riccardo vitale la cerea 1945 - 1997
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riccardo vitale la cerea 1945 - 1997
RICCARDO VITALE LA CEREA 1945 - 1997 La Cerea 1945-1997 PREFAZIONE Valeva la pena di frugare tra vecchie carte per tracciare la storia di 50 anni di un piccolo gruppo di persone? Certamente no. Ma alla Cerea c’è sempre stata la passione per i cimenti privi di scopo, i cento chilometri al remoergometro, i raid faticosi, le gare di sopravvivenza. Tra le varie sfide inutili, io ho scelto questa. 2 La Cerea 1945-1997 INTRODUZIONE La lettura dei verbali del Consiglio Direttivo e delle Assemblee consente di conoscere fatti della vita dimenticata della società, circostanze spesso minute che non trovano alcuno spazio nelle storie ufficiali edite per il centenario e per il 125° anniversario della fondazione. Per la loro funzione celebrativa i volumi ufficiali riportano e sottolineano i fatti positivi, i successi e gli onori della Cerea; ma nascondono le pagine sgradevoli e trascurano i piccoli fatti che non hanno alcun interesse per gli estranei. Eppure, se vogliamo capire attraverso quali vicissitudini e traversie la Cerea abbia percorso i suoi 135 anni di vita, se e come la Società sia mutata, come siano maturate anche le sue pagine gloriose, allora è necessario partire proprio dai piccoli fatti quotidiani di amministrazione. Le fonti che ho utilizzato sono i verbali di Assemblea e di Consiglio, il Libro d’ Oro, il volume di Dal Pozzo edito per il centenario, qualche elenco di soci esistente in segreteria e documenti e corrispondenza degli ultimi 20 anni. Per il periodo successivo al 1986 ho attinto abbondantemente ai miei ricordi. I verbali disponibili sono generalmente scarni nel contenuto; a parte alcuni anni in cui nulla venne verbalizzato, molti Consigli tennero pochissime riunioni, 23 all’anno. E’ più frequente il caso di verbali ove vengono enunciati problemi che non di quelli in cui venga indicata la decisione assunta; ma anche la pura enunciazione di una circostanza ci aiuta talora a collocare temporalmente una decisione di cui conosciamo gli effetti ma non la genesi. Spesso i verbali riportano ampie discussioni su problemi ampi e quasi insolubili, come la necessità di incrementare i soci; però non riportano decisioni, per esempio riguardo a spese deliberate, molto importanti. Paradossalmente è molto più facile ricostruire la vita sociale alla Cerea nel 1800, periodo di cui furono conservati tutti i documenti, che non per gli anni successivi alla seconda guerra mondiale; ci proverò ugualmente. Avevo chiesto ai soci di più antica iscrizione di ricostruire la storia della Cerea dal dopoguerra, ma mi avevano risposto di non riuscire a collocare i fatti temporalmente, se non in modo eccessivamente approssimativo; problema effettivamente serio che, mi auguro, questo lavoro risolverà. Sarà forse possibile integrare con personali ricordi e con utili spiegazioni i fatti storici che proverò a ricostruire sulla base dei soli documenti. Ogni volta in cui ho trovato nei documenti un riferimento all’argomento trattato l’ho riportato, indicandone in nota gli estremi per reperirlo, il che è elemento di completezza ma non di facile lettura. D’altronde non intendevo scrivere un racconto divertente. Naturalmente la mia interpretazione dei fatti potrà non essere condivisa, ma anche questo è normale. 3 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO I VITA E VICENDE SOCIALI Questo capitolo dovrebbe forse essere l’ultimo, perché costituisce una visione d’insieme della vita sociale dal 1945 al 1995 costruita su molte vicende particolari, esaminate nei capitoli seguenti. D’altronde non si poteva evitare una panoramica generale. Alcune interpretazioni apparentemente discutibili troveranno, credo, conferma nei capitoli successivi. 1 IL TRAMONTO DEI DIRIGENTI D’ ANTEGUERRA Dal 1933 al 1945 Presidente della Cerea fu l’ing. Alfredo Boccalatte, socio dal 1911, grande atleta e tecnico di canottaggio; lo possiamo vedere ritratto in numerose foto di equipaggi conservate nella sala del biliardo. Il periodo della sua presidenza non sarà quindi esaminato, ma qualche cenno è comunque opportuno, se non altro per comprendere meglio l’origine di una evidente antipatia e diversità di opinioni che lo oppose a Derossi, astro nascente di quegli anni. L’accusa che gli mosse Derossi fu quella di aver abbandonato la Cerea in uno stato di degrado materiale e di sonnolenta pigrizia; non abbiamo elementi per giudicare, ma occorre anche ricordare che nei sei anni di guerra la Cerea poteva solo sopravvivere; ogni idea di rilancio e sviluppo sarebbe stata inopportuna e destinata al fallimento per le difficoltà che attanagliavano la grande maggioranza della popolazione. Chi fatica a sopravvivere difficilmente si preoccupa del superfluo, e la Cerea rientrava tra le cose superflue o non indispensabili. Boccalatte aveva aperto le porte della Cerea a vari gruppi esterni, dal GUF al dopolavoro del Pubblico Impiego, a quello della Cassa di Risparmio, praticando una politica di tariffe basse e di modesti investimenti, tutto il contrario di ciò che Derossi riteneva opportuno per la Cerea. Nel 1945 erano quindi presenti in società, oltre ai soci, anche vari gruppi aggregati; tutti erano accomunati da quote non idonee a differenziare la Cerea da un dopolavoro, ciò che in realtà la Società era diventata anche per disposizione del regime fascista. Boccalatte portò però la Cerea dai 50 soci del 1932 ai 100 del 1945, e di ciò era giustamente fiero. Per uno di quei cambi generazionali normali nella vita di ogni comunità, Boccalatte si fece da parte dopo tanti anni spesi al timone della Cerea, ma non rinunciò a far sentire la propria opposizione ai tanti cambiamenti imposti dalla nuova dirigenza; però la sua voce rimase solitaria, forse perché era davvero solo 4 La Cerea 1945-1997 a credere in certe idee o forse perché pochissimi osavano opporsi a Derossi. Questi attaccò Boccalatte con una determinazione quasi feroce, priva di quella comprensione e riconoscenza che generalmente si deve ad un vecchio dirigente; trascriverò le pagine del duello verbale che vide Boccalatte perdere la sua personale guerra perché sono del tutto inusuali, almeno alla Cerea. L’ex Presidente fu messo da parte con decisione, e con lui scomparvero dal Consiglio persone che gli erano state vicine negli anni della Presidenza. 5 La Cerea 1945-1997 2 LA PRESIDENZA DEROSSI L’ing. Agostino Daniele Derossi era socio effettivo dal 29 giugno 1919 e già dai primi anni ‘20 aveva gareggiato per la Cerea, fece anche parte dell’equipaggio che vinse il campionato italiano nel 1921. Era un industriale di successo, la sua Microtecnica si poneva all’avanguardia tecnologica ed aveva acquistato grande importanza durante la guerra; di lì a poco Derossi sarebbe stato nominato Presidente dell’AMMA e la sua influenza, unita alle sue ricchezze imponenti, ne facevano un candidato naturale alla Presidenza della Cerea. Per di più era una persona simpatica ed affabile, sembrava la scelta più opportuna per riportare la Società alle glorie di un tempo. In realtà i soci elessero un Re, grande mecenate, ma assolutista e dispotico. Poiché Boccalatte aveva deciso di lasciare la Presidenza l’assemblea del 18 marzo 1945 elesse alla massima carica Derossi e Casalis alla vice presidenza; Boccalatte fu eletto nel Consiglio, allora composto di 11 membri, ed assunse la carica di Direttore Sportivo. Derossi voleva trasformare la Cerea in un club frequentato da persone ricche ed importanti, trasformare un circolo dalle caratteristiche di dopolavoro in una sorta di Rotary sportivo. Più volte, anche in seguito, egli espose chiaramente questo suo progetto: 1NUOVI SOCI. Derossi propone di limitare l’accettazione di nuovi soci ad elementi di carattere sportivo, o persone che per posizione sociale o per cultura portino lustro o aiuto finanziario alla nostra societ à2. Ed ancora: Il Presidente espone l’idea di riunire ad una cena sociale una élite di soci, che per la loro posizione sociale, morale ed .... utilitaria per la Cerea, stima utile si trovino, una volta tanto, riuniti in lieta e cordiale colleganza. Nessun membro del Consiglio avanzò riserve o critiche, si guadagnò tempo: Per certe difficoltà del momento, l’idea presidenziale, ritenuta plausibile da tutti i presenti, viene tenuta in sospeso, per poterla maturare bene, e realizzarla in modo perfetto3. Derossi riteneva probabilmente che il successo di un simile progetto avrebbe consentito alla Cerea di dimenticare le perenni ristrettezze finanziarie ed avrebbe permesso la trasformazione della società in un club esclusivo, forse anche perché il presiedere un circolo costituito da persone influenti sarebbe stato gratificante per la sua ambizione. Se era relativamente facile rifiutare l’associazione ad aspiranti troppo poveri, si poneva il problema di come ed in quali tempi effettuare il passaggio da quote popolari ad importi elevati senza provocare le dimissioni di soci poco abbienti, ma importanti per la Cerea. Anche Derossi si rese conto di questa difficoltà. Scelse allora la via di quote differenziate per i soci ordinari e per quelli sostenitori, categoria varata il 18 marzo 1945 dalla stessa assemblea che lo elesse 1 Le parti in corsivo costituiscono l’esatta trascrizione di vebali o altri documenti. 2 Cons. 16/6/1946 3 Cons. 23/6/1947 6 La Cerea 1945-1997 Presidente. In concreto, l’assemblea stabilì per il 1945 una quota ordinaria di 1.200 lire annue, oltre a 2.000 di buoningresso per il socio nuovo; il socio sostenitore era esente da buoningresso ma pagava la quota annua di lire 5.000, più del quadruplo di quanto sborsasse il socio ordinario, ed il suo impegno aveva durata triennale. L’altra mossa immediata di Derossi, di cui parleremo tra poco, fu l’avvio di importanti lavori di restauro delle barche e della palazzina. Derossi riuscì a portare alla Cerea quei soci benestanti che dovevano costituire la nuova società, ed un primo bilancio dell’operazione fu positivo: nel 1947 la Cerea aveva 220 soci, di cui 14 erano vogatori, 125 effettivi ordinari, 51 sostenitori, 17 anziani, 13 non residenti. Fu però un successo effimero, perché già nel 1954 i soci, compresi i vogatori, erano scesi a 131; ed i soci effettivi, coloro su cui principalmente gravava il peso economico della gestione dopo l’abolizione della categoria dei sostenitori, erano solo 84, meno della metà di quanti fossero otto anni prima. I verbali non forniscono alcun elemento utile a comprendere le cause di un simile crollo di associati. Si è sempre sostenuto che il calo di soci e la crisi conseguente della Cerea dipese dal progressivo inquinamento del fiume e dall’avvento della motorizzazione popolare, che diede luogo alla nuova abitudine di trascorrere il fine settimana al mare o ai monti. Le nuove abitudini ebbero un certo peso, anche perché in quegli anni i soci frequentavano la Cerea soprattutto nei giorni festivi; e poiché non era diffuso neppure tra i soci il gusto di svolgere frequente attività fisica, come invece accade oggi, l’associazione perdeva interesse per coloro che avevano sostituito la gita in auto alla remata domenicale. Ma questa spiegazione non mi pare sufficiente, costituisce una sicura concausa ma da sola non basta a giustificare un così vistoso crollo di soci. Tra l’altro le auto non erano poi così diffuse nel 1950, ed ancora più rari erano i fine settimana al mare, che si affermarono davvero negli anni ‘60. Anche l’inquinamento raggiunse il suo apice negli anni ‘60, per cui non sembra possibile che già all’inizio degli anni ‘50 la Cerea risentisse pesantemente di fenomeni che iniziavano timidamente ad affacciarsi. Credo invece che la decisione di istituire la categoria dei sostenitori e la volontà di puntare su soci ricchi ed importanti abbia avuto grande peso nella successiva crisi. Prima di tutto i nuovi soci benestanti ed influenti rimasero alla Cerea per poco tempo, e la cosa non stupisce. Immaginiamo l’arrivo in società del nuovo socio, membro della élite sociale torinese, alla luce di quello che offriva la Cerea dell’epoca e che sarà analiticamente esaminato in seguito: d’inverno non c’era il riscaldamento centralizzato, che arriverà solo nel 1965, molto tardi quindi; le stufe a legna ed a carbone erano usate con parsimonia per risparmiare combustibile. Il socio poteva giocare a carte, ma doveva pagare un grillo alla società; dal 1947 c’era il biliardo, ma si doveva pagarne l’uso; poteva giocare a bocce e dopo la partita poteva farsi servire da un operaio, spesso mal vestito, una bibita calda perché il frigorifero fu acquistato solo nel 1959. Il nostro nuovo socio poteva fare un giro in barca a remi, ma doveva arrivare presto per non trovarle tutte occupate, magari da soci effettivi che pagavano molto meno di lui; d’estate, nei giorni festivi, 7 La Cerea 1945-1997 si poteva mangiare minestra, formaggio oppure uova4. Il servizio era certo modesto, specialmente per una persona dell’alta borghesia. Nel dopoguerra la Cerea era una società eminentemente estiva, frequentata solo nella bella stagione; lo dimostra il fatto che tutti i consiglieri presenti alla seduta di Consiglio del 7 dicembre 1947 abbiano approvato la proposta del Vice Presidente Casalis: Il Comm. Casalis per ragioni di economia avanza la proposta di chiudere i locali sociali, a terreno, per la stagione invernale, lasciando solo libero l’espletamento dell’attività dei soci vogatori per l’istruzione e l’allenamento. La proposta di trasferire durante questo periodo il ritrovo invernale dei soci in una sala riservata del Bar Combi, in piazza Castello, viene approvata da tutti i presenti ed il Comm. Casalis promette di interessarsi al più presto della cosa, quindi riferirà. Il risparmio previsto era di 25.000 lire, somma rispettabile ma non enorme, sicché si deve ritenere che la Cerea fosse così poco frequentata nei mesi freddi da poterne seriamente ipotizzare la chiusura. Anche portare la famiglia era difficile, dopo le decisioni del Consiglio: a) di vietare ai famigliari ed invitati dei soci la frequenza in sede nei giorni feriali (proposta Ponte). b) Di avvisare i soci con famiglia e bambini di custodire i medesimi, inibendo loro di scorrazzare per tutti gli angoli della sede, in modo disordinato e disturbante, e specialmente d’impedire loro l’appressarsi alla riva del fiume, per il pericolo che esso per essi presenta (proposta Delaude). Vengono stabiliti i seguenti giorni di frequenza per i famigliari: le sere del martedì, giovedì, sabato dopo le ore 20. Il pomeriggio delle domeniche5 . Ogni tanto c’era qualche festa, ma anche in quell’occasione si pagava: TRATTENIMENTI FAMIGLIARI DI FINE D’ANNO E CARNEVALESCHI. Dallo stesso comm. Casalis viene affacciata la proposta di organizzare, quasi periodicamente (ogni quindicina circa) qualche svago danzante, a svago dei famigliari dei soci, alternati, anche quindicinalmente, a delle cene sociali sotto la forma di semplici ed amichevoli riunioni gastronomiche. Il calendario di queste modeste manifestazioni, atte ad aumentare il tono della vita sociale, verrà prossimamente pubblicato nei locali della sede6. TRATTENIMENTO DI CAPO D’ ANNO: Tale iniziativa è stata coronata dal successo ed ha reso alla cassa sociale L. 8.560 nette. Viene manifestato il compiacimento ed il plauso dei Soci ai Sigg. Casalis ed Abelly, organizzatori della manifestazione7. Il blasone della Cerea non faceva nessun effetto al nostro ricco nuovo socio che trovava molto più confortevole il Circolo del Whist o lo Sporting. Fatta a Derossi la cortesia di associarsi, il nostro personaggio influente si defilava con qualche scusa dopo breve tempo perché, non essendo legato alla Cerea da antico affetto, non trovava nessun motivo per restarci. D’altronde, per fare casi concreti, che motivo poteva avere il comm. Wolfram Koelliker per restare socio sostenitore, visto che abitava a Milano? Cosa poteva 4 Come si leggerà nel capitolo riservato ai gestori la cucina era affidata alla moglie del gestore, che provvedeva controvoglia. Il menu indicato era proprio quello previsto dalla Direzione. 5 Cons. 23/6/1947 6 Cons. 15/12/1946 7 Cons. 20/1/1946 8 La Cerea 1945-1997 spingere il Comm. Ernesto Gibellino Marchetto ad iscriver nel 1945 sé ed i due figli, visto che tutti e tre abitavano a Roma? Solo la convenienza di fare una cortesia a Derossi poteva averli indotti all’associazione in qualità di soci sostenitori. E come poteva la famiglia Clapero innamorarsi della Cerea al punto da iscrivere, nel 1945, padre e due figli come sostenitori? Se confrontiamo gli elenchi degli iscritti 1946/48 con quello del 1954 rileviamo che dei 39 nuovi soci sostenitori entrati tra il 1945 ed il 1948, nel 1954 erano ancora soci solo in due, ed uno era Piero Derossi, il figlio di Agostino. Anche molti soci entrati negli anni ‘30 e ‘40 aderirono inizialmente alle pressioni per diventare soci sostenitori, ma in breve si dimisero; non era stato considerato il disagio derivante dall’essere moralmente spinti a pagare una quota quadrupla di quella pagata da persone più decise nel rifiuto. Anche parecchi soci ordinari devono aver sofferto l’inevitabile maggior riguardo usato nei confronti dei soci abbienti. Derossi non si curò davvero di garantire parità di diritti a tutti i soci, anzi era il primo a trascurare il principio egualitario, fondamentale in una comunità qual è la Cerea. La volontà di favorire l’associazione di persone abbienti comportava la necessità di snaturare le caratteristiche della società, basata non sul censo ma sullo sport, ma la cosa non preoccupava per niente Derossi: CENE SOCIALI: Queste amichevoli adunate, mentre non sorpassano i limiti di un buon pasto comune, servono, come in quella del 25 gennaio scorso, a passare poche ore, quasi famigliari, in compagnia di conoscenze simpatiche a tutti i convenuti, ed a stringere vieppiù quei vincoli di amicizia che più o meno palesemente già vivono nell’animo dei nostri consoci. Si conviene pertanto di ripetere queste adunate di tanto in tanto, limitate per forza ad un esiguo numero di soci, causa la limitata disponibilità dei servizi di mensa. La prossima cena sarà consumata il 13 corrente, se gli impegni presidenziali non ne imporranno il rinvio, essendo intenzione dell’ing. Derossi di estendere l’invito ad alti dirigenti dei Gruppi Fiat8. Con grande probabilità i pochi posti al desco reale, dopo aver soddisfatto le necessità di inviti del Presidente, erano riservati ai soci sostenitori. Ci si può chiedere se gli altri membri del Consiglio fossero sempre d’accordo con il Presidente e se ne condividessero le utopie elitarie; apparentemente ci fu solo la ribellione del vecchio Boccalatte, ma l’impressione è che nessuno osasse opporsi alla volontà di Derossi e che, comunque, egli fosse visto come indispensabile per le sue aderenze, per la notorietà e per le capacità imprenditoriali che lasciavano supporre analoga abilità nel rilanciare la società. Il carattere di Derossi, spietato con chi lo criticava, non facilitava d’altronde un aperto e serio dibattito. Lo dimostra quanto accadde a proposito dei lavori di restauro che Derossi dispose nel 1945, lavori che non risultano deliberati da nessuna riunione di consiglio, cosa allora veramente rara vista la precisione con cui tutto era verbalizzato. Le opere ebbero inizio forse a cavallo della Liberazione, perché già alla riunione di consiglio del 16 dicembre 1945 scoppiò la lite con Boccalatte: Il Presidente esprime il proprio dispiacere in merito agli appunti fatti da alcuni soci ed anche da Boccalatte al momento assente, che pure fa parte del Consiglio Direttivo. Ponte, data appunto l’assenza di Boccalatte, dichiara che lo stesso gli ha telefonato assicurandogli la sua venuta all’odierna riunione e 8 Cons. 2/2/1947. 9 La Cerea 1945-1997 riferisce che Boccalatte sostiene che le spese non sono state debitamente autorizzate e che il loro importo è eccessivo. Il Presidente ricorda che la Società è stata trascurata dalla direzione precedente, che il custode era persona completamente inadatta e disonesta e che, senza un intervento energico, la Società stessa sarebbe stata pressoché abbandonata dai soci. Crovella osserva allora che Boccalatte ed il precedente Consiglio si sono trovati di fronte ad eventi eccezionali quali i danni di guerra e lo sfollamento e che poteva essere imprudente il sostenere spese notevoli prima della fine della guerra. Dopo l’aprile scorso, era indubbiamente indispensabile porre mano a lavori ma poteva essere preferibile limitarli a quelli più necessari. Per quanto concerne il custode Fiorio, Crovella dice che il precedente dovette improvvisamente lasciare il servizio per richiamo alle armi durante l’estate del 1943 e che non vi fu altra soluzione lì per lì che di ricorrere all’opera del Fiorio che già conosceva la Società in quanto da tempo, nella sua qualità di pescatore, gli era stato concesso di ormeggiare la propria barca presso quelle della Cerea. Alle 11,25 arriva Boccalatte. Il Presidente ripete e deplora le critiche di Boccalatte ed accenna anche alla trascuratezza nella quale fu lasciata la pratica dei danni di guerra, ammontante a circa L. 45.000...... Interviene Boccalatte: egli discute le spese che ritiene eccessive e dice di averne fatto parola con il Presidente prima che si iniziassero i relativi lavori. Casalis obietta che Boccalatte avrebbe dovuto parlare con lui. Il Presidente dice che altre società hanno pure fatto grandi spese: premeva far presto e non criticare e porre freni. Se si smorzano gli entusiasmi, non si conclude niente. Il Presidente ha chiesto tempo fa al Vice Presidente, per rendersi esatto conto degli impegni assunti, l’importo dei debiti (L.500/600.000) e gli ha assicurato che poteva contare su L. 200.000 quale suo concorso. Egli non si è impressionato delle cifre. Boccalatte allora dice che rimane assodato come sull’importo delle spese abbia fatto osservazione. L’accusa di non aver partecipato alle riunioni del C.D. non ha valore perché in esse non si discuteva l’andamento dei lavori e comunque egli assisteva gli equipaggi negli allenamenti. Se non ha detto di più è perché allora non conosceva l’ammontare delle cifre. La mancata informazione delle predette cifre ci mette ora in imbarazzo di fronte ai soci. Infine respinge le accuse circa propaganda contraria fatta nei confronti dei soci. Ha parlato soltanto con Gianolio che è pure contrario. Ha voluto infine telefonare a quei soci che si sa essere contrari agli aumenti di quota per conoscere l’attuale loro parere e riferire se sono sempre dell’avviso di un tempo. L’aumento della quota a L. 3.000 annue è eccessivo........ Boccalatte chiede tuttavia che si fa se i soci non accettano l’aumento di quota. Balma interviene per notare che i soci dissenzienti potranno andarsene. Boccalatte aggiunge che ciò è male, a meno che non vi sia l’intenzione di ridurre la Cerea ad un limitato numero di soci. La critica di Boccalatte toccava due punti importanti: l’eccessivo ammontare delle spese e la mancanza di approvazione dei lavori da parte del Direttivo. Che c’entrava il custode Fiorio con l’oggetto della discussione? Nulla, ma chi criticava Derossi si attirava i suoi fulmini. Il seguito della discussione chiarisce le origini del dissidio: dopo l’esposizione da parte di Derossi dei programmi di spesa, impostati sul principio che le spese ordinarie dovevano esser sostenute dai soci ordinari eliminando le spese di rappresentanza, di partecipazione a gare e simili, mentre parte delle quote dei sostenitori deve servire per opere straordinarie, la lite si riaccende proprio sulla nuova categoria dei sostenitori: Boccalatte dice che i 10 La Cerea 1945-1997 sostenitori sono vincolati per tre anni e che le spese straordinarie ormai sono state fatte e che quindi ora possono essere soddisfatti. ......Il Presidente afferma invece che i soci sostenitori si ritirano se non si continua nel programma di miglioramento e di esercizio di tutte le attività che una società sportiva così nota come la Cerea ha il dovere di realizzare. Il Presidente aggiunge che gli introiti straordinari devono servire per pagare le spese straordinarie. Le diverse visioni del futuro della società sono evidenti, come l’incompatibilità dei due gruppi che si fronteggiavano; Crovella rinunciò all’incarico di consigliere nella stessa riunione, accampando problemi di lavoro. Vedremo nel capitolo riservato al canottaggio come Boccalatte fu bruscamente messo da parte. Anticipiamo qui che Boccalatte raggiunse altissimi incarichi nella Federazione Nazionale di Canottaggio diventandone Segretario dal 1949 al 1957 e Presidente da quell’anno fino al 1961. Di tutto ciò però non c’è la minima traccia nei verbali, non un solo accenno; silenzio stridente con le vive felicitazioni registrate nel 1950 sul verbale di Consiglio per l’elezione di Derossi a Presidente dell’AMMA. Anche il silenzio può indicare la freddezza di rapporti. Una certa ruvidezza di comportamento era però normale nella Cerea di quel tempo, e forse l’esempio più stupefacente lo troviamo nel verbale d’assemblea del 14 novembre 1948, ove sotto la direzione del Vice Presidente Borghero si discuteva su come realizzare economie: Economizzando l’attuale stipendio del Segretario, a cui viene improvvisamente annunciato il suo licenziamento per la fine del prossimo dicembre, realizzando così una economia di lire 10.000 mensili. Chissà come ci rimase il poveretto, licenziato davanti a 28 soci e probabilmente costretto a verbalizzare il proprio licenziamento! Ci sono altri esempi del timore reverenziale che impediva ai consiglieri di contraddire il Presidente, anche quando le sue proposte erano piuttosto balzane: Il Dott Ponte propone l’adozione di un frigorifero ad uso del custode, per una migliore conservazione degli approvvigionamenti. Il Presidente offre l’impianto di un suo frigorifero, un po’ voluminoso, è vero, ma molto potente (-50° -55°)9. Oggi una simile assurda offerta trasformerebbe qualsiasi Presidente nel bersaglio di lazzi e sfottò, allora tutto fu verbalizzato con seria precisione e nessuno osò far presente che qualunque cibo sarebbe stato immediatamente surgelato. Ed in seguito nessun commento ci fu alla offerta di Derossi di regalare alla Cerea armadietti in pietra pomice, sempre che il pavimento li reggesse; ma di ciò si dirà in seguito. Qualche dissenso evidente dalla gestione Derossi ci fu nei primi anni ‘50. L’ Assemblea del 2 dicembre 1951 nominò il nuovo Consiglio, con Derossi Presidente, Ponte e D’Alberto Vice. Otto giorni dopo si riunì il Consiglio presenti anche i consiglieri uscenti per il passaggio delle consegne; ma, si noti, mancavano alcuni degli eletti, Mortigliengo, Giustiniani, Girardi e Dainotti. Presiede l’ ing. Derossi, il quale comunica al Consiglio che in seguito ai risultati delle elezioni.... non può accettare nuovamente la carica di Presidente in quanto ché tale posizione richiede libertà di tempo onde potersi dedicare in modo proficuo, tempo che a lui manca per impegni professionali che gli consentono rare apparizioni in società, impedendogli di poter amministrare oculatamente il 9 Cons. 23/6/1947 11 La Cerea 1945-1997 patrimonio affidatogli dal suffragio dell’assemblea. Prende la parola il prof. Ponte per associarsi egli pure all’ ing. Derossi nella non accettazione della carica10. Sicuramente Derossi aveva molti impegni, e furono frequenti le sue assenze a consigli ed assemblee; ma ci fu qualche diverso motivo, forse inimicizie personali con qualche eletto, a spingerlo ad una rinuncia altrimenti incomprensibile, almeno per come maturò, senza un segno sia pur minimo al momento della sua elezione. Ed ulteriore conferma dei dissidi che divisero la società giunge da due successivi momenti. Già il 21 dicembre 1951 si riunì una nuova assemblea con la presenza di ben 92 soci, e un così alto numero di presenti lo si riscontra solo nei momenti difficili: Presiede l’ing. Derossi il quale comunica all’assemblea i motivi che hanno determinato la crisi del Consiglio eletto. Dopo vivacissime discussioni tra i presenti si procede alle elezioni. Ora è chiaro che gli impegni di lavoro di una persona non possono dar luogo a discussioni vivacissime; e non si spiega con quale testarda insistenza ben 37 soci abbiano di nuovo votato alla presidenza Derossi, e specialmente il successo personale di Giorgio Ponte che, a soli 4 anni di età, ottenne 22 voti come vice presidente. Il Consiglio eletto fu chiaramente un Consiglio di salute pubblica, con i grandi vecchi chiamati nuovamente al timone della Cerea, Gianolio alla Presidenza, Boccalatte e Casalis vice. La seconda prova della divisione creatasi tra i soci giunge dal verbale di Consiglio di poco successivo11 che esaminò le dimissioni inviate da parecchi soci, anche di peso, e perfino da consiglieri uscenti: Il Presidente apre la discussione sulle dimissioni date dai sigg. Borghero F., Borghero B., ing. Piras, Burzatti, Germano, Camerani, Berra, Simma, Audoli, Rippa, Balma E., Balma P. Tra l’altro, con le eccezioni stabilite per i Balma e per Rippa, si decise di chiedere loro la quota del 1952 e la posizione assunta fu quindi rigida. Insomma, ignoriamo le origini ed il contenuto della vertenza, ma che qualcosa di traumatico sia successo è innegabile. L’avventura dei soci sostenitori finì presto, durò appunto per i tre anni previsti, ma lasciò guasti ben più duraturi. Effetti negativi ebbe la consuetudine di Derossi di provvedere personalmente a colmare i deficit di bilancio, cosa che egli faceva abitualmente e generosamente. Abbiamo da poco visto come egli, di fronte alle contestazioni di Boccalatte, abbia offerto 200.000 lire, e cioè una somma davvero importante. Ma i verbali, di assemblea e di consiglio, sono infarciti di annunci di donazioni, di ovazioni dell’assemblea, di interventi presidenziali per il pagamento di barche o di lavori. E per di più certamente molte volte Derossi pagò in silenzio, come accadde per la costruzione dell’attuale locale bar. Anche Casalis donò cifre importanti, e sacrifici sopportarono anche Ponte, Borghero ed altri; ma le somme regalate da Derossi furono imponenti, anche perché alle erogazioni frequenti si aggiungeva il pagamento della quota per 18 dirigenti della Microtecnica. Bisogna anche riconoscere che Derossi fu talora costretto a pagare per evitare sconfessioni, o perché non venisse messa in dubbio la sua capacità di risolvere ogni problema grazie alla sua influenza. Un esempio interessante lo si trova già nel 1952. Il presidente Derossi esponeva all’assemblea le condizioni 10 Cons. 10/12/1951 11 Cons. 13/1/1952 12 La Cerea 1945-1997 poste dal Comune per la stipulazione del nuovo contratto d’affitto, specificando che il canone non veniva pagato da tempo. Dovendo ancora il Municipio rimborsare i danni di guerra per le riparazioni fatte, dietro interessamento del Presidente sarebbe stato stabilito che le annualità dal 1942 al 1949 sono scontate con i danni di guerra, mentre per i danni alluvionali il Municipio intenderebbe concorrere nella spesa abbuonando l’affitto per gli anni 1950 - 51 - 5212 . Il Consiglio Direttivo aveva ricevuto analoghe rassicurazioni sul formidabile risultato ottenuto da Derossi, 10 anni di affitto gratuito, strano esempio di assistenzialismo spinto in favore di un circolo benestante, per di più deciso dal Comune in anni molto difficili, in piena ricostruzione . Ma nel corso dell’Assemblea del 17 febbraio 1952 il Presidente Gianolio espose una situazione ben diversa: E’ giunta dal Municipio l’intimazione per il pagamento delle annualità arretrate. L’ing. Derossi assicura l’assemblea di essersi personalmente interessato della questione, ottenendo l’assicurazione dall’assessore competente che le annualità arretrate sarebbero rimaste completamente bonificate (a conguaglio dei danni arrecati dalla piena del Po del 1949), e l’affitto, a partire dal 1/1/1952, portato a lire 75.000 annue + 25%. Ritiene il bilancio abbastanza prudente e reale e propone l’approvazione. L’assemblea approva all’unanimità. Si noti che nel 1952 Derossi non faceva parte del Consiglio; e non può sfuggire quanto le condizioni enunciate da Derossi nel 1952 differissero da quelle indicate tre anni prima. Della vicenda non si parlò mai più in Consiglio, sicché si deve ritenere che Derossi abbia sistemato tutto; ma in che modo? Si può credere che il Municipio abbia rinunciato a dieci anni di canoni con tanta facilità dopo averne intimato il pagamento? E si può credere che tutto ciò sia avvenuto senza la sottoscrizione di qualche documento da parte della Cerea, senza una transazione? Eppure nei verbali di Consiglio non c’è traccia della vicenda. Azzardo una soluzione: Derossi pagò personalmente per salvare la propria credibilità di uomo dalle mille aderenze. Perché allora parlare di effetti negativi derivati da quell’abitudine? Perché così facendo egli comprò per sé la società ed annullò la coscienza dei soci, che si abituarono a farsi mantenere e persero la capacità di amministrarsi autonomamente. Mentre Derossi spendeva milioni, le quote della Cerea restarono bassissime, insufficienti a mantenere anche poveramente la struttura. Vedremo in seguito con più precisione gli aspetti contabili di quegli anni. Il grande incremento del numero dei soci nel periodo 1946 - 1950 permise l’esecuzione di costosi interventi all’arredo e sulle barche da passeggio, anche se il modesto livello delle quote non consentì di raggiungere una dignitosa autonomia economica. Le opere eseguite sullo stabile furono di puro abbellimento ma non migliorarono i servizi, quali docce o ristorante; la società non era attraente per il socio benestante e sedentario a causa della povertà di quanto vi trovava, ma non attirava neppure i pochi sportivi dell’epoca: i fondi destinati all’attività agonistica furono tagliati, ed i soci effettivi potevano usare solo le barche da passeggio, proibite invece ai soci vogatori. Molte domande di aspiranti soci furono bocciate, 12 Ass. 27/11/1949 13 La Cerea 1945-1997 forse per la dichiarata volontà di Derossi di limitare l’accesso a persone sportive oppure ricche ed influenti. Derossi non si preoccupò mai di adeguare la Cerea ai desideri dei soci potenziali; cercò vanamente di adeguare la realtà al proprio personale desiderio. La Cerea si avviò negli anni ‘50 con i soci in calo, l’agonismo in crisi, perenni difficoltà finanziarie. Anche le tradizioni della Cerea, spesso vantate nei verbali, furono di fatto trascurate, forse per la caduta di quell’orgoglio che è ragione di vita delle associazioni; dalla fine degli anni ‘50 non solo il canottaggio fu abbandonato, come vedremo nel capitolo a ciò dedicato, ma anche il Libro d’Oro fu dimenticato e lasciato privo di aggiornamenti. Nel 1959 alla Cerea c’erano 10/15 vogatori, 6 benemeriti, 10 soci anziani, 68 effettivi compresi i dirigenti Microtecnica; dato che pochissimi di quei dirigenti si recavano in società, la sede era frequentata da poche persone; in assemblea il vecchio socio avv. Lera invita i soci ad una maggiore frequenza dei locali della Società e prega la Direzione, a tale scopo, di ripristinare l’usanza delle cene sociali che erano una forte attrattiva per molti soci13 . Secondo i ricordi di chi era allora presente c’era gente di sera, prima di cena, e nei giorni festivi. Derossi giocava a carte sulla terrazza, generalmente a Crapette, e non voleva schiamazzi o disturbo; in pratica la Cerea era diventata una dependance di casa Derossi, ove erano ospiti graditi i vecchi soci suoi amici, ma dove eventuali nuovi arrivati erano osservati con un certo sospetto. Dicevo che i soci della Cerea si erano abituati a spendere pochissimo ed a farsi mantenere, sia pure modestamente, dal Presidente. La caduta d’orgoglio e la mancanza di soldi portarono la Società ad un passo dalla fine, che paradossalmente non arrivò proprio perché essa non aveva neppure i soldi per finire la propria storia quasi secolare. Vediamo allora come nel 1958 la Cerea si salvò grazie al naufragio di un altro dei progetti di Derossi: Il Presidente Ing. Derossi ragguaglia i presenti in merito alle trattative intraprese con il Circolo della Stampa per unificare le due Società; trattative che se inizialmente erano state prese da Lui, volutamente, in iscarsa considerazione, per lasciare l’indipendenza completa ai soci della Canottieri, sono state in un secondo tempo intraprese per ovviare alla eventuale possibilità che il Municipio, dato l’esiguo numero dei soci decidesse di sfrattare i soci dall’attuale sede. Il Prof. Ponte chiede spiegazioni sulle condizioni alle quali la Cerea dovrebbe trattare per avere una linea di condotta consona allo Statuto Sociale14. Nel prosieguo della discussione, in cui Ponte suggeriva di essere molto guardinghi, emerse il problema delle quote sociali, di 40.000 lire annue al Circolo della Stampa contro le 18.000 pagate alla Cerea; ed è cosa significativa, perché nel 1998 i soci dello Sporting pagano 1.250.000 lire oltre a 500.000 per giocare a tennis, più o meno quanto alla Cerea. Nel 1958 invece i nostri soci pagavano circa metà di quanto sarebbe stato necessario e conforme al mercato. Prende la parola l’Ing. Derossi precisando che il Presidente del Circolo La Stampa gli ha sollecitato una definizione della trattativa in corso, per cui è necessario che il Consiglio Direttivo della Cerea esprima il proprio parere. Il sig. Contano esprime i propri dubbi sulla serietà del modo di trattare del Circolo La 13 Ass. 23/3/1958 14 Cons. 6/10/1958 14 La Cerea 1945-1997 Stampa, dubbi che vengono subito chiariti dal Presidente che dichiara di essere favorevole ad una soluzione in senso positivo allo scopo di favorire il ritorno della nostra Società ai tempi migliori, l’ostacolo più grave da superare rimane il problema finanziario, poiché se il Circolo La Stampa procurerebbe a proprie spese tutto ciò che è attualmente superfluo (ristorante, bar, servizi vari) la Canottieri deve presentare il materiale attualmente già indispensabile (spogliatoi, docce e barche) in ottimo stato di servizio il che richiede una spesa non indifferente, che il bilancio della società non permette di affrontare15 . Il Presidente aveva già deciso di arrivare alla fusione, lo dimostra la giustificazione costituita dal rischio che il Comune sfrattasse la Società, pericolo cui mai era stato fatto cenno; anzi, Derossi aveva recentemente dichiarato di avere già parlato con il Sindaco della Città di Torino (Avv. Peyron) allo scopo di avere una sovvenzione in quanto il centenario di fondazione della Società coincide con la Mostra del 1961 indetta per le manifestazioni dell’Unità d’Italia16 ; e poco prima aveva riferito all’Assemblea di aver già parlato con il Municipio per un finanziamento, dal quale ha già avuto vaghe promesse, per ora però non può essere più preciso per non compromettere il risultato delle trattative stesse17. Il fatto che Derossi fosse favorevole alla fusione costituiva un pericolo mortale per la Cerea, perché normalmente egli imponeva le decisioni in cui credeva; e non ci vuole grande fantasia per immaginare che dalla fusione tra una piccola Società in difficoltà ed una grande in sviluppo sarebbe risultata solo la sopravvivenza formale della Cerea, in realtà inglobata dal Circolo della Stampa. Questa volta però i soci compresero che la fusione sarebbe stata esiziale per la vita della Cerea, e nell’assemblea dell’8 marzo 1959 esposero i loro molti dubbi: Il Presidente Ing. Derossi desidera portare a conoscenza dell’assemblea che, onde potersi meglio preparare ad affrontare una degna celebrazione del centenario di vita della nostra Società e per sopperire al declino dei soci siano essi effettivi che vogatori, ha intrapreso trattative con il Circolo della Stampa per eventualmente promuovere un affiancamento delle due società. Strano modo di celebrare il centenario, quello di estinguere la Cerea, anche se il Presidente non usò più il temine “fusione”, sostituendolo con l’eufemistico e vago “affiancamento”. Considerata in primo luogo la serietà del Circolo La Stampa, e la sua potenza anche in campo economico, il Presidente dichiara che nessun mutamento vi sarebbe per quanto riguarda la Canottieri Cerea e che per quanto riguarda lo scambio di frequenze, da parte dei soci de La Stampa , sarebbe per un periodo limitato di tre mesi estivi (15 giugno - 15 settembre). Tale frequenza comporterebbe l’installazione presso i locali sociali di cucine e completo servizio di ristorante e bar con relativo personale, il tutto a carico del Circolo La Stampa. La frequenza dei soci Cerea al circolo predetto sarebbe per tutto il periodo invernale. Il Presidente dichiara ancora che per ottenere detto affiancamento si rende necessario il rinnovo dei locali sociali, per quanto riguarda il riassestamento dei muri, tetti e ringhiere; il Presidente dice di aver già avuto assicurazioni dal Sindaco per un intervento municipale (10 - 12.000.000) per il rimodernamento dei 15 Cons. 6/12/1958 16 Cons. 22/3/1958 17 Ass. 23/3/1958. Nessun Sindaco può promettere fondi ad una società che intende sfrattare. 15 La Cerea 1945-1997 locali, il Circolo La Stampa avrebbe in preventivo una cifra di circa otto milioni. Resterebbe quindi a nostro totale carico il restauramento generale della società circa i servizi igienico sanitari, arredamento, materiale nautico per le quali spese (2 - 4.000.000) si potrebbe provvedere mediante un mutuo bancario. Derossi raccontò cose del tutto diverse da quelle riferite ai consiglieri, dimenticò il rischio di sfratto e tirò fuori dal cappello grandi investimenti municipali; pare che Derossi non esitasse a modificare la realtà pur di ottenere l’assenso alla fusione. Ai molti dubbi espressi dai soci in materia di quote, di sopravvivenza del nome Cerea, di possibilità di superare una concorrenza forte come quella della Stampa, Derossi rispose alla sua maniera, con grande sicurezza e fantasia, e senza rifuggire dal bluff: Il Presidente Ing. Derossi spiega che il mutuo previsto sarà fatto presso Istituti Torinesi e si chiederanno contributi al CONI ed alla Federazione di Canottaggio onde poter ottenere contributi, sarebbero pure in programma feste danzanti il cui contributo andrebbe a favore dell’estinzione del mutuo predetto, inoltre sarebbero di aiuto le quote dei nuovi soci. Circa l’aiuto del Municipio la richiesta è stata fatta personalmente al Sindaco dall’Ing. Derossi stesso e in un prossimo futuro la questione dovrebbe concretizzarsi. Nessuno osò chiedere al Presidente quali fossero i nuovi soci di una società che ne cercava vanamente da anni, come si pensasse di pagare un pesante mutuo con feste danzanti, come si pensasse di ottenere con tanta facilità contributi da Coni e Federazione, che mai li avevano dati; ma naturalmente l’assemblea approvò a grande maggioranza la proposta del Presidente. In seguito, dell’ “affiancamento” si parlò solo una volta, in una riunione di Consiglio della quale il verbale non riporta la data, ma da situare nella primavera del 1959; Derossi dichiarò che da un suo ultimo incontro con l’ing. Giordano ha intuito che da parte del Circolo La Stampa il desiderio di riprendere le trattative è sempre vivo, ma Ponte e Girardi espressero il loro parere alquanto dubitativo sull’esito di queste nuove trattative, ed il progetto tramontò. Non sappiamo quale fu l’ostacolo che frustrò i desideri del Presidente, ma è probabile che egli non se la sia sentita di spendere personalmente le decine di milioni necessarie, che certamente nessun ente avrebbe versato. La Cerea restò viva perché era troppo povera per pagarsi il funerale. Negli anni seguenti la sonnolenta vita della Cerea fu scossa dalla necessità di preparare i festeggiamenti per il centenario della fondazione e l’organizzazione occupò a lungo i consiglieri ed i soci. Abbiamo detto che alla Cerea si era instaurato un tacito patto in base al quale Derossi pagava quanto occorrente, lasciando le quote sociali a livelli modestissimi, ed in cambio i soci avevano delegato a Derossi ogni potere decisionale. Questo patto tacito comportava che le parti venissero rispettate, a costo di perdere anche il pudore: Il Presidente annuncia di versare altre 400.000 lire per l’acquisto dell’8 di punta. Detto versamento però resterà assorbito per migliorie estetiche della società. Il cassiere Girardi Mario, ringraziando, chiede che la suddetta cifra venga subito versata nelle casse della società per far fronte all’eventuale pagamento dell’affitto dei locali. Il Presidente acconsente18. Non è il caso di sottolineare gli aspetti grotteschi della surreale assemblea, ma non si può non notare come il cassiere, poveretto, preferisse compiere una evidente 18 Ass. 9/3/1955 16 La Cerea 1945-1997 indelicatezza nei confronti del donatore piuttosto di rischiare il cambiamento di parere di un uomo che, a giudicare dai verbali, gradiva far pesare i propri regali. In modo non dissimile ebbe inizio la vicenda dei lavori edili degli anni 1959 - 60, che esamineremo nel capitolo dedicato alla palazzina. Forse dall’esecuzione di quei lavori ebbero origine nuovi dissapori all’interno del Consiglio Direttivo, di cui però conosciamo solo l’esito ultimo, e cioè le dimissioni dei tre consiglieri Colombo, Eusebione e Contano che indussero i soci a votare un nuovo Direttivo19. Le opere furono infatti ingenti e, nonostante il consueto intervento finanziario di Derossi, fu necessario ricorrere ad un prestito forzoso a carico di tutti i soci; ma nell’occasione pare che nessuno abbia protestato e che sia stata compresa la necessità di fornire alla Cerea i mezzi per rimediare alla grave decadenza, ben descritta allorché i soci esaminarono la possibilità di fusione con il Circolo della Stampa. L’assemblea del 10 dicembre 1961 incaricò il consiglio di nominare una commissione ristretta per organizzare le celebrazioni del centenario, successivamente designata dall’assemblea nelle persone di Casalis, Bonetto, Tibò, Abelly e Del Pozzo20. La stessa assemblea decise di adottare nuovamente, per l’occasione, la divisa sociale di gala, quella attualmente in uso e della quale si era persa la tradizione. La monografia scritta da Dal Pozzo fu consegnata a Derossi nel dicembre 1962, ed il Presidente si occupò della stampa21. Il testo richiese alcune modifiche, come risulta dal verbale di Consiglio del 12 dicembre 1962: fu consigliato di inserire nel testo un numero limitato di fotografie, di mettere in risalto la figura dei consoci caduti nella seconda guerra mondiale, di inserire notizie riguardanti una regata del 1943, che non può essere dimenticata, a tale omissione dovrà essere ovviato con un appropriato testo che verrà inserito. Nel libro ci sono le foto e si parla dei caduti, manca invece ogni riferimento alla misteriosa ed importante regata del 1943; però ci sono due fotografie che ritraggono l’otto di punta con timoniere vincitore dei campionati d’Italia veterani, Padova 29 agosto 1942, ed una ritrae proprio Derossi, al sesto carrello, mentre ritira la coppa. Era un equipaggio misto, perché cinque maglie erano dell’ Esperia, ma con la pubblicazione di quelle fotografie fu soddisfatta l’ambizione presidenziale. Per il Centenario furono coniate medaglie commemorative, organizzata una grande regata, organizzata una festa di cui ci restano le foto ed il ricordo sul Libro d’Oro, pubblicate diverse brochures. Le celebrazioni vivacizzarono per alcuni anni la Cerea, impegnata in importanti ampliamenti e riportata al centro dell’attenzione cittadina. Dopo i festeggiamenti emersero però nuove difficoltà, legate a qualche malessere interno. I problemi si aggravavano; i soci erano pochi, Derossi era spesso assente perché impegnato per lavoro e pochi erano disposti a spendere il loro tempo per dirigere la Cerea, problema costante in ogni tempo ma certo aggravato dal lungo 19 Ass: 20/12/1959 20 Ass. 8/4/1962 21 Cons. 7/12/1962 17 La Cerea 1945-1997 regno di Derossi, che aveva fatto dimenticare ai soci la necessità di mantenersi ed amministrarsi. Abbiamo già accennato al fatto che il Consiglio entrò in crisi per le dimissioni di tre consiglieri. E non fu il solo momento di difficoltà, perché degli eletti nel 1963 nè Paolo Gariel nè Foglino accettarono la carica: il Presidente spiega perché, a distanza di pochi mesi, si debba provvedere a nuove elezioni del consiglio direttivo: infatti, quello eletto nel dicembre scorso non è in grado di funzionare perché due dei consiglieri, appena eletti, hanno dato le dimissioni ed il segretario non si è più visto da gennaio22. Anche in sede di assemblea emersero problemi, perché si dimisero i revisori dei conti Crovella e Rossetti lamentando l’impossibilità di revisione dei conti del 1964 (consuntivo) e 1965; l’assemblea le respinse affermando che tale impossibilità non è ritenuta dimostrata e pertanto, per mancanza di causa i due colleghi saranno invitati a recedere dal loro proposito 23. Quella della mancanza di dimostrazione è una formula che venne impiegata anche per respingere le dimissioni dalla vice presidenza di Ponte quando egli le diede per non essere stato avvisato, pur essendo vice presidente, della convocazione dell’assemblea24. Il disinteresse dei soci si rileva anche dalla scarsa partecipazione alle assemblee: 19 presenti nel 1965, solo 14 nel 1966, e compresi i membri del Consiglio! Forse nella speranza di vivificare una società in via di evidente spegnimento Casalis affrontò anche il problema Donne Socie, spiegando i motivi e le possibilità economiche alle quali si potrebbe giungere. L’argomento lascia tutti perplessi, in special modo il Presidente anche nei riguardi delle questioni mosse dal Municipio a proposito dei circoli ricreativi (e non sportivi)25. Evidentemente, in quegli anni, il fatto che una donna facesse dello sport era inimmaginabile. Indipendentemente dalla opportunità o meno di aprire alle donne la proposta di Casalis giunse, a distanza di 20 anni dall’idea della Cerea elitaria, come la prima proposta concreta per incidere sullo sviluppo che alla società si intende dare26 (parole di Casalis). Nel corso di 20 lunghi anni i dirigenti ed i soci avevano visto via via affievolirsi le forze della Cerea ma non avevano elaborato un progetto di rilancio che andasse al di là dell’organizzazione di feste danzanti o di generici inviti a portare nuovi soci. Vista la crisi del modello della Cerea allora in uso poteva sembrare naturale tentare qualche via per interessare nuovi utenti, ma si preferì continuare nell’immobilità. Non è allora casuale il fatto che in altra occasione Casalis in merito allo sviluppo che la società deve avere, se vita sportiva dovrà essere ripresa, persuade gli intervenuti sulla necessità di una campagna di propaganda che potrebbe cominciare inviando a molte persone, ed in special modo a coloro che furono soci in tempi passati alla Cerea, un dépliant che ricordi tempi felici e invogli loro o i loro discendenti diretti e indiretti a far parte della Cerea27. Ma nella stessa riunione ci si limitò a pensare a proiezioni di film e diapositive ed a tornei di 22 Ass. 7/5/1964 23 Ass. 17/1/1965 24 Ass. 23/3/1958 25 Cons. 22/5/1964 26 Idem 27 Cons. 16/9/1964 18 La Cerea 1945-1997 Marianna, simpatico gioco di carte, non così affascinante, però, da conquistare nuovi soci. Casalis comprese che occorreva cambiare l’organizzazione stessa della società: Per dare una maggiore assistenza a tutti i soci il Vice Presidente Casalis propone l’assunzione di un maestro di casa che funzionerà da segretario e da coordinatore delle esigenze sociali28; la proposta fu approvata, e probabilmente l’assunzione di un segretario ci fu davvero, anche se il problema economico era sempre drammaticamente vivo. Purtroppo la frequenza dei soci continuò ad essere giudicata poco brillante, mentre nel 1966 una nota di speranza giunse dalla notevole quantità di giovani istruiti dall’anziano Boccalatte29. Dopo anni di silenzio il tentativo di incrementare il numero dei soci vivificando la vita sociale acquisì un’importanza centrale; se ne discusse nuovamente in Consiglio il 25 ottobre 1966, tra l’altro proponendo la redazione mensile di una circolare. L’attivismo di Casalis fu apprezzato dai soci e dal Presidente che, assente all’assemblea, mandò tuttavia un messaggio di plauso al Vice Presidente ed ai soci l’esortazione a mantenere e sostenere le nobili tradizioni della Cerea ribadendo anche l’opportunità di tenere l’allenatore con i relativi equipaggi ed il segretario factotum, maestro di casa ecc. 30. Probabilmente Derossi aveva compreso che non bastava pagare per mantenere in vita una società piccola ma complessa. Nel 1968 giunse una lite tra soci a complicare la non facile situazione; ci fu una frattura di una certa entità verificatasi nel sodalizio provocata da irrigidimenti di posizioni da parte di alcuni soci.... che sta provocando un’atmosfera di indifferenza tutto a discapito del buon andamento della società 31. La questione rivestì una certa importanza, perché se ne parlò in ben due riunioni di Consiglio, ma non si sa chi fu parte di quella frattura e quale fu l’origine della discussione. Non giovò la perdurante assenza di Derossi, ormai malato, che privava in tal modo la società di una presenza particolarmente importante visto che da oltre 20 anni egli dominava la società ed i soci con la sua autorità; la sua assenza, oltre a creare difficoltà notevoli nell’amministrazione della Cerea, la esponeva anche alle conseguenze derivanti dalla mancanza di una guida forte; le riunioni di consiglio discutevano problemi gravi e pressanti, ma la mancanza di Derossi faceva sì che ogni decisione importante venisse rinviata. I membri del direttivo erano abituati alle assenze di Derossi, per anni dovute ad impegni di lavoro e negli ultimi anni a problemi di salute; basti dire che egli mancò a ben 15 assemblee32 negli anni in cui fu Presidente della società, e non si contano le sedute di Consiglio presiedute da vice presidenti per la sua assenza. Ma negli ultimi anni la situazione divenne insostenibile, basti dire che il Presidente fu assente alle assemblee ed ai consigli dal 14 gennaio 1968 fino alla sua 28 Cons. 15/4/1966 29 Cons. 27/6/1966 30 Ass. 17/12/1967 31 Cons. 5/10/1968 e 17/11/1968 32 Ass. 10/4/1948, 14/11/1948, 14/3/1949, 4/2/1951, 13/12/1953, 18/12/1955, 20/12/1959, 11/6/1961, !7/12/1967, 22/2/1969, 8/3/1969, 7/12/1969, 7/3/1970, 27/3/1971, 4/12/1971. 19 La Cerea 1945-1997 sostituzione, avvenuta il 4 dicembre 1971. Per quattro anni il Presidente non ebbe possibilità di frequentare la Cerea a causa dell’infermità. Perfino dai verbali di consiglio, solitamente così rispettosi e misurati nei confronti di Derossi, arrivano segnali di scontento e di paralisi conseguente alla perdurante assenza: a proposito della frattura tra i soci per due volte il consiglio, orfano, dopo varie discussioni rimanda il tutto, cioè ogni decisione ad altra data33; il 24 novembre 1968 il consiglio discute sulla opportunità, date le condizioni di salute, di eleggere un Presidente funzionante (proprio così, funzionante!); il 30 ottobre 1969 il consiglio, tornato all’usuale tono rispettoso, suggeriva la necessità di alleviare l’attuale munifico Presidente Dott. Ing. Daniele A. Derossi, attualmente non in perfette condizioni fisiche con l’impegno di proporlo per la Presidenza d’onore. Eppure la successiva assemblea del 7 dicembre confermò Derossi Presidente. Probabilmente nessuno ebbe il coraggio di non confermare nella carica una persona che tanto aveva dato. Un nuovo problema, davvero grave, si aggiunse ai tanti già esistenti, primo fra tutti la scarsità dei soci che, forse per quella frattura di cui abbiamo parlato, diminuirono nel 1969 per le dimissioni di ben 15 soci 34; arrivò anche lo sfratto dai locali, che la Giunta del Sindaco Porcellana intimò a tutte le società rivierasche35. I tempi non erano favorevoli alle società di canottaggio; il 1968 aveva introdotto nella vita politica elementi di rivoluzionarismo che spingevano i partiti ad abbracciare le tesi più estreme, anche riguardo alla socializzazione di ciò che era privato, ed i club sportivi sul Po apparivano come isole di ricchi privilegiati da sostituire con un uso “sociale” delle strutture. Per di più il cattolico Porcellana riteneva che le società di canottaggio non fossero altro che ritrovi per giocatori d’azzardo; la somma di quei pregiudizi spinse il Municipio a sfrattare tutte le società. La Cerea aderì all’ azione della maggioranza delle società canottieri sotto forma di ricorso al Consiglio di Stato avverso al provvedimento di sfratto operato nei nostri riguardi dal Comune di Torino36, con il patrocinio dell’avv. Zola, bravissimo avvocato, in stretto contatto con le altre società torinesi37. L’azione giudiziaria ebbe vita brevissima, a causa della perentoria clausola imposta dal Sindaco ai dirigenti le società che hanno inoltrato ricorso al Consiglio di Stato avverso allo sfratto di ritirare detto ricorso per poter iniziare trattative dirette38. La Cerea e le altre società decisero di ritirare il ricorso e di trattare; la soluzione si trovò, ma a caro prezzo, perché il Sindaco richiese il canone annuo complessivo di 180 milioni da dividere tra i club e la Cerea dovette ricorrere ad un mutuo bancario per far fronte all’ingente pagamento, a fronte del quale il Comune concesse un rinnovo di contratto di 15 anni39. 33 Cons. 5/10 e 17/11/1968 34 Cons. 30/10/1969, Ass. 7/3/1970 35 Cons. 30/1/1971 36 Cons. 15/2/1971 37 Ass. 27/3/1971 38 Cons. 22/4/71 39 Cons. 30/9/1971, Ass. 4/12/1971 20 La Cerea 1945-1997 La fine della Cerea sembrava così vicina da spingere i dirigenti a cercare una nuova fusione, dopo quella a suo tempo fallita con il Circolo della Stampa. I rapporti particolarmente amichevoli esistenti con l’Eridano, anch’esso in gravi difficoltà da anni, avevano portato ad ipotizzare una fusione tra i due circoli e tale prospettiva parve una possibile via d’uscita di fronte allo sfratto: Si intensificano i contatti coi responsabili della Società Eridano tendenti a studiare eventuali possibilità di un accordo fra le due società. E’ un discorso che va avanti da anni e può essere sbloccato da una situazione come l’attuale40. Si serrano frattanto gli incontri con la Società Eridano sull’argomento fusione tra le due società e data la complessità della operazione si procede da parte nostra alla nomina di una commissione di studio composta dai soci prof. Ponte, comm. Mario Girardi, sig. Bonetto41. Non sappiamo come e perché naufragò la trattativa, ma visto che l’Eridano scomparve dopo una decina d’anni non c’è che da rallegrarsene. Il lungo Regno di Derossi ebbe termine in quel difficilissimo periodo, dopo 26 anni complessivi gli ultimi 4 dei quali cruciali per i mille problemi, vissuti con un Presidente tale solo di nome. 3 DA D’ALBERTO A DAINOTTI La malattia di Derossi e la sua forzata assenza, le vicissitudini con il Comune, le tante difficoltà infine smossero i soci abituati da molti anni a delegare al Presidente ogni problema e decisione. All’assemblea del 4 dicembre 1971 presenziarono infatti 39 soci, direttamente o per delega, e fu un numero elevato visto che normalmente non si superavano le 20 presenze e che i soci erano una sessantina. Derossi fu proclamato Presidente Onorario, mentre alla Presidenza fu eletto il dott. Luciano D’Alberto; il neo Presidente occupava cariche in Consiglio da decenni, ma le nomine testimoniano una certa discontinuità rispetto ai precedenti consigli, perché alla vicepresidenza andarono l’anziano Mortigliengo ma anche Renzo Ventavoli, e nel consiglio entrarono anche Paolo Gariel e Pantaleoni. Fu però un direttivo che non ebbe vita facile. Ventavoli fu nominato l’11 gennaio 1972 Direttore del Canottaggio, ma già il 24 ottobre di quell’anno egli era dimissionario dalla vice presidenza e dalla direzione di canottaggio, e nella stessa seduta D’Alberto comunicò il rifiuto di Bobba e di Corne a subentrare nel Consiglio, quali primi esclusi. I verbali non riferiscono le ragioni del dissenso, ma pare evidente che in quegli anni alla Cerea si formarono due società, per così dire, differenti ed antitetiche. Negli atti della società ci sono molti segnali di un importante risveglio di vitalità che portò i giovani veterani della Cerea a riprendere i remi per partecipare a gare, a raids impegnativi, a creare legami con i vogatori delle altre società torinesi, ad allacciare amicizie con veterani di tutta europa; 40 Cons. 22/4/1971 41 Cons. 21/7/1971 21 La Cerea 1945-1997 vedremo analiticamente nei capitoli seguenti quante furono le nuove iniziative ed attività che resero la Cerea brillante e viva come non era da decenni. Dai verbali del Consiglio Direttivo però nulla traspare di queste numerose nuove iniziative, anzi sembra che il Presidente perseguisse un totale immobilismo. Ventavoli si ribellò, con grande probabilità, al rifiuto di potenziare il canottaggio agonistico; ma abbiamo altri segni chiari di scarsa incisività del direttivo: intanto stupisce la scarsità delle riunioni di Consiglio, che si tennero solo l’11 gennaio, il 10 febbraio, il 26 maggio e il 29 ottobre 1972; in qualche anno, in passato, le sedute furono ancor più rare, ma nel 1972 c’erano nuovi dirigenti, problemi gravissimi da affrontare e risolvere, la necessità assoluta di tentare qualche via per far uscire la società dall’agonia in cui versava. Le verbalizzazioni del Consiglio Direttivo si interrompono poi per alcuni anni, fino a tutto il 1975; non abbiamo quindi modo per esaminare compiutamente ciò che fu fatto in quegli anni, salvo che per la modifica dell’impianto di riscaldamento dal carbone al gasolio. Qualche segno di polemica compare nel verbale d’assemblea dell’8 marzo 1975, ove nuovamente presenziarono solo 15 soci, consiglieri e deleghe comprese: Restagno fa presente l’errata impostazione del C.D. per il reperimento di nuovi soci che deve essere basato sui vogatori e non su altre categorie, prega il C.D. di modificare il suo atteggiamento e di facilitare l’inserimento dei ragazzi nei soci effettivi con forme nuove di attrattiva. Gariel chiede di fare una politica di apertura verso i soci di mezza età e non solo verso i ragazzi . Certo è che i soci di trenta - quaranta anni, Bobba, Gariel, Ventavoli, Soave, Nosenzo, Bouquié e molti altri autonomamente decisero di riportare i colori della Cerea sui campi di gara. E’ il Libro d’Oro a rivelarci una ripresa importante dell’attività, del tutto nuova per l’età di coloro che vi si impegnarono: dal 1971 parecchi soci parteciparono a numerose gare in Italia ed all’estero. La ripresa dell’attività agonistica restituì alla Cerea una ragione di esistenza, cementò l’amicizia tra quei soci e tra loro ed i vogatori di altre società, fu la premessa per un ritorno dell’agonismo giovanile. Questo nuovo attivismo non poteva non portare conseguenze anche a livello di dirigenza, allora ancorata alla vecchia politica della pura sopravvivenza. Mentre infatti fu merito dei giovani soci l’aver restituito alla Cerea una ragione di vita, nessuna iniziativa fu presa dal Consiglio per assecondare e sfruttare quel nuovo entusiasmo anche al fine di risolvere la grave situazione derivante dalla scarsità di soci e di mezzi. Basti dire che nessun verbale riporta alcun cenno alle tante novità che si verificavano in società. Intervenne certamente tra i soci un accordo per scalzare la vecchia direzione, perché all’assemblea del 15 dicembre 1975 i soci presenti erano 34, oltre a 21 deleghe, un vero record per la Cerea di quegli anni ed una percentuale elevatissima dei 75 soci di quell’anno. Ed i soci erano numerosi all’assemblea solo quando si preparava un cambiamento di direttivo. Presidente risultò Dino Ponte, Vice Presidenti Cavallo e Ventavoli, e poi Bruno Crozza, Gariel, Bobba e Arcangeli. Dai verbali risulta un evidente aumento di attenzione e di spesa nei confronti del canottaggio agonistico, propugnato da Ventavoli ma pienamente accettato da Ponte, che pure era il solo dei vecchi dirigenti che non avesse mai praticato quello sport, limitandosi al massimo a qualche gita in barca da passeggio. Ci sono molte proposte ed iniziative indicative di una volontà di risveglio, compresa la stampa di 22 La Cerea 1945-1997 un notiziario in 150 copie42, l’acquisto di tute da rivendere ai soci43, insomma una ventata di vitalità che venne premiata dall’ingresso di ben 10 nuovi soci44, subito controbilanciato però dalle dimissioni di altrettanti soci, tra i quali il figlio di D’Alberto45; si trattava forse di soci legati alla vecchia dirigenza, a testimoniare la difficoltà di superare le inimicizie personali e di accettare le svolte nella vita sociale. In quegli anni però ebbero inizio le maggiori difficoltà della Cerea sul piano finanziario. Derossi, lasciata la presidenza, aveva continuato a ripianare i debiti sociali a piè di lista, ma morì nel 1977; il figlio Piero, socio della Cerea ma raramente presente, continuò a pagare le quote dei 18 dirigenti della Microtecnica, aiuto importantissimo per i bilanci, ma non coprì i debiti ulteriori. L’attività agonistica, ripresa intensamente anche a livello giovanile, aveva costi pesantissimi, assorbiva all’incirca la metà del bilancio. La presenza in società di tanti forti atleti costituiva un peso insostenibile per la vecchia e piccola Cerea. Dino Ponte si ammalò gravemente alla fine del 1977 ed alla Presidenza fu chiamato Sanzio Dainotti, che si trovò a guidare la società in momenti drammatici per le difficoltà finanziarie. Al modesto numero dei soci si univa infatti l’ormai consolidata tradizione di quote basse, insufficienti per chiudere i bilanci in pareggio. Già la prima assemblea presieduta da Dainotti ascoltò i modi previsti per la copertura del disavanzo46 ; il problema si pose in seguito molto spesso, e non giovò l’incapacità dei soci di comprendere l’impossibilità di proseguire nella vecchia abitudine di pagare quote modeste; significativa in proposito fu l’Assemblea del 24/4/1979, anno di inflazione galoppante: Da parte di parecchi soci si avanza proposta di aumento della quota sociale, magari ancorandola all’indice di variazione del costo della vita; a questo proposito, pur se in contrasto con il formale impegno assunto dal Consiglio Direttivo all’inizio della gestione di non aumentare la quota associativa nel corso del 1979, l’Assemblea dà mandato al Consiglio Direttivo stesso di applicare una quota integrativa nei tempi e nell’entità che riterrà necessaria a colmare il disavanzo di gestione. Resta comunque approvata la proposta del Consiglio Direttivo di ripartire in almeno due gestioni (1979 e 1980) le spese relative alla manutenzione straordinaria dello chalet. Francamente non si capisce perché il Consiglio si fosse impegnato a tener ferme le quote quando la mancanza dei mezzi per sopravvivere era sotto gli occhi di ogni socio; e non si capisce cosa si pensasse di ottenere rinviando a bilanci futuri le spese indispensabili, perché ciò avrebbe costituito solo un debito per la futura gestione, senza modificare minimamente la situazione. Se poi si vanno a leggere nel capitolo dedicato allo chalet le modeste manutenzioni eseguite nel 1978 ci si stupisce ancor di più, perché si trattò di cose minime e tali da non giustificare il rinvio della spesa ai bilanci successivi. 42 Cons. 26/1/1976 43 Cons. 10/2/1976 44 Idem 45 Cons. 24/11/1976 46 Ass. 12/4/1978 23 La Cerea 1945-1997 I verbali contengono molti riferimenti alle difficoltà finanziarie. Per incassare le quote dai soci morosi si ricorse ad un esattore: Purtroppo l’esattore contattato da Oddone è scomparso e si ritiene non si sia fatto vivo con alcuno47. E poco dopo: Bazoli si fa carico di sentire presso il Club Alpino se esiste esattore e se può far servizio per noi48. Per avere risorse economiche sufficienti era necessario allargare la cerchia dei soci; il problema era come ottenere un simile risultato, ed una delle possibilità era quella di aprire la società alle donne. La proposta fu nuovamente discussa e respinta: Bazoli e Pantaleoni propongono l’ingresso alla società alle donne; vengono valutati gli aspetti positivi e negativi: maggiori numeri di quote a fronte di infrastrutture (docce, spogliatoi)49. Fu invece Ventavoli a trovare il modo di incrementare in modo importante il numero dei soci, tramite il cognato Giampiccolo; questi, insieme ad un gruppo di amici abituati a frequentare palestre, fu convinto da Ventavoli ad entrare alla Cerea. Furono circa 20 i nuovi soci che iniziarono a frequentare assiduamente la società, fornendo anche le risorse per un intervento importantissimo sulla struttura del vecchio chalet. Si stabilì infatti che ciascuno dei nuovi soci avrebbe pagato lire 1.000.000 a titolo di quota associativa ordinaria per il periodo di 5 anni, detta quota non è alienabile né può essere rimborsata per recesso del socio ed è relativa alla sola parte ordinaria della quota50. L’ingresso dei nuovi soci permise di costruire nuovi servizi e docce e di installare la sauna. Le grandi spese effettuate per queste sistemazioni, principalmente finanziate con le 5 annualità anticipate dalla ventina di nuovi soci entrati nel 1980, pesarono comunque sui bilanci. Se l'ingresso dei venti soci ed il loro pagamento di cinque annualità anticipate aveva consentito importanti investimenti, ciò comportò anche la permanenza di venti persone in più che, negli anni successivi, non pagarono la quota pur consumando acqua calda ed usurando il materiale. Ne seguirono non poche difficoltà. Si pose ben presto il problema di far versare ai nuovi arrivati una somma che compensasse gli incrementi dei costi, in anni di elevata inflazione, anche perché le condizioni finanziarie della Cerea erano costantemente critiche. Il risultato fu un sempre più importante ricorso alla quota straordinaria, pur senza risolvere i problemi finanziari, e qualche tensione interna alla società che si cercò di spegnere cooptando nel consiglio direttivo anche alcuni dei nuovi soci. Il contemporaneo ingresso di tanti soci che frequentavano assiduamente la società e si avvicinarono al canottaggio ebbe, tra le altre conseguenze, quella di aumentare la partecipazione alla vita della Cerea, in tutte le sue manifestazioni. Ne è prova l’improvviso aumento dei soci partecipanti alle assemblee, passati dai 19 - 37 soci degli anni 1978 - 80 ai 37- 53 del biennio successivo. Ma anche la pratica sportiva ebbe maggior numero di adepti tra i soci, in parte grazie al riuscito tentativo di incrementare l’offerta di servizi ai soci: così deve essere intesa la decisione di inserire come nuovo socio il sig. Girone il quale si assume il compito di istruttore di ginnastica. La proposta viene accettata all’unanimità stabilendo 47 Cons. 6/12/1978 48 Cons. 17/1/1979 49 Cons. 25/9/1979 50 Cons. 9/10/1980 24 La Cerea 1945-1997 altresì che due volte alla settimana, il martedì ed il giovedì dalle ore 12,30 alle 13,30 il sig. Girone terrà lezioni di ginnastica51. Beppe Girone ebbe un successo travolgente e riuscì a convincì¥Á 51 Cons. 13/5/1982 25 La Cerea 1945-1997 26 La Cerea 1945-1997 edizioni all’anno52. Ma il progetto non vide la luce, forse per la mancanza di soldi. Il Consiglio Direttivo riuscì poi in un’impresa più volte tentata in passato, senza successo: coinvolgere il Municipio nell’esecuzione degli indispensabili lavori di ristrutturazione. Fu Renzo Ventavoli a compiere il miracolo sfruttando le proprie buone relazioni con molti esponenti politici, in quel periodo alla guida della Città; egli avvicinò alla Cerea assessori e politici con un importante lavoro di diplomazia che, se comportò qualche concessione come fu per i campi da bocce, ottenne il risultato di stipulare un nuovo contratto di locazione commerciale per la palazzina, ove anche la manutenzione straordinaria era a carico del Comune; e ciò permise all’Assessore Tessore di disporre successivamente i lavori, descritti nel capitolo III, che permisero di risanare la parte muraria della palazzina. I lavori resero la società difficilmente frequentabile per parecchi mesi; alcuni soci poco pazienti lasciarono la società, non molti ma la Cerea non poteva perdere nessuno. Parte dei lavori gravarono sulla Cerea; erano lavori indispensabili, non era possibile non farli: non si poteva, per esempio, evitare il rifacimento dell'impianto elettrico visto che si facevano muri nuovi. La situazione finanziaria della società correva verso una profonda crisi, forse non adeguatamente valutata. Il solo settore di spesa che poteva essere compresso era quello agonistico. Ma erano solo i soci recenti a chiedere una diminuzione del budget agonistico, perché evidentemente erano meno sensibili al fascino dell'alloro sportivo. Tutte le richieste avanzate in tal senso nelle assemblee di quegli anni ottennero una risposta netta dal Presidente e dai soci più legati all'agonismo: la Cerea è una società di canottaggio e vi si deve fare del canottaggio. La resistenza al ridimensionamento agonistico e sportivo dipendeva dal fatto che la società, negli ultimi 10 anni, aveva puntato moltissimo sul rilancio agonistico, vi aveva investito ingenti risorse ed era allora in piena fase di raccolta di quanto seminato; gettare tutto, invitare i forti atleti creati negli anni ad andare altrove, avrebbe costituito uno smacco terribile, a parte il dispiacere. Alla delusione si sarebbe unito il fallimento di una politica societaria che aveva indicato ad esempio i dati di bilancio che attribuivano al canottaggio agonistico la metà delle spese annuali. Furono anni di stridente contraddizione tra fattori opposti: da un lato i soci erano in relativa crescita, e soprattutto era altissimo il livello di partecipazione e ottima la coesione tra i soci che si cimentavano nella voga e in regate, ma anche in molte altre attività sportive praticate dagli stessi che quotidianamente si incontravano in società; d’altro lato la situazione economica non solo non migliorava, ma anzi precipitava sempre più verso l’abisso benché si risparmiasse su tutto. I verbali di quegli anni riportano con insistenza l’attenzione sui conti, sulle richieste di aiuto indirizzate a enti e società, sulla situazione oltremodo disastrosa 52 Cons. 2/12/1982 27 La Cerea 1945-1997 del bilancio53. Certamente incise il venir meno delle 18 quote sino ad allora generosamente pagate dalla Microtecnica per altrettanti dirigenti; morto Agostino Derossi il figlio Piero aveva continuato la tradizionale sovvenzione, in memoria del padre; ma l’improvvisa morte di Piero pose fine alla comoda rendita. Ed il venir meno di tante quote di soci fittizi arrecò un ulteriore colpo alle finanze sociali. Il 1985 ed il 1986 furono quindi anni difficili. Il 18 luglio 1985 ci fu un’assemblea straordinaria convocata su richiesta di 17 soci che lamentavano la mancata riparazione di alcune barche; il Presidente Dainotti fece presente che per motivi di denaro le riparazioni sono state solo ritardate e non sospese. Si discusse anche se la priorità nelle riparazioni spettasse alle barche usate dagli atleti o a quelle a disposizione dei soci, poche per entrambi i gruppi, e si concluse che per la cronica mancanza di soldi non si può intervenire prontamente nelle riparazioni. Ma si parlò anche dei lavori di ristrutturazione che aumentavano le difficoltà per una completa agibilità delle attrezzature societarie. Vedi mancanza di riscaldamento, mancanza di erogazione dell’acqua, chiusura di alcune docce, chiusura della sauna. Nel 1986 i soci erano 85, i non effettivi 15, c'era davvero di che preoccuparsi, e non era neppure facile ridurre le spese. Anche i fornitori penavano con la Cerea, e forse i ritardi nei pagamenti furono all'origine di una strana vicenda che spinse Marzano a dimettersi dal Consiglio: dopo una prima rottura della vetrata del portone di casa Marzano, la vetrata venne nuovamente fracassata, ma tra i frammenti venne trovata la palina della Cerea che si trova a fianco del cancelletto d'ingresso. Il senso minatorio apparve chiaro, anche se fu misterioso il movente, l’autore e la scelta del segretario come vittima. Il 1986 se ne andò così tra mille debiti e senza successi sportivi di rilievo. I lavori all'impianto elettrico costarono più del previsto ed il pesantissimo passivo del 1986 fu coperto con il pagamento anticipato di varie annualità, fino a tre, da parte di alcuni soci. Non occorre dire che quelle quote mancarono negli anni successivi, a partire dall'87. Il pessimo andamento finanziario, il nervosismo che agitava i soci per una situazione apparentemente senza vie d’uscita, spinsero un gruppo di soci a chiedere un'assemblea straordinaria per discutere la situazione; la riunione fu piuttosto agitata, tanto da spingere il Consiglio alle dimissioni. Non esiste verbale di quell’assemblea, come della successiva che elesse il nuovo Consiglio, ma si era nel febbraio 1987. 4 LA PRESIDENZA PONTE Nel marzo 87 si tennero così elezioni straordinarie, precedute da riunioni, da contatti e discussioni. Sanzio Dainotti presentò una lista che comprendeva alcuni soci storici ed altri più recenti, secondo tradizione; ma a sorpresa si presentò una lista concorrente, formata tutta da soci recenti, salvo Giorgio Ponte, candidato a 53 Cons. 10/3/1983 28 La Cerea 1945-1997 Presidente. Ponte era un socio storico, perché il padre lo iscrisse quando aveva pochi giorni, ma da tempo frequentava pochissimo la Cerea; la lista dei soci “giovani” vinse per tre soli voti di scarto. La stessa assemblea proclamò Dainotti Presidente Onorario, perché la persona era stimatissima, anche da coloro che non ne condividevano talune scelte. Ponte riuscì a conciliare importanti lavori di ristrutturazione con un bilancio sano e rigoglioso, due aspetti che parevano inconciliabili. Come fu possibile? Innanzitutto con la crescita dei soci, ottenuta con uno sforzo anche personale non indifferente, poiché il Presidente spinse decine di amici ad entrare alla Cerea. Ma molti fattori contribuirono a facilitare il successo di una politica tesa ad incrementare il numero dei soci, non ultimo il diffuso apprezzamento di uno sport da svolgere in una natura meno inquinata di un tempo. Dopo un 1987 condotto con risparmi spietati, il Consiglio ottenne di aumentare, gradualmente ma in modo netto, la quota fino a renderla allineata al costo dei servizi erogati; in cambio fu mantenuta la promessa di non richiedere più alcuna quota straordinaria, che da allora ritornò a rivestire quella caratteristica di eccezionalità che il suo nome comporta. Il prezzo maggiore del risanamento finanziario gravò sul settore agonistico, che fu praticamente azzerato. Vedremo nel capitolo dedicato all’agonismo quanti anni occorsero poi per riportare la Cerea a gareggiare ad un buon livello; la squadra agonistica costituiva la sola voce di spesa che potesse essere compressa, e su quella si agì. Dal 1989 iniziò il lavoro di ricostruzione di quell’importante settore di attività. L’esercizio del canottaggio da parte dei veterani non subì invece rallentamenti, molti anzi furono i nuovi soci che in quegli anni furono iniziati alla voga dai vecchi ed esperti soci. Articoli redazionali comparsi sul Venerdì di Repubblica, su Capital, sui quotidiani cittadini, su Airone 54, conferirono alla Cerea quella notorietà e quei connotati di club di moda che portò nuove adesioni e contribuì a rendere i vecchi soci più fieri della loro appartenenza; ed importanza non certo secondaria ebbe, in questo ambito, la visita alla Cerea dell’ex Regina Maria José. L’arrivo di uno Sponsor delle attività agonistiche confermò quella distinzione della Cerea, ritrovata dopo tanto tempo, così come i gemellaggi con lo Yacht Club di Genova e con la Tevere Remo. L’attenzione all’immagine esterna ed il rendimento che la società ne ebbe in termini di nuovi soci permise anche, dal 1988, di iniziare un programma di ristrutturazione dei locali, costoso ma sopportabile, che rinnovò profondamente la società e la rese appetibile anche a coloro che erano interessati ad un club piacevole, pur senza coltivare velleità sportive. Attenzione fu posta anche al rinnovo delle barche e delle attrezzature, e tutto quel fervore di iniziative coinvolse i soci che seguirono con passione, e talora con generosità, il progressivo rinnovo della Cerea. Le novità più importanti riguardarono però lo chalet. Il socio Arch. Pratesi progettò un completo rifacimento dei locali della Cerea; il plastico bellissimo che Pratesi portò in società venne ammirato da tutti i soci. Non è esagerato dire che in quel periodo un palpabile entusiasmo animava tutti, soci recenti e soci anziani, che partecipavano allo sforzo teso a portare il club ad un aspetto più accogliente. Nell'estate dell'88 fu messa mano al salone; le pareti 54 Si vedano le riviste nel volume di memorie storiche dedicato alla Stampa. 29 La Cerea 1945-1997 assunsero l'aspetto attuale, furono acquistati i divani e ricoperte le vecchie poltrone, cambiata l'illuminazione, posti due tappeti in moquette. Aumentarono anche gli stendardi alle pareti, perché già dall'anno precedente era stata aperta una colletta per salvare i numerosi drappi che giacevano in una scatola di cartone in segreteria. Il 1988 fu anche l'anno in cui la Cerea compì 125 anni dalla fondazione. Si studiarono modi per portare l'attenzione della città sulla società, spendendo poco naturalmente, meglio se con qualche vantaggio economico. Aldo Bruno propose di stampare un libro da finanziare con pagine pubblicitarie di grandi società; il progetto fu approvato e Bruno, con l'ausilio di altri soci, richiese a personalità della politica e dell'economia messaggi di augurio e di riflessione sul fiume e sul canottaggio; curò anche l'impaginazione e la stampa, mentre il testo venne curato da Renzo Ventavoli e da Vitale. I pezzi delle personalità furono il passaporto che consentì ad Aldo di chiedere alle aziende un contributo di 5 milioni per comparirvi con un’inserzione pubblicitaria. L'operazione riuscì e ci trovammo con 2.000 volumi gratis, che furono in parte venduti ai soci, alla Provincia, quindi distribuiti ai nuovi soci. Ma il colpo di fortuna che segnò l'anno arrivò proprio mentre il volume era in fase di chiusura: Vittorio Soave, legato ai Savoia da interessi librari, ottenne che l'ex Regina Maria José ponesse la Cerea tra le poche mete torinesi toccate nel corso del suo primo viaggio ufficiale in Italia. Le foto della memorabile giornata finirono sul libro dei 125 anni, ma anche su tutti i quotidiani italiani55 e la Cerea ebbe un momento di celebrità; c'era anche invidia in giro, molti appartenenti al Circolo filarmonico, per esempio, si chiesero perché mai l'ex Regina avesse scelto proprio la Cerea. Ce lo chiedemmo anche noi, ma incassammo il successo ed i vantaggi di una improvvisa notorietà e distinzione. Con un simile lancio pubblicitario diventò un successo anche la presentazione del libro, con presenza di tutte le Autorità. In effetti la visita della Regina, la realizzazione di opere importanti, specialmente l'esistenza dei progetti di Pratesi relativi ad altre parti della palazzina, tutti questi fattori portarono entusiasmo e fiducia nella possibilità di riuscire ad uscire dalle secche delle difficoltà economiche. C'era l'orgoglio di far parte della Reale Società Canottieri Cerea. La prima conseguenza di questo atteggiamento fu un ulteriore aumento dei soci, perché era bello portare amici in un luogo presentabile e destinato a migliorare. Ma altra straordinaria conseguenza fu l'entusiasmo che contagiò i soci anche allorché si trattò di svolgere pesanti lavori. Basti ricordare che, nella speranza di recuperare un po' di spazio, sempre carente alla Cerea, molti soci lavorarono per l'intero inverno riuscendo infine a liberare il locale sotto la terrazza; lo spazio era completamente occupato dalla sabbia lasciata da decine di piene, ma ogni giorno, per mesi, alcuni soci spalarono prima la fine sabbia, poi una specie di tufo da spaccare col piccone, fino a recuperare uno spazio dimenticato. Furono una trentina i soci che, in un fine settimana, armati di minio, vernice e pennelli, pitturarono tutta la recinzione metallica esterna e, dopo poco, la ringhiera della terrazza; i soldi erano pochi ma l'impegno dei soci consentì l'esecuzione di lavori importanti con spesa minima. 55 Si vedano le abbondanti citazioni siu quotidiani nazionalinel volume di memorie dedicato alla Stampa. 30 La Cerea 1945-1997 La coesione sociale fu dimostrata dalla partecipazione corale e generale al funerale del Presidente Onorario Sanzio Dainotti, nel 1988. E fu dolore vero per la scomparsa di un gentiluomo e di un amico, capace di tenere in vita la Società in un momento difficilissimo con fermezza e signorilità; Dainotti venne stroncato da un tumore dopo pochi mesi di malattia, e sembrò impossibile che un uomo vigoroso, abituato a vogare nonostante l'età, se ne fosse andato, in silenzio come suo costume. Fu anche l'inizio del tramonto di un'abitudine pluriennale, la Jole a 8 della domenica. L’acquisizione nel tempo di tre diversi sponsors delle attività sportive che garantirono per otto anni il versamento di somme rilevanti, l’incremento progressivo dei soci fino a superare i 170 effettivi, il livello delle quote elevato a valori consoni, permisero alla Cerea quel relativo benessere che consentì di apportare in pochi anni quei miglioramenti che per decenni erano stati solo vagheggiati; senza anticipare quanto sarà trattato nei capitoli dedicati alla palazzina ed alle barche dirò solo che tra il 1988 ed il 1997 tutto lo chalet subì restauri e modifiche interne ed esterne, il parco barche fu completamente rinnovato con barche sofisticate, tutte le attrezzature, dalla palestra al carrello al minibus per le trasferte, furono sostituite. Mi rendo conto del rischio di cadere nel trionfalismo, ma dopo 40 anni di stenti l’improvvisa evoluzione verso un insperato benessere appare un fatto se non straordinario, certo rimarchevole. Dicevo dell’entusiasmo che animava i soci; esso fu la formidabile molla dello sviluppo sociale e si manifestò in molti modi, dalla accresciuta frequenza alle cene sociali alla quotidiana presenza, all’ora di pranzo, di 20 - 25 persone in barca, senza contare quelli impegnati nella corsa o nella ginnastica. E furono i soci ad accogliere calorosamente i tanti nuovi iscritti trascinandoli nel “gruppo” ed insegnando loro a remare, a partecipare a collette volontarie per consentire l’acquisto di sempre nuove barche, a permettere il raddoppio del numero dei soci in 8 anni. Ora il calore nell’accogliere il nuovo socio pare affievolito; non ha certo giovato il progressivo abbandono della jole, sulla quale quotidianamente si imbarcavano abili vogatori e neofiti, a favore delle più esclusive barche tecniche; e la presenza di un allenatore destinato ai veterani ha rimosso l’obbligo morale di assistere i principianti, anche se spesso l’allenatore è poi costretto a seguire vogatori esperti ma desiderosi di migliorare. Non mancarono però i momenti difficili sotto la Presidenza Ponte. Il 1988 fu in parte guastato dalla lite intervenuta tra due soci di spicco, Bruno Piardi e Antonio Villani, detto Diabolik per gli occhiali scuri e l'amore per gli abiti neri. Erano entrambi personaggi egocentrici, buoni vogatori convintissimi delle loro capacità, non disposti a cedere il passo. La lite tra loro, per futili motivi di supremazia in barca, era inevitabile, e si verificò. Cesare Barzega, come socio anziano, ebbe l'ingrato compito di riportare pace tra i due litiganti, ma ottenne solo un vago armistizio. Nel febbraio del 1989 Villani si trovò escluso da un otto veterani sul quale riteneva di dover salire e sporse reclamo alla Giuria per una irregolarità di composizione dell'equipaggio; che un membro del Consiglio, Direttore Tecnico, sporgesse reclamo contro la propria società era ovviamente impensabile. Antonio Villani diede le dimissioni dal Consiglio e da socio. Anche Piardi se ne andò in malo modo nel 1990, dopo aver a lungo polemizzato con il Consiglio Direttivo in ordine alla gestione della squadra 31 La Cerea 1945-1997 agonistica. Piardi, padre di atleta che era recentemente passato all’Esperia per dissensi con l’allenatore, criticava duramente sia l’allenatore Tontodonati, sia il D. T. Uberti sia il Consiglio e portò la propria battaglia fino all’assemblea del 29 novembre 1990: Prende la parola il socio Piardi che dopo ampia esposizione dei motivi chiede che l’assemblea richieda le dimissioni del Direttore Tecnico Uberti e dell’ allenatore Tontodonati. Dopo ampia discussione l’Assemblea respinse la mozione di Piardi con 37 voti contrari, 1 a favore e 9 astenuti. L’esito amareggiò Piardi, forse deluso anche per essere rimasto solo in una battaglia in cui sembrava avere qualche alleato, tanto che immediatamente si dimise lasciando la Società. La presidenza di Giorgio Ponte ebbe termine nel 1996. Egli, con tutti i consiglieri, ritenne opportuno non ripresentare la propria candidatura per evitare una ricaduta nell’immobilismo, pericolo costante quando le stesse persone restano al timone troppo a lungo. L’assemblea elesse Marco Palma, ex grande canottiere, e con lui un consiglio ove non mancavano le persone con precedenti esperienze di direttivo, da Roncarolo a De Silva a Coero. 32 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO II I SOCI 1 ì¥Á 33 La Cerea 1945-1997 ý Ï 34 La Cerea 1945-1997 come la salute della Cerea nelle sue varie componenti (opere alla palazzina, acquisto barche, canottaggio) sia in buona parte legata al numero delle persone associate. Infatti noteremo, nel cinquantennio esaminato, tre grandi periodi: dal 1945 al 1950 i soci erano numerosi e, pur essendo le quote modeste, fu possibile rimediare ai danni del conflitto mondiale con importanti interventi sullo chalet e con l’acquisto di numerose barche; dal 1951 al 1980 i soci calarono progressivamente e la Cerea rischiò seriamente di scomparire; dal 1981 al 1996 la società guadagnò progressivamente soci e, nel contempo, ne ottenne mezzi economici che permisero lavori ingentissimi sulla palazzina ed un formidabile incremento del parco barche. L’elencazione del numero dei soci per gli anni in cui disponiamo del dato impone un chiarimento sui criteri adottati, perché nel corso del tempo sono cambiate le regole per l’appartenenza alle diverse categorie di soci, distinte da diversa quota sociale: inizialmente i soci anziani pagavano una quota ridotta, quindi la creazione della categoria dei benemeriti li esonerò dal pagamento della quota; un tempo i vogatori erano soci non effettivi e pagavano una quota ridotta, poi non pagarono più nulla e non vennero neppure conteggiati tra i soci. Ho quindi ritenuto opportuno indicare il numero complessivo dei soci effettivi, anziani e benemeriti, tralasciando le categorie giovanili dei non effettivi, vogatori, atleti ed allievi. In fondo, indipendentemente dalla quota effettivamente pagata, dalle categorie dei soci maturi arrivarono ed arrivano le risorse e le scelte importanti per la società, senza contare il fatto che, quando gli atleti pagavano, il loro numero era ininfluente, 9 nel 1946 e 17 nel 1947. Può anche essere interessante sapere che Boccalatte, nell’Assemblea del 18 marzo 1945, riferiva che la Cerea aveva allora oltre 100 soci mentre all’inizio della sua presidenza, nel 1934, ne aveva circa 50. E’ da questo dato che si sviluppa la serie di numeri che segue: 1946, 135 soci; 1947, 167 soci; 1948, 182 soci; 1950, 103 soci; 1952, 122 soci; 1954, 104 soci; 1955, 101 soci; 1956, 86 soci; 1957, 92 soci; 1958, 84 soci; 1962, 77 soci; 1963, 81 soci; 1964, 83 soci; 1965, 86 soci; 1966, 87 soci; 1967, 107 soci; 1968, 109 soci; 1969, 96 soci; 1970, 67 soci; 1971, 74 soci; 1972, 81 soci; 1973,84 soci; 1974, 87 soci; 1975, 75 soci; 1978, 81 soci; 1985, 86 soci; 1986, 85 soci; 1988, 102 soci; 35 La Cerea 1945-1997 1990, 134 soci 1994, 170 soci; 1995, 174 soci56 Negli anni dal 1946 al 1948 ci fu un formidabile incremento nel numero degli iscritti, specialmente di quella categoria di soci sostenitori fortemente voluta da Derossi; essi avevano impegno triennale, e non è certo casuale il fatto che il grande incremento del periodo 1946-48 abbia esaurito i suoi effetti proprio nello stesso arco di tempo, tanto che nel 1952 i soci erano appena più numerosi di quanto lo fossero nel 1946. Poichè fino al 1951, anno in cui fu modificato lo statuto, spettava al consiglio direttivo l’ammissione dei nuovi soci, l’esame dei verbali di quegli anni ci permette di notare che molti aspiranti si videro respingere la domanda: per Felice Ghittino si deliberò di assumere informazioni presso il socio Ferrero57, Giuseppe Laccagno non fu ammesso quale socio effettivo58. Nel 1946 il buon andamento delle nuove iscrizioni indusse Derossi a proporre di limitare l’accettazione dei nuovi soci ad elementi di carattere sportivo, o persone che per posizione sociale o per cultura portino lustro o aiuto finanziario alla nostra societ à59, e da allora il numero dei bocciati aumentò: nella stessa riunione in cui Derossi indicò il nuovo indirizzo fu accettata la domanda del sig. Frigerio, mentre si rinvia l’accettazione delle altre domande; tre domande furono tenute in sospeso il 27 ottobre 1946. Era importante la qualità professionale delle persone, come risulta dalla comunicazione del comm. Casalis di star procurando altri nuovi soci sostenitori, persone ben conosciute nel ramo automobilistico60. Su quattro domande esaminate nella riunione del 23 marzo 1947 ne furono tenute in sospeso tre, due su tre le domande sospese il 4 luglio 1947, ed una riguardava addirittura il socio vogatore Giorgio Fenoglio che intendeva passare tra gli effettivi, ma neppure le firme del socio Ambrosini e del segretario Delaude furono ritenute sufficienti. Il 4 settembre 1947 un respinto ed un sospeso su 6 esaminati. Tanta rigidità e formalità non valeva per i soci “ di peso”; l’elenco dei soci del 1948 riporta i nomi di molti soci entrati alla Cerea tra il 1946 ed il 1948 mai passati al vaglio del consiglio direttivo. In particolare nei verbali non c’è traccia dell’ammissione di quei soci sostenitori sui quali la Cerea puntava; per alcuni l’iscrizione era immediata ed automatica, senza necessità di formale accettazione. L’elenco dei soci del 1948, anno culminante per il numero dei soci e per l’adesione alla categoria dei soci sostenitori, indica come la qualità sociale degli iscritti alla Cerea fosse particolarmente elevata. I laureati erano 85 su 182, specialmente avvocati ed ingegneri, ed erano anni in cui il possesso di una laurea garantiva comunque una posizione dirigenziale nella vita lavorativa e nella società; a loro si aggiungevano 19 tra Grand’Ufficiali, Commendatori e Cavalieri, nonché una mezza dozzina tra generali, colonnelli e maggiori, sicché alla Cerea c’era una concentrazione di classe dirigente tale da far ritenere che Derossi potesse ritenere centrato il suo obbiettivo. 56 Gli elenchi dei soci sono conservati nell’Arch. storico con i numeri da A.21 fino a A.40 57 Cons. 11/9/1945 58 Cons. 7/4/1946 59 Cons. 16/6/1946 60 Cons. 15/12/1946 36 La Cerea 1945-1997 In quell’epoca in cui si attribuiva la massima importanza ai titoli spiccava il Dott. Ing. Avv. Comm. Mario Botto Micca, ma numerosi erano i soci che potevano fregiarsi di titolo accademico e di onoreficenza. Erano anche numerosi i nomi noti, i nomi di famiglie di costruttori, di industriali, di grandi professionisti. Con la crisi dei soci sostenitori, che nella quasi totalità lasciarono la Cerea, la società riacquistò in maggior misura quella caratteristica di composito miscuglio sociale che ne costituisce una caratteristica tipica. Negli anni 1950 e 1960 il problema non fu più quello di trovare soci ricchi ed influenti; l’ammontare della quota non era certo tale da impedire a molti l’associazione, perché vedremo come il suo livello fosse modestissimo, ma rimase la presenza di Derossi ad evitare l’associazione a troppo numerose persone o a coloro che non gli piacessero. Certo è che con il passare dei decenni alla Cerea aderirono persone appartenenti ad un ampio spettro sociale, laureati e no, dirigenti e modesti impiegati, ricchi e persone dalle limitate possibilità. A partire dal 1970 la ripresa dell’interesse verso l’agonismo, che spinse i giovani veterani della Cerea a gareggiare sui bacini d’Europa, pose al centro totale dell’attenzione dei soci il canottaggio; le vecchie gerarchie basate sulla importanza sociale della persona cedettero progressivamente il passo a quelle fondate sulle capacità tecniche e fisiche, in breve primeggiò chi era un leader anche in barca; naturalmente ciò non significa che venisse meno la leadership delle persone più stimabili e capaci in generale, ma è indubbio che ci fu uno spostamento di attenzione notevole nei confronti dei canottieri. Lo dimostra l’importanza che assunsero gli arrivi di soci che in gioventù gareggiarono per altre società, gli sforzi effettuati per ottenere l’iscrizione di quelle persone e, per contro, il progressivo diminuire dei soci poco sportivi, delle persone che trovavano la società sempre più avara di cure e di interesse nei loro confronti. Dagli anni ‘70 fino ai primi anni ‘80 la Cerea era in grave difficoltà per la scarsità dei soci, eppure tale periodo di crisi coincide con il massimo vigore della partecipazione agonistica, a livello veterani come in quello dei veri atleti; come è possibile che ad una elevata vitalità si unisca una carenza di soci tale da far temere per la vita della Cerea? Tale fu la spinta verso il canottaggio da eliminare ogni attrattiva per coloro che non si dedicavano allo sport, sicché a parte i praticanti, in società restavano solo vecchi soci legati alla Cerea per avervi praticato sport o per antica consuetudine. Dalla metà degli anni ‘80 ai soci di estrazione agonistica si aggiunsero numerose persone interessate ad avvicinarsi ad uno sport praticabile nella natura, complice la moda che spingeva all’attività fisica e le migliorate condizioni delle acque del fiume; ma alla Cerea si associarono anche tanti che non facevano sport alcuno, e che tuttavia apprezzarono la bellezza del posto, della sede, la caratteristica unica di un piccolo club storico ove era piacevole pranzare o passare qualche ora. Si formò così una curiosa mescolanza tra soci sedentari e soci sportivi, che in piena armonia avevano modo di apprezzare le diverse possibilità offerte dalla Cerea. Il progressivo aumento della quota ed il ripristino di una quota di buoningresso pari alla quota annua ebbe però la conseguenza di rendere oneroso l’ingresso, con conseguenze negative specialmente per il limitatissimo afflusso di giovani. Al progressivo invecchiamento dei soci si cercò di porre rimedio con facilitazioni per i giovani fino ai 26 anni, e gli effetti furono positivi. 37 La Cerea 1945-1997 2 I CONSIGLI DIRETTIVI Nel periodo di tempo esaminato furono numerosi i Consigli che si susseguirono; indicarne la composizione può giovare, oltre che alla completezza, per notare gli elementi di continuità o di discontinuità tra l’uno e l’altro Consiglio, e comunque per ricordare il nome di quei soci che vedremo più volte citati e che, con il loro personale impegno, hanno contribuito a tenere in vita la Cerea in tempi non favorevoli. 1945 - 194761: Ing. Agostino Daniele Derossi, Presidente; Casalis Comm. Alessandro, Vice Presidente; Crovella dott. Umberto, Segretario; Girardi Mario, Cassiere; Boccalatte Ing. Alfredo, Direttore Sportivo; D’Alberto dott. Luciano, Allenatore; Abelly Massimo, Addetto al materiale sportivo; Balma, Cane Comm. Giovanni, Marcengo, Prof. Dino Ponte, Consiglieri. 194862: Derossi, Presidente; Casalis Comm. Alessandro, Vice Presidente, Magni dott. Mario, Vice Presidente; Girardi Mario Cassiere; Delaude Dott. Giovanni, Segretario Economo; Boccalatte ing. Alfredo, Direttore Tecnico; Abelly Massimo, Cane comm. Giovanni, D’Alberto dott. Giovanni, Ponte prof. Dino, Vaciago dott. Comm. Giovanni, Consiglieri63. 194964: ing. Derossi, Presidente; sig. Borghero Francesco e Comm. Casalis, Vice Presidenti; sig. Berra, Segretario; rag. Monzeglio, dott. D’Alberto, dott. Aldo Bobba, sig.Eraldo Gariel, Consiglieri. 1950 - 195165: ing. Derossi, Presidente; 66 sig. Francesco Borghero e prof.Dino Ponte incaricati del servizio ristorante e chalet; sig. Renato Berra, Segretario; sig. Eraldo Gariel, incaricato del Materiale; sig. Alfredo Bonetto, Bocce; dott. D’Alberto, Direttore sportivo; sig. Franco Rippa, Cassiere. 1952 - 195367: Giorgio Gianolio, Presidente; Boccalatte Alfredo e Casalis Alessandro, Vice Presidenti; D’Alberto Luciano, Economo; Girardi Mario, Cassiere; Mortigliengo Piero, Segretario; Abelly Massimo, Consigliere. 61 Ass. 18/3/1945 62 Ass. 22/2/1948 63 Dopo un solo anno di permanenza in carica la Presidenza si dimise, e così i Consiglieri; sono ignote le cause, come le eventuali dissidenze. Derossi giustificò le dimissioni con l’inutilità della sua permanenza in carica visto che le spese da lui decise nel 1945 erano praticamente tutte pagate. 64 Ass. 27/2/1949, la stessa in cui il vecchio consiglio si dimise. Il profondo cambiamento dei nomi in Consiglio induce a ritenere che ci fossero contrasti all’interno del Direttivo. Infatti il nuovo Direttivo restò in carica per un solo anno, come per sostituire temporaneamente quello dimissionario fino alla scadenza del normale mandato. 65 Ass. 25/2/1950 66 Le cariche non vennero immediatamente distribuite, ciò avvenne solo nella riunione di Consiglio dell’8 marzo 1950. 67 Ass. 21/12/1951. Fu una nuova elezione che si svolse dopo soli 19 giorni dalla precedente assemblea che aveva eletto Derossi, Ponte, D’Alberto, Mortigliengo, Giustiniani, M.Girardi e Dainotti. Nella riunione di Consiglio del 10 dicembre Derossi e Ponte dissero di non poter accettare la nomina per loro impegni e fu quindi riconvocata l’assemblea. 38 La Cerea 1945-1997 1954 - 195568: Derossi, Presidente; Boccalatte e D’Alberto, Vice Presidenti; Piero Derossi, Mario Girardi, Piero Mortigliengo, Bruno Fungo, Consiglieri. La stessa Assemblea che elesse questo Consiglio Direttivo nominò per acclamazione Giorgio Gianolio Presidente Onorario. 1956 -195769: Derossi, Presidente; Abelly e Mario Girardi, Vice Presidenti; Bruno Fungo, Eraldo Gariel, Pino Eusebione, Antonio Contano, Consiglieri. 1958 - 195970: Derossi, Presidente; Dino Ponte e Girardi, Vice Presidenti; Contano, Restagno, Eusebione, Giorgio Colombo, Consiglieri. Dal verbale di Consiglio del 24 febbraio 1958 sappiamo che Restagno era il segretario e che a Giovanni Bobba fu dato l’incarico di allenatore. 1960 - 196171: Derossi, Presidente; Girardi e Dino Ponte, Vice Presidenti; Contano, G. Savio, Nosenzo, Crovella, Consiglieri. Successivamente a Nosenzo fu affidato l’incarico di segretario e di Direttore Sportivo, a Contano quello di cassiere, a Restagno quello di allenatore. 1962 - 196372: Derossi, Presidente; Dino Ponte e Girardi, Vice Presidenti; Savio Giuseppe, Nosenzo, Fungo, Giovanni Bobba, Consiglieri. Fungo fu nominato segretario, Savio tesoriere, Bobba economo, Nosenzo direttore sportivo, Restagno allenatore. 1964 - 196573: Derossi, Presidente, Ambrosini e Dino Ponte, Vice Presidenti; Colombo tesoriere, Piero Derossi segretario, Dario Foglino e Paolo Gariel, Consiglieri. Nel corso del Direttivo del 17 gennaio 1964 Gariel e Foglino comunicarono di non poter accettare l’incarico per i loro impegni di lavoro; invece di sostituirli con i primi non eletti i consiglieri rimasti preferirono ricorrere a nuove elezioni, tenute il 7 maggio 1964, con i seguenti risultati: Derossi Presidente, Casalis S. e Ambrosini Vice Presidenti, Dino Ponte segretario, G. Colombo tesoriere, M. Girardi e B. Savio Consiglieri. 1966 -196774: Derossi, Presidente; Casalis e Ambrosini, Vice Presidenti; Ponte, segretario; Taricco, tesoriere ed economo; Colombo e Giovanni Bobba Consiglieri. Benché questi fossero gli incarichi risultanti dal verbale d’assemblea il Consiglio del 15 gennaio 1966 conferì l’incarico di segretario a Fungo, quello di cassiere a Taricco, la direzione del materiale a Bobba e l’incarico di economo a Colombo. Fungo non risultava tra gli eletti, mentre Ponte non figurò più nei verbali del Consiglio; evidentemente quest’ultimo rinunciò all’incarico a favore di Fungo, ma non c’è traccia scritta della vicenda. 1968 -196975: Derossi, Presidente; Ambrosini e Casalis, Vice Presidenti; Fungo, segretario; Taricco, cassiere; Bobba e Colombo, Consiglieri. Nell’ottobre 68 Ass. 13/12/1953. Secondo le norme di Statuto l’Assemblea attribuì solo le tre massime cariche, ma neppure i verbali di Consiglio indicano come siano state ripartite le responsabilità tra i consiglieri eletti. 69 Ass. 18/12/1955. Non sappiamo come furono distribuiti gli incarichi tra i consiglieri per la mancanza dei verbali di Consiglio dal 15/10/1954 al 24/2/1958. 70 Ass. 1/12/1957 71 Ass. 20/12/1959 72 Ass. 10/12/1961 73 Ass. 22/12/1963 74 Ass. 19/12/1965 75 Ass. 17/12/1967 39 La Cerea 1945-1997 1968 Taricco si dimise dall’incarico per impegni di lavoro e la cassa fu affidata a Fungo, senza far subentrare altro consigliere. 1970 - 197176: Derossi, Presidente; Abelly e D’Alberto, Vice Presidenti; Piero Mortigliengo, Giovanni Corne, Paolo Gariel, Clemente Santi, Consiglieri. Santi si dimise nel giugno 1970 e gli subentrò Dario Foglino, primo escluso77. 1972 - 197378: Presidente Onorario, Derossi; Presidente Luciano D’Alberto; Vice Presidenti Renzo Ventavoli e Piero Mortigliengo; Paolo Gariel, Marco Pantaleoni, Domenico Mollj, Dario Foglino, Consiglieri. Ventavoli, che era stato nominato anche Direttore Sportivo, si dimise da entrambi gli incarichi nell’ottobre 197279 ed i soci Corne e Bobba, primi esclusi, non accettarono la carica. La mancanza dei verbali di Consiglio dal novembre 1972 al dicembre 1975 non ci consente di sapere come fu risolta la vicenda; certo è che non vi fu alcuna assemblea straordinaria per sostituire il Vice Presidente dimissionario. 1974 - 197580: D’Alberto, Presidente; Mortigliengo e Ponte, Vice Presidenti; Gariel, Vizzini, Pantaleoni, Mollj, Consiglieri. 1975 - 197681: Dino Ponte, Presidente; D. Cavallo e Ventavoli, Vice Presidenti; Bruno Crozza, Paolo Gariel, Romano Arcangeli, Giovanni Bobba, Consiglieri. A Crozza furono affidati gli incarichi di segretario e cassiere, Gariel fu nominato economo e Ventavoli Direttore Sportivo. 1977: i verbali d’Assemblea mancano per un periodo di circa due anni82. Dai verbali di Consiglio si trae però che Presidente fu Dino Ponte fino al novembre 1977, con Vice sempre Ventavoli e Cavallo; il solo consigliere nominato nei verbali è Arcangeli, mentre il segretario che firma i verbali è sempre Crozza; Soave ricorda di essere stato nel consiglio in quel periodo. Ponte però lasciò anzitempo l’incarico per la grave malattia che lo colpì e, probabilmente, ci furono nuove elezioni. 1978 - 1979: In assenza del verbale d’assemblea è necessario risalire agli eletti tramite i verbali di Consiglio. Le persone citate sono: Sanzio Dainotti, Presidente; Roncarolo segretario; Bouquié, Gariel, Selvaggio, Pantaleoni e Barzega, senza precisazione del loro ruolo, anche se Pantaleoni appare impegnato specialmente sul fronte sportivo. Bouquié si dimise dal Consiglio per la vicenda che lo portò ad essere “processato” per motivi disciplinari, di cui si dirà nel capitolo IX, ma i consiglieri rimasti non ritennero necessario sostituirlo83. 1980 - 198184: Ing. Sanzio Dainotti, Presidente; Renzo Ventavoli e Vittorio Soave, Vice Presidenti; Roncarolo, Giann’Antonio Ruggeri, Pantaleoni e Bobba Consiglieri. Pantaleoni fu nominato Direttore di Canottaggio, Ruggeri segretario, 76 Ass. 7/12/1969 77 Cons. 11/6/1970 78 Ass. 4/12/1971 79 Cons. 24/10/1972 80 Ass. 12/1/1974 81 Ass. 13/12/1975 82 Dall’assemblea del 27/3/1976 si passa a quella del 12/4/1978. 83 Cons. 31/8/1978 84 Ass. 4/12/1979 40 La Cerea 1945-1997 Roncarolo tesoriere ed addetto alla manutenzione della palazzina, Bobba addetto alla manutenzione delle barche non da gara85. 1982 - 198386: Dainotti, Presidente; Ing. Carlo Raina e Marco Pantaleoni, Vice Presidenti; Sandro Giampiccolo, Chiaffredo Rosso, Corrado Giampiccolo, Michele Cristilli, Consiglieri. A Cristilli fu affidato l’incarico di segreteria, a Corrado Giampiccolo toccò l’incarico di tesoriere ed al fratello Sandro quello di addetto ai materiali, mentre a Rosso fu affidata la responsabilità delle pubbliche relazioni87. 1984 - 198588: Dainotti, Presidente; Vice Presidenti Roncarolo e Paolo Gariel; Cristilli, Corrado e Sandro Giampiccolo, Pantaleoni, Consiglieri. Le cariche di tesoriere, segretario ed economo restarono alle stesse persone, così come Pantaleoni fu confermato Direttore Sportivo. 1986 - 198789: Dainotti, Presidente; Paolo Gariel, Dott. Giorgio Buoni, Vice Presidenti; Gianni Borrano, Ferruccio Conti, Pantaleoni, Paolo Marzano Consiglieri. In seguito90 Marzano fu nominato segretario, Borrano tesoriere, Conti economo addetto ai materiali, Pantaleoni Direttore Sportivo. Nel maggio del 198691 Marzano rinunciò all’incarico di segretario e di consigliere per la minatoria rottura della vetrata di casa sua, di cui si è parlato in altro capitolo, e fu sostituito da Vittorio Borghi che gli subentrò. Non fu la sola sostituzione, perché l’incarico di Direttore Sportivo passò da Pantaleoni, troppo impegnato, ad Antonio Villani92, socio esterno al Direttivo. La travagliata vita di quel Consiglio Direttivo si concluse poi in anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato; non ne abbiamo diretta testimonianza dai verbali d’assemblea perché dall’adunanza del 25 marzo 1986 si salta a quella del 1 dicembre 1988, ma nel marzo 1987 Il Consiglio venne “sfiduciato” dai soci e furono indette nuove elezioni in cui si fronteggiarono due liste contrapposte. 1987 - 1988: Nelle elezioni tenute a marzo risultarono eletti Giorgio Ponte quale Presidente, Sandro Giampiccolo e Riccardo Vitale Vice Presidenti, Antonio Villani, Paolo Sclaverani, Felice Mellano e Alberto Ronco. Bisogna ricordare che la stessa Assemblea che votò il nuovo Direttivo proclamò per acclamazione Sanzio Dainotti Presidente Onorario della Cerea. Ronco ebbe l’incarico di segretario, Mellano di tesoriere e Villani mantenne quello di Direttore Sportivo. 1989 - 199093: Ponte Presidente, Vitale e Borghi Vice Presidenti; Consiglieri Sclaverani, Bruno Coero Borga, Mellano e Ronco. Gli incarichi restarono immutati salvo che per la Direzione sportiva, rimasta vacante dopo le dimissioni di Villani dalla società; dopo alcuni mesi l’incarico passò a Romano Uberti e, dopo le sue dimissioni, a Bruno Piardi. 85 Cons. 9/1/1980 86 Ass. 3/12/1981 87 Cons. 17/12/1981 88 Ass. 1/12/1983 89 Ass. 15/11/1985 90 Cons. 9/12/1985 91 Cons. 4/6/1986 92 Cons. 24/7/1986 93 Ass. 1/12/1988 41 La Cerea 1945-1997 1991 - 199294: Giorgio Ponte, Presidente; Vitale e Borghi, Vice Presidenti; Mellano, Coero, Antonio Baruffaldi, Ronco Consiglieri. L’incarico di segretario passò a Baruffaldi mentre gli altri compiti furono svolti dai consiglieri cui già erano affidati. In aprile 199195 fu nominato il nuovo direttore sportivo nella persona di Giuseppe Baima Poma. Fu anche ripristinata una funzione da molti anni scomparsa, il segretario effettivo, stipendiato. Giangraziano -Cino- Costanzo svolse alla perfezione quel compito e diventò un punto fermo della organizzazione societaria assolvendo, di fatto, anche le funzioni di “Maestro di casa” del quale si sentiva la necessità gi à negli anni ‘60. 1993 - 199496: Ponte, Presidente; Alberto Mittone e Giorgio De Silva, Vice Presidenti; Baruffaldi, Mellano, Leonardo Michi, Massimo Weltert Consiglieri. De Silva assunse l’incarico della manutenzione della palazzina. 1995 - 199697: Ponte, Presidente; Vitale e Mittone, Vice Presidenti; Baruffaldi, Mellano, Nicola Todisco, Weltert Consiglieri. 1997 - 1998: Marco Palma, Presidente; Bruno Coero Borga e Luca Oddone, Vice Presidenti; Giorgio De Silva, Renato Valpreda, Piero Rebaudengo, Ugo Fassino Consiglieri. Rebaudengo dopo pochi mesi lasciò l’incarico per nuovi impegni di lavoro e gli subentrò Roncarolo. Cambiamento si ebbe anche alla Direzione sportiva ove Mauro Torta sostituì Giuseppe -Ciciu- Baima Poma; l’improvvisa morte di Cino Costanzo, che proprio alla Cerea si spense nel marzo 1997, fu all’origine di una rotazione anche nell’incarico di segretario, che fu affidato a Paolo Uberti. Tesoriere fu Valpreda con Fassino segretario, mentre De Silva continuò ad occuparsi dello stabile e Giuseppe Oddone mantenne l’incarico di responsabile del cantiere, compito che svolgeva già da alcuni anni. 94 Ass. 29/11/1990 95 Cons. 11/4/1991 96 Ass. 3/12/1992 97 Ass. 1/12/1994 42 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO III LO CHALET 1 LA PALAZZINA E GLI ARREDI Naturalmente siamo privi di una descrizione dei locali nell’immediato dopoguerra, ma l’indicazione dei lavori eseguiti successivamente ci permette di provare ad immaginare la Cerea del 1946. Subito dopo la guerra furono eseguiti lavori molto importanti e molto costosi, di cui non conosciamo i particolari. La principale traccia di quelle opere consiste in durissime polemiche tra l’ing. Derossi, che le aveva volute, e l’ing. Boccalatte, socio storico e membro del Consiglio che le aveva osteggiate ritenendo eccessiva la spesa compiuta. Si parlò in seguito di somme che la società avrebbe dovuto incassare a risarcimento dei danni di guerra, ma non sembra che la Cerea abbia subito danni diretti, forse solo il passare degli anni in assenza di manutenzione le recò offesa. Abbiamo notizie frammentarie ed incomplete: sappiamo quanto fu speso, e si trattò di ben 600.000 lire, somma impressionante ove si tenga conto che la quota ordinaria 1946 ammontava a 2.400 lire; l’importo dei lavori era pari a 250 quote sociali, ma il numero dei soci era ben inferiore a quel numero. Vedremo in seguito come 250.000 lire circa servirono ad acquistare barche, sicché i lavori nella palazzina assorbirono circa 300 - 350.000 lire della spesa complessiva. Gli interventi del 1945 riguardarono sicuramente gli arredi, che furono interamente rinnovati nel salone e nelle due salette a piano terra. Nella seduta consiliare del 4 luglio 1945 Casalis espone quanto è stato effettuato nei confronti della sistemazione interna della sede Sociale e comunica che il mobilio sarà costruito dalla ditta Bisacco che ha presentato il preventivo migliore. Proprio in quell’occasione fu eliminato l’arredo ottocentesco e la grande ed elaborata vetrina che conteneva le coppe, ritratta in una fotografia che compare sulla Rivista Nautica (1888, pag. 180) ed in una foto conservata nel volume che raccoglie le memorie fotografiche98. In segreteria sono conservati numerosi disegni dei mobili e degli arredi che furono poi realizzati dalla ditta Bisacco; le tavole a colori sono numerosissime ed alcune restarono allo stato progettuale99. Di quell’arredo rimangono ancora i tavoli, i tavolini ed il mobiletto destinato a contenere i giochi e le carte, ora in sala da pranzo; anche l’attuale vetrina delle coppe fu costruita allora, per sostituire il 98 Volume 1°, 1863-1900 99 Conservate nell’Archivio, Cartella B.1 43 La Cerea 1945-1997 massiccio mobile a vetri che conteneva i trofei. Ma molti soci ricorderanno gli altri arredi che furono eliminati nel 1988 e che risalivano proprio alla ristrutturazione del 1945, dall’enorme lampadario rotondo, sostenuto da corde, al mobile ove, fino ad un paio d’anni fa, era posto il televisore. Gli interventi non si limitarono solo al salone, tutta la società aveva subito un sostanziale abbandono negli anni di guerra e tutto era da rivedere o migliorare. Nella riunione del 17 luglio 1945 si decise di inviare ai soci una circolare in cui si illustrino i lavori già eseguiti e quelli in corso, per la sistemazione della Cerea. Ecco, per sommi capi, gli argomenti da trattare: gioco delle bocce con impianto di illuminazione; imbarcazioni, una già pronta e dieci in corso di fabbricazione; sistemazione dell’interno dei locali, compreso l’alloggio del custode; impianto elettrico per l’uso delle docce e per il riscaldamento. Proviamo allora a vedere come doveva essere la Cerea 1946. Cominciamo dal piano terra: gli attuali bar e cucina non esistevano, la palazzina terminava a filo del terrazzo che consente l’accesso all’alloggio del gestore. Era identico lo spazio occupato dal salone e l’ingresso avveniva dalla porta a vetri centrale. Le due porte che ora mettono in comunicazione il salone con il bar e la cucina, se c’erano, immettevano in uno stretto vano accessibile anche dall’esterno tramite una porta in legno, ben visibile in vecchie fotografie. L’ illuminazione del salone era data da un enorme lampadario circolare in rovere, sul quale le lampadine erano fissate a guisa di candele; c’era un divano in pelle nera appoggiato ad una parete; sappiamo che vi erano 20 sedie di vimini e tela, ma potevano anche essere destinate all’esterno, benché il loro ingombro difficilmente ne avrebbe consentito il ricovero in qualche luogo nel corso del lungo inverno. Se, come è probabile, le sedie erano all’interno del salone, il locale non poteva contenere molto altro. I pochi metri disponibili erano occupati dal tavolo più grande e dalle sedie. Alle pareti c’erano i quadri attuali ed i medaglieri, ma solo una decina di stendardi. Alla Cerea non si mangiava abitualmente, come vedremo in seguito; c’era però un angolo cucina che serviva per la cottura dei piatti alla casalinga estivi, stagione in cui venivano serviti cibi semplici. Il locale cucina serviva probabilmente anche come deposito per le bevande da somministrare, attraverso un piccolo bancone posto contro la parete verso l’attuale cucina. Il vano cucina doveva trovarsi a fianco del salone, nella stretta fascia coperta dal terrazzo, ora parte di bar e cucina. Dove adesso c’è la parte destra della sala da pranzo vi era l’ufficio di segreteria. Forse era adibita a ufficio anche la stanzetta ora parte della cucina perché in un verbale100 si propone di ripristinare la vecchia porta di comunicazione con la nuova cucina (vecchio ufficio) e per dar modo di passare sulla scala (che immette nella cantina) venga applicata una porta botola. L’attuale sala da pranzo era divisa in due vani da una parete posta vicino alla porta destra; il locale più grande, sulla sinistra, era adibito a saletta da gioco, alle carte naturalmente, e probabilmente vi si usavano i due tavoli più piccoli. In questa stanza, sulla parete divisoria ora abolita, c’era un finto caminetto installato nel 1945 in occasione della ristrutturazione. La saletta a destra, piccola, era parte dell’ufficio; entrambe le stanze avevano una stufa, a legna l’una a carbone l’altra. Anche il salone era riscaldato da una stufa a legna, mentre prima del 1945 vi erano delle stufette elettriche. 100 Cons. 27/11/1959 44 La Cerea 1945-1997 Dalla stanza da gioco si accedeva alla toilette ed alla stanza di deposito (piccola parte dell’attuale sala biliardo e tutto il locale ora destinato a centrale termica). Il cantiere era più ampio dell’attuale perché non c’era la palestra e l’attuale sala biliardo era ben più ridotta: eppure lo spazio scarseggiava anche allora per l’abbondante presenza di barche sociali e private, specialmente da passeggio, a punta e non. Mancava anche il locale ora destinato alle riparazioni. Il locale spogliatoio coincideva con l’attuale, ma era pieno di armadietti perché ogni socio aveva in assegnazione la propria cabina, come allora si chiamava; era inconcepibile non dare al socio una cabina, tanto che il numero chiuso dei soci era in funzione del numero di armadietti disponibili. Lo spogliatoio era diviso in due settori, l’uno riservato ai soci effettivi, l’altro ai soci vogatori, che avevano una stanza loro riservata, l’attuale segreteria. I locali doccia erano pure divisi, probabilmente nei locali attualmente ora loro destinati; non sappiamo come fossero docce e servizi, ma dovevano essere assai spartani; secondo Soave c’erano due docce per gli atleti e due per i soci, questi ultimi sistemati ove c’è ora la sauna. C’era ancora un tavolo da ping pong, in una stanza apposita che in seguito si propose di adibire a spogliatoio dei vogatori, ma non sappiamo dove fosse; forse nella parte ora occupata dai gestori. Sappiamo che il dopoguerra richiese ingenti lavori per rimettere in sesto i locali ma non abbiamo alcuna indicazione sul tipo di guai lasciati dagli eventi bellici. Probabilmente si trattò di restaurare la società dopo alcuni anni di trascuratezza; sappiamo che i locali non erano accoglienti per i soci che desideravano frequentare la societ à101 e che, alla fine del ‘46, il disavanzo residuo della cospicua cifra spesa per il ripristino ed il nuovo arredamento della sede si limitava a non più di 376.000 lire102. Somma non indifferente ove si tenga conto che in pratica si trattava di 150 quote, come dire 210 milioni in lire attuali. Ma erano anni buoni per la Cerea, ricca di soci e di fiducia nel futuro benché i tempi fossero difficili, anni di dopoguerra. Dalle notizie a nostra disposizione sembra di poter concludere che le opere postbelliche riguardarono solo le sistemazioni interne e gli arredi dello chalet, anche se è probabile che sia stata eseguita una manutenzione straordinaria della palazzina, dalle ringhiere all’imbiancatura dei locali. Non sembra invece che siano stati eseguiti interventi di qualche importanza alle docce ed agli spogliatoi, salvo l’esecuzione dell’impianto elettrico necessario per poter usufruire dei boiler elettrici. I lavori finirono nei primissimi giorni del 1947. Nello stesso anno restava da terminare la sola sistemazione dello spogliatoio. Due problemi saranno ricorrenti negli anni successivi, le docce malfunzionanti e gli armadietti insufficienti, mentre non sappiamo se sia stato realizzato il desiderio di Casalis103: aprire una porta che permetta ai Soci vogatori di adire ad una doccia senza passare nello spogliatoio dei Soci effettivi. 101 Ass. 17/2/1946 102 Ass. 22/2/1947 103 Cons. 23/6/1947 45 La Cerea 1945-1997 Fu invece approvata il 5 maggio 1946 un’altra proposta di Casalis: In considerazione che nuovi soci hanno fatto domanda di far parte della nostra società, ed allo scopo di poter accettare altre iscrizioni fino ad un massimo di 200 soci, il sig. Casalis propone di ordinare uno o due armadi (40 posti). La proposta è accettata e si da incarico al sig. Casalis di interpellare i fornitori per l’allestimento degli armadi. Si trattava quindi di grandi armadi collettivi, poco raccomandabili se tra i soci di allora c’era qualcuno poco pulito. Ma non c’è certezza sul fatto che gli armadi siano stati effettivamente realizzati. Un grande progetto fu avanzato nel 1948, per ferma volontà del Vice Presidente Francesco Borghero che, in assenza del Presidente Ing. Derossi, presiedeva l’assemblea del 14 novembre 1948 ove, tra gli altri, erano presenti i soci Gariel, Bobba, Baldisserri. Il Sig. Borghero pensava in grande ed esprimeva concetti giusti ed idee chiare: occorre un serio potenziamento della Cerea, mediante l’immissione di un buon numero di nuovi soci, buoni frequentatori dei locali sociali a scopo di svago e di divertimento. Soggiunge, però, che per procurare una sede a ciò adatta e per allettare l’entrata di numerosi nuovi soci (con corrispondente incremento del bilancio sociale), è necessario creare gli indispensabili e sufficienti ambienti mediante lavori di ampliamento degli attuali locali e del loro serio e confortevole arredamento, affinché questi si prestino colla maggiore comodità possibile allo sviluppo degli svariati giuochi di sala, lasciando così libere le sale a terreno per altri usi, più rappresentativi. Il Sig. Borghero comunica che tali accomodamenti si potrebbero facilmente ottenere trasformando alcuni locali al primo piano dello Chalet, compreso il terrazzo , attualmente scoperto, posteriore a questo, e ricavandone così l’alloggio per il custode ed una bella e spaziosa sala, adatta allo scopo prefisso. Il Sig. Borghero presenta all’assemblea un progettino di massima, che ha potuto avere da un tecnico, per la cui realizzazione viene preventivata una spesa di circa 1.000.000 di lire. Un progetto ambizioso, forse troppo. Alla proposta l’assemblea aveva dato un assenso di massima, chiedendo però un progetto preciso, anche nei costi. La questione fu quindi riproposta all’assemblea del 27 febbraio 1949, ove l’ampliamento della sede sociale era il secondo punto all’ordine del giorno. Il Presidente Derossi illustrò i vantaggi che sarebbero derivati dall’ampliamento dei locali sociali; cosa interessante per il tema che trattiamo, indicò come possibile mezzo di finanziamento l’ottenimento dei danni di guerra dal Municipio. Il problema venne nuovamente rinviato a seguito dell’osservazione dell’avv. Lera, puntuale pignolo d’assemblea, relativa alla necessità di garanzia di una lunga locazione prima che si potessero affrontare ingentissimi lavori; Derossi si impegnò a parlarne con il Sindaco. All’ampliamento fu poi dedicata l’assemblea straordinaria del 14 marzo 1949, presieduta da Borghero in assenza di Derossi. Il Vice Presidente non aveva un progetto molto più chiaro di quello precedentemente esposto; si renderebbe necessaria la copertura o in muratura o con vetri del terrazzo al primo piano del fabbricato, rifacimento del pavimento e tutti i lavori inerenti. Per tali lavori è prevista una spesa aggirantesi su Lire 1.000.000. Teniamo presente che la quota dei soci effettivi ammontava, nel 1949, a 10.000 lire. Ci pensò il Consigliere avv. D’Alberto ad affondare la proposta tanto cara a Borghero, e con parole elegantemente definitive: fa presente l’assennatezza della proposta del Vice Presidente, ma più che parlare di ampliamento sarebbe opportuno prendere in 46 La Cerea 1945-1997 esame gli indispensabili e urgenti lavori di manutenzione della sede: riparazione tetti, sostituzione grondaie, riparazione e rifacimento pavimenti del salone e salette, riparazione del cantiere. Altri soci ricordarono la necessità di altre opere e la proposta di ampliamento venne rimandata ad altro momento con il voto di 22 soci (su 27); l’assemblea incaricò invece il Consiglio di iniziare i lavori di manutenzione più urgenti. Non può sfuggire la gravità dei problemi indicati da D’Alberto: se i tetti lasciavano filtrare l’acqua, le grondaie non funzionavano, i pavimenti del salone e della sala erano da rifare, c’è da chiedersi con quale criterio, solo due anni prima, fossero state spese somme importantissime per costruire nuovi arredi su disegno senza toccare le fatiscenti strutture della palazzina. Probabilmente Derossi preferì destinare le risorse ad un intervento visibile immediatamente, com’è per gli arredi, anche per agevolare l’adesione di quelle persone abbienti destinate a diventare soci sostenitori; ma costoro non saranno poi stati lieti di assistere alle continue infiltrazioni dal tetto o di far la coda per godere di una doccia. La necessità assoluta di interventi sulla struttura è dimostrata da alcuni preventivi conservati tra i documenti sociali: il geom. Franco Ramella presentò tre distinti preventivi, il primo del gennaio 1949 relativo a lavori di ampliamento in base ad un progetto del 14 dicembre 1948: si trattava di scavo di fondazione, disfacimento di parte del tetto, ricostruzione di tutto il primo piano, anche se con due sole docce, per l’astronomico prezzo di 2.800.000. Naturalmente non se ne fece nulla e nel marzo l’impresa Ramella presentò un preventivo per lavori più limitati, circa 500.000 lire, sottolineando l’urgenza di riparare il tetto per evitare la putrefazione dei travi del tetto; infine la Cerea strinse ancora l’ambito di intervento e Ramella preventivò la soffittatura del cantiere con materiale coibente e la ripassatura del tetto per lire 354.000. Nonostante i grandi lavori di ristrutturazione affrontati nel 1945-46 molte cose restavano evidentemente da fare. La struttura dello chalet era afflitta dai difetti originari, perché i muri perimetrali ed interni poggiavano sul terreno senza serie fondazioni; solo nel 1985 si scavò all’interno del salone per creare un vespaio ed eseguire le sottomurazioni. Fino a quella data l’umidità, inesorabile, risaliva per i muri malamente occultata dalla perlinatura posta alle pareti. Sul progetto Borghero, valido ancor oggi, calò il silenzio specie per effetto di una ben più impellente necessità di ripristino. Il 4 maggio 1949 la violentissima alluvione spinse le acque del fiume fin dentro il salone, ove si entrò in barca; il Po spazzò la terrazza, devastò il salone, allagò il piano terra e la cantina. Fu un vero disastro, ma poco risulta di quanto fu fatto per le riparazioni. Il palchettista Berta preventivò la spesa per sostituire il palchetto nella saletta del biliardo in 72.000 lire; l’impresa Amedeo si occupò del battuto e della copertura del terrazzo, della posa della putrella sotto la terrazza che ancora svolge il suo servizio, del restauro di cantina e facciate per 272.000 lire; 30.000 andarono all’idraulico Fava per la posa di varie gronde, mentre le Officine Omega si occuparono del trasformatore elettrico sommerso dall’alluvione; da notare che, nel preventivare in 28.000 lire il costo di ripristino si avvisava che detto apparecchio è un autotrasformatore e per conseguenza molto pericoloso agli effetti dell’incolumità personale di chi manovra l’impianto luce, anzi riceverete diffida ufficiale per la modifica dello stesso in trasformatore . I verbali riportano un 47 La Cerea 1945-1997 accenno ad una relazione finanziaria sulle spese sostenute104 e l’indicazione della somma spesa, ben 683.000 lire reperite con grande difficoltà dai dirigenti105. I lavori furono celermente eseguiti, lo dimostra la richiesta dell’avv. Lera di decretare un voto di plauso al Consiglio Direttivo per la celerità, oculatezza e tempestività con cui ha agito il Consiglio per ridare ai soci la loro casa nuovamente decorosa e frequentabile106. E fu vera celerità perché i preventivi di cui abbiamo scritto sono di dieci - quindici giorni successivi alla massima piena. Dai grandi progetti e dalle grandi opere la Cerea calò per un decennio alla piccola manutenzione, alle opere modeste: dall’acquisto di 20 sedie in sostituzione di quelle di vimini e di tela ormai deteriorate107 alla necessità di installare una doccia supplementare che serva a decongestionare l’uso nelle ore di punta 108, all’acquisto di un orologio a muro da installare nel salone5. La pulizia degli spogliatoi lasciava molto a desiderare se vari soci chiesero in assemblea non solo l’imbiancamento, ma anche la disinfestazione dello spogliatoio dei vogatori 6. I verbali di Consiglio e d’Assemblea non fanno più cenno a lavori, salvo che per il riscaldamento, fino al 1958; se nulla fu fatto per 10 anni la palazzina doveva esser assai malconcia ed infatti, nell’assemblea del 1 dicembre 1957, il socio comm. Bartolini chiese alla nuova direzione che nella successiva assemblea venisse presentato un bilancio straordinario per il riassettamento dei locali sociali. Il Consiglio prese buona nota dell’invito ed incaricò degli ingegneri di preparare progetti ed i soci Colombo e Restagno di inventariare il mobilio. Il Vice Presidente prof. Ponte propose anche di sistemare una siepe lungo tutto il confine della Società, ma non si sa se la proposta ebbe un seguito. L’improvvisa accelerazione avvenne nel marzo 1958: l’Ing. Derossi al Consiglio del 22 chiese di discutere lo stato di manutenzione dell’edificio sociale e le eventuali migliorie da apportare in base ai progetti degli ingegneri interpellati in merito; all’assemblea del giorno successivo illustra l’intenzione della Direzione di apportare alla Sede Sociale parecchie migliorie, migliorie che si rendono necessarie per affrontare decorosamente il periodo delle onoranze celebrative del centenario della Società. In sede di Consiglio, con la raccomandazione di non parlarne ai soci onde non pregiudicare le trattative, Derossi aveva spiegato di aver avviato con il Sindaco Peyron un’azione tendente a far rientrare le spese nelle celebrazioni del centenario dell’unità d’Italia. Nel frattempo l’assemblea del 23 marzo si attenne a cose più modeste, ma indispensabili, come era un frigorifero, stranamente ancora assente alla Cerea; l’acquisto non fu scontato né indolore, anzi, conviene riportare la verbalizzazione: L’assemblea affronta la proposta di acquistare un frigorifero per il servizio di ristorante e bar e dopo un’animata discussione viene approvata una libera 104 Cons. 8/11/1949 1 Ass. 27/11/1949 2 Idem 3 Cons.8/3/1950 5 Cons. 1/6/1951 6 Cons.1/8/1952 48 La Cerea 1945-1997 sottoscrizione per poter affrontare questa spesa non prevista in bilancio. Va detto che la sottoscrizione immediatamente iniziata fruttò 70.000 lire e che la società si trovava in un momento tragico dal punto di vista del numero dei soci, e quindi delle finanze. Ma si capisce che un bar senza frigo, all’ingresso negli anni 60, era indice di società in crisi. Come spesso capita alla Cerea i progetti per il centenario furono momentaneamente accantonati sotto la spinta di nuove contingenze. Ma le necessità di restauro coincidevano con le esigenze di fusione della Cerea con il Circolo della Stampa, progetto di cui si parla in altro capitolo, molto caro a Derossi che lo voleva fortemente; tale circolo pretendeva che la Cerea fosse in ordine così come lo era il locale del Circolo della Stampa. Derossi rappresentò all’Assemblea109 la necessità di rinnovare i locali sociali per ottenere l’affiancamento; il Municipio dovrebbe intervenire con 10-12 milioni per riassestare muri, tetti e ringhiere, mentre il Circolo della Stampa metterebbe a disposizione circa 8 milioni; resterebbero a carico della Cerea i servizi igienici, l’arredamento ed il materiale nautico per una spesa di 2-4 milioni. Il Consiglio del 26 giugno 1959 smorzò subito gli entusiasmi, perché risultò che il Municipio aveva approvato lo stanziamento di tre milioni circa per riparazioni murarie, pavimenti, tetti, ringhiere ecc., somma quindi ben inferiore a quella sperata, insufficiente per tali opere. Ma le opere partirono ugualmente, a spese di Derossi; ed anche in questo caso pare che i soci pretendessero dal Presidente lavori che essi non erano in grado di pagarsi. La seduta di Consiglio risultava infatti chiesta dal prof. Ponte che annunciava di averla richiesta onde poter chiarire la posizione della Presidenza nei riguardi degli impegni presi in occasione dell’assemblea dei soci, ed in particolare desidera siano prese decisioni circa i lavori necessari per il risanamento della costruzione sociale. A parte il fatto che, a verbale dell’assemblea, non v’erano impegni del Presidente ma al più una relazione ottimista, in quel Consiglio Derossi precisò l’entità del contributo comunale e assicurò che i lavori potevano iniziare: ed il Consiglio pose condizioni, perché il prof. Ponte chiese che si tenesse informato il sig. Abelly affinché potesse sovrintendere ai lavori, invitava l’ing. Derossi a fissare un appuntamento tra Abelly, l’ing. Burdisso della Cerea ed il tecnico comunale esprimendo il proprio desiderio che dall’appuntamento ne risulti un piano ben chiaro e preciso circa i lavori necessari e per i quali dovrà provvedere la Società perché lavori di straordinaria amministrazione, e più precisamente il rifacimento del bar e degli impianti igienico sanitari nonché degli spogliatoi. Senza conoscere gli antefatti è difficile giudicare certe richieste a colui che, in larga parte, pagherà i lavori. Né le perentorie richieste irritarono il Presidente, che anzi avanzò un’altra delle sue offerte un po’ balzane, perché la verbalizzazione prosegue con la sua dichiarazione di poter mettere a disposizione degli spogliatoi armadietti in pomice che ha in gran numero, sempre che possano servire al caso, e che la costruzione resista al peso. Nessun commento dagli altri membri del Consiglio. Resta la curiosità di immaginare un armadietto in pietra pomice, e di conoscerne il peso. Vi è poi un successivo verbale di Consiglio privo di data, ma che si può situare nel settembre 1959 visto che la riunione precedente era di giugno, e la successiva in novembre. A quella data si attendevano ancora le decisioni degli 109 Ass.. 8/3/1959 49 La Cerea 1945-1997 enti pubblici, in particolare del Consiglio Prefettizio che aveva bocciato un primo preventivo per la tinteggiatura (dell’esterno o anche dell’interno?). Il prof. Ponte sollecitò però l’inizio dei lavori, facendo presente che i tetti avevano permesso l’entrata di numerose infiltrazioni proprio pochi giorni prima della riunione. E restavano ancora da definire le esatte caratteristiche del mutuo cui la Cerea doveva ricorrere; l’assemblea dell’8 marzo aveva infatti autorizzato i dirigenti a stipulare un mutuo bancario per reperire le risorse necessarie all’esecuzione dei lavori. Come spesso accade nessun verbale delibera formalmente l’inizio dei restauri e neppure indica quali lavori debbano essere intrapresi. Ma alla seduta di Consiglio del 27 novembre 1959 era presente anche l’ing. Burdisso, direttore dei lavori in corso alla Cerea; bisogna dedurne che il cantiere aveva preso il via all’incirca nell’ottobre del ‘59. Per quanto risulta dai verbali non si trattò tanto, o forse solo, di restauri, ma di un importante ampliamento, consistente nella costruzione di un nuovo locale coperto da tetto in coppi, ove ancor oggi si trovano cucina e bar. Nel novembre l’ampliamento non c’era ancora perché l’ing. Burdisso espose il progetto e spiegò come avrebbe voluto aprire le porte di collegamento con il salone; solo un socio anziano potrà spiegare se passò il progetto Burdisso o il desiderio di Derossi di veder ripristinata la vecchia porta di comunicazione con la nuova cucina (vecchio ufficio) e per dar modo di passare sulla scala (che immette nella cantina) venga applicata una porta-botola. C’era anche incertezza sulle caratteristiche del banco bar, tanto che al progettista fu chiesto di presentare preventivi sia per banchi prefabbricati sia per banchi in muratura e mosaico, come imponeva la moda dell’epoca. I lavori non durarono a lungo, pochi mesi dopo l’ampliamento era già terminato, tanto che nella seduta dell’8 marzo 1960 si discutono i lavori che rimangono da eseguire per la sistemazione dello chalet: poche cose, visto che all’ing. Burdisso fu dato incarico di far eseguire i seguenti lavori con relative forniture: impianto di n° 4 docce con fornitura di n° 2 boiler a gas; installazione di WC e di due lavabi; marciapiede in pietra davanti alla nuova costruzione e sgombero terra nel piazzale. Il giardino doveva essere mal messo visto che Derossi promise di interessarsene presso il Municipio. Non era l’unica cosa che restasse da fare, tanto che in successiva riunione110 si decise di proporre all’assemblea un prestito obbligatorio alla società per poter effettuare alcuni lavori: spogliatoi, cantiere, giardino ecc. La Cerea non aveva infatti richiesto il mutuo previsto, aveva trovato nel Presidente Derossi la persona pronta a pagare il conto. La circostanza emerge dal verbale di consiglio 7 giugno 1961 in cui il Presidente comunica di aver disposto per il pagamento della spesa sostenuta per l’installazione delle nuove docce. Potrebbe anche significare la disposizione di pagare con i soldi della Cerea, ma questa possibilità viene smentita dall’assemblea dell’11 giugno 1961, ove l’assemblea preso atto del munifico gesto del suo Presidente ing. Derossi per i lavori di costruzione fatti eseguire invia il suo più vivo plauso e il suo affettuoso ringraziamento. Quindi non solo i servizi furono pagati da Derossi ma tutti i lavori, compreso l’ampliamento! 110 Cons. 7/6/1961 50 La Cerea 1945-1997 Quanto fatto nel ‘59-‘60 era solo un primo nucleo di lavori; altri non meno importanti ne seguirono grazie ai fondi reperiti con un prestito soci obbligatorio: nel 1962 il Consiglio decise che si dovrà dare priorità ai seguenti lavori: bar, barche da turismo e da regata, pavimento degli spogliatoi e balaustra del terrazzo; ma si richiese anche un preventivo per la revisione del biliardo e del contatore (del biliardo, per il pagamento) e si incaricò il consocio Gariel di provvedere alla riparazione delle sedie attualmente inservibili111. Nella seduta del 4 febbraio 1962 venne deciso l’inizio della seconda fase dei lavori, ma non c’è chiara indicazione di cosa venga fatto; sappiamo che l’economo sig.Bobba relaziona di quanto è venuto a conoscenza dietro suo interessamento presso le ditte specializzate per il pavimento dello spogliatoio, per il cui rifacimento si prevede una spesa di 3-400.000 lire; si propose di cambiare la balaustra del terrazzo visto il suo cattivo stato ed il segretario aggiunse di aver necessità di una macchina da scrivere. L’unica certezza venne dall’ing. Derossi, che offrì l’arredamento esterno restando a carico della società unicamente le spese d’impianto, cosicché resta il dubbio sulle caratteristiche di tale arredo; certo non si trattava di sedie e tavolini, perché non ci sarebbe stata questione di impianto. Non stupisce comunque che il socio Biancotti si sia fatto interprete di un voto di plauso dell’assemblea nei riguardi dell’ ing. Derossi per il suo sacrificio personale per il rinnovo di parte degli impianti sociali112. Anche la balaustra messa in opera nella primavera del 1962113 fu offerta dal Presidente114, ed è quella ancora in uso. Al 1961 risale invece la cinta esterna, impiantata dal Comune in occasione delle manifestazioni di Italia ‘61. L’occasione che spingeva i soci ad urgenti restauri era l’imminenza del centenario, avvenimento che doveva portare alla Cerea ospiti ed attenzione ed imponeva quindi un ordine ed una pulizia all’altezza dell’importante appuntamento. Non potevano essere trascurate bandiere e pennone, ed infatti la bandiera sociale ed il gran pavese furono affidati al socio Colombo perché ne curasse il restauro, mentre Bobba s’incaricò di mettere in efficienza il pennone portabandiera. Anche l’anno del centenario passò, e con esso l’entusiasmo che aveva permesso la mobilitazione dei soci e l’assunzione di sacrifici economici pesanti, aumenti di quota e prestito obbligatorio, per non parlare dei pesantissimi esborsi del Presidente Derossi. Nella situazione critica per il numero modestissimo dei soci, negli anni successivi anche le modifiche allo chalet scompaiono dai verbali, almeno per qualche anno. Solo modeste novità alla Cerea, tovaglie e tovaglioli offerti dai soci Prunotto115, una pianta a fianco del cancelletto che ha scardinato la porta con le sue radici116, la decisione di riparare le due docce inutilizzabili da oltre un anno117; 111 Cons. 12/1/1962 112 Ass. 8/4/1962 113 Cons. 7/12/1962 114 Ass. 3/3/1963 115 Cons. 29/12/1964 116 Idem 51 La Cerea 1945-1997 segno evidente di una crisi grave, perché le docce erano quattro in tutto, e perché una così minuta manutenzione dovrebbe avvenire immediatamente e senza necessità di deliberazione del Consiglio. Ma non è il solo guasto che risulta, vi è anche lo scaldabagno della doccia vogatori che si rompe, e del ripristino si incaricherà Bobba118; anzi, gli sforzi di quest’ultimo furono probabilmente vani perché si convenne di acquistare anche un nuovo scaldabagno in sostituzione di analogo vetusto119. Il solo investimento della società nel 1966 sembra essere un nuovo televisore, pagato solo 95.000 lire mercé le buone relazioni del socio sig. Gariel120, che trovò forse posto nel bar ove lo schermo televisivo restò fino alla fine degli anni 80. L’immobilità dipendeva dalle ristrettezze economiche ed infatti risulta che nel 1965 - 66 dei lavori ci furono, ma finanziati da un gruppo di soci che si occupò di installare l’impianto di termosifoni ma anche di lucidare i pavimenti e tinteggiare le pareti interne, di imbiancare le facciate e la rimessa, di comprare nuove sedie, utensili ed altro per una spesa di 4.200.000 lire121. Successivamente sulla palazzina e sugli arredi calò un silenzio quasi totale, sia in Consiglio che in Assemblea, per sei lunghi anni, fino al 1972. Ciò non significa che nulla sia stato fatto, certamente qualche lavoro ci fu, almeno piccole riparazioni; ma il silenzio è comunque significativo, perfettamente conseguente d’altronde ad una Società che, nel 1970, era sfrattata dalla sede ed aveva 46 soci effettivi. Vediamo le poche eccezioni a questo silenzio: il 2 settembre 1968 il Consiglio si occupa di un non meglio identificato tombino ed incarica l’ing. Burdisso di acquistare la porta a vetri per il bar; probabilmente si trattava della porta a vetri a due battenti, posta a breve distanza dall’ingresso, che immetteva nel bar tramite un breve corridoio diviso dal bar, sulla destra, da un basso muretto e da un vetrata. Credo che ci fosse un’esigenza di isolamento termico, perché il bar era molto freddo. Altre opere sono ancora più modeste, dai problemi di potatura e scorzonatura delle piante122, alla riparazione della macchina da caffè ed al dono di un estintore da parte del dott. Colombo123, alla decisione di mettere nell’alloggio del custode un piccolo boiler a gas per l’acqua calda124, alla chiusura con serramenti della scala interna125. Occorre arrivare al 1972 perché il Vice Presidente Ventavoli inviti l’assemblea ad un certo impegno finanziario per nuovi lavori, pur senza perdere di vista la situazione con il Comune. 117 Cons. 5/7/1965 118 Cons. 5/9/1966 119 Cons. 19/9/1966 120 Idem 121 Ass. 27/3/1966 122 Cons. 23/9/1969, Cons. 30/12/1969, Cons.6/9/1970 123 Cons. 30/10/1969 124 Cons. 19/3/1970 125 Cons. 11/1/1972 e Ass 18/3/1972 52 La Cerea 1945-1997 Ma pare che negli anni successivi l’impegno finanziario non ci sia stato, o meglio che le esigenze di bilancio non consentissero opere, tanto che si trova traccia solo di esortazioni ad eseguire migliorie, come fanno Arcangeli per la prevenzione incendi e Gariel per la ristrutturazione degli spogliatoi vogatori126. Qualcosa fu fatto nel 1976, anno in cui vennero eseguiti lavori non specificati, ma importanti, nell’alloggio del custode. Proprio il custode richiese 1.870.000 lire per i lavori eseguiti per conto della Società, ma il Consigliere Arcangeli stimò che essi valessero un milione; non sappiamo come sia finita la discussione, ma in quell’occasione fu ritinteggiata la segreteria, risistemato il mobilio anche spostando alcuni armadi che ingombravano la saletta da gioco, forse quegli armadi in legno ancora conservati in segreteria. Le ristrettezze di quel tempo emergono in due successive sedute di Consiglio con riguardo agli armadietti degli spogliatoi, in gran parte inutilizzabili perché rotti. Arrivò al Consiglio la proposta di acquisto di 100 nostri armadietti per 500.000 lire, ma i consiglieri si riservarono una decisione; spiaceva privarsi di armadietti così carichi di storia; nella successiva riunione dell’11 maggio 1977 venne anche accantonato il preventivo per il ripristino degli armadietti, 740.000 lire. Quindi non si sostituirono i vecchi armadietti e neppure li si riparò, si continuò ad usare quelli funzionanti, in fondo sufficienti visto che i soci erano pochi; il problema di uno spogliatoio ingombro di armadi rotti fu rinviato. C’è un interessante verbale ad indicare le ristrettezze e, nel contempo, la buona volontà di molti soci che traghettarono la società fuori dalla drammatica situazione. il Consiglio dell’11 febbraio 1978 prese decisioni in merito a lavori non rinviabili: Le sedie del salone saranno, al momento, solamente riparate (sempre che la riparazione non risulti troppo onerosa); l’eventuale sostituzione è rimandata al prossimo esercizio finanziario. Le piccole riparazioni idrauliche alle docce saranno curate, a costo zero, da Pantaleoni, tramite personale da lui comandato e con materiale di suo ricupero. Barzega assicura che è possibile effettuare la riverniciatura della ringhiera del terrazzo con il solo costo dei materiali e con l’opera dei soci; della cosa si farà promotore. Bouquié penserà a fare, utilizzando ricuperi metallici, la cancellata di protezione per impedire l’ingresso di terzi nella banchina. Pantaleoni sostiene la necessità di sostituire la caldaia, attualmente in pessime condizioni; viene inserita in bilancio la spesa di lire 800.000 (comunque si cercherà di porre rimedio alla attuale). Viene rimandata alla prossima gestione anche la questione della catramatura della discesa al pontone. Non occorre commento. Derossi è morto da qualche anno, ed è così venuto meno il solo polmone finanziario della società. Tutto va a pezzi, anche il mobilio è in condizioni deplorevoli127. In quel difficile periodo si verificarono anche parecchi odiosi furti di suppellettili dal salone: Soave ricorda che sparirono due bronzetti, e tra quelli uno era il pregevole atleta che si estrae una spina dal piede; ma mancarono anche 126 Cons. 10/5/1976 127 Cons. 28/6/1978 53 La Cerea 1945-1997 l’orologio che era appeso alle mani del putto in bronzo, la moneta antica che Dino Ponte aveva fatto incastonare nella coppa del centenario ed altri oggetti. Nel 1979 lo stato della Cerea imponeva interventi, tanto che Roncarolo propose di destinare tutte le risorse alla manutenzione straordinaria dello chalet e di raccogliere intanto preventivi per i lavori di decorazione e per la sostituzione delle sedie128; l’assemblea del 24 aprile 1979 approvò la proposta di ripartire almeno in due gestioni le spese relative alla manutenzione straordinaria dello chalet. Ma la società non aveva i mezzi occorrenti per iniziare i lavori; ancora una volta ricorreva la speranza in un intervento municipale che potesse risolvere il problema. Questa volta i rapporti allacciati da Ventavoli con l’Amministrazione e le concessioni fatte al Comune ed alla Circoscrizione, di cui si dirà nel capitolo X, autorizzavano qualche speranza, tanto che Renzo Ventavoli comunicò che l’Assessore Vindigni ha assicurato la sua intenzione, attraverso l’assessorato delle opere pubbliche a fare attribuire alla società un contributo per la manutenzione straordinaria129, ed allo scopo il tesoriere preparerà un piano di lavori da sottoporre a Vindigni dopo la firma della nuova convenzione. Non credo che il Comune abbia poi contribuito ai lavori. Nuove risorse entrarono comunque in società grazie all’ingresso dei quindici - venti nuovi soci che pagarono cinque annualità anticipate; con quei soldi furono eseguite opere davvero fondamentali: il 9 ottobre 1980 il Consiglio decide di eseguire i seguenti lavori fino alla concorrenza dell’importo corrispondente al totale delle quote pagate (12-15 milioni): - trasformazione dello spogliatoio atleti in spogliatoio comune; -rifacimento delle docce atleti in un locale comprendente 4 docce, 3 lavandini e gabinetto; -trasformazione di parte dell’attuale spogliatoio soci in palestra (escluse le attrezzature); -rifacimento delle docce soci e trasformazione dell’attuale gabinetto in cabina per sauna. I lavori, eseguiti a cavallo degli anni 1981 e 1982, costituirono il nucleo iniziale delle opere che nell’arco di 15 anni portarono le strutture e gli ambienti della Cerea ad un profondo rinnovamento. Rispetto a quell’intervento i due vani doccia hanno subito interventi, ma l’aspetto non è sostanzialmente mutato; allora venne anche eseguito un riordino degli armadietti, nel senso che con opera di cannibalismo vennero composti armadietti sani da molti irrimediabilmente guasti. Con l’eliminazione di parecchi armadietti fu creato quel vano libero davanti alle finestre affacciate sulla terrazza che per parecchi anni fu usato come palestra per il corpo libero. L’intervento fu importante, ma riguardò una parte assai modesta dello stabile che, come gli arredi, si trovava in condizioni veramente critiche; basti dire che gli ultimi interventi importanti risalivano al 1960, cioè a 20 anni prima! Chiunque conosca la Cerea conosce il degrado che in breve tempo colpisce la vecchia struttura mal costruita, esposta all’umidità ed all’uso intenso. Venti anni sono un periodo lunghissimo. Non stupisce quindi il fatto che il Consiglio abbia affidato a Sandro Giampiccolo l’incarico di effettuare un sopralluogo sullo stato del fabbricato, di stendere una relazione ed in un secondo tempo di presentare un eventuale preventivo per la manutenzione straordinaria agli uffici competenti del Comune130. 128 Cons. 17/1/1979 129 Cons. 6/2/1980 130 Cons. 4/2/1982 54 La Cerea 1945-1997 Segno evidente, tra l’altro, che le promesse di Vindigni erano rimaste prive di seguito. Sandro Giampiccolo presentò poi la sua relazione che indusse il Consiglio ad approvare alcuni interventi atti a tamponare l’emergenza, un lavoro per lo scolo dell’acqua sul terrazzo per la macchia che si notava nella sala del biliardo (ora pranzo), di rifare uno zoccolo in cemento lungo tutto l’edificio dalla parte di viale Virgilio per un importo di circa 600.000 lire131. La necessità di interventi straordinari venne nuovamente sollecitata al Comune che, per tutta risposta, invitò la Cerea a potare gli alberi132. In quello stesso 1982 fu eseguito un altro importante lavoro, la sostituzione completa di tutte le attrezzature di cucina; la decisione fu presa in concomitanza con l’abbandono della Cerea da parte del gestore, signora Usai, alla quale era rimproverata una notevole sporcizia, ma bisogna riconoscere che la cucina era un antro che recava incrostazioni di generazioni di gestori. L’intervento fu comprensivo di nuova cappa, forno, cucina e lavastoviglie, armadi, per una spesa di circa sei milioni133, ed i lavori terminarono nel gennaio 1983. Con una simile spesa le possibilità della Cerea erano esaurite, restava spazio solo per le emergenze, come sempre presenti; un problema grave, per la pericolosità, fu quello all’impianto elettrico delle docce atleti, rimediato da Pantaleoni con l’aiuto di Bouquié134, mentre non sappiamo se fu effettivamente decisa la derattizzazione135, problema ricorrente alla Cerea. I soldi erano finiti, tanto che venne rimandata ogni decisione per il restauro del salone a migliore situazione delle casse sociali136 e ci si limitò a chiedere al socio Cena di occuparsi del giardino ed a prendere contatti con una impresa di pulizia data la continua ed attuale carenza della medesima in tutti i locali137. Un quadro della impossibilità di ogni serio lavoro di ripristino, in dipendenza della cronica mancanza di soldi, ci viene dato dal verbale di Consiglio del 14/1/1984: Macchina caffè: il gestore ha un preventivo di L. 600.000 che deve essere deliberato, però prima della delibera il C.D. attenderà la risposta di Gariel che interpellerà Lavazza; Tovaglie: nel limite di L. 150.000 si da mandato al gestore per l’acquisto; Pulizia: si decide l’acquisto di 2 scope (è un po’ poco); Si decide di tappare il buco in cucina e di mettere l’armadietto al contatore. Con una mano di bianco alla cucina138 per una spesa di 200.000 lire e con l’acquisto di posate terminano gli investimenti per il 1984. Tempi in cui la lesina colpiva anche la dotazione di scope. Per fortuna in quell’anno fervevano lavorii per preparare l’intervento più importante mai eseguito dal Municipio sulle strutture dello chalet. 131 Cons. 4/3/1982 132 Cons. 25/3/1982 133 Cons. 17/1982 134 Cons. 6/1/1983 e Cons. 3/2/1983 135 Cons. 7/7/1983 136 Cons. 17/9/1983 137 Idem 138 Cons. 19/1/1984 55 La Cerea 1945-1997 L’interessamento di Renzo Ventavoli presso gli uffici comunali portò frutti copiosi. Grazie al nuovo contratto di locazione stipulato nel 1984, che diversamente dal consueto prevedeva le spese straordinarie a carico del Comune, l’ente pubblico decise interventi ingenti e fondamentali. Per tutto il 1984 continuarono le trattative tra Ventavoli e l’Assessore allo Sport Elda Tessore che avocò a sé la competenza sui lavori da eseguire nella nostra antica società. L’unico ostacolo era dato dal rifacimento dell’impianto elettrico che, secondo gli uffici comunali, non poteva rientrare tra le manutenzioni straordinarie; la Cerea decise quindi di accollare il rifacimento dell’impianto elettrico alla Società, qualora detto ostacolo dovesse ulteriormente ritardare l’inizio dei lavori139 . Nel giugno 1985 ebbero inizio i lavori che trasformeranno la Cerea in cantiere per molti mesi. A differenza dei lavori eseguiti nel 1945 e nel 1960, che avevano badato all’abbellimento più che al risanamento strutturale, i lavori allora eseguiti incisero sulla struttura della costruzione; basti dire il salone poggiava sulla terra, come i muri divisori. Fu completamente rifatto il tetto in coppi sugli spogliatoi, distrutto l’alloggio del gestore che poggiava su semplice cannicciata, rinforzata dagli scarafaggi; il pavimento del salone venne smantellato per consentire la creazione di un vespaio e le sottomurazioni, sicché dalla terra nuda al tetto vi era uno spazio vuoto. Anche la terrazza al primo piano fu rifatta, e la ringhiera in legno fu riparata. La successiva ricostruzione ci portò un nuovissimo alloggio del gestore, ma anche un salone con i tubi del riscaldamento incassati, così come il nuovo impianto elettrico; anche i serramenti del salone vennero sostituiti, ed approfittando dell’occasione si creò un nuovo spazio: l’occupazione di una parte del cantiere e la contemporanea eliminazione del preesistente magazzino consentì la creazione del locale biliardo, liberando così la saletta, e la creazione della palestra a piano terra. L’abbattimento del muro che divideva in due parti il locale dietro al salone permise di creare la sala da pranzo. Il salone potè esser quindi liberato dai tavoli, premessa necessaria per dargli dignità. Vantaggiosa fu anche la possibilità di decidere in libertà la disposizione dell’alloggio del custode, che fu studiata dal socio arch. Barale140. Furono lavori importantissimi, giganteschi, che segnarono una vera svolta nella vita del club e consentirono il successivo sviluppo anche perché i lavori successivi furono svolti su muri risanati e su strutture non più aggredite dall’intensa umidità proveniente dal terreno. Ben difficilmente la Cerea avrebbe trovato risorse per lavori che, all’epoca, costarono almeno 50 milioni; e solo sulla base di quelle opere fu possibile apportare i miglioramenti alla sede che consentirono, con altri fattori, l’aumento del numero dei soci e la conseguente tranquillità economica. Vale quindi la pena di seguire sui verbali il succedersi degli avvenimenti di quel tempo. Mentre stavano per partire i grandi lavori del Municipio un altro progetto ambizioso cui il Consiglio pensava era la creazione di un campo da tennis sul campo da bocce; ne troviamo traccia nel verbale dell’11 aprile 1985 ove si decise di sondare i soci per accertare quanti fossero gli interessati. L’idea era di attirare nuovi soci tennisti, magari ripetendo con loro l’operazione delle quote anticipate 139 Cons. 20/9/1984 140 Cons. 14/5/1985 56 La Cerea 1945-1997 finalizzate alla costruzione del campo, così come fatto con l’ingresso dei 15 soci che, in tempi recenti, aveva permesso di dare alla società servizi moderni. La carenza degli spazi necessari fece abbandonare il progetto. Le finanze consentivano solo un piccolo cabotaggio tra le emergenze, sicché fu eseguito con materiali di recupero nel cantiere un piccolo spazio onde richiudervi tutti i materiali per le riparazioni (già soggetti sovente a furti ed atti di vandalismo)141; in effetti Bouquié, che l’aveva richiesto, chiuse lo spazio con pezzi di legno, teli di plastica ed assi varie; però fu possibile acquistare sedie e tavoli per la terrazza142. Il problema, gravissimo, consisteva nella mancanza dei soldi occorrenti per rifare l’impianto elettrico che, come abbiamo visto, il Municipio non intendeva accollarsi. In una riunione di consiglio del 12 novembre 1985 si fa il punto della situazione. Il bilancio a fine anno avrà un passivo di 2 milioni più le spese del gas e della luce di novembre e dicembre, sicché il passivo di fine anno non dovrebbe discostarsi molto da quanto preventivato nell’Assemblea generale di marzo ‘85. Segue una disamina dei lavori in corso che mette in luce abbagliante le difficoltà estreme di quel periodo: si spera che entro 15 giorni i lavori nell’alloggio al piano di sopra vengano terminati. Finito al piano di sopra si scenderà nel salone con solo due alternative: A) non ci sono soldi, non si potrà mettere il palchetto; B) piastrellatura in cotto e verniciatura dei muri. Bisognerà rifare la terrazza al piano di sopra. Vedere dove è la perdita e sistemare il muro delle scale. Per la palestra non si sa nulla di certo come per tutta la ringhiera del terrazzo grande. A questo punto Sandro Giampiccolo fa presente al C.D. che i lavori potrebbero venir sospesi se non si farà l’impianto elettrico; anzi l’impresa ha necessità di avere una risposta precisa entro il prossimo lunedì. Il Consiglio deliberò quindi il rifacimento dell’impianto elettrico al prezzo più basso possibile, scelta obbligata ma che sarà foriera di una crisi di Consiglio, come è stato esposto in altra parte. Emerge anche come i lavori del Municipio dovessero inizialmente essere meno corposi, come parte dei rifacimenti competessero alla società; non si spiegherebbe altrimenti il discorso relativo al palchetto del salone, che venne poi fatto dall’impresa del Comune, anche se in materiale scadente. Fu un lavoro modificato spesso in corso d’avanzamento, come risulta anche dal fatto che solo nella riunione del 5 dicembre 1985 si decise di abbattere il muro tra le due salette per ricavare la sala da pranzo, con riserva di studiare cosa fare del biliardo a lavori ultimati. E solo nell’anno successivo il Consiglio deliberò di affidare al sig. Luciano Canova la sistemazione della palestra al piano terra, la costruzione del locale biliardo e del WC a lato del ristorante per una spesa di lire 6.500.000143. Il risanamento della palazzina permise di passare dall’emergenza alla programmazione. Nel 1988 Luigi Pratesi progettò la nuova sistemazione del salone e degli altri locali a piano terra; un grande plastico accuratissimo raffigurava la Cerea degli anni ‘90, rinnovata negli arredi e nelle sistemazioni, pur nel pieno rispetto delle 141 Cons. 23/5/1985 142 Cons. 6/6/1985 143 Cons. 6/2/1986 57 La Cerea 1945-1997 tradizioni. Nell’estate di quell’anno ebbero inizio i lavori che riguardarono l’illuminazione ed il decoro delle pareti, con i motivi geometrici a richiamare l’origine massonica della Cerea, testimoniata dai simboli posti sotto la terrazza; l’acquisto di nuovi divani, la posa di tappeti ed il rinnovo della stoffa delle vecchie poltrone di provenienza Microtecnica, conferirono al salone quella calda comodità e quel piacevole aspetto che ancora si può rilevare. Contemporaneamente molti stendardi, estratti da scatoloni conservati in segreteria, furono incorniciati ed andarono ad arredare le pareti della sala da pranzo e del salone, mentre le fotografie d’epoca trovate nei cassetti andarono ad arricchire la sala del biliardo. Nel 1989 fu ripassato il tetto che perdeva copiosamente pur avendo solo 4 anni e rifatta la terrazza al primo piano; entrambi quei lavori furono però mal fatti, tanto che pochi anni dopo si pose rimedio definitivo alle perdite del tetto sopra gli spogliatoi con un completo rifacimento e con la sostituzione delle vecchie grondaie, e fu anche necessario rifare daccapo l’impermeabilizzazione della terrazza. Tenne invece l’impermeabilizzazione delle docce, la cui pavimentazione fu rifatta contemporaneamente all’aumento dei punti doccia. Fu sostituita la centrale termica, furono acquistati arredi necessari per la cucina, cappa compresa, tavoli e sedie per l'esterno. Ed in quell'anno fu anche allargata la terrazza antistante il salone: fino ad allora il pranzo estivo si consumava nello spiazzo alberato che sovrasta la discesa al fiume; ove si mangia ora c'era un'aiuola ed un roseto, un tempo bellissimo, che occupava oltre un metro di spazio. Ma la crescita degli alberi tolse luce al roseto, che imbruttì, e l'allargamento della terrazza consentì di consumare il pranzo senza ostacolare le barche in transito. Come era accaduto nell’anno precedente per la cinta esterna un nutrito gruppo di volontari pitturò tutte le ringhiere della terrazza. L’esterno della Cerea era veramente buio; la sola illuminazione esterna proveniva dalle tre antiche lampade sulla facciata del salone, ma la terrazza, la discesa dal viale Virgilio, la discesa al fiume erano prive di qualsiasi fonte di luce. La posa dei globi luminosi garantì una dignitosa illuminazione e permise una più ampia frequentazione della Cerea nelle ore serali, cosa importante soprattutto per la possibilità di usare il ristorante. Si pensi al profondo buio che, in precedenza, ingoiava l’ospite nel tratto tra il viale Virgilio e la luce proveniente dalle finestre della cucina; un buio così cupo che, per parecchi mesi degli anni ‘80, vi dormì una barbona che emergeva a fatica dal nero stradino. L’anno successivo toccò ad un’altra grande opera, il rifacimento del bar. Fu ancora Pratesi a progettare la ricostruzione e l'arredo, opere necessarie perché il vecchio locale, oltre che brutto e malconcio, era occupato dal vecchio bancone in legno del 1959, a rischio di crollo; vi abbondavano animaletti che oltre a vagare per i locali avevano mangiato il legname tanto da pregiudicare la stabilità del mobile. L'ingresso al bar era posto sul lato della palazzina verso la statua; si entrava in un vano chiuso da un muretto sulla destra e limitato da due porte a vetri, da cui si accedeva al locale pavimentato con piastrelle di graniglia. Il mobile bar occupava la parete verso il salone, era in legno con aspetto piuttosto alpino, il piano era in marmo scuro molto opaco. L'arredamento era completato dal telefono a gettoni e da un vecchio tavolino con sedie; non mancavano mai le macchie di umido sulla parete per le frequenti rotture delle vecchie tubature. Luigi Pratesi volle un pavimento ed un banco in marmo che richiamasse i colori della Cerea ed 58 La Cerea 1945-1997 individuò il carissimo granito brasiliano poi messo in opera. Ma Luigi era pignolissimo ed impiegava ore nel cercare lastre che consentissero la prosecuzione del disegno naturale della pietra su tutto il pavimento: vi rinunciò solo allorché il marmista minacciò di rompergli la testa con un pesante martello, esasperato da tanta pignoleria. Il locale fu così completamente rifatto, dalle tubazioni agli infissi, dagli arredi alle decorazioni con vecchi trofei trovati in segreteria. Il rifacimento del bar completava così la prima ondata di opere necessarie per togliere ai locali la patina della decadenza. Molti lavori furono di minore impatto, e tuttavia svolsero una funzione importante. Si può ricordare l’installazione dell’impianto di allarme, che ridusse i rischi ai quali la Cerea era stata tante volte esposta in passato, priva di custode ed abbandonata solitaria con il suo carico di barche e trofei; ma anche semplici lavori come la posa di scaffali nella sala del biliardo permisero di esporre coppe e libri di fatto dimenticati. Tra queste opere minori è giusto ricordare anche la pavimentazione del terreno posto tra la palazzina e la statua, prima spesso fangoso, e quella della discesa a Po; finchè era in terra battuta ogni piena aumentava lo strato di limo scivoloso che la ricopriva. Questi abbellimenti dell’esterno avrebbero avuto però modesto esito se, da allora, il giardino non avesse cambiato profondamente aspetto. Fino al 1990 il prato e le aiuole erano curate da qualche socio volenteroso, ma nel complesso i risultati erano davvero modesti; l’erba era generalmente alta e secca, l’aspetto era arruffato e squallido. Ma da quando Roberto Cagnassi inviò i propri giardinieri di fiducia a curare il giardino la Cerea ne guadagnò enormemente in bellezza. Nel 1993 quel che restava del campo da bocce fu trasformato in un parcheggio pulito e funzionale grazie alla pavimentazione ed ai lavori che permisero un più comodo accesso alla strada pubblica; si pensi che, fino alla fine degli anni 80, era impossibile entrare con il carrello carico, cosicché al ritorno dalle regate era necessario abbandonarlo con il suo prezioso e delicato carico sulla pubblica via, sperando che i vandali stessero alla larga. I lavori di manutenzione e restauro proseguirono negli anni successivi, ma assunsero anche una precisione di esecuzione ed una correttezza formale che, precedentemente, era stata possibile solo nei lavori seguiti direttamente da Pratesi, salone e bar. Giorgio De Silva, anche lui architetto, si assunse il gravoso compito di progettare ogni intervento e di seguirne la minuta esecuzione, e ciò comportò un indubbio miglioramento nell’esecuzione di tutti i lavori che furono eseguiti dal 1992 in poi; De Silva elencò anche tutte le opere necessarie, all’interno come all’esterno, indicando le priorità ed i necessari collegamenti tra interventi distinti, ma legati da funzionalità o da parti comuni. Si evitarono così costose duplicazioni di opere. L’opera di De Silva trovò sempre il conforto dei pareri di Pratesi, che fu solo sollevato dalle incombenze più pesanti, e la preziosa collaborazione di Cino Costanzo, segretario sempre presente e competente. Seguendo le priorità indicate da De Silva, nel 1994 fu rifatto completamente il tetto sopra lo spogliatoio sostituendo le vecchie francesine con coppi poggianti su onduline e, come già è stato detto, furono sostituite le vecchie grondaie. Fu quindi messo a norma l’impianto elettrico all’interno dei locali e del cantiere, lavoro necessario quanto costoso, anche se poco appariscente; fu anche l’occasione per sperimentare il programma per evitare lavori inutili, perché 59 La Cerea 1945-1997 contemporaneamente fu distrutta e completamente rifatta, con materiali nuovi ed appropriati, quella baracca nel cantiere che fungeva da laboratorio, e ne guadagnò la sicurezza ma anche l’aspetto della rimessa. Nel 1995 toccò metter mano alla palestra, sino ad allora collegata al cantiere da una porticina, chiusa solo dai due portoni in legno, con il pavimento in cemento sfarinato e sporco, anche perché le macchine ed i pesi posti a casaccio ne rendevano impossibile ogni pulizia. Il rifacimento partì dal pavimento e giunse al soffitto, con la posa del legno che coprì alla vista i numerosi scarichi preesistenti, comportò la riapertura di una porta di collegamento con la scala e la posa di due porte finestre; anche le macchine ed i pesi furono rinnovati. In quell’anno fu anche posta la boiserie sulle pareti del salone e di parte della sala da pranzo, realizzata da Calosso, e ciò permise di dimenticare la bruttissima perlinatura in abete che ricopriva le pareti fino ad un metro, necessaria per coprire l’umidità causata dalla mancanza di fondamenta, ma in grado di imbruttire qualunque arredo o sistemazione del salone. Contemporaneamente il salone fu ridipinto, nel pieno rispetto del progetto Pratesi del 1988, fu lucidato il parquet che venne però coperto da provvidenziali tappeti regalati da Paolo De Leonibus, ed una nuova disposizione dei divani e delle poltrone modificò piacevolmente l’immagine della sala. Il 1996 vide un’altra opera importante sulla via dell’abbellimento progressivo: il bagno a piano terra fu ampliato e completamente rifatto, dalle tubazioni alle pareti, e fu così trasformato da cesso a toilette; l’opera fu resa possibile dall’intervento finanziario di Cagnassi, perché la Cerea non avrebbe potuto affrontare una spesa così ingente nell’anno in cui occorreva pagare parte della boiserie. L’intervento non si fermò al rifacimento del bagno: fu chiusa la porta che dalla sala da pranzo permetteva l’accesso al servizio ed alla stanza del biliardo, ed una nuova apertura ricavata nello spogliatoio fece di questo piccolo locale il nodo che adduce alla toilette ed al biliardo. I lavori di abbellimento proseguirono nell’anno successivo, con la posa della boiserie anche nella sala da pranzo ove furono inseriti i due grandi mobili di servizio e restaurato l’armadietto per i giochi risalente alla ristrutturazione del dopoguerra. Non fu trascurato l’esterno, ove al restauro della statua di donna si unì la posa di un turet in sostituzione del vecchio rubinetto. Sono state ricordate le opere più importanti per entità di spesa e per visibilità, ma nel periodo 1988/ 1996 le risorse finanziarie disponibili, la generosità di alcuni soci e l’entusiasmo dei due architetti garantirono miglioramenti costanti e numerosi in moltissimi aspetti, più o meno importanti, ed una manutenzione costante ed immediata. Basti ricordare come la segreteria fu attrezzata ed informatizzata, il collegamento degli scarichi al collettore fognario, il rifacimento della cancellata posta a chiusura della terrazza; innumerevoli piccoli e grandi interventi che ben pochi soci, agli albori degli anni ‘80, avrebbero immaginato possibili. Eppure, con un breve riesame delle ultime pagine, ben si comprende come gli anni dal 1984 al 1996 abbiano completamente cambiato il volto della palazzina, grazie ad interventi costati parecchie centinaia di milioni. 60 La Cerea 1945-1997 2 IL RISCALDAMENTO Il servizio di riscaldamento e le modifiche all’impianto occupano grande spazio nelle discussioni dei consiglieri, e sono in verità aspetti importanti per la vita sociale. L’abbondanza dei riferimenti al riscaldamento induce a dedicare una parte autonoma agli impianti destinati a riscaldare la palazzina ed all’uso che ne venne fatto. Il primo riferimento lo si trova nel verbale di consiglio del 4 luglio 1945, a proposito del progetto di riscaldare elettricamente lo chalet; vennero acquistate delle stufe elettriche, perché in un successivo verbale di Consiglio del 15 dicembre 1946 si legge: la cruda stagione invernale in cui si è entrati improvvisamente, ha reso necessario un più intenso riscaldamento del salone sociale, tanto più che le attuali restrizioni imposte sul consumo dell’energia elettrica non ci avrebbe consentito l’uso continuato delle stufe elettriche , d’altronde di forte consumo, attualmente molto costoso per le aumentate tariffe da parte delle aziende elettriche. Venne perciò fatto l’acquisto e la posa in opera di una stufa in materiale refrattario di Castellamonte, funzionante a legna, e capace di riscaldare un ambiente di circa 220 mc. La spesa totale, dati i tempi e i costi attuali, si limita a circa 12.000 lire che il sig. Casalis propone siano coperte a mezzo di sottoscrizione volontaria fra i soci e specialmente fra i frequentatori che più ne godono il benefico calore, o con l’eventuale utile dato dai trattenimenti che si effettueranno. Nel 1945 il riscaldamento era assicurato solo nel salone e nelle salette ( attuale sala da pranzo). E’ anche probabile che una stufa riscaldasse l’alloggio del custode al 1° piano, ma non ne abbiamo certezza; nulla sappiamo invece sugli spogliatoi, probabilmente freddi. Il Consigliere Segretario Delaude ci indica le quantità di combustibile utilizzato nell’inverno 1946/47, con l’avvertenza che il riscaldamento funzionò solo nei locali principali e nei giorni festivi144: 19 furono i quintali di legna da ardere consumati e 4 i quintali di carbone per la stufa installata nella saletta da gioco. La differenza tra i due consumi lascia presumere che una stufa a legna scaldasse anche l’alloggio del custode. In altra occasione145 Casalis fornisce dati ben diversi: per riscaldare il salone e la sala biliardo nei mesi invernali, indicati nel ristretto periodo Dicembre - metà Marzo, occorrerebbero 10 q.li di legna, 2 q.li di carbone coke e 200 Kw di corrente per le stufe. Tali consumi vengono indicati nell’ambito della proposta di chiudere nell’inverno i locali sociali, a terreno, lasciando solo libero l’espletamento dell’attività dei soci vogatori per l’istruzione e l’allenamento, proposta ovviamente tendente a risparmiare sui consumi energetici. La differenza rispetto ai consumi indicati da Delaude per l’anno precedente (9 q.li di legna e 2 di carbone) era quindi quanto serviva per riscaldare il primo piano; e visto che i consumi indicati per il piano terreno erano relativi solo al sabato ed alla domenica, certamente in doccia e nello spogliatoio il freddo era intenso. 144 Consiglio 23 /6/47 145 Consiglio 7/12/47 61 La Cerea 1945-1997 La legna costava davvero tanto, 1.400 lire al q.le, e tutto il riscaldamento previsto da Casalis (10 q.li di legna, 2 q.li di carbone e 200 Kw di corrente) aveva un costo preventivato in 26.000 lire. Le discussioni sul riscaldamento non dipendono solo dalle ristrettezze economiche tipiche del dopoguerra, ma anche dal considerare il riscaldamento un consumo voluttuario, non indispensabile. Ne abbiamo testimonianza proprio dalla circostanza che la proposta avanzata dal Comm. Casalis, tendente a chiudere il piano terra della Cerea nell’inverno per spostare gli incontri dei soci al bar Combi, fu approvata da tutti i membri del Consiglio146, come abbiamo visto nel capitolo dedicato alla vita sociale. Occorre arrivare al 1951 per veder nuovamente affiorare il problema del riscaldamento, ma non per limitarne la spesa bensì per studiare il progetto di installazione di un sistema di riscaldamento per il chalet; tale sistema dovrà essere assai economico, o per lo meno di spesa non eccessiva.147 Il Consiglio approvò poi il preventivo della Soc. an. Propaganda-gas per l’installazione di un impianto a gas nel salone e nelle due salette a pianterreno e per la posa di un nuovo scaldadoccia148. I lavori furono subito eseguiti perché già nell’assemblea del 2 dicembre 1951 si specificava che il bilancio comprendeva le spese fatte per l’impianto di riscaldamento. Nel libro Cassa del 1951149 compaiono versamenti per 300.000 lire alla Soc. Propaganda gas, spesa ingente per il risultato modesto che si ottenne. Il riscaldamento installato nel 1951 non era infatti un impianto centralizzato a gas; si trattava di semplici stufe. Che in società facesse freddo lo si comprende anche dalla richiesta avanzata nell’assemblea dell’8 marzo 1959 dal socio Bonetto, che chiese che in caso di eventuali migliorie fossero presi in buona considerazione i comfort invernali specie per i soci anziani. E se già nel 1960 il Vice Presidente Comm.Girardi chiese che si preparasse un preventivo per un nuovo impianto di riscaldamento150, nel 1963 il Consiglio affrontò nuovamente il problema, definito urgente, del riscaldamento tenuto conto della impossibilità di servirsi ancora delle stufe a gas esistenti151. Ma non si pensava all’installazione di un vero impianto centralizzato, anzi: il Segretario, con un ingegnere della Microtecnica, andrà a prendere visione delle stufe che in via Madama Cristina 99 sono vendute (ottimo esito hanno dato in casa del Vice Pres. Casalis): tenuto conto dell’ottimo esito e della grande praticità presentata lo scorso anno dalla stufetta a riverbero di gas, offerta dal Vice Pres. Ambrosini, il Consiglio però non sarebbe alieno dal veder applicata, nel salone, una serie di tali stufette. 146 idem 147 Consiglio 2/12/1951 148 Consiglio 7/9/1951 149 Doc. A 27 150 Consiglio 8/1/1960 151 Consiglio 11/9/1964 62 La Cerea 1945-1997 Per valutare dal vivo il funzionamento della stufa il successivo Consiglio si tenne in casa Casalis152 ove venne letta la relazione dell’ing. Lapidari, incaricato dal Presidente De Rossi per lo studio e la relazione sugli eventuali sistemi: gas, carbone e Kerosene. Il Consiglio decise per il Kerosene, a spese di De Rossi: il Presidente provvederà all’invio ed alla messa in opera di una stufa Mod. AIRFLAM A/82 da 400 mc; le due stufe a bombola di gas, inviate nei giorni precedenti dal V. Pres. Casalis potranno essere utilizzate, se del caso, per le due salette o per lo spogliatoio delle docce, dove già può essere ripristinata una stufa a gas. La vicenda suggerisce due considerazioni. La prima è un pensiero per il povero Casalis, così fiero della stufa che gli scaldava la casa da invitare lì l’intero Consiglio e da regalarne due alla Cerea; regalo duramente bocciato dal Presidente che non esitò ad affermare che le stufe sarebbero state usate, se del caso. La seconda è un certo stupore per il fatto che nel 1964, anno ormai ben lontano dalla guerra, si ricorresse a stufe e stufette senza neppure pensare ad impianti più completi, efficienti e sicuri. Ma la spiegazione sta probabilmente nel momento di gravissima crisi che la Cerea viveva, dal punto di vista della carenza di soci e di soldi. Il problema del riscaldamento non fu certo definitivamente risolto con le diverse stufe a Kerosene, ed infatti già nell’estate successiva153 troviamo un accenno ai problemi del riscaldamento invernale, per i quali relatore è lo stesso Casalis, immagino con una punta di soddisfazione; ma il problema venne accantonato per le abbondanti assenze di consiglieri. Nulla ci dicono più in proposito i verbali del Consiglio; ma l’impianto di termosifoni centralizzato a carbone venne installato proprio nel 1965 a spese di un gruppo di soci, ed insieme ad altri lavori importanti comportò una spesa complessiva di L 4.200.000. Nel verbale d’assemblea del 27/3/1966 leggiamo che l’impianto di riscaldamento a termosifone riscaldava anche una parte dello spogliatoio e le docce; fu un passo fondamentale nell’adeguamento della Cerea ai tempi moderni. Il tepore invernale sembra fosse assicurato visto che il silenzio calò su quel problema: ma già nel 1972 venne decisa la trasformazione dell’impianto di riscaldamento dal carbone al gasolio, con spesa preventivata in 350.000 lire154. Quattro anni dopo, nel 1976, emerse una opportunità collegata all’impianto di riscaldamento, e cioè la fornitura di acqua calda; Arcangeli venne incaricato di presentare un preventivo155, ma ancora per qualche anno non se ne fece nulla. Fu solo un intervento manutentivo quello forse effettuato nel 1978; le pessime condizioni della caldaia indussero a mettere in bilancio la somma di 800.000 lire per la sua sostituzione156, ma c’è la possibilità che sia bastata una riparazione. 152 Consiglio 16/9/1964 153 Consiglio 5/7/1965 154 Consiglio 10/2/72 - Ass.18/3/1972 59 Cons. 26/1/1976 156 Cons. 11/2/1978 63 La Cerea 1945-1997 Nel 1982, in occasione del totale rifacimento dei bagni, fu finalmente installata la caldaia per l’acqua calda centralizzata e l’impianto fu trasformato a gas metano. Non vennero però modificate le strutture del riscaldamento, e nello spogliatoio esisteva solo uno strano lungo tubo lamellato, vagamente tiepido, davanti alla doccia atleti. Il freddo era quindi costante al piano superiore, salvo che nelle docce ove furono installati dei radiatori. Mancava il termosifone anche nella saletta a fianco della cucina, tanto che S. Giampiccolo fu incaricato di acquistare un radiatore Koala 1200 per 138.000 lire157. Un certo miglioramento della temperatura negli spogliatoi si ebbe nel 1986 grazie a due convettori d’aria calda offerti gratuitamente da Pantaleoni158, ed un terzo fu installato nella palestra a piano terra; ma il freddo continuò a caratterizzare gli spogliatoi perché esigenze di risparmio energetico fecero sì che i convettori venissero accesi dai soci al loro arrivo; e per di più alcuni presero subito l’abitudine di piazzarvi loro maglie a scaldare, annullando ogni benefico effetto dei ventilatori. Sempre nel 1986, in occasione dei lavori che portarono alla creazione dell’attuale sala da pranzo159, fu aggiunto il termosifone nell’ex saletta. L’antico freddo che aveva tormentato generazioni di soci Cerea perdurava negli spogliatoi ancora nel 1990; nell’assemblea dell’ 11 gennaio 1990 alcuni soci lamentarono infatti il freddo negli spogliatoi ed invitarono il consiglio a provvedere. Ma solo nel 1993 i ventilatori degli spogliatoi furono sostituiti da termosifoni; l’inverno del 1997 portò infine un radiatore a coloro che giocano a boccette, completando davvero l’opera di trasformazione iniziata nel 1965 con l’impianto centralizzato a carbone. Trentadue anni sono quindi occorsi per dotare la Cerea di un riscaldamento invernale efficiente; possono sembrare tanti, ma alla Cerea i tempi lunghi fanno parte della storia. 157 Cons. 14/1/1984 158 Cons. 16/1/1986 159 Cons. 9/12/1986 64 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO IV I MEZZI FINANZIARI L’argomento di questo capitolo può sembrare arido, ma non si può pensare di trascurare un argomento così centrale nella vita della società. Il tema si presta poi a ripetizioni, perché dal 1946 al 1987 è costante nei verbali il riferimento alle ristrettezze di bilancio; cambia però la drammaticità delle situazioni, talora di semplice difficoltà, in qualche caso di gravità estrema. Il primo elemento che colpisce l’attenzione di chi esamini i bilanci antichi è la modestia della quota ordinaria che per lunghi anni fu applicata, insufficiente per far fronte alle spese; per molti anni si supplì alla mancanza degli introiti necessari con elargizioni private, principalmente da parte di Derossi ma anche di altri soci. Questa pessima tradizione durò oltre 40 anni e fu sicuramente all’origine delle ristrettezze economiche che assillarono la società per decenni e, cosa più grave, la precipitarono in una crisi pericolosissima determinata dal degrado di tutte le sue strutture. Eppure per lunghi anni i soci si opposero ad adeguare le quote ai costi reali della Cerea, da Boccalatte che nel 1946 raccolse 9 voti su 41 sulla sua mozione per limitare la quota a 2.000 lire160, al più recente auspicio che gli aumenti di quota riguardassero solo i nuovi soci161. Solo nell’assemblea del 25 febbraio 1968 fu apertamente discussa l’abitudine dei soci di gravare economicamente sul Presidente e su coloro che partecipavano alle periodiche sottoscrizioni volontarie: il Vice Presidente Casalis, dopo aver osservato che il bilancio si era chiuso in pareggio grazie a Derossi (applausi) leggeva il bilancio preventivo comunicando la inevitabile passività presunta e comunicava un’ulteriore oblazione di un milione da parte dell’ing. Derossi che viene applaudito vivamente. Il socio Bonetto fa rilevare che a farne le spese sono sempre i soliti, ossia un numero limitatissimo di soci. Propone di chiedere a tutti i soci perché si contribuisca equamente. Ma se ciò valse ad ottenere l’approvazione di un aumento di quota non bastò a cancellare una tradizione ormai saldamente radicata. Probabilmente la modestia della quota trovò origine e conforto nell’intenzione di stabilire una quota base accessibile a tutti, cui aggiungere il costo degli ulteriori servizi utilizzati dal singolo; si ricordi l’esistenza di tariffe per i giochi di carte, più care di domenica, per giocare al biliardo, l’idea di far pagare la stufa a coloro che maggiormente frequentavano la società in inverno, il coperto sui pasti a favore della società, l’aggio sul bar e, infine, l’abbondanza di collette. 160 Ass. 17/2/1946 161 Ass. 8/3/1959 65 La Cerea 1945-1997 Le raccolte di soldi sono frequenti nei verbali più antichi per poi scomparire; ma ciò non significa la fine delle private regalie, dimostra solo che il loro fallimento come mezzo di spontaneo pagamento di quanto necessario per pagare i costi della propria presenza in società lasciò spazio alla generosità privata e silenziosa. Ne avremo la prova esaminando i conti degli anni ‘70, perché vi figurano importanti oblazioni pur in assenza di collette ufficialmente annunciate. Tutti i mezzi per legare il pagamento al personale “consumo” della società fallirono, perché i grilli su carte e boccette erano facilmente elusi e le collette ottenevano l’adesione di pochi soci, sempre gli stessi. Solo alla fine degli anni ‘80 la Cerea riuscì ad adeguare la quota agli effettivi costi ottenendo quella tranquillità finanziaria sconosciuta nel quarantennio precedente. Nel corso dell’assemblea del 18 marzo 1945, in cui furono decise le misure delle quote sociali (1.200 per gli ordinari, 5.000 per i sostenitori, 300 i vogatori, con buon ingresso di 2.000 lire per i soli soci ordinari), il neo presidente Derossi richiamò l’attenzione dei presenti su una sottoscrizione già iniziata sempre allo scopo di consentire la piena e più estesa attività sociale; l’esito ci è sconosciuto, ma è indicativo dei criteri economici allora vigenti il fatto che il Direttivo contasse sulla colletta per eseguire i necessari restauri generali. Nel corso del 1945 si manifestò la svalutazione postbellica che diede nuovi problemi al Consiglio: Casalis comunica che i nuovi aumenti salariali comportano un maggior onere di circa L. 100.000 annue162. Egli propose al Consiglio un aumento straordinario delle quote di 5-600 lre, ma l’assemblea che avrebbe dovuto approvarlo non fu mai convocata. L’aumento dei costi, unito a quelle opere di restauro degli arredi e delle barche volute da Derossi ed osteggiate da Boccalatte per la loro onerosità, portò ad una situazione difficile: Casalis espone alcune cifre che inquadrano la situazione: si hanno circa L. 620.000 di debiti che debbono essere pagati a breve scadenza. Si scarta, almeno per ora, la possibilità di ricorrere a banche e prevale l’idea di emettere obbligazioni senza interesse e valide per il pagamento delle quote degli anni futuri. L’andamento normale della società comporta inoltre una spesa che ora si preventiva in L. 240.000. E’ quindi necessario elevare la quota dei soci ordinari a L. 3.000 annue. La maggior parte dei presenti dichiara di ritirare le obbligazioni per importi che vanno da lire 5.000 a lire 25.000, in modo che circa un terzo dell’ammontare dei debiti si può considerare assorbito163. Non occorre sottolineare una certa faciloneria nei criteri amministrativi enunciati. Se davvero l’incremento dei salari gravava sul bilancio per 100.000 lire in più, le 240.000 indicate quale normale fabbisogno annuo erano insufficienti; se le obbligazioni erano valide per il pagamento di quote future, altrettanti soldi sarebbero mancati negli anni successivi. Furono emesse obbligazioni per 575.000 lre, ne abbiamo notizia dall’assemblea del 17 febbraio 1946 che fissò la quota ordinaria per quell’anno a 2.400 lire; Derossi indicò in quattro anni il periodo occorrente per rimborsare le obbligazioni. Ma sempre il presidente, pochi mesi dopo, informò i consiglieri che le sottoscrizioni per il fondo a prestito che per il fondo a perso non hanno dato i 162 Cons. 17/7/1945 163 Cons. 2/12/1945 66 La Cerea 1945-1997 risultati che erano nelle previsioni164. Ed in effetti il bilancio del 1946, arrivato fino a noi, indica i debiti al 31 dicembre in 629.535, di cui 266.000 verso i soci, 216.000 verso Casalis che figurava tra i fornitori; lungi dal diminuire, i debiti, rispetto ai dati forniti da Casalis nel dicembre del 1945, erano aumentati di 9.000 lire. Il 1946 si era chiuso con 646.000 lire di entrate e 624.000 di uscite; il salario del personale, accorpato al vestiario di servizio, incideva per l’impressionante somma di 199.675, quasi un terzo delle risorse; le tre voci affitto - luce - gas riscaldamento, manutenzione barche, stabile, avevano richiesto circa 40.000 lire l’una, l’agonismo 34.000 e l’acquisto barche 145.000. Ben più delle 240.000 lire che un anno prima Casalis aveva indicato quale normale fabbisogno annuo. La quota ordinaria per il 1947 fu stabilita in 4.000 lire, oltre a 1.000 di quota straordinaria165 . In pratica in quell’anno i soci ordinari pagarono la stessa somma che gravava su quei famosi soci sostenitori che nel 1945 avevano assunto impegno triennale a pagare 5.000 lire. La reazione del Direttivo a quella situazione indotta dalla svalutazione, che svuotava però di significato la nuova categoria dei soci sostenitori su cui tanto si puntava, fu curiosa: Derossi, dopo aver richiesto l’applicazione della quota straordinaria di 1.000 lire per i soci ordinari, affermò: Non crede necessario di assoggettare i soci sostenitori ad alcun aumento, ma stima miglior cosa il chieder loro privatamente un contributo compatibile colle loro possibilità finanziarie. Si tratta dell’istituzionalizzazione di due categorie distinte di soci, i ricchi e gli altri; con la particolarità che i ricchi pagavano quanto gli ordinari, e non erano assoggettati alla quota di buon ingresso. La conferma della identità di quota tra le due categorie ci viene dal bilancio preventivo per il 1947166, ove l’importo di £.5.000 figura, identico, accanto alle due categorie di soci. L’anomalia di tale situazione era così evidente che, anche dopo l’assemblea, all’interno del Direttivo continuarono le discussioni in ordine alle diverse condizioni da applicare alle categorie degli ordinari e dei sostenitori. Se già il 2 febbraio 1947 Girardi si era opposto all’applicazione della quota straordinaria di 1.000 lire ai sostenitori ed al loro assoggettamento alla quota di buon ingresso, contro il parere di Derossi e Casalis, nella riunione del 23 marzo Ponte e Crovella proposero una quota di buon ingresso di 5 - 10.000 lire per i sostenitori; Casalis ne affermò la scarsa opportunità e della cosa non si parlò più. Ma nella stessa riunione Casalis espose il timore di non aver affermato sufficientemente la necessità dell’obbligatorietà della tassa di buon ingresso per i soci effettivi, pari al primo anno di quota di associazione (£. 4.000). Quale fosse, a quel punto, il vantaggio di avere soci sostenitori non si comprende; in realtà, calcolando l’obbligo triennale dei sostenitori ed il loro esonero dal buon ingresso, si trae che il socio ordinario in tre anni pagava comunque più del sostenitore. La rapida fine di quella categoria di soci dipese forse dal fatto che, infine, qualcuno si accorse di quell’assurdità. Vale invece la pena di ricordare che proprio in quel 1947, mentre si privilegiavano i sostenitori, i vogatori furono invitati a passare tra gli ordinari onde non dover 164 Cons. 5/5/1946 165 Ass. 22/2/1947 166 Doc. A 27.1 67 La Cerea 1945-1997 pagare, in futuro, il buon ingresso; decisione che decimò la squadra agonistica dell’epoca. Il bilancio 1947 si chiuse con favorevole risultato. L’assemblea determinò all’unanimità la quota per il 1948 in lire 7.200 da pagarsi in rate mensili, chiudendo così definitivamente l’avventura dei soci sostenitori, la cui quota era ferma a 5.000 lire.167 La quota per il 1949 fu fissata in lire 10.000, e come già era avvenuto in passato Derossi citò, a confronto, l’ammontare delle quote stabilite dalle altre società168; i verbali non ci indicano le cifre pagate dai soci degli altri club, ma evidentemente la Cerea faceva pagare meno delle società consorelle, altrimenti Derossi non avrebbe indicato quelle quote a sostegno della richiesta di aumento. Ed è interessante notare che Derossi, nel corso della stessa assemblea, precisò che essendosi ridotto il deficit di lire 600.000 rappresentato dalle spese intraprese dalla Presidenza allora in carica per i restauri alla Società dovuti a danni di guerra, egli poteva lasciare la carica. Ma una riduzione non equivale a scomparsa, non sappiamo quanti fossero i debiti residui che la Cerea si trascinava da oltre tre anni. Sappiamo che nel 1949 la società subì gravissimi danni per effetto dell’alluvione del 4 maggio. I ripristini portarono problemi finanziari che lasciarono ampia eco nei verbali. Il Direttivo dell’8 novembre decise di disfarsi di custode e barista per cercare una famiglia che assolvesse i due compiti; ma se questa misura poteva ridurre le spese, occorrevano decisioni ben più incisive: Casalis per far fronte alle spese di ordinaria amministrazione fino alla chiusura del corrente anno finanziario fa queste tre proposte: 1° cercare un numero di soci disposti a fare un prestito alla società; 2° chiedere il pagamento delle quote sociali 1950 anticipatamente; 3° convocare l’assemblea demandando ad essa le decisioni, e questa fu la via scelta dal Consiglio. Ma, curiosamente, Derossi non rappresentò la gravità della situazione all’assemblea convocata per il successivo 27 novembre, ove avanzò proposte forse utili in lontana prospettiva ma del tutto inidonee a risolvere il problema che angustiava Casalis: come arrivare a fine anno. Il Presidente propose per avere maggiori introiti nelle casse sociali le seguenti: un servizio di ristorante bar con una quota coperto a favore della società, applicazione del telefono a gettoni, grillo sul gioco carte, biliardo, ping pong, bocce, maggior numero di nuovi soci. L’assemblea, all’infuori del grillo sulle bocce e sul ping pong approva quanto proposto dal Presidente. La cosa stupefacente è che il grillo sulle carte e sul biliardo c’era già, come il coperto al ristorante; solo sei mesi prima, il 30 marzo, il Direttivo aveva approvato l’aumento della tariffa del biliardo a boccette da 60 a £ 100 l’ora, e ripristinato il grillo sul gioco delle carte a £ 10 pro capite nei giorni feriali e di £ 20 al sabato e alla domenica pomeriggio; il coperto era di lire 50 per i soci e di 100 per gli ospiti sin dal 1947169. Derossi quindi eluse il problema reale, deviando l’attenzione su questioni irrilevanti, e con piì¥Á 167 Ass. 22/2/1948 168 Ass. 27/2/1949 169 Cons. 23/6/1947 68 La Cerea 1945-1997 69 La Cerea 1945-1997 X/ 70 La Cerea 1945-1997 X/ anche nel 1951. Poiché disponiamo del libro di cassa degli anni 1950 e 1951170 abbiamo la possibilità di conoscere esattamente incassi e spese di quegli anni, ed anche di valutare l’ammontare della quota alla luce dei costi di molti beni. Nel 1950 un quintale di legna costava 1.030 lire, una scalmiera in bronzo per jole 1.000, 100 lire costava una pallina da ping pong, 200 lire una scopa, 600 lire un mazzo di carte; il custode Domenico Ranieri percepiva poco più di 26.000 lire mensili, un paio di pantaloni bianchi costava 1.000 lire, il pranzo offerto al prof. Foco 1.500. Nel 1951 la quota restò inalterata a 12.000 lire, ma lo stipendio netto del custode salì a 28.000, una maglia sociale costava al socio 2.000 lire, la Cerea pagò una tuta 3.500 ed 800 un paio di calzoncini, 7.000 lire costò la batteria per il motoscafo, 22.000 il trasporto da Firenze a Torino di un outtriger a 4, pagato a Salani 290.000 lire. Non è facile paragonare i prezzi del 1950 a quelli attuali perché alcuni prodotti allora costavano molto ed altri sono recentemente aumentati. Ma tutti i costi richiamati indicano la pochezza di quella quota sociale: il costo del lavoro era allora ben più modesto dell’attuale, eppure lo stipendio mensile del custode era pari a 2,3 quote, come dire oggi più di tre milioni. Anche ad accettare il fatto che la legna fosse cara, la quota valeva 12 q.li di legna da ardere e ci volevano 26 quote per pagare un quattro con franco Torino, a prezzi attuali 35 milioni. Provate voi a fare altri conti, ma otterrete che la quota valeva 6 maglie sociali, meno di 4 tute, di due batterie, di venti mazzi di carte e così via. La differenza più sensibile di costo rispetto ai prezzi attuali riguarda la maglia sociale, che costava ben 2.000 lire; non stupisce il fatto che nell’arco del biennio esaminato risulti la vendita di non più di sei pezzi e che sia specificato il nome di ogni acquirente a fianco dell’incasso. L’acquisto di una canottiera sociale era un’operazione onerosissima. Molto alta era la spesa che la società affrontava in occasione del decesso dei soci, ma anche del loro matrimonio: per le nozze di Ambrosini furono spese 10.000 lire; per la morte del socio Lucinio Bonetti la Cerea provvide al necrologio e ad una corona di fiori, per una spesa di 23.000 lire, praticamente il valore di due quote. Il Vice Presidente Borghero era molto soddisfatto dell’andamento della situazione finanziaria, che per il 1950 si presentava assai soddisfacente171; nel corso dell’assemblea per l’approvazione del bilancio172 lo stesso Borghero annunciò che il bilancio consuntivo 1950 si era chiuso con una lieve attività grazie al contributo del CONI per le spese dell’alluvione del 1949. All’epoca non ci si aspettava mai un bilancio in attivo, almeno così vien da pensare leggendo le espressioni usate per celebrare una mancanza di passivo determinata, in fondo, 170 Doc. A27 171 Cons. 15/11/1950 172 Ass. 4/2/1951 71 La Cerea 1945-1997 da un contributo pubblico: L’assemblea approva all’unanimità i due bilanci e plaude agli Amministratori che hanno saputo con saggezza portare in attivo i bilanci sociali, e fan voti che il bilancio dell’anno in corso si chiuda con un attivo maggiore. Al di là dei voti augurali i soci non fecero nulla perché il loro auspicio si realizzasse e, specialmente, non misero mano alla borsa lasciando inalterata a 12.000 lire la quota per il 1951. Il bilancio di quell’anno si chiuse così in passivo, anche se è giusto ricordare che furono fatte grandi spese per comprare un quattro con ed una jole: Il bilancio, incassando le quote dei soci morosi, si potrà chiudere alla pari173. Ma era realistica la speranza di incassare quelle quote? Pare di no. Pochi mesi prima, nella seduta di consiglio del 7 settembre 1951 Borghero aveva esposto la situazione finanziaria definita assai soddisfacente, ma che potrebbe ancora migliorare se si potessero incassare le quote sociali degli anni 1949 e 1950; fu anche deciso di affidare le pratiche al socio Avv. Caldi Scalcini perché agisse legalmente, ma sembra assai improbabile che persone morose sin dal 1949 abbiano poi deciso di pagare le quote di tre anni nel corso del 1952. Ed il bilancio risultò quindi in passivo, nella realtà. Negli anni successivi diminuì l’attenzione per gli aspetti finanziari, argomento che sostanzialmente scomparve dalle discussioni di Consiglio e fu presente in Assemblea solo per registrare l’approvazione unanime dei bilanci. La quota per il 1953 fu elevata a 16.000 lire su richiesta del Presidente Boccalatte che lamentò il continuo aumento delle spese; l’assemblea discusse l’aumento, perché Bartolini voleva raddoppiare la quota allora vigente, mentre l’avv. Lera era contrario agli aumenti; e furono i soci a stabilire che le maggiori risorse derivanti dall’aumento votato fossero destinate a riparazione sede, concorso gare e per spese di rappresentanza174. Ma nonostante il voto dell’assemblea, quando nella riunione di consiglio del 10 luglio 1954 si discusse l’invio di un equipaggio ai Campionati Italiani a Pallanza e l’acquisto di 10 voghe, il cassiere Girardi fece presente la difficoltà, per non dire l’impossibilità, di affrontare la spesa, sia per inviare gli equipaggi a Pallanza che per gli acquisti. Segno inequivocabile di una ristrettezza economica oggi impensabile, superata da Derossi con l’offerta di pagare il necessario. Il silenzio calato sugli aspetti economici della gestione è forse conseguenza dell’abitudine di Derossi di far fronte direttamente alle necessità finanziarie della Cerea, e nel contempo è spia del decadimento cui la società si avviava; sempre più i soci si affidavano al Presidente, confidando nel fatto che egli pagasse personalmente anche i costi della loro permanenza in società, nel contempo manifestando disinteresse per la risoluzione dei problemi. La prova di quanto detto è contenuta nel verbale d’assemblea del 9 marzo 1955, ove Derossi annunciò di versare altre 400.000 lire per l’acquisto dell’otto. Era quell’otto che nel 1954 costava 800.000 lire, lo vedremo nel capitolo V; già in precedenza il Presidente aveva pagato parecchio, lo dimostrano le parole “altre 400.000 lire”. La somma era davvero ingente visto che due anni prima la quota era di 16.000 lire; il seguito della verbalizzazione, già citato nel primo capitolo, merita di essere ricordato a dimostrazione della mancanza perfino del pudore: Detto versamento però resterà assorbito per le migliorie estetiche della società. Il cassiere Girardi 173 Ass. 2/12/1951 174 Ass. 8/2/1953 72 La Cerea 1945-1997 Mario, ringraziando, chiede che la suddetta cifra venga subito versata nelle casse della società per far fronte all’eventuale pagamento dell’affitto dei locali. Il Presidente acconsente. Il nesso logico tra così diverse affermazioni non contava, occorrevano i soldi, e subito. E poco dopo, nel discutere il bilancio preventivo per il 1955: Il comm. Bartolini propone una sottoscrizione fra i soci. La cifra raccolta verrà aggiunta a quella stanziata dal Presidente per l’abbellimento della società (Ma non era per l’otto?). L’assemblea demanda alla Direzione l’incarico di far fare un preventivo delle spese e di studiare un piano per trovare i fondi necessari. E che piano potevano mai studiare i dirigenti, se non invitare i soci a metter mano alla borsa? Ogni socio sapeva benissimo che quello era l’unico modo possibile per trovare i fondi necessari; l’invito al Consiglio a studiare un piano era, in realtà, l’invito a Derossi a pagare di persona, sola possibile alternativa al far gravare sui soci i costi della Cerea. E’ chiaro allora perché non si discuta più di soldi: il passivo di bilancio era un problema del solo Derossi, che aveva anche battezzato con l’eufemistico termine “fondo personale” i soldi che egli versava alla Cerea: Il Presidente, non essendo stato utilizzato il suo fondo personale di L.400.000, lo rimette a disposizione della società per il 1957175. Quando l’avv. Lera plaudendo all’amministrazione della Direzione propone venga approvato all’unanimità il bilancio, non si complimenta con i consiglieri, che le circostanze hanno spogliato di responsabilità e meriti, ma con Derossi. Se c’è chi paga a piè di lista, amministrare è facile. I soci poi erano pochi, ed i morosi continuavano ad essere compresi nel numero dei soci indicato nei documenti. Nel corso dell’assemblea del primo dicembre 1957 fu precisato, su richiesta dell’avv. Lera, che i soci effettivi erano 74, 12 gli anziani e 6 i benemeriti, ma i morosi erano debitori di 200.000 lire; non conosciamo l’ammontare della quota, ma non si sbaglia di molto pensando che i morosi fossero una dozzina, ed è chiaro che di quella somma si recuperò poco o nulla. Benché nei verbali di quegli anni non si dica quale fosse la quota sappiamo che nel 1957 e 1958 fu applicata la quota straordinaria di lire 2.500 annue176. Di quegli anni sappiamo piuttosto poco, salvo che furono anni di immobilità sul piano sportivo e dell’acquisto barche, così come dei lavori di manutenzione dello stabile. Quella condizione di immobilismo giustifica e spiega le notizie apparentemente contradditorie che ci vengono dai verbali. Le quote erano sempre modeste: Il Presidente chiarisce pure il punto riguardante la quota sociale che per ora è contenuta nei limiti minimi che una società come la Cerea possa richiedere; eppure l’assemblea plaudì alla constatazione che il bilancio consuntivo del 1957 si chiuse con un attivo di circa 100.000 lire177. La presenza di un attivo non era quindi segno di salute né di buona amministrazione, indicava l’assenza di spese conseguente alla mancanza di investimenti; nella stessa assemblea che aveva plaudito all’esistenza di quell’avanzo di cassa si fece una colletta, che fruttò 70.000 lire, per l’acquisto di un frigo; e fu necessaria la sottoscrizione volontaria 175 Ass. 3/2/1957 176 Cons. 24/2/1958 177 Ass. 23/3/1958 73 La Cerea 1945-1997 perché il Direttivo non volle provvedervi, come se un frigorifero fosse nel 1958 un inutile lusso. Nel contempo il comm. Girardi chiese che si aumentassero le quote date le scarse possibilità finanziarie178. Erano i momenti in cui si discuteva della diversità di quota esistente alla Cerea rispetto al Circolo della Stampa, di cui abbiamo parlato nel I capitolo, e da quelle discussioni sappiamo che la quota sociale per il 1958 era di lire 18.000, aumentata a 24.000 per il 1959. Ma ricordando che la quota pagata dai soci del Circolo della Stampa era di 40.000 lire, ben si capisce quanta fosse la strada da percorrere per riportare la Cerea al livello delle altre società. I soci però non desideravano una svolta, anzi; alle preoccupazioni per eventuali aumenti di quote si univa una morosità diffusa, perdurante fino ad ottobre: Il sig. Contano interpellato dichiara che al momento attuale la situazione amministrativa è deficitaria e che la maggioranza dei soci è in ritardo con il pagamento delle quote179. Segni evidenti di disinteresse nei confronti della società, giustificabili forse per il fatto che, in quell’anno, Derossi insisteva per fondere la Cerea con il Circolo della Stampa; la fine della Cerea sembrava vicina. La sola proposta per smuovere una situazione di crisi evidenziata dalla scarsità dei soci venne da Ponte, che nella riunione di Consiglio dell’8 febbraio 1960 propose, con l’appoggio di Contano e di Savio, di sospendere il pagamento del buon ingresso per favorire l’accesso di nuovi soci, ma Girardi, Nosenzo, Crovella ed in seguito Derossi furono contrari. Le difficoltà economiche furono così superate grazie al fatto che Derossi pagava tutto, o quasi. La Cerea era sempre più dipendente dal Presidente: si pensi che l’assemblea per approvare il bilancio preventivo per il 1961 si tenne l’11 giugno del 1961, ed in assenza di Derossi, impedito come spessissimo accadeva anche nelle rare riunioni di consiglio. Visto che la situazione economica era sempre difficile, come avrebbe potuto sopravvivere la società per ben sei mesi se non avesse pagato tutto il Presidente? Perché se a giugno bisognava ancora stabilire l’ammontare della quota, nessuno aveva pagato nulla, e questo a metà dell’anno! Ma tale situazione non disturbava affatto i soci. Anzi, ricorda Soave che la maggior parte dei soci fino agli anni ‘70 pagava la pur modesta quota in tre rate quadrimestali. In quell’assemblea dell’11 giugno però non ci si limitò ai consueti ringraziamenti a Derossi, in quell’occasione motivati dal pagamento di lavori di ristrutturazione: L’assemblea, preso atto del munifico gesto del suo Presidente ing. Derossi per i lavori di costruzione fatti eseguire invia il suo più vivo plauso e il suo affettuoso ringraziamento; anche ai soci fu chiesto qualche sacrificio, una quota straordinaria di 6.000 lire pagabile in tre mesi ed un prestito per ripristinare i locali con obbligo di prestito di almeno 20.000 lire per ogni socio. Quasi tutti i soci risposero alla sottoscrizione obbligatoria180 ed i soldi così raccolti furono impiegati per iniziare i lavori di sistemazione dei locali, ma i problemi finanziari non erano risolti, e Derossi continuò a pagare: Il socio Biancotti si fa interprete di un voto di plauso dell’Assemblea nei riguardi dell’ing. Derossi 178 Cons. 6/10/1958 179 Cons. privo di data, ma situabile nella primavera del 1959 180 Ass. 8/4/1962 74 La Cerea 1945-1997 per il suo sacrificio personale per il rinnovo di parte degli impianti sociali181; La stampa delle monografie e la nuova balaustra sul terrazzo sono state offerte dal Presidente Ing. Derossi (applausi)182. I soci non si rassegnarono ad adeguare le quote sociali ai costi della società, tanto che per il 1963 essi non vollero aumentare il costo dell’associazione, eppure confermarono la quota straordinaria di 6.000 lire; non dimentichiamo che l’associazione al Circolo della Stampa costava, nel 1958, 40.000 lire mentre oggi le quote dei due circoli sono sostanzialmente uguali. La quota per i nuovi soci fu fissata in sole 12.000 lire, esentandoli anche dalla quota straordinaria; se la facilitazione ai nuovi soci poteva avere il significato di un incentivo alle nuove iscrizioni è invece incomprensibile il rifiuto di adeguare le quote ai costi, e così accettare una realtà economica evidente. Tanto più che la quota modesta non garantiva neppure tempestività nei pagamenti e correttezza nei confronti della società, visto che il 7 dicembre 1962 il cassiere Savio comunicava che numerosi soci non avevano ancora pagato la quota e Girardi avvisava che sei soci non avevano ancora pagato le carature obbligatorie. Come la Cerea abbia potuto poi restituire il prestito ai soci non si sa, ma fu assunta la decisione di iniziare il rimborso a sorteggio dalla fine del 1963. Il prestito fruttò alle casse circa 2.400.000 lire, e 2.297.000 lire furono impiegate in lavori; l’assemblea del 17 gennaio 1965 decise di inviare una comunicazione ai singoli soci per sapere se essi ne volessero la restituzione o vi rinunciassero. Le cose andarono per le lunghe perché nell’Assemblea del 19 dicembre 1965 i soci deliberarono il rimborso delle 63 carature ancora esistenti a debito della Cerea; con quali soldi si potesse provvedere è ignoto. Alle perenni difficoltà si aggiunse anche la latitanza del Presidente, assente per lunghi mesi dalle riunioni di Consiglio, anche se talora inviava telegrammi di saluto da Londra183; la sua assenza generava gravi problemi perché, in realtà, Derossi non era un primus inter pares ma il vero e solo detentore del potere. La prova dei disagi viene dal verbale di consiglio del 31 gennaio 1964: il Consiglio, su richiesta del tesoriere Colombo, concede a lui l’apertura di un conto corrente per il versamento delle quote esatte, in attesa della lettera di delega del Presidente che lo metta in condizione di servirsi del conto corrente della Società. Derossi era partito senza delegare il nuovo tesoriere che, poveretto, non sapeva che fare dei soldi che incassava. Ma chi poteva avanzare critiche? Il Presidente consegna al Vice Presidente Ponte del materiale dal quale risultano le spese da lui sostenute a titolo personale, anche in occasione del Centenario,con lettere di accompagnamento in data 14/3/1964 per un importo complessivo di L. 6.512.390, spese che dovranno essere messe in evidenza, allo scopo di parare una presunta pretesa del Municipio di associare alcuni suoi dipendenti grazie alla inesistenza di opere migliorative184. E’ chiaro che quando Ponte lo annunciò all’assemblea il bilancio, come sempre, fu approvato all’unanimità. 181 Idem 182 Ass. 3/3/1963 183 Cons. 17/1/1964 184 Cons. 3/4/1964 75 La Cerea 1945-1997 Di fronte ad esborsi così pesanti, al regalo da parte del Presidente dell’astronomica somma di 6.500.000 lire, pare davvero poca cosa la proposta di aumento della quota per il 1965 a lire 36.000, somma che il consiglio decise di portare all’approvazione dell’assemblea tenuto conto delle quote che nelle altre società di canottaggio torinesi vengono pagate annualmente185, e pare davvero incomprensibile con quale coraggio i soci decisero di limitare la quota a 30.000 lire, oltre alla quota straordinaria di 6.000 lire186. Il risultato non cambiò, perché ogni socio versò le 36.000 lire richieste, ma quella decisione inaugurò quella davvero curiosa forma di ipocrisia in forza della quale non si ammetteva di stabilire la quota nella misura opportuna, ma si accettava di versare lo stesso importo con un artificio logico; eppure i soci adottarono con passione l’abitudine di pagare una quota modesta cui si aggiungeva regolarmente una quota straordinaria, e la fecero diventare una consuetudine interrotta solo con la presidenza di Giorgio Ponte. Seguirono alcuni anni di apparente tranquillità economica: nei verbali di consiglio scompare ogni accenno alle finanze dal 1966 al 1968, forse perché la inattività della società comportava costi modesti. Ma non mancano segnali contrastanti, indice di una certa approssimazione: nel corso dell’assemblea del 12 marzo 1967, presenti 15 soci, si festeggiò un consuntivo con un attivo di oltre un milione, ma nel contempo si decise di iniziare ad accantonare 500.000 lire per la liquidazione del custode, cosa prima mai fatta; qualche mese dopo Casalis, in consiglio, affermò che il bilancio si presentava abbastanza positivo, ma che vi era un deficit per l’acquisto di materiale nautico per coprire il quale si impì¥Á 185 Cons. 16/9/1964 186 Ass. 17/1/1965 76 La Cerea 1945-1997 77 La Cerea 1945-1997 ?? Î ammontava a 48.000 lire; e non dimenticare i numerosi dirigenti Microtecnica ai quali veniva offerta l’associazione, a spese della Microtecnica. In mezzo a tanto disagio economico resisteva però una voce di spesa eliminabile: nel 1969 D’Alberto propose per ragioni di stretta economia di abolire il segretario stipendiato188. Poiché i soci erano un centinaio c’era sicuramente lavoro di segreteria, ma erano pur sempre anni in cui si rinunciava alla manutenzione delle barche per risparmiare ed in cui la spesa per l’agonismo era praticamente assente, così come quella per la manutenzione della palazzina; il segretario costituiva un sollievo per i consiglieri, ma se ne poteva fare a meno, e fu eliminato fino ai primi anni ‘90, allorché Cino Costanzo fu ricompensato per la sua attività. Se però negli anni ‘90 la Cerea non aveva problemi economici ed era in fase di sviluppo, allora invece l’assemblea discuteva sul reperimento di fondi per il decoroso mantenimento della vita sociale189, e ci si avvicinava ad uno dei momenti più critici della vita della Cerea, testimoniato dalla volontà della direzione di eliminare il ristorante per risparmiare e dalla decisione di convocare un’assemblea straordinaria per mettere tutti i soci (con lettera raccomandata) di fronte alla reale situazione finanziaria della società. Ebbene, alla successiva assemblea dell’8 marzo 1969 si presentarono solo 20 dei 97 soci, oltre a tre rappresentati per delega; si ritornò a discutere dell’insufficienza delle quote: Il V. Presid. Casalis comunica che le quote pagate dalle altre società sono tutte più alte da parecchi anni. Ed è per questo motivo che la nostra società dalla prima è passata all’ultimo posto tra le consorelle. I soci avanzarono dubbi sul rischio che un aumento provocasse l’ulteriore diminuzione dei soci, sulla possibilità giuridica di decidere un aumento ad anno già in corso, ma infine accettarono quell’aumento che il Consiglio considerava appena appena sufficiente per mantenere il decoro sociale, e la quota fu così portata a 60.000 lire annue. Chi non sia giovanissimo può valutare quanto modesta fosse la somma accettata con tanta difficoltà dai soci, perché nel 1969 un pranzo in un medio ristorante costava 3-4.000 lire ed un apparecchio radio - registratore portatile giapponese ne costava 80.000; in base ai dati ISTAT le 60.000 di allora varrebbero oggi 796.000 lire. Oltre che con l’avarizia i soci contribuivano alle pene della Cerea con i ritardi nel pagamento della quota, basti vedere la situazione nel settembre di quel 1969: In cassa vi sono L. 315.000 mentre da incassare vi è un ammontare di 800.000 lire190. 187 Ass. 25/2/1968 188 Ass. 22/2/1969 189 Idem 190 Cons. 23/9/1969 78 La Cerea 1945-1997 In quegli anni esisteva anche una categoria di soci sostenitori, cioè di soci disposti a pagare una quota maggiorata. Stranamente non compare nei verbali alcun riferimento alla decisione di costituire quella nuova categoria e neppure si specifica mai quale fosse il rapporto tra la quota ordinaria e quella del sostenitore, esempio ulteriore della vaghezza dei verbali. Però sono numerosi i riferimenti all’esistenza della categoria, dall’assemblea del 25 febbraio 1968 nel corso della quale Bonetto esortò i soci a non far pesare i costi sociali sulle spalle dei soliti pochi, ottenendo l’adesione al passaggio di categoria dai soci Casalis, Ambrosini, Colombo, Rossetti, Schindler, Taricco, Fungo, Bobba, Moretti e Savio, al socio Parena che vi aderì l’anno successivo, alla decisione del socio Colombo di rinunciare alla differenza tra un credito di 200.000 lire e quanto dovuto per quota sociale e sostenitore 1969191. La gravità della situazione emerse nel corso dell’assemblea del 7 marzo 1970, ove il bilancio preventivo con previsione di un deficit di mezzo milione fu ritenuto troppo ottimistico da Bobba e Colombo che notarono l’assenza di ogni spesa per rappresentanza ed iscrizione a regate. In quell’occasione furono varate alcune modifiche statutarie per facilitare l’iscrizione di nuovi soci: i soci juniores avrebbero pagato un quinto della quota ordinaria, sarebbero stati ammessi gruppi aggregati alle condizioni stabilite dal Consiglio e per due anni ai nuovi soci sarebbe stato concesso di pagare solo metà quota. Ma la prospettiva immediata era tale che fu messo bene in chiaro che l’eventuale disavanzo di fine anno dovrà essere coperto da tutti i soci con quote uguali pro capite. Sfuggiva ai soci che l’ostacolo alle nuove iscrizioni non era dato dalla quota invero modesta, ma dalla povertà causata proprio dalle quote basse; eppure essi vedevano come le consorelle non vivessero le difficoltà della Cerea, pur avendo quote superiori, ma si ostinarono a pensare che esistesse una potenziale utenza interessata a servizi scadenti purché il costo fosse basso. A fine 1970 i soci effettivi erano 53 compresi i 18 della Microtecnica, 6 erano gli anziani che pagavano metà quota, 15 i benemeriti che non pagavano; nel 1971 si aggiunsero 17 nuovi soci e 4 juniores, con un incremento di soci significativo ma non sufficiente a cancellare le sofferenze della Cerea. Nel 1971192, dopo aver intimato lo sfratto a tutte le società di canottaggio, il Sindaco Porcellana pretese dalle società rivierasche la complessiva somma di 180 milioni per rinnovare i contratti per altri 15 anni; per far fronte alla quota gravante sulla Cerea furono presi contatti con il San Paolo , ma il rimborso del prestito ottenuto comportò la restituzione di 510.000 lire per 15 anni. In realtà il mutuo fu stipulato tra Comune e Banca, sicché la Cerea pagò quel canone annuo alla Citt à193. Il 1971 fu un anno importantissimo perché, dopo 25 anni, Derossi lasciò la Presidenza e la circostanza era destinata ad avere riflessi anche sul piano finanziario; nell’immediato nulla mutò, anche perché la Microtecnica continuò a pagare l’associazione a 18 dirigenti e Derossi certamente continuò a ripianare i bilanci passivi. 191 Cons. 30/10/1969 192 Cons. 9/11/1971 193 Ass. 4/12/1971 79 La Cerea 1945-1997 Di quell’anno ci sono rimasti anche i registri contabili (dal 1971 al 1975) sicché è possibile esaminare più in dettaglio le entrate e le spese della Cerea, anche per valutare se e quanto sia cambiata la composizione dei flussi di cassa oggi rispetto ad allora. La quota per il 1971 era sempre di 60.000 lire, ferma da tre anni, ed il suo valore attualizzato al 1998 corrisponde a sole 722.000 lire, ridotte alla metà per i nuovi soci; la pochezza della cifra trova conferma da un raffronto con i prezzi dell’epoca, perché la quota intera corrispondeva a 3,5 abbonamenti alla RAI, a due terzi del compenso netto mensile di 85.000 lire versato al custode; l’inserzione per cercare un custode costò 8.000 e le pile per il megafono 500. La Cerea incassò per quote 3.440.000 lire, cui si aggiunsero oblazioni per lire 1.215.000, quote dell’anno successivo pagate anticipatamente per 350.000 lire, 300.000 dai pescatori alla mosca, 195.000 da quote arretrate, 619.000 dal coperto del ristorante, 73.000 dal biliardo e 79.000 da vendite di vestiario, per un totale di 6.271.000 lire. Le spese furono di pura sussistenza: 221.000 di gas, 348.000 di luce, 566.000 di riscaldamento manutenzioni comprese, 34.000 di acqua, 74.000 per spese di rappresentanza, 102.000 di assicurazioni, 1.354.000 al custode, 270.000 all’allenatore Bouquié, 110.000 alla FIC per l’iscrizione, 302.000 di manutenzione barche ivi comprese 90.000 lire a Bouquié quale stipendio fisso per l’incarico, 831.000 per manutenzione stabile e varie, 37.000 per la segreteria, 383.000 di affitto, 437.000 di tasse, 30.000 per iscrizione a regate e 65.000 per le gare di bocce, 500.000 per le varie. Nulla fu speso per l’acquisto di materiale, mentre la principale voce di spesa era quella del custode che assorbiva il 20% degli incassi; l’agonismo era praticamente assente. Nel 1972 fu ripresa l’abitudine di esigere un compenso per il ricovero di barche private,fissato in 6.000 lire; la quota ordinaria restò a 60.000 per il quarto anno consecutivo, ma fu applicata una quota straordinaria di 10.000 lire. I criteri amministrativi applicati dai dirigenti lasciano perplessi: D’Alberto su richiesta di alcuni soci precisa che le eventuali spese straordinarie che superassero le previsioni verranno coperte con aumento di numero di soci e con l’utilizzo di fido bancario194 ; ma la scarsità dei soci non era il frutto di una scelta, e la Cerea non riusciva a trovare nuovi iscritti! I dati di bilancio non ebbero spostamenti degni di nota, come nei due anni successivi per i quali fu stabilita una quota di 70.000 lire oltre ad una quota straordinaria di 10.000; per quanto i dati Istat siano scarsamente significativi può essere utile sapere che la quota complessiva del 1975 corrispondeva ad attuali 590.000 lire, ma la quota intera fu pagata solo da 43 soci effettivi perché i 18 della Microtecnica furono di fatto esonerati dalla quota straordinaria, i 4 anziani pagarono metà quota e solo 6 dei 15 benemeriti pagarono le 10.000 quale loro esclusivo contributo; per fortuna c’erano ben 33 non effettivi a pagare metà quota ordinaria, ma non c’era davvero da scialare. Aumentarono le spese fisse perché il custode Aldo Tagliente percepì in quel 1975 100.000 al mese oltre a 25.000 di contributi, Bouquié passò a prendere 50.000 mensili per la manutenzione delle barche ed un certo Michele incassava circa 40.000 al mese per le pulizie; arrivò anche il nuovo allenatore Zeppegno che 194 Ass. 18/3/1972 80 La Cerea 1945-1997 incassava ben 125.000 lire mensili, in quell’anno versate però da Ventavoli come oblazione mensile. Dal 1975 aumentarono anche le spese destinate all’agonismo, che si allinearono a quelle per la partecipazione alle gare di bocce, prima ben superiori, salendo a circa 700.000 lire nel 1975 ed a 2.800.000 nel 1976. Nel 1976 la situazione finanziaria risultava abbastanza rosea195 e ciò, unitamente all’ aumento dei prezzi che in quegli anni si verificava, consigliò consistenti aumenti ai collaboratori: il compenso per le pulizie a Michele passò da 40 a 60.000 mensili e lo stipendio di Bouquié salì a 100.000 lire al mese. Per far fronte alle nuove spese ed alle uscite destinate all’agonismo il Direttivo stabilì 196 che oltre alla quota ordinaria di lire 70.000 i soci versassero 30.000 lire di quota straordinaria. Anche grazie a tale aumento gli incassi superarono i 19 milioni, il triplo di quanto si incassò sei anni prima; ma ben 5 milioni furono versati dai soci a titolo di oblazione, a dimostrare come non fosse affatto raggiunto l’equilibrio economico. Anche negli anni successivi si risentirono gli effetti della ripresa di attività e della svalutazione attraverso un aumento dei costi che rese necessari nuovi aumenti di quota: nel 1977 i soci pagarono 100.000 lire oltre a 30.000 di straordinaria197 ma questo sforzo non bastò a pareggiare i costi, tanto che nella riunione di consiglio del 18 gennaio 1978 si fece il punto sul consuntivo per il 1977 e si accertò che se si fossero incassate quote arretrate per circa due milioni il deficit di gestione si sarebbe attestato sui 2,6 - 2,7 milioni. L’esplosione dei costi dipendeva principalmente dalle spese per l’agonismo e per le barche, voci di spesa per lunghi anni quasi inesistenti; eppure nella stessa riunione del 18 gennaio Pantaleoni esponeva il problema sorto per la richiesta di aumento degli emolumenti dell’allenatore. Lo stesso Pantaleoni contatterà il medesimo proponendo una nuova formula sui premi - gara, facendo nel contempo presenti le condizioni non floride della Società. Zeppegno era infatti pagato in base a stipendio mensile ma anche sulla base di un punteggio elaborato da Ventavoli nel 1976; gli eccellenti ed imprevisti risultati agonistici di quegli anni fecero così lievitare i suoi compensi, tanto che negli anni ‘76 - ‘78 i suoi compensi annui si aggiravano intorno ai 4 milioni annui, come vedremo nel capitolo dedicato al canottaggio. La sproporzione tra il costo dell’allenatore e l’ammontare della quota è impressionante: le quote di 30 soci erano destinate a compensare Zeppegno ed i soci erano poco più di 60; ma anche negli attuali tempi relativamente opulenti la società non potrebbe destinare all’allenatore 40 milioni, pari a 30 quote sociali. La situazione non migliorò ed all’inizio del 1978 ci si preoccupò anche della ricerca di entrate a copertura del passivo previsto per il 1978198, ma le iniziative furono principalmente tese a ferrei contenimenti della spesa, anche sulle minime manutenzioni; e se furono aumentate notevolmente le tariffe di posteggio barche (30.000 i singoli e 50.000 i doppi) anche il compenso di Bouquié salì da 100.000 a 150.000 mensili. 195 Cons. 12/1/1976 196 Cons. 8/4/1976 197 Cons. 28/9/1977 198 Cons. 11/2/1978 81 La Cerea 1945-1997 I verbali del direttivo nel corso del 1978 recavano parecchi allarmi per lo stato delle finanze sociali, appesantite da ritardi nei versamenti delle quote, dalla probabile perdita definitiva di quote per 4.100.000 che nell’agosto sembravano difficilissime da incassare, dal modestissimo numero di soci effettivi - non più di 66 - dal taglio apportato ai rimborsi erogati dalla Federazione. Soave propose all’assemblea del 24 aprile 1979 l’individuazione di una quota armadietto per chi usa abitualmente spogliatoi e docce; un criterio oggi normale e teso ad ottenere un maggior contributo da chi usa più assiduamente i servizi sociali. Eppure, nonostante la terribile situazione finanziaria della società l’assemblea respinse la proposta, e lo fece con una buona dose di ipocrisia: per motivi connessi con la difficoltà di individuare esattamente i soci utilizzatori di tali servizi dagli altri, la proposta non viene accolta. Parliamo di armadietti che non si muovono, non dimentichiamolo! E’ difficile comprendere la ritrosia dei soci nel pagare una quota adeguata ai servizi loro erogati, e non si capisce perché i dirigenti, che quotidianamente vivevano in prima persona le pene di una sopravvivenza misera, non contrastassero affatto l’avarizia dei soci. Basti vedere la differenza tra quanto veniva detto in consiglio ed in assemblea: Consiglio del 17 gennaio 1979: Per il 1979 si partirà con un passivo di 1,5 ML circa; considerate le possibili entrate (ivi comprese quelle che avrebbero dovuto essere destinate all’acquisto di imbarcazioni) e le spese fisse, resta l’alternativa di destinare tutte le altre risorse alla manutenzione straordinaria dello chalet e cercare nuovi fondi per il canottaggio (5/6 ML) o sovvenzionare il canottaggio e trovare per vie traverse (rinvio al 1980?) i soldi necessari alla manutenzione straordinaria. Per il momento cercheremo di raccogliere possibili preventivi per i lavori di decorazione e per la sostituzione delle sedie. Come si vede le manutenzioni straordinarie erano cose non gigantesche ed indispensabili, perché le sedie erano già state rattoppate in economia qualche anno prima. E veniamo alla successiva Assemblea del 24 aprile: Da parte di parecchi soci si avanza proposta di aumento della quota sociale, magari ancorandola all’indice di variazione del costo della vita; a questo proposito, pur se in contrasto con il formale impegno assunto dal Consiglio Direttivo di non aumentare la quota associativa nel corso del 1979, l’Assemblea da mandato al Consiglio Direttivo stesso di applicare una quota integrativa nei tempi e nell’entità che riterrà necessaria a colmare il disavanzo di gestione. E perché mai il Direttivo si era formalmente impegnato a non aumentare le quote? Come gestire una società in cronico passivo, ed in anni di svalutazione sensibile, senza aumentare quote insufficienti già in partenza? Insomma, l’inevitabile aumento fu proposto dai soci, pur così risparmiatori, e quasi imposto al riluttante consiglio. E si noti che la quota era davvero modesta, perché quella per il 1980 ammontava a 200.000 lire199, pari a 680.000 attuali in base all’ISTAT; anche a prendere con le molle i dati ufficiali sull’incremento del costo della vita, scarsamente attendibili, l’inadeguatezza di quell’importo è evidente, anche a tener conto del fatto che la Cerea era in condizioni di fatiscenza e la quota doveva tener conto della scarsa appetibilità dell’associazione. D’altronde, se non si versano i soldi per sostituire le sedie rotte e si pretende di pagar poco perché non ci si può più sedere, si entra in un circolo vizioso senza uscita. 199 Ass. 4/12/1979 82 La Cerea 1945-1997 Il preventivo del 1980200 indicava entrate per 25.150.000 ed uscite per 26.500.000, quasi un milione e mezzo di passivo che si sperava però coperto da oblazioni ulteriori; oblazioni che non giunsero, o che furono insufficienti a coprire il passivo di gestione: Per la copertura del disavanzo del 1980 vengono fatte le seguenti proposte: Il Consiglio: pagamento di una quota straordinaria di £ 50.000 a norma dell’art.9 dello Statuto sociale; Il socio sig. Marzano: pagamento anticipato di 5 quote associative finalizzate al rilancio dell’attività agonistica; Il socio sig. Rosso: una quota straordinaria di £.100.000; a maggioranza l’assemblea delibera l’applicazione della quota straordinaria nella misura di lire 50.000 ed il riporto a nuovo della quota di disavanzo residuo201. La quota straordinaria era pari al 25 % dell’importo associativo annuale, eppure quello sforzo non bastò a colmare il disavanzo, d’altronde esattamente previsto nel preventivo. Eppure non c’erano spese di peso particolare, o di genere straordinario; vediamo il preventivo, visto che non ci è arrivato il consuntivo del 1980: la spesa prevista era di 26.500.000 lire, e ben 4.000.000 andavano all’allenatore Zeppegno, mentre la spesa per Bouquié era indicata in 3.000.000. Acqua, gas, luce e riscaldamento dovevano assorbire 6.300.000, affitto ed assicurazioni 1.650.000, manutenzione chalet e giardino 4.400.000, la pulizia 1.500.000, la riparazione barche (da aggiungere alla voce relativa a Bouquié) lire 1.500.000, la partecipazione a regate, visite mediche e iscrizione FIC 3.500.000, 650.000 quale acconto per l’otto Outrigger (lo Spring). Le entrate erano previste in 25.150.000, ben meno delle spese, e ne facevano parte oblazioni per 2.000.000 e quote arretrate per 1.300.000, voci di entrata per niente certe. Non c’era alcuno spazio per investimenti, né in barche né sulla palazzina. Appare del tutto sproporzionato il compenso all’allenatore Zeppegno, sia in relazione al fatto che il suo costo assorbiva quasi il 20% delle entrate, sia perché il compenso del tecnico era pari a 20 quote ordinarie. Zeppegno era sicuramente un bravo allenatore, ma l’insostenibilità di quella spesa pare evidente. Non indifferente era anche il compenso versato a Bouquié, e nel complesso gli stipendi assorbivano ben 7 milioni. Curiosamente poi la difficilissima situazione finanziaria della Cerea non trova alcuno spazio nei verbali di Consiglio, ove non si trova eco di discussione sulle possibili vie d’uscita. O meglio, mancano gli allarmi ma compaiono decisioni destinate ad incrementare gli introiti: Il Consiglio delibera di fissare una quota di acquisto, per i soci che lo desiderino, degli armadietti che verranno installati in lire 60.000, detta quota darà diritto all’uso dell’armadietto per tutta la durata del rapporto associativo. Viene deliberato l’ammontare da richiedere al Circolo della Vela per le riunioni del Giovedì in lire 2.000.000 per il 1981 202 ; un pesante rincaro per i velisti, che avrebbero dovuto pagare 10 quote, ed un modesto incasso dagli armadietti in proprietà perpetua. Tale era la situazione che il Direttivo fu costretto ad alienare un orologio fermacarte a sfera, probabile trofeo, al socio Allaria per 300.000 lire ed un tavolino a scchiera con gamba a treppiede al socio Crozza per 500.000 lire (testimonianza 200 Nella Cartella Doc.C.10 201 Ass. 4/6/1981 202 Cons. 9/10/1980 83 La Cerea 1945-1997 di Soave); nel contempo però furono dimenticate 70.000 lire di obbligazioni comunali che furono archiviate senza più incassare la cedola d’interessi scadente ad ottobre del 1980, ritrovate anni dopo ed ora conservate nei volumi di memorie storiche e fotografiche. La grande novità di quel periodo fu l’ingresso della ventina di nuovi soci che pagarono cinque annualità anticipate, perché anche sotto il profilo finanziario quell’evento ebbe rilevanti conseguenze. Inizialmente l’apporto di danaro permise di effettuare quelle ristrutturazioni indispensabili ed altrimenti impossibili da finanziare, ma in seguito la società ebbe 20 soci in più che pagavano solo la consueta quota straordinaria; e poiché, come abbiamo visto, la quota annua di 200.000 lire era del tutto insufficiente già nel 1980, quanto pagato dai nuovi soci si rivelò negli anni seguenti completamente inadeguato, cosicché la situazione finanziaria si aggravò ulteriormente. Le spese straordinarie furono importanti: nell’assemblea del 3 dicembre 1981 Roncarolo riferì che per il rinnovo degli impianti sono stati spesi più di 21.000.000. La quota restò immutata, come le tariffe di posto barca, fino a tutto il 1982, mentre passò a 300.000 per il 1983. Ma l’aumento fu tardivo. La decisione di portare all’approvazione dell’assemblea l’aumento della quota annua a 300.000 lire per il 1983 fu presa nella riunione di Consiglio del 25 marzo 1982, una settimana prima che l’assemblea approvasse il consuntivo 1981 ed il preventivo 1982; come mai allora occuparsi con un anno di anticipo della quota per il 1983 quando ancora bisognava approvare quella per il 1982? Potrebbe trattarsi di un eccezionale caso di precisa programmazione, ma è assai più probabile che il Consiglio Direttivo ben conoscesse la riottosità dei soci ad accettare un aumento di quota consistente. E’ in ogni caso difficile comprendere come i soci preferissero l’ipocrita sistema di vedersi applicare ogni anno la quota straordinaria, anziché rassegnarsi a pagare quanto necessario. Un’ulteriore circostanza giunse ad aggravare i disastrati bilanci della Cerea: la morte di Piero Derossi, figlio di Agostino. Piero aveva mantenuto la tradizione di pagare le 18 quote dei dirigenti Microtecnica, e si trattava di entrate importantissime per la società di quel tempo. I suoi eredi non avevano però alcun legame con la Cerea. Già a fine 1982 il tesoriere Corrado Giampiccolo aveva previsto un 1983 che purtroppo si presenta disastroso e già in rosso203. Alla morte di Piero Derossi la situazione si aggravò ulteriormente, come risulta dalla verbalizzazione del Consiglio: Giampiccolo chiede informazioni al sig. Raina circa il consueto contributo della Microtecnica per le solite 18 quote. La risposta è che nella migliore delle ipotesi si potrà far conto su 4 o 5 quote204. Il preventivo per il 1983 prevedeva infatti un deficit di 14.000.000, 21.000.000 di entrate e 35.000.000 di uscite, con un’incidenza di agonismo e manutenzione barche di 18.000.000; e tutto ciò pur calcolando l’aumento di quota a 300.000 lire, grazie al quale l’introito quote previsto per l’anno fu di 16.000.000. Eppure gli incassi previsti non coprivano che il 60 per cento delle spese ipotizzate. Il verbale dell’assemblea del 14 aprile 1983 ci fornisce poi la conferma che le quote Microtecnica mancarono completamente. 203 Cons. 2/12/1982 204 Cons. 3/2/1983 84 La Cerea 1945-1997 Il Consiglio Direttivo non sapeva davvero come trovare i soldi occorrenti per la normale gestione. Ricorrendo i 120 anni di vita della società, richieste di aiuto economico furono inviate al CONI regionale e nazionale ed alle autorità locali: alle lettere inviate dal Presidente era allegato un elenco di spese indicate come irrinunciabili per il proseguimento dell’attività sportiva205. Non risulta che le disperate richieste della Cerea abbiano avuto un qualche riscontro positivo. Il 1984 non si presentò sotto auspici migliori di quanto fosse stato per l’anno precedente, che pure si chiuse in pareggio, ed infatti l’assemblea del 29 marzo 1984 discusse non solo i bilanci, ma anche la richiesta del direttivo di deliberare una quota straordinaria di 100.000 lire per coprire il bilancio preventivo. Su questa situazione economica cronicamente pesante si abbatterono due ulteriori aggravi, il Pacchetto Donoratico ed il rifacimento dell’impianto elettrico. Con il nome di Pacchetto Donoratico si battezzò l’operazione con la quale Pantaleoni stabilì con quel cantiere la restituzione di vecchie barche e l’acquisto di un doppio, di un due senza, di un singolo e dei due canoini arancione, cui si aggiunsero un quattro ed un doppio comprati da Filippi, per una spesa di oltre 15 milioni. Il consiglio però decise di tenere la quota sociale per il 1985 inalterata a 350.000206, così come le tariffe di armadietti e posti barca, pur decidendo nel contempo di applicare la quota straordinaria di 150.000; ed in sede di discussione del bilancio preventivo per il 1985 i soci decisero che il deficit del preventivo 1985, di circa 6.625.000, viene rinviato al 1986 sotto la voce “riscontro passivo”207. E così all’inizio del 1985 si ipotecò l’ancor lontana gestione del 1986, per il rifiuto diffuso di prendere atto del fatto che la famiglia Derossi non c’era più, e che era quindi insensato rinviare la soluzione del problema nell’attesa di un nuovo impossibile mecenate. Se il consuntivo del 1985 registrò così un passivo di 5.500.000, il preventivo per il 1986 indicava in 23.000.000 il disavanzo. Il bilancio preventivo prevedeva infatti 23.000.000 di spese straordinarie per i lavori sullo stabile, pesantemente ristrutturato dal Comune ma con taluni interventi gravanti sui soci. Le entrate non erano neppur sufficienti a coprire le spese ordinarie, come è dimostrato dal fatto che ogni bilancio registrava consistenti crediti di Zeppegno e Bouquié, residui di trascorse gestioni208. L’assemblea del 25 marzo 1986 prese atto della decisione del Direttivo di applicare una quota straordinaria di 175.000 lire da aggiungere alla quota ordinaria di 350.000, e decise di coprire il disavanzo previsto per l’86 con il volontario anticipo di quattro annualità da parte di 10 soci; e si trattò di 2.000.000 a testa visto che si tenne conto del fatto che dal 1987 la quota ordinaria sarebbe salita a 500.000 lire. 205 Copie nella cartella Doc.C.10. Ci sono numerose versioni della lettera, con date vicine ma di identico contenuto. 206 Cons. 17/1/1985 207 Ass. 21/2/1985 208 Le spese per allenatori e barche erano preponderanti: nel 1985 furono spese per fitto e utenze 20 milioni, per manutenzione stabile, pulizie e assicurazioni 7 milioni, ben 45 milioni per acquisto e manutenzione barche ed agonismo. 85 La Cerea 1945-1997 Naturalmente quella decisione salvò nell’immediato le casse sociali, ma privò la Cerea di 10 quote dal 1987 al 1990, cosa grave visto che i soci paganti rimasero così solo 75. Il bilancio del 1986 fu però ancor più negativo di quanto il Consiglio avesse ipotizzato, perché l’impianto elettrico costò assai più di quanto preventivato. La situazione drammatica delle casse sociali portò anche alle dimissioni del Consiglio Direttivo ed a nuove elezioni, che si tennero nel marzo del 1987. Nel marzo 1987 c’erano in cassa 6 milioni e meno di 30 milioni era quanto si sperava di incassare dalle quote residue non ancora pagate, poco davvero visto che nell’anno precedente non erano bastati i 69 milioni incassati. Il licenziamento dell’allenatore Zeppegno e la drastica riduzione dell’attività agonistica, la politica della lesina, permisero di chiudere il 1987 con quasi 4.000.000 di attivo. Ma i risparmi furono davvero feroci: i consiglieri giunsero a consegnare direttamente molte lettere al fine di risparmiare il costo del francobollo. Rompendo l’antica tradizione le quote subirono progressivi e significativi aumenti: la quota per il 1988 fu elevata a 650.000 lire, ma fu poi mantenuta la promessa di non applicare quella quota straordinaria che era diventata così abituale da trovare indicazione dell’ammontare già nel bilancio preventivo; anche il costo dell’armadietto salì a 100.000 lire ed anche i posti barca rincararono. Non ci fu la temuta diminuzione dei soci, che anzi aumentarono notevolmente, superando il numero di 100 iscritti. E poiché anche il buoningresso era aumentato, tutto ciò permise di incassare oltre 106 milioni e di chiudere il bilancio in pareggio nonostante 32 milioni di spese per ristrutturare il salone e la cucina. Nel 1989 la quota salì a 700.000, il buoningresso a 500.000; e fu un altro anno eccellente dal punto di vista economico, perché gli incassi sfiorarono i 200.000.000, più del triplo di quanto la Cerea avesse “fatturato” solo due anni prima. I soci furono circa 120, ma importanza notevole ebbe l’entrata di 25 milioni (oltre IVA) assicurata dallo Sponsor Jura Gru, che prese con la Cerea un impegno triennale. La società viveva uno stato di benessere economico da moltissimi anni dimenticato, e fu così possibile riprendere in pieno l’attività agonistica, investire nell’acquisto di barche209 ma anche in importanti ristrutturazioni della palazzina210 e chiudere il bilancio con un attivo di quasi 8.000.000. I soci accettarono di buon grado il progressivo aumento della quota sociale, perché immediatamente si videro gli effetti positivi dei lavori che furono realizzati con quei mezzi finanziari. Anche la quota di buon ingresso fu adeguata progressivamente fino a raggiungere il costo della quota annuale, eppure ciò non frenò l’afflusso di nuovi soci, sicuramente ben impressionati dal fervore di restauri ed opere che riportarono la Cerea ad una condizione di decoro e piacevolezza. In applicazione di questi principi la quota per il 1990 salì a 800.000 ed il costo dell’armadietto a 120.000 lire, e l’anno si chiuse con un attivo di 14.600.000 lire. Grazie ai maggiori mezzi finanziari a disposizione l’incidenza delle singole voci di bilancio, in quegli anni, mutò radicalmente rispetto a qualche anno prima. Può essere interessante confrontare i bilanci del 1980 e del 1990. In dieci anni la 209 63 milioni tra barche ed agonismo 210 75 milioni per il tetto, la terrazza, la centrale termica, la cappa di cucina, arredi. 86 La Cerea 1945-1997 quota quadruplicò211, ma gli incassi da quote salirono da 20.000.000 a 135.000.000, le entrate totali da 25.000.000 a 195.000.000. Le uscite da 26.500.000 passarono a 181.000.000, ma anche la ripartizione percentuale delle spese variò in modo sensibile: nel 1980 le spese generali (affitto, gas, pulizia ecc) assorbirono il 43% delle uscite, 10 anni dopo solo il 21%. In dieci anni la voce relativa alla manutenzione della palazzina passò dal 15 al 30%, quella per l’acquisto e manutenzione barche dall’8 al 43%, quella per la squadra agonistica dal 29 al 13%; ma tenendo conto dei 25 milioni versati dallo sponsor l’agonismo non gravò per nulla sul bilancio, che anzi ne ebbe un beneficio. Non occorre poi sottolineare come l’incremento dei valori di bilancio abbia reso importanti le somme che la società poteva impegnare ogni anno, con il risultato di rendere possibili acquisti e lavori in grado di mutare il volto della Cerea. Nel 1991, per la prima volta, le spese superarono la cifra di 200 milioni. Gli incassi si fermarono invece a 190 milioni, più o meno come nei due anni precedenti, nonostante la quota fosse salita a 900.000 lire e l’armadietto a 130.000; parte della somma versata dal nuovo Sponsor Punto Computer, che assicurò per due anni il versamento di 25 milioni all’anno, furono incassati in parte solo nel 1992. Fu molto alta la spesa affrontata per il rifacimento del bar, tanto che le spese dedicate allo chalet superarono i 72.000.000; il passivo fu facilmente coperto utilizzando parte dei 26.000.000 risparmiati negli anni precedenti, e fu così possibile pagare in un solo anno un lavoro molto costoso. Un ulteriore incremento dei soci contribuì all’eccellente risultato economico del 1992, anno in cui le entrate balzarono a 262 milioni, con un attivo di gestione di 11 milioni. Quote, armadietti e posti barca212 fruttarono 176 milioni, 25 milioni arrivarono dai rimborsi FIC e CONI, 13 milioni dal ristorante; con simili entrate fu possibile incrementare il parco barche213, affrontare nuovi lavori di manutenzione e abbellimento della palazzina214, aumentare le spese per le trasferte e l’agonismo215. Proprio la disponibilità dei soci ad accettare aumenti di quota, pur in presenza di bilanci altamente positivi, fu il segno di un totale cambiamento di mentalità dei soci. E’ difficile capire come soci riluttanti ad accettare anche modesti aumenti di quota negli anni in cui gli stentati bilanci si chiudevano regolarmente in passivo, pochi anni dopo abbiano accettato di aumentare le quote anche quando i bilanci recavano dei consistenti attivi. Si trattò di una vera rivoluzione nel comportamento individuale e collettivo. Alla ferma decisione di lasciare inalterate le quote anche in tempi di alta inflazione, desiderata dai soci ed accettata dal Direttivo216, si sostituì una mentalità opposta; probabilmente questo cambiamento dipese da una iniziale accettazione della volontà del Consiglio, e 211 E salì ben più dell’indice inflattivo 212 La quota passò a 950.000, l’armadietto a 150.000 213 28 milioni 214 69 milioni 215 57 milioni 216 Si ricordino gli impegni del direttivo in tal senso 87 La Cerea 1945-1997 quando i soci videro quali fossero le positive conseguenze di una quota meno misera abbandonarono definitivamente quei criteri che, fino ad allora e per decenni, ne avevano dettato i comportamenti. Anche nel 1993 la quota salì, raggiungendo il milione, e l’armadietto toccò le 200.000 lire. Le entrate arrivarono a 237 milioni e le spese a 241. Fu invece il 1994 a consentire il superamento dei 300 milioni di giro d’affari. Le quote, con armadietti e posti barca,217 portarono nelle casse sociali 227 milioni; le oblazioni dei soci, un tempo indispensabili per pagare l’affitto e la luce, in questi anni conobbero però un prepotente ritorno. La cosa può sembrare strana, visto che le finanze della società godevano di un’agiatezza che permetteva costanti investimenti. Eppure Beppe Oddone -Spazzola- sollecitò la generosità dei soci ottenendo versamenti, di tutto rispetto, finalizzati all’acquisto di imbarcazioni. La Cerea, a partire dal 1988, acquistò ogni anno qualche imbarcazione incrementando così il parco barche a disposizione degli atleti e dei soci; l’ordine di spesa per anno era di circa 30-40 milioni, somma elevata ma insufficiente per riempire la rimessa di barche nuove. Beppe Oddone curava con passione e dedizione il cantiere, e vagheggiava la presenza alla Cerea di barche nuove e di alta tecnologia atte a coprire ogni esigenza; il suo programma prevedeva l’esistenza di barche per pesi leggeri e pesanti in ogni tipo di imbarcazione, e nel numero ritenuto opportuno per l’uso dei soci e degli atleti. Incapace di attendere i tempi fisiologici collegati alle necessità di bilancio, iniziò più collette che portarono alla Cerea oltre 40 milioni nel triennio 1993-95. Non fu il solo aiuto economico che agevolò la già brillante situazione dei conti sociali: molti soci contribuirono spontaneamente con versamenti, o con doni specifici, alla realizzazione di migliorie od all’acquisto di beni necessari. Sarebbe impossibile ricordare i tanti soci che contribuirono al benessere della Cerea degli anni ‘90, ma non si può tacerne l’importanza; i bilanci permisero di affrontare opere costose ma fu anche grazie a molti soci che fu possibile, in soli 10 anni, modificare sostanzialmente l’aspetto della società. Un esempio chiarirà come ciò avvenne: terminata la lucidatura del brutto palchetto del salone, Paolo Deleonibus trovò - come tutti - deludente e poco idoneo il risultato. Rimediò regalando alla società i numerosi tappeti persiani che ricoprono quasi interamente quel pavimento; è ovvio che la spesa per un acquisto del genere avrebbe costretto la Cerea ad impiegare quasi interamente le risorse di un intero anno destinate alla palazzina. 217 I costi stabiliti furono, rispettivamente, di 1.150.000, 200.000 e 250.000 88 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO V LE BARCHE Nei verbali sono davvero scarsi i riferimenti agli acquisti di nuove barche. Ciò può dipendere principalmente dalla rarità degli acquisti ma anche dalla trascuratezza del verbalizzatore, oppure dal fatto che le poche barche arrivate in società negli anni ‘50, ‘60 e ‘70 siano state frutto di acquisti privati, estranei quindi alle decisioni consiliari. La situazione è diversa per gli ultimi venti anni, perché da allora vi è l’indicazione sicura di acquisti. La Cerea degli anni 1945 - 70 barche ne acquistò davvero poche; le imbarcazioni da gara erano usate solo dagli atleti e la vita di una barca era di una ventina d’anni. Ma cerchiamo di capire quali barche fossero presenti alla Cerea nel dopoguerra. Le barche da passeggio erano numerosissime, ne abbiamo testimonianza da fotografie che ritraggono la sponda gremita di barche come un porticciolo marino in agosto. C’erano barche a punta, venete e barche a remi. Dopo la guerra le barche erano seriamente danneggiate, probabilmente solo dalla mancanza di quelle cure che i sei anni di guerra non avevano permesso; ritornata la pace perduravano ancora le difficoltà, anche per la scarsità dei materiali: La riparazione e la costruzione di barche procede: vi è tuttavia la difficoltà di poter disporre del materiale e delle vernici in specie218. Ma l’attività procedeva alacremente, visto che già il 17 luglio, a neppure tre mesi dal termine del conflitto, il Presidente comunicò al Consiglio che una barca era già pronta e 10 in corso di fabbricazione; resta il dubbio se si trattasse di un restauro o di vera fabbricazione di barche nuove, ma il verbo impiegato è proprio quello, ed il segretario dr. Crovella ha lasciato verbali meticolosi e corretti, anche nella forma. Almeno per quanto riguarda la fornitura di 4 imbarcazioni abbiamo notizia anche del loro costo, e della loro pessima qualità: S.M.A.R.P. - L’emarginata, già fornitrice di n. 4 barche a fondo piatto per turismo, richiede con sua lettera la copertura del suo avere in lire 48.000 - per differenza su importo di 88.000 - di cui L. 40.000 già versate. L’ ing. Derossi deplora che il sig. Bobba A., che volontariamente assunse l’incarico, abbia condotte le trattative con scarsa competenza commerciale ed insufficiente conoscenza tecnica del legname occorrente per la costruzione di tali imbarcazioni. Tali barche ci vennero consegnate in legno non stagionato, con insufficiente chiodature e viterie e le spese suppletive di assestamento si sono dimostrate non indifferenti219. 218 Cons. 4/7/1945 219 Cons. 23/12/1945 89 La Cerea 1945-1997 Già si è detto della brutalità di Derossi allorché occorreva scaricare su qualche collaboratore la responsabilità di un errore; anche il povero sig. Bobba ne fu vittima. E’ però rilevante il fatto che almeno 4 delle 11 barche nuove fossero a fondo piatto. E, se ogni barca costava mediamente 22.000 lire, l’investimento totale del 1945 in imbarcazioni fu di circa 250.000 lire. Le barche di cui ci siamo fin qui occupati erano sicuramente barche da passeggio, perché solo nella seduta del 20 gennaio 1946 il Consiglio si occupò di acquisto e vendita di materiale sportivo. Il barcaiolo Franchino offre per un canoe ad 1 vogatore in cattive condizioni e di vecchia costruzione L. 8.000. Il sig. Casalis espone la possibilità di acquisto di un canoe ad 1 vog. con tim. nuovo, proprietà comm. Gajal, per L. 25/30.000. Si esamina anche la circolare listino prezzi dei cantieri Foggi e Agretti, e Carlesi di Livorno. Occorrono voghe di punta per le imbarcazioni da regata. Il canoe era considerato una barca da corsa, ne avremo in seguito altre prove; la vendita a Franchino della canoa inutilizzata fu decisa nella riunione del 2 febbraio 1946, e contemporaneamente si deliberò l’acquisto di 8 voghe di punta, con la precisazione che erano necessarie per completare la dote minima. Il canoe di Gajal non fu invece comprato, perché per le ragioni già esposte altra volta l’ing. Boccalatte dà parere sfavorevole al quale si associa il dott. D’Alberto anche perché per tale tipo di imbarcazioni si sarebbe costretti a stabilire quali soci ne potrebbero usufruire220 . La notazione di D’Alberto dipende da fatto che i soci potevano usare solo le barche da passeggio, con esclusione di quelle da gara; i canoe erano usati in gara, ma anche accessibili ai soci esperti, proibiti a quelli privi di grande esperienza. Un po’ più facili dei canoe, e quindi destinate ai soci, erano invece le 2 jolette consegnate da Franchino, onnipresente personaggio del fiume, al prezzo di lire 30.000 e 28.000 con pagamento dilazionato (20.000 subito ed il saldo in 3/4 mesi)221. La divisione nell’uso delle barche è indicata con precisione dal verbale di Consiglio del 27 ottobre 1946: 1 l’uso dei locali sociali ai soli soci; 2 l’uso delle imbarcazioni da corsa ai soci vogatori per allenamento o corsa e l’uso delle imbarcazioni da passeggio ai soci sostenitori ed ordinari e non ai soci vogatori se non autorizzati dalla direzione. Nell’archivio si trovano due preventivi del 1949 che, tra l’altro, ci danno conferma di quante vicende non trovino riscontro nei verbali. Non c’è infatti traccia nei verbali dell’acquisto di un motore “Oceanus” da 250 cmc. da 8 cavalli offerto dalla Motonautica Colombo per 165.000 lire; e neppure della riparazione di due canoe fuoriscalmo che richiedeva, secondo il dettagliato preventivo del cantiere “Cantarelli Valentino, Costruzioni Nautiche” di corso Moncalieri 388, una spesa di 23.000 lire. Forse erano i due canoe ancora presenti nel cantiere sotto la terrazza. Molte imbarcazioni erano private, e già allora c’era il problema del loro ricovero invernale; nel 1945 i proprietari di barche pagavano un affitto di 500 lire, non poco visto che la quota ordinaria ammontava a 1.200 lire. Solo una rimessa zeppa di barche giustifica un parcheggio così caro. Dati relativi al 1955 ed al 1962 ci indicano quanto numerose fossero le imbarcazioni private: nel 1955 Derossi aveva 6 barche, Gianolio 3, Facca e Pagani 2 ciascuno, 11 soci ne avevano una a testa. Nel 1962 erano un po’ meno, 5 Derossi e 3 Gianolio, 1 a testa Pagani, Gariel, Colombo e Bobba. 220 Cons. 7/4/1946 221 Cons. 5/5/1946 90 La Cerea 1945-1997 Bisogna dire che in quel canone di 500 lire era compresa anche la manutenzione, come afferma il Vice Presidente Casalis nel rispondere alla richiesta del socio comm. Bartolini di abolire la quota annuale di posteggio: Fa osservare che tale quota rappresenta solo una aliquota delle spese che la Società sostiene, colla comprensione di tali barche nell’assicurazione generale di quelle sociali, e colla loro manutenzione fatta dal nostro personale222. Cosa d’altronde che accade di fatto anche oggi. Nella stessa assemblea, il dott. Balma lamentava la scarsità di barche sociali, cui evidentemente si suppliva con barche private. La risposta a Balma ci aiuta a capire quantità e stato delle barche sociali, da passeggio naturalmente: Si obbietta che tale materiale, benché alquanto anziano, messo di nuovo ben in ordine (spesa preventivata lire 100.000 circa) può ancora efficacemente servire.223 Sembra una somma altissima, almeno in rapporto alla quota annua del socio ordinario, ma non dimentichiamo che la quota era modestissima. Il preventivo di Cantarelli Valentino indica in circa 10.000 lire il costo di un pesante restauro di un canoino; se quell’importo valeva anche per le altre barche da passeggio, le barche sociali da riparare erano una decina. Sicuramente le barche erano insufficienti, come si comprende dal fatto che il Consiglio intervenne a disciplinarne l’uso: Il comm. Casalis propone che le imbarcazioni sociali da turismo siano usate soltanto dai soci effettivi e non dai soci vogatori. Propone ancora di limitare l’uso di queste imbarcazioni tanto più nel mattino delle domeniche e dei giorni festivi, coll’obbligo di rientrare in sede per il mezzogiorno. Soltanto per quelle pochissime di cui sarà anticipatamente richiesto l’uso alla Segreteria o a qualche membro del Consiglio Direttivo, per tutta la giornata o per gite di lunga durata, potranno rientrare in sede non più tardi delle ore 20. Le imbarcazioni sociali da turismo devono essere lasciate ad uso esclusivo dei soci, che desiderassero portare in barca i loro familiari. Il Presidente, per ovviare in parte alla scarsità di imbarcazioni da passeggio, si dichiara disposto a lasciare in uso domenicale quelle di sua proprietà alle sue personali conoscenze224. Nessun dubbio sull’uso intenso che si faceva nei giorni festivi delle punte e delle alici. Naturalmente non abbiamo alcun inventario delle barche da regata presenti nel 1945. Certamente la Cerea aveva l’8 ed il 4 con, perché conosciamo risultati di gare disputate in quelle specialità. La prima notizia relativa ad acquisti compare nel verbale d’assemblea del 14 novembre 1948, ove il sig. Borghero comunica che alla nostra società necessitano per la prossima primavera due nuove imbarcazioni da corsa, e cioè 1 singolo ed 1 doppio di coppia; il preventivo del Cantiere Carlesi è di 300.000 lire per il doppio e di 170.000 per il singolo, oltre al 5% per spese di imballo, franco Livorno. Non si capisce se la spesa sia stata approvata, ma pare di no, perché il successivo 30 marzo 1949 il Consiglio approvò l’acquisto dello skiff di proprietà dell’ing. Michela allo scopo di allenare e fare concorrere qualche nostro vogatore che si applichi a detta specialità. Il che 222 Ass. 22/2/1947 223 Idem 224 Cons. 23/6/1947 91 La Cerea 1945-1997 significa che fino ad allora alla Cerea non c’era neppure un singolo, e non se ne attendevano da Livorno. Però Soave ricorda di aver gareggiato negli anni 57-59 su un singolo Carlesi, ancora esistente nel 1970. Sempre Soave ricorda l’esistenza di un antichissimo due con, sul quale Gianolio aveva vinto i Campionati Europei all’inizio del secolo, ancora usato dall’equipaggio Gaia Soave nel 1954-55 e poi da loro distrutto in un incidente. Un’altra barca sicuramente presente, ed allora considerata da corsa, era la jole a 4, perché fu iscritta alle regate di Mantova225. Nel 1950 furono anche comprate quattro scalmiere in bronzo per la jole226. Il 4 con che certamente esisteva era vecchio e finì in qualche modo la sua esistenza, tanto che nel 1951 l’ing. Derossi propose l’acquisto di quell’imbarcazione mancante nella nostra società, e ne fu ordinato uno ai cantieri Salani e Cecchi per L. 391.140227, destinato all’equipaggio che utilizzava la jole a 4 e che prometteva bene; la spesa gravò però sulle casse Cerea solo per 250.000 lire, la differenza fu a carico della Federazione. Dallo stesso verbale apprendiamo che la Società disponeva anche di un motoscafo, se così si può chiamare: Borghero annuncia che si è provveduto a mettere in efficienza il motore per il motoscafo. La spesa è stata di lire 40.000 compreso l’adattamento di una imbarcazione sociale. Il quattro con arrivò nell’estate, e venne battezzato con il nome del compianto socio Rogliatti Gabriele228. Ma durante l’assemblea del 2 dicembre 1951 si citò anche l’arrivo di una jole a quattro nuova. A riprova della scarsa attendibilità dei verbali, o per meglio dire di quante vicende siano sfuggite alla verbalizzazione, sta il fatto che nel 1951 arrivarono altre barche oltre all’outrigger a 4 ed alla jole; il 27 settembre 1951 il Consiglio decise infatti che, in occasione della festa sociale, si provvedesse al battesimo delle nuove imbarcazioni. E non è solo il plurale a farci pensare che ci fossero più barche nuove: se unanime fu la decisione per l’attribuzione del nome di Rogliatti, per le altre imbarcazioni sarà necessario sentire anche il parere dei soci. La soluzione del problema ci viene dal libro cassa degli anni 1950/51229 che registra il pagamento di 70.000 lire all’ing. Michela per lo skiff ed il versamento nel novembre 1950 di 100.000 lire all’Armida per l’acquisto di una jole a 8 completa di voghe, nell’aprile 1951 il pagamento di 250.000 lire a Salani per la jole a 4, oltre al pagamento del 4 con a Salani. Il biennio 1950 - 51 fu quindi ricco di acquisti importanti, solo in parte registrati dai verbali, cui si aggiunse l’oneroso restauro di una joletta, per il quale il cantiere Cantarelli percepì 18.000 lire. 225 Cons. 1/6/1951 226 Doc. A27 227 Idem 228 Cons. 27/9/1951. Gabriele Rogliatti, eccellente capovoga, detto Pirelli per la sua elasticità, ancor giovane morì in un banale incidente. 229 Doc. A.27 92 La Cerea 1945-1997 Visto che le barche usate dai vogatori erano tutte barche con timoniere non stupisce il fatto che, insieme alla confezione di maglie sociali, sia stato deciso l’acquisto di impermeabili per timonieri230. La Cerea comprava poche barche, ma qualcuna ne vendeva. Così fu venduta ad una società non precisata la jole a quattro Isidor, vecchia e per noi inservibile, accettando l’offerta di lire 30.000231. Un acquisto importante lo troviamo nel 1954, allorché il Vice Presidente D’Alberto fa presente l’assoluta necessità dell’acquisto di almeno 10 voghe ed in linea subordinata di un outrigger a 8 vogatori. L’equipaggio dell’8 si era infatti ben comportato a Aix-Les Bains, ed anche l’ing. Boccalatte pensava che si trattasse d’un buon equipaggio. La necessità di un otto nuovo lascia immaginare che quello in possesso della Cerea fosse poco competitivo. E dato che si discuteva anche dell’invio dell’equipaggio a Pallanza, ai campionati italiani juniores, il Cassiere Girardi fa presente la difficoltà, per non dire l’impossibilità, di affrontare la spesa, sia per mandare gli equipaggi a Pallanza che per gli acquisti. Il problema fu risolto dal Presidente Derossi alla sua maniera, comunicando di essere disposto ad intervenire personalmente per almeno il 50% sia negli acquisti che nella spesa per le regate di Pallanza. E benché il preventivo per l’acquisto dell’imbarcazione fosse di 800.000 lire ben si comprende come il Cassiere non abbia potuto opporsi alla decisione di comprare la barca e inviare gli equipaggi232; l’assunzione, anche parziale, di una spesa da parte del Presidente equivaleva ad approvazione. Derossi pagò poi tutta l’imbarcazione, lo abbiamo visto nel capitolo IV con quel buffo verbale concuso dalla perentoria richiesta del Cassiere di versare subito il contributo. E’ interessante notare l’alto prezzo dell’imbarcazione, almeno in raffronto alla quota sociale vigente in quell’anno, solo 16.000 lire. Nosenzo e Soave ricordano poi che quell’otto si rivelò pessimo perché la carena a V rendeva impossibile tenerlo in equilibrio; per di più fu sfondato da Ventavoli che, alla sua prima uscita, posò il piede sul fondo dell’imbarcazione. I nostri incerti verbali saltano talora decisioni importanti come fu per gli acquisti di barche da passeggio, ma altre volte sono estremamente precisi anche per decisioni di nessun impatto economico. Così, il 15 ottobre 1954, ci risulta che il Consiglio decise di permutare una barca a punta con una joletta da passeggio con l’imbarcadero Maronetto. Dopo alcuni anni per i quali manca ogni verbale ritroviamo notizia delle imbarcazioni il 24 febbraio 1958, perché a Bobba venne affidato l’incarico di inventariare imbarcazioni e materiale vario da diporto. Peccato non averne copia. Ho sin qui trascurato di riferire su una specialità sportiva abbandonata da lunghi anni, allora invece assai praticata alla Cerea; la canoa occupava uno spazio sportivo importante, come vedremo successivamente, ma fino al 1958 non risulta che ne siano state mai acquistate, cosa certo impossibile. Il 6 ottobre 1958 leggiamo invece su un verbale, pregevole perché indica quale fosse allora il sistema di proposta, di decisione e di pagamento in uso alla Cerea: Su richiesta del sig. Restagno il Presidente (Derossi) propone l’acquisto di canoe K uno e K 230 Cons. 1/8/1952 231 Cons. 8/5/1953 232 Cons. 10/7/1954 93 La Cerea 1945-1997 due per dare sviluppo all’attività già bene iniziata. La spesa sarà affrontata dall’ing. Derossi. Naturale che il verbalizzatore non abbia detto se la proposta sia stata o meno approvata. Stiamo avvicinandoci al 1960, il decennio di più marcata crisi della Cerea, e così come per lo stabile la situazione non pare buona neppure per il cantiere e per le barche. C’è tra l’altro abbondanza di barche da passeggio perché sono lontani i tempi in cui occorreva prenotare la barca o rispettare i turni nei giorni festivi; il numero dei soci si è drasticamente ridotto ed il materiale, in buona parte vecchio e mal tenuto, abbonda. I tempi moderni portano invece materiali nuovi, che non richiedono le costose e difficili cure pretese dal vecchio legno. Tutto ciò risulta da un verbale di Consiglio del 26 giugno 1959: il prof.Ponte desidera che sia pure chiarita la questione relativa al risanamento del cantiere sia per ciò che riguarda le imbarcazioni da passeggio sia per le necessità delle imbarcazioni per regate. Il geom. Eusebione interpellato dichiara che sono già state intraprese trattative per la vendita di un outrigger a otto ad una società di Bari, e che sarebbe urgentemente necessario l’acquisto di un’imbarcazione a due vogatori con timoniere, e di un double. Viene assegnato al geom. Eusebione l’incarico di controllare tutte le imbarcazioni sociali, stabilire con esattezza quante e quali possano essere le barche poste in vendita o alienate, e stabilire pure di quali imbarcazioni necessiti il cantiere; l’ing. Derossi invita il geom. Eusebione ad interessarsi per l’acquisto di barche in plastica. In seguito Eusebione diede conto del suo lavoro, piuttosto amaro visto che riferì di aver messo da parte otto barche a punta per cercare di riassestarle, di aver ricevuto dinieghi all’incarico di ripararle da parte di un ex operaio Esperia e di aver già proposto la loro vendita ai pescatori di Moncalieri tramite il sig. Maronetto. Il fatto che Eusebione venga poi di nuovo invitato ad interessarsi alle barche di plastica per sopperire alla mancanza di barche da passeggio non ci lascia dubbi sul fatto che, al di là del calo dei soci, le barche efficienti fossero ormai poche233. Per fortuna c’era la possibilità di trovare qualche barca per via, come accadde per quella del sig. Ramella, incamerata quale proprietà sociale perché da quattro anni moroso verso la societ à234. La crisi in cui ormai si dibatteva la società risulta anche da altri segnali; dal 1954 i verbali non parlano più di confezione di maglie sociali, il che ovviamente non esclude che siano state fatte. Però stupisce che nel 1959 ne vengano ordinate solo 12 a mezza manica insieme a 12 canottiere; teniamo conto del fatto che la maglia sociale è indispensabile ai nuovi atleti, che dovrebbero ruotare frequentemente, ed ai nuovi soci che si dedicano al canottaggio; il misero acquisto di una dozzina di maglie ci indica la gravità della crisi. Non stupisce quindi che il silenzio cali sugli acquisti fino al 1962, anno in cui si chiese alla ditta Mostes di Lezzeno il prezzo di due jolette da passeggio e si decise di chiedere all’Armida il prezzo di un due con in vendita, unica imbarcazione attualmente mancante235; quella stessa imbarcazione mancava già 233 Cons. senza data, successivo al 26/6/1959 234 Idem 235 Cons. 4/2/1962 94 La Cerea 1945-1997 tre anni prima, nel 1959. Le barche da corsa erano piuttosto anziane, basta vedere quando furono comprate; ed a riprova ci fu l’acquisto di 4 scalmiere nuovo tipo236 , segno che la tecnica aveva nel frattempo compiuto progressi che la Cerea cercava di colmare con modifiche ai vecchi scafi. Le due barche da passeggio non vennero poi ordinate, per la difficoltà di trovare le barche adatte e in considerazione del fatto che, per i soci più esigenti, vi sono in cantiere 3 canoini in perfetto ordine237. Anche quest’ultima notizia è curiosa; oggi il socio esigente pretende uno skiff di alto livello, mentre negli anni 60 nessun socio pensava di usare una barca da gara per le proprie uscite, un canoino era la massima sofisticazione immaginabile. Bisogna pensare che la trattativa con l’Armida per l’acquisto del due con non abbia avuto seguito, e non solo perché nessun verbale ne parla più. Il fatto è che la necessità di tale barca ricomparve nel 1964, quando il Consiglio affrontò in modo compiuto il problema imbarcazioni. Non è facile comprendere esattamente cosa sia allora successo, sembra che sia stato deciso l’acquisto di moltissime barche, ma manca ogni certezza in proposito e non si capisce né a quanto ammontasse la spesa relativa né da dove saltasse fuori l’improvvisa disponibilità di soldi; forse ci furono solo alcuni acquisti tra quelli enunciati e pagò, al solito, Derossi. Ma vediamo quel testo: Udita la relazione sullo stato, numero e manutenzione di esse, si conclude per l’ingresso in società di: 1 skiff - il V. Presidente Casalis offre il suo, in ottimo stato, in deposito attuale presso la Canottieri Eridano. Una lettera per il ritiro di esso viene consegnata al Segretario che prenderà cura per il ritiro. 1 due con - andando a Roma il Segretario prenderà contatti con la Federazione al fine di ottenere quelle condizioni di favore che sono fatte da essa per acquisti del genere; il Presidente, a sua volta, interesserà il CONI. 3 barche da passeggio con carrello mobile. 2 punte (scartati i modelli in plastica). 2 alici - il tesoriere prenderà informazioni presso DAS che ne ha delle ottime. Tutte queste imbarcazioni dovranno essere funzionanti per la primavera 1965238. Il solo riscontro che abbiamo a questo deciso ma vago “ingresso” di barche in società, come fossero debuttanti, è il ringraziamento a Casalis per lo skiff offerto239. Però nella successiva assemblea del 17 gennaio 1965 il Segretario elencò quelle che, per delibera del Consiglio Direttivo del settembre dovranno essere presenti e funzionanti in Società nella primavera c. anno. Riferendone in assemblea, agli acquisti venne data una patente di ufficialità e tale fatto, unito alla circostanza che ben 4 mesi intercorsero tra la decisione consiliare e l’assemblea, fa ritenere che le barche siano arrivate davvero. I modelli di imbarcazione acquistati sono comunque indicativi dello stato di abbandono in cui versava l’agonismo Cerea. Non conosciamo l’età di Casalis nel 1964, ma visto che era socio effettivo da 24 anni non era giovanissimo, e 236 Cons. 16/3/1962 237 Idem 238 Cons. 16/9/1964 239 Cons. 29/12/1964 95 La Cerea 1945-1997 difficilmente il suo skiff era nuovo e competitivo. Il due con era una barca attesa da almeno sei anni; nessun altro acquisto fu deciso per l’agonismo, e se la cosa pare stupefacente visto che le barche avevano tutte almeno dieci anni di vita, la si comprende ove si tenga presente che nel 1964 in società non c’era nessuno, veramente nessuno, che gareggiasse. Fu ben più rilevante il numero delle barche da passeggio acquistate (sette). Di barche nuove si riparlò nel 1966 per acquistare qualche imbarcazione scrivendo ai Cantieri Carlesi240, e contò il fatto che Derossi intendeva pagarne il conto; ma nella successiva seduta di Consiglio, quattro mesi dopo241, pare che nulla sia successo perché si discute anche dell’opportunità di acquistare qualche imbarcazione per la vetustà in cui versano alcune di quelle esistenti. Forse il riferimento è alle due jolette che si ritenevano necessarie in una recente assemblea, preventivando una spesa di 3-400.000 lire242. Fatto sta che in Consiglio non si parlò più né di Carlesi né di barche nuove. Ciò non significa che le barche non siano arrivate; il fatto che fossero a carico del Presidente renderebbe superflua ogni ulteriore decisione e verbalizzazione. E c’è un fatto storico indiscutibile: contemporaneamente all’offerta di pagare le imbarcazioni, Derossi aveva comunicato di voler anche procurare un pontone nuovo, e quello arrivò; Giovanni Bobba ne ha trovato la ricevuta; probabile quindi che il Presidente abbia comprato barche, ma non sappiamo quali. Anche il fatto che nel 1967 Bobba, direttore del materiale, abbia in Assemblea illustrato la situazione (del materiale) concludendo che per la quantità di imbarcazioni e lo stato d’uso è sufficiente l’attuale dotazione243 sembra confermare l’avvenuto ingresso in Società delle barche deciso nel 1964. Forse furono un omaggio di Derossi le barche di cui si parlò tre anni dopo, il 30 ottobre 1969. La ditta FIART costruttrice degli skiff in plastica (Napoli) si è degnata, dopo parecchi solleciti e segnalazione del Presidente della FIC di Roma, a farci inoltro contrassegno dei due carrelli dispersi in naufragio. La spesa (proibitiva) ammonta a L. 33.650. Si trattava di imbarcazioni in plastica, probabilmente non molto sofisticate visto che, all’epoca, quel materiale muoveva i suoi primi passi, almeno nelle barche da regata. Arriviamo così agli anni ‘70, forse il momento più critico per la Cerea, minacciata anche di sfratto; di acquisti non si parla, eppure fu ripristinata una tariffa di parcheggio per le imbarcazioni private. Avevamo visto che nel 1945 i proprietari di barche pagavano parecchio, ma non sappiamo nulla delle successive vicende di quella tariffa, evidentemente non più riscossa da un certo momento in poi. Sappiamo che le barche sociali non erano moltissime, come le barche da passeggio, ridotte dal passar dei lustri e poche, visto che pochi erano i soci. E allora perché stabilire un affitto di 500 lire mensili per barche o altri attrezzi sportivi244? Forse per bisogno di soldi, ma anche per segnare il passaggio ad una 240 Cons. 19/9/1966 241 Cons. 5/1/1967 242 Ass. 27/3/1966 243 Ass. 12/3/1967. 244 Cons. 10/2/1972 96 La Cerea 1945-1997 nuova fase dopo l’abbandono della presidenza da parte di Derossi, che nel suo lungo regno aveva del tutto trascurato i criteri di economicità e di corrispondenza tra quanto si aveva e quanto si pagava. C’è un documento della Federazione di Canottaggio ad indicare lo stato di crisi della Cerea245: è l’elenco dei sussidi erogati dalla Federazione per l’acquisto di imbarcazioni, battelli, motori e carrelli. La Cerea non figura nell’elenco, segno che nel quadriennio di riferimento non comprò nulla. Tralasciando le numerose canoe, vediamo invece quali acquisti delle consorelle torinesi furono sovvenzionati: Armida, 1 skiff ed un due senza; Caprera, 2 skiff, 1 due con e sei remi; Esperia, 1 quattro con; Fiat, 1 doppio canoe, 1 doppio, 1 otto, 1 quattro senza, 1 due con, 1 carrello. Furono 142 le società italiane, remiere e di canoa, che in quel quadriennio effettuarono acquisti ed ottennero sovvenzioni; ne restarono escluse quindi poche società, quelle inattive, e la Cerea era tra queste. Dal libro dei conti del 1972246 rileviamo che in quell’anno la tassa di parcheggio nella rimessa fu di 6.000 lire e gravò su sei soci, Colombo, Ventavoli, Chiabotti, P.Gariel, Bobba e Pantaleoni; ben poche erano quindi le imbarcazioni private rispetto agli anni del dopoguerra. Ancora il libro dei conti del 1973247 ci permette di aver notizia di un acquisto, completamente ignorato dai verbali di consiglio: mediante quattro tratte fu pagata a Donoratico una jole a 4 con remi, acquisto strano visto che quel tipo di imbarcazione era già presente, ma occorre ricordare che allora le poche gare si disputavano principalmente in jole. La spesa per la barca e per i remi fu di 1.685.000 lire, pari a 24 quote dell’epoca. In quegli anni Renzo Ventavoli assunse incarichi di Consiglio e la Direzione Sportiva, dando notevole impulso allo sviluppo agonistico, per anni trascurato; ma di barche nuove e competitive non si parlò nei verbali ancora per un po’. Anzi, i soli accenni che si trovano sono quelli alle barche da passeggio, con l’incarico a Bobba e Gariel per l’eventuale acquisto di barca in plastica248. Finalmente il 10 maggio 1976 il Consiglio decise l’acquisto del quattro senza Salani, trasformabile a coppia, ancora oggi in uso, e di un motore Evinrude 25 cv. Il Salani costò 3.296.000 lire, il motore 750.000. Il rinnovato interesse per la pratica del canottaggio che, in quel periodo, spingeva i soci a risalire in barca, poneva problemi perché c’era grande carenza di imbarcazioni; mancavano le barche competitive per la squadra agonistica, formata da parecchi elementi di elevato valore, ma mancavano anche le barche per i soci. Vediamo così la Cerea alla ricerca di barche, anche rilevando quelle dei soci, come capitò con gli skiff di Arcangeli e di Bobba che passarono in proprietà alla Società249, non sappiamo se a titolo gratuito od oneroso. Erano anni in cui, vista la povertà della società, furono i soci ad acquistare privatamente le imbarcazioni; non stupisce il fatto che la maggiore collezione appartenesse a Beppe Oddone che, per sua dichiarazione, era proprietario di due 245 Conservato nella cartella Doc C.9 246 Doc. A.32, pag 29 247 Doc. A.35, pag. 63 248 Cons. 26/1/1976 249 Cons. 19/1/1977 97 La Cerea 1945-1997 singoli, doppio, due senza, quattro senza, quattro di coppia e quattro con. Gli mancava solo l’otto. Forse furono il frutto di acquisti privati, o frutto di collette destinate ad incrementare il parco barche, ma ben quattro barche nuove arrivarono nel 1977. Nulla risulta dai verbali ad avvalorare l’ipotesi di acquisti diretti di soci, eppure tra le carte sociali250 c’è una fattura di Donoratico (ancora Gaddo della Gherardesca) del 15 settembre 1977, con allegate le tratte, relativa all’acquisto di un otto, un quattro senza, un un due senza, un quattro con e 18 remi di punta, al costo complessivo di 10.500.000. Lo sforzo di quei soci poneva di certo problemi alla ricettività del cantiere, perché chiaramente collegato alle nuove barche appare l’aumento del parcheggio approvato dal Consiglio Direttivo che, non a caso, per la prima volta contemplava anche l’otto tra le barche private. Le tariffe 1978 sono: singolo 30.000, doppio 50.000, quattro 80.000, otto 120.000, barche da diporto 50.000251. Non si tratta davvero di tariffe elevate, ma probabilmente si voleva riaffermare il principio in base al quale tutte le imbarcazioni, anche quelle di uso collettivo, dovevano pagare il rimessaggio. Il solo che sembra aver schivato il rimessaggio è Bouquié, con un’operazione poco intelligibile ma che dovrebbe aver portato uno skiff alla Cerea: Bouquié cambierà il suo skiff con altro meno nuovo, dando così una imbarcazione migliore alla Società. In cambio non pagherà la quota per il deposito della barca (che figurerà in compenso di materiale per la manutenzione di sua competenza). Sempre nella stessa occasione il responsabile del cantiere Pippo Bouquié indicò la ripartizione delle imbarcazioni tra soci ed atleti, interessante perché mostra la pochezza del parco barche esistente: il canoe scoperto ed un sigaro per i soci, il canoe coperto ed un altro sigaro per i secondi (gli atleti). La povertà dell’elenco stupisce, anche se sicuramente le barche erano più numerose di quanto appena letto. Il 18 maggio 1978 il Consiglio si ritrovò, come più volte in passato, a decidere l’eliminazione delle barche inservibili, la vendita di quelle non utilizzate, la riparazione urgente di quelle che potevano essere usate; gli interventi manutentivi più urgenti erano, nell’ordine, jole fuoriscalmo, canoe e sigaro. Qualche barca fu davvero venduta, perché nella seduta di Consiglio del 30/1/1979 Pantaleoni avvisa che la Trinacria manderà quanto prima l’assegno di L. 500.000 a completamento dell’acquisto di nostre barche e verranno a ritirarle nel giro di 15 giorni. Nuove difficoltà per la manutenzione derivarono da una vicenda legata al danneggiamento di uno skiff societario da parte di Bouquié, di cui si parla in altra parte; egli fu infatti esonerato dall’incarico della manutenzione252, che il Consiglio affidò a certo Gorleri. Per supplire alla carenza di barche venne previsto un qualche acquisto per il 1979, anche se non sappiamo di che si trattasse; ma già il 17 gennaio 1979 il Consiglio decideva che tutte le risorse e le entrate, ivi comprese quelle che 250 Cartella Doc. C.9 251 Cons. 11/2/1978 252 Cons. 21/8/1978 98 La Cerea 1945-1997 avrebbero dovuto essere destinate all’acquisto di imbarcazioni sarebbero state destinate alla manutenzione straordinaria dello chalet. Eppure questa decisione, formalmente mai sostituita da un’altra diversa, ci offre un chiaro esempio di come i verbali siano inaffidabili, o meglio di quante decisioni anche importanti sfuggano alla verbalizzazione. Contrariamente a quanto risulta dal verbale in quell’anno fu acquistato per 2.200.000 lire l’otto Spring di Donoratico (ceduto nel 1996 agli Amici del Remo) e la jole a 8 dall’Armida per 1.000.000; quest’ultima imbarcazione richiese restauri che comportarono una spesa ben superiore a quella occorsa per l’acquisto. Troviamo traccia di questi due acquisti nel bilancio del 1979, conservato in segreteria, dal quale risulta che i mezzi finanziari giunsero da oblazioni dei soci destinate proprio a quegli acquisti; Soave ricorda che 10 soci si quotarono per 100.000 lire a testa e che i restauri costati 1.500.000 furono pagati da lui e Ventavoli. A complicare ulteriormente la ricostruzione della vicenda contribuisce un preventivo di Donoratico del gennaio 1979 che indica in 4.600.000 il costo dell’8 Spring253. Non solo i verbali non fanno cenno alla vicenda, ma ci forniscono la fuorviante informazione che le somme raccolte sarebbero state destinate alla manutenzione dello chalet; è probabile che i soci abbiano costretto il Direttivo a rimangiarsi la decisione, ma tutta la vicenda è emblematica della limitata attendibilità dei verbali. Se le collette private funzionavano egregiamente stupisce invece il ritardo con cui venne eseguita la riparazione dello skiff danneggiato da Bouquié, all’incirca nella primavera del 1978; nell’assemblea dell’anno successivo254 intervenne Beppe Oddone a chiedere notizie dello skiff, ancora presso la sede del Sisport Fiat. Fu anche enunciata qualche difficoltà nel rientrare in possesso della barca, tanto da richiedere un contatto con la direzione del Fiat; non si sa quando la Cerea abbia riottenuto il singolo. Da un verbale di Consiglio del 9 gennaio 1980 abbiamo una situazione aggiornata delle barche da regata, quelle affidate al Direttore Sportivo Pantaleoni: singolo Salani nuovo; singolo Salani; singolo Donoratico; doppio in fibra; doppio Salani Ventavoli; doppio Donoratico Ventavoli; due senza; quattro di punta; otto nuovo. Noterete, non c’è un solo quattro di coppia, c’è un solo due senza, quello in legno ancora usato dai rari veterani che vi si avventurano. Eppure, con quelle poche barche furono vinti titoli italiani, anche nel quattro di coppia, senza neppure possedere quel tipo di barca! Altra considerazione: non abbiamo sin qui mai avuto notizia dei tre singoli e del doppio in fibra; due singoli potrebbero essere quelli già di Bobba e Arcangeli, ma le altre barche arrivarono senza lasciare traccia nei verbali. Quell’elenco ci permette comunque di avere una perfetta fotografia delle barche competitive nel 1980, e di rilevare che alcune svolgono ancora ottimamente il loro servizio, dal singolo Salani al quattro senza al due senza. Sappiamo anche che Beppe Oddone possedeva in quel momento ben tre barche di proprietà, perché gli venne praticata una tariffa di sole 75.000 lire per il rimessaggio di tutte e tre, a fronte della sua disponibilità a prestarle agli atleti in certe occasioni255. E le barche servivano davvero in anni in cui, spesso, la sola 253 Lettera 26/1/1979 in cartella Doc. C.9 254 Ass. 24/4/1979 255 Cons. 9/1/1980 e 6/2/1980 99 La Cerea 1945-1997 spesa per il cantiere consisteva nella riparazione delle barche rotte. Anche il 1981 ci offre una dimostrazione della scarsa corrispondenza tra realtà e quanto risulta dai verbali. Apparentemente infatti il Consiglio decise in quell’anno di limitare gli esborsi alla riparazione della jole a 8 e di alcuni skiff danneggiati. Eppure tra le vecchie fatture256 ve ne sono due emesse da Salani il 7 aprile 1981 relative ad uno skiff (1.857.000) e ad un mini skiff in plastica (575.000), acquisti che non appaiono discussi dal direttivo, o meglio non ne risulta alcuna verbalizzazione. Solo nel 1982 qualche movimento smosse la polvere della rimessa. Si decise intanto di vendere al miglior offerente il singolo Salani vecchio257, e Pantaleoni fece presente la necessità di rinnovare le barche, chiedendo un singolo, un doppio, dieci voghe di coppia e 4/8 scalmi per il doppio. Si dovette accontentare delle 10 voghe, mentre il resto fu rinviato alla primavera successiva258; ma già il 7 ottobre 1982 Pantaleoni tornò alla carica con la richiesta di due skiff; il Consiglio prese una decisione diversa che, per come illumina la situazione delle barche ma anche quella finanziaria, val la pena di riportare integralmente: Onde ovviare alla cronica mancanza di imbarcazioni per l’attività agonistica il C. D. delibera di proporre al socio Arcangeli Romano per recupero quota associativa 1982 + una tantum, + anticipo quote associative 1983 e 1984, di cooptare il suo skiff con voghe per l’allenamento atleti. Allo scopo di cui sopra il C. D. si propone di contattare il socio Lia Giovanni per chiedergli se è disposto a mettere a disposizione degli atleti il suo skiff. Si stabilisce di contattare il socio sig. Oddone per le modalità di recupero del sigaro dato in prestito alla Soc. Donoratico e mai reso. Si delibera l’acquisto di due scalmiere per il due di coppia del sig. Pantaleoni messo a disposizione degli atleti, mentre viene rinviato l’acquisto di un nuovo doppio al prossimo esercizio. Si delibera l’acquisto di 12 guide carrelli e materiale vario per la manutenzione corrente. Vista la situazione delle barche da riparare si stabilisce di contattare il sig. Geppetto (Remedi) per iniziare a riparare la jole gig, rotta a Venezia nel maggio 1982, chiedendo ai soci responsabili un anticipo di lire 400.000 cadauno. Onde evitare il continuo caos nel cantiere il C. D. stabilisce di contrassegnare barche e voghe con tre colori distinti nelle seguenti categorie: colore rosso ad uso solo degli atleti; colore giallo materiale dei privati; colore verde, materiale usabile da tutti i soci. La società era in grado di acquistare solo materiale di manutenzione, ricorreva ai soci ed alle loro barche private secondo una consuetudine ormai consolidata. Solo nel 1984 fu comprata una barca, usata; il doppio completo di voghe di Giovanni Bobba passò alla Società per 1.500.000 lire, e 300.000 lire furono stanziate per far eseguire a Remedi riparazioni urgenti su varie barche da competizione259. Ma grazie al frutto della vendita di due singoli in plastica e del motore vecchio furono anche comprati un motore nuovo ed un Filippino di plastica 256 Nella cartella C9 257 Cons. 1/7/1982 258 Cons. 9/9/1982 259 Cons. 2/2/1984 100 La Cerea 1945-1997 con voghe260, forse quel terribile ed instabile barchino propedeutico giallo che, appunto, venne battezzato il Terribile dai più giovani. Sia chiaro, nonostante la penuria di barche lo spazio nel cantiere era sempre poco, e per questo il Direttivo decise il 4 ottobre 1984 di creare all’esterno dei posti barca con i tubi Innocenti. Il fatto è che il cantiere era pieno di barche da passeggio spesso malandate, di barche da competizione inutilizzate per la loro vecchiaia, sicché temi ricorrenti nei verbali sono quelli di identificare le barche funzionanti, di effettuare permute di barche vecchie con qualche imbarcazione più efficiente, di riordinare in sostanza un cantiere pieno di cose inutili. Altro tema ricorrente è quello della manutenzione delle imbarcazioni, tradizionalmente carente. Ma il lamento ricorrente diventò nel 1984 una chiara accusa nella riunione in cui si indicarono le riparazioni occorrenti e si osservò l’assenza di apparenti risultati dalle 30-32 ore mensili addebitate da Bouquié per le riparazioni261: il materiale da riparare urgentemente è il seguente: remi di coppia - circa 48; carrelli - circa 12; teli di varie imbarcazioni; paraonde; scalmi di un singolo. Un quadretto poco allegro per una società che non aveva barche nuove dal 1976, ed aveva quindi un parco imbarcazioni scarso e vecchissimo. Il 1985 portò invece delle novità, anche se foriere di liti e problemi finanziari. C’era la volontà di investire dei soldi in nuove imbarcazioni, tanto che il Consiglio stabilì di chiedere subito ai soci una quota straordinaria di 150.000 lire finalizzata all’acquisto delle barche del pacchetto Donoratico262 ; ma il progetto era troppo ambizioso per lo stato delle casse sociali e già nella riunione del 7 febbraio 1984 il Consiglio pensò di proporre al cantiere Donoratico o di non comprare qualche barca del pacchetto o di posticipare l’invio al 1986 di qualcuna delle suddette. I verbali non ci descrivono quel pacchetto, ma si comprende bene che dovevano farne parte più barche, comprendendo anche qualche restituzione di vecchie barche. Arrivarono però più scafi del previsto, o meglio il conto fu più alto del preventivo di 2.762.000, e Pantaleoni giustificò la cosa con l’arrivo di un doppio al posto di un singolo263. L’investimento era davvero grande, almeno per i bilanci di quel tempo, visto che in quell’anno le entrate furono di 66,6 milioni: la spesa per l’acquisto del Pacchetto Donoratico fu di 18 milioni oltre IVA per un doppio, un due senza, un singolo ed i due canoini arancione264; anche deducendo il valore di barche vecchie ritirate dai cantieri si trattò di un conto da 16.300.000 lire, cui si aggiunsero ben 7.600.000 per le riparazioni alle imbarcazioni. Pur precisando che quest’ultimo importo comprendeva lo stipendio di mezzo milione versato mensilmente a Bouquié , si trattava di somme elevatissime in rapporto alle possibilità di quel periodo. Per di più dal bilancio risultano analiticamente acquisti superiori a quanto risultante dai verbali appena esaminati: arrivarono da Donoratico un due senza ed un doppio (12 M), i due canoini arancione ancora esistenti (3 M), da Filippi un quattro di coppia ed un doppio d’occasione (6 M). 260 Cons. 19/7/1984 261 Cons. 11/12/1984 262 Cons. 17/1/1985 263 Cons. 14/5/1985 264 Cons. 23/1/1986 101 La Cerea 1945-1997 Quelle barche purtroppo erano in parte difettose (erano storte) e ciò alimentò ulteriormente le polemiche. Il conto venne in buona parte pagato nell’anno successivo, unitamente a quanto dovuto per un lotto di voghe destinate alla sezione agonistica; voghe che furono causa di un’altra discussione, tanto che leggiamo che malgrado il tentativo di risalire all’origine di tale decisione non si è potuto affermare con attendibilità quale sia o siano le persone che si siano arrogate tale decisione senza delibera consiliare265 . Certamente i numerosi acquisti svecchiarono il cantiere ma assorbirono circa un terzo del magro bilancio, aggravando ulteriormente la crisi finanziaria della società. Seguirono due anni di totale blocco degli acquisti, mentre qualcosa si mosse nel 1988, con l’arrivo dei primi due miniskiffs, dei primi due remoergometri , della pressa, di pesi e della maggior parte delle attrezzature che si utilizzavano in palestra fino al 1996. Nel 1989 Romano Uberti formò l’equipaggio Pesi Leggeri che voleva vincere il titolo italiano nell’otto, di cui si parlerà più ampiamente in seguito. Occorreva però un otto nuovo, che costava 25 milioni. L'impegno era notevole, ma nessuno ebbe il coraggio di rinunciare ed inizialmente si puntò su un Empacher; la barca fu ordinata, ma c'era troppa confusione in quella fase; il risultato fu che quando si accertò il costo elevatissimo della barca tedesca ci si rese conto di non poter affrontare la relativa spesa; abbandonato ogni pudore la Cerea scrisse al celebre costruttore che, per complicate vicende, non avrebbe potuto pagare la barca; Empacher protestò vibratamente perché ci aveva costruito una imbarcazione su misura ed insistette per consegnarla: infine si arrese. Si ripiegò su un Filippi completo di voghe americane, aiutati finanziariamente da Ventavoli e confortati, sotto l'aspetto finanziario, dalla conclusione di un contratto di sponsorizzazione, il primo contratto del genere stipulato dalla Cerea. Il buon andamento delle finanze sociali permise di comprare, nello stesso 1989, un doppio di Donoratico e 3 miniskiff indispensabili ai tanti ragazzini allenati da Bouquié, ma soprattutto fu importante l’arrivo di due barche moderne, le prime in carbonio insieme al recente otto: un quattro di coppia Filippi battezzato con il nome dello scomparso Presidente Sanzio Dainotti, acquistato grazie alla donazione di 10 milioni da parte della nipote, ed un quattro senza, sempre di Filippi. Il progressivo ed importante aumento dei soci inaugurò un periodo di prosperità economica sconosciuto ai 40 anni di Cerea sin qui ripercorsi: dal 1989 gli acquisti si susseguirono sempre più numerosi, rivolti a barche di alta qualità, fino a rinnovare completamente ed a moltiplicare la dotazione di imbarcazioni della Cerea. Se aveva un senso seguire analiticamente gli acquisti del passato, quando si comprava mediamente un’imbarcazione ogni 5- 6 anni, ora non si può che ricordare l’incremento netto del cantiere del periodo 1990 - 1997: 2 otto, 3 quattro di coppia, 3 quattro senza, 6 doppi, 5 due senza, 10 skiff, 5 miniskiff, 1 jole gig, 2 canoe, 2 doppi canoe, 1 jole a due, 98 voghe. E si tenga conto che in questo elenco non compaiono le barche acquistate e rivendute nel periodo, in genere quelle di minor pregio. 265 Cons. 4/6/1986 102 La Cerea 1945-1997 Questo sforzo impressionante, specie se raffrontato a quanto fatto nei decenni precedenti, dipese principalmente dalle possibilità offerte dai bilanci sociali; ma importanza non secondaria ebbero anche le collette organizzate a più riprese da Giuseppe Oddone -Spazzola- che spinse i soci ad aderire ad onerose sottoscrizioni destinate all’acquisto di specifiche imbarcazioni. Beppe Oddone assunse anche la responsabilità del cantiere dal 1994. Egli non solo fu di stimolo all’acquisto di imbarcazioni, ma si assunse il pesante compito di ristrutturare la rimessa al fine di ottenere un maggior numero di posti ed una qualità superiore di ricovero. I vecchi tubi su cui poggiavano le barche lasciarono il posto a tubi avvitati e muniti di selle, una completa ed efficace segnaletica indicò gli accoppiamenti tra barca e remi. E’ giusto ricordare anche gli acquisti comunque legati al canottaggio, come fu per il nuovo carrello costato 6.100.000 lire nel 1991266 e per l’acquisto di Celestina, un’Argenta pagata 500.000 lire nel 1991267 su cui si spesero 700.000 per il gancio da traino; quella vecchia auto permise però di fare a meno dell’auto di Bouquié, che si prestava a trainare il carrello con la sua Beta coupé Volumex, unica auto sportiva nel pur variegato mondo dei traini. Celestina fu sostituita nel 1993 dal Ducato regalato da Paolo De Leonibus, che per la prima volta permise ai nostri atleti di presentarsi sui campi di regata al pari degli atleti delle altre società, senza dover ricorrere a colonne di auto private o a minibus affittati. Non furono davvero pochi i motori comprati in quei nove anni, anche perché almeno due vennero persi nel fiume; anche il motoscafo fu acquistato nel 1994 per sostituire un vetusto scafo in alluminio odiato da tutti i vogatori del Po per le alte onde che sollevava. E per finire, complessivi sei remoergometri e le nuove attrezzature di palestra, a concludere un decennio del tutto diverso da quelli precedenti. Il periodo 1985-1997 coincise invece con la fine delle gloriose barche da passeggio, così importanti per la Cerea del 1950. Le barche in legno richiedevano costante ed abile manutenzione; a parte il costo era problematico trovare persone davvero capaci, o forse si trattava di imbarcazioni troppo vecchie, certo è che le gloriose Gianolio e Derossi, dai nomi dei loro proprietari, come l’Alice e la Lariana a quattro banchi fissi, andarono incontro ad un rapido degrado. Non giovò loro il desiderio dei soci veterani, anche se alle prime armi, di usare le jole o le barche olimpiche trascurando le barche da passeggio; barche poco amate da chi curava la loro manutenzione e che nello scarso uso che se ne faceva trovava la giustificazione per le deplorevoli condizioni in cui esse si trovavano. L’arrivo delle nuove numerose barche in carbonio condusse a morte definitiva le antiche imbarcazioni, perché sfrattate dalla rimessa esse vennero poste sul campo da bocce, e lì il loro legno cedette, irrimediabilmente. Fu una ingiusta mancanza di rispetto. Una triste fine, a suggellare anche la fine di una secolare tradizione. E non fu certo la barchetta in plastica comprata nel 1996 a sostituire decentemente le antiche punte e alici. 266 Cons. 11/4/1991 267 Cons. 25/4/1991 103 La Cerea 1945-1997 104 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO VI IL CANOTTAGGIO Il canottaggio agonistico di 50 anni fa aveva caratteristiche completamente diverse da quelle attuali. Erano diverse le barche, e non solo per i miglioramenti portati dal progresso tecnologico; anche le barche maggiormente utilizzate non erano quelle che ora vengono impiegate più di frequente. Consultando il Libro d’Oro della Cerea notiamo che, dal 1946 al 1958, gli equipaggi gareggiavano abitualmente con l’otto, abbastanza comunemente con il 4 con e con la jole a 4, raramente con il 2 senza. Il quattro di coppia non esisteva ancora, diventò barca olimpica negli anni ‘70. Le barche di coppia erano del tutto neglette, come il 4 senza. Abbiamo visto d’altronde come la Società fosse priva di skiff e come solo nel 1949 fu acquistato quello dell’ing. Michela allo scopo di allenare e far concorrere qualche nostro vogatore che si applicasse a quella specialità. Si potrebbe obiettare che questo amore per le barche lunghe e di punta fosse una caratteristica della Cerea, ma non era così; la regina delle barche era, per tutti, l’otto. Il quattro con veniva usato da mezzo equipaggio dell’otto, la metà più forte, che alla Cerea erano i vogatori ai primi quattro carrelli dell’otto. La jole era usata dagli esordienti, dai giovani che si preparavano all’otto. Erano diversi i campi di regata perché invece di utilizzare i bacini piccoli, come ora accade, si preferivano i grandi laghi, da Pallanza a Lecco, da Salò a Como. Ma anche i campi di gara irregolari come lo è il Po erano frequentati da gare di un certo peso, anche se vi potevano prendere il via tre soli equipaggi. Erano diversi gli allenamenti, molto più leggeri degli attuali e limitati ai mesi meno freddi; fu una novità per la Cerea la decisione del 1952 di assumere per due mesi un maestro di educazione fisica per la preparazione atletica invernale dei soci vogatori268, perché di solito l’inverno era periodo di assoluto riposo. Paolo Gariel riferisce che, nella buona stagione, una seduta di allenamento consisteva nel riscaldamento fino al ponte Balbis, nell’esecuzione di un percorso di 2.000 m. fino all’Esperia e nel successivo rientro alla Cerea. Erano diversi gli atleti, decisamente più anziani di quelli attuali, veri gentleman dello sport che, tra l’altro, pagavano la loro quota annuale, anche se ridotta rispetto a quella ordinaria. Erano diverse le categorie, che non si fondavano sull’età, forse perché non esisteva il vogatore che avesse meno di 18 anni, ma sui risultati ottenuti; c’erano le categorie Esordienti, i novellini, Juniores e Seniores, divisi dal merito. 268 Cons. 5/1/1952 105 La Cerea 1945-1997 Erano diverse le gare, perché le prove erano poche, in genere correva l’otto, il quattro con, la jole a 4, il due senza ed il singolo, ed insieme alle gare di canottaggio si svolgevano quelle di canoa. Ci si potrebbe prima di tutto chiedere perché alla Cerea si faccia del canottaggio agonistico, e come sia vissuta dai soci effettivi questa parte di Società. Mi pare che dai verbali risultino alcune differenze interessanti tra i sentimenti antichi e quelli attuali nei confronti della sezione agonistica della Cerea; proverò a chiarirli. L’aspetto agonistico fu molto importante nei primi decenni di vita della Cerea, anche perché tutti i soci fondatori e del 1800 provenivano dalla pratica sportiva, avevano loro stessi gareggiato. La partecipazione alle regate era un momento importante della vita sociale, forse perché lo Statuto prevedeva che solo l’Assemblea potesse decidere l’iscrizione di un equipaggio ad una competizione; e solo a metà degli anni 30 la norma Statutaria fu modificata rimettendo al Consiglio la decisione, cosicché nel dopoguerra era recente e ben vivo il ricordo delle frequenti assemblee in cui molti soci intervenivano nel dibattito per suggerire cambiamenti nell’equipaggio, l’iscrizione anche di altri atleti oltre a quelli proposti, l’esclusione di barche giudicate poco competitive. La presenza dei vogatori era quindi parte integrante della vita sociale ed ogni socio aveva modo di intervenire nella formazione degli equipaggi, nel loro allenamento e di giudicare i singoli vogatori. Non dico che l’agonismo fosse oggetto di attenzione come lo è il calcio al Bar Sport, ma poco ci mancava. Negli anni successivi alla modifica statutaria la discussione si restrinse in sede di Consiglio, ma rimase la necessità di parlare a ragion veduta della forza degli equipaggi, e quindi di seguirli. Per di più i soci veterani non uscivano in barca, se non raramente, e mai gareggiavano, cosicché non vi era alcuna concorrenza, per così dire, tra l’interesse riservato ai risultati degli atleti e quello prestato ai risultati dei soci anziani. Questa situazione durò fino al 1950 per lasciare poi posto ad una sempre più marcata indifferenza; dopo il 1950 in sede di Consiglio saltuariamente si parla della necessità di acquistare barche, ma nessuna altra questione relativa all’agonismo viene trattata; anche dai verbali d’assemblea scompare il riferimento, obbligato nel primo dopoguerra, ai risultati ottenuti ed alle prospettive future. Infine, ed è fatto molto significativo, dal 1958 cade la quasi centenaria tradizione di annotare nel Libro d’Oro i risultati sportivi dell’anno, anche se modesti; sicuramente le condizioni finanziarie della Cerea, la mancanza di un allenatore professionista, le mille difficoltà, portarono ad una crisi di risultati, ma qualcuno c’era pure a gareggiare con le maglie bianco celesti negli anni 60, eppure non ce n’è traccia nel Libro d’Oro. Non è questione di mediocri risultati, perché nel 1950 non ci si vergognò di segnare il 2° e 3° posto ottenuto nelle due sole gare torinesi disputate; è l’effetto di una caduta totale di interesse. C’è anche da dire che dai primi anni 50 emerge talora una forma di fastidio nei confronti dei vogatori, che vengono sentiti come estranei rispetto al corpo sociale, ed in qualche modo tollerati. Un importante risveglio di interesse della società nei confronti delle gare ci fu nei primi anni 70, specialmente per l’azione di Renzo Ventavoli e di Pantaleoni che ottennero un forte rilancio dell’impegno societario, con risultati concreti. Da allora la Cerea mantiene un atteggiamento di impegno finanziario e di struttura che garantisce la prosecuzione dell’attività agonistica, ma l’interesse reale dei 106 La Cerea 1945-1997 soci è modesto; sono ben pochi coloro che nutrono interesse per l’impegno agonistico, ed in qualcuno, pochi per la verità, permane un malcelato fastidio nei confronti dei giovani atleti. Molto contò la modifica statutaria che tolse all’assemblea la competenza a decidere la partecipazione alle regate; incise sicuramente il desiderio di Derossi di trasformare la Cerea in ritrovo di persone altolocate, perché i giovani sono chiassosi ed indisciplinati per natura, quindi fattori di disturbo. Le difficoltà economiche fecero il resto, anche se furono solo una giustificazione, o al più una concausa, per l’abbandono dell’attività agonistica; negli anni ‘70 i soldi erano pochissimi, ma la volontà di ripresa riportò alle gare i colori Cerea, mentre oggi l’agonismo vive una stagione serena non per l’interesse dei soci, limitato a poche persone, ma perché la tranquillità economica non pone il problema di effettuare tagli alle attività. Appare però evidente come negli anni 50 si sia interrotto quel meccanismo che garantiva il passaggio dalla categoria vogatori a quella di soci effettivi; dell’equipaggio che nel 1947 vinse sull’otto la regata del 15 maggio sono ancora soci, o lo furono per molti anni, Eusebione, Giovanni Bobba, Ambrosini, Ambrogio, E. Gariel, Paolo Gariel, Nosenzo; sette su nove. E molti ebbero incarichi di Consiglio ed operarono in seguito per la Società. Tra coloro che nel dopoguerra dirigevano la Cerea erano numerosi gli ex atleti degli anni 20 e 30, Balma, Balzari, Boccalatte, Bonetto, Caldi Scalcini, D’Alberto, Derossi, Gianolio, Michela, Massaia, Mortigliengo e molti altri raffigurati nelle foto poste alle pareti della sala biliardo. Ora invece sono rarissimi i soci ordinari che provengono dalle file dell’agonismo. E’ un fatto grave, su cui bisognerebbe riflettere, perché la perdita di coloro che hanno gareggiato per la Cerea ci priva di una continuità che non può giungere da altre vie. Resta ora da seguire quanto è narrato dai documenti. Intanto è opportuno ricordare che nel dopoguerra i soci vogatori pagavano la quota, ridotta a un quarto di quella ordinaria; 300 lire annue nel 1945 contro le 1.200 dei soci ordinari. Tuttavia i vogatori non godevano di grandi diritti, non potevano ad esempio usare le barche da passeggio se non a seguito di espressa autorizzazione269, così come era impedito loro l’uso dei locali sociali. La prima curiosità consiste nel conoscere la forza degli equipaggi Cerea dell’epoca. Per il 1945 abbiamo una diretta testimonianza di Boccalatte, allenatore e direttore sportivo, che il 23 dicembre 1945 rilevò la scarsa disponibilità di elementi atti a ben figurare in campo nazionale, salvo per un buon 4 con senior per vincere definitivamente il Trofeo del Match Torino - Lione (ora nella vetrina). Negli anni successivi (1946 - 49) l’otto su cui erano Bobba, Gariel e Nosenzo ebbe buoni risultati, anche se non di livello assoluto. Non è facile giudicare compiutamente quegli equipaggi perché la Cerea, allora, raramente lasciava le acque del Po; a parte le gare sul nostro fiume, poco significative, nel 1946 l’otto biancoceleste corse a Romans giungendo secondo, ma è difficile valutare il risultato di una gara internazionale non di campionato senza conoscere il lotto dei partecipanti . Il risultato fu comunque gratificante per la Società che, se non inviò l’equipaggio a correre i campionati italiani, almeno ne parlò diffusamente 269 Cons. 27/10/1946 107 La Cerea 1945-1997 nell’Assemblea ordinaria del 22 febbraio 1947: Il Presidente da quindi lettura dell’elenco delle regate nazionali ed internazionali a cui i nostri equipaggi hanno partecipato nel 1946 , dei premi vinti e del numero di regate compiute da ciascun vogatore. Già questa elencazione ci mostra come le gare fossero inferiori per numero a quelle attuali, perché oggi sarebbe impossibile leggere i risultati di 15 regate in cui ogni atleta corre spesso in due diverse specialità. Non si può valutare la forza degli atleti dell’epoca se non si tiene conto di quanto decise il Consiglio presieduto da Derossi. Apparentemente Derossi, atleta in gioventù ed ancora campione italiano cat. Veterani nel 1942, aveva tutte le caratteristiche del dirigente in grado di riportare lo sport della Cerea agli alti livelli dei primi due decenni del secolo, e leggendo gli elogi che riservò agli atleti in sede di assemblea la sua passione sembra sincera. Ma le decisioni concrete furono tutte dirette, più o meno inconsapevolmente, ad osteggiare la presenza di atleti e l’agonismo. Poiché non possiamo ritenere che Derossi non immaginasse le conseguenze delle sue iniziative, dobbiamo affermare che egli coscientemente mirò a smantellare l’attività agonistica. Abbiamo visto nei capitoli precedenti come ingenti risorse economiche fossero state destinate da Derossi nel 45 - 46 al riarredo della palazzina ed all’acquisto di barche da passeggio; così non fu per l’agonismo, anzi l’idea enunciata da Derossi era quella di eliminare per il 1946 le spese di partecipazione a gare e simili270 . Allenatore dei vogatori era l’ing. Alfredo Boccalatte, socio dal 1911, grande atleta, Presidente per 12 anni e poi allenatore, a tempo perso naturalmente, ma tecnico stimato anche fuori dalla cerchia cittadina271. Nel I capitolo abbiamo già accennato alle importanti cariche raggiunte da Boccalatte in seno alla Federazione: Segretario federale dal 1949 al 1957, lasciò quell’incarico perché fu eletto Presidente della stessa Federazione, carica che mantenne fino al 1961, reggendo così la Federazione durante l’importantissimo periodo dei Giochi Olimpici di Roma. La Cerea disponeva quindi di un dirigente sportivo di altissimo livello, eppure tra il 1949 ed il 1961 non si trova un solo accenno alla carriera di Boccalatte nei verbali d’assemblea o in quelli di consiglio, circostanza davvero strana poiché le assemblee erano momenti piuttosto formali in cui si ricordavano i soci scomparsi, si indicavano analiticamente i successi sportivi, si ringraziavano i soci per le donazioni (in genere Derossi), insomma una simile nomina avrebbe dovuto lasciare traccia. Invece la notizia è stata reperita in un volume in commercio272Nel suo incarico di allenatore alla Cerea un aiuto a Boccalatte giungeva dal dr. D’Alberto, cui venne affidato l’incarico di raccogliere gli elementi vogatori atti ad un proficuo lavoro di allenamento per la stagione sportiva 1946273. Contemporaneamente il Consiglio espresse un rigido concetto della possibile appartenenza alla cat. Vogatori: Verranno esaminate le situazioni, attitudini ed attività dei vogatori in forza e verranno invitati gli elementi non idonei al passaggio eventuale a Soci effettivi. 270 Cons. 16/12/1945 271 Si legga la relazione di Ponte in ordine all’assemblea federale del 1961, cui partecipò Boccalatte, che appare come persona nota e stimata nell’ambiente; in Doc. B.15.1 272 Scie da Leggenda, Storia della canoa e del canottaggio italiani, GS Editrice. 273 Cons . 20/1/1946 108 La Cerea 1945-1997 Già nell’aprile del 1946 c’era stato un buon incremento di vogatori, davvero notevole visto che nella riunione di Consiglio del 7 aprile 1946 si afferma essere possibile una selezione degli elementi idonei per un equipaggio dell’otto e di almeno 3 jole; e tanti erano i nuovi vogatori che, in quella seduta, fu deciso di adibire a loro spogliatoio la stanza del ping pong e di installare una seconda doccia; un 8 e almeno tre jole fanno più di 20 persone, costrette a lavarsi in una sola doccia. Ma sono una manna per una squadra agonistica che, nell’anno precedente, poteva contare solo sui vogatori del quattro con. Però non sembra che a queste giovani leve fosse riservato un gran trattamento, o che la Cerea mirasse ad un alto numero di atleti; forse per la disperata ricerca di soldi onde coprire i debiti contratti per i lavori, nell’albo sociale comparve questo avviso: A partire dal 1° maggio tutti i soci vogatori, che abbiano già dato prova della loro efficienza in regate interregionali o nazionali a favore della Cerea, e che desiderino far domanda di passaggio a soci effettivi, saranno esenti dal pagamento della quota di buon ingresso. Essi dovranno fare regolare domanda al Consiglio Direttivo -controfirmata dal Direttore Tecnico. Tutte le altre domande, qualora siano accettate, sono tassativamente soggette al pagamento della quota di buon ingresso, pari almeno alla quota ordinaria dell’anno in corso per detta categoria274. Tenuto conto che la quota di buon ingresso era una novità di allora sembra si volesse annientare il canottaggio agonistico, perché simili misure spingono il vogatore bravo a passare tra gli ordinari, cessando così il suo obbligo di allenamento; l’atleta meno dotato sa che, sempre che non sia escluso dai soci vogatori, dovrà tra breve diventare effettivo e pagare l’intera quota di buon ingresso. E quindi cambia società o lascia il canottaggio. Non è allora casuale che ai discreti risultati del 1946 seguano anni di crescente mediocrità: cinque gare, di cui 4 a Torino, e nessuna vittoria nel ‘47; cinque equipaggi in gare torinesi ed una vittoria nel ‘48; miglioramento nel ‘49 con più equipaggi ed il 5° posto ai Campionati nel 4 con; nel ‘50 tre equipaggi in gara a Torino e nessuna vittoria; nessuna vittoria nel ‘51, con due gare fuori città; nel 1952 risulta solo un otto in gara eliminatoria per un match; una vittoria a Torino, su cinque gare, del 4 con per il 1953; nel ‘54, con il debutto di Gaia, Soave e Ventavoli, quattro vittorie nell’otto; una sola vittoria con l’otto nel ‘55 e nessuna gara nel 1958. Bisogna dire che molti atleti meritevoli avevano approfittato della possibilità offerta nel 1946, evitando così il pagamento del buon ingresso e divenendo soci effettivi, pur continuando a gareggiare; Bobba, Gariel e Nosenzo erano tra quelli, e ritroviamo i loro nomi in occasione dell’Assemblea del 22 febbraio 1948, perché il Presidente porse un elogio ed un ringraziamento ai seguenti vogatori: Rogliatti, Ambrogio, Ambrosini, Bobba Giovanni, Eusebione, Parachini, Gariel Paolo, Maccari e dr. D’Alberto. Anche la decisione di far correre gli equipaggi solo a Torino è difficile da spiegare solo con le ristrettezze economiche: Derossi pagava per tutto e per tutti, specialmente quando si trattava di compiere un’opera cui teneva, come fu per gli abbellimenti all’arredo; non era certo tenuto a finanziare l’agonismo, ma il mancato finanziamento di questa sola parte della società è segno inequivocabile 274 Cons. 27/4/1947 109 La Cerea 1945-1997 di suo disinteresse. Il libro del Centenario voluto da Derossi ci descrive, col suo pomposo linguaggio, l’otto di Bobba e Gariel come composto di uomini fortissimi, imbattibili, eppure Derossi non fece partecipare la barca ai Campionati. Boccalatte lasciò l’incarico di allenatore nel 1948, ufficialmente per altri suoi impegni, ma forse ci fu anche un po’ di rabbia per le polemiche seguite ad alcune sue decisioni relative ad una trasferta a Salò. Boccalatte aveva deciso di iscrivere l’otto di Bobba, Gariel e Nosenzo, tra gli altri, alle gare di Salò il 29 giugno, e la decisione aveva aperto discussioni in Consiglio perché la spesa andava ad assorbire tutte le somme stanziate per l’anno agonistico; tra l’altro ben si comprende quanto modeste fossero le risorse destinate alle gare. La questione era stata risolta da Derossi alla sua maniera, compresa quella punta di prepotenza che ben emerge dal verbale275: Il comm. Casalis fa notare che la spesa per l’intervento alle regate di Aix - Les Bains, sommata a quella per Salò ed eventualmente a quella di Pallanza , non può essere sopportata coi mezzi preventivati. Il Presidente propone che a tali spese di eccezione si vada incontro con una sottoscrizione volontaria tra i soci. Da vari consiglieri (comm.Cane, dr.Ponte, dr.Magni) viene accolta tale proposta poco favorevolmente; il Presidente tuttavia, apre tale sottoscrizione, dicendosi disposto a versare per primo lire 20.000. La seduta è tolta alle ore 24. Le proposte del Presidente non si discutono, si eseguono. Nel successivo verbale del 4 luglio troviamo le avvisaglie della lite: Il sig. Abelly narra dettagliatamente come si è svolto l’intervento del nostro equipaggio ad 8 vogatori sia per il viaggio, sia alla regata di Salò. Da tutti i presenti viene stigmatizzato tale intervento, svoltosi in condizioni disastrose di tempo e di trasporto, intervento che viene giudicato disastroso come possibilità di risultato sportivo, e come inutile sperpero di fondi sociali. Viene pure criticato l’intervento della moglie di un vogatore, presenza superflua in un viaggio in cui faceva difetto anche il posto per i 10 vogatori più l’imbarcazione. Eppure i nostri arrivarono secondi, che non pare un cattivo risultato, ma evidentemente non fu così. E’ però dalla successiva riunione che emergono le caratteristiche del viaggio (ecco perché si viaggiava poco), ed anche il voltafaccia che irritò sicuramente Boccalatte276: L’ing. Derossi denuncia la spesa non indifferente per l’invio dell’equipaggio ad 8 vogatori a Salò, proposto dal Direttore Tecnico (ma lui aveva entusiasticamente aperto la sottoscrizione!). Tale equipaggio, in causa di tutte le difficoltà ed i contrattempi nati prima della partenza, avrebbe dovuto rinunciare alla partenza, fatta in condizioni meteorologiche sfavorevoli e dato il faticoso viaggio fatto in camion, sotto la pioggia e durante la notte precedente il giorno della gara, dopo un percorso superiore ai 400 Km.. L’ing. Boccalatte era assente a quella riunione, forse volutamente. Scaricata la colpa sul povero Boccalatte, resta da ricordare la trasferta nel cassone di un camion, sotto la pioggia e nella notte, ed il secondo posto in gara! Nell’Assemblea del 22 febbraio 1948 ci fu l’atto finale della personale e dura guerra tra Boccalatte e Derossi, uscito vincitore dalla battaglia che li vide in disaccordo su tutto, con liti fredde regolarmente verbalizzate. I due erano divisi dalla diversa concezione della Cerea, sportiva e popolare per il primo, elitaria ed 275 Cons. 23/6/1947 276 Cons. 4/9/1947 110 La Cerea 1945-1997 elegante per il secondo, ma soprattutto da una forte e reciproca antipatia. Non solo Derossi ignorò il Direttore Sportivo Boccalatte, ma ringraziò ed elogiò il suo aiutante D’Alberto; e per colmo di misura solo nelle Varie ed Eventuali il Presidente comunicò che l’ing. Boccalatte, per i suoi attuali numerosi impegni, che lo assorbono completamente, è costretto a rassegnare le dimissioni da Direttore Tecnico della nostra Società. Non una parola di ringraziamento per Boccalatte, forte atleta, Presidente per dodici anni, a lungo Direttore Sportivo; solo una deplorazione seguita dalla sua sostituzione: Il Presidente, pur deplorando la decisione del socio Boccalatte, non può lasciare la branca sportiva della Cerea abbandonata da una persona tecnica di riconosciuto valore, e propone per colmare tale vacanza, la nomina di una Commissione tecnica, composta di persone ben conosciute per il loro non lontano passato sportivo, che possano sostituire l’ing. Boccalatte. Vengono pertanto eletti a far parte di questa Commissione i signori: Abelly Massimo, Balma dott. Ernesto, Colombo Ugo, Gianolio Giorgio: Il dott. D’Alberto, già Vice Direttore Tecnico, viene pregato di continuare ad occuparsi anche lui dei vogatori e degli equipaggi, compito che egli accetta compatibilmente con i suoi attuali impegni. Viene nominato istruttore degli allievi vogatori il dott. Delaude. Sicuramente per i vogatori non era facile allenarsi sotto il controllo e l’insegnamento di tante persone, tutte dotate di esperienza, ma probabilmente talora in disaccordo tra loro. I risultati non entusiasmanti del 1948 mettevano in luce la necessità di munire la Cerea di un vero allenatore; ed il Presidente non fu tenero neppure con i volenterosi soci della Commissione: Visti gli scarsi risultati ottenuti nel 1948 dalla Commissione Tecnica approvata nella Assemblea del 22 febbraio 1948, precisa che l’allenatore della Timavo di Monfalcone è disposto a prestare la sua opera di allenatore presso la nostra Società qualora gli si trovi un impiego a Torino277 . La candidatura tramontò nel silenzio. Nel 1949 la Cerea ebbe però la soddisfazione della partecipazione alla gara nazionale di Castelgandolfo, con un 5° posto di Bouquié, Bobba, Parachini e Gariel, tim. Nosenzo nel 4 con. Senza un allenatore era difficile pretendere di più. Ed infatti sembra che fosse decisa l’assunzione di un allenatore, almeno a leggere il verbale d’assemblea del 25 febbraio 1950: Il presidente passa alla illustrazione del lavoro sportivo agonistico dell’anno 1949, assai scarso, dovuto al fatto della mancanza di una persona competente che si interessi dell’allenamento degli equipaggi. Per porre fine a questa situazione propone di cercare in campo cittadino e nazionale un allenatore da stipendiarsi che si prenda cura degli attuali atleti e ricercare nuovi elementi da impostare. L’assemblea votò una commissione composta da D’Alberto, Brovetto e Bobba che provvedesse agli allenamenti fino all’arrivo dell’allenatore. In realtà fu D’Alberto, recentemente riconfermato Direttore Tecnico278, ad occuparsi dell’agonismo in un annata davvero deludente: solo due gare disputate, a Torino, ottenendo un 2° ed un 3° posto. Stupisce però che i nostri dirigenti dell’epoca abbiano deliberatamente scoraggiato gli oltre 20 vogatori presenti nel 1946, quasi tutti nuovi atleti, per poi lamentare dopo soli due anni la carenza di atleti e la scarsità di risultati. Quello per lo sport agonistico pare un interesse di pura facciata, perché sarebbe altrimenti difficile giustificare un 277 Ass. 27/2/1949 278 Cons. 9/2/1950 111 La Cerea 1945-1997 comportamento insensato più che contraddittorio. La crisi non fu affatto passeggera, anzi si aggravò negli anni successivi; stupisce ancor di più il fatto che quei dirigenti fossero quasi tutti ex atleti, eppure così incapaci di mantenere un dignitoso livello dell’agonismo Cerea. Le colpe della situazione venivano scaricate sulla persona che, con personale sacrificio, cercava di aiutare i pochi vogatori rimasti alla Cerea insegnando loro quel che poteva; il Presidente, in questo come in altri casi, si prendeva i meriti ma rifiutava la paternità di un fallimento. Anche D’Alberto fu chiamato a pagare, nella seduta di Consiglio del 30 maggio 1950: il Presidente osserva come attualmente la parte sportiva lascia molto a desiderare dimostrando così la necessità impellente di un allenatore che si prenda cura dei vogatori. Il dott. D’Alberto precisa che le persone indicate dall’Assemblea (Sigg. Bobba Giovanni e Brovetto Enrico) non si sono applicate per coadiuvarlo nel suo lavoro di allenatore, perciò è rimasto solo in questo lavoro assai delicato esponendosi così ad aspre critiche, per le quali il dott. D’Alberto decide di rassegnare le dimissioni da direttore di canottaggio e da consigliere. Neppure a D’Alberto fu rivolto un ringraziamento, ma almeno furono respinte le dimissioni da consigliere; Derossi propose allora di affidare la Direzione Sportiva al dott. Balma il quale dovrebbe prepararsi un piano di lavoro unitamente ad un piano di lavoro disciplinare generale. E qui abbiamo notizia diretta di un altro carattere del Derossi, che emerge anche per altre vicende, il fastidio nei confronti dei giovani, di coloro che possano disturbare l’elegante Cerea che egli sogna. Bisogna che intervenga Ponte, persona che non ha mai fatto del canottaggio agonistico, ad osservare che con questa soluzione il problema non è ancora risolto. Approva e vede molto bene Balma Direttore sportivo, ma siccome questi per motivi professionali non può dedicarsi come allenatore, è necessario trovarne uno stipendiato. Allo stipendio potrebbero provvedere per un periodo indeterminato non inferiore ad un anno e mezzo i Sigg. Derossi, Borghero Ponte e Balma, i quali si dichiarano disposti a sottoporsi a questo esperimento allo scopo di portare nuovamente i colori sociali alla ribalta agonistica. Si impongono alcune considerazioni. Era evidentemente una dichiarazione di facciata quella ripetuta in due assemblee di voler assumere un allenatore stipendiato: se Ponte propose di pagare in quattro lo stipendio ciò significa che la Cerea non disponeva di mezzi sufficienti. Si capisce anche come mai non si sia mai trovato quell’allenatore apparentemente tanto ricercato: la Cerea non poteva pagargli lo stipendio, e quindi non l’aveva nemmeno cercato. Derossi donò alla Cerea milioni dell’epoca, pagò ampliamenti, arredi, barche e quant’altro; se avesse avuto reale interesse alla permanenza di una decente sezione sportiva non ne avrebbe fatto questione di bilancio, come non aveva esitato ad indebitare la società di 600.000 lire dell’epoca per i lavori di restauro post bellici. Semplicemente, l’agonismo non gli interessava, salvo sognare atleti silenti e disciplinati, ma apportatori di gloria. Se i verbali tacciono spesso sulla sezione agonistica ci offrono indirettamente testimonianza della crisi che colpì la pratica del remo in società: alla Festa Sociale dell’ottobre 1952 le regate si corsero in alice a 2 vogatori con timoniere, in jole a 4 e outrigger a 8 vogatori, estraendo a sorte, fra tutti gli iscritti, 112 La Cerea 1945-1997 la formazione degli equipaggi279 ; un anno dopo le gare si ridussero alla Alice a 2 ed alla jole280 per ricomprendere l’otto nel 1954, insieme alla canoa281, mentre i partecipanti alla festa sociale del 2 ottobre 1966 si limitarono a disputare una gara di bocce.282 Ritorniamo all’ esame dei verbali, riportando l’attenzione sulla ricerca dell’allenatore il cui stipendio doveva gravare su alcuni soci. Qualcosa si mosse, ne abbiamo la prova dalla riunione di Consiglio del 25 giugno 1950: Il Vice Presidente Borghero riferisce sui colloqui avuti il giorno precedente con il prof. Foco giunto da Bari; parla dell’ottima impressione e dell’interessamento manifestato nei suoi riguardi da altre società di canottaggio torinesi. Prospetta la questione economica fornendo delucidazioni sulla situazione nella quale si trova attualmente il prof. Foco nei riguardi della Federazione Canottaggio: tale situazione potrebbe essere trasferita a Torino nel prossimo anno nel senso che, facendo gli opportuni passi la Federazione continuerebbe a mantenere all’interessato l’incarico che attualmente ha per le Puglie con il relativo emolumento mensile di lire 20.000; ciò porterebbe ad uno sgravio degli oneri che Derossi, Borghero, Ponte e Balma tengono ad assumersi per un tempo indeterminato. D’Alberto osserva che il mantenimento dell’incarico federale porta inconvenienti non lievi. Il Foco venne introdotto nella sala e precisò di ritenere remunerativa la somma mensile di lire 60.000 percepita in Puglia; fece buona impressione e venne assunto dai quattro generosi membri del consiglio. Era uno stipendio alto? Non è facile capirlo: era elevatissimo rispetto alla quota sociale annua (£ 12.000), normale rispetto al costo di un mazzo di carte (£ 600). C’erano grandi aspettative, anche se passò qualche mese prima che Foco prendesse servizio: il sig. Borghero passa quindi ad illustrare l’attività sportiva 1950. Non si è potuto fare granché, poiché l’allenatore nella persona del prof. Foco Gildo, già allenatore della Barion di Bari non ha potuto essere libero dai suoi impegni prima della fine della stagione remiera. Il suo operato è già in atto e se anche per il 1951 non si otterranno dei grandi risultati, l’essenziale è che i colori della Cerea ritornino alle competizioni sulle acque nazionali283. Il giudizio negativo di Borghero sul livello dei risultati ottenuti dalla Cerea nel 1950 è chiaro. Foco fu però causa di grande delusione. Già nel maggio 1951, a circa sei mesi dall’arrivo del nuovo allenatore, il direttore sportivo Balma lamenta che il tenore sportivo dei nostri atleti è molto basso; infatti i vogatori non sono tenuti con la disciplina e la serietà sportiva che richiede il canottaggio; e poi curiosamente: questo rilassamento è causato dai troppi svaghi, giochi che offre la società e che i vogatori ne approfittano trascurando il programma di lavoro284. Sul fatto che quegli atleti non si allenassero non c’è dubbio, ma quali erano i tanti divertimenti offerti dalla Cerea? Non le carte, perché i vogatori non potevano accedere al 279 Cons. 2/10/1952 280 Cons. 1/10/1953 281 Cons. 10/10/1954 282 Cons. 19/9/1966 283 Ass. 4/2/1951 284 Cons. 11/5/1951 113 La Cerea 1945-1997 salone; non le barche da passeggio, perché pochi anni prima il loro uso era stato interdetto agli atleti; restavano il ping pong e le bocce. Erano altri tempi certamente, ma è un po’ buffa questa immagine dell’austera Cerea dell’epoca vista come luogo troppo divertente per dei giovanotti. Il libro di cassa del 1951 ci fornisce informazioni che forse possono far comprendere il motivo dell’irritazione di Balma. Il 18 aprile la Cerea versò 3.830 lire al Comitato I Zona per compartecipazione piscina stadio comunale. Forse le teorie del tempo consigliavano il nuoto come mezzo di allenamento dei canottieri, ma i vecchi soci della Cerea sicuramente non gradivano simili deviazioni dalla tradizione. E non è tutto: il 29 aprile, in occasione di regate sul Po, fu offerto il pranzo ai vogatori (10.570), come il 4 giugno (9.500) ed il 17 luglio (4.800). Forse anche queste abitudini conviviali, per di più onerose per la Società, contribuirono al giudizio negativo sulla serietà dei vogatori e sul Foco. Il Presidente Derossi, nella stessa riunione di Consiglio, avanzò una proposta, ovviamente approvata dai consiglieri, che sicuramente portò all’allontanamento di parte dei vogatori, già non troppo numerosi: l’Ing. Derossi in seguito a tale esposizione propone di non iscrivere gli equipaggi della Cerea alle regate del 20 maggio e di selezionare l’elemento vogatori trattenendo quegli elementi seri, disciplinati e sui quali si può fare sicuro affidamento e allontanare gli elementi indolenti affinché non siano di nocumento ai primi. Sanzione immediata e senza appello che lascia perplessi, così come la mancata iscrizione alle regate. Agendo in quel modo si favoriva l’ordine e la disciplina, ma si smantellava una squadra. Perché la sanzione non colpiva solo gli indisciplinati, ma anche i loro compagni che si vedevano sottrarre il compagno di barca, l’amico, l’allegria. I superstiti di quella misura disciplinare furono inviati alla regata di Mantova con la jole a 4285, spedizione che costò 41.000 lire, ma la Federazione ne rimborsò ben 34.830; il rimborso fu talmente alto da chiedersi ancor più come le esigenze della squadra agonistica potessero essere così compresse per ragioni di bilancio! Le carenze di Foco non riguardavano la sola serietà negli allenamenti, ciò emerge dalla riunione di consiglio del 10 novembre 1951: il Vice Presidente Borghero presenta una mozione d’ordine e chiede di avere la parola per quanto riguarda l’allenatore Foco. Infatti dall’operato svolto dall’allenatore nell’anno di prova i risultati assai modesti ottenuti sono da imputarsi ai sistemi di voga ormai sorpassati, come anche ebbe a dire il commissario tecnico della federazione, motivo per il quale la stessa federazione provvederà alla fine dell’anno in corso al licenziamento. Di fronte a tale stato di cose i sovvenzionatori sono ancora disposti a continuare l’elargizione dell’emolumento mensile? Naturalmente al Foco fu revocato l’incarico dal 1° dicembre; stupisce però che la questione non sia stata portata in consiglio da Balma, che era il Direttore Tecnico. Il licenziamento di Foco fu anche comunicato all’assemblea riferendo i giudizi della federazione, ma con la precisazione che Derossi, Ponte, Borghero e Balma sarebbero disposti ad assumere un altro allenatore e questo negli interessi della nostra Cerea286 . 285 Cons. 1/6/1951 286 Ass. 2/12/1951 114 La Cerea 1945-1997 Non sappiamo chi abbia sostituito Foco nell’incarico, ma è probabile che sia stato il vecchio Boccalatte a sobbarcarsi la fatica, perché egli fu nuovamente nominato direttore di canottaggio287. Contemporaneamente il consiglio assunse per due mesi il prof. Italo Molinatti, istruttore di educazione fisica, per curare la preparazione invernale dei vogatori. C’era indubbiamente la volontà di rianimare il canottaggio agonistico, ma quel che pare mancasse era una visione sufficientemente chiara del modo di allevare i vogatori, dei tempi occorrenti, della pazienza e del lungo lavoro necessario prima di ottenere risultati. L’improvvisazione che regnava in questo campo risulta da quanto sappiamo del 1954. Allenatore, non sappiamo da quando, era il socio Abelly, indicato come “tecnico” nella seduta del 10 luglio 1954. Già il 18 giugno di quell’anno il consiglio aveva deciso di inviare a Aix - Les Bains l’otto che aveva vinto la selezione torinese. Il 10 luglio il Vice Presidente D’Alberto, visto il comportamento dell’equipaggio a 8 vogatori nelle regate di Aix - Les Bains ed approssimandosi la data dei campionati italiani juniores a Pallanza chiede che venga iscritto anche l’equipaggio della società. Comunica inoltre anche il parere positivo dell’ing. Boccalatte. Il Consiglio Direttivo è unanime nell’approvare l’iscrizione sia dell’8 che del K1. All’osservazione del cassiere Girardi che lamentava l’impossibilità di trovare in cassa i soldi per la trasferta Derossi, come di consueto, dichiarò di accollarsi tutte le spese. Una generosità episodica non poteva però superare la inesistenza di un budget per l’agonismo; l’allenatore era un socio, per le trasferte non c’erano fondi, la Cerea sperava nelle vittorie ma non investiva risorse nel canottaggio. Sappiamo comunque quanto versarono tre soci per consentire la partecipazione alle regate di Pallanza: ing. Derossi lire 100.000, avv. Caldi l. 20.000, sig. Vercellone l.5.000288. La trasferta a Pallanza diede esiti soddisfacenti, perché l’otto con Bouquié e Ventavoli si piazzò terzo ai campionati, tanto che l’assemblea del 9 marzo 1955 decretò un plauso particolare al dr. D’Alberto per l’attività da lui prestata nella preparazione degli equipaggi. Parallelamente alla crisi del canottaggio risultante dai pochi e mediocri risultati annotati sul libro d’Oro fino al 1958, crebbe invece l’importanza della canoa. Fu merito del socio Restagno se alla Cerea prese piede quello sport, con numerosi praticanti e con risultati degni di nota: nel 1952 l’atleta Valentino Eligio partecipò nel K2 ai Giochi Olimpici di Helsinki, e se anche non arrivò alla finale rimane l’unico atleta Cerea che abbia mai partecipato alle Olimpiadi. Nonostante i numerosi successi ed i tanti praticanti la canoa restò però un corpo estraneo alla società, ed il fatto che un velo di silenzio sia calato sul nostro solo olimpionico, fino al totale oblio, dimostra come le imprese dei canoisti non muovessero ad entusiasmo i nostri soci. Il libro del Centenario ci descrive con retorico entusiasmo le gesta degli equipaggi di canottaggio nelle competizioni svoltesi fino al 1953 anche se le gare erano talora modeste, ma cita solo una vittoria di Restagno nel K1 alle regate torinesi del 25 aprile 1953289; non cita invece un argento ai campionati, non cita il 287 Cons. 5/1/1952 288 Ass. 9/3/1955 289 Dal Pozzo - Centenario Cerea 115 La Cerea 1945-1997 nostro olimpionico. Peccato, perché in un momento di grave crisi la presenza della canoa poteva avvicinare giovani appassionati; l’attuale Presidente dell’Esperia, l’arch. Sassone, iniziò a frequentare il fiume proprio alla Cerea, come canoista. Nonostante gli sforzi di Restagno la canoa ebbe una vita limitata presso la società, forse colpita dalla scarsa simpatia della maggioranza, di altra estrazione sportiva. Manca ogni verbale di consiglio per gli anni dal 1955 al 1958; il Libro d’Oro non fu aggiornato nel 1956 e 57; la sola notizia di canottaggio, dopo le numerose vicende del 1954, è la nomina di Giovanni Bobba ad allenatore che ci viene dal verbale dell’assemblea del 1° dicembre 1957. Seguono solo rare ed episodiche notizie sul canottaggio e sulla canoa alla Cerea. Dal 1958 i risultati non vengono più annotati sul libro d’Oro, omissione che durerà per oltre 15 anni. L’argomento quasi scompare anche dai verbali. Bisogna allora ricorrere ai ricordi dei protagonisti per sapere da Soave che lui e Gaia gareggiarono più volte sull’otto dell’Armida e che egli nel 1959 si piazzò terzo nella finale junior dei Campionati Italiani. Dal verbale di Consiglio del 22 marzo 1958 risulta che il sig. Colombo promise di procurare i calzoncini bianchi per i vogatori ed il sig. Contano assicurò di interessarsi per procurare le tute. Giovanni Bobba lasciò l’incarico di allenatore già nella riunione del 6 ottobre 1958, il Consiglio lo sostituì con Restagno che mantenne l’incarico almeno fino al 1963; questi era però un tecnico di canoa ed infatti, nella stessa riunione, ottenne l’impegno di Derossi a pagare K1 e K2 nuovi per dare impulso alla attività già bene iniziata. L’incarico venne poi confermato a Restagno nel 1960290 . Molto interessante è quanto riportato dal verbale di Consiglio del 27 novembre 1959. Prima di tutto ci conferma che la canoa era lo sport principe, in quanto riporta la notizia che quattro canoisti avevano gareggiato nei Campionati Italiani; ma ci indica anche una modestissima forma di professionismo: Su richiesta del sig. Restagno il consiglio accorda il rimborso del mancato guadagno ai quattro canoisti (operai) per i giorni in cui si sono recati a gareggiare ai campionati italiani; il rimborso deve essere però contenuto nella misura di l. 12.000. Notazione che ci riporta a tempi in cui non esistevano i permessi retribuiti, le ferie non godute da recuperare, le festività soppresse da utilizzare. Che fossero canoisti o che fossero canottieri, gli atleti erano pochissimi, perché nella stessa riunione si pregò il sig. Colombo di interessarsi ad ordinare dodici canottiere sociali e dodici maglie sociali a mezza manica! Indice di una scarsità impressionante di praticanti. Qualche notizia precisa sullo stato del canottaggio alla Cerea in quegli anni lo abbiamo solo tramite qualche ritaglio di giornale fornito dal socio Gellona. La Stampa del 7 maggio 1959 annuncia per il giorno successivo la gara di apertura sulle acque del Po: La Cerea punta quasi tutto sui giovani. Il direttore tecnico Eusebione vuole allineare domenica due jole a 4 (una di studenti medi e una di universitari, rispettivamente guidate da Gellona e da Cotti) un quattro con e lo skiffista Soave, oltre a tre canoe. Continuava la tradizione di mescolare il canottaggio con la canoa, anche perché unica era la Federazione per i due sport. 290 Cons. 8/1/1960 116 La Cerea 1945-1997 Tuttosport del 9 maggio riporta i risultati delle poche gare, sempre che non sia stato pubblicato solo un estratto, ma non se ne capirebbe il motivo; e salvo che per il singolo, ove compaiono i primi tre piazzamenti, il giornale indica solo il vincitore e la piazza d’onore. Vediamo le gare svolte e i risultati riguardanti la nostra società: Jole a 4, 1° Armida 2° Cerea; Canoa K1 femm.; Quattro con 1° Cerea (Gellona, Scardina, Ferretti e Romano) 2° Esperia; Canoa K2 J; Jole a 4; Due con; Canoa K1 masc.J; Canoa K2 femm; Otto; Canoa C1291. Se le gare disputate furono solo quelle la crisi non era solo della Cerea, ma del canottaggio torinese. Stampa Sera del 6 maggio 1961 anticipa gli equipaggi in gara nelle regate di apertura del 14 maggio; risulterebbe un buon numero di equipaggi Cerea, indipendentemente dalla loro qualità: La Cerea presenta uno schieramento composto esclusivamente di studenti universitari. Sono della partita un 4 con (capovoga Gellona) già collaudato con successo la stagione scorsa, tre canoisti e tre jole a quattro; da queste ultime l’allenatore Restagno si propone di tirar fuori un buon otto. Tutti quegli equipaggi significavano più di 20 atleti, anche se bisogna tener conto che, per la prima gara esaminata, gli iscritti furono inferiori a quanto annunciato da Eusebione. Resta il fatto che attività agonistica c’era, anche se la mancanza di un allenatore professionista impediva il raggiungimento di risultati d’alto livello. Quello che mancava completamente era l’interesse del Consiglio, dimostrato dal rarefarsi delle discussioni sul canottaggio in seno allo stesso direttivo e dall’abbandono dell’antica tradizione di annotare i risultati sul Libro d’Oro. In fondo, neppure dell’incarico dato a Eusebione c’è traccia negli atti sociali. La crisi totale del canottaggio Cerea raggiunse l’apice proprio nel 1963, anno del Centenario. Secondo la restimonianza di Gellona egli cessò l’attività agonistica nel 1963 perché, in quell’anno, restò il solo giovane canottiere; il singolo era l’unica barca praticabile, ed i soci maturi non andavano in barca. Nonostante l’assenza di atleti biancocelesti furono organizzate gare e Ponte mise in palio la coppa d’argento dello scultore Assetto, detta del Centenario, ora in sala da pranzo. La coppa del Centenario offerta dal prof. Ponte fu messa in palio nel Match Torino - Roma, del quale sappiamo solo che ai primi andò una medaglia in oro, ai secondi in argento292. Della disputa della Coppa Cerea si parlò parecchio nella riunione del 15 maggio 1964, ma solo con riferimento alle assicurazioni avute da dirigenti romani sulla presenza di un equipaggio, alle spese della trasferta offerte personalmente da Derossi, all’ospitalità data al Giudice di gara presso l’Hotel Ligure; è un successivo verbale293 a precisare che la Coppa Cerea, disputata il 31 maggio, fu una sfida tra una rappresentanza dell’università di Roma e di quella torinese, quest’ultima allenata dall’allenatore dell’Esperia. Si trattò certo di una gara tra due otto, e quasi certamente il grosso dell’equipaggio proveniva dall’Esperia; non fu certo per caso che l’allenatore dell’otto provenisse da quella società. 291 I ritagli sono conservati tra le memorie storiche, Volume Giornali e Riviste. 292 Cons. 15/5/1963. 293 Cons. 17/7/1964 117 La Cerea 1945-1997 La crisi sportiva della nostra società è ben rappresentata dall’idea risultante dallo stesso verbale: il segretario prenderà contatto, su consiglio del Presidente, con l’allenatore Ghiardello (della Tevere Remo, selezionatore dei romani) che alcuna risposta a lui ha dato, dopo l’incontro del 31 maggio, in merito alla possibilità della creazione, presso la Cerea, di un equipaggio formato da elementi militari, già esperti, dal Ghiardello preventivamente revisionati ed ai quali il Presidente potrebbe trovare sistemazione lavorativa a Torino. Proposta talmente assurda da non meritare commenti, anche se conferma la tesi già esposta di un desiderio Presidenziale di comode vittorie senza passare attraverso i fastidi che la presenza di giovani in società comporta. La cosa stupefacente è che Derossi era allora Presidente anche della Federazione di canottaggio del Piemonte, carica che ricopriva da parecchi anni. Il denaro ed il potere facevano premio sulla capacità, anche a livello di federazione. Non si può non sottolineare come il raggiungimento dei massimi vertici della dirigenza sportiva con Boccalatte e Derossi non abbia portato alcun rilancio dell’agonismo Cerea, anzi sia coinciso con uno dei periodi più bui. Il Comitato piemontese organizzò un’importante regata in onore della Cerea che si tenne a Torino il 9 giugno 1963 per festeggiare il Centenario; nei verbali non c’è traccia della manifestazione. Il programma 294 ci rivela che il Comitato Piemontese presieduto da Derossi organizzò parecchie gare cui parteciparono tutte le società torinesi, ma anche il Lyon, il Grenoble, l’Aix Les Bains e l’Ivrea Canoa Club, oltre all’Aniene per la regata universitaria, ma nella totale assenza di atleti della Cerea. Fu davvero una strana festa del canottaggio quella che vide tanti canottieri gareggiare in onore di una società dal passato glorioso, ma dal presente inesistente. Nonostante la pienezza della crisi sportiva nell’Assemblea del 7 maggio 1964 Derossi espose la situazione della Cerea anche dal punto di vista remiero, ma non abbiamo notizia su quanto disse. Nella stessa assemblea fu deciso che alle riunioni di Consiglio partecipasse anche Bobba, non eletto, ma limitatamente alle sedute nelle quali saranno trattati gli argomenti che hanno diretta attinenza con il cantiere e con il materiale remiero; egli era infatti responsabile del cantiere ma, si noti, l’attenzione era rivolta solo al materiale, mai agli atleti o al canottaggio. E’ sigificativo che nella riunione del 16 settembre 1964 il Vice Presidente Casalis abbia proposto una campagna di propaganda se vita sportiva dovrà essere ripresa. Ciò che stupisce è il fatto che Derossi si sia ricandidato alla presidenza del comitato piemontese FIC (allora I zona) e sia stato riconfermato295, con Steinleitner alla vice presidenza e Romanini alla segreteria. Anche i tentativi di rianimare il canottaggio erano confusi; già si è detto della speranza di attirare a Torino vogatori romani in servizio militare a Torino, ma anche il fatto che Casalis abbia offerto le medaglie da consegnare ai vincitori di una gara di barche, da effettuarsi in data e con modalità da stabilirsi 296 stupisce 294 Conservato nel volume di foto e documenti, anno 1963 - Centenario 295 Cons. 6/11/1964, 29/12/1964 296 Cons. 15/9/1964 118 La Cerea 1945-1997 per l’ingenuità, come se a rivitalizzare lo sport in società bastasse un pugno di medaglie. Solo dalla canoa arrivò qualche movimento, ma tra le difficoltà frapposte dal Consiglio. Si noti che, da molti anni, i soci nuovi non venivano più ammessi dal direttivo, sicché da parecchi anni i verbali ignoravano l’ingresso di nuovi soci e vogatori. Eppure nel verbale del 16 settembre 1964 leggiamo: il tesoriere riferisce sulla questione posta dal sì¥Á 119 La Cerea 1945-1997 H X/ 120 La Cerea 1945-1997 27 marzo 1966: Il Presidente ricorda che la Cerea ha sempre avuto ottimi equipaggi e che è assolutamente necessario continuare tale tradizione. E’ personalmente alla ricerca di un buon allenatore ed esprime la speranza di vedere ben presto le gloriose maglie bianco celesti ritornare vittoriose sulle acque del Po. Questa volta però non fu finta ricerca, l’allenatore arrivò davvero. Dopo circa dieci anni di sostanziale inerzia agonistica qualcosa si mosse alla Cerea, lo si rileva anche dai più frequenti riferimenti reperibili nei verbali; dopo aver toccato il fondo iniziò una faticosa risalita della china. Nella riunione del 5 gennaio 1967 si discusse su come propagandare lo sport del canottaggio; nell’assemblea del 12 marzo dello stesso anno le barche e lo sport ebbero grande parte, dopo anni di silenzio; Giovanni Bobba illustrò la situazione del materiale, quindi si passò alla questione vogatori che si presenta abbastanza incoraggiante tanto più che sono allenati e guidati dal sig. Parmiggiani il cui passato sportivo è ben noto. Il Presidente ha anche promesso di istituire un fondo premio in relazione alle eventuali vittorie conseguite. Ecco una grande novità! Parmiggiani giunse quindi alla Cerea tra il marzo ‘66 ed il marzo ‘67, primo allenatore professionista dopo lo sfortunato periodo di Foco; ma tra i due allenatori trascorsero ben 15 anni, troppi davvero. Parmiggiani era un bravo allenatore e la sua presenza portò un po’ di giovani alla Cerea. Non sappiamo quando lasciò Torino per trasferirsi alla Tevere Remo; ma si trattò di un periodo importante, perché grazie alla sua presenza molti soci non più giovanissimi tornarono a vogare ponendo le basi del successivo sviluppo dell’attività sportiva dei veterani, ma anche di quella giovanile. Il periodo trascorso mostrava come l’assenza di attività sportiva dei soci costituisse, di fatto, un freno anche per l’attività agonistica dei giovani. Purtroppo nulla risulta documentalmente di ciò che si fece in quegli anni. Sarebbe interessante conoscere il contenuto della importante relazione sulla situazione sportiva letta da Derossi all’assemblea del 25 febbraio 1968 o conoscere quanto fu detto all’assemblea del 22 febbraio 1969, della quale incuriosisce il seguente passo: Viene illustrata l’attività sportiva del 1968 tra l’indifferenza generale. Non è possibile che il verbalizzante si riferisse ai soci in assemblea, non avrebbe segnalato la loro eventuale indifferenza alla questione; più probabile che l’indifferenza appartenesse alla città, alla stampa, alle autorità. Bisogna anche dire che non solo alla Cerea il canottaggio viveva tempi difficili: la lettura della rivista Il Canottaggio degli anni ‘60 fornisce un panorama piuttosto sconfortante della situazione sportiva di quegli anni: pochi i praticanti, pochi i partecipanti alle non numerose gare, modesto il livello medio degli atleti tanto che l’Italia di quell’epoca aveva un peso quasi irrilevante nel panorama del canottaggio internazionale. 121 La Cerea 1945-1997 In quello stesso 1969 l’assemblea elesse direttore di canottaggio D’Alberto297, veterano di quell’incarico. Tempi nuovi si preparavano, e l’anziano Derossi era sempre Presidente ma non presenziava alle riunioni di Consiglio ed alle Assemblee; infine, dopo un quarto di secolo di indiscusso regno passò il testimone. Il nuovo consiglio eletto nel 1972 vedeva alla Presidenza D’Alberto e Renzo Ventavoli alla Vicepresidenza; subito dopo l’elezione Ponte invitò l’assemblea ad esaminare un aumento di spesa per l’allenatore di canottaggio298 . Ventavoli fu nominato Direttore di Canottaggio299 ma si dimise prestissimo, anche dalla vicepresidenza, probabilmente per dissensi con la linea di massima prudenza economica voluta dal Presidente300. La linea di azione del Consiglio non favoriva la ripresa dell’agonismo e l’ingresso di giovani, almeno a leggere l’esortazione di Restagno all’assemblea dell’8 marzo 1975: Fa presente l’errata impostazione del Consiglio per il reperimento di nuovi soci che deve essere basato sui vogatori e non su altre categorie, prega il Consiglio di modificare il suo atteggiamento e di facilitare l’inserimento dei ragazzi nei soci effettivi con forme nuove di attrattiva. Pur nel silenzio dei verbali di consiglio, che non ne fanno il minimo cenno, i registri di spesa degli anni ‘70 ci permettono di appurare che la Cerea disponeva di un allenatore, e chi egli fosse: dall’inizio del 1971 alla fine del 1973 furono corrisposte 22.500 lire mensili a Bouquié301, mentre nel 1974 la voce “stipendio allenatore” scompare dai registri; nel 1975 toccò a Favole assumere l’incarico, retribuito con 40.000 mensili, ma già nel novembre di quell’anno fu sostituito da Zeppegno, compensato con la ben più alta somma di 125.000 lire al mese, notevole davvero visto che la quota sociale annua era di 80.000 lire. Con l’avvento di Zeppegno il canottaggio tornò a godere di ogni attenzione, e non è casuale il fatto che sia stata riordinata la palestra, che si sia provveduto all’acquisto di pesi, così come risulta dai registri di spesa. In precedenza gli allenamenti degli atleti avvenivano con criteri piuttosto blandi, basti citare i consumi di benzina per il motoscafo: 18.000 lire nel 1971, 26.000 nel 1972, 8.600 nel 1973. Si preparava in società una piccola rivoluzione, di uomini e di comportamenti, che avrebbe condotto presto ad un cambio di persone e di metodi. Dalla combattuta assemblea del 13 dicembre 1975 vennero eletti Dino Ponte Presidente, Renzo Ventavoli vice, con Bobba, Gariel e Arcangeli consiglieri; tutti, ma specialmente Ventavoli, diedero un forte impulso al canottaggio che ritornò ad occupare quella parte centrale nella vita sociale da troppi anni dimenticata. Non è certo casuale il fatto che il Libro d’Oro sia stato nuovamente aggiornato dal 1976, dimostrazione anche simbolica di una volontà di recupero delle tradizioni sportive della Cerea. Quel libro dimenticato per oltre 15 anni riporta, prima dei risultati del 1976, due pagine importanti per capire come fosse 297 Ass. 8/3/1969 298 Ass. 18/3/1972 299 Cons. 11/1/1972 300 Cons. 26/5/1972 e Cons. 24/10/1972 301 Doc. A.31, A.32, A.35 122 La Cerea 1945-1997 nata la volontà di svolta, come sia maturata la decisione di ritornare società sportiva da gruppo di giocatori alle carte ed alle bocce che la Cerea era negli anni ‘60; sono due pagine che riportano i risultati agonistici dei veterani negli anni dal 1971 al 1975. Bobba, Bouquié, Nosenzo, Soave e Ventavoli furono presenti alle gare veterani in Italia, ma anche a Berna, Amsterdam, Groningen, Gent, Londra, Lione, Belino, Parigi. Indipendentemente dai loro risultati, che furono ottimi, essi riportarono il canottaggio alla Cerea, e non è piccolo merito. Le prime decisioni vennero assunte dalla nuova Direzione nella seduta di consiglio del 12 gennaio 1976: Ventavoli diventò Direttore Sportivo e rappresentante della società presso la FIC, con Bouquié come sostituto; a Filippo Bouquié furono affidati i ragazzini più giovani e la manutenzione delle barche, con compenso di 100.000 lire mensili; Zeppegno venne assunto come allenatore, ma come abbiamo visto egli era già in servizio dal novembre precedente: Ventavoli illustra problema allenatore Zeppegno con compenso mensile e a punteggio. Verrà fatto un budget di spesa per le gare. L’assunzione di quell’allenatore fu un evento importante che impresse alla Cerea una svolta verso l’agonismo, ma fu anche all’origine dei problemi che l’angustiarono negli anni seguenti. Quel che stupisce è l’importanza precipua che l’agonismo ed il canottaggio acquisirono in sede di consiglio, dopo lunghi anni nei quali il problema era quasi rimosso dall’attenzione dei dirigenti, e dai verbali. Si decise la costruzione della vasca di voga302, ambizioso programma poi abbandonato per l’alto costo, preventivato in 8.500.000303; il 26 gennaio 1976 Ponte relazionò sulla riunione del Comitato Fic, venne approvato il preventivo del costo gare preparato da Ventavoli, Bobba propose un corso di canottaggio per soci anziani, Restagno si dichiarò disposto ad insegnare canoa; nel successivo consiglio 304 Ventavoli organizzò la trasferta a Varese, un mese dopo305 quella a Monate e fu proposto l’acquisto di un motore marino. L’8 aprile fu deliberato l’acquisto del 4 senza Salani e di un motore Evinrude 25 CV, venne organizzata la trasferta a Varese con macchine dei soci e fu designato l’ing. Dainotti a rappresentare la Cerea presso il Comitato organizzatore del Trofeo delle Regioni. C’era un entusiasmo ed un attivismo stupefacente, dopo tanti anni di sonnacchiosi verbali dell’era Derossi. Benché i verbali non ne facciano parola Renzo Ventavoli diventò Presidente del Comitato Piemontese della Federazione, carica che occupava almeno nel 1978, e Soave ne fu consigliere; la Cerea aveva quindi in breve riacquistato quel peso politico nella gestione sportiva che da tempo sembrava svanito. Gli inevitabili dissensi venivano composti senza strascichi, anche se riguardavano le strategie sociali: quando nel corso di un’assemblea 306 il Presidente Ponte propose di far pagare una quota anche ai vogatori Ventavoli spiegò i motivi della sua opposizione avendo anzi in studio una politica di premi. E nella stessa assemblea, alla proposta di un socio di allargare l’attività sociale con feste, manifestazioni varie, Ventavoli propose di farle in occasione di future 302 Cons. 26/10/1975 303 Cons. 10/2/1976 304 Cons. 10/2/1976 305 Cons. 9/3/1976 306 Ass. 27/3/1976 123 La Cerea 1945-1997 regate, cosa forse eccessiva visto il generale disinteresse che sempre circonda le gare torinesi. In ogni verbale di quel periodo c’è almeno un riferimento al canottaggio, spaziando dai risultati conseguiti ai programmi futuri307, dalla organizzazione della cena con gli atleti308 alla assunzione del vogatore De Martino con compenso di 20.000 lire mensili per seguire i ragazzini dei corsi309. Ma che risultati ebbero quegli sforzi? Buoni, ottimi anzi. Tralasciando le gare torinesi, sempre poco significative, troviamo sul Libro d’Oro risultati apprezzabilissimi per una squadra sostanzialmente al suo esordio: nel 1976 2° posto nel 4 senza ai campionati italiani pesi leggeri con Uberti, Gaudio, Guarise e Gho (attuale allenatore degli Amici del Fiume). In quel momento di forte rilancio agonistico la Cerea rifiutò invece la proposta del socio Restagno tendente a rifondare anche la sezione di canoa, quella che aveva pur sempre garantito i migliori risultati negli anni ‘50 e che ci aveva portato il solo olimpionico, quel dimenticato Eligio Valentino. Ne troviamo traccia nel verbale privo di data di una riunione di Consiglio databile a febbraio o marzo del 1977: il Presidente comunica che occorre vedere se è possibile per il Cerea istituire una sezione Canoa. Bobba dice che non è una questione di costo, ma di spazio e disciplina. Si potrebbe limitare il numero. Il Presidente parlerà con Restagno chiedendo chiarimenti. Della questione non si parlò più, il progetto canoa venne abbandonato, e la cosa fu forse salutare perché già le spese per il canottaggio erano eccessive in rapporto ai miseri bilanci della Cerea. Quel che colpisce è che la freddezza verso il desiderio del canoista Restagno dipese non da giustificazioni di budget, ma proprio da quel sospetto verso la canoa già registrato in precedenza: è difficile capire perché giovani canoisti potessero porre problemi di disciplina maggiori o diversi da quelli dati da giovani canottieri. In verità, alla Cerea, i canoisti furono sempre poco amati, anche quando vincevano ben più dei canottieri. I successi dei canottieri spensero d’altronde i possibili sensi di colpa nei confronti del generoso Restagno: nel 1977 Romano Uberti fu convocato in Nazionale, alle regate di Vichy, ove giunse 2° nel singolo Pesi Leggeri, e la società decise un premio in denaro in suo favore che verrà corrisposto dal Presidente prof. Ponte310 . Non fu il solo pregevole risultato dell’anno, perché Uberti arrivò secondo ai campionati italiani nel singolo Pesi Leggeri, negli Under 23 e poi nei Senior, Bruno Ventavoli fu 2° nel singolo Ragazzi ai campionati, e ci furono vittorie e piazzamenti in gare nazionali. Dopo soli due anni Renzo Ventavoli lasciò il Consiglio e la carica di Direttore Sportivo, gli subentrò Pantaleoni; allenatore era sempre l’ottimo Zeppegno che, tra l’altro, cambiando la tradizione Cerea della vogata di punta, aveva costruito una squadra forte soprattutto nella vogata di coppia. I successi nell’agonismo giunsero copiosi grazie anche alla contemporanea presenza di tanti giovani di valore elevatissimo, circostanza eccezionale in una piccola società che non può 307 Cons. 10/5/1976 - Cons. 8/10/1976 308 Cons. 8/10/1976 309 Cons. 24/11/1976 310 Cons. 28/ 9/1977 124 La Cerea 1945-1997 selezionare i migliori da un gran numero di elementi, come invece accade nelle più grandi strutture. Proprio la piccolezza della Cerea in rapporto al valore della sua squadra agonistica fu all’origine di gravi problemi: non sotto il profilo dei risultati, che restarono eccellenti, ma per il fatto che il costo dell’agonismo era insostenibile per la Cerea dell’epoca. La società giunse ad impegnare metà del bilancio nell’attività sportiva, e non trascuriamo il fatto che la Cerea muoveva annualmente importi modesti per la scarsità dei soci, che la struttura era in condizioni di degrado e che dal 1960 non venivano eseguiti interventi di restauro di qualche importanza. La decisa azione in favore dell’agonismo aveva avuto un successo superiore alle aspettative, ma il problema derivava dal fatto che la società non poteva mantenere una squadra di quel livello. I pochi soci avrebbero potuto mantenere un gruppo di atleti così costoso solo a prezzo di personali grandi sacrifici; ma l’agonismo appassionava solo un gruppo di soci, neppure troppo ampio, e perdurava la tradizione di stabilire una quota annua modesta. Le difficoltà cominciarono ad esplodere proprio in quel periodo, e ciò benché gli atleti utilizzassero per le gare imbarcazioni private, messe a disposizione da Ventavoli e da Pantaleoni, ma anche da molti altri soci che avevano comprato personalmente barche decenti onde supplire alla cronica impossibilità della Cerea di dotarsi di barche nuove. Nell’ambito agonistico non ci fu alcun freno all’impegno ed i risultati giunsero abbondanti, grazie anche all’arrivo di altri giovani di talento: nel 1978 Uberti vinse il titolo italiano nel singolo Pesi Leggeri e partecipò ai campionati mondiali piazzandosi 6° nel doppio con Mauro Torta del Fiat; Bruno Ventavoli ed Angelo Italiano conquistarono l’argento ai campionati italiani nel doppio juniores. Nel 1979 arrivarono due titoli italiani, nel doppio juniores da Ventavoli e Italiano e nel due senza Pesi Leggeri con G. Zeppegno e Gho; nel 1980 G. Zeppegno partecipò ai mondiali Pesi Leggeri arrivando 5° sull’otto azzurro. Proprio nel 1979 la Cerea subì una forte delusione per una vicenda che, tra l’altro, compromise per lunghi anni i rapporti della società con i vertici federali. Il doppio juniores di Bruno Ventavoli e Angelo Italiano aveva dominato la stagione agonistica su quell’imbarcazione, ma al raduno per partecipare ai Campionati del Mondo juniores fu convocato il solo Italiano; a parte il venir meno di ogni rapporto tra Renzo Ventavoli e Romanini, che da allora per lunghi anni non si scambiarono più parola, quell’esclusione portò altre conseguenze: prima di tutto Angelo Italiano rifiutò la convocazione ritenendo ingiusto che il suo compagno di barca restasse a casa; quel rifiuto, davvero eccezionale, ebbe spazio in una intervista che La Stampa pubblicò con rilievo311. Il Consiglio Direttivo della Cerea inviò alla Federazione una lettera - mozione di sostegno alla decisione di Italiano di rinunciare ai Campionati Mondiali e di critica alla mancata convocazione di Ventavoli312, il quale lasciò il canottaggio per la delusione. Quella lite, pur giustificata, non favorì certo l’amore per la Cerea nei vertici federali. Anche l’allenatore Zeppegno era scarsamente amato a Roma, lo si comprende da un 311 Il ritaglio è conservato negli album di memorie sociali, anno 1979 , unitamente alla dura lettera di protesta della Cerea 312 Idem 125 La Cerea 1945-1997 velenoso corsivo comparso sulla rivista federale313 in risposta ad una critica violenta che Zeppegno aveva manifestato nei confronti dell’organizzazione federale. Forse le tensioni con la Federazione incisero sulla decisione di Romano Uberti di trasferirsi al Fiat, anche se la presenza in quella società di Mauro Torta, partner ideale, ed i più sostanziosi mezzi a disposizione, erano già una valida giustificazione314. Nel 1981, pur dopo il prematuro abbandono delle competizioni da parte di Bruno Ventavoli e la perdita di Uberti, arrivarono nuovi giovani di valore, dai fratelli di Angelo, Piero e Mario Italiano, a Giuseppe - Maso De Benedetto, e poi Sandrone, Bertolino, Petruzzelli. Nel 1981 arrivò il titolo italiano di Piero Italiano nel singolo ragazzi, ed anche un secondo posto di De Benedetto negli junior; quest’ultimo partecipò ai mondiali juniores arrivando ottavo nel doppio. Nel 1983 giunse il titolo italiano nel doppio Under 23 con Angelo Italiano e De Benedetto, nel 1984 titoli nel doppio Pesi Leggeri con Uberti (nel frattempo rientrato in Società) e Mario Italiano e, grandissimo risultato, nel quattro di coppia Assoluti con Uberti, Sandrone, De Benedetto e Angelo Italiano. Ed in quegli anni non si contarono le vittorie in gare nazionali ed internazionali, mentre anche i veterani ben si comportavano nelle gare loro riservate. Invece la Cerea raccolse poco a livello internazionale, come partecipazione alle squadre nazionali, meno di quanto forse meritasse; la ragione di questa scarsa considerazione dipendeva forse anche dalla cronica mancanza di peso politico della Cerea, piccola società autonoma e fuori da ogni gioco politico. Situazione che si aggravò per la vicenda relativa alla mancata convocazione ai mondiali juniores di Bruno Ventavoli. La Cerea otteneva risultati eccellenti per una piccola e povera società, da poco ritornata all’agonismo, ma era poca cosa e contava davvero poco a fronte delle grandi società ed anche di altri clubs piemontesi all’apice del successo. Nell’archivio storico esistono documenti che ci permettono di ricostruire con esattezza i risultati della Cerea nel 1981, confrontandoli con quelle delle altre società grazie a svariate classifiche federali315ì¥Á 313 QUANDO ALLENATORE FA RIMA CON SQUALLORE. (Su un articolo di Zeppegno, definito occhialuto allenatore piemontese di seconda categoria. )In Canottaggio, n.3/1981, nella Cartella C9. 314 Si veda la lettera di Dainotti a Boniperti del 10/10/1978 nella Cartella C9 315 Cartella C9 126 La Cerea 1945-1997 X/ 127 La Cerea 1945-1997 X/ risentirono neppure eccessivamente dei problemi economici che affliggevano la Cerea, dovuti ai costi connessi all’agonismo. L’allenatore Zeppegno non intendeva lavorare solo per passione, ed infatti già nel 1978 chiese un aumento del suo compenso316, ma i soldi mancavano: Per quanto concerne il premio per l’allenatore , Pantaleoni proporrà a Zeppegno di non modificare, al momento, la situazione attuale, riservandosi di vedere, più in là, le possibilità di variazione317. Nella stessa riunione furono anche riconfermate a Bouquié le 100.000 mensili a titolo di rimborso spese. Grazie ad un appunto controfirmato da Zeppegno318 sappiamo quale fosse il meccanismo dei compensi e dei premi pattuito tra società ed allenatore: il contratto biennale per il 1979 - 1980 prevedeva uno stipendio mensile di 250.000 lire, 1500 lire per punto ottenuto nella Coppa Montù ed una scala di premi per le medaglie ottenute in campionati, gare nazionali ed internazionali che variavano dalle 100.000 per un titolo italiano alle 15.000 per il bronzo in una gara nazionale. E’ chiaro che gli insperati successi avevano portato ad una anomala lievitazione dei guadagni dell’allenatore, perché nella riunione del 5 aprile 1978 il Consiglio indicò la necessità di stabilire un tetto al premio dell’allenatore. Ma quel contratto non servì granché allo scopo visto che solo per i punti acquisiti nella Coppa Montù Zeppegno percepiva dalle 3 alle 400.000 lire e che per di più i punti si ottenevano portando il più alto numero di persone al maggior numero di gare possibile, con conseguenti spese di trasferta; a fare poi il conto dei premi sulla base dei piazzamenti del 1978 si ottengono 775.000 lire; Zeppegno guadagnava quindi in quegli anni intorno ai 4 milioni all’anno, pari alle quote di 20 soci. C’erano anche altre iniziative per frenare i costi sportivi, assunte proprio nella stessa seduta: Si decide anche di limitare al minimo (25 - 30) il numero dei soci vogatori, invitando a fine 1978 quelli che non sono all’altezza ad andarsene. Pantaleoni fa presente che alcuni dei vogatori più anziani non hanno pagato la quota di 18.000 lire. Si decide di non farla pagare a questi, che diventano dei veri e propri vogatori effettivi, così come previsto dallo Statuto. Se il minimo di atleti era indicato in 25 o 30 possiamo immaginare che i giovani in società fossero ben di più; e se anche calcoliamo la simbolica quota di 18.000 lire pagata da parte di quei giovani comprendiamo come una società con circa 70 soci non potesse reggere quel fardello. Da notare che nel 1978 Bouquié fu esonerato dall’ incarico di riparazione delle barche in conseguenza di fatti che occupano altro capitolo319; non sappiamo se mantenne la carica di allenatore dei giovanissimi, ma è poco probabile. 316 Cons. 11/1/1978 317 Cons. 1/2/1978 318 Cartella C9 319 Cons. 31/8/1978. Si veda il capitolo IX, n.2 128 La Cerea 1945-1997 Nel 1979 il Consiglio ribadì la necessità di contenere le spese per il canottaggio320, problema essenziale visto che Pantaleoni aveva riferito che la Federazione aveva ridotto le indennità di trasferta321. Dopo tale data nei verbali, per qualche tempo, scarseggiano i riferimenti all’attività agonistica, salvo per gli aggiornamenti dati da Pantaleoni322. Compare invece nel 1981 un impegno del dr. Del Mastro, allora Presidente del Quartiere, ad interessarsi per l’erogazione di un contributo di L. 700.000 circa da parte del Comune per l’espansione dell’attività agonistica323, impegno assunto nella ristretta riunione di Consiglio che concesse al Quartiere i campi bocce per i pensionati; si parlerà della vicenda nel capitolo dedicato alle bocce, ma qui preme ricordare che i denari non arrivarono mai. Molto più gioiosa fu la decisione di premiare gli atleti fratelli Italiano, presente l’Assessore, nel corso della cena di giovedì 25 ottobre 1982 324. Il 9 settembre 1982 il Consiglio decise di convocare alla successiva riunione anche Zeppegno e Bouquié (evidentemente reintegrato nell’incarico) per discutere delle imbarcazioni e sull’attività agonistica e sui risultati dei campionati assoluti di Milano. In quell’occasione si discusse però principalmente di barche mancanti, esponendo l’intenso progetto di acquisizione di barche di soci esaminato nel capitolo precedente. Una curiosa novità emerse con la decisione di stabilire un contatto tra il Consiglio Direttivo e due rappresentanti dell’agonistica per sentire i problemi inerenti all’agonistica; saranno gli stessi atleti a eleggersi due loro portavoce325. In seguito fu però dato mandato a Pantaleoni di invitare gli atleti ad eleggere un solo loro rappresentante326; fu Uberti l’eletto, ed a lui venne in pratica dato incarico di svolgere una funzione di tesoriere e segretario per la parte sportiva327. Non stupisce il rifiuto di Uberti, che accampò impegni sportivi ma promise, da subito, di affiancare l’allenatore Zeppegno per una collaborazione costruttiva nei suoi compiti amministrativi. Idea in verità strana quella di affidare ad un ragazzo, anche se prestigioso atleta, quei compiti amministrativi che l’allenatore non assolveva; e cosa completamente diversa da quella di conoscere direttamente necessità e problemi degli atleti, come era inizialmente stato prospettato. La necessità di superare Zeppegno nell’amministrazione dipendeva dalla sua pessima abitudine di incassare direttamente le quote dai giovani che si presentavano alla Cerea, di pagare spese procedendo a compensazioni per poi presentare al Consiglio solo l’ammontare dello scoperto a suo credito; comportamento che, tra l’altro, impediva al Consiglio di sapere chi e quanti fossero i giovani che frequentavano la società. Nulla riuscì mai a modificare quell’abitudine, della quale troviamo traccia nei verbali; furono prese misure 320 Cons. 3/4/1979 321 Cons. 30/1/1979 322 Cons. 10/1/1981 e 18/3/1981 323 Cons. 28/1/1981 324 Cons. 25/10/1982 325 Cons. 3/11/1983 326 Cons. 22/12/1983 327 Cons. 19/1/1984 129 La Cerea 1945-1997 draconiane tese a riportare il necessario ordine: Il C.D. delibera di chiedere al sig. Zeppegno un elenco aggiornato e completo dei soci non effettivi che verrà esaminato dalla Commissione Accettazione Soci. Viene nuovamente ribadita l’intenzione di non far più incassare le quote dei soci non effettivi dal sig. Zeppegno, il quale tra l’altro non le ha mai versate al Tesoriere. Il C.D. delibera di regolamentare l’uso degli spogliatoi e docce nel pomeriggio decidendo di chiudere a chiave i suddetti locali dalle ore 14,30 alle 17,30328. Zeppegno presentò in effetti l’elenco dei vogatori e dei soci non effettivi alla riunione del 2 febbraio 1984, ed incuriosisce il fatto che l’allenatore gestisse non solo gli atleti, ma anche i soci non effettivi, gente che non aveva nulla a che fare con l’agonismo; appare chiaro come egli ritenesse propria competenza tutti quelli che frequentavano la Cerea nelle ore pomeridiane e serali. Nella stessa riunione Pantaleoni preventivò in 4.400.000 lire le spese di trasferta del 1984; Zeppegno propose anche di affidare la pulizia degli spogliatoi ad un gruppo di ragazzi, a fronte di un equo compenso. Gli effetti furono scarsi e deludenti tanto da spingere dopo breve tempo il Consiglio ad esonerare i ragazzi dell’agonistica dal continuare a fare le pulizie nei locali superiori329. Pantaleoni lasciò l’incarico di responsabile del canottaggio nel 1985, dopo molti anni di appassionata attività e dopo aver contribuito a cogliere i numerosi importanti successi di quel periodo; la sua nomina a Vice Presidente del Comitato Piemontese FIC lo indusse a rinunciare all’incarico, che venne affidato ad Antonio Villani330. Una riunione di Consiglio del 23 gennaio 1986 ci permette di accertare con esattezza compiti e compensi degli allenatori; Bouquié non si occupava più dei ragazzini, forse da anni: i suoi compiti avevano allora attinenza solo con barche e materiali. Zeppegno godeva di un rimborso spese di massima sulle L. 5 milioni annue non comprensive di eventuali premi per il conseguimento di risultati in campo agonistico, e sappiamo che i premi erano piuttosto elevati; oltre alle sue mansioni da allenatore era responsabile della disciplina degli atleti, dell’ordine degli spogliatoi, della palestra e del rimessaggio delle imbarcazioni da gara. Il periodo d’oro dell’agonismo si stava spegnendo. I grandi atleti degli anni ‘76- 84 cominciavano ad invecchiare ed avevano perso stimoli; insieme ai tre fratelli Italiano, a Uberti a Sandrone ed a Gravina c’erano però atleti nuovi e promettenti come i fratelli Curiale, Petruzzelli, Bertolino, ma anche il numero degli agonisti era assai ridotto rispetto agli anni precedenti: L’organico degli atleti vogatori si compone di 12 elementi, 9 allievi di cui 4 di prossimo inserimento nell’agonismo. Per rinforzarne il numero si studiò la possibilità di un’indagine nelle scuole della zona Valentino331. Dopo tanti anni di successi la mancanza di risultati eclatanti ed il calo degli atleti era causa di preoccupazione, e non finivano i problemi derivanti dal comportamento dell’allenatore: I sigg. Dainotti e Gariel si incaricano di redigere 328 Cons. 14/1/1984 329 Cons. 15/3/1984 330 Cons. 16/12/1985 e 9/1/1986 331 Cons. 18/3/1986 130 La Cerea 1945-1997 una memoria con gli argomenti da trattare col tecnico al fine di definirne i poteri discrezionali, l’attività che deve assumere ufficialmente nella società.332 Zeppegno, oltre a grandi capacità tecniche, aveva una forte personalità ed una invincibile ostinazione nel resistere ad ogni tentativo dei dirigenti di riprendere il controllo di quella società che egli dirigeva internamente alla Cerea, in piena indipendenza. Lo scontento diffuso tra molti soci per i costi di gestione della squadra agonistica e per i sistemi di Zeppegno non trovava libero sfogo in assemblea; infatti Zeppegno, come il suo principale avversario Bouquié, rivestiva la qualità di socio onde giustificare davanti alle Autorità la sua presenza alla Cerea, in assenza di qualsiasi regolarità dal punto di vista fiscale; ed egli era sempre presente in Assemblea, pronto a rimbeccare eventuali critiche. Se la critica si faceva più indiretta, rivolta in generale ai costi dell’agonismo, era Dainotti a chiudere ogni discussione ricordando che nelle società di canottaggio si deve praticare quello sport. Il nuovo Consiglio eletto nel 1987 dopo le elezioni straordinarie prese immediatamente la decisione di licenziare l’allenatore Zeppegno. Fu una scelta consigliata da molte ragioni, prima di tutto dalle disastrose condizioni economiche che rendevano indispensabili tagli alle spese, e l’unica voce di uscita facilmente eliminabile era, appunto, lo stipendio di 600.000 lire mensili che la società versava a Zeppegno. Ma altre ragioni consigliavano quella decisione: arrivare a riportare nelle mani del consiglio i conti del canottaggio, che si perdevano nelle compensazioni tra incassi e spese effettuate direttamente dall’allenatore, porre termine alla lite continua tra Zeppegno e Bouquié, fatta anche di reciproche accuse di danneggiare il materiale, dare un segno forte di cambiamento toccando la fonte di spesa più discussa, tra l’altro l’unica subito comprimibile. Quella decisione portò però alla sostanziale smobilitazione della squadra agonistica, non tanto per l’abbandono definitivo dei grandi campioni, che erano già in procinto di lasciare l’attività, quanto perché alcuni giovani forti abbandonarono il canottaggio dopo che il Consiglio decise di limitare l’attività per il 1987 alle gare zonali333 ed Antonio Villani, il Direttore Sportivo, li seguì con grande buona volontà ma senza la competenza e l’assiduità necessarie; Villani portò anche gli atleti a Marsala pagando di persona il costo della trasferta ai campionati del mare, ma i risultati dell’anno furono davvero modesti e la Cerea precipitò verso il 60° posto della Coppa Montù; al termine del 1988 ben poco restava della squadra agonistica. Antonio Villani fu costretto alle dimissioni da socio, e quindi da direttore tecnico, nel febbraio del 1989 a seguito delle vicende narrate in altro capitolo. L’occasione per riportare lo sport di alto livello in società giunse da un progetto di Romano Uberti: formare un otto in grado di vincere il titolo italiano nei Pesi Leggeri. Egli aveva già formato a tavolino l’equipaggio, con il fiattino Pantano a capovoga, Maso de Benedetto, il fiattino Piardi, Mario Italiano, l’olandese Vervloet, Petruzzelli, Uberti, lo svizzero Valentinis ed il timoniere Salisburgo. Il problema era la barca, perché occorreva un otto nuovo completo di voghe; pur tra mille preoccupazioni il progetto trovò esecuzione, e portò fortuna, perché poco 332 Cons. 10/7/1986 333 Si veda il Comunicato di Marzo 1987, in Doc.C.10 131 La Cerea 1945-1997 dopo fu concluso il primo contratto di sponsorizzazione della Cerea. Fu Gianni Oddone, amico di Ponte, a presentarci la Signorina Jura, amministratrice della Jura Gru, produttrice di apparecchi di sollevamento per l'industria; il contratto prevedeva un versamento di 25 milioni annui per tre anni, somma importante per l'epoca, fondamentale per la Cerea. La Signorina Jura ebbe l'immediato vantaggio di essere invitata alla Cena sociale del giovedì, unica donna ad aver goduto di quel privilegio. Anche i soci più tradizionalisti l'accolsero però con simpatia e gratitudine, sentimenti che la signorina meritava per la semplicità e per la cordialità. Fu anche un giusto premio per la Jura la vittoria dell'otto ai campionati Italiani disputati a Piediluco; l'equipaggio preparato e voluto da Romano Uberti si impose regalando alla Cerea un titolo prestigioso che venne degnamente festeggiato qualche giorno dopo, nel corso di una cena affollatissima. La vittoria riportò in società un po' di canottaggio d'alto livello, assente da qualche anno. Il 1989 fu quindi un anno fortunato anche sotto il profilo sportivo, e quell’equipaggio ottenne anche il 3° posto a Lucerna nella finale B. Il titolo italiano fu davvero utile, perché diede alla Cerea l’opportunità di rivitalizzare l’agonismo. L’eccezionale aumento dei soci garantiva la presenza dei soldi necessari per riprendere l'attività, e l'esistenza di uno sponsor la imponeva. Ma bisognava praticamente ricominciare da zero, senza illudersi per il titolo appena vinto da un equipaggio composto in parte da stranieri, in parte da atleti in procinto di smettere l'attività. Romano Uberti era stato l'artefice dell'equipaggio ed aveva vinto, con l’ultima affermazione sull'otto, titoli italiani su tutte le imbarcazioni; era maturo per passare alla carriera dirigenziale e fu nominato Direttore Tecnico, carica vacante da alcuni mesi, dalle dimissioni di Villani. Occorreva anche trovare un allenatore perché Filippo Bouquié aveva seguito un po' gli allenamenti dell'otto, ma non si sentiva più in grado di arrivare fino alle 20 sul motoscafo, in inverno. Fu così che Uberti portò alla Cerea nell'ottobre del 1989 Mauro Tontodonati, Tunz per tutti, già timoniere e poi allenatore Fiat, in lite con Cascone. Tunz era libero da contratto dal 30 settembre e venne assunto; ma Cascone osservò che Tunz, ancorché libero da contratti, era tesserato Fiat fino al 31 dicembre e chiese che non uscisse in motoscafo. La Cerea accettò di tenere l'allenatore sul terrazzo per tre mesi. All'inizio del 90 Tunz poteva finalmente seguire i ragazzi ma, guarda caso, lavorando alla Fiat gli venne spostato l'orario di lavoro che andò ad occupare le ore serali, ciò che gli impediva di allenare: fu Borghi a farlo assumere all’ Ambroveneto ed a consentire alla società di avere, di nuovo, un allenatore. Tunz ripartì dai più giovani, da una squadra Ragazzi tra i quali erano Davide Guglierminotti, Martini, Mottura, Catapane, poi Luise; ma i risultati furono a lungo modesti, gli atleti erano tutti giovani e leggeri, non in grado di imporsi nelle difficili categorie ragazzi e junior. Ci fu anche un cambio di Direzione Tecnica, perché Uberti lasciò presto l'incarico. Uberti e Tontodonati furono duramente attaccati da Bruno Piardi, con cartelli polemici e propaganda che lasciò il segno per molti anni. L’ invito a dimettersi dall’incarico che gli fu rivolto in assemblea lo spinse a lasciare l’incarico: Il socio Romano Uberti, rammaricato, ci ha chiesto di dispensarlo dal gravoso impegno di Direttore Sportivo della Società, pur dando la sua più ampia disponibilità a dare una mano nel settore, compatibilmente con gli impegni di lavoro e famiglia. Dopo una attenta riflessione si pensa che la persona che più di altri potrebbe rivestire questa carica è il socio Giuseppe Baima Poma, da tutti apprezzato per le doti tecniche ed umane dimostrate nella società. Sarà 132 La Cerea 1945-1997 chiesto a lui di succedere a R. Uberti, al quale comunque vanno i nostri ringraziamenti per l’opera svolta334. Beppe Baima Poma -noto come Ciciu- accettò il nuovo incarico ed iniziò l’attività il 2 maggio 1991335. Ma ci volle tempo e lavoro per creare equipaggi competitivi; le prime vittorie arrivarono dai giovanissimi affidati dal 1988 a Pippo Bouquié, che già aveva iniziato al canottaggio Guglierminotti, Martini ed altri giovani di quegli anni. Dopo alcune vittorie in gare nazionali, le sole del 1991, i giovanissimi allievi e cadetti conquistarono nel 1992 il Trofeo Vacchino, prima squadra di società non di mare ad imporsi sul difficile campo di Sanremo, con Verhovez, Vignardi, Federico Vitale, Scotti, Valfrè, Meinardi. Nello stesso anno i masters Baima, Taretto, Gubetta e Fassino vinsero il campionato del Mare in jole a 4, e gli atleti di Tontodonati ottennero finalmente un buon piazzamento, il 2° posto nell’otto junior in gara nazionale a Piediluco. Lo stesso anno fu segnato da altri fatti rilevanti. Tontodonati portò in società Nerio Gainotti, tre volte campione del mondo nei Pesi Leggeri ma arrivato ai 100 chili dopo l’abbandono delle gare; Gainotti si mise a dieta ferrea e riprese gli allenamenti rientrando anche nel gruppo di atleti nazionali; grazie alla sua presenza la Cerea divenne il centro torinese della categoria leggeri, e presso la nostra società vennero ad allenarsi altri grandi campioni come Mauro Torta e Romanini. La loro presenza fu un forte fattore di stimolo e di crescita per tutti gli atleti Cerea, e gli effetti si videro negli anni successivi. Il 1993 fu segnato soprattutto da una partenza. Nel febbraio Filippo Bouquié rassegnò le dimissioni da allenatore dei giovanissimi e da socio. All'origine della vicenda era una profonda inimicizia tra Pippoì¥Á 334 Cons. 11/4/1991 335 Cons. 25/4/1991 133 La Cerea 1945-1997 X/ 134 La Cerea 1945-1997 X/ Pippo e sua moglie Amneris erano sempre presenti, a Pippo era affidata la manutenzione del cantiere, dei materiali, a Pippo si rivolgevano i soci nuovi per avere insegnamenti e consigli, ma anche quelli esperti; Pippo era il capovoga quotidiano della jole a 8 e Mary ne era la timoniera, erano insomma il punto di riferimento per tutti ed il passaggio obbligato di ogni programma, che si trattasse di organizzare un equipaggio o di fare un qualche lavoro che avesse attinenza con il canottaggio. Se alcuni soci furono lieti dell'abbandono di Bouquié, che non amavano, altri lo consideravano indispensabile ed insostituibile e protestarono vibratamente; tutti ebbero qualche preoccupazione. Pippo partì con il proprio skiff, con gli attrezzi del laboratorio e con il motoscafo di Ventavoli, da anni a sua disposizione. I ragazzini vennero affidati a Nerio Gainotti che ebbe non poche difficoltà a conciliare l'incarico con la vita di atleta della Nazionale e con i raduni a Piediluco. Comparve allora in società Angelo Littera, falegname tuttofare che negli anni seguenti diventò un uomo importante per l'abilità in tutti i lavori occorrenti in società; le sue carenze in materia di barche furono compensate da una precisa e puntuale esecuzione di mille lavoretti che garantirono un livello di manutenzione decisamente elevato. La squadra agonistica iniziò a trarre i frutti di anni di lavoro; il passaggio dei più anziani alla categoria Pesi Leggeri consentì loro di competere con atleti alla loro portata per mole fisica. Nella prima Nazionale di Piediluco del 1993 il 4 senza P. L. di Guglierminotti, Tisi, Catapane e Luise vinse bene, conquistò poi un bronzo ai campionati italiani e Davide Guglierminotti partecipò in maglia azzurra alla Coppa delle Nazioni a Joannina. Si affacciò poi un nuovo atleta, Luigi Giribaldi, che arrivò quinto in finale nel singolo ai campionati Ragazzi, risultato positivo visto che la categoria e l'imbarcazione vedono alla partenza un numero incredibile di concorrenti. Anche i ragazzini, orfani di Bouquié, si difesero egregiamente arrivando secondi al Trofeo Vacchino. La squadra agonistica ebbe finalmente la disponibilità di un minibus, un Ducato seminuovo che Paolo De Leonibus rilevò dalla scuderia Jolly Club in cui operava e regalò alla Cerea; fu un altro tassello importante per adeguare la società ai tempi mutati. La Cerea era infatti una delle rarissime società che tirava il carrello con una vecchia auto ed accompagnava gli atleti sui campi di regata con mezzi affittati o grazie alla disponibilità di alcuni soci che si sobbarcavano la fatica e la spesa di lunghe trasferte. Anche la Cerea, finalmente, aveva un mezzo specifico, come tutte le altre società. Nel 1994 i nostri pesi leggeri, trainati dagli allenamenti con grandi campioni, ottennero vittorie e piazzamenti nel due e nel quattro senza nelle gare nazionali con Guglierminotti, Marco Tisi, Luise; Nerio Gainotti vinse il bronzo ai Campionati internazionali di Francia e partecipò come riserva ai campionati del mondo; Tisi e Guglierminotti ottennero l’argento ai campionati italiani under 23 nel due senza. Ancor meglio andò nel 1995, anno in cui i nostri pesi leggeri dominarono le gare nazionali; alla prima regata nazionale di Piediluco l’intero podio del 2 senza era bianco celeste, alla seconda regata la Cerea ottenne i primi due posti perché schierò solo due equipaggi. Luise e Pernigotti gareggiarono a Bled in maglia 135 La Cerea 1945-1997 azzurra, ma nessuno dei nostri atleti riuscì ad entrare nella squadra nazionale, ove nessuno fu convocato nonostante gli eccellenti risultati; la delusione spinse tutti quegli atleti ad abbandonare l’attività agonistica. Entrò invece nella squadra nazionale lo junior Luigi Giribaldi che partecipò ai mondiali di Poznan piazzandosi al 6° posto nel due con, un risultato di indubbio rilievo che premiò anche il nostro sponsor, la Ase Transport di Riccardo Giribaldi. Dopo la Jura Gru infatti si succedettero a sponsorizzare la Cerea prima la Punto Computer di Renzo Orsina (1992 - 1993) e poi la Ase Transport dal 1994 al 96, tutti versando somme che permisero di sviluppare l’attività sportiva senza mortificare altri settori della vita sociale. Nell’autunno 1995 ci fu un nuovo cambio negli allenatori, perché Gainotti fu sostituito da Luise e Tisi nella responsabilità di seguire gli allievi ed i cadetti. Allo stesso anno risale la decisione del Consiglio di pagare il servizio prestato da Mauro Luise quale istruttore dei soci veterani; per tre volte a settimana Luise fu disponibile per insegnare i rudimenti o per perfezionare i soci, e si trattò di un servizio utile e gradito. Nel 1996 Michele Bonino e Willi Pesarelli arrivarono dal Sisport Fiat per vogare senza i pesanti e stressanti obblighi che vigevano in quella società: pur divertendosi, ottennero il secondo posto ai campionati Senior B nel due senza ed ai campionati del mare nella Jole a due, con Matteo Izzo al timone. Ma altri risultati furono positivi: la vittoria dei fratelli Vitale nel doppio Junior alla Nazionale di Gavirate, la vittoria a Piediluco nel 4 senza senior, vari podi in gare nazionali, la vittoria all'Inverno sul Po nell'otto Junior, con quattro triestini. Ma pur con risultati agonistici molto positivi sembrò necessario procedere al cambio di allenatore. Mauro Tontodonati fu esonerato a fine settembre ed al suo posto arrivò Franco Torta. Tunz, amato dai ragazzi, simpatico e tecnicamente validissimo fu bruciato dal suo disordine e dall'aggravarsi di una certa sciatteria, anche organizzativa. Dopo tanti anni di impegno anche Ciciu Baima Poma lasciò l’incarico di Direttore Tecnico e, all’inizio del 1997, fu sostituito da Mauro Torta, fratello di Franco, grandissimo campione. Ai discreti risultati degli atleti juniores (Rota, Cardone, Verhovez, F.Vitale, Camandona) che ottennero piazzamenti in gare nazionali si aggiunse l’argento ai campionati del mare di Bonino e Pesarelli nella jole a due e le vittorie in gare nazionali ed internazionali (a Bled, in azzurro) di M. Vitale nel singolo ragazzi, che ottenne anche l’argento ai campionati di categoria. Resta ancora da ricordare una manifestazione nata per caso il 16 dicembre 1992 e diventata il fiore all’occhiello della Cerea, il Silver Skiff. Vittorio Soave aveva sfidato all’una di un giorno feriale un po’ di amici singolisti sul percorso Cerea - isolotto di Moncalieri - Cerea. Nel 1994 la gara entrò nel calendario regionale come gara riservata ai masters, e tale restò fino all’edizione 1995; ma vista la crescente partecipazione, anche di atleti provenienti da lontano, dal 1996 la gara fu aperta anche alle categorie Senior e Junior, con crescente successo tanto da vedere circa 75 partecipanti all’edizione del 1997. Dal 1998 la gara farà parte del calendario nazionale. 136 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO VII RAIDS E ALTRI SPORT 1 I RAIDS Con la ripresa dell’attività sportiva degli anni ‘70 i soci Cerea pensarono anche a percorsi più lunghi di quelli sui quali si corrono le normali competizioni. Se gli antichi soci Cerea avevano percorso facilmente centinaia di chilometri in barca non c’era motivo per non affrontare imprese impegnative replicando percorsi già compiuti un secolo prima. Prima di cimentarsi nella ripetizione di raids già noti maturò un progetto ancor più ambizioso, davvero eclatante: Torino - Londra in barca a remi. Nel 1975 l’idea venne a Sergio Morcaldo dell’Esperia e quel viaggio fu anche il seme che due anni dopo diede vita a quella lega dei Veterani del Po di cui si parla nel capitolo VIII; l’equipaggio rappresentava bene il desiderio di superare i limiti della singola società per rappresentare le società torinesi tutte, anche se la Cerea era rappresentata dai soli Vittorio Soave e Renzo Ventavoli; a loro si aggiunsero Gigi Matteoli, Giuseppe Oddone e Piergiorgio Zeppegno del Fiat, Ugo Saccone, Umberto Mauro, Beppe Girone e Sergio Morcaldo dell’Esperia. A bordo di due jole, una della Cerea ed una del Fiat, remarono a turno dal 9 al 26 luglio sul percorso Casale - Pavia - Borgo Ticino - Locarno; con un trasbordo in camion un po’ più lungo di altri già utilizzati giunsero a Basilea da dove discesero il Reno per Strasburgo, Coblenza, Bonn, Colonia, Maastricht, Gent, Calais. Fu un viaggio faticoso e difficile; la jole del Fiat affondò davanti alla rocca di Loreley, riempita d’acqua e spezzata da un’ondata provocata da una gigantesca chiatta a tre piani, proprio nel punto più stretto e pericoloso del Reno; nessuno si fece male, ma parte del percorso successivo fu effettuata con una jole presa a prestito a Gand, e non fu questa la sola difficoltà, perché le condizioni del mare costrinsero i vogatori ad attraversare la Manica con il ferry - boat da Calais a Margate. Da quella località in tre giorni i vogatori torinesi giunsero alla Torre di Londra ove furono accolti e festeggiati dai canottieri londinesi del London Rowing Club. Meritarono una foto sulla prima pagina del Times ed una immagine scattata sotto il ponte di Londra comparve sul Daily Telegraph. Il materiale filmato dall’accompagnatore ufficiale, Franco Ordasso, fu riordinato in un documentario di 30 minuti che apparve nei programmi della televisione svizzera.336 336 Il programma dettagliato del viaggio e delle singole tappe è conservato nella cartella C.9. 137 La Cerea 1945-1997 Benché solo due fossero i Cerea partecipanti a quella spedizione il loro ruolo propulsivo nella complicata organizzazione fece sì che, in tempi diversi, Oddone, Saccone, Zeppegno e Girone siano approdati alla Cerea contribuendo così a farla diventare il centro torinese dei veterani ancora impegnati in gare e raids. Nell’estate del 1978 i soci trovarono un modo degno per festeggiare i 115 anni di vita della Cerea: ripeterono il raid Torino - Venezia, come i fondatori avevano fatto nel 1867, impiegando cinque giorni per terminare il percorso. Ovviamente le jole partirono da Casale, visto che nel secolo trascorso la parte del fiume più a monte è diventata non più navigabile. Furono due le jole societarie che affrontarono la fatica, la Cerea composta da Romano Arcangeli, Piero Garberi, Beppe Oddone e Adriano Margarone, tim. Rovaretto, la San Marco da Vittorio Soave, Giorgio Bazoli, Riccardo Gaffino Rossi, Luciano Roncarolo, tim. Vasapolli; percorsero i 517 Km. di fiume e laguna nei cinque giorni previsti e raggiunsero Venezia ove furono accolti dagli equipaggi della Bucintoro337. Alcuni di coloro che parteciparono a questo viaggio si erano da poco avvicinati al canottaggio, non erano certo canottieri esperti; fu quindi l’occasione per dimostrare che non occorreva aver praticato la voga fin dalla gioventù o avere un fisico eccezionale per portare a termine un’impresa comunque impegnativa. Venezia, oltre che meta di quel raid, con la sua Vogalonga diventò una sorta di battesimo per i tanti nuovi soci entrati alla Cerea negli anni ‘80 e ‘90. Il neofita cessava di essere tale dopo aver partecipato alla Vogalonga, meta obbligatoria per ogni nuovo socio. Dopo aver percorso i trenta chilometri si può restare pessimi vogatori, però non si è più novellini. Anche per questa caratteristica la Vogalonga, dalla sua prima edizione, ha sempre visto la partecipazione di almeno due, ma talora anche quattro equipaggi della Cerea, dalla classica jole a otto fino al canoino, sul quale si cimentarono Romano Uberti e, in anni più vicini, Lorenzo Orsina per ben due volte. A Venezia si diresse in anni recenti un equipaggio composto da Renzo Ventavoli, Coero e Uberti della Cerea, Mauro Torta allora del Fiat e Baldacci dei Vigili del Fuoco Salza. Nel maggio 1993 i 5 partirono da Valenza sulla jole gig di coppia, scortati da un gommone dei Vigili del Fuoco, per battere il record di percorrenza. Impiegarono meno di quattro giorni, 38 ore di voga piacevolmente descritte in un volumetto da Ventavoli338, stabilendo un record di velocità ancora imbattuto. Risale invece al 1977 la prima partecipazione di un nostro equipaggio ad una delle gare di resistenza più famose e ricche di partecipanti, la londinese Head of the River Race; in quella prima uscita londinese l’otto della Cerea (Bouquié, Bobba, Soave, Oddone, P.Gariel, Arcangeli, G.Maggi, Dainotti) giunse 326°, ma l’entusiasmo fu tale che nel successivo 1978 la Lega Vogatori Veterani del Po portò alla HoRR ben quattro imbarcazioni, compresa quella del Firenze che era associata alla L.V.V.P.; due furono i Cerea imbarcati sull’otto del Fiat che giunse 113°, Ventavoli e Klaus Schwarz (tra i fiattini erano Baima Poma, i fratelli Zeppegno, Oddone, Rasini), mentre l’equipaggio Cerea con Soave, Bazoli, Gubetta, Fassino, Dainotti, Courtault, Maggi, Margarone si piazzò375°. Poco meglio fecero l’Esperia (320°) ove remavano Gianni Rinaudo e Pietro Marzano e 337 Nell’Arch. Storico (Doc. C.9) è conservata la dettagliata pianta ed il programma di viaggio preparato da Roncarolo. 338 Arch:Storico, Doc.C.4 138 La Cerea 1945-1997 l’altra barca Fiat (358°) ove c’erano Luciano Rebaudengo, Fracasso e Chiaffredo Rosso. Nel 1979 la Cerea partecipò con due equipaggi,giunti al 180° posto ed al 324°; fu per molti l’ultima gara con maglia Cerea, perché in quell’anno molti soci lasciarono la Cerea per l’Esperia; ma il divorzio fu solo temporaneo. Uno fu l’equipaggio bianco celeste nel 1980, 242° al traguardo; dopo un anno di pausa nel 1981 gli equipaggi Cerea furono di nuovo due, un misto con i nostri Zeppegno, Soave, Ventavoli, P.Gariel e Saccone giunse 285°, mentre si classificò 402° quello composto dai novizi Jadanza, G.Giampiccolo, Borghi, Ronco, Boccardo, C.Giampiccolo, Cristilli e Borrano, gente che remava solo da un anno. Erano anni in cui era raro che l’equipaggio fosse composto solo da soci Cerea, perché i criteri di formazione della barca erano ancora quelli legati ai principi ispiratori della Lega Veterani del Po e, specialmente, al tentativo di costruire un equipaggio forte anche se ciò poteva portare ad escludere soci dello stesso sodalizio. Fu così che, nel 1984, la Cerea portò al 159° posto l’equipaggio ove, con Bruno Piardi, R.Ventavoli, Soave e Saccone, remarono i giovani atleti Cerea B.Ventavoli, A.Italiano, Coero, oltre a Rampini dell’Esperia; Borrano, Jadanza e Ronco arrivarono invece al 386° posto con cinque veterani della Can Napoli. Nel 1985 la Cerea inviò l’otto degli atleti (A.Italiano, G.Benedetto, P.Italiano, Pescialli, Petruzzelli, Sandrone, R. Uberti, M.Italiano che ottenne un lusinghiero 24° posto; non partecipò nessun equipaggio veterano. Solo nel 1986 i piu anziani tornarono a Londra: un equipaggio misto e con giovani arrivò 204°, mentre l’equipaggio tutto biancoceleste di veterani ottenne la 384 posizione. Nel 1989 un misto con cinque nostri soci arrivò 188° mentre il misto del 1990 si piazzò al 267° posto. Nel 1992 ci fu l’ultima spedizione londinese degli ultimi anni, perché da allora si perse l’abitudine di partecipare a quella gara: Palma, W.Bouquié, Baima, A.Italiano, Soave, Ventavoli, Gubetta e Saccone chiusero al 252° posto.339 Numerose barche Cerea furono presenti anche alla Regatalonga del Lario, alla Maratona della Marna, alla Cremona Casalmaggiore, a gare di resistenza e di velocità. Non si può infine dimenticare la numerosa partecipazione di soci Cerea alla regata forse più massacrante che ci sia, il Giro del Lago Lemano, circa 170 chilometri percorsi in buona parte di notte, senza soste e senza scali. I primi a parteciparvi furono Calcagno, Coero, Gubella, Luca Oddone e Saccone nel 1989, a bordo di una jole di punta; L’anno successivo l’equipaggio di Calcagno, Gubetta, L.Oddone e Saccone fu costretto al ritiro per i violenti crampi che misero fuori gioco uno dei vogatori. Nel 1991 toccò a L.Oddone, Gubetta, Soave, Saccone e Ventavoli terminare la gara con una jole di punta, mentre nel ‘92 le forti onde affondarono e costrinsero al ritiro Calcagno, Saccone, Soave, Ventavoli ed il forte francese Giovannoni. Ma non solo titolati canottieri terminarono il percorso, perché Renzo Orsina volle smitizzare quell’impresa come già aveva fatto correndo per due volte 339 Nell’arch. storico (Doc.C9) è conservata la precisa elencazione di tutti gli equipaggi che parteciparono alla HoRR utilizzando l’organizzazione di Vittorio Soave, con i tempi, le posizioni di partenza e d’arrivo ed il tempo impiegato dall’equipaggio vincitore. 139 La Cerea 1945-1997 la Vogalonga in singolo, impresa ripetuta nella Cremona Casalmaggiore; nel 1993, sulla distanza ridotta a 110 chilometri per i detriti galleggianti, ben due furono le imbarcazioni della Cerea, l’una con Favole, Gubetta, Saccone, Soave, Ventavoli, l’altra con G Benedetto, P.Italiano e Marco Molinaro, Matta e Orsina; eppure anche questo secondo equipaggio finì la gara, con due ore di distacco dalla barca migliore. Nel 1994 parteciparono Gubetta, Tiziano Lazzari, Saccone, Soave e Ventavoli; nel 1997 partecipò invece una Gig formata dal grande Mauro Torta ma anche da Orsina, da Piero Bini, da Fabrizio Hardouin e da Renato Valpreda: buoni ultimi terminarono però il percorso più freschi di quanto chiunque avrebbe immaginato, parteciparono allegramente alla premiazione dopo aver vogato per quasi 21 ore, dimostrando la vitalità dei soci Cerea e la capacità, anche nei soci di recente avvicinamento alla voga, di portare a termine imprese faticose e difficili.340 2 GLI ALTRI SPORT Nel 1976, sotto la presidenza di Dino Ponte, la Cerea diede il nome ad una squadra di pallacanestro. Cosa curiosa, che merita una completa spiegazione. Giorgio Ponte in gioventù non aveva praticato il canottaggio, ma amava il basket ed arrivò a giocare in serie B. Con altri ex giocatori di serie A e B, non più giovanissimi, decise di costruire una squadra partendo dalla prima divisione. La Cerea accettò di sponsorizzarli a costo zero, nel senso che la società fornì il nome, le canottiere ed i soldi per l’iscrizione al campionato; la spesa fu davvero modesta, 144.000 lire341 , ed in cambio i giocatori garantirono l’iscrizione alla Cerea di un numero di loro sufficiente a coprire quelle spese, e la società divenne così anche il punto di ritrovo dei giocatori, la loro sede. Fecero parte di quella squadra ex giocatori di B come Enrico Bonamici, Tony Carbone, Walter Daniele, Beppe Dotti e Giorgio Ponte, Frank Righini ex di serie A, ma anche giornalisti come Mario Bruno, Guido Ercole e Giorgio Martellini. La sola nota esistente nei verbali viene dalla comunicazione data da Dino Ponte al consiglio del 24 novembre 1976: Ponte annuncia l’inizio del campionato di pallì¥Á 340 Un preciso elenco dei partecipanti e dei tempi impiegati è conservata nel Doc. C9. 341 Doc. A41 140 La Cerea 1945-1997 X/ 141 La Cerea 1945-1997 X/ capita: nel 1988 lo sponsor TRAU lasciò, ritenendo eccessivi i 300 milioni occorrenti per partecipare al campionato. La Cerea Basket cedette quindi al Collegno Basket il diritto di partecipare al campionato di serie B, ma con l’obbligo di conservare il nome Cerea. Ancor oggi la Sanfilippo Collegno associa a questa denominazione quella della Cerea; raro esempio di società canottiera capace di imporre il proprio nome ad una squadra di basket di una cittadina priva di laghi o fiumi navigabili. Non ha invece conservato il nome originario la Cerea Triatlon, costituita nel 1989. Ai suoi albori quel faticosissimo sport piacque subito ai soci Cerea, sempre ansiosi di cimentarsi in competizioni dure e faticose. Fu così che alcuni soci della Cerea, con altri della Torino ‘81 Nuoto, si diedero agli allenamenti imposti dalla nuova specialità; la corsa e la bicicletta erano ampiamente praticate in società, mentre per il nuoto fu fondamentale l’aiuto della Torino 81, che mise a disposizione piscina ed istruttore. Bodo, Gurlino, Raimondo, Luca Oddone, Fogliato, Monzeglio, Coero, Calcagno e molti altri si cimentarono in gare in Italia ed all’estero, e la cosa proseguì per alcuni anni. La Cerea Triathlon fu costretta al cambio di nome perché la Cerea, per iscrivere una squadra alla neonata federazione, avrebbe dovuto variare lo Statuto inserendo quello sport nell’oggetto sociale, e nessuno lo volle, nemmeno i triatleti. Resta però alla Cerea il ricordo di quell’esperienza grazie all’ospitalità concessa alla gara di duathlon che, ogni inverno, viene organizzata alla Cerea, luogo di partenza e di arrivo della competizione. Grande peso acquisì negli anni ‘90 anche la bicicletta. I numerosi soci amanti di questo sport iniziarono a ritrovarsi a gareggiare sul percorso ideato da Vittorio Soave: partenza da Ulzio, Bardonecchia, Colle della Scala, Briancon, Moginevro ed arrivo a casa Soave; un appuntamento estivo ormai tradizionale. Ma i ciclisti non si accontentarono di un percorso così breve, e da anni organizzano settimane ciclistiche sui grandi colli della leggenda ciclistica. Sono una quindicina i soci Cerea in grado di scalare lo Stelvio o il Falzarego, da Coero a Namari, Gribaudi, Bodo, Weltert, Costanzo, Corrado Giampiccolo, Toni Lazzari, Gubetta, Bonfanti tra gli altri. Non meno numeroso è il gruppo di soci dedito al Trekking alpino. Se alla Cerea non mancano alpinisti di buon livello a continuare una tradizione che vide tra i soci anche Ottorino Mezzalama342, molti sono coloro che in modo più modesto amano le gite abbordabili. Anche questa consuetudine nacque negli anni ‘90, con l’organizzazione di percorsi alpini della durata di alcuni giorni. Gli esperti Ciciu Baima e Mellano con Rolle, Bonfanti ed altri assai meno capaci, hanno negli anni girovagato per il Monviso, la Val di Susa, il Gran Paradiso lasciando il nome della Cerea sui libri di rifugio e di vetta. 342 Fu ammesso come socio dall’assemblea del 21/7/1913 142 La Cerea 1945-1997 Non devono essere dimenticate altre occasioni sportive che videro i Cerea partecipare alle più svariate competizioni, a condizione che si trattasse di grandi fatiche o di discreti pericoli: dalle corse in montagna alla “Antichi Passi”, gara di corsa e sopravvivenza alpina che vide per due anni la partecipazione di Beppe Girone, Saccone, Soave e Toni Lazzari, alle gare podistiche, alle maratone, fino al Rafting in cui si cimentarono contemporaneamente una ventina di soci. Ogni competizione nuova e faticosa era l’occasione per misurarsi, anche la gara di corsa, bicicletta e ski - roll della Val Angrogna vide la partecipazione di Coero, Saccone, Calcagno, Lazzari, Girone e Soave, così come numerosi furono i soci Cerea che parteciparono alla Marcia del Gran Paradiso, alla 24 ore di fondo di Pinzolo ed alla Marcialonga343 343 Nella cartella Doc.C.9 sono conservate classifiche di gare curate da Vittorio Soave. 143 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO VIII I RAPPORTI CON L’ ESTERNO 1 I RAPPORTI ISTITUZIONALI E POLITICI Nel cinquantennio esaminato la Cerea affrontò solo raramente problemi che avessero anche una valenza esterna alla società. La prima questione di tal genere affrontata dai soci riguardò il contributo dato dalla Cerea per l’apertura di un passaggio fra le macerie dei due ponti di Moncalieri e favorire così il turismo. Ne riferì Casalis nella seduta di Consiglio del 17 luglio 1945, ed anche se non sappiamo quale fu l’esborso la notizia è interessante, sia per la luce che getta sui drammatici problemi di quel periodo, sia per come evidenzia l’importanza che allora rivestiva il turismo fluviale; risalire il Po era tanto necessario da non permettere l’attesa del più organico intervento di ricostruzione dei ponti. Nella stessa riunione fu posta una questione di tipo politico, con implicazioni importanti per la vita della Società: Sorge la questione se sia il caso di riportare la completa intestazione della Società e cioè “Reale Società Canottieri Cerea” o più semplicemente “Canottieri Cerea”. Sono sostenitori della prima tesi, in particolar modo Bobba (non Giovanni!), e D’Alberto, nonché Girardi, Cane ed Abelly. Sono invece contrari Casalis e Crovella. Sopraggiunge intanto il Presidente Derossi e si dichiara favorevole alla conservazione integrale della nostra denominazione. La questione fu posta anche nell’assemblea straordinaria del 10 aprile 1948: Il Presidente (Derossi) chiede all’Assemblea se sia conveniente conservare o no il titolo di Reale Soc. Canottieri Cerea, titolo conferitoci per anzianità di fondazione e per meriti sportivi, con regolare brevetto della Real Casa, malgrado che lo Stato Italiano sia eretto attualmente in Repubblica e non più in regime monarchico. Si formano nell’assemblea correnti di pensiero favorevoli alla conservazione del titolo, ed altre contrarie. Messa ai voti la proposta, la maggioranza dei presenti è favorevole alla conservazione del titolo “Reale” così che la denominazione sarà ripristinata in : Reale Società Canottieri Cerea Non è facile capire se la decisione sia dipesa da ragioni politiche, se cioè la maggioranza dei soci fosse filo monarchica, oppure se essa fu determinata dalla volontà di mantenere il titolo onorifico a suo tempo concesso dal Re alla Cerea. Fu comunque una scelta abbastanza coraggiosa, perché la vecchia denominazione poteva, in quegli anni, creare qualche problema o almeno suscitare dubbi sul tipo di associazione, nel senso di far apparire la Cerea come un circolo politicamente schierato a favore della monarchia. Non è casuale 144 La Cerea 1945-1997 l’aggettivo usato da Derossi: conveniente, se sia conveniente. Ma bisogna dire che la denominazione completa della Cerea non veniva esibita: sui documenti e sulla carta da lettere si legge abitualmente solo “Soc. Canottieri Cerea”; fino ad un paio d’anni fa la denominazione depositata presso la Federazione non comprendeva l’aggettivo “Reale”, sicché tale qualifica venne mantenuta, ma non ostentata. Sono assenti fino al 1959 i riferimenti ad altre società, salvo per il generico invito rivolto da Casalis ai soci che fanno parte di altre Associazioni, pregandoli di facilitare contatti tra gli esponenti di quelle e della nostra Società, al fine di procurare l’afflusso di nuovi soci sia effettivi che vogatori344. Abbondano invece le citazioni di incontri con gli amministratori pubblici in relazione al contratto di locazione o a richieste di aiuto finanziario. Tralasciando le questioni connesse ai rinnovi contrattuali è interessante notare che nel mezzo secolo esaminato due furono i momenti in cui la Cerea sembrò avere rapporti particolarmente amichevoli e stretti con i politici torinesi: gli anni 59/60 ed il periodo 1978/83. Nel 1959 fu Derossi ad avere facile accesso al Sindaco ed agli Assessori, certo grazie alla sua notorietà ed alle cariche ricoperte nelle organizzazioni imprenditoriali. Come sempre, quando parla Derossi, è però difficile distinguere la realtà dalle speranze, la verità dal narcisismo.L’ing. Derossi dichiara di avere già parlato con il Sindaco della Città (avv. Peyron) allo scopo di avere una sovvenzione in quanto il centenario di fondazione della Società coincide con la mostra del 1961....Invita però i signori consiglieri a non divulgare la notizia perché non è ancora sicuro l’esito, anzi dichiara che nell’assemblea generale dei soci egli stesso sarà molto evasivo in merito allo scopo di non dare adito a facili fantasticherie nei soci, fantasticherie pericolose all’adempimento dei compiti propostici. Per ottenere fondi per le necessarie migliorie l’ing. Derossi promette il proprio interessamento anche presso il sig. Oneglio - Vice Presidente del CONI e presso il rag. Costamagna, Assessore Comunale al Patrimonio345. Abbiamo visto in altro capitolo, a proposito della ventilata fusione col Circolo della Stampa, come i 10-12 milioni garantiti da Derossi come contributo del Comune, si siano infine ridotti a 3 milioni, oltre alla cinta in ferro installata dal Municipio proprio per il Centenario dell’Unità d’Italia. Indipentemente dagli scarsi successi ottenuti, è evidente che Derossi aveva una certa familiarità con i responsabili del Comune, della Prefettura e degli altri poteri locali, spesso indicati come suoi interlocutori; i contatti si infittirono in preparazione dei festeggiamenti del Centenario, che videro la presenza delle massime Autorità. Il secondo periodo di particolare vicinanza ai vertici amministrativi e politici fu invece quello tra il 1978 ed il 1983; Renzo Ventavoli ottenne attenzione dagli Assessori delle giunte dell’epoca, che ben conosceva personalmente, con risultati formidabili per la Cerea. Nei verbali di quegli anni sono frequenti i riferimenti agli assessori Vindigni, Tessore, Alfieri, ma anche al Consiglio di Quartiere ed al suo Presidente Delmastro, per ragione della cessione del campo bocce ma anche per programmi dedicati allo sport giovanile. Insomma, abbondavano i collegamenti 344 Ass. 17/2/1952 345 Cons. 22/3/1958 145 La Cerea 1945-1997 con le forze politiche ed amministrative, di solito del tutto estranee ai problemi esaminati in sede di Consiglio. Ma ritorniamo agli anni ‘60: i festeggiamenti per l’Unità d’Italia lasciarono traccia nei verbali principalmente come occasione di possibile finanziamento per la esausta Cerea; solo due sono i riferimenti alle manifestazioni vere: Viene concordato il benestare all’Ente Turismo per l’ingresso in società agli addetti all’installazione dei fili necessari all’impianto sonoro per la Regata Storica del 2 luglio. Il comm. Girardi relaziona sulla riunione svolta il 6 corrente al Circolo degli Artisti con la partecipazione di tutti i rappresentanti delle società di canottaggio di Torino, del Direttore dell’Enal e di un funzionario della Rai. Scopo la manifestazione sul Po dell’8 e 9 luglio346. Molto più ricca è la documentazione delle celebrazioni del Centenario Cerea conservata negli archivi347, ove si trovano appunti, inviti, il menu del pranzo riservato ai soci e quello del pranzo di gala, cui parteciparono il Sindaco, il Rettore dell’Università Allara ed altre autorità, appunti e lettere che permettono di comprendere quale grande impegno ed occasione costituì il centenario per i soci dell’epoca. Tra quei documenti c’è anche una relazione di Dino Ponte sullo svolgimento dell’Assemblea Federale, raro esempio di precisione nel descrivere manovre assembleari, ed unico caso di resoconto della partecipazione ad una assemblea federale, al dichiarato scopo di ottenere dalla Federazione la maggiore valorizzazione possibile del Centenario Cerea. A parte quella relazione, sono scarsi i riferimenti alla Federazione di canottaggio , in genere citata come fonte di possibili sostegni economici. Fanno eccezione la notazione relativa all’ottimo lavoro organizzativo svolto dal Vice Presidente Casalis in occasione dei festeggiamenti per il 75° anniversario della fondazione FISA348 e la festicciola tenuta nel 1968 per il conferimento della Stella d’Oro al merito sportivo349 Poco frequenti sono i riferimenti ad altre associazioni sportive. Tra le società consorelle la più citata è certamente l’Eridano - Circolo Degli Artisti, da sempre molto legato alla Cerea. Già nel corso della riunione di consiglio del 2 dicembre 1945 abbiamo una notizia che attesta la particolare amicizia che legava i due clubs: Il Circolo degli Artisti gradirebbe accogliere i soci della Cerea che desiderassero usufruire della sua sede invernale e dei campi da tennis esistenti presso l’Eridano. Si delibera di appoggiare tale iniziativa, richiedendo tuttavia le condizioni che il Circolo stabilirà per il prossimo anno. In seguito furono abbondanti le relazioni tra i due clubs, specialmente per il gioco delle bocce, come si può leggere nel capitolo a ciò dedicato; e negli anni ‘60 non mancarono incontri tesi a fondere i due circoli, entrambi in grave difficoltà, ma di questo si è già detto. Si noti, il progetto di fusione riprendeva un’idea molto antica, perché negli anni ‘30 fu perfino elaborato un progetto per una nuova 346 Cons. 7/6/1961 347 Cartelle B.15 e B.15.1 348 Ass. 17/12/1967 349 Ass. 25/2/1968 146 La Cerea 1945-1997 costruzione, da elevare in C.so Moncalieri, destinato ad ospitare la Cerea Eridano350. L’Esperia fu invece additata ad esempio nel corso della polemica tra Derossi e Boccalatte in merito alle spese fatte nel 1945 per restaurare la sede: Il Presidente ricorda che in altri tempi l’Esperia si è impegnata per lire 1.000.000 e che ora è munita di tutto quanto occorre per soddisfare le esigenze dei numerosi suoi soci351. C’è un solo riferimento all’Armida, per la partecipazione ai festeggiamenti del suo Centenario di fondazione352, e qualche citazione in occasione di acquisti di barche usate da tale società. Tra le società non torinesi la Can. Olona fu portata ad esempio di società in forte sviluppo, con splendida sede, attività di atleti, feste353, forse per trarre dalle sue attività ispirazione per il rilancio della Cerea. 2 RICORRENZE E ALTRE VISITE Nel 1953 la Cerea ospitò il congresso dell’Associazione Nazionale Vecchie Glorie e Fedeli del Remo, associazione oggi scomparsa, della quale manteniamo un paio di diplomi nella sala del biliardo. L’evento fu annunciato all’Assemblea dell’8 febbraio 1953: L’ing. Boccalatte informa inoltre l’assemblea che l’Associazione Vecchie Glorie e Fedeli del Remo ha stabilito di effettuare nella nostra sede il Congresso annuale dei propri Soci, nella prossima primavera: ciò in considerazione del glorioso passato sportivo della nostra società e per onorarla nel suo 90° anno di vita. L’Assemblea unanime si dichiara onorata e dà mandato al Consiglio Direttivo di preparare per l’occasione un programma degno delle nostre tradizioni di ospitalità e signorilità.Il Consiglio preparò con cura il congresso per il giorno 25 aprile 1953: Si stabilisce di adunare i convenuti al mattino nei nostri locali per l’assemblea e i lavori del Congresso; in seguito verrà offerto un vermuth d’onore a tutti i partecipanti (si prevedono 140 - 150 persone) quindi prenderanno parte al pranzo che si è provveduto da parte nostra organizzare e fare preparare dal Ristorante della Rotonda. Si decide di invitare numerosi i nostri soci e quelli delle società torinesi, al fine di onorare le Vecchie Glorie del Remo e perché il Congresso si effettui in un clima di generosa ospitalità e signorilità conforme alle nostre tradizioni354 . Più importante per la Cerea fu l’organizzazione del Centenario dalla fondazione, che ebbe un notevole rilievo esterno. 350 Doc. B.1.4 e B.1.5 351 Cons. 16/12/1945 352 Cons. 23/9/1969 353 Cons. 25/10/1966 354 Cons. 16/4/1953 147 La Cerea 1945-1997 Il Consiglio insediò nella seduta del 18 maggio 1962 il comitato incaricato di organizzare le celebrazioni del centenario, nelle persone dei soci Casalis, Tibò, Abelly, Del Pozzo e Bonetto. Erano previste cerimonie, festeggiamenti, ricevimenti e riunioni di carattere sportivo oltre ad una monografia. Nella seduta del 12 dicembre 1962 fu esaminata la monografia preparata da Del Pozzo ed anche l’oggetto preparato a ricordo delle manifestazioni: Viene poi discussa la coniazione delle medaglie ricordo che porteranno da una parte lo stemma sociale e di contro le date 1863 - 1963. Dette medaglie dovranno essere consegnate gratuitamente : 1° alle società appartenenti al Comitato I Zona; 2° alle autorità che dimostrino di prendere parte in modo tangibile alle manifestazioni del Centenario. L’ abbondante materiale relativo alle manifestazioni conservato nell’archivio indica che le manifestazioni per i cento anni sicuramente ebbero un eco sulla stampa cittadina perché le molte occasioni, dalle grandi regate ai pranzi ufficiali, ebbero la presenza di autorità. Forse il Centenario, abilmente sfruttato, costituì una boccata d’ossigeno per la società che viveva uno dei momenti più cupi, visto che i soci erano solo 81. Molti anni trascorsero senza che la Cerea trovasse occasione di ritornare agli onori delle cronache; nel 1988 giunse improvvisa ed inaspettata la visita dell’ex Regina Maria Josè, che pose la Cerea tra le pochissime mete della sua prima visita ufficiale in Italia. Fu Vittorio Soave, legato a Casa Savoia da interessi librari, a porre le premesse per la visita. Ci informò ufficialmente della visita il Vice Sindaco Marzano con pochissimi giorni di anticipo, vincolandoci alla totale riservatezza; chiese una buona toilette pulita ed in ordine, una colazione leggera e poche persone a tavola. L'entusiasmo era tanto, almeno quanto i problemi; la toilette non poteva migliorare granché, fu cambiato l'asse della tazza ed imbiancata la parete; tutto il Consiglio si precipitò, con le mogli, a lucidare le coppe ed a spolverare quadri e stendardi; si discusse a lungo il menu con il gestore Biagio, che insisteva per un salmone in bellavista, bocciato all'unanimità: naturalmente alla Regina fu presentato il salmone. Angoscianti furono anche i dubbi protocollari che colsero tutti per la scarsa abitudine a trattare con Maestà; fu il socio Principe Imperiali ad impartire le norme di comportamento. Un paio di giorni prima della visita la notizia comparve sui giornali e così giunse a tutti i soci, che vennero mobilitati per l'occasione. Maria José arrivò per restare alla Cerea un paio d'ore; i membri della società organizzarono una splendida messa in scena. A parte i cinque incaricati di fare gli onori di casa, c'era una dozzina di soci in divisa che scacciavano giornalisti e paparazzi fuori dai cancelli; anche ad una delegazione dell'Armida, furente, fu impedito di omaggiare l'ex Regina. Molti soci incrociavano in barca, naturalmente con la maglia sociale; praticamente tutti erano impegnati nel servizio o nella scenografia, tutti meno quattro che si aggiravano sulla terrazza in calzoncini e canottiera. Ponte vide con la coda dell'occhio le maglie bianco celesti e si convinse che fossero giovani atleti, tanto che annunciò: "Maestà, ecco i nostri canottieri!"; ma girandosi vide che si trattava di Sandro Giampiccolo, Cristilli, Todisco e Baruffaldi, e quasi svenne. Sua Maestà volle però conoscere i prodi canottieri, da allora noti come i canottieri della Regina, e se Giampiccolo era tanto commosso da non mollarle più la mano, Todisco uscì con un sonante "Piacere Todisco!". Anche quando la Regina salì sul motoscafo guidato da Bouquié, al momento dell'imbarco la confusione era notevole, tanto che Pippo accelerò senza 148 La Cerea 1945-1997 accorgersi che la catena fissava saldamente lo scafo al pontone. Per miracolo non perdemmo la Regina nel Po. La facemmo sedere su una sedia da giardino dalle gambe segate, ben fissata, munita di cuscino e coperta da una pezza di velluto blu Savoia; ma tutto ha un prezzo, ed alla cena di Natale il cuscino ove giacquero le reali terga fu battuto all'asta, aggiudicato per 2.100.000 ad una cordata ispirata da Fassino. Dopo la gita di Maria José sul fiume si passò alla colazione, ed a metà Maria José ci salutò e andò via. Le foto della memorabile giornata finirono sul libro dei 125 anni ma anche su tutti i quotidiani italiani e la Cerea ebbe un momento di celebrità; c'era anche invidia in giro, molti appartenenti al Circolo filarmonico, per esempio, si chiesero perché mai l'ex Regina avesse scelto proprio la Cerea. Ce lo chiedemmo anche noi, ma incassammo il successo ed i vantaggi di una improvvisa notorietà e distinzione. Con un simile lancio pubblicitario diventò un successo anche la presentazione del libro edito per ricordare il 125° anniversario, cui presenziarono il Sindaco, il Prefetto, il Presidente della Provincia ed altre Autorità. 3 GLI OSPITI A PAGAMENTO Per molti anni la Cerea ebbe soci in numero inferiore alla capacità ricettiva della struttura; e visto che trovare nuovi soci era impresa impossibile noleggiò la sede a chi possedeva i soci ma non i locali. I primi ospiti furono i Pescatori alla Mosca, e furono anche coloro che rimasero più a lungo legati alla Cerea. Nella riunione di Consiglio del 15 aprile 1966 il Vice Presidente Casalis riferì che le trattative da tempo intavolate con il Club Italiano Pescatori a Mosca sono giunte a conclusione così che il il Club che da tre mesi tiene le sue riunioni al giovedì sera per concessione diretta in via di esperimento, invierà cinque domande di ammissione a socio effettivo di altrettanti suoi soci fondatori. Cinque nuovi soci portavano danaro indispensabile; il disturbo arrecato era minimo, perché in quello stesso periodo il consiglio constatava che la frequenza dei soci non era molto brillante355, e non poteva essere diversamente visto che i soci erano circa 85, compresi i 17 dirigenti Microtecnica. Furono vagliate altre possibilità di ospitare associazioni, come avvenne nella seduta di consiglio del 5 settembre 1966: Ass. Naz. Atleti Azzurri d’Italia. Viene discusso il contenuto di una lettera giuntaci da detta Associazione e che ci chiede di mettere a disposizione degli Azzurri torinesi la nostra sede. Quanto in oggetto viene caldeggiato dal sig. Casalis che è membro di questa Associazione e viene deliberato di mettersi in contatto con la segreteria per un abboccamento. Già il 19 settembre, dopo aver avuto incontri con i dirigenti di quel gruppo, il Consiglio decise le proposte da avanzare: La segreteria verrà messa a disposizione una volta alla settimana (mercoledì ore 21) mentre la sede verrà messa a disposizione non più di una volta al mese previa autorizzazione della nostra Direzione. Pare 355 Cons. 27/6/1966 149 La Cerea 1945-1997 che non vi fosse contropartita economica per la Cerea, e forse anche per questo la cosa non ebbe seguito. I Pescatori si trovarono benissimo in società, tanto che il 9 ottobre 1967 si discusse sull’opportunità di scrivere ai P.A.M. e far presente che, data la notevole affluenza di quei soci tutti i giorni, venga aumentato il numero degli iscritti da 5 a 10 soci. Il Presidente dei Pescatori, dr. Onesti, partecipò all’assemblea del 17 dicembre 1967 ringraziando, anche a nome dei soci P.A.M., la Società Cerea per l’ottima ospitalità nei locali sociali. E’ probabile che la richiesta di aumentare le quote sia stata avanzata effettivamente ai Pescatori, perché almeno nel 1969 essi pagarono 10 quote; ma la loro presenza portò qualche disturbo ai pochi soci, tanto da rendere necessario discutere l’opportunità di disciplinare l’uso del ristorante, in particolar modo da parte di alcuni soci P.A.M.356. I soci Cerea erano costretti a subire gli aspetti negativi di quella convivenza per il semplice motivo che non potevano fare a meno del contributo economico degli ospiti. Così, quando nel 1969 furono aumentate le quote sociali, i Pescatori comunicarono di non poter accettare l’aumento da 48.000 a 60.000 lire e si deliberò per ragioni di opportunità di esonerare quei soci P.A.M.357. Neppure i Pescatori godevano d’altronde di buona salute economica: GRUPPO PESCATORI A MOSCA. Tale circolo a noi aggregato versava annualmente L. 480.000 con diritto di usufruire dei locali sociali la sera di giovedì di ogni settimana. Figuravano come soci 10 e poi 8 persone attualmente dimissionarie per ragioni interne. Successivamente ci venne richiesta una riduzione di quota a L. 300.000 annue. Data la situazione attuale della nostra società, tale riduzione viene accordata per un solo semestre, sino al 30/6/1970, precisando che il G.I.P.M. viene accolto come gruppo aggregato senza ingerenze nella nostra amministrazione con la riserva di tornare in argomento nella prossima primavera qualora le soluzioni di abbinamento con altri circoli possa renderci una sufficiente autonomia358 . Abbiamo visto come la frequenza degli ospiti fosse quotidiana e come il ristorante fosse da loro assiduamente frequentato; la necessità di ribadire l’autonomia amministrativa della Cerea è indice evidente di invadenza dei Pescatori. La situazione economica e dei soci era talmente grave che nell’assemblea del 7 marzo 1970 il Vice Presidente D’Alberto espose l’intenzione del consiglio di modificare lo Statuto per prevedere gruppi aggregati, con modalità e condizioni da stabilire dal Consiglio Direttivo, ottenendo l’approvazione di massima del progetto. L’assemblea del 12 gennaio 1974 autorizzò all’unanimità il neoeletto Consiglio, presieduto da D’Alberto, ad ammettere come soci aggregati componenti il circolo Nautico di Viverone con quota annua di lire 500.000, oltre a 20 quote ridotte da definirsi. Probabilmente i Pescatori avevano già lasciato la Cerea visto che nessuno pose il problema di un eccessivo numero di ospiti aggregati. La somma che i velisti dovevano versare era veramente importante, giacché la quota sociale annua era di 70.000 lire. 356 Cons. 14/1/1968 357 Cons. 13/2/1969 358 Cons. 30/10/1969 150 La Cerea 1945-1997 Anche quel sodalizio ebbe vita breve. Il 9 marzo 1976 il Consiglio delegò infatti al Presidente la trattativa con il gruppo Y’s Men per la loro aggregazione alla Cerea. A differenza dei precedenti ospiti gli Y’s men erano più vicini ad un Lion o ad un Rotary che ad una società sportiva; non risulta dai verbali quali accordi furono presi con quelle persone, ma il libro dei conti del 1976 reca, tra le voci di entrata, l’indicazione Soci Y’s Men: erano 17 persone e pagarono la quota di 70.000 lire a testa, esattamente come i soci effettivi. Gli Y’s men fecero così della Cerea la loro sede di ritrovo. Il notaio Gardini era uno dei loro animatori ed in qualche occasione prestò anche la propria esperienza alla Cerea; sembra d’altronde che essi fossero soci a tutti gli effetti, anche se identificati come appartenenti ad altro club. L’assemblea dei soci autorizzò l’ingresso in società di quel gruppo il 27 marzo del 1976 mentre l’ingresso ufficiale avvenne il 4 aprile successivo359. Pur non conoscendo gli accordi intervenuti possiamo registrare qualche difficoltà nei rapporti reciproci; mentre il Direttivo della Cerea autorizzava il notaio Gardini a collocare nel salone un pianoforte per alcune riunioni musicali lo stesso Gardini chiedeva che il suo gruppo fosse esonerato dal pagamento della quota straordinaria di 30.000 lire360. In fondo ciò non stupisce, perché la consuetudine di applicare a metà anno una pesante quota straordinaria sembrava un chiaro metodo per violare gli accordi presi, ma la vicenda è anche specchio delle difficoltà incontrate con tutti i gruppi ospiti. Perfino i soci indicati quale Gruppo Microtecnica spesso non versavano la quota straordinaria, ma ciò dipendeva dall’esistenza di importanti oblazioni della stessa Microtecnica, sicché fu scelta la via di sorvolare sulla necessità di pagamenti ulteriori, comunque ben modesti rispetto a quanto l’Azienda di Derossi versava annualmente. Non fu invece accolta la domanda della Federazione Arbitri di Pallavolo per l’affitto del salone una sera al mese: l’offerta di lire 10.000 per ogni serata era così modesta che il Consiglio la respinse all’unanimit à361. Nel 1979 fu la volta del Club della Vela, i cui soci attendevano dalla Cerea proposte che permettessero loro di disporre delle strutture Cerea (palestre, spogliatoi, docce)362. L’esito delle successive trattative fu sicuramente condizionato dal fatto che, pochi giorni dopo, l’Assemblea del 4 dicembre 1979 respinse unanimemente la proposta di modifica del Regolamento sociale relativo alla possibilità di inserimento di aggregati soggetti al pagamento di quote differenziate o agevolate. I soci del Club della Vela non volevano solo un punto di ritrovo, intendevano anche usare la Cerea come ne fossero soci; fu loro concesso l’uso del salone nella sera del giovedì a fronte del pagamento di sei quote 363. I soci della Cerea tendevano però a divenire esosi con i propri ospiti, almeno quanto erano fermi nella volontà di pagare per loro stessi una quota modesta; il 9 ottobre 1980 il Direttivo decise di chiedere ai velisti, per il 1981 e per la 359 Cons. 24/11/1976 360 Idem 361 Cons. 22/2/1978 362 Cons. 7/11/1979 363 Cons. 9/1/1980 151 La Cerea 1945-1997 consueta riunione del giovedì sera, 2.000.000 pari a 10 quote; forse troppo per un club che non raggiungeva i 70 soci. Infatti Il Club della Vela se ne andò, lasciando così ai soci la possibilità di riprendere l’abitudine della cena sociale al giovedì sera, alla quale il Presidente Dainotti invitò i soci nel corso dell’assemblea del 14 aprile 1983. Nella sede, ma di martedì, erano tornati in quegli anni i Pescatori alla Mosca a fronte del pagamento di quattro quote364. L’esosità mostrata nei confronti dei velisti aveva creato un discreto danno alla Cerea, e come se lo sapessero, i Pescatori avanzarono altre pretese: fu loro concesso l’uso di un armadietto ma fu negata la possibiltà di appendere quadri del loro materiale didattico365. Gli ospiti intensificarono le loro insistenze, tanto che il Direttivo, il 3 febbraio 1983, dovette respingere la richiesta dei pescatori alla mosca di esporre il loro distintivo accanto a quello della Cerea, mentre guadagnò tempo sulla richiesta di esporre quadri con mosche e consentì solo ad ospitare un loro mobile libreria. La vecchia Cerea non poteva essere occupata da mosche e stemmi altrui; almeno non per sole quattro quote. Per due anni fu poi la volta dei Gommonauti, circolo di appassionati del gommone, che ogni settimana si ritrovavano in societàdi mercoledì, pagando 100.000 lire a testa, l’equivalente di qualche quota. Nel 1988, partiti per altri lidi i Gommonauti, ci fu il ritorno del Circolo Nautico Viverone che iscrisse 4 soci per usare il salone una sera ogni due settimane. Solo agli inizi degli anni ‘90, consolidato un relativo benessere, fu possibile fare a meno degli ospiti a pagamento che per oltre 20 anni avevano accompagnato la vita sociale. 4 I GEMELLAGGI E LA LEGA VOGATORI VETERANI DEL PO Abbiamo visto in precedenza come la Cerea avesse un legame particolare con l’Eridano, per ragioni storiche e per comuni interessi boccistici. Ma quella comunanza di interessi non sfociò in nulla più di una forte amicizia. Fu invece il canottaggio al centro di un’iniziativa maturata negli anni ‘70, tesa a collegare i canottieri torinesi indipendentemente dall’appartenenza societaria. Nei primi anni ‘70 i giovani veterani della Cerea ripresero l’attività agonistica, si recarono sui campi di gara nazionali ed esteri, rinsaldando così amicizie antiche e stringendone di nuove. Nel 1977 fu Vittorio Soave a creare l’organizzazione destinata ad assolvere ad una funzione di collegamento tra i veterani delle società torinesi, la Lega Vogatori Veterani del Po, il cui breve Statuto è conservato in segreteria366. La Lega aveva la funzione di coordinare le iniziative, organizzare equipaggi misti e le trasferte, ma in un’ottica di unione tra i vogatori al di là 364 Cons. 4/2/1982 365 Cons. 6/1/1983 366 Doc.C.9 152 La Cerea 1945-1997 dell’appartenenza a questo o a quel club, ed era quindi destinata a scontrarsi con lo spirito di club che è ragione stessa dell’esistenza delle diverse società. La Lega fu costituita con atto notarile nel novembre del 1977; ne abbiamo precise notizie grazie ad una lettera che la Lega inviò il 3 aprile 1979 ai Presidenti di tutte le società torinesi con la richesta di libera circolazione e di libero uso delle attrazzature sociali ai soci della Lega per gli allenamenti di equipaggi misti367; La Cerea, il cui Presidente Dainotti era anche Presidente della L.V.V.P., aderì alla richiesta salvo che per gli iscritti al Fiat, non assimilabili perché non pagano quota. La stessa lettera ci indica in 60 i membri dell’associazione, torinesi ma anche soci del Firenze e della Lario; le iniziative della Lega ebbero spazio in un giornale ciclostilato, che forse si sovrappose, per poi sostituirlo, al notiziario che nel 1976 fu varato dalla Cerea: Viene deliberata la redazione di un notiziario periodico affidato a Vittorio Soave in collaborazione con il C.D.368 ; del notiziario verranno stampate 150 copie369 e verrà spedito alle altre societ à370. Tra i documenti reperiti in segreteria c’è un ciclostilato, recante l’intestazione NOTIZIARIO TRIMESTRALE II 1976371, interamente dedicato alla Cerea, alle notizie di Consiglio, ai risultati sportivi ed alle attività dei soci. Soave ricorda infatti di aver curato il notiziario trimestrale Cerea dal 1976 alla fine del 1977. In seguito quel notiziario morì e fu sostituito dal bollettino della L.V.V.P., che recava il logo di tale associazione e non si interessava delle notizie specifiche della Cerea. Il notiziario della Lega uscì con cadenza tri - quadrimestrale in una decina di numeri 372 tra il 1978 ed il 1985 con qualche periodo di silenzio. La stessa sorte toccò alla Lega dei Veterani del Po, che inizialmente organizzò importanti raid e coordinò la partecipazione a gare all’estero; ma la Lega non acquisì mai vita propria, fu Soave a farla vivere, e quando questi cessò di esserne l’anima ed il propulsore la Lega si spense. Da allora passarono più di dieci anni prima che Giogio Ponte perseguisse una politica di gemellaggi tesa ad offrire al socio la possibilità di usare strutture poste in altre città, oltre a fornire della Cerea un’immagine dinamica, utilizzabile in qualche occasione. La prima opportunità si presentò nel 1989 grazie alle buone relazioni di Aldo Bruno con il Vice Presidente dello Yacht Club Italiano di Genova; non si trattava di un circolo dedito al canottaggio, però la Cerea era stata uno dei membri fondatori di quel prestigioso club velico. Così, come soci fondatori, furono presentati una dozzina di soci Cerea invitati ad una grande cena nella sede dello Yacht Club; ma la difficoltà di accedere alla sede genovese, posta nel porto all’esterno della cinta doganale, e le difficoltà di coordinare le attività di due clubs dagli interessi così diversi, sconsigliarono ulteriori passi verso il gemellaggio. Giunse invece a conclusione il gemellaggio con la Tevere Remo. Il primo incontro avvenne a Roma nell’aprile del 1991, ove si disputò anche una regata sul 367 Contenuta nella cartella Doc.C.9 368 Cons. 12/1/1976 369 Cons. 26/1/1976 370 Cons. 10/2/1976 371 Nel classificatore Doc. C.9 372 Conservati nella Cartella Doc.C.9 153 La Cerea 1945-1997 Tevere373, ma il gemellaggio fu deciso a Torino il 14 settembre di quell’anno con una riunione dei due direttivi congiunti. Dopo la visita dei romani alla Cerea , avvenuta quel 14 settembre del 1991, sembrava deciso che ogni anno si procedesse ad un incontro tra i soci delle due società; ma quando nel 1992 molti soci Cerea si recarono a Roma per disputarvi una gara in 8 l’ospitalità fu assai carente, al punto che sembrò opportuno non rinnovare gli incontri. Il gemellaggio quindi resiste, ma in assenza di ogni incontro ufficiale. 373 Cons. 11/4/1991 154 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO IX REGOLE E SANZIONI 1 LE REGOLE Nei dieci anni successivi alla fine della guerra mondiale lo Statuto della Cerea subì molte modifiche. Parte di esse dipendeva strettamente dal mutato regime politico, come fu per l’esigenza di rimuovere i riferimenti al regime fascista. Ma in parte le numerose modifiche apportate dipesero dalla necessità di fissare delle regole nuove, senza legami con quelle imposte per legge dal CONI sin dal 1931, uguali per ogni circolo; ed occorrevano regole diverse da quelle antiche, risalenti al 1914, inadatte ai tempi nuovi. Il periodo fascista aveva posto regole obbligatorie che prevedevano, tra l’altro, la nomina del Presidente da parte del CONI sicché la società aveva da molti anni perso autonomia organizzativa, almeno sul piano formale. La fine della guerra e la ritrovata libertà colsero i soci della Cerea impreparati ad una immediata codificazione delle regole di autogoverno; l’abitudine acquisita di dipendere da un potere centrale che si occupava di ogni cosa, compresi gli statuti delle associazioni, e le tante novità del periodo, causarono un ritardo di alcuni anni nell’adeguare lo statuto. L’assemblea del 14 marzo 1945, pochi mesi prima della Liberazione, adottò un nuovo statuto: Secondo le nuove disposizioni del CONI lo statuto sociale della Cerea deve essere sostituito seguendo un modello predisposto per tutte le società e che risponde egregiamente allo scopo. Non ne abbiamo copia; all’assemblea era presente un inviato del CONI e non ci si deve quindi stupire se il nuovo testo passò senza la minima discussione e, per la verità, anche senza approvazione neppure formale dei soci presenti. Era una disposizione da accettare, non da discutere. Tuttavia la stessa assemblea stabilì le diverse categorie dei soci, cosa probabilmente rientrante tra le libertà rimesse ai soci: Vengono costituite le seguenti categorie con le relative quote: Soci benemeriti - nessuna quota speciale. Soci sostenitori - L. 5.000 annue. Soci ordinari - L. 1.200 annue. Soci ausiliari - L. 600 annue. Soci vogatori - L.300 annue. Soci allievi vogatori - L. 10 mensili. Stupisce invece che l’assemblea del 1946, parecchi mesi dopo la liberazione, si sia limitatata ad accogliere la proposta di Boccalatte per la formazione di una commissione destinata a rivedere lo statuto ed il regolamento, 155 La Cerea 1945-1997 lavoro che fu piuttosto lungo visto che il nuovo testo fu discusso solo nel 1948. Ma quale statuto reggeva la società nel 1946 e 47? Si utilizzava quello imposto dal CONI nel ventennio? E continuava a valere l’art. 1 che inquadrava la Cerea nel complesso degli istituti del regime fascista? Forse sì, nel senso che non ci fu nessuna fretta di adeguare lo statuto ai profondi cambiamenti intervenuti, sicché probabilmente si cancellarono di fatto le parti aggiunte su ordine del regime, pur senza provvedervi ufficialmente. Abbiamo una testimonianza diretta del ritardo con cui la commissione si mosse, dal verbale di consiglio del 15 dicembre 1946: I membri della commissione per la revisione del vecchio statuto, convocati e presenti, fanno rilevare che il ritardo nel lavoro ad essi affidato, è dovuto al mancato possesso di copie dello statuto da revisionare e di non essersi mai potuti adunare per tale incombenza. L’avv. Lera esprime il desiderio di avere tali copie e il segretario promette di mandarne una copia a tutti i membri per il 19 al più tardi, unendo ad esse, se gli sarà possibile averle dalle società consorelle, una copia del loro statuto regolamento. Il ritardo pare ingiustificabile, evidentemente il compito era stato del tutto trascurato. C’è però una circostanza ben più inquietante del ritardo, costituita dalla bozza predisposta dalla commissione costituita da Boccalatte, Magni, Lera, Casalis e D’Alberto. Disponiamo dello statuto aggiornato in base ad una circolare CONI del 1931, ricco di riferimenti al regime fascista374. Non abbiamo copia di quello imposto dalla Repubblica Sociale nel marzo 1945, che però, nell’articolo 10, doveva contenere le norme per l’elezione del consiglio; nessuno dei testi disponibili in archivio contiene tali disposizioni all’art.10. C’è invece un testo dattiloscritto e non rilegato che coincide esattamente nell’impianto generale e nella numerazione degli articoli con quello ancora in uso, apportate alcune modifiche; ed è del tutto diverso da quelli preesistenti e da quello del 1931. Dato che contiene l’indicazione della categoria dei soci sostenitori, inventata nel marzo 1945, è successivo a quella data, circostanza confermata dalla mancanza di ogni riferimento all’adesione della Cerea al regime fascista; e differisce per minime cose dall’edizione ufficiale dello statuto approvato nel 1948375. Sembra proprio la bozza dello statuto che, con alcune modifiche, fu approvato dall’assemblea376. La cosa inquietante, per usare un termine davvero riduttivo, è che quella bozza precisa che solo gli uomini sono ammessi a far parte della società, e debbono essere di razza ariana. Purtroppo non c’è che da prendere atto con sollievo del fatto che il riferimento alla razza sparì già prima dell’assemblea visto che non se ne parlò, ma la vicenda non può essere taciuta. Torniamo all’assemblea del 10 aprile 1948 che esaminò il progetto di statuto, in assenza di Derossi. I soci decisero a maggioranza di mantenere il titolo ‘Reale’, come esposto in altra parte. Quindi apportarono alcune modifiche alla bozza, spesso curiose: stabilirono che la qualifica di socio anziano (a tariffa ridotta) spettasse a chi maturava 30 anni di associazione, ridotti a 25 per chi raggiungesse quell’anzianità entro il 1948; un regalo ai soci maturi. Stabilirono 374 Archivio Storico, doc. A.1. 4 375 Archivio Storico, doc. A.1.6 376 Archivio Storico, doc.A.1.5 156 La Cerea 1945-1997 l’età minima per i soci effettivi a 18 anni, dimenticando che il socio Giorgio Ponte aveva un solo anno. Ottennero che il pagamento della quota potesse avvenire anche mensilmente, con evidente aggravio di lavoro per la segreteria e maggior difficoltà nell’ottenere il tempestivo pagamento. Fu modificata la bozza laddove prevedeva che l’ammissione del nuovo socio spettasse all’assemblea. Visto che l’assemblea aveva apportato parecchie modifiche fu deciso di indire una nuova assemblea per l’approvazione definitiva, ma la cosa fu dimenticata e lo Statuto nella sua interezza non fu mai votato. Qualche modifica allo Statuto - mai approvato - fu invece apportata dall’assemblea del 2 dicembre 1951377: mentre precedentemente non c’era limite al numero dei soci, fu inserita una frase che rimetteva al Direttivo la determinazione di tale numero, conseguenza evidente dell’enorme incremento degli anni precedenti che, come sempre avviene, aveva spaventato alcuni soci timorosi di perdere la propria tranquillità. Già nel 1946 Boccalatte aveva osservato che la limitazione del numero dei soci determina il formarsi di quel cameratismo e di quella cordialità che tutti ci invidiano378. Le altre principali modifiche riguardarono il funzionamento della commissione accettazione soci , la nomina di un secondo vicepresidente ed il funzionamento delle assemblee. C’è però un contrasto netto e difficilmente spiegabile tra l’attenzione formale che emerge da alcune minime ed insignificanti modifiche al testo precedente e la disattenzione nei confronti delle norme regolatrici della vita sociale; disattenzione manifestatasi con il ritardo di quasi tre anni nel dotare la Cerea di uno Statuto emendato dalle incrostazioni lasciate dal fascismo, con la dimenticanza della opportunità di votare il nuovo testo e, infine, con la disinvoltura con cui Derossi inserì abusivamente un concetto a lui particolarmente caro. A differenza dell’edizione del 1948 lo statuto del 1951 prevedeva infatti che potessero essere nominate soci onorari anche quelle persone che per particolare posizione sociale possono accrescere il prestigio ed il decoro della Società. Un concetto questo carissimo a Derossi, che proprio alla posizione sociale fece più di un riferimento riportato dai verbali di consiglio. Ma la modifica non fu discussa dall’assemblea nè votata, fu semplicemente inserita nel testo senza che se ne sia mai accennato in sede di assemblea. Altre modifiche intervennero ad opera dell’assemblea del 7 marzo 1954, e furono destinate in parte a sanzionare la morosità dei soci, manifestatasi in forma davvero virulenta, con la possibilità di espulsione prima non prevista. Furono anche precisati i periodi di svolgimento delle assemblee ed il sistema di voto e di elezione alle cariche sociali, con un notevolissimo avvicinamento alle norme attuali. Trascorsero oltre venti anni prima che i soci fossero chiamati a modificare nuovamente le norme statutarie. Già dal 1969 si ipotizzava la creazione di nuove categorie di soci che potessero rinsanguare le esauste forze della Cerea, ipotizzando soci giovani e gruppi aggregati. L’assemblea dell’8 marzo 1975 creò la figura dei soci non effettivi con struttura simile a quella attuale, riservata a coloro che avessero meno di 25 anni e che utilizzassero solo gli impianti sportivi o che solo occasionalmente usassero i servizi della società. Nella stessa occasione 377 Archivio Storico, doc. A.1. 7 378 Ass. 17/2/1946 157 La Cerea 1945-1997 fu elevata al 50% della quota ordinaria quella quota straordinaria da richiedere ai soci in caso di necessità, e fu stabilito che la decisione relativa non competesse più all’assemblea dei soci bensì al direttivo. Il 4 dicembre 1979 le numerosissime categorie dei soci furono ridotte a quelle attuali, benemeriti, effettivi, non effettivi e vogatori e furono indicati i termini per il pagamento della quota annuale. Le proposte di modifica avanzate in seguito furono ritirate o bocciate. Il ritiro della proposta si verificò nell’assemblea del 29 novembre 1990, relativamente alla proposta di variazione necessaria per iscrivere la Cerea alla Federazione Triathlon, attività di cui si parla in altro capitolo; fu Guido Bodo a ritirare la proposta per evitare ai soci l’imbarazzante scelta tra un rifiuto opposto ai soci che praticavano la nuova disciplina o la modifica dello scopo sociale storico della Cerea, il canottaggio, con l’inserimento del nuovo sport. Nel 1994 i soci bocciarono invece le proposte di portare il periodo di durata del consiglio a tre anni e di elevare il numero dei consiglieri. Mentre lo Statuto subì quindi aggiornamenti considerevoli, il regolamento rimase sostanzialmente immutato, comprese le prescrizioni di divisa che oggi appaiono un pezzo di storia, una memoria volutamente mantenuta. Solo l’annosa questione delle barche private portò a modificare le norme regolamentari nella parte dedicata a quel problema; e se nel corso degli anni furono aggiornati i canoni pagati dalle imbarcazioni private per il posteggio, nel 1995 il Direttivo prima e l’Assemblea poi inserirono l’art. 9 bis che giunse a proibire la sostituzione delle barche private, con il duplice scopo di creare posti per le barche sociali e di evitare che il privilegio di possedere un posto barca interno divenisse un diritto vitalizio, a discapito dei soci esclusi da tale privilegio; l’introduzione di quella norma portò proteste violentissime da parte dei proprietari di imbarcazioni private. 158 La Cerea 1945-1997 2 LE SANZIONI Le misure disciplinari prese dai dirigenti della Cerea furono in realtà poche; ma specie nei primi anni tra quelli esaminati si trovano alcuni casi interessanti perché, al di là della specifica vicenda, ci offrono uno spaccato esemplare di quale fosse la quotidiana vita sociale dell’epoca. Le prime vicende cui il Consiglio si dedicò nel 1945 furono quelle relative alle epurazioni: nella riunione del 17 luglio 1945 si prese in esame la situazione del socio Bartolini, decidendo di inviargli una lettera per ottenere chiarimenti in rapporto alla attività politica che avrebbe svolto dall’ 8 settembre 1943; lo stesso Bartolini venne sospeso per un semestre, anche se non c’è traccia della relativa delibera: Casalis legge una breve lettera del socio Bartolini, in sospeso da circa un semestre; poiché l’allontanamento del Bartolini fu dovuto a richiesta del socio Perpès (mal leggibile) si delibera di invitare il socio Perpès stesso a far conoscere il suo pensiero in merito all’eventuale ritorno del Bartolini379 . La Cerea non prese poi alcuna misura di espulsione nei suoi confronti, e quel nominativo risulta ancora in un elenco del 1948, mentre già nel 1946 il Perpès non figurava più tra i soci. Bartolini era socio dal 1928 e ciò, in qualche modo, avrà certamente giocato a suo favore. Contemporaneamente alla posizione del Bartolini il Consiglio aveva valutato la situazione di un altro socio, nei guai non per ragioni politiche ma per fatti più legati all’onestà: Socio Fiore. Si esamina la posizione del socio Fiore, che ha avuto richiami e provvedimenti da parte della Amministrazione Finanziaria da cui dipende agli effetti della sua eventuale espulsione. Si delibera di attendere ancora e di intervenire definitivamente alla prima occasione (mancato pagamento quota, infrazione regolamento sociale, ecc.). Fiore si comportò certo in modo esemplare, perché nel 1948 era ancora socio; forse frequentava poco, visto che abitava ad Asti, e la vicenda non ebbe alcun seguito. La italianissima pratica di insabbiare ed occultare ogni spiacevole vicenda trovò importante applicazione nel Caso Biancotti, così chiamato dal verbale di Consiglio del 23 giugno 1947: si lesse la lettera del socio Biancotti che lamentava di essere stato derubato, mentre stava prendendo una doccia, del portafogli, contenente documento per lui importante, e di un orologio da polso, marca Zenith. I documenti dopo pochi giorni gli vennero restituiti, anonimamente a mezzo posta. Il Presidente dopo lunga discussione coi consiglieri Magni, Casalis, Ponte, D’Alberto, ritiene essere conveniente, per la dignità della Cerea, di non lasciar trapelare il fatto in Società, e si conviene da tutti di scrivere una opportuna lettera al sig. Biancotti, riguardante il fatto e la decisione negativa, quale principio di massima, di non rimborsare il danno denunciato da questo Socio. Il Presidente avoca a sé la redazione della lettera al Biancotti, e personalmente si dichiara disposto a donare al Biancotti un orologio da polso, di buona marca, onde surrogare quello derubato. 379 Cons. 2/12/1945 159 La Cerea 1945-1997 L’attenzione dei consiglieri era anche protesa al rispetto rigoroso dei regolamenti, anche quando si trattava di fatti ben meno gravi del furto: Il sig. Abelly si fa portavoce di diverse lagnanze a carico del Socio Maggiore Cordara. Egli denuncia alcune manchevolezze commesse da tale nominativo, e cioè: Abuso della doccia sociale fatto dal figliuolo del Cordara, che quotidianamente accompagna in tandem il padre, va nello spogliatoio dei soci, si cambia d’abiti, va in barca col padre che lo lascia anche vogare, giunto in sede, prende la sua doccia ecc. Abuso dell’uso delle imbarcazioni sociali da parte del Cordara, il quale porta spesso dei familiari, o degli invitati maschi e femmine, usando qualche volta due imbarcazioni contemporaneamente, lasciando vogare su una di esse, ed in borghese l’invitato, con persona estranea alla società, mentre egli voga sull’altra barca. Il segretario viene incaricato di scrivere al socio Cordara, contestandogli le sue manchevolezze contrarie allo spirito ed alla lettera dei corrispondenti articoli statutari380. Si trattava di un vero capo di imputazione dettagliato, in cui non venivano solo indicate le mancanze, ma esse venivano frazionate in tante, autonome, violazioni; il figlio del Cordara non solo usciva in barca sociale, ma pure remava; non solo andava nello spogliatoio, ma si cambiava, e prendeva anche la doccia. I suoi ospiti non solo prendevano la barca, ma per di più remavano, ed ulteriore capo d’accusa, remavano in borghese. Anche la recente motorizzazione spingeva i soci a violare le regole: Borghero lamenta lo scarso senso di disciplina che è subentrato nell’ambiente sociale che assume un carattere disordinato e poco piacevole sia per i soci che per gli eventuali invitati: infatti parecchi soci sostano in società con i soli sleep (sic) e poi ancora indecenti; altri soci proprietari di automobili, scooter che lavano tali veicoli sul terrazzo usufruendo illogicamente gli impianti sociali e trasformando il terrazzo in una autorimessa. Qualche moglie invitata di soci si sofferma nei locali sociali in costume da bagno o vestiti troppo succinti381. Certo che l’immagine che ne traiamo non è davvero esemplare; già l’idea di lavare l’auto sulla terrazza stupisce; ma che nel 1950 signore in costume si aggirassero per i locali sociali tra soci in mutande proprio stupisce viste le caratteristiche un po’ bacchettone della Cerea d’allora. Gariel e Corne testimoniano che, allora, dovevano caricare le ragazze in barca all’esterno della società; le donne non potevano entrare alla Cerea. Molto gustoso è anche il quadretto fornitoci dal verbale del 1 agosto 1952, ove accusatore è D’Alberto, rigido cultore di costumi morigerati e del rispetto delle regole. Il Consiglio era riunito in seduta congiunta con la Commissione Accettazione Soci per decidere sul caso del socio Falcione Ernesto; relatore era il comm. Girardi: nel pomeriggio di un giorno festivo dello scorso mese di luglio il Falcione introduceva nei locali sociali un individuo, qualificandolo per suo parente, e lo portava quindi in barca. Alla sera tardi, verso le 21, ritornavano dalla gita, scendendo dalla barca in condizioni ripugnanti, in quanto entrambi ubriachi e, mentre il socio si recava negli spogliatoi, l’altra persona si tratteneva in attesa, sedendo sulle panchine a fianco alle porte d’entrata nel salone (in quanto il tempo era piovoso) facendo gesti scomposti e rivolgendo frasi sconnesse ad alcuni soci che stavano cenando nell’interno del salone. Il dott. D’Alberto, che era presente, 380 Cons. 7/12/1947 381 Cons. 12/7/1950 160 La Cerea 1945-1997 non potendo oltre sopportare così sconveniente spettacolo, domandò a quell’individuo chi fosse e poi lo invitò a lasciare la società; al che quel tale cominciò a inveire e urlare, profferendo ingiurie e minacce verso D’Alberto, finché il Falcione, scendendo dagli spogliatoi, non lo trascinò via a viva forza. Al fatto hanno pure assistito i soci prof.Ponte e Girardi Mario. La domenica successiva i medesimi due individui ritornavano in società, chiedendo di parlare col dott. D’Alberto, perché volevano soddisfazione per l’accaduto. Per la cronaca, al Falcione fu inviata una lettera con richiesta di presentare il suo rammarico e le sue scuse. Era molto deciso il comportamento della società anche nei confronti dei soci morosi, sempre molto numerosi. Non solo il Consiglio decideva spesso di inviare loro raccomandate, ma si ricorreva ad esattori, come accadde allorché Derossi offrì la cooperazione del suo esattore per esigere dai soci ritardatari o negligenti le quote sociali scadute382 ; si arrivava anche ad azioni legali, mentre per altro verso si tollerava che la morosità si protraesse per più anni: Il 7 settembre 1951 il Vice Presidente Borghero espone la situazione finanziaria che risulta assai soddisfacente, ma che potrebbe ancor migliorare se si potessero incassare le quote sociali degli anni 1949 e 1950. A questo scopo sarebbe necessaria un’azione legale verso detti soci morosi. Viene deliberato di passare i nominativi dei soci morosi all’avv. Caldi Scalcini affinché svolga azione legale per il recupero delle quote arretrate. Strano il fatto che la durezza dell’azione legale si accompagni alla tolleranza per oltre due anni di una morosità condivisa da numerosi soci; e simile decisione fu assunta anche nel 1953383. In generale la Cerea tollerava ritardi di pagamento davvero notevoli, come accadde per il socio Enzo Fiore, quello stesso che doveva essere cacciato alla prima occasione, che venne dichiarato decaduto da socio nel 1963 per essere moroso nel pagamento della caratura del 1961, e nelle quote del 1962 e 63. Si concluse invece positivamente una banale vicenda che vide coinvolti Paolo Gariel e Foglino: Il Consiglio approva di considerare chiuso, per amnistia, la questione sorta a fine giugno con il prelievo di un cavalletto da parte dei soci Gariel P. e Foglino D. A parte la stranezza derivante dall’aver essi prelevato un solo cavalletto, di difficile uso, resta la peculiarità del termine “amnistia” usato dai Giudici del Consiglio. Passano molti anni prima che si trovi a verbale traccia di qualche nuova sanzione; il 19 maggio 1978 si decide l’espulsione del socio vogatore Bongini, accertato ormai che è l’autore dei ripetuti furti avvenuti in società. Poco dopo emerse una nuova questione disciplinare, relativa al danneggiamento da parte di Bouquié di un singolo Salani della società; il Consiglio si riunì il 28 giugno 1978 assente lo stesso consigliere Bouquié: visto il comportamento di Bouquié per quanto concerne l’utilizzo dello skiff Salani, si decide di inviare una lettera di richiamo con la richiesta di risarcimento dei danni, o meglio, del ripristino di detta imbarcazione presso la società. Cosa abbia fatto Pippo non sappiamo, salvo che un Salani fu la vittima del colpevole comportamento. La vicenda si trascinò a lungo, lasciando tracce abbondanti nei verbali, con la comunicazione delle sue dimissioni dal Consiglio unita alla 382 Cons. 23/6/1947 383 Cons. 30/10/1953 161 La Cerea 1945-1997 decisione di esonerarlo dall’impegno di riparazione delle imbarcazioni384, fino all’incarico a Pantaleoni di recuperare il danaro in merito al noto rimborso dovuto da Bouquié per lo skiff a suo tempo danneggiato385, alla richiesta di Beppe Oddone di esaminare la questione relativa al ricupero, da parte della società, di un singolo di cui, ormai da tempo, il socio Bouquié deve rispondere (avendolo danneggiato, dopo averlo prelevato senza il consenso della Direzione di Canottaggio) e che, attualmente, si trova presso la sede del Sisport Fiat. Al proposito, si è deciso che per il rientro in possesso dell’imbarcazione, saranno presi contatti tra la direzione della S.C.Cerea e la Direzione Sisport Fiat, mentre nei confronti del comportamento del socio Bouquié dovranno pronunciarsi il Consiglio Direttivo e la Commissione Accettazione Soci in seduta congiunta386. Qualche giorno dopo si riunirono congiuntamente Direttivo e Commissione Soci, in data imprecisata: Si decide di: richiedere un indennizzo per il tempo in cui l’imbarcazione utilizzata impropriamente e danneggiata è stata al di fuori della società; ritornare in possesso, subito, della imbarcazione riparata; inviare a Bouquié una lettera di sospensione per un mese dalla società. Quanto sopra in conformità con le decisioni dell’Assemblea dei soci. Tra le carte sociali c’è copia della lettera di richiesta dei danni che fu inviata a Bouquié387, molto dura: Dopo attento esame stimiamo che il deprezzamento dell’imbarcazione dovuto all’incidente sia del 25%. L’imbarcazione non ha potuto essere usata dalla società per 10 mesi. Alla luce di quanto sopra esposto Le proponiamo due alternative: 1) Consegna sollecita di un singolo nuovo (20% del valore rimborsato dalla società, da cui vanno detratte lire 150.000 per mancato uso). 2) Pagamento immediato di Lire 390.000 così formate: Svalutazione dovuta a incidente 960.000 X 25% = 240.000; Mancato uso dell’imbarcazione Lire 150.000, totale L. 390.000. Due anni dopo, nel 1980, i fulmini della Cerea colpirono l’atleta Enrico Gho, attuale allenatore degli Amici del Fiume. Nei verbali non c’è traccia della vicenda forse perché, indipendentemente dalle norme previste dallo Statuto, gli atleti non sono mai stati trattati come soci; c’è però una lettera conservata in archivio388, priva di data, inviata a Gho, alla Federazione, al Comitato Piemontese ed a tutte le società rivierasche per comunicare la sua immediata radiazione dalla società. Si trattava di un provvedimento molto grave, e la stessa lettera lo riconosceva, perché il socio radiato non può più iscriversi a nessun sodalizio riconosciuto dalla Federazione. La lettera di radiazione indica le colpe di cui si macchiò l’atleta Gho in occasione di una regata Nazionale a Gavirate coincidente con un raduno Pesi Leggeri: 1) Rifiuto di partecipare ai programmi federali inerenti i pesi leggeri; 2) Fuga ingiustificata dall’albergo dove alloggiava la nostra squadra e sua scomparsa senza dare notizie; 3) Conseguente mancata partecipazione alla gara doppio Pesi Leggeri e conseguente mancata disponibilità nei confronti della squadra nazionale Pesi Leggeri. 384 Cons. 31/8/1978 385 Cons. 17/1/1979 386 Ass. 24/4/1979 387 In Doc.C.9 388 In Doc.C.9 162 La Cerea 1945-1997 La mancanza dell’atleta fu grave, ma la durezza del provvedimento di radiazione lascia supporre che i rapporti tra Gho e Cerea fossero già molto tesi. Gho rispose il 10/7/1980389 addebitando allo stress la sua decisione di ritornare a casa e la Federazione addolcì la sanzione comunicando alla Cerea di aver sospeso l’atleta da ogni attività federale per la durata di un anno390. Un’assenza ingiustificata, forse un’insubordinazione, che costò cara all’atleta; quella sanzione permette di capire perché Gho abbia recentemente invitato un suo forte atleta che intendeva trasferirsi alla Cerea a spostarsi ovunque, meno che presso la nostra società. Certe punizioni non si dimenticano Nel 1990 fu allontanato un vogatore sorpreso, dai suoi stessi compagni, a frugare negli armadietti, ma non se ne ebbe notizia ufficiale, anche perché furono Guglierminotti, Catapane ed altri vogatori di quegli anni a cacciarlo a pedate intimandogli di non ritornare, il Consiglio non ebbe neppure modo di intervenire. L’ ultima sanzione riportata dai verbali riguarda ancora un atleta; nel 1991 c’erano in società due juniores molto promettenti per le loro qualità fisiche, Rolfo e Volterrani. Specialmente il primo sembrava intenzionato a trascorrere un anno presso il College di Piediluco, ove fu ammesso insieme a Volterrani391. Se quest’ultimo subito ci ripensò, Rolfo confermò invece la sua intenzione e furono presi accordi con la Federazione e con la sua famiglia; ma improvvisamente sparì, non rispose ad una lettera del Consiglio e non si fece mai più vedere; Baima pretese ed ottenne il suo esonero dalla Società, con comunicazione a tutte le società torinesi392. Sanzione esemplare ma scarsamente efficace, visto che Rolfo scomparve dal Po. Anche in quel caso le regole statutarie restarono però inapplicate, perché se la radiazione fu decisa dal Consiglio non fu presente la Commissione Accettazione Soci, che secondo la norma di Statuto dovrebbe provvedere alla sanzione insieme al Direttivo. 389 In Doc.C.9 390 In Doc.C.9 391 Cons. 27/6/1991 392 Cons. 9/10/1991 163 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO X CARTE , BOCCE E BOCCETTE 1 LE CARTE Per almeno 30 anni i giochi di carte e le bocce ebbero una importanza centrale nella vita della Società. Nei verbali di parecchi anni sono più numerosi i riferimenti a questi giochi che non le citazioni di fatti riguardanti il canottaggio. La loro importanza derivava anche dal fatto che carte, bocce e boccette costituivano una delle fonti di finanziamento della Cerea, perché alla modestia della quota si associavano particolari tariffe legate allo svolgimento di tali attività. All’origine di queste tariffe ci fu sicuramente la volontà di porre i costi associativi a carico di chi usava maggiormente la Cerea, e chi giocava a carte sfruttava più di altri i locali ed il prezioso riscaldamento. Non dimentichiamo che la Cerea di allora disponeva di una sala da gioco, posta nell’attuale sala da pranzo della quale occupava all’incirca i due terzi. I verbali meritano quindi un esame particolare. Stranamente le citazioni dei giochi di carte risalgono tutte al periodo 1945 - 1949, numerose e precise ma limitate in quello stretto ambito temporale. Oggetto dell’attenzione era sempre il grillo, ovvero il contributo a favore della società, oppure le norme per ottenere il rispetto di tale obbligo di versamento; la cosa più probabile è che in seguito sia stata abbandonata l’esazione del grillo, forse per la difficoltà di esigerne il pagamento. Abolito il grillo non c’era più motivo di parlare delle carte. I giochi di carte più praticati alla Cerea erano Marianna e Crapette; il primo è una specie di briscola, ancora giocato dai soci maturi, il secondo può essere definito un solitario da giocare in due, ove gli scarti possono essere dati all’avversario. Secondo le testimonianze di coloro che sono soci da molti anni, ogni tardo pomeriggio la società era gremita di persone che attendevano l’ora di cena giocando a carte. Le partite a Crapette di Derossi richiedevano silenzio e concentrazione. Ogni partita a carte imponeva il versamento di una certa somma al “grillo”, destinato alle casse sociali. Cosa fosse il grillo non era ben chiaro al socio ing. Guyot, che durante l’assemblea del 22 febbraio 1947, chiese se le oblazioni fatte dai soci sull’uso delle carte e dei tarocchi e gli utili sulle cene, sui trattenimenti ecc. vanno a fondo sociale. Gli viene risposto dal Presidente che spiega il significato dei termini: grillo, cagnotte, ecc. e afferma che tutte queste entrate vanno a fondo sociale. E’ 164 La Cerea 1945-1997 una bellissima immagine quella del Presidente che spiega i significati dei diversi termini ai soci, ed è indicativa dell’importanza dei giochi di carte nella Cerea del dopoguerra. Non sempre i soci si comportavano correttamente, si verificava una certa evasione all’obbligo di versamento da parte dei giocatori. Ce ne fornisce precisa notizia il segretario nella riunione di Consiglio del 7 dicembre 1947: Giuochi di sala. Il segretario annuncia che è invalsa, da qualche tempo, la cattiva abitudine, da parte di alcuni soci, di eludere il pagamento del cosiddetto grillo per l’uso delle carte da giuoco, l’importo del quale non serve che a bilanciare in parte le spese del maggior consumo di luce e del riscaldamento invernale. Stigmatizzata tale condotta viene deciso che il custode deve tener chiuso il mobiletto contenente le carte da giuoco e gli altri giuochi di sala, consegnandoli solo quando ne è richiesto, e presentando ai giuocatori sistemati per il giuoco, il tagliandino numerato per la riscossione, da ognuno, del cosiddetto grillo. A giuoco terminato il custode dovrà ritirare le carte o gli altri giuochi di sala richiudendoli ben ordinati, nell’apposito mobiletto, senza lasciarne le relative chiavi in luogo accessibile e conosciuto dai soci. Allorché i giuocatori reclamano un mazzo di carte nuove, il custode potrà concederlo, fino ad estinzione dell’esistenza, al prezzo di lire 250 per mazzo, con pagamento alla consegna. Le carte nuove concesse rimarranno tuttavia di proprietà sociale, essendo il valore di cessione, sensibilmente inferiore a quello commerciale393. Questa precisa verbalizzazione ci consente intanto di saper che in società si usavano anche altri giochi, certamente scacchi e dama, oltre a possibili altri; ma ci illumina sulla giustificazione che del grillo si dava, con quel contributo al maggior consumo di luce e di legna. Lascia invece un po’ perplessi la burocrazia connessa alla partita a carte, gravante specialmente sul povero custode. E che si può pensare di soci così disonesti da obbligare il custode a nascondere le chiavi in luogo segreto ed inaccessibile? Queste rigide regole dimostrano quanto l’incasso del grillo fosse cospicuo, altrimenti non sarebbe stata imbastita una normativa così macchinosa ed anche poco gradevole. Poco più tardi, nel 1949, ci vengono comunicati anche gli importi di grillo praticati alla Cerea: Viene ripristinato il grillo sul gioco delle carte a L. 10 pro capite nei giorni feriali e di L. 20 al sabato e alla domenica pomeriggio394. Può essere interessante ricordare che la quota sociale per il 1949, comprensiva dell’armadietto, era di 10.000 lire, la partita feriale quindi costava ad ogni giocatore un millesimo del costo annuo d’iscrizione. Il libro cassa degli anni 1950 e 1951395 ci permette di sapere quali furono gli incassi del grillo: complessivamente entrarono nella cassa sociale 10.620 lire nel 1950; era un importo di poco inferiore ad una quota ordinaria (12.000) e quindi non molto significativo, da cui bisognerebbe detrarre il costo dei mazzi di carte, 600 lire l’uno. Ma proprio nel 1950 si rinunciò, a quanto pare, ad esigere quel grillo: mentre l’incasso di gennaio fu di 3.320 lire, a marzo scese a 2.250, giugno rese solo 600 lire, 400 luglio ed in seguito nulla fu più incassato; la voce “grillo 393 Un mazzo di carte costava, nel 1950, 600 lire. 394 Cons. 30/3/1949 395 Doc. A 27 165 La Cerea 1945-1997 carte” scomparve dagli incassi anche nel primo semestre del 1951 per figurare di nuovo da luglio in poi. Il registro è estremamente preciso nella descrizione di qualunque spesa o incasso; alla vendita di una maglia sociale si aggiunge sempre il nome dell’acquirente, sicché non si può pensare ad una dimenticanza nel registrare gli incassi. E’ probabile che per un certo periodo si sia rinunciato ad esigere il grillo, come in seguito avvenne in via definitiva, anche per la difficoltà di far rispettare l’obbligo. 2 LE BOCCE Le bocce erano considerate una vera e propria attività sportiva: nell’assemblea del 17 febbraio 1946 il Presidente inizia la relazione sulla parte sportiva con queste parole: Il Presidente comunica che il socio sig. Borghero ha messo a disposizione della Società un artistico trofeo da destinarsi a una gara tra i soci della Cerea e dell’Eridano. Viene deliberato di dare incarico all’avv. Jacazio ed al sig. Cossolo dell’Eridano di redigere il regolamento per la gara. Il regolamento richiese parecchio tempo per la preparazione, perché solo nell’autunno risulta da un verbale che avendo il socio Jacazio compilato il regolamento per la gara “Trofeo Borghero” si dà incarico ai soci Bobba e Jacazio di organizzare la gara (Bobba, ma non Giovanni!)396 E’ quindi molto probabile che qualche bel trofeo esposto nella nostra sede non sia legato al canottaggio ma alle bocce che, all’epoca, avevano pari dignità. Anche per le bocce venivano fatte gare di selezione, come risulta già nel 1945 con l’approvazione della nostra partecipazione alla gara Juventus Cerea, previa selezione interna per individuare le due terne che disputeranno la gara397. Dal verbale di consiglio del 17 luglio 1945 apprendiamo invece come fosse terminato il ripristino post bellico dei campi bocce con l’installazione di impianto di illuminazione notturna, e che il gioco bocce era aperto anche nelle serate di martedì, giovedì, sabato e domenica . Mancava però una recinzione, e talvolta le bocce rotolavano pericolosamente nella discesa al fiume; Vi si pose rimedio nel 1953: installare una rete metallica nel gioco delle bocce, lungo il lato che costeggia il fiume, per impedire che le bocce possano cadere nel Po398. Dopo oltre 10 anni di uso i campi erano in condizioni mediocri, e nel 1958 il prof.Ponte propone un immediato miglioramento dei campi da bocce, con la sistemazione delle sponde in calcestruzzo ed assi, oltre alla sistemazione di una siepe lungo tutto il confine della Societ à399. Il Consiglio approvò, ma nel limite di 100.000 lire; anzi, risulta che fu il Presidente Derossi, su richiesta del comm. 396 Cons. 27/10/1946 397 Cons. 4/7/1945 398 Cons. 8/5/1953 399 Cons. 24/2/1958 166 La Cerea 1945-1997 Girardi, ad autorizzare la spesa con quel limite400. Risale invece al 16 marzo 1962 la decisione del Consiglio di migliorare il sistema di illuminazione allora insufficiente. Gli anni ‘60 furono il periodo in cui alla Cerea le bocce ebbero il più forte sviluppo, parallelamente alla crisi del canottaggio. Il socio Giuseppe Savio era l’esponente di questa lobby boccistica, il suo nome compare sempre associato alle bocce, e solo quando si parla di questo gioco. La sua prima comparsa nei verbali è associata alla decisione di versare lire 10.000, quale quota associativa alla bocciofila Eridanea (per invito del socio Savio Giuseppe)401. Il gruppo bocciofilo Eridaneo, da non confondere con il circolo Eridano antistante la Cerea, anch’esso forte nelle bocce, fu costituito il 30 gennaio 1962 dai Presidenti di Cerea, Caprera, Armida, Valsalice, Tesorina, Crimea, Esperia, società di canottaggio e bocciofile insieme. Il numero unico stampato dal gruppo Eridaneo402 ci permette di comprendere origine e fine di quell’associazione; l’organizzazione delle gare era precedentemente affidata ad un gruppo chiamato “Amicitia” , ma le troppo numerose adesioni a tale gruppo costringevano i nostri bocciofili a levate antelucane per l’eccessivo numero di iscritti alle competizioni organizzate. Proprio l’eccessivo affollamento delle gare spinse alcune società a fondare un nuovo gruppo con funzione di organizzare tornei divertenti ma gestibili senza troppo sforzo. A giudicare dai risultati delle gare del 1962 pubblicati su quel giornale la Cerea, almeno in quell’anno, era piuttosto opaca anche nelle bocce. Su 17 gare disputate dal gruppo Eridaneo la nostra società partecipò solo a due gare, conquistando le prime quattro posizioni nella Coppa Cerea, vinta dalla coppia Ponte - Camera, mentre nella seconda gara disputata Contano e Savio arrivarono ultimi. Proprio Savio, divenuto consigliere, cercò di favorire l’ingresso in società di giocatori di bocce: Savio parla della possibilità di nuovi soci che soltanto alle bocce intendono dedicarsi e ritiene che si dovrebbe rivedere lo Statuto sociale per creare quella categoria che, a quota ridotta, potrebbe entrare in società ed in un secondo tempo, trasformarsi in soci ordinari effettivi403.Il consiglio valutò favorevolmente la proposta, ma nessuna modifica di Statuto fu proposta all’Assemblea. L’impegno agonistico di Savio trova conferma documentale dal verbale di Consiglio dell’11 settembre 1964, dal quale risulta l’assenza dei consiglieri Girardi e Savio, impegnati in una gara bocciofila. Fu sempre su iniziativa di Savio che il Consiglio stabilì le date del 18 oppure 25 ottobre 1964 per la disputa dell’ annuale trofeo Borghero, unitamente alle gare sociali di bocce404. 400 Cons. 22/3/1958 401 Cons. 27/3/1964 402 Archivio Storico, doc A 14. Il fascicolo fu stampato nell’ambito dei festeggiamenti per il Centenario Cerea, e reca in copertina la riproduzione del quadro di Cosola. Già il fatto che la Cerea abbia stampato per il Centenario un numero unico di rivista dimostra l’importanza che le bocce rivestivano allora nella vita sociale. 403 Cons. 22/5/1964 404 Cons. 16/9/1964 167 La Cerea 1945-1997 La centralità del gioco delle bocce risulta anche dal fatto che il Consiglio del 29 dicembre 1964 abbia attentamente verbalizzato i risultati delle varie gare: Campionati sociali di bocce 18/10 vincitori Bonetto- Mortigliengo Coppa Eridano id. 25/10 id. Fungo- Parsoni Campionati sociali boccette 22/11 id. Bobba- Bonetto Coppa Eridano id. 29/11 3° posto Contano- Savio G. Notate, quasi ogni domenica c’era una gara di bocce o boccette, segno di intensa attività; negli stessi anni invece il canottaggio non trova spazi nei verbali. La diffusione del gioco delle bocce tra i membri delle società di canottaggio aveva anche dato origine a qualche norma particolare, perché in un verbale si legge che la gara bocciofila tra la Cerea e l’Eridano si svolgerà domenica 11 luglio sui campi di quest’ultimo ( 4 coppie + 4, alla canottiera)405. Quindi c’era un tipo di gioco alla canottiera, con regole particolari; naturalmente non sappiamo quali fossero. La Cerea organizzava anche gare non limitate agli incontri con l’Eridano, società a lei molto legata. Nell’ambito di quel gruppo Eridaneo di cui già abbiamo parlato competeva alla Cerea anche l’organizzazione di gare importanti: BOCCE: il 18/9/66 si svolgerà sui nostri campi una gara alle bocce nell’ambito del “Gruppo Eridaneo” oltre alla Coppa verranno offerte n. 16 medaglie d’oro406. Diamo pure per scontato il fatto che l’oro non fosse tale vermeil, ma 16 medaglie presuppongono altrettanti vincitori; si trattava allora di gare di più specialità e con molti partecipanti. Nella stessa riunione di Consiglio fu anche stabilito che il 2 ottobre si svolgesse la festa sociale di chiusura; si svolgerà il pranzo e la gara alle bocce per la quale vengono stabilite 5 medaglie d’oro. Le bocce costituivano quindi la sola attività praticata, anche in occasione della festa sociale. Non stupisce quindi il fatto che uno dei più importanti bocciofili, il socio Contano, sia intervenuto all’assemblea del 12 marzo 1967 per proporre tra l’altro di aumentare il contributo del Bilancio dei bocciofili. Il Presidente ha assicurato che questo contributo sarà dato, ma subordinatamente ai risultati ottenuti dai bocciofili. Tuttavia ha promesso uno speciale contributo da parte della Microtecnica di cui è Presidente. C’era evidente concorrenza tra il canottaggio, che costava molto nonostante non desse risultati, e le bocce che garantivano la sola attività in società. Ed anche se non c’era certamente un bilancio riservato alle bocce, ma solo un budget, ciò alimentava la rivalità interna tra i due gruppi. E’ anche curiosa la facilità con la quale la Microtecnica poteva essere chiamata a finanziare le più disparate attività, segno di ben diverse politiche fiscali rispetto a quelle attuali. Le richieste di Contano non ebbero soddisfazione; pochi mesi dopo il Consiglio decise, per le spese delle bocce, che le spese stesse siano a carico dei giocatori407. Cosa che sicuramente non fece piacere ai bocciofili che votarono un loro uomo, Clemente Santi, al momento del rinnovo del Consiglio; a Santi fu affidato l’incarico del materiale e delle bocce, prima inesistente408, ed alla riunione 405 Cons. 5/7/1965 406 Cons. 5/9/1966 407 Cons. 9/10/1967 408 Cons. 30/12/1969 168 La Cerea 1945-1997 del direttivo del 19 marzo 1970 egli propose la costituzione di un GRUPPO AMATORI BOCCE con quota annua di lire 12.000 con diritti associativi. La quota ordinaria era ben più alta, ed era un segno di disapprovazione il silenzio che accolse la proposta, che non fu neppure discussa. Il consigliere Santi infatti diede le dimissioni dal Consiglio nella successiva seduta409. I soci Savio, Santi e Bonetto, prima generalmente presenti alle assemblee, dal 1971 non vi presenziarono più, quasi certamente lasciarono la Cerea insieme agli altri bocciofili. Gli effetti di quella spaccatura lasciano una traccia indiretta anche nei verbali, perché da allora sono molto più rari i riferimenti alle bocce, segno di un diminuito interesse; e non è forse casuale il fatto che, proprio in quegli anni, riprenda vita il canottaggio Cerea grazie all’attività dei veterani. Anche i campi da bocce furono trascurati, tanto che il socio Firato nel 1972 chiese all’assemblea una revisione del campo da bocce410. Solo quattro anni dopo, nel Consiglio del 10 maggio 1976, si parlò di nuovo di bocce: Il Presidente comunica di aver ricevuto dalla Società Le Pleiadi un invito alla Soc. Cerea a partecipare ad un incontro di bocce a cui saranno pure invitate Armida e Caprera; ma poiché tale club non è iscritto al gruppo Eridaneo tale incontro non sarà possibile effettuarlo finché Le Pleiadi non regolarizzeranno la loro posizione ; inoltre resta da fissare la data dell’ormai abituale partita alle bocce con il Circolo degli Artisti e viene proposto il periodo dal 20/6 al 25/7. Quanto letto ci permette di accertare che la Cerea era ancora iscritta al Gruppo Eridaneo ed intendeva rispettarne rigidamente le regole, compresa quella di non incontrare società non associate; le bocce continuavano a vivere, ma praticate dai soci Cerea e non da bocciofili slegati dalla tradizione sociale. E’ anche importante notare che l’ Eridano, tante volte citato, era ormai parte integrante del Circolo degli Artisti, che lo aveva sostituito anche nel nome. Sorte che la Cerea evitò quasi per caso. La tradizione boccistica della Cerea terminò con il 1980, prima di tutto perché si era persa la consuetudine di giocare; i soci solo raramente disputavano una partita ed il mancato uso aveva favorito il degrado dei campi, tanto che l’impianto di illuminazione era guasto, forse da anni. Ma con il 1980 l’uso del campo bocce terminò anche ufficialmente, se così si può dire. In occasione del rinnovo della concessione il Comune, e specialmente il Consiglio di Quartiere, aveva preteso dalla Cerea alcune concessioni di tipo “sociale”, nel senso di una disponibilità ed apertura alle esigenze di uso pubblico; il 4 febbraio 1980 il Presidente Dainotti siglò con il Presidente del Quartiere Delmastro un accordo centrato sulla disponibilità della Cerea ad accogliere ragazzi della zona da avviare al canottaggio. Ma benché in tale accordo non si parlasse affatto del gioco da bocce, per poco comprensibili vicende si giunse al sacrificio del campo da bocce. La prima notizia documentale dell’uso dei nostri campi da parte di un gruppo di pensionati del quartiere consiste in una lettera del Presidente a Delmastro, datata 11 dicembre 1980: Effettivamente abbiamo rilevato che alcuni anziani del quartiere hanno cominciato a frequentare il nostro gioco di bocce. La loro presenza è per noi tanto più gradita in quanto non 409 Cons. 11/6/1970 410 Ass. 18/3/1972 169 La Cerea 1945-1997 espressamente prevista tra gli impegni assunti all’atto del rinnovo della convenzione. Benché la concessione fosse già stata rinnovata, forse ragioni di opportunità consigliarono di cedere alla richiesta del Comune, piuttosto brutale visto che i pensionati frequentavano il campo già da qualche mese in assenza di qualsiasi accordo, almeno con il vertice della Cerea. Il Consiglio discusse così nella riunione del 28 gennaio 1981 la lettera della Città di Torino relativa all’ingresso nella Società di un gruppo di pensionati del quartiere che richiedono l’utilizzo del campo da bocce, del bar e dei servizi. Dal Consiglio viene concordata la lettera di risposta tendente a limitare l’utilizzo da parte del gruppo dei pensionati al solo campo da bocce. Tale indirizzo trovò ufficiale consacrazione nella riunione di Consiglio tenutasi nello stesso giorno, il 28 gennaio 1981, peculiare per la presenza di Del Mastro, Presidente del Quartiere ma estraneo alla Cerea, e dei soli Vice Presidenti Ventavoli e Soave con il segretario Ruggeri per la società: In presenza del dr. Del Mastro vengono concordate le condizioni per l’utilizzo della Società da parte del gruppo dei pensionati del quartiere. Detto utilizzo sarà limitato al solo gioco da bocce ed avranno ingresso in Società solamente le persone indicate nell’apposito elenco; i componenti di detto gruppo si sono impegnati a versare un contributo che dovrebbe ammontare a un totale di L. 350.000 circa. Per quanto riguarda l’espansione dell’attività agonistica il dr. Del Mastro si impegna ad interessarsi per l’erogazione di un contributo di L. 700.000 circa da parte del Comune e consiglia inoltre una più precisa programmazione dei lavori per la manutenzione straordinaria. I pensionati non versarono mai il contributo, così come il Comune non versò nulla per l’agonismo. La provvidenziale decisione del Direttivo di opporsi all’uso di bar e servizi da parte dei pensionati limitò così all’area del campo bocce la parte di società che venne sostanzialmente sottratta all’uso sociale fino al 1987. I soci smisero completamente di giocare alle bocce, anche perché tutti i giorni numerosi pensionati, con le loro mogli, occupavano quella zona ove avevano anche posto un lungo tavolo, numerose vecchie sedie, e perfino costruito una latrina di cartone e legno nell’angolo al termine del terreno. Neppure l’elenco nominativo dei frequentatori comparve mai, tanto che a seguito di una lettera di sollecitazione di Paolo Gariel il Consiglio Direttivo propose per un migliore uso del campo delle bocce, di conoscere quanti sono gli abituali giocatori ed eventualmente di avere un elenco di nomi limitato. Si chiede anche che il campo sia lasciato libero per i soci della Cerea al sabato ed alla domenica. A tale scopo vengono delegati il consigliere Sandro Giampiccolo ed il socio Riccardo Vitale a prendere un preliminare contatto con i cosiddetti capibocciofili411. Ma i pensionati, proprio al sabato ed alla domenica, portavano alla Cerea anche le mogli e non rinunciarono davvero a quei giorni. Non miglior sorte ebbero tentativi simili compiuti in seguito 412 ; nel corso di un incontro Del Mastro promise di provvedere, finalmente, a comunicare i nomi dei pensionati autorizzati ad entrare alla Cerea, ma anche quell’assicurazione rimase senza esito. La situazione fu facilmente risolta nel 1987 grazie al mutato assetto politico, che con il venir meno delle giunte di sinistra non garantiva più copertura a quei 411 Cons. 7/4/1983 412 Cons. 7/7/1983, Cons. 8/10/1983, Cons. 3/11/1983, Cons. 8/3/1984, Cons. 5/4/1984, Cons. 4/5/1984 170 La Cerea 1945-1997 pensionati, e ad un po’ di brutale decisione; per motivi igienici, peraltro fondati, fu distrutta la latrina ed una rete da pallavolo tesa sui campi da bocce consentì di danneggiare il terreno. I pensionati scomparvero. Era ormai persa anche la memoria sociale delle bocce, e per di più i campi erano ormai impraticabili, a chiudere per sempre una lunga storia. 171 La Cerea 1945-1997 3 LE BOCCETTE Nella relazione che il Vice Presidente comunicò ai soci presenti all’assemblea del 22 febbraio 1947 leggiamo: L’impianto nella saletta da giuoco di un moderno bigliardo per il giuoco delle boccette ha incontrato il generale favore dei soci, e per quanto il suo costo sia piuttosto sensibile (circa l. 170.000), tuttavia il suo rendimento (l. 60 all’ora) controllato da apposito tassametro, e già dimostrato nel corrente mese, è abbastanza apprezzabile. E’ interessante notare che Casalis ne propose il pagamento a mezzo di carature volontarie, rimborsabili annualmente mediante sorteggio, ipotizzando un uso per 700 ore annue, pari a 42.000 lire. Visto che a febbraio il tassametro funzionava già da un mese l’installazione del biliardo risale ai primi giorni di gennaio del 1947. Val la pena di leggere il verbale di Consiglio del 2 febbraio 1947 per godere il sincero entusiasmo che ne traspare: L’installazione nella saletta da giuoco di un perfetto e bellissimo biliardo per il giuoco delle boccette ha suscitato nei soci una lieta e sincera sorpresa, dovuta all’iniziativa del Vice Presidente Casalis, il quale ha trattato la combinazione della fornitura colla ditta Bertello. Coll’uso di tale biliardo vengono aumentati i proventi del cosiddetto grillo fissato in lire 60 all’ora. Tale entrata, che viene incassata col grillo per il giuoco delle carte e dei tarocchi, va a beneficio parziale del biliardo sociale. Per il pagamento, rateale, del biliardo (il cui costo è di L. 170.000) il comm. Casalis propone l’emissione di carature tra i soci. Il già citato libro cassa precisa le somme effettivamente incassate, molto più modeste di quelle ipotizzate da Casalis: 14.015 lire nel 1950 e 12.275 lire nel 1951; somme non disprezzabili visto che superavano il valore di una quota, ma circa un quarto di quanto il Vice Presidente sperava. Carte, bocce e boccette erano anche considerate una possibile via d’uscita dalla crisi che attanagliava la Cerea, prima di tutto per la scarsità dei soci. Il 25 ottobre 1966 i consiglieri discussero sul modo di propagandare la Cerea , di renderla più accogliente e più viva; tra le altre proposte comparvero anche gare di boccette e gare di carte. Non sembra che quelle attività avessero giovato granché allo sviluppo, ma erano le sole svolte in quegli anni, insieme alle bocce. Non sappiamo per quanto tempo venne effettivamente rispettato il pagamento per l’uso del biliardo, sul quale si svolsero non solo competizioni interne, ma anche sfide con l’Eridano, citate nella parte dedicata alle bocce. Abbiamo però un interessante riferimento nell’Assemblea del 17 gennaio 1965, ove si discusse sulle entrate derivanti dall’uso del biliardo che presenta una forte diminuzione (L. 54.000 - 1963 - L. 27.000 nel 1964) affinché sia stabilito un congruo grillo orario sul tipo di quanto nelle altre Società è applicato. L’impressione è che ci fosse un bel po’ di evasione al pagamento. Quella fonte di entrata fu vista come possibile modalità di finanziamento nel difficile periodo, dal punto di vista economico, degli ultimi anni ‘70; l’11 febbraio 1978 il Consiglio chiese di ripristinare il pagamento per l’uso del biliardo; si 172 La Cerea 1945-1997 studierà il sistema di far rientrare la cosa nel quadro del futuro contratto di gestione. In realtà non se ne fece nulla , ed il biliardo ha ormai felicemente superato i 50 anni di vita, anche se gli è occorsa qualche manutenzione, l’ultima delle quali curata ed offerta da Paolo de Leonibus che fece anche installare un vero lampadario da biliardo. 173 La Cerea 1945-1997 CAPITOLO XI CUSTODI E GESTORI Nel 1945 l’organizzazione di coloro che lavoravano per la Cerea era piuttosto diversa da quella attuale. La società assumeva stabilmente i collaboratori, e la forza lavoro di quell’epoca consisteva nel custode ed in un falegname; non esisteva la figura del gestore come oggi lo concepiamo, perché il servizio di ristorante veniva svolto in casi eccezionali, ed era il custode a svolgere il servizio di bar. Progressivamente si assiste ad una trasformazione del custode in un ristoratore, e benché apparentemente insignificante la mutazione genetica del collaboratore principale dei soci Cerea indica e segue il profondo cambiamento della vita sociale nei cinquanta anni esaminati; la trasformazione fu lenta e subì bruschi arresti ed arretramenti, ma da una logica di servizio manuale tesa alla pura manutenzione delle barche e pulizia si passò al servizio di ristorazione con caratteristiche di servizio e cura pari a quelle di un buon ristorante, a siglare un cambiamento dei gusti e delle esigenze dei soci. Nel contempo i collaboratori passarono da un regime di dipendenza a quello di autonomia anche formale. Sappiamo che nel 1945 la Cerea aveva due dipendenti: Contributo di emergenza al custode ed al falegname. Casalis comunica che i nuovi aumenti salariali comportano un maggior onere per la Società di circa l. 100.000 annue. Di conseguenza si rende necessario stabilire un aumento transitorio delle quote sociali di L. 500 - 600 per il semestre 1° luglio 31 dicembre 1945, aumento che dovrà essere uguale per tutte le categorie di soci413. Non sappiamo quale fosse il compenso totale versato a custode e falegname, ma doveva essere una somma importante visto che il maggior costo indotto dalla svalutazione post bellica, da solo, toccava le 200.000 lire annue. Le competenze del falegname erano certo relative alla manutenzione delle numerose barche, specie di quelle da passeggio. Il custode svolgeva invece una variegata attività, dalla custodia vera e propria, alle pulizie, al controllo dei soci, al servizio di bar; il suo stipendio era integrato da una percentuale sugli incassi del bar: Casalis dà incarico ad Abelly di trattare i prezzi delle consumazioni e la relativa percentuale a favore del custode414. Appare molto probabile che gli approvvigionamenti appartenessero al custode perché in nessun verbale c’è un accenno ad acquisti di viveri o bevande, cosa che sarebbe accaduta se il Consiglio avesse dovuto decidere, per dire, il fornitore dei vini. In pratica al custode era riconosciuta, più che una percentuale sugli 413 Cons. 17/7/1945 414 idem 174 La Cerea 1945-1997 incassi, la possibilità di praticare un ricarico sul costo di ogni cosa servita. Bicchieri, posate e pentolame appartenevano invece alla Cerea: Tovaglierie e posaterie. Casalis rileva che quanto rimane in società è ormai in condizioni deplorevoli. Bisogna quindi provvedere per i necessari acquisti affinché nella prossima stagione si possa riservare ai soci un buon servizio di ristorante con applicazione di un diritto per ogni coperto415. Questa frase potrebbe far pensare che il ristorante funzionasse abitualmente, ma non è così, perché in più occasioni i verbali ribadiscono l’eccezionalità di quel servizio, tutto da inventare nel suo funzionamento in quel 1945, e non solo perché in quell’anno si installò alla Cerea un nuovo custode: Il custode ha chiesto gli sia anticipata la spesa per il trasloco del mobilio da Balangero a Torino. L’importo è di lire 7.500 che rimborserebbe in rate mensili di lire 500. Si approva l’anticipo dei fondi. Per il servizio di ristorante che si è progettato di istituire per i mesi estivi il sig. Casalis propone di fissare il compenso per la moglie del custode che dovrebbe incaricarsi di questo servizio. L’ing. Boccalatte, tenuto presente che il servizio sarebbe limitato a 4/5 mesi all’anno , propone di fissare il compenso in una cifra fissa tenendo presente che la retribuzione del custode che si aggira sulle L. 7.500 mensili oltre all’alloggio, luce, gas e mance è già ben remunerativa416. Non è facile capire se la retribuzione fosse effettivamente alta, ma si comprende perfettamente quanto fosse modesta la quota sociale annua, fissata in 2.400 lire, neppure un terzo dello stipendio mensile del custode. Difficilmente ci si poteva attendere molto dal servizio svolto nel ristorante da un custode di recente inurbamento; si poteva sperare nelle capacità di cuoca di sua moglie, anche se è nota la differenza che corre tra il preparare il cibo per una famiglia o per 20 persone, ma non ci si poteva certo attendere grandi cose per il livello del servizio. Per di più la moglie del custode non aveva nessuna intenzione di far da mangiare, e neppure grandi capacità, a giudicare da quanto segue: Custode: Iniziandosi la discussione Casalis espone la questione del trattamento del custode anche in relazione al nuovo servizio di ristorante che si intende attuare per la stagione estiva. Derossi è d’accordo con quanto dice Casalis circa il servizio del custode, però dice di tener presente che è difficile trovare un elemento da sostituire e conviene cercare di convincere l’attuale custode a fare il nuovo servizio. Boccalatte dichiara che come custode fa bene il suo servizio, e se la moglie volesse ritiene potrebbe benissimo disimpegnare il servizio di ristorante. Sarà bene fissare fin d’ora la retribuzione speciale per il periodo del servizio, che potrebbe anche essere di L.1.500 mensili. Ponte, incaricato di preparare la messa in funzione del servizio ristorante dichiara che limitatamente ad un menu di minestra , uova e frutta o formaggio inizierà il funzionamento dalla settimana ventura417. In quegli anni si riteneva, a quanto pare, che qualunque donna fosse in grado di imbastire un pranzo dignitoso, anche se la stessa cuoca esitava; è vero che all’epoca non esistevano i surgelati ed i precotti, sicché ogni donna di campagna cucinava un minestrone, ma non necessariamente quel minestrone era buono. Che contrasto però tra l’entusiasmo del 1946 per un servizio basato su 415 Cons.2/12/1945 416 Cons.7/4/1946 417 Cons. 16/6/1946 175 La Cerea 1945-1997 un menu di pura sopravvivenza e le pretese degli attuali soci, sempre scontenti di qualsiasi piatto venga loro sottoposto! Ma allora veniva data più importanza al piacere di trovarsi tra amici, anche nel corso di rare cene consumate nell’inverno: CENE SOCIALI. Queste amichevoli adunate, mentre non sorpassano i limiti di un buon pasto comune, servono, come in quella del 25 gennaio scorso, a passare poche ore, quasi famigliari, in compagnia di conoscenze simpatiche a tutti i convenuti, ed a stringere vieppiù quei vincoli di amicizia che più o meno palesemente già vivono nell’animo dei nostri consoci. Si conviene pertanto di ripetere queste adunate di tanto in tanto, limitate per forza ad un esiguo numero di soci, causa la limitata disponibilità dei servizi di mensa418. Sono parole di Derossi, socio dagli anni ‘20 che sicuramente avrebbe accennato alla ripresa di una precedente consuetudine, se mai ci fosse stata. Ma il suo silenzio ci autorizza ad affermare che l’abitudine della cena sociale ebbe origine proprio nell’inverno 1946/47, perché è chiara la sensazione che la cena sia stata un’esperienza del tutto nuova. Anche il pranzo estivo era una esperienza affrontata per la prima volta nel 1946, basta leggere come ogni raffronto sia limitato all’estate di quell’anno e come manchi ogni richiamo ad esperienze precedenti: RISTORANTE ESTIVO. Per agevolare molti soci, che nella stagione estiva restano soli in Torino, si decide di ripristinare il servizio estivo di ristorante alla casalinga, già attuato in sede lo scorso anno, con esito soddisfacente. Si dà mandato al segretario di interpellare la moglie del custode, se si impegna nel servizio di cucina ai soci che regolarmente prenotassero il pasto. A compenso di tale servizio la società sarebbe disposta a corrispondere alla moglie del custode un compenso mensile adeguato, ed al marito, custode e inserviente, il trasporto gratuito da Balangero Torinese alla nostra sede , suo attuale domicilio, del suo mobilio419. Ricorderete che il trasloco, non ancora fatto ad un anno di distanza, doveva costare 7.500 lire, cui si aggiungeva il compenso per la moglie; non resta che pensare che la cucina della custode si fosse librata più in alto di quanto il menu di minestra, uova e formaggi annunciato da Ponte nell’anno precedente potesse far immaginare. E’ anche interessante notare come il costo del servizio ristorante gravasse sulla società, pronta a retribuire la cuoca, mentre poteva trarre un rimborso solo parziale dagli incassi derivanti dai coperti. D’altronde erano anni in cui la sola forma diffusa di retribuzione era quella tipica del lavoro dipendente; per offrire ai soci un nuovo servizio la Cerea non poteva che pagare direttamente una persona. Fino a quella primavera del 1947 il pranzo alla Cerea era possibile ai soli soci, come ben si capisce dalla proposta avanzata da Dino Ponte alla riunione di Consiglio del 23 giugno 1947: RISTORANTE ESTIVO. Il servizio di ristorante sociale alla casalinga potrà avere inizio col 1° luglio p.v. per avere termine al 30 settembre del c.a. Il dott. Ponte propone che il socio possa invitare a queste refezioni delle sue conoscenze o suoi famigliari, preavvisando però tempestivamente il custode o la moglie sua , su quanto desidera mangiare. Data la svalutazione monetaria attuale, il dott. Ponte propone ancora che la quota di coperto sia per il socio di lire 50 e per il famigliare o l’invitato di lire 100 a persona. Il coperto ha qui il significato 418 Cons. 2/2/1947 419 Cons. 27/4/1947 176 La Cerea 1945-1997 di somma destinata alla società, non al custode. E’ anche chiarificatore il termine “refezione” utilizzato da Ponte, perché ci permette di accertare il livello dei cibi forniti dalla moglie del custode: ”Ristoro di cibo, pasto, cibo dato ai fanciulli poveri a scuola” dice lo Zingarelli per la parola Refezione. E Refettorio: “sala da mangiare, di conventi, seminari, collegi”. Merita anche notare come solo con l’approvazione di questa proposta abbia avuto inizio un vero servizio di ristorante, o forse di osteria, perché precedentemente il servizio era usato necessariamente da pochissimi soci; bisognava prenotare con un giorno di anticipo, essere soci, non avere ospiti, era quindi qualcosa di simile al “tavolo degli scapoli “ che d’estate esisteva qualche anno fa, occupato mediamente da 6/7 persone. Tanti dovevano essere stati i coperti giornalieri del 1946. Non stupisce invece la possibilità di specificare i cibi desiderati, nell’ambito delle capacità della cuoca, è ovvio; dalla seduta di consiglio appena esaminata apprendiamo la circostanza, già citata, della mancanza di un frigorifero, e ciò costringeva nei mesi caldi a far la spesa giorno per giorno. E’ chiaro che l’antica tradizione del custode si sposa in quegli anni alla necessità che costui abbia una moglie, per di più capace in cucina e disposta a questo servizio; si sommano alle vecchie esigenze nuove necessità che rendono sempre più difficile reperire la persona idonea. Una prima notizia di queste difficoltà la troviamo nel 1949, probabilmente dopo la partenza del custode di Balangero: Occorre trovare soluzioni per sanare la situazione finanziaria assai gravosa. Ad esempio la Società non può più sobbarcarsi la spesa di un barista e di un custode. Siccome il custode non intende dedicarsi al bar, il Consiglio unanime delibera di cercare una famiglia che si assuma l’incarico del bar, dimodoché la Società sia alleggerita di una spesa420 . Praticamente si cerca ormai un gestore, anche se bisogna notare che le incombenze del custode erano davvero tante: in base a ciò che abbiamo visto in precedenti capitoli il custode doveva, oltre che svolgere le mansioni tipiche, prendere nota delle barche usate dai soci e controllare il materiale al ritorno, servire al bar, servire a tavola, perfino dare e poi nascondere le carte dopo il gioco prelevando la relativa tassa dai soci, secondo la previsione del 1947. Quindi egli aveva anche oneri amministrativi per annotare le percentuali di incasso del bar, del ristorante, gli incassi per le carte, insomma un lavoro davvero pesante visto che c’erano anche le pulizie, la custodia, la spesa da fare.... E la Cerea intendeva rendere meno saltuario il funzionamento del ristorante ed aumentare le tasse che il custode doveva riscuotere: propone che per avere maggior introito nelle casse sociali , le seguenti: un servizio di ristorante bar con una quota coperto a favore della Società, applicazione del telefono a gettoni, grillo sul gioco carte, bigliardo, ping pong, bocce421 . Il sistema in uso restò quello di affidare al custode l’incarico di preparare da mangiare, anche se con limitazione del servizio al sabato ed alla domenica a giudicare dal contenuto di un verbale: Viene pure deliberato di assegnare al custode un contributo per il periodo estivo affinché faccia funzionare il servizio di buffet e ristorante (al sabato L. 500 - domenica L. 1.000)422 . Se quegli importi 420 Cons. 8/11/1949 421 Ass. 27/11/1949 422 Cons. 1/6/1951 177 La Cerea 1945-1997 erano l’ammontare del contributo al gestore per il servizio, come pare, allora dobbiamo dedurre che nei giorni feriali non si poteva mangiare, evidentemente il tentativo di avere il servizio di ristorante per tutto il periodo estivo aveva avuto esito negativo. Il libro di cassa del 1950 e 1951423 ci permette di conoscere nei particolari i costi del ristorante e l’utile che la Cerea ne traeva, visto che ogni socio versava alla società 100 lire per pasto e gli incassi sono annotati con precisione. Nel 1950 fu acquistata o rinnovata la dotazione occorrente per il funzionamento del ristorante, con una spesa importante: 5 tovaglie (6.300 lire), pentolame e piatti (51.000), bicchieri e stoviglie (2.000) per un esborso totale di quasi 60.000 lire. Vediamo ora il numero dei pasti serviti: 16 coperti nel maggio, 36 a giugno, 94 a luglio, 189 in agosto, mese in cui allora Torino era viva e piena di gente; ed ancora 112 in settembre, 47 ad ottobre, 43 a novembre e nulla in dicembre, a conferma dell’uso eminentemente estivo che i soci facevano della società. Tenendo conto del fatto che da luglio il coperto a favore della società fu dimezzato a 50 lire, l’incasso per la Cerea fu di 28.450 lire, un buon risultato economico ed un successo di partecipazione, specie nei mesi estivi. Il 1951 fu più deludente: nessuno mangiò alla Cerea nei primi tre mesi dell’anno, mentre i coperti furono 27 in aprile, 40 a maggio, niente a giugno, 185 a luglio, 35 ad agosto, nulla a settembre, 12 in ottobre. Lo stesso libro di cassa ci consente di accertare che nel 1950 e ‘51 neppure il bar veniva gestito direttamente dalla società; la Cerea percepiva il 5% degli incassi del bar, eppure indicava quali prodotti, soprattutto alcolici, acquistare: un appunto contenuto al termine del libro di cassa indica le bottiglie da comprare: Punt e Mes, Fernet Branca, Stock 84, Alpestre, Rum di marca, China Martini, Aperol, Wisky di marca. Il vermouth veniva acquistato in damigiana, il vino presso la ditta Riccardo Cortese di Canelli. Quel che riesce incomprensibile è il fatto che nel libro cassa compaia il pagamento del vino e del vermouth con denari della società; sarebbe allora insufficiente un margine a favore della Cerea del 5%, ed in contrasto con la circostanza che nessun altro prodotto appare pagato dalla Cerea; è probabile che la società abbia solo anticipato i denari, provvedendo poi a compensazioni con il custode. Il custode dell’epoca non soddisfaceva le aspettative come si sperava424, ma del problema del bar non si parlò più per parecchi anni, precisamente fino alla seduta di consiglio del 24 febbraio 1958, della quale ci resta un verbale impreciso nella terminologia, ma indicativo dell’importanza che rivestiva la gestione del bar: responsabili i sigg. Colombo e Restagno per mobilio, coppe e materiale del servizio bar e ristorante. La gestione del bar viene affidata al sig. Colombo che sarà coadiuvato dal prof. Ponte. In ogni caso è interessante il fatto che si parli del bar più che del ristorante, a confermare che nel 1958 i pranzi alla Cerea erano solo occasionali. Il custode svolgeva mansioni di fatica e di servizio, come risulta dallo stesso verbale: Il sig. Colombo promette di interessarsi circa il vestiario da cameriere necessario al custode (pantaloni neri e giacca bianca). L’ing. Derossi promette pure per il custode una tuta da lavoro. Ma si può pensare che il cambio 423 Doc. A27 424 Cons. 7/9/1951 178 La Cerea 1945-1997 di divisa garantisse l’abilità della stessa persona in ruoli così diversi? Una giacca bianca fa di un custode un cameriere? Il servizio ed il cibo continuavano ad essere assolutamente “casalinghi”, perché non si dimentichi che solo nel 1958, e dopo molte discussioni, a fronte del rifiuto opposto dal Consiglio fu avviata la colletta tra i soci per comprare un frigorifero: L’assemblea affronta la proposta di acquistare un frigorifero per il servizio di ristorante e bar e dopo un’animata discussione viene approvata una libera sottoscrizione per poter effettuare questa spesa non prevista in bilancio. La sottoscrizione iniziata seduta stante ha fruttato la somma di circa 70.000 lire 425. Le divise del custode, da lavoro e da cameriere, arrivarono solo nell’anno successivo, come ci riporta un verbale del 1959 che indica anche le modalità di funzionamento di alcuni servizi: Il Consiglio all’unanimità approva, su proposta del comm. Girardi e prof. Ponte, di regolare l’orario dei pasti per i soci che pranzano in società fissando l’ora massima alle 13,30 per il pranzo e 20,30 per la cena; viene pure stabilito che i pasti siano pagati per contanti subito dopo consumati e che per le consumazioni siano presi in dotazione dei blocchetti di tagliandi a matrice in modo che al socio che ordina la consumazione nel firmare il tagliando d’ordine abbia pure un tagliando per sé. Viene pure stabilito il lunedì giornata di riposo del custode426. Abbiamo appena avuto notizia di grandi novità nel funzionamento del ristorante, da quel 1959 aperto tutto l’anno regolarmente; la seduta si tenne infatti nell’inverno, e se i pranzi fossero stati occasionali non ci sarebbe stata necessità di disciplinare l’orario di funzionamento del servizio. Il sistema dei tagliandi è invece prova del fatto che il gestore doveva versare alla Cerea una somma per ogni pasto servito, il grillo sul ristorante; il Consiglio cercava così di risolvere il problema di accertare il numero dei pasti serviti. Il ristorante funzionava probabilmente grazie alla capacità e versatilità del custode dell’epoca, al quale infatti fu fatto un aumento di 5.000 lire mensili nel 1960427. Nel 1963 troviamo un elemento che induce a pensare che in quegli anni il servizio di bar fosse gestito direttamente dalla Società, e che il custode svolgesse solo l’opera di servizio: Il C. D. delibera inoltre che, a partire dal 1° gennaio 1963, la gestione del bar venga affidata al custode sotto controllo dell’economo. A tale scopo verrà concesso al custode un fondo cassa di lire 30.000 per il regolare e costante approvvigionamento del bar428. La gestione diretta del bar poteva essere fonte di utile, ma poneva sicuramente molti problemi, e comportava la necessità di disporre di un custode - barista davvero onesto. Non si può neppure dire che la Cerea, per parte sua, fosse così precisa nell’adempiere ai propri doveri; così almeno risulta da una riunione del febbraio 1964 ove era assente Derossi: Il V. P. Ponte comunica che il guardiano ha chiesto, due volte, notizie della pratica riguardante la sua posizione, relativa alla domanda presentata nel dicembre ‘63, 425 Ass. 23/3/1958 426 Cons. 27/11/1959 427 Cons. 1/1/1960 428 Cons. 12/12/1962 179 La Cerea 1945-1997 riguardante un aumento richiesto: tutta la pratica fu assunta dal Presidente che non ha più risposto in proposito429. Un documento del 1963 ci fornisce la conferma dei limiti del ristorante dell’epoca, prima di tutto per la scarsità delle attrezzature: sul menu del Pranzo del Centenario si legge che il servizio fu prestato dal comm. Carlo Sodano, segno evidente che il custode poteva solo fornire un onesto pranzo casalingo, ma niente di presentabile ad ospiti e soci un po’ numerosi. Non sappiamo se in quegli anni ci sia stato un cambio di custode, certo è che ben presto ci furono lamentele sul servizio e proposte di modifica. All’assemblea del 17 gennaio 1965 si discusse sulla funzionalità del bar, a disposizione del quale la somma di L. 30.000 portata in bilancio non è completamente impiegata, il che significa che mancavano molti prodotti; ma si discusse anche sulla efficacia del servizio ristorante che presenta notevoli difficoltà di impostazione e regolare funzionamento. Rilievi furono mossi anche alla quota di coperto, per il quale il Consiglio condivise gli appunti e si riservò di provvedere, cosa che fece nel mese di luglio riducendo a 200 lire la quota dovuta per il coperto dei pranzi consumati in società dai non soci invitati, ferma restando la quota di L. 100 per i soci . Decise anche di sottoporre ai Colleghi assenti in Consiglio alcune modalità tendenti ad attribuire al custode (o a suo famigliare) un premio per il maggior lavoro a regolari scadenze430. Il grande ritardo nel provvedere alle modifiche di costo del coperto, dal gennaio al luglio, dipese solo dal fatto che la riunione di luglio fu la prima ed anche l’ultima del 1965, e fu tenuta in assenza di Derossi. In base a quanto leggiamo nei verbali il premio per il maggior lavoro era davvero meritato, perché il custode aveva incombenze numerose e spesso era impegnato in attività tra loro incompatibili; Basti leggere questa delibera del 1966: Viene anche ventilata la necessità di assumere per il periodo estivo un uomo di fatica che sia di aiuto al custode per la pulizia interna ed esterna, verniciatura imbarcazioni ecc.. Viene raccomandato al custode di vestirsi in maniera civile e di rimanere a disposizione dei soci per le loro necessità quali il bar ed il ristorante431. Come poteva il poveretto spazzare, pulire, verniciare le barche usando abiti decenti, e nel contempo servire al bar e magari a tavola? Non è davvero un vizio recente dei soci quello di pretendere molto volendo spendere poco. Ed è facile immaginare quante fossero le lamentele per la cattiva verniciatura, fatta come può farla un cameriere, e per lo scadente servizio, fornito da un volonteroso operaio. Per di più il custode dal quale tanto si pretendeva era un anziano, tanto che dopo pochi mesi si discusse della eventualità di sostituire i custodi per la loro età avanzata432. Il 5 gennaio 1967 il Consiglio parlò nuovamente del custode la cui età non permette lavori di una certa pesantezza e si discute sull’ opportunità di trovare qualche pensionato disposto a curare la manutenzione dello stabile. Successivamente si prospetta l’opportunità di cambiare i coniugi del ristorante bar che per il loro modo di cucinare e di procedere non hanno incontrato troppa 429 Cons. 28/2/1964 430 Cons. 5/7/1965 431 Cons. 15/4/1966 432 Cons. 25/10/1966 180 La Cerea 1945-1997 simpatia tra i soci. L’articolazione del discorso autorizzerebbe a pensare che ci fossero due incarichi distinti, un custode ed un gestore del ristorante; ma ciò contrasterebbe con quanto abbiamo letto precedentemente, ove si raccomandava al custode, e non ad altri, di rimanere a disposizione dei soci per le necessità di bar e ristorante. Ulteriore dubbio sulla coincidenza dei due incarichi ci viene da una riunione di poco successiva: La seduta viene aperta dall’ing. Derossi su una lettera spedita dal custode Domenico che chiede di essere esentato dal servizio. Si decide di cercare un altro custode. Si passa poi al 2° argomento che è il problema scottante: la sostituzione dell’attuale gestore dimissionario e su una regalia a titolo di buona uscita. Qualche socio avanza una proposta, cioè trovare una coppia che sappia soprattutto cucinare e curare la manutenzione dei locali sociali e delle aree che da un po’ di tempo lasciano a desiderare. Dopo laboriose ricerche si decide di trovare per il momento un buon gestore che curi la cucina in quanto molti soci praticano il ristorante 433. Notiamo che, per la prima volta, compare il termine “gestori”, prima mai utilizzato. Io credo che Domenico fosse custode e gestore, e non solo per la stranezza di contemporanee dimissioni, ma anche perché la Cerea del 1967, con i suoi 82 soci effettivi, difficilmente avrebbe potuto mantenere tre persone; i verbali del segretario Fungo non brillano poi per chiarezza, sicché è probabile che i ben diversi compiti di custode e di gestore abbiano portato a sdoppiare l’unico problema in due discorsi distinti. Corollario della antica consuetudine di assumere stabilmente i custodi gestori era quella di dover loro pagare la liquidazione, cosa non da poco per una Società in continua crisi finanziaria. Ne troviamo traccia in un verbale di Assemblea di quel periodo, e poiché poco dopo Domenico si licenziò, pagargli le sue spettanze non deve essere stato problema da poco, anche perché doveva essere da molti anni alla Cerea: Vien fatto notare che fin ad ora non si è mai provveduto ad accantonare una somma quale indennità di licenziamento o liquidazione del custode. Tale somma, se dovesse essere versata oggi ci coglierebbe del tutto impreparati non avendo la Cerea un capitale a disposizione. Sono state perciò portate sul bilancio L. 500.000 che verranno accantonate per tale eventualit à434 . Nel Consiglio del 9 ottobre 1967 venne comunicata l’assunzione del nuovo gestore sig. Stefano Spialtini al quale sarà dato l’incarico di curare il ristorante bar e la pulizia dei locali e docce. Ma i problemi di quel periodo sono assai simili a quelli dibattuti in anni più recenti, problemi di efficienza e di compatibilità: Il comm. Casalis prospetta l’opportunità che la società disciplini l’uso del ristorante, in particolar modo da parte di alcuni soci Pescatori Alla Mosca. Il consigliere Sig. Bobba ha proposto di aumentare il coperto a 500 lire. Proposta che non viene accettata per ovvi motivi435. Bisogna però notare come , a 20 anni dai primi tentativi di far cucinare una minestra al custode, esigenza preminente fosse, come oggi, quella di avere un buon gestore del ristorante; non sappiamo in quali tempi e con che modalità si sia 433 Cons. 4/9/1967 434 Ass. 12/3/1967 435 Cons. 14/1/1968 181 La Cerea 1945-1997 modificata la situazione originaria, ma nel 1967 il ristorante era ormai una quotidiana consuetudine, non più limitata a stagioni o giorni particolari. Eppure, dopo le dimissioni del gestore Stefano Spialtini, che cessò la sua attività il 31 dicembre 1968436, i consiglieri pensarono di sopprimere il ristorante. I verbali non precisano perché si giunse a tale decisione, ma lasciano trapelare un chiaro fastidio per il problema, basti dire che la questione fu definita “faccenda ristorante”, come se si trattasse di una pura seccatura; effettivamente per il Consiglio la gestione del ristorante è sempre fonte di numerosi problemi, ma abolirlo fu una decisione grave e sconfessata dall’assemblea. E’ forse utile ricordare che Derossi, sempre Presidente, era assente dalle riunioni di consiglio e dalle assemblee da circa due anni, assenza che fu origine di difficoltà per i consiglieri. Nella stessa riunione del 24 novembre 1968 in cui essi discussero sulla opportunità, date le condizioni di salute, di eleggere un Presidente funzionante (proprio così, funzionante!), le discussioni caddero anche sulla faccenda del ristorante e della sostituzione del gestore Stefano. Dopo animate discussioni si delibera: soppressione del ristorante, assunzione di un custode (a favore del solo custode sono: Casalis, Fungo, Bobba e Colombo). Quindi solo Ambrosini era favorevole al mantenimento del ristorante. Ma nel corso dell’assemblea del 22 febbraio 1969 quella decisione, l’abolizione del servizio di ristorante, fu oggetto di discussione: mentre la direzione è contraria i soci sostengono la necessità di mantenere tale servizio. Quell’assemblea fu drammatica perché a lungo fu esaminata la insostenibile situazione finanziaria della Cerea ed inutilmente furono cercati modi per aumentare gli incassi e diminuire le spese; nei costi di gestione stava probabilmente la chiave della decisione di sopprimere il servizio ristorante, che però restò chiuso solo per qualche mese. Sappiamo infatti, per un accenno al periodo di ferie, che c’era un custode, anche gestore del ristorante, nel settembre 1969437. Ma il suo periodo di prova fu piuttosto lungo, perché solo nel 1970 si deliberò di inquadrare il nuovo custode Giovando Giancarlo a tutti gli effetti438. Giovando era custode ma anche ristoratore, tanto che Abelly nella stessa riunione fu incaricato di comprare posaterie, tovaglierie ecc. dopo aver eseguito l’inventario del materiale. Durò poco. Non sappiamo quando e come, ma quello Spialtini che se ne era andato a fine 1968 tornò alla Cerea: Altro argomento è la non soddisfacente situazione nei servizi della Società abbinando le due funzioni di conduzione ristorante e custodia locali. Viene deciso di affiancare al gerente ristorante sig. Spialtini, un pensionato, il sig. Bertinetti Giovanni che si occupi della custodia dei locali sociali. Questa soluzione provvisoria è decisa da questo Consiglio allo scopo di tenere il servizio ristorante al grado attuale di funzionamento giudicato buono dalla maggioranza dei soci e dal Consiglio anche utile alla acquisizione di nuovi soci. Questo era il verbale di Consiglio del 30 gennaio 1971. Leggiamo ora quello del 15 febbraio, solo due settimane dopo: Vengono accettate le dimissioni del gerente del ristorante sig. Spialtini che aveva già dimostrato (vedi verbale del 436 Cons. 17/11/1968 437 Cons. 23/9/1969 438 Cons. 19/3/1970 182 La Cerea 1945-1997 30/1/71) di non sopportare più con nostra e sua soddisfazione gli impegni a suo tempo assunti . Vagliate alcune risposte ad un nostro annuncio pubblicitario, viene assunto per sostituirlo il sig. Aldo Tagliente. Viene così anche a cessare l’esperimento del servizio custodia locali svolto dal sig. Bertinetti in quanto il nuovo assunto svolge, come nel passato, i due compiti di gestione ristorante e custodia locali. Un repentino cambiamento di umori e di obbiettivi nell’arco di pochi giorni; si noti che la Cerea aveva già pubblicato un’inserzione e avuto risposte, sicché subito dopo aver verbalizzato quegli apprezzamenti alla gestione del sig. Spialtini, utile anche all’acquisizione di soci, qualcuno corse a cercare nuovi gestori. Il custode - gestore continuava ad essere assunto come dipendente della società, e tale soluzione comportava sicuramente alti oneri contributivi; ne abbiamo conferma dal fatto che l’assemblea approvò la proposta del socio Girardi di stipulare una polizza per la liquidazione del custode439. Nella realtà però il custode Tagliente non venne neppure assunto regolarmente, in attesa di un chiarimento ufficiale sulla possibilità che la Cerea, sfrattata dai locali come tutte le società rivierasche, potesse continuare la propria vita nei locali di viale Virgilio; lo precisa un curioso verbale di Consiglio del 9 novembre 1971 che riporta il racconto di D’Alberto relativamente alla convocazione presso l’ENPAS a proposito della sistemazione assicurativa del custode: A verbale viene scritto che in questo periodo il lavoro di custodia è stato ed è tuttora sbrigato da personale occasionale. Ci si impegna a regolarizzare la posizione del custode non appena sistemata la questione più importante e che condiziona tutta la politica sociale, quella della locazione con il Comune di Torino. Lungi dall’assumerlo, al Tagliente venne ridotto lo stipendio, assumendo contemporaneamente un uomo di fatica che curi le pulizie del cantiere, spogliatoi, giardino440, con una esplicita critica alla conduzione della custodia che verrà più volte ribadita441. Il sempre attuale problema delle pulizie e della ripartizione dei compiti tra custode - gestore ed addetto alle pulizie trovò una chiara e precisa definizione con la decisione del Consiglio in data 10 febbraio 1972: il custode dovrà provvedere a pulizie cucina, salone, salette laterali, scala interna, piazzale antistante il salone, discesa accesso società, funzionamento impianto di riscaldamento, sorveglianza barche in acqua. La nuova retribuzione è fissata in lire 50.000 mensili. E’ stato assunto un uomo per le pulizie del cantiere, spogliatoi e giardino retribuito con lire 30.000 mensili. Mi pare che ci sia un po’ di sproporzione tra i tanti incarichi del custode ed il suo compenso, neppure doppio rispetto all’uomo delle pulizie, ma forse il gestore godeva di qualche utile dalla gestione del ristorante. Sappiamo che Aldo Tagliente se ne andò nell’estate del 1976442 dopo cinque anni di permanenza, un record forse, e fu sostituito da Rita Bergero443, che durò pochissimo perché, giusto un anno dopo, la successiva informazione relativa 439 Ass. 27/3/1971 440 Cons. 11/1/1972 441 Ass. 18/3/1972, Cons. 26/5/1972, 442 Cons. 10/5/1976 443 Cons. 24/11/1976 183 La Cerea 1945-1997 a gestori consiste nella decisione di allontanare una certa Margherita Chiesa444; ma vedremo tra breve come vi sia stata anche la comparsa di una certa Marasso, sicché nel breve spazio di un anno furono provati e licenziati tre gestori, a riprova della difficoltà di trovare persone che svolgano in maniera corretta l’incarico, difficoltà purtroppo raramente compresa dai soci. Nel 1978 la struttura del rapporto con i custodi subì una profonda trasformazione a seguito di sollecitazioni di Roncarolo; nel verbale di consiglio dell’ 11 gennaio 1978 sono riportati i criteri cui informare il nuovo contratto da stipulare con i gestori futuri: A carico dei gestori la pulizia dei locali, la minuta manutenzione delle attrezzature di cucina, il lavaggio delle tovaglie ed il rimborso alla società del 10 % degli introiti. A fronte della cessione in uso dell’alloggio e senza alcun rimborso di spese di riscaldamento, luce, ecc., sia eseguita la custodia dei locali. Lo schema è quello ancora adottato, sia pure con modifiche; la rottura con la tradizione si consumò poco dopo con la precisazione che la figura del custode era da eliminare445 e con la lettura della bozza del nuovo contratto preparato da Roncarolo e visionato anche dal Notaio Gardini. Si cercò un gestore con una inserzione su La Stampa, ripetuta più volte, ma alla data del 19 maggio il solo candidato, certo Livornese, rinunciò e spinse il Consiglio a ridurre la pretesa di rimborso a 150.000 mensili446. Anche questa vicenda, che ciclicamente si è ripetuta, dovrebbe insegnarci che l’incarico di gestore alla Cerea non è così ambito come i soci normalmente ritengono, pretendendo molto, a prezzi bassi ed a fronte di un fitto elevato. Ma la storia spesso si ripete. Della affannosa ricerca di gestori del 1978 ci sono rimasti due inventari, il primo datato 1 luglio 1978 relativo al passaggio dalla Sig.ra Bergero alla Sig,ra Marasso, il secondo del 24 ottobre dello stesso anno447. L’esame di quegli inventari ci permette anche di ricostruire le dotazioni della Cerea di quel periodo: risulta la presenza di moltissimi piatti, bicchieri e posate di vario tipo, insufficienti però per servire in modo uniforme una tavolata di 30 - 40 persone; 8 tipi di bicchieri, 74 piatti con distintivo Cerea ma solo 16 fondine, 45 fondine bianche e solo 35 piatti piani uguali, vari tipi diversi di posate, nel numero massimo di 33 dello stesso servizio, 4 piatti da portata tra tondi e ovali. Le tovaglie preferite erano quelle quadrettate: 5 tovaglie grandi, 7 piccole, 6 medie quadrettate, 1 grande quadrettata, 14 piccole colorate o quadrettate, 33 tovaglioli bianchi e 7 a quadrettini. L’ambiente era chiaramente casalingo e senza pretese, ci si accontentava di una tavola sommariamente apparecchiata. Non ne abbiamo certezza documentale, ma nuovo gestore fu la signora Usai, aiutata dai figli Franco e Anna, alla quale fu richiesto infine un canone di sole lire 100.000, abbuonato per i primi tre mesi448. La cucina della Usai era veramente modesta, minestrone quando ce n’era e qualche uovo; stupisce quindi il fatto che sia stato necessario richiamare l’opportunità di contenere i prezzi, 444 Cons. 2/11/1977 445 Cons. 1/2/1978 446 Cons. 19/5/1978 447 Contenuti nella Cartella Doc.C.10 448 Cons. 28/6/1978 184 La Cerea 1945-1997 specie in certe occasioni449; ma le pretese della società sono talvolta eccessive, sicché dopo alcuni incontri destinati a coordinare l’attività dei gestori con la novità del 1982, la ricevuta fiscale450, al gestore venne richiesto di aumentare il contributo mensile a favore della società a lire 200.000, di accollarsi il canone telefonico e di rinunciare ai 10 giorni di ferie estive che aveva richiesto451. Il rapporto con gli Usai divenne teso al punto da spingere il direttivo a risolvere il contratto. Dal 26 ottobre 1982 la gestione fu affidata al socio Elio Borghi, ed iniziò il periodo più cupo del ristorante Cerea. Borghi aveva bisogno di tanto preavviso per preparare qualcosa che giunse a mettere un gran cartello nel bar, a specificare che chi desiderava l’insalata alle 14 doveva avvisare entro le 13; si passò così a mangiare panini, sempre che il pane non fosse già esaurito. Il rapporto durò quindi pochissimo e Borghi si dimise dopo pochi mesi spingendo il Consiglio a cercare persone del mestiere452. Nella stessa riunione di Consiglio si discusse la candidatura a gestore di Bouquié, peraltro tramontata immediatamente anche per l’opportunità di non ripetere esperimenti con soci inesperti di cucine professionali. E’ interessante notare che, poco dopo, Bouquié chiese anche di prendere in carico la custodia della Societ à453. Dopo un breve periodo di chiusura del bar ristorante l’incarico di gestione fu affidato a Lino Bellese ed a sua moglie, ottima cuoca454, che fece compiere un buon salto di qualità alla Cerea; divenne piacevole pranzare in società e la cosa ebbe positivi risultati anche per la vita sociale. Naturalmente non mancarono le lamentele per la mancanza di pulizia455, per gli orari di funzionamento che vennero così stabiliti: 12,30 - 14,30 e la sera 20 - 22. E’ tassativa la prenotazione con almeno mezza giornata di anticipo456. E ci furono problemi anche per la custodia, affidata ad un certo Massimo pagato dai Bellese che però lo licenziarono poco prima dell’inizio dei lavori di ristrutturazione457. Proprio i disagi creati dai grandi lavori del 1985 spinsero i Bellese a lasciare la gestione458 per acquistare il Bric Paluc, ove ancora operano. Per circa sei mesi un pensionato, il sig. Berrini, si adoperò per far funzionare il bar in mezzo a calcinacci, operai, disagi di ogni tipo; ma appena la società fu nuovamente agibile la gestione passò a Giorgio e Miranda Bechis459 che iniziarono l’attività a metà aprile 1982460 e se ne andarono, senza lasciare troppi 449 Cons. 17/1/1979 450 Cons. 21/1/1982, Cons. 4/2/1982 451 Cons. 13/5/1982 452 Cons. 12/5/1983 453 Cons. 1/9/1983 454 Cons. 8/10/1983. 455 Cons. 24/5/1984 456 Cons. 19/7/1984 457 Cons. 20/9/1984 458 Cons. 4/7/1985 459 Cons. 18/3/1986 460 Cons. 10/4/1986 185 La Cerea 1945-1997 rimpianti, un anno dopo. A partire dalla gestione Bellese il servizio assunse le caratteristiche tipiche di un ristorante, con scelta di menu e buon livello. Tre anni durò invece Biagio Vernassa, simpatica persona che si distinse per l’altissimo numero di collaboratori che ruotavano intorno a lui. La sua cucina alternava piatti pregevoli ad errori elementari; ma la sua caratteristica era quella di essere perennemente coperto di macchie d’unto, cosa non ideale per il servizio. Fu una gestione che segnò, in certo modo, il ritorno al passato perché la custodia fu affidata a Mario Borgnino, vero intestatario del contratto di gestione, che si assunse l’impegno di vivere alla Cerea per curare la custodia, mentre Biagio arrivava solo di giorno; ma Borgnino non fece altra attività che superasse il suo esser sempre presente. Dal 1989 al 1992 toccò a Nicola con i figli Rosario e Antonio ai tavoli. Fu un’ottima gestione, ed anche per loro merito il numero dei soci aumentò notevolmente. Il menu era piuttosto limitato, ma i piatti cucinati erano davvero perfetti. Quando anche Nicola se ne andò nel ristorante che aveva acquistato, toccò alla signora Audero, scelta obbligata anche perché gli altri due pretendenti alla gestione si ritirarono all’ultimo minuto. I sei mesi di conduzione della signora Audero si distinsero per il vorticoso cambio di cuochi e personale; si giunse a cambiare il cuoco a metà di una cena, perché il vecchio si era licenziato tra il primo ed il secondo, subito sostituito da un cinese trovato chissà dove. La signora Audero lasciò anche un segno presso i fornitori, che a lungo richiesero alla Cerea il saldo dei conti in sospeso. La normalità tornò con l’estate del 1993 e con la gestione di Antonio e Grazia Del Gaudio, una coppia gentile che gestì il ristorante per tre anni. L’incarico fondamentale da assolvere è ormai quello del ristorante, essenziale per il buon andamento della società; incarichi collaterali, come la pulizia negli spogliatoi, sono considerati sempre di secondo piano e, infatti, trascurati da tutti i gestori. 186 La Cerea 1945-1997 INDICE PREFAZIONE pag.2 INTRODUZIONE pag.3 CAPITOLO I Vita e vicende sociali pag.4 1 Il tramonto dei dirigenti d’anteguerra pag.6 2 La presidenza Derossi pag.21 3 Da D’Alberto a Dainotti pag.26 4 La presidenza Ponte CAPITOLO II pag.31 1 pag.34 2 I SOCI Numero e caratteristiche dei soci I consigli direttivi CAPITOLO III pag.40 1 pag.57 2 LO CHALET La palazzina e gli arredi Il riscaldamento CAPITOLO pag.62 CAPITOLO pag.82 CAPITOLO pag.97 CAPITOLO pag.124 1 pag.127 2 IV I MEZZI FINANZIARI V LE BARCHE VI IL CANOTTAGGIO VII RAIDS E ALTRI SPORT I raids Gli altri sport CAPITOLO VIII I RAPPORTI CON L’ESTERNO pag.130 1 I rapporti istituzionali e politici pag.133 2 Ricorrenze e altre visite pag.135 3 Gli ospiti a pagamento pag.138 4 I gemellaggi e la Lega Vogatori Veterani del Po CAPITOLO IX pag.141 1 pag.145 2 REGOLE E SANZIONI Le regole Le sanzioni CAPITOLO X CARTE, BOCCE E BOCCETTE 187 La Cerea 1945-1997 pag.150 pag.152 pag.157 1 2 3 CAPITOLO XI pag.159 Le carte Le bocce Le boccette CUSTODI E GESTORI INDICE pag.172 188