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La divisa “grigio-verde“
FRANCESCA CASILE, FEDERICA LOSCIALE
Per gli italiani l’elmetto “modello Adrian 16” o i colori e la foggia della divisa in grigio-verde
hanno assunto il valore di icona della Grande Guerra, l’immagine simbolo più forte ed efficace. In
ogni film o in ogni rievocazione storica subito in primo piano appaiono la “crestina” dell’elmetto
o le fasce mollettiere sotto il ginocchio.
Il disegno dell’uniforme italiana utilizzata nella Grande Guerra, e in particolare il colore “mimetico” grigio-verde, rappresentano il risultato finale di una serie di sperimentazioni condotte fin
dall’inizio del ‘900. In particolare fu Luigi Brioschi, presidente della sezione milanese del Club
Alpino Italiano, che colpito dai resoconti sulla guerra russo giapponese e dalle perdite provocate
dalle nuove tecniche di combattimento, avanzò per primo l’idea di sostituire la tradizionale tinta
blu scuro dell’esercito con colori meno appariscenti.
D’ordinanza il soldato indossava una giubba in panno pesante, abbondante e molto confortevole.
Questa era ad “un petto” chiusa da una fila di cinque bottoni nascosti da una “sovrabottoniera”.
Le spalle erano rafforzate da un “carrè” e l’attaccatura delle maniche era guarnita da “spallini“
in panno. Ai polsini si aggiungeva un “paramano” a punta. Sugli “spallini” era riportato il numero
della compagnia, o della batteria, in bianco su un quadrato nero. Successivamente il sistema venne ampliato con l’aggiunta di lettere, a seconda della specifica funzione militare.
Il colletto, “in piedi” e con punte arrotondate, era decorato dalle mostrine dell’arma, corpo o brigata con stellette in metallo nichelato. Le stesse mostrine erano applicate anche sulle maniche.
All’interno la giubba era foderata in tela di cotone “bassino grezzo” ed era provvista di due
tasche a toppa a livello del petto e di un’altra in corrispondenza della falda destra.
Sotto la giacca si indossava un “gilet”, sempre in panno grigio-verde, di taglio classico con scollo
a V, era ad “un petto” chiuso da una fila di cinque bottoni ed era arricchito di quattro “taschini”.
La “buffetteria” tradizionale in dotazione della fanteria era composta da un cinturino e da una
coppia di giberne a doppia tasca per contenere le munizioni per il fucile 91 (calibro 6,5 caricatore
da 6 colpi).
Per le armi appiedate erano previsti due diversi tipi di pantaloni. Quello per truppe di montagna
era largo e terminava appena sopra al polpaccio dove veniva legato con due nastrini. L’altro invece
era realizzato in panno leggero grigio-verde, a stringere verso il fondo ed era provvisto di due
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laccetti per serrarlo sotto la caviglia.
Nella parte inferiore il pantalone era serrato in strette fasce mollettiere in panno sempre di
colore grigio-verde. Ad un’estremità due fettucce grigie permettevano di fissare la fascia appena
sotto il ginocchio. Le fasce mollettiere si inzuppavano facilmente d’acqua e fango, se troppo strette tendevano a bloccare la circolazione, oppure al contrario se lasciate larghe potevano facilmente
a cedere o impigliarsi nei reticolati e nelle sterpaglie.
Ai piedi i soldati avevano a disposizione stivaletti in cuoio e vitello neri.
bibliografia / sitografia
A. Viotti, L’uniforme grigio-verde (1909-1918) , Roma, Stato Maggiore dell’Esercito, 1994.
Esercito Italiano. Militaria storico. Il Grigio Verde:
http://www.esercito.difesa.it/storia/Pagine/Il-Grigio-Verde.aspx
Pietri Grande Guerra. Buffetteria, equipaggiamento Fanteria:
http://www.pietrigrandeguerra.it/museo-virtuale/equipaggiamento-buffetteria-fanteria/
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