riccardo vitale la cerea 1945 - 1997

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riccardo vitale la cerea 1945 - 1997
RICCARDO VITALE
LA CEREA 1945 - 1997
La Cerea 1945-1997
PREFAZIONE
Valeva la pena di frugare tra vecchie carte per tracciare la storia di 50 anni di
un piccolo gruppo di persone?
Certamente no.
Ma alla Cerea c’è sempre stata la passione per i cimenti privi di scopo, i
cento chilometri al remoergometro, i raid faticosi, le gare di sopravvivenza.
Tra le varie sfide inutili, io ho scelto questa.
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La Cerea 1945-1997
INTRODUZIONE
La lettura dei verbali del Consiglio Direttivo e delle Assemblee consente di
conoscere fatti della vita dimenticata della società, circostanze spesso minute che
non trovano alcuno spazio nelle storie ufficiali edite per il centenario e per il 125°
anniversario della fondazione. Per la loro funzione celebrativa i volumi ufficiali
riportano e sottolineano i fatti positivi, i successi e gli onori della Cerea; ma
nascondono le pagine sgradevoli e trascurano i piccoli fatti che non hanno alcun
interesse per gli estranei. Eppure, se vogliamo capire attraverso quali vicissitudini
e traversie la Cerea abbia percorso i suoi 135 anni di vita, se e come la Società
sia mutata, come siano maturate anche le sue pagine gloriose, allora è
necessario partire proprio dai piccoli fatti quotidiani di amministrazione.
Le fonti che ho utilizzato sono i verbali di Assemblea e di Consiglio, il Libro
d’ Oro, il volume di Dal Pozzo edito per il centenario, qualche elenco di soci
esistente in segreteria e documenti e corrispondenza degli ultimi 20 anni. Per il
periodo successivo al 1986 ho attinto abbondantemente ai miei ricordi.
I verbali disponibili sono generalmente scarni nel contenuto; a parte alcuni
anni in cui nulla venne verbalizzato, molti Consigli tennero pochissime riunioni, 23 all’anno. E’ più frequente il caso di verbali ove vengono enunciati problemi che
non di quelli in cui venga indicata la decisione assunta; ma anche la pura
enunciazione di una circostanza ci aiuta talora a collocare temporalmente una
decisione di cui conosciamo gli effetti ma non la genesi. Spesso i verbali riportano
ampie discussioni su problemi ampi e quasi insolubili, come la necessità di
incrementare i soci; però non riportano decisioni, per esempio riguardo a spese
deliberate, molto importanti.
Paradossalmente è molto più facile ricostruire la vita sociale alla Cerea nel
1800, periodo di cui furono conservati tutti i documenti, che non per gli anni
successivi alla seconda guerra mondiale; ci proverò ugualmente. Avevo chiesto
ai soci di più antica iscrizione di ricostruire la storia della Cerea dal dopoguerra,
ma mi avevano risposto di non riuscire a collocare i fatti temporalmente, se non in
modo eccessivamente approssimativo; problema effettivamente serio che, mi
auguro, questo lavoro risolverà. Sarà forse possibile integrare con personali
ricordi e con utili spiegazioni i fatti storici che proverò a ricostruire sulla base dei
soli documenti.
Ogni volta in cui ho trovato nei documenti un riferimento all’argomento
trattato l’ho riportato, indicandone in nota gli estremi per reperirlo, il che è
elemento di completezza ma non di facile lettura. D’altronde non intendevo
scrivere un racconto divertente.
Naturalmente la mia interpretazione dei fatti potrà non essere condivisa, ma
anche questo è normale.
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La Cerea 1945-1997
CAPITOLO I
VITA E VICENDE SOCIALI
Questo capitolo dovrebbe forse essere l’ultimo, perché costituisce una
visione d’insieme della vita sociale dal 1945 al 1995 costruita su molte vicende
particolari, esaminate nei capitoli seguenti. D’altronde non si poteva evitare una
panoramica generale. Alcune interpretazioni apparentemente discutibili
troveranno, credo, conferma nei capitoli successivi.
1 IL TRAMONTO DEI DIRIGENTI D’ ANTEGUERRA
Dal 1933 al 1945 Presidente della Cerea fu l’ing. Alfredo Boccalatte, socio
dal 1911, grande atleta e tecnico di canottaggio; lo possiamo vedere ritratto in
numerose foto di equipaggi conservate nella sala del biliardo.
Il periodo della sua presidenza non sarà quindi esaminato, ma qualche
cenno è comunque opportuno, se non altro per comprendere meglio l’origine di
una evidente antipatia e diversità di opinioni che lo oppose a Derossi, astro
nascente di quegli anni. L’accusa che gli mosse Derossi fu quella di aver
abbandonato la Cerea in uno stato di degrado materiale e di sonnolenta pigrizia;
non abbiamo elementi per giudicare, ma occorre anche ricordare che nei sei anni
di guerra la Cerea poteva solo sopravvivere; ogni idea di rilancio e sviluppo
sarebbe stata inopportuna e destinata al fallimento per le difficoltà che
attanagliavano la grande maggioranza della popolazione. Chi fatica a
sopravvivere difficilmente si preoccupa del superfluo, e la Cerea rientrava tra le
cose superflue o non indispensabili.
Boccalatte aveva aperto le porte della Cerea a vari gruppi esterni, dal GUF
al dopolavoro del Pubblico Impiego, a quello della Cassa di Risparmio, praticando
una politica di tariffe basse e di modesti investimenti, tutto il contrario di ciò che
Derossi riteneva opportuno per la Cerea. Nel 1945 erano quindi presenti in
società, oltre ai soci, anche vari gruppi aggregati; tutti erano accomunati da quote
non idonee a differenziare la Cerea da un dopolavoro, ciò che in realtà la Società
era diventata anche per disposizione del regime fascista. Boccalatte portò però la
Cerea dai 50 soci del 1932 ai 100 del 1945, e di ciò era giustamente fiero.
Per uno di quei cambi generazionali normali nella vita di ogni comunità,
Boccalatte si fece da parte dopo tanti anni spesi al timone della Cerea, ma non
rinunciò a far sentire la propria opposizione ai tanti cambiamenti imposti dalla
nuova dirigenza; però la sua voce rimase solitaria, forse perché era davvero solo
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La Cerea 1945-1997
a credere in certe idee o forse perché pochissimi osavano opporsi a Derossi.
Questi attaccò Boccalatte con una determinazione quasi feroce, priva di quella
comprensione e riconoscenza che generalmente si deve ad un vecchio dirigente;
trascriverò le pagine del duello verbale che vide Boccalatte perdere la sua
personale guerra perché sono del tutto inusuali, almeno alla Cerea. L’ex
Presidente fu messo da parte con decisione, e con lui scomparvero dal Consiglio
persone che gli erano state vicine negli anni della Presidenza.
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2 LA PRESIDENZA DEROSSI
L’ing. Agostino Daniele Derossi era socio effettivo dal 29 giugno 1919 e già
dai primi anni ‘20 aveva gareggiato per la Cerea, fece anche parte dell’equipaggio
che vinse il campionato italiano nel 1921. Era un industriale di successo, la sua
Microtecnica si poneva all’avanguardia tecnologica ed aveva acquistato grande
importanza durante la guerra; di lì a poco Derossi sarebbe stato nominato
Presidente dell’AMMA e la sua influenza, unita alle sue ricchezze imponenti, ne
facevano un candidato naturale alla Presidenza della Cerea. Per di più era una
persona simpatica ed affabile, sembrava la scelta più opportuna per riportare la
Società alle glorie di un tempo. In realtà i soci elessero un Re, grande mecenate,
ma assolutista e dispotico.
Poiché Boccalatte aveva deciso di lasciare la Presidenza l’assemblea del 18
marzo 1945 elesse alla massima carica Derossi e Casalis alla vice presidenza;
Boccalatte fu eletto nel Consiglio, allora composto di 11 membri, ed assunse la
carica di Direttore Sportivo.
Derossi voleva trasformare la Cerea in un club frequentato da persone
ricche ed importanti, trasformare un circolo dalle caratteristiche di dopolavoro in
una sorta di Rotary sportivo. Più volte, anche in seguito, egli espose chiaramente
questo suo progetto: 1NUOVI SOCI. Derossi propone di limitare l’accettazione di
nuovi soci ad elementi di carattere sportivo, o persone che per posizione sociale o
per cultura portino lustro o aiuto finanziario alla nostra societ à2. Ed ancora: Il
Presidente espone l’idea di riunire ad una cena sociale una élite di soci, che per la
loro posizione sociale, morale ed .... utilitaria per la Cerea, stima utile si trovino,
una volta tanto, riuniti in lieta e cordiale colleganza. Nessun membro del Consiglio
avanzò riserve o critiche, si guadagnò tempo: Per certe difficoltà del momento,
l’idea presidenziale, ritenuta plausibile da tutti i presenti, viene tenuta in sospeso,
per poterla maturare bene, e realizzarla in modo perfetto3. Derossi riteneva
probabilmente che il successo di un simile progetto avrebbe consentito alla Cerea
di dimenticare le perenni ristrettezze finanziarie ed avrebbe permesso la
trasformazione della società in un club esclusivo, forse anche perché il presiedere
un circolo costituito da persone influenti sarebbe stato gratificante per la sua
ambizione.
Se era relativamente facile rifiutare l’associazione ad aspiranti troppo poveri,
si poneva il problema di come ed in quali tempi effettuare il passaggio da quote
popolari ad importi elevati senza provocare le dimissioni di soci poco abbienti, ma
importanti per la Cerea. Anche Derossi si rese conto di questa difficoltà. Scelse
allora la via di quote differenziate per i soci ordinari e per quelli sostenitori,
categoria varata il 18 marzo 1945 dalla stessa assemblea che lo elesse
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Le parti in corsivo costituiscono l’esatta trascrizione di vebali o altri documenti.
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Cons. 16/6/1946
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Cons. 23/6/1947
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Presidente. In concreto, l’assemblea stabilì per il 1945 una quota ordinaria di
1.200 lire annue, oltre a 2.000 di buoningresso per il socio nuovo; il socio
sostenitore era esente da buoningresso ma pagava la quota annua di lire 5.000,
più del quadruplo di quanto sborsasse il socio ordinario, ed il suo impegno aveva
durata triennale.
L’altra mossa immediata di Derossi, di cui parleremo tra poco, fu l’avvio di
importanti lavori di restauro delle barche e della palazzina.
Derossi riuscì a portare alla Cerea quei soci benestanti che dovevano
costituire la nuova società, ed un primo bilancio dell’operazione fu positivo: nel
1947 la Cerea aveva 220 soci, di cui 14 erano vogatori, 125 effettivi ordinari, 51
sostenitori, 17 anziani, 13 non residenti. Fu però un successo effimero, perché già
nel 1954 i soci, compresi i vogatori, erano scesi a 131; ed i soci effettivi, coloro su
cui principalmente gravava il peso economico della gestione dopo l’abolizione
della categoria dei sostenitori, erano solo 84, meno della metà di quanti fossero
otto anni prima.
I verbali non forniscono alcun elemento utile a comprendere le cause di un
simile crollo di associati.
Si è sempre sostenuto che il calo di soci e la crisi conseguente della Cerea
dipese dal progressivo inquinamento del fiume e dall’avvento della
motorizzazione popolare, che diede luogo alla nuova abitudine di trascorrere il
fine settimana al mare o ai monti. Le nuove abitudini ebbero un certo peso, anche
perché in quegli anni i soci frequentavano la Cerea soprattutto nei giorni festivi; e
poiché non era diffuso neppure tra i soci il gusto di svolgere frequente attività
fisica, come invece accade oggi, l’associazione perdeva interesse per coloro che
avevano sostituito la gita in auto alla remata domenicale.
Ma questa spiegazione non mi pare sufficiente, costituisce una sicura
concausa ma da sola non basta a giustificare un così vistoso crollo di soci. Tra
l’altro le auto non erano poi così diffuse nel 1950, ed ancora più rari erano i fine
settimana al mare, che si affermarono davvero negli anni ‘60. Anche
l’inquinamento raggiunse il suo apice negli anni ‘60, per cui non sembra possibile
che già all’inizio degli anni ‘50 la Cerea risentisse pesantemente di fenomeni che
iniziavano timidamente ad affacciarsi.
Credo invece che la decisione di istituire la categoria dei sostenitori e la
volontà di puntare su soci ricchi ed importanti abbia avuto grande peso nella
successiva crisi.
Prima di tutto i nuovi soci benestanti ed influenti rimasero alla Cerea per
poco tempo, e la cosa non stupisce. Immaginiamo l’arrivo in società del nuovo
socio, membro della élite sociale torinese, alla luce di quello che offriva la Cerea
dell’epoca e che sarà analiticamente esaminato in seguito: d’inverno non c’era il
riscaldamento centralizzato, che arriverà solo nel 1965, molto tardi quindi; le stufe
a legna ed a carbone erano usate con parsimonia per risparmiare combustibile. Il
socio poteva giocare a carte, ma doveva pagare un grillo alla società; dal 1947
c’era il biliardo, ma si doveva pagarne l’uso; poteva giocare a bocce e dopo la
partita poteva farsi servire da un operaio, spesso mal vestito, una bibita calda
perché il frigorifero fu acquistato solo nel 1959. Il nostro nuovo socio poteva fare
un giro in barca a remi, ma doveva arrivare presto per non trovarle tutte occupate,
magari da soci effettivi che pagavano molto meno di lui; d’estate, nei giorni festivi,
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La Cerea 1945-1997
si poteva mangiare minestra, formaggio oppure uova4. Il servizio era certo
modesto, specialmente per una persona dell’alta borghesia.
Nel dopoguerra la Cerea era una società eminentemente estiva, frequentata
solo nella bella stagione; lo dimostra il fatto che tutti i consiglieri presenti alla
seduta di Consiglio del 7 dicembre 1947 abbiano approvato la proposta del Vice
Presidente Casalis: Il Comm. Casalis per ragioni di economia avanza la proposta
di chiudere i locali sociali, a terreno, per la stagione invernale, lasciando solo
libero l’espletamento dell’attività dei soci vogatori per l’istruzione e l’allenamento.
La proposta di trasferire durante questo periodo il ritrovo invernale dei soci in una
sala riservata del Bar Combi, in piazza Castello, viene approvata da tutti i presenti
ed il Comm. Casalis promette di interessarsi al più presto della cosa, quindi
riferirà.
Il risparmio previsto era di 25.000 lire, somma rispettabile ma non enorme,
sicché si deve ritenere che la Cerea fosse così poco frequentata nei mesi freddi
da poterne seriamente ipotizzare la chiusura.
Anche portare la famiglia era difficile, dopo le decisioni del Consiglio: a) di
vietare ai famigliari ed invitati dei soci la frequenza in sede nei giorni feriali
(proposta Ponte). b) Di avvisare i soci con famiglia e bambini di custodire i
medesimi, inibendo loro di scorrazzare per tutti gli angoli della sede, in modo
disordinato e disturbante, e specialmente d’impedire loro l’appressarsi alla riva del
fiume, per il pericolo che esso per essi presenta (proposta Delaude). Vengono
stabiliti i seguenti giorni di frequenza per i famigliari: le sere del martedì, giovedì,
sabato dopo le ore 20. Il pomeriggio delle domeniche5 . Ogni tanto c’era qualche
festa, ma anche in quell’occasione si pagava: TRATTENIMENTI FAMIGLIARI DI
FINE D’ANNO E CARNEVALESCHI. Dallo stesso comm. Casalis viene affacciata
la proposta di organizzare, quasi periodicamente (ogni quindicina circa) qualche
svago danzante, a svago dei famigliari dei soci, alternati, anche quindicinalmente,
a delle cene sociali sotto la forma di semplici ed amichevoli riunioni
gastronomiche. Il calendario di queste modeste manifestazioni, atte ad aumentare
il tono della vita sociale, verrà prossimamente pubblicato nei locali della sede6.
TRATTENIMENTO DI CAPO D’ ANNO: Tale iniziativa è stata coronata dal
successo ed ha reso alla cassa sociale L. 8.560 nette. Viene manifestato il
compiacimento ed il plauso dei Soci ai Sigg. Casalis ed Abelly, organizzatori della
manifestazione7.
Il blasone della Cerea non faceva nessun effetto al nostro ricco nuovo socio
che trovava molto più confortevole il Circolo del Whist o lo Sporting. Fatta a
Derossi la cortesia di associarsi, il nostro personaggio influente si defilava con
qualche scusa dopo breve tempo perché, non essendo legato alla Cerea da
antico affetto, non trovava nessun motivo per restarci.
D’altronde, per fare casi concreti, che motivo poteva avere il comm. Wolfram
Koelliker per restare socio sostenitore, visto che abitava a Milano? Cosa poteva
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Come si leggerà nel capitolo riservato ai gestori la cucina era affidata alla moglie del gestore, che provvedeva
controvoglia. Il menu indicato era proprio quello previsto dalla Direzione.
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Cons. 23/6/1947
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Cons. 15/12/1946
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Cons. 20/1/1946
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spingere il Comm. Ernesto Gibellino Marchetto ad iscriver nel 1945 sé ed i due
figli, visto che tutti e tre abitavano a Roma? Solo la convenienza di fare una
cortesia a Derossi poteva averli indotti all’associazione in qualità di soci
sostenitori. E come poteva la famiglia Clapero innamorarsi della Cerea al punto
da iscrivere, nel 1945, padre e due figli come sostenitori? Se confrontiamo gli
elenchi degli iscritti 1946/48 con quello del 1954 rileviamo che dei 39 nuovi soci
sostenitori entrati tra il 1945 ed il 1948, nel 1954 erano ancora soci solo in due,
ed uno era Piero Derossi, il figlio di Agostino. Anche molti soci entrati negli anni
‘30 e ‘40 aderirono inizialmente alle pressioni per diventare soci sostenitori, ma in
breve si dimisero; non era stato considerato il disagio derivante dall’essere
moralmente spinti a pagare una quota quadrupla di quella pagata da persone più
decise nel rifiuto.
Anche parecchi soci ordinari devono aver sofferto l’inevitabile maggior
riguardo usato nei confronti dei soci abbienti. Derossi non si curò davvero di
garantire parità di diritti a tutti i soci, anzi era il primo a trascurare il principio
egualitario, fondamentale in una comunità qual è la Cerea.
La volontà di favorire l’associazione di persone abbienti comportava la
necessità di snaturare le caratteristiche della società, basata non sul censo ma
sullo sport, ma la cosa non preoccupava per niente Derossi: CENE SOCIALI:
Queste amichevoli adunate, mentre non sorpassano i limiti di un buon pasto
comune, servono, come in quella del 25 gennaio scorso, a passare poche ore,
quasi famigliari, in compagnia di conoscenze simpatiche a tutti i convenuti, ed a
stringere vieppiù quei vincoli di amicizia che più o meno palesemente già vivono
nell’animo dei nostri consoci. Si conviene pertanto di ripetere queste adunate di
tanto in tanto, limitate per forza ad un esiguo numero di soci, causa la limitata
disponibilità dei servizi di mensa. La prossima cena sarà consumata il 13
corrente, se gli impegni presidenziali non ne imporranno il rinvio, essendo
intenzione dell’ing. Derossi di estendere l’invito ad alti dirigenti dei Gruppi Fiat8.
Con grande probabilità i pochi posti al desco reale, dopo aver soddisfatto le
necessità di inviti del Presidente, erano riservati ai soci sostenitori.
Ci si può chiedere se gli altri membri del Consiglio fossero sempre d’accordo
con il Presidente e se ne condividessero le utopie elitarie; apparentemente ci fu
solo la ribellione del vecchio Boccalatte, ma l’impressione è che nessuno osasse
opporsi alla volontà di Derossi e che, comunque, egli fosse visto come
indispensabile per le sue aderenze, per la notorietà e per le capacità
imprenditoriali che lasciavano supporre analoga abilità nel rilanciare la società. Il
carattere di Derossi, spietato con chi lo criticava, non facilitava d’altronde un
aperto e serio dibattito. Lo dimostra quanto accadde a proposito dei lavori di
restauro che Derossi dispose nel 1945, lavori che non risultano deliberati da
nessuna riunione di consiglio, cosa allora veramente rara vista la precisione con
cui tutto era verbalizzato. Le opere ebbero inizio forse a cavallo della Liberazione,
perché già alla riunione di consiglio del 16 dicembre 1945 scoppiò la lite con
Boccalatte: Il Presidente esprime il proprio dispiacere in merito agli appunti fatti da
alcuni soci ed anche da Boccalatte al momento assente, che pure fa parte del
Consiglio Direttivo. Ponte, data appunto l’assenza di Boccalatte, dichiara che lo
stesso gli ha telefonato assicurandogli la sua venuta all’odierna riunione e
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Cons. 2/2/1947.
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riferisce che Boccalatte sostiene che le spese non sono state debitamente
autorizzate e che il loro importo è eccessivo. Il Presidente ricorda che la Società è
stata trascurata dalla direzione precedente, che il custode era persona
completamente inadatta e disonesta e che, senza un intervento energico, la
Società stessa sarebbe stata pressoché abbandonata dai soci. Crovella osserva
allora che Boccalatte ed il precedente Consiglio si sono trovati di fronte ad eventi
eccezionali quali i danni di guerra e lo sfollamento e che poteva essere
imprudente il sostenere spese notevoli prima della fine della guerra. Dopo l’aprile
scorso, era indubbiamente indispensabile porre mano a lavori ma poteva essere
preferibile limitarli a quelli più necessari. Per quanto concerne il custode Fiorio,
Crovella dice che il precedente dovette improvvisamente lasciare il servizio per
richiamo alle armi durante l’estate del 1943 e che non vi fu altra soluzione lì per lì
che di ricorrere all’opera del Fiorio che già conosceva la Società in quanto da
tempo, nella sua qualità di pescatore, gli era stato concesso di ormeggiare la
propria barca presso quelle della Cerea. Alle 11,25 arriva Boccalatte. Il Presidente
ripete e deplora le critiche di Boccalatte ed accenna anche alla trascuratezza
nella quale fu lasciata la pratica dei danni di guerra, ammontante a circa L.
45.000...... Interviene Boccalatte: egli discute le spese che ritiene eccessive e
dice di averne fatto parola con il Presidente prima che si iniziassero i relativi
lavori. Casalis obietta che Boccalatte avrebbe dovuto parlare con lui. Il Presidente
dice che altre società hanno pure fatto grandi spese: premeva far presto e non
criticare e porre freni. Se si smorzano gli entusiasmi, non si conclude niente. Il
Presidente ha chiesto tempo fa al Vice Presidente, per rendersi esatto conto degli
impegni assunti, l’importo dei debiti (L.500/600.000) e gli ha assicurato che
poteva contare su L. 200.000 quale suo concorso. Egli non si è impressionato
delle cifre. Boccalatte allora dice che rimane assodato come sull’importo delle
spese abbia fatto osservazione. L’accusa di non aver partecipato alle riunioni del
C.D. non ha valore perché in esse non si discuteva l’andamento dei lavori e
comunque egli assisteva gli equipaggi negli allenamenti. Se non ha detto di più è
perché allora non conosceva l’ammontare delle cifre. La mancata informazione
delle predette cifre ci mette ora in imbarazzo di fronte ai soci. Infine respinge le
accuse circa propaganda contraria fatta nei confronti dei soci. Ha parlato soltanto
con Gianolio che è pure contrario. Ha voluto infine telefonare a quei soci che si sa
essere contrari agli aumenti di quota per conoscere l’attuale loro parere e riferire
se sono sempre dell’avviso di un tempo. L’aumento della quota a L. 3.000 annue
è eccessivo........ Boccalatte chiede tuttavia che si fa se i soci non accettano
l’aumento di quota. Balma interviene per notare che i soci dissenzienti potranno
andarsene. Boccalatte aggiunge che ciò è male, a meno che non vi sia
l’intenzione di ridurre la Cerea ad un limitato numero di soci.
La critica di Boccalatte toccava due punti importanti: l’eccessivo ammontare
delle spese e la mancanza di approvazione dei lavori da parte del Direttivo. Che
c’entrava il custode Fiorio con l’oggetto della discussione? Nulla, ma chi criticava
Derossi si attirava i suoi fulmini. Il seguito della discussione chiarisce le origini del
dissidio: dopo l’esposizione da parte di Derossi dei programmi di spesa, impostati
sul principio che le spese ordinarie dovevano esser sostenute dai soci ordinari
eliminando le spese di rappresentanza, di partecipazione a gare e simili, mentre
parte delle quote dei sostenitori deve servire per opere straordinarie, la lite si
riaccende proprio sulla nuova categoria dei sostenitori: Boccalatte dice che i
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sostenitori sono vincolati per tre anni e che le spese straordinarie ormai sono
state fatte e che quindi ora possono essere soddisfatti. ......Il Presidente afferma
invece che i soci sostenitori si ritirano se non si continua nel programma di
miglioramento e di esercizio di tutte le attività che una società sportiva così nota
come la Cerea ha il dovere di realizzare. Il Presidente aggiunge che gli introiti
straordinari devono servire per pagare le spese straordinarie.
Le diverse visioni del futuro della società sono evidenti, come
l’incompatibilità dei due gruppi che si fronteggiavano; Crovella rinunciò all’incarico
di consigliere nella stessa riunione, accampando problemi di lavoro. Vedremo nel
capitolo riservato al canottaggio come Boccalatte fu bruscamente messo da parte.
Anticipiamo qui che Boccalatte raggiunse altissimi incarichi nella
Federazione Nazionale di Canottaggio diventandone Segretario dal 1949 al 1957
e Presidente da quell’anno fino al 1961. Di tutto ciò però non c’è la minima traccia
nei verbali, non un solo accenno; silenzio stridente con le vive felicitazioni
registrate nel 1950 sul verbale di Consiglio per l’elezione di Derossi a Presidente
dell’AMMA. Anche il silenzio può indicare la freddezza di rapporti.
Una certa ruvidezza di comportamento era però normale nella Cerea di quel
tempo, e forse l’esempio più stupefacente lo troviamo nel verbale d’assemblea del
14 novembre 1948, ove sotto la direzione del Vice Presidente Borghero si
discuteva su come realizzare economie: Economizzando l’attuale stipendio del
Segretario, a cui viene improvvisamente annunciato il suo licenziamento per la
fine del prossimo dicembre, realizzando così una economia di lire 10.000 mensili.
Chissà come ci rimase il poveretto, licenziato davanti a 28 soci e probabilmente
costretto a verbalizzare il proprio licenziamento!
Ci sono altri esempi del timore reverenziale che impediva ai consiglieri di
contraddire il Presidente, anche quando le sue proposte erano piuttosto balzane:
Il Dott Ponte propone l’adozione di un frigorifero ad uso del custode, per una
migliore conservazione degli approvvigionamenti. Il Presidente offre l’impianto di
un suo frigorifero, un po’ voluminoso, è vero, ma molto potente (-50° -55°)9. Oggi
una simile assurda offerta trasformerebbe qualsiasi Presidente nel bersaglio di
lazzi e sfottò, allora tutto fu verbalizzato con seria precisione e nessuno osò far
presente che qualunque cibo sarebbe stato immediatamente surgelato. Ed in
seguito nessun commento ci fu alla offerta di Derossi di regalare alla Cerea
armadietti in pietra pomice, sempre che il pavimento li reggesse; ma di ciò si dirà
in seguito.
Qualche dissenso evidente dalla gestione Derossi ci fu nei primi anni ‘50. L’
Assemblea del 2 dicembre 1951 nominò il nuovo Consiglio, con Derossi
Presidente, Ponte e D’Alberto Vice. Otto giorni dopo si riunì il Consiglio presenti
anche i consiglieri uscenti per il passaggio delle consegne; ma, si noti,
mancavano alcuni degli eletti, Mortigliengo, Giustiniani, Girardi e Dainotti.
Presiede l’ ing. Derossi, il quale comunica al Consiglio che in seguito ai risultati
delle elezioni.... non può accettare nuovamente la carica di Presidente in quanto
ché tale posizione richiede libertà di tempo onde potersi dedicare in modo
proficuo, tempo che a lui manca per impegni professionali che gli consentono rare
apparizioni in società, impedendogli di poter amministrare oculatamente il
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Cons. 23/6/1947
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patrimonio affidatogli dal suffragio dell’assemblea. Prende la parola il prof. Ponte
per associarsi egli pure all’ ing. Derossi nella non accettazione della carica10.
Sicuramente Derossi aveva molti impegni, e furono frequenti le sue assenze
a consigli ed assemblee; ma ci fu qualche diverso motivo, forse inimicizie
personali con qualche eletto, a spingerlo ad una rinuncia altrimenti
incomprensibile, almeno per come maturò, senza un segno sia pur minimo al
momento della sua elezione. Ed ulteriore conferma dei dissidi che divisero la
società giunge da due successivi momenti.
Già il 21 dicembre 1951 si riunì una nuova assemblea con la presenza di
ben 92 soci, e un così alto numero di presenti lo si riscontra solo nei momenti
difficili: Presiede l’ing. Derossi il quale comunica all’assemblea i motivi che hanno
determinato la crisi del Consiglio eletto. Dopo vivacissime discussioni tra i
presenti si procede alle elezioni. Ora è chiaro che gli impegni di lavoro di una
persona non possono dar luogo a discussioni vivacissime; e non si spiega con
quale testarda insistenza ben 37 soci abbiano di nuovo votato alla presidenza
Derossi, e specialmente il successo personale di Giorgio Ponte che, a soli 4 anni
di età, ottenne 22 voti come vice presidente. Il Consiglio eletto fu chiaramente un
Consiglio di salute pubblica, con i grandi vecchi chiamati nuovamente al timone
della Cerea, Gianolio alla Presidenza, Boccalatte e Casalis vice.
La seconda prova della divisione creatasi tra i soci giunge dal verbale di
Consiglio di poco successivo11 che esaminò le dimissioni inviate da parecchi soci,
anche di peso, e perfino da consiglieri uscenti: Il Presidente apre la discussione
sulle dimissioni date dai sigg. Borghero F., Borghero B., ing. Piras, Burzatti,
Germano, Camerani, Berra, Simma, Audoli, Rippa, Balma E., Balma P. Tra l’altro,
con le eccezioni stabilite per i Balma e per Rippa, si decise di chiedere loro la
quota del 1952 e la posizione assunta fu quindi rigida.
Insomma, ignoriamo le origini ed il contenuto della vertenza, ma che
qualcosa di traumatico sia successo è innegabile.
L’avventura dei soci sostenitori finì presto, durò appunto per i tre anni
previsti, ma lasciò guasti ben più duraturi. Effetti negativi ebbe la consuetudine di
Derossi di provvedere personalmente a colmare i deficit di bilancio, cosa che egli
faceva abitualmente e generosamente. Abbiamo da poco visto come egli, di
fronte alle contestazioni di Boccalatte, abbia offerto 200.000 lire, e cioè una
somma davvero importante. Ma i verbali, di assemblea e di consiglio, sono
infarciti di annunci di donazioni, di ovazioni dell’assemblea, di interventi
presidenziali per il pagamento di barche o di lavori. E per di più certamente molte
volte Derossi pagò in silenzio, come accadde per la costruzione dell’attuale locale
bar. Anche Casalis donò cifre importanti, e sacrifici sopportarono anche Ponte,
Borghero ed altri; ma le somme regalate da Derossi furono imponenti, anche
perché alle erogazioni frequenti si aggiungeva il pagamento della quota per 18
dirigenti della Microtecnica.
Bisogna anche riconoscere che Derossi fu talora costretto a pagare per
evitare sconfessioni, o perché non venisse messa in dubbio la sua capacità di
risolvere ogni problema grazie alla sua influenza. Un esempio interessante lo si
trova già nel 1952. Il presidente Derossi esponeva all’assemblea le condizioni
10
Cons. 10/12/1951
11
Cons. 13/1/1952
12
La Cerea 1945-1997
poste dal Comune per la stipulazione del nuovo contratto d’affitto, specificando
che il canone non veniva pagato da tempo. Dovendo ancora il Municipio
rimborsare i danni di guerra per le riparazioni fatte, dietro interessamento del
Presidente sarebbe stato stabilito che le annualità dal 1942 al 1949 sono scontate
con i danni di guerra, mentre per i danni alluvionali il Municipio intenderebbe
concorrere nella spesa abbuonando l’affitto per gli anni 1950 - 51 - 5212 . Il
Consiglio Direttivo aveva ricevuto analoghe rassicurazioni sul formidabile risultato
ottenuto da Derossi, 10 anni di affitto gratuito, strano esempio di assistenzialismo
spinto in favore di un circolo benestante, per di più deciso dal Comune in anni
molto difficili, in piena ricostruzione .
Ma nel corso dell’Assemblea del 17 febbraio 1952 il Presidente Gianolio
espose una situazione ben diversa: E’ giunta dal Municipio l’intimazione per il
pagamento delle annualità arretrate. L’ing. Derossi assicura l’assemblea di
essersi personalmente interessato della questione, ottenendo l’assicurazione
dall’assessore competente che le annualità arretrate sarebbero rimaste
completamente bonificate (a conguaglio dei danni arrecati dalla piena del Po del
1949), e l’affitto, a partire dal 1/1/1952, portato a lire 75.000 annue + 25%. Ritiene
il bilancio abbastanza prudente e reale e propone l’approvazione. L’assemblea
approva all’unanimità.
Si noti che nel 1952 Derossi non faceva parte del Consiglio; e non può
sfuggire quanto le condizioni enunciate da Derossi nel 1952 differissero da quelle
indicate tre anni prima. Della vicenda non si parlò mai più in Consiglio, sicché si
deve ritenere che Derossi abbia sistemato tutto; ma in che modo? Si può credere
che il Municipio abbia rinunciato a dieci anni di canoni con tanta facilità dopo
averne intimato il pagamento? E si può credere che tutto ciò sia avvenuto senza
la sottoscrizione di qualche documento da parte della Cerea, senza una
transazione? Eppure nei verbali di Consiglio non c’è traccia della vicenda.
Azzardo una soluzione: Derossi pagò personalmente per salvare la propria
credibilità di uomo dalle mille aderenze.
Perché allora parlare di effetti negativi derivati da quell’abitudine? Perché
così facendo egli comprò per sé la società ed annullò la coscienza dei soci, che si
abituarono a farsi mantenere e persero la capacità di amministrarsi
autonomamente. Mentre Derossi spendeva milioni, le quote della Cerea restarono
bassissime, insufficienti a mantenere anche poveramente la struttura. Vedremo in
seguito con più precisione gli aspetti contabili di quegli anni.
Il grande incremento del numero dei soci nel periodo 1946 - 1950 permise
l’esecuzione di costosi interventi all’arredo e sulle barche da passeggio, anche se
il modesto livello delle quote non consentì di raggiungere una dignitosa autonomia
economica.
Le opere eseguite sullo stabile furono di puro abbellimento ma non
migliorarono i servizi, quali docce o ristorante; la società non era attraente per il
socio benestante e sedentario a causa della povertà di quanto vi trovava, ma non
attirava neppure i pochi sportivi dell’epoca: i fondi destinati all’attività agonistica
furono tagliati, ed i soci effettivi potevano usare solo le barche da passeggio,
proibite invece ai soci vogatori. Molte domande di aspiranti soci furono bocciate,
12
Ass. 27/11/1949
13
La Cerea 1945-1997
forse per la dichiarata volontà di Derossi di limitare l’accesso a persone sportive
oppure ricche ed influenti.
Derossi non si preoccupò mai di adeguare la Cerea ai desideri dei soci
potenziali; cercò vanamente di adeguare la realtà al proprio personale desiderio.
La Cerea si avviò negli anni ‘50 con i soci in calo, l’agonismo in crisi, perenni
difficoltà finanziarie. Anche le tradizioni della Cerea, spesso vantate nei verbali,
furono di fatto trascurate, forse per la caduta di quell’orgoglio che è ragione di vita
delle associazioni; dalla fine degli anni ‘50 non solo il canottaggio fu abbandonato,
come vedremo nel capitolo a ciò dedicato, ma anche il Libro d’Oro fu dimenticato
e lasciato privo di aggiornamenti.
Nel 1959 alla Cerea c’erano 10/15 vogatori, 6 benemeriti, 10 soci anziani, 68
effettivi compresi i dirigenti Microtecnica; dato che pochissimi di quei dirigenti si
recavano in società, la sede era frequentata da poche persone; in assemblea il
vecchio socio avv. Lera invita i soci ad una maggiore frequenza dei locali della
Società e prega la Direzione, a tale scopo, di ripristinare l’usanza delle cene
sociali che erano una forte attrattiva per molti soci13 . Secondo i ricordi di chi era
allora presente c’era gente di sera, prima di cena, e nei giorni festivi. Derossi
giocava a carte sulla terrazza, generalmente a Crapette, e non voleva schiamazzi
o disturbo; in pratica la Cerea era diventata una dependance di casa Derossi, ove
erano ospiti graditi i vecchi soci suoi amici, ma dove eventuali nuovi arrivati erano
osservati con un certo sospetto.
Dicevo che i soci della Cerea si erano abituati a spendere pochissimo ed a
farsi mantenere, sia pure modestamente, dal Presidente. La caduta d’orgoglio e la
mancanza di soldi portarono la Società ad un passo dalla fine, che
paradossalmente non arrivò proprio perché essa non aveva neppure i soldi per
finire la propria storia quasi secolare. Vediamo allora come nel 1958 la Cerea si
salvò grazie al naufragio di un altro dei progetti di Derossi: Il Presidente Ing.
Derossi ragguaglia i presenti in merito alle trattative intraprese con il Circolo della
Stampa per unificare le due Società; trattative che se inizialmente erano state
prese da Lui, volutamente, in iscarsa considerazione, per lasciare l’indipendenza
completa ai soci della Canottieri, sono state in un secondo tempo intraprese per
ovviare alla eventuale possibilità che il Municipio, dato l’esiguo numero dei soci
decidesse di sfrattare i soci dall’attuale sede. Il Prof. Ponte chiede spiegazioni
sulle condizioni alle quali la Cerea dovrebbe trattare per avere una linea di
condotta consona allo Statuto Sociale14.
Nel prosieguo della discussione, in cui Ponte suggeriva di essere molto
guardinghi, emerse il problema delle quote sociali, di 40.000 lire annue al Circolo
della Stampa contro le 18.000 pagate alla Cerea; ed è cosa significativa, perché
nel 1998 i soci dello Sporting pagano 1.250.000 lire oltre a 500.000 per giocare a
tennis, più o meno quanto alla Cerea. Nel 1958 invece i nostri soci pagavano
circa metà di quanto sarebbe stato necessario e conforme al mercato.
Prende la parola l’Ing. Derossi precisando che il Presidente del Circolo La
Stampa gli ha sollecitato una definizione della trattativa in corso, per cui è
necessario che il Consiglio Direttivo della Cerea esprima il proprio parere. Il sig.
Contano esprime i propri dubbi sulla serietà del modo di trattare del Circolo La
13
Ass. 23/3/1958
14
Cons. 6/10/1958
14
La Cerea 1945-1997
Stampa, dubbi che vengono subito chiariti dal Presidente che dichiara di essere
favorevole ad una soluzione in senso positivo allo scopo di favorire il ritorno della
nostra Società ai tempi migliori, l’ostacolo più grave da superare rimane il
problema finanziario, poiché se il Circolo La Stampa procurerebbe a proprie
spese tutto ciò che è attualmente superfluo (ristorante, bar, servizi vari) la
Canottieri deve presentare il materiale attualmente già indispensabile (spogliatoi,
docce e barche) in ottimo stato di servizio il che richiede una spesa non
indifferente, che il bilancio della società non permette di affrontare15 .
Il Presidente aveva già deciso di arrivare alla fusione, lo dimostra la
giustificazione costituita dal rischio che il Comune sfrattasse la Società, pericolo
cui mai era stato fatto cenno; anzi, Derossi aveva recentemente dichiarato di
avere già parlato con il Sindaco della Città di Torino (Avv. Peyron) allo scopo di
avere una sovvenzione in quanto il centenario di fondazione della Società
coincide con la Mostra del 1961 indetta per le manifestazioni dell’Unità d’Italia16 ;
e poco prima aveva riferito all’Assemblea di aver già parlato con il Municipio per
un finanziamento, dal quale ha già avuto vaghe promesse, per ora però non può
essere più preciso per non compromettere il risultato delle trattative stesse17. Il
fatto che Derossi fosse favorevole alla fusione costituiva un pericolo mortale per
la Cerea, perché normalmente egli imponeva le decisioni in cui credeva; e non ci
vuole grande fantasia per immaginare che dalla fusione tra una piccola Società in
difficoltà ed una grande in sviluppo sarebbe risultata solo la sopravvivenza
formale della Cerea, in realtà inglobata dal Circolo della Stampa.
Questa volta però i soci compresero che la fusione sarebbe stata esiziale
per la vita della Cerea, e nell’assemblea dell’8 marzo 1959 esposero i loro molti
dubbi: Il Presidente Ing. Derossi desidera portare a conoscenza dell’assemblea
che, onde potersi meglio preparare ad affrontare una degna celebrazione del
centenario di vita della nostra Società e per sopperire al declino dei soci siano
essi effettivi che vogatori, ha intrapreso trattative con il Circolo della Stampa per
eventualmente promuovere un affiancamento delle due società. Strano modo di
celebrare il centenario, quello di estinguere la Cerea, anche se il Presidente non
usò più il temine “fusione”, sostituendolo con l’eufemistico e vago “affiancamento”.
Considerata in primo luogo la serietà del Circolo La Stampa, e la sua potenza
anche in campo economico, il Presidente dichiara che nessun mutamento vi
sarebbe per quanto riguarda la Canottieri Cerea e che per quanto riguarda lo
scambio di frequenze, da parte dei soci de La Stampa , sarebbe per un periodo
limitato di tre mesi estivi (15 giugno - 15 settembre). Tale frequenza
comporterebbe l’installazione presso i locali sociali di cucine e completo servizio
di ristorante e bar con relativo personale, il tutto a carico del Circolo La Stampa.
La frequenza dei soci Cerea al circolo predetto sarebbe per tutto il periodo
invernale. Il Presidente dichiara ancora che per ottenere detto affiancamento si
rende necessario il rinnovo dei locali sociali, per quanto riguarda il riassestamento
dei muri, tetti e ringhiere; il Presidente dice di aver già avuto assicurazioni dal
Sindaco per un intervento municipale (10 - 12.000.000) per il rimodernamento dei
15
Cons. 6/12/1958
16
Cons. 22/3/1958
17
Ass. 23/3/1958. Nessun Sindaco può promettere fondi ad una società che intende sfrattare.
15
La Cerea 1945-1997
locali, il Circolo La Stampa avrebbe in preventivo una cifra di circa otto milioni.
Resterebbe quindi a nostro totale carico il restauramento generale della società
circa i servizi igienico sanitari, arredamento, materiale nautico per le quali spese
(2 - 4.000.000) si potrebbe provvedere mediante un mutuo bancario. Derossi
raccontò cose del tutto diverse da quelle riferite ai consiglieri, dimenticò il rischio
di sfratto e tirò fuori dal cappello grandi investimenti municipali; pare che Derossi
non esitasse a modificare la realtà pur di ottenere l’assenso alla fusione. Ai molti
dubbi espressi dai soci in materia di quote, di sopravvivenza del nome Cerea, di
possibilità di superare una concorrenza forte come quella della Stampa, Derossi
rispose alla sua maniera, con grande sicurezza e fantasia, e senza rifuggire dal
bluff: Il Presidente Ing. Derossi spiega che il mutuo previsto sarà fatto presso
Istituti Torinesi e si chiederanno contributi al CONI ed alla Federazione di
Canottaggio onde poter ottenere contributi, sarebbero pure in programma feste
danzanti il cui contributo andrebbe a favore dell’estinzione del mutuo predetto,
inoltre sarebbero di aiuto le quote dei nuovi soci. Circa l’aiuto del Municipio la
richiesta è stata fatta personalmente al Sindaco dall’Ing. Derossi stesso e in un
prossimo futuro la questione dovrebbe concretizzarsi. Nessuno osò chiedere al
Presidente quali fossero i nuovi soci di una società che ne cercava vanamente da
anni, come si pensasse di pagare un pesante mutuo con feste danzanti, come si
pensasse di ottenere con tanta facilità contributi da Coni e Federazione, che mai li
avevano dati; ma naturalmente l’assemblea approvò a grande maggioranza la
proposta del Presidente.
In seguito, dell’ “affiancamento” si parlò solo una volta, in una riunione di
Consiglio della quale il verbale non riporta la data, ma da situare nella primavera
del 1959; Derossi dichiarò che da un suo ultimo incontro con l’ing. Giordano ha
intuito che da parte del Circolo La Stampa il desiderio di riprendere le trattative è
sempre vivo, ma Ponte e Girardi espressero il loro parere alquanto dubitativo
sull’esito di queste nuove trattative, ed il progetto tramontò. Non sappiamo quale
fu l’ostacolo che frustrò i desideri del Presidente, ma è probabile che egli non se
la sia sentita di spendere personalmente le decine di milioni necessarie, che
certamente nessun ente avrebbe versato. La Cerea restò viva perché era troppo
povera per pagarsi il funerale.
Negli anni seguenti la sonnolenta vita della Cerea fu scossa dalla necessità
di preparare i festeggiamenti per il centenario della fondazione e l’organizzazione
occupò a lungo i consiglieri ed i soci.
Abbiamo detto che alla Cerea si era instaurato un tacito patto in base al
quale Derossi pagava quanto occorrente, lasciando le quote sociali a livelli
modestissimi, ed in cambio i soci avevano delegato a Derossi ogni potere
decisionale. Questo patto tacito comportava che le parti venissero rispettate, a
costo di perdere anche il pudore: Il Presidente annuncia di versare altre 400.000
lire per l’acquisto dell’8 di punta. Detto versamento però resterà assorbito per
migliorie estetiche della società. Il cassiere Girardi Mario, ringraziando, chiede
che la suddetta cifra venga subito versata nelle casse della società per far fronte
all’eventuale pagamento dell’affitto dei locali. Il Presidente acconsente18. Non è il
caso di sottolineare gli aspetti grotteschi della surreale assemblea, ma non si può
non notare come il cassiere, poveretto, preferisse compiere una evidente
18
Ass. 9/3/1955
16
La Cerea 1945-1997
indelicatezza nei confronti del donatore piuttosto di rischiare il cambiamento di
parere di un uomo che, a giudicare dai verbali, gradiva far pesare i propri regali. In
modo non dissimile ebbe inizio la vicenda dei lavori edili degli anni 1959 - 60, che
esamineremo nel capitolo dedicato alla palazzina.
Forse dall’esecuzione di quei lavori ebbero origine nuovi dissapori all’interno
del Consiglio Direttivo, di cui però conosciamo solo l’esito ultimo, e cioè le
dimissioni dei tre consiglieri Colombo, Eusebione e Contano che indussero i soci
a votare un nuovo Direttivo19.
Le opere furono infatti ingenti e, nonostante il consueto intervento finanziario
di Derossi, fu necessario ricorrere ad un prestito forzoso a carico di tutti i soci; ma
nell’occasione pare che nessuno abbia protestato e che sia stata compresa la
necessità di fornire alla Cerea i mezzi per rimediare alla grave decadenza, ben
descritta allorché i soci esaminarono la possibilità di fusione con il Circolo della
Stampa.
L’assemblea del 10 dicembre 1961 incaricò il consiglio di nominare una
commissione ristretta per
organizzare le celebrazioni del centenario,
successivamente designata dall’assemblea nelle persone di Casalis, Bonetto,
Tibò, Abelly e Del Pozzo20. La stessa assemblea decise di adottare nuovamente,
per l’occasione, la divisa sociale di gala, quella attualmente in uso e della quale si
era persa la tradizione.
La monografia scritta da Dal Pozzo fu consegnata a Derossi nel dicembre
1962, ed il Presidente si occupò della stampa21. Il testo richiese alcune modifiche,
come risulta dal verbale di Consiglio del 12 dicembre 1962: fu consigliato di
inserire nel testo un numero limitato di fotografie, di mettere in risalto la figura dei
consoci caduti nella seconda guerra mondiale, di inserire notizie riguardanti una
regata del 1943, che non può essere dimenticata, a tale omissione dovrà essere
ovviato con un appropriato testo che verrà inserito. Nel libro ci sono le foto e si
parla dei caduti, manca invece ogni riferimento alla misteriosa ed importante
regata del 1943; però ci sono due fotografie che ritraggono l’otto di punta con
timoniere vincitore dei campionati d’Italia veterani, Padova 29 agosto 1942, ed
una ritrae proprio Derossi, al sesto carrello, mentre ritira la coppa. Era un
equipaggio misto, perché cinque maglie erano dell’ Esperia, ma con la
pubblicazione di quelle fotografie fu soddisfatta l’ambizione presidenziale.
Per il Centenario furono coniate medaglie commemorative, organizzata una
grande regata, organizzata una festa di cui ci restano le foto ed il ricordo sul Libro
d’Oro, pubblicate diverse brochures.
Le celebrazioni vivacizzarono per alcuni anni la Cerea, impegnata in
importanti ampliamenti e riportata al centro dell’attenzione cittadina.
Dopo i festeggiamenti emersero però nuove difficoltà, legate a qualche
malessere interno.
I problemi si aggravavano; i soci erano pochi, Derossi era spesso assente
perché impegnato per lavoro e pochi erano disposti a spendere il loro tempo per
dirigere la Cerea, problema costante in ogni tempo ma certo aggravato dal lungo
19
Ass: 20/12/1959
20
Ass. 8/4/1962
21
Cons. 7/12/1962
17
La Cerea 1945-1997
regno di Derossi, che aveva fatto dimenticare ai soci la necessità di mantenersi
ed amministrarsi. Abbiamo già accennato al fatto che il Consiglio entrò in crisi per
le dimissioni di tre consiglieri. E non fu il solo momento di difficoltà, perché degli
eletti nel 1963 nè Paolo Gariel nè Foglino accettarono la carica: il Presidente
spiega perché, a distanza di pochi mesi, si debba provvedere a nuove elezioni del
consiglio direttivo: infatti, quello eletto nel dicembre scorso non è in grado di
funzionare perché due dei consiglieri, appena eletti, hanno dato le dimissioni ed il
segretario non si è più visto da gennaio22. Anche in sede di assemblea emersero
problemi, perché si dimisero i revisori dei conti Crovella e Rossetti lamentando
l’impossibilità di revisione dei conti del 1964 (consuntivo) e 1965; l’assemblea le
respinse affermando che tale impossibilità non è ritenuta dimostrata e pertanto,
per mancanza di causa i due colleghi saranno invitati a recedere dal loro
proposito 23. Quella della mancanza di dimostrazione è una formula che venne
impiegata anche per respingere le dimissioni dalla vice presidenza di Ponte
quando egli le diede per non essere stato avvisato, pur essendo vice presidente,
della convocazione dell’assemblea24. Il disinteresse dei soci si rileva anche dalla
scarsa partecipazione alle assemblee: 19 presenti nel 1965, solo 14 nel 1966, e
compresi i membri del Consiglio!
Forse nella speranza di vivificare una società in via di evidente spegnimento
Casalis affrontò anche il problema Donne Socie, spiegando i motivi e le possibilità
economiche alle quali si potrebbe giungere. L’argomento lascia tutti perplessi, in
special modo il Presidente anche nei riguardi delle questioni mosse dal Municipio
a proposito dei circoli ricreativi (e non sportivi)25. Evidentemente, in quegli anni, il
fatto che una donna facesse dello sport era inimmaginabile. Indipendentemente
dalla opportunità o meno di aprire alle donne la proposta di Casalis giunse, a
distanza di 20 anni dall’idea della Cerea elitaria, come la prima proposta concreta
per incidere sullo sviluppo che alla società si intende dare26 (parole di Casalis).
Nel corso di 20 lunghi anni i dirigenti ed i soci avevano visto via via affievolirsi le
forze della Cerea ma non avevano elaborato un progetto di rilancio che andasse
al di là dell’organizzazione di feste danzanti o di generici inviti a portare nuovi
soci. Vista la crisi del modello della Cerea allora in uso poteva sembrare naturale
tentare qualche via per interessare nuovi utenti, ma si preferì continuare
nell’immobilità.
Non è allora casuale il fatto che in altra occasione Casalis in merito allo
sviluppo che la società deve avere, se vita sportiva dovrà essere ripresa,
persuade gli intervenuti sulla necessità di una campagna di propaganda che
potrebbe cominciare inviando a molte persone, ed in special modo a coloro che
furono soci in tempi passati alla Cerea, un dépliant che ricordi tempi felici e invogli
loro o i loro discendenti diretti e indiretti a far parte della Cerea27. Ma nella stessa
riunione ci si limitò a pensare a proiezioni di film e diapositive ed a tornei di
22
Ass. 7/5/1964
23
Ass. 17/1/1965
24
Ass. 23/3/1958
25
Cons. 22/5/1964
26
Idem
27
Cons. 16/9/1964
18
La Cerea 1945-1997
Marianna, simpatico gioco di carte, non così affascinante, però, da conquistare
nuovi soci.
Casalis comprese che occorreva cambiare l’organizzazione stessa della
società: Per dare una maggiore assistenza a tutti i soci il Vice Presidente Casalis
propone l’assunzione di un maestro di casa che funzionerà da segretario e da
coordinatore delle esigenze sociali28; la proposta fu approvata, e probabilmente
l’assunzione di un segretario ci fu davvero, anche se il problema economico era
sempre drammaticamente vivo.
Purtroppo la frequenza dei soci continuò ad essere giudicata poco brillante,
mentre nel 1966 una nota di speranza giunse dalla notevole quantità di giovani
istruiti dall’anziano Boccalatte29.
Dopo anni di silenzio il tentativo di incrementare il numero dei soci
vivificando la vita sociale acquisì un’importanza centrale; se ne discusse
nuovamente in Consiglio il 25 ottobre 1966, tra l’altro proponendo la redazione
mensile di una circolare. L’attivismo di Casalis fu apprezzato dai soci e dal
Presidente che, assente all’assemblea, mandò tuttavia un messaggio di plauso al
Vice Presidente ed ai soci l’esortazione a mantenere e sostenere le nobili
tradizioni della Cerea ribadendo anche l’opportunità di tenere l’allenatore con i
relativi equipaggi ed il segretario factotum, maestro di casa ecc. 30. Probabilmente
Derossi aveva compreso che non bastava pagare per mantenere in vita una
società piccola ma complessa.
Nel 1968 giunse una lite tra soci a complicare la non facile situazione; ci fu
una frattura di una certa entità verificatasi nel sodalizio provocata da irrigidimenti
di posizioni da parte di alcuni soci.... che sta provocando un’atmosfera di
indifferenza tutto a discapito del buon andamento della società 31. La questione
rivestì una certa importanza, perché se ne parlò in ben due riunioni di Consiglio,
ma non si sa chi fu parte di quella frattura e quale fu l’origine della discussione.
Non giovò la perdurante assenza di Derossi, ormai malato, che privava in tal
modo la società di una presenza particolarmente importante visto che da oltre 20
anni egli dominava la società ed i soci con la sua autorità; la sua assenza, oltre a
creare difficoltà notevoli nell’amministrazione della Cerea, la esponeva anche alle
conseguenze derivanti dalla mancanza di una guida forte; le riunioni di consiglio
discutevano problemi gravi e pressanti, ma la mancanza di Derossi faceva sì che
ogni decisione importante venisse rinviata.
I membri del direttivo erano abituati alle assenze di Derossi, per anni dovute
ad impegni di lavoro e negli ultimi anni a problemi di salute; basti dire che egli
mancò a ben 15 assemblee32 negli anni in cui fu Presidente della società, e non si
contano le sedute di Consiglio presiedute da vice presidenti per la sua assenza.
Ma negli ultimi anni la situazione divenne insostenibile, basti dire che il Presidente
fu assente alle assemblee ed ai consigli dal 14 gennaio 1968 fino alla sua
28
Cons. 15/4/1966
29
Cons. 27/6/1966
30
Ass. 17/12/1967
31
Cons. 5/10/1968 e 17/11/1968
32
Ass. 10/4/1948, 14/11/1948, 14/3/1949, 4/2/1951, 13/12/1953, 18/12/1955, 20/12/1959, 11/6/1961, !7/12/1967,
22/2/1969, 8/3/1969, 7/12/1969, 7/3/1970, 27/3/1971, 4/12/1971.
19
La Cerea 1945-1997
sostituzione, avvenuta il 4 dicembre 1971. Per quattro anni il Presidente non ebbe
possibilità di frequentare la Cerea a causa dell’infermità. Perfino dai verbali di
consiglio, solitamente così rispettosi e misurati nei confronti di Derossi, arrivano
segnali di scontento e di paralisi conseguente alla perdurante assenza: a
proposito della frattura tra i soci per due volte il consiglio, orfano, dopo varie
discussioni rimanda il tutto, cioè ogni decisione ad altra data33; il 24 novembre
1968 il consiglio discute sulla opportunità, date le condizioni di salute, di eleggere
un Presidente funzionante (proprio così, funzionante!); il 30 ottobre 1969 il
consiglio, tornato all’usuale tono rispettoso, suggeriva la necessità di alleviare
l’attuale munifico Presidente Dott. Ing. Daniele A. Derossi, attualmente non in
perfette condizioni fisiche con l’impegno di proporlo per la Presidenza d’onore.
Eppure la successiva assemblea del 7 dicembre confermò Derossi Presidente.
Probabilmente nessuno ebbe il coraggio di non confermare nella carica una
persona che tanto aveva dato.
Un nuovo problema, davvero grave, si aggiunse ai tanti già esistenti, primo
fra tutti la scarsità dei soci che, forse per quella frattura di cui abbiamo parlato,
diminuirono nel 1969 per le dimissioni di ben 15 soci 34; arrivò anche lo sfratto dai
locali, che la Giunta del Sindaco Porcellana intimò a tutte le società rivierasche35.
I tempi non erano favorevoli alle società di canottaggio; il 1968 aveva
introdotto nella vita politica elementi di rivoluzionarismo che spingevano i partiti ad
abbracciare le tesi più estreme, anche riguardo alla socializzazione di ciò che era
privato, ed i club sportivi sul Po apparivano come isole di ricchi privilegiati da
sostituire con un uso “sociale” delle strutture. Per di più il cattolico Porcellana
riteneva che le società di canottaggio non fossero altro che ritrovi per giocatori
d’azzardo; la somma di quei pregiudizi spinse il Municipio a sfrattare tutte le
società.
La Cerea aderì all’ azione della maggioranza delle società canottieri sotto
forma di ricorso al Consiglio di Stato avverso al provvedimento di sfratto operato
nei nostri riguardi dal Comune di Torino36, con il patrocinio dell’avv. Zola,
bravissimo avvocato, in stretto contatto con le altre società torinesi37.
L’azione giudiziaria ebbe vita brevissima, a causa della perentoria clausola
imposta dal Sindaco ai dirigenti le società che hanno inoltrato ricorso al Consiglio
di Stato avverso allo sfratto di ritirare detto ricorso per poter iniziare trattative
dirette38. La Cerea e le altre società decisero di ritirare il ricorso e di trattare; la
soluzione si trovò, ma a caro prezzo, perché il Sindaco richiese il canone annuo
complessivo di 180 milioni da dividere tra i club e la Cerea dovette ricorrere ad un
mutuo bancario per far fronte all’ingente pagamento, a fronte del quale il Comune
concesse un rinnovo di contratto di 15 anni39.
33
Cons. 5/10 e 17/11/1968
34
Cons. 30/10/1969, Ass. 7/3/1970
35
Cons. 30/1/1971
36
Cons. 15/2/1971
37
Ass. 27/3/1971
38
Cons. 22/4/71
39
Cons. 30/9/1971, Ass. 4/12/1971
20
La Cerea 1945-1997
La fine della Cerea sembrava così vicina da spingere i dirigenti a cercare
una nuova fusione, dopo quella a suo tempo fallita con il Circolo della Stampa. I
rapporti particolarmente amichevoli esistenti con l’Eridano, anch’esso in gravi
difficoltà da anni, avevano portato ad ipotizzare una fusione tra i due circoli e tale
prospettiva parve una possibile via d’uscita di fronte allo sfratto: Si intensificano i
contatti coi responsabili della Società Eridano tendenti a studiare eventuali
possibilità di un accordo fra le due società. E’ un discorso che va avanti da anni e
può essere sbloccato da una situazione come l’attuale40. Si serrano frattanto gli
incontri con la Società Eridano sull’argomento fusione tra le due società e data la
complessità della operazione si procede da parte nostra alla nomina di una
commissione di studio composta dai soci prof. Ponte, comm. Mario Girardi, sig.
Bonetto41.
Non sappiamo come e perché naufragò la trattativa, ma visto che l’Eridano
scomparve dopo una decina d’anni non c’è che da rallegrarsene.
Il lungo Regno di Derossi ebbe termine in quel difficilissimo periodo, dopo 26
anni complessivi gli ultimi 4 dei quali cruciali per i mille problemi, vissuti con un
Presidente tale solo di nome.
3 DA D’ALBERTO A DAINOTTI
La malattia di Derossi e la sua forzata assenza, le vicissitudini con il
Comune, le tante difficoltà infine smossero i soci abituati da molti anni a delegare
al Presidente ogni problema e decisione.
All’assemblea del 4 dicembre 1971 presenziarono infatti 39 soci,
direttamente o per delega, e fu un numero elevato visto che normalmente non si
superavano le 20 presenze e che i soci erano una sessantina. Derossi fu
proclamato Presidente Onorario, mentre alla Presidenza fu eletto il dott. Luciano
D’Alberto; il neo Presidente occupava cariche in Consiglio da decenni, ma le
nomine testimoniano una certa discontinuità rispetto ai precedenti consigli, perché
alla vicepresidenza andarono l’anziano Mortigliengo ma anche Renzo Ventavoli,
e nel consiglio entrarono anche Paolo Gariel e Pantaleoni.
Fu però un direttivo che non ebbe vita facile. Ventavoli fu nominato l’11
gennaio 1972 Direttore del Canottaggio, ma già il 24 ottobre di quell’anno egli era
dimissionario dalla vice presidenza e dalla direzione di canottaggio, e nella stessa
seduta D’Alberto comunicò il rifiuto di Bobba e di Corne a subentrare nel
Consiglio, quali primi esclusi. I verbali non riferiscono le ragioni del dissenso, ma
pare evidente che in quegli anni alla Cerea si formarono due società, per così
dire, differenti ed antitetiche. Negli atti della società ci sono molti segnali di un
importante risveglio di vitalità che portò i giovani veterani della Cerea a riprendere
i remi per partecipare a gare, a raids impegnativi, a creare legami con i vogatori
delle altre società torinesi, ad allacciare amicizie con veterani di tutta europa;
40
Cons. 22/4/1971
41
Cons. 21/7/1971
21
La Cerea 1945-1997
vedremo analiticamente nei capitoli seguenti quante furono le nuove iniziative ed
attività che resero la Cerea brillante e viva come non era da decenni. Dai verbali
del Consiglio Direttivo però nulla traspare di queste numerose nuove iniziative,
anzi sembra che il Presidente perseguisse un totale immobilismo. Ventavoli si
ribellò, con grande probabilità, al rifiuto di potenziare il canottaggio agonistico; ma
abbiamo altri segni chiari di scarsa incisività del direttivo: intanto stupisce la
scarsità delle riunioni di Consiglio, che si tennero solo l’11 gennaio, il 10 febbraio,
il 26 maggio e il 29 ottobre 1972; in qualche anno, in passato, le sedute furono
ancor più rare, ma nel 1972 c’erano nuovi dirigenti, problemi gravissimi da
affrontare e risolvere, la necessità assoluta di tentare qualche via per far uscire la
società dall’agonia in cui versava. Le verbalizzazioni del Consiglio Direttivo si
interrompono poi per alcuni anni, fino a tutto il 1975; non abbiamo quindi modo
per esaminare compiutamente ciò che fu fatto in quegli anni, salvo che per la
modifica dell’impianto di riscaldamento dal carbone al gasolio. Qualche segno di
polemica compare nel verbale d’assemblea dell’8 marzo 1975, ove nuovamente
presenziarono solo 15 soci, consiglieri e deleghe comprese: Restagno fa presente
l’errata impostazione del C.D. per il reperimento di nuovi soci che deve essere
basato sui vogatori e non su altre categorie, prega il C.D. di modificare il suo
atteggiamento e di facilitare l’inserimento dei ragazzi nei soci effettivi con forme
nuove di attrattiva. Gariel chiede di fare una politica di apertura verso i soci di
mezza età e non solo verso i ragazzi .
Certo è che i soci di trenta - quaranta anni, Bobba, Gariel, Ventavoli, Soave,
Nosenzo, Bouquié e molti altri autonomamente decisero di riportare i colori della
Cerea sui campi di gara. E’ il Libro d’Oro a rivelarci una ripresa importante
dell’attività, del tutto nuova per l’età di coloro che vi si impegnarono: dal 1971
parecchi soci parteciparono a numerose gare in Italia ed all’estero. La ripresa
dell’attività agonistica restituì alla Cerea una ragione di esistenza, cementò
l’amicizia tra quei soci e tra loro ed i vogatori di altre società, fu la premessa per
un ritorno dell’agonismo giovanile.
Questo nuovo attivismo non poteva non portare conseguenze anche a livello
di dirigenza, allora ancorata alla vecchia politica della pura sopravvivenza. Mentre
infatti fu merito dei giovani soci l’aver restituito alla Cerea una ragione di vita,
nessuna iniziativa fu presa dal Consiglio per assecondare e sfruttare quel nuovo
entusiasmo anche al fine di risolvere la grave situazione derivante dalla scarsità di
soci e di mezzi. Basti dire che nessun verbale riporta alcun cenno alle tante novità
che si verificavano in società.
Intervenne certamente tra i soci un accordo per scalzare la vecchia
direzione, perché all’assemblea del 15 dicembre 1975 i soci presenti erano 34,
oltre a 21 deleghe, un vero record per la Cerea di quegli anni ed una percentuale
elevatissima dei 75 soci di quell’anno. Ed i soci erano numerosi all’assemblea
solo quando si preparava un cambiamento di direttivo.
Presidente risultò Dino Ponte, Vice Presidenti Cavallo e Ventavoli, e poi
Bruno Crozza, Gariel, Bobba e Arcangeli.
Dai verbali risulta un evidente aumento di attenzione e di spesa nei confronti
del canottaggio agonistico, propugnato da Ventavoli ma pienamente accettato da
Ponte, che pure era il solo dei vecchi dirigenti che non avesse mai praticato quello
sport, limitandosi al massimo a qualche gita in barca da passeggio. Ci sono molte
proposte ed iniziative indicative di una volontà di risveglio, compresa la stampa di
22
La Cerea 1945-1997
un notiziario in 150 copie42, l’acquisto di tute da rivendere ai soci43, insomma una
ventata di vitalità che venne premiata dall’ingresso di ben 10 nuovi soci44, subito
controbilanciato però dalle dimissioni di altrettanti soci, tra i quali il figlio di
D’Alberto45; si trattava forse di soci legati alla vecchia dirigenza, a testimoniare la
difficoltà di superare le inimicizie personali e di accettare le svolte nella vita
sociale.
In quegli anni però ebbero inizio le maggiori difficoltà della Cerea sul piano
finanziario. Derossi, lasciata la presidenza, aveva continuato a ripianare i debiti
sociali a piè di lista, ma morì nel 1977; il figlio Piero, socio della Cerea ma
raramente presente, continuò a pagare le quote dei 18 dirigenti della
Microtecnica, aiuto importantissimo per i bilanci, ma non coprì i debiti ulteriori.
L’attività agonistica, ripresa intensamente anche a livello giovanile, aveva costi
pesantissimi, assorbiva all’incirca la metà del bilancio. La presenza in società di
tanti forti atleti costituiva un peso insostenibile per la vecchia e piccola Cerea.
Dino Ponte si ammalò gravemente alla fine del 1977 ed alla Presidenza fu
chiamato Sanzio Dainotti, che si trovò a guidare la società in momenti drammatici
per le difficoltà finanziarie. Al modesto numero dei soci si univa infatti l’ormai
consolidata tradizione di quote basse, insufficienti per chiudere i bilanci in
pareggio.
Già la prima assemblea presieduta da Dainotti ascoltò i modi previsti per la
copertura del disavanzo46 ; il problema si pose in seguito molto spesso, e non
giovò l’incapacità dei soci di comprendere l’impossibilità di proseguire nella
vecchia abitudine di pagare quote modeste; significativa in proposito fu
l’Assemblea del 24/4/1979, anno di inflazione galoppante: Da parte di parecchi
soci si avanza proposta di aumento della quota sociale, magari ancorandola
all’indice di variazione del costo della vita; a questo proposito, pur se in contrasto
con il formale impegno assunto dal Consiglio Direttivo all’inizio della gestione di
non aumentare la quota associativa nel corso del 1979, l’Assemblea dà mandato
al Consiglio Direttivo stesso di applicare una quota integrativa nei tempi e
nell’entità che riterrà necessaria a colmare il disavanzo di gestione. Resta
comunque approvata la proposta del Consiglio Direttivo di ripartire in almeno due
gestioni (1979 e 1980) le spese relative alla manutenzione straordinaria dello
chalet. Francamente non si capisce perché il Consiglio si fosse impegnato a tener
ferme le quote quando la mancanza dei mezzi per sopravvivere era sotto gli occhi
di ogni socio; e non si capisce cosa si pensasse di ottenere rinviando a bilanci
futuri le spese indispensabili, perché ciò avrebbe costituito solo un debito per la
futura gestione, senza modificare minimamente la situazione. Se poi si vanno a
leggere nel capitolo dedicato allo chalet le modeste manutenzioni eseguite nel
1978 ci si stupisce ancor di più, perché si trattò di cose minime e tali da non
giustificare il rinvio della spesa ai bilanci successivi.
42
Cons. 26/1/1976
43
Cons. 10/2/1976
44
Idem
45
Cons. 24/11/1976
46
Ass. 12/4/1978
23
La Cerea 1945-1997
I verbali contengono molti riferimenti alle difficoltà finanziarie. Per incassare
le quote dai soci morosi si ricorse ad un esattore: Purtroppo l’esattore contattato
da Oddone è scomparso e si ritiene non si sia fatto vivo con alcuno47. E poco
dopo: Bazoli si fa carico di sentire presso il Club Alpino se esiste esattore e se
può far servizio per noi48.
Per avere risorse economiche sufficienti era necessario allargare la cerchia
dei soci; il problema era come ottenere un simile risultato, ed una delle possibilità
era quella di aprire la società alle donne. La proposta fu nuovamente discussa e
respinta: Bazoli e Pantaleoni propongono l’ingresso alla società alle donne;
vengono valutati gli aspetti positivi e negativi: maggiori numeri di quote a fronte di
infrastrutture (docce, spogliatoi)49.
Fu invece Ventavoli a trovare il modo di incrementare in modo importante il
numero dei soci, tramite il cognato Giampiccolo; questi, insieme ad un gruppo di
amici abituati a frequentare palestre, fu convinto da Ventavoli ad entrare alla
Cerea. Furono circa 20 i nuovi soci che iniziarono a frequentare assiduamente la
società, fornendo anche le risorse per un intervento importantissimo sulla struttura
del vecchio chalet. Si stabilì infatti che ciascuno dei nuovi soci avrebbe pagato lire
1.000.000 a titolo di quota associativa ordinaria per il periodo di 5 anni, detta
quota non è alienabile né può essere rimborsata per recesso del socio ed è
relativa alla sola parte ordinaria della quota50. L’ingresso dei nuovi soci permise di
costruire nuovi servizi e docce e di installare la sauna. Le grandi spese effettuate
per queste sistemazioni, principalmente finanziate con le 5 annualità anticipate
dalla ventina di nuovi soci entrati nel 1980, pesarono comunque sui bilanci. Se
l'ingresso dei venti soci ed il loro pagamento di cinque annualità anticipate aveva
consentito importanti investimenti, ciò comportò anche la permanenza di venti
persone in più che, negli anni successivi, non pagarono la quota pur consumando
acqua calda ed usurando il materiale. Ne seguirono non poche difficoltà. Si pose
ben presto il problema di far versare ai nuovi arrivati una somma che
compensasse gli incrementi dei costi, in anni di elevata inflazione, anche perché
le condizioni finanziarie della Cerea erano costantemente critiche. Il risultato fu un
sempre più importante ricorso alla quota straordinaria, pur senza risolvere i
problemi finanziari, e qualche tensione interna alla società che si cercò di
spegnere cooptando nel consiglio direttivo anche alcuni dei nuovi soci.
Il contemporaneo ingresso di tanti soci che frequentavano assiduamente la
società e si avvicinarono al canottaggio ebbe, tra le altre conseguenze, quella di
aumentare la partecipazione alla vita della Cerea, in tutte le sue manifestazioni.
Ne è prova l’improvviso aumento dei soci partecipanti alle assemblee, passati dai
19 - 37 soci degli anni 1978 - 80 ai 37- 53 del biennio successivo. Ma anche la
pratica sportiva ebbe maggior numero di adepti tra i soci, in parte grazie al riuscito
tentativo di incrementare l’offerta di servizi ai soci: così deve essere intesa la
decisione di inserire come nuovo socio il sig. Girone il quale si assume il compito
di istruttore di ginnastica. La proposta viene accettata all’unanimità stabilendo
47
Cons. 6/12/1978
48
Cons. 17/1/1979
49
Cons. 25/9/1979
50
Cons. 9/10/1980
24
La Cerea 1945-1997
altresì che due volte alla settimana, il martedì ed il giovedì dalle ore 12,30 alle
13,30 il sig. Girone terrà lezioni di ginnastica51. Beppe Girone ebbe un successo
travolgente e riuscì a convincì¥Á
51
Cons. 13/5/1982
25
La Cerea 1945-1997
26
La Cerea 1945-1997
edizioni all’anno52. Ma il progetto non vide la luce, forse per la mancanza di soldi.
Il Consiglio Direttivo riuscì poi in un’impresa più volte tentata in passato,
senza successo: coinvolgere il Municipio nell’esecuzione degli indispensabili
lavori di ristrutturazione. Fu Renzo Ventavoli a compiere il miracolo sfruttando le
proprie buone relazioni con molti esponenti politici, in quel periodo alla guida della
Città; egli avvicinò alla Cerea assessori e politici con un importante lavoro di
diplomazia che, se comportò qualche concessione come fu per i campi da bocce,
ottenne il risultato di stipulare un nuovo contratto di locazione commerciale per la
palazzina, ove anche la manutenzione straordinaria era a carico del Comune; e
ciò permise all’Assessore Tessore di disporre successivamente i lavori, descritti
nel capitolo III, che permisero di risanare la parte muraria della palazzina.
I lavori resero la società difficilmente frequentabile per parecchi mesi; alcuni
soci poco pazienti lasciarono la società, non molti ma la Cerea non poteva
perdere nessuno. Parte dei lavori gravarono sulla Cerea; erano lavori
indispensabili, non era possibile non farli: non si poteva, per esempio, evitare il
rifacimento dell'impianto elettrico visto che si facevano muri nuovi. La situazione
finanziaria della società correva verso una profonda crisi, forse non
adeguatamente valutata. Il solo settore di spesa che poteva essere compresso
era quello agonistico. Ma erano solo i soci recenti a chiedere una diminuzione del
budget agonistico, perché evidentemente erano meno sensibili al fascino
dell'alloro sportivo. Tutte le richieste avanzate in tal senso nelle assemblee di
quegli anni ottennero una risposta netta dal Presidente e dai soci più legati
all'agonismo: la Cerea è una società di canottaggio e vi si deve fare del
canottaggio. La resistenza al ridimensionamento agonistico e sportivo dipendeva
dal fatto che la società, negli ultimi 10 anni, aveva puntato moltissimo sul rilancio
agonistico, vi aveva investito ingenti risorse ed era allora in piena fase di raccolta
di quanto seminato; gettare tutto, invitare i forti atleti creati negli anni ad andare
altrove, avrebbe costituito uno smacco terribile, a parte il dispiacere. Alla
delusione si sarebbe unito il fallimento di una politica societaria che aveva
indicato ad esempio i dati di bilancio che attribuivano al canottaggio agonistico la
metà delle spese annuali.
Furono anni di stridente contraddizione tra fattori opposti: da un lato i soci
erano in relativa crescita, e soprattutto era altissimo il livello di partecipazione e
ottima la coesione tra i soci che si cimentavano nella voga e in regate, ma anche
in molte altre attività sportive praticate dagli stessi che quotidianamente si
incontravano in società; d’altro lato la situazione economica non solo non
migliorava, ma anzi precipitava sempre più verso l’abisso benché si risparmiasse
su tutto.
I verbali di quegli anni riportano con insistenza l’attenzione sui conti, sulle
richieste di aiuto indirizzate a enti e società, sulla situazione oltremodo disastrosa
52
Cons. 2/12/1982
27
La Cerea 1945-1997
del bilancio53. Certamente incise il venir meno delle 18 quote sino ad allora
generosamente pagate dalla Microtecnica per altrettanti dirigenti; morto Agostino
Derossi il figlio Piero aveva continuato la tradizionale sovvenzione, in memoria del
padre; ma l’improvvisa morte di Piero pose fine alla comoda rendita. Ed il venir
meno di tante quote di soci fittizi arrecò un ulteriore colpo alle finanze sociali.
Il 1985 ed il 1986 furono quindi anni difficili. Il 18 luglio 1985 ci fu
un’assemblea straordinaria convocata su richiesta di 17 soci che lamentavano la
mancata riparazione di alcune barche; il Presidente Dainotti fece presente che per
motivi di denaro le riparazioni sono state solo ritardate e non sospese. Si discusse
anche se la priorità nelle riparazioni spettasse alle barche usate dagli atleti o a
quelle a disposizione dei soci, poche per entrambi i gruppi, e si concluse che per
la cronica mancanza di soldi non si può intervenire prontamente nelle riparazioni.
Ma si parlò anche dei lavori di ristrutturazione che aumentavano le difficoltà per
una completa agibilità delle attrezzature societarie. Vedi mancanza di
riscaldamento, mancanza di erogazione dell’acqua, chiusura di alcune docce,
chiusura della sauna.
Nel 1986 i soci erano 85, i non effettivi 15, c'era davvero di che
preoccuparsi, e non era neppure facile ridurre le spese.
Anche i fornitori penavano con la Cerea, e forse i ritardi nei pagamenti
furono all'origine di una strana vicenda che spinse Marzano a dimettersi dal
Consiglio: dopo una prima rottura della vetrata del portone di casa Marzano, la
vetrata venne nuovamente fracassata, ma tra i frammenti venne trovata la palina
della Cerea che si trova a fianco del cancelletto d'ingresso. Il senso minatorio
apparve chiaro, anche se fu misterioso il movente, l’autore e la scelta del
segretario come vittima. Il 1986 se ne andò così tra mille debiti e senza successi
sportivi di rilievo.
I lavori all'impianto elettrico costarono più del previsto ed il pesantissimo
passivo del 1986 fu coperto con il pagamento anticipato di varie annualità, fino a
tre, da parte di alcuni soci. Non occorre dire che quelle quote mancarono negli
anni successivi, a partire dall'87. Il pessimo andamento finanziario, il nervosismo
che agitava i soci per una situazione apparentemente senza vie d’uscita, spinsero
un gruppo di soci a chiedere un'assemblea straordinaria per discutere la
situazione; la riunione fu piuttosto agitata, tanto da spingere il Consiglio alle
dimissioni. Non esiste verbale di quell’assemblea, come della successiva che
elesse il nuovo Consiglio, ma si era nel febbraio 1987.
4 LA PRESIDENZA PONTE
Nel marzo 87 si tennero così elezioni straordinarie, precedute da riunioni, da
contatti e discussioni. Sanzio Dainotti presentò una lista che comprendeva alcuni
soci storici ed altri più recenti, secondo tradizione; ma a sorpresa si presentò una
lista concorrente, formata tutta da soci recenti, salvo Giorgio Ponte, candidato a
53
Cons. 10/3/1983
28
La Cerea 1945-1997
Presidente. Ponte era un socio storico, perché il padre lo iscrisse quando aveva
pochi giorni, ma da tempo frequentava pochissimo la Cerea; la lista dei soci
“giovani” vinse per tre soli voti di scarto. La stessa assemblea proclamò Dainotti
Presidente Onorario, perché la persona era stimatissima, anche da coloro che
non ne condividevano talune scelte.
Ponte riuscì a conciliare importanti lavori di ristrutturazione con un bilancio
sano e rigoglioso, due aspetti che parevano inconciliabili. Come fu possibile?
Innanzitutto con la crescita dei soci, ottenuta con uno sforzo anche personale non
indifferente, poiché il Presidente spinse decine di amici ad entrare alla Cerea. Ma
molti fattori contribuirono a facilitare il successo di una politica tesa ad
incrementare il numero dei soci, non ultimo il diffuso apprezzamento di uno sport
da svolgere in una natura meno inquinata di un tempo. Dopo un 1987 condotto
con risparmi spietati, il Consiglio ottenne di aumentare, gradualmente ma in modo
netto, la quota fino a renderla allineata al costo dei servizi erogati; in cambio fu
mantenuta la promessa di non richiedere più alcuna quota straordinaria, che da
allora ritornò a rivestire quella caratteristica di eccezionalità che il suo nome
comporta.
Il prezzo maggiore del risanamento finanziario gravò sul settore agonistico,
che fu praticamente azzerato. Vedremo nel capitolo dedicato all’agonismo quanti
anni occorsero poi per riportare la Cerea a gareggiare ad un buon livello; la
squadra agonistica costituiva la sola voce di spesa che potesse essere
compressa, e su quella si agì. Dal 1989 iniziò il lavoro di ricostruzione di
quell’importante settore di attività. L’esercizio del canottaggio da parte dei veterani
non subì invece rallentamenti, molti anzi furono i nuovi soci che in quegli anni
furono iniziati alla voga dai vecchi ed esperti soci. Articoli redazionali comparsi sul
Venerdì di Repubblica, su Capital, sui quotidiani cittadini, su Airone 54, conferirono
alla Cerea quella notorietà e quei connotati di club di moda che portò nuove
adesioni e contribuì a rendere i vecchi soci più fieri della loro appartenenza; ed
importanza non certo secondaria ebbe, in questo ambito, la visita alla Cerea
dell’ex Regina Maria José. L’arrivo di uno Sponsor delle attività agonistiche
confermò quella distinzione della Cerea, ritrovata dopo tanto tempo, così come i
gemellaggi con lo Yacht Club di Genova e con la Tevere Remo.
L’attenzione all’immagine esterna ed il rendimento che la società ne ebbe in
termini di nuovi soci permise anche, dal 1988, di iniziare un programma di
ristrutturazione dei locali, costoso ma sopportabile, che rinnovò profondamente la
società e la rese appetibile anche a coloro che erano interessati ad un club
piacevole, pur senza coltivare velleità sportive.
Attenzione fu posta anche al rinnovo delle barche e delle attrezzature, e
tutto quel fervore di iniziative coinvolse i soci che seguirono con passione, e
talora con generosità, il progressivo rinnovo della Cerea. Le novità più importanti
riguardarono però lo chalet.
Il socio Arch. Pratesi progettò un completo rifacimento dei locali della Cerea;
il plastico bellissimo che Pratesi portò in società venne ammirato da tutti i soci.
Non è esagerato dire che in quel periodo un palpabile entusiasmo animava tutti,
soci recenti e soci anziani, che partecipavano allo sforzo teso a portare il club ad
un aspetto più accogliente. Nell'estate dell'88 fu messa mano al salone; le pareti
54
Si vedano le riviste nel volume di memorie storiche dedicato alla Stampa.
29
La Cerea 1945-1997
assunsero l'aspetto attuale, furono acquistati i divani e ricoperte le vecchie
poltrone, cambiata l'illuminazione, posti due tappeti in moquette. Aumentarono
anche gli stendardi alle pareti, perché già dall'anno precedente era stata aperta
una colletta per salvare i numerosi drappi che giacevano in una scatola di cartone
in segreteria.
Il 1988 fu anche l'anno in cui la Cerea compì 125 anni dalla fondazione. Si
studiarono modi per portare l'attenzione della città sulla società, spendendo poco
naturalmente, meglio se con qualche vantaggio economico. Aldo Bruno propose
di stampare un libro da finanziare con pagine pubblicitarie di grandi società; il
progetto fu approvato e Bruno, con l'ausilio di altri soci, richiese a personalità
della politica e dell'economia messaggi di augurio e di riflessione sul fiume e sul
canottaggio; curò anche l'impaginazione e la stampa, mentre il testo venne curato
da Renzo Ventavoli e da Vitale. I pezzi delle personalità furono il passaporto che
consentì ad Aldo di chiedere alle aziende un contributo di 5 milioni per comparirvi
con un’inserzione pubblicitaria. L'operazione riuscì e ci trovammo con 2.000
volumi gratis, che furono in parte venduti ai soci, alla Provincia, quindi distribuiti ai
nuovi soci. Ma il colpo di fortuna che segnò l'anno arrivò proprio mentre il volume
era in fase di chiusura: Vittorio Soave, legato ai Savoia da interessi librari, ottenne
che l'ex Regina Maria José ponesse la Cerea tra le poche mete torinesi toccate
nel corso del suo primo viaggio ufficiale in Italia. Le foto della memorabile giornata
finirono sul libro dei 125 anni, ma anche su tutti i quotidiani italiani55 e la Cerea
ebbe un momento di celebrità; c'era anche invidia in giro, molti appartenenti al
Circolo filarmonico, per esempio, si chiesero perché mai l'ex Regina avesse scelto
proprio la Cerea. Ce lo chiedemmo anche noi, ma incassammo il successo ed i
vantaggi di una improvvisa notorietà e distinzione. Con un simile lancio
pubblicitario diventò un successo anche la presentazione del libro, con presenza
di tutte le Autorità.
In effetti la visita della Regina, la realizzazione di opere importanti,
specialmente l'esistenza dei progetti di Pratesi relativi ad altre parti della
palazzina, tutti questi fattori portarono entusiasmo e fiducia nella possibilità di
riuscire ad uscire dalle secche delle difficoltà economiche. C'era l'orgoglio di far
parte della Reale Società Canottieri Cerea. La prima conseguenza di questo
atteggiamento fu un ulteriore aumento dei soci, perché era bello portare amici in
un luogo presentabile e destinato a migliorare. Ma altra straordinaria
conseguenza fu l'entusiasmo che contagiò i soci anche allorché si trattò di
svolgere pesanti lavori. Basti ricordare che, nella speranza di recuperare un po' di
spazio, sempre carente alla Cerea, molti soci lavorarono per l'intero inverno
riuscendo infine a liberare il locale sotto la terrazza; lo spazio era completamente
occupato dalla sabbia lasciata da decine di piene, ma ogni giorno, per mesi,
alcuni soci spalarono prima la fine sabbia, poi una specie di tufo da spaccare col
piccone, fino a recuperare uno spazio dimenticato. Furono una trentina i soci che,
in un fine settimana, armati di minio, vernice e pennelli, pitturarono tutta la
recinzione metallica esterna e, dopo poco, la ringhiera della terrazza; i soldi erano
pochi ma l'impegno dei soci consentì l'esecuzione di lavori importanti con spesa
minima.
55
Si vedano le abbondanti citazioni siu quotidiani nazionalinel volume di memorie dedicato alla Stampa.
30
La Cerea 1945-1997
La coesione sociale fu dimostrata dalla partecipazione corale e generale al
funerale del Presidente Onorario Sanzio Dainotti, nel 1988. E fu dolore vero per la
scomparsa di un gentiluomo e di un amico, capace di tenere in vita la Società in
un momento difficilissimo con fermezza e signorilità; Dainotti venne stroncato da
un tumore dopo pochi mesi di malattia, e sembrò impossibile che un uomo
vigoroso, abituato a vogare nonostante l'età, se ne fosse andato, in silenzio come
suo costume. Fu anche l'inizio del tramonto di un'abitudine pluriennale, la Jole a 8
della domenica.
L’acquisizione nel tempo di tre diversi sponsors delle attività sportive che
garantirono per otto anni il versamento di somme rilevanti, l’incremento
progressivo dei soci fino a superare i 170 effettivi, il livello delle quote elevato a
valori consoni, permisero alla Cerea quel relativo benessere che consentì di
apportare in pochi anni quei miglioramenti che per decenni erano stati solo
vagheggiati; senza anticipare quanto sarà trattato nei capitoli dedicati alla
palazzina ed alle barche dirò solo che tra il 1988 ed il 1997 tutto lo chalet subì
restauri e modifiche interne ed esterne, il parco barche fu completamente
rinnovato con barche sofisticate, tutte le attrezzature, dalla palestra al carrello al
minibus per le trasferte, furono sostituite. Mi rendo conto del rischio di cadere nel
trionfalismo, ma dopo 40 anni di stenti l’improvvisa evoluzione verso un insperato
benessere appare un fatto se non straordinario, certo rimarchevole.
Dicevo dell’entusiasmo che animava i soci; esso fu la formidabile molla dello
sviluppo sociale e si manifestò in molti modi, dalla accresciuta frequenza alle
cene sociali alla quotidiana presenza, all’ora di pranzo, di 20 - 25 persone in
barca, senza contare quelli impegnati nella corsa o nella ginnastica. E furono i
soci ad accogliere calorosamente i tanti nuovi iscritti trascinandoli nel “gruppo” ed
insegnando loro a remare, a partecipare a collette volontarie per consentire
l’acquisto di sempre nuove barche, a permettere il raddoppio del numero dei soci
in 8 anni.
Ora il calore nell’accogliere il nuovo socio pare affievolito; non ha certo
giovato il progressivo abbandono della jole, sulla quale quotidianamente si
imbarcavano abili vogatori e neofiti, a favore delle più esclusive barche tecniche;
e la presenza di un allenatore destinato ai veterani ha rimosso l’obbligo morale di
assistere i principianti, anche se spesso l’allenatore è poi costretto a seguire
vogatori esperti ma desiderosi di migliorare.
Non mancarono però i momenti difficili sotto la Presidenza Ponte.
Il 1988 fu in parte guastato dalla lite intervenuta tra due soci di spicco, Bruno
Piardi e Antonio Villani, detto Diabolik per gli occhiali scuri e l'amore per gli abiti
neri. Erano entrambi personaggi egocentrici, buoni vogatori convintissimi delle
loro capacità, non disposti a cedere il passo. La lite tra loro, per futili motivi di
supremazia in barca, era inevitabile, e si verificò. Cesare Barzega, come socio
anziano, ebbe l'ingrato compito di riportare pace tra i due litiganti, ma ottenne solo
un vago armistizio. Nel febbraio del 1989 Villani si trovò escluso da un otto
veterani sul quale riteneva di dover salire e sporse reclamo alla Giuria per una
irregolarità di composizione dell'equipaggio; che un membro del Consiglio,
Direttore Tecnico, sporgesse reclamo contro la propria società era ovviamente
impensabile. Antonio Villani diede le dimissioni dal Consiglio e da socio.
Anche Piardi se ne andò in malo modo nel 1990, dopo aver a lungo
polemizzato con il Consiglio Direttivo in ordine alla gestione della squadra
31
La Cerea 1945-1997
agonistica. Piardi, padre di atleta che era recentemente passato all’Esperia per
dissensi con l’allenatore, criticava duramente sia l’allenatore Tontodonati, sia il D.
T. Uberti sia il Consiglio e portò la propria battaglia fino all’assemblea del 29
novembre 1990: Prende la parola il socio Piardi che dopo ampia esposizione dei
motivi chiede che l’assemblea richieda le dimissioni del Direttore Tecnico Uberti e
dell’ allenatore Tontodonati. Dopo ampia discussione l’Assemblea respinse la
mozione di Piardi con 37 voti contrari, 1 a favore e 9 astenuti. L’esito amareggiò
Piardi, forse deluso anche per essere rimasto solo in una battaglia in cui
sembrava avere qualche alleato, tanto che immediatamente si dimise lasciando la
Società.
La presidenza di Giorgio Ponte ebbe termine nel 1996. Egli, con tutti i
consiglieri, ritenne opportuno non ripresentare la propria candidatura per evitare
una ricaduta nell’immobilismo, pericolo costante quando le stesse persone
restano al timone troppo a lungo.
L’assemblea elesse Marco Palma, ex grande canottiere, e con lui un
consiglio ove non mancavano le persone con precedenti esperienze di direttivo,
da Roncarolo a De Silva a Coero.
32
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO II
I SOCI
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La Cerea 1945-1997
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34
La Cerea 1945-1997
come la salute della Cerea nelle sue varie componenti (opere alla palazzina,
acquisto barche, canottaggio) sia in buona parte legata al numero delle persone
associate. Infatti noteremo, nel cinquantennio esaminato, tre grandi periodi: dal
1945 al 1950 i soci erano numerosi e, pur essendo le quote modeste, fu possibile
rimediare ai danni del conflitto mondiale con importanti interventi sullo chalet e
con l’acquisto di numerose barche; dal 1951 al 1980 i soci calarono
progressivamente e la Cerea rischiò seriamente di scomparire; dal 1981 al 1996
la società guadagnò progressivamente soci e, nel contempo, ne ottenne mezzi
economici che permisero lavori ingentissimi sulla palazzina ed un formidabile
incremento del parco barche.
L’elencazione del numero dei soci per gli anni in cui disponiamo del dato
impone un chiarimento sui criteri adottati, perché nel corso del tempo sono
cambiate le regole per l’appartenenza alle diverse categorie di soci, distinte da
diversa quota sociale: inizialmente i soci anziani pagavano una quota ridotta,
quindi la creazione della categoria dei benemeriti li esonerò dal pagamento della
quota; un tempo i vogatori erano soci non effettivi e pagavano una quota ridotta,
poi non pagarono più nulla e non vennero neppure conteggiati tra i soci. Ho quindi
ritenuto opportuno indicare il numero complessivo dei soci effettivi, anziani e
benemeriti, tralasciando le categorie giovanili dei non effettivi, vogatori, atleti ed
allievi. In fondo, indipendentemente dalla quota effettivamente pagata, dalle
categorie dei soci maturi arrivarono ed arrivano le risorse e le scelte importanti
per la società, senza contare il fatto che, quando gli atleti pagavano, il loro
numero era ininfluente, 9 nel 1946 e 17 nel 1947.
Può anche essere interessante sapere che Boccalatte, nell’Assemblea del
18 marzo 1945, riferiva che la Cerea aveva allora oltre 100 soci mentre all’inizio
della sua presidenza, nel 1934, ne aveva circa 50. E’ da questo dato che si
sviluppa la serie di numeri che segue:
1946, 135 soci;
1947, 167 soci;
1948, 182 soci;
1950,
103 soci;
1952, 122 soci;
1954, 104 soci;
1955, 101 soci;
1956,
86 soci;
1957, 92 soci;
1958, 84 soci;
1962, 77 soci;
1963,
81 soci;
1964, 83 soci;
1965, 86 soci;
1966, 87 soci;
1967,
107 soci;
1968, 109 soci;
1969, 96 soci;
1970, 67 soci;
1971,
74 soci;
1972, 81 soci;
1973,84 soci;
1974, 87 soci;
1975,
75 soci;
1978, 81 soci;
1985, 86 soci;
1986, 85 soci;
1988,
102 soci;
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La Cerea 1945-1997
1990, 134 soci
1994, 170 soci;
1995, 174 soci56
Negli anni dal 1946 al 1948 ci fu un formidabile incremento nel numero degli
iscritti, specialmente di quella categoria di soci sostenitori fortemente voluta da
Derossi; essi avevano impegno triennale, e non è certo casuale il fatto che il
grande incremento del periodo 1946-48 abbia esaurito i suoi effetti proprio nello
stesso arco di tempo, tanto che nel 1952 i soci erano appena più numerosi di
quanto lo fossero nel 1946.
Poichè fino al 1951, anno in cui fu modificato lo statuto, spettava al consiglio
direttivo l’ammissione dei nuovi soci, l’esame dei verbali di quegli anni ci permette
di notare che molti aspiranti si videro respingere la domanda: per Felice Ghittino
si deliberò di assumere informazioni presso il socio Ferrero57, Giuseppe Laccagno
non fu ammesso quale socio effettivo58. Nel 1946 il buon andamento delle nuove
iscrizioni indusse Derossi a proporre di limitare l’accettazione dei nuovi soci ad
elementi di carattere sportivo, o persone che per posizione sociale o per cultura
portino lustro o aiuto finanziario alla nostra societ à59, e da allora il numero dei
bocciati aumentò: nella stessa riunione in cui Derossi indicò il nuovo indirizzo fu
accettata la domanda del sig. Frigerio, mentre si rinvia l’accettazione delle altre
domande; tre domande furono tenute in sospeso il 27 ottobre 1946. Era
importante la qualità professionale delle persone, come risulta dalla
comunicazione del comm. Casalis di star procurando altri nuovi soci sostenitori,
persone ben conosciute nel ramo automobilistico60.
Su quattro domande esaminate nella riunione del 23 marzo 1947 ne furono
tenute in sospeso tre, due su tre le domande sospese il 4 luglio 1947, ed una
riguardava addirittura il socio vogatore Giorgio Fenoglio che intendeva passare tra
gli effettivi, ma neppure le firme del socio Ambrosini e del segretario Delaude
furono ritenute sufficienti. Il 4 settembre 1947 un respinto ed un sospeso su 6
esaminati.
Tanta rigidità e formalità non valeva per i soci “ di peso”; l’elenco dei soci del
1948 riporta i nomi di molti soci entrati alla Cerea tra il 1946 ed il 1948 mai passati
al vaglio del consiglio direttivo. In particolare nei verbali non c’è traccia
dell’ammissione di quei soci sostenitori sui quali la Cerea puntava; per alcuni
l’iscrizione era immediata ed automatica, senza necessità di formale accettazione.
L’elenco dei soci del 1948, anno culminante per il numero dei soci e per
l’adesione alla categoria dei soci sostenitori, indica come la qualità sociale degli
iscritti alla Cerea fosse particolarmente elevata. I laureati erano 85 su 182,
specialmente avvocati ed ingegneri, ed erano anni in cui il possesso di una laurea
garantiva comunque una posizione dirigenziale nella vita lavorativa e nella
società; a loro si aggiungevano 19 tra Grand’Ufficiali, Commendatori e Cavalieri,
nonché una mezza dozzina tra generali, colonnelli e maggiori, sicché alla Cerea
c’era una concentrazione di classe dirigente tale da far ritenere che Derossi
potesse ritenere centrato il suo obbiettivo.
56
Gli elenchi dei soci sono conservati nell’Arch. storico con i numeri da A.21 fino a A.40
57
Cons. 11/9/1945
58
Cons. 7/4/1946
59
Cons. 16/6/1946
60
Cons. 15/12/1946
36
La Cerea 1945-1997
In quell’epoca in cui si attribuiva la massima importanza ai titoli spiccava il
Dott. Ing. Avv. Comm. Mario Botto Micca, ma numerosi erano i soci che potevano
fregiarsi di titolo accademico e di onoreficenza. Erano anche numerosi i nomi noti,
i nomi di famiglie di costruttori, di industriali, di grandi professionisti.
Con la crisi dei soci sostenitori, che nella quasi totalità lasciarono la Cerea,
la società riacquistò in maggior misura quella caratteristica di composito miscuglio
sociale che ne costituisce una caratteristica tipica. Negli anni 1950 e 1960 il
problema non fu più quello di trovare soci ricchi ed influenti; l’ammontare della
quota non era certo tale da impedire a molti l’associazione, perché vedremo come
il suo livello fosse modestissimo, ma rimase la presenza di Derossi ad evitare
l’associazione a troppo numerose persone o a coloro che non gli piacessero.
Certo è che con il passare dei decenni alla Cerea aderirono persone
appartenenti ad un ampio spettro sociale, laureati e no, dirigenti e modesti
impiegati, ricchi e persone dalle limitate possibilità.
A partire dal 1970 la ripresa dell’interesse verso l’agonismo, che spinse i
giovani veterani della Cerea a gareggiare sui bacini d’Europa, pose al centro
totale dell’attenzione dei soci il canottaggio; le vecchie gerarchie basate sulla
importanza sociale della persona cedettero progressivamente il passo a quelle
fondate sulle capacità tecniche e fisiche, in breve primeggiò chi era un leader
anche in barca; naturalmente ciò non significa che venisse meno la leadership
delle persone più stimabili e capaci in generale, ma è indubbio che ci fu uno
spostamento di attenzione notevole nei confronti dei canottieri. Lo dimostra
l’importanza che assunsero gli arrivi di soci che in gioventù gareggiarono per altre
società, gli sforzi effettuati per ottenere l’iscrizione di quelle persone e, per contro,
il progressivo diminuire dei soci poco sportivi, delle persone che trovavano la
società sempre più avara di cure e di interesse nei loro confronti.
Dagli anni ‘70 fino ai primi anni ‘80 la Cerea era in grave difficoltà per la
scarsità dei soci, eppure tale periodo di crisi coincide con il massimo vigore della
partecipazione agonistica, a livello veterani come in quello dei veri atleti; come è
possibile che ad una elevata vitalità si unisca una carenza di soci tale da far
temere per la vita della Cerea? Tale fu la spinta verso il canottaggio da eliminare
ogni attrattiva per coloro che non si dedicavano allo sport, sicché a parte i
praticanti, in società restavano solo vecchi soci legati alla Cerea per avervi
praticato sport o per antica consuetudine.
Dalla metà degli anni ‘80 ai soci di estrazione agonistica si aggiunsero
numerose persone interessate ad avvicinarsi ad uno sport praticabile nella natura,
complice la moda che spingeva all’attività fisica e le migliorate condizioni delle
acque del fiume; ma alla Cerea si associarono anche tanti che non facevano sport
alcuno, e che tuttavia apprezzarono la bellezza del posto, della sede, la
caratteristica unica di un piccolo club storico ove era piacevole pranzare o
passare qualche ora. Si formò così una curiosa mescolanza tra soci sedentari e
soci sportivi, che in piena armonia avevano modo di apprezzare le diverse
possibilità offerte dalla Cerea.
Il progressivo aumento della quota ed il ripristino di una quota di
buoningresso pari alla quota annua ebbe però la conseguenza di rendere oneroso
l’ingresso, con conseguenze negative specialmente per il limitatissimo afflusso di
giovani. Al progressivo invecchiamento dei soci si cercò di porre rimedio con
facilitazioni per i giovani fino ai 26 anni, e gli effetti furono positivi.
37
La Cerea 1945-1997
2 I CONSIGLI DIRETTIVI
Nel periodo di tempo esaminato furono numerosi i Consigli che si
susseguirono; indicarne la composizione può giovare, oltre che alla completezza,
per notare gli elementi di continuità o di discontinuità tra l’uno e l’altro Consiglio, e
comunque per ricordare il nome di quei soci che vedremo più volte citati e che,
con il loro personale impegno, hanno contribuito a tenere in vita la Cerea in tempi
non favorevoli.
1945 - 194761: Ing. Agostino Daniele Derossi, Presidente; Casalis Comm.
Alessandro, Vice Presidente; Crovella dott. Umberto, Segretario; Girardi Mario,
Cassiere; Boccalatte Ing. Alfredo, Direttore Sportivo; D’Alberto dott. Luciano,
Allenatore; Abelly Massimo, Addetto al materiale sportivo; Balma, Cane Comm.
Giovanni, Marcengo, Prof. Dino Ponte, Consiglieri.
194862: Derossi, Presidente; Casalis Comm. Alessandro, Vice Presidente,
Magni dott. Mario, Vice Presidente; Girardi Mario Cassiere; Delaude Dott.
Giovanni, Segretario Economo; Boccalatte ing. Alfredo, Direttore Tecnico; Abelly
Massimo, Cane comm. Giovanni, D’Alberto dott. Giovanni, Ponte prof. Dino,
Vaciago dott. Comm. Giovanni, Consiglieri63.
194964: ing. Derossi, Presidente; sig. Borghero Francesco e Comm. Casalis,
Vice Presidenti; sig. Berra, Segretario; rag. Monzeglio, dott. D’Alberto, dott. Aldo
Bobba, sig.Eraldo Gariel, Consiglieri.
1950 - 195165: ing. Derossi, Presidente; 66 sig. Francesco Borghero e
prof.Dino Ponte incaricati del servizio ristorante e chalet; sig. Renato Berra,
Segretario; sig. Eraldo Gariel, incaricato del Materiale; sig. Alfredo Bonetto,
Bocce; dott. D’Alberto, Direttore sportivo; sig. Franco Rippa, Cassiere.
1952 - 195367: Giorgio Gianolio, Presidente; Boccalatte Alfredo e Casalis
Alessandro, Vice Presidenti; D’Alberto Luciano, Economo; Girardi Mario,
Cassiere; Mortigliengo Piero, Segretario; Abelly Massimo, Consigliere.
61
Ass. 18/3/1945
62
Ass. 22/2/1948
63
Dopo un solo anno di permanenza in carica la Presidenza si dimise, e così i Consiglieri; sono ignote le cause, come le
eventuali dissidenze. Derossi giustificò le dimissioni con l’inutilità della sua permanenza in carica visto che le spese
da lui decise nel 1945 erano praticamente tutte pagate.
64
Ass. 27/2/1949, la stessa in cui il vecchio consiglio si dimise. Il profondo cambiamento dei nomi in Consiglio induce a
ritenere che ci fossero contrasti all’interno del Direttivo. Infatti il nuovo Direttivo restò in carica per un solo anno,
come per sostituire temporaneamente quello dimissionario fino alla scadenza del normale mandato.
65
Ass. 25/2/1950
66
Le cariche non vennero immediatamente distribuite, ciò avvenne solo nella riunione di Consiglio dell’8 marzo 1950.
67
Ass. 21/12/1951. Fu una nuova elezione che si svolse dopo soli 19 giorni dalla precedente assemblea che aveva eletto
Derossi, Ponte, D’Alberto, Mortigliengo, Giustiniani, M.Girardi e Dainotti. Nella riunione di Consiglio del 10
dicembre Derossi e Ponte dissero di non poter accettare la nomina per loro impegni e fu quindi riconvocata
l’assemblea.
38
La Cerea 1945-1997
1954 - 195568: Derossi, Presidente; Boccalatte e D’Alberto, Vice Presidenti;
Piero Derossi, Mario Girardi, Piero Mortigliengo, Bruno Fungo, Consiglieri. La
stessa Assemblea che elesse questo Consiglio Direttivo nominò per
acclamazione Giorgio Gianolio Presidente Onorario.
1956 -195769: Derossi, Presidente; Abelly e Mario Girardi, Vice Presidenti;
Bruno Fungo, Eraldo Gariel, Pino Eusebione, Antonio Contano, Consiglieri.
1958 - 195970: Derossi, Presidente; Dino Ponte e Girardi, Vice Presidenti;
Contano, Restagno, Eusebione, Giorgio Colombo, Consiglieri. Dal verbale di
Consiglio del 24 febbraio 1958 sappiamo che Restagno era il segretario e che a
Giovanni Bobba fu dato l’incarico di allenatore.
1960 - 196171: Derossi, Presidente; Girardi e Dino Ponte, Vice Presidenti;
Contano, G. Savio, Nosenzo, Crovella, Consiglieri. Successivamente a Nosenzo
fu affidato l’incarico di segretario e di Direttore Sportivo, a Contano quello di
cassiere, a Restagno quello di allenatore.
1962 - 196372: Derossi, Presidente; Dino Ponte e Girardi, Vice Presidenti;
Savio Giuseppe, Nosenzo, Fungo, Giovanni Bobba, Consiglieri. Fungo fu
nominato segretario, Savio tesoriere, Bobba economo, Nosenzo direttore
sportivo, Restagno allenatore.
1964 - 196573: Derossi, Presidente, Ambrosini e Dino Ponte, Vice Presidenti;
Colombo tesoriere, Piero Derossi segretario, Dario Foglino e Paolo Gariel,
Consiglieri. Nel corso del Direttivo del 17 gennaio 1964 Gariel e Foglino
comunicarono di non poter accettare l’incarico per i loro impegni di lavoro; invece
di sostituirli con i primi non eletti i consiglieri rimasti preferirono ricorrere a nuove
elezioni, tenute il 7 maggio 1964, con i seguenti risultati: Derossi Presidente,
Casalis S. e Ambrosini Vice Presidenti, Dino Ponte segretario, G. Colombo
tesoriere, M. Girardi e B. Savio Consiglieri.
1966 -196774: Derossi, Presidente; Casalis e Ambrosini, Vice Presidenti;
Ponte, segretario; Taricco, tesoriere ed economo; Colombo e Giovanni Bobba
Consiglieri. Benché questi fossero gli incarichi risultanti dal verbale d’assemblea il
Consiglio del 15 gennaio 1966 conferì l’incarico di segretario a Fungo, quello di
cassiere a Taricco, la direzione del materiale a Bobba e l’incarico di economo a
Colombo. Fungo non risultava tra gli eletti, mentre Ponte non figurò più nei verbali
del Consiglio; evidentemente quest’ultimo rinunciò all’incarico a favore di Fungo,
ma non c’è traccia scritta della vicenda.
1968 -196975: Derossi, Presidente; Ambrosini e Casalis, Vice Presidenti;
Fungo, segretario; Taricco, cassiere; Bobba e Colombo, Consiglieri. Nell’ottobre
68
Ass. 13/12/1953. Secondo le norme di Statuto l’Assemblea attribuì solo le tre massime cariche, ma neppure i verbali
di Consiglio indicano come siano state ripartite le responsabilità tra i consiglieri eletti.
69
Ass. 18/12/1955. Non sappiamo come furono distribuiti gli incarichi tra i consiglieri per la mancanza dei verbali di
Consiglio dal 15/10/1954 al 24/2/1958.
70
Ass. 1/12/1957
71
Ass. 20/12/1959
72
Ass. 10/12/1961
73
Ass. 22/12/1963
74
Ass. 19/12/1965
75
Ass. 17/12/1967
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La Cerea 1945-1997
1968 Taricco si dimise dall’incarico per impegni di lavoro e la cassa fu affidata a
Fungo, senza far subentrare altro consigliere.
1970 - 197176: Derossi, Presidente; Abelly e D’Alberto, Vice Presidenti;
Piero Mortigliengo, Giovanni Corne, Paolo Gariel, Clemente Santi, Consiglieri.
Santi si dimise nel giugno 1970 e gli subentrò Dario Foglino, primo escluso77.
1972 - 197378: Presidente Onorario, Derossi; Presidente Luciano D’Alberto;
Vice Presidenti Renzo Ventavoli e Piero Mortigliengo; Paolo Gariel, Marco
Pantaleoni, Domenico Mollj, Dario Foglino, Consiglieri. Ventavoli, che era stato
nominato anche Direttore Sportivo, si dimise da entrambi gli incarichi nell’ottobre
197279 ed i soci Corne e Bobba, primi esclusi, non accettarono la carica. La
mancanza dei verbali di Consiglio dal novembre 1972 al dicembre 1975 non ci
consente di sapere come fu risolta la vicenda; certo è che non vi fu alcuna
assemblea straordinaria per sostituire il Vice Presidente dimissionario.
1974 - 197580: D’Alberto, Presidente; Mortigliengo e Ponte, Vice Presidenti;
Gariel, Vizzini, Pantaleoni, Mollj, Consiglieri.
1975 - 197681: Dino Ponte, Presidente; D. Cavallo e Ventavoli, Vice
Presidenti; Bruno Crozza, Paolo Gariel, Romano Arcangeli, Giovanni Bobba,
Consiglieri. A Crozza furono affidati gli incarichi di segretario e cassiere, Gariel fu
nominato economo e Ventavoli Direttore Sportivo.
1977: i verbali d’Assemblea mancano per un periodo di circa due anni82. Dai
verbali di Consiglio si trae però che Presidente fu Dino Ponte fino al novembre
1977, con Vice sempre Ventavoli e Cavallo; il solo consigliere nominato nei
verbali è Arcangeli, mentre il segretario che firma i verbali è sempre Crozza;
Soave ricorda di essere stato nel consiglio in quel periodo. Ponte però lasciò
anzitempo l’incarico per la grave malattia che lo colpì e, probabilmente, ci furono
nuove elezioni.
1978 - 1979: In assenza del verbale d’assemblea è necessario risalire agli
eletti tramite i verbali di Consiglio. Le persone citate sono: Sanzio Dainotti,
Presidente; Roncarolo segretario; Bouquié, Gariel, Selvaggio, Pantaleoni e
Barzega, senza precisazione del loro ruolo, anche se Pantaleoni appare
impegnato specialmente sul fronte sportivo. Bouquié si dimise dal Consiglio per la
vicenda che lo portò ad essere “processato” per motivi disciplinari, di cui si dirà
nel capitolo IX, ma i consiglieri rimasti non ritennero necessario sostituirlo83.
1980 - 198184: Ing. Sanzio Dainotti, Presidente; Renzo Ventavoli e Vittorio
Soave, Vice Presidenti; Roncarolo, Giann’Antonio Ruggeri, Pantaleoni e Bobba
Consiglieri. Pantaleoni fu nominato Direttore di Canottaggio, Ruggeri segretario,
76
Ass. 7/12/1969
77
Cons. 11/6/1970
78
Ass. 4/12/1971
79
Cons. 24/10/1972
80
Ass. 12/1/1974
81
Ass. 13/12/1975
82
Dall’assemblea del 27/3/1976 si passa a quella del 12/4/1978.
83
Cons. 31/8/1978
84
Ass. 4/12/1979
40
La Cerea 1945-1997
Roncarolo tesoriere ed addetto alla manutenzione della palazzina, Bobba addetto
alla manutenzione delle barche non da gara85.
1982 - 198386: Dainotti, Presidente; Ing. Carlo Raina e Marco Pantaleoni,
Vice Presidenti; Sandro Giampiccolo, Chiaffredo Rosso, Corrado Giampiccolo,
Michele Cristilli, Consiglieri. A Cristilli fu affidato l’incarico di segreteria, a Corrado
Giampiccolo toccò l’incarico di tesoriere ed al fratello Sandro quello di addetto ai
materiali, mentre a Rosso fu affidata la responsabilità delle pubbliche relazioni87.
1984 - 198588: Dainotti, Presidente; Vice Presidenti Roncarolo e Paolo
Gariel; Cristilli, Corrado e Sandro Giampiccolo, Pantaleoni, Consiglieri. Le cariche
di tesoriere, segretario ed economo restarono alle stesse persone, così come
Pantaleoni fu confermato Direttore Sportivo.
1986 - 198789: Dainotti, Presidente; Paolo Gariel, Dott. Giorgio Buoni, Vice
Presidenti; Gianni Borrano, Ferruccio Conti, Pantaleoni, Paolo Marzano
Consiglieri. In seguito90 Marzano fu nominato segretario, Borrano tesoriere, Conti
economo addetto ai materiali, Pantaleoni Direttore Sportivo. Nel maggio del
198691 Marzano rinunciò all’incarico di segretario e di consigliere per la minatoria
rottura della vetrata di casa sua, di cui si è parlato in altro capitolo, e fu sostituito
da Vittorio Borghi che gli subentrò. Non fu la sola sostituzione, perché l’incarico di
Direttore Sportivo passò da Pantaleoni, troppo impegnato, ad Antonio Villani92,
socio esterno al Direttivo. La travagliata vita di quel Consiglio Direttivo si concluse
poi in anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato; non ne abbiamo
diretta testimonianza dai verbali d’assemblea perché dall’adunanza del 25 marzo
1986 si salta a quella del 1 dicembre 1988, ma nel marzo 1987 Il Consiglio venne
“sfiduciato” dai soci e furono indette nuove elezioni in cui si fronteggiarono due
liste contrapposte.
1987 - 1988: Nelle elezioni tenute a marzo risultarono eletti Giorgio Ponte
quale Presidente, Sandro Giampiccolo e Riccardo Vitale Vice Presidenti, Antonio
Villani, Paolo Sclaverani, Felice Mellano e Alberto Ronco. Bisogna ricordare che
la stessa Assemblea che votò il nuovo Direttivo proclamò per acclamazione
Sanzio Dainotti Presidente Onorario della Cerea. Ronco ebbe l’incarico di
segretario, Mellano di tesoriere e Villani mantenne quello di Direttore Sportivo.
1989 - 199093: Ponte Presidente, Vitale e Borghi Vice Presidenti; Consiglieri
Sclaverani, Bruno Coero Borga, Mellano e Ronco. Gli incarichi restarono immutati
salvo che per la Direzione sportiva, rimasta vacante dopo le dimissioni di Villani
dalla società; dopo alcuni mesi l’incarico passò a Romano Uberti e, dopo le sue
dimissioni, a Bruno Piardi.
85
Cons. 9/1/1980
86
Ass. 3/12/1981
87
Cons. 17/12/1981
88
Ass. 1/12/1983
89
Ass. 15/11/1985
90
Cons. 9/12/1985
91
Cons. 4/6/1986
92
Cons. 24/7/1986
93
Ass. 1/12/1988
41
La Cerea 1945-1997
1991 - 199294: Giorgio Ponte, Presidente; Vitale e Borghi, Vice Presidenti;
Mellano, Coero, Antonio Baruffaldi, Ronco Consiglieri. L’incarico di segretario
passò a Baruffaldi mentre gli altri compiti furono svolti dai consiglieri cui già erano
affidati. In aprile 199195 fu nominato il nuovo direttore sportivo nella persona di
Giuseppe Baima Poma. Fu anche ripristinata una funzione da molti anni
scomparsa, il segretario effettivo, stipendiato. Giangraziano -Cino- Costanzo
svolse alla perfezione quel compito e diventò un punto fermo della organizzazione
societaria assolvendo, di fatto, anche le funzioni di “Maestro di casa” del quale si
sentiva la necessità gi à negli anni ‘60.
1993 - 199496: Ponte, Presidente; Alberto Mittone e Giorgio De Silva, Vice
Presidenti; Baruffaldi, Mellano, Leonardo Michi, Massimo Weltert Consiglieri. De
Silva assunse l’incarico della manutenzione della palazzina.
1995 - 199697: Ponte, Presidente; Vitale e Mittone, Vice Presidenti;
Baruffaldi, Mellano, Nicola Todisco, Weltert Consiglieri.
1997 - 1998: Marco Palma, Presidente; Bruno Coero Borga e Luca Oddone,
Vice Presidenti; Giorgio De Silva, Renato Valpreda, Piero Rebaudengo, Ugo
Fassino Consiglieri. Rebaudengo dopo pochi mesi lasciò l’incarico per nuovi
impegni di lavoro e gli subentrò Roncarolo. Cambiamento si ebbe anche alla
Direzione sportiva ove Mauro Torta sostituì Giuseppe -Ciciu- Baima Poma;
l’improvvisa morte di Cino Costanzo, che proprio alla Cerea si spense nel marzo
1997, fu all’origine di una rotazione anche nell’incarico di segretario, che fu
affidato a Paolo Uberti. Tesoriere fu Valpreda con Fassino segretario, mentre De
Silva continuò ad occuparsi dello stabile e Giuseppe Oddone mantenne l’incarico
di responsabile del cantiere, compito che svolgeva già da alcuni anni.
94
Ass. 29/11/1990
95
Cons. 11/4/1991
96
Ass. 3/12/1992
97
Ass. 1/12/1994
42
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO III
LO CHALET
1
LA PALAZZINA E GLI ARREDI
Naturalmente siamo privi di una descrizione dei locali nell’immediato
dopoguerra, ma l’indicazione dei lavori eseguiti successivamente ci permette di
provare ad immaginare la Cerea del 1946. Subito dopo la guerra furono eseguiti
lavori molto importanti e molto costosi, di cui non conosciamo i particolari. La
principale traccia di quelle opere consiste in durissime polemiche tra l’ing.
Derossi, che le aveva volute, e l’ing. Boccalatte, socio storico e membro del
Consiglio che le aveva osteggiate ritenendo eccessiva la spesa compiuta.
Si parlò in seguito di somme che la società avrebbe dovuto incassare a
risarcimento dei danni di guerra, ma non sembra che la Cerea abbia subito danni
diretti, forse solo il passare degli anni in assenza di manutenzione le recò offesa.
Abbiamo notizie frammentarie ed incomplete: sappiamo quanto fu speso, e
si trattò di ben 600.000 lire, somma impressionante ove si tenga conto che la
quota ordinaria 1946 ammontava a 2.400 lire; l’importo dei lavori era pari a 250
quote sociali, ma il numero dei soci era ben inferiore a quel numero. Vedremo in
seguito come 250.000 lire circa servirono ad acquistare barche, sicché i lavori
nella palazzina assorbirono circa 300 - 350.000 lire della spesa complessiva.
Gli interventi del 1945 riguardarono sicuramente gli arredi, che furono
interamente rinnovati nel salone e nelle due salette a piano terra.
Nella seduta consiliare del 4 luglio 1945 Casalis espone quanto è stato
effettuato nei confronti della sistemazione interna della sede Sociale e comunica
che il mobilio sarà costruito dalla ditta Bisacco che ha presentato il preventivo
migliore. Proprio in quell’occasione fu eliminato l’arredo ottocentesco e la grande
ed elaborata vetrina che conteneva le coppe, ritratta in una fotografia che
compare sulla Rivista Nautica (1888, pag. 180) ed in una foto conservata nel
volume che raccoglie le memorie fotografiche98.
In segreteria sono conservati numerosi disegni dei mobili e degli arredi che
furono poi realizzati dalla ditta Bisacco; le tavole a colori sono numerosissime ed
alcune restarono allo stato progettuale99. Di quell’arredo rimangono ancora i
tavoli, i tavolini ed il mobiletto destinato a contenere i giochi e le carte, ora in sala
da pranzo; anche l’attuale vetrina delle coppe fu costruita allora, per sostituire il
98
Volume 1°, 1863-1900
99
Conservate nell’Archivio, Cartella B.1
43
La Cerea 1945-1997
massiccio mobile a vetri che conteneva i trofei. Ma molti soci ricorderanno gli altri
arredi che furono eliminati nel 1988 e che risalivano proprio alla ristrutturazione
del 1945, dall’enorme lampadario rotondo, sostenuto da corde, al mobile ove, fino
ad un paio d’anni fa, era posto il televisore.
Gli interventi non si limitarono solo al salone, tutta la società aveva subito un
sostanziale abbandono negli anni di guerra e tutto era da rivedere o migliorare.
Nella riunione del 17 luglio 1945 si decise di inviare ai soci una circolare in cui si
illustrino i lavori già eseguiti e quelli in corso, per la sistemazione della Cerea.
Ecco, per sommi capi, gli argomenti da trattare: gioco delle bocce con impianto di
illuminazione; imbarcazioni, una già pronta e dieci in corso di fabbricazione;
sistemazione dell’interno dei locali, compreso l’alloggio del custode; impianto
elettrico per l’uso delle docce e per il riscaldamento.
Proviamo allora a vedere come doveva essere la Cerea 1946.
Cominciamo dal piano terra: gli attuali bar e cucina non esistevano, la
palazzina terminava a filo del terrazzo che consente l’accesso all’alloggio del
gestore. Era identico lo spazio occupato dal salone e l’ingresso avveniva dalla
porta a vetri centrale. Le due porte che ora mettono in comunicazione il salone
con il bar e la cucina, se c’erano, immettevano in uno stretto vano accessibile
anche dall’esterno tramite una porta in legno, ben visibile in vecchie fotografie. L’
illuminazione del salone era data da un enorme lampadario circolare in rovere, sul
quale le lampadine erano fissate a guisa di candele; c’era un divano in pelle nera
appoggiato ad una parete; sappiamo che vi erano 20 sedie di vimini e tela, ma
potevano anche essere destinate all’esterno, benché il loro ingombro difficilmente
ne avrebbe consentito il ricovero in qualche luogo nel corso del lungo inverno. Se,
come è probabile, le sedie erano all’interno del salone, il locale non poteva
contenere molto altro. I pochi metri disponibili erano occupati dal tavolo più
grande e dalle sedie. Alle pareti c’erano i quadri attuali ed i medaglieri, ma solo
una decina di stendardi. Alla Cerea non si mangiava abitualmente, come vedremo
in seguito; c’era però un angolo cucina che serviva per la cottura dei piatti alla
casalinga estivi, stagione in cui venivano serviti cibi semplici. Il locale cucina
serviva probabilmente anche come deposito per le bevande da somministrare,
attraverso un piccolo bancone posto contro la parete verso l’attuale cucina. Il
vano cucina doveva trovarsi a fianco del salone, nella stretta fascia coperta dal
terrazzo, ora parte di bar e cucina. Dove adesso c’è la parte destra della sala da
pranzo vi era l’ufficio di segreteria. Forse era adibita a ufficio anche la stanzetta
ora parte della cucina perché in un verbale100 si propone di ripristinare la vecchia
porta di comunicazione con la nuova cucina (vecchio ufficio) e per dar modo di
passare sulla scala (che immette nella cantina) venga applicata una porta botola.
L’attuale sala da pranzo era divisa in due vani da una parete posta vicino
alla porta destra; il locale più grande, sulla sinistra, era adibito a saletta da gioco,
alle carte naturalmente, e probabilmente vi si usavano i due tavoli più piccoli. In
questa stanza, sulla parete divisoria ora abolita, c’era un finto caminetto installato
nel 1945 in occasione della ristrutturazione. La saletta a destra, piccola, era parte
dell’ufficio; entrambe le stanze avevano una stufa, a legna l’una a carbone l’altra.
Anche il salone era riscaldato da una stufa a legna, mentre prima del 1945 vi
erano delle stufette elettriche.
100
Cons. 27/11/1959
44
La Cerea 1945-1997
Dalla stanza da gioco si accedeva alla toilette ed alla stanza di deposito
(piccola parte dell’attuale sala biliardo e tutto il locale ora destinato a centrale
termica).
Il cantiere era più ampio dell’attuale perché non c’era la palestra e l’attuale
sala biliardo era ben più ridotta: eppure lo spazio scarseggiava anche allora per
l’abbondante presenza di barche sociali e private, specialmente da passeggio, a
punta e non. Mancava anche il locale ora destinato alle riparazioni.
Il locale spogliatoio coincideva con l’attuale, ma era pieno di armadietti
perché ogni socio aveva in assegnazione la propria cabina, come allora si
chiamava; era inconcepibile non dare al socio una cabina, tanto che il numero
chiuso dei soci era in funzione del numero di armadietti disponibili. Lo spogliatoio
era diviso in due settori, l’uno riservato ai soci effettivi, l’altro ai soci vogatori, che
avevano una stanza loro riservata, l’attuale segreteria. I locali doccia erano pure
divisi, probabilmente nei locali attualmente ora loro destinati; non sappiamo come
fossero docce e servizi, ma dovevano essere assai spartani; secondo Soave
c’erano due docce per gli atleti e due per i soci, questi ultimi sistemati ove c’è ora
la sauna.
C’era ancora un tavolo da ping pong, in una stanza apposita che in seguito
si propose di adibire a spogliatoio dei vogatori, ma non sappiamo dove fosse;
forse nella parte ora occupata dai gestori.
Sappiamo che il dopoguerra richiese ingenti lavori per rimettere in sesto i
locali ma non abbiamo alcuna indicazione sul tipo di guai lasciati dagli eventi
bellici. Probabilmente si trattò di restaurare la società dopo alcuni anni di
trascuratezza; sappiamo che i locali non erano accoglienti per i soci che
desideravano frequentare la societ à101 e che, alla fine del ‘46, il disavanzo residuo
della cospicua cifra spesa per il ripristino ed il nuovo arredamento della sede si
limitava a non più di 376.000 lire102. Somma non indifferente ove si tenga conto
che in pratica si trattava di 150 quote, come dire 210 milioni in lire attuali. Ma
erano anni buoni per la Cerea, ricca di soci e di fiducia nel futuro benché i tempi
fossero difficili, anni di dopoguerra. Dalle notizie a nostra disposizione sembra di
poter concludere che le opere postbelliche riguardarono solo le sistemazioni
interne e gli arredi dello chalet, anche se è probabile che sia stata eseguita una
manutenzione straordinaria della palazzina, dalle ringhiere all’imbiancatura dei
locali. Non sembra invece che siano stati eseguiti interventi di qualche importanza
alle docce ed agli spogliatoi, salvo l’esecuzione dell’impianto elettrico necessario
per poter usufruire dei boiler elettrici.
I lavori finirono nei primissimi giorni del 1947. Nello stesso anno restava da
terminare la sola sistemazione dello spogliatoio. Due problemi saranno ricorrenti
negli anni successivi, le docce malfunzionanti e gli armadietti insufficienti, mentre
non sappiamo se sia stato realizzato il desiderio di Casalis103: aprire una porta
che permetta ai Soci vogatori di adire ad una doccia senza passare nello
spogliatoio dei Soci effettivi.
101
Ass. 17/2/1946
102
Ass. 22/2/1947
103
Cons. 23/6/1947
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La Cerea 1945-1997
Fu invece approvata il 5 maggio 1946 un’altra proposta di Casalis: In
considerazione che nuovi soci hanno fatto domanda di far parte della nostra
società, ed allo scopo di poter accettare altre iscrizioni fino ad un massimo di 200
soci, il sig. Casalis propone di ordinare uno o due armadi (40 posti). La proposta è
accettata e si da incarico al sig. Casalis di interpellare i fornitori per l’allestimento
degli armadi. Si trattava quindi di grandi armadi collettivi, poco raccomandabili se
tra i soci di allora c’era qualcuno poco pulito. Ma non c’è certezza sul fatto che gli
armadi siano stati effettivamente realizzati.
Un grande progetto fu avanzato nel 1948, per ferma volontà del Vice
Presidente Francesco Borghero che, in assenza del Presidente Ing. Derossi,
presiedeva l’assemblea del 14 novembre 1948 ove, tra gli altri, erano presenti i
soci Gariel, Bobba, Baldisserri. Il Sig. Borghero pensava in grande ed esprimeva
concetti giusti ed idee chiare: occorre un serio potenziamento della Cerea,
mediante l’immissione di un buon numero di nuovi soci, buoni frequentatori dei
locali sociali a scopo di svago e di divertimento. Soggiunge, però, che per
procurare una sede a ciò adatta e per allettare l’entrata di numerosi nuovi soci
(con corrispondente incremento del bilancio sociale), è necessario creare gli
indispensabili e sufficienti ambienti mediante lavori di ampliamento degli attuali
locali e del loro serio e confortevole arredamento, affinché questi si prestino colla
maggiore comodità possibile allo sviluppo degli svariati giuochi di sala, lasciando
così libere le sale a terreno per altri usi, più rappresentativi. Il Sig. Borghero
comunica che tali accomodamenti si potrebbero facilmente ottenere trasformando
alcuni locali al primo piano dello Chalet, compreso il terrazzo , attualmente
scoperto, posteriore a questo, e ricavandone così l’alloggio per il custode ed una
bella e spaziosa sala, adatta allo scopo prefisso. Il Sig. Borghero presenta
all’assemblea un progettino di massima, che ha potuto avere da un tecnico, per la
cui realizzazione viene preventivata una spesa di circa 1.000.000 di lire. Un
progetto ambizioso, forse troppo. Alla proposta l’assemblea aveva dato un
assenso di massima, chiedendo però un progetto preciso, anche nei costi. La
questione fu quindi riproposta all’assemblea del 27 febbraio 1949, ove
l’ampliamento della sede sociale era il secondo punto all’ordine del giorno. Il
Presidente Derossi illustrò i vantaggi che sarebbero derivati dall’ampliamento dei
locali sociali; cosa interessante per il tema che trattiamo, indicò come possibile
mezzo di finanziamento l’ottenimento dei danni di guerra dal Municipio.
Il problema venne nuovamente rinviato a seguito dell’osservazione dell’avv.
Lera, puntuale pignolo d’assemblea, relativa alla necessità di garanzia di una
lunga locazione prima che si potessero affrontare ingentissimi lavori; Derossi si
impegnò a parlarne con il Sindaco.
All’ampliamento fu poi dedicata l’assemblea straordinaria del 14 marzo
1949, presieduta da Borghero in assenza di Derossi. Il Vice Presidente non aveva
un progetto molto più chiaro di quello precedentemente esposto; si renderebbe
necessaria la copertura o in muratura o con vetri del terrazzo al primo piano del
fabbricato, rifacimento del pavimento e tutti i lavori inerenti. Per tali lavori è
prevista una spesa aggirantesi su Lire 1.000.000. Teniamo presente che la quota
dei soci effettivi ammontava, nel 1949, a 10.000 lire. Ci pensò il Consigliere avv.
D’Alberto ad affondare la proposta tanto cara a Borghero, e con parole
elegantemente definitive: fa presente l’assennatezza della proposta del Vice
Presidente, ma più che parlare di ampliamento sarebbe opportuno prendere in
46
La Cerea 1945-1997
esame gli indispensabili e urgenti lavori di manutenzione della sede: riparazione
tetti, sostituzione grondaie, riparazione e rifacimento pavimenti del salone e
salette, riparazione del cantiere. Altri soci ricordarono la necessità di altre opere e
la proposta di ampliamento venne rimandata ad altro momento con il voto di 22
soci (su 27); l’assemblea incaricò invece il Consiglio di iniziare i lavori di
manutenzione più urgenti.
Non può sfuggire la gravità dei problemi indicati da D’Alberto: se i tetti
lasciavano filtrare l’acqua, le grondaie non funzionavano, i pavimenti del salone e
della sala erano da rifare, c’è da chiedersi con quale criterio, solo due anni prima,
fossero state spese somme importantissime per costruire nuovi arredi su disegno
senza toccare le fatiscenti strutture della palazzina. Probabilmente Derossi preferì
destinare le risorse ad un intervento visibile immediatamente, com’è per gli arredi,
anche per agevolare l’adesione di quelle persone abbienti destinate a diventare
soci sostenitori; ma costoro non saranno poi stati lieti di assistere alle continue
infiltrazioni dal tetto o di far la coda per godere di una doccia.
La necessità assoluta di interventi sulla struttura è dimostrata da alcuni
preventivi conservati tra i documenti sociali: il geom. Franco Ramella presentò tre
distinti preventivi, il primo del gennaio 1949 relativo a lavori di ampliamento in
base ad un progetto del 14 dicembre 1948: si trattava di scavo di fondazione,
disfacimento di parte del tetto, ricostruzione di tutto il primo piano, anche se con
due sole docce, per l’astronomico prezzo di 2.800.000. Naturalmente non se ne
fece nulla e nel marzo l’impresa Ramella presentò un preventivo per lavori più
limitati, circa 500.000 lire, sottolineando l’urgenza di riparare il tetto per evitare la
putrefazione dei travi del tetto; infine la Cerea strinse ancora l’ambito di intervento
e Ramella preventivò la soffittatura del cantiere con materiale coibente e la
ripassatura del tetto per lire 354.000.
Nonostante i grandi lavori di ristrutturazione affrontati nel 1945-46 molte
cose restavano evidentemente da fare. La struttura dello chalet era afflitta dai
difetti originari, perché i muri perimetrali ed interni poggiavano sul terreno senza
serie fondazioni; solo nel 1985 si scavò all’interno del salone per creare un
vespaio ed eseguire le sottomurazioni. Fino a quella data l’umidità, inesorabile,
risaliva per i muri malamente occultata dalla perlinatura posta alle pareti.
Sul progetto Borghero, valido ancor oggi, calò il silenzio specie per effetto di
una ben più impellente necessità di ripristino. Il 4 maggio 1949 la violentissima
alluvione spinse le acque del fiume fin dentro il salone, ove si entrò in barca; il Po
spazzò la terrazza, devastò il salone, allagò il piano terra e la cantina.
Fu un vero disastro, ma poco risulta di quanto fu fatto per le riparazioni. Il
palchettista Berta preventivò la spesa per sostituire il palchetto nella saletta del
biliardo in 72.000 lire; l’impresa Amedeo si occupò del battuto e della copertura
del terrazzo, della posa della putrella sotto la terrazza che ancora svolge il suo
servizio, del restauro di cantina e facciate per 272.000 lire; 30.000 andarono
all’idraulico Fava per la posa di varie gronde, mentre le Officine Omega si
occuparono del trasformatore elettrico sommerso dall’alluvione; da notare che, nel
preventivare in 28.000 lire il costo di ripristino si avvisava che detto apparecchio è
un autotrasformatore e per conseguenza molto pericoloso agli effetti
dell’incolumità personale di chi manovra l’impianto luce, anzi riceverete diffida
ufficiale per la modifica dello stesso in trasformatore . I verbali riportano un
47
La Cerea 1945-1997
accenno ad una relazione finanziaria sulle spese sostenute104 e l’indicazione della
somma spesa, ben 683.000 lire reperite con grande difficoltà dai dirigenti105. I
lavori furono celermente eseguiti, lo dimostra la richiesta dell’avv. Lera di
decretare un voto di plauso al Consiglio Direttivo per la celerità, oculatezza e
tempestività con cui ha agito il Consiglio per ridare ai soci la loro casa
nuovamente decorosa e frequentabile106. E fu vera celerità perché i preventivi di
cui abbiamo scritto sono di dieci - quindici giorni successivi alla massima piena.
Dai grandi progetti e dalle grandi opere la Cerea calò per un decennio alla
piccola manutenzione, alle opere modeste: dall’acquisto di 20 sedie in
sostituzione di quelle di vimini e di tela ormai deteriorate107 alla necessità di
installare una doccia supplementare che serva a decongestionare l’uso nelle ore
di punta 108, all’acquisto di un orologio a muro da installare nel salone5.
La pulizia degli spogliatoi lasciava molto a desiderare se vari soci chiesero in
assemblea non solo l’imbiancamento, ma anche la disinfestazione dello
spogliatoio dei vogatori 6.
I verbali di Consiglio e d’Assemblea non fanno più cenno a lavori, salvo che
per il riscaldamento, fino al 1958; se nulla fu fatto per 10 anni la palazzina doveva
esser assai malconcia ed infatti, nell’assemblea del 1 dicembre 1957, il socio
comm. Bartolini chiese alla nuova direzione che nella successiva assemblea
venisse presentato un bilancio straordinario per il riassettamento dei locali sociali.
Il Consiglio prese buona nota dell’invito ed incaricò degli ingegneri di
preparare progetti ed i soci Colombo e Restagno di inventariare il mobilio. Il Vice
Presidente prof. Ponte propose anche di sistemare una siepe lungo tutto il confine
della Società, ma non si sa se la proposta ebbe un seguito.
L’improvvisa accelerazione avvenne nel marzo 1958: l’Ing. Derossi al
Consiglio del 22 chiese di discutere lo stato di manutenzione dell’edificio sociale e
le eventuali migliorie da apportare in base ai progetti degli ingegneri interpellati in
merito; all’assemblea del giorno successivo illustra l’intenzione della Direzione di
apportare alla Sede Sociale parecchie migliorie, migliorie che si rendono
necessarie per affrontare decorosamente il periodo delle onoranze celebrative del
centenario della Società. In sede di Consiglio, con la raccomandazione di non
parlarne ai soci onde non pregiudicare le trattative, Derossi aveva spiegato di
aver avviato con il Sindaco Peyron un’azione tendente a far rientrare le spese
nelle celebrazioni del centenario dell’unità d’Italia.
Nel frattempo l’assemblea del 23 marzo si attenne a cose più modeste, ma
indispensabili, come era un frigorifero, stranamente ancora assente alla Cerea;
l’acquisto non fu scontato né indolore, anzi, conviene riportare la verbalizzazione:
L’assemblea affronta la proposta di acquistare un frigorifero per il servizio di
ristorante e bar e dopo un’animata discussione viene approvata una libera
104
Cons. 8/11/1949
1 Ass. 27/11/1949
2 Idem
3 Cons.8/3/1950
5
Cons. 1/6/1951
6
Cons.1/8/1952
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La Cerea 1945-1997
sottoscrizione per poter affrontare questa spesa non prevista in bilancio. Va detto
che la sottoscrizione immediatamente iniziata fruttò 70.000 lire e che la società si
trovava in un momento tragico dal punto di vista del numero dei soci, e quindi
delle finanze. Ma si capisce che un bar senza frigo, all’ingresso negli anni 60, era
indice di società in crisi.
Come spesso capita alla Cerea i progetti per il centenario furono
momentaneamente accantonati sotto la spinta di nuove contingenze. Ma le
necessità di restauro coincidevano con le esigenze di fusione della Cerea con il
Circolo della Stampa, progetto di cui si parla in altro capitolo, molto caro a Derossi
che lo voleva fortemente; tale circolo pretendeva che la Cerea fosse in ordine così
come lo era il locale del Circolo della Stampa. Derossi rappresentò
all’Assemblea109 la necessità di rinnovare i locali sociali per ottenere
l’affiancamento; il Municipio dovrebbe intervenire con 10-12 milioni per riassestare
muri, tetti e ringhiere, mentre il Circolo della Stampa metterebbe a disposizione
circa 8 milioni; resterebbero a carico della Cerea i servizi igienici, l’arredamento
ed il materiale nautico per una spesa di 2-4 milioni.
Il Consiglio del 26 giugno 1959 smorzò subito gli entusiasmi, perché risultò
che il Municipio aveva approvato lo stanziamento di tre milioni circa per
riparazioni murarie, pavimenti, tetti, ringhiere ecc., somma quindi ben inferiore a
quella sperata, insufficiente per tali opere. Ma le opere partirono ugualmente, a
spese di Derossi; ed anche in questo caso pare che i soci pretendessero dal
Presidente lavori che essi non erano in grado di pagarsi. La seduta di Consiglio
risultava infatti chiesta dal prof. Ponte che annunciava di averla richiesta onde
poter chiarire la posizione della Presidenza nei riguardi degli impegni presi in
occasione dell’assemblea dei soci, ed in particolare desidera siano prese
decisioni circa i lavori necessari per il risanamento della costruzione sociale. A
parte il fatto che, a verbale dell’assemblea, non v’erano impegni del Presidente
ma al più una relazione ottimista, in quel Consiglio Derossi precisò l’entità del
contributo comunale e assicurò che i lavori potevano iniziare: ed il Consiglio pose
condizioni, perché il prof. Ponte chiese che si tenesse informato il sig. Abelly
affinché potesse sovrintendere ai lavori, invitava l’ing. Derossi a fissare un
appuntamento tra Abelly, l’ing. Burdisso della Cerea ed il tecnico comunale
esprimendo il proprio desiderio che dall’appuntamento ne risulti un piano ben
chiaro e preciso circa i lavori necessari e per i quali dovrà provvedere la Società
perché lavori di straordinaria amministrazione, e più precisamente il rifacimento
del bar e degli impianti igienico sanitari nonché degli spogliatoi. Senza conoscere
gli antefatti è difficile giudicare certe richieste a colui che, in larga parte, pagherà i
lavori. Né le perentorie richieste irritarono il Presidente, che anzi avanzò un’altra
delle sue offerte un po’ balzane, perché la verbalizzazione prosegue con la sua
dichiarazione di poter mettere a disposizione degli spogliatoi armadietti in pomice
che ha in gran numero, sempre che possano servire al caso, e che la costruzione
resista al peso. Nessun commento dagli altri membri del Consiglio. Resta la
curiosità di immaginare un armadietto in pietra pomice, e di conoscerne il peso.
Vi è poi un successivo verbale di Consiglio privo di data, ma che si può
situare nel settembre 1959 visto che la riunione precedente era di giugno, e la
successiva in novembre. A quella data si attendevano ancora le decisioni degli
109
Ass.. 8/3/1959
49
La Cerea 1945-1997
enti pubblici, in particolare del Consiglio Prefettizio che aveva bocciato un primo
preventivo per la tinteggiatura (dell’esterno o anche dell’interno?). Il prof. Ponte
sollecitò però l’inizio dei lavori, facendo presente che i tetti avevano permesso
l’entrata di numerose infiltrazioni proprio pochi giorni prima della riunione. E
restavano ancora da definire le esatte caratteristiche del mutuo cui la Cerea
doveva ricorrere; l’assemblea dell’8 marzo aveva infatti autorizzato i dirigenti a
stipulare un mutuo bancario per reperire le risorse necessarie all’esecuzione dei
lavori.
Come spesso accade nessun verbale delibera formalmente l’inizio dei
restauri e neppure indica quali lavori debbano essere intrapresi. Ma alla seduta di
Consiglio del 27 novembre 1959 era presente anche l’ing. Burdisso, direttore dei
lavori in corso alla Cerea; bisogna dedurne che il cantiere aveva preso il via
all’incirca nell’ottobre del ‘59. Per quanto risulta dai verbali non si trattò tanto, o
forse solo, di restauri, ma di un importante ampliamento, consistente nella
costruzione di un nuovo locale coperto da tetto in coppi, ove ancor oggi si trovano
cucina e bar.
Nel novembre l’ampliamento non c’era ancora perché l’ing. Burdisso espose
il progetto e spiegò come avrebbe voluto aprire le porte di collegamento con il
salone; solo un socio anziano potrà spiegare se passò il progetto Burdisso o il
desiderio di Derossi di veder ripristinata la vecchia porta di comunicazione con la
nuova cucina (vecchio ufficio) e per dar modo di passare sulla scala (che immette
nella cantina) venga applicata una porta-botola. C’era anche incertezza sulle
caratteristiche del banco bar, tanto che al progettista fu chiesto di presentare
preventivi sia per banchi prefabbricati sia per banchi in muratura e mosaico, come
imponeva la moda dell’epoca.
I lavori non durarono a lungo, pochi mesi dopo l’ampliamento era già
terminato, tanto che nella seduta dell’8 marzo 1960 si discutono i lavori che
rimangono da eseguire per la sistemazione dello chalet: poche cose, visto che
all’ing. Burdisso fu dato incarico di far eseguire i seguenti lavori con relative
forniture: impianto di n° 4 docce con fornitura di n° 2 boiler a gas; installazione di
WC e di due lavabi; marciapiede in pietra davanti alla nuova costruzione e
sgombero terra nel piazzale.
Il giardino doveva essere mal messo visto che Derossi promise di
interessarsene presso il Municipio. Non era l’unica cosa che restasse da fare,
tanto che in successiva riunione110 si decise di proporre all’assemblea un prestito
obbligatorio alla società per poter effettuare alcuni lavori: spogliatoi, cantiere,
giardino ecc. La Cerea non aveva infatti richiesto il mutuo previsto, aveva trovato
nel Presidente Derossi la persona pronta a pagare il conto. La circostanza
emerge dal verbale di consiglio 7 giugno 1961 in cui il Presidente comunica di
aver disposto per il pagamento della spesa sostenuta per l’installazione delle
nuove docce. Potrebbe anche significare la disposizione di pagare con i soldi
della Cerea, ma questa possibilità viene smentita dall’assemblea dell’11 giugno
1961, ove l’assemblea preso atto del munifico gesto del suo Presidente ing.
Derossi per i lavori di costruzione fatti eseguire invia il suo più vivo plauso e il suo
affettuoso ringraziamento. Quindi non solo i servizi furono pagati da Derossi ma
tutti i lavori, compreso l’ampliamento!
110
Cons. 7/6/1961
50
La Cerea 1945-1997
Quanto fatto nel ‘59-‘60 era solo un primo nucleo di lavori; altri non meno
importanti ne seguirono grazie ai fondi reperiti con un prestito soci obbligatorio:
nel 1962 il Consiglio decise che si dovrà dare priorità ai seguenti lavori: bar,
barche da turismo e da regata, pavimento degli spogliatoi e balaustra del
terrazzo; ma si richiese anche un preventivo per la revisione del biliardo e del
contatore (del biliardo, per il pagamento) e si incaricò il consocio Gariel di
provvedere alla riparazione delle sedie attualmente inservibili111. Nella seduta del
4 febbraio 1962 venne deciso l’inizio della seconda fase dei lavori, ma non c’è
chiara indicazione di cosa venga fatto; sappiamo che l’economo sig.Bobba
relaziona di quanto è venuto a conoscenza dietro suo interessamento presso le
ditte specializzate per il pavimento dello spogliatoio, per il cui rifacimento si
prevede una spesa di 3-400.000 lire; si propose di cambiare la balaustra del
terrazzo visto il suo cattivo stato ed il segretario aggiunse di aver necessità di una
macchina da scrivere.
L’unica certezza venne dall’ing. Derossi, che offrì l’arredamento esterno
restando a carico della società unicamente le spese d’impianto, cosicché resta il
dubbio sulle caratteristiche di tale arredo; certo non si trattava di sedie e tavolini,
perché non ci sarebbe stata questione di impianto. Non stupisce comunque che il
socio Biancotti si sia fatto interprete di un voto di plauso dell’assemblea nei
riguardi dell’ ing. Derossi per il suo sacrificio personale per il rinnovo di parte degli
impianti sociali112.
Anche la balaustra messa in opera nella primavera del 1962113 fu offerta dal
Presidente114, ed è quella ancora in uso. Al 1961 risale invece la cinta esterna,
impiantata dal Comune in occasione delle manifestazioni di Italia ‘61.
L’occasione che spingeva i soci ad urgenti restauri era l’imminenza del
centenario, avvenimento che doveva portare alla Cerea ospiti ed attenzione ed
imponeva quindi un ordine ed una pulizia all’altezza dell’importante
appuntamento. Non potevano essere trascurate bandiere e pennone, ed infatti la
bandiera sociale ed il gran pavese furono affidati al socio Colombo perché ne
curasse il restauro, mentre Bobba s’incaricò di mettere in efficienza il pennone
portabandiera.
Anche l’anno del centenario passò, e con esso l’entusiasmo che aveva
permesso la mobilitazione dei soci e l’assunzione di sacrifici economici pesanti,
aumenti di quota e prestito obbligatorio, per non parlare dei pesantissimi esborsi
del Presidente Derossi.
Nella situazione critica per il numero modestissimo dei soci, negli anni
successivi anche le modifiche allo chalet scompaiono dai verbali, almeno per
qualche anno. Solo modeste novità alla Cerea, tovaglie e tovaglioli offerti dai soci
Prunotto115, una pianta a fianco del cancelletto che ha scardinato la porta con le
sue radici116, la decisione di riparare le due docce inutilizzabili da oltre un anno117;
111
Cons. 12/1/1962
112
Ass. 8/4/1962
113
Cons. 7/12/1962
114
Ass. 3/3/1963
115
Cons. 29/12/1964
116
Idem
51
La Cerea 1945-1997
segno evidente di una crisi grave, perché le docce erano quattro in tutto, e perché
una così minuta manutenzione dovrebbe avvenire immediatamente e senza
necessità di deliberazione del Consiglio. Ma non è il solo guasto che risulta, vi è
anche lo scaldabagno della doccia vogatori che si rompe, e del ripristino si
incaricherà Bobba118; anzi, gli sforzi di quest’ultimo furono probabilmente vani
perché si convenne di acquistare anche un nuovo scaldabagno in sostituzione di
analogo vetusto119. Il solo investimento della società nel 1966 sembra essere un
nuovo televisore, pagato solo 95.000 lire mercé le buone relazioni del socio sig.
Gariel120, che trovò forse posto nel bar ove lo schermo televisivo restò fino alla
fine degli anni 80.
L’immobilità dipendeva dalle ristrettezze economiche ed infatti risulta che nel
1965 - 66 dei lavori ci furono, ma finanziati da un gruppo di soci che si occupò di
installare l’impianto di termosifoni ma anche di lucidare i pavimenti e tinteggiare le
pareti interne, di imbiancare le facciate e la rimessa, di comprare nuove sedie,
utensili ed altro per una spesa di 4.200.000 lire121.
Successivamente sulla palazzina e sugli arredi calò un silenzio quasi totale,
sia in Consiglio che in Assemblea, per sei lunghi anni, fino al 1972. Ciò non
significa che nulla sia stato fatto, certamente qualche lavoro ci fu, almeno piccole
riparazioni; ma il silenzio è comunque significativo, perfettamente conseguente
d’altronde ad una Società che, nel 1970, era sfrattata dalla sede ed aveva 46 soci
effettivi.
Vediamo le poche eccezioni a questo silenzio: il 2 settembre 1968 il
Consiglio si occupa di un non meglio identificato tombino ed incarica l’ing.
Burdisso di acquistare la porta a vetri per il bar; probabilmente si trattava della
porta a vetri a due battenti, posta a breve distanza dall’ingresso, che immetteva
nel bar tramite un breve corridoio diviso dal bar, sulla destra, da un basso muretto
e da un vetrata. Credo che ci fosse un’esigenza di isolamento termico, perché il
bar era molto freddo. Altre opere sono ancora più modeste, dai problemi di
potatura e scorzonatura delle piante122, alla riparazione della macchina da caffè
ed al dono di un estintore da parte del dott. Colombo123, alla decisione di mettere
nell’alloggio del custode un piccolo boiler a gas per l’acqua calda124, alla chiusura
con serramenti della scala interna125.
Occorre arrivare al 1972 perché il Vice Presidente Ventavoli inviti
l’assemblea ad un certo impegno finanziario per nuovi lavori, pur senza perdere di
vista la situazione con il Comune.
117
Cons. 5/7/1965
118
Cons. 5/9/1966
119
Cons. 19/9/1966
120
Idem
121
Ass. 27/3/1966
122
Cons. 23/9/1969, Cons. 30/12/1969, Cons.6/9/1970
123
Cons. 30/10/1969
124
Cons. 19/3/1970
125
Cons. 11/1/1972 e Ass 18/3/1972
52
La Cerea 1945-1997
Ma pare che negli anni successivi l’impegno finanziario non ci sia stato, o
meglio che le esigenze di bilancio non consentissero opere, tanto che si trova
traccia solo di esortazioni ad eseguire migliorie, come fanno Arcangeli per la
prevenzione incendi e Gariel per la ristrutturazione degli spogliatoi vogatori126.
Qualcosa fu fatto nel 1976, anno in cui vennero eseguiti lavori non
specificati, ma importanti, nell’alloggio del custode. Proprio il custode richiese
1.870.000 lire per i lavori eseguiti per conto della Società, ma il Consigliere
Arcangeli stimò che essi valessero un milione; non sappiamo come sia finita la
discussione, ma in quell’occasione fu ritinteggiata la segreteria, risistemato il
mobilio anche spostando alcuni armadi che ingombravano la saletta da gioco,
forse quegli armadi in legno ancora conservati in segreteria.
Le ristrettezze di quel tempo emergono in due successive sedute di
Consiglio con riguardo agli armadietti degli spogliatoi, in gran parte inutilizzabili
perché rotti. Arrivò al Consiglio la proposta di acquisto di 100 nostri armadietti per
500.000 lire, ma i consiglieri si riservarono una decisione; spiaceva privarsi di
armadietti così carichi di storia; nella successiva riunione dell’11 maggio 1977
venne anche accantonato il preventivo per il ripristino degli armadietti, 740.000
lire. Quindi non si sostituirono i vecchi armadietti e neppure li si riparò, si continuò
ad usare quelli funzionanti, in fondo sufficienti visto che i soci erano pochi; il
problema di uno spogliatoio ingombro di armadi rotti fu rinviato.
C’è un interessante verbale ad indicare le ristrettezze e, nel contempo, la
buona volontà di molti soci che traghettarono la società fuori dalla drammatica
situazione. il Consiglio dell’11 febbraio 1978 prese decisioni in merito a lavori non
rinviabili: Le sedie del salone saranno, al momento, solamente riparate (sempre
che la riparazione non risulti troppo onerosa); l’eventuale sostituzione è rimandata
al prossimo esercizio finanziario.
Le piccole riparazioni idrauliche alle docce saranno curate, a costo zero, da
Pantaleoni, tramite personale da lui comandato e con materiale di suo ricupero.
Barzega assicura che è possibile effettuare la riverniciatura della ringhiera
del terrazzo con il solo costo dei materiali e con l’opera dei soci; della cosa si farà
promotore.
Bouquié penserà a fare, utilizzando ricuperi metallici, la cancellata di
protezione per impedire l’ingresso di terzi nella banchina.
Pantaleoni sostiene la necessità di sostituire la caldaia, attualmente in
pessime condizioni; viene inserita in bilancio la spesa di lire 800.000 (comunque
si cercherà di porre rimedio alla attuale).
Viene rimandata alla prossima gestione anche la questione della
catramatura della discesa al pontone.
Non occorre commento. Derossi è morto da qualche anno, ed è così venuto
meno il solo polmone finanziario della società. Tutto va a pezzi, anche il mobilio è
in condizioni deplorevoli127.
In quel difficile periodo si verificarono anche parecchi odiosi furti di
suppellettili dal salone: Soave ricorda che sparirono due bronzetti, e tra quelli uno
era il pregevole atleta che si estrae una spina dal piede; ma mancarono anche
126
Cons. 10/5/1976
127
Cons. 28/6/1978
53
La Cerea 1945-1997
l’orologio che era appeso alle mani del putto in bronzo, la moneta antica che Dino
Ponte aveva fatto incastonare nella coppa del centenario ed altri oggetti.
Nel 1979 lo stato della Cerea imponeva interventi, tanto che Roncarolo
propose di destinare tutte le risorse alla manutenzione straordinaria dello chalet e
di raccogliere intanto preventivi per i lavori di decorazione e per la sostituzione
delle sedie128; l’assemblea del 24 aprile 1979 approvò la proposta di ripartire
almeno in due gestioni le spese relative alla manutenzione straordinaria dello
chalet. Ma la società non aveva i mezzi occorrenti per iniziare i lavori; ancora una
volta ricorreva la speranza in un intervento municipale che potesse risolvere il
problema. Questa volta i rapporti allacciati da Ventavoli con l’Amministrazione e le
concessioni fatte al Comune ed alla Circoscrizione, di cui si dirà nel capitolo X,
autorizzavano qualche speranza, tanto che Renzo Ventavoli comunicò che
l’Assessore Vindigni ha assicurato la sua intenzione, attraverso l’assessorato
delle opere pubbliche a fare attribuire alla società un contributo per la
manutenzione straordinaria129, ed allo scopo il tesoriere preparerà un piano di
lavori da sottoporre a Vindigni dopo la firma della nuova convenzione.
Non credo che il Comune abbia poi contribuito ai lavori. Nuove risorse
entrarono comunque in società grazie all’ingresso dei quindici - venti nuovi soci
che pagarono cinque annualità anticipate; con quei soldi furono eseguite opere
davvero fondamentali: il 9 ottobre 1980 il Consiglio decide di eseguire i seguenti
lavori fino alla concorrenza dell’importo corrispondente al totale delle quote
pagate (12-15 milioni): - trasformazione dello spogliatoio atleti in spogliatoio
comune; -rifacimento delle docce atleti in un locale comprendente 4 docce, 3
lavandini e gabinetto; -trasformazione di parte dell’attuale spogliatoio soci in
palestra (escluse le attrezzature); -rifacimento delle docce soci e trasformazione
dell’attuale gabinetto in cabina per sauna. I lavori, eseguiti a cavallo degli anni
1981 e 1982, costituirono il nucleo iniziale delle opere che nell’arco di 15 anni
portarono le strutture e gli ambienti della Cerea ad un profondo rinnovamento.
Rispetto a quell’intervento i due vani doccia hanno subito interventi, ma l’aspetto
non è sostanzialmente mutato; allora venne anche eseguito un riordino degli
armadietti, nel senso che con opera di cannibalismo vennero composti armadietti
sani da molti irrimediabilmente guasti. Con l’eliminazione di parecchi armadietti fu
creato quel vano libero davanti alle finestre affacciate sulla terrazza che per
parecchi anni fu usato come palestra per il corpo libero.
L’intervento fu importante, ma riguardò una parte assai modesta dello stabile
che, come gli arredi, si trovava in condizioni veramente critiche; basti dire che gli
ultimi interventi importanti risalivano al 1960, cioè a 20 anni prima! Chiunque
conosca la Cerea conosce il degrado che in breve tempo colpisce la vecchia
struttura mal costruita, esposta all’umidità ed all’uso intenso. Venti anni sono un
periodo lunghissimo.
Non stupisce quindi il fatto che il Consiglio abbia affidato a Sandro
Giampiccolo l’incarico di effettuare un sopralluogo sullo stato del fabbricato, di
stendere una relazione ed in un secondo tempo di presentare un eventuale
preventivo per la manutenzione straordinaria agli uffici competenti del Comune130.
128
Cons. 17/1/1979
129
Cons. 6/2/1980
130
Cons. 4/2/1982
54
La Cerea 1945-1997
Segno evidente, tra l’altro, che le promesse di Vindigni erano rimaste prive di
seguito.
Sandro Giampiccolo presentò poi la sua relazione che indusse il Consiglio
ad approvare alcuni interventi atti a tamponare l’emergenza, un lavoro per lo
scolo dell’acqua sul terrazzo per la macchia che si notava nella sala del biliardo
(ora pranzo), di rifare uno zoccolo in cemento lungo tutto l’edificio dalla parte di
viale Virgilio per un importo di circa 600.000 lire131. La necessità di interventi
straordinari venne nuovamente sollecitata al Comune che, per tutta risposta,
invitò la Cerea a potare gli alberi132.
In quello stesso 1982 fu eseguito un altro importante lavoro, la sostituzione
completa di tutte le attrezzature di cucina; la decisione fu presa in concomitanza
con l’abbandono della Cerea da parte del gestore, signora Usai, alla quale era
rimproverata una notevole sporcizia, ma bisogna riconoscere che la cucina era un
antro che recava incrostazioni di generazioni di gestori. L’intervento fu
comprensivo di nuova cappa, forno, cucina e lavastoviglie, armadi, per una spesa
di circa sei milioni133, ed i lavori terminarono nel gennaio 1983.
Con una simile spesa le possibilità della Cerea erano esaurite, restava
spazio solo per le emergenze, come sempre presenti; un problema grave, per la
pericolosità, fu quello all’impianto elettrico delle docce atleti, rimediato da
Pantaleoni con l’aiuto di Bouquié134, mentre non sappiamo se fu effettivamente
decisa la derattizzazione135, problema ricorrente alla Cerea.
I soldi erano finiti, tanto che venne rimandata ogni decisione per il restauro
del salone a migliore situazione delle casse sociali136 e ci si limitò a chiedere al
socio Cena di occuparsi del giardino ed a prendere contatti con una impresa di
pulizia data la continua ed attuale carenza della medesima in tutti i locali137.
Un quadro della impossibilità di ogni serio lavoro di ripristino, in dipendenza
della cronica mancanza di soldi, ci viene dato dal verbale di Consiglio del
14/1/1984: Macchina caffè: il gestore ha un preventivo di L. 600.000 che deve
essere deliberato, però prima della delibera il C.D. attenderà la risposta di Gariel
che interpellerà Lavazza; Tovaglie: nel limite di L. 150.000 si da mandato al
gestore per l’acquisto; Pulizia: si decide l’acquisto di 2 scope (è un po’ poco); Si
decide di tappare il buco in cucina e di mettere l’armadietto al contatore. Con una
mano di bianco alla cucina138 per una spesa di 200.000 lire e con l’acquisto di
posate terminano gli investimenti per il 1984. Tempi in cui la lesina colpiva anche
la dotazione di scope.
Per fortuna in quell’anno fervevano lavorii per preparare l’intervento più
importante mai eseguito dal Municipio sulle strutture dello chalet.
131
Cons. 4/3/1982
132
Cons. 25/3/1982
133
Cons. 17/1982
134
Cons. 6/1/1983 e Cons. 3/2/1983
135
Cons. 7/7/1983
136
Cons. 17/9/1983
137
Idem
138
Cons. 19/1/1984
55
La Cerea 1945-1997
L’interessamento di Renzo Ventavoli presso gli uffici comunali portò frutti
copiosi. Grazie al nuovo contratto di locazione stipulato nel 1984, che
diversamente dal consueto prevedeva le spese straordinarie a carico del
Comune, l’ente pubblico decise interventi ingenti e fondamentali. Per tutto il 1984
continuarono le trattative tra Ventavoli e l’Assessore allo Sport Elda Tessore che
avocò a sé la competenza sui lavori da eseguire nella nostra antica società.
L’unico ostacolo era dato dal rifacimento dell’impianto elettrico che, secondo gli
uffici comunali, non poteva rientrare tra le manutenzioni straordinarie; la Cerea
decise quindi di accollare il rifacimento dell’impianto elettrico alla Società, qualora
detto ostacolo dovesse ulteriormente ritardare l’inizio dei lavori139 .
Nel giugno 1985 ebbero inizio i lavori che trasformeranno la Cerea in
cantiere per molti mesi. A differenza dei lavori eseguiti nel 1945 e nel 1960, che
avevano badato all’abbellimento più che al risanamento strutturale, i lavori allora
eseguiti incisero sulla struttura della costruzione; basti dire il salone poggiava
sulla terra, come i muri divisori.
Fu completamente rifatto il tetto in coppi sugli spogliatoi, distrutto l’alloggio
del gestore che poggiava su semplice cannicciata, rinforzata dagli scarafaggi; il
pavimento del salone venne smantellato per consentire la creazione di un vespaio
e le sottomurazioni, sicché dalla terra nuda al tetto vi era uno spazio vuoto. Anche
la terrazza al primo piano fu rifatta, e la ringhiera in legno fu riparata. La
successiva ricostruzione ci portò un nuovissimo alloggio del gestore, ma anche un
salone con i tubi del riscaldamento incassati, così come il nuovo impianto
elettrico; anche i serramenti del salone vennero sostituiti, ed approfittando
dell’occasione si creò un nuovo spazio: l’occupazione di una parte del cantiere e
la contemporanea eliminazione del preesistente magazzino consentì la creazione
del locale biliardo, liberando così la saletta, e la creazione della palestra a piano
terra. L’abbattimento del muro che divideva in due parti il locale dietro al salone
permise di creare la sala da pranzo. Il salone potè esser quindi liberato dai tavoli,
premessa necessaria per dargli dignità.
Vantaggiosa fu anche la possibilità di decidere in libertà la disposizione
dell’alloggio del custode, che fu studiata dal socio arch. Barale140. Furono lavori
importantissimi, giganteschi, che segnarono una vera svolta nella vita del club e
consentirono il successivo sviluppo anche perché i lavori successivi furono svolti
su muri risanati e su strutture non più aggredite dall’intensa umidità proveniente
dal terreno. Ben difficilmente la Cerea avrebbe trovato risorse per lavori che,
all’epoca, costarono almeno 50 milioni; e solo sulla base di quelle opere fu
possibile apportare i miglioramenti alla sede che consentirono, con altri fattori,
l’aumento del numero dei soci e la conseguente tranquillità economica.
Vale quindi la pena di seguire sui verbali il succedersi degli avvenimenti di
quel tempo.
Mentre stavano per partire i grandi lavori del Municipio un altro progetto
ambizioso cui il Consiglio pensava era la creazione di un campo da tennis sul
campo da bocce; ne troviamo traccia nel verbale dell’11 aprile 1985 ove si decise
di sondare i soci per accertare quanti fossero gli interessati. L’idea era di attirare
nuovi soci tennisti, magari ripetendo con loro l’operazione delle quote anticipate
139
Cons. 20/9/1984
140
Cons. 14/5/1985
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La Cerea 1945-1997
finalizzate alla costruzione del campo, così come fatto con l’ingresso dei 15 soci
che, in tempi recenti, aveva permesso di dare alla società servizi moderni. La
carenza degli spazi necessari fece abbandonare il progetto.
Le finanze consentivano solo un piccolo cabotaggio tra le emergenze, sicché
fu eseguito con materiali di recupero nel cantiere un piccolo spazio onde
richiudervi tutti i materiali per le riparazioni (già soggetti sovente a furti ed atti di
vandalismo)141; in effetti Bouquié, che l’aveva richiesto, chiuse lo spazio con pezzi
di legno, teli di plastica ed assi varie; però fu possibile acquistare sedie e tavoli
per la terrazza142.
Il problema, gravissimo, consisteva nella mancanza dei soldi occorrenti per
rifare l’impianto elettrico che, come abbiamo visto, il Municipio non intendeva
accollarsi. In una riunione di consiglio del 12 novembre 1985 si fa il punto della
situazione. Il bilancio a fine anno avrà un passivo di 2 milioni più le spese del gas
e della luce di novembre e dicembre, sicché il passivo di fine anno non dovrebbe
discostarsi molto da quanto preventivato nell’Assemblea generale di marzo ‘85.
Segue una disamina dei lavori in corso che mette in luce abbagliante le difficoltà
estreme di quel periodo: si spera che entro 15 giorni i lavori nell’alloggio al piano
di sopra vengano terminati. Finito al piano di sopra si scenderà nel salone con
solo due alternative: A) non ci sono soldi, non si potrà mettere il palchetto; B)
piastrellatura in cotto e verniciatura dei muri. Bisognerà rifare la terrazza al piano
di sopra. Vedere dove è la perdita e sistemare il muro delle scale. Per la palestra
non si sa nulla di certo come per tutta la ringhiera del terrazzo grande. A questo
punto Sandro Giampiccolo fa presente al C.D. che i lavori potrebbero venir
sospesi se non si farà l’impianto elettrico; anzi l’impresa ha necessità di avere una
risposta precisa entro il prossimo lunedì. Il Consiglio deliberò quindi il rifacimento
dell’impianto elettrico al prezzo più basso possibile, scelta obbligata ma che sarà
foriera di una crisi di Consiglio, come è stato esposto in altra parte. Emerge anche
come i lavori del Municipio dovessero inizialmente essere meno corposi, come
parte dei rifacimenti competessero alla società; non si spiegherebbe altrimenti il
discorso relativo al palchetto del salone, che venne poi fatto dall’impresa del
Comune, anche se in materiale scadente.
Fu un lavoro modificato spesso in corso d’avanzamento, come risulta anche
dal fatto che solo nella riunione del 5 dicembre 1985 si decise di abbattere il muro
tra le due salette per ricavare la sala da pranzo, con riserva di studiare cosa fare
del biliardo a lavori ultimati. E solo nell’anno successivo il Consiglio deliberò di
affidare al sig. Luciano Canova la sistemazione della palestra al piano terra, la
costruzione del locale biliardo e del WC a lato del ristorante per una spesa di lire
6.500.000143.
Il risanamento della palazzina permise di passare dall’emergenza alla
programmazione.
Nel 1988 Luigi Pratesi progettò la nuova sistemazione del salone e degli altri
locali a piano terra; un grande plastico accuratissimo raffigurava la Cerea degli
anni ‘90, rinnovata negli arredi e nelle sistemazioni, pur nel pieno rispetto delle
141
Cons. 23/5/1985
142
Cons. 6/6/1985
143
Cons. 6/2/1986
57
La Cerea 1945-1997
tradizioni. Nell’estate di quell’anno ebbero inizio i lavori che riguardarono
l’illuminazione ed il decoro delle pareti, con i motivi geometrici a richiamare
l’origine massonica della Cerea, testimoniata dai simboli posti sotto la terrazza;
l’acquisto di nuovi divani, la posa di tappeti ed il rinnovo della stoffa delle vecchie
poltrone di provenienza Microtecnica, conferirono al salone quella calda comodità
e quel piacevole aspetto che ancora si può rilevare. Contemporaneamente molti
stendardi, estratti da scatoloni conservati in segreteria, furono incorniciati ed
andarono ad arredare le pareti della sala da pranzo e del salone, mentre le
fotografie d’epoca trovate nei cassetti andarono ad arricchire la sala del biliardo.
Nel 1989 fu ripassato il tetto che perdeva copiosamente pur avendo solo 4
anni e rifatta la terrazza al primo piano; entrambi quei lavori furono però mal fatti,
tanto che pochi anni dopo si pose rimedio definitivo alle perdite del tetto sopra gli
spogliatoi con un completo rifacimento e con la sostituzione delle vecchie
grondaie, e fu anche necessario rifare daccapo l’impermeabilizzazione della
terrazza.
Tenne invece l’impermeabilizzazione delle docce, la cui pavimentazione fu
rifatta contemporaneamente all’aumento dei punti doccia.
Fu sostituita la centrale termica, furono acquistati arredi necessari per la
cucina, cappa compresa, tavoli e sedie per l'esterno. Ed in quell'anno fu anche
allargata la terrazza antistante il salone: fino ad allora il pranzo estivo si
consumava nello spiazzo alberato che sovrasta la discesa al fiume; ove si mangia
ora c'era un'aiuola ed un roseto, un tempo bellissimo, che occupava oltre un
metro di spazio. Ma la crescita degli alberi tolse luce al roseto, che imbruttì, e
l'allargamento della terrazza consentì di consumare il pranzo senza ostacolare le
barche in transito. Come era accaduto nell’anno precedente per la cinta esterna
un nutrito gruppo di volontari pitturò tutte le ringhiere della terrazza.
L’esterno della Cerea era veramente buio; la sola illuminazione esterna
proveniva dalle tre antiche lampade sulla facciata del salone, ma la terrazza, la
discesa dal viale Virgilio, la discesa al fiume erano prive di qualsiasi fonte di luce.
La posa dei globi luminosi garantì una dignitosa illuminazione e permise una più
ampia frequentazione della Cerea nelle ore serali, cosa importante soprattutto per
la possibilità di usare il ristorante. Si pensi al profondo buio che, in precedenza,
ingoiava l’ospite nel tratto tra il viale Virgilio e la luce proveniente dalle finestre
della cucina; un buio così cupo che, per parecchi mesi degli anni ‘80, vi dormì una
barbona che emergeva a fatica dal nero stradino.
L’anno successivo toccò ad un’altra grande opera, il rifacimento del bar. Fu
ancora Pratesi a progettare la ricostruzione e l'arredo, opere necessarie perché il
vecchio locale, oltre che brutto e malconcio, era occupato dal vecchio bancone in
legno del 1959, a rischio di crollo; vi abbondavano animaletti che oltre a vagare
per i locali avevano mangiato il legname tanto da pregiudicare la stabilità del
mobile. L'ingresso al bar era posto sul lato della palazzina verso la statua; si
entrava in un vano chiuso da un muretto sulla destra e limitato da due porte a
vetri, da cui si accedeva al locale pavimentato con piastrelle di graniglia. Il mobile
bar occupava la parete verso il salone, era in legno con aspetto piuttosto alpino, il
piano era in marmo scuro molto opaco. L'arredamento era completato dal telefono
a gettoni e da un vecchio tavolino con sedie; non mancavano mai le macchie di
umido sulla parete per le frequenti rotture delle vecchie tubature. Luigi Pratesi
volle un pavimento ed un banco in marmo che richiamasse i colori della Cerea ed
58
La Cerea 1945-1997
individuò il carissimo granito brasiliano poi messo in opera. Ma Luigi era
pignolissimo ed impiegava ore nel cercare lastre che consentissero la
prosecuzione del disegno naturale della pietra su tutto il pavimento: vi rinunciò
solo allorché il marmista minacciò di rompergli la testa con un pesante martello,
esasperato da tanta pignoleria. Il locale fu così completamente rifatto, dalle
tubazioni agli infissi, dagli arredi alle decorazioni con vecchi trofei trovati in
segreteria. Il rifacimento del bar completava così la prima ondata di opere
necessarie per togliere ai locali la patina della decadenza.
Molti lavori furono di minore impatto, e tuttavia svolsero una funzione
importante. Si può ricordare l’installazione dell’impianto di allarme, che ridusse i
rischi ai quali la Cerea era stata tante volte esposta in passato, priva di custode
ed abbandonata solitaria con il suo carico di barche e trofei; ma anche semplici
lavori come la posa di scaffali nella sala del biliardo permisero di esporre coppe e
libri di fatto dimenticati. Tra queste opere minori è giusto ricordare anche la
pavimentazione del terreno posto tra la palazzina e la statua, prima spesso
fangoso, e quella della discesa a Po; finchè era in terra battuta ogni piena
aumentava lo strato di limo scivoloso che la ricopriva.
Questi abbellimenti dell’esterno avrebbero avuto però modesto esito se, da
allora, il giardino non avesse cambiato profondamente aspetto. Fino al 1990 il
prato e le aiuole erano curate da qualche socio volenteroso, ma nel complesso i
risultati erano davvero modesti; l’erba era generalmente alta e secca, l’aspetto era
arruffato e squallido. Ma da quando Roberto Cagnassi inviò i propri giardinieri di
fiducia a curare il giardino la Cerea ne guadagnò enormemente in bellezza.
Nel 1993 quel che restava del campo da bocce fu trasformato in un
parcheggio pulito e funzionale grazie alla pavimentazione ed ai lavori che
permisero un più comodo accesso alla strada pubblica; si pensi che, fino alla fine
degli anni 80, era impossibile entrare con il carrello carico, cosicché al ritorno
dalle regate era necessario abbandonarlo con il suo prezioso e delicato carico
sulla pubblica via, sperando che i vandali stessero alla larga.
I lavori di manutenzione e restauro proseguirono negli anni successivi, ma
assunsero anche una precisione di esecuzione ed una correttezza formale che,
precedentemente, era stata possibile solo nei lavori seguiti direttamente da
Pratesi, salone e bar.
Giorgio De Silva, anche lui architetto, si assunse il gravoso compito di
progettare ogni intervento e di seguirne la minuta esecuzione, e ciò comportò un
indubbio miglioramento nell’esecuzione di tutti i lavori che furono eseguiti dal
1992 in poi; De Silva elencò anche tutte le opere necessarie, all’interno come
all’esterno, indicando le priorità ed i necessari collegamenti tra interventi distinti,
ma legati da funzionalità o da parti comuni. Si evitarono così costose duplicazioni
di opere. L’opera di De Silva trovò sempre il conforto dei pareri di Pratesi, che fu
solo sollevato dalle incombenze più pesanti, e la preziosa collaborazione di Cino
Costanzo, segretario sempre presente e competente.
Seguendo le priorità indicate da De Silva, nel 1994 fu rifatto completamente
il tetto sopra lo spogliatoio sostituendo le vecchie francesine con coppi poggianti
su onduline e, come già è stato detto, furono sostituite le vecchie grondaie.
Fu quindi messo a norma l’impianto elettrico all’interno dei locali e del
cantiere, lavoro necessario quanto costoso, anche se poco appariscente; fu
anche l’occasione per sperimentare il programma per evitare lavori inutili, perché
59
La Cerea 1945-1997
contemporaneamente fu distrutta e completamente rifatta, con materiali nuovi ed
appropriati, quella baracca nel cantiere che fungeva da laboratorio, e ne
guadagnò la sicurezza ma anche l’aspetto della rimessa.
Nel 1995 toccò metter mano alla palestra, sino ad allora collegata al cantiere
da una porticina, chiusa solo dai due portoni in legno, con il pavimento in cemento
sfarinato e sporco, anche perché le macchine ed i pesi posti a casaccio ne
rendevano impossibile ogni pulizia.
Il rifacimento partì dal pavimento e giunse al soffitto, con la posa del legno
che coprì alla vista i numerosi scarichi preesistenti, comportò la riapertura di una
porta di collegamento con la scala e la posa di due porte finestre; anche le
macchine ed i pesi furono rinnovati.
In quell’anno fu anche posta la boiserie sulle pareti del salone e di parte
della sala da pranzo, realizzata da Calosso, e ciò permise di dimenticare la
bruttissima perlinatura in abete che ricopriva le pareti fino ad un metro, necessaria
per coprire l’umidità causata dalla mancanza di fondamenta, ma in grado di
imbruttire qualunque arredo o sistemazione del salone. Contemporaneamente il
salone fu ridipinto, nel pieno rispetto del progetto Pratesi del 1988, fu lucidato il
parquet che venne però coperto da provvidenziali tappeti regalati da Paolo De
Leonibus, ed una nuova disposizione dei divani e delle poltrone modificò
piacevolmente l’immagine della sala.
Il 1996 vide un’altra opera importante sulla via dell’abbellimento progressivo:
il bagno a piano terra fu ampliato e completamente rifatto, dalle tubazioni alle
pareti, e fu così trasformato da cesso a toilette; l’opera fu resa possibile
dall’intervento finanziario di Cagnassi, perché la Cerea non avrebbe potuto
affrontare una spesa così ingente nell’anno in cui occorreva pagare parte della
boiserie. L’intervento non si fermò al rifacimento del bagno: fu chiusa la porta che
dalla sala da pranzo permetteva l’accesso al servizio ed alla stanza del biliardo,
ed una nuova apertura ricavata nello spogliatoio fece di questo piccolo locale il
nodo che adduce alla toilette ed al biliardo.
I lavori di abbellimento proseguirono nell’anno successivo, con la posa della
boiserie anche nella sala da pranzo ove furono inseriti i due grandi mobili di
servizio e restaurato l’armadietto per i giochi risalente alla ristrutturazione del
dopoguerra. Non fu trascurato l’esterno, ove al restauro della statua di donna si
unì la posa di un turet in sostituzione del vecchio rubinetto.
Sono state ricordate le opere più importanti per entità di spesa e
per visibilità, ma nel periodo 1988/ 1996 le risorse finanziarie disponibili, la
generosità di alcuni soci e l’entusiasmo dei due architetti garantirono
miglioramenti costanti e numerosi in moltissimi aspetti, più o meno importanti, ed
una manutenzione costante ed immediata. Basti ricordare come la segreteria fu
attrezzata ed informatizzata, il collegamento degli scarichi al collettore fognario, il
rifacimento della cancellata posta a chiusura della terrazza; innumerevoli piccoli e
grandi interventi che ben pochi soci, agli albori degli anni ‘80, avrebbero
immaginato possibili. Eppure, con un breve riesame delle ultime pagine, ben si
comprende come gli anni dal 1984 al 1996 abbiano completamente cambiato il
volto della palazzina, grazie ad interventi costati parecchie centinaia di milioni.
60
La Cerea 1945-1997
2 IL RISCALDAMENTO
Il servizio di riscaldamento e le modifiche all’impianto occupano grande
spazio nelle discussioni dei consiglieri, e sono in verità aspetti importanti per la
vita sociale. L’abbondanza dei riferimenti al riscaldamento induce a dedicare una
parte autonoma agli impianti destinati a riscaldare la palazzina ed all’uso che ne
venne fatto. Il primo riferimento lo si trova nel verbale di consiglio del 4 luglio
1945, a proposito del progetto di riscaldare elettricamente lo chalet; vennero
acquistate delle stufe elettriche, perché in un successivo verbale di Consiglio del
15 dicembre 1946 si legge: la cruda stagione invernale in cui si è entrati
improvvisamente, ha reso necessario un più intenso riscaldamento del salone
sociale, tanto più che le attuali restrizioni imposte sul consumo dell’energia
elettrica non ci avrebbe consentito l’uso continuato delle stufe elettriche ,
d’altronde di forte consumo, attualmente molto costoso per le aumentate tariffe da
parte delle aziende elettriche.
Venne perciò fatto l’acquisto e la posa in opera di una stufa in materiale
refrattario di Castellamonte, funzionante a legna, e capace di riscaldare un
ambiente di circa 220 mc. La spesa totale, dati i tempi e i costi attuali, si limita a
circa 12.000 lire che il sig. Casalis propone siano coperte a mezzo di
sottoscrizione volontaria fra i soci e specialmente fra i frequentatori che più ne
godono il benefico calore, o con l’eventuale utile dato dai trattenimenti che si
effettueranno.
Nel 1945 il riscaldamento era assicurato solo nel salone e nelle salette (
attuale sala da pranzo). E’ anche probabile che una stufa riscaldasse l’alloggio del
custode al 1° piano, ma non ne abbiamo certezza; nulla sappiamo invece sugli
spogliatoi, probabilmente freddi. Il Consigliere Segretario Delaude ci indica le
quantità di combustibile utilizzato nell’inverno 1946/47, con l’avvertenza che il
riscaldamento funzionò solo nei locali principali e nei giorni festivi144: 19 furono i
quintali di legna da ardere consumati e 4 i quintali di carbone per la stufa installata
nella saletta da gioco. La differenza tra i due consumi lascia presumere che una
stufa a legna scaldasse anche l’alloggio del custode. In altra occasione145 Casalis
fornisce dati ben diversi: per riscaldare il salone e la sala biliardo nei mesi
invernali, indicati nel ristretto periodo Dicembre - metà Marzo, occorrerebbero 10
q.li di legna, 2 q.li di carbone coke e 200 Kw di corrente per le stufe. Tali consumi
vengono indicati nell’ambito della proposta di chiudere nell’inverno i locali sociali,
a terreno, lasciando solo libero l’espletamento dell’attività dei soci vogatori per
l’istruzione e l’allenamento, proposta ovviamente tendente a risparmiare sui
consumi energetici. La differenza rispetto ai consumi indicati da Delaude per
l’anno precedente (9 q.li di legna e 2 di carbone) era quindi quanto serviva per
riscaldare il primo piano; e visto che i consumi indicati per il piano terreno erano
relativi solo al sabato ed alla domenica, certamente in doccia e nello spogliatoio il
freddo era intenso.
144
Consiglio 23 /6/47
145
Consiglio 7/12/47
61
La Cerea 1945-1997
La legna costava davvero tanto, 1.400 lire al q.le, e tutto il riscaldamento
previsto da Casalis (10 q.li di legna, 2 q.li di carbone e 200 Kw di corrente) aveva
un costo preventivato in 26.000 lire.
Le discussioni sul riscaldamento non dipendono solo dalle ristrettezze
economiche tipiche del dopoguerra, ma anche dal considerare il riscaldamento un
consumo voluttuario, non indispensabile.
Ne abbiamo testimonianza proprio dalla circostanza che la proposta
avanzata dal Comm. Casalis, tendente a chiudere il piano terra della Cerea
nell’inverno per spostare gli incontri dei soci al bar Combi, fu approvata da tutti i
membri del Consiglio146, come abbiamo visto nel capitolo dedicato alla vita
sociale.
Occorre arrivare al 1951 per veder nuovamente affiorare il problema del
riscaldamento, ma non per limitarne la spesa bensì per studiare il progetto di
installazione di un sistema di riscaldamento per il chalet; tale sistema dovrà
essere assai economico, o per lo meno di spesa non eccessiva.147
Il Consiglio approvò poi il preventivo della Soc. an. Propaganda-gas per
l’installazione di un impianto a gas nel salone e nelle due salette a pianterreno e
per la posa di un nuovo scaldadoccia148. I lavori furono subito eseguiti perché già
nell’assemblea del 2 dicembre 1951 si specificava che il bilancio comprendeva le
spese fatte per l’impianto di riscaldamento. Nel libro Cassa del 1951149
compaiono versamenti per 300.000 lire alla Soc. Propaganda gas, spesa ingente
per il risultato modesto che si ottenne.
Il riscaldamento installato nel 1951 non era infatti un impianto centralizzato a
gas; si trattava di semplici stufe. Che in società facesse freddo lo si comprende
anche dalla richiesta avanzata nell’assemblea dell’8 marzo 1959 dal socio
Bonetto, che chiese che in caso di eventuali migliorie fossero presi in buona
considerazione i comfort invernali specie per i soci anziani.
E se già nel 1960 il Vice Presidente Comm.Girardi chiese che si preparasse
un preventivo per un nuovo impianto di riscaldamento150, nel 1963 il Consiglio
affrontò nuovamente il problema, definito urgente, del riscaldamento tenuto conto
della impossibilità di servirsi ancora delle stufe a gas esistenti151. Ma non si
pensava all’installazione di un vero impianto centralizzato, anzi: il Segretario, con
un ingegnere della Microtecnica, andrà a prendere visione delle stufe che in via
Madama Cristina 99 sono vendute (ottimo esito hanno dato in casa del Vice Pres.
Casalis): tenuto conto dell’ottimo esito e della grande praticità presentata lo
scorso anno dalla stufetta a riverbero di gas, offerta dal Vice Pres. Ambrosini, il
Consiglio però non sarebbe alieno dal veder applicata, nel salone, una serie di tali
stufette.
146
idem
147
Consiglio 2/12/1951
148
Consiglio 7/9/1951
149
Doc. A 27
150
Consiglio 8/1/1960
151
Consiglio 11/9/1964
62
La Cerea 1945-1997
Per valutare dal vivo il funzionamento della stufa il successivo Consiglio si
tenne in casa Casalis152 ove venne letta la relazione dell’ing. Lapidari, incaricato
dal Presidente De Rossi per lo studio e la relazione sugli eventuali sistemi: gas,
carbone e Kerosene. Il Consiglio decise per il Kerosene, a spese di De Rossi: il
Presidente provvederà all’invio ed alla messa in opera di una stufa Mod.
AIRFLAM A/82 da 400 mc; le due stufe a bombola di gas, inviate nei giorni
precedenti dal V. Pres. Casalis potranno essere utilizzate, se del caso, per le due
salette o per lo spogliatoio delle docce, dove già può essere ripristinata una stufa
a gas.
La vicenda suggerisce due considerazioni. La prima è un pensiero per il
povero Casalis, così fiero della stufa che gli scaldava la casa da invitare lì l’intero
Consiglio e da regalarne due alla Cerea; regalo duramente bocciato dal
Presidente che non esitò ad affermare che le stufe sarebbero state usate, se del
caso.
La seconda è un certo stupore per il fatto che nel 1964, anno ormai ben
lontano dalla guerra, si ricorresse a stufe e stufette senza neppure pensare ad
impianti più completi, efficienti e sicuri. Ma la spiegazione sta probabilmente nel
momento di gravissima crisi che la Cerea viveva, dal punto di vista della carenza
di soci e di soldi.
Il problema del riscaldamento non fu certo definitivamente risolto con le
diverse stufe a Kerosene, ed infatti già nell’estate successiva153 troviamo un
accenno ai problemi del riscaldamento invernale, per i quali relatore è lo stesso
Casalis, immagino con una punta di soddisfazione; ma il problema venne
accantonato per le abbondanti assenze di consiglieri. Nulla ci dicono più in
proposito i verbali del Consiglio; ma l’impianto di termosifoni centralizzato a
carbone venne installato proprio nel 1965 a spese di un gruppo di soci, ed
insieme ad altri lavori importanti
comportò una spesa complessiva di L
4.200.000. Nel verbale d’assemblea del 27/3/1966 leggiamo che l’impianto di
riscaldamento a termosifone riscaldava anche una parte dello spogliatoio e le
docce; fu un passo fondamentale nell’adeguamento della Cerea ai tempi moderni.
Il tepore invernale sembra fosse assicurato visto che il silenzio calò su quel
problema: ma già nel 1972 venne decisa la trasformazione dell’impianto di
riscaldamento dal carbone al gasolio, con spesa preventivata in 350.000 lire154.
Quattro anni dopo, nel 1976, emerse una opportunità collegata all’impianto
di riscaldamento, e cioè la fornitura di acqua calda; Arcangeli venne incaricato di
presentare un preventivo155, ma ancora per qualche anno non se ne fece nulla.
Fu solo un intervento manutentivo quello forse effettuato nel 1978; le
pessime condizioni della caldaia indussero a mettere in bilancio la somma di
800.000 lire per la sua sostituzione156, ma c’è la possibilità che sia bastata una
riparazione.
152
Consiglio 16/9/1964
153
Consiglio 5/7/1965
154
Consiglio 10/2/72 - Ass.18/3/1972
59 Cons. 26/1/1976
156
Cons. 11/2/1978
63
La Cerea 1945-1997
Nel 1982, in occasione del totale rifacimento dei bagni, fu finalmente
installata la caldaia per l’acqua calda centralizzata e l’impianto fu trasformato a
gas metano. Non vennero però modificate le strutture del riscaldamento, e nello
spogliatoio esisteva solo uno strano lungo tubo lamellato, vagamente tiepido,
davanti alla doccia atleti. Il freddo era quindi costante al piano superiore, salvo
che nelle docce ove furono installati dei radiatori. Mancava il termosifone anche
nella saletta a fianco della cucina, tanto che S. Giampiccolo fu incaricato di
acquistare un radiatore Koala 1200 per 138.000 lire157.
Un certo miglioramento della temperatura negli spogliatoi si ebbe nel 1986
grazie a due convettori d’aria calda offerti gratuitamente da Pantaleoni158, ed un
terzo fu installato nella palestra a piano terra; ma il freddo continuò a
caratterizzare gli spogliatoi perché esigenze di risparmio energetico fecero sì che i
convettori venissero accesi dai soci al loro arrivo; e per di più alcuni presero
subito l’abitudine di piazzarvi loro maglie a scaldare, annullando ogni benefico
effetto dei ventilatori.
Sempre nel 1986, in occasione dei lavori che portarono alla creazione
dell’attuale sala da pranzo159, fu aggiunto il termosifone nell’ex saletta.
L’antico freddo che aveva tormentato generazioni di soci Cerea perdurava
negli spogliatoi ancora nel 1990; nell’assemblea dell’ 11 gennaio 1990 alcuni soci
lamentarono infatti il freddo negli spogliatoi ed invitarono il consiglio a provvedere.
Ma solo nel 1993 i ventilatori degli spogliatoi furono sostituiti da termosifoni;
l’inverno del 1997 portò infine un radiatore a coloro che giocano a boccette,
completando davvero l’opera di trasformazione iniziata nel 1965 con l’impianto
centralizzato a carbone. Trentadue anni sono quindi occorsi per dotare la Cerea
di un riscaldamento invernale efficiente; possono sembrare tanti, ma alla Cerea i
tempi lunghi fanno parte della storia.
157
Cons. 14/1/1984
158
Cons. 16/1/1986
159
Cons. 9/12/1986
64
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO IV
I MEZZI FINANZIARI
L’argomento di questo capitolo può sembrare arido, ma non si può pensare
di trascurare un argomento così centrale nella vita della società.
Il tema si presta poi a ripetizioni, perché dal 1946 al 1987 è costante nei
verbali il riferimento alle ristrettezze di bilancio; cambia però la drammaticità delle
situazioni, talora di semplice difficoltà, in qualche caso di gravità estrema.
Il primo elemento che colpisce l’attenzione di chi esamini i bilanci antichi è la
modestia della quota ordinaria che per lunghi anni fu applicata, insufficiente per
far fronte alle spese; per molti anni si supplì alla mancanza degli introiti necessari
con elargizioni private, principalmente da parte di Derossi ma anche di altri soci.
Questa pessima tradizione durò oltre 40 anni e fu sicuramente all’origine delle
ristrettezze economiche che assillarono la società per decenni e, cosa più grave,
la precipitarono in una crisi pericolosissima determinata dal degrado di tutte le sue
strutture. Eppure per lunghi anni i soci si opposero ad adeguare le quote ai costi
reali della Cerea, da Boccalatte che nel 1946 raccolse 9 voti su 41 sulla sua
mozione per limitare la quota a 2.000 lire160, al più recente auspicio che gli
aumenti di quota riguardassero solo i nuovi soci161.
Solo nell’assemblea del 25 febbraio 1968 fu apertamente discussa
l’abitudine dei soci di gravare economicamente sul Presidente e su coloro che
partecipavano alle periodiche sottoscrizioni volontarie: il Vice Presidente Casalis,
dopo aver osservato che il bilancio si era chiuso in pareggio grazie a Derossi
(applausi) leggeva il bilancio preventivo comunicando la inevitabile passività
presunta e comunicava un’ulteriore oblazione di un milione da parte dell’ing.
Derossi che viene applaudito vivamente. Il socio Bonetto fa rilevare che a farne le
spese sono sempre i soliti, ossia un numero limitatissimo di soci. Propone di
chiedere a tutti i soci perché si contribuisca equamente. Ma se ciò valse ad
ottenere l’approvazione di un aumento di quota non bastò a cancellare una
tradizione ormai saldamente radicata.
Probabilmente la modestia della quota trovò origine e conforto
nell’intenzione di stabilire una quota base accessibile a tutti, cui aggiungere il
costo degli ulteriori servizi utilizzati dal singolo; si ricordi l’esistenza di tariffe per i
giochi di carte, più care di domenica, per giocare al biliardo, l’idea di far pagare la
stufa a coloro che maggiormente frequentavano la società in inverno, il coperto
sui pasti a favore della società, l’aggio sul bar e, infine, l’abbondanza di collette.
160
Ass. 17/2/1946
161
Ass. 8/3/1959
65
La Cerea 1945-1997
Le raccolte di soldi sono frequenti nei verbali più antichi per poi scomparire; ma
ciò non significa la fine delle private regalie, dimostra solo che il loro fallimento
come mezzo di spontaneo pagamento di quanto necessario per pagare i costi
della propria presenza in società lasciò spazio alla generosità privata e silenziosa.
Ne avremo la prova esaminando i conti degli anni ‘70, perché vi figurano
importanti oblazioni pur in assenza di collette ufficialmente annunciate.
Tutti i mezzi per legare il pagamento al personale “consumo” della società
fallirono, perché i grilli su carte e boccette erano facilmente elusi e le collette
ottenevano l’adesione di pochi soci, sempre gli stessi.
Solo alla fine degli anni ‘80 la Cerea riuscì ad adeguare la quota agli effettivi
costi ottenendo quella tranquillità finanziaria sconosciuta nel quarantennio
precedente.
Nel corso dell’assemblea del 18 marzo 1945, in cui furono decise le misure
delle quote sociali (1.200 per gli ordinari, 5.000 per i sostenitori, 300 i vogatori,
con buon ingresso di 2.000 lire per i soli soci ordinari), il neo presidente Derossi
richiamò l’attenzione dei presenti su una sottoscrizione già iniziata sempre allo
scopo di consentire la piena e più estesa attività sociale; l’esito ci è sconosciuto,
ma è indicativo dei criteri economici allora vigenti il fatto che il Direttivo contasse
sulla colletta per eseguire i necessari restauri generali. Nel corso del 1945 si
manifestò la svalutazione postbellica che diede nuovi problemi al Consiglio:
Casalis comunica che i nuovi aumenti salariali comportano un maggior onere di
circa L. 100.000 annue162. Egli propose al Consiglio un aumento straordinario
delle quote di 5-600 lre, ma l’assemblea che avrebbe dovuto approvarlo non fu
mai convocata. L’aumento dei costi, unito a quelle opere di restauro degli arredi e
delle barche volute da Derossi ed osteggiate da Boccalatte per la loro onerosità,
portò ad una situazione difficile: Casalis espone alcune cifre che inquadrano la
situazione: si hanno circa L. 620.000 di debiti che debbono essere pagati a breve
scadenza. Si scarta, almeno per ora, la possibilità di ricorrere a banche e prevale
l’idea di emettere obbligazioni senza interesse e valide per il pagamento delle
quote degli anni futuri. L’andamento normale della società comporta inoltre una
spesa che ora si preventiva in L. 240.000. E’ quindi necessario elevare la quota
dei soci ordinari a L. 3.000 annue. La maggior parte dei presenti dichiara di ritirare
le obbligazioni per importi che vanno da lire 5.000 a lire 25.000, in modo che circa
un terzo dell’ammontare dei debiti si può considerare assorbito163.
Non occorre sottolineare una certa faciloneria nei criteri amministrativi
enunciati. Se davvero l’incremento dei salari gravava sul bilancio per 100.000 lire
in più, le 240.000 indicate quale normale fabbisogno annuo erano insufficienti; se
le obbligazioni erano valide per il pagamento di quote future, altrettanti soldi
sarebbero mancati negli anni successivi.
Furono emesse obbligazioni per 575.000 lre, ne abbiamo notizia
dall’assemblea del 17 febbraio 1946 che fissò la quota ordinaria per quell’anno a
2.400 lire; Derossi indicò in quattro anni il periodo occorrente per rimborsare le
obbligazioni. Ma sempre il presidente, pochi mesi dopo, informò i consiglieri che
le sottoscrizioni per il fondo a prestito che per il fondo a perso non hanno dato i
162
Cons. 17/7/1945
163
Cons. 2/12/1945
66
La Cerea 1945-1997
risultati che erano nelle previsioni164. Ed in effetti il bilancio del 1946, arrivato fino
a noi, indica i debiti al 31 dicembre in 629.535, di cui 266.000 verso i soci,
216.000 verso Casalis che figurava tra i fornitori; lungi dal diminuire, i debiti,
rispetto ai dati forniti da Casalis nel dicembre del 1945, erano aumentati di 9.000
lire. Il 1946 si era chiuso con 646.000 lire di entrate e 624.000 di uscite; il salario
del personale, accorpato al vestiario di servizio, incideva per l’impressionante
somma di 199.675, quasi un terzo delle risorse; le tre voci affitto - luce - gas riscaldamento, manutenzione barche, stabile, avevano richiesto circa 40.000 lire
l’una, l’agonismo 34.000 e l’acquisto barche 145.000. Ben più delle 240.000 lire
che un anno prima Casalis aveva indicato quale normale fabbisogno annuo.
La quota ordinaria per il 1947 fu stabilita in 4.000 lire, oltre a 1.000 di quota
straordinaria165 . In pratica in quell’anno i soci ordinari pagarono la stessa somma
che gravava su quei famosi soci sostenitori che nel 1945 avevano assunto
impegno triennale a pagare 5.000 lire. La reazione del Direttivo a quella
situazione indotta dalla svalutazione, che svuotava però di significato la nuova
categoria dei soci sostenitori su cui tanto si puntava, fu curiosa: Derossi, dopo
aver richiesto l’applicazione della quota straordinaria di 1.000 lire per i soci
ordinari, affermò: Non crede necessario di assoggettare i soci sostenitori ad alcun
aumento, ma stima miglior cosa il chieder loro privatamente un contributo
compatibile colle loro possibilità finanziarie. Si tratta dell’istituzionalizzazione di
due categorie distinte di soci, i ricchi e gli altri; con la particolarità che i ricchi
pagavano quanto gli ordinari, e non erano assoggettati alla quota di buon
ingresso. La conferma della identità di quota tra le due categorie ci viene dal
bilancio preventivo per il 1947166, ove l’importo di £.5.000 figura, identico, accanto
alle due categorie di soci.
L’anomalia di tale situazione era così evidente che, anche dopo l’assemblea,
all’interno del Direttivo continuarono le discussioni in ordine alle diverse condizioni
da applicare alle categorie degli ordinari e dei sostenitori. Se già il 2 febbraio 1947
Girardi si era opposto all’applicazione della quota straordinaria di 1.000 lire ai
sostenitori ed al loro assoggettamento alla quota di buon ingresso, contro il parere
di Derossi e Casalis, nella riunione del 23 marzo Ponte e Crovella proposero una
quota di buon ingresso di 5 - 10.000 lire per i sostenitori; Casalis ne affermò la
scarsa opportunità e della cosa non si parlò più. Ma nella stessa riunione Casalis
espose il timore di non aver affermato sufficientemente la necessità
dell’obbligatorietà della tassa di buon ingresso per i soci effettivi, pari al primo
anno di quota di associazione (£. 4.000). Quale fosse, a quel punto, il vantaggio
di avere soci sostenitori non si comprende; in realtà, calcolando l’obbligo triennale
dei sostenitori ed il loro esonero dal buon ingresso, si trae che il socio ordinario in
tre anni pagava comunque più del sostenitore. La rapida fine di quella categoria
di soci dipese forse dal fatto che, infine, qualcuno si accorse di quell’assurdità.
Vale invece la pena di ricordare che proprio in quel 1947, mentre si privilegiavano
i sostenitori, i vogatori furono invitati a passare tra gli ordinari onde non dover
164
Cons. 5/5/1946
165
Ass. 22/2/1947
166
Doc. A 27.1
67
La Cerea 1945-1997
pagare, in futuro, il buon ingresso; decisione che decimò la squadra agonistica
dell’epoca.
Il bilancio 1947 si chiuse con favorevole risultato. L’assemblea determinò
all’unanimità la quota per il 1948 in lire 7.200 da pagarsi in rate mensili, chiudendo
così definitivamente l’avventura dei soci sostenitori, la cui quota era ferma a 5.000
lire.167
La quota per il 1949 fu fissata in lire 10.000, e come già era avvenuto in
passato Derossi citò, a confronto, l’ammontare delle quote stabilite dalle altre
società168; i verbali non ci indicano le cifre pagate dai soci degli altri club, ma
evidentemente la Cerea faceva pagare meno delle società consorelle, altrimenti
Derossi non avrebbe indicato quelle quote a sostegno della richiesta di aumento.
Ed è interessante notare che Derossi, nel corso della stessa assemblea, precisò
che essendosi ridotto il deficit di lire 600.000 rappresentato dalle spese intraprese
dalla Presidenza allora in carica per i restauri alla Società dovuti a danni di
guerra, egli poteva lasciare la carica. Ma una riduzione non equivale a
scomparsa, non sappiamo quanti fossero i debiti residui che la Cerea si
trascinava da oltre tre anni.
Sappiamo che nel 1949 la società subì gravissimi danni per effetto
dell’alluvione del 4 maggio. I ripristini portarono problemi finanziari che lasciarono
ampia eco nei verbali. Il Direttivo dell’8 novembre decise di disfarsi di custode e
barista per cercare una famiglia che assolvesse i due compiti; ma se questa
misura poteva ridurre le spese, occorrevano decisioni ben più incisive: Casalis per
far fronte alle spese di ordinaria amministrazione fino alla chiusura del corrente
anno finanziario fa queste tre proposte: 1° cercare un numero di soci disposti a
fare un prestito alla società; 2° chiedere il pagamento delle quote sociali 1950
anticipatamente; 3° convocare l’assemblea demandando ad essa le decisioni, e
questa fu la via scelta dal Consiglio.
Ma, curiosamente, Derossi non rappresentò la gravità della situazione
all’assemblea convocata per il successivo 27 novembre, ove avanzò proposte
forse utili in lontana prospettiva ma del tutto inidonee a risolvere il problema che
angustiava Casalis: come arrivare a fine anno. Il Presidente propose per avere
maggiori introiti nelle casse sociali le seguenti: un servizio di ristorante bar con
una quota coperto a favore della società, applicazione del telefono a gettoni, grillo
sul gioco carte, biliardo, ping pong, bocce, maggior numero di nuovi soci.
L’assemblea, all’infuori del grillo sulle bocce e sul ping pong approva quanto
proposto dal Presidente. La cosa stupefacente è che il grillo sulle carte e sul
biliardo c’era già, come il coperto al ristorante; solo sei mesi prima, il 30 marzo, il
Direttivo aveva approvato l’aumento della tariffa del biliardo a boccette da 60 a £
100 l’ora, e ripristinato il grillo sul gioco delle carte a £ 10 pro capite nei giorni
feriali e di £ 20 al sabato e alla domenica pomeriggio; il coperto era di lire 50 per i
soci e di 100 per gli ospiti sin dal 1947169. Derossi quindi eluse il problema reale,
deviando
l’attenzione
su
questioni
irrilevanti,
e
con
piì¥Á
167
Ass. 22/2/1948
168
Ass. 27/2/1949
169
Cons. 23/6/1947
68
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69
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X/
70
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X/
anche nel 1951.
Poiché disponiamo del libro di cassa degli anni 1950 e 1951170 abbiamo la
possibilità di conoscere esattamente incassi e spese di quegli anni, ed anche di
valutare l’ammontare della quota alla luce dei costi di molti beni. Nel 1950 un
quintale di legna costava 1.030 lire, una scalmiera in bronzo per jole 1.000, 100
lire costava una pallina da ping pong, 200 lire una scopa, 600 lire un mazzo di
carte; il custode Domenico Ranieri percepiva poco più di 26.000 lire mensili, un
paio di pantaloni bianchi costava 1.000 lire, il pranzo offerto al prof. Foco 1.500.
Nel 1951 la quota restò inalterata a 12.000 lire, ma lo stipendio netto del custode
salì a 28.000, una maglia sociale costava al socio 2.000 lire, la Cerea pagò una
tuta 3.500 ed 800 un paio di calzoncini, 7.000 lire costò la batteria per il
motoscafo, 22.000 il trasporto da Firenze a Torino di un outtriger a 4, pagato a
Salani 290.000 lire. Non è facile paragonare i prezzi del 1950 a quelli attuali
perché alcuni prodotti allora costavano molto ed altri sono recentemente
aumentati. Ma tutti i costi richiamati indicano la pochezza di quella quota sociale:
il costo del lavoro era allora ben più modesto dell’attuale, eppure lo stipendio
mensile del custode era pari a 2,3 quote, come dire oggi più di tre milioni. Anche
ad accettare il fatto che la legna fosse cara, la quota valeva 12 q.li di legna da
ardere e ci volevano 26 quote per pagare un quattro con franco Torino, a prezzi
attuali 35 milioni. Provate voi a fare altri conti, ma otterrete che la quota valeva 6
maglie sociali, meno di 4 tute, di due batterie, di venti mazzi di carte e così via.
La differenza più sensibile di costo rispetto ai prezzi attuali riguarda la maglia
sociale, che costava ben 2.000 lire; non stupisce il fatto che nell’arco del biennio
esaminato risulti la vendita di non più di sei pezzi e che sia specificato il nome di
ogni acquirente a fianco dell’incasso. L’acquisto di una canottiera sociale era
un’operazione onerosissima.
Molto alta era la spesa che la società affrontava in occasione del decesso
dei soci, ma anche del loro matrimonio: per le nozze di Ambrosini furono spese
10.000 lire; per la morte del socio Lucinio Bonetti la Cerea provvide al necrologio
e ad una corona di fiori, per una spesa di 23.000 lire, praticamente il valore di due
quote.
Il Vice Presidente Borghero era molto soddisfatto dell’andamento della
situazione finanziaria, che per il 1950 si presentava assai soddisfacente171; nel
corso dell’assemblea per l’approvazione del bilancio172 lo stesso Borghero
annunciò che il bilancio consuntivo 1950 si era chiuso con una lieve attività grazie
al contributo del CONI per le spese dell’alluvione del 1949. All’epoca non ci si
aspettava mai un bilancio in attivo, almeno così vien da pensare leggendo le
espressioni usate per celebrare una mancanza di passivo determinata, in fondo,
170
Doc. A27
171
Cons. 15/11/1950
172
Ass. 4/2/1951
71
La Cerea 1945-1997
da un contributo pubblico: L’assemblea approva all’unanimità i due bilanci e
plaude agli Amministratori che hanno saputo con saggezza portare in attivo i
bilanci sociali, e fan voti che il bilancio dell’anno in corso si chiuda con un attivo
maggiore. Al di là dei voti augurali i soci non fecero nulla perché il loro auspicio si
realizzasse e, specialmente, non misero mano alla borsa lasciando inalterata a
12.000 lire la quota per il 1951. Il bilancio di quell’anno si chiuse così in passivo,
anche se è giusto ricordare che furono fatte grandi spese per comprare un quattro
con ed una jole: Il bilancio, incassando le quote dei soci morosi, si potrà chiudere
alla pari173. Ma era realistica la speranza di incassare quelle quote? Pare di no.
Pochi mesi prima, nella seduta di consiglio del 7 settembre 1951 Borghero aveva
esposto la situazione finanziaria definita assai soddisfacente, ma che potrebbe
ancora migliorare se si potessero incassare le quote sociali degli anni 1949 e
1950; fu anche deciso di affidare le pratiche al socio Avv. Caldi Scalcini perché
agisse legalmente, ma sembra assai improbabile che persone morose sin dal
1949 abbiano poi deciso di pagare le quote di tre anni nel corso del 1952. Ed il
bilancio risultò quindi in passivo, nella realtà.
Negli anni successivi diminuì l’attenzione per gli aspetti finanziari, argomento
che sostanzialmente scomparve dalle discussioni di Consiglio e fu presente in
Assemblea solo per registrare l’approvazione unanime dei bilanci.
La quota per il 1953 fu elevata a 16.000 lire su richiesta del Presidente
Boccalatte che lamentò il continuo aumento delle spese; l’assemblea discusse
l’aumento, perché Bartolini voleva raddoppiare la quota allora vigente, mentre
l’avv. Lera era contrario agli aumenti; e furono i soci a stabilire che le maggiori
risorse derivanti dall’aumento votato fossero destinate a riparazione sede,
concorso gare e per spese di rappresentanza174. Ma nonostante il voto
dell’assemblea, quando nella riunione di consiglio del 10 luglio 1954 si discusse
l’invio di un equipaggio ai Campionati Italiani a Pallanza e l’acquisto di 10 voghe, il
cassiere Girardi fece presente la difficoltà, per non dire l’impossibilità, di affrontare
la spesa, sia per inviare gli equipaggi a Pallanza che per gli acquisti. Segno
inequivocabile di una ristrettezza economica oggi impensabile, superata da
Derossi con l’offerta di pagare il necessario.
Il silenzio calato sugli aspetti economici della gestione è forse conseguenza
dell’abitudine di Derossi di far fronte direttamente alle necessità finanziarie della
Cerea, e nel contempo è spia del decadimento cui la società si avviava; sempre
più i soci si affidavano al Presidente, confidando nel fatto che egli pagasse
personalmente anche i costi della loro permanenza in società, nel contempo
manifestando disinteresse per la risoluzione dei problemi. La prova di quanto
detto è contenuta nel verbale d’assemblea del 9 marzo 1955, ove Derossi
annunciò di versare altre 400.000 lire per l’acquisto dell’otto. Era quell’otto che
nel 1954 costava 800.000 lire, lo vedremo nel capitolo V; già in precedenza il
Presidente aveva pagato parecchio, lo dimostrano le parole “altre 400.000 lire”.
La somma era davvero ingente visto che due anni prima la quota era di 16.000
lire; il seguito della verbalizzazione, già citato nel primo capitolo, merita di essere
ricordato a dimostrazione della mancanza perfino del pudore: Detto versamento
però resterà assorbito per le migliorie estetiche della società. Il cassiere Girardi
173
Ass. 2/12/1951
174
Ass. 8/2/1953
72
La Cerea 1945-1997
Mario, ringraziando, chiede che la suddetta cifra venga subito versata nelle casse
della società per far fronte all’eventuale pagamento dell’affitto dei locali. Il
Presidente acconsente. Il nesso logico tra
così diverse affermazioni non
contava, occorrevano i soldi, e subito.
E poco dopo, nel discutere il bilancio preventivo per il 1955: Il comm.
Bartolini propone una sottoscrizione fra i soci. La cifra raccolta verrà aggiunta a
quella stanziata dal Presidente per l’abbellimento della società (Ma non era per
l’otto?). L’assemblea demanda alla Direzione l’incarico di far fare un preventivo
delle spese e di studiare un piano per trovare i fondi necessari. E che piano
potevano mai studiare i dirigenti, se non invitare i soci a metter mano alla borsa?
Ogni socio sapeva benissimo che quello era l’unico modo possibile per trovare i
fondi necessari; l’invito al Consiglio a studiare un piano era, in realtà, l’invito a
Derossi a pagare di persona, sola possibile alternativa al far gravare sui soci i
costi della Cerea.
E’ chiaro allora perché non si discuta più di soldi: il passivo di bilancio era un
problema del solo Derossi, che aveva anche battezzato con l’eufemistico termine
“fondo personale” i soldi che egli versava alla Cerea: Il Presidente, non essendo
stato utilizzato il suo fondo personale di L.400.000, lo rimette a disposizione della
società per il 1957175. Quando l’avv. Lera plaudendo all’amministrazione della
Direzione propone venga approvato all’unanimità il bilancio, non si complimenta
con i consiglieri, che le circostanze hanno spogliato di responsabilità e meriti, ma
con Derossi. Se c’è chi paga a piè di lista, amministrare è facile.
I soci poi erano pochi, ed i morosi continuavano ad essere compresi nel
numero dei soci indicato nei documenti. Nel corso dell’assemblea del primo
dicembre 1957 fu precisato, su richiesta dell’avv. Lera, che i soci effettivi erano
74, 12 gli anziani e 6 i benemeriti, ma i morosi erano debitori di 200.000 lire; non
conosciamo l’ammontare della quota, ma non si sbaglia di molto pensando che i
morosi fossero una dozzina, ed è chiaro che di quella somma si recuperò poco o
nulla.
Benché nei verbali di quegli anni non si dica quale fosse la quota sappiamo
che nel 1957 e 1958 fu applicata la quota straordinaria di lire 2.500 annue176.
Di quegli anni sappiamo piuttosto poco, salvo che furono anni di immobilità
sul piano sportivo e dell’acquisto barche, così come dei lavori di manutenzione
dello stabile. Quella condizione di immobilismo giustifica e spiega le notizie
apparentemente contradditorie che ci vengono dai verbali. Le quote erano sempre
modeste: Il Presidente chiarisce pure il punto riguardante la quota sociale che per
ora è contenuta nei limiti minimi che una società come la Cerea possa richiedere;
eppure l’assemblea plaudì alla constatazione che il bilancio consuntivo del 1957
si chiuse con un attivo di circa 100.000 lire177. La presenza di un attivo non era
quindi segno di salute né di buona amministrazione, indicava l’assenza di spese
conseguente alla mancanza di investimenti; nella stessa assemblea che aveva
plaudito all’esistenza di quell’avanzo di cassa si fece una colletta, che fruttò
70.000 lire, per l’acquisto di un frigo; e fu necessaria la sottoscrizione volontaria
175
Ass. 3/2/1957
176
Cons. 24/2/1958
177
Ass. 23/3/1958
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perché il Direttivo non volle provvedervi, come se un frigorifero fosse nel 1958 un
inutile lusso. Nel contempo il comm. Girardi chiese che si aumentassero le quote
date le scarse possibilità finanziarie178. Erano i momenti in cui si discuteva della
diversità di quota esistente alla Cerea rispetto al Circolo della Stampa, di cui
abbiamo parlato nel I capitolo, e da quelle discussioni sappiamo che la quota
sociale per il 1958 era di lire 18.000, aumentata a 24.000 per il 1959. Ma
ricordando che la quota pagata dai soci del Circolo della Stampa era di 40.000
lire, ben si capisce quanta fosse la strada da percorrere per riportare la Cerea al
livello delle altre società.
I soci però non desideravano una svolta, anzi; alle preoccupazioni per
eventuali aumenti di quote si univa una morosità diffusa, perdurante fino ad
ottobre: Il sig. Contano interpellato dichiara che al momento attuale la situazione
amministrativa è deficitaria e che la maggioranza dei soci è in ritardo con il
pagamento delle quote179. Segni evidenti di disinteresse nei confronti della
società, giustificabili forse per il fatto che, in quell’anno, Derossi insisteva per
fondere la Cerea con il Circolo della Stampa; la fine della Cerea sembrava vicina.
La sola proposta per smuovere una situazione di crisi evidenziata dalla
scarsità dei soci venne da Ponte, che nella riunione di Consiglio dell’8 febbraio
1960 propose, con l’appoggio di Contano e di Savio, di sospendere il pagamento
del buon ingresso per favorire l’accesso di nuovi soci, ma Girardi, Nosenzo,
Crovella ed in seguito Derossi furono contrari.
Le difficoltà economiche furono così superate grazie al fatto che Derossi
pagava tutto, o quasi. La Cerea era sempre più dipendente dal Presidente: si
pensi che l’assemblea per approvare il bilancio preventivo per il 1961 si tenne l’11
giugno del 1961, ed in assenza di Derossi, impedito come spessissimo accadeva
anche nelle rare riunioni di consiglio. Visto che la situazione economica era
sempre difficile, come avrebbe potuto sopravvivere la società per ben sei mesi se
non avesse pagato tutto il Presidente? Perché se a giugno bisognava ancora
stabilire l’ammontare della quota, nessuno aveva pagato nulla, e questo a metà
dell’anno! Ma tale situazione non disturbava affatto i soci. Anzi, ricorda Soave che
la maggior parte dei soci fino agli anni ‘70 pagava la pur modesta quota in tre rate
quadrimestali.
In quell’assemblea dell’11 giugno però non ci si limitò ai consueti
ringraziamenti a Derossi, in quell’occasione motivati dal pagamento di lavori di
ristrutturazione: L’assemblea, preso atto del munifico gesto del suo Presidente
ing. Derossi per i lavori di costruzione fatti eseguire invia il suo più vivo plauso e il
suo affettuoso ringraziamento; anche ai soci fu chiesto qualche sacrificio, una
quota straordinaria di 6.000 lire pagabile in tre mesi ed un prestito per ripristinare i
locali con obbligo di prestito di almeno 20.000 lire per ogni socio.
Quasi tutti i soci risposero alla sottoscrizione obbligatoria180 ed i soldi così
raccolti furono impiegati per iniziare i lavori di sistemazione dei locali, ma i
problemi finanziari non erano risolti, e Derossi continuò a pagare: Il socio Biancotti
si fa interprete di un voto di plauso dell’Assemblea nei riguardi dell’ing. Derossi
178
Cons. 6/10/1958
179
Cons. privo di data, ma situabile nella primavera del 1959
180
Ass. 8/4/1962
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La Cerea 1945-1997
per il suo sacrificio personale per il rinnovo di parte degli impianti sociali181; La
stampa delle monografie e la nuova balaustra sul terrazzo sono state offerte dal
Presidente Ing. Derossi (applausi)182. I soci non si rassegnarono ad adeguare le
quote sociali ai costi della società, tanto che per il 1963 essi non vollero
aumentare il costo dell’associazione, eppure confermarono la quota straordinaria
di 6.000 lire; non dimentichiamo che l’associazione al Circolo della Stampa
costava, nel 1958, 40.000 lire mentre oggi le quote dei due circoli sono
sostanzialmente uguali. La quota per i nuovi soci fu fissata in sole 12.000 lire,
esentandoli anche dalla quota straordinaria; se la facilitazione ai nuovi soci poteva
avere il significato di un incentivo alle nuove iscrizioni è invece incomprensibile il
rifiuto di adeguare le quote ai costi, e così accettare una realtà economica
evidente.
Tanto più che la quota modesta non garantiva neppure tempestività nei
pagamenti e correttezza nei confronti della società, visto che il 7 dicembre 1962 il
cassiere Savio comunicava che numerosi soci non avevano ancora pagato la
quota e Girardi avvisava che sei soci non avevano ancora pagato le carature
obbligatorie.
Come la Cerea abbia potuto poi restituire il prestito ai soci non si sa, ma fu
assunta la decisione di iniziare il rimborso a sorteggio dalla fine del 1963. Il
prestito fruttò alle casse circa 2.400.000 lire, e 2.297.000 lire furono impiegate in
lavori; l’assemblea del 17 gennaio 1965 decise di inviare una comunicazione ai
singoli soci per sapere se essi ne volessero la restituzione o vi rinunciassero. Le
cose andarono per le lunghe perché nell’Assemblea del 19 dicembre 1965 i soci
deliberarono il rimborso delle 63 carature ancora esistenti a debito della Cerea;
con quali soldi si potesse provvedere è ignoto.
Alle perenni difficoltà si aggiunse anche la latitanza del Presidente, assente
per lunghi mesi dalle riunioni di Consiglio, anche se talora inviava telegrammi di
saluto da Londra183; la sua assenza generava gravi problemi perché, in realtà,
Derossi non era un primus inter pares ma il vero e solo detentore del potere. La
prova dei disagi viene dal verbale di consiglio del 31 gennaio 1964: il Consiglio,
su richiesta del tesoriere Colombo, concede a lui l’apertura di un conto corrente
per il versamento delle quote esatte, in attesa della lettera di delega del
Presidente che lo metta in condizione di servirsi del conto corrente della Società.
Derossi era partito senza delegare il nuovo tesoriere che, poveretto, non sapeva
che fare dei soldi che incassava.
Ma chi poteva avanzare critiche? Il Presidente consegna al Vice Presidente
Ponte del materiale dal quale risultano le spese da lui sostenute a titolo
personale, anche in occasione del Centenario,con lettere di accompagnamento in
data 14/3/1964 per un importo complessivo di L. 6.512.390, spese che dovranno
essere messe in evidenza, allo scopo di parare una presunta pretesa del
Municipio di associare alcuni suoi dipendenti grazie alla inesistenza di opere
migliorative184. E’ chiaro che quando Ponte lo annunciò all’assemblea il bilancio,
come sempre, fu approvato all’unanimità.
181
Idem
182
Ass. 3/3/1963
183
Cons. 17/1/1964
184
Cons. 3/4/1964
75
La Cerea 1945-1997
Di fronte ad esborsi così pesanti, al regalo da parte del Presidente
dell’astronomica somma di 6.500.000 lire, pare davvero poca cosa la proposta di
aumento della quota per il 1965 a lire 36.000, somma che il consiglio decise di
portare all’approvazione dell’assemblea tenuto conto delle quote che nelle altre
società di canottaggio torinesi vengono pagate annualmente185, e pare davvero
incomprensibile con quale coraggio i soci decisero di limitare la quota a 30.000
lire, oltre alla quota straordinaria di 6.000 lire186. Il risultato non cambiò, perché
ogni socio versò le 36.000 lire richieste, ma quella decisione inaugurò quella
davvero curiosa forma di ipocrisia in forza della quale non si ammetteva di
stabilire la quota nella misura opportuna, ma si accettava di versare lo stesso
importo con un artificio logico; eppure i soci adottarono con passione l’abitudine di
pagare una quota modesta cui si aggiungeva regolarmente una quota
straordinaria, e la fecero diventare una consuetudine interrotta solo con la
presidenza di Giorgio Ponte.
Seguirono alcuni anni di apparente tranquillità economica: nei verbali di
consiglio scompare ogni accenno alle finanze dal 1966 al 1968, forse perché la
inattività della società comportava costi modesti. Ma non mancano segnali
contrastanti, indice di una certa approssimazione: nel corso dell’assemblea del 12
marzo 1967, presenti 15 soci, si festeggiò un consuntivo con un attivo di oltre un
milione, ma nel contempo si decise di iniziare ad accantonare 500.000 lire per la
liquidazione del custode, cosa prima mai fatta; qualche mese dopo Casalis, in
consiglio, affermò che il bilancio si presentava abbastanza positivo, ma che vi era
un deficit per l’acquisto di materiale nautico per coprire il quale si impì¥Á
185
Cons. 16/9/1964
186
Ass. 17/1/1965
76
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77
La Cerea 1945-1997
??
Î
ammontava a 48.000 lire; e non dimenticare i numerosi dirigenti Microtecnica ai
quali veniva offerta l’associazione, a spese della Microtecnica.
In mezzo a tanto disagio economico resisteva però una voce di spesa
eliminabile: nel 1969 D’Alberto propose per ragioni di stretta economia di abolire il
segretario stipendiato188. Poiché i soci erano un centinaio c’era sicuramente
lavoro di segreteria, ma erano pur sempre anni in cui si rinunciava alla
manutenzione delle barche per risparmiare ed in cui la spesa per l’agonismo era
praticamente assente, così come quella per la manutenzione della palazzina; il
segretario costituiva un sollievo per i consiglieri, ma se ne poteva fare a meno, e
fu eliminato fino ai primi anni ‘90, allorché Cino Costanzo fu ricompensato per la
sua attività.
Se però negli anni ‘90 la Cerea non aveva problemi economici ed era in fase
di sviluppo, allora invece l’assemblea discuteva sul reperimento di fondi per il
decoroso mantenimento della vita sociale189, e ci si avvicinava ad uno dei
momenti più critici della vita della Cerea, testimoniato dalla volontà della direzione
di eliminare il ristorante per risparmiare e dalla decisione di convocare
un’assemblea straordinaria per mettere tutti i soci (con lettera raccomandata) di
fronte alla reale situazione finanziaria della società. Ebbene, alla successiva
assemblea dell’8 marzo 1969 si presentarono solo 20 dei 97 soci, oltre a tre
rappresentati per delega; si ritornò a discutere dell’insufficienza delle quote: Il V.
Presid. Casalis comunica che le quote pagate dalle altre società sono tutte più
alte da parecchi anni. Ed è per questo motivo che la nostra società dalla prima è
passata all’ultimo posto tra le consorelle. I soci avanzarono dubbi sul rischio che
un aumento provocasse l’ulteriore diminuzione dei soci, sulla possibilità giuridica
di decidere un aumento ad anno già in corso, ma infine accettarono quell’aumento
che il Consiglio considerava appena appena sufficiente per mantenere il decoro
sociale, e la quota fu così portata a 60.000 lire annue. Chi non sia giovanissimo
può valutare quanto modesta fosse la somma accettata con tanta difficoltà dai
soci, perché nel 1969 un pranzo in un medio ristorante costava 3-4.000 lire ed un
apparecchio radio - registratore portatile giapponese ne costava 80.000; in base
ai dati ISTAT le 60.000 di allora varrebbero oggi 796.000 lire.
Oltre che con l’avarizia i soci contribuivano alle pene della Cerea con i ritardi
nel pagamento della quota, basti vedere la situazione nel settembre di quel 1969:
In cassa vi sono L. 315.000 mentre da incassare vi è un ammontare di 800.000
lire190.
187
Ass. 25/2/1968
188
Ass. 22/2/1969
189
Idem
190
Cons. 23/9/1969
78
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In quegli anni esisteva anche una categoria di soci sostenitori, cioè di soci
disposti a pagare una quota maggiorata. Stranamente non compare nei verbali
alcun riferimento alla decisione di costituire quella nuova categoria e neppure si
specifica mai quale fosse il rapporto tra la quota ordinaria e quella del sostenitore,
esempio ulteriore della vaghezza dei verbali. Però sono numerosi i riferimenti
all’esistenza della categoria, dall’assemblea del 25 febbraio 1968 nel corso della
quale Bonetto esortò i soci a non far pesare i costi sociali sulle spalle dei soliti
pochi, ottenendo l’adesione al passaggio di categoria dai soci Casalis, Ambrosini,
Colombo, Rossetti, Schindler, Taricco, Fungo, Bobba, Moretti e Savio, al socio
Parena che vi aderì l’anno successivo, alla decisione del socio Colombo di
rinunciare alla differenza tra un credito di 200.000 lire e quanto dovuto per quota
sociale e sostenitore 1969191.
La gravità della situazione emerse nel corso dell’assemblea del 7 marzo
1970, ove il bilancio preventivo con previsione di un deficit di mezzo milione fu
ritenuto troppo ottimistico da Bobba e Colombo che notarono l’assenza di ogni
spesa per rappresentanza ed iscrizione a regate. In quell’occasione furono varate
alcune modifiche statutarie per facilitare l’iscrizione di nuovi soci: i soci juniores
avrebbero pagato un quinto della quota ordinaria, sarebbero stati ammessi gruppi
aggregati alle condizioni stabilite dal Consiglio e per due anni ai nuovi soci
sarebbe stato concesso di pagare solo metà quota. Ma la prospettiva immediata
era tale che fu messo bene in chiaro che l’eventuale disavanzo di fine anno dovrà
essere coperto da tutti i soci con quote uguali pro capite.
Sfuggiva ai soci che l’ostacolo alle nuove iscrizioni non era dato dalla quota
invero modesta, ma dalla povertà causata proprio dalle quote basse; eppure essi
vedevano come le consorelle non vivessero le difficoltà della Cerea, pur avendo
quote superiori, ma si ostinarono a pensare che esistesse una potenziale utenza
interessata a servizi scadenti purché il costo fosse basso.
A fine 1970 i soci effettivi erano 53 compresi i 18 della Microtecnica, 6 erano
gli anziani che pagavano metà quota, 15 i benemeriti che non pagavano; nel 1971
si aggiunsero 17 nuovi soci e 4 juniores, con un incremento di soci significativo
ma non sufficiente a cancellare le sofferenze della Cerea. Nel 1971192, dopo aver
intimato lo sfratto a tutte le società di canottaggio, il Sindaco Porcellana pretese
dalle società rivierasche la complessiva somma di 180 milioni per rinnovare i
contratti per altri 15 anni; per far fronte alla quota gravante sulla Cerea furono
presi contatti con il San Paolo , ma il rimborso del prestito ottenuto comportò la
restituzione di 510.000 lire per 15 anni. In realtà il mutuo fu stipulato tra Comune e
Banca, sicché la Cerea pagò quel canone annuo alla Citt à193.
Il 1971 fu un anno importantissimo perché, dopo 25 anni, Derossi lasciò la
Presidenza e la circostanza era destinata ad avere riflessi anche sul piano
finanziario; nell’immediato nulla mutò, anche perché la Microtecnica continuò a
pagare l’associazione a 18 dirigenti e Derossi certamente continuò a ripianare i
bilanci passivi.
191
Cons. 30/10/1969
192
Cons. 9/11/1971
193
Ass. 4/12/1971
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Di quell’anno ci sono rimasti anche i registri contabili (dal 1971 al 1975)
sicché è possibile esaminare più in dettaglio le entrate e le spese della Cerea,
anche per valutare se e quanto sia cambiata la composizione dei flussi di cassa
oggi rispetto ad allora.
La quota per il 1971 era sempre di 60.000 lire, ferma da tre anni, ed il suo
valore attualizzato al 1998 corrisponde a sole 722.000 lire, ridotte alla metà per i
nuovi soci; la pochezza della cifra trova conferma da un raffronto con i prezzi
dell’epoca, perché la quota intera corrispondeva a 3,5 abbonamenti alla RAI, a
due terzi del compenso netto mensile di 85.000 lire versato al custode;
l’inserzione per cercare un custode costò 8.000 e le pile per il megafono 500. La
Cerea incassò per quote 3.440.000 lire, cui si aggiunsero oblazioni per lire
1.215.000, quote dell’anno successivo pagate anticipatamente per 350.000 lire,
300.000 dai pescatori alla mosca, 195.000 da quote arretrate, 619.000 dal
coperto del ristorante, 73.000 dal biliardo e 79.000 da vendite di vestiario, per un
totale di 6.271.000 lire.
Le spese furono di pura sussistenza: 221.000 di gas, 348.000 di luce,
566.000 di riscaldamento manutenzioni comprese, 34.000 di acqua, 74.000 per
spese di rappresentanza, 102.000 di assicurazioni, 1.354.000 al custode, 270.000
all’allenatore Bouquié, 110.000 alla FIC per l’iscrizione, 302.000 di manutenzione
barche ivi comprese 90.000 lire a Bouquié quale stipendio fisso per l’incarico,
831.000 per manutenzione stabile e varie, 37.000 per la segreteria, 383.000 di
affitto, 437.000 di tasse, 30.000 per iscrizione a regate e 65.000 per le gare di
bocce, 500.000 per le varie. Nulla fu speso per l’acquisto di materiale, mentre la
principale voce di spesa era quella del custode che assorbiva il 20% degli incassi;
l’agonismo era praticamente assente.
Nel 1972 fu ripresa l’abitudine di esigere un compenso per il ricovero di
barche private,fissato in 6.000 lire; la quota ordinaria restò a 60.000 per il quarto
anno consecutivo, ma fu applicata una quota straordinaria di 10.000 lire. I criteri
amministrativi applicati dai dirigenti lasciano perplessi: D’Alberto su richiesta di
alcuni soci precisa che le eventuali spese straordinarie che superassero le
previsioni verranno coperte con aumento di numero di soci e con l’utilizzo di fido
bancario194 ; ma la scarsità dei soci non era il frutto di una scelta, e la Cerea non
riusciva a trovare nuovi iscritti! I dati di bilancio non ebbero spostamenti degni di
nota, come nei due anni successivi per i quali fu stabilita una quota di 70.000 lire
oltre ad una quota straordinaria di 10.000; per quanto i dati Istat siano
scarsamente significativi può essere utile sapere che la quota complessiva del
1975 corrispondeva ad attuali 590.000 lire, ma la quota intera fu pagata solo da
43 soci effettivi perché i 18 della Microtecnica furono di fatto esonerati dalla quota
straordinaria, i 4 anziani pagarono metà quota e solo 6 dei 15 benemeriti
pagarono le 10.000 quale loro esclusivo contributo; per fortuna c’erano ben 33
non effettivi a pagare metà quota ordinaria, ma non c’era davvero da scialare.
Aumentarono le spese fisse perché il custode Aldo Tagliente percepì in quel
1975 100.000 al mese oltre a 25.000 di contributi, Bouquié passò a prendere
50.000 mensili per la manutenzione delle barche ed un certo Michele incassava
circa 40.000 al mese per le pulizie; arrivò anche il nuovo allenatore Zeppegno che
194
Ass. 18/3/1972
80
La Cerea 1945-1997
incassava ben 125.000 lire mensili, in quell’anno versate però da Ventavoli come
oblazione mensile.
Dal 1975 aumentarono anche le spese destinate all’agonismo, che si
allinearono a quelle per la partecipazione alle gare di bocce, prima ben superiori,
salendo a circa 700.000 lire nel 1975 ed a 2.800.000 nel 1976.
Nel 1976 la situazione finanziaria risultava abbastanza rosea195 e ciò,
unitamente all’ aumento dei prezzi che in quegli anni si verificava, consigliò
consistenti aumenti ai collaboratori: il compenso per le pulizie a Michele passò da
40 a 60.000 mensili e lo stipendio di Bouquié salì a 100.000 lire al mese. Per far
fronte alle nuove spese ed alle uscite destinate all’agonismo il Direttivo stabilì 196
che oltre alla quota ordinaria di lire 70.000 i soci versassero 30.000 lire di quota
straordinaria. Anche grazie a tale aumento gli incassi superarono i 19 milioni, il
triplo di quanto si incassò sei anni prima; ma ben 5 milioni furono versati dai soci
a titolo di oblazione, a dimostrare come non fosse affatto raggiunto l’equilibrio
economico.
Anche negli anni successivi si risentirono gli effetti della ripresa di attività e
della svalutazione attraverso un aumento dei costi che rese necessari nuovi
aumenti di quota: nel 1977 i soci pagarono 100.000 lire oltre a 30.000 di
straordinaria197 ma questo sforzo non bastò a pareggiare i costi, tanto che nella
riunione di consiglio del 18 gennaio 1978 si fece il punto sul consuntivo per il 1977
e si accertò che se si fossero incassate quote arretrate per circa due milioni il
deficit di gestione si sarebbe attestato sui 2,6 - 2,7 milioni. L’esplosione dei costi
dipendeva principalmente dalle spese per l’agonismo e per le barche, voci di
spesa per lunghi anni quasi inesistenti; eppure nella stessa riunione del 18
gennaio Pantaleoni esponeva il problema sorto per la richiesta di aumento degli
emolumenti dell’allenatore. Lo stesso Pantaleoni contatterà il medesimo
proponendo una nuova formula sui premi - gara, facendo nel contempo presenti
le condizioni non floride della Società. Zeppegno era infatti pagato in base a
stipendio mensile ma anche sulla base di un punteggio elaborato da Ventavoli nel
1976; gli eccellenti ed imprevisti risultati agonistici di quegli anni fecero così
lievitare i suoi compensi, tanto che negli anni ‘76 - ‘78 i suoi compensi annui si
aggiravano intorno ai 4 milioni annui, come vedremo nel capitolo dedicato al
canottaggio. La sproporzione tra il costo dell’allenatore e l’ammontare della quota
è impressionante: le quote di 30 soci erano destinate a compensare Zeppegno ed
i soci erano poco più di 60; ma anche negli attuali tempi relativamente opulenti la
società non potrebbe destinare all’allenatore 40 milioni, pari a 30 quote sociali.
La situazione non migliorò ed all’inizio del 1978 ci si preoccupò anche della
ricerca di entrate a copertura del passivo previsto per il 1978198, ma le iniziative
furono principalmente tese a ferrei contenimenti della spesa, anche sulle minime
manutenzioni; e se furono aumentate notevolmente le tariffe di posteggio barche
(30.000 i singoli e 50.000 i doppi) anche il compenso di Bouquié salì da 100.000 a
150.000 mensili.
195
Cons. 12/1/1976
196
Cons. 8/4/1976
197
Cons. 28/9/1977
198
Cons. 11/2/1978
81
La Cerea 1945-1997
I verbali del direttivo nel corso del 1978 recavano parecchi allarmi per lo
stato delle finanze sociali, appesantite da ritardi nei versamenti delle quote, dalla
probabile perdita definitiva di quote per 4.100.000 che nell’agosto sembravano
difficilissime da incassare, dal modestissimo numero di soci effettivi - non più di
66 - dal taglio apportato ai rimborsi erogati dalla Federazione. Soave propose
all’assemblea del 24 aprile 1979 l’individuazione di una quota armadietto per chi
usa abitualmente spogliatoi e docce; un criterio oggi normale e teso ad ottenere
un maggior contributo da chi usa più assiduamente i servizi sociali. Eppure,
nonostante la terribile situazione finanziaria della società l’assemblea respinse la
proposta, e lo fece con una buona dose di ipocrisia: per motivi connessi con la
difficoltà di individuare esattamente i soci utilizzatori di tali servizi dagli altri, la
proposta non viene accolta. Parliamo di armadietti che non si muovono, non
dimentichiamolo! E’ difficile comprendere la ritrosia dei soci nel pagare una quota
adeguata ai servizi loro erogati, e non si capisce perché i dirigenti, che
quotidianamente vivevano in prima persona le pene di una sopravvivenza misera,
non contrastassero affatto l’avarizia dei soci. Basti vedere la differenza tra quanto
veniva detto in consiglio ed in assemblea: Consiglio del 17 gennaio 1979: Per il
1979 si partirà con un passivo di 1,5 ML circa; considerate le possibili entrate (ivi
comprese quelle che avrebbero dovuto essere destinate all’acquisto di
imbarcazioni) e le spese fisse, resta l’alternativa di destinare tutte le altre risorse
alla manutenzione straordinaria dello chalet e cercare nuovi fondi per il
canottaggio (5/6 ML) o sovvenzionare il canottaggio e trovare per vie traverse
(rinvio al 1980?) i soldi necessari alla manutenzione straordinaria. Per il momento
cercheremo di raccogliere possibili preventivi per i lavori di decorazione e per la
sostituzione delle sedie. Come si vede le manutenzioni straordinarie erano cose
non gigantesche ed indispensabili, perché le sedie erano già state rattoppate in
economia qualche anno prima. E veniamo alla successiva Assemblea del 24
aprile: Da parte di parecchi soci si avanza proposta di aumento della quota
sociale, magari ancorandola all’indice di variazione del costo della vita; a questo
proposito, pur se in contrasto con il formale impegno assunto dal Consiglio
Direttivo di non aumentare la quota associativa nel corso del 1979, l’Assemblea
da mandato al Consiglio Direttivo stesso di applicare una quota integrativa nei
tempi e nell’entità che riterrà necessaria a colmare il disavanzo di gestione.
E perché mai il Direttivo si era formalmente impegnato a non aumentare le
quote? Come gestire una società in cronico passivo, ed in anni di svalutazione
sensibile, senza aumentare quote insufficienti già in partenza? Insomma,
l’inevitabile aumento fu proposto dai soci, pur così risparmiatori, e quasi imposto
al riluttante consiglio. E si noti che la quota era davvero modesta, perché quella
per il 1980 ammontava a 200.000 lire199, pari a 680.000 attuali in base all’ISTAT;
anche a prendere con le molle i dati ufficiali sull’incremento del costo della vita,
scarsamente attendibili, l’inadeguatezza di quell’importo è evidente, anche a tener
conto del fatto che la Cerea era in condizioni di fatiscenza e la quota doveva tener
conto della scarsa appetibilità dell’associazione. D’altronde, se non si versano i
soldi per sostituire le sedie rotte e si pretende di pagar poco perché non ci si può
più sedere, si entra in un circolo vizioso senza uscita.
199
Ass. 4/12/1979
82
La Cerea 1945-1997
Il preventivo del 1980200 indicava entrate per 25.150.000 ed uscite per
26.500.000, quasi un milione e mezzo di passivo che si sperava però coperto da
oblazioni ulteriori; oblazioni che non giunsero, o che furono insufficienti a coprire il
passivo di gestione: Per la copertura del disavanzo del 1980 vengono fatte le
seguenti proposte: Il Consiglio: pagamento di una quota straordinaria di £ 50.000
a norma dell’art.9 dello Statuto sociale; Il socio sig. Marzano: pagamento
anticipato di 5 quote associative finalizzate al rilancio dell’attività agonistica; Il
socio sig. Rosso: una quota straordinaria di £.100.000; a maggioranza
l’assemblea delibera l’applicazione della quota straordinaria nella misura di lire
50.000 ed il riporto a nuovo della quota di disavanzo residuo201. La quota
straordinaria era pari al 25 % dell’importo associativo annuale, eppure quello
sforzo non bastò a colmare il disavanzo, d’altronde esattamente previsto nel
preventivo. Eppure non c’erano spese di peso particolare, o di genere
straordinario; vediamo il preventivo, visto che non ci è arrivato il consuntivo del
1980: la spesa prevista era di 26.500.000 lire, e ben 4.000.000 andavano
all’allenatore Zeppegno, mentre la spesa per Bouquié era indicata in 3.000.000.
Acqua, gas, luce e riscaldamento dovevano assorbire 6.300.000, affitto ed
assicurazioni 1.650.000, manutenzione chalet e giardino 4.400.000, la pulizia
1.500.000, la riparazione barche (da aggiungere alla voce relativa a Bouquié) lire
1.500.000, la partecipazione a regate, visite mediche e iscrizione FIC 3.500.000,
650.000 quale acconto per l’otto Outrigger (lo Spring). Le entrate erano previste in
25.150.000, ben meno delle spese, e ne facevano parte oblazioni per 2.000.000 e
quote arretrate per 1.300.000, voci di entrata per niente certe. Non c’era alcuno
spazio per investimenti, né in barche né sulla palazzina. Appare del tutto
sproporzionato il compenso all’allenatore Zeppegno, sia in relazione al fatto che il
suo costo assorbiva quasi il 20% delle entrate, sia perché il compenso del tecnico
era pari a 20 quote ordinarie. Zeppegno era sicuramente un bravo allenatore, ma
l’insostenibilità di quella spesa pare evidente. Non indifferente era anche il
compenso versato a Bouquié, e nel complesso gli stipendi assorbivano ben 7
milioni.
Curiosamente poi la difficilissima situazione finanziaria della Cerea non trova
alcuno spazio nei verbali di Consiglio, ove non si trova eco di discussione sulle
possibili vie d’uscita. O meglio, mancano gli allarmi ma compaiono decisioni
destinate ad incrementare gli introiti: Il Consiglio delibera di fissare una quota di
acquisto, per i soci che lo desiderino, degli armadietti che verranno installati in lire
60.000, detta quota darà diritto all’uso dell’armadietto per tutta la durata del
rapporto associativo. Viene deliberato l’ammontare da richiedere al Circolo della
Vela per le riunioni del Giovedì in lire 2.000.000 per il 1981 202 ; un pesante rincaro
per i velisti, che avrebbero dovuto pagare 10 quote, ed un modesto incasso dagli
armadietti in proprietà perpetua.
Tale era la situazione che il Direttivo fu costretto ad alienare un orologio
fermacarte a sfera, probabile trofeo, al socio Allaria per 300.000 lire ed un tavolino
a scchiera con gamba a treppiede al socio Crozza per 500.000 lire (testimonianza
200
Nella Cartella Doc.C.10
201
Ass. 4/6/1981
202
Cons. 9/10/1980
83
La Cerea 1945-1997
di Soave); nel contempo però furono dimenticate 70.000 lire di obbligazioni
comunali che furono archiviate senza più incassare la cedola d’interessi scadente
ad ottobre del 1980, ritrovate anni dopo ed ora conservate nei volumi di memorie
storiche e fotografiche.
La grande novità di quel periodo fu l’ingresso della ventina di nuovi soci che
pagarono cinque annualità anticipate, perché anche sotto il profilo finanziario
quell’evento ebbe rilevanti conseguenze. Inizialmente l’apporto di danaro permise
di effettuare quelle ristrutturazioni
indispensabili ed altrimenti impossibili da
finanziare, ma in seguito la società ebbe 20 soci in più che pagavano solo la
consueta quota straordinaria; e poiché, come abbiamo visto, la quota annua di
200.000 lire era del tutto insufficiente già nel 1980, quanto pagato dai nuovi soci si
rivelò negli anni seguenti completamente inadeguato, cosicché la situazione
finanziaria si aggravò ulteriormente.
Le spese straordinarie furono importanti: nell’assemblea del 3 dicembre
1981 Roncarolo riferì che per il rinnovo degli impianti sono stati spesi più di
21.000.000.
La quota restò immutata, come le tariffe di posto barca, fino a tutto il 1982,
mentre passò a 300.000 per il 1983. Ma l’aumento fu tardivo. La decisione di
portare all’approvazione dell’assemblea l’aumento della quota annua a 300.000
lire per il 1983 fu presa nella riunione di Consiglio del 25 marzo 1982, una
settimana prima che l’assemblea approvasse il consuntivo 1981 ed il preventivo
1982; come mai allora occuparsi con un anno di anticipo della quota per il 1983
quando ancora bisognava approvare quella per il 1982? Potrebbe trattarsi di un
eccezionale caso di precisa programmazione, ma è assai più probabile che il
Consiglio Direttivo ben conoscesse la riottosità dei soci ad accettare un aumento
di quota consistente. E’ in ogni caso difficile comprendere come i soci preferissero
l’ipocrita sistema di vedersi applicare ogni anno la quota straordinaria, anziché
rassegnarsi a pagare quanto necessario.
Un’ulteriore circostanza giunse ad aggravare i disastrati bilanci della Cerea:
la morte di Piero Derossi, figlio di Agostino. Piero aveva mantenuto la tradizione di
pagare le 18 quote dei dirigenti Microtecnica, e si trattava di entrate
importantissime per la società di quel tempo. I suoi eredi non avevano però alcun
legame con la Cerea. Già a fine 1982 il tesoriere Corrado Giampiccolo aveva
previsto un 1983 che purtroppo si presenta disastroso e già in rosso203.
Alla morte di Piero Derossi la situazione si aggravò ulteriormente, come
risulta dalla verbalizzazione del Consiglio: Giampiccolo chiede informazioni al sig.
Raina circa il consueto contributo della Microtecnica per le solite 18 quote. La
risposta è che nella migliore delle ipotesi si potrà far conto su 4 o 5 quote204. Il
preventivo per il 1983 prevedeva infatti un deficit di 14.000.000, 21.000.000 di
entrate e 35.000.000 di uscite, con un’incidenza di agonismo e manutenzione
barche di 18.000.000; e tutto ciò pur calcolando l’aumento di quota a 300.000 lire,
grazie al quale l’introito quote previsto per l’anno fu di 16.000.000. Eppure gli
incassi previsti non coprivano che il 60 per cento delle spese ipotizzate.
Il verbale dell’assemblea del 14 aprile 1983 ci fornisce poi la conferma che le
quote Microtecnica mancarono completamente.
203
Cons. 2/12/1982
204
Cons. 3/2/1983
84
La Cerea 1945-1997
Il Consiglio Direttivo non sapeva davvero come trovare i soldi occorrenti per
la normale gestione. Ricorrendo i 120 anni di vita della società, richieste di aiuto
economico furono inviate al CONI regionale e nazionale ed alle autorità locali: alle
lettere inviate dal Presidente era allegato un elenco di spese indicate come
irrinunciabili per il proseguimento dell’attività sportiva205. Non risulta che le
disperate richieste della Cerea abbiano avuto un qualche riscontro positivo.
Il 1984 non si presentò sotto auspici migliori di quanto fosse stato per l’anno
precedente, che pure si chiuse in pareggio, ed infatti l’assemblea del 29 marzo
1984 discusse non solo i bilanci, ma anche la richiesta del direttivo di deliberare
una quota straordinaria di 100.000 lire per coprire il bilancio preventivo.
Su questa situazione economica cronicamente pesante si abbatterono due
ulteriori aggravi, il Pacchetto Donoratico ed il rifacimento dell’impianto elettrico.
Con il nome di Pacchetto Donoratico si battezzò l’operazione con la quale
Pantaleoni stabilì con quel cantiere la restituzione di vecchie barche e l’acquisto di
un doppio, di un due senza, di un singolo e dei due canoini arancione, cui si
aggiunsero un quattro ed un doppio comprati da Filippi, per una spesa di oltre 15
milioni.
Il consiglio però decise di tenere la quota sociale per il 1985 inalterata a
350.000206, così come le tariffe di armadietti e posti barca, pur decidendo nel
contempo di applicare la quota straordinaria di 150.000; ed in sede di discussione
del bilancio preventivo per il 1985 i soci decisero che il deficit del preventivo 1985,
di circa 6.625.000, viene rinviato al 1986 sotto la voce “riscontro passivo”207. E
così all’inizio del 1985 si ipotecò l’ancor lontana gestione del 1986, per il rifiuto
diffuso di prendere atto del fatto che la famiglia Derossi non c’era più, e che era
quindi insensato rinviare la soluzione del problema nell’attesa di un nuovo
impossibile mecenate.
Se il consuntivo del 1985 registrò così un passivo di 5.500.000, il preventivo
per il 1986 indicava in 23.000.000 il disavanzo. Il bilancio preventivo prevedeva
infatti 23.000.000 di spese straordinarie per i lavori sullo stabile, pesantemente
ristrutturato dal Comune ma con taluni interventi gravanti sui soci. Le entrate non
erano neppur sufficienti a coprire le spese ordinarie, come è dimostrato dal fatto
che ogni bilancio registrava consistenti crediti di Zeppegno e Bouquié, residui di
trascorse gestioni208.
L’assemblea del 25 marzo 1986 prese atto della decisione del Direttivo di
applicare una quota straordinaria di 175.000 lire da aggiungere alla quota
ordinaria di 350.000, e decise di coprire il disavanzo previsto per l’86 con il
volontario anticipo di quattro annualità da parte di 10 soci; e si trattò di 2.000.000
a testa visto che si tenne conto del fatto che dal 1987 la quota ordinaria sarebbe
salita a 500.000 lire.
205
Copie nella cartella Doc.C.10. Ci sono numerose versioni della lettera, con date vicine ma di identico contenuto.
206
Cons. 17/1/1985
207
Ass. 21/2/1985
208
Le spese per allenatori e barche erano preponderanti: nel 1985 furono spese per fitto e utenze 20 milioni, per
manutenzione stabile, pulizie e assicurazioni 7 milioni, ben 45 milioni per acquisto e manutenzione barche ed
agonismo.
85
La Cerea 1945-1997
Naturalmente quella decisione salvò nell’immediato le casse sociali, ma
privò la Cerea di 10 quote dal 1987 al 1990, cosa grave visto che i soci paganti
rimasero così solo 75.
Il bilancio del 1986 fu però ancor più negativo di quanto il Consiglio avesse
ipotizzato, perché l’impianto elettrico costò assai più di quanto preventivato. La
situazione drammatica delle casse sociali portò anche alle dimissioni del
Consiglio Direttivo ed a nuove elezioni, che si tennero nel marzo del 1987.
Nel marzo 1987 c’erano in cassa 6 milioni e meno di 30 milioni era quanto si
sperava di incassare dalle quote residue non ancora pagate, poco davvero visto
che nell’anno precedente non erano bastati i 69 milioni incassati. Il licenziamento
dell’allenatore Zeppegno e la drastica riduzione dell’attività agonistica, la politica
della lesina, permisero di chiudere il 1987 con quasi 4.000.000 di attivo. Ma i
risparmi furono davvero feroci: i consiglieri giunsero a consegnare direttamente
molte lettere al fine di risparmiare il costo del francobollo.
Rompendo l’antica tradizione le quote subirono progressivi e significativi
aumenti: la quota per il 1988 fu elevata a 650.000 lire, ma fu poi mantenuta la
promessa di non applicare quella quota straordinaria che era diventata così
abituale da trovare indicazione dell’ammontare già nel bilancio preventivo; anche
il costo dell’armadietto salì a 100.000 lire ed anche i posti barca rincararono. Non
ci fu la temuta diminuzione dei soci, che anzi aumentarono notevolmente,
superando il numero di 100 iscritti. E poiché anche il buoningresso era
aumentato, tutto ciò permise di incassare oltre 106 milioni e di chiudere il bilancio
in pareggio nonostante 32 milioni di spese per ristrutturare il salone e la cucina.
Nel 1989 la quota salì a 700.000, il buoningresso a 500.000; e fu un altro
anno eccellente dal punto di vista economico, perché gli incassi sfiorarono i
200.000.000, più del triplo di quanto la Cerea avesse “fatturato” solo due anni
prima. I soci furono circa 120, ma importanza notevole ebbe l’entrata di 25 milioni
(oltre IVA) assicurata dallo Sponsor Jura Gru, che prese con la Cerea un impegno
triennale. La società viveva uno stato di benessere economico da moltissimi anni
dimenticato, e fu così possibile riprendere in pieno l’attività agonistica, investire
nell’acquisto di barche209 ma anche in importanti ristrutturazioni della palazzina210
e chiudere il bilancio con un attivo di quasi 8.000.000.
I soci accettarono di buon grado il progressivo aumento della quota sociale,
perché immediatamente si videro gli effetti positivi dei lavori che furono realizzati
con quei mezzi finanziari. Anche la quota di buon ingresso fu adeguata
progressivamente fino a raggiungere il costo della quota annuale, eppure ciò non
frenò l’afflusso di nuovi soci, sicuramente ben impressionati dal fervore di restauri
ed opere che riportarono la Cerea ad una condizione di decoro e piacevolezza.
In applicazione di questi principi la quota per il 1990 salì a 800.000 ed il
costo dell’armadietto
a 120.000 lire, e l’anno si chiuse con un attivo di
14.600.000 lire.
Grazie ai maggiori mezzi finanziari a disposizione l’incidenza delle singole
voci di bilancio, in quegli anni, mutò radicalmente rispetto a qualche anno prima.
Può essere interessante confrontare i bilanci del 1980 e del 1990. In dieci anni la
209
63 milioni tra barche ed agonismo
210
75 milioni per il tetto, la terrazza, la centrale termica, la cappa di cucina, arredi.
86
La Cerea 1945-1997
quota quadruplicò211, ma gli incassi da quote salirono da 20.000.000 a
135.000.000, le entrate totali da 25.000.000 a 195.000.000.
Le uscite da 26.500.000 passarono a 181.000.000, ma anche la ripartizione
percentuale delle spese variò in modo sensibile: nel 1980 le spese generali
(affitto, gas, pulizia ecc) assorbirono il 43% delle uscite, 10 anni dopo solo il 21%.
In dieci anni la voce relativa alla manutenzione della palazzina passò dal 15 al
30%, quella per l’acquisto e manutenzione barche dall’8 al 43%, quella per la
squadra agonistica dal 29 al 13%; ma tenendo conto dei 25 milioni versati dallo
sponsor l’agonismo non gravò per nulla sul bilancio, che anzi ne ebbe un
beneficio.
Non occorre poi sottolineare come l’incremento dei valori di bilancio abbia
reso importanti le somme che la società poteva impegnare ogni anno, con il
risultato di rendere possibili acquisti e lavori in grado di mutare il volto della
Cerea.
Nel 1991, per la prima volta, le spese superarono la cifra di 200 milioni. Gli
incassi si fermarono invece a 190 milioni, più o meno come nei due anni
precedenti, nonostante la quota fosse salita a 900.000 lire e l’armadietto a
130.000; parte della somma versata dal nuovo Sponsor Punto Computer, che
assicurò per due anni il versamento di 25 milioni all’anno, furono incassati in parte
solo nel 1992. Fu molto alta la spesa affrontata per il rifacimento del bar, tanto
che le spese dedicate allo chalet superarono i 72.000.000; il passivo fu facilmente
coperto utilizzando parte dei 26.000.000 risparmiati negli anni precedenti, e fu
così possibile pagare in un solo anno un lavoro molto costoso.
Un ulteriore incremento dei soci contribuì all’eccellente risultato economico
del 1992, anno in cui le entrate balzarono a 262 milioni, con un attivo di gestione
di 11 milioni. Quote, armadietti e posti barca212 fruttarono 176 milioni, 25 milioni
arrivarono dai rimborsi FIC e CONI, 13 milioni dal ristorante; con simili entrate fu
possibile incrementare il parco barche213, affrontare nuovi lavori di manutenzione
e abbellimento della palazzina214, aumentare le spese per le trasferte e
l’agonismo215.
Proprio la disponibilità dei soci ad accettare aumenti di quota, pur in
presenza di bilanci altamente positivi, fu il segno di un totale cambiamento di
mentalità dei soci. E’ difficile capire come soci riluttanti ad accettare anche
modesti aumenti di quota negli anni in cui gli stentati bilanci si chiudevano
regolarmente in passivo, pochi anni dopo abbiano accettato di aumentare le quote
anche quando i bilanci recavano dei consistenti attivi. Si trattò di una vera
rivoluzione nel comportamento individuale e collettivo. Alla ferma decisione di
lasciare inalterate le quote anche in tempi di alta inflazione, desiderata dai soci ed
accettata dal Direttivo216, si sostituì una mentalità opposta; probabilmente questo
cambiamento dipese da una iniziale accettazione della volontà del Consiglio, e
211
E salì ben più dell’indice inflattivo
212
La quota passò a 950.000, l’armadietto a 150.000
213
28 milioni
214
69 milioni
215
57 milioni
216
Si ricordino gli impegni del direttivo in tal senso
87
La Cerea 1945-1997
quando i soci videro quali fossero le positive conseguenze di una quota meno
misera abbandonarono definitivamente quei criteri che, fino ad allora e per
decenni, ne avevano dettato i comportamenti.
Anche nel 1993 la quota salì, raggiungendo il milione, e l’armadietto toccò le
200.000 lire. Le entrate arrivarono a 237 milioni e le spese a 241.
Fu invece il 1994 a consentire il superamento dei 300 milioni di giro d’affari.
Le quote, con armadietti e posti barca,217 portarono nelle casse sociali 227 milioni;
le oblazioni dei soci, un tempo indispensabili per pagare l’affitto e la luce, in questi
anni conobbero però un prepotente ritorno. La cosa può sembrare strana, visto
che le finanze della società godevano di un’agiatezza che permetteva costanti
investimenti. Eppure Beppe Oddone -Spazzola- sollecitò la generosità dei soci
ottenendo versamenti, di tutto rispetto, finalizzati all’acquisto di imbarcazioni. La
Cerea, a partire dal 1988, acquistò ogni anno qualche imbarcazione
incrementando così il parco barche a disposizione degli atleti e dei soci; l’ordine
di spesa per anno era di circa 30-40 milioni, somma elevata ma insufficiente per
riempire la rimessa di barche nuove. Beppe Oddone curava con passione e
dedizione il cantiere, e vagheggiava la presenza alla Cerea di barche nuove e di
alta tecnologia atte a coprire ogni esigenza; il suo programma prevedeva
l’esistenza di barche per pesi leggeri e pesanti in ogni tipo di imbarcazione, e nel
numero ritenuto opportuno per l’uso dei soci e degli atleti. Incapace di attendere i
tempi fisiologici collegati alle necessità di bilancio, iniziò più collette che portarono
alla Cerea oltre 40 milioni nel triennio 1993-95.
Non fu il solo aiuto economico che agevolò la già brillante situazione dei
conti sociali: molti soci contribuirono spontaneamente con versamenti, o con doni
specifici, alla realizzazione di migliorie od all’acquisto di beni necessari. Sarebbe
impossibile ricordare i tanti soci che contribuirono al benessere della Cerea degli
anni ‘90, ma non si può tacerne l’importanza; i bilanci permisero di affrontare
opere costose ma fu anche grazie a molti soci che fu possibile, in soli 10 anni,
modificare sostanzialmente l’aspetto della società. Un esempio chiarirà come ciò
avvenne: terminata la lucidatura del brutto palchetto del salone, Paolo Deleonibus
trovò - come tutti - deludente e poco idoneo il risultato. Rimediò regalando alla
società i numerosi tappeti persiani che ricoprono quasi interamente quel
pavimento; è ovvio che la spesa per un acquisto del genere avrebbe costretto la
Cerea ad impiegare quasi interamente le risorse di un intero anno destinate alla
palazzina.
217
I costi stabiliti furono, rispettivamente, di 1.150.000, 200.000 e 250.000
88
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO V
LE
BARCHE
Nei verbali sono davvero scarsi i riferimenti agli acquisti di nuove barche.
Ciò può dipendere principalmente dalla rarità degli acquisti ma anche dalla
trascuratezza del verbalizzatore, oppure dal fatto che le poche barche arrivate in
società negli anni ‘50, ‘60 e ‘70 siano state frutto di acquisti privati, estranei quindi
alle decisioni consiliari. La situazione è diversa per gli ultimi venti anni, perché da
allora vi è l’indicazione sicura di acquisti. La Cerea degli anni 1945 - 70 barche
ne acquistò davvero poche; le imbarcazioni da gara erano usate solo dagli atleti e
la vita di una barca era di una ventina d’anni.
Ma cerchiamo di capire quali barche fossero presenti alla Cerea nel
dopoguerra.
Le barche da passeggio erano numerosissime, ne abbiamo testimonianza
da fotografie che ritraggono la sponda gremita di barche come un porticciolo
marino in agosto. C’erano barche a punta, venete e barche a remi.
Dopo la guerra le barche erano seriamente danneggiate, probabilmente solo
dalla mancanza di quelle cure che i sei anni di guerra non avevano permesso;
ritornata la pace perduravano ancora le difficoltà, anche per la scarsità dei
materiali: La riparazione e la costruzione di barche procede: vi è tuttavia la
difficoltà di poter disporre del materiale e delle vernici in specie218. Ma l’attività
procedeva alacremente, visto che già il 17 luglio, a neppure tre mesi dal termine
del conflitto, il Presidente comunicò al Consiglio che una barca era già pronta e
10 in corso di fabbricazione; resta il dubbio se si trattasse di un restauro o di vera
fabbricazione di barche nuove, ma il verbo impiegato è proprio quello, ed il
segretario dr. Crovella ha lasciato verbali meticolosi e corretti, anche nella forma.
Almeno per quanto riguarda la fornitura di 4 imbarcazioni abbiamo notizia anche
del loro costo, e della loro pessima qualità: S.M.A.R.P. - L’emarginata, già
fornitrice di n. 4 barche a fondo piatto per turismo, richiede con sua lettera la
copertura del suo avere in lire 48.000 - per differenza su importo di 88.000 - di cui
L. 40.000 già versate. L’ ing. Derossi deplora che il sig. Bobba A., che
volontariamente assunse l’incarico, abbia condotte le trattative con scarsa
competenza commerciale ed insufficiente conoscenza tecnica del legname
occorrente per la costruzione di tali imbarcazioni. Tali barche ci vennero
consegnate in legno non stagionato, con insufficiente chiodature e viterie e le
spese suppletive di assestamento si sono dimostrate non indifferenti219.
218
Cons. 4/7/1945
219
Cons. 23/12/1945
89
La Cerea 1945-1997
Già si è detto della brutalità di Derossi allorché occorreva scaricare su
qualche collaboratore la responsabilità di un errore; anche il povero sig. Bobba ne
fu vittima. E’ però rilevante il fatto che almeno 4 delle 11 barche nuove fossero a
fondo piatto. E, se ogni barca costava mediamente 22.000 lire, l’investimento
totale del 1945 in imbarcazioni fu di circa 250.000 lire.
Le barche di cui ci siamo fin qui occupati erano sicuramente barche da
passeggio, perché solo nella seduta del 20 gennaio 1946 il Consiglio si occupò di
acquisto e vendita di materiale sportivo. Il barcaiolo Franchino offre per un canoe
ad 1 vogatore in cattive condizioni e di vecchia costruzione L. 8.000. Il sig. Casalis
espone la possibilità di acquisto di un canoe ad 1 vog. con tim. nuovo, proprietà
comm. Gajal, per L. 25/30.000. Si esamina anche la circolare listino prezzi dei
cantieri Foggi e Agretti, e Carlesi di Livorno. Occorrono voghe di punta per le
imbarcazioni da regata. Il canoe era considerato una barca da corsa, ne avremo
in seguito altre prove; la vendita a Franchino della canoa inutilizzata fu decisa
nella riunione del 2 febbraio 1946, e contemporaneamente si deliberò l’acquisto di
8 voghe di punta, con la precisazione che erano necessarie per completare la
dote minima. Il canoe di Gajal non fu invece comprato, perché per le ragioni già
esposte altra volta l’ing. Boccalatte dà parere sfavorevole al quale si associa il
dott. D’Alberto anche perché per tale tipo di imbarcazioni si sarebbe costretti a
stabilire quali soci ne potrebbero usufruire220 . La notazione di D’Alberto dipende
da fatto che i soci potevano usare solo le barche da passeggio, con esclusione di
quelle da gara; i canoe erano usati in gara, ma anche accessibili ai soci esperti,
proibiti a quelli privi di grande esperienza. Un po’ più facili dei canoe, e quindi
destinate ai soci, erano invece le 2 jolette consegnate da Franchino, onnipresente
personaggio del fiume, al prezzo di lire 30.000 e 28.000 con pagamento
dilazionato (20.000 subito ed il saldo in 3/4 mesi)221. La divisione nell’uso delle
barche è indicata con precisione dal verbale di Consiglio del 27 ottobre 1946: 1
l’uso dei locali sociali ai soli soci; 2 l’uso delle imbarcazioni da corsa ai soci
vogatori per allenamento o corsa e l’uso delle imbarcazioni da passeggio ai soci
sostenitori ed ordinari e non ai soci vogatori se non autorizzati dalla direzione.
Nell’archivio si trovano due preventivi del 1949 che, tra l’altro, ci danno
conferma di quante vicende non trovino riscontro nei verbali. Non c’è infatti traccia
nei verbali dell’acquisto di un motore “Oceanus” da 250 cmc. da 8 cavalli offerto
dalla Motonautica Colombo per 165.000 lire; e neppure della riparazione di due
canoe fuoriscalmo che richiedeva, secondo il dettagliato preventivo del cantiere
“Cantarelli Valentino, Costruzioni Nautiche” di corso Moncalieri 388, una spesa di
23.000 lire. Forse erano i due canoe ancora presenti nel cantiere sotto la terrazza.
Molte imbarcazioni erano private, e già allora c’era il problema del loro
ricovero invernale; nel 1945 i proprietari di barche pagavano un affitto di 500 lire,
non poco visto che la quota ordinaria ammontava a 1.200 lire. Solo una rimessa
zeppa di barche giustifica un parcheggio così caro. Dati relativi al 1955 ed al 1962
ci indicano quanto numerose fossero le imbarcazioni private: nel 1955 Derossi
aveva 6 barche, Gianolio 3, Facca e Pagani 2 ciascuno, 11 soci ne avevano una
a testa. Nel 1962 erano un po’ meno, 5 Derossi e 3 Gianolio, 1 a testa Pagani,
Gariel, Colombo e Bobba.
220
Cons. 7/4/1946
221
Cons. 5/5/1946
90
La Cerea 1945-1997
Bisogna dire che in quel canone di 500 lire era compresa anche la
manutenzione, come afferma il Vice Presidente Casalis nel rispondere alla
richiesta del socio comm. Bartolini di abolire la quota annuale di posteggio: Fa
osservare che tale quota rappresenta solo una aliquota delle spese che la Società
sostiene, colla comprensione di tali barche nell’assicurazione generale di quelle
sociali, e colla loro manutenzione fatta dal nostro personale222. Cosa d’altronde
che accade di fatto anche oggi.
Nella stessa assemblea, il dott. Balma lamentava la scarsità di barche
sociali, cui evidentemente si suppliva con barche private. La risposta a Balma ci
aiuta a capire quantità e stato delle barche sociali, da passeggio naturalmente: Si
obbietta che tale materiale, benché alquanto anziano, messo di nuovo ben in
ordine (spesa preventivata lire 100.000 circa) può ancora efficacemente
servire.223
Sembra una somma altissima, almeno in rapporto alla quota annua del socio
ordinario, ma non dimentichiamo che la quota era modestissima.
Il preventivo di Cantarelli Valentino indica in circa 10.000 lire il costo di un
pesante restauro di un canoino; se quell’importo valeva anche per le altre barche
da passeggio, le barche sociali da riparare erano una decina.
Sicuramente le barche erano insufficienti, come si comprende dal fatto che il
Consiglio intervenne a disciplinarne l’uso: Il comm. Casalis propone che le
imbarcazioni sociali da turismo siano usate soltanto dai soci effettivi e non dai soci
vogatori. Propone ancora di limitare l’uso di queste imbarcazioni tanto più nel
mattino delle domeniche e dei giorni festivi, coll’obbligo di rientrare in sede per il
mezzogiorno. Soltanto per quelle pochissime di cui sarà anticipatamente richiesto
l’uso alla Segreteria o a qualche membro del Consiglio Direttivo, per tutta la
giornata o per gite di lunga durata, potranno rientrare in sede non più tardi delle
ore 20. Le imbarcazioni sociali da turismo devono essere lasciate ad uso
esclusivo dei soci, che desiderassero portare in barca i loro familiari. Il Presidente,
per ovviare in parte alla scarsità di imbarcazioni da passeggio, si dichiara disposto
a lasciare in uso domenicale quelle di sua proprietà alle sue personali
conoscenze224. Nessun dubbio sull’uso intenso che si faceva nei giorni festivi
delle punte e delle alici.
Naturalmente non abbiamo alcun inventario delle barche da regata presenti
nel 1945. Certamente la Cerea aveva l’8 ed il 4 con, perché conosciamo risultati
di gare disputate in quelle specialità. La prima notizia relativa ad acquisti compare
nel verbale d’assemblea del 14 novembre 1948, ove il sig. Borghero comunica
che alla nostra società necessitano per la prossima primavera due nuove
imbarcazioni da corsa, e cioè 1 singolo ed 1 doppio di coppia; il preventivo del
Cantiere Carlesi è di 300.000 lire per il doppio e di 170.000 per il singolo, oltre al
5% per spese di imballo, franco Livorno. Non si capisce se la spesa sia stata
approvata, ma pare di no, perché il successivo 30 marzo 1949 il Consiglio
approvò l’acquisto dello skiff di proprietà dell’ing. Michela allo scopo di allenare e
fare concorrere qualche nostro vogatore che si applichi a detta specialità. Il che
222
Ass. 22/2/1947
223
Idem
224
Cons. 23/6/1947
91
La Cerea 1945-1997
significa che fino ad allora alla Cerea non c’era neppure un singolo, e non se ne
attendevano da Livorno. Però Soave ricorda di aver gareggiato negli anni 57-59
su un singolo Carlesi, ancora esistente nel 1970.
Sempre Soave ricorda l’esistenza di un antichissimo due con, sul quale
Gianolio aveva vinto i Campionati Europei all’inizio del secolo, ancora usato
dall’equipaggio Gaia Soave nel 1954-55 e poi da loro distrutto in un incidente.
Un’altra barca sicuramente presente, ed allora considerata da corsa, era la
jole a 4, perché fu iscritta alle regate di Mantova225. Nel 1950 furono anche
comprate quattro scalmiere in bronzo per la jole226.
Il 4 con che certamente esisteva era vecchio e finì in qualche modo la sua
esistenza, tanto che nel 1951 l’ing. Derossi propose l’acquisto di
quell’imbarcazione mancante nella nostra società, e ne fu ordinato uno ai cantieri
Salani e Cecchi per L. 391.140227, destinato all’equipaggio che utilizzava la jole a
4 e che prometteva bene; la spesa gravò però sulle casse Cerea solo per 250.000
lire, la differenza fu a carico della Federazione.
Dallo stesso verbale apprendiamo che la Società disponeva anche di un
motoscafo, se così si può chiamare: Borghero annuncia che si è provveduto a
mettere in efficienza il motore per il motoscafo. La spesa è stata di lire 40.000
compreso l’adattamento di una imbarcazione sociale.
Il quattro con arrivò nell’estate, e venne battezzato con il nome del
compianto socio Rogliatti Gabriele228. Ma durante l’assemblea del 2 dicembre
1951 si citò anche l’arrivo di una jole a quattro nuova.
A riprova della scarsa attendibilità dei verbali, o per meglio dire di quante
vicende siano sfuggite alla verbalizzazione, sta il fatto che nel 1951 arrivarono
altre barche oltre all’outrigger a 4 ed alla jole; il 27 settembre 1951 il Consiglio
decise infatti che, in occasione della festa sociale, si provvedesse al battesimo
delle nuove imbarcazioni. E non è solo il plurale a farci pensare che ci fossero più
barche nuove: se unanime fu la decisione per l’attribuzione del nome di Rogliatti,
per le altre imbarcazioni sarà necessario sentire anche il parere dei soci.
La soluzione del problema ci viene dal libro cassa degli anni 1950/51229 che
registra il pagamento di 70.000 lire all’ing. Michela per lo skiff ed il versamento nel
novembre 1950 di 100.000 lire all’Armida per l’acquisto di una jole a 8 completa di
voghe, nell’aprile 1951 il pagamento di 250.000 lire a Salani per la jole a 4, oltre al
pagamento del 4 con a Salani.
Il biennio 1950 - 51 fu quindi ricco di acquisti importanti, solo in parte
registrati dai verbali, cui si aggiunse l’oneroso restauro di una joletta, per il quale il
cantiere Cantarelli percepì 18.000 lire.
225
Cons. 1/6/1951
226
Doc. A27
227
Idem
228
Cons. 27/9/1951. Gabriele Rogliatti, eccellente capovoga, detto Pirelli per la sua elasticità, ancor giovane morì in un
banale incidente.
229
Doc. A.27
92
La Cerea 1945-1997
Visto che le barche usate dai vogatori erano tutte barche con timoniere non
stupisce il fatto che, insieme alla confezione di maglie sociali, sia stato deciso
l’acquisto di impermeabili per timonieri230.
La Cerea comprava poche barche, ma qualcuna ne vendeva. Così fu
venduta ad una società non precisata la jole a quattro Isidor, vecchia e per noi
inservibile, accettando l’offerta di lire 30.000231.
Un acquisto importante lo troviamo nel 1954, allorché il Vice Presidente
D’Alberto fa presente l’assoluta necessità dell’acquisto di almeno 10 voghe ed in
linea subordinata di un outrigger a 8 vogatori. L’equipaggio dell’8 si era infatti ben
comportato a Aix-Les Bains, ed anche l’ing. Boccalatte pensava che si trattasse
d’un buon equipaggio. La necessità di un otto nuovo lascia immaginare che quello
in possesso della Cerea fosse poco competitivo. E dato che si discuteva anche
dell’invio dell’equipaggio a Pallanza, ai campionati italiani juniores, il Cassiere
Girardi fa presente la difficoltà, per non dire l’impossibilità, di affrontare la spesa,
sia per mandare gli equipaggi a Pallanza che per gli acquisti. Il problema fu risolto
dal Presidente Derossi alla sua maniera, comunicando di essere disposto ad
intervenire personalmente per almeno il 50% sia negli acquisti che nella spesa
per le regate di Pallanza. E benché il preventivo per l’acquisto dell’imbarcazione
fosse di 800.000 lire ben si comprende come il Cassiere non abbia potuto opporsi
alla decisione di comprare la barca e inviare gli equipaggi232; l’assunzione, anche
parziale, di una spesa da parte del Presidente equivaleva ad approvazione.
Derossi pagò poi tutta l’imbarcazione, lo abbiamo visto nel capitolo IV con quel
buffo verbale concuso dalla perentoria richiesta del Cassiere di versare subito il
contributo. E’ interessante notare l’alto prezzo dell’imbarcazione, almeno in
raffronto alla quota sociale vigente in quell’anno, solo 16.000 lire.
Nosenzo e Soave ricordano poi che quell’otto si rivelò pessimo perché la
carena a V rendeva impossibile tenerlo in equilibrio; per di più fu sfondato da
Ventavoli che, alla sua prima uscita, posò il piede sul fondo dell’imbarcazione.
I nostri incerti verbali saltano talora decisioni importanti come fu per gli
acquisti di barche da passeggio, ma altre volte sono estremamente precisi anche
per decisioni di nessun impatto economico. Così, il 15 ottobre 1954, ci risulta che
il Consiglio decise di permutare una barca a punta con una joletta da passeggio
con l’imbarcadero Maronetto.
Dopo alcuni anni per i quali manca ogni verbale ritroviamo notizia delle
imbarcazioni il 24 febbraio 1958, perché a Bobba venne affidato l’incarico di
inventariare imbarcazioni e materiale vario da diporto. Peccato non averne copia.
Ho sin qui trascurato di riferire su una specialità sportiva abbandonata da
lunghi anni, allora invece assai praticata alla Cerea; la canoa occupava uno
spazio sportivo importante, come vedremo successivamente, ma fino al 1958 non
risulta che ne siano state mai acquistate, cosa certo impossibile. Il 6 ottobre 1958
leggiamo invece su un verbale, pregevole perché indica quale fosse allora il
sistema di proposta, di decisione e di pagamento in uso alla Cerea: Su richiesta
del sig. Restagno il Presidente (Derossi) propone l’acquisto di canoe K uno e K
230
Cons. 1/8/1952
231
Cons. 8/5/1953
232
Cons. 10/7/1954
93
La Cerea 1945-1997
due per dare sviluppo all’attività già bene iniziata. La spesa sarà affrontata
dall’ing. Derossi. Naturale che il verbalizzatore non abbia detto se la proposta sia
stata o meno approvata.
Stiamo avvicinandoci al 1960, il decennio di più marcata crisi della Cerea, e
così come per lo stabile la situazione non pare buona neppure per il cantiere e
per le barche. C’è tra l’altro abbondanza di barche da passeggio perché sono
lontani i tempi in cui occorreva prenotare la barca o rispettare i turni nei giorni
festivi; il numero dei soci si è drasticamente ridotto ed il materiale, in buona parte
vecchio e mal tenuto, abbonda. I tempi moderni portano invece materiali nuovi,
che non richiedono le costose e difficili cure pretese dal vecchio legno. Tutto ciò
risulta da un verbale di Consiglio del 26 giugno 1959: il prof.Ponte desidera che
sia pure chiarita la questione relativa al risanamento del cantiere sia per ciò che
riguarda le imbarcazioni da passeggio sia per le necessità delle imbarcazioni per
regate. Il geom. Eusebione interpellato dichiara che sono già state intraprese
trattative per la vendita di un outrigger a otto ad una società di Bari, e che sarebbe
urgentemente necessario l’acquisto di un’imbarcazione a due vogatori con
timoniere, e di un double. Viene assegnato al geom. Eusebione l’incarico di
controllare tutte le imbarcazioni sociali, stabilire con esattezza quante e quali
possano essere le barche poste in vendita o alienate, e stabilire pure di quali
imbarcazioni necessiti il cantiere; l’ing. Derossi invita il geom. Eusebione ad
interessarsi per l’acquisto di barche in plastica.
In seguito Eusebione diede conto del suo lavoro, piuttosto amaro visto che
riferì di aver messo da parte otto barche a punta per cercare di riassestarle, di
aver ricevuto dinieghi all’incarico di ripararle da parte di un ex operaio Esperia e di
aver già proposto la loro vendita ai pescatori di Moncalieri tramite il sig.
Maronetto. Il fatto che Eusebione venga poi di nuovo invitato ad interessarsi alle
barche di plastica per sopperire alla mancanza di barche da passeggio non ci
lascia dubbi sul fatto che, al di là del calo dei soci, le barche efficienti fossero
ormai poche233.
Per fortuna c’era la possibilità di trovare qualche barca per via, come
accadde per quella del sig. Ramella, incamerata quale proprietà sociale perché
da quattro anni moroso verso la societ à234.
La crisi in cui ormai si dibatteva la società risulta anche da altri segnali; dal
1954 i verbali non parlano più di confezione di maglie sociali, il che ovviamente
non esclude che siano state fatte. Però stupisce che nel 1959 ne vengano
ordinate solo 12 a mezza manica insieme a 12 canottiere; teniamo conto del fatto
che la maglia sociale è indispensabile ai nuovi atleti, che dovrebbero ruotare
frequentemente, ed ai nuovi soci che si dedicano al canottaggio; il misero
acquisto di una dozzina di maglie ci indica la gravità della crisi.
Non stupisce quindi che il silenzio cali sugli acquisti fino al 1962, anno in cui
si chiese alla ditta Mostes di Lezzeno il prezzo di due jolette da passeggio e si
decise di chiedere all’Armida il prezzo di un due con in vendita, unica
imbarcazione attualmente mancante235; quella stessa imbarcazione mancava già
233
Cons. senza data, successivo al 26/6/1959
234
Idem
235
Cons. 4/2/1962
94
La Cerea 1945-1997
tre anni prima, nel 1959. Le barche da corsa erano piuttosto anziane, basta
vedere quando furono comprate; ed a riprova ci fu l’acquisto di 4 scalmiere nuovo
tipo236 , segno che la tecnica aveva nel frattempo compiuto progressi che la
Cerea cercava di colmare con modifiche ai vecchi scafi. Le due barche da
passeggio non vennero poi ordinate, per la difficoltà di trovare le barche adatte e
in considerazione del fatto che, per i soci più esigenti, vi sono in cantiere 3 canoini
in perfetto ordine237.
Anche quest’ultima notizia è curiosa; oggi il socio esigente pretende uno skiff
di alto livello, mentre negli anni 60 nessun socio pensava di usare una barca da
gara per le proprie uscite, un canoino era la massima sofisticazione immaginabile.
Bisogna pensare che la trattativa con l’Armida per l’acquisto del due con non
abbia avuto seguito, e non solo perché nessun verbale ne parla più. Il fatto è che
la necessità di tale barca ricomparve nel 1964, quando il Consiglio affrontò in
modo compiuto il problema imbarcazioni. Non è facile comprendere esattamente
cosa sia allora successo, sembra che sia stato deciso l’acquisto di moltissime
barche, ma manca ogni certezza in proposito e non si capisce né a quanto
ammontasse la spesa relativa né da dove saltasse fuori l’improvvisa disponibilità
di soldi; forse ci furono solo alcuni acquisti tra quelli enunciati e pagò, al solito,
Derossi. Ma vediamo quel testo: Udita la relazione sullo stato, numero e
manutenzione di esse, si conclude per l’ingresso in società di:
1 skiff - il V. Presidente Casalis offre il suo, in ottimo stato, in deposito
attuale presso la Canottieri Eridano. Una lettera per il ritiro di esso viene
consegnata al Segretario che prenderà cura per il ritiro.
1 due con - andando a Roma il Segretario prenderà contatti con la
Federazione al fine di ottenere quelle condizioni di favore che sono fatte da essa
per acquisti del genere; il Presidente, a sua volta, interesserà il CONI.
3 barche da passeggio con carrello mobile.
2 punte (scartati i modelli in plastica).
2 alici - il tesoriere prenderà informazioni presso DAS che ne ha delle ottime.
Tutte queste imbarcazioni dovranno essere funzionanti per la primavera
1965238.
Il solo riscontro che abbiamo a questo deciso ma vago “ingresso” di barche
in società, come fossero debuttanti, è il ringraziamento a Casalis per lo skiff
offerto239. Però nella successiva assemblea del 17 gennaio 1965 il Segretario
elencò quelle che, per delibera del Consiglio Direttivo del settembre dovranno
essere presenti e funzionanti in Società nella primavera c. anno. Riferendone in
assemblea, agli acquisti venne data una patente di ufficialità e tale fatto, unito alla
circostanza che ben 4 mesi intercorsero tra la decisione consiliare e l’assemblea,
fa ritenere che le barche siano arrivate davvero.
I modelli di imbarcazione acquistati sono comunque indicativi dello stato di
abbandono in cui versava l’agonismo Cerea. Non conosciamo l’età di Casalis nel
1964, ma visto che era socio effettivo da 24 anni non era giovanissimo, e
236
Cons. 16/3/1962
237
Idem
238
Cons. 16/9/1964
239
Cons. 29/12/1964
95
La Cerea 1945-1997
difficilmente il suo skiff era nuovo e competitivo. Il due con era una barca attesa
da almeno sei anni; nessun altro acquisto fu deciso per l’agonismo, e se la cosa
pare stupefacente visto che le barche avevano tutte almeno dieci anni di vita, la si
comprende ove si tenga presente che nel 1964 in società non c’era nessuno,
veramente nessuno, che gareggiasse. Fu ben più rilevante il numero delle barche
da passeggio acquistate (sette).
Di barche nuove si riparlò nel 1966 per acquistare qualche imbarcazione
scrivendo ai Cantieri Carlesi240, e contò il fatto che Derossi intendeva pagarne il
conto; ma nella successiva seduta di Consiglio, quattro mesi dopo241, pare che
nulla sia successo perché si discute anche dell’opportunità di acquistare qualche
imbarcazione per la vetustà in cui versano alcune di quelle esistenti. Forse il
riferimento è alle due jolette che si ritenevano necessarie in una recente
assemblea, preventivando una spesa di 3-400.000 lire242. Fatto sta che in
Consiglio non si parlò più né di Carlesi né di barche nuove. Ciò non significa che
le barche non siano arrivate; il fatto che fossero a carico del Presidente
renderebbe superflua ogni ulteriore decisione e verbalizzazione. E c’è un fatto
storico indiscutibile: contemporaneamente all’offerta di pagare le imbarcazioni,
Derossi aveva comunicato di voler anche procurare un pontone nuovo, e quello
arrivò; Giovanni Bobba ne ha trovato la ricevuta; probabile quindi che il
Presidente abbia comprato barche, ma non sappiamo quali.
Anche il fatto che nel 1967 Bobba, direttore del materiale, abbia in
Assemblea illustrato la situazione (del materiale) concludendo che per la quantità
di imbarcazioni e lo stato d’uso è sufficiente l’attuale dotazione243 sembra
confermare l’avvenuto ingresso in Società delle barche deciso nel 1964.
Forse furono un omaggio di Derossi le barche di cui si parlò tre anni dopo, il
30 ottobre 1969. La ditta FIART costruttrice degli skiff in plastica (Napoli) si è
degnata, dopo parecchi solleciti e segnalazione del Presidente della FIC di Roma,
a farci inoltro contrassegno dei due carrelli dispersi in naufragio. La spesa
(proibitiva) ammonta a L. 33.650.
Si trattava di imbarcazioni in plastica, probabilmente non molto sofisticate
visto che, all’epoca, quel materiale muoveva i suoi primi passi, almeno nelle
barche da regata.
Arriviamo così agli anni ‘70, forse il momento più critico per la Cerea,
minacciata anche di sfratto; di acquisti non si parla, eppure fu ripristinata una
tariffa di parcheggio per le imbarcazioni private. Avevamo visto che nel 1945 i
proprietari di barche pagavano parecchio, ma non sappiamo nulla delle
successive vicende di quella tariffa, evidentemente non più riscossa da un certo
momento in poi. Sappiamo che le barche sociali non erano moltissime, come le
barche da passeggio, ridotte dal passar dei lustri e poche, visto che pochi erano i
soci. E allora perché stabilire un affitto di 500 lire mensili per barche o altri attrezzi
sportivi244? Forse per bisogno di soldi, ma anche per segnare il passaggio ad una
240
Cons. 19/9/1966
241
Cons. 5/1/1967
242
Ass. 27/3/1966
243
Ass. 12/3/1967.
244
Cons. 10/2/1972
96
La Cerea 1945-1997
nuova fase dopo l’abbandono della presidenza da parte di Derossi, che nel suo
lungo regno aveva del tutto trascurato i criteri di economicità e di corrispondenza
tra quanto si aveva e quanto si pagava.
C’è un documento della Federazione di Canottaggio ad indicare lo stato di
crisi della Cerea245: è l’elenco dei sussidi erogati dalla Federazione per l’acquisto
di imbarcazioni, battelli, motori e carrelli. La Cerea non figura nell’elenco, segno
che nel quadriennio di riferimento non comprò nulla. Tralasciando le numerose
canoe, vediamo invece quali acquisti delle consorelle torinesi furono
sovvenzionati: Armida, 1 skiff ed un due senza; Caprera, 2 skiff, 1 due con e sei
remi; Esperia, 1 quattro con; Fiat, 1 doppio canoe, 1 doppio, 1 otto, 1 quattro
senza, 1 due con, 1 carrello. Furono 142 le società italiane, remiere e di canoa,
che in quel quadriennio effettuarono acquisti ed ottennero sovvenzioni; ne
restarono escluse quindi poche società, quelle inattive, e la Cerea era tra queste.
Dal libro dei conti del 1972246 rileviamo che in quell’anno la tassa di
parcheggio nella rimessa fu di 6.000 lire e gravò su sei soci, Colombo, Ventavoli,
Chiabotti, P.Gariel, Bobba e Pantaleoni; ben poche erano quindi le imbarcazioni
private rispetto agli anni del dopoguerra.
Ancora il libro dei conti del 1973247 ci permette di aver notizia di un acquisto,
completamente ignorato dai verbali di consiglio: mediante quattro tratte fu pagata
a Donoratico una jole a 4 con remi, acquisto strano visto che quel tipo di
imbarcazione era già presente, ma occorre ricordare che allora le poche gare si
disputavano principalmente in jole. La spesa per la barca e per i remi fu di
1.685.000 lire, pari a 24 quote dell’epoca.
In quegli anni Renzo Ventavoli assunse incarichi di Consiglio e la Direzione
Sportiva, dando notevole impulso allo sviluppo agonistico, per anni trascurato; ma
di barche nuove e competitive non si parlò nei verbali ancora per un po’.
Anzi, i soli accenni che si trovano sono quelli alle barche da passeggio, con
l’incarico a Bobba e Gariel per l’eventuale acquisto di barca in plastica248.
Finalmente il 10 maggio 1976 il Consiglio decise l’acquisto del quattro senza
Salani, trasformabile a coppia, ancora oggi in uso, e di un motore Evinrude 25 cv.
Il Salani costò 3.296.000 lire, il motore 750.000.
Il rinnovato interesse per la pratica del canottaggio che, in quel periodo,
spingeva i soci a risalire in barca, poneva problemi perché c’era grande carenza
di imbarcazioni; mancavano le barche competitive per la squadra agonistica,
formata da parecchi elementi di elevato valore, ma mancavano anche le barche
per i soci. Vediamo così la Cerea alla ricerca di barche, anche rilevando quelle dei
soci, come capitò con gli skiff di Arcangeli e di Bobba che passarono in proprietà
alla Società249, non sappiamo se a titolo gratuito od oneroso.
Erano anni in cui, vista la povertà della società, furono i soci ad acquistare
privatamente le imbarcazioni; non stupisce il fatto che la maggiore collezione
appartenesse a Beppe Oddone che, per sua dichiarazione, era proprietario di due
245
Conservato nella cartella Doc C.9
246
Doc. A.32, pag 29
247
Doc. A.35, pag. 63
248
Cons. 26/1/1976
249
Cons. 19/1/1977
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La Cerea 1945-1997
singoli, doppio, due senza, quattro senza, quattro di coppia e quattro con. Gli
mancava solo l’otto.
Forse furono il frutto di acquisti privati, o frutto di collette destinate ad
incrementare il parco barche, ma ben quattro barche nuove arrivarono nel 1977.
Nulla risulta dai verbali ad avvalorare l’ipotesi di acquisti diretti di soci, eppure tra
le carte sociali250 c’è una fattura di Donoratico (ancora Gaddo della Gherardesca)
del 15 settembre 1977, con allegate le tratte, relativa all’acquisto di un otto, un
quattro senza, un un due senza, un quattro con e 18 remi di punta, al costo
complessivo di 10.500.000.
Lo sforzo di quei soci poneva di certo problemi alla ricettività del cantiere,
perché chiaramente collegato alle nuove barche appare l’aumento del parcheggio
approvato dal Consiglio Direttivo che, non a caso, per la prima volta contemplava
anche l’otto tra le barche private. Le tariffe 1978 sono: singolo 30.000, doppio
50.000, quattro 80.000, otto 120.000, barche da diporto 50.000251. Non si tratta
davvero di tariffe elevate, ma probabilmente si voleva riaffermare il principio in
base al quale tutte le imbarcazioni, anche quelle di uso collettivo, dovevano
pagare il rimessaggio. Il solo che sembra aver schivato il rimessaggio è Bouquié,
con un’operazione poco intelligibile ma che dovrebbe aver portato uno skiff alla
Cerea: Bouquié cambierà il suo skiff con altro meno nuovo, dando così una
imbarcazione migliore alla Società. In cambio non pagherà la quota per il deposito
della barca (che figurerà in compenso di materiale per la manutenzione di sua
competenza).
Sempre nella stessa occasione il responsabile del cantiere Pippo Bouquié
indicò la ripartizione delle imbarcazioni tra soci ed atleti, interessante perché
mostra la pochezza del parco barche esistente: il canoe scoperto ed un sigaro per
i soci, il canoe coperto ed un altro sigaro per i secondi (gli atleti). La povertà
dell’elenco stupisce, anche se sicuramente le barche erano più numerose di
quanto appena letto.
Il 18 maggio 1978 il Consiglio si ritrovò, come più volte in passato, a
decidere l’eliminazione delle barche inservibili, la vendita di quelle non utilizzate,
la riparazione urgente di quelle che potevano essere usate; gli interventi
manutentivi più urgenti erano, nell’ordine, jole fuoriscalmo, canoe e sigaro.
Qualche barca fu davvero venduta, perché nella seduta di Consiglio del 30/1/1979
Pantaleoni avvisa che la Trinacria manderà quanto prima l’assegno di L. 500.000
a completamento dell’acquisto di nostre barche e verranno a ritirarle nel giro di 15
giorni.
Nuove difficoltà per la manutenzione derivarono da una vicenda legata al
danneggiamento di uno skiff societario da parte di Bouquié, di cui si parla in altra
parte; egli fu infatti esonerato dall’incarico della manutenzione252, che il Consiglio
affidò a certo Gorleri.
Per supplire alla carenza di barche venne previsto un qualche acquisto per il
1979, anche se non sappiamo di che si trattasse; ma già il 17 gennaio 1979 il
Consiglio decideva che tutte le risorse e le entrate, ivi comprese quelle che
250
Cartella Doc. C.9
251
Cons. 11/2/1978
252
Cons. 21/8/1978
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La Cerea 1945-1997
avrebbero dovuto essere destinate all’acquisto di imbarcazioni sarebbero state
destinate alla manutenzione straordinaria dello chalet.
Eppure questa decisione, formalmente mai sostituita da un’altra diversa, ci
offre un chiaro esempio di come i verbali siano inaffidabili, o meglio di quante
decisioni anche importanti sfuggano alla verbalizzazione. Contrariamente a
quanto risulta dal verbale in quell’anno fu acquistato per 2.200.000 lire l’otto
Spring di Donoratico (ceduto nel 1996 agli Amici del Remo) e la jole a 8
dall’Armida per 1.000.000; quest’ultima imbarcazione richiese restauri che
comportarono una spesa ben superiore a quella occorsa per l’acquisto. Troviamo
traccia di questi due acquisti nel bilancio del 1979, conservato in segreteria, dal
quale risulta che i mezzi finanziari giunsero da oblazioni dei soci destinate proprio
a quegli acquisti; Soave ricorda che 10 soci si quotarono per 100.000 lire a testa e
che i restauri costati 1.500.000 furono pagati da lui e Ventavoli. A complicare
ulteriormente la ricostruzione della vicenda contribuisce un preventivo di
Donoratico del gennaio 1979 che indica in 4.600.000 il costo dell’8 Spring253. Non
solo i verbali non fanno cenno alla vicenda, ma ci forniscono la fuorviante
informazione che le somme raccolte sarebbero state destinate alla manutenzione
dello chalet; è probabile che i soci abbiano costretto il Direttivo a rimangiarsi la
decisione, ma tutta la vicenda è emblematica della limitata attendibilità dei verbali.
Se le collette private funzionavano egregiamente stupisce invece il ritardo
con cui venne eseguita la riparazione dello skiff danneggiato da Bouquié,
all’incirca nella primavera del 1978; nell’assemblea dell’anno successivo254
intervenne Beppe Oddone a chiedere notizie dello skiff, ancora presso la sede del
Sisport Fiat. Fu anche enunciata qualche difficoltà nel rientrare in possesso della
barca, tanto da richiedere un contatto con la direzione del Fiat; non si sa quando
la Cerea abbia riottenuto il singolo.
Da un verbale di Consiglio del 9 gennaio 1980 abbiamo una situazione
aggiornata delle barche da regata, quelle affidate al Direttore Sportivo Pantaleoni:
singolo Salani nuovo; singolo Salani; singolo Donoratico; doppio in fibra; doppio
Salani Ventavoli; doppio Donoratico Ventavoli; due senza; quattro di punta; otto
nuovo. Noterete, non c’è un solo quattro di coppia, c’è un solo due senza, quello
in legno ancora usato dai rari veterani che vi si avventurano. Eppure, con quelle
poche barche furono vinti titoli italiani, anche nel quattro di coppia, senza neppure
possedere quel tipo di barca!
Altra considerazione: non abbiamo sin qui mai avuto notizia dei tre singoli e
del doppio in fibra; due singoli potrebbero essere quelli già di Bobba e Arcangeli,
ma le altre barche arrivarono senza lasciare traccia nei verbali.
Quell’elenco ci permette comunque di avere una perfetta fotografia delle
barche competitive nel 1980, e di rilevare che alcune svolgono ancora
ottimamente il loro servizio, dal singolo Salani al quattro senza al due senza.
Sappiamo anche che Beppe Oddone possedeva in quel momento ben tre
barche di proprietà, perché gli venne praticata una tariffa di sole 75.000 lire per il
rimessaggio di tutte e tre, a fronte della sua disponibilità a prestarle agli atleti in
certe occasioni255. E le barche servivano davvero in anni in cui, spesso, la sola
253
Lettera 26/1/1979 in cartella Doc. C.9
254
Ass. 24/4/1979
255
Cons. 9/1/1980 e 6/2/1980
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La Cerea 1945-1997
spesa per il cantiere consisteva nella riparazione delle barche rotte. Anche il
1981 ci offre una dimostrazione della scarsa corrispondenza tra realtà e quanto
risulta dai verbali. Apparentemente infatti il Consiglio decise in quell’anno di
limitare gli esborsi alla riparazione della jole a 8 e di alcuni skiff danneggiati.
Eppure tra le vecchie fatture256 ve ne sono due emesse da Salani il 7 aprile 1981
relative ad uno skiff (1.857.000) e ad un mini skiff in plastica (575.000), acquisti
che non appaiono discussi dal direttivo, o meglio non ne risulta alcuna
verbalizzazione.
Solo nel 1982 qualche movimento smosse la polvere della rimessa. Si
decise intanto di vendere al miglior offerente il singolo Salani vecchio257, e
Pantaleoni fece presente la necessità di rinnovare le barche, chiedendo un
singolo, un doppio, dieci voghe di coppia e 4/8 scalmi per il doppio. Si dovette
accontentare delle 10 voghe, mentre il resto fu rinviato alla primavera
successiva258; ma già il 7 ottobre 1982 Pantaleoni tornò alla carica con la richiesta
di due skiff; il Consiglio prese una decisione diversa che, per come illumina la
situazione delle barche ma anche quella finanziaria, val la pena di riportare
integralmente: Onde ovviare alla cronica mancanza di imbarcazioni per l’attività
agonistica il C. D. delibera di proporre al socio Arcangeli Romano per recupero
quota associativa 1982 + una tantum, + anticipo quote associative 1983 e 1984,
di cooptare il suo skiff con voghe per l’allenamento atleti. Allo scopo di cui sopra il
C. D. si propone di contattare il socio Lia Giovanni per chiedergli se è disposto a
mettere a disposizione degli atleti il suo skiff. Si stabilisce di contattare il socio sig.
Oddone per le modalità di recupero del sigaro dato in prestito alla Soc. Donoratico
e mai reso. Si delibera l’acquisto di due scalmiere per il due di coppia del sig.
Pantaleoni messo a disposizione degli atleti, mentre viene rinviato l’acquisto di un
nuovo doppio al prossimo esercizio. Si delibera l’acquisto di 12 guide carrelli e
materiale vario per la manutenzione corrente. Vista la situazione delle barche da
riparare si stabilisce di contattare il sig. Geppetto (Remedi) per iniziare a riparare
la jole gig, rotta a Venezia nel maggio 1982, chiedendo ai soci responsabili un
anticipo di lire 400.000 cadauno. Onde evitare il continuo caos nel cantiere il C. D.
stabilisce di contrassegnare barche e voghe con tre colori distinti nelle seguenti
categorie: colore rosso ad uso solo degli atleti; colore giallo materiale dei privati;
colore verde, materiale usabile da tutti i soci.
La società era in grado di acquistare solo materiale di manutenzione,
ricorreva ai soci ed alle loro barche private secondo una consuetudine ormai
consolidata.
Solo nel 1984 fu comprata una barca, usata; il doppio completo di voghe di
Giovanni Bobba passò alla Società per 1.500.000 lire, e 300.000 lire furono
stanziate per far eseguire a Remedi riparazioni urgenti su varie barche da
competizione259. Ma grazie al frutto della vendita di due singoli in plastica e del
motore vecchio furono anche comprati un motore nuovo ed un Filippino di plastica
256
Nella cartella C9
257
Cons. 1/7/1982
258
Cons. 9/9/1982
259
Cons. 2/2/1984
100
La Cerea 1945-1997
con voghe260, forse quel terribile ed instabile barchino propedeutico giallo che,
appunto, venne battezzato il Terribile dai più giovani.
Sia chiaro, nonostante la penuria di barche lo spazio nel cantiere era sempre
poco, e per questo il Direttivo decise il 4 ottobre 1984 di creare all’esterno dei
posti barca con i tubi Innocenti. Il fatto è che il cantiere era pieno di barche da
passeggio spesso malandate, di barche da competizione inutilizzate per la loro
vecchiaia, sicché temi ricorrenti nei verbali sono quelli di identificare le barche
funzionanti, di effettuare permute di barche vecchie con qualche imbarcazione più
efficiente, di riordinare in sostanza un cantiere pieno di cose inutili.
Altro tema ricorrente è quello della manutenzione delle imbarcazioni,
tradizionalmente carente. Ma il lamento ricorrente diventò nel 1984 una chiara
accusa nella riunione in cui si indicarono le riparazioni occorrenti e si osservò
l’assenza di apparenti risultati dalle 30-32 ore mensili addebitate da Bouquié per
le riparazioni261: il materiale da riparare urgentemente è il seguente: remi di
coppia - circa 48; carrelli - circa 12; teli di varie imbarcazioni; paraonde; scalmi di
un singolo. Un quadretto poco allegro per una società che non aveva barche
nuove dal 1976, ed aveva quindi un parco imbarcazioni scarso e vecchissimo.
Il 1985 portò invece delle novità, anche se foriere di liti e problemi finanziari.
C’era la volontà di investire dei soldi in nuove imbarcazioni, tanto che il
Consiglio stabilì di chiedere subito ai soci una quota straordinaria di 150.000 lire
finalizzata all’acquisto delle barche del pacchetto Donoratico262 ; ma il progetto
era troppo ambizioso per lo stato delle casse sociali e già nella riunione del 7
febbraio 1984 il Consiglio pensò di proporre al cantiere Donoratico o di non
comprare qualche barca del pacchetto o di posticipare l’invio al 1986 di qualcuna
delle suddette. I verbali non ci descrivono quel pacchetto, ma si comprende bene
che dovevano farne parte più barche, comprendendo anche qualche restituzione
di vecchie barche.
Arrivarono però più scafi del previsto, o meglio il conto fu più alto del
preventivo di 2.762.000, e Pantaleoni giustificò la cosa con l’arrivo di un doppio al
posto di un singolo263. L’investimento era davvero grande, almeno per i bilanci di
quel tempo, visto che in quell’anno le entrate furono di 66,6 milioni: la spesa per
l’acquisto del Pacchetto Donoratico fu di 18 milioni oltre IVA per un doppio, un
due senza, un singolo ed i due canoini arancione264; anche deducendo il valore di
barche vecchie ritirate dai cantieri si trattò di un conto da 16.300.000 lire, cui si
aggiunsero ben 7.600.000 per le riparazioni alle imbarcazioni. Pur precisando che
quest’ultimo importo comprendeva lo stipendio di mezzo milione versato
mensilmente a Bouquié , si trattava di somme elevatissime in rapporto alle
possibilità di quel periodo. Per di più dal bilancio risultano analiticamente acquisti
superiori a quanto risultante dai verbali appena esaminati: arrivarono da
Donoratico un due senza ed un doppio (12 M), i due canoini arancione ancora
esistenti (3 M), da Filippi un quattro di coppia ed un doppio d’occasione (6 M).
260
Cons. 19/7/1984
261
Cons. 11/12/1984
262
Cons. 17/1/1985
263
Cons. 14/5/1985
264
Cons. 23/1/1986
101
La Cerea 1945-1997
Quelle barche purtroppo erano in parte difettose (erano storte) e ciò alimentò
ulteriormente le polemiche. Il conto venne in buona parte pagato nell’anno
successivo, unitamente a quanto dovuto per un lotto di voghe destinate alla
sezione agonistica; voghe che furono causa di un’altra discussione, tanto che
leggiamo che malgrado il tentativo di risalire all’origine di tale decisione non si è
potuto affermare con attendibilità quale sia o siano le persone che si siano
arrogate tale decisione senza delibera consiliare265 .
Certamente i numerosi acquisti svecchiarono il cantiere ma assorbirono
circa un terzo del magro bilancio, aggravando ulteriormente la crisi finanziaria
della società.
Seguirono due anni di totale blocco degli acquisti, mentre qualcosa si mosse
nel 1988, con l’arrivo dei primi due miniskiffs, dei primi due remoergometri , della
pressa, di pesi e della maggior parte delle attrezzature che si utilizzavano in
palestra fino al 1996.
Nel 1989 Romano Uberti formò l’equipaggio Pesi Leggeri che voleva vincere
il titolo italiano nell’otto, di cui si parlerà più ampiamente in seguito. Occorreva
però un otto nuovo, che costava 25 milioni. L'impegno era notevole, ma nessuno
ebbe il coraggio di rinunciare ed inizialmente si puntò su un Empacher; la barca
fu ordinata, ma c'era troppa confusione in quella fase; il risultato fu che quando si
accertò il costo elevatissimo della barca tedesca ci si rese conto di non poter
affrontare la relativa spesa; abbandonato ogni pudore la Cerea scrisse al celebre
costruttore che, per complicate vicende, non avrebbe potuto pagare la barca;
Empacher protestò vibratamente perché ci aveva costruito una imbarcazione su
misura ed insistette per consegnarla: infine si arrese. Si ripiegò su un Filippi
completo di voghe americane, aiutati finanziariamente da Ventavoli e confortati,
sotto l'aspetto finanziario, dalla conclusione di un contratto di sponsorizzazione, il
primo contratto del genere stipulato dalla Cerea.
Il buon andamento delle finanze sociali permise di comprare, nello stesso
1989, un doppio di Donoratico e 3 miniskiff indispensabili ai tanti ragazzini allenati
da Bouquié, ma soprattutto fu importante l’arrivo di due barche moderne, le prime
in carbonio insieme al recente otto: un quattro di coppia Filippi battezzato con il
nome dello scomparso Presidente Sanzio Dainotti, acquistato grazie alla
donazione di 10 milioni da parte della nipote, ed un quattro senza, sempre di
Filippi.
Il progressivo ed importante aumento dei soci inaugurò un periodo di
prosperità economica sconosciuto ai 40 anni di Cerea sin qui ripercorsi: dal 1989
gli acquisti si susseguirono sempre più numerosi, rivolti a barche di alta qualità,
fino a rinnovare completamente ed a moltiplicare la dotazione di imbarcazioni
della Cerea. Se aveva un senso seguire analiticamente gli acquisti del passato,
quando si comprava mediamente un’imbarcazione ogni 5- 6 anni, ora non si può
che ricordare l’incremento netto del cantiere del periodo 1990 - 1997: 2 otto, 3
quattro di coppia, 3 quattro senza, 6 doppi, 5 due senza, 10 skiff, 5 miniskiff, 1 jole
gig, 2 canoe, 2 doppi canoe, 1 jole a due, 98 voghe. E si tenga conto che in
questo elenco non compaiono le barche acquistate e rivendute nel periodo, in
genere quelle di minor pregio.
265
Cons. 4/6/1986
102
La Cerea 1945-1997
Questo sforzo impressionante, specie se raffrontato a quanto fatto nei
decenni precedenti, dipese principalmente dalle possibilità offerte dai bilanci
sociali; ma importanza non secondaria ebbero anche le collette organizzate a più
riprese da Giuseppe Oddone -Spazzola- che spinse i soci ad aderire ad onerose
sottoscrizioni destinate all’acquisto di specifiche imbarcazioni.
Beppe Oddone assunse anche la responsabilità del cantiere dal 1994. Egli
non solo fu di stimolo all’acquisto di imbarcazioni, ma si assunse il pesante
compito di ristrutturare la rimessa al fine di ottenere un maggior numero di posti
ed una qualità superiore di ricovero. I vecchi tubi su cui poggiavano le barche
lasciarono il posto a tubi avvitati e muniti di selle, una completa ed efficace
segnaletica indicò gli accoppiamenti tra barca e remi.
E’ giusto ricordare anche gli acquisti comunque legati al canottaggio, come
fu per il nuovo carrello costato 6.100.000 lire nel 1991266 e per l’acquisto di
Celestina, un’Argenta pagata 500.000 lire nel 1991267 su cui si spesero 700.000
per il gancio da traino; quella vecchia auto permise però di fare a meno dell’auto
di Bouquié, che si prestava a trainare il carrello con la sua Beta coupé Volumex,
unica auto sportiva nel pur variegato mondo dei traini. Celestina fu sostituita nel
1993 dal Ducato regalato da Paolo De Leonibus, che per la prima volta permise ai
nostri atleti di presentarsi sui campi di regata al pari degli atleti delle altre società,
senza dover ricorrere a colonne di auto private o a minibus affittati. Non furono
davvero pochi i motori comprati in quei nove anni, anche perché almeno due
vennero persi nel fiume; anche il motoscafo fu acquistato nel 1994 per sostituire
un vetusto scafo in alluminio odiato da tutti i vogatori del Po per le alte onde che
sollevava. E per finire, complessivi sei remoergometri e le nuove attrezzature di
palestra, a concludere un decennio del tutto diverso da quelli precedenti.
Il periodo 1985-1997 coincise invece con la fine delle gloriose barche da
passeggio, così importanti per la Cerea del 1950. Le barche in legno richiedevano
costante ed abile manutenzione; a parte il costo era problematico trovare persone
davvero capaci, o forse si trattava di imbarcazioni troppo vecchie, certo è che le
gloriose Gianolio e Derossi, dai nomi dei loro proprietari, come l’Alice e la Lariana
a quattro banchi fissi, andarono incontro ad un rapido degrado. Non giovò loro il
desiderio dei soci veterani, anche se alle prime armi, di usare le jole o le barche
olimpiche trascurando le barche da passeggio; barche poco amate da chi curava
la loro manutenzione e che nello scarso uso che se ne faceva trovava la
giustificazione per le deplorevoli condizioni in cui esse si trovavano. L’arrivo delle
nuove numerose barche in carbonio condusse a morte definitiva le antiche
imbarcazioni, perché sfrattate dalla rimessa esse vennero poste sul campo da
bocce, e lì il loro legno cedette, irrimediabilmente. Fu una ingiusta mancanza di
rispetto.
Una triste fine, a suggellare anche la fine di una secolare tradizione. E non
fu certo la barchetta in plastica comprata nel 1996 a sostituire decentemente le
antiche punte e alici.
266
Cons. 11/4/1991
267
Cons. 25/4/1991
103
La Cerea 1945-1997
104
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO VI
IL CANOTTAGGIO
Il canottaggio agonistico di 50 anni fa aveva caratteristiche completamente
diverse da quelle attuali.
Erano diverse le barche, e non solo per i miglioramenti portati dal progresso
tecnologico; anche le barche maggiormente utilizzate non erano quelle che ora
vengono impiegate più di frequente.
Consultando il Libro d’Oro della Cerea notiamo che, dal 1946 al 1958, gli
equipaggi gareggiavano abitualmente con l’otto, abbastanza comunemente con il
4 con e con la jole a 4, raramente con il 2 senza. Il quattro di coppia non esisteva
ancora, diventò barca olimpica negli anni ‘70. Le barche di coppia erano del tutto
neglette, come il 4 senza. Abbiamo visto d’altronde come la Società fosse priva di
skiff e come solo nel 1949 fu acquistato quello dell’ing. Michela allo scopo di
allenare e far concorrere qualche nostro vogatore che si applicasse a quella
specialità. Si potrebbe obiettare che questo amore per le barche lunghe e di
punta fosse una caratteristica della Cerea, ma non era così; la regina delle
barche era, per tutti, l’otto. Il quattro con veniva usato da mezzo equipaggio
dell’otto, la metà più forte, che alla Cerea erano i vogatori ai primi quattro carrelli
dell’otto. La jole era usata dagli esordienti, dai giovani che si preparavano all’otto.
Erano diversi i campi di regata perché invece di utilizzare i bacini piccoli,
come ora accade, si preferivano i grandi laghi, da Pallanza a Lecco, da Salò a
Como. Ma anche i campi di gara irregolari come lo è il Po erano frequentati da
gare di un certo peso, anche se vi potevano prendere il via tre soli equipaggi.
Erano diversi gli allenamenti, molto più leggeri degli attuali e limitati ai mesi
meno freddi; fu una novità per la Cerea la decisione del 1952 di assumere per
due mesi un maestro di educazione fisica per la preparazione atletica invernale
dei soci vogatori268, perché di solito l’inverno era periodo di assoluto riposo. Paolo
Gariel riferisce che, nella buona stagione, una seduta di allenamento consisteva
nel riscaldamento fino al ponte Balbis, nell’esecuzione di un percorso di 2.000 m.
fino all’Esperia e nel successivo rientro alla Cerea.
Erano diversi gli atleti, decisamente più anziani di quelli attuali, veri
gentleman dello sport che, tra l’altro, pagavano la loro quota annuale, anche se
ridotta rispetto a quella ordinaria.
Erano diverse le categorie, che non si fondavano sull’età, forse perché non
esisteva il vogatore che avesse meno di 18 anni, ma sui risultati ottenuti; c’erano
le categorie Esordienti, i novellini, Juniores e Seniores, divisi dal merito.
268
Cons. 5/1/1952
105
La Cerea 1945-1997
Erano diverse le gare, perché le prove erano poche, in genere correva l’otto,
il quattro con, la jole a 4, il due senza ed il singolo, ed insieme alle gare di
canottaggio si svolgevano quelle di canoa.
Ci si potrebbe prima di tutto chiedere perché alla Cerea si faccia del
canottaggio agonistico, e come sia vissuta dai soci effettivi questa parte di
Società. Mi pare che dai verbali risultino alcune differenze interessanti tra i
sentimenti antichi e quelli attuali nei confronti della sezione agonistica della
Cerea; proverò a chiarirli.
L’aspetto agonistico fu molto importante nei primi decenni di vita della
Cerea, anche perché tutti i soci fondatori e del 1800 provenivano dalla pratica
sportiva, avevano loro stessi gareggiato. La partecipazione alle regate era un
momento importante della vita sociale, forse perché lo Statuto prevedeva che solo
l’Assemblea potesse decidere l’iscrizione di un equipaggio ad una competizione;
e solo a metà degli anni 30 la norma Statutaria fu modificata rimettendo al
Consiglio la decisione, cosicché nel dopoguerra era recente e ben vivo il ricordo
delle frequenti assemblee in cui molti soci intervenivano nel dibattito per suggerire
cambiamenti nell’equipaggio, l’iscrizione anche di altri atleti oltre a quelli proposti,
l’esclusione di barche giudicate poco competitive. La presenza dei vogatori era
quindi parte integrante della vita sociale ed ogni socio aveva modo di intervenire
nella formazione degli equipaggi, nel loro allenamento e di giudicare i singoli
vogatori. Non dico che l’agonismo fosse oggetto di attenzione come lo è il calcio
al Bar Sport, ma poco ci mancava.
Negli anni successivi alla modifica statutaria la discussione si restrinse in
sede di Consiglio, ma rimase la necessità di parlare a ragion veduta della forza
degli equipaggi, e quindi di seguirli. Per di più i soci veterani non uscivano in
barca, se non raramente, e mai gareggiavano, cosicché non vi era alcuna
concorrenza, per così dire, tra l’interesse riservato ai risultati degli atleti e quello
prestato ai risultati dei soci anziani. Questa situazione durò fino al 1950 per
lasciare poi posto ad una sempre più marcata indifferenza; dopo il 1950 in sede di
Consiglio saltuariamente si parla della necessità di acquistare barche, ma
nessuna altra questione relativa all’agonismo viene trattata; anche dai verbali
d’assemblea scompare il riferimento, obbligato nel primo dopoguerra, ai risultati
ottenuti ed alle prospettive future. Infine, ed è fatto molto significativo, dal 1958
cade la quasi centenaria tradizione di annotare nel Libro d’Oro i risultati sportivi
dell’anno, anche se modesti; sicuramente le condizioni finanziarie della Cerea, la
mancanza di un allenatore professionista, le mille difficoltà, portarono ad una crisi
di risultati, ma qualcuno c’era pure a gareggiare con le maglie bianco celesti negli
anni 60, eppure non ce n’è traccia nel Libro d’Oro. Non è questione di mediocri
risultati, perché nel 1950 non ci si vergognò di segnare il 2° e 3° posto ottenuto
nelle due sole gare torinesi disputate; è l’effetto di una caduta totale di interesse.
C’è anche da dire che dai primi anni 50 emerge talora una forma di fastidio nei
confronti dei vogatori, che vengono sentiti come estranei rispetto al corpo sociale,
ed in qualche modo tollerati.
Un importante risveglio di interesse della società nei confronti delle gare ci fu
nei primi anni 70, specialmente per l’azione di Renzo Ventavoli e di Pantaleoni
che ottennero un forte rilancio dell’impegno societario, con risultati concreti. Da
allora la Cerea mantiene un atteggiamento di impegno finanziario e di struttura
che garantisce la prosecuzione dell’attività agonistica, ma l’interesse reale dei
106
La Cerea 1945-1997
soci è modesto; sono ben pochi coloro che nutrono interesse per l’impegno
agonistico, ed in qualcuno, pochi per la verità, permane un malcelato fastidio nei
confronti dei giovani atleti.
Molto contò la modifica statutaria che tolse all’assemblea la competenza a
decidere la partecipazione alle regate; incise sicuramente il desiderio di Derossi di
trasformare la Cerea in ritrovo di persone altolocate, perché i giovani sono
chiassosi ed indisciplinati per natura, quindi fattori di disturbo. Le difficoltà
economiche fecero il resto, anche se furono solo una giustificazione, o al più una
concausa, per l’abbandono dell’attività agonistica; negli anni ‘70 i soldi erano
pochissimi, ma la volontà di ripresa riportò alle gare i colori Cerea, mentre oggi
l’agonismo vive una stagione serena non per l’interesse dei soci, limitato a poche
persone, ma perché la tranquillità economica non pone il problema di effettuare
tagli alle attività.
Appare però evidente come negli anni 50 si sia interrotto quel meccanismo
che garantiva il passaggio dalla categoria vogatori a quella di soci effettivi;
dell’equipaggio che nel 1947 vinse sull’otto la regata del 15 maggio sono ancora
soci, o lo furono per molti anni, Eusebione, Giovanni Bobba, Ambrosini,
Ambrogio, E. Gariel, Paolo Gariel, Nosenzo; sette su nove. E molti ebbero
incarichi di Consiglio ed operarono in seguito per la Società. Tra coloro che nel
dopoguerra dirigevano la Cerea erano numerosi gli ex atleti degli anni 20 e 30,
Balma, Balzari, Boccalatte, Bonetto, Caldi Scalcini, D’Alberto, Derossi, Gianolio,
Michela, Massaia, Mortigliengo e molti altri raffigurati nelle foto poste alle pareti
della sala biliardo.
Ora invece sono rarissimi i soci ordinari che provengono dalle file
dell’agonismo. E’ un fatto grave, su cui bisognerebbe riflettere, perché la perdita
di coloro che hanno gareggiato per la Cerea ci priva di una continuità che non può
giungere da altre vie.
Resta ora da seguire quanto è narrato dai documenti.
Intanto è opportuno ricordare che nel dopoguerra i soci vogatori pagavano la
quota, ridotta a un quarto di quella ordinaria; 300 lire annue nel 1945 contro le
1.200 dei soci ordinari. Tuttavia i vogatori non godevano di grandi diritti, non
potevano ad esempio usare le barche da passeggio se non a seguito di espressa
autorizzazione269, così come era impedito loro l’uso dei locali sociali.
La prima curiosità consiste nel conoscere la forza degli equipaggi Cerea
dell’epoca. Per il 1945 abbiamo una diretta testimonianza di Boccalatte, allenatore
e direttore sportivo, che il 23 dicembre 1945 rilevò la scarsa disponibilità di
elementi atti a ben figurare in campo nazionale, salvo per un buon 4 con senior
per vincere definitivamente il Trofeo del Match Torino - Lione (ora nella vetrina).
Negli anni successivi (1946 - 49) l’otto su cui erano Bobba, Gariel e Nosenzo
ebbe buoni risultati, anche se non di livello assoluto. Non è facile giudicare
compiutamente quegli equipaggi perché la Cerea, allora, raramente lasciava le
acque del Po; a parte le gare sul nostro fiume, poco significative, nel 1946 l’otto
biancoceleste corse a Romans giungendo secondo, ma è difficile valutare il
risultato di una gara internazionale non di campionato senza conoscere il lotto dei
partecipanti . Il risultato fu comunque gratificante per la Società che, se non inviò
l’equipaggio a correre i campionati italiani, almeno ne parlò diffusamente
269
Cons. 27/10/1946
107
La Cerea 1945-1997
nell’Assemblea ordinaria del 22 febbraio 1947: Il Presidente da quindi lettura
dell’elenco delle regate nazionali ed internazionali a cui i nostri equipaggi hanno
partecipato nel 1946 , dei premi vinti e del numero di regate compiute da ciascun
vogatore. Già questa elencazione ci mostra come le gare fossero inferiori per
numero a quelle attuali, perché oggi sarebbe impossibile leggere i risultati di 15
regate in cui ogni atleta corre spesso in due diverse specialità.
Non si può valutare la forza degli atleti dell’epoca se non si tiene conto di
quanto decise il Consiglio presieduto da Derossi. Apparentemente Derossi, atleta
in gioventù ed ancora campione italiano cat. Veterani nel 1942, aveva tutte le
caratteristiche del dirigente in grado di riportare lo sport della Cerea agli alti livelli
dei primi due decenni del secolo, e leggendo gli elogi che riservò agli atleti in sede
di assemblea la sua passione sembra sincera.
Ma le decisioni concrete furono tutte dirette, più o meno inconsapevolmente,
ad osteggiare la presenza di atleti e l’agonismo. Poiché non possiamo ritenere
che Derossi non immaginasse le conseguenze delle sue iniziative, dobbiamo
affermare che egli coscientemente mirò a smantellare l’attività agonistica.
Abbiamo visto nei capitoli precedenti come ingenti risorse economiche fossero
state destinate da Derossi nel 45 - 46 al riarredo della palazzina ed all’acquisto di
barche da passeggio; così non fu per l’agonismo, anzi l’idea enunciata da Derossi
era quella di eliminare per il 1946 le spese di partecipazione a gare e simili270 .
Allenatore dei vogatori era l’ing. Alfredo Boccalatte, socio dal 1911, grande
atleta, Presidente per 12 anni e poi allenatore, a tempo perso naturalmente, ma
tecnico stimato anche fuori dalla cerchia cittadina271.
Nel I capitolo abbiamo già accennato alle importanti cariche raggiunte da
Boccalatte in seno alla Federazione: Segretario federale dal 1949 al 1957, lasciò
quell’incarico perché fu eletto Presidente della stessa Federazione, carica che
mantenne fino al 1961, reggendo così la Federazione durante l’importantissimo
periodo dei Giochi Olimpici di Roma. La Cerea disponeva quindi di un dirigente
sportivo di altissimo livello, eppure tra il 1949 ed il 1961 non si trova un solo
accenno alla carriera di Boccalatte nei verbali d’assemblea o in quelli di consiglio,
circostanza davvero strana poiché le assemblee erano momenti piuttosto formali
in cui si ricordavano i soci scomparsi, si indicavano analiticamente i successi
sportivi, si ringraziavano i soci per le donazioni (in genere Derossi), insomma una
simile nomina avrebbe dovuto lasciare traccia. Invece la notizia è stata reperita in
un volume in commercio272Nel suo incarico di allenatore alla Cerea un aiuto a
Boccalatte giungeva dal dr. D’Alberto, cui venne affidato l’incarico di raccogliere
gli elementi vogatori atti ad un proficuo lavoro di allenamento per la stagione
sportiva 1946273. Contemporaneamente il Consiglio espresse un rigido concetto
della possibile appartenenza alla cat. Vogatori: Verranno esaminate le situazioni,
attitudini ed attività dei vogatori in forza e verranno invitati gli elementi non idonei
al passaggio eventuale a Soci effettivi.
270
Cons. 16/12/1945
271
Si legga la relazione di Ponte in ordine all’assemblea federale del 1961, cui partecipò Boccalatte, che appare come
persona nota e stimata nell’ambiente; in Doc. B.15.1
272
Scie da Leggenda, Storia della canoa e del canottaggio italiani, GS Editrice.
273
Cons . 20/1/1946
108
La Cerea 1945-1997
Già nell’aprile del 1946 c’era stato un buon incremento di vogatori, davvero
notevole visto che nella riunione di Consiglio del 7 aprile 1946 si afferma essere
possibile una selezione degli elementi idonei per un equipaggio dell’otto e di
almeno 3 jole; e tanti erano i nuovi vogatori che, in quella seduta, fu deciso di
adibire a loro spogliatoio la stanza del ping pong e di installare una seconda
doccia; un 8 e almeno tre jole fanno più di 20 persone, costrette a lavarsi in una
sola doccia. Ma sono una manna per una squadra agonistica che, nell’anno
precedente, poteva contare solo sui vogatori del quattro con.
Però non sembra che a queste giovani leve fosse riservato un gran
trattamento, o che la Cerea mirasse ad un alto numero di atleti; forse per la
disperata ricerca di soldi onde coprire i debiti contratti per i lavori, nell’albo sociale
comparve questo avviso: A partire dal 1° maggio tutti i soci vogatori, che abbiano
già dato prova della loro efficienza in regate interregionali o nazionali a favore
della Cerea, e che desiderino far domanda di passaggio a soci effettivi, saranno
esenti dal pagamento della quota di buon ingresso. Essi dovranno fare regolare
domanda al Consiglio Direttivo -controfirmata dal Direttore Tecnico. Tutte le altre
domande, qualora siano accettate, sono tassativamente soggette al pagamento
della quota di buon ingresso, pari almeno alla quota ordinaria dell’anno in corso
per detta categoria274.
Tenuto conto che la quota di buon ingresso era una novità di allora sembra
si volesse annientare il canottaggio agonistico, perché simili misure spingono il
vogatore bravo a passare tra gli ordinari, cessando così il suo obbligo di
allenamento; l’atleta meno dotato sa che, sempre che non sia escluso dai soci
vogatori, dovrà tra breve diventare effettivo e pagare l’intera quota di buon
ingresso. E quindi cambia società o lascia il canottaggio.
Non è allora casuale che ai discreti risultati del 1946 seguano anni di
crescente mediocrità: cinque gare, di cui 4 a Torino, e nessuna vittoria nel ‘47;
cinque equipaggi in gare torinesi ed una vittoria nel ‘48; miglioramento nel ‘49 con
più equipaggi ed il 5° posto ai Campionati nel 4 con; nel ‘50 tre equipaggi in gara
a Torino e nessuna vittoria; nessuna vittoria nel ‘51, con due gare fuori città; nel
1952 risulta solo un otto in gara eliminatoria per un match; una vittoria a Torino,
su cinque gare, del 4 con per il 1953; nel ‘54, con il debutto di Gaia, Soave e
Ventavoli, quattro vittorie nell’otto; una sola vittoria con l’otto nel ‘55 e nessuna
gara nel 1958.
Bisogna dire che molti atleti meritevoli avevano approfittato della possibilità
offerta nel 1946, evitando così il pagamento del buon ingresso e divenendo soci
effettivi, pur continuando a gareggiare; Bobba, Gariel e Nosenzo erano tra quelli,
e ritroviamo i loro nomi in occasione dell’Assemblea del 22 febbraio 1948, perché
il Presidente porse un elogio ed un ringraziamento ai seguenti vogatori: Rogliatti,
Ambrogio, Ambrosini, Bobba Giovanni, Eusebione, Parachini, Gariel Paolo,
Maccari e dr. D’Alberto.
Anche la decisione di far correre gli equipaggi solo a Torino è difficile da
spiegare solo con le ristrettezze economiche: Derossi pagava per tutto e per tutti,
specialmente quando si trattava di compiere un’opera cui teneva, come fu per gli
abbellimenti all’arredo; non era certo tenuto a finanziare l’agonismo, ma il
mancato finanziamento di questa sola parte della società è segno inequivocabile
274
Cons. 27/4/1947
109
La Cerea 1945-1997
di suo disinteresse. Il libro del Centenario voluto da Derossi ci descrive, col suo
pomposo linguaggio, l’otto di Bobba e Gariel come composto di uomini fortissimi,
imbattibili, eppure Derossi non fece partecipare la barca ai Campionati.
Boccalatte lasciò l’incarico di allenatore nel 1948, ufficialmente per altri suoi
impegni, ma forse ci fu anche un po’ di rabbia per le polemiche seguite ad alcune
sue decisioni relative ad una trasferta a Salò.
Boccalatte aveva deciso di iscrivere l’otto di Bobba, Gariel e Nosenzo, tra gli
altri, alle gare di Salò il 29 giugno, e la decisione aveva aperto discussioni in
Consiglio perché la spesa andava ad assorbire tutte le somme stanziate per
l’anno agonistico; tra l’altro ben si comprende quanto modeste fossero le risorse
destinate alle gare. La questione era stata risolta da Derossi alla sua maniera,
compresa quella punta di prepotenza che ben emerge dal verbale275: Il comm.
Casalis fa notare che la spesa per l’intervento alle regate di Aix - Les Bains,
sommata a quella per Salò ed eventualmente a quella di Pallanza , non può
essere sopportata coi mezzi preventivati. Il Presidente propone che a tali spese di
eccezione si vada incontro con una sottoscrizione volontaria tra i soci. Da vari
consiglieri (comm.Cane, dr.Ponte, dr.Magni) viene accolta tale proposta poco
favorevolmente; il Presidente tuttavia, apre tale sottoscrizione, dicendosi disposto
a versare per primo lire 20.000. La seduta è tolta alle ore 24.
Le proposte del Presidente non si discutono, si eseguono.
Nel successivo verbale del 4 luglio troviamo le avvisaglie della lite: Il sig.
Abelly narra dettagliatamente come si è svolto l’intervento del nostro equipaggio
ad 8 vogatori sia per il viaggio, sia alla regata di Salò. Da tutti i presenti viene
stigmatizzato tale intervento, svoltosi in condizioni disastrose di tempo e di
trasporto, intervento che viene giudicato disastroso come possibilità di risultato
sportivo, e come inutile sperpero di fondi sociali. Viene pure criticato l’intervento
della moglie di un vogatore, presenza superflua in un viaggio in cui faceva difetto
anche il posto per i 10 vogatori più l’imbarcazione. Eppure i nostri arrivarono
secondi, che non pare un cattivo risultato, ma evidentemente non fu così.
E’ però dalla successiva riunione che emergono le caratteristiche del viaggio
(ecco perché si viaggiava poco), ed anche il voltafaccia che irritò sicuramente
Boccalatte276: L’ing. Derossi denuncia la spesa non indifferente per l’invio
dell’equipaggio ad 8 vogatori a Salò, proposto dal Direttore Tecnico (ma lui aveva
entusiasticamente aperto la sottoscrizione!). Tale equipaggio, in causa di tutte le
difficoltà ed i contrattempi nati prima della partenza, avrebbe dovuto rinunciare
alla partenza, fatta in condizioni meteorologiche sfavorevoli e dato il faticoso
viaggio fatto in camion, sotto la pioggia e durante la notte precedente il giorno
della gara, dopo un percorso superiore ai 400 Km.. L’ing. Boccalatte era assente
a quella riunione, forse volutamente. Scaricata la colpa sul povero Boccalatte,
resta da ricordare la trasferta nel cassone di un camion, sotto la pioggia e nella
notte, ed il secondo posto in gara!
Nell’Assemblea del 22 febbraio 1948 ci fu l’atto finale della personale e dura
guerra tra Boccalatte e Derossi, uscito vincitore dalla battaglia che li vide in
disaccordo su tutto, con liti fredde regolarmente verbalizzate. I due erano divisi
dalla diversa concezione della Cerea, sportiva e popolare per il primo, elitaria ed
275
Cons. 23/6/1947
276
Cons. 4/9/1947
110
La Cerea 1945-1997
elegante per il secondo, ma soprattutto da una forte e reciproca antipatia. Non
solo Derossi ignorò il Direttore Sportivo Boccalatte, ma ringraziò ed elogiò il suo
aiutante D’Alberto; e per colmo di misura solo nelle Varie ed Eventuali il
Presidente comunicò che l’ing. Boccalatte, per i suoi attuali numerosi impegni,
che lo assorbono completamente, è costretto a rassegnare le dimissioni da
Direttore Tecnico della nostra Società. Non una parola di ringraziamento per
Boccalatte, forte atleta, Presidente per dodici anni, a lungo Direttore Sportivo; solo
una deplorazione seguita dalla sua sostituzione: Il Presidente, pur deplorando la
decisione del socio Boccalatte, non può lasciare la branca sportiva della Cerea
abbandonata da una persona tecnica di riconosciuto valore, e propone per
colmare tale vacanza, la nomina di una Commissione tecnica, composta di
persone ben conosciute per il loro non lontano passato sportivo, che possano
sostituire l’ing. Boccalatte. Vengono pertanto eletti a far parte di questa
Commissione i signori: Abelly Massimo, Balma dott. Ernesto, Colombo Ugo,
Gianolio Giorgio: Il dott. D’Alberto, già Vice Direttore Tecnico, viene pregato di
continuare ad occuparsi anche lui dei vogatori e degli equipaggi, compito che egli
accetta compatibilmente con i suoi attuali impegni. Viene nominato istruttore degli
allievi vogatori il dott. Delaude. Sicuramente per i vogatori non era facile allenarsi
sotto il controllo e l’insegnamento di tante persone, tutte dotate di esperienza, ma
probabilmente talora in disaccordo tra loro.
I risultati non entusiasmanti del 1948 mettevano in luce la necessità di
munire la Cerea di un vero allenatore; ed il Presidente non fu tenero neppure con
i volenterosi soci della Commissione: Visti gli scarsi risultati ottenuti nel 1948 dalla
Commissione Tecnica approvata nella Assemblea del 22 febbraio 1948, precisa
che l’allenatore della Timavo di Monfalcone è disposto a prestare la sua opera di
allenatore presso la nostra Società qualora gli si trovi un impiego a Torino277 . La
candidatura tramontò nel silenzio.
Nel 1949 la Cerea ebbe però la soddisfazione della partecipazione alla gara
nazionale di Castelgandolfo, con un 5° posto di Bouquié, Bobba, Parachini e
Gariel, tim. Nosenzo nel 4 con. Senza un allenatore era difficile pretendere di più.
Ed infatti sembra che fosse decisa l’assunzione di un allenatore, almeno a
leggere il verbale d’assemblea del 25 febbraio 1950: Il presidente passa alla
illustrazione del lavoro sportivo agonistico dell’anno 1949, assai scarso, dovuto al
fatto della mancanza di una persona competente che si interessi dell’allenamento
degli equipaggi. Per porre fine a questa situazione propone di cercare in campo
cittadino e nazionale un allenatore da stipendiarsi che si prenda cura degli attuali
atleti e ricercare nuovi elementi da impostare. L’assemblea votò una commissione
composta da D’Alberto, Brovetto e Bobba che provvedesse agli allenamenti fino
all’arrivo dell’allenatore. In realtà fu D’Alberto, recentemente riconfermato
Direttore Tecnico278, ad occuparsi dell’agonismo in un annata davvero deludente:
solo due gare disputate, a Torino, ottenendo un 2° ed un 3° posto. Stupisce però
che i nostri dirigenti dell’epoca abbiano deliberatamente scoraggiato gli oltre 20
vogatori presenti nel 1946, quasi tutti nuovi atleti, per poi lamentare dopo soli due
anni la carenza di atleti e la scarsità di risultati. Quello per lo sport agonistico pare
un interesse di pura facciata, perché sarebbe altrimenti difficile giustificare un
277
Ass. 27/2/1949
278
Cons. 9/2/1950
111
La Cerea 1945-1997
comportamento insensato più che contraddittorio. La crisi non fu affatto
passeggera, anzi si aggravò negli anni successivi; stupisce ancor di più il fatto
che quei dirigenti fossero quasi tutti ex atleti, eppure così incapaci di mantenere
un dignitoso livello dell’agonismo Cerea.
Le colpe della situazione venivano scaricate sulla persona che, con
personale sacrificio, cercava di aiutare i pochi vogatori rimasti alla Cerea
insegnando loro quel che poteva; il Presidente, in questo come in altri casi, si
prendeva i meriti ma rifiutava la paternità di un fallimento.
Anche D’Alberto fu chiamato a pagare, nella seduta di Consiglio del 30
maggio 1950: il Presidente osserva come attualmente la parte sportiva lascia
molto a desiderare dimostrando così la necessità impellente di un allenatore che
si prenda cura dei vogatori. Il dott. D’Alberto precisa che le persone indicate
dall’Assemblea (Sigg. Bobba Giovanni e Brovetto Enrico) non si sono applicate
per coadiuvarlo nel suo lavoro di allenatore, perciò è rimasto solo in questo lavoro
assai delicato esponendosi così ad aspre critiche, per le quali il dott. D’Alberto
decide di rassegnare le dimissioni da direttore di canottaggio e da consigliere.
Neppure a D’Alberto fu rivolto un ringraziamento, ma almeno furono respinte le
dimissioni da consigliere; Derossi propose allora di affidare la Direzione Sportiva
al dott. Balma il quale dovrebbe prepararsi un piano di lavoro unitamente ad un
piano di lavoro disciplinare generale. E qui abbiamo notizia diretta di un altro
carattere del Derossi, che emerge anche per altre vicende, il fastidio nei confronti
dei giovani, di coloro che possano disturbare l’elegante Cerea che egli sogna.
Bisogna che intervenga Ponte, persona che non ha mai fatto del canottaggio
agonistico, ad osservare che con questa soluzione il problema non è ancora
risolto. Approva e vede molto bene Balma Direttore sportivo, ma siccome questi
per motivi professionali non può dedicarsi come allenatore, è necessario trovarne
uno stipendiato. Allo stipendio potrebbero provvedere per un periodo
indeterminato non inferiore ad un anno e mezzo i Sigg. Derossi, Borghero Ponte e
Balma, i quali si dichiarano disposti a sottoporsi a questo esperimento allo scopo
di portare nuovamente i colori sociali alla ribalta agonistica.
Si impongono alcune considerazioni.
Era evidentemente una dichiarazione di facciata quella ripetuta in due
assemblee di voler assumere un allenatore stipendiato: se Ponte propose di
pagare in quattro lo stipendio ciò significa che la Cerea non disponeva di mezzi
sufficienti.
Si capisce anche come mai non si sia mai trovato quell’allenatore
apparentemente tanto ricercato:
la Cerea non poteva pagargli lo stipendio, e
quindi non l’aveva nemmeno cercato.
Derossi donò alla Cerea milioni dell’epoca, pagò ampliamenti, arredi, barche
e quant’altro; se avesse avuto reale interesse alla permanenza di una decente
sezione sportiva non ne avrebbe fatto questione di bilancio, come non aveva
esitato ad indebitare la società di 600.000 lire dell’epoca per i lavori di restauro
post bellici. Semplicemente, l’agonismo non gli interessava, salvo sognare atleti
silenti e disciplinati, ma apportatori di gloria.
Se i verbali tacciono spesso sulla sezione agonistica ci offrono
indirettamente testimonianza della crisi che colpì la pratica del remo in società:
alla Festa Sociale dell’ottobre 1952 le regate si corsero in alice a 2 vogatori con
timoniere, in jole a 4 e outrigger a 8 vogatori, estraendo a sorte, fra tutti gli iscritti,
112
La Cerea 1945-1997
la formazione degli equipaggi279 ; un anno dopo le gare si ridussero alla Alice a 2
ed alla jole280 per ricomprendere l’otto nel 1954, insieme alla canoa281, mentre i
partecipanti alla festa sociale del 2 ottobre 1966 si limitarono a disputare una gara
di bocce.282
Ritorniamo all’ esame dei verbali, riportando l’attenzione sulla ricerca
dell’allenatore il cui stipendio doveva gravare su alcuni soci. Qualcosa si mosse,
ne abbiamo la prova dalla riunione di Consiglio del 25 giugno 1950: Il Vice
Presidente Borghero riferisce sui colloqui avuti il giorno precedente con il prof.
Foco giunto da Bari; parla dell’ottima impressione e dell’interessamento
manifestato nei suoi riguardi da altre società di canottaggio torinesi. Prospetta la
questione economica fornendo delucidazioni sulla situazione nella quale si trova
attualmente il prof. Foco nei riguardi della Federazione Canottaggio: tale
situazione potrebbe essere trasferita a Torino nel prossimo anno nel senso che,
facendo gli opportuni passi la Federazione continuerebbe a mantenere
all’interessato l’incarico che attualmente ha per le Puglie con il relativo
emolumento mensile di lire 20.000; ciò porterebbe ad uno sgravio degli oneri che
Derossi, Borghero, Ponte e Balma tengono ad assumersi per un tempo
indeterminato. D’Alberto osserva che il mantenimento dell’incarico federale porta
inconvenienti non lievi. Il Foco venne introdotto nella sala e precisò di ritenere
remunerativa la somma mensile di lire 60.000 percepita in Puglia; fece buona
impressione e venne assunto dai quattro generosi membri del consiglio.
Era uno stipendio alto? Non è facile capirlo: era elevatissimo rispetto alla
quota sociale annua (£ 12.000), normale rispetto al costo di un mazzo di carte (£
600).
C’erano grandi aspettative, anche se passò qualche mese prima che Foco
prendesse servizio: il sig. Borghero passa quindi ad illustrare l’attività sportiva
1950. Non si è potuto fare granché, poiché l’allenatore nella persona del prof.
Foco Gildo, già allenatore della Barion di Bari non ha potuto essere libero dai suoi
impegni prima della fine della stagione remiera. Il suo operato è già in atto e se
anche per il 1951 non si otterranno dei grandi risultati, l’essenziale è che i colori
della Cerea ritornino alle competizioni sulle acque nazionali283. Il giudizio negativo
di Borghero sul livello dei risultati ottenuti dalla Cerea nel 1950 è chiaro.
Foco fu però causa di grande delusione. Già nel maggio 1951, a circa sei
mesi dall’arrivo del nuovo allenatore, il direttore sportivo Balma lamenta che il
tenore sportivo dei nostri atleti è molto basso; infatti i vogatori non sono tenuti con
la disciplina e la serietà sportiva che richiede il canottaggio; e poi curiosamente:
questo rilassamento è causato dai troppi svaghi, giochi che offre la società e che i
vogatori ne approfittano trascurando il programma di lavoro284. Sul fatto che
quegli atleti non si allenassero non c’è dubbio, ma quali erano i tanti divertimenti
offerti dalla Cerea? Non le carte, perché i vogatori non potevano accedere al
279
Cons. 2/10/1952
280
Cons. 1/10/1953
281
Cons. 10/10/1954
282
Cons. 19/9/1966
283
Ass. 4/2/1951
284
Cons. 11/5/1951
113
La Cerea 1945-1997
salone; non le barche da passeggio, perché pochi anni prima il loro uso era stato
interdetto agli atleti; restavano il ping pong e le bocce. Erano altri tempi
certamente, ma è un po’ buffa questa immagine dell’austera Cerea dell’epoca
vista come luogo troppo divertente per dei giovanotti.
Il libro di cassa del 1951 ci fornisce informazioni che forse possono far
comprendere il motivo dell’irritazione di Balma. Il 18 aprile la Cerea versò 3.830
lire al Comitato I Zona per compartecipazione piscina stadio comunale. Forse le
teorie del tempo consigliavano il nuoto come mezzo di allenamento dei canottieri,
ma i vecchi soci della Cerea sicuramente non gradivano simili deviazioni dalla
tradizione. E non è tutto: il 29 aprile, in occasione di regate sul Po, fu offerto il
pranzo ai vogatori (10.570), come il 4 giugno (9.500) ed il 17 luglio (4.800). Forse
anche queste abitudini conviviali, per di più onerose per la Società, contribuirono
al giudizio negativo sulla serietà dei vogatori e sul Foco.
Il Presidente Derossi, nella stessa riunione di Consiglio, avanzò una
proposta, ovviamente approvata dai consiglieri, che sicuramente portò
all’allontanamento di parte dei vogatori, già non troppo numerosi: l’Ing. Derossi in
seguito a tale esposizione propone di non iscrivere gli equipaggi della Cerea alle
regate del 20 maggio e di selezionare l’elemento vogatori trattenendo quegli
elementi seri, disciplinati e sui quali si può fare sicuro affidamento e allontanare gli
elementi indolenti affinché non siano di nocumento ai primi. Sanzione immediata
e senza appello che lascia perplessi, così come la mancata iscrizione alle regate.
Agendo in quel modo si favoriva l’ordine e la disciplina, ma si smantellava una
squadra. Perché la sanzione non colpiva solo gli indisciplinati, ma anche i loro
compagni che si vedevano sottrarre il compagno di barca, l’amico, l’allegria.
I superstiti di quella misura disciplinare furono inviati alla regata di Mantova
con la jole a 4285, spedizione che costò 41.000 lire, ma la Federazione ne
rimborsò ben 34.830; il rimborso fu talmente alto da chiedersi ancor più come le
esigenze della squadra agonistica potessero essere così compresse per ragioni di
bilancio!
Le carenze di Foco non riguardavano la sola serietà negli allenamenti, ciò
emerge dalla riunione di consiglio del 10 novembre 1951: il Vice Presidente
Borghero presenta una mozione d’ordine e chiede di avere la parola per quanto
riguarda l’allenatore Foco. Infatti dall’operato svolto dall’allenatore nell’anno di
prova i risultati assai modesti ottenuti sono da imputarsi ai sistemi di voga ormai
sorpassati, come anche ebbe a dire il commissario tecnico della federazione,
motivo per il quale la stessa federazione provvederà alla fine dell’anno in corso al
licenziamento. Di fronte a tale stato di cose i sovvenzionatori sono ancora disposti
a continuare l’elargizione dell’emolumento mensile? Naturalmente al Foco fu
revocato l’incarico dal 1° dicembre; stupisce però che la questione non sia stata
portata in consiglio da Balma, che era il Direttore Tecnico.
Il licenziamento di Foco fu anche comunicato all’assemblea riferendo i
giudizi della federazione, ma con la precisazione che Derossi, Ponte, Borghero e
Balma sarebbero disposti ad assumere un altro allenatore e questo negli interessi
della nostra Cerea286 .
285
Cons. 1/6/1951
286
Ass. 2/12/1951
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La Cerea 1945-1997
Non sappiamo chi abbia sostituito Foco nell’incarico, ma è probabile che sia
stato il vecchio Boccalatte a sobbarcarsi la fatica, perché egli fu nuovamente
nominato direttore di canottaggio287. Contemporaneamente il consiglio assunse
per due mesi il prof. Italo Molinatti, istruttore di educazione fisica, per curare la
preparazione invernale dei vogatori. C’era indubbiamente la volontà di rianimare il
canottaggio agonistico, ma quel che pare mancasse era una visione
sufficientemente chiara del modo di allevare i vogatori, dei tempi occorrenti, della
pazienza e del lungo lavoro necessario prima di ottenere risultati.
L’improvvisazione che regnava in questo campo risulta da quanto sappiamo
del 1954. Allenatore, non sappiamo da quando, era il socio Abelly, indicato come
“tecnico” nella seduta del 10 luglio 1954. Già il 18 giugno di quell’anno il consiglio
aveva deciso di inviare a Aix - Les Bains l’otto che aveva vinto la selezione
torinese. Il 10 luglio il Vice Presidente D’Alberto, visto il comportamento
dell’equipaggio a 8 vogatori nelle regate di Aix - Les Bains ed approssimandosi la
data dei campionati italiani juniores a Pallanza chiede che venga iscritto anche
l’equipaggio della società. Comunica inoltre anche il parere positivo dell’ing.
Boccalatte. Il Consiglio Direttivo è unanime nell’approvare l’iscrizione sia dell’8
che del K1. All’osservazione del cassiere Girardi che lamentava l’impossibilità di
trovare in cassa i soldi per la trasferta Derossi, come di consueto, dichiarò di
accollarsi tutte le spese. Una generosità episodica non poteva però superare la
inesistenza di un budget per l’agonismo; l’allenatore era un socio, per le trasferte
non c’erano fondi, la Cerea sperava nelle vittorie ma non investiva risorse nel
canottaggio.
Sappiamo comunque quanto versarono tre soci per consentire la
partecipazione alle regate di Pallanza: ing. Derossi lire 100.000, avv. Caldi l.
20.000, sig. Vercellone l.5.000288. La trasferta a Pallanza diede esiti soddisfacenti,
perché l’otto con Bouquié e Ventavoli si piazzò terzo ai campionati, tanto che
l’assemblea del 9 marzo 1955 decretò un plauso particolare al dr. D’Alberto per
l’attività da lui prestata nella preparazione degli equipaggi.
Parallelamente alla crisi del canottaggio risultante dai pochi e mediocri
risultati annotati sul libro d’Oro fino al 1958, crebbe invece l’importanza della
canoa. Fu merito del socio Restagno se alla Cerea prese piede quello sport, con
numerosi praticanti e con risultati degni di nota: nel 1952 l’atleta Valentino Eligio
partecipò nel K2 ai Giochi Olimpici di Helsinki, e se anche non arrivò alla finale
rimane l’unico atleta Cerea che abbia mai partecipato alle Olimpiadi. Nonostante i
numerosi successi ed i tanti praticanti la canoa restò però un corpo estraneo alla
società, ed il fatto che un velo di silenzio sia calato sul nostro solo olimpionico,
fino al totale oblio, dimostra come le imprese dei canoisti non muovessero ad
entusiasmo i nostri soci.
Il libro del Centenario ci descrive con retorico entusiasmo le gesta degli
equipaggi di canottaggio nelle competizioni svoltesi fino al 1953 anche se le gare
erano talora modeste, ma cita solo una vittoria di Restagno nel K1 alle regate
torinesi del 25 aprile 1953289; non cita invece un argento ai campionati, non cita il
287
Cons. 5/1/1952
288
Ass. 9/3/1955
289
Dal Pozzo - Centenario Cerea
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La Cerea 1945-1997
nostro olimpionico. Peccato, perché in un momento di grave crisi la presenza
della canoa poteva avvicinare giovani appassionati; l’attuale Presidente
dell’Esperia, l’arch. Sassone, iniziò a frequentare il fiume proprio alla Cerea, come
canoista.
Nonostante gli sforzi di Restagno la canoa ebbe una vita limitata presso la
società, forse colpita dalla scarsa simpatia della maggioranza, di altra estrazione
sportiva.
Manca ogni verbale di consiglio per gli anni dal 1955 al 1958; il Libro d’Oro
non fu aggiornato nel 1956 e 57; la sola notizia di canottaggio, dopo le numerose
vicende del 1954, è la nomina di Giovanni Bobba ad allenatore che ci viene dal
verbale dell’assemblea del 1° dicembre 1957.
Seguono solo rare ed episodiche notizie sul canottaggio e sulla canoa alla
Cerea. Dal 1958 i risultati non vengono più annotati sul libro d’Oro, omissione che
durerà per oltre 15 anni. L’argomento quasi scompare anche dai verbali.
Bisogna allora ricorrere ai ricordi dei protagonisti per sapere da Soave che
lui e Gaia gareggiarono più volte sull’otto dell’Armida e che egli nel 1959 si piazzò
terzo nella finale junior dei Campionati Italiani.
Dal verbale di Consiglio del 22 marzo 1958 risulta che il sig. Colombo
promise di procurare i calzoncini bianchi per i vogatori ed il sig. Contano assicurò
di interessarsi per procurare le tute.
Giovanni Bobba lasciò l’incarico di allenatore già nella riunione del 6 ottobre
1958, il Consiglio lo sostituì con Restagno che mantenne l’incarico almeno fino
al 1963; questi era però un tecnico di canoa ed infatti, nella stessa riunione,
ottenne l’impegno di Derossi a pagare K1 e K2 nuovi per dare impulso alla attività
già bene iniziata. L’incarico venne poi confermato a Restagno nel 1960290 .
Molto interessante è quanto riportato dal verbale di Consiglio del 27
novembre 1959. Prima di tutto ci conferma che la canoa era lo sport principe, in
quanto riporta la notizia che quattro canoisti avevano gareggiato nei Campionati
Italiani; ma ci indica anche una modestissima forma di professionismo: Su
richiesta del sig. Restagno il consiglio accorda il rimborso del mancato guadagno
ai quattro canoisti (operai) per i giorni in cui si sono recati a gareggiare ai
campionati italiani; il rimborso deve essere però contenuto nella misura di l.
12.000. Notazione che ci riporta a tempi in cui non esistevano i permessi
retribuiti, le ferie non godute da recuperare, le festività soppresse da utilizzare.
Che fossero canoisti o che fossero canottieri, gli atleti erano pochissimi,
perché nella stessa riunione si pregò il sig. Colombo di interessarsi ad ordinare
dodici canottiere sociali e dodici maglie sociali a mezza manica! Indice di una
scarsità impressionante di praticanti.
Qualche notizia precisa sullo stato del canottaggio alla Cerea in quegli anni
lo abbiamo solo tramite qualche ritaglio di giornale fornito dal socio Gellona. La
Stampa del 7 maggio 1959 annuncia per il giorno successivo la gara di apertura
sulle acque del Po: La Cerea punta quasi tutto sui giovani. Il direttore tecnico
Eusebione vuole allineare domenica due jole a 4 (una di studenti medi e una di
universitari, rispettivamente guidate da Gellona e da Cotti) un quattro con e lo
skiffista Soave, oltre a tre canoe. Continuava la tradizione di mescolare il
canottaggio con la canoa, anche perché unica era la Federazione per i due sport.
290
Cons. 8/1/1960
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La Cerea 1945-1997
Tuttosport del 9 maggio riporta i risultati delle poche gare, sempre che non sia
stato pubblicato solo un estratto, ma non se ne capirebbe il motivo; e salvo che
per il singolo, ove compaiono i primi tre piazzamenti, il giornale indica solo il
vincitore e la piazza d’onore. Vediamo le gare svolte e i risultati riguardanti la
nostra società: Jole a 4, 1° Armida 2° Cerea; Canoa K1 femm.; Quattro con 1°
Cerea (Gellona, Scardina, Ferretti e Romano) 2° Esperia; Canoa K2 J; Jole a 4;
Due con; Canoa K1 masc.J; Canoa K2 femm; Otto; Canoa C1291. Se le gare
disputate furono solo quelle la crisi non era solo della Cerea, ma del canottaggio
torinese.
Stampa Sera del 6 maggio 1961 anticipa gli equipaggi in gara nelle regate di
apertura del 14 maggio; risulterebbe un buon numero di equipaggi Cerea,
indipendentemente dalla loro qualità: La Cerea presenta uno schieramento
composto esclusivamente di studenti universitari. Sono della partita un 4 con
(capovoga Gellona) già collaudato con successo la stagione scorsa, tre canoisti e
tre jole a quattro; da queste ultime l’allenatore Restagno si propone di tirar fuori
un buon otto. Tutti quegli equipaggi significavano più di 20 atleti, anche se
bisogna tener conto che, per la prima gara esaminata, gli iscritti furono inferiori a
quanto annunciato da Eusebione. Resta il fatto che attività agonistica c’era, anche
se la mancanza di un allenatore professionista impediva il raggiungimento di
risultati d’alto livello. Quello che mancava completamente era l’interesse del
Consiglio, dimostrato dal rarefarsi delle discussioni sul canottaggio in seno allo
stesso direttivo e dall’abbandono dell’antica tradizione di annotare i risultati sul
Libro d’Oro.
In fondo, neppure dell’incarico dato a Eusebione c’è traccia negli atti sociali.
La crisi totale del canottaggio Cerea raggiunse l’apice proprio nel 1963, anno
del Centenario. Secondo la restimonianza di Gellona egli cessò l’attività
agonistica nel 1963 perché, in quell’anno, restò il solo giovane canottiere; il
singolo era l’unica barca praticabile, ed i soci maturi non andavano in barca.
Nonostante l’assenza di atleti biancocelesti furono organizzate gare e Ponte
mise in palio la coppa d’argento dello scultore Assetto, detta del Centenario, ora
in sala da pranzo.
La coppa del Centenario offerta dal prof. Ponte fu messa in palio nel Match
Torino - Roma, del quale sappiamo solo che ai primi andò una medaglia in oro, ai
secondi in argento292. Della disputa della Coppa Cerea si parlò parecchio nella
riunione del 15 maggio 1964, ma solo con riferimento alle assicurazioni avute da
dirigenti romani sulla presenza di un equipaggio, alle spese della trasferta offerte
personalmente da Derossi, all’ospitalità data al Giudice di gara presso l’Hotel
Ligure; è un successivo verbale293 a precisare che la Coppa Cerea, disputata il 31
maggio, fu una sfida tra una rappresentanza dell’università di Roma e di quella
torinese, quest’ultima allenata dall’allenatore dell’Esperia. Si trattò certo di una
gara tra due otto, e quasi certamente il grosso dell’equipaggio proveniva
dall’Esperia; non fu certo per caso che l’allenatore dell’otto provenisse da quella
società.
291
I ritagli sono conservati tra le memorie storiche, Volume Giornali e Riviste.
292
Cons. 15/5/1963.
293
Cons. 17/7/1964
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La Cerea 1945-1997
La crisi sportiva della nostra società è ben rappresentata dall’idea risultante
dallo stesso verbale: il segretario prenderà contatto, su consiglio del Presidente,
con l’allenatore Ghiardello (della Tevere Remo, selezionatore dei romani) che
alcuna risposta a lui ha dato, dopo l’incontro del 31 maggio, in merito alla
possibilità della creazione, presso la Cerea, di un equipaggio formato da elementi
militari, già esperti, dal Ghiardello preventivamente revisionati ed ai quali il
Presidente potrebbe trovare sistemazione lavorativa a Torino. Proposta talmente
assurda da non meritare commenti, anche se conferma la tesi già esposta di un
desiderio Presidenziale di comode vittorie senza passare attraverso i fastidi che la
presenza di giovani in società comporta.
La cosa stupefacente è che Derossi era allora Presidente anche della
Federazione di canottaggio del Piemonte, carica che ricopriva da parecchi anni. Il
denaro ed il potere facevano premio sulla capacità, anche a livello di federazione.
Non si può non sottolineare come il raggiungimento dei massimi vertici della
dirigenza sportiva con Boccalatte e Derossi non abbia portato alcun rilancio
dell’agonismo Cerea, anzi sia coinciso con uno dei periodi più bui.
Il Comitato piemontese organizzò un’importante regata in onore della Cerea
che si tenne a Torino il 9 giugno 1963 per festeggiare il Centenario; nei verbali
non c’è traccia della manifestazione. Il programma 294 ci rivela che il Comitato
Piemontese presieduto da Derossi organizzò parecchie gare cui parteciparono
tutte le società torinesi, ma anche il Lyon, il Grenoble, l’Aix Les Bains e l’Ivrea
Canoa Club, oltre all’Aniene per la regata universitaria, ma nella totale assenza di
atleti della Cerea. Fu davvero una strana festa del canottaggio quella che vide
tanti canottieri gareggiare in onore di una società dal passato glorioso, ma dal
presente inesistente.
Nonostante la pienezza della crisi sportiva nell’Assemblea del 7 maggio
1964 Derossi espose la situazione della Cerea anche dal punto di vista remiero,
ma non abbiamo notizia su quanto disse. Nella stessa assemblea fu deciso che
alle riunioni di Consiglio partecipasse anche Bobba, non eletto, ma limitatamente
alle sedute nelle quali saranno trattati gli argomenti che hanno diretta attinenza
con il cantiere e con il materiale remiero; egli era infatti responsabile del cantiere
ma, si noti, l’attenzione era rivolta solo al materiale, mai agli atleti o al
canottaggio.
E’ sigificativo che nella riunione del 16 settembre 1964 il Vice Presidente
Casalis abbia proposto una campagna di propaganda se vita sportiva dovrà
essere ripresa.
Ciò che stupisce è il fatto che Derossi si sia ricandidato alla presidenza del
comitato piemontese FIC (allora I zona) e sia stato riconfermato295, con
Steinleitner alla vice presidenza e Romanini alla segreteria.
Anche i tentativi di rianimare il canottaggio erano confusi; già si è detto della
speranza di attirare a Torino vogatori romani in servizio militare a Torino, ma
anche il fatto che Casalis abbia offerto le medaglie da consegnare ai vincitori di
una gara di barche, da effettuarsi in data e con modalità da stabilirsi 296 stupisce
294
Conservato nel volume di foto e documenti, anno 1963 - Centenario
295
Cons. 6/11/1964, 29/12/1964
296
Cons. 15/9/1964
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La Cerea 1945-1997
per l’ingenuità, come se a rivitalizzare lo sport in società bastasse un pugno di
medaglie.
Solo dalla canoa arrivò qualche movimento, ma tra le difficoltà frapposte dal
Consiglio. Si noti che, da molti anni, i soci nuovi non venivano più ammessi dal
direttivo, sicché da parecchi anni i verbali ignoravano l’ingresso di nuovi soci e
vogatori. Eppure nel verbale del 16 settembre 1964 leggiamo: il tesoriere riferisce
sulla questione posta dal sì¥Á
119
La Cerea 1945-1997
H
X/
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La Cerea 1945-1997
27 marzo 1966: Il Presidente ricorda che la Cerea ha sempre avuto ottimi
equipaggi e che è assolutamente necessario continuare tale tradizione. E’
personalmente alla ricerca di un buon allenatore ed esprime la speranza di
vedere ben presto le gloriose maglie bianco celesti ritornare vittoriose sulle acque
del Po. Questa volta però non fu finta ricerca, l’allenatore arrivò davvero.
Dopo circa dieci anni di sostanziale inerzia agonistica qualcosa si mosse alla
Cerea, lo si rileva anche dai più frequenti riferimenti reperibili nei verbali; dopo
aver toccato il fondo iniziò una faticosa risalita della china. Nella riunione del 5
gennaio 1967 si discusse su come propagandare lo sport del canottaggio;
nell’assemblea del 12 marzo dello stesso anno le barche e lo sport ebbero grande
parte, dopo anni di silenzio; Giovanni Bobba illustrò la situazione del materiale,
quindi si passò alla questione vogatori che si presenta abbastanza incoraggiante
tanto più che sono allenati e guidati dal sig. Parmiggiani il cui passato sportivo è
ben noto. Il Presidente ha anche promesso di istituire un fondo premio in
relazione alle eventuali vittorie conseguite. Ecco una grande novità!
Parmiggiani giunse quindi alla Cerea tra il marzo ‘66 ed il marzo ‘67, primo
allenatore professionista dopo lo sfortunato periodo di Foco; ma tra i due
allenatori trascorsero ben 15 anni, troppi davvero.
Parmiggiani era un bravo allenatore e la sua presenza portò un po’ di
giovani alla Cerea. Non sappiamo quando lasciò Torino per trasferirsi alla Tevere
Remo; ma si trattò di un periodo importante, perché grazie alla sua presenza molti
soci non più giovanissimi tornarono a vogare ponendo le basi del successivo
sviluppo dell’attività sportiva dei veterani, ma anche di quella giovanile. Il periodo
trascorso mostrava come l’assenza di attività sportiva dei soci costituisse, di fatto,
un freno anche per l’attività agonistica dei giovani.
Purtroppo nulla risulta documentalmente di ciò che si fece in quegli anni.
Sarebbe interessante conoscere il contenuto della importante relazione sulla
situazione sportiva letta da Derossi all’assemblea del 25 febbraio 1968 o
conoscere quanto fu detto all’assemblea del 22 febbraio 1969, della quale
incuriosisce il seguente passo: Viene illustrata l’attività sportiva del 1968 tra
l’indifferenza generale. Non è possibile che il verbalizzante si riferisse ai soci in
assemblea, non avrebbe segnalato la loro eventuale indifferenza alla questione;
più probabile che l’indifferenza appartenesse alla città, alla stampa, alle autorità.
Bisogna anche dire che non solo alla Cerea il canottaggio viveva tempi
difficili: la lettura della rivista Il Canottaggio degli anni ‘60 fornisce un panorama
piuttosto sconfortante della situazione sportiva di quegli anni: pochi i praticanti,
pochi i partecipanti alle non numerose gare, modesto il livello medio degli atleti
tanto che l’Italia di quell’epoca aveva un peso quasi irrilevante nel panorama del
canottaggio internazionale.
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La Cerea 1945-1997
In quello stesso 1969 l’assemblea elesse direttore di canottaggio
D’Alberto297, veterano di quell’incarico. Tempi nuovi si preparavano, e l’anziano
Derossi era sempre Presidente ma non presenziava alle riunioni di Consiglio ed
alle Assemblee; infine, dopo un quarto di secolo di indiscusso regno passò il
testimone.
Il nuovo consiglio eletto nel 1972 vedeva alla Presidenza D’Alberto e Renzo
Ventavoli alla Vicepresidenza; subito dopo l’elezione Ponte invitò l’assemblea ad
esaminare un aumento di spesa per l’allenatore di canottaggio298 . Ventavoli fu
nominato Direttore di Canottaggio299 ma si dimise prestissimo, anche dalla
vicepresidenza, probabilmente per dissensi con la linea di massima prudenza
economica voluta dal Presidente300. La linea di azione del Consiglio non favoriva
la ripresa dell’agonismo e l’ingresso di giovani, almeno a leggere l’esortazione di
Restagno all’assemblea dell’8 marzo 1975: Fa presente l’errata impostazione del
Consiglio per il reperimento di nuovi soci che deve essere basato sui vogatori e
non su altre categorie, prega il Consiglio di modificare il suo atteggiamento e di
facilitare l’inserimento dei ragazzi nei soci effettivi con forme nuove di attrattiva.
Pur nel silenzio dei verbali di consiglio, che non ne fanno il minimo cenno, i
registri di spesa degli anni ‘70 ci permettono di appurare che la Cerea disponeva
di un allenatore, e chi egli fosse: dall’inizio del 1971 alla fine del 1973 furono
corrisposte 22.500 lire mensili a Bouquié301, mentre nel 1974 la voce “stipendio
allenatore” scompare dai registri; nel 1975 toccò a Favole assumere l’incarico,
retribuito con 40.000 mensili, ma già nel novembre di quell’anno fu sostituito da
Zeppegno, compensato con la ben più alta somma di 125.000 lire al mese,
notevole davvero visto che la quota sociale annua era di 80.000 lire. Con
l’avvento di Zeppegno il canottaggio tornò a godere di ogni attenzione, e non è
casuale il fatto che sia stata riordinata la palestra, che si sia provveduto
all’acquisto di pesi, così come risulta dai registri di spesa. In precedenza gli
allenamenti degli atleti avvenivano con criteri piuttosto blandi, basti citare i
consumi di benzina per il motoscafo: 18.000 lire nel 1971, 26.000 nel 1972, 8.600
nel 1973.
Si preparava in società una piccola rivoluzione, di uomini e di
comportamenti, che avrebbe condotto presto ad un cambio di persone e di
metodi.
Dalla combattuta assemblea del 13 dicembre 1975 vennero eletti Dino Ponte
Presidente, Renzo Ventavoli vice, con Bobba, Gariel e Arcangeli consiglieri; tutti,
ma specialmente Ventavoli, diedero un forte impulso al canottaggio che ritornò ad
occupare quella parte centrale nella vita sociale da troppi anni dimenticata.
Non è certo casuale il fatto che il Libro d’Oro sia stato nuovamente
aggiornato dal 1976, dimostrazione anche simbolica di una volontà di recupero
delle tradizioni sportive della Cerea. Quel libro dimenticato per oltre 15 anni
riporta, prima dei risultati del 1976, due pagine importanti per capire come fosse
297
Ass. 8/3/1969
298
Ass. 18/3/1972
299
Cons. 11/1/1972
300
Cons. 26/5/1972 e Cons. 24/10/1972
301
Doc. A.31, A.32, A.35
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La Cerea 1945-1997
nata la volontà di svolta, come sia maturata la decisione di ritornare società
sportiva da gruppo di giocatori alle carte ed alle bocce che la Cerea era negli anni
‘60; sono due pagine che riportano i risultati agonistici dei veterani negli anni dal
1971 al 1975. Bobba, Bouquié, Nosenzo, Soave e Ventavoli furono presenti alle
gare veterani in Italia, ma anche a Berna, Amsterdam, Groningen, Gent, Londra,
Lione, Belino, Parigi. Indipendentemente dai loro risultati, che furono ottimi, essi
riportarono il canottaggio alla Cerea, e non è piccolo merito.
Le prime decisioni vennero assunte dalla nuova Direzione nella seduta di
consiglio del 12 gennaio 1976: Ventavoli diventò Direttore Sportivo e
rappresentante della società presso la FIC, con Bouquié come sostituto; a Filippo
Bouquié furono affidati i ragazzini più giovani e la manutenzione delle barche, con
compenso di 100.000 lire mensili; Zeppegno venne assunto come allenatore, ma
come abbiamo visto egli era già in servizio dal novembre precedente: Ventavoli
illustra problema allenatore Zeppegno con compenso mensile e a punteggio.
Verrà fatto un budget di spesa per le gare. L’assunzione di quell’allenatore fu un
evento importante che impresse alla Cerea una svolta verso l’agonismo, ma fu
anche all’origine dei problemi che l’angustiarono negli anni seguenti.
Quel che stupisce è l’importanza precipua che l’agonismo ed il canottaggio
acquisirono in sede di consiglio, dopo lunghi anni nei quali il problema era quasi
rimosso dall’attenzione dei dirigenti, e dai verbali. Si decise la costruzione della
vasca di voga302, ambizioso programma poi abbandonato per l’alto costo,
preventivato in 8.500.000303; il 26 gennaio 1976 Ponte relazionò sulla riunione del
Comitato Fic, venne approvato il preventivo del costo gare preparato da
Ventavoli, Bobba propose un corso di canottaggio per soci anziani, Restagno si
dichiarò disposto ad insegnare canoa; nel successivo consiglio 304 Ventavoli
organizzò la trasferta a Varese, un mese dopo305 quella a Monate e fu proposto
l’acquisto di un motore marino. L’8 aprile fu deliberato l’acquisto del 4 senza
Salani e di un motore Evinrude 25 CV, venne organizzata la trasferta a Varese
con macchine dei soci e fu designato l’ing. Dainotti a rappresentare la Cerea
presso il Comitato organizzatore del Trofeo delle Regioni. C’era un entusiasmo ed
un attivismo stupefacente, dopo tanti anni di sonnacchiosi verbali dell’era Derossi.
Benché i verbali non ne facciano parola Renzo Ventavoli diventò Presidente
del Comitato Piemontese della Federazione, carica che occupava almeno nel
1978, e Soave ne fu consigliere; la Cerea aveva quindi in breve riacquistato quel
peso politico nella gestione sportiva che da tempo sembrava svanito.
Gli inevitabili dissensi venivano composti senza strascichi, anche se
riguardavano le strategie sociali: quando nel corso di un’assemblea 306 il
Presidente Ponte propose di far pagare una quota anche ai vogatori Ventavoli
spiegò i motivi della sua opposizione avendo anzi in studio una politica di premi. E
nella stessa assemblea, alla proposta di un socio di allargare l’attività sociale con
feste, manifestazioni varie, Ventavoli propose di farle in occasione di future
302
Cons. 26/10/1975
303
Cons. 10/2/1976
304
Cons. 10/2/1976
305
Cons. 9/3/1976
306
Ass. 27/3/1976
123
La Cerea 1945-1997
regate, cosa forse eccessiva visto il generale disinteresse che sempre circonda le
gare torinesi.
In ogni verbale di quel periodo c’è almeno un riferimento al canottaggio,
spaziando dai risultati conseguiti ai programmi futuri307, dalla organizzazione della
cena con gli atleti308 alla assunzione del vogatore De Martino con compenso di
20.000 lire mensili per seguire i ragazzini dei corsi309.
Ma che risultati ebbero quegli sforzi? Buoni, ottimi anzi. Tralasciando le gare
torinesi, sempre poco significative, troviamo sul Libro d’Oro risultati
apprezzabilissimi per una squadra sostanzialmente al suo esordio: nel 1976 2°
posto nel 4 senza ai campionati italiani pesi leggeri con Uberti, Gaudio, Guarise e
Gho (attuale allenatore degli Amici del Fiume).
In quel momento di forte rilancio agonistico la Cerea rifiutò invece la
proposta del socio Restagno tendente a rifondare anche la sezione di canoa,
quella che aveva pur sempre garantito i migliori risultati negli anni ‘50 e che ci
aveva portato il solo olimpionico, quel dimenticato Eligio Valentino. Ne troviamo
traccia nel verbale privo di data di una riunione di Consiglio databile a febbraio o
marzo del 1977: il Presidente comunica che occorre vedere se è possibile per il
Cerea istituire una sezione Canoa. Bobba dice che non è una questione di costo,
ma di spazio e disciplina. Si potrebbe limitare il numero. Il Presidente parlerà con
Restagno chiedendo chiarimenti. Della questione non si parlò più, il progetto
canoa venne abbandonato, e la cosa fu forse salutare perché già le spese per il
canottaggio erano eccessive in rapporto ai miseri bilanci della Cerea. Quel che
colpisce è che la freddezza verso il desiderio del canoista Restagno dipese non
da giustificazioni di budget, ma proprio da quel sospetto verso la canoa già
registrato in precedenza: è difficile capire perché giovani canoisti potessero porre
problemi di disciplina maggiori o diversi da quelli dati da giovani canottieri. In
verità, alla Cerea, i canoisti furono sempre poco amati, anche quando vincevano
ben più dei canottieri.
I successi dei canottieri spensero d’altronde i possibili sensi di colpa nei
confronti del generoso Restagno: nel 1977 Romano Uberti fu convocato in
Nazionale, alle regate di Vichy, ove giunse 2° nel singolo Pesi Leggeri, e la
società decise un premio in denaro in suo favore che verrà corrisposto dal
Presidente prof. Ponte310 . Non fu il solo pregevole risultato dell’anno, perché
Uberti arrivò secondo ai campionati italiani nel singolo Pesi Leggeri, negli Under
23 e poi nei Senior, Bruno Ventavoli fu 2° nel singolo Ragazzi ai campionati, e ci
furono vittorie e piazzamenti in gare nazionali.
Dopo soli due anni Renzo Ventavoli lasciò il Consiglio e la carica di Direttore
Sportivo, gli subentrò Pantaleoni; allenatore era sempre l’ottimo Zeppegno che,
tra l’altro, cambiando la tradizione Cerea della vogata di punta, aveva costruito
una squadra forte soprattutto nella vogata di coppia. I successi nell’agonismo
giunsero copiosi grazie anche alla contemporanea presenza di tanti giovani di
valore elevatissimo, circostanza eccezionale in una piccola società che non può
307
Cons. 10/5/1976 - Cons. 8/10/1976
308
Cons. 8/10/1976
309
Cons. 24/11/1976
310
Cons. 28/ 9/1977
124
La Cerea 1945-1997
selezionare i migliori da un gran numero di elementi, come invece accade nelle
più grandi strutture.
Proprio la piccolezza della Cerea in rapporto al valore della sua squadra
agonistica fu all’origine di gravi problemi: non sotto il profilo dei risultati, che
restarono eccellenti, ma per il fatto che il costo dell’agonismo era insostenibile per
la Cerea dell’epoca. La società giunse ad impegnare metà del bilancio nell’attività
sportiva, e non trascuriamo il fatto che la Cerea muoveva annualmente importi
modesti per la scarsità dei soci, che la struttura era in condizioni di degrado e che
dal 1960 non venivano eseguiti interventi di restauro di qualche importanza. La
decisa azione in favore dell’agonismo aveva avuto un successo superiore alle
aspettative, ma il problema derivava dal fatto che la società non poteva
mantenere una squadra di quel livello. I pochi soci avrebbero potuto mantenere
un gruppo di atleti così costoso solo a prezzo di personali grandi sacrifici; ma
l’agonismo appassionava solo un gruppo di soci, neppure troppo ampio, e
perdurava la tradizione di stabilire una quota annua modesta.
Le difficoltà cominciarono ad esplodere proprio in quel periodo, e ciò benché
gli atleti utilizzassero per le gare imbarcazioni private, messe a disposizione da
Ventavoli e da Pantaleoni, ma anche da molti altri soci che avevano comprato
personalmente barche decenti onde supplire alla cronica impossibilità della Cerea
di dotarsi di barche nuove.
Nell’ambito agonistico non ci fu alcun freno all’impegno ed i risultati giunsero
abbondanti, grazie anche all’arrivo di altri giovani di talento: nel 1978 Uberti vinse
il titolo italiano nel singolo Pesi Leggeri e partecipò ai campionati mondiali
piazzandosi 6° nel doppio con Mauro Torta del Fiat; Bruno Ventavoli ed Angelo
Italiano conquistarono l’argento ai campionati italiani nel doppio juniores. Nel
1979 arrivarono due titoli italiani, nel doppio juniores da Ventavoli e Italiano e nel
due senza Pesi Leggeri con G. Zeppegno e Gho; nel 1980 G. Zeppegno partecipò
ai mondiali Pesi Leggeri arrivando 5° sull’otto azzurro.
Proprio nel 1979 la Cerea subì una forte delusione per una vicenda che, tra
l’altro, compromise per lunghi anni i rapporti della società con i vertici federali. Il
doppio juniores di Bruno Ventavoli e Angelo Italiano aveva dominato la stagione
agonistica su quell’imbarcazione, ma al raduno per partecipare ai Campionati del
Mondo juniores fu convocato il solo Italiano; a parte il venir meno di ogni rapporto
tra Renzo Ventavoli e Romanini, che da allora per lunghi anni non si scambiarono
più parola, quell’esclusione portò altre conseguenze: prima di tutto Angelo Italiano
rifiutò la convocazione ritenendo ingiusto che il suo compagno di barca restasse a
casa; quel rifiuto, davvero eccezionale, ebbe spazio in una intervista che La
Stampa pubblicò con rilievo311. Il Consiglio Direttivo della Cerea inviò alla
Federazione una lettera - mozione di sostegno alla decisione di Italiano di
rinunciare ai Campionati Mondiali e di critica alla mancata convocazione di
Ventavoli312, il quale lasciò il canottaggio per la delusione. Quella lite, pur
giustificata, non favorì certo l’amore per la Cerea nei vertici federali. Anche
l’allenatore Zeppegno era scarsamente amato a Roma, lo si comprende da un
311
Il ritaglio è conservato negli album di memorie sociali, anno 1979 , unitamente alla dura lettera di protesta della
Cerea
312
Idem
125
La Cerea 1945-1997
velenoso corsivo comparso sulla rivista federale313 in risposta ad una critica
violenta che Zeppegno aveva manifestato nei confronti dell’organizzazione
federale. Forse le tensioni con la Federazione incisero sulla decisione di Romano
Uberti di trasferirsi al Fiat, anche se la presenza in quella società di Mauro Torta,
partner ideale, ed i più sostanziosi mezzi a disposizione, erano già una valida
giustificazione314.
Nel 1981, pur dopo il prematuro abbandono delle competizioni da parte di
Bruno Ventavoli e la perdita di Uberti, arrivarono nuovi giovani di valore, dai fratelli
di Angelo, Piero e Mario Italiano, a Giuseppe - Maso De Benedetto, e poi
Sandrone, Bertolino, Petruzzelli. Nel 1981 arrivò il titolo italiano di Piero Italiano
nel singolo ragazzi, ed anche un secondo posto di De Benedetto negli junior;
quest’ultimo partecipò ai mondiali juniores arrivando ottavo nel doppio. Nel 1983
giunse il titolo italiano nel doppio Under 23 con Angelo Italiano e De Benedetto,
nel 1984 titoli nel doppio Pesi Leggeri con Uberti (nel frattempo rientrato in
Società) e Mario Italiano e, grandissimo risultato, nel quattro di coppia Assoluti
con Uberti, Sandrone, De Benedetto e Angelo Italiano. Ed in quegli anni non si
contarono le vittorie in gare nazionali ed internazionali, mentre anche i veterani
ben si comportavano nelle gare loro riservate.
Invece la Cerea raccolse poco a livello internazionale, come partecipazione
alle squadre nazionali, meno di quanto forse meritasse; la ragione di questa
scarsa considerazione dipendeva forse anche dalla cronica mancanza di peso
politico della Cerea, piccola società autonoma e fuori da ogni gioco politico.
Situazione che si aggravò per la vicenda relativa alla mancata convocazione ai
mondiali juniores di Bruno Ventavoli.
La Cerea otteneva risultati eccellenti per una piccola e povera società, da
poco ritornata all’agonismo, ma era poca cosa e contava davvero poco a fronte
delle grandi società ed anche di altri clubs piemontesi all’apice del successo.
Nell’archivio storico esistono documenti che ci permettono di ricostruire con
esattezza i risultati della Cerea nel 1981, confrontandoli con quelle delle altre
società
grazie
a
svariate
classifiche
federali315ì¥Á
313
QUANDO ALLENATORE FA RIMA CON SQUALLORE. (Su un articolo di Zeppegno, definito occhialuto allenatore
piemontese di seconda categoria. )In Canottaggio, n.3/1981, nella Cartella C9.
314
Si veda la lettera di Dainotti a Boniperti del 10/10/1978 nella Cartella C9
315
Cartella C9
126
La Cerea 1945-1997
X/
127
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X/
risentirono neppure eccessivamente dei problemi economici che affliggevano la
Cerea, dovuti ai costi connessi all’agonismo. L’allenatore Zeppegno non
intendeva lavorare solo per passione, ed infatti già nel 1978 chiese un aumento
del suo compenso316, ma i soldi mancavano: Per quanto concerne il premio per
l’allenatore , Pantaleoni proporrà a Zeppegno di non modificare, al momento, la
situazione attuale, riservandosi di vedere, più in là, le possibilità di variazione317.
Nella stessa riunione furono anche riconfermate a Bouquié le 100.000 mensili a
titolo di rimborso spese.
Grazie ad un appunto controfirmato da Zeppegno318 sappiamo quale fosse il
meccanismo dei compensi e dei premi pattuito tra società ed allenatore: il
contratto biennale per il 1979 - 1980 prevedeva uno stipendio mensile di 250.000
lire, 1500 lire per punto ottenuto nella Coppa Montù ed una scala di premi per le
medaglie ottenute in campionati, gare nazionali ed internazionali che variavano
dalle 100.000 per un titolo italiano alle 15.000 per il bronzo in una gara nazionale.
E’ chiaro che gli insperati successi avevano portato ad una anomala lievitazione
dei guadagni dell’allenatore, perché nella riunione del 5 aprile 1978 il Consiglio
indicò la necessità di stabilire un tetto al premio dell’allenatore. Ma quel contratto
non servì granché allo scopo visto che solo per i punti acquisiti nella Coppa Montù
Zeppegno percepiva dalle 3 alle 400.000 lire e che per di più i punti si ottenevano
portando il più alto numero di persone al maggior numero di gare possibile, con
conseguenti spese di trasferta; a fare poi il conto dei premi sulla base dei
piazzamenti del 1978 si ottengono 775.000 lire; Zeppegno guadagnava quindi in
quegli anni intorno ai 4 milioni all’anno, pari alle quote di 20 soci.
C’erano anche altre iniziative per frenare i costi sportivi, assunte proprio
nella stessa seduta: Si decide anche di limitare al minimo (25 - 30) il numero dei
soci vogatori, invitando a fine 1978 quelli che non sono all’altezza ad andarsene.
Pantaleoni fa presente che alcuni dei vogatori più anziani non hanno pagato la
quota di 18.000 lire. Si decide di non farla pagare a questi, che diventano dei veri
e propri vogatori effettivi, così come previsto dallo Statuto. Se il minimo di atleti
era indicato in 25 o 30 possiamo immaginare che i giovani in società fossero ben
di più; e se anche calcoliamo la simbolica quota di 18.000 lire pagata da parte di
quei giovani comprendiamo come una società con circa 70 soci non potesse
reggere quel fardello.
Da notare che nel 1978 Bouquié fu esonerato dall’ incarico di riparazione
delle barche in conseguenza di fatti che occupano altro capitolo319; non sappiamo
se mantenne la carica di allenatore dei giovanissimi, ma è poco probabile.
316
Cons. 11/1/1978
317
Cons. 1/2/1978
318
Cartella C9
319
Cons. 31/8/1978. Si veda il capitolo IX, n.2
128
La Cerea 1945-1997
Nel 1979 il Consiglio ribadì la necessità di contenere le spese per il
canottaggio320, problema essenziale visto che Pantaleoni aveva riferito che la
Federazione aveva ridotto le indennità di trasferta321.
Dopo tale data nei verbali, per qualche tempo, scarseggiano i riferimenti
all’attività agonistica, salvo per gli aggiornamenti dati da Pantaleoni322. Compare
invece nel 1981 un impegno del dr. Del Mastro, allora Presidente del Quartiere,
ad interessarsi per l’erogazione di un contributo di L. 700.000 circa da parte del
Comune per l’espansione dell’attività agonistica323, impegno assunto nella ristretta
riunione di Consiglio che concesse al Quartiere i campi bocce per i pensionati; si
parlerà della vicenda nel capitolo dedicato alle bocce, ma qui preme ricordare che
i denari non arrivarono mai.
Molto più gioiosa fu la decisione di premiare gli atleti fratelli Italiano, presente
l’Assessore, nel corso della cena di giovedì 25 ottobre 1982 324.
Il 9 settembre 1982 il Consiglio decise di convocare alla successiva riunione
anche Zeppegno e Bouquié (evidentemente reintegrato nell’incarico) per
discutere delle imbarcazioni e
sull’attività agonistica e sui risultati dei
campionati assoluti di Milano. In quell’occasione si discusse però principalmente
di barche mancanti, esponendo l’intenso progetto di acquisizione di barche di soci
esaminato nel capitolo precedente. Una curiosa novità emerse con la decisione di
stabilire un contatto tra il Consiglio Direttivo e due rappresentanti dell’agonistica
per sentire i problemi inerenti all’agonistica; saranno gli stessi atleti a eleggersi
due loro portavoce325. In seguito fu però dato mandato a Pantaleoni di invitare gli
atleti ad eleggere un solo loro rappresentante326; fu Uberti l’eletto, ed a lui venne
in pratica dato incarico di svolgere una funzione di tesoriere e segretario per la
parte sportiva327. Non stupisce il rifiuto di Uberti, che accampò impegni sportivi ma
promise, da subito, di affiancare l’allenatore Zeppegno per una collaborazione
costruttiva nei suoi compiti amministrativi. Idea in verità strana quella di affidare
ad un ragazzo, anche se prestigioso atleta, quei compiti amministrativi che
l’allenatore non assolveva; e cosa completamente diversa da quella di conoscere
direttamente necessità e problemi degli atleti, come era inizialmente stato
prospettato. La necessità di superare Zeppegno nell’amministrazione dipendeva
dalla sua pessima abitudine di incassare direttamente le quote dai giovani che si
presentavano alla Cerea, di pagare spese procedendo a compensazioni per poi
presentare al Consiglio solo l’ammontare dello scoperto a suo credito;
comportamento che, tra l’altro, impediva al Consiglio di sapere chi e quanti
fossero i giovani che frequentavano la società. Nulla riuscì mai a modificare
quell’abitudine, della quale troviamo traccia nei verbali; furono prese misure
320
Cons. 3/4/1979
321
Cons. 30/1/1979
322
Cons. 10/1/1981 e 18/3/1981
323
Cons. 28/1/1981
324
Cons. 25/10/1982
325
Cons. 3/11/1983
326
Cons. 22/12/1983
327
Cons. 19/1/1984
129
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draconiane tese a riportare il necessario ordine: Il C.D. delibera di chiedere al sig.
Zeppegno un elenco aggiornato e completo dei soci non effettivi che verrà
esaminato dalla Commissione Accettazione Soci. Viene nuovamente ribadita
l’intenzione di non far più incassare le quote dei soci non effettivi dal sig.
Zeppegno, il quale tra l’altro non le ha mai versate al Tesoriere. Il C.D. delibera di
regolamentare l’uso degli spogliatoi e docce nel pomeriggio decidendo di chiudere
a chiave i suddetti locali dalle ore 14,30 alle 17,30328. Zeppegno presentò in effetti
l’elenco dei vogatori e dei soci non effettivi alla riunione del 2 febbraio 1984, ed
incuriosisce il fatto che l’allenatore gestisse non solo gli atleti, ma anche i soci non
effettivi, gente che non aveva nulla a che fare con l’agonismo; appare chiaro
come egli ritenesse propria competenza tutti quelli che frequentavano la Cerea
nelle ore pomeridiane e serali. Nella stessa riunione Pantaleoni preventivò in
4.400.000 lire le spese di trasferta del 1984; Zeppegno propose anche di affidare
la pulizia degli spogliatoi ad un gruppo di ragazzi, a fronte di un equo compenso.
Gli effetti furono scarsi e deludenti tanto da spingere dopo breve tempo il
Consiglio ad esonerare i ragazzi dell’agonistica dal continuare a fare le pulizie nei
locali superiori329.
Pantaleoni lasciò l’incarico di responsabile del canottaggio nel 1985, dopo
molti anni di appassionata attività e dopo aver contribuito a cogliere i numerosi
importanti successi di quel periodo; la sua nomina a Vice Presidente del Comitato
Piemontese FIC lo indusse a rinunciare all’incarico, che venne affidato ad Antonio
Villani330.
Una riunione di Consiglio del 23 gennaio 1986 ci permette di accertare con
esattezza compiti e compensi degli allenatori; Bouquié non si occupava più dei
ragazzini, forse da anni: i suoi compiti avevano allora attinenza solo con barche e
materiali. Zeppegno godeva di un rimborso spese di massima sulle L. 5 milioni
annue non comprensive di eventuali premi per il conseguimento di risultati in
campo agonistico, e sappiamo che i premi erano piuttosto elevati; oltre alle sue
mansioni da allenatore era responsabile della disciplina degli atleti, dell’ordine
degli spogliatoi, della palestra e del rimessaggio delle imbarcazioni da gara.
Il periodo d’oro dell’agonismo si stava spegnendo. I grandi atleti degli anni
‘76- 84 cominciavano ad invecchiare ed avevano perso stimoli; insieme ai tre
fratelli Italiano, a Uberti a Sandrone ed a Gravina c’erano però atleti nuovi e
promettenti come i fratelli Curiale, Petruzzelli, Bertolino, ma anche il numero degli
agonisti era assai ridotto rispetto agli anni precedenti: L’organico degli atleti
vogatori si compone di 12 elementi, 9 allievi di cui 4 di prossimo inserimento
nell’agonismo. Per rinforzarne il numero si studiò la possibilità di un’indagine nelle
scuole della zona Valentino331.
Dopo tanti anni di successi la mancanza di risultati eclatanti ed il calo degli
atleti era causa di preoccupazione, e non finivano i problemi derivanti dal
comportamento dell’allenatore: I sigg. Dainotti e Gariel si incaricano di redigere
328
Cons. 14/1/1984
329
Cons. 15/3/1984
330
Cons. 16/12/1985 e 9/1/1986
331
Cons. 18/3/1986
130
La Cerea 1945-1997
una memoria con gli argomenti da trattare col tecnico al fine di definirne i poteri
discrezionali, l’attività che deve assumere ufficialmente nella società.332
Zeppegno, oltre a grandi capacità tecniche, aveva una forte personalità ed
una invincibile ostinazione nel resistere ad ogni tentativo dei dirigenti di riprendere
il controllo di quella società che egli dirigeva internamente alla Cerea, in piena
indipendenza.
Lo scontento diffuso tra molti soci per i costi di gestione della squadra
agonistica e per i sistemi di Zeppegno non trovava libero sfogo in assemblea;
infatti Zeppegno, come il suo principale avversario Bouquié, rivestiva la qualità di
socio onde giustificare davanti alle Autorità la sua presenza alla Cerea, in
assenza di qualsiasi regolarità dal punto di vista fiscale; ed egli era sempre
presente in Assemblea, pronto a rimbeccare eventuali critiche. Se la critica si
faceva più indiretta, rivolta in generale ai costi dell’agonismo, era Dainotti a
chiudere ogni discussione ricordando che nelle società di canottaggio si deve
praticare quello sport.
Il nuovo Consiglio eletto nel 1987 dopo le elezioni straordinarie prese
immediatamente la decisione di licenziare l’allenatore Zeppegno. Fu una scelta
consigliata da molte ragioni, prima di tutto dalle disastrose condizioni economiche
che rendevano indispensabili tagli alle spese, e l’unica voce di uscita facilmente
eliminabile era, appunto, lo stipendio di 600.000 lire mensili che la società versava
a Zeppegno. Ma altre ragioni consigliavano quella decisione: arrivare a riportare
nelle mani del consiglio i conti del canottaggio, che si perdevano nelle
compensazioni tra incassi e spese effettuate direttamente dall’allenatore, porre
termine alla lite continua tra Zeppegno e Bouquié, fatta anche di reciproche
accuse di danneggiare il materiale, dare un segno forte di cambiamento toccando
la fonte di spesa più discussa, tra l’altro l’unica subito comprimibile.
Quella decisione portò però alla sostanziale smobilitazione della squadra
agonistica, non tanto per l’abbandono definitivo dei grandi campioni, che erano
già in procinto di lasciare l’attività, quanto perché alcuni giovani forti
abbandonarono il canottaggio dopo che il Consiglio decise di limitare l’attività per
il 1987 alle gare zonali333 ed Antonio Villani, il Direttore Sportivo, li seguì con
grande buona volontà ma senza la competenza e l’assiduità necessarie; Villani
portò anche gli atleti a Marsala pagando di persona il costo della trasferta ai
campionati del mare, ma i risultati dell’anno furono davvero modesti e la Cerea
precipitò verso il 60° posto della Coppa Montù; al termine del 1988 ben poco
restava della squadra agonistica.
Antonio Villani fu costretto alle dimissioni da socio, e quindi da direttore
tecnico, nel febbraio del 1989 a seguito delle vicende narrate in altro capitolo.
L’occasione per riportare lo sport di alto livello in società giunse da un progetto di
Romano Uberti: formare un otto in grado di vincere il titolo italiano nei Pesi
Leggeri. Egli aveva già formato a tavolino l’equipaggio, con il fiattino Pantano a
capovoga, Maso de Benedetto, il fiattino Piardi, Mario Italiano, l’olandese
Vervloet, Petruzzelli, Uberti, lo svizzero Valentinis ed il timoniere Salisburgo. Il
problema era la barca, perché occorreva un otto nuovo completo di voghe; pur tra
mille preoccupazioni il progetto trovò esecuzione, e portò fortuna, perché poco
332
Cons. 10/7/1986
333
Si veda il Comunicato di Marzo 1987, in Doc.C.10
131
La Cerea 1945-1997
dopo fu concluso il primo contratto di sponsorizzazione della Cerea. Fu Gianni
Oddone, amico di Ponte, a presentarci la Signorina Jura, amministratrice della
Jura Gru, produttrice di apparecchi di sollevamento per l'industria; il contratto
prevedeva un versamento di 25 milioni annui per tre anni, somma importante per
l'epoca, fondamentale per la Cerea. La Signorina Jura ebbe l'immediato vantaggio
di essere invitata alla Cena sociale del giovedì, unica donna ad aver goduto di
quel privilegio. Anche i soci più tradizionalisti l'accolsero però con simpatia e
gratitudine, sentimenti che la signorina meritava per la semplicità e per la
cordialità. Fu anche un giusto premio per la Jura la vittoria dell'otto ai campionati
Italiani disputati a Piediluco; l'equipaggio preparato e voluto da Romano Uberti si
impose regalando alla Cerea un titolo prestigioso che venne degnamente
festeggiato qualche giorno dopo, nel corso di una cena affollatissima. La vittoria
riportò in società un po' di canottaggio d'alto livello, assente da qualche anno.
Il 1989 fu quindi un anno fortunato anche sotto il profilo sportivo, e
quell’equipaggio ottenne anche il 3° posto a Lucerna nella finale B. Il titolo italiano
fu davvero utile, perché diede alla Cerea l’opportunità di rivitalizzare l’agonismo.
L’eccezionale aumento dei soci garantiva la presenza dei soldi necessari per
riprendere l'attività, e l'esistenza di uno sponsor la imponeva. Ma bisognava
praticamente ricominciare da zero, senza illudersi per il titolo appena vinto da un
equipaggio composto in parte da stranieri, in parte da atleti in procinto di smettere
l'attività. Romano Uberti era stato l'artefice dell'equipaggio ed aveva vinto, con
l’ultima affermazione sull'otto, titoli italiani su tutte le imbarcazioni; era maturo per
passare alla carriera dirigenziale e fu nominato Direttore Tecnico, carica vacante
da alcuni mesi, dalle dimissioni di Villani. Occorreva anche trovare un allenatore
perché Filippo Bouquié aveva seguito un po' gli allenamenti dell'otto, ma non si
sentiva più in grado di arrivare fino alle 20 sul motoscafo, in inverno. Fu così che
Uberti portò alla Cerea nell'ottobre del 1989 Mauro Tontodonati, Tunz per tutti, già
timoniere e poi allenatore Fiat, in lite con Cascone. Tunz era libero da contratto
dal 30 settembre e venne assunto; ma Cascone osservò che Tunz, ancorché
libero da contratti, era tesserato Fiat fino al 31 dicembre e chiese che non uscisse
in motoscafo. La Cerea accettò di tenere l'allenatore sul terrazzo per tre mesi.
All'inizio del 90 Tunz poteva finalmente seguire i ragazzi ma, guarda caso,
lavorando alla Fiat gli venne spostato l'orario di lavoro che andò ad occupare le
ore serali, ciò che gli impediva di allenare: fu Borghi a farlo assumere all’
Ambroveneto ed a consentire alla società di avere, di nuovo, un allenatore.
Tunz ripartì dai più giovani, da una squadra Ragazzi tra i quali erano Davide
Guglierminotti, Martini, Mottura, Catapane, poi Luise; ma i risultati furono a lungo
modesti, gli atleti erano tutti giovani e leggeri, non in grado di imporsi nelle difficili
categorie ragazzi e junior. Ci fu anche un cambio di Direzione Tecnica, perché
Uberti lasciò presto l'incarico. Uberti e Tontodonati furono duramente attaccati
da Bruno Piardi, con cartelli polemici e propaganda che lasciò il segno per molti
anni. L’ invito a dimettersi dall’incarico che gli fu rivolto in assemblea lo spinse a
lasciare l’incarico: Il socio Romano Uberti, rammaricato, ci ha chiesto di
dispensarlo dal gravoso impegno di Direttore Sportivo della Società, pur dando la
sua più ampia disponibilità a dare una mano nel settore, compatibilmente con gli
impegni di lavoro e famiglia. Dopo una attenta riflessione si pensa che la persona
che più di altri potrebbe rivestire questa carica è il socio Giuseppe Baima Poma,
da tutti apprezzato per le doti tecniche ed umane dimostrate nella società. Sarà
132
La Cerea 1945-1997
chiesto a lui di succedere a R. Uberti, al quale comunque vanno i nostri
ringraziamenti per l’opera svolta334. Beppe Baima Poma -noto come Ciciu- accettò
il nuovo incarico ed iniziò l’attività il 2 maggio 1991335. Ma ci volle tempo e lavoro
per creare equipaggi competitivi; le prime vittorie arrivarono dai giovanissimi
affidati dal 1988 a Pippo Bouquié, che già aveva iniziato al canottaggio
Guglierminotti, Martini ed altri giovani di quegli anni. Dopo alcune vittorie in gare
nazionali, le sole del 1991, i giovanissimi allievi e cadetti conquistarono nel 1992 il
Trofeo Vacchino, prima squadra di società non di mare ad imporsi sul difficile
campo di Sanremo, con Verhovez, Vignardi, Federico Vitale, Scotti, Valfrè,
Meinardi. Nello stesso anno i masters Baima, Taretto, Gubetta e Fassino vinsero
il campionato del Mare in jole a 4, e gli atleti di Tontodonati ottennero finalmente
un buon piazzamento, il 2° posto nell’otto junior in gara nazionale a Piediluco.
Lo stesso anno fu segnato da altri fatti rilevanti. Tontodonati portò in società
Nerio Gainotti, tre volte campione del mondo nei Pesi Leggeri ma arrivato ai 100
chili dopo l’abbandono delle gare; Gainotti si mise a dieta ferrea e riprese gli
allenamenti rientrando anche nel gruppo di atleti nazionali; grazie alla sua
presenza la Cerea divenne il centro torinese della categoria leggeri, e presso la
nostra società vennero ad allenarsi altri grandi campioni come Mauro Torta e
Romanini. La loro presenza fu un forte fattore di stimolo e di crescita per tutti gli
atleti Cerea, e gli effetti si videro negli anni successivi.
Il 1993 fu segnato soprattutto da una partenza. Nel febbraio Filippo Bouquié
rassegnò le dimissioni da allenatore dei giovanissimi e da socio. All'origine della
vicenda
era
una
profonda
inimicizia
tra
Pippoì¥Á
334
Cons. 11/4/1991
335
Cons. 25/4/1991
133
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X/
134
La Cerea 1945-1997
X/
Pippo e sua moglie Amneris erano sempre presenti, a Pippo era affidata la
manutenzione del cantiere, dei materiali, a Pippo si rivolgevano i soci nuovi per
avere insegnamenti e consigli, ma anche quelli esperti; Pippo era il capovoga
quotidiano della jole a 8 e Mary ne era la timoniera, erano insomma il punto di
riferimento per tutti ed il passaggio obbligato di ogni programma, che si trattasse
di organizzare un equipaggio o di fare un qualche lavoro che avesse attinenza
con il canottaggio. Se alcuni soci furono lieti dell'abbandono di Bouquié, che non
amavano, altri lo consideravano indispensabile ed insostituibile e protestarono
vibratamente; tutti ebbero qualche preoccupazione. Pippo partì con il proprio skiff,
con gli attrezzi del laboratorio e con il motoscafo di Ventavoli, da anni a sua
disposizione. I ragazzini vennero affidati a Nerio Gainotti che ebbe non poche
difficoltà a conciliare l'incarico con la vita di atleta della Nazionale e con i raduni a
Piediluco. Comparve allora in società Angelo Littera, falegname tuttofare che negli
anni seguenti diventò un uomo importante per l'abilità in tutti i lavori occorrenti in
società; le sue carenze in materia di barche furono compensate da una precisa e
puntuale esecuzione di mille lavoretti che garantirono un livello di manutenzione
decisamente elevato.
La squadra agonistica iniziò a trarre i frutti di anni di lavoro; il passaggio dei
più anziani alla categoria Pesi Leggeri consentì loro di competere con atleti alla
loro portata per mole fisica. Nella prima Nazionale di Piediluco del 1993 il 4 senza
P. L. di Guglierminotti, Tisi, Catapane e Luise vinse bene, conquistò poi un bronzo
ai campionati italiani e Davide Guglierminotti partecipò in maglia azzurra alla
Coppa delle Nazioni a Joannina. Si affacciò poi un nuovo atleta, Luigi Giribaldi,
che arrivò quinto in finale nel singolo ai campionati Ragazzi, risultato positivo visto
che la categoria e l'imbarcazione vedono alla partenza un numero incredibile di
concorrenti. Anche i ragazzini, orfani di Bouquié, si difesero egregiamente
arrivando secondi al Trofeo Vacchino. La squadra agonistica ebbe finalmente la
disponibilità di un minibus, un Ducato seminuovo che Paolo De Leonibus rilevò
dalla scuderia Jolly Club in cui operava e regalò alla Cerea; fu un altro tassello
importante per adeguare la società ai tempi mutati. La Cerea era infatti una delle
rarissime società che tirava il carrello con una vecchia auto ed accompagnava gli
atleti sui campi di regata con mezzi affittati o grazie alla disponibilità di alcuni soci
che si sobbarcavano la fatica e la spesa di lunghe trasferte. Anche la Cerea,
finalmente, aveva un mezzo specifico, come tutte le altre società.
Nel 1994 i nostri pesi leggeri, trainati dagli allenamenti con grandi campioni,
ottennero vittorie e piazzamenti nel due e nel quattro senza nelle gare nazionali
con Guglierminotti, Marco Tisi, Luise; Nerio Gainotti vinse il bronzo ai Campionati
internazionali di Francia e partecipò come riserva ai campionati del mondo; Tisi e
Guglierminotti ottennero l’argento ai campionati italiani under 23 nel due senza.
Ancor meglio andò nel 1995, anno in cui i nostri pesi leggeri dominarono le
gare nazionali; alla prima regata nazionale di Piediluco l’intero podio del 2 senza
era bianco celeste, alla seconda regata la Cerea ottenne i primi due posti perché
schierò solo due equipaggi. Luise e Pernigotti gareggiarono a Bled in maglia
135
La Cerea 1945-1997
azzurra, ma nessuno dei nostri atleti riuscì ad entrare nella squadra nazionale,
ove nessuno fu convocato nonostante gli eccellenti risultati; la delusione spinse
tutti quegli atleti ad abbandonare l’attività agonistica.
Entrò invece nella squadra nazionale lo junior Luigi Giribaldi che partecipò ai
mondiali di Poznan piazzandosi al 6° posto nel due con, un risultato di indubbio
rilievo che premiò anche il nostro sponsor, la Ase Transport di Riccardo Giribaldi.
Dopo la Jura Gru infatti si succedettero a sponsorizzare la Cerea prima la Punto
Computer di Renzo Orsina (1992 - 1993) e poi la Ase Transport dal 1994 al 96,
tutti versando somme che permisero di sviluppare l’attività sportiva senza
mortificare altri settori della vita sociale.
Nell’autunno 1995 ci fu un nuovo cambio negli allenatori, perché Gainotti fu
sostituito da Luise e Tisi nella responsabilità di seguire gli allievi ed i cadetti. Allo
stesso anno risale la decisione del Consiglio di pagare il servizio prestato da
Mauro Luise quale istruttore dei soci veterani; per tre volte a settimana Luise fu
disponibile per insegnare i rudimenti o per perfezionare i soci, e si trattò di un
servizio utile e gradito.
Nel 1996 Michele Bonino e Willi Pesarelli arrivarono dal Sisport Fiat per
vogare senza i pesanti e stressanti obblighi che vigevano in quella società: pur
divertendosi, ottennero il secondo posto ai campionati Senior B nel due senza ed
ai campionati del mare nella Jole a due, con Matteo Izzo al timone. Ma altri
risultati furono positivi: la vittoria dei fratelli Vitale nel doppio Junior alla Nazionale
di Gavirate, la vittoria a Piediluco nel 4 senza senior, vari podi in gare nazionali, la
vittoria all'Inverno sul Po nell'otto Junior, con quattro triestini. Ma pur con risultati
agonistici molto positivi sembrò necessario procedere al cambio di allenatore.
Mauro Tontodonati fu esonerato a fine settembre ed al suo posto arrivò Franco
Torta. Tunz, amato dai ragazzi, simpatico e tecnicamente validissimo fu bruciato
dal suo disordine e dall'aggravarsi di una certa sciatteria, anche organizzativa.
Dopo tanti anni di impegno anche Ciciu Baima Poma lasciò l’incarico di Direttore
Tecnico e, all’inizio del 1997, fu sostituito da Mauro Torta, fratello di Franco,
grandissimo campione. Ai discreti risultati degli atleti juniores (Rota, Cardone,
Verhovez, F.Vitale, Camandona) che ottennero piazzamenti in gare nazionali si
aggiunse l’argento ai campionati del mare di Bonino e Pesarelli nella jole a due e
le vittorie in gare nazionali ed internazionali (a Bled, in azzurro) di M. Vitale nel
singolo ragazzi, che ottenne anche l’argento ai campionati di categoria.
Resta ancora da ricordare una manifestazione nata per caso il 16 dicembre
1992 e diventata il fiore all’occhiello della Cerea, il Silver Skiff. Vittorio Soave
aveva sfidato all’una di un giorno feriale un po’ di amici singolisti sul percorso
Cerea - isolotto di Moncalieri - Cerea. Nel 1994 la gara entrò nel calendario
regionale come gara riservata ai masters, e tale restò fino all’edizione 1995; ma
vista la crescente partecipazione, anche di atleti provenienti da lontano, dal 1996
la gara fu aperta anche alle categorie Senior e Junior, con crescente successo
tanto da vedere circa 75 partecipanti all’edizione del 1997. Dal 1998 la gara farà
parte del calendario nazionale.
136
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO VII
RAIDS E ALTRI SPORT
1 I RAIDS
Con la ripresa dell’attività sportiva degli anni ‘70 i soci Cerea pensarono
anche a percorsi più lunghi di quelli sui quali si corrono le normali competizioni.
Se gli antichi soci Cerea avevano percorso facilmente centinaia di chilometri in
barca non c’era motivo per non affrontare imprese impegnative replicando
percorsi già compiuti un secolo prima.
Prima di cimentarsi nella ripetizione di raids già noti maturò un progetto
ancor più ambizioso, davvero eclatante: Torino - Londra in barca a remi. Nel 1975
l’idea venne a Sergio Morcaldo dell’Esperia e quel viaggio fu anche il seme che
due anni dopo diede vita a quella lega dei Veterani del Po di cui si parla nel
capitolo VIII; l’equipaggio rappresentava bene il desiderio di superare i limiti della
singola società per rappresentare le società torinesi tutte, anche se la Cerea era
rappresentata dai soli Vittorio Soave e Renzo Ventavoli; a loro si aggiunsero Gigi
Matteoli, Giuseppe Oddone e Piergiorgio Zeppegno del Fiat, Ugo Saccone,
Umberto Mauro, Beppe Girone e Sergio Morcaldo dell’Esperia. A bordo di due
jole, una della Cerea ed una del Fiat, remarono a turno dal 9 al 26 luglio sul
percorso Casale - Pavia - Borgo Ticino - Locarno; con un trasbordo in camion un
po’ più lungo di altri già utilizzati giunsero a Basilea da dove discesero il Reno per
Strasburgo, Coblenza, Bonn, Colonia, Maastricht, Gent, Calais. Fu un viaggio
faticoso e difficile; la jole del Fiat affondò davanti alla rocca di Loreley, riempita
d’acqua e spezzata da un’ondata provocata da una gigantesca chiatta a tre piani,
proprio nel punto più stretto e pericoloso del Reno; nessuno si fece male, ma
parte del percorso successivo fu effettuata con una jole presa a prestito a Gand, e
non fu questa la sola difficoltà, perché le condizioni del mare costrinsero i vogatori
ad attraversare la Manica con il ferry - boat da Calais a Margate. Da quella
località in tre giorni i vogatori torinesi giunsero alla Torre di Londra ove furono
accolti e festeggiati dai canottieri londinesi del London Rowing Club. Meritarono
una foto sulla prima pagina del Times ed una immagine scattata sotto il ponte di
Londra comparve sul Daily Telegraph. Il materiale filmato dall’accompagnatore
ufficiale, Franco Ordasso, fu riordinato in un documentario di 30 minuti che
apparve nei programmi della televisione svizzera.336
336
Il programma dettagliato del viaggio e delle singole tappe è conservato nella cartella C.9.
137
La Cerea 1945-1997
Benché solo due fossero i Cerea partecipanti a quella spedizione il loro ruolo
propulsivo nella complicata organizzazione fece sì che, in tempi diversi, Oddone,
Saccone, Zeppegno e Girone siano approdati alla Cerea contribuendo così a farla
diventare il centro torinese dei veterani ancora impegnati in gare e raids.
Nell’estate del 1978 i soci trovarono un modo degno per festeggiare i 115
anni di vita della Cerea: ripeterono il raid Torino - Venezia, come i fondatori
avevano fatto nel 1867, impiegando cinque giorni per terminare il percorso.
Ovviamente le jole partirono da Casale, visto che nel secolo trascorso la parte del
fiume più a monte è diventata non più navigabile. Furono due le jole societarie
che affrontarono la fatica, la Cerea composta da Romano Arcangeli, Piero
Garberi, Beppe Oddone e Adriano Margarone, tim. Rovaretto, la San Marco da
Vittorio Soave, Giorgio Bazoli, Riccardo Gaffino Rossi, Luciano Roncarolo, tim.
Vasapolli; percorsero i 517 Km. di fiume e laguna nei cinque giorni previsti e
raggiunsero Venezia ove furono accolti dagli equipaggi della Bucintoro337.
Alcuni di coloro che parteciparono a questo viaggio si erano da poco
avvicinati al canottaggio, non erano certo canottieri esperti; fu quindi l’occasione
per dimostrare che non occorreva aver praticato la voga fin dalla gioventù o avere
un fisico eccezionale per portare a termine un’impresa comunque impegnativa.
Venezia, oltre che meta di quel raid, con la sua Vogalonga diventò una sorta
di battesimo per i tanti nuovi soci entrati alla Cerea negli anni ‘80 e ‘90. Il neofita
cessava di essere tale dopo aver partecipato alla Vogalonga, meta obbligatoria
per ogni nuovo socio. Dopo aver percorso i trenta chilometri si può restare
pessimi vogatori, però non si è più novellini. Anche per questa caratteristica la
Vogalonga, dalla sua prima edizione, ha sempre visto la partecipazione di almeno
due, ma talora anche quattro equipaggi della Cerea, dalla classica jole a otto fino
al canoino, sul quale si cimentarono Romano Uberti e, in anni più vicini, Lorenzo
Orsina per ben due volte.
A Venezia si diresse in anni recenti un equipaggio composto da Renzo
Ventavoli, Coero e Uberti della Cerea, Mauro Torta allora del Fiat e Baldacci dei
Vigili del Fuoco Salza. Nel maggio 1993 i 5 partirono da Valenza sulla jole gig di
coppia, scortati da un gommone dei Vigili del Fuoco, per battere il record di
percorrenza. Impiegarono meno di quattro giorni, 38 ore di voga piacevolmente
descritte in un volumetto da Ventavoli338, stabilendo un record di velocità ancora
imbattuto.
Risale invece al 1977 la prima partecipazione di un nostro equipaggio ad
una delle gare di resistenza più famose e ricche di partecipanti, la londinese Head
of the River Race; in quella prima uscita londinese l’otto della Cerea (Bouquié,
Bobba, Soave, Oddone, P.Gariel, Arcangeli, G.Maggi, Dainotti) giunse 326°, ma
l’entusiasmo fu tale che nel successivo 1978 la Lega Vogatori Veterani del Po
portò alla HoRR ben quattro imbarcazioni, compresa quella del Firenze che era
associata alla L.V.V.P.; due furono i Cerea imbarcati sull’otto del Fiat che giunse
113°, Ventavoli e Klaus Schwarz (tra i fiattini erano Baima Poma, i fratelli
Zeppegno, Oddone, Rasini), mentre l’equipaggio Cerea con Soave, Bazoli,
Gubetta, Fassino, Dainotti, Courtault, Maggi, Margarone si piazzò375°. Poco
meglio fecero l’Esperia (320°) ove remavano Gianni Rinaudo e Pietro Marzano e
337
Nell’Arch. Storico (Doc. C.9) è conservata la dettagliata pianta ed il programma di viaggio preparato da Roncarolo.
338
Arch:Storico, Doc.C.4
138
La Cerea 1945-1997
l’altra barca Fiat (358°) ove c’erano Luciano Rebaudengo, Fracasso e Chiaffredo
Rosso.
Nel 1979 la Cerea partecipò con due equipaggi,giunti al 180° posto ed al
324°; fu per molti l’ultima gara con maglia Cerea, perché in quell’anno molti soci
lasciarono la Cerea per l’Esperia; ma il divorzio fu solo temporaneo.
Uno fu l’equipaggio bianco celeste nel 1980, 242° al traguardo; dopo un
anno di pausa nel 1981 gli equipaggi Cerea furono di nuovo due, un misto con i
nostri Zeppegno, Soave, Ventavoli, P.Gariel e Saccone giunse 285°, mentre si
classificò 402° quello composto dai novizi Jadanza, G.Giampiccolo, Borghi,
Ronco, Boccardo, C.Giampiccolo, Cristilli e Borrano, gente che remava solo da un
anno.
Erano anni in cui era raro che l’equipaggio fosse composto solo da soci
Cerea, perché i criteri di formazione della barca erano ancora quelli legati ai
principi ispiratori della Lega Veterani del Po e, specialmente, al tentativo di
costruire un equipaggio forte anche se ciò poteva portare ad escludere soci dello
stesso sodalizio. Fu così che, nel 1984, la Cerea portò al 159° posto l’equipaggio
ove, con Bruno Piardi, R.Ventavoli, Soave e Saccone, remarono i giovani atleti
Cerea B.Ventavoli, A.Italiano, Coero, oltre a Rampini dell’Esperia; Borrano,
Jadanza e Ronco arrivarono invece al 386° posto con cinque veterani della Can
Napoli. Nel 1985 la Cerea inviò l’otto degli atleti (A.Italiano, G.Benedetto,
P.Italiano, Pescialli, Petruzzelli, Sandrone, R. Uberti, M.Italiano che ottenne un
lusinghiero 24° posto; non partecipò nessun equipaggio veterano.
Solo nel 1986 i piu anziani tornarono a Londra: un equipaggio misto e con
giovani arrivò 204°, mentre l’equipaggio tutto biancoceleste di veterani ottenne la
384 posizione. Nel 1989 un misto con cinque nostri soci arrivò 188° mentre il
misto del 1990 si piazzò al 267° posto.
Nel 1992 ci fu l’ultima spedizione londinese degli ultimi anni, perché da allora
si perse l’abitudine di partecipare a quella gara: Palma, W.Bouquié, Baima,
A.Italiano, Soave, Ventavoli, Gubetta e Saccone chiusero al 252° posto.339
Numerose barche Cerea furono presenti anche alla Regatalonga del Lario,
alla Maratona della Marna, alla Cremona Casalmaggiore, a gare di resistenza e di
velocità.
Non si può infine dimenticare la numerosa partecipazione di soci Cerea alla
regata forse più massacrante che ci sia, il Giro del Lago Lemano, circa 170
chilometri percorsi in buona parte di notte, senza soste e senza scali. I primi a
parteciparvi furono Calcagno, Coero, Gubella, Luca Oddone e Saccone nel 1989,
a bordo di una jole di punta; L’anno successivo l’equipaggio di Calcagno, Gubetta,
L.Oddone e Saccone fu costretto al ritiro per i violenti crampi che misero fuori
gioco uno dei vogatori.
Nel 1991 toccò a L.Oddone, Gubetta, Soave, Saccone e Ventavoli terminare
la gara con una jole di punta, mentre nel ‘92 le forti onde affondarono e
costrinsero al ritiro Calcagno, Saccone, Soave, Ventavoli ed il forte francese
Giovannoni. Ma non solo titolati canottieri terminarono il percorso, perché Renzo
Orsina volle smitizzare quell’impresa come già aveva fatto correndo per due volte
339
Nell’arch. storico (Doc.C9) è conservata la precisa elencazione di tutti gli equipaggi che parteciparono alla HoRR
utilizzando l’organizzazione di Vittorio Soave, con i tempi, le posizioni di partenza e d’arrivo ed il tempo impiegato
dall’equipaggio vincitore.
139
La Cerea 1945-1997
la Vogalonga in singolo, impresa ripetuta nella Cremona Casalmaggiore; nel
1993, sulla distanza ridotta a 110 chilometri per i detriti galleggianti, ben due
furono le imbarcazioni della Cerea, l’una con Favole, Gubetta, Saccone, Soave,
Ventavoli, l’altra con G Benedetto, P.Italiano e Marco Molinaro, Matta e Orsina;
eppure anche questo secondo equipaggio finì la gara, con due ore di distacco
dalla barca migliore.
Nel 1994 parteciparono Gubetta, Tiziano Lazzari, Saccone, Soave e
Ventavoli; nel 1997 partecipò invece una Gig formata dal grande Mauro Torta ma
anche da Orsina, da Piero Bini, da Fabrizio Hardouin e da Renato Valpreda:
buoni ultimi terminarono però il percorso più freschi di quanto chiunque avrebbe
immaginato, parteciparono allegramente alla premiazione dopo aver vogato per
quasi 21 ore, dimostrando la vitalità dei soci Cerea e la capacità, anche nei soci di
recente avvicinamento alla voga, di portare a termine imprese faticose e difficili.340
2 GLI ALTRI SPORT
Nel 1976, sotto la presidenza di Dino Ponte, la Cerea diede il nome ad una
squadra di pallacanestro. Cosa curiosa, che merita una completa spiegazione.
Giorgio Ponte in gioventù non aveva praticato il canottaggio, ma amava il
basket ed arrivò a giocare in serie B. Con altri ex giocatori di serie A e B, non più
giovanissimi, decise di costruire una squadra partendo dalla prima divisione. La
Cerea accettò di sponsorizzarli a costo zero, nel senso che la società fornì il
nome, le canottiere ed i soldi per l’iscrizione al campionato; la spesa fu davvero
modesta, 144.000 lire341 , ed in cambio i giocatori garantirono l’iscrizione alla
Cerea di un numero di loro sufficiente a coprire quelle spese, e la società divenne
così anche il punto di ritrovo dei giocatori, la loro sede.
Fecero parte di quella squadra ex giocatori di B come Enrico Bonamici, Tony
Carbone, Walter Daniele, Beppe Dotti e Giorgio Ponte, Frank Righini ex di serie
A, ma anche giornalisti come Mario Bruno, Guido Ercole e Giorgio Martellini.
La sola nota esistente nei verbali viene dalla comunicazione data da Dino
Ponte al consiglio del 24 novembre 1976: Ponte annuncia l’inizio del campionato
di
pallì¥Á
340
Un preciso elenco dei partecipanti e dei tempi impiegati è conservata nel Doc. C9.
341
Doc. A41
140
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141
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capita: nel 1988 lo sponsor TRAU lasciò, ritenendo eccessivi i 300 milioni
occorrenti per partecipare al campionato. La Cerea Basket cedette quindi al
Collegno Basket il diritto di partecipare al campionato di serie B, ma con l’obbligo
di conservare il nome Cerea.
Ancor oggi la Sanfilippo Collegno associa a questa denominazione quella
della Cerea; raro esempio di società canottiera capace di imporre il proprio nome
ad una squadra di basket di una cittadina priva di laghi o fiumi navigabili.
Non ha invece conservato il nome originario la Cerea Triatlon, costituita nel
1989. Ai suoi albori quel faticosissimo sport piacque subito ai soci Cerea, sempre
ansiosi di cimentarsi in competizioni dure e faticose. Fu così che alcuni soci della
Cerea, con altri della Torino ‘81 Nuoto, si diedero agli allenamenti imposti dalla
nuova specialità; la corsa e la bicicletta erano ampiamente praticate in società,
mentre per il nuoto fu fondamentale l’aiuto della Torino 81, che mise a
disposizione piscina ed istruttore. Bodo, Gurlino, Raimondo, Luca Oddone,
Fogliato, Monzeglio, Coero, Calcagno e molti altri si cimentarono in gare in Italia
ed all’estero, e la cosa proseguì per alcuni anni.
La Cerea Triathlon fu costretta al cambio di nome perché la Cerea, per
iscrivere una squadra alla neonata federazione, avrebbe dovuto variare lo Statuto
inserendo quello sport nell’oggetto sociale, e nessuno lo volle, nemmeno i triatleti.
Resta però alla Cerea il ricordo di quell’esperienza grazie all’ospitalità concessa
alla gara di duathlon che, ogni inverno, viene organizzata alla Cerea, luogo di
partenza e di arrivo della competizione.
Grande peso acquisì negli anni ‘90 anche la bicicletta.
I numerosi soci amanti di questo sport iniziarono a ritrovarsi a gareggiare sul
percorso ideato da Vittorio Soave: partenza da Ulzio, Bardonecchia, Colle della
Scala, Briancon, Moginevro ed arrivo a casa Soave; un appuntamento estivo
ormai tradizionale.
Ma i ciclisti non si accontentarono di un percorso così breve, e da anni
organizzano settimane ciclistiche sui grandi colli della leggenda ciclistica. Sono
una quindicina i soci Cerea in grado di scalare lo Stelvio o il Falzarego, da Coero
a Namari, Gribaudi, Bodo, Weltert, Costanzo, Corrado Giampiccolo, Toni Lazzari,
Gubetta, Bonfanti tra gli altri.
Non meno numeroso è il gruppo di soci dedito al Trekking alpino.
Se alla Cerea non mancano alpinisti di buon livello a continuare una
tradizione che vide tra i soci anche Ottorino Mezzalama342, molti sono coloro che
in modo più modesto amano le gite abbordabili. Anche questa consuetudine
nacque negli anni ‘90, con l’organizzazione di percorsi alpini della durata di alcuni
giorni. Gli esperti Ciciu Baima e Mellano con Rolle, Bonfanti ed altri assai meno
capaci, hanno negli anni girovagato per il Monviso, la Val di Susa, il Gran
Paradiso lasciando il nome della Cerea sui libri di rifugio e di vetta.
342
Fu ammesso come socio dall’assemblea del 21/7/1913
142
La Cerea 1945-1997
Non devono essere dimenticate altre occasioni sportive che videro i Cerea
partecipare alle più svariate competizioni, a condizione che si trattasse di grandi
fatiche o di discreti pericoli: dalle corse in montagna alla “Antichi Passi”, gara di
corsa e sopravvivenza alpina che vide per due anni la partecipazione di Beppe
Girone, Saccone, Soave e Toni Lazzari, alle gare podistiche, alle maratone, fino
al Rafting in cui si cimentarono contemporaneamente una ventina di soci.
Ogni competizione nuova e faticosa era l’occasione per misurarsi, anche la
gara di corsa, bicicletta e ski - roll della Val Angrogna vide la partecipazione di
Coero, Saccone, Calcagno, Lazzari, Girone e Soave, così come numerosi furono i
soci Cerea che parteciparono alla Marcia del Gran Paradiso, alla 24 ore di fondo
di Pinzolo ed alla Marcialonga343
343
Nella cartella Doc.C.9 sono conservate classifiche di gare curate da Vittorio Soave.
143
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO VIII
I RAPPORTI CON L’ ESTERNO
1 I RAPPORTI ISTITUZIONALI E POLITICI
Nel cinquantennio esaminato la Cerea affrontò solo raramente problemi che
avessero anche una valenza esterna alla società.
La prima questione di tal genere affrontata dai soci riguardò il contributo dato
dalla Cerea per l’apertura di un passaggio fra le macerie dei due ponti di
Moncalieri e favorire così il turismo. Ne riferì Casalis nella seduta di Consiglio del
17 luglio 1945, ed anche se non sappiamo quale fu l’esborso la notizia è
interessante, sia per la luce che getta sui drammatici problemi di quel periodo, sia
per come evidenzia l’importanza che allora rivestiva il turismo fluviale; risalire il Po
era tanto necessario da non permettere l’attesa del più organico intervento di
ricostruzione dei ponti.
Nella stessa riunione fu posta una questione di tipo politico, con implicazioni
importanti per la vita della Società: Sorge la questione se sia il caso di riportare la
completa intestazione della Società e cioè “Reale Società Canottieri Cerea” o più
semplicemente “Canottieri Cerea”. Sono sostenitori della prima tesi, in particolar
modo Bobba (non Giovanni!), e D’Alberto, nonché Girardi, Cane ed Abelly. Sono
invece contrari Casalis e Crovella. Sopraggiunge intanto il Presidente Derossi e si
dichiara favorevole alla conservazione integrale della nostra denominazione. La
questione fu posta anche nell’assemblea straordinaria del 10 aprile 1948: Il
Presidente (Derossi) chiede all’Assemblea se sia conveniente conservare o no il
titolo di Reale Soc. Canottieri Cerea, titolo conferitoci per anzianità di fondazione
e per meriti sportivi, con regolare brevetto della Real Casa, malgrado che lo Stato
Italiano sia eretto attualmente in Repubblica e non più in regime monarchico.
Si formano nell’assemblea correnti di pensiero favorevoli alla conservazione
del titolo, ed altre contrarie. Messa ai voti la proposta, la maggioranza dei presenti
è favorevole alla conservazione del titolo “Reale” così che la denominazione sarà
ripristinata in :
Reale Società Canottieri Cerea
Non è facile capire se la decisione sia dipesa da ragioni politiche, se cioè la
maggioranza dei soci fosse filo monarchica, oppure se essa fu determinata dalla
volontà di mantenere il titolo onorifico a suo tempo concesso dal Re alla Cerea.
Fu comunque una scelta abbastanza coraggiosa, perché la vecchia
denominazione poteva, in quegli anni, creare qualche problema o almeno
suscitare dubbi sul tipo di associazione, nel senso di far apparire la Cerea come
un circolo politicamente schierato a favore della monarchia. Non è casuale
144
La Cerea 1945-1997
l’aggettivo usato da Derossi: conveniente, se sia conveniente. Ma bisogna dire
che la denominazione completa della Cerea non veniva esibita: sui documenti e
sulla carta da lettere si legge abitualmente solo “Soc. Canottieri Cerea”; fino ad un
paio d’anni fa la denominazione depositata presso la Federazione non
comprendeva l’aggettivo “Reale”, sicché tale qualifica venne mantenuta, ma non
ostentata.
Sono assenti fino al 1959 i riferimenti ad altre società, salvo per il generico
invito rivolto da Casalis ai soci che fanno parte di altre Associazioni, pregandoli di
facilitare contatti tra gli esponenti di quelle e della nostra Società, al fine di
procurare l’afflusso di nuovi soci sia effettivi che vogatori344.
Abbondano invece le citazioni di incontri con gli amministratori pubblici in
relazione al contratto di locazione o a richieste di aiuto finanziario. Tralasciando le
questioni connesse ai rinnovi contrattuali è interessante notare che nel mezzo
secolo esaminato due furono i momenti in cui la Cerea sembrò avere rapporti
particolarmente amichevoli e stretti con i politici torinesi: gli anni 59/60 ed il
periodo 1978/83.
Nel 1959 fu Derossi ad avere facile accesso al Sindaco ed agli Assessori,
certo grazie alla sua notorietà ed alle cariche ricoperte nelle organizzazioni
imprenditoriali. Come sempre, quando parla Derossi, è però difficile distinguere la
realtà dalle speranze, la verità dal narcisismo.L’ing. Derossi dichiara di avere già
parlato con il Sindaco della Città (avv. Peyron) allo scopo di avere una
sovvenzione in quanto il centenario di fondazione della Società coincide con la
mostra del 1961....Invita però i signori consiglieri a non divulgare la notizia perché
non è ancora sicuro l’esito, anzi dichiara che nell’assemblea generale dei soci egli
stesso sarà molto evasivo in merito allo scopo di non dare adito a facili
fantasticherie nei soci, fantasticherie pericolose all’adempimento dei compiti
propostici. Per ottenere fondi per le necessarie migliorie l’ing. Derossi promette il
proprio interessamento anche presso il sig. Oneglio - Vice Presidente del CONI e presso il rag. Costamagna, Assessore Comunale al Patrimonio345. Abbiamo
visto in altro capitolo, a proposito della ventilata fusione col Circolo della Stampa,
come i 10-12 milioni garantiti da Derossi come contributo del Comune, si siano
infine ridotti a 3 milioni, oltre alla cinta in ferro installata dal Municipio proprio per il
Centenario dell’Unità d’Italia.
Indipentemente dagli scarsi successi ottenuti, è evidente che Derossi aveva
una certa familiarità con i responsabili del Comune, della Prefettura e degli altri
poteri locali, spesso indicati come suoi interlocutori; i contatti si infittirono in
preparazione dei festeggiamenti del Centenario, che videro la presenza delle
massime Autorità.
Il secondo periodo di particolare vicinanza ai vertici amministrativi e politici fu
invece quello tra il 1978 ed il 1983; Renzo Ventavoli ottenne attenzione dagli
Assessori delle giunte dell’epoca, che ben conosceva personalmente, con risultati
formidabili per la Cerea. Nei verbali di quegli anni sono frequenti i riferimenti agli
assessori Vindigni, Tessore, Alfieri, ma anche al Consiglio di Quartiere ed al suo
Presidente Delmastro, per ragione della cessione del campo bocce ma anche per
programmi dedicati allo sport giovanile. Insomma, abbondavano i collegamenti
344
Ass. 17/2/1952
345
Cons. 22/3/1958
145
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con le forze politiche ed amministrative, di solito del tutto estranee ai problemi
esaminati in sede di Consiglio.
Ma ritorniamo agli anni ‘60: i festeggiamenti per l’Unità d’Italia lasciarono
traccia nei verbali principalmente come occasione di possibile finanziamento per
la esausta Cerea; solo due sono i riferimenti alle manifestazioni vere: Viene
concordato il benestare all’Ente Turismo per l’ingresso in società agli addetti
all’installazione dei fili necessari all’impianto sonoro per la Regata Storica del 2
luglio. Il comm. Girardi relaziona sulla riunione svolta il 6 corrente al Circolo degli
Artisti con la partecipazione di tutti i rappresentanti delle società di canottaggio di
Torino, del Direttore dell’Enal e di un funzionario della Rai. Scopo la
manifestazione sul Po dell’8 e 9 luglio346.
Molto più ricca è la documentazione delle celebrazioni del Centenario Cerea
conservata negli archivi347, ove si trovano appunti, inviti, il menu del pranzo
riservato ai soci e quello del pranzo di gala, cui parteciparono il Sindaco, il Rettore
dell’Università Allara ed altre autorità, appunti e lettere che permettono di
comprendere quale grande impegno ed occasione costituì il centenario per i soci
dell’epoca. Tra quei documenti c’è anche una relazione di Dino Ponte sullo
svolgimento dell’Assemblea Federale, raro esempio di precisione nel descrivere
manovre assembleari, ed unico caso di resoconto della partecipazione ad una
assemblea federale, al dichiarato scopo di ottenere dalla Federazione la maggiore
valorizzazione possibile del Centenario Cerea.
A parte quella relazione, sono scarsi i riferimenti alla Federazione di
canottaggio , in genere citata come fonte di possibili sostegni economici. Fanno
eccezione la notazione relativa all’ottimo lavoro organizzativo svolto dal Vice
Presidente Casalis in occasione dei festeggiamenti per il 75° anniversario della
fondazione FISA348 e la festicciola tenuta nel 1968 per il conferimento della Stella
d’Oro al merito sportivo349
Poco frequenti sono i riferimenti ad altre associazioni sportive.
Tra le società consorelle la più citata è certamente l’Eridano - Circolo Degli
Artisti, da sempre molto legato alla Cerea. Già nel corso della riunione di consiglio
del 2 dicembre 1945 abbiamo una notizia che attesta la particolare amicizia che
legava i due clubs: Il Circolo degli Artisti gradirebbe accogliere i soci della Cerea
che desiderassero usufruire della sua sede invernale e dei campi da tennis
esistenti presso l’Eridano. Si delibera di appoggiare tale iniziativa, richiedendo
tuttavia le condizioni che il Circolo stabilirà per il prossimo anno.
In seguito furono abbondanti le relazioni tra i due clubs, specialmente per il
gioco delle bocce, come si può leggere nel capitolo a ciò dedicato; e negli anni ‘60
non mancarono incontri tesi a fondere i due circoli, entrambi in grave difficoltà,
ma di questo si è già detto. Si noti, il progetto di fusione riprendeva un’idea molto
antica, perché negli anni ‘30 fu perfino elaborato un progetto per una nuova
346
Cons. 7/6/1961
347
Cartelle B.15 e B.15.1
348
Ass. 17/12/1967
349
Ass. 25/2/1968
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La Cerea 1945-1997
costruzione, da elevare in C.so Moncalieri, destinato ad ospitare la Cerea Eridano350.
L’Esperia fu invece additata ad esempio nel corso della polemica tra Derossi
e Boccalatte in merito alle spese fatte nel 1945 per restaurare la sede: Il
Presidente ricorda che in altri tempi l’Esperia si è impegnata per lire 1.000.000 e
che ora è munita di tutto quanto occorre per soddisfare le esigenze dei numerosi
suoi soci351.
C’è un solo riferimento all’Armida, per la partecipazione ai festeggiamenti del
suo Centenario di fondazione352, e qualche citazione in occasione di acquisti di
barche usate da tale società.
Tra le società non torinesi la Can. Olona fu portata ad esempio di società in
forte sviluppo, con splendida sede, attività di atleti, feste353, forse per trarre dalle
sue attività ispirazione per il rilancio della Cerea.
2
RICORRENZE E ALTRE VISITE
Nel 1953 la Cerea ospitò il congresso dell’Associazione Nazionale Vecchie
Glorie e Fedeli del Remo, associazione oggi scomparsa, della quale manteniamo
un paio di diplomi nella sala del biliardo. L’evento fu annunciato all’Assemblea
dell’8 febbraio 1953: L’ing. Boccalatte informa inoltre l’assemblea che
l’Associazione Vecchie Glorie e Fedeli del Remo ha stabilito di effettuare nella
nostra sede il Congresso annuale dei propri Soci, nella prossima primavera: ciò in
considerazione del glorioso passato sportivo della nostra società e per onorarla
nel suo 90° anno di vita. L’Assemblea unanime si dichiara onorata e dà mandato
al Consiglio Direttivo di preparare per l’occasione un programma degno delle
nostre tradizioni di ospitalità e signorilità.Il Consiglio preparò con cura il congresso
per il giorno 25 aprile 1953: Si stabilisce di adunare i convenuti al mattino nei
nostri locali per l’assemblea e i lavori del Congresso; in seguito verrà offerto un
vermuth d’onore a tutti i partecipanti (si prevedono 140 - 150 persone) quindi
prenderanno parte al pranzo che si è provveduto da parte nostra organizzare e
fare preparare dal Ristorante della Rotonda. Si decide di invitare numerosi i nostri
soci e quelli delle società torinesi, al fine di onorare le Vecchie Glorie del Remo e
perché il Congresso si effettui in un clima di generosa ospitalità e signorilità
conforme alle nostre tradizioni354 .
Più importante per la Cerea fu l’organizzazione del Centenario dalla
fondazione, che ebbe un notevole rilievo esterno.
350
Doc. B.1.4 e B.1.5
351
Cons. 16/12/1945
352
Cons. 23/9/1969
353
Cons. 25/10/1966
354
Cons. 16/4/1953
147
La Cerea 1945-1997
Il Consiglio insediò nella seduta del 18 maggio 1962 il comitato incaricato di
organizzare le celebrazioni del centenario, nelle persone dei soci Casalis, Tibò,
Abelly, Del Pozzo e Bonetto. Erano previste cerimonie, festeggiamenti,
ricevimenti e riunioni di carattere sportivo oltre ad una monografia. Nella seduta
del 12 dicembre 1962 fu esaminata la monografia preparata da Del Pozzo ed
anche l’oggetto preparato a ricordo delle manifestazioni: Viene poi discussa la
coniazione delle medaglie ricordo che porteranno da una parte lo stemma sociale
e di contro le date 1863 - 1963. Dette medaglie dovranno essere consegnate
gratuitamente : 1° alle società appartenenti al Comitato I Zona; 2° alle autorità che
dimostrino di prendere parte in modo tangibile alle manifestazioni del Centenario.
L’ abbondante materiale relativo alle manifestazioni conservato nell’archivio
indica che le manifestazioni per i cento anni sicuramente ebbero un eco sulla
stampa cittadina perché le molte occasioni, dalle grandi regate ai pranzi ufficiali,
ebbero la presenza di autorità. Forse il Centenario, abilmente sfruttato, costituì
una boccata d’ossigeno per la società che viveva uno dei momenti più cupi, visto
che i soci erano solo 81.
Molti anni trascorsero senza che la Cerea trovasse occasione di ritornare
agli onori delle cronache; nel 1988 giunse improvvisa ed inaspettata la visita
dell’ex Regina Maria Josè, che pose la Cerea tra le pochissime mete della sua
prima visita ufficiale in Italia. Fu Vittorio Soave, legato a Casa Savoia da interessi
librari, a porre le premesse per la visita.
Ci informò ufficialmente della visita il Vice Sindaco Marzano con pochissimi
giorni di anticipo, vincolandoci alla totale riservatezza; chiese una buona toilette
pulita ed in ordine, una colazione leggera e poche persone a tavola. L'entusiasmo
era tanto, almeno quanto i problemi; la toilette non poteva migliorare granché, fu
cambiato l'asse della tazza ed imbiancata la parete; tutto il Consiglio si precipitò,
con le mogli, a lucidare le coppe ed a spolverare quadri e stendardi; si discusse a
lungo il menu con il gestore Biagio, che insisteva per un salmone in bellavista,
bocciato all'unanimità: naturalmente alla Regina fu presentato il salmone.
Angoscianti furono anche i dubbi protocollari che colsero tutti per la scarsa
abitudine a trattare con Maestà; fu il socio Principe Imperiali ad impartire le norme
di comportamento. Un paio di giorni prima della visita la notizia comparve sui
giornali e così giunse a tutti i soci, che vennero mobilitati per l'occasione. Maria
José arrivò per restare alla Cerea un paio d'ore; i membri della società
organizzarono una splendida messa in scena. A parte i cinque incaricati di fare
gli onori di casa, c'era una dozzina di soci in divisa che scacciavano giornalisti e
paparazzi fuori dai cancelli; anche ad una delegazione dell'Armida, furente, fu
impedito di omaggiare l'ex Regina. Molti soci incrociavano in barca, naturalmente
con la maglia sociale; praticamente tutti erano impegnati nel servizio o nella
scenografia, tutti meno quattro che si aggiravano sulla terrazza in calzoncini e
canottiera. Ponte vide con la coda dell'occhio le maglie bianco celesti e si
convinse che fossero giovani atleti, tanto che annunciò: "Maestà, ecco i nostri
canottieri!"; ma girandosi vide che si trattava di Sandro Giampiccolo, Cristilli,
Todisco e Baruffaldi, e quasi svenne. Sua Maestà volle però conoscere i prodi
canottieri, da allora noti come i canottieri della Regina, e se Giampiccolo era tanto
commosso da non mollarle più la mano, Todisco uscì con un sonante "Piacere
Todisco!". Anche quando la Regina salì sul motoscafo guidato da Bouquié, al
momento dell'imbarco la confusione era notevole, tanto che Pippo accelerò senza
148
La Cerea 1945-1997
accorgersi che la catena fissava saldamente lo scafo al pontone. Per miracolo
non perdemmo la Regina nel Po. La facemmo sedere su una sedia da giardino
dalle gambe segate, ben fissata, munita di cuscino e coperta da una pezza di
velluto blu Savoia; ma tutto ha un prezzo, ed alla cena di Natale il cuscino ove
giacquero le reali terga fu battuto all'asta, aggiudicato per 2.100.000 ad una
cordata ispirata da Fassino. Dopo la gita di Maria José sul fiume si passò alla
colazione, ed a metà Maria José ci salutò e andò via.
Le foto della memorabile giornata finirono sul libro dei 125 anni ma anche su
tutti i quotidiani italiani e la Cerea ebbe un momento di celebrità; c'era anche
invidia in giro, molti appartenenti al Circolo filarmonico, per esempio, si chiesero
perché mai l'ex Regina avesse scelto proprio la Cerea. Ce lo chiedemmo anche
noi, ma incassammo il successo ed i vantaggi di una improvvisa notorietà e
distinzione. Con un simile lancio pubblicitario diventò un successo anche la
presentazione del libro edito per ricordare il 125° anniversario, cui presenziarono
il Sindaco, il Prefetto, il Presidente della Provincia ed altre Autorità.
3 GLI OSPITI A PAGAMENTO
Per molti anni la Cerea ebbe soci in numero inferiore alla capacità ricettiva
della struttura; e visto che trovare nuovi soci era impresa impossibile noleggiò la
sede a chi possedeva i soci ma non i locali.
I primi ospiti furono i Pescatori alla Mosca, e furono anche coloro che
rimasero più a lungo legati alla Cerea. Nella riunione di Consiglio del 15 aprile
1966 il Vice Presidente Casalis riferì che le trattative da tempo intavolate con il
Club Italiano Pescatori a Mosca sono giunte a conclusione così che il il Club che
da tre mesi tiene le sue riunioni al giovedì sera per concessione diretta in via di
esperimento, invierà cinque domande di ammissione a socio effettivo di altrettanti
suoi soci fondatori. Cinque nuovi soci portavano danaro indispensabile; il disturbo
arrecato era minimo, perché in quello stesso periodo il consiglio constatava che la
frequenza dei soci non era molto brillante355, e non poteva essere diversamente
visto che i soci erano circa 85, compresi i 17 dirigenti Microtecnica.
Furono vagliate altre possibilità di ospitare associazioni, come avvenne nella
seduta di consiglio del 5 settembre 1966: Ass. Naz. Atleti Azzurri d’Italia. Viene
discusso il contenuto di una lettera giuntaci da detta Associazione e che ci chiede
di mettere a disposizione degli Azzurri torinesi la nostra sede. Quanto in oggetto
viene caldeggiato dal sig. Casalis che è membro di questa Associazione e viene
deliberato di mettersi in contatto con la segreteria per un abboccamento. Già il 19
settembre, dopo aver avuto incontri con i dirigenti di quel gruppo, il Consiglio
decise le proposte da avanzare: La segreteria verrà messa a disposizione una
volta alla settimana (mercoledì ore 21) mentre la sede verrà messa a disposizione
non più di una volta al mese previa autorizzazione della nostra Direzione. Pare
355
Cons. 27/6/1966
149
La Cerea 1945-1997
che non vi fosse contropartita economica per la Cerea, e forse anche per questo
la cosa non ebbe seguito.
I Pescatori si trovarono benissimo in società, tanto che il 9 ottobre 1967 si
discusse sull’opportunità di scrivere ai P.A.M. e far presente che, data la notevole
affluenza di quei soci tutti i giorni, venga aumentato il numero degli iscritti da 5 a
10 soci. Il Presidente dei Pescatori, dr. Onesti, partecipò all’assemblea del 17
dicembre 1967 ringraziando, anche a nome dei soci P.A.M., la Società Cerea per
l’ottima ospitalità nei locali sociali. E’ probabile che la richiesta di aumentare le
quote sia stata avanzata effettivamente ai Pescatori, perché almeno nel 1969 essi
pagarono 10 quote; ma la loro presenza portò qualche disturbo ai pochi soci,
tanto da rendere necessario discutere l’opportunità di disciplinare l’uso del
ristorante, in particolar modo da parte di alcuni soci P.A.M.356.
I soci Cerea erano costretti a subire gli aspetti negativi di quella convivenza
per il semplice motivo che non potevano fare a meno del contributo economico
degli ospiti. Così, quando nel 1969 furono aumentate le quote sociali, i Pescatori
comunicarono di non poter accettare l’aumento da 48.000 a 60.000 lire e si
deliberò per ragioni di opportunità di esonerare quei soci P.A.M.357. Neppure i
Pescatori godevano d’altronde di buona salute economica: GRUPPO
PESCATORI A MOSCA. Tale circolo a noi aggregato versava annualmente L.
480.000 con diritto di usufruire dei locali sociali la sera di giovedì di ogni
settimana. Figuravano come soci 10 e poi 8 persone attualmente dimissionarie
per ragioni interne. Successivamente ci venne richiesta una riduzione di quota a
L. 300.000 annue. Data la situazione attuale della nostra società, tale riduzione
viene accordata per un solo semestre, sino al 30/6/1970, precisando che il
G.I.P.M. viene accolto come gruppo aggregato senza ingerenze nella nostra
amministrazione con la riserva di tornare in argomento nella prossima primavera
qualora le soluzioni di abbinamento con altri circoli possa renderci una sufficiente
autonomia358 .
Abbiamo visto come la frequenza degli ospiti fosse quotidiana e come il
ristorante fosse da loro assiduamente frequentato; la necessità di ribadire
l’autonomia amministrativa della Cerea è indice evidente di invadenza dei
Pescatori.
La situazione economica e dei soci era talmente grave che nell’assemblea
del 7 marzo 1970 il Vice Presidente D’Alberto espose l’intenzione del consiglio di
modificare lo Statuto per prevedere gruppi aggregati, con modalità e condizioni da
stabilire dal Consiglio Direttivo, ottenendo l’approvazione di massima del progetto.
L’assemblea del 12 gennaio 1974 autorizzò all’unanimità il neoeletto
Consiglio, presieduto da D’Alberto, ad ammettere come soci aggregati
componenti il circolo Nautico di Viverone con quota annua di lire 500.000, oltre a
20 quote ridotte da definirsi. Probabilmente i Pescatori avevano già lasciato la
Cerea visto che nessuno pose il problema di un eccessivo numero di ospiti
aggregati. La somma che i velisti dovevano versare era veramente importante,
giacché la quota sociale annua era di 70.000 lire.
356
Cons. 14/1/1968
357
Cons. 13/2/1969
358
Cons. 30/10/1969
150
La Cerea 1945-1997
Anche quel sodalizio ebbe vita breve.
Il 9 marzo 1976 il Consiglio delegò infatti al Presidente la trattativa con il
gruppo Y’s Men per la loro aggregazione alla Cerea. A differenza dei precedenti
ospiti gli Y’s men erano più vicini ad un Lion o ad un Rotary che ad una società
sportiva; non risulta dai verbali quali accordi furono presi con quelle persone, ma il
libro dei conti del 1976 reca, tra le voci di entrata, l’indicazione Soci Y’s Men:
erano 17 persone e pagarono la quota di 70.000 lire a testa, esattamente come i
soci effettivi. Gli Y’s men fecero così della Cerea la loro sede di ritrovo. Il notaio
Gardini era uno dei loro animatori ed in qualche occasione prestò anche la propria
esperienza alla Cerea; sembra d’altronde che essi fossero soci a tutti gli effetti,
anche se identificati come appartenenti ad altro club. L’assemblea dei soci
autorizzò l’ingresso in società di quel gruppo il 27 marzo del 1976 mentre
l’ingresso ufficiale avvenne il 4 aprile successivo359.
Pur non conoscendo gli accordi intervenuti possiamo registrare qualche
difficoltà nei rapporti reciproci; mentre il Direttivo della Cerea autorizzava il notaio
Gardini a collocare nel salone un pianoforte per alcune riunioni musicali lo stesso
Gardini chiedeva che il suo gruppo fosse esonerato dal pagamento della quota
straordinaria di 30.000 lire360. In fondo ciò non stupisce, perché la consuetudine di
applicare a metà anno una pesante quota straordinaria sembrava un chiaro
metodo per violare gli accordi presi, ma la vicenda è anche specchio delle
difficoltà incontrate con tutti i gruppi ospiti. Perfino i soci indicati quale Gruppo
Microtecnica spesso non versavano la quota straordinaria, ma ciò dipendeva
dall’esistenza di importanti oblazioni della stessa Microtecnica, sicché fu scelta la
via di sorvolare sulla necessità di pagamenti ulteriori, comunque ben modesti
rispetto a quanto l’Azienda di Derossi versava annualmente.
Non fu invece accolta la domanda della Federazione Arbitri di Pallavolo per
l’affitto del salone una sera al mese: l’offerta di lire 10.000 per ogni serata era così
modesta che il Consiglio la respinse all’unanimit à361.
Nel 1979 fu la volta del Club della Vela, i cui soci attendevano dalla Cerea
proposte che permettessero loro di disporre delle strutture Cerea (palestre,
spogliatoi, docce)362. L’esito delle successive trattative fu sicuramente
condizionato dal fatto che, pochi giorni dopo, l’Assemblea del 4 dicembre 1979
respinse unanimemente la proposta di modifica del Regolamento sociale relativo
alla possibilità di inserimento di aggregati soggetti al pagamento di quote
differenziate o agevolate. I soci del Club della Vela non volevano solo un punto di
ritrovo, intendevano anche usare la Cerea come ne fossero soci; fu loro concesso
l’uso del salone nella sera del giovedì a fronte del pagamento di sei quote 363.
I soci della Cerea tendevano però a divenire esosi con i propri ospiti, almeno
quanto erano fermi nella volontà di pagare per loro stessi una quota modesta; il
9 ottobre 1980 il Direttivo decise di chiedere ai velisti, per il 1981 e per la
359
Cons. 24/11/1976
360
Idem
361
Cons. 22/2/1978
362
Cons. 7/11/1979
363
Cons. 9/1/1980
151
La Cerea 1945-1997
consueta riunione del giovedì sera, 2.000.000 pari a 10 quote; forse troppo per un
club che non raggiungeva i 70 soci.
Infatti Il Club della Vela se ne andò, lasciando così ai soci la possibilità di
riprendere l’abitudine della cena sociale al giovedì sera, alla quale il Presidente
Dainotti invitò i soci nel corso dell’assemblea del 14 aprile 1983.
Nella sede, ma di martedì, erano tornati in quegli anni i Pescatori alla Mosca
a fronte del pagamento di quattro quote364. L’esosità mostrata nei confronti dei
velisti aveva creato un discreto danno alla Cerea, e come se lo sapessero, i
Pescatori avanzarono altre pretese: fu loro concesso l’uso di un armadietto ma fu
negata la possibiltà di appendere quadri del loro materiale didattico365. Gli ospiti
intensificarono le loro insistenze, tanto che il Direttivo, il 3 febbraio 1983, dovette
respingere la richiesta dei pescatori alla mosca di esporre il loro distintivo accanto
a quello della Cerea, mentre guadagnò tempo sulla richiesta di esporre quadri con
mosche e consentì solo ad ospitare un loro mobile libreria. La vecchia Cerea non
poteva essere occupata da mosche e stemmi altrui; almeno non per sole quattro
quote.
Per due anni fu poi la volta dei Gommonauti, circolo di appassionati del
gommone, che ogni settimana si ritrovavano in societàdi mercoledì, pagando
100.000 lire a testa, l’equivalente di qualche quota.
Nel 1988, partiti per altri lidi i Gommonauti, ci fu il ritorno del Circolo Nautico
Viverone che iscrisse 4 soci per usare il salone una sera ogni due settimane. Solo
agli inizi degli anni ‘90, consolidato un relativo benessere, fu possibile fare a meno
degli ospiti a pagamento che per oltre 20 anni avevano accompagnato la vita
sociale.
4 I GEMELLAGGI E LA LEGA VOGATORI VETERANI DEL PO
Abbiamo visto in precedenza come la Cerea avesse un legame particolare
con l’Eridano, per ragioni storiche e per comuni interessi boccistici. Ma quella
comunanza di interessi non sfociò in nulla più di una forte amicizia.
Fu invece il canottaggio al centro di un’iniziativa maturata negli anni ‘70, tesa
a collegare i canottieri torinesi indipendentemente dall’appartenenza societaria.
Nei primi anni ‘70 i giovani veterani della Cerea ripresero l’attività agonistica, si
recarono sui campi di gara nazionali ed esteri, rinsaldando così amicizie antiche e
stringendone di nuove. Nel 1977 fu Vittorio Soave a creare l’organizzazione
destinata ad assolvere ad una funzione di collegamento tra i veterani delle società
torinesi, la Lega Vogatori Veterani del Po, il cui breve Statuto è conservato in
segreteria366. La Lega aveva la funzione di coordinare le iniziative, organizzare
equipaggi misti e le trasferte, ma in un’ottica di unione tra i vogatori al di là
364
Cons. 4/2/1982
365
Cons. 6/1/1983
366
Doc.C.9
152
La Cerea 1945-1997
dell’appartenenza a questo o a quel club, ed era quindi destinata a scontrarsi con
lo spirito di club che è ragione stessa dell’esistenza delle diverse società.
La Lega fu costituita con atto notarile nel novembre del 1977; ne abbiamo
precise notizie grazie ad una lettera che la Lega inviò il 3 aprile 1979 ai Presidenti
di tutte le società torinesi con la richesta di libera circolazione e di libero uso delle
attrazzature sociali ai soci della Lega per gli allenamenti di equipaggi misti367; La
Cerea, il cui Presidente Dainotti era anche Presidente della L.V.V.P., aderì alla
richiesta salvo che per gli iscritti al Fiat, non assimilabili perché non pagano quota.
La stessa lettera ci indica in 60 i membri dell’associazione, torinesi ma anche soci
del Firenze e della Lario; le iniziative della Lega ebbero spazio in un giornale
ciclostilato, che forse si sovrappose, per poi sostituirlo, al notiziario che nel 1976
fu varato dalla Cerea: Viene deliberata la redazione di un notiziario periodico
affidato a Vittorio Soave in collaborazione con il C.D.368 ; del notiziario verranno
stampate 150 copie369 e verrà spedito alle altre societ à370. Tra i documenti
reperiti in segreteria c’è un ciclostilato, recante l’intestazione NOTIZIARIO
TRIMESTRALE II 1976371, interamente dedicato alla Cerea, alle notizie di
Consiglio, ai risultati sportivi ed alle attività dei soci. Soave ricorda infatti di aver
curato il notiziario trimestrale Cerea dal 1976 alla fine del 1977. In seguito quel
notiziario morì e fu sostituito dal bollettino della L.V.V.P., che recava il logo di tale
associazione e non si interessava delle notizie specifiche della Cerea. Il notiziario
della Lega uscì con cadenza tri - quadrimestrale in una decina di numeri 372 tra il
1978 ed il 1985 con qualche periodo di silenzio. La stessa sorte toccò alla Lega
dei Veterani del Po, che inizialmente organizzò importanti raid e coordinò la
partecipazione a gare all’estero; ma la Lega non acquisì mai vita propria, fu
Soave a farla vivere, e quando questi cessò di esserne l’anima ed il propulsore la
Lega si spense.
Da allora passarono più di dieci anni prima che Giogio Ponte perseguisse
una politica di gemellaggi tesa ad offrire al socio la possibilità di usare strutture
poste in altre città, oltre a fornire della Cerea un’immagine dinamica, utilizzabile in
qualche occasione.
La prima opportunità si presentò nel 1989 grazie alle buone relazioni di Aldo
Bruno con il Vice Presidente dello Yacht Club Italiano di Genova; non si trattava di
un circolo dedito al canottaggio, però la Cerea era stata uno dei membri fondatori
di quel prestigioso club velico. Così, come soci fondatori, furono presentati una
dozzina di soci Cerea invitati ad una grande cena nella sede dello Yacht Club; ma
la difficoltà di accedere alla sede genovese, posta nel porto all’esterno della cinta
doganale, e le difficoltà di coordinare le attività di due clubs dagli interessi così
diversi, sconsigliarono ulteriori passi verso il gemellaggio.
Giunse invece a conclusione il gemellaggio con la Tevere Remo. Il primo
incontro avvenne a Roma nell’aprile del 1991, ove si disputò anche una regata sul
367
Contenuta nella cartella Doc.C.9
368
Cons. 12/1/1976
369
Cons. 26/1/1976
370
Cons. 10/2/1976
371
Nel classificatore Doc. C.9
372
Conservati nella Cartella Doc.C.9
153
La Cerea 1945-1997
Tevere373, ma il gemellaggio fu deciso a Torino il 14 settembre di quell’anno con
una riunione dei due direttivi congiunti. Dopo la visita dei romani alla Cerea ,
avvenuta quel 14 settembre del 1991, sembrava deciso che ogni anno si
procedesse ad un incontro tra i soci delle due società; ma quando nel 1992 molti
soci Cerea si recarono a Roma per disputarvi una gara in 8 l’ospitalità fu assai
carente, al punto che sembrò opportuno non rinnovare gli incontri. Il gemellaggio
quindi resiste, ma in assenza di ogni incontro ufficiale.
373
Cons. 11/4/1991
154
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO IX
REGOLE E SANZIONI
1 LE REGOLE
Nei dieci anni successivi alla fine della guerra mondiale lo Statuto della
Cerea subì molte modifiche.
Parte di esse dipendeva strettamente dal mutato regime politico, come fu
per l’esigenza di rimuovere i riferimenti al regime fascista. Ma in parte le
numerose modifiche apportate dipesero dalla necessità di fissare delle regole
nuove, senza legami con quelle imposte per legge dal CONI sin dal 1931, uguali
per ogni circolo; ed occorrevano regole diverse da quelle antiche, risalenti al
1914, inadatte ai tempi nuovi. Il periodo fascista aveva posto regole obbligatorie
che prevedevano, tra l’altro, la nomina del Presidente da parte del CONI sicché la
società aveva da molti anni perso autonomia organizzativa, almeno sul piano
formale.
La fine della guerra e la ritrovata libertà colsero i soci della Cerea
impreparati ad una immediata codificazione delle regole di autogoverno;
l’abitudine acquisita di dipendere da un potere centrale che si occupava di ogni
cosa, compresi gli statuti delle associazioni, e le tante novità del periodo,
causarono un ritardo di alcuni anni nell’adeguare lo statuto.
L’assemblea del 14 marzo 1945, pochi mesi prima della Liberazione, adottò
un nuovo statuto: Secondo le nuove disposizioni del CONI lo statuto sociale della
Cerea deve essere sostituito seguendo un modello predisposto per tutte le
società e che risponde egregiamente allo scopo. Non ne abbiamo copia;
all’assemblea era presente un inviato del CONI e non ci si deve quindi stupire se
il nuovo testo passò senza la minima discussione e, per la verità, anche senza
approvazione neppure formale dei soci presenti. Era una disposizione da
accettare, non da discutere.
Tuttavia la stessa assemblea stabilì le diverse categorie dei soci, cosa
probabilmente rientrante tra le libertà rimesse ai soci: Vengono costituite le
seguenti categorie con le relative quote: Soci benemeriti - nessuna quota
speciale. Soci sostenitori - L. 5.000 annue. Soci ordinari - L. 1.200 annue. Soci
ausiliari - L. 600 annue. Soci vogatori - L.300 annue. Soci allievi vogatori - L. 10
mensili.
Stupisce invece che l’assemblea del 1946, parecchi mesi dopo la
liberazione, si sia limitatata ad accogliere la proposta di Boccalatte per la
formazione di una commissione destinata a rivedere lo statuto ed il regolamento,
155
La Cerea 1945-1997
lavoro che fu piuttosto lungo visto che il nuovo testo fu discusso solo nel 1948. Ma
quale statuto reggeva la società nel 1946 e 47? Si utilizzava quello imposto dal
CONI nel ventennio? E continuava a valere l’art. 1 che inquadrava la Cerea nel
complesso degli istituti del regime fascista? Forse sì, nel senso che non ci fu
nessuna fretta di adeguare lo statuto ai profondi cambiamenti intervenuti, sicché
probabilmente si cancellarono di fatto le parti aggiunte su ordine del regime, pur
senza provvedervi ufficialmente. Abbiamo una testimonianza diretta del ritardo
con cui la commissione si mosse, dal verbale di consiglio del 15 dicembre 1946: I
membri della commissione per la revisione del vecchio statuto, convocati e
presenti, fanno rilevare che il ritardo nel lavoro ad essi affidato, è dovuto al
mancato possesso di copie dello statuto da revisionare e di non essersi mai potuti
adunare per tale incombenza. L’avv. Lera esprime il desiderio di avere tali copie e
il segretario promette di mandarne una copia a tutti i membri per il 19 al più tardi,
unendo ad esse, se gli sarà possibile averle dalle società consorelle, una copia
del loro statuto regolamento. Il ritardo pare ingiustificabile, evidentemente il
compito era stato del tutto trascurato.
C’è però una circostanza ben più inquietante del ritardo, costituita dalla
bozza predisposta dalla commissione costituita da Boccalatte, Magni, Lera,
Casalis e D’Alberto.
Disponiamo dello statuto aggiornato in base ad una circolare CONI del 1931,
ricco di riferimenti al regime fascista374. Non abbiamo copia di quello imposto dalla
Repubblica Sociale nel marzo 1945, che però, nell’articolo 10, doveva contenere
le norme per l’elezione del consiglio; nessuno dei testi disponibili in archivio
contiene tali disposizioni all’art.10. C’è invece un testo dattiloscritto e non rilegato
che coincide esattamente nell’impianto generale e nella numerazione degli articoli
con quello ancora in uso, apportate alcune modifiche; ed è del tutto diverso da
quelli preesistenti e da quello del 1931. Dato che contiene l’indicazione della
categoria dei soci sostenitori, inventata nel marzo 1945, è successivo a quella
data, circostanza confermata dalla mancanza di ogni riferimento all’adesione della
Cerea al regime fascista; e differisce per minime cose dall’edizione ufficiale dello
statuto approvato nel 1948375. Sembra proprio la bozza dello statuto che, con
alcune modifiche, fu approvato dall’assemblea376. La cosa inquietante, per usare
un termine davvero riduttivo, è che quella bozza precisa che solo gli uomini sono
ammessi a far parte della società, e debbono essere di razza ariana.
Purtroppo non c’è che da prendere atto con sollievo del fatto che il
riferimento alla razza sparì già prima dell’assemblea visto che non se ne parlò,
ma la vicenda non può essere taciuta.
Torniamo all’assemblea del 10 aprile 1948 che esaminò il progetto di
statuto, in assenza di Derossi. I soci decisero a maggioranza di mantenere il titolo
‘Reale’, come esposto in altra parte. Quindi apportarono alcune modifiche alla
bozza, spesso curiose: stabilirono che la qualifica di socio anziano (a tariffa
ridotta) spettasse a chi maturava 30 anni di associazione, ridotti a 25 per chi
raggiungesse quell’anzianità entro il 1948; un regalo ai soci maturi. Stabilirono
374
Archivio Storico, doc. A.1. 4
375
Archivio Storico, doc. A.1.6
376
Archivio Storico, doc.A.1.5
156
La Cerea 1945-1997
l’età minima per i soci effettivi a 18 anni, dimenticando che il socio Giorgio Ponte
aveva un solo anno. Ottennero che il pagamento della quota potesse avvenire
anche mensilmente, con evidente aggravio di lavoro per la segreteria e maggior
difficoltà nell’ottenere il tempestivo pagamento. Fu modificata la bozza laddove
prevedeva che l’ammissione del nuovo socio spettasse all’assemblea.
Visto che l’assemblea aveva apportato parecchie modifiche fu deciso di
indire una nuova assemblea per l’approvazione definitiva, ma la cosa fu
dimenticata e lo Statuto nella sua interezza non fu mai votato.
Qualche modifica allo Statuto - mai approvato - fu invece apportata
dall’assemblea del 2 dicembre 1951377: mentre precedentemente non c’era limite
al numero dei soci, fu inserita una frase che rimetteva al Direttivo la
determinazione di tale numero, conseguenza evidente dell’enorme incremento
degli anni precedenti che, come sempre avviene, aveva spaventato alcuni soci
timorosi di perdere la propria tranquillità. Già nel 1946 Boccalatte aveva osservato
che la limitazione del numero dei soci determina il formarsi di quel cameratismo e
di quella cordialità che tutti ci invidiano378. Le altre principali modifiche
riguardarono il funzionamento della commissione accettazione soci , la nomina di
un secondo vicepresidente ed il funzionamento delle assemblee.
C’è però un contrasto netto e difficilmente spiegabile tra l’attenzione formale
che emerge da alcune minime ed insignificanti modifiche al testo precedente e la
disattenzione nei confronti delle norme regolatrici della vita sociale; disattenzione
manifestatasi con il ritardo di quasi tre anni nel dotare la Cerea di uno Statuto
emendato dalle incrostazioni lasciate dal fascismo, con la dimenticanza della
opportunità di votare il nuovo testo e, infine, con la disinvoltura con cui Derossi
inserì abusivamente un concetto a lui particolarmente caro. A differenza
dell’edizione del 1948 lo statuto del 1951 prevedeva infatti che potessero essere
nominate soci onorari anche quelle persone che per particolare posizione sociale
possono accrescere il prestigio ed il decoro della Società. Un concetto questo
carissimo a Derossi, che proprio alla posizione sociale fece più di un riferimento
riportato dai verbali di consiglio. Ma la modifica non fu discussa dall’assemblea nè
votata, fu semplicemente inserita nel testo senza che se ne sia mai accennato in
sede di assemblea.
Altre modifiche intervennero ad opera dell’assemblea del 7 marzo 1954, e
furono destinate in parte a sanzionare la morosità dei soci, manifestatasi in forma
davvero virulenta, con la possibilità di espulsione prima non prevista. Furono
anche precisati i periodi di svolgimento delle assemblee ed il sistema di voto e di
elezione alle cariche sociali, con un notevolissimo avvicinamento alle norme
attuali.
Trascorsero oltre venti anni prima che i soci fossero chiamati a modificare
nuovamente le norme statutarie. Già dal 1969 si ipotizzava la creazione di nuove
categorie di soci che potessero rinsanguare le esauste forze della Cerea,
ipotizzando soci giovani e gruppi aggregati. L’assemblea dell’8 marzo 1975 creò
la figura dei soci non effettivi con struttura simile a quella attuale, riservata a
coloro che avessero meno di 25 anni e che utilizzassero solo gli impianti sportivi o
che solo occasionalmente usassero i servizi della società. Nella stessa occasione
377
Archivio Storico, doc. A.1. 7
378
Ass. 17/2/1946
157
La Cerea 1945-1997
fu elevata al 50% della quota ordinaria quella quota straordinaria da richiedere ai
soci in caso di necessità, e fu stabilito che la decisione relativa non competesse
più all’assemblea dei soci bensì al direttivo.
Il 4 dicembre 1979 le numerosissime categorie dei soci furono ridotte a
quelle attuali, benemeriti, effettivi, non effettivi e vogatori e furono indicati i termini
per il pagamento della quota annuale.
Le proposte di modifica avanzate in seguito furono ritirate o bocciate.
Il ritiro della proposta si verificò nell’assemblea del 29 novembre 1990,
relativamente alla proposta di variazione necessaria per iscrivere la Cerea alla
Federazione Triathlon, attività di cui si parla in altro capitolo; fu Guido Bodo a
ritirare la proposta per evitare ai soci l’imbarazzante scelta tra un rifiuto opposto ai
soci che praticavano la nuova disciplina o la modifica dello scopo sociale storico
della Cerea, il canottaggio, con l’inserimento del nuovo sport. Nel 1994 i soci
bocciarono invece le proposte di portare il periodo di durata del consiglio a tre
anni e di elevare il numero dei consiglieri.
Mentre lo Statuto subì quindi aggiornamenti considerevoli, il regolamento
rimase sostanzialmente immutato, comprese le prescrizioni di divisa che oggi
appaiono un pezzo di storia, una memoria volutamente mantenuta. Solo l’annosa
questione delle barche private portò a modificare le norme regolamentari nella
parte dedicata a quel problema; e se nel corso degli anni furono aggiornati i
canoni pagati dalle imbarcazioni private per il posteggio, nel 1995 il Direttivo
prima e l’Assemblea poi inserirono l’art. 9 bis che giunse a proibire la sostituzione
delle barche private, con il duplice scopo di creare posti per le barche sociali e di
evitare che il privilegio di possedere un posto barca interno divenisse un diritto
vitalizio, a discapito dei soci esclusi da tale privilegio; l’introduzione di quella
norma portò proteste violentissime da parte dei proprietari di imbarcazioni private.
158
La Cerea 1945-1997
2 LE SANZIONI
Le misure disciplinari prese dai dirigenti della Cerea furono in realtà poche;
ma specie nei primi anni tra quelli esaminati si trovano alcuni casi interessanti
perché, al di là della specifica vicenda, ci offrono uno spaccato esemplare di
quale fosse la quotidiana vita sociale dell’epoca.
Le prime vicende cui il Consiglio si dedicò nel 1945 furono quelle relative alle
epurazioni: nella riunione del 17 luglio 1945 si prese in esame la situazione del
socio Bartolini, decidendo di inviargli una lettera per ottenere chiarimenti in
rapporto alla attività politica che avrebbe svolto dall’ 8 settembre 1943; lo stesso
Bartolini venne sospeso per un semestre, anche se non c’è traccia della relativa
delibera: Casalis legge una breve lettera del socio Bartolini, in sospeso da circa
un semestre; poiché l’allontanamento del Bartolini fu dovuto a richiesta del socio
Perpès (mal leggibile) si delibera di invitare il socio Perpès stesso a far conoscere
il suo pensiero in merito all’eventuale ritorno del Bartolini379 . La Cerea non prese
poi alcuna misura di espulsione nei suoi confronti, e quel nominativo risulta
ancora in un elenco del 1948, mentre già nel 1946 il Perpès non figurava più tra i
soci. Bartolini era socio dal 1928 e ciò, in qualche modo, avrà certamente giocato
a suo favore.
Contemporaneamente alla posizione del Bartolini il Consiglio aveva valutato
la situazione di un altro socio, nei guai non per ragioni politiche ma per fatti più
legati all’onestà: Socio Fiore. Si esamina la posizione del socio Fiore, che ha
avuto richiami e provvedimenti da parte della Amministrazione Finanziaria da cui
dipende agli effetti della sua eventuale espulsione. Si delibera di attendere ancora
e di intervenire definitivamente alla prima occasione (mancato pagamento quota,
infrazione regolamento sociale, ecc.). Fiore si comportò certo in modo esemplare,
perché nel 1948 era ancora socio; forse frequentava poco, visto che abitava ad
Asti, e la vicenda non ebbe alcun seguito.
La italianissima pratica di insabbiare ed occultare ogni spiacevole vicenda
trovò importante applicazione nel Caso Biancotti, così chiamato dal verbale di
Consiglio del 23 giugno 1947: si lesse la lettera del socio Biancotti che lamentava
di essere stato derubato, mentre stava prendendo una doccia, del portafogli,
contenente documento per lui importante, e di un orologio da polso, marca Zenith.
I documenti dopo pochi giorni gli vennero restituiti, anonimamente a mezzo posta.
Il Presidente dopo lunga discussione coi consiglieri Magni, Casalis, Ponte,
D’Alberto, ritiene essere conveniente, per la dignità della Cerea, di non lasciar
trapelare il fatto in Società, e si conviene da tutti di scrivere una opportuna lettera
al sig. Biancotti, riguardante il fatto e la decisione negativa, quale principio di
massima, di non rimborsare il danno denunciato da questo Socio. Il Presidente
avoca a sé la redazione della lettera al Biancotti, e personalmente si dichiara
disposto a donare al Biancotti un orologio da polso, di buona marca, onde
surrogare quello derubato.
379
Cons. 2/12/1945
159
La Cerea 1945-1997
L’attenzione dei consiglieri era anche protesa al rispetto rigoroso dei
regolamenti, anche quando si trattava di fatti ben meno gravi del furto: Il sig.
Abelly si fa portavoce di diverse lagnanze a carico del Socio Maggiore Cordara.
Egli denuncia alcune manchevolezze commesse da tale nominativo, e cioè:
Abuso della doccia sociale fatto dal figliuolo del Cordara, che quotidianamente
accompagna in tandem il padre, va nello spogliatoio dei soci, si cambia d’abiti, va
in barca col padre che lo lascia anche vogare, giunto in sede, prende la sua
doccia ecc. Abuso dell’uso delle imbarcazioni sociali da parte del Cordara, il quale
porta spesso dei familiari, o degli invitati maschi e femmine, usando qualche volta
due imbarcazioni contemporaneamente, lasciando vogare su una di esse, ed in
borghese l’invitato, con persona estranea alla società, mentre egli voga sull’altra
barca. Il segretario viene incaricato di scrivere al socio Cordara, contestandogli le
sue manchevolezze contrarie allo spirito ed alla lettera dei corrispondenti articoli
statutari380. Si trattava di un vero capo di imputazione dettagliato, in cui non
venivano solo indicate le mancanze, ma esse venivano frazionate in tante,
autonome, violazioni; il figlio del Cordara non solo usciva in barca sociale, ma
pure remava; non solo andava nello spogliatoio, ma si cambiava, e prendeva
anche la doccia. I suoi ospiti non solo prendevano la barca, ma per di più
remavano, ed ulteriore capo d’accusa, remavano in borghese.
Anche la recente motorizzazione spingeva i soci a violare le regole:
Borghero lamenta lo scarso senso di disciplina che è subentrato nell’ambiente
sociale che assume un carattere disordinato e poco piacevole sia per i soci che
per gli eventuali invitati: infatti parecchi soci sostano in società con i soli sleep
(sic) e poi ancora indecenti; altri soci proprietari di automobili, scooter che lavano
tali veicoli sul terrazzo usufruendo illogicamente gli impianti sociali e trasformando
il terrazzo in una autorimessa. Qualche moglie invitata di soci si sofferma nei
locali sociali in costume da bagno o vestiti troppo succinti381. Certo che l’immagine
che ne traiamo non è davvero esemplare; già l’idea di lavare l’auto sulla terrazza
stupisce; ma che nel 1950 signore in costume si aggirassero per i locali sociali tra
soci in mutande proprio stupisce viste le caratteristiche un po’ bacchettone della
Cerea d’allora. Gariel e Corne testimoniano che, allora, dovevano caricare le
ragazze in barca all’esterno della società; le donne non potevano entrare alla
Cerea.
Molto gustoso è anche il quadretto fornitoci dal verbale del 1 agosto 1952,
ove accusatore è D’Alberto, rigido cultore di costumi morigerati e del rispetto
delle regole. Il Consiglio era riunito in seduta congiunta con la Commissione
Accettazione Soci per decidere sul caso del socio Falcione Ernesto; relatore era il
comm. Girardi: nel pomeriggio di un giorno festivo dello scorso mese di luglio il
Falcione introduceva nei locali sociali un individuo, qualificandolo per suo parente,
e lo portava quindi in barca. Alla sera tardi, verso le 21, ritornavano dalla gita,
scendendo dalla barca in condizioni ripugnanti, in quanto entrambi ubriachi e,
mentre il socio si recava negli spogliatoi, l’altra persona si tratteneva in attesa,
sedendo sulle panchine a fianco alle porte d’entrata nel salone (in quanto il tempo
era piovoso) facendo gesti scomposti e rivolgendo frasi sconnesse ad alcuni soci
che stavano cenando nell’interno del salone. Il dott. D’Alberto, che era presente,
380
Cons. 7/12/1947
381
Cons. 12/7/1950
160
La Cerea 1945-1997
non potendo oltre sopportare così sconveniente spettacolo, domandò a
quell’individuo chi fosse e poi lo invitò a lasciare la società; al che quel tale
cominciò a inveire e urlare, profferendo ingiurie e minacce verso D’Alberto, finché
il Falcione, scendendo dagli spogliatoi, non lo trascinò via a viva forza. Al fatto
hanno pure assistito i soci prof.Ponte e Girardi Mario. La domenica successiva i
medesimi due individui ritornavano in società, chiedendo di parlare col dott.
D’Alberto, perché volevano soddisfazione per l’accaduto. Per la cronaca, al
Falcione fu inviata una lettera con richiesta di presentare il suo rammarico e le
sue scuse.
Era molto deciso il comportamento della società anche nei confronti dei soci
morosi, sempre molto numerosi. Non solo il Consiglio decideva spesso di inviare
loro raccomandate, ma si ricorreva ad esattori, come accadde allorché Derossi
offrì la cooperazione del suo esattore per esigere dai soci ritardatari o negligenti le
quote sociali scadute382 ; si arrivava anche ad azioni legali, mentre per altro verso
si tollerava che la morosità si protraesse per più anni: Il 7 settembre 1951 il Vice
Presidente Borghero espone la situazione finanziaria che risulta assai
soddisfacente, ma che potrebbe ancor migliorare se si potessero incassare le
quote sociali degli anni 1949 e 1950. A questo scopo sarebbe necessaria
un’azione legale verso detti soci morosi. Viene deliberato di passare i nominativi
dei soci morosi all’avv. Caldi Scalcini affinché svolga azione legale per il recupero
delle quote arretrate. Strano il fatto che la durezza dell’azione legale si
accompagni alla tolleranza per oltre due anni di una morosità condivisa da
numerosi soci; e simile decisione fu assunta anche nel 1953383. In generale la
Cerea tollerava ritardi di pagamento davvero notevoli, come accadde per il socio
Enzo Fiore, quello stesso che doveva essere cacciato alla prima occasione, che
venne dichiarato decaduto da socio nel 1963 per essere moroso nel pagamento
della caratura del 1961, e nelle quote del 1962 e 63.
Si concluse invece positivamente una banale vicenda che vide coinvolti
Paolo Gariel e Foglino: Il Consiglio approva di considerare chiuso, per amnistia, la
questione sorta a fine giugno con il prelievo di un cavalletto da parte dei soci
Gariel P. e Foglino D. A parte la stranezza derivante dall’aver essi prelevato un
solo cavalletto, di difficile uso, resta la peculiarità del termine “amnistia” usato dai
Giudici del Consiglio.
Passano molti anni prima che si trovi a verbale traccia di qualche nuova
sanzione; il 19 maggio 1978 si decide l’espulsione del socio vogatore Bongini,
accertato ormai che è l’autore dei ripetuti furti avvenuti in società.
Poco dopo emerse una nuova questione disciplinare, relativa al
danneggiamento da parte di Bouquié di un singolo Salani della società; il
Consiglio si riunì il 28 giugno 1978 assente lo stesso consigliere Bouquié: visto il
comportamento di Bouquié per quanto concerne l’utilizzo dello skiff Salani, si
decide di inviare una lettera di richiamo con la richiesta di risarcimento dei danni,
o meglio, del ripristino di detta imbarcazione presso la società. Cosa abbia fatto
Pippo non sappiamo, salvo che un Salani fu la vittima del colpevole
comportamento. La vicenda si trascinò a lungo, lasciando tracce abbondanti nei
verbali, con la comunicazione delle sue dimissioni dal Consiglio unita alla
382
Cons. 23/6/1947
383
Cons. 30/10/1953
161
La Cerea 1945-1997
decisione di esonerarlo dall’impegno di riparazione delle imbarcazioni384, fino
all’incarico a Pantaleoni di recuperare il danaro in merito al noto rimborso dovuto
da Bouquié per lo skiff a suo tempo danneggiato385, alla richiesta di Beppe
Oddone di esaminare la questione relativa al ricupero, da parte della società, di
un singolo di cui, ormai da tempo, il socio Bouquié deve rispondere (avendolo
danneggiato, dopo averlo prelevato senza il consenso della Direzione di
Canottaggio) e che, attualmente, si trova presso la sede del Sisport Fiat. Al
proposito, si è deciso che per il rientro in possesso dell’imbarcazione, saranno
presi contatti tra la direzione della S.C.Cerea e la Direzione Sisport Fiat, mentre
nei confronti del comportamento del socio Bouquié dovranno pronunciarsi il
Consiglio Direttivo e la Commissione Accettazione Soci in seduta congiunta386.
Qualche giorno dopo si riunirono congiuntamente Direttivo e Commissione Soci,
in data imprecisata: Si decide di: richiedere un indennizzo per il tempo in cui
l’imbarcazione utilizzata impropriamente e danneggiata è stata al di fuori della
società; ritornare in possesso, subito, della imbarcazione riparata; inviare a
Bouquié una lettera di sospensione per un mese dalla società. Quanto sopra in
conformità con le decisioni dell’Assemblea dei soci.
Tra le carte sociali c’è copia della lettera di richiesta dei danni che fu inviata
a Bouquié387, molto dura: Dopo attento esame stimiamo che il deprezzamento
dell’imbarcazione dovuto all’incidente sia del 25%. L’imbarcazione non ha potuto
essere usata dalla società per 10 mesi. Alla luce di quanto sopra esposto Le
proponiamo due alternative: 1) Consegna sollecita di un singolo nuovo (20% del
valore rimborsato dalla società, da cui vanno detratte lire 150.000 per mancato
uso). 2) Pagamento immediato di Lire 390.000 così formate: Svalutazione dovuta
a incidente 960.000 X 25% = 240.000; Mancato uso dell’imbarcazione Lire
150.000, totale L. 390.000.
Due anni dopo, nel 1980, i fulmini della Cerea colpirono l’atleta Enrico Gho,
attuale allenatore degli Amici del Fiume. Nei verbali non c’è traccia della vicenda
forse perché, indipendentemente dalle norme previste dallo Statuto, gli atleti non
sono mai stati trattati come soci; c’è però una lettera conservata in archivio388,
priva di data, inviata a Gho, alla Federazione, al Comitato Piemontese ed a tutte
le società rivierasche per comunicare la sua immediata radiazione dalla società.
Si trattava di un provvedimento molto grave, e la stessa lettera lo riconosceva,
perché il socio radiato non può più iscriversi a nessun sodalizio riconosciuto dalla
Federazione. La lettera di radiazione indica le colpe di cui si macchiò l’atleta Gho
in occasione di una regata Nazionale a Gavirate coincidente con un raduno Pesi
Leggeri: 1) Rifiuto di partecipare ai programmi federali inerenti i pesi leggeri; 2)
Fuga ingiustificata dall’albergo dove alloggiava la nostra squadra e sua
scomparsa senza dare notizie; 3) Conseguente mancata partecipazione alla gara
doppio Pesi Leggeri e conseguente mancata disponibilità nei confronti della
squadra nazionale Pesi Leggeri.
384
Cons. 31/8/1978
385
Cons. 17/1/1979
386
Ass. 24/4/1979
387
In Doc.C.9
388
In Doc.C.9
162
La Cerea 1945-1997
La mancanza dell’atleta fu grave, ma la durezza del provvedimento di
radiazione lascia supporre che i rapporti tra Gho e Cerea fossero già molto tesi.
Gho rispose il 10/7/1980389 addebitando allo stress la sua decisione di ritornare a
casa e la Federazione addolcì la sanzione comunicando alla Cerea di aver
sospeso l’atleta da ogni attività federale per la durata di un anno390. Un’assenza
ingiustificata, forse un’insubordinazione, che costò cara all’atleta; quella sanzione
permette di capire perché Gho abbia recentemente invitato un suo forte atleta che
intendeva trasferirsi alla Cerea a spostarsi ovunque, meno che presso la nostra
società. Certe punizioni non si dimenticano
Nel 1990 fu allontanato un vogatore sorpreso, dai suoi stessi compagni, a
frugare negli armadietti, ma non se ne ebbe notizia ufficiale, anche perché furono
Guglierminotti, Catapane ed altri vogatori di quegli anni a cacciarlo a pedate
intimandogli di non ritornare, il Consiglio non ebbe neppure modo di intervenire.
L’ ultima sanzione riportata dai verbali riguarda ancora un atleta; nel 1991
c’erano in società due juniores molto promettenti per le loro qualità fisiche, Rolfo e
Volterrani. Specialmente il primo sembrava intenzionato a trascorrere un anno
presso il College di Piediluco, ove fu ammesso insieme a Volterrani391. Se
quest’ultimo subito ci ripensò, Rolfo confermò invece la sua intenzione e furono
presi accordi con la Federazione e con la sua famiglia; ma improvvisamente
sparì, non rispose ad una lettera del Consiglio e non si fece mai più vedere;
Baima pretese ed ottenne il suo esonero dalla Società, con comunicazione a tutte
le società torinesi392. Sanzione esemplare ma scarsamente efficace, visto che
Rolfo scomparve dal Po.
Anche in quel caso le regole statutarie restarono però inapplicate, perché se
la radiazione fu decisa dal Consiglio non fu presente la Commissione
Accettazione Soci, che secondo la norma di Statuto dovrebbe provvedere alla
sanzione insieme al Direttivo.
389
In Doc.C.9
390
In Doc.C.9
391
Cons. 27/6/1991
392
Cons. 9/10/1991
163
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO X
CARTE , BOCCE E BOCCETTE
1 LE CARTE
Per almeno 30 anni i giochi di carte e le bocce ebbero una importanza
centrale nella vita della Società.
Nei verbali di parecchi anni sono più numerosi i riferimenti a questi giochi
che non le citazioni di fatti riguardanti il canottaggio. La loro importanza derivava
anche dal fatto che carte, bocce e boccette costituivano una delle fonti di
finanziamento della Cerea, perché alla modestia della quota si associavano
particolari tariffe legate allo svolgimento di tali attività. All’origine di queste tariffe ci
fu sicuramente la volontà di porre i costi associativi a carico di chi usava
maggiormente la Cerea, e chi giocava a carte sfruttava più di altri i locali ed il
prezioso riscaldamento. Non dimentichiamo che la Cerea di allora disponeva di
una sala da gioco, posta nell’attuale sala da pranzo della quale occupava
all’incirca i due terzi.
I verbali meritano quindi un esame particolare. Stranamente le citazioni dei
giochi di carte risalgono tutte al periodo 1945 - 1949, numerose e precise ma
limitate in quello stretto ambito temporale. Oggetto dell’attenzione era sempre il
grillo, ovvero il contributo a favore della società, oppure le norme per ottenere il
rispetto di tale obbligo di versamento; la cosa più probabile è che in seguito sia
stata abbandonata l’esazione del grillo, forse per la difficoltà di esigerne il
pagamento. Abolito il grillo non c’era più motivo di parlare delle carte.
I giochi di carte più praticati alla Cerea erano Marianna e Crapette; il primo è
una specie di briscola, ancora giocato dai soci maturi, il secondo può essere
definito un solitario da giocare in due, ove gli scarti possono essere dati
all’avversario. Secondo le testimonianze di coloro che sono soci da molti anni,
ogni tardo pomeriggio la società era gremita di persone che attendevano l’ora di
cena giocando a carte. Le partite a Crapette di Derossi richiedevano silenzio e
concentrazione.
Ogni partita a carte imponeva il versamento di una certa somma al “grillo”,
destinato alle casse sociali.
Cosa fosse il grillo non era ben chiaro al socio ing. Guyot, che durante
l’assemblea del 22 febbraio 1947, chiese se le oblazioni fatte dai soci sull’uso
delle carte e dei tarocchi e gli utili sulle cene, sui trattenimenti ecc. vanno a fondo
sociale. Gli viene risposto dal Presidente che spiega il significato dei termini:
grillo, cagnotte, ecc. e afferma che tutte queste entrate vanno a fondo sociale. E’
164
La Cerea 1945-1997
una bellissima immagine quella del Presidente che spiega i significati dei diversi
termini ai soci, ed è indicativa dell’importanza dei giochi di carte nella Cerea del
dopoguerra.
Non sempre i soci si comportavano correttamente, si verificava una certa
evasione all’obbligo di versamento da parte dei giocatori. Ce ne fornisce precisa
notizia il segretario nella riunione di Consiglio del 7 dicembre 1947: Giuochi di
sala. Il segretario annuncia che è invalsa, da qualche tempo, la cattiva abitudine,
da parte di alcuni soci, di eludere il pagamento del cosiddetto grillo per l’uso delle
carte da giuoco, l’importo del quale non serve che a bilanciare in parte le spese
del maggior consumo di luce e del riscaldamento invernale. Stigmatizzata tale
condotta viene deciso che il custode deve tener chiuso il mobiletto contenente le
carte da giuoco e gli altri giuochi di sala, consegnandoli solo quando ne è
richiesto, e presentando ai giuocatori sistemati per il giuoco, il tagliandino
numerato per la riscossione, da ognuno, del cosiddetto grillo. A giuoco terminato il
custode dovrà ritirare le carte o gli altri giuochi di sala richiudendoli ben ordinati,
nell’apposito mobiletto, senza lasciarne le relative chiavi in luogo accessibile e
conosciuto dai soci. Allorché i giuocatori reclamano un mazzo di carte nuove, il
custode potrà concederlo, fino ad estinzione dell’esistenza, al prezzo di lire 250
per mazzo, con pagamento alla consegna. Le carte nuove concesse rimarranno
tuttavia di proprietà sociale, essendo il valore di cessione, sensibilmente inferiore
a quello commerciale393.
Questa precisa verbalizzazione ci consente intanto di saper che in società si
usavano anche altri giochi, certamente scacchi e dama, oltre a possibili altri; ma ci
illumina sulla giustificazione che del grillo si dava, con quel contributo al maggior
consumo di luce e di legna. Lascia invece un po’ perplessi la burocrazia connessa
alla partita a carte, gravante specialmente sul povero custode. E che si può
pensare di soci così disonesti da obbligare il custode a nascondere le chiavi in
luogo segreto ed inaccessibile? Queste rigide regole dimostrano quanto l’incasso
del grillo fosse cospicuo, altrimenti non sarebbe stata imbastita una normativa
così macchinosa ed anche poco gradevole.
Poco più tardi, nel 1949, ci vengono comunicati anche gli importi di grillo
praticati alla Cerea: Viene ripristinato il grillo sul gioco delle carte a L. 10 pro
capite nei giorni feriali e di L. 20 al sabato e alla domenica pomeriggio394. Può
essere interessante ricordare che la quota sociale per il 1949, comprensiva
dell’armadietto, era di 10.000 lire, la partita feriale quindi costava ad ogni
giocatore un millesimo del costo annuo d’iscrizione.
Il libro cassa degli anni 1950 e 1951395 ci permette di sapere quali furono gli
incassi del grillo: complessivamente entrarono nella cassa sociale 10.620 lire nel
1950; era un importo di poco inferiore ad una quota ordinaria (12.000) e quindi
non molto significativo, da cui bisognerebbe detrarre il costo dei mazzi di carte,
600 lire l’uno. Ma proprio nel 1950 si rinunciò, a quanto pare, ad esigere quel
grillo: mentre l’incasso di gennaio fu di 3.320 lire, a marzo scese a 2.250, giugno
rese solo 600 lire, 400 luglio ed in seguito nulla fu più incassato; la voce “grillo
393
Un mazzo di carte costava, nel 1950, 600 lire.
394
Cons. 30/3/1949
395
Doc. A 27
165
La Cerea 1945-1997
carte” scomparve dagli incassi anche nel primo semestre del 1951 per figurare di
nuovo da luglio in poi. Il registro è estremamente preciso nella descrizione di
qualunque spesa o incasso; alla vendita di una maglia sociale si aggiunge sempre
il nome dell’acquirente, sicché non si può pensare ad una dimenticanza nel
registrare gli incassi. E’ probabile che per un certo periodo si sia rinunciato ad
esigere il grillo, come in seguito avvenne in via definitiva, anche per la difficoltà di
far rispettare l’obbligo.
2 LE BOCCE
Le bocce erano considerate una vera e propria attività sportiva:
nell’assemblea del 17 febbraio 1946 il Presidente inizia la relazione sulla parte
sportiva con queste parole: Il Presidente comunica che il socio sig. Borghero ha
messo a disposizione della Società un artistico trofeo da destinarsi a una gara tra
i soci della Cerea e dell’Eridano. Viene deliberato di dare incarico all’avv. Jacazio
ed al sig. Cossolo dell’Eridano di redigere il regolamento per la gara. Il
regolamento richiese parecchio tempo per la preparazione, perché solo
nell’autunno risulta da un verbale che avendo il socio Jacazio compilato il
regolamento per la gara “Trofeo Borghero” si dà incarico ai soci Bobba e Jacazio
di organizzare la gara (Bobba, ma non Giovanni!)396
E’ quindi molto probabile che qualche bel trofeo esposto nella nostra sede
non sia legato al canottaggio ma alle bocce che, all’epoca, avevano pari dignità.
Anche per le bocce venivano fatte gare di selezione, come risulta già nel
1945 con l’approvazione della nostra partecipazione alla gara Juventus Cerea,
previa selezione interna per individuare le due terne che disputeranno la gara397.
Dal verbale di consiglio del 17 luglio 1945 apprendiamo invece come fosse
terminato il ripristino post bellico dei campi bocce con l’installazione di impianto di
illuminazione notturna, e che il gioco bocce era aperto anche nelle serate di
martedì, giovedì, sabato e domenica .
Mancava però una recinzione, e talvolta le bocce rotolavano
pericolosamente nella discesa al fiume; Vi si pose rimedio nel 1953: installare una
rete metallica nel gioco delle bocce, lungo il lato che costeggia il fiume, per
impedire che le bocce possano cadere nel Po398.
Dopo oltre 10 anni di uso i campi erano in condizioni mediocri, e nel 1958 il
prof.Ponte propone un immediato miglioramento dei campi da bocce, con la
sistemazione delle sponde in calcestruzzo ed assi, oltre alla sistemazione di una
siepe lungo tutto il confine della Societ à399. Il Consiglio approvò, ma nel limite di
100.000 lire; anzi, risulta che fu il Presidente Derossi, su richiesta del comm.
396
Cons. 27/10/1946
397
Cons. 4/7/1945
398
Cons. 8/5/1953
399
Cons. 24/2/1958
166
La Cerea 1945-1997
Girardi, ad autorizzare la spesa con quel limite400. Risale invece al 16 marzo 1962
la decisione del Consiglio di migliorare il sistema di illuminazione allora
insufficiente.
Gli anni ‘60 furono il periodo in cui alla Cerea le bocce ebbero il più forte
sviluppo, parallelamente alla crisi del canottaggio. Il socio Giuseppe Savio era
l’esponente di questa lobby boccistica, il suo nome compare sempre associato
alle bocce, e solo quando si parla di questo gioco. La sua prima comparsa nei
verbali è associata alla decisione di versare lire 10.000, quale quota associativa
alla bocciofila Eridanea (per invito del socio Savio Giuseppe)401. Il gruppo
bocciofilo Eridaneo, da non confondere con il circolo Eridano antistante la Cerea,
anch’esso forte nelle bocce, fu costituito il 30 gennaio 1962 dai Presidenti di
Cerea, Caprera, Armida, Valsalice, Tesorina, Crimea, Esperia, società di
canottaggio e bocciofile insieme. Il numero unico stampato dal gruppo Eridaneo402
ci permette di comprendere origine e fine di quell’associazione; l’organizzazione
delle gare era precedentemente affidata ad un gruppo chiamato “Amicitia” , ma le
troppo numerose adesioni a tale gruppo costringevano i nostri bocciofili a levate
antelucane per l’eccessivo numero di iscritti alle competizioni organizzate. Proprio
l’eccessivo affollamento delle gare spinse alcune società a fondare un nuovo
gruppo con funzione di organizzare tornei divertenti ma gestibili senza troppo
sforzo.
A giudicare dai risultati delle gare del 1962 pubblicati su quel giornale la
Cerea, almeno in quell’anno, era piuttosto opaca anche nelle bocce. Su 17 gare
disputate dal gruppo Eridaneo la nostra società partecipò solo a due gare,
conquistando le prime quattro posizioni nella Coppa Cerea, vinta dalla coppia
Ponte - Camera, mentre nella seconda gara disputata Contano e Savio arrivarono
ultimi.
Proprio Savio, divenuto consigliere, cercò di favorire l’ingresso in società di
giocatori di bocce: Savio parla della possibilità di nuovi soci che soltanto alle
bocce intendono dedicarsi e ritiene che si dovrebbe rivedere lo Statuto sociale per
creare quella categoria che, a quota ridotta, potrebbe entrare in società ed in un
secondo tempo, trasformarsi in soci ordinari effettivi403.Il consiglio valutò
favorevolmente la proposta, ma nessuna modifica di Statuto fu proposta
all’Assemblea.
L’impegno agonistico di Savio trova conferma documentale dal verbale di
Consiglio dell’11 settembre 1964, dal quale risulta l’assenza dei consiglieri Girardi
e Savio, impegnati in una gara bocciofila. Fu sempre su iniziativa di Savio che il
Consiglio stabilì le date del 18 oppure 25 ottobre 1964 per la disputa dell’ annuale
trofeo Borghero, unitamente alle gare sociali di bocce404.
400
Cons. 22/3/1958
401
Cons. 27/3/1964
402
Archivio Storico, doc A 14. Il fascicolo fu stampato nell’ambito dei festeggiamenti per il Centenario Cerea, e reca in
copertina la riproduzione del quadro di Cosola. Già il fatto che la Cerea abbia stampato per il Centenario un numero
unico di rivista dimostra l’importanza che le bocce rivestivano allora nella vita sociale.
403
Cons. 22/5/1964
404
Cons. 16/9/1964
167
La Cerea 1945-1997
La centralità del gioco delle bocce risulta anche dal fatto che il Consiglio del
29 dicembre 1964 abbia attentamente verbalizzato i risultati delle varie gare:
Campionati sociali di bocce 18/10 vincitori Bonetto- Mortigliengo
Coppa Eridano
id.
25/10 id.
Fungo- Parsoni
Campionati sociali boccette 22/11 id.
Bobba- Bonetto
Coppa Eridano
id.
29/11 3° posto Contano- Savio G.
Notate, quasi ogni domenica c’era una gara di bocce o boccette, segno di
intensa attività; negli stessi anni invece il canottaggio non trova spazi nei verbali.
La diffusione del gioco delle bocce tra i membri delle società di canottaggio
aveva anche dato origine a qualche norma particolare, perché in un verbale si
legge che la gara bocciofila tra la Cerea e l’Eridano si svolgerà domenica 11 luglio
sui campi di quest’ultimo ( 4 coppie + 4, alla canottiera)405. Quindi c’era un tipo di
gioco alla canottiera, con regole particolari; naturalmente non sappiamo quali
fossero.
La Cerea organizzava anche gare non limitate agli incontri con l’Eridano,
società a lei molto legata. Nell’ambito di quel gruppo Eridaneo di cui già abbiamo
parlato competeva alla Cerea anche l’organizzazione di gare importanti: BOCCE:
il 18/9/66 si svolgerà sui nostri campi una gara alle bocce nell’ambito del “Gruppo
Eridaneo” oltre alla Coppa verranno offerte n. 16 medaglie d’oro406. Diamo pure
per scontato il fatto che l’oro non fosse tale vermeil, ma 16 medaglie
presuppongono altrettanti vincitori; si trattava allora di gare di più specialità e con
molti partecipanti. Nella stessa riunione di Consiglio fu anche stabilito che il 2
ottobre si svolgesse la festa sociale di chiusura; si svolgerà il pranzo e la gara alle
bocce per la quale vengono stabilite 5 medaglie d’oro. Le bocce costituivano
quindi la sola attività praticata, anche in occasione della festa sociale.
Non stupisce quindi il fatto che uno dei più importanti bocciofili, il socio
Contano, sia intervenuto all’assemblea del 12 marzo 1967 per proporre tra l’altro
di aumentare il contributo del Bilancio dei bocciofili. Il Presidente ha assicurato
che questo contributo sarà dato, ma subordinatamente ai risultati ottenuti dai
bocciofili. Tuttavia ha promesso uno speciale contributo da parte della
Microtecnica di cui è Presidente. C’era evidente concorrenza tra il canottaggio,
che costava molto nonostante non desse risultati, e le bocce che garantivano la
sola attività in società. Ed anche se non c’era certamente un bilancio riservato alle
bocce, ma solo un budget, ciò alimentava la rivalità interna tra i due gruppi. E’
anche curiosa la facilità con la quale la Microtecnica poteva essere chiamata a
finanziare le più disparate attività, segno di ben diverse politiche fiscali rispetto a
quelle attuali.
Le richieste di Contano non ebbero soddisfazione; pochi mesi dopo il
Consiglio decise, per le spese delle bocce, che le spese stesse siano a carico dei
giocatori407. Cosa che sicuramente non fece piacere ai bocciofili che votarono un
loro uomo, Clemente Santi, al momento del rinnovo del Consiglio; a Santi fu
affidato l’incarico del materiale e delle bocce, prima inesistente408, ed alla riunione
405
Cons. 5/7/1965
406
Cons. 5/9/1966
407
Cons. 9/10/1967
408
Cons. 30/12/1969
168
La Cerea 1945-1997
del direttivo del 19 marzo 1970 egli propose la costituzione di un GRUPPO
AMATORI BOCCE con quota annua di lire 12.000 con diritti associativi. La quota
ordinaria era ben più alta, ed era un segno di disapprovazione il silenzio che
accolse la proposta, che non fu neppure discussa. Il consigliere Santi infatti diede
le dimissioni dal Consiglio nella successiva seduta409. I soci Savio, Santi e
Bonetto, prima generalmente presenti alle assemblee, dal 1971 non vi
presenziarono più, quasi certamente lasciarono la Cerea insieme agli altri
bocciofili.
Gli effetti di quella spaccatura lasciano una traccia indiretta anche nei
verbali, perché da allora sono molto più rari i riferimenti alle bocce, segno di un
diminuito interesse; e non è forse casuale il fatto che, proprio in quegli anni,
riprenda vita il canottaggio Cerea grazie all’attività dei veterani. Anche i campi da
bocce furono trascurati, tanto che il socio Firato nel 1972 chiese all’assemblea
una revisione del campo da bocce410.
Solo quattro anni dopo, nel Consiglio del 10 maggio 1976, si parlò di nuovo
di bocce: Il Presidente comunica di aver ricevuto dalla Società Le Pleiadi un invito
alla Soc. Cerea a partecipare ad un incontro di bocce a cui saranno pure invitate
Armida e Caprera; ma poiché tale club non è iscritto al gruppo Eridaneo tale
incontro non sarà possibile effettuarlo finché Le Pleiadi non regolarizzeranno la
loro posizione ; inoltre resta da fissare la data dell’ormai abituale partita alle bocce
con il Circolo degli Artisti e viene proposto il periodo dal 20/6 al 25/7. Quanto letto
ci permette di accertare che la Cerea era ancora iscritta al Gruppo Eridaneo ed
intendeva rispettarne rigidamente le regole, compresa quella di non incontrare
società non associate; le bocce continuavano a vivere, ma praticate dai soci
Cerea e non da bocciofili slegati dalla tradizione sociale. E’ anche importante
notare che l’ Eridano, tante volte citato, era ormai parte integrante del Circolo
degli Artisti, che lo aveva sostituito anche nel nome. Sorte che la Cerea evitò
quasi per caso.
La tradizione boccistica della Cerea terminò con il 1980, prima di tutto
perché si era persa la consuetudine di giocare; i soci solo raramente disputavano
una partita ed il mancato uso aveva favorito il degrado dei campi, tanto che
l’impianto di illuminazione era guasto, forse da anni. Ma con il 1980 l’uso del
campo bocce terminò anche ufficialmente, se così si può dire.
In occasione del rinnovo della concessione il Comune, e specialmente il
Consiglio di Quartiere, aveva preteso dalla Cerea alcune concessioni di tipo
“sociale”, nel senso di una disponibilità ed apertura alle esigenze di uso pubblico;
il 4 febbraio 1980 il Presidente Dainotti siglò con il Presidente del Quartiere
Delmastro un accordo centrato sulla disponibilità della Cerea ad accogliere
ragazzi della zona da avviare al canottaggio. Ma benché in tale accordo non si
parlasse affatto del gioco da bocce, per poco comprensibili vicende si giunse al
sacrificio del campo da bocce. La prima notizia documentale dell’uso dei nostri
campi da parte di un gruppo di pensionati del quartiere consiste in una lettera del
Presidente a Delmastro, datata 11 dicembre 1980: Effettivamente abbiamo
rilevato che alcuni anziani del quartiere hanno cominciato a frequentare il nostro
gioco di bocce. La loro presenza è per noi tanto più gradita in quanto non
409
Cons. 11/6/1970
410
Ass. 18/3/1972
169
La Cerea 1945-1997
espressamente prevista tra gli impegni assunti all’atto del rinnovo della
convenzione. Benché la concessione fosse già stata rinnovata, forse ragioni di
opportunità consigliarono di cedere alla richiesta del Comune, piuttosto brutale
visto che i pensionati frequentavano il campo già da qualche mese in assenza di
qualsiasi accordo, almeno con il vertice della Cerea. Il Consiglio discusse così
nella riunione del 28 gennaio 1981 la lettera della Città di Torino relativa
all’ingresso nella Società di un gruppo di pensionati del quartiere che richiedono
l’utilizzo del campo da bocce, del bar e dei servizi. Dal Consiglio viene concordata
la lettera di risposta tendente a limitare l’utilizzo da parte del gruppo dei pensionati
al solo campo da bocce. Tale indirizzo trovò ufficiale consacrazione nella riunione
di Consiglio tenutasi nello stesso giorno, il 28 gennaio 1981, peculiare per la
presenza di Del Mastro, Presidente del Quartiere ma estraneo alla Cerea, e dei
soli Vice Presidenti Ventavoli e Soave con il segretario Ruggeri per la società: In
presenza del dr. Del Mastro vengono concordate le condizioni per l’utilizzo della
Società da parte del gruppo dei pensionati del quartiere. Detto utilizzo sarà
limitato al solo gioco da bocce ed avranno ingresso in Società solamente le
persone indicate nell’apposito elenco; i componenti di detto gruppo si sono
impegnati a versare un contributo che dovrebbe ammontare a un totale di L.
350.000 circa. Per quanto riguarda l’espansione dell’attività agonistica il dr. Del
Mastro si impegna ad interessarsi per l’erogazione di un contributo di L. 700.000
circa da parte del Comune e consiglia inoltre una più precisa programmazione dei
lavori per la manutenzione straordinaria.
I pensionati non versarono mai il contributo, così come il Comune non versò
nulla per l’agonismo.
La provvidenziale decisione del Direttivo di opporsi all’uso di bar e servizi da
parte dei pensionati limitò così all’area del campo bocce la parte di società che
venne sostanzialmente sottratta all’uso sociale fino al 1987. I soci smisero
completamente di giocare alle bocce, anche perché tutti i giorni numerosi
pensionati, con le loro mogli, occupavano quella zona ove avevano anche posto
un lungo tavolo, numerose vecchie sedie, e perfino costruito una latrina di cartone
e legno nell’angolo al termine del terreno. Neppure l’elenco nominativo dei
frequentatori comparve mai, tanto che a seguito di una lettera di sollecitazione di
Paolo Gariel il Consiglio Direttivo propose per un migliore uso del campo delle
bocce, di conoscere quanti sono gli abituali giocatori ed eventualmente di avere
un elenco di nomi limitato. Si chiede anche che il campo sia lasciato libero per i
soci della Cerea al sabato ed alla domenica. A tale scopo vengono delegati il
consigliere Sandro Giampiccolo ed il socio Riccardo Vitale a prendere un
preliminare contatto con i cosiddetti capibocciofili411. Ma i pensionati, proprio al
sabato ed alla domenica, portavano alla Cerea anche le mogli e non rinunciarono
davvero a quei giorni. Non miglior sorte ebbero tentativi simili compiuti in seguito
412
; nel corso di un incontro Del Mastro promise di provvedere, finalmente, a
comunicare i nomi dei pensionati autorizzati ad entrare alla Cerea, ma anche
quell’assicurazione rimase senza esito.
La situazione fu facilmente risolta nel 1987 grazie al mutato assetto politico,
che con il venir meno delle giunte di sinistra non garantiva più copertura a quei
411
Cons. 7/4/1983
412
Cons. 7/7/1983, Cons. 8/10/1983, Cons. 3/11/1983, Cons. 8/3/1984, Cons. 5/4/1984, Cons. 4/5/1984
170
La Cerea 1945-1997
pensionati, e ad un po’ di brutale decisione; per motivi igienici, peraltro fondati, fu
distrutta la latrina ed una rete da pallavolo tesa sui campi da bocce consentì di
danneggiare il terreno. I pensionati scomparvero.
Era ormai persa anche la memoria sociale delle bocce, e per di più i campi
erano ormai impraticabili, a chiudere per sempre una lunga storia.
171
La Cerea 1945-1997
3 LE BOCCETTE
Nella relazione che il Vice Presidente comunicò ai soci presenti
all’assemblea del 22 febbraio 1947 leggiamo: L’impianto nella saletta da giuoco di
un moderno bigliardo per il giuoco delle boccette ha incontrato il generale favore
dei soci, e per quanto il suo costo sia piuttosto sensibile (circa l. 170.000), tuttavia
il suo rendimento (l. 60 all’ora) controllato da apposito tassametro, e già
dimostrato nel corrente mese, è abbastanza apprezzabile. E’ interessante notare
che Casalis ne propose il pagamento a mezzo di carature volontarie, rimborsabili
annualmente mediante sorteggio, ipotizzando un uso per 700 ore annue, pari a
42.000 lire.
Visto che a febbraio il tassametro funzionava già da un mese l’installazione
del biliardo risale ai primi giorni di gennaio del 1947.
Val la pena di leggere il verbale di Consiglio del 2 febbraio 1947 per godere
il sincero entusiasmo che ne traspare: L’installazione nella saletta da giuoco di un
perfetto e bellissimo biliardo per il giuoco delle boccette ha suscitato nei soci una
lieta e sincera sorpresa, dovuta all’iniziativa del Vice Presidente Casalis, il quale
ha trattato la combinazione della fornitura colla ditta Bertello. Coll’uso di tale
biliardo vengono aumentati i proventi del cosiddetto grillo fissato in lire 60 all’ora.
Tale entrata, che viene incassata col grillo per il giuoco delle carte e dei tarocchi,
va a beneficio parziale del biliardo sociale. Per il pagamento, rateale, del biliardo
(il cui costo è di L. 170.000) il comm. Casalis propone l’emissione di carature tra i
soci.
Il già citato libro cassa precisa le somme effettivamente incassate, molto più
modeste di quelle ipotizzate da Casalis: 14.015 lire nel 1950 e 12.275 lire nel
1951; somme non disprezzabili visto che superavano il valore di una quota, ma
circa un quarto di quanto il Vice Presidente sperava.
Carte, bocce e boccette erano anche considerate una possibile via d’uscita
dalla crisi che attanagliava la Cerea, prima di tutto per la scarsità dei soci. Il 25
ottobre 1966 i consiglieri discussero sul modo di propagandare la Cerea , di
renderla più accogliente e più viva; tra le altre proposte comparvero anche gare di
boccette e gare di carte. Non sembra che quelle attività avessero giovato granché
allo sviluppo, ma erano le sole svolte in quegli anni, insieme alle bocce.
Non sappiamo per quanto tempo venne effettivamente rispettato il
pagamento per l’uso del biliardo, sul quale si svolsero non solo competizioni
interne, ma anche sfide con l’Eridano, citate nella parte dedicata alle bocce.
Abbiamo però un interessante riferimento nell’Assemblea del 17 gennaio 1965,
ove si discusse sulle entrate derivanti dall’uso del biliardo che presenta una forte
diminuzione (L. 54.000 - 1963 - L. 27.000 nel 1964) affinché sia stabilito un
congruo grillo orario sul tipo di quanto nelle altre Società è applicato.
L’impressione è che ci fosse un bel po’ di evasione al pagamento.
Quella fonte di entrata fu vista come possibile modalità di finanziamento nel
difficile periodo, dal punto di vista economico, degli ultimi anni ‘70; l’11 febbraio
1978 il Consiglio chiese di ripristinare il pagamento per l’uso del biliardo; si
172
La Cerea 1945-1997
studierà il sistema di far rientrare la cosa nel quadro del futuro contratto di
gestione. In realtà non se ne fece nulla , ed il biliardo ha ormai felicemente
superato i 50 anni di vita, anche se gli è occorsa qualche manutenzione, l’ultima
delle quali curata ed offerta da Paolo de Leonibus che fece anche installare un
vero
lampadario
da
biliardo.
173
La Cerea 1945-1997
CAPITOLO XI
CUSTODI E GESTORI
Nel 1945 l’organizzazione di coloro che lavoravano per la Cerea era
piuttosto diversa da quella attuale. La società assumeva stabilmente i
collaboratori, e la forza lavoro di quell’epoca consisteva nel custode ed in un
falegname; non esisteva la figura del gestore come oggi lo concepiamo, perché il
servizio di ristorante veniva svolto in casi eccezionali, ed era il custode a svolgere
il servizio di bar.
Progressivamente si assiste ad una trasformazione del custode in un
ristoratore, e benché apparentemente insignificante la mutazione genetica del
collaboratore principale dei soci Cerea indica e segue il profondo cambiamento
della vita sociale nei cinquanta anni esaminati; la trasformazione fu lenta e subì
bruschi arresti ed arretramenti, ma da una logica di servizio manuale tesa alla
pura manutenzione delle barche e pulizia si passò al servizio di ristorazione con
caratteristiche di servizio e cura pari a quelle di un buon ristorante, a siglare un
cambiamento dei gusti e delle esigenze dei soci. Nel contempo i collaboratori
passarono da un regime di dipendenza a quello di autonomia anche formale.
Sappiamo che nel 1945 la Cerea aveva due dipendenti: Contributo di
emergenza al custode ed al falegname. Casalis comunica che i nuovi aumenti
salariali comportano un maggior onere per la Società di circa l. 100.000 annue. Di
conseguenza si rende necessario stabilire un aumento transitorio delle quote
sociali di L. 500 - 600 per il semestre 1° luglio 31 dicembre 1945, aumento che
dovrà essere uguale per tutte le categorie di soci413. Non sappiamo quale fosse il
compenso totale versato a custode e falegname, ma doveva essere una somma
importante visto che il maggior costo indotto dalla svalutazione post bellica, da
solo, toccava le 200.000 lire annue. Le competenze del falegname erano certo
relative alla manutenzione delle numerose barche, specie di quelle da passeggio.
Il custode svolgeva invece una variegata attività, dalla custodia vera e propria,
alle pulizie, al controllo dei soci, al servizio di bar; il suo stipendio era integrato da
una percentuale sugli incassi del bar: Casalis dà incarico ad Abelly di trattare i
prezzi delle consumazioni e la relativa percentuale a favore del custode414.
Appare molto probabile che gli approvvigionamenti appartenessero al custode
perché in nessun verbale c’è un accenno ad acquisti di viveri o bevande, cosa
che sarebbe accaduta se il Consiglio avesse dovuto decidere, per dire, il fornitore
dei vini. In pratica al custode era riconosciuta, più che una percentuale sugli
413
Cons. 17/7/1945
414
idem
174
La Cerea 1945-1997
incassi, la possibilità di praticare un ricarico sul costo di ogni cosa servita.
Bicchieri, posate e pentolame appartenevano invece alla Cerea: Tovaglierie e
posaterie. Casalis rileva che quanto rimane in società è ormai in condizioni
deplorevoli. Bisogna quindi provvedere per i necessari acquisti affinché nella
prossima stagione si possa riservare ai soci un buon servizio di ristorante con
applicazione di un diritto per ogni coperto415. Questa frase potrebbe far pensare
che il ristorante funzionasse abitualmente, ma non è così, perché in più occasioni
i verbali ribadiscono l’eccezionalità di quel servizio, tutto da inventare nel suo
funzionamento in quel 1945, e non solo perché in quell’anno si installò alla Cerea
un nuovo custode: Il custode ha chiesto gli sia anticipata la spesa per il trasloco
del mobilio da Balangero a Torino. L’importo è di lire 7.500 che rimborserebbe in
rate mensili di lire 500. Si approva l’anticipo dei fondi. Per il servizio di ristorante
che si è progettato di istituire per i mesi estivi il sig. Casalis propone di fissare il
compenso per la moglie del custode che dovrebbe incaricarsi di questo servizio.
L’ing. Boccalatte, tenuto presente che il servizio sarebbe limitato a 4/5 mesi
all’anno , propone di fissare il compenso in una cifra fissa tenendo presente che la
retribuzione del custode che si aggira sulle L. 7.500 mensili oltre all’alloggio, luce,
gas e mance è già ben remunerativa416. Non è facile capire se la retribuzione
fosse effettivamente alta, ma si comprende perfettamente quanto fosse modesta
la quota sociale annua, fissata in 2.400 lire, neppure un terzo dello stipendio
mensile del custode. Difficilmente ci si poteva attendere molto dal servizio svolto
nel ristorante da un custode di recente inurbamento; si poteva sperare nelle
capacità di cuoca di sua moglie, anche se è nota la differenza che corre tra il
preparare il cibo per una famiglia o per 20 persone, ma non ci si poteva certo
attendere grandi cose per il livello del servizio. Per di più la moglie del custode
non aveva nessuna intenzione di far da mangiare, e neppure grandi capacità, a
giudicare da quanto segue: Custode: Iniziandosi la discussione Casalis espone la
questione del trattamento del custode anche in relazione al nuovo servizio di
ristorante che si intende attuare per la stagione estiva. Derossi è d’accordo con
quanto dice Casalis circa il servizio del custode, però dice di tener presente che è
difficile trovare un elemento da sostituire e conviene cercare di convincere
l’attuale custode a fare il nuovo servizio. Boccalatte dichiara che come custode fa
bene il suo servizio, e se la moglie volesse ritiene potrebbe benissimo
disimpegnare il servizio di ristorante. Sarà bene fissare fin d’ora la retribuzione
speciale per il periodo del servizio, che potrebbe anche essere di L.1.500 mensili.
Ponte, incaricato di preparare la messa in funzione del servizio ristorante dichiara
che limitatamente ad un menu di minestra , uova e frutta o formaggio inizierà il
funzionamento dalla settimana ventura417.
In quegli anni si riteneva, a quanto pare, che qualunque donna fosse in
grado di imbastire un pranzo dignitoso, anche se la stessa cuoca esitava; è vero
che all’epoca non esistevano i surgelati ed i precotti, sicché ogni donna di
campagna cucinava un minestrone, ma non necessariamente quel minestrone
era buono. Che contrasto però tra l’entusiasmo del 1946 per un servizio basato su
415
Cons.2/12/1945
416
Cons.7/4/1946
417
Cons. 16/6/1946
175
La Cerea 1945-1997
un menu di pura sopravvivenza e le pretese degli attuali soci, sempre scontenti di
qualsiasi piatto venga loro sottoposto! Ma allora veniva data più importanza al
piacere di trovarsi tra amici, anche nel corso di rare cene consumate nell’inverno:
CENE SOCIALI. Queste amichevoli adunate, mentre non sorpassano i limiti di un
buon pasto comune, servono, come in quella del 25 gennaio scorso, a passare
poche ore, quasi famigliari, in compagnia di conoscenze simpatiche a tutti i
convenuti, ed a stringere vieppiù quei vincoli di amicizia che più o meno
palesemente già vivono nell’animo dei nostri consoci. Si conviene pertanto di
ripetere queste adunate di tanto in tanto, limitate per forza ad un esiguo numero di
soci, causa la limitata disponibilità dei servizi di mensa418. Sono parole di Derossi,
socio dagli anni ‘20 che sicuramente avrebbe accennato alla ripresa di una
precedente consuetudine, se mai ci fosse stata. Ma il suo silenzio ci autorizza ad
affermare che l’abitudine della cena sociale ebbe origine proprio nell’inverno
1946/47, perché è chiara la sensazione che la cena sia stata un’esperienza del
tutto nuova.
Anche il pranzo estivo era una esperienza affrontata per la prima volta nel
1946, basta leggere come ogni raffronto sia limitato all’estate di quell’anno e
come manchi ogni richiamo ad esperienze precedenti: RISTORANTE ESTIVO.
Per agevolare molti soci, che nella stagione estiva restano soli in Torino, si decide
di ripristinare il servizio estivo di ristorante alla casalinga, già attuato in sede lo
scorso anno, con esito soddisfacente. Si dà mandato al segretario di interpellare
la moglie del custode, se si impegna nel servizio di cucina ai soci che
regolarmente prenotassero il pasto. A compenso di tale servizio la società
sarebbe disposta a corrispondere alla moglie del custode un compenso mensile
adeguato, ed al marito, custode e inserviente, il trasporto gratuito da Balangero
Torinese alla nostra sede , suo attuale domicilio, del suo mobilio419. Ricorderete
che il trasloco, non ancora fatto ad un anno di distanza, doveva costare 7.500 lire,
cui si aggiungeva il compenso per la moglie; non resta che pensare che la cucina
della custode si fosse librata più in alto di quanto il menu di minestra, uova e
formaggi annunciato da Ponte nell’anno precedente potesse far immaginare.
E’ anche interessante notare come il costo del servizio ristorante gravasse
sulla società, pronta a retribuire la cuoca, mentre poteva trarre un rimborso solo
parziale dagli incassi derivanti dai coperti. D’altronde erano anni in cui la sola
forma diffusa di retribuzione era quella tipica del lavoro dipendente; per offrire ai
soci un nuovo servizio la Cerea non poteva che pagare direttamente una persona.
Fino a quella primavera del 1947 il pranzo alla Cerea era possibile ai soli
soci, come ben si capisce dalla proposta avanzata da Dino Ponte alla riunione di
Consiglio del 23 giugno 1947: RISTORANTE ESTIVO. Il servizio di ristorante
sociale alla casalinga potrà avere inizio col 1° luglio p.v. per avere termine al 30
settembre del c.a.
Il dott. Ponte propone che il socio possa invitare a queste refezioni delle sue
conoscenze o suoi famigliari, preavvisando però tempestivamente il custode o la
moglie sua , su quanto desidera mangiare. Data la svalutazione monetaria
attuale, il dott. Ponte propone ancora che la quota di coperto sia per il socio di lire
50 e per il famigliare o l’invitato di lire 100 a persona. Il coperto ha qui il significato
418
Cons. 2/2/1947
419
Cons. 27/4/1947
176
La Cerea 1945-1997
di somma destinata alla società, non al custode. E’ anche chiarificatore il termine
“refezione” utilizzato da Ponte, perché ci permette di accertare il livello dei cibi
forniti dalla moglie del custode: ”Ristoro di cibo, pasto, cibo dato ai fanciulli poveri
a scuola” dice lo Zingarelli per la parola Refezione. E Refettorio: “sala da
mangiare, di conventi, seminari, collegi”. Merita anche notare come solo con
l’approvazione di questa proposta abbia avuto inizio un vero servizio di ristorante,
o forse di osteria, perché precedentemente il servizio era usato necessariamente
da pochissimi soci; bisognava prenotare con un giorno di anticipo, essere soci,
non avere ospiti, era quindi qualcosa di simile al “tavolo degli scapoli “ che
d’estate esisteva qualche anno fa, occupato mediamente da 6/7 persone. Tanti
dovevano essere stati i coperti giornalieri del 1946.
Non stupisce invece la possibilità di specificare i cibi desiderati, nell’ambito
delle capacità della cuoca, è ovvio; dalla seduta di consiglio appena esaminata
apprendiamo la circostanza, già citata, della mancanza di un frigorifero, e ciò
costringeva nei mesi caldi a far la spesa giorno per giorno.
E’ chiaro che l’antica tradizione del custode si sposa in quegli anni alla
necessità che costui abbia una moglie, per di più capace in cucina e disposta a
questo servizio; si sommano alle vecchie esigenze nuove necessità che rendono
sempre più difficile reperire la persona idonea. Una prima notizia di queste
difficoltà la troviamo nel 1949, probabilmente dopo la partenza del custode di
Balangero: Occorre trovare soluzioni per sanare la situazione finanziaria assai
gravosa. Ad esempio la Società non può più sobbarcarsi la spesa di un barista e
di un custode. Siccome il custode non intende dedicarsi al bar, il Consiglio
unanime delibera di cercare una famiglia che si assuma l’incarico del bar,
dimodoché la Società sia alleggerita di una spesa420 . Praticamente si cerca ormai
un gestore, anche se bisogna notare che le incombenze del custode erano
davvero tante: in base a ciò che abbiamo visto in precedenti capitoli il custode
doveva, oltre che svolgere le mansioni tipiche, prendere nota delle barche usate
dai soci e controllare il materiale al ritorno, servire al bar, servire a tavola, perfino
dare e poi nascondere le carte dopo il gioco prelevando la relativa tassa dai soci,
secondo la previsione del 1947. Quindi egli aveva anche oneri amministrativi per
annotare le percentuali di incasso del bar, del ristorante, gli incassi per le carte,
insomma un lavoro davvero pesante visto che c’erano anche le pulizie, la
custodia, la spesa da fare.... E la Cerea intendeva rendere meno saltuario il
funzionamento del ristorante ed aumentare le tasse che il custode doveva
riscuotere: propone che per avere maggior introito nelle casse sociali , le
seguenti: un servizio di ristorante bar con una quota coperto a favore della
Società, applicazione del telefono a gettoni, grillo sul gioco carte, bigliardo, ping
pong, bocce421 .
Il sistema in uso restò quello di affidare al custode l’incarico di preparare da
mangiare, anche se con limitazione del servizio al sabato ed alla domenica a
giudicare dal contenuto di un verbale: Viene pure deliberato di assegnare al
custode un contributo per il periodo estivo affinché faccia funzionare il servizio di
buffet e ristorante (al sabato L. 500 - domenica L. 1.000)422 . Se quegli importi
420
Cons. 8/11/1949
421
Ass. 27/11/1949
422
Cons. 1/6/1951
177
La Cerea 1945-1997
erano l’ammontare del contributo al gestore per il servizio, come pare, allora
dobbiamo dedurre che nei giorni feriali non si poteva mangiare, evidentemente il
tentativo di avere il servizio di ristorante per tutto il periodo estivo aveva avuto
esito negativo.
Il libro di cassa del 1950 e 1951423 ci permette di conoscere nei particolari i
costi del ristorante e l’utile che la Cerea ne traeva, visto che ogni socio versava
alla società 100 lire per pasto e gli incassi sono annotati con precisione.
Nel 1950 fu acquistata o rinnovata la dotazione occorrente per il
funzionamento del ristorante, con una spesa importante: 5 tovaglie (6.300 lire),
pentolame e piatti (51.000), bicchieri e stoviglie (2.000) per un esborso totale di
quasi 60.000 lire. Vediamo ora il numero dei pasti serviti: 16 coperti nel maggio,
36 a giugno, 94 a luglio, 189 in agosto, mese in cui allora Torino era viva e piena
di gente; ed ancora 112 in settembre, 47 ad ottobre, 43 a novembre e nulla in
dicembre, a conferma dell’uso eminentemente estivo che i soci facevano della
società. Tenendo conto del fatto che da luglio il coperto a favore della società fu
dimezzato a 50 lire, l’incasso per la Cerea fu di 28.450 lire, un buon risultato
economico ed un successo di partecipazione, specie nei mesi estivi.
Il 1951 fu più deludente: nessuno mangiò alla Cerea nei primi tre mesi
dell’anno, mentre i coperti furono 27 in aprile, 40 a maggio, niente a giugno, 185 a
luglio, 35 ad agosto, nulla a settembre, 12 in ottobre.
Lo stesso libro di cassa ci consente di accertare che nel 1950 e ‘51 neppure
il bar veniva gestito direttamente dalla società; la Cerea percepiva il 5% degli
incassi del bar, eppure indicava quali prodotti, soprattutto alcolici, acquistare: un
appunto contenuto al termine del libro di cassa indica le bottiglie da comprare:
Punt e Mes, Fernet Branca, Stock 84, Alpestre, Rum di marca, China Martini,
Aperol, Wisky di marca. Il vermouth veniva acquistato in damigiana, il vino presso
la ditta Riccardo Cortese di Canelli. Quel che riesce incomprensibile è il fatto che
nel libro cassa compaia il pagamento del vino e del vermouth con denari della
società; sarebbe allora insufficiente un margine a favore della Cerea del 5%, ed in
contrasto con la circostanza che nessun altro prodotto appare pagato dalla Cerea;
è probabile che la società abbia solo anticipato i denari, provvedendo poi a
compensazioni con il custode.
Il custode dell’epoca non soddisfaceva le aspettative come si sperava424, ma
del problema del bar non si parlò più per parecchi anni, precisamente fino alla
seduta di consiglio del 24 febbraio 1958, della quale ci resta un verbale impreciso
nella terminologia, ma indicativo dell’importanza che rivestiva la gestione del bar:
responsabili i sigg. Colombo e Restagno per mobilio, coppe e materiale del
servizio bar e ristorante. La gestione del bar viene affidata al sig. Colombo che
sarà coadiuvato dal prof. Ponte. In ogni caso è interessante il fatto che si parli del
bar più che del ristorante, a confermare che nel 1958 i pranzi alla Cerea erano
solo occasionali. Il custode svolgeva mansioni di fatica e di servizio, come risulta
dallo stesso verbale: Il sig. Colombo promette di interessarsi circa il vestiario da
cameriere necessario al custode (pantaloni neri e giacca bianca). L’ing. Derossi
promette pure per il custode una tuta da lavoro. Ma si può pensare che il cambio
423
Doc. A27
424
Cons. 7/9/1951
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La Cerea 1945-1997
di divisa garantisse l’abilità della stessa persona in ruoli così diversi? Una giacca
bianca fa di un custode un cameriere?
Il servizio ed il cibo continuavano ad essere assolutamente “casalinghi”,
perché non si dimentichi che solo nel 1958, e dopo molte discussioni, a fronte del
rifiuto opposto dal Consiglio fu avviata la colletta tra i soci per comprare un
frigorifero: L’assemblea affronta la proposta di acquistare un frigorifero per il
servizio di ristorante e bar e dopo un’animata discussione viene approvata una
libera sottoscrizione per poter effettuare questa spesa non prevista in bilancio. La
sottoscrizione iniziata seduta stante ha fruttato la somma di circa 70.000 lire 425.
Le divise del custode, da lavoro e da cameriere, arrivarono solo nell’anno
successivo, come ci riporta un verbale del 1959 che indica anche le modalità di
funzionamento di alcuni servizi: Il Consiglio all’unanimità approva, su proposta del
comm. Girardi e prof. Ponte, di regolare l’orario dei pasti per i soci che pranzano
in società fissando l’ora massima alle 13,30 per il pranzo e 20,30 per la cena;
viene pure stabilito che i pasti siano pagati per contanti subito dopo consumati e
che per le consumazioni siano presi in dotazione dei blocchetti di tagliandi a
matrice in modo che al socio che ordina la consumazione nel firmare il tagliando
d’ordine abbia pure un tagliando per sé. Viene pure stabilito il lunedì giornata di
riposo del custode426. Abbiamo appena avuto notizia di grandi novità nel
funzionamento del ristorante, da quel 1959 aperto tutto l’anno regolarmente; la
seduta si tenne infatti nell’inverno, e se i pranzi fossero stati occasionali non ci
sarebbe stata necessità di disciplinare l’orario di funzionamento del servizio. Il
sistema dei tagliandi è invece prova del fatto che il gestore doveva versare alla
Cerea una somma per ogni pasto servito, il grillo sul ristorante; il Consiglio
cercava così di risolvere il problema di accertare il numero dei pasti serviti.
Il ristorante funzionava probabilmente grazie alla capacità e versatilità del
custode dell’epoca, al quale infatti fu fatto un aumento di 5.000 lire mensili nel
1960427.
Nel 1963 troviamo un elemento che induce a pensare che in quegli anni il
servizio di bar fosse gestito direttamente dalla Società, e che il custode svolgesse
solo l’opera di servizio: Il C. D. delibera inoltre che, a partire dal 1° gennaio 1963,
la gestione del bar venga affidata al custode sotto controllo dell’economo. A tale
scopo verrà concesso al custode un fondo cassa di lire 30.000 per il regolare e
costante approvvigionamento del bar428. La gestione diretta del bar poteva essere
fonte di utile, ma poneva sicuramente molti problemi, e comportava la necessità di
disporre di un custode - barista davvero onesto. Non si può neppure dire che la
Cerea, per parte sua, fosse così precisa nell’adempiere ai propri doveri; così
almeno risulta da una riunione del febbraio 1964 ove era assente Derossi: Il V. P.
Ponte comunica che il guardiano ha chiesto, due volte, notizie della pratica
riguardante la sua posizione, relativa alla domanda presentata nel dicembre ‘63,
425
Ass. 23/3/1958
426
Cons. 27/11/1959
427
Cons. 1/1/1960
428
Cons. 12/12/1962
179
La Cerea 1945-1997
riguardante un aumento richiesto: tutta la pratica fu assunta dal Presidente che
non ha più risposto in proposito429.
Un documento del 1963 ci fornisce la conferma dei limiti del ristorante
dell’epoca, prima di tutto per la scarsità delle attrezzature: sul menu del Pranzo
del Centenario si legge che il servizio fu prestato dal comm. Carlo Sodano, segno
evidente che il custode poteva solo fornire un onesto pranzo casalingo, ma niente
di presentabile ad ospiti e soci un po’ numerosi.
Non sappiamo se in quegli anni ci sia stato un cambio di custode, certo è
che ben presto ci furono lamentele sul servizio e proposte di modifica.
All’assemblea del 17 gennaio 1965 si discusse sulla funzionalità del bar, a
disposizione del quale la somma di L. 30.000 portata in bilancio non è
completamente impiegata, il che significa che mancavano molti prodotti; ma si
discusse anche sulla efficacia del servizio ristorante che presenta notevoli
difficoltà di impostazione e regolare funzionamento. Rilievi furono mossi anche
alla quota di coperto, per il quale il Consiglio condivise gli appunti e si riservò di
provvedere, cosa che fece nel mese di luglio riducendo a 200 lire la quota dovuta
per il coperto dei pranzi consumati in società dai non soci invitati, ferma restando
la quota di L. 100 per i soci . Decise anche di sottoporre ai Colleghi assenti in
Consiglio alcune modalità tendenti ad attribuire al custode (o a suo famigliare) un
premio per il maggior lavoro a regolari scadenze430. Il grande ritardo nel
provvedere alle modifiche di costo del coperto, dal gennaio al luglio, dipese solo
dal fatto che la riunione di luglio fu la prima ed anche l’ultima del 1965, e fu tenuta
in assenza di Derossi.
In base a quanto leggiamo nei verbali il premio per il maggior lavoro era
davvero meritato, perché il custode aveva incombenze numerose e spesso era
impegnato in attività tra loro incompatibili; Basti leggere questa delibera del 1966:
Viene anche ventilata la necessità di assumere per il periodo estivo un uomo di
fatica che sia di aiuto al custode per la pulizia interna ed esterna, verniciatura
imbarcazioni ecc.. Viene raccomandato al custode di vestirsi in maniera civile e di
rimanere a disposizione dei soci per le loro necessità quali il bar ed il ristorante431.
Come poteva il poveretto spazzare, pulire, verniciare le barche usando abiti
decenti, e nel contempo servire al bar e magari a tavola? Non è davvero un vizio
recente dei soci quello di pretendere molto volendo spendere poco. Ed è facile
immaginare quante fossero le lamentele per la cattiva verniciatura, fatta come può
farla un cameriere, e per lo scadente servizio, fornito da un volonteroso operaio.
Per di più il custode dal quale tanto si pretendeva era un anziano, tanto che
dopo pochi mesi si discusse della eventualità di sostituire i custodi per la loro età
avanzata432. Il 5 gennaio 1967 il Consiglio parlò nuovamente del custode la cui
età non permette lavori di una certa pesantezza e si discute sull’ opportunità di
trovare qualche pensionato disposto a curare la manutenzione dello stabile.
Successivamente si prospetta l’opportunità di cambiare i coniugi del ristorante bar
che per il loro modo di cucinare e di procedere non hanno incontrato troppa
429
Cons. 28/2/1964
430
Cons. 5/7/1965
431
Cons. 15/4/1966
432
Cons. 25/10/1966
180
La Cerea 1945-1997
simpatia tra i soci. L’articolazione del discorso autorizzerebbe a pensare che ci
fossero due incarichi distinti, un custode ed un gestore del ristorante; ma ciò
contrasterebbe con quanto abbiamo letto precedentemente, ove si raccomandava
al custode, e non ad altri, di rimanere a disposizione dei soci per le necessità di
bar e ristorante. Ulteriore dubbio sulla coincidenza dei due incarichi ci viene da
una riunione di poco successiva: La seduta viene aperta dall’ing. Derossi su una
lettera spedita dal custode Domenico che chiede di essere esentato dal servizio.
Si decide di cercare un altro custode. Si passa poi al 2° argomento che è il
problema scottante: la sostituzione dell’attuale gestore dimissionario e su una
regalia a titolo di buona uscita. Qualche socio avanza una proposta, cioè trovare
una coppia che sappia soprattutto cucinare e curare la manutenzione dei locali
sociali e delle aree che da un po’ di tempo lasciano a desiderare. Dopo laboriose
ricerche si decide di trovare per il momento un buon gestore che curi la cucina in
quanto molti soci praticano il ristorante 433. Notiamo che, per la prima volta,
compare il termine “gestori”, prima mai utilizzato. Io credo che Domenico fosse
custode e gestore, e non solo per la stranezza di contemporanee dimissioni, ma
anche perché la Cerea del 1967, con i suoi 82 soci effettivi, difficilmente avrebbe
potuto mantenere tre persone; i verbali del segretario Fungo non brillano poi per
chiarezza, sicché è probabile che i ben diversi compiti di custode e di gestore
abbiano portato a sdoppiare l’unico problema in due discorsi distinti.
Corollario della antica consuetudine di assumere stabilmente i custodi gestori era quella di dover loro pagare la liquidazione, cosa non da poco per una
Società in continua crisi finanziaria. Ne troviamo traccia in un verbale di
Assemblea di quel periodo, e poiché poco dopo Domenico si licenziò, pagargli le
sue spettanze non deve essere stato problema da poco, anche perché doveva
essere da molti anni alla Cerea: Vien fatto notare che fin ad ora non si è mai
provveduto ad accantonare una somma quale indennità di licenziamento o
liquidazione del custode. Tale somma, se dovesse essere versata oggi ci
coglierebbe del tutto impreparati non avendo la Cerea un capitale a disposizione.
Sono state perciò portate sul bilancio L. 500.000 che verranno accantonate per
tale eventualit à434 .
Nel Consiglio del 9 ottobre 1967 venne comunicata l’assunzione del nuovo
gestore sig. Stefano Spialtini al quale sarà dato l’incarico di curare il ristorante bar
e la pulizia dei locali e docce.
Ma i problemi di quel periodo sono assai simili a quelli dibattuti in anni più
recenti, problemi di efficienza e di compatibilità: Il comm. Casalis prospetta
l’opportunità che la società disciplini l’uso del ristorante, in particolar modo da
parte di alcuni soci Pescatori Alla Mosca. Il consigliere Sig. Bobba ha proposto di
aumentare il coperto a 500 lire. Proposta che non viene accettata per ovvi
motivi435.
Bisogna però notare come , a 20 anni dai primi tentativi di far cucinare una
minestra al custode, esigenza preminente fosse, come oggi, quella di avere un
buon gestore del ristorante; non sappiamo in quali tempi e con che modalità si sia
433
Cons. 4/9/1967
434
Ass. 12/3/1967
435
Cons. 14/1/1968
181
La Cerea 1945-1997
modificata la situazione originaria, ma nel 1967 il ristorante era ormai una
quotidiana consuetudine, non più limitata a stagioni o giorni particolari.
Eppure, dopo le dimissioni del gestore Stefano Spialtini, che cessò la sua
attività il 31 dicembre 1968436, i consiglieri pensarono di sopprimere il ristorante. I
verbali non precisano perché si giunse a tale decisione, ma lasciano trapelare un
chiaro fastidio per il problema, basti dire che la questione fu definita “faccenda
ristorante”, come se si trattasse di una pura seccatura; effettivamente per il
Consiglio la gestione del ristorante è sempre fonte di numerosi problemi, ma
abolirlo fu una decisione grave e sconfessata dall’assemblea. E’ forse utile
ricordare che Derossi, sempre Presidente, era assente dalle riunioni di consiglio e
dalle assemblee da circa due anni, assenza che fu origine di difficoltà per i
consiglieri. Nella stessa riunione del 24 novembre 1968 in cui essi discussero
sulla opportunità, date le condizioni di salute, di eleggere un Presidente
funzionante (proprio così, funzionante!), le discussioni caddero anche sulla
faccenda del ristorante e della sostituzione del gestore Stefano. Dopo animate
discussioni si delibera: soppressione del ristorante, assunzione di un custode (a
favore del solo custode sono: Casalis, Fungo, Bobba e Colombo). Quindi solo
Ambrosini era favorevole al mantenimento del ristorante.
Ma nel corso dell’assemblea del 22 febbraio 1969 quella decisione,
l’abolizione del servizio di ristorante, fu oggetto di discussione: mentre la direzione
è contraria i soci sostengono la necessità di mantenere tale servizio.
Quell’assemblea fu drammatica perché a lungo fu esaminata la insostenibile
situazione finanziaria della Cerea ed inutilmente furono cercati modi per
aumentare gli incassi e diminuire le spese; nei costi di gestione stava
probabilmente la chiave della decisione di sopprimere il servizio ristorante, che
però restò chiuso solo per qualche mese. Sappiamo infatti, per un accenno al
periodo di ferie, che c’era un custode, anche gestore del ristorante, nel settembre
1969437. Ma il suo periodo di prova fu piuttosto lungo, perché solo nel 1970 si
deliberò di inquadrare il nuovo custode Giovando Giancarlo a tutti gli effetti438.
Giovando era custode ma anche ristoratore, tanto che Abelly nella stessa
riunione fu incaricato di comprare posaterie, tovaglierie ecc. dopo aver eseguito
l’inventario del materiale.
Durò poco. Non sappiamo quando e come, ma quello Spialtini che se ne era
andato a fine 1968 tornò alla Cerea: Altro argomento è la non soddisfacente
situazione nei servizi della Società abbinando le due funzioni di conduzione
ristorante e custodia locali. Viene deciso di affiancare al gerente ristorante sig.
Spialtini, un pensionato, il sig. Bertinetti Giovanni che si occupi della custodia dei
locali sociali. Questa soluzione provvisoria è decisa da questo Consiglio allo
scopo di tenere il servizio ristorante al grado attuale di funzionamento giudicato
buono dalla maggioranza dei soci e dal Consiglio anche utile alla acquisizione di
nuovi soci. Questo era il verbale di Consiglio del 30 gennaio 1971. Leggiamo ora
quello del 15 febbraio, solo due settimane dopo: Vengono accettate le dimissioni
del gerente del ristorante sig. Spialtini che aveva già dimostrato (vedi verbale del
436
Cons. 17/11/1968
437
Cons. 23/9/1969
438
Cons. 19/3/1970
182
La Cerea 1945-1997
30/1/71) di non sopportare più con nostra e sua soddisfazione gli impegni a suo
tempo assunti . Vagliate alcune risposte ad un nostro annuncio pubblicitario,
viene assunto per sostituirlo il sig. Aldo Tagliente. Viene così anche a cessare
l’esperimento del servizio custodia locali svolto dal sig. Bertinetti in quanto il
nuovo assunto svolge, come nel passato, i due compiti di gestione ristorante e
custodia locali.
Un repentino cambiamento di umori e di obbiettivi nell’arco di pochi giorni; si
noti che la Cerea aveva già pubblicato un’inserzione e avuto risposte, sicché
subito dopo aver verbalizzato quegli apprezzamenti alla gestione del sig. Spialtini,
utile anche all’acquisizione di soci, qualcuno corse a cercare nuovi gestori.
Il custode - gestore continuava ad essere assunto come dipendente della
società, e tale soluzione comportava sicuramente alti oneri contributivi; ne
abbiamo conferma dal fatto che l’assemblea approvò la proposta del socio Girardi
di stipulare una polizza per la liquidazione del custode439. Nella realtà però il
custode Tagliente non venne neppure assunto regolarmente, in attesa di un
chiarimento ufficiale sulla possibilità che la Cerea, sfrattata dai locali come tutte le
società rivierasche, potesse continuare la propria vita nei locali di viale Virgilio; lo
precisa un curioso verbale di Consiglio del 9 novembre 1971 che riporta il
racconto di D’Alberto relativamente alla convocazione presso l’ENPAS a
proposito della sistemazione assicurativa del custode: A verbale viene scritto che
in questo periodo il lavoro di custodia è stato ed è tuttora sbrigato da personale
occasionale. Ci si impegna a regolarizzare la posizione del custode non appena
sistemata la questione più importante e che condiziona tutta la politica sociale,
quella della locazione con il Comune di Torino. Lungi dall’assumerlo, al Tagliente
venne ridotto lo stipendio, assumendo contemporaneamente un uomo di fatica
che curi le pulizie del cantiere, spogliatoi, giardino440, con una esplicita critica alla
conduzione della custodia che verrà più volte ribadita441.
Il sempre attuale problema delle pulizie e della ripartizione dei compiti tra
custode - gestore ed addetto alle pulizie trovò una chiara e precisa definizione
con la decisione del Consiglio in data 10 febbraio 1972: il custode dovrà
provvedere a pulizie cucina, salone, salette laterali, scala interna, piazzale
antistante il salone, discesa accesso società, funzionamento impianto di
riscaldamento, sorveglianza barche in acqua. La nuova retribuzione è fissata in
lire 50.000 mensili. E’ stato assunto un uomo per le pulizie del cantiere, spogliatoi
e giardino retribuito con lire 30.000 mensili. Mi pare che ci sia un po’ di
sproporzione tra i tanti incarichi del custode ed il suo compenso, neppure doppio
rispetto all’uomo delle pulizie, ma forse il gestore godeva di qualche utile dalla
gestione del ristorante.
Sappiamo che Aldo Tagliente se ne andò nell’estate del 1976442 dopo
cinque anni di permanenza, un record forse, e fu sostituito da Rita Bergero443, che
durò pochissimo perché, giusto un anno dopo, la successiva informazione relativa
439
Ass. 27/3/1971
440
Cons. 11/1/1972
441
Ass. 18/3/1972, Cons. 26/5/1972,
442
Cons. 10/5/1976
443
Cons. 24/11/1976
183
La Cerea 1945-1997
a gestori consiste nella decisione di allontanare una certa Margherita Chiesa444;
ma vedremo tra breve come vi sia stata anche la comparsa di una certa Marasso,
sicché nel breve spazio di un anno furono provati e licenziati tre gestori, a riprova
della difficoltà di trovare persone che svolgano in maniera corretta l’incarico,
difficoltà purtroppo raramente compresa dai soci.
Nel 1978 la struttura del rapporto con i custodi subì una profonda
trasformazione a seguito di sollecitazioni di Roncarolo; nel verbale di consiglio
dell’ 11 gennaio 1978 sono riportati i criteri cui informare il nuovo contratto da
stipulare con i gestori futuri: A carico dei gestori la pulizia dei locali, la minuta
manutenzione delle attrezzature di cucina, il lavaggio delle tovaglie ed il rimborso
alla società del 10 % degli introiti. A fronte della cessione in uso dell’alloggio e
senza alcun rimborso di spese di riscaldamento, luce, ecc., sia eseguita la
custodia dei locali. Lo schema è quello ancora adottato, sia pure con modifiche;
la rottura con la tradizione si consumò poco dopo con la precisazione che la figura
del custode era da eliminare445 e con la lettura della bozza del nuovo contratto
preparato da Roncarolo e visionato anche dal Notaio Gardini.
Si cercò un gestore con una inserzione su La Stampa, ripetuta più volte, ma
alla data del 19 maggio il solo candidato, certo Livornese, rinunciò e spinse il
Consiglio a ridurre la pretesa di rimborso a 150.000 mensili446. Anche questa
vicenda, che ciclicamente si è ripetuta, dovrebbe insegnarci che l’incarico di
gestore alla Cerea non è così ambito come i soci normalmente ritengono,
pretendendo molto, a prezzi bassi ed a fronte di un fitto elevato. Ma la storia
spesso si ripete.
Della affannosa ricerca di gestori del 1978 ci sono rimasti due inventari, il
primo datato 1 luglio 1978 relativo al passaggio dalla Sig.ra Bergero alla Sig,ra
Marasso, il secondo del 24 ottobre dello stesso anno447.
L’esame di quegli inventari ci permette anche di ricostruire le dotazioni della
Cerea di quel periodo: risulta la presenza di moltissimi piatti, bicchieri e posate di
vario tipo, insufficienti però per servire in modo uniforme una tavolata di 30 - 40
persone; 8 tipi di bicchieri, 74 piatti con distintivo Cerea ma solo 16 fondine, 45
fondine bianche e solo 35 piatti piani uguali, vari tipi diversi di posate, nel numero
massimo di 33 dello stesso servizio, 4 piatti da portata tra tondi e ovali. Le
tovaglie preferite erano quelle quadrettate: 5 tovaglie grandi, 7 piccole, 6 medie
quadrettate, 1 grande quadrettata, 14 piccole colorate o quadrettate, 33 tovaglioli
bianchi e 7 a quadrettini. L’ambiente era chiaramente casalingo e senza pretese,
ci si accontentava di una tavola sommariamente apparecchiata.
Non ne abbiamo certezza documentale, ma nuovo gestore fu la signora
Usai, aiutata dai figli Franco e Anna, alla quale fu richiesto infine un canone di
sole lire 100.000, abbuonato per i primi tre mesi448. La cucina della Usai era
veramente modesta, minestrone quando ce n’era e qualche uovo; stupisce quindi
il fatto che sia stato necessario richiamare l’opportunità di contenere i prezzi,
444
Cons. 2/11/1977
445
Cons. 1/2/1978
446
Cons. 19/5/1978
447
Contenuti nella Cartella Doc.C.10
448
Cons. 28/6/1978
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La Cerea 1945-1997
specie in certe occasioni449; ma le pretese della società sono talvolta eccessive,
sicché dopo alcuni incontri destinati a coordinare l’attività dei gestori con la novità
del 1982, la ricevuta fiscale450, al gestore venne richiesto di aumentare il
contributo mensile a favore della società a lire 200.000, di accollarsi il canone
telefonico e di rinunciare ai 10 giorni di ferie estive che aveva richiesto451. Il
rapporto con gli Usai divenne teso al punto da spingere il direttivo a risolvere il
contratto.
Dal 26 ottobre 1982 la gestione fu affidata al socio Elio Borghi, ed iniziò il
periodo più cupo del ristorante Cerea. Borghi aveva bisogno di tanto preavviso
per preparare qualcosa che giunse a mettere un gran cartello nel bar, a
specificare che chi desiderava l’insalata alle 14 doveva avvisare entro le 13; si
passò così a mangiare panini, sempre che il pane non fosse già esaurito. Il
rapporto durò quindi pochissimo e Borghi si dimise dopo pochi mesi spingendo il
Consiglio a cercare persone del mestiere452. Nella stessa riunione di Consiglio si
discusse la candidatura a gestore di Bouquié, peraltro tramontata
immediatamente anche per l’opportunità di non ripetere esperimenti con soci
inesperti di cucine professionali. E’ interessante notare che, poco dopo, Bouquié
chiese anche di prendere in carico la custodia della Societ à453.
Dopo un breve periodo di chiusura del bar ristorante l’incarico di gestione fu
affidato a Lino Bellese ed a sua moglie, ottima cuoca454, che fece compiere un
buon salto di qualità alla Cerea; divenne piacevole pranzare in società e la cosa
ebbe positivi risultati anche per la vita sociale. Naturalmente non mancarono le
lamentele per la mancanza di pulizia455, per gli orari di funzionamento che
vennero così stabiliti: 12,30 - 14,30 e la sera 20 - 22. E’ tassativa la prenotazione
con almeno mezza giornata di anticipo456. E ci furono problemi anche per la
custodia, affidata ad un certo Massimo pagato dai Bellese che però lo
licenziarono poco prima dell’inizio dei lavori di ristrutturazione457.
Proprio i disagi creati dai grandi lavori del 1985 spinsero i Bellese a lasciare
la gestione458 per acquistare il Bric Paluc, ove ancora operano.
Per circa sei mesi un pensionato, il sig. Berrini, si adoperò per far funzionare
il bar in mezzo a calcinacci, operai, disagi di ogni tipo; ma appena la società fu
nuovamente agibile la gestione passò a Giorgio e Miranda Bechis459 che
iniziarono l’attività a metà aprile 1982460 e se ne andarono, senza lasciare troppi
449
Cons. 17/1/1979
450
Cons. 21/1/1982, Cons. 4/2/1982
451
Cons. 13/5/1982
452
Cons. 12/5/1983
453
Cons. 1/9/1983
454
Cons. 8/10/1983.
455
Cons. 24/5/1984
456
Cons. 19/7/1984
457
Cons. 20/9/1984
458
Cons. 4/7/1985
459
Cons. 18/3/1986
460
Cons. 10/4/1986
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La Cerea 1945-1997
rimpianti, un anno dopo. A partire dalla gestione Bellese il servizio assunse le
caratteristiche tipiche di un ristorante, con scelta di menu e buon livello.
Tre anni durò invece Biagio Vernassa, simpatica persona che si distinse per
l’altissimo numero di collaboratori che ruotavano intorno a lui. La sua cucina
alternava piatti pregevoli ad errori elementari; ma la sua caratteristica era quella di
essere perennemente coperto di macchie d’unto, cosa non ideale per il servizio.
Fu una gestione che segnò, in certo modo, il ritorno al passato perché la custodia
fu affidata a Mario Borgnino, vero intestatario del contratto di gestione, che si
assunse l’impegno di vivere alla Cerea per curare la custodia, mentre Biagio
arrivava solo di giorno; ma Borgnino non fece altra attività che superasse il suo
esser sempre presente.
Dal 1989 al 1992 toccò a Nicola con i figli Rosario e Antonio ai tavoli. Fu
un’ottima gestione, ed anche per loro merito il numero dei soci aumentò
notevolmente. Il menu era piuttosto limitato, ma i piatti cucinati erano davvero
perfetti.
Quando anche Nicola se ne andò nel ristorante che aveva acquistato, toccò
alla signora Audero, scelta obbligata anche perché gli altri due pretendenti alla
gestione si ritirarono all’ultimo minuto. I sei mesi di conduzione della signora
Audero si distinsero per il vorticoso cambio di cuochi e personale; si giunse a
cambiare il cuoco a metà di una cena, perché il vecchio si era licenziato tra il
primo ed il secondo, subito sostituito da un cinese trovato chissà dove. La signora
Audero lasciò anche un segno presso i fornitori, che a lungo richiesero alla Cerea
il saldo dei conti in sospeso.
La normalità tornò con l’estate del 1993 e con la gestione di Antonio e
Grazia Del Gaudio, una coppia gentile che gestì il ristorante per tre anni.
L’incarico fondamentale da assolvere è ormai quello del ristorante, essenziale per
il buon andamento della società; incarichi collaterali, come
la pulizia negli
spogliatoi, sono considerati sempre di secondo piano e, infatti, trascurati da tutti i
gestori.
186
La Cerea 1945-1997
INDICE
PREFAZIONE
pag.2
INTRODUZIONE
pag.3
CAPITOLO I
Vita e vicende sociali
pag.4
1
Il tramonto dei dirigenti d’anteguerra
pag.6
2
La presidenza Derossi
pag.21
3
Da D’Alberto a Dainotti
pag.26
4
La presidenza Ponte
CAPITOLO II
pag.31
1
pag.34
2
I SOCI
Numero e caratteristiche dei soci
I consigli direttivi
CAPITOLO III
pag.40
1
pag.57
2
LO CHALET
La palazzina e gli arredi
Il riscaldamento
CAPITOLO
pag.62
CAPITOLO
pag.82
CAPITOLO
pag.97
CAPITOLO
pag.124 1
pag.127 2
IV
I MEZZI FINANZIARI
V
LE BARCHE
VI
IL CANOTTAGGIO
VII RAIDS E ALTRI SPORT
I raids
Gli altri sport
CAPITOLO VIII I RAPPORTI CON L’ESTERNO
pag.130 1
I rapporti istituzionali e politici
pag.133 2
Ricorrenze e altre visite
pag.135 3
Gli ospiti a pagamento
pag.138 4
I gemellaggi e la Lega Vogatori Veterani del Po
CAPITOLO IX
pag.141
1
pag.145
2
REGOLE E SANZIONI
Le regole
Le sanzioni
CAPITOLO X
CARTE, BOCCE E BOCCETTE
187
La Cerea 1945-1997
pag.150
pag.152
pag.157
1
2
3
CAPITOLO XI
pag.159
Le carte
Le bocce
Le boccette
CUSTODI E GESTORI
INDICE
pag.172
188