio dato al quartiere vincitore della manifestazione. Il drappo simboleggia appieno il valore e il senso di questa rievocazione storica che riporta Feltre (BL) allo splendore dei tempi passati. Un premio di alto valore artistico che diventa ogni anno l’anima di questo evento e che, per la sua realizzazione, ha visto succedersi artisti italiani e stranieri molto affermati. Quest’anno la scelta di Zanon risulta particolarmente significativa. Il maestro è, infatti, un artista poliedrico, la cui arte nasce a Feltre ma si afferma a livello internazionale. La sua creatività ha trovato espressione a 360° in tutti i campi dell’arte: pittura, scultura, poesia. Apprezzato in tutto il mondo per la sua grande sensibilità artistica, Zanon fonde armoniosamente semplicità delle forme e profondità introspettiva. Le sue opere, infatti, rivelano non solo armonia, equilibrio, eleganza e semplicità ma anche legami profondi con la propria terra e la propria cultura. Una pittura impostata sulla delicata variazione cromatica tipica della scuola veneta, con una tavolozza ricca e soffusa, i cui colori sono esaltati dalla dolcezza delle linee e dalla profonda armonia trasmessa dalla tela. La figura umana ritrova, nello stile di Zanon, la propria interiorità mostrandola senza indugi all’osservatore. Molto amati dal maestro i paesaggi invernali in cui “tutto si mostra nella sua profonda essenza, ammantato da una luce pura che rivela la bellezza delle cose”. E proprio l’uomo e il paesaggio saranno protagonisti del drappo 2009. In primo piano i figuranti che rievocano il passato di Feltre con i loro ricchi abiti e sullo sfondo uno scorcio di Feltre in cui spicca la torre del Castello. Un drappo che il maestro definisce innovativo, non tanto per i contenuti ma per come saranno espressi. Un artista a tutto tondo che saprà sicuramente esprimere al meglio sulla tela i valori legati alla storia e alle tradizioni del Palio, come risulta già dai bozzetti presentati che hanno riscosso grande approvazione dall’intero consiglio direttivo dell’Associazione Palio di Feltre. Il Palio alla riscoperta delle tradizioni, 06/05/2009 – “Il Palio sarà quest’anno più che mai occasione per rivivere una storia fatta anche di tradizioni e costumi di un tempo oggi quasi dimenticati. Lo ha affermato il Presidente dell’Associazione Palio, Sergio Maccagnan, al termine dell’incontro che ieri sera ha visto riuniti i vertici www.storiaartecultura.it pagina 23 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... del sodalizio. Nessun riferimento preciso per il momento trapela, ma si sa che tra i protagonisti di questo percorso di riscoperta della cultura locale ci sarà il Pindol: uno dei giochi più amati dai bambini feltrini di un tempo, che tornerà a far sorridere grandi e piccoli con un torneo a 4 squadre che vedrà impegnati atleti che giocheranno con le maglie dei quattro quartieri. La proposta di rievocarlo all’interno della manifestazione agostana, avanzata al Consiglio Direttivo dalla squadra locale, è stata accolta all’unanimità, come straordinaria opportunità per far rivivere le tradizioni di Feltre e per valorizzare il volontariato feltrino che da sempre sostiene il Palio. Le altre squadre che parteciperanno al torneo provengono da importanti città come Verona, Mantova e Pirano (CZ) dove da anni si tengono manifestazioni legate ai giochi antichi. Il consiglio ha inoltre confermato la sua partecipazione il 12 maggio alle iniziative per il passaggio del Giro d’Italia. In tale occasione una rappresentanza accoglierà i ciclisti, con figuranti e bandiere, all’imbocco di via Del Piave, proprio all’entrata della città. È stata inoltre stabilita la partecipazione, il prossimo 15 giugno alle celebrazioni in onore di San Vito, alla cui figura la nobile famiglia dei Muffoni – una delle grandi casate del Palio – è storicamente legata. Alle ore 17.00 presso la Chiesa di Col San Vito, nelle vicinanze di Cesio, si terrà la Santa Messa a cui saranno presenti i figuranti di Duomo, Santo Stefano e Port’Oria accompagnati da corteo, tamburini e sbandieratori del quartiere Castello da sempre legato a Cesio e ai suoi abitanti. ******* Casa Da Musica,un favoloso connubio di musica e design. Milano, 27 aprile 2009 - Casa da Musica di Porto è un particolarissimo auditorium dal design innovativo e audace che l’ architetto olandese Rem Koolhass ha volutamente inventato per creare una sorta rottura con la precedente architettura. Un vero e proprio tempio moderno dove la Dea Musica può manifestarsi liberamente in tutte le sue forme più bizzarre. La sua stravagante e pittoresca forma poliedrica irregolare paragonabile ad un grosso meteorite caduto dal cielo, rende questo edificio un’opera unica nel suo genere e consacra Porto come una delle città europee più all’avanguardia nel campo dell’architettura contemporanea. Posizionata nel centro storico, tra la parte vecchia e la parte nuova della città, Casa da Musica riesce ad unire i diversi stili architettonici delle abitazioni che la circondano dando vita ad un’affascinate prospettiva fatta di linee e curve che si intersecano tra di loro.La struttura si estende su una superficie di 22.000 metri quadrati e comprende un grande auditorium di 1.000 metri quadrati che può ospitare sino a 1.300 posti seduti. Casa da Musica ha cambiato il modo di concepire per sempre “lo spazio musica”. Con le sue innumerevoli sale ha dimostrato che vari tipi di musica come classica, jazz, rock, musica tradizionale portoghese possono essere ascoltati e suonati in un unico luogo contemporaneamente anche grazie alla perfetta acustica e alla perfetta insonorizzazione che è stata appositamente progettata da Rem Koolhass. Quindi non più un unico spazio per un unico genere di musica ma uno spazio per tutti i generi di musica. Una biblioteca, un videoteca, un internet point, un coffe shop e un ristorante situato sulla terrazza completano le offerte che la Casa da Musica propone ai suoi visitatori. Con la Casa da Musica non si è voluto creare soltanto una nuova sala per concerti ma un luogo di incontro, una anche una “piazza” dove gli abitanti e i turisti possono ritagliarsi un po’ di intimità difficile da trovare nelle grandi metropoli. ******* Alberto Sughi al Palazzo Sant’Elia di Palermo. Dal 10 Maggio al 2 agosto 2009, a cura di Maurizio Calvesi - La Sicilia e la città di Palermo dedicano una mostra antologica ad Alberto Sughi, personalità di forte spicco e grande protagonista dell'arte italiana del secondo dopoguerra, nella sede rinnovata di Palazzo Sant'Elia, uno dei gioielli Settecenteschi situato nel cuore della città antica. Successivamente la Mostra sarà ospitata a Londra presso l’Istituto Italiano di Cultura. La mostra di Alberto Sughi, comprende opere di pittura e di disegni dal 1958 ad oggi, ripercorre le tappe salienti della lunga e intensa carriera di un artista che oggi ricopre un ruolo significativo e riconosciuto da autorevoli storici e critici d'arte nel panorama artistico contemporaneo, un www.storiaartecultura.it pagina 24 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... maestro che ha saputo creare un linguaggio originale ed inconfondibile e dare un contributo di grande ricchezza, grazie alla sua capacità di indagare e scavare nel profondo dell'animo umano. "A chi mi chiedesse un consiglio per guardare in modo corretto un mio quadro, suggerirei di avere lo stesso atteggiamento di pazienza e di attesa che abbiamo quando si entra in sala a proiezione già cominciata; guardare le prime sequenze di una storia che ancora non conosciamo; cercare di capire qualcosa dall'ambientazione , oppure dai personaggi che compaiono sullo schermo senza sapere se sono gli interpreti principali o di secondo piano nel film: non sapere nemmeno se siamo all'inizio o verso la fine" (SUGHI) Insomma, il momento più annebbiante, più misterioso, cui ben s'intona l'improvvisa immersione nell'oscurità... La tonalità principale, almeno qui, non è quella, sempre sottolineata dagli interpreti, della solitudine. Sono gli spettatori nella sala, non comunicano tra loro, ma comunicano con una visione che riempie i loro sguardi e il loro animo. Non c'è racconto, intendo intreccio narrativo, nella pittura di Sughi, ma come riflesso o l'eco del racconto. Il racconto è lontano, separato, tra le sequenze del film o della vita, ciascuno lo rivive nella propria visione o nella propria memoria, in un'atmosfera trasognata, interiorizzata, che è un modo di essere assorti in se stessi, più che infelicità." (CALVESI) La manifestazione fa parte d'un più ampio programma di prossime mostre a Palazzo Sant'Elia tutte dedicate ai maestri della pittura italiani del Novecento. Inaugurare il ciclo proprio con una mostra di Alberto Sughi è anche l'aver voluto celebrare e rendere uno speciale omaggio al maestro in occasione dei suoi 80 anni. La mostra, a cura di Maurizio Calvesi, è prodotta e realizzata da RomArtificio, in collaborazione con l'Associazione Amici dell'Arte, e con la Società Beni Culturali, ed è promossa dall'Assessorato Regionale ai Beni Culturali, e dalla Presidenza della Provincia di Palermo. Sotto l'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica Italiana e con il Patrocinio della Presidenza del Senato della Repubblica, della Presidenza della Camera dei Deputati, del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Comune di Palermo, la mostra si avvale del sostegno della Presidenza della Regione Siciliana, della Presidenza dell'ARS - Assemblea Regionale Siciliana - dell'Assessorato al Turismo, Comunicazioni e Trasporti della Regione Siciliana e della Fondazione Banco di Sicilia. La sede prestigiosa di Palazzo Sant’Elia porta con sé una storia ricca di avvenimenti; utilizzato per tanti anni nei modi più svariati, solo nel 2007 è stato finalmente restituito a sede espositiva dalla Provincia di Palermo, grazie ad una equipe di esperti nel settore che ha redatto e realizzato il progetto utilizzando gli stessi materiali di allora, lasciando intatta la struttura originaria, scremata dai vari restauri e rattoppamenti avvenuti nel corso del tempo. La mostra “Alberto Sughi” offre così un’importante occasione per godere dei dipinti all’interno di un palazzo che segna con la sua presenza dal 1756, l’anno in cui Giovanbattista Celeste decise di ampliare la sua casa lasciando il progetto nelle mani di Niccolò Anito, una parte interessante della storia di Palermo, divenendo una delle più sfarzose abitazioni di questa città. Solo un secolo dopo il palazzo passava nelle mani di Romualdo Trigona, principe di Sant’Elia, unico possibile erede della casata. Ferrari: il martirio di Sant’Andrea ******* Le gallerie dei Gerosolimitani:“PARLARE CON DIO”, a cura di Rob Smeets; Perugia, 13 giugno \21 settembre 2009 - Sabato 13 giugno 2009 con la mostra PARLARE CON DIO, curata da Rob Smeets, apre i battenti a Perugia il nuovo centro espositivo e culturale LE GALLERIE DEI GEROSOLIMITANI, collocato all’interno dello splendido complesso - chiesa, ospedale e oratorio della Casa della Commenda dei Cavalieri di Malta Laus Deo. La mostra di dipinti antichi vede esposte oltre venti opere, alcune delle quali di grandi dimensioni, di autori come il Maestro di Alkmaar, Abraham Bloemaert, Pietre Binoit, Abraham Bosschaert, Jacob Gerritsz. Cuyp, Orazio de Ferrari, Giusto Fiammingo, Jan Fris, Georg Flegel, Fedele Galizia, Niccolò Gerini, Luis de Morales, Bernard van Orley, Marco Palmezzano, Giulio Cesare Procaccini, Alessandro Tiarini, Claude Vignon e Juan Ximenez. Attraverso l’iconografia, la forza espressiva e l’intimità delle opere in mostra si vuole cercare di trasmettere all’osservatore più attento il senso originario di misticismo, rigore ed estasi religiosa cosi come veniva comunicato nel passato. La magica intimità dei fondi oro italiani e dei primitivi fiamminghi, i criptici messaggi moralistici dei dipinti olandesi del ‘600 e ‘700 e la tra- www.storiaartecultura.it pagina 25 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... volgente forza del credo della pittura barocca italiana sono esempi iconici di sorgenti quali i Vangeli, le predicazioni, la catechesi e la liturgia cristiane. Il nuovo spazio espositivo Le Gallerie dei Gerosolimitani è composto dall’ingresso posteriore delle Gallerie, con ampia terrazza esterna che si apre su Via della Sposa e sulla facciata medioevale della chiesa di San Luca costruita a metà del XII secolo. Dal 1460 al 1471 Francesco della Rovere, Cardinale titolare di San Pietro in Vincola, successivamente Papa Sisto IV, ebbe l’arcipriorato proprio della Chiesa di San Luca, che fu per quattro secoli Collegiata dei Canonici Regolari del San Sepolcro, con annessa la loro residenza e l’oratorio dopo il loro distaccamento da Gerusalemme. L’ingresso anteriore delle Gallerie si trova invece su Via San Francesco, nella parte dell’oratorio della Casa della Commenda ristrutturata nel 1484 da Cataneo dei Traversagni, come si legge sul fregio dell’architrave del portone d’entrata, incastonato nella facciata dalle bellissime finestre quadripartite quattrocentesche in travertino. Nel 1560 tutto il complesso, fu affidato ai Cavalieri del Sovrano Militare Ordine di Malta. ******* ******* www.storiaartecultura.it pagina 26 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... www.storiaartecultura.it pagina 27 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... www.storiaartecultura.it pagina 28 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... Riceviamo dal Dr. Cav. Silvio Manglaviti:precisazioni rif. Storia, Arte, Cultura ..." - numero 9 - 10, novembre 2008 - pagina 3 "Urbisveteris Antiquae Ditioni Descriptio"; l'autore: "Padre Egnatio Danti"; l'anno di pubblicazione: "1583"; la dedica: "a Monaldo Monaldeschi della Cervara"; l'attuale posizione: "Istituto Geografico Militare - Firenze". "Prima rappresentazione conosciuta del territorio orvietano nel 1334, all'epoca di Manno Monaldeschi della Cervara". www.storiaartecultura.it pagina 29 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... Associazione Tyrrhenum . Un atto d’amore verso il proprio territorio. Questo l’atteggiamento che ha portato decine di aderenti dell’Ass. Tyrrhenum, alcuni con i costumi antichi del Gruppo Storico Lavinium, nel pomeriggio di domenica 10 maggio ’09, presso la foce dell’antico sacro fiume Numicus, oggi conosciuto come Fosso di Pratica di Mare, che versa in uno stato di totale abbandono. Alla presenza di giornalisti e TV locali e accompagnato da Laura Celori, proprietaria del vicino stabilimento, il corteo dei partecipanti all’iniziativa ha effettuato un nuovo sopralluogo in quello che è il sito dell’approdo di Enea, sensibilizzando i bagnanti sull’importanza della riqualificazione dell’area e informandoli che il luogo dove avevano deciso di passare una giornata di relax era il luogo dove ai confini tra il mito e la storia si erano compiuti i Fati: Enea era giunto da Troia e aveva dato inizio alla stirpe di Roma e alla sua civiltà. Nell’occasione era atteso il Sindaco di Pomezia, lui stesso aveva preannunciato la presenza alla stampa, ma evidentemente era troppo impegnato da non poter neppure telefonare. Comunque la sensibilizzazione è partita, cittadini, mezzi d’informazione, associazioni, enti hanno iniziato ad occuparsi del problema, dall’ass. Tyrrhenum la richiesta e la preoccupazione che gli interventi siano volti alla salvaguardia ed alla valorizzazione e non alla speculazione. Per sottolineare l’importanza di questa iniziativa ribadiamo che il “Fosso di Pratica di Mare” corrisponde, come studiosi ed archeologi da tempo hanno confermato, all’antico fiume Numicus, dove la tradizione colloca: -il mitico sbarco di Enea con le genti troiane, -la zona di sacre sorgenti di acqua dolce, -il luogo dove avvenne “il Pasto delle Mense”, che sancì la consapevolezza dell’arrivo dei troiani nella loro nuova patria, -il sito del Santuario dedicato al Sol Indiges, dove Enea erigerà due altari in onore del Sole, -la tragica fine di Anna Perenna (sorella di Didone), poi sposa del dio Numicus, -il luogo dove Enea troverà la morte misteriosa durante la battaglia contro gli Etruschi, -il luogo sacro dove venivano attinte le acque per le cerimonie religiose. Il Numico merita un’adeguata sistemazione, non solo nel rispetto dell’ambiente, della nostra storia e della nostra cultura, ma anche perché potrebbe risultare un’ulteriore risorsa turistica da inserire nel fiorire delle nostre bellezze storiche e ambientali come: Lavinium, la Villa dei Flavi, il Santuario al Sol Indiges, i laghetti sulfurei di Albunea, l’Antro di Fauno, il Bosco del Sughereto, Torre Maggiore, il Casale delle Solforate, il Cimitero Tedesco, l’Aeroporto di Pratica di Mare, Torre Fausta, Tor Cerqueto, ecc. Chiediamo interventi per: -risistemare sotto la sabbia il grosso tubo nero della fogna che s’inoltra nel mare, -controllare e nascondere alla vista gli scarichi sotto il ponte, -sistemare in maniera non invasiva il cartello del divieto di balneazione , -rimuovere le macerie dell’adiacente edificio diroccato e pericoloso, -nascondere con piante autoctone i lavori di rinforzo degli argini che rovinano ogni possibile suggestione legata al luogo, -pubblicizzare adeguatamente l’antico nome del corso d’acqua, -sistemare cartelli esplicativi sull’importanza del luogo, -sistemare tra la spiaggia e la strada una grande barca, simile a quelle in uso ai tempi di Enea, 3200 anni fa, come attrazione turistica e segno d’identità per il territorio, -prevedere nella barca, o nell’edificio da ristrutturare o in un capanno, un punto d’informazione turistica e d’iniziative culturali, -istituire il 21 giugno, data simbolo dell’arrivo di Enea, Festa Cittadina, -sostenere le manifestazioni ricorrenti in costume che celebrano gli antichi eventi e ricordano il prestigioso gemellaggio tra Pomezia (Lavinium) e Canakkale (Troia). ******* COMUNE DI ACQUAPENDENTE, Provincia di Viterbo Comunicato stampa 9 maggio 2009 Dall’11 al 13 maggio sul palco aquesiano si sono esibiti giovani attori “Dentro la scena”, tre scuole in concorso al Teatro Boni. Al via la terza edizione del premio per produzioni teatrali scolastiche “Dentro la scena” al Teatro Boni di Acquapendente. Per tre giorni, dall’11 al 13 maggio, il palcoscenico aquesiano ha ospitato la rappresentazione delle tre opere finaliste del concorso. La manifestazione, che ha ottenuto il patrocinio dell’Ufficio Provinciale Scolastico, dell’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio e della Provincia di Viterbo e del Comune di Acquapendente, rientra nel progetto “Protagonisti domani” cofinanziato dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, nel quale rientrano anche la rassegna per le scuole e i laboratori di movimento creativo realizzati a scuola. Il programma dell’evento prevede lunedì 11 maggio alle ore 11.00 l’esibizione musicale fuori concorso della classe V della Scuola Primaria di Acquapendente diretta dal M° Alberto Casasole. Nel pomeriggio alle ore 15.30 l’Istituto Comprensivo Don Lorenzo Milani di Cerveteri presenterà “Il cuoco prigioniero”. Martedì 12 maggio alle ore 11.00 sarà la volta della Scuola Secondaria di Primo Grado G. Sinopoli di Roma con l’opera “Quando le radici mettono le ali”. Mercoledì 13 maggio, infine, alle ore 11.00 l’Istituto Comprensivo AlbanoPavona di Albano presenterà lo spettacolo “H = Vittoria”. Al termine della manifestazione la giuria del concorso determinerà la scuola vincitrice che si aggiudicherà un premio in denaro di 600 euro e la possibilità di partecipare ad uno stage teatrale all’interno della Riserva Naturale Monte Rufeno. L’ingresso agli spettacoli è gratuito Ci scusiamo con tutti gli altri Enti ed Associazioni per non aver potuto pubblicare per mancanza di spazio tutte le notizie che ci sono giunte. Cercheremo di fare il nostro meglio nel prossimo numero. Grazie a tutti. LA REDAZIONE www.storiaartecultura.it pagina 30 - numero 4-5 aprile-maggio 2009 STORIA, ARTE, CULTURA... Fausto Pirandello al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado CONFERENZA STAMPA 13 MAGGIO 2009 Roma, Presso la casa romana di Luigi Pirandello, Via degli Scialoja 28, ore17.00 L’Avv. Pierluigi Pirandello presenta la Mostra Fausto Pirandello INAUGURAZIONE 16 MAGGIO 2009 ore 11,30 Anticoli Corrado (Rm), Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado, Piazza della Vittoria, 1, 16 maggio – fine settembre 2009 “Fausto Pirandello al Museo di Anticoli Corrado” Ore 12.30 Lettura scenica: "Dialogo immaginario tra Luigi Pirandello e il figlio Fausto" di Luciana Grifi. Voci recitanti: Nino Bernardini, Massimiliano Carrisi. Promotori: Avv. Pierluigi Pirandello, Giovanna Pirandello. Info: ( + 39 ) 06.3611285\ ( + 39 ) 337361502 Curatori: Carlo Fabrizio Carli, Marco Occhigrossi - E-mail: [email protected], Paolo Bertoletti Ufficio Stampa: Studio Comunicando – www.studiocomunicando.com, Responsabile Comunicazione: Rossella Migliorati. Cellulare: 3392606298 [email protected] Responsabile Creativo: Francesco Scaletta, Cellulare: 3388176690 [email protected] Patrocini: Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed il patrocino di: Regione Sicilia, Provincia di Roma, Comune di Articoli Corrado, Comunità Montana Valle dell’Aniene. Dalla lettera dell’Avv. Pierluigi Pirandello: Ricordi per la mostra di Fausto Pirandello ad Anticoli Corrado Ringrazio di cuore quanti hanno voluto questa mostra di Fausto Pirandello nello splendido Museo di Anticoli Corrado. A questo fascinoso paese mi legano una molteplicità di eventi. Il principale legame è costituito dal fatto che, in questo luogo, è nata mia madre Pompilia D’Aprile Pirandello. Da giovane era bellissima come tutte le donne di Anticoli Corrado. Mio padre, che ne era geloso, mentre era in studio a dipingere, voleva che l’accompagnassi sempre quando usciva. Quando ero bambino percorrevo le strade tortuose e suggestive di Anticoli Corrado tenendo ben stretta la mano di mia madre, per impedire che me la rapissero. Questa paura è rimasta a lungo nel mio inconscio e qualche volta, nei miei sogni, mi torna ancora il timore che qualcuno possa sbucare dai vicoli del paese per rapirla. Il colloquio con i fantasmi sarà un bene o sarà un male? Diviene sempre più raro e difficile per la interferenza di voci estranee e nuove, che la necessità del tempo presente ci impone. Altro legame con Anticoli Corrado è costituito dall’incontro, avvenuto nell’agosto 1936, con mio nonno. Fino all’estate del 1936 non avevo avuto molte occasioni di vedere il nonno, sempre in viaggio per il mondo al seguito di compagnie teatrali. Il tempo delle vacanze nella villa di San Filippo in Anticoli Corrado, con le lunghe giornate di luce estiva, favoriva finalmente un contatto che non so dire (avevo allora solo otto anni) quanto avessi desiderato, ma che, certamente mi doveva sembrare eccezionale. Durante il giorno il nonno non stava molto con noi familiari a parte l’ora del pranzo. Rimaneva, infatti per ore chiuso a lavorare nella sua stanza, portando avanti, con ogni probabilità, la complessa stesura del suo ultimo, incompiuto lavoro teatrale “I GIGANTI DELLA MONTAGNA”. Ritengo che la villa di San Filippo, dove noi abitavamo, abbia ispirato a Luigi Pirandello l’idea della villa in cui è ambientato il dramma de “ I GIGANTI DELLA MONTAGNA” per la sua posizione lontana dal mondo. Sono lieto che in questa prima mostra di mio padre ad Anticoli Corrado siano esposte alcune Crocifissioni, tema molto caro a mio padre. Ed è estremamente significativo il fatto che questo episodio abbia ispirato anche altri Artisti, come Guttuso, Manzù, Severini e molti altri ancora. Desidero chiudere questo mio ricordo su Anticoli Corrado rilevando come i potenti facciano la storia, mentre la gente normale miri a crearsi un destino il più possibile felice. Ma questa regola subisce un’eccezione che si verifica quando la gente normale compie azioni rilevanti. La prova che quanto affermo è vero, la troviamo in questo Museo, quando vediamo le opere di Pasquarosa Marcelli Bertoletti. La notissima artista anticolana, di notevole valore espressivo e cromatico, insieme ad altre anticolane ha saputo lasciare un segno indelebile nell’Arte del secolo scorso. Mi stupisce, pertanto, che il nobile lavoro della modella venga poco considerato. Mi auguro vivamente che questo concetto venga modificato, e che Anticoli Corrado possa tornare ad essere un punto privilegiato della grande pittura Europea. Avv. Pierluigi Pirandello www.storiaartecultura.it pagina 31 - numero 4-5 aprile-maggio 2009