Estratti dei tre report
Transcript
Estratti dei tre report
LA VITA QUOTIDIANA DELLA TECNOLOGIA donne e computer: apprendere nella necessità a cura di Lara Corradi e Antonia De Vita Estratti dei report prodotti per il progetto CIAO!Women 2005/2007 Provincia di Genova Il progetto CIAO!Women (225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1), cui capofila è la Provincia di Genova, ha ricevuto il supporto finanziario dalla Commissione delle Comunità Europee: Direzione Generale dell'Istruzione e della cultura - Programma Socrates - Azione Grundtvig 1. La presente pubblicazione rispecchia solamente il punto di vista dei Partners e la Commissione non può essere ritenuta responsabile per qualsiasi utilizzo delle informazioni ivi contenute. Nota: questo documento è tratto da: • “Babygirls-boomers e tecnologie dell’informazione. Come le donne vivono le tecnologie informatiche”, A cura di Rita Bencivenga. Progetto CIAO!Women, cofinanziato dal Programma Socrates dell’Unione Europea, Azione Grundtvig 1. Pubblicazione della Provincia di Genova, 2007. Edizione Fuori Commercio. (parte 1) • “A partire dall’analisi di alcune riviste” relazione redatta nel 2007 nell’ambito del progetto CIAO!Women cofondato dalla Direzione Generale per l’Educazione e la Cultura della Commissione Europea e l’Azione Grundtvig del Programma Socrates. (parte 2) • “Interviews to experts on women, lifelong learning and ICT” relazione redatta nel 2007 nell’ambito del progetto CIAO!Women cofondato dalla Direzione Generale per l’Educazione e la Cultura della Commissione Europea e l’Azione Grundtvig del Programma Socrates. Pubblicato dalla Provincia di Genova, Italia. (parte 3) • “Our experience in making a qualitative research in an international context”, relazione redatta nel 2007 nell’ambito del progetto CIAO!Women cofondato dalla Direzione Generale per l’Educazione e la Cultura della Commissione Europea e l’Azione Grundtvig del Programma Socrates. Pubblicato dalla Provincia di Genova, Italia. (parte 3) Questo documento e gli altri prodotti del progetto CIAO!Women possono essere liberamente e gratuitamente scaricati dal sito web: www.ciaowomen.org Il logo di CIAO!Women è stato realizzato da Gabriella Ventaglio. Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 INTRODUZIONE Lara Corradi e Antonia De Vita Questo testo nasce dal progetto Ciao! Women - Communication via It for Adults Online1, un progetto di ricerca durato oltre due anni che ha avuto come capofila la Provincia di Genova, Servizio Politiche del Lavoro, Genova, Italia (http://www.provincia.genova.it/pal). Un progetto svolto dai diversi partner, tra cui Studio Guglielma ricerca e creazione sociale , Verona (http://www.guglielma.it) che ne ha progettato, diretto e curato la ricerca, in cinque nazioni europee: oltre all’Italia, la Danimarca (Amtscentret for Undervisning, Aabenraa - http://www.acu.dk), la Bulgaria (Znanie Association, Sofia http://www.znanie-bg.org), la Lettonia (Future Capital Foundation, Riga) e il Portogallo (Universidade de Évora - NÚCLEO MINERVA, Évora - http://www.minerva.uevora.pt). Questo documento contiene gli estratti dei report internazionali che sono stati prodotti durante il progetto; in particolare contiene quelle parti dei report che meglio aiutano a focalizzare e rendere esplicito sia l’immaginario che sottende il rapporto tra donne adulte e tecnologie informatiche, sia il reale vissuto e impiego per parte femminile delle TIC per riorientare le progettualità formative. È suddiviso in tre sezioni quante le macroaree di ricerca: la prima parte contiene estratti del report internazionale Babygirls-boomers e tecnologie dell’informazione. Come le donne vivono le tecnologie informatiche2. In questo report è presentata l’analisi delle 253 interviste narrative realizzate a donne adulte con lo scopo di indagare quali sono i pregiudizi, gli stereotipi, le false credenze e le aspettative che ostacolano o favoriscono l’approccio all’uso delle TIC di questo target, in un confronto con l’utilizzo quotidiano che ne viene fatto. Nella seconda parte sono riportati gli estratti dal report A partire dall’analisi di 1 Il progetto CIAO!Women (225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1) ha ricevuto il supporto finanziario dalla Commissione delle Comunità Europee: Direzione Generale dell'Istruzione e della cultura - Programma Socrates - Azione Grundtvig 1. 2 A cura di Rita Bencivenga. Progetto CIAO!Women, cofinanziato dal Programma Socrates dell’Unione Europea, Azione Grundtvig 1. Pubblicazione della Provincia di Genova, 2007. Edizione Fuori Commercio. 1 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 alcune riviste3, il report che contiene l’analisi di alcune delle principali riviste che si rivolgono ad un target femminile adulo con lo scopo di identificare come le tecnologie, in particolare le TIC, vengono rappresentate. Infine, nella terza e ultima parte si trovano gli estratti del report Interviews to experts on women, lifelong learning and ICT4, che riportano sei delle interviste a figure esperte che, in dialogo con quanto emerso nelle fasi precedenti della ricerca, sono risultate le più significative; e gli estratti da Our experience in making a qualitative research in an international context5, estratti che riportano le riflessioni del team di ricerca sulla propria esperienza e sul proprio vissuto di ricercatrici in un contesto internazionale. Lo scopo di questa pubblicazione è duplice: da un lato si vuole contribuire ulteriormente, a livello sempre più ampio e capillare, alla diffusione dei risultati del percorso di ricerca fin qui svolto con il progetto Ciao!Women; dall’altro si vuole fornire un quaderno di lavoro utile a esperti in progettazione formativa nell’ambito delle tecnologie informatiche per ripensare i propri modelli alla luce dei risultati della ricerca. La pubblicazione di questo testo intende infatti essere la prima fase di un percorso molto più ampio che prevede alcuni incontri, soprattutto nel territorio veronese, durante i quali esperti di formazione e tecnologie informatiche appartenenti ad enti e realtà del territorio (Comuni, Aziende Sanitarie e enti di formazione) verranno chiamati a confrontarsi sulle ipotesi suggerite dai risultati della ricerca. L’obiettivo di questa ultima fase è creare situazioni concrete nelle quali mettere a fuoco e condividere una impostazione che modifichi e cambi il modo di fare formazione alle donne adulte in tema di conoscenze informatiche. Questo confronto e le riflessioni che da esso emergeranno, costituiranno il punto di partenza per l’avvio di un corso di formazione sull’uso di pc e rete rivolto a donne adulte in cui verranno impiegate le ipotesi formative emerse dal progetto Ciao!Women e 3 Relazione redatta nel 2007 nell’ambito del progetto CIAO!Women cofondato dalla Direzione Generale per l’Educazione e la Cultura della Commissione Europea e l’Azione Grundtvig del Programma Socrates. 4 Relazione redatta nel 2007 nell’ambito del progetto CIAO!Women cofondato dalla Direzione Generale per l’Educazione e la Cultura della Commissione Europea e l’Azione Grundtvig del Programma Socrates. Pubblicato dalla Provincia di Genova, Italia. 5 Relazione redatta nel 2007 nell’ambito del progetto CIAO!Women cofondato dalla Direzione Generale per l’Educazione e la Cultura della Commissione Europea e l’Azione Grundtvig del Programma Socrates. Pubblicato dalla Provincia di Genova, Italia. 2 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 durante questi ulteriori momenti di scambio di buone prassi tra partner locali. Le realtà del territorio saranno chiamate, oltre al confronto sulle metodologie formative e sui risultati delle fasi di ricerca precedenti, ad attingere al loro bacino d’utenza per coinvolgere donne inoccupate poco esperte nel campo dell’informatica. 3 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Parte 1 Origine del progetto: comunicare online Rita Bencivenga Il progetto Ciao!Women ha avuto origine da un Partenariato di Apprendimento6 intitolato CIAO! - Communication via It for Adults Online.7 Due incontri, a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, hanno portato all’ideazione del progetto CIAO! Il primo incontro nell’Ottobre del 2000 con Derrick De Kerckhove8 che, durante una conferenza, ha suggerito al sindaco di Rimini di installare alcuni schermi giganti nelle strade della città, di collegarli con analoghi schermi in altre città del mondo, e di tenerli accesi 24 ore al giorno, anche per mesi, per far sì che posti lontani potessero vivere uno accanto all’altro e le persone potessero vedersi e interagire. Il secondo, nel Novembre 2000 ad Amsterdam, ci ha fatto conoscere gli esperimenti di Sugata Mitra9, che in India ha posizionato, senza preavviso, alcuni chioschi multimediali collegati a Internet in zone poverissime, popolate da bambini e adolescenti che non sanno né leggere né scrivere, e ha dimostrato, videoregistrando quanto succedeva nei primi giorni che, senza che ci fosse nessuna interferenza da parte di “esperti” e senza alcun percorso di apprendimento formale o non formale, i bambini scoprivano rapidamente come navigare in Internet e memorizzavano percorsi di navigazione utili a 6 Un Partenariato d’apprendimento Grundtvig prevede attività di cooperazione tra organizzazioni impegnate nel campo dell’educazione degli adulti. 7 Il Partenariato ha avuto una durata di tre anni, dal 2001 al 2004, ed è stato cofinanziato dal Programma Socrates, azione Gruntvig 2 (Partenariati di apprendimento). 8 “La pelle della cultura” di Derrick De Kerckhove. Convegno “La bussola di Sindbad” Geografie umane del dialogo: onorare la saggezza, arricchirsi con le diversità. XXVI edizione delle Giornate Internazionali di studio Centro ricerche Pio Manzù - Rimini 28-30 ottobre 2000 www.piomanzu.com 9 “India, the Internet, and Non-Invasive Education” di Sugata Mitra. Convegno “Doors 6: Lightness” RAI Convention Centre, Amsterdam, 11 – 13 Novembre 2000. www.doorsofperception.com. Nel 2006, Mitra ha pubblicato il seguente Research Report (disponibile in Internet alla pagina http://mitpress.mit.edu/journals/pdf/ITID0204_pp041-060.pdf ) DANGWAL, JHA, A Model of How Children Acquire Computing Skills from Hole-in-the-Wall Computers in Public Places. © 2006 The Massachusetts Institute of Technology Information Technologies and International Development. Volume 2, Number 4, Summer 2005, 41–60. 4 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 ritornare sui siti preferiti anche a prescindere dal testo scritto. Alcuni mesi dopo, nel gennaio 2001, si è svolto a Manchester (UK) un incontro organizzato dalla locale agenzia Socrates, cui hanno partecipato enti e organizzazioni interessati a presentare progetti nell’ambito dell’Azione Grundtvig 2, Partenariati di apprendimento. Un gruppo di partecipanti inizialmente composto da cinque Partner10 ha trovato interessante l’idea di tentare di far comunicare persone che abitano in Paesi diversi, che non si conoscono, che non hanno necessariamente un interesse verso l’uso di tecnologie per comunicare o una anche minima conoscenza diretta di Internet e delle possibilità che offre. Incoraggiare l’educazione lungo l’arco della vita attraverso le nuove tecnologie: è un tema attuale, di cui si sente parlare e si legge quotidianamente. L’offerta formativa è vastissima, le possibilità sembrano moltissime ma, a ben guardare, cosa sappiamo delle persone adulte che, senza una conoscenza dell’uso del computer o di Internet, dovranno o vorranno, per motivi lavorativi o legati ad interessi personali, arrivare prima o poi ad usare degli strumenti tecnologici per comunicare? Chi si iscrive ai corsi di alfabetizzazione informatica o di riqualificazione professionale ha già compiuto una parte di percorso: sa (o pensa di sapere) cosa affronterà, ha idea degli usi che potrà fare di ciò che apprenderà. A noi invece interessava raggiungere coloro che non hanno dimestichezza con l’uso di tecnologie, con un’attenzione particolare alle donne, per poter scoprire che idea si sono fatti della possibilità, ad esempio, di comunicare via Internet, scoprire i loro timori, dubbi, aspettative non importa se realistici o no. Per poter parlare con queste persone, difficilmente identificabili, abbiamo deciso di portare delle postazioni multimediali in posti frequentati dai cittadini per le finalità più diverse (acquisti, svago, spesa quotidiana) e di collegare online i Paesi che partecipavano al progetto, in modo da dare alle persone l’opportunità di interagire, di scambiare due 10 Il primo anno il Partenariato era composto da: Associazione Alfabeti, Genova, Italia; Ridge Danyers College, Hibbert Lane, Marple, Stockport, United Kingdom; Action for Blind People, Carlisle, United Kingdom; Ikaalinen Adult Education Institute, Ikaalinen, Finland; Teachers Resource Center, Aarhus, Denmark. Il secondo e terzo anno il Partenariato era composto da: Associazione Alfabeti, Genova, Italia; Ridge Danyers College, Hibbert Lane, Marple, Stockport, United Kingdom; Teachers Resource Center, Aabenraa, Denmark; Znanie Association, Sofia, Bulgaria, Future Capital Foundation, Riga, Latvia. 5 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 chiacchiere sul tempo o sugli acquisti fatti, in tutta libertà. Abbiamo deciso di privilegiare piccoli negozi, supermercati, bar, centri ricreativi ecc., lasciando la scelta ai Partner del progetto ma concentrandoci in ogni caso su posti di solito frequentati con regolarità per ragioni legate alle attività della vita quotidiana. Unico vincolo posto è stato quello che le sedi prescelte fossero accessibili a persone disabili. L’idea iniziale era quella di lasciare le persone libere di interagire e di chiedere loro in un secondo momento di rispondere ad alcune domande volte ad esplorare la loro percezione dell’uso di tecnologie. Pensavamo che l’analisi delle interviste, unita all’osservazione di quanto sarebbe successo durante i collegamenti, ci avrebbe permesso di ottenere dati utili a identificare con quale terminologia, secondo quali modalità, con quali scopi prioritari offrire dei corsi sulle tecnologie e il loro uso. La ricerca dei locali in cui installare le postazioni ha portato a identificare a Genova, Italia, un negozio che vende articoli per la casa e la cucina, le cui proprietarie si sono interessate al progetto e l’hanno visto anche come veicolo pubblicitario per il loro negozio, offrendo quindi la massima disponibilità (tramite segnalazione dell’evento sul sito web del negozio, invio all’indirizzario dei clienti di una lettera che descriveva l’iniziativa, contatti con i giornali ecc.). In Finlandia, l’associazione Partner del progetto situata in una cittadina abbastanza piccola aveva nel frattempo identificato come punto di riferimento il supermercato locale. In base agli orari e ai giorni di apertura dei due negozi e al fuso orario diverso (un’ora in più in Finlandia rispetto all’Italia) si è deciso un collegamento di sei ore al giorno, dalle ore 10.00 alle 16.00. Ai fini della buona riuscita dei lavori abbiamo valutato importante che fosse presente qualcuno per facilitare l’interazione fra le persone, in grado di tradurre dall’italiano in inglese e viceversa, ma anche dal finlandese all’italiano e viceversa, per coloro che non parlano inglese. Grazie ad un contatto con il consolato Finlandese a Genova, avviato per pubblicizzare il progetto e segnalarlo a persone Finlandesi residenti a Genova, è stato possibile trovare una studentessa finlandese, in Italia per motivi di studio e lavoro, che si è prestata ad aiutare l’interazione fra i clienti dei due negozi. Nei due mesi precedenti il collegamento abbiamo scambiato (via Internet) foto dei rispettivi negozi che sono state usate per creare dei tabelloni che aiutassero a illustrare il 6 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 progetto durante i giorni dell’incontro online. Inoltre, tramite posta normale, sono stati scambiati depliant e brochure turistici (Genova e la Liguria da un lato, Ikaalinen e la Finlandia dall’altro) che sono stati anch’essi messi a disposizione nei negozi. Le prove tecniche sono durate circa tre ore, per il collegamento si è deciso di utilizzare Messenger di Hotmail, aprendo due indirizzi e-mail per i rispettivi negozi e utilizzandoli per il collegamento. Nel frattempo sono state preparate le domande per le interviste, che sarebbero state registrate: ci interessava infatti essere certi delle parole utilizzate dalle persone in quanto avrebbero costituito un elemento importante per l’organizzazione dei corsi sulle Tecnologie per l’Informazione e la Comunicazione (TIC), permettendo di tenere presente la terminologia familiare a chi non ha conoscenza nell’uso dei computer o di Internet. La tipologia dei due negozi ha fatto sì che la maggior parte delle persone intervistate fossero donne e le interazioni sono state numerose, anche se, in entrambi i Paesi, è stato necessario stimolare le persone, in quanto spontaneamente erano restie a chiedere informazioni o ad avvicinarsi ai computer. Per quanto riguarda le interviste, invece, abbiamo riscontrato la massima disponibilità. Una seconda settimana di collegamento si è svolta qualche mese dopo, fra Genova e un piccolo supermercato in Danimarca che si trova a Lindeballe, un piccolo centro ad un’ora di macchina da Aarhus. Il negozio serve una comunità di circa cento famiglie, sparse nella campagna circostante. La direttrice del negozio ha creato in un locale adiacente al supermercato un punto di ristoro dove i clienti possono sedersi a chiacchierare e a bere qualcosa in occasione delle visite al negozio. Il locale è attrezzato con due postazioni Internet che i clienti possono utilizzare gratuitamente. Dal momento che l’afflusso al negozio danese era ovviamente molto minore rispetto al supermercato finlandese, abbiamo deciso di effettuare questa volta un collegamento di durata più breve (due ore al giorno) ma focalizzato a delle attività di scambio informazioni. Naturalmente, vista la tipologia di negozi e la clientela di entrambi, la scelta è caduta sullo scambio di ricette e informazioni sulle rispettive cucine locali. A seguito di difficoltà con il collegamento video, durante la seconda settimana abbiamo attivato solo i contatti via testo, cosa che ha sorprendentemente avuto una ricaduta 7 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 positiva, in quanto le persone si sono sentite molto più libere di interagire e molto meno bloccate dalle difficoltà legate all’uso della lingua inglese. Grazie alla collaborazione con i partner danesi, che avevano una persona presente al negozio ed un’altra negli uffici dell’Istituto e alla sollecita preoccupazione del coordinatore inglese del progetto, che si collegava quotidianamente per avere informazioni, si sono creati momenti di scambio molto divertenti per tutti. Le persone chiacchieravano fra loro nei due negozi, le ricette venivano inviate sotto forma di files via Messenger, con le webcam scattavamo fotografie dei clienti che interagivano e inviavamo le loro foto durante la conversazione, in modo che le persone vedessero con chi stavano parlando, contemporaneamente il partner Danese, in ufficio, aggiornava in tempo reale le pagine del sito web, inserendo le ricette, le foto, le schermate con le conversazioni. Il coordinatore inglese, che si collegava dal suo ufficio tutti i giorni per avere informazioni sui problemi tecnici, ha deciso che, dal momento che era in corso uno scambio di ricette, tanto valeva metterle a disposizione anche dei colleghi, così le stampava e appendeva nella bacheca dell’Istituto. Quando un ingrediente era poco noto, facevamo una ricerca in Internet per trovare delle foto e inviarle, quanto il nome di un attrezzo di cucina era intraducibile scattavamo una foto e la mandavamo in rete. Alla fine della settimana, avevamo raccolto altre interviste, cucinato piatti nuovi, visto le foto delle persone con cui avevamo chiacchierato, promesso chiarimenti e altre ricette per le settimane successive. Le interviste che hanno portato al progetto CIAO!Women Abbiamo deciso di porre poche domande e di lasciare parlare liberamente le persone, registrando quando dicevano e trascrivendolo fedelmente. Ci interessava la terminologia usata da chi non ha confidenza con il web e volevamo che le persone fossero libere di esprimere liberamente aspettative, dubbi, preoccupazioni. 8 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Domande 1) Usa Internet? Se NO: 1b) Cosa pensa si possa fare con Internet? 2b) Che cosa le interesserebbe fare con Internet? 3b) (In base a ciò che sa) c’e’ qualcosa che teme, che la lascia perplesso/a o non le piace o trova poco interessante? 4b) Intravede delle difficoltà, se incominciasse ad utilizzare Internet? Quali? Se SI: 1a) Per cosa lo trova utile e/o interessante? 2a) C’è qualcosa che non le piace o che non le interessa in Internet? 3a) Ha incontrato delle difficoltà iniziali nell’utilizzo di Internet? 4a) C’è qualcosa che le piacerebbe fare con Internet e che ancora non fa - perché non è capace o non sa se sia possibile? Con alcune persone, al termine dell’intervista, è stato possibile avviare una conversazione a proposito delle possibilità offerte da Internet, mostrare loro alcuni siti legati a temi che trovavano interessanti (in genere musei, siti di cucina e di viaggio). Durante le due settimane sono state raccolte 51 interviste: Donne Uomini Totali 39 12 Età 26/85 28/66 Usano Internet 26 10 36 2 15 Non usano Internet 13 51 Analisi delle interviste di CIAO! 11 In totale, quindi, cinquantuno interviste: 15 persone (di cui 13 donne) hanno dichiarato 11 Chi fosse interessato a leggere i report integrali del progetto CIAO! Li potrà scaricare dai link presenti sulla home page del sito www.studiotaf.it 9 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 di non saper usare Internet e 36 (10 uomini e 26 donne) di saperlo usare anche se quasi tutte le donne chiariscono che sono agli inizi o lo usano poco. Il fatto di avere molte interviste realizzate con donne è stato positivo, ai fini di quanto ci interessava indagare. É noto come in generale le donne che usano Internet siano in numero inferiore agli uomini e come, di conseguenza, molti siti e molti servizi prevedano un target in prevalenza maschile. Chi non usa internet Donne Le 13 donne che dichiarano di non usare Internet segnalano, fra ciò che pensano si possa fare con Internet, le cose più svariate, esprimendo spesso l’idea di utilità del mezzo e l’enorme vastità di argomenti e servizi disponibili. Quanto indicato nella prima risposta viene in genere rispecchiato nella seconda, in cui viene chiesto di specificare cosa interesserebbe loro in modo particolare: fra i temi indicati, arte, medicina e salute, medicina olistica, ricerca di informazioni, gestioni di conti correnti bancari online, “conoscere parti del mondo lontane, parlare con persone che vivono in maniera diversa dalla mia”, “prima di tutto chattare con i miei parenti che sono lontani, all’estero”. Poi “andare sui giornali del mio paese”, “prendere le informazioni che mi interessano”, informazioni sui viaggi. Una sola intervistata esprime un parere negativo, “ritengo di avere già abbastanza cose che mi creano problemi, non mi sembra il caso di aggiungerne un’altra” ma la persona segnala nelle altre risposte di non essere un’amante della tecnologia, ma piuttosto una “fautrice della manualità” e segnala che comunque non pensa che incontrerebbe difficoltà nell’apprendere l’uso di Internet e delle tecnologie collegate. Tra i timori e le perplessità vengono segnalate la solitudine, legata anche al telelavoro visto come mancanza di contatti con i colleghi, o, al contrario, “Che invada la famiglia e tolga tempo da dedicare alla famiglia”, anche se altre voci, forse più realisticamente, indicano come pericoloso l’uso eccessivo, non l’uso in sé. I temi della privacy vengono affrontati: “non mi preoccupa che sappiano che sto visitando quel particolare sito” o, al contrario, “Ho paura per la privacy, ho proprio l’ossessione di essere controllata” oppure “Invade troppo la vita privata: c’è troppa conoscenza di tutto e di tutti, uno si sente 10 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 osservato”. Una sola intervistata esprime dubbi circa l’uso della carta di credito, due preoccupazioni per i rischi che possono correre i bambini e una esprime perplessità in merito ai siti pornografici. In merito alle difficoltà che si potrebbero incontrare nell’apprendere l’uso di Internet, cinque donne citano difficoltà nei confronti degli aspetti tecnici oppure cognitivi, alcune parlano di pigrizia, più che di difficoltà oggettive, sei hanno idee positive a riguardo. Una sola donna cita difficoltà nella matematica e nel calcolo, cosa che pensa potrebbe ostacolarla. Uomini I due uomini che dichiarano di non saper usare Internet fanno riferimento entrambi all’interesse che potrebbe rivestire per il loro lavoro e uno cita la possibilità di chattare. Non segnalano timori o preoccupazioni ed entrambi hanno aspettative positive riguardo ad apprendere l’uso. Chi usa Internet Donne Ventisei donne dichiarano di saper usare Internet, ma la maggioranza specifica di avere competenze limitate. La prima domanda era “Per cosa lo trova utile e/o interessante?” Una risposta riassume le altre: “Tutto: documentarsi, leggere, informarsi, lavorare, comunicare, capire, qualsiasi cosa…” In effetti, a fronte di dichiarazioni iniziali di una scarsa competenza, la gamma di attività che viene indicata è molto ampia, con punte su argomenti quali l’arte, i viaggi, o, naturalmente, l’uso per motivi di lavoro. La seconda domanda (C’è qualcosa che non le piace o che non le interessa in Internet?) era, come le altre, volutamente generica e in nessun modo sono stati dati suggerimenti alle persone o è stata attirata la loro attenzione su temi specifici. “Lo uso solo per lavoro, perché non ho tempo, cerco di andarci il meno possibile. Non mi interessa assolutamente stare dietro al computer, non sono una che si perde a navigare, cerco quello che mi serve e basta” oppure “Internet non mi piace e non lo uso per scelta: lo trovo freddo, non dà nessun tipo di rapporto umano, trovo che non sia comunicativo. La comunicazione via e-mail è fredda, 11 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 essenziale, non è più lo scritto”, sono due esempi di commenti negativi, ma costituiscono la netta minoranza. Per il resto, solo una intervistata cita problemi legati alla privacy (essere “visti” quando si entra nei siti), due segnalano timori legati a problemi tecnici, cinque affrontano il tema pedofilia/pornografia, e tre parlano esplicitamente di fastidio nei confronti di immagini di donne nude o quasi che si incontrano un po’ in tutti i siti. Due donne segnalano il fastidio di trovarsi in siti che cambiano spesso immagine, o in cui si ha la sensazione di essere mandati da un link all’altro, con finestre che si aprono automaticamente. La terza domanda era relativa alle difficoltà iniziali incontrate nell’uso di Internet. 13 intervistate hanno segnalato di non aver avuto o di aver avuto pochi problemi e di non avere quasi incontrato difficoltà. Ovviamente andrebbe approfondito con queste persone il tipo di uso che fanno in modo da comprendere meglio se si tratta di un’effettiva facilità oppure di un uso limitato delle possibilità offerte da Internet. Poche donne citano programmi o aspetti specifici, la maggior parte fa riferimenti ai sistemi di posta elettronica e ai motori di ricerca. Le difficoltà nelle ricerche, in particolare nell’utilizzo dei motori di ricerca, sono quelle più segnalate. Esempio “Un po’ sì: mi ha creato difficoltà il fatto che venga dato questo spettro amplissimo di possibilità, per cui uno deve ridurre, e poi ridurre ancora. Se fosse possibile avere due o tre coordinate più specifiche immediatamente e non dover fare sette o otto passaggi per arrivare proprio a quello che si cerca. Se fossero un po’ più semplici nella selezione sarebbe molto meglio, perché si perde molto tempo.“ Paradossalmente, donne che hanno dichiarato di essere agli inizi e di avere poca competenza, danno poi descrizioni abbastanza complesse delle difficoltà che incontrano nel fare ricerche. Alcune affermazioni meriterebbero un approfondimento perché potrebbero essere utili nel diffondere una comunicazione più realistica in merito a Internet “mi spaventa tutto ciò che è tecnologico, anche se mi rendo conto che è estremamente utile. Io sono più creativa che tecnologica, quindi preferisco non sviluppare troppo [questo aspetto]”. La quarta domanda “C’è qualcosa che le piacerebbe fare con Internet e che ancora non fa - perché non è capace o non sa se sia possibile?” avrebbe potuto dare spazio a 12 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 proposte creative, a idee magari originali. Due intervistate citano l’interesse a imparare a realizzare un sito, un’altra cita il software Acrobat Reader, le altre segnalano di non avere interessi particolari, anche se molte pensano che ciò sia dovuto a una scarsa conoscenza del mezzo. Uomini Alla prima domanda (Lei usa Internet?) le risposte sono in genere più concise rispetto a quelle date dalle intervistate. Fra gli usi citati, prevalgono l’uso di posta elettronica e i file musicali, oltre naturalmente all’uso prettamente lavorativo. Alla seconda (C’è qualcosa che non le piace o che non le interessa in Internet?) un solo intervistato cita i siti pornografici, due le difficoltà d’uso dei motori di ricerca, una sola persona fa una critica a un certo tipo di utilizzo “Non mi piace la gente che finalizza il tempo libero all’uso di Internet o del computer in generale”. Un aspetto che differenzia notevolmente le risposte maschili da quelle femminili è il fatto che gli uomini citano, usando una terminologia corretta, problemi più tecnici “cookies”, “spamming”, “trading online”, “firme elettroniche standard”, “firewall”. Va ricordato il fatto che molte donne intervistate dichiaravano di essere agli inizi nell’uso di Internet, quindi certamente sono meno a conoscenza di aspetti più sofisticati, certamente, però, quando gli stessi problemi vengono citati, la terminologia per descriverli è diversa. Solo una persona cita difficoltà nell’apprendimento dell’uso di Internet, in risposta alla terza domanda. La quarta domanda, ricordiamo, era “C’è qualcosa che le piacerebbe fare con Internet e che ancora non fa perché non è capace o non sa se sia possibile?” A questa domanda la maggior parte degli intervistati ha collegato la risposta ad un uso lavorativo, creare siti per presentare la propria attività, risparmiare viaggi di lavoro, lavorare da casa. In genere si avverte una generale fiducia circa il fatto che, anche se non si conosce qualcosa, nel momento in cui si dovesse decidere di apprenderlo, non ci sarebbero problemi. 13 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Conclusioni Nel condurre le interviste volevamo evitare di creare delle gabbie che costringessero le persone a dare risposte limitate. Non sapevamo quali nostri eventuali preconcetti avrebbero potuto filtrare nelle domande. Il numero ridotto di interviste non ha offerto grandi possibilità di analisi, ma ci ha offerto alcuni spunti di riflessione. - Innanzitutto sarebbe importante condurre delle ricerche approfondite, con strumenti e risorse adeguati, al fine di indagare sulla percezione che hanno di Internet gli adulti che non hanno particolari conoscenze nel settore. Una certa uniformità nelle risposte, specie da parte di chi non conosce Internet, ci ha fatto desiderare di poter analizzare più in dettaglio certe affermazioni, mutuate apparentemente da informazioni che circolano sui mass-media, inevitabilmente generiche e confuse, sia in senso positivo che in senso negativo. L’impatto che i mass-media possono avere nel promuovere un uso realistico e consapevole di Internet è notevole. Sarebbe auspicabile arrivare a definire delle “buone prassi” sensibili ai discorsi di genere. - La sensazione generale che affiora nella lettura delle interviste è quella di un approccio positivo, di grande interesse e disponibilità nei confronti di Internet. Anche la sensazione di facilità nell’uso sembra essere diffusa: ma potremmo chiederci se si tratta di una facilità reale legata a una effettiva usabilità o non, piuttosto, ad un uso generico, che, vista l’abbondanza dell’offerta, “si accontenta” rinunciando ad affrontare alcune difficoltà che si incontrano in un uso più approfondito o specifico. All’inizio del nostro percorso ci eravamo domandati: nell’ottica di elaborare proposte formative, siamo certi di conoscere le esigenze e gli interessi di adulti ancora lontani dal mondo di Internet? Siamo certi che useremo una terminologia, che ci focalizzeremo su modalità organizzative o di contenuto comprensibili, interessanti, in grado di “agganciare” i futuri corsisti? Dopo aver analizzato le interviste (nel corso del secondo anno del Partenariato CIAO!), abbiamo ritenuto opportuno proseguire sulla nostra strada continuando a parlare con le persone e chiedendo loro di raccontarci le loro sensazioni, paure, timori. Nuovamente, il materiale raccolto ci ha offerto lo spunto per riflessioni interessanti, ed ha arricchito le 14 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 nostre attività professionali e il nostro rapporto personale con il computer. Gli spunti e le idee raccolti nel corso dei tre anni di lavoro ci hanno stimolato ad ipotizzare un progetto di più ampio respiro, che abbiamo deciso di intitolare CIAO!Women, in quanto rivolto interamente alla percezione che le donne hanno delle tecnologie informatiche. 15 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Donne e tecnologie Rita Bencivenga Il progetto CIAO! WOMEN è volto ad indagare i bisogni educativi specifici di donne adulte in relazione alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). É necessario ideare approcci innovativi capaci di rispondere al bisogno crescente di facilitare l’accesso di donne che lavorano o che sono fuori dal mercato del lavoro (per scelta personale o per motivi familiari) a percorsi educativi: • tagliati su misura dei loro desideri specifici; • rispondano ai loro bisogni; • non necessariamente siano mirati ad un uso lavorativo. D’altra parte, la rivoluzione informatica non può mantenere o peggiorare le disuguaglianze di genere, né le disuguaglianze esistenti possono permanere alla base di presunte abilità differenti di donne e uomini nei confronti della tecnologia. Considerazioni generali Le numerose ricerche sulla relazione fra donne e tecnologie condotte nell’ultima decade in numerosi paesi europei ed extraeuropei hanno dimostrato il bisogno di smantellare lo stereotipo infondato di una distanza fra le donne e la tecnologia. Però se consultiamo, per fare solo un esempio, il Glossary Of Adult Learning In Europe, a cura dell’European Association for the Education of Adults (EAEA), e dell’UNESCO Institute for Education (UIE), Hamburg, 1999, con il supporto della Commissione Europea, Programma Socrates Programme, troviamo che esso non contiene termini come "gender", "donne", "discriminazione di genere". Sfortunatamente la nostra esperienza ci dice come ciò non sia dovuto al fatto che non vi sono aspetti specifici da considerare in relazione al tema donne e apprendimento, ma alla mancanza di consapevolezza di queste specificità, mancanza che spesso si traduce in conseguenze negative per le donne. Non prendere in considerazione un problema non significa che tale problema non esista. Inoltre concetti come “computer indossabili”, “artefatti nella co-costruzione di identità”, “penetrazione della tecnologia informatica negli oggetti della vita quotidiana”, “identità multiple e differenziate”, ecc. sono tutti temi di attualità per i cosiddetti “esperti”, ma 16 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 sono ancora lontani dai classici schemi educativi per adulti, donne in particolare. Infine, mentre poche applicazioni tecnologiche sono disegnate tenendo conto di specificità di genere, le TIC possono indirettamente avere effetti profondi sui ruoli di genere, l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne. Tenendo presente tutto ciò, ci siamo poste le seguenti domande: • nella realizzazione di percorsi formativi, siano essi formali o no formali, per un target femminile, siamo in grado di capire i bisogni e gli interessi di chi è ancora lontano dal mondo della tecnologia informatica? • Sappiamo usare una terminologia che abbia un senso alle orecchie dei destinatari? • Corriamo il rischio di presentare i corsi e le attività formative in modi che siano appropriati solo per coloro che hanno confidenza con il mondo dell’informatica ma escludono coloro che non hanno questa familiarità e che non hanno neanche quelle conoscenze generiche comuni a tutti coloro che sono nati in un’epoca in cui i computer erano già parte della quotidianità? o E, soprattutto, c’è il rischio che gli stereotipi sulla relazione fra donne e tecnologie possano influenzare coloro che programmano attività educative? Abbiamo pertanto ritenuto importante fare ricerche più approfondite, usando strumenti appropriati, per investigare come donne adulte che non abbiamo conoscenze specifiche del “mondo delle TIC” lo percepiscono. Volevamo raggiungere che non hanno competenze specifiche per comprendere la loro idea delle TIC e poter di conseguenza parlare un linguaggio che fosse in grado di stimolare il loro interesse. Non crediamo che il tipico corso di alfabetizzazione informatica sia in grado di suscitare questo interesse, m crediamo che sia possibile basare i percorsi formativi su metodi e contenuti che promuovano una transizione dall’alfabetizzazione informatica alla comprensione di ciò che i computer e il loro uso rappresenteranno nella vita di tutti i giorni nel giro di poco tempo. Una porta di accesso a questa soluzione ci sembra essere il fatto che è stato dimostrato come la computerfobia di molte donne fosse inizialmente legata alla mancanza di prodotti (hardware o software) che potessero interessare le donne in modo particolare. Cherry Turkle, docente di sociologia al MIT a Boston nel suo libro “La vita sullo schermo: Identità nell’era di Internet” è stata fra le prime a descrivere come le donne hanno 17 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 iniziato ad avvicinarsi alle TIC quando hanno smesso di vedere il computer come uno strumento di programmazione e hanno iniziato a vederlo come un sistema capace di facilitare la comunicazione. Scopi del progetto CIAO!Women si inserisce in un percorso suggerito dal successo di pratiche sviluppate da donne nel settore dell’educazione degli adulti e sull’attivazione di processi di empowerment. Un salto di qualità è necessario al fine di ottenere la qualità e le opportunità idonee a donne adulte per diminuire il gender digital divide. Il progetto ha tre scopi principali: 1) Sviluppare dei percorsi che facilitino la creazione di corsi che tengano conto di un’ottica di genere, 2) Contribuire a cambiare l’immagine delle donne adulte in relazione alle TIC agli occhi dei media, aiutandoli a superare un punto di vista obsoleto che, a giudicare dalle interviste realizzate nel partenariato di apprendimento CIAO! (vedi capitolo precedente) non corrisponde alla realtà; 3) Introdurre un approccio più avanzato alla formazione permanente nel campo delle tecnologie che faccia fare un salto di qualità rispetto ai corsi tradizionali ormai obsolete. Nei capitoli che seguono viene descritto il percorso di ricerca ed i suoi risultati: abbiamo identificato otto punti chiave da tenere presenti nella riflessione sui futuri percorsi formativi. 18 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 La mia ferramenta.12 Le donne e i loro rapporti con le tecnologie informatiche Lara Corradi e Antonia De Vita Unione Europea e riflessione femminile: un rapporto difficile. L’Unione Europea ha ribadito più volte la necessità e l’opportunità di affrontare il tema delle pari opportunità e, aggiungiamo noi, della differenza di genere. Basta far riferimento al protocollo di Maastricht per vedere con quale enfasi la questione venga posta: infatti, da un lato si continuano a sostenere, anche attraverso azioni innovative rispetto al passato, le azioni positive e le misure di promozione della presenza femminile nell’istruzione e nel mercato del lavoro; dall’altro, si incentiva l’assunzione dell’approccio di mainstreaming in tutte le politiche attraverso l’integrazione sistematica della prospettiva di genere in ciascun asse d’intervento del Quadro Comunitario di Sostegno e dei singoli Programmi Operativi. Ma cosa significa, in pratica, tenere conto delle raccomandazioni dell’UE in relazione alle tematiche di genere e alla promozione delle Pari Opportunità? Quali criteri seguire nell’organizzare attività di progettazione, ricerca, valutazione, nello stilare questionari e nel realizzare analisi di bisogni per valorizzare gli aspetti legati al genere? Come conciliare le esigenze e le peculiarità di tutti, donne e uomini, nelle varie attività che fanno parte di progetti di ricerca nel vasto campo della formazione e dell’educazione adulta? Al fine di farsi carico di questi quesiti e nel tentativo di individuare un percorso in grado di tenere aperta la questione senza schiacciarla in soluzioni veloci e semplicistiche che risulterebbero necessariamente riduttive e inefficaci, riteniamo sia importante trovare il modo di incrociare il sapere guadagnato dalla riflessione delle donne in questi ultimi due secoli in termini di uso del linguaggio, pratiche, e modelli di educazione adulta e di formazione, e le direttive europee sopra citate. Tale incontro appare nella sua assoluta necessità e importanza soprattutto se si pensa ai cambiamenti che l’ingresso massiccio delle donne ha comportato nel mondo del lavoro, dove si parla di femminilizzazione del lavoro e dove la forte presenza di imprese sociali, soprattutto a 12 Il termine ferramenta è portoghese ed è stato utilizzato da una donna intervistata per indicare la tecnologia informatica. 19 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 governo femminile, ha aperto nuovi scenari di cui non è più possibile non tenere conto. Il taglio epistemologico con cui abbiamo affrontato questo progetto ha posto dunque al centro, come base e punto di partenza, la categoria della differenza sessuale come paradigma non neutro nella creazione del pensiero, del discorso, dell’agire in educazione e nella formazione. Il pensiero della differenza sessuale ha mostrato in termini di riflessione teorica e di ripensamento di azioni e proposte la necessità di non neutralizzare la differenza femminile e maschile in un orizzonte emancipazionista, di parità tra uomini e donne che identifica e schiaccia la libera espressione della differenza sessuale sulla discriminazione tra uomini e donne e sulla rivendicazione dei diritti. Indagando i meccanismi apparentemente neutri che stanno alla base dei dispositivi discorsivi della pedagogia e delle pratiche educative, riteniamo sia possibile far dialogare e interagire tra loro due mondi che altrimenti seguirebbero binari paralleli che difficilmente si incontrano. Ci interessa far dialogare i linguaggi e le pratiche politiche e sociali elaborate dalle donne negli ultimi trent’anni con i linguaggi e le pratiche istituzionali legati all’UE che hanno fortemente orientato e influenzato le politiche dirette alle donne. Ci auguriamo così di poter ottenere il risultato per noi forse più significativo: riuscire ad incrociare e far dialogare tra loro le buone prassi individuate da entrambi questi importantissimi attori sociali, per rendere più efficaci gli interventi futuri, relativamente alla ricerca, alla progettazione, alla formazione e all’educazione con e per donne con effetti positivi validi per orientare la formazione rivolta a donne e a uomini. La riflessione femminile tra Pari Opportunità e femminismo della differenza Il femminismo13 vede la sua prima vera formulazione con la pubblicazione nel 1792 a Londra del libro Vindication of Right of Woman, scritto da Mary Wollstonecraft. Bisogna far riferimento al quadro culturale e teorico illuminista per comprendere il contesto entro cui questo testo nasce; infatti, l’autrice colloca le istanze di liberazione, parità sociale e politica delle donne nel più generale contesto del programma illuminista 13 L’uso del termine femminismo in questo contesto e con questa accezione va contestualizzato. Questo termine compare per la prima volta solo nel 1895 e quindi parlarne per un testo di fine Settecento risulta anacronistico. Tuttavia questa scelta si giustifica volendo riunire in un unico termine fasi storiche differenti, così come posizioni differenti e molteplici che negli ultimi decenni del Novecento sono risultate spesso in conflitto. L’impiego del termine indica dunque quel movimento di pensiero che si è sviluppato a partire da questo testo, facendosi carico della differenza sessuale come categoria ontologica dell’essere umano, ma che si è poi declinato in maniera differente a seconda dei Paesi e delle condizioni storico-culturali in cui si è sviluppato. 20 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 dei Diritti dell’Uomo. Scriveva la Wollstonecraft: “è ora di effettuare una rivoluzione nei modi di vivere delle donne – è ora di restituir loro la loro dignità perduta – e di far sì che esse, come parte della specie umana, operino, riformando se stesse, per riformare il mondo”14. Da questa citazione appare evidente che ciò che viene rivendicato dalla Wollstonecraft è la possibilità per le donne di avere un ruolo attivo nel cambiamento della loro esistenza, un ruolo centrale nel migliorare una condizione socioculturale in cui non solo le donne non godevano di pari diritti e dignità rispetto agli uomini, ma erano anche, in nome della loro “naturale” inferiorità, escluse completamente dalla dimensione pubblica del sapere e del potere che veniva invece riservata agli uomini, e relegate senza alcuna possibilità di scelta nella dimensione privata della cura e degli affetti, in cui la loro educazione e intelligenza non aveva alcun peso e quindi veniva trascurata. Partendo dalla semplice constatazione che “appartenere al sesso femminile, nascer donne piuttosto che uomini, significa trovarsi al mondo in una posizione di inferiorità, oppressione e svantaggio”15, la Wollstonecraft rivolge una critica molto dura e profonda alla vis,ione patriarcale della società a lei contemporanea, rea di giustificare e perpetrare una costruzione socioculturale che si basava e aveva il suo fondamento nella superiorità maschile e nella conseguente inferiorità femminile. In altre parole, ciò che l’autrice londinese criticava era la visione sessista del mondo, secondo cui “la differenza sessuale funziona come principio di discriminazione fra un sesso dominante e un sesso dominato”16, secondo cui il fatto stesso che il genere umano sia fatto di uomini e di donne giustifica di per sé il ruolo di dominio del sesso maschile a scapito di quello femminile, ritenuto inferiore e debole. Tuttavia, sarebbe un errore ritenere che il sessismo criticato dalla Wollstonecraft alla fine del Settecento fosse una caratteristica storica esclusiva di quel periodo: infatti, come sostenuto da molte femministe contemporanee, “esso ha la stessa estensione della tradizione occidentale e tende a coincidervi. Anzi, è addirittura uno dei fondamenti di questa tradizione: nel senso che, sin dalla sua origine greca, la supremazia dell’uomo sulla donna viene praticata e teorizzata come un principio naturale e, pertanto, giusto”17. 14 Mary Wollstonecraft, I diritti delle donne, Penguin, London 1992, p. 133. Adriana Cavarero, Il pensiero femminista. Un approccio teorico, in F. Restaino, A. Cavarero, Le filosofie femministe, Paravia, Torino 1999, p. 111. 16 Idem, p. 113. 17 Idem, p. 113. 15 21 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Per tale motivo, la critica femminista e femminile all’ordine patriarcale e sessista nel corso degli ultimi due secoli continua e affronta di volta in volta ambiti diversi: si va dalla pedagogia alla filosofia, dalla psicologia al diritto, etc. Ciò nonostante, “l’uomo è, per la maggior parte dei filosofi, il termine di confronto, il metro di misura, il criterio di identità dell’essere umano, mentre la donna è caratterizzata solamente in negativo, come ciò che si discosta da questo ideale”18. Il movimento femminista degli inizi, ha dovuto concentrare le sue forze nella lotta per il miglioramento delle condizioni di schiavitù in cui molte donne di quei periodi storici erano costrette a vivere; ciò “ha ‘costretto’ gran parte del femminismo ‘storico’ fra Ottocento e Novecento, il quale ha trovato espressione esplicita soprattutto nella lunga fase delle lotte per il suffragio femminile, a collocarsi entro la ‘gabbia’ moderna della battaglia per l’uguaglianza dei diritti, a partire dal diritto di voto: tale femminismo si è proposto di far leva sui principi egualitari di matrice illuminista tipici delle democrazie moderne e di rivendicare il voto sulla base dell’uguaglianza delle donne con gli uomini”19. Un’uguaglianza ipotetica e velleitaria che, sebbene avesse avuto una sua importanza e un suo valore nel preciso momento storico in cui era stata formulata e avesse portato a innegabili e importanti cambiamenti nell’esistenza di molte donne tra Ottocento e Novecento, con la Prima e soprattutto la Seconda Guerra Mondiale risulta agli occhi di molte riduttiva, non significativa, e comunque non sufficiente. Uguaglianza o differenza? È per prima Virginia Woolf a mettere in parola e a parlare esplicitamente non più della necessità di riconoscere l’uguaglianza delle donne rispetto agli uomini, ma di riconoscere che esiste una differenza femminile che è semplicemente diversa, non necessariamente inferiore: “forse non si tratta né di un pensiero né di un emozione, ma di qualcosa di più profondo, di più fondamentale. Di una differenza, forse. E diversi lo siamo, come hanno dimostrato i fatti, per sesso ed educazione. È da quella differenza, ancora una volta, che può venirvi l’aiuto, se aiutarvi possiamo, per difendere la libertà, per prevenire la guerra”20. Una differenza dalla quale ripartire per trovare un nuovo modo di stare al mondo, un modo che non si fondi più sulla sopraffazione di un sesso 18 19 20 Wanda Tommasi, I filosofi e le donne, Tre Lune Edizioni, Mantova 2001, p. 35. Idem, p. 15. Virginia Woolf, Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1984, p. 141. 22 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 sull’altro, ma che sia capace di farsi guidare dal difficile equilibrio tra queste due differenti espressioni dell’umanità: differenza femminile e differenza maschile. Simone De Beauvoir, un’altra esponente molto significativa del primo femminismo, sviluppa la sua riflessione collocandosi sul versante del femminismo paritario in quanto sostiene che non esiste una differenza femminile da valorizzare, ma l’essere donna non è altro che una costruzione socioculturale che in quanto tale va modificata: “donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l’aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell’uomo; è l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna”21. È una costruzione che è estremamente difficile da modificare perché le donne stesse sono complici di questa visione che le pone in una posizione secondaria, inferiore: “quando l’uomo considera la donna come l’Altro, trova dunque in lei una complicità profonda. Così la donna non rivendica se stessa in quanto soggetto perché non ne ha i mezzi concreti, perché esperimenta il necessario legame con l’uomo senza porne la reciprocità, e perché spesso si compiace nella parte dell’Altro”22. Parliamo di femminismo della differenza riferendoci in particolare a quell’esperienza, soprattutto italiana, francese, spagnola e sudamericana, che in polemica con il più classico femminismo paritario di tradizione nordeuropea e americana, non legge la differenza femminile esclusivamente come discriminazione sessuale, come un difetto da colmare, ma come una potenzialità, come una diversità costitutiva che proprio nel suo essere diversa/differente costituisce una risorsa possibile. Il paradigma della differenza sessuale deve la sua origine ad un gruppo di psicanaliste che, criticando l’impianto psicoanalitico tradizionale, in particolare quello freudiano, constatarono che nel corpus della tradizione vi era un vuoto, un vuoto di elaborazione e rappresentazione del significato profondo dell’essere donna. A partire da questa iniziale constatazione, questo gruppo di donne si spinse oltre nella riflessione arrivando alla conclusione – che poi costituirà anche il punto di partenza per gran parte della riflessione femminile successiva – che fosse necessario individuare un nuovo ordine simbolico di matrice femminile. Tali idee si diffusero in gran parte dell’Europa e Sud 21 22 Simone De Beauvoir, Il secondo sesso, Il Saggiatore, Milano 1961, vol. II, p. 15. Idem, vol. I, p. 20. 23 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 America, e iniziarono a circolare amplificate e modificate: “negli anni settanta, comunque, il paradigma della differenza sessuale viene messo a punto in Francia, da Politique et Psychanalyse, in Italia da alcune femministe raccolte intorno a Carla Lonzi e al gruppo di ‘Rivolta femminile’: in seguito, l’eredità di tali gruppi è stata raccolta, in Francia, da Luce Irigaray, Julia Kristeva e Helene Cixous, e, in Italia, da Lia Cigarini e dalla Libreria delle donne di Milano e da Luisa Muraro e dalla comunità filosofica femminile ‘Diotima’. Il pensiero della differenza femminile ha inoltre avuto risonanza in Germania, in Spagna e in America latina”23. Il pensiero della differenza sessuale: l’esperienza italiana Il femminismo della differenza parte dalla presa d’atto dell’innegabile differenza tra uomini e donne: differenza che è analizzata e affrontata nella sua interezza, non essendo possibile per queste pensatrici ridurla né a semplice dato biologico e tanto meno a semplice costruzione sociale come il pensiero del ‘gender’ tende a fare24. A partire da questa differenza iniziale e costitutiva, il femminismo della differenza si interroga sulla possibilità che questa caratteristica ontologica possa costituire una potenzialità per entrambi i sessi che costituiscono il genere umano, donne e uomini. È una differenza, un essere diverse quella di cui si parla nel femminismo della differenza, che pone le donne fuori/a lato di quella competizione per omologarsi al modello maschile e primeggiare, per dimostrare di non essere mancanti, inferiori, ma solamente diverse dal sesso maschile a cui non ritengono più necessario uniformarsi – cosa che invece è molto presente nella riflessione emancipazionista. A creare resistenza rispetto alla possibile accettazione di questa nozione di differenza intesa come arricchente, contribuisce il fatto che in Occidente il concetto di differenza è sempre letto nell’ottica dell’identità, quindi come una mancanza rispetto ad un modello dato: “Manca, nella modernità, un concetto libero di differenza, tale che essa non scada subito in essere da meno; manca l’idea di disparità arricchente, di differenza che, evitando la simmetria mimetica che ben presto si tramuta 23 Wanda Tommasi, I filosofi e le donne, op. cit. p. 27. Inoltre, ritengo sia importante non considerare la differenza femminile solo come un dato biologico, ma nemmeno semplicemente una costruzione sociale: “può essere utile la distinzione fra condizione e differenza femminile: intendo come condizione femminile la storicità della posizione della donna entro una determinata società […], mentre affermo, con il concetto di differenza femminile, il senso libero della differenza sessuale. È chiaro che, nel vissuto esistenziale di ogni donna di ogni epoca, condizione e differenza femminile vanno insieme e che l’una non si dà senza l’altra”, Wanda Tommasi, I filosofi e le donne, op. cit., p. 19. 24 24 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 in competizione, sia fonte di arricchimento per entrambi gli elementi in relazione; manca perfino, nella nostra cultura occidentale, la parola per disegnare una disparità non inferiorizzante, e questa assenza è sintomatica di un vuoto di pensiero”25. Il femminismo della differenza critica e si contrappone all’idea delle Pari Opportunità proprio in virtù della sua critica al concetto di uguaglianza: così come non esistono due soggetti completamente uguali e con le medesime opportunità, non esiste una differenza femminile da superare, da oltrepassare. Emblematico in quanto è portatore di una falsa idea di uguaglianza, risulta quindi il modello sociale americano: “il sistema americano si fonda sulla metafora di un rapporto idealizzato tra fratelli potenzialmente uguali, nel quale l’affetto si mescola con la competizione. In realtà è raro che due fratelli siano davvero uguali, e le sorelle ancor meno”26. Dunque, la critica al femminismo paritario da parte del femminismo della differenza è dovuta al fatto che mentre il primo interpreta e vive la differenza femminile esclusivamente “come un’inferiorità da cui le donne dovrebbero emanciparsi”27, nel secondo, usando le parole di Luisa Muraro, una delle rappresentanti italiane più significative di questo movimento, “la differenza dei sessi differisce da ogni altra differenza storica o antropologica perché non passa fra due entità rappresentabili come tali, ma marca di sé l’essere umano senza farne due esseri, e rendendolo, a rigore, un essere incoerente, non rappresentabile. Quanto a umanità, una donna e un uomo sono fra loro identici e differenti, al tempo stesso”28. Dalla differenza di genere a pratiche formative e di ricerca in una prospettiva non neutra La femminilizzazione del mondo del lavoro è un concetto molto diffuso nella letteratura specifica e non solo, che riporta ad un fenomeno molto massiccio e di lunga durata, come appunto l’ingresso delle donne nel mercato lavorativo. La portata di tale fenomeno è tale che da più parti, non solo quindi dal mondo femminista tradizionalmente inteso, ci si è interrogati sui cambiamenti in termini di impegno, prospettive, paure, desideri, resistenze e ambizioni che questo ingresso massiccio ha comportato sia nel mercato del lavoro, ma anche nella sfera tradizionalmente indicata 25 26 27 28 Wanda Tommasi, I filosofi e le donne, op. cit., p. 15. Mary Caterine Bateson, Comporre una vita, Feltrinelli, Milano 1992, p. 22. Wanda Tommasi, I filosofi e le donne, op. cit., p. 15. Luisa Muraro, Oltre L’uguaglianza in Diotima, Oltre l’uguaglianza, Liguori Editori, 1995, p. 106. 25 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 come privata, cioè nel mondo della cura e nei rapporti familiari. Lo sforzo di questi anni di molte studiose, scienziate e istituti di ricerca e formazione è stato quello di individuare pratiche e metodologie formative e di ricerca che non presupponessero di essere neutre29, che non intendessero negare la differenza che è data dal nascere uomini o donne, ma che proprio a partire da questa differenza non meramente biologica, riuscissero a dar conto di diversi modi di esprimersi, di studiare, di lavorare, di approcciarsi al mondo tecnologico. Il risultato di tale impegno è stata l’individuazione di alcune pratiche e metodologie che non solo non neutralizzano i saperi, ma che sono capaci di restituire in una dimensione complessa e articolata uno sguardo non neutro sul mondo. Alcune delle metodologie utilizzate dalle scienze sociali sono state individuate come particolarmente idonee, altre sono state inventate ad hoc per soddisfare le esigenze di ricerca e formazione che facevano riferimento alle pratiche adottate all’interno di quel movimento portato avanti dalle donne a partire dagli anni ‘6030. Tra questa, per il tipo di indagine che abbiamo condotto, abbiamo individuato nell’intervista narrativa31 la metodologia più idonea ad indagare a livello profondo il tipo di rapporto che, consciamente o inconsciamente, le donne adulte instaurano nel corso della loro vita con le tecnologie informatiche, in particolare con l’utilizzo del computer e dei sistemi di comunicazione informatica come internet e la posta elettronica. La più idonea per raccontare storie di donne32; essa infatti ci è parsa una delle poche metodologie in grado di rispettare quei parametri di ricerca e formazione che la riflessione femminile ha individuato: la centralità dei soggetti e della pratica del partire da sé33; l’attenzione all’uso di un linguaggio “sessuato”; l’importanza della narrazione34 e 29 Luce Irigaray, Parlare non è mai neutro, Editori Riuniti, Roma 1991. AA. VV., Donne in formazione. Proposte metodologiche e piste di lavoro (1999), pp. 13-17. 31 Robert Atkinson, L’intervista narrativa, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002. 32 Heilbrun, Scrivere la vita di una donna, La Tartaruga, Milano 1990. 33 “la pratica del partire da sé […] consiste nel trovare le parole per dire il reale e per portarlo alla sua verità […] è indubbio che la pratica del partire da sé risulta più consueta alle donne che agli uomini. Sembra che le donne la sentano in continuità con altri aspetti della loro esperienza […] La pratica del partire da sé crea uno squilibrio simbolico. Introduce qualche cosa di completamente originale rispetto a questa continuità. Il fatto è che ritorna ai vissuti, ma fa questo per avere una via di orientamento nel mondo, rifiutando il sapere costituito”, Chiara Zamboni, Prefazione in Diotima, La sapienza di partire da sé, 1996, pp. 1-3. 34 Cfr. Adriana Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione, Feltrinelli, Milano 1997. 30 26 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 delle pratiche biografiche e autobiografiche.35 Infatti, fondamentale è riuscire a far parlare sé stessi e la propria singolarità, dar voce alle proprie esperienze, capitalizzare un bagaglio di conoscenze che molto spesso viene sottovalutato, mettendo in parole e facendo i conti con le proprie paure e aspettative, desideri e bisogni. In questa cornice, una particolare attenzione va data al linguaggio dal momento che “il linguaggio, in quanto sistema che riflette la realtà sociale, ma al tempo stesso la crea e la produce, diviene il luogo in cui la soggettività si costruisce e prende forma, dal momento che il soggetto si può esprimere solo entro il linguaggio e il linguaggio non può costituirsi senza un soggetto che lo fa esistere”36. Creare le condizioni perché si possa utilizzare un linguaggio sessuato significa restituire ai soggetti – sia femminili che maschili – uno sguardo sulla realtà più complesso e complessivo, che non nega o ritiene irrilevante l’esperienza e il sapere che deriva dall’essere uomini o donne. Significa in altre parole creare le condizioni affinché ogni individuo, uomo o donna non importa, possa trovare nel linguaggio uno strumento efficace ed utile per descrivere la propria esperienza, per dar conto di sé agli altri e alle altre. Il bisogno di raccontarsi Fin dall’antichità, il bisogno di raccontare se stessi, di consegnare la propria esistenza alla memoria altrui ha trovato svariate forme di espressione, tra cui i miti e le leggende sono forse i rappresentanti più conosciuti e diffusi. Questo bisogno nell’antichità aveva un carattere più mitologico e nel medioevo assunse un carattere religioso -si pensi alle Confessioni di Sant’Agostino- ma è l’avvento della soggettività moderna e contemporanea a dare ai soggetti, ai singoli individui e alla loro storia quell’importanza che noi tutti oggi riconosciamo loro. È un processo storico molto lungo e complesso che arriva ad individuare nella singolarità, nella particolare storia di ogni individuo un tema centrale su cui soffermarsi per analizzare, capire, formare e tramandare: “è la società mercantile e borghese, che indebolisce gli ordini sociali tradizionali, che fa appello alle forme individuali, che laicizza la visione-del-mondo, a 35 Cfr. Duccio Demetrio, Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Cortina, Milano 1996, e Ferrrarotti, Storia e storie di vita, Laterza, Roma-Bari, 1996. 36 Patrizia Violi L’infinito singolare. Considerazioni sulla differenza sessuale nel linguaggio, Essedue edizioni, Verona, 1986, p. 10. 27 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 rendere il soggetto sempre più autonomo e, per questa autonomia, sempre più forte. Quindi ne legittima e ne potenzia l’espressione e il riconoscimento, anche narcisistico, anche compiaciuto”37. Diventa fondamentale la narrazione come forma espressiva di sé per tutti, uomini e donne, come momento essenziale alla propria formazione: “le scritture dell’io sono strutturalmente problematiche, ma proprio per questo costituiscono un percorso formativo, in quanto doppiano l’esperienza, la rivivono, le danno un nuovo statuto, una nuova forma”38. Le forme biografiche e autobiografiche sono da sempre un genere preferito dalle donne; c’è in esse una differenza femminile che si esprime e che è strettamente connessa alle possibilità che questa modalità di scrittura apre alla soggettività e alla sua libera espressione. L’autobiografia, come pure altre pratiche connesse all’espressione del sé, sono state tradizionalmente associate alle donne e solo più recentemente largamente impiegate in campo pedagogico e formativo. E’ dunque particolarmente significativo considerare l’importanza delle pratiche autobiografiche e delle metodologie ad esse connesse per indagare quali relazioni intercorrono tra le donne e l’impiego del computer. 37 38 Franco Cambi, L’autobiografia come metodo formativo, Editore Laterza , Roma-Bari, 2002, p. 5. Idem, p. 18. 28 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 L’intervista narrativa Lara Corradi Alcune questioni metodologiche Come anticipato nel capitolo precedente, tra le diverse metodologie per le ricerche e le indagini qualitative, abbiamo individuato nel metodo autobiografico lo strumento migliore al fine di condurre la nostra ricerca. Essa è risultata la metodologia più pertinente per indagare in profondità i vissuti, i sentimenti e i rapporti che le donne adulte vivono, percepiscono e adottano nei confronti delle tecnologie, oltre o nonostante gli stereotipi che in particolare su questo tema noi tutti, uomini e donne, abbiamo ereditato. Andare oltre gli stereotipi è un passaggio fondamentale per riuscire a superare la retorica contrassegnata da una scarsa autostima che talvolta si incontra nel fare formazione con donne L’intervista narrativa offre l’occasione di raccogliere delle storie (di vita o di particolari esperienze) e di indagare ogni questione, ogni affermazione da più punti di vista; spesso ha il potere di far prendere coscienza chi è intervistato/a di aspetti di sé e del proprio percorso di cui fino a quel momento non era pienamente consapevole: “alle storie viene riconosciuto un elevato valore in quanto materiale di intervento: ovvero come strumento per ‘far accadere delle cose’ nei contesti di vita a di lavoro”39. Per questo spesso le interviste narrative vengono considerate momenti formativi sui generis: “l’autobiografia è – nel mondo contemporaneo – sempre più un processo di formazione, anzi quel processo basico di formazione a cui ogni soggetto è chiamato, è costitutivamente – nella sua debolezza – vocato”40. Concentrandoci sull’intervista narrativa, abbiamo previsto fin dalla fase progettuale di formare i diversi partner, che, come vedremo meglio nei prossimi capitoli, abbiamo scelto soprattutto in base al ruolo specifico nel campo dell’educazione adulta senza richiedere una competenza specifica rispetto a questa metodologia, attraverso dei laboratori di formazione-autoformazione che hanno costituito il primo momento di lavoro comune. Per evitare poi che le donne intervistate si sentissero giudicate prima ancora che ascoltate, abbiamo scelto, quando possibile, di impiegare intervistatrici donne secondo le indicazioni che derivano dalla tecnica del peer to peer, quindi tra pari, forti anche 39 40 dell’efficacia della pratica dell’autocoscienza femminile. Della Prefazione di Claudio G. Cortese in Robert Atkinson, L’intervista narrativa, op. cit.. Franco Cambi, Prefazione a L’autobiografia come metodo formativo, op. cit.. 29 pratica Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 dell’autocoscienza possiamo sottolineare che essa costituì “il punto di partenza di una politica autonoma che ha consentito alle donne, forse per la prima volta nella storia occidentale documentata, di tendere alla libertà indipendentemente dalla ricerca maschile di libertà”41. Possiamo definire intervista narrativa un colloquio finalizzato alla raccolta di storie, in cui il ricercatore o la ricercatrice ha il ruolo di intervistatore/trice, e il soggetto il ruolo di intervistato/a. Già in questa iniziale definizione si aprono alcune questioni che riguardano il perché riteniamo importante raccogliere storie, il tipo di storie da raccogliere e la veridicità delle storie raccolte, ovvero se possiamo essere certe che quelle raccolte sono storie vere. Riteniamo sia importante raccogliere racconti, storie, narrazioni perché le storie, i racconti, le narrazioni hanno il grandissimo potere di generare conoscenza, di produrre sapere. In che senso? Quando un essere umano racconta, è costretto a fare i conti non solo con l’ascoltatore o l’ascoltatrice senza il quale il suo racconto non verrebbe ascoltato e sarebbe quindi inutile, ma anche con la realtà stessa che deve raccontare perché, non potendo raccontare tutto, deve decidere cosa raccontare e come, con quale ordine e secondo quale logica, e cosa invece omettere e perché. Le storie intervengono quindi nel rapporto che ogni individuo ha con la realtà, cioè gli consentono di conoscersi e a sua volta di farsi conoscere. Una seconda questione concerne invece il tipo di storie da raccogliere. La letteratura specialistica individua tre principali tipi di materiale di ricerca: la story, la life story e la history42. La history è la cronaca, il racconto in terza persona in cui si vuole dar conto in maniera “oggettiva” del materiale raccolto, in cui il ricercatore o la ricercatrice utilizza parole proprie per raccontare l’esperienza dell’intervistato. Per la nostra indagine, è la tipologia meno interessante perché sposta l’attenzione dal punto di vista dell’osservatore, tende a togliergli il ruolo di esperto, a collocarlo lontano dall’esperienza personale che invece ci interessa raccogliere. È uno dei modi in cui la restituzione di story e life story può essere presentata. Story e life story invece raccolgono e riportano la narrazione in prima persona in cui il singolo individuo racconta la propria esperienza o 41 Luisa Muraro, Oltre L’uguaglianza in Diotima, Oltre l’uguaglianza, Liguori Editori, Napoli, 1995, pp. 107-108. 42 Prefazione di Claudio G. Cortese in Atkinson, L’intervista narrativa, op. cit. 30 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 su un determinato argomento o questione, in questo caso si tratta della story, o durante la sua intera vita, ed in questo caso stiamo raccogliendo la life story. Per la nostra ricerca è interessante la story, ovvero appunto il racconto in prima persona in cui l’intervistata ci racconta la sua esperienza in rapporto all’argomento da noi precedentemente proposto, ovvero al rapporto che esiste tra donne adulte e tecnologia informatica in termini di utilizzo, apprendimento, etc. Terza questione: quelle che stiamo raccogliendo, sono storie vere? Ovvero, la persona che stiamo intervistando ci sta effettivamente raccontando ciò che pensa? In effetti, il rischio che qualcuno menta intenzionalmente c’è sempre, e può capitare anche quando gli si chiede di compilare un questionario. Su questo punto le ricercatrici non hanno alcun potere di intervento, potere di intervento che invece possiedono sul fronte delle motivazioni. Infatti, diversi sono i motivi per cui qualcuno decide di mentire: perché non gli interessa partecipare, perché non ha voglia di farlo, perché non ha voglia di esporsi su determinati argomenti che magari costituiscono proprio il nostro oggetto d’indagine. Ritengo che le ricercatrici abbiano un forte potere di intervento per suscitare motivazione: esse infatti svolgono un ruolo centrale nello spiegare e nel definire il cosiddetto “contratto iniziale”, ovvero nel presentare il lavoro e i suoi obiettivi, nel presentare le regole del lavoro e nel verificare l’interesse e la disponibilità effettiva, reale e concreta dei diversi soggetti contattati nel dedicare tempo e attenzione alle interviste, quindi alla nostra ricerca. Infine, ci si può chiedere se nel racconto il soggetto distorce inconsapevolmente la realtà, ovvero se il suo racconto corrisponde alla realtà. In verità, come molti studi anche recenti dimostrano, il problema dei fatti che esistono in sé e per sé, indipendenti dal soggetto che li raccoglie è insostenibile. Non esiste una realtà se non nel momento in cui una persona la osserva e la racconta, e nel momento in cui lo fa, per quanto cerchi di mantenersi il più oggettivo e imparziale possibile, imprimerà all’osservazione e al racconto il suo personale sguardo e punto di vista. Sguardo e punto di vista che variano a seconda di molteplici fattori quali l’età, il sesso, la provenienza, la formazione, etc. In altre parole, in questa fase della ricerca sociale ci troviamo in presenza del principio di indeterminazione di Heisenberg, il fisico tedesco che nel 1932 ricevette il nobel per la sua formulazione. Secondo questo principio, è impossibile conoscere contemporaneamente la posizione e l’energia di un elettrone perché, per conoscere la 31 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 prima, dobbiamo intercettarlo, per conoscere la seconda, dobbiamo bombardarlo con un fascio di luce. In entrambi i casi, abbiamo modificato in funzione della nostra ricerca le condizioni iniziali del nostro oggetto di ricerca, l’elettrone appunto. Lo stesso possiamo dire per tutte le ricerche che vengono condotte in ambito sociale. Nel momento in cui ci avviciniamo ad un oggetto di ricerca anche solo per osservarlo, ne modifichiamo le condizioni di partenza. È inevitabile. La cosa importante è che siamo consapevoli di noi, del nostro ruolo, della modificazione che il nostro sguardo implica, e che cerchiamo il più possibile di limitare i cambiamenti che la nostra presenza comporta. Altra cosa fondamentale è collocarsi, perché il collocarsi, l’esplicitare la nostra storia, i nostri presupposti e le nostre finalità, permette a noi di capire meglio da dove stiamo osservando, cosa e perché, e soprattutto consente a chi è intervistato e a chi leggerà il nostro lavoro di capire ciò che sta capitando, e di comprendere il quadro teorico entro cui si colloca la ricerca. L’intervista narrativa e la sua realizzazione Si definisce intervista narrativa quell’intervista aperta durante la quale al soggetto intervistato viene chiesto di raccontare in prima persona il suo vissuto o la sua esperienza attorno ad un determinato tema. La prima caratteristica di queste interviste è costituita dal ruolo attivo del ricercatore o della ricercatrice: infatti, il ricercatore o la ricercatrice ha il compito di facilitare, senza modificare, il contenuto del racconto che sta ascoltando. Facilitare significa aiutare, favorire il racconto e lo si può fare in diversi modi: annuendo, sorridendo, facendo delle domande per ottenere chiarimenti. Atkinson43 parla addirittura di un atteggiamento empatico che si dovrebbe tenere nei confronti di chi si sta esponendo nel racconto. Se l’empatia rimane un atteggiamento estremo lasciato alle caratteristiche personali del singolo intervistatore, rimane comunque vero che chi è intervistato deve sentire che l’intervistatore si interessa veramente a lui e alla sua storia, perché “se l’intervistato ‘sentirà’ che si prova interesse per lui e che gli si presta attenzione perché le cose ha da dire sono veramente importanti, si sentirà rinforzato e rassicurato”44 e l’intervista procederà molto più fluidamente. Ciò che dobbiamo aver 43 44 Robert Atkinson, L’intervista narrativa, op. cit. Silvia Kanizsa, Che ne pensi?, Carocci, Roma 1993, p. 25. 32 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 sempre presente è che stiamo chiedendo ad un essere umano di esporre il suo punto di vista, e quindi di esporsi apertamente a noi che probabilmente siamo per lui o lei dei perfetti sconosciuti. E questo non per tutti è semplice. Inoltre, l’intervistato o l’intervistata non possono sapere se quanto ci hanno raccontato è sufficiente o se abbiamo bisogno di ulteriori specifiche o chiarimenti. Siamo noi in quanto intervistatrici che abbiamo il ruolo di regia, che abbiamo la visione d’insieme e che quindi dobbiamo orientarli, anche con brevi e semplici accenni. Anche se vi si avvicina molto, non si deve credere che l’intervista narrativa sia una conversazione: infatti, si differenzia da questa per il ruolo centrale che l’intervistato/a ha rispetto all’intervistatore/trice, che deve essenzialmente limitarsi ad ascoltare e registrare ciò che gli vien detto. Ascoltare attentamente è molto difficile: la prima cosa da fare è non giudicare perché il giudizio-pregiudizio può influire sia positivamente che negativamente sull’andamento dell’intervista, può portarci anche involontariamente a leggere una affermazione in una maniera equivoca che avvalora quanto già ipotizzavamo prima di metterci in ascolto: “quando giudichiamo noi interpretiamo l’operato, il detto o il vissuto dell’altra persona secondo il nostro particolarissimo punto di vista, che nasce dalla nostra esperienza, dalla nostra vita, dalla nostra storia, che possono al massimo essere simili, ma mai identiche, a quelle dell’altra persona”45. Da questo si capisce che ogni intervista narrativa, essendo appunto una narrazione, è diversa dall’altra come diversi sono i soggetti che andremo incontrando. Dobbiamo avere ben in mente cosa vogliamo sapere, ma non possiamo prevedere troppo nel dettaglio quando e come riceveremo l’informazione che ci aspettiamo. A chiusura dell’intervista, una cosa fondamentale è ricordarsi di ringraziare chi ci ha concesso l’intervista: di ringraziare per il tempo che ci ha dedicato, e per avere messo a disposizione la sua esperienza per altri. E’ importante fargli/le capire che ciò che è stato offerto viene considerato e valorizzato alla maniera di un dono. Fasi dell’intervista narrativa L’intervista narrativa è strutturata in diverse fasi: 1) la pianificazione o preintervista; 2) la realizzazione; 3) l’interpretazione o post-intervista. 45 Silvia Kanizsa, Che ne pensi?, op. cit., p. 22. 33 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 1) La pianificazione Pianificare un’intervista significa preparare nei minimi dettagli l’intervista. Di solito, la prima cosa da fare è stabilire il canovaccio base su cui strutturare l’intervista. Bisogna cioè stabilire in anticipo quali informazioni inerenti il nostro oggetto di ricerca dobbiamo assolutamente conoscere al termine del nostro colloquio, ricordandoci sempre che non dovremo mai porre le domande in sequenza –non stiamo somministrando un questionario o un intervista strutturata-, ma lasciare il più possibile spazio all’intervistata e al suo racconto. Per seconda cosa, bisogna decidere chiaramente chi intervistare, ovvero bisogna decidere chi, in relazione al tema della ricerca, potrebbe secondo noi fornirci indicazioni utili. Una volta individuate le persone, bisogna verificare che le ipotesi che abbiamo fatto siano corrette, ovvero che le persone in questione possano effettivamente rispondere alle nostre aspettative. Oltre a ciò, si deve verificare la loro disponibilità effettiva: in genere, un’intervista narrativa ha una durata media di un’ora e mezza, bisogna quindi capire se la persona in questione può effettivamente dedicarci questo tempo nel periodo che abbiamo a disposizione per realizzare la ricerca. Un’altra cosa essenziale da fare è presentare chiaramente sia gli scopi della nostra ricerca, che lo scopo dell’intervista. Bisogna quindi spiegare con precisione qual è il nostro oggetto d’indagine, e cosa ci si aspetta invece dall’intervista. Infatti, mentre il primo è più generale, il secondo è più specifico e attiene l’esperienza del singolo. Nel nostro caso l’oggetto della ricerca è capire che tipo di rapporto le donne adulte assumono nei confronti delle TIC, lo scopo delle singole interviste è farsi raccontare brevi esperienze durante le quali queste donne hanno sperimentato questo rapporto. Se non siamo state abbastanza chiare nel definirli, può verificarsi quello che Cortese46 ha chiamato la “sindrome del buon samaritano”, ovvero la tendenza dell’interlocutore/trice a rispondere in prima persona ai quesiti della ricerca, anziché offrire semplicemente i dati di esperienza che spetterà poi a noi ricercatrici analizzare ed interpretare. Tutte queste operazioni rientrano in quello che prima abbiamo chiamato il “contratto iniziale”. Ma la fase di preparazione va un po’ oltre la definizione di questo contratto. Infatti, un altro aspetto importante è l’individuazione del luogo in cui realizzare l’intervista, del setting. Sarebbe opportuno coinvolgere l’intervistato/a in questa scelta, in 46 Prefazione di Claudio G. Cortese in Atkinson, L’intervista narrativa, op. cit., p. XXXI-XXXII. 34 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 modo da individuare insieme un luogo sufficientemente silenzioso e confortevole in cui possa sentirsi a suo agio. Potrebbe essere l’ufficio se lavora da solo/a, o la propria abitazione. È in ogni caso consigliabile evitare luoghi affollati o in cui sia facile essere interrotti e quindi perdere la concentrazione. Inoltre, le ricercatrici devono munirsi di un registratore con cui memorizzare i racconti, ovviamente dopo avere chiesto e ottenuto dalle intervistate il permesso per effettuare la registrazione. Di fondamentale importanza, pena il non instaurarsi di quel rapporto di fiducia tra chi intervista e chi è intervistato, chiedere subito il permesso di registrare l’intervista, spiegando che è anonima e che l’utilizzo delle registrazioni è puramente interno, è cioè finalizzato a ripercorrere i passaggi che possono essere risultati poco chiari o che possono essere sfuggiti durante la prima fase di ascolto. Infine, le ricercatrici dovranno sempre assicurarsi di avere con loro delle pile di ricambio e delle cassette aggiuntive, in modo che se per un qualsiasi motivo una cassetta non fosse sufficiente o le pile finissero, potranno averne di scorta. Se utilizzano registratori digitali devono fare attenzione alla memoria interna: infatti, in quelli di prima generazione che venivano venduti in Italia, lo spazio di registrazione non sempre era sufficientemente ampio, ed era comunque necessario poter accedere ad un computer per scaricare il file contenente la registrazione prima di effettuarne un’altra. 2) La realizzazione Come sarà ormai chiaro, l’intervista narrativa è un processo collaborativo che coinvolge sia intervistatore/trice che intervistato/a. È bene ricordarsi di lasciare il maggior spazio possibile all’intervistata, ponendo il minor numero di domande possibili. Inizialmente, sarà necessario stimolare l’intervistato/a: con quali domande? Da evitare quelle domande che implicano una risposta semplicemente affermativa o negativa perché si rischia di finire in un vicolo cieco. Migliori sono le domande aperte che suscitano risposte più ampie. Alcuni semplici consigli pratici47: 1) non fare mai più di una domanda per volta perché si rischia di confondere l’intervistato che deve scegliere a quale domanda dare priorità; 2) porre domande brevi perché “nelle domande troppo lunghe l’intervistato si perde”48; 3) porre domande il più possibile neutre, cioè non connotate né positivamente né negativamente, perché altrimenti il rischio è che chi 47 48 Cfr. Silvia Kanizsa, op. cit. , pp. 92-94. Idem, p. 93. 35 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 risponde senta nella connotazione anche un giudizio di valore su di sé. Di fondamentale importanza sarà individuare lo “stimolo iniziale”49 cioè quella domanda che, con il minimo di parole e informazioni utilizzate per formulare la richiesta, implica risposte molto ampie (chiedere una presentazione personale o il racconto di un fatto specifico); oppure degli incipit molto specifici che entrano molto nel dettaglio del tema dell’indagine lasciando molto spazio all’intervistato/a (farsi raccontare una specifica esperienza o descrivere una situazione particolare). Può capitare che durante lo svolgimento dell’intervista la persona intervistata si interrompa, non proceda facilmente. Occorre allora rincalzarla con consegne informative e/o valutative50; le prime sono domande che esplicitano la necessità di una ulteriore spiegazione (non ho ben capito, in che senso, come), le seconde invece rilanciano delle specificazioni (perché, a che scopo, come mai)51. 3) L’interpretazione La fase dell’interpretazione a sua volta si divide in due momenti differenti: la trascrizione e l’interpretazione vera e propria. La trascrizione deve seguire delle regole base molto semplici: la chiarezza, la completezza e la concisione52. Ovviamente, per passare dalla registrazione di un’intervista narrativa a una narrazione fluente sarà necessario intervenire, ma è bene farlo il meno possibile. L’intervento di editing deve attenere il significato, per questo bisogna: • aggiungere parole o frasi che risultano mancanti per la comprensione. In questo caso le parole aggiunte vanno messe tra parentesi quadre; • dare importanza a silenzi o pause se si sono verificati, specificandone il senso; • se necessario, specificare il gesto o il suono significativo (come risate o sospiri) che hanno accompagnato una determinata frase; • cancellare parole o frasi estranee (false partenze, esitazioni, frasi retoriche…); • eliminare e/o correggere incongruenze grammaticali. Alla fine della trascrizione è bene riascoltare la registrazione per essere certe di 49 Giovanna Granturco, L’intervista qualitativa. Dal discorso al testo scritto, Edizioni Guerini e Associati, 2004, p. 92. 50 Rita Bichi, L’intervista biografica. Una proposta metodologica, Milano, V e P Università, 2002, p.114. 51 Giovanna Granturco, L’intervista qualitativa. Dal discorso al testo scritto, op. cit., pp. 93-94. 52 Cfr. Robert Atkinson, L’intervista narrativa, op. cit. pp. 83-88. 36 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 aver riportato correttamente, quindi senza fraintendimenti, il significato originario. L’interpretazione vera e propria è forse la fase più delicata dell’intervista narrativa perché chiede alla ricercatrice di mettere in campo la sua soggettività per comprendere e restituire il racconto ricevuto e analizzato. Per prima cosa, bisogna avere bene in mente che “l’obiettivo, nell’interpretazione del racconto autobiografico, è esplorare i dati contenuti in esso”53, sapendo che “noi non esprimiamo dei giudizi, ma facciamo delle connessioni”54. Quindi, la nostra deve essere prima di tutto un’analisi conoscitiva, bisogna arrivare a conoscere molto bene il materiale da trattare, maneggiandolo con estrema familiarità. Inoltre, si deve sempre ricordare che non stiamo verificando se quanto detto è giusto o sbagliato, ma stiamo cercando di comprendere le parole raccolte, collocandole in un quadro di riferimento più ampio che tenga conto della provenienza di ogni soggetto, del suo sesso, del suo bagaglio culturale, sociale e valoriale. Diverse sono le metodologie con cui analizzare e affrontare un’intervista narrativa - possono essere quantitative, qualitative o comparative -, ma tutte devono sempre essere utilizzate come domande iniziali, come ipotesi di lavoro da verificare e/o modificare in itinere, mai come certezze iniziali da confermare con le interviste narrative55. Una delle forme più appropriate per dar conto della propria analisi delle interviste narrative è il commentario, cioè un’appendice al racconto delle esperienze che a partire dalla ricostruzione del background iniziale, possa aiutare il lettore a rapportarsi rispetto quanto leggerà nell’intervista. Un’altra funzione importante del commentario è quella di mettere in luce i punti chiave, evidenziando i nodi tematici più significativi, aiutando così il lettore a muoversi nel racconto secondo un quadro d’insieme che potrebbe non essere immediatamente percepibile da un osservatore esterno. Inoltre, il commentario fornirà indicazioni e prospettive che, seppur non già evidenti nel racconto, potrebbero però enfatizzarne o illuminarne le tematiche e le questioni più rilevanti e significative. Infine, il commentario è lo spazio per il ricercatore per commentare, per analizzare il racconto secondo un’ottica e un punto di vista che non necessariamente 53 54 55 Robert Atkinson, L’intervista narrativa, op. cit., p. 102. Idem, p. 107. Cfr. Silvia Kanizsa, Che ne pensi?, op. cit., p. 104-105. 37 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 coincidono con quelle dell’intervistato: “come fa il commentatore televisivo, il commentario al racconto autobiografico può fornirne una preziosa prospettiva oggettiva su ciò che sta accadendo nel racconto, o sulle modalità con cui il racconto viene espresso”56. 56 Robert Atkinson, L’intervista narrativa, op. cit., p. 110. 38 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 La ricerca e i suoi risultati Antonia De Vita e Lara Corradi Sono state realizzate circa 50 interviste in ogni Paese partner del progetto, per un totale di 253 interviste. In Lettonia, tra le 50 donne intervistate 24 vivono in area urbana e 26 in area rurale. Una di esse ha un basso livello di istruzione (6 anni), 17 livello medio (7-12 anni) e 23 alto (più di 12 anni). 4 sono disoccupate (tutte donne con disabilità); 42 sono occupate, 4 fanno un lavoro indipendente. Sono state contattate grazie alla collaborazione con istituzioni locali e tramite contatti informali. In Italia sono state realizzate 53 interviste narrative. Tra le intervistate, 22 hanno un’età compresa fra 35 e 40 anni, 20 fra 41 e 50 e 11 sopra i 50. 30 hanno un livello di istruzione medio/basso (8 anni), 21 medio/alto (8+5 anni) e 2 alto (8 + 5 + 4/5/6 anni). 28 sono disoccupate e 25 occupate: lavorano come segretarie, cameriere, operatrici di call center. Molte donne aiutano i mariti nel loro lavoro. Le intervistate sono state scelte attingendo dalle liste delle iscritte ai Centri per L’impiego della Provincia di Genova, avvalendosi della collaborazione degli Sportelli Informalavoro che sono dislocati su tutto il territorio provinciale, tramite canali informali (conoscenti) o tramite associazioni che si occupano di persone diversamente abili. In Portogallo, tra le 50 intervistate c’erano 3 donne con disabilità. 11 delle donne intervistate vivono in aree rurali e 39 in area urbana. Sono state contattate grazie alla collaborazione con enti regionali o tramite contatti informali. 20 hanno un basso livello di istruzione (fino a 6 anni), 20 livello medio (7-12 anni) e 10 un livello alto (più di 12 anni). 7 sono disoccupate, 38 lavorano nel settore terziario (lavorando nell’istruzione formale e non formale), 1 nel settore secondario, 2 sono casalinghe e 2 pensionate. In Danimarca, le 50 persone intervistate comprendono un gruppo dai 35-55 anni. Ci sono rappresentanti di tanti tipi di professioni, sia lavoratori autonomi, che dipendenti; statali e privati. Ci sono persone senza istruzione, con medie e lunghe istruzioni, e persone fuori dal mercato del lavoro, qui compreso anche disabili. Le persone abitano sia 39 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 in città che in campagna. In Bulgaria delle 50 donne intervistate, 4 sono donne con disabilità. In generale le donne sono state individuate in aree urbane e rurali, e hanno un livello educativo basso, medio o alto. Realizzate tutte le interviste narrative, le ricercatrici dei vari paesi hanno proceduto ad una prima fase di interpretazione: cioè, dopo avere sbobinato tutte le interviste quasi integralmente, le hanno riascoltate per verificare di aver compreso e riportato correttamente quanto detto dalle intervistate e di non aver tralasciato niente di significativo. Quindi hanno operato piccoli interventi di editing per rendere più leggibile il testo; infine hanno suddiviso il materiale lavorato secondo sei grandi nuclei tematici precedentemente individuati, con una duplice funzione: mentre in fase di realizzazione delle interviste narrative questi gruppi tematici sono state le linee guida con cui orientare la conversazione, in questa fase di interpretazione hanno invece permesso di destrutturare le singole narrazioni per arrivare ed una compartizione più efficace da cui far emergere similitudini e differenze tra i racconti, e quindi tra i vissuti, delle molte donne intervistate nei diversi Paesi coinvolti nel progetto. Nel primo gruppo tematico le ricercatrici hanno riportato dei commenti generali sulle modalità di reclutamento del target da intervistare, sulle maggiori difficoltà incontrate, alcune osservazioni e riflessioni generali, etc. Nel secondo gruppo tematico hanno invece riportato le caratteristiche anagrafiche delle intervistate, come il livello di istruzione, l’età, l’area di provenienza e la condizione lavorativa. Nel terzo gruppo tematico hanno raggruppato tutte le affermazioni che avevano a che fare con l’uso del computer e della rete. Nel quarto quelle che riguardavano l’apprendimento all’uso di computer e rete. Nel quinto quelle relazionate ai sentimenti di interesse/disinteresse o piacere/dispiacere legate all’uso di queste tecnologie. Infine, nel sesto gruppo tematico le ricercatrici hanno raggruppato tutte le affermazioni che descrivono il rapporto delle persone più vicine alle intervistate nell’uso delle tecnologie, soffermandosi in particolare sui sentimenti che in loro suscitava questo 40 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 differente approccio nell’uso delle TIC. L’equipe di ricerca di Studio Guglielma è intervenuta su questo materiale semilavorato, analizzandolo e sistematizzandolo. È così arrivata ad ottenere il quadro completo e dettagliato derivato dai racconti delle esperienze delle singole donne adulte in rapporto all’uso o all’immaginario delle TIC. Sono dunque emerse numerose similitudini tra le affermazioni delle donne pure nei diversi paesi, ma anche notevoli differenze. 41 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Gli otto nuclei tematici Non senza una necessità Per quasi tutte le donne intervistate, il primo approccio all’impiego delle tecnologie, in particolar modo all’uso del computer, appare strettamente e primariamente connesso alla dimensione di necessità, all’esistenza di una qualche forma di bisogno che ritengono possibile soddisfare ricorrendo all’impiego di questi strumenti57. Lo sforzo richiesto per apprendere nuove conoscenze, è controbilanciato dai benefici ottenibili grazie a queste nuove conoscenze. Ho iniziato per necessità (come si dice: l’occasione fa l’uomo ladro), dovevo mettercela tutta per andare avanti58. In ufficio (…) uso il computer tutto il giorno perché ne ho bisogno59. Per contro, quando questa necessità, questo bisogno non viene avvertito, l’approccio all’uso delle TIC non avviene, o se avviene, rimane un tentativo sterile che viene subito abbandonato. E lo sforzo e l’impegno richiesti per imparare ad utilizzare le TIC appaiono come un inutile dispendio di tempo ed energie, inutile perché non poterà nessuna ricaduta concreta nelle loro esistenze. Forse potrei imparare di più, ma non mi interessa. Non riesco ad immaginare a che mi potrebbe servire60. 57 Le diverse citazioni che d’ora in poi riporteremo, sono mutuate indifferentemente dai report nazionali realizzati nelle diverse Nazioni coinvolte. Durante la fase di realizzazione, anche in considerazione del fatto che la lingua in cui venivano realizzate le singole interviste era differente per ogni nazione –ognuna le realizzava nella sua lingua madre e poi arrivavano a chi le interpretava già tradotte in italiano- , le interviste sono state classificate dalle ricercatrici secondo un duplice criterio: 1) renderle riconoscibili in quanto appartenenti ad un singolo Paese; 2) ricondurre le parole di ciascuna ad un nome e una singola donna. Quindi, il numero progressivo che numera ciascuna intervista permette di associare le parole di ciascuna alla persona in carne ed ossa, le lettere finali di ricondurle alle diverse nazioni in cui sono state realizzate. Nel caso di donne con disabilità alla lettera che indica il Paese segue la lettera che indica il tipo di disabilità. 58 Intervista 11 P. 59 Intervista 1 P. 60 Intervista 14 DK. 42 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Solo se dovessi usarlo per lavoro mi ci metto, ci picchio tanto finché non ci riesco, ma così onestamente…Non ho questo grosso stimolo61. Oggi se ne avessi bisogno mi interesserei ma siccome non ne ho… Nel lavoro non mi serve62. Nonostante non tutte le intervistate utilizzino regolarmente computer e rete, tutte ne parlano come di mezzi utili e importanti, come strumenti imprescindibili nelle vite di ogni essere umano, strumenti che permettono di stare al passo con i tempi. Paradossalmente, pare che ai loro occhi tutte queste affermazioni risultino vere solo se riferite ad altre persone, non a loro stesse. Le intervistate infatti paiono convinte di queste affermazioni solo se pensano a chi, più giovane e impegnato in attività diverse dalle loro, saprebbe come adoperare questo nuovo bagaglio di conoscenze e abilità. Se pensano invece al loro caso personale, questo mondo continua ad apparire ai loro occhi inutilizzabile e quindi inutile. Per la verità non mi piace e non mi dispiace, perché non c’è stato nulla che mi abbia fatto entusiasmare con il computer, perché non ho mai lavorato con la macchina. È utile perché l’evoluzione è necessaria, ma non per me, dal punto di vista personale, proprio no63. In primis è la necessità lavorativa ad essere il motore più forte, il motivo e la causa per cui molte donne adulte, ma non solo, entrano in contatto e familiarizzano con questo mondo. La necessità di avere un lavoro e di sapersi muovere in questo ambiente da un lato giustifica e dall’altro muove la necessità di saper utilizzare computer e rete. Ho ricominciato a lavorare e ho sentito il bisogno di avere e saper usare il computer64. 61 62 63 64 Intervista Intervista Intervista Intervista 4 IT. 27 P 25 P. 26 P. 43 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Ho iniziato ad usare il computer nel 2000 in relazione con un nuovo lavoro65. Ho cominciato ad usarlo per motivi lavorativi, ci avevano fatto fare dei corsi66. Il computer è soprattutto ‘strumento’, qualcosa che nei nuovi sistemi organizzativi è ineludibile e in quanto tale utile, funzionale, facilitante, necessario. Quasi mai scatta una vera e propria passione, che anzi pare essere esclusa da questo rapporto che le intervistate hanno istituito con i loro ‘mezzi di lavoro’. Penso che già il computer non è un lusso, ma una necessità – non solo a casa, ma anche al lavoro67. Rende il lavoro più facile68. Il computer agevola il lavoro, mi ha aiutato tantissimo69. Non ho computer al lavoro, però ce l’hanno i miei colleghi. Se avessi un computer, il mio lavoro sarebbe stato tanto più facile e senza sbagli70. Non posso dire che mi interessa, però è diventato necessario, un mezzo71. Solo in seconda battuta l’accesso al computer e alle nuove tecnologie informatiche risulta totalmente positivo, capace di suscitare interesse verso lo strumento in sé e verso le potenzialità che esso offre (È diventato parte della vita quotidiana. Non lo avrei mai pensato all’inizio. Oggi non potrei vivere senza72), raramente diventando oggetto di gioco 65 66 67 68 69 70 71 72 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 2 DK. 22 IT. 27 B. 6 P. 14 P. 19 B. 11 DK. 20 DK. 44 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 e di passione, rimanendo sempre uno ‘strumento utile e funzionale’. Io non ho mai usato Internet per passare il tempo. Il mio lavoro mi è sufficiente, e io non lavoro con un computer a casa, dunque qui cerco di usarlo professionale, al massimo. Non l’ho mai usato per passare il tempo73. Utilizzo internet principalmente per le necessità di lavoro. […] Riempio meglio il tempo libero lavorando nel giardino74. Per la verità i computer non mi entusiasmano, solo quando ne ho bisogno, quando è necessario,se no solo per curiosità non ci vado. Se lo devo fare lo faccio, non ho nessun problema e mi piace usarlo. Non ho paura di metterci le mani. Se ho bisogno lo uso, anche se non so, vado per tentativi, ma solo se ho bisogno75. Ma esistono anche altre forme di necessità legate per lo più alla sfera dei bisogni personali: per esempio, nelle interviste raccolte in Portogallo, un ruolo decisivo per un primo approccio e utilizzo ‘di massa’ al computer è legato alla patente di guida. Infatti, in Portogallo per superare l’esame e ottenere la licenza di guida è obbligatorio conoscere e utilizzare gli appositi supporti informatici. Non uso il computer. L’unico contatto è avvenuto alla Scuola Guida, quando stavo facendo la patente76. Emblematico è anche il caso di una donna portoghese che ha dichiarato di aver utilizzato il computer, in particolare alcuni giochi, per rilassarsi e distrarsi soprattutto in momenti delicati della sua vita. In particolare, ci ha spiegato che, avendo il vizio del fumo ed avendo vissuto un momento molto difficile della sua esistenza, era spinta a fumare di più. Ebbene, è ricorsa ai giochi sul computer per ridurre il numero di sigarette e riuscire a perdere questo vizio, perché quando giocava non sentiva il bisogno di fumare. In 73 74 75 76 Intervista Intervista Intervista Intervista 4 B. 29 L. 40 P. 18 P. 45 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 questo caso, dunque, l’uso del computer è stato per questa donna un modo per allontanarsi dalle difficoltà, per trovare un momento tutto per sé in cui potersi concedere il lusso di non essere sommersa dai problemi della sua vita quotidiana. E infatti, superato il momento difficile, l’uso del computer e dei giochi si è notevolmente ridotto. Ho smesso di fumare da poco e mi rifugiavo nel computer, a giocare. Adesso non lo uso molto [piccola pausa] anche perché adesso il problema del fumo è quasi risolto e anche la vita a casa è un po’ più stabile [piccola pausa] e allora non l’ho usato così tanto, non ho neanche molto tempo77. Inoltre, nello spingere parecchie donne adulte all’utilizzo delle TIC al di là della necessità lavorativa, un ruolo centrale è costituito dai figli e dalle figlie. O perché da adulti scelgono o sono costretto a vivere lontani da casa, spesso all’estero, e quindi le madri sentono il bisogno di trovare mezzi efficaci che permettano di comunicare con loro. In questi casi, internet e la posta elettronica appaino ai loro occhi come il mezzo più semplice, veloce ed economico per farlo. Quello che mi piace di computer e di internet è la comunicazione. La necessità per la comunicazione. Il figlio andrà a lavorare fra poco all’estero, probabilmente dovrò pensare al collegamento Internet a casa78. Oppure perché i figli fin da piccoli ne hanno bisogno per la loro formazione che ormai non è più pensabile slegata dalle TIC, verso cui dimostrano una facilità e una velocità di apprendimento sconosciuta alle generazioni precedenti. Credo di non averne bisogno, i miei figli sì loro ne hanno bisogno, imparano molte cose e più facilmente, non c’è dubbio che imparano più facilmente79. Io in pratica non lo uso, per i ragazzi, credo sia uno strumento di lavoro, ma per 77 78 79 Intervista 10 P. Intervista 12 L. Intervista 32 P. 46 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 me, francamente, non è così necessario [sorriso] Non è uno strumento di cui abbia bisogno ogni giorno80. In questo caso, i genitori si sentono in dovere di mettere i figli nelle condizioni di appropriarsi di questo mondo e delle possibilità che offre. E così facendo può capitare che loro stessi vi si avvicinino. Quando mio figlio ha compiuto dieci anni cominciò ad andare in un vicino club di computer ed io come genitore dovevo portarlo, prenderlo e tenerlo d’occhio. Allora vidi che i computer sono attuali e interessanti. Cioè mi è sembrato molto interessante come materia e mezzo di comunicazione81. Inoltre, quando i figli sono ancora piccoli, i genitori rivestono un ruolo centrale come supervisori. Infatti, come vedremo meglio più avanti, in parecchie delle interviste realizzate le donne menzionano i pericoli di un uso non controllato delle TIC da parte dei bambini, ancora ignari del mondo e quindi indifesi, rispetto alla reale possibilità di venire risucchiati dal mondo virtuale o, peggio, dalle diverse reti di pedofili che esistono nella rete. Le mie figlie cominciavano ad usare il computer sempre di più a scuola, ed è importante interessarsi di quello che fanno. Anche per essere al corrente di quello che può succedere quando navigano in rete. Sono molto più brave di me, ma è importante che io conosca quel mondo, almeno un pochino82. Infine, capita anche che i figli e le figlie, non accettando che i loro genitori, soprattutto le madri, vivano in un mondo così antiquato da non prevedere le moderne tecnologie, li spingano e li aiutino ad avvicinarvisi. Sono loro i primi maestri, i compagni o le compagne di studio. 80 81 82 Intervista 40 P. Intervista 24 B. Intervista 15 DK: 47 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Mi ripetono sempre che devo imparare di più – soprattutto i figli. Mio marito ha frequentato un corso più approfondito, e adesso sa più di me. Io sono la più ignorante della nostra famiglia, però loro m’aiutano tanto e se non c’erano loro non avrei mai cercato qualcosa83. Le interviste realizzate in Danimarca rappresentano molto spesso una eccentricità rispetto a quelle realizzate negli altri Paesi, probabilmente perché in questo Paese c’è una diffusione massiccia delle TIC a tutti i livelli, e perché questa diffusione, a differenza delle altre nazioni in cui abbiamo condotto la ricerca, affonda le sue radici nel tempo. E infatti, nelle interviste qui raccolte si registra che anche per le donne di età compresa tra i 45 e i 60 anni l’uso delle TIC è connesso alla scuola e agli studi intrapresi. In tutti gli altri Paesi, questa situazione riguarda le nuove generazioni, non la fascia di età più adulta: per i giovani, le TIC sono diventate materia di studio, attraverso di esse i loro percorsi formativi sono facilitati. Ma non è così per la generazione di cinquantenni, forse nemmeno per i quarantenni, come invece accade nei racconti delle donne danesi. Ho usato il computer da quando studiavo, saranno 10 anni che lo uso frequentemente. Internet lo uso da un paio di anni84. Un apprendimento sia teorico che pratico Essendo la necessità e in particolare, la necessità lavorativa, la via maestra dell’accesso al computer e alla rete, emerge che il rapporto con lo strumento diventa vivo e fruttuoso quando c’è l’occasione di utilizzarlo quotidianamente. Quindi, la dimensione dell’impiego pratico diventa centrale nel processo di apprendimento e di ‘conquista’ del mondo del sapere informatico. Se esiste una necessità si impara a farlo. Ho frequentato dei corsi per imparare i programmi che vengono usati al lavoro, ma è solo quando uno deve davvero usarli che si impara, altrimenti si perde tempo e basta85. 83 84 85 Intervista 27 B. Intervista 15 DK. Intervista 32 DK. 48 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 [Pensierosa] In verità non si può imparare il computer, se nel quotidiano non c’e’ la pratica, non si può imparare se non si deve lavorare ogni giorno86. Le donne che accedono all’uso del computer e della rete attraverso un corso di alfabetizzazione trovano importante questo ingresso per ‘rompere il ghiaccio’ e avvicinarsi ad esso. Lo ritengono un canale importante per avere una conoscenza generale della tecnologia che altrimenti non potrebbero avere. Mentre prima del corso avevo paura: oddio, cosa ho fatto, non lo toccavo, oggi mi rendo conto che mi hanno insegnato, Antonio [il docente] mi ha insegnato…Se ti succede questo fai questo…87 E vorrei fare dei corsi di formazione perché trovo che il computer è molto interessante e del resto è il futuro, perché oggi senza computer non si fa niente88. Ci sono tante cose che non so, non posso dire esattamente. Preferirei non impararle dai libri, ma dal corso. Perché ho letto tante cose nei libri, ma quando chiedo a qualcuno capisco meglio e più velocemente la materia. E poi è meglio vederlo nella pratica che nei libri 89 . Ci andavo su internet prima del corso ma ero meno consapevole di quello che facevo. Il mio ragazzo mi diceva di fare così e così, e io lo facevo. Al corso mi hanno spiegato perché ci sono determinate cose, a cosa servono e quindi sai più come muoverti e eviti anche di andare in certi siti perché hai capito cosa significa quando vedi certe cose90. Nonostante il primo contatto con l’uso delle TIC sia per lo più veicolato da un proposta 86 87 88 89 90 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 7 L. 31 IT. 14 P. 4 B. 5 IT. 49 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 teorica legata a corsi di formazione, il salto di qualità nel rapporto tra donne e TIC avviene sempre ed esclusivamente grazie al loro impiego pratico inserito nella quotidianità di ognuna. Ho cominciato sette anni fa, quando andavo ai corsi [a voce bassa] Avevo paura di premere un pulsante sbagliato. Lì ho imparato un minimo, ci vuole la pratica, se non si utilizza ogni giorno, i corsi non hanno senso91. Ci vuole molta pratica, se lo si usa ogni giorno si acquista sicurezza92. Ho tentato di andare a un corso, però questi corsi non hanno nessun senso secondo me. Perché lì ci sono venti persone ed un insegnante, che insegna la teoria che puoi trovare da solo nel manuale93. E adesso però ho dimenticato tutto perché non lo pratico94. Inoltre, da molti racconti emerge con chiarezza che per l’apprendimento all’uso e la maggiore familiarità con questo mondo è di fondamentale importanza, oltre l’aver seguito dei corsi che prevedevano l’intreccio di teoria e pratica, affidarsi all’autoapprendimento, cioè al non avere paura di procedere per tentativi ed errori e di continuare a sperimentare. Facevo 45 Km per andare nella città del distretto per apprendere […] E’ stato per una settimana, ogni giorno […], non ho imparato bene nulla, poi attraverso l’autoapprendimento ho acquisito le abilità necessarie95. Con il tempo ho imparato che non è sbagliato fare tentativi, anzi si impara proprio 91 92 93 94 95 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 14 L. 9 P. 18 B. 29 B. 28 L. 50 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 così96. Era tanto difficile per me. Si rovinava. Il computer non si rovinava, ma io sbagliavo il programma e i comandi. Alla fine ero stufa di questa situazione e ho deciso di istruirmi da sola. Ho comprato un libro di Word 5.0 – l’ho studiato da un libro che era scritto benissimo. Ho fatto fronte alla situazione, molto facilmente. Naturalmente occorreva tanto tempo – per leggere e sperimentare. Però alla fine ho imparato e adesso posso dire che ho una base solida per lavorare al computer97. All’inizio avevo paura di rompere qualcosa, ma dopo che ho capito che non si può rompere niente, ho imparato di più. Ora provo da sola prima di chiedere aiuto98. C’è poi una notevole differenza nei racconti di chi ora ha una certa familiarità con le TIC rispetto a chi, dopo un primo incontro, ha abbandonato o perso di vista questo mondo. Tale differenza si nota soprattutto nella descrizione del primo approccio al mondo informatico: infatti, quando le donne più esperte raccontano dei loro primi contatti, spesso avvenuti in periodi abbastanza lontani dal tempo delle interviste, pur dichiarando di aver provato in quei momenti sentimenti di timore e di paura per la nuova avventura intrapresa – cosa che le donne che hanno abbandonato l’uso delle TIC difficilmente ammettono-, non si spiegano da dove arrivassero quei sentimenti, che ora appaiono loro come immotivati e incomprensibili. All’inizio avevo paura, è curioso avevo paura di fare una cosa sbagliata e di non saper tornare indietro, è ovvio che si ha paura quando si comincia99. Pensavo che fosse difficile. Non avrei mai immaginato di riuscire a usare il computer e alla fine ci si riesce. Certo, non con la facilità dei giovani, per noi è molto più difficile, perché non so l’inglese e questa è stata la difficoltà maggiore. Credevo che se sbagliavo, tutto scompariva. Era un dramma! Quando scrivevo un testo e arrivavo alla 96 97 98 99 Intervista Intervista Intervista Intervista 43 P. 11 B. 9 DK. 4 P. 51 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 fine e facevo un errore credevo di perdere tutto, prima di tranquillizzarmi… Mi ero messa in testa che se si faceva un errore quello si rovinava facilmente, visto che è una macchina100. Certamente, per ogni nuova cosa c’è una certa paura, di rovinare o sbagliare, ma…adesso capisco che non si può rovinare irreversibilmente niente. Attualmente non sono convinta, ma se qualcosa non riesce, provo più volte finché riesce (si tratta di autoapprendimento)101. Inoltre, con l’aumentare della familiarità con le TIC, cambia molto anche l’approccio alla possibilità di seguire dei corsi di formazione: mentre agli inizi dei percorsi di apprendimento nell’uso delle TIC i corsi apparivano alla maggior parte come la via privilegiata per appropriarsi di questo nuovo mondo, come ciò che le legittimava e contemporaneamente le tutelava rispetto alle possibilità di errori e danni, nel procedere della propria formazione, quando la capacità di utilizzo è già buona, la maggior parte dei corsi di informatica appaiono inutili, troppo poco specifici e comunque sempre troppo sovraffollati. In verità vorrei frequentare un corso sia di Word che di altri programmi. So che con i programmi si possono fare tante cose, ma non so come farle, a volte mi irrita. È difficile trovare corsi, ne ho provato uno, pagato di tasca mia, ma non era molto buono. Eravamo in troppi, perciò c’era sempre da aspettare per avere aiuto102. Verso una diversa economia di tempo e di vita Il computer e la rete vengono vissuti come strumenti capaci di velocizzare la ricerca di informazioni e di semplificare e rendere più agevoli alcune operazioni che altrimenti richiederebbero numerosi spostamenti e quindi un impiego più massiccio del tempo. 100 101 102 Intervista 21 P. Intervista 3 L. Intervista 18 DK. 52 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Certo Internet è una cosa magnifica – semplicemente così tanta informazione, risparmio di tempo per andare in biblioteche ed altri luoghi. Semplicemente tu hai l’informazione davanti a te – basta che tu sappia dove cercarla103. Del computer mi piace che c’è la velocità, economia del tempo, non bisogna spendere il tempo per andare in città. Sì, un’informazione celere!104 Particolarmente significativo in tal senso è l’impiego della posta elettronica e la possibilità di corrispondere con persone care e lontane. Utilizzo Internet praticamente ogni giorno perché a casa c’è il collegamento. È il modo più economico di comunicare con gli amici105. C’è della gente che non riesce a capirlo ma su Messenger, quando si parla, si può vedere come è l’altra persona, cosa sente, si riesce a trasmettere tutto. Se io lo racconto a qualcun altro … alle mie amiche, non l’ho raccontato a molti, mi dicono: “ma è complicato, com’è possibile!”106 La dimensione di economicità del tempo e di semplificazione e velocizzazione di alcuni aspetti pratici è rilevante, senza tuttavia diventare quasi mai un impiego sostitutivo nel tempo libero o extra lavorativo. Non ho tempo. Nel poco tempo libero che ho faccio altre cose, mi piacciono molto i lavori manuali, l’uncinetto e così via. Non mi ha mai interessato, mia cugina mi dice che dobbiamo parlare su Internet, al computer, costa meno, ci possiamo anche vedere. Ho già parlato una volta. Lavoro con telai, non ne ho bisogno107. Sono io che uso il computer di più. Non scarico musica e filmati, ma so che altri lo 103 104 105 106 107 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 17 B. 3 L. 2 L. 6 P. 12 P. 53 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 fanno, non mi interessa. Siamo persone che preferiscono stare all’aperto, perciò se non c’è un motivo ben preciso non lo usiamo108. Rispetto alla dimensione del tempo, il lato negativo rilevato è la cronica mancanza di tempo che molte donne segnalano: tutte riconoscono che una volta che vi si ha familiarità, il computer e la rete agevolano il lavoro e molte attività umane, ma per arrivare a questa familiarità con gli strumenti occorre tempo. Occorre tempo per imparare e per fare pratica. Tempo che molte di loro dichiarano di non avere, immerse come sono negli impegni lavorativi e familiari. Quello negativo: [sospiro] il tempo per imparare, e poi ci vogliono i mezzi per avere il proprio computer109. È il futuro, perciò prima o poi tocca anche a me impararlo. Bisogna seguire lo sviluppo, ma ci vuole tempo110. Mi piace il computer, mi dispiace aver poco tempo libero, potrei usarlo di più nella vita di ogni giorno se avessi tempo, usarlo in altro modo, ma sia in ufficio sia a casa non c’è tempo111. Sono curiosa, ma a casa il tempo è scarso. Tre uomini a casa. Lavoro tutto il giorno e esco di qui stanca. Stare in aula, in cucina ogni giorno con 6 o 7 ragazzi stanca e poi ci sono cose da fare a casa e la sera è per riposare, o anche per fare dei lavori che mi porto dietro, sommari, valutazioni, cose del genere e il tempo è scarso112. Non navigo mai, mi sembra un perdita di tempo, non trovo mai quello che cerco, e se ho un problema non c’è mai nessuno che ha tempo per aiutarmi in quel momento113. 108 109 110 111 112 113 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 12 DK. 6 L. 30 DK. 3 P. 22 P. 35 DK. 54 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Anche in questo caso, le interviste realizzate in Danimarca contengono una specificità unica: per le donne danesi, il computer e la rete sono proprio il mezzo che consente loro di conciliare vita e lavoro, famiglia e carriera. In nessuna delle altre interviste, sebbene realizzate in Paesi con cultura e storia molto diversi, emerge questa immagine delle TIC come possibilità di conciliare la propria vita personale con quella lavorativa, senza che né l’una né l’altra ne risultino penalizzate. È necessario, al lavoro è un obbligo. A casa è un aiuto perchè si possono fare le cose più veloci, con una vita quotidiana dove le cose vanno sempre più veloci, c’è bisogno del computer come attrezzo. Aiuta a accelerare le cose, a volte può sembrare negativo, ma ormai ci siamo abituati114. Il computer è importante e facilita lo studio. Senza il computer non era possibile stare dietro sia alla famiglia che ai bambini, sia al lavoro che agli studi115. Alcune delle mie colleghe lavorano parte del tempo da casa. L’uso del posto di lavoro a casa non é solo positivo, uno può sentirsi forzato di lavorare anche quando in realtà è libero, in quel modo diminuisce il tempo libero. Però ti da anche più flessibilità, ma uno deve essere capace di maneggiarlo bene. Può essere attraente di scegliere il lavoro da casa, quando nascono i bambini, ma non é sempre detto che sia la soluzione migliore116. Mediazioni viventi Oltre ad un accesso formale al computer e alla rete, attraverso un corso di alfabetizzazione, l’uso delle tecnologie è facilitato da alcune mediazioni viventi che il più delle volte sono costituite da figlie, colleghe e amiche che aiutano e facilitano l’apprendimento. I figli maschi risultano meno disponibili a impiegare tempo e pazienza in questa attività di insegnamento e i mariti o i compagni sono decisamente poco disponibili a mettere in comune questa dimensione con le mogli o le compagne. 114 115 116 Intervista 16 DK. Intervista 6 DK. Intervista 3 DK. 55 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 I bambini mi fanno sedere davanti al computer e mi spiegano. Li guardo: loro sono sveltissimi con il computer [mentre spiega guarda il computer sullo scrittoio e alza preoccupata le spalle]. I bambini hanno voglia di aiutarmi. Non hanno mai scherzato con me. Anzi, se voglio che loro mi spieghino lo fanno senza problemi117. All’inizio pensavo che il computer era inutile ed un motivo di irritazione. Ma quando i bambini e mio marito hanno iniziato ad usarlo spesso, ho cambiato idea118. I miei figli mi hanno aiutato a cominciare le varie cose, ma sempre in relazione con le mie necessità119. Forte è poi la collaborazione tra colleghi della stessa generazione, con cui volentieri si mettono in comune le informazioni e si cercano di risolvere i problemi. È un rapporto che si concentra sulla necessità di trovare soluzioni semplici ai problemi che quotidianamente si incontrano sui luoghi di lavoro. All’inizio il mio direttore era una donna e poi un uomo che mi hanno insegnato con gran pazienza120. La base delle nozioni di computer le ho imparato dei miei colleghi121. Mi ha insegnato la mia ex collega122. Quando non sappiamo qualcosa chiediamo aiuto l’una all’altra. Quando non so qualcosa, lo dico subito. Ma alla fine ci riesco sempre, e se non ce la faccio da sola, c’è la collega accanto123. 117 118 119 120 121 122 123 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 25 B. 7 DK. 21 DK. 2 B. 4 B. 19 L. 2 P. 56 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Fra colleghe collaboravamo. E c’era sempre chi ne sapeva di più e cosi facevamo 124 tutto . C’è anche chi, forse per mantenere vivo questo legame iniziale con le persone che l’hanno iniziata all’uso delle TIC, non si rende mai completamente autonoma. O forse, semplicemente, è una questione di pigrizia e queste donne preferiscono lasciar fare a chi è più esperto e ci mette più passione di quanto potrebbero mettercene loro che, sebbene padrone dello strumento, vi rimangono comunque sostanzialmente indifferenti. Trovo la musica che voglio masterizzare e poi chiamo mio marito che fa il resto. Non ho la pazienza di stare ad ascoltarlo, per me deve essere spiegato in un modo semplice, altrimenti non capisco. Mio marito è invece molto più tecnico, ed è abituato a parlare con altri del mondo dei programmatori. Se chiedo qualcosa, ricevo una spiegazione che dura 10 minuti, e alla fine ho dimenticato che cosa ho chiesto. Perciò non ho più voglia di chiedere125. Loro sono più che capaci di fare le foto che servono, perciò lascio fare a loro, sono anche più bravi. Se io devo mettere delle cose sul computer, metto molto più tempo di loro, loro lo fanno in un attimo126. Inoltre, anche il desiderio di comunicare con persone amate ma distanti può diventare una buona mediazione con questo mondo che attraverso questa nuova prospettiva appare come una potenzialità e una risorsa. Il computer è il mio collegamento con amici, vicini e parenti che non sono da me nel momento. Con il suo aiuto posso mandare un messaggio, posso parlare con qualsiasi posto del mondo, posso scrivere una lettera, auguri per una festa, posso scrivere qualche documento ecc.127 124 125 126 127 Intervista Intervista Intervista Intervista 6 P. 7 DK. 35 DK. 42 B. 57 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Preferisco mandare una mail che mandare un sms, scrivere una lettera o al limite telefonare. È molto più pratico con la posta elettronica. È una cosa meravigliosa! A volte non è facile parlare in altri modi … aiuta le persone a mantenersi unite. La posta elettronica è più facile. Anche quando siamo tristi (o allegre!), per esprimere un sentimento qualsiasi, a volte abbiamo voglia di mandare un messaggio a qualcuno, l’ora non importa128. Lo uso per comunicare con la mia famiglia (che vive lontano) scambiamo mail, è molto più facile129. Il Computer e la rete a volte diventano anche il pretesto per continuare ad essere in relazione coi figli e le figlie, coi mariti e/o i compagni. Grazie a mia figlia ogni giorno imparo nuove e nuove cose. Posso sempre chiamarla e chiederle. Lei m’aiuta tanto. Anche se non sa qualche cosa al momento per telefono, poi mi scrive una lettera con tutte le istruzioni e la manda per e-mail130. I miei figli hanno già conoscenza di computer e anche loro mi hanno aiutato. Il loro rapporto è un po’ ironico [ride e alza le spalle come per dire che “questa è una cosa normale”]. Ma mi hanno aiutato e rispettano le mie prove per imparare il computer. Almeno abbiamo un altro tema di cui parlare: è abbastanza interessante della nostra contemporaneità131. Magari le donne si avvicinano al computer per riuscire a stare un po’ più insieme alla persona con cui stanno insieme che alla sera si dedica completamente… almeno da quello che sento in giro132. 128 129 130 131 132 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 7 P. 17 P. 37 B. 4 B. 10 I. 58 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Capita spessissimo che le donne intervistate abbiano iniziato per i figli e le figlie. Per la prima volta ho avuto il piacere non solo di avere conoscenze, ma anche di fare alcune cose più interessanti per me, grazie alla mia figlia piccola, che aveva un gran desiderio di averlo e glielo abbiamo comprato. E mentre lei si occupava professionalmente, perché ha già imparato la materia, avevo l’occasione di impararlo anch’io. Era molto interessante, perché io come tutti ho cominciato con piccoli giochi133. Abbiamo comprato il computer al figlio che andava ai corsi, e doveva fare pratica […] Ho imparato di più assieme al figlio, ma non vuole continuare ad insegnarmi, perchè gli è più facile fare da solo, non insegnarlo a me. Mi dice di frequentare il corso, probabilmente lo farò134. Il mio primo incontro con il computer è stato a casa mia, quando lo abbiamo comprato ai nostri figli135. Grazie alla presenza costante ed amorevole di figli e figlie molte intervistate sentono di poter andare avanti nell’apprendimento ed essere tutelate dalla possibilità di commettere errori irreparabili. Non c’è la sensazione di paura che potrò rovinare qualcosa, perchè lo faccio con l’aiuto della figlia minore136. Nelle interviste effettuate in Bulgaria, una cosa che colpisce per differenza rispetto a quelle realizzate negli altri Paesi, è che le persone più giovani tendono a prendere in giro e a scherzare anche piuttosto pesantemente con le persone più vecchie che non possiedono, o che hanno poche, conoscenze informatiche. Per esempio i bambini mi hanno aperto una e – mail, e attaccano: ‘ma come mai 133 134 135 136 Intervista Intervista Intervista Intervista 32 B. 3 L. 17 B. 3 L. 59 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 hai dimenticato la tua password!’ Non mi aiutano, solo dicono: ‘Fai da sola!’ e ridono. La stessa cosa con il cellulare – te lo danno e ti dicono: ‘Hai un libretto leggi – tutto è descritto lì dentro!’ In altre parole io mi sono istruita da sola, nessuno mi ha aiutato, solo hanno scherzato con me. Però con i colleghi è un’altra cosa137. Mio figlio però scherza sempre: ‘mamma, è facilissimo – perché fai cosi?!’ O se deve mostrarmi e insegnarmi a qualcosa, mio figlio non può! Lo fa in modo che io non capisca nulla. [fa dei movimenti sulla tastiera come se suonasse il piano], ‘ecco guarda’. Però io non capisco nulla. E lui dà i comandi da solo e non spiega nulla138. Ho due figlie già grandi che sono molto brave con la tecnica e non scherzano con la mia ignoranza in quel campo – piuttosto mi aiutano tanto139. La tecnologia: pericoli e fantasmi. Un immaginario sfavorevole avvolge e coinvolge le tecnologie. Un immaginario che si sostanzia di vissuti che vanno dalla resistenza rispetto ad un qualcosa che si avverte come estremamente potente e totalizzante, alla percezione di una qualche forma di pericolo per la propria salute e/o sicurezza. Paura delle tecnica alle volte, in altri casi un rapporto di inimicizia che significa mancanza di sintonia con lo strumento, altre percezione di un pericolo verso il vasto mondo aperto dalla rete. Riesco a vedere che ci sono tante possibilità, ma non ho avuto né tempo né voglia di impararle ancora, forse sbaglio, perché sicuramente sarà il futuro. Ho sentito dire che possono succedere tante cose, per esempio che quelli che fanno acquisti on-line vengono fregati140. Il computer ha molte cose belle, ma ha anche cose cattive, che non servono a nulla141. 137 138 139 140 141 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 7 B. 5 B. 9 B. 22 DK. 8 P. 60 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Sono dell’idea che non tutto è così sicuro […] Secondo me il computer andrebbe usato solo con determinate cose, non per tutto142. In questa prospettiva, anche la dimensione del tempo acquista un peso diverso: tutto appare troppo accelerato, veloce, in continua evoluzione. Non sono più previsti pause e tempi di riflessione, tutto deve capitare subito. I tempi di lavoro paiono disumanizzati e disumanizzanti, pare non esserci più spazio per i tempi a misura di essere umano, fatti quindi anche di pause e tempi morti, e questo a lungo andare rischia di privarci di una parte importante della nostra vita. Però c’è tanta gente che ci esce fuori di testa, nel senso che la nuova malattia di questi anni: siamo tutti esauriti perché, comunque, il fatto che sia tutto molto veloce, ti devi adeguare alla velocità143. A volte ho la sensazione che il computer e internet ti rubano il tempo, per esempio ci vuole tempo per rispondere a tutti quell’e-mail che ricevi. Tutti pretendono una riposta veloce, il tempo si è accelerato, anche al lavoro, non esistono più periodi di tranquillità, quando hai controllato la posta la mattina, non esiste più di aspettare il giorno dopo prima di rispondere. É un po’ stressante che è tutto così concentrato ed intenso. Ti stanca, prima c’erano dei momenti tranquilli, ora va tutto veloce. Il computer crea delle prospettive di risposte veloci, tutto deve sempre andare più veloce, non puoi mai fermarti, nemmeno un attimo144. L’utilizzo del computer dovrebbe servire e serve a sveltire il lavoro, ma io vedo che la maggior parte delle persone lavora un sacco di ore. Anzi, il computer uno magari ce l’ha anche in casa o ha il portatile e continua a lavorare anche a casa145. Anche rispetto ai pericoli e ai fantasmi legati all’uso delle TIC, un ruolo 142 143 144 145 Intervista Intervista Intervista Intervista 8 I. 5 I. 22 DK. 11 I. 61 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 determinante è svolto dai bambini: è soprattutto nei loro confronti che gli adulti avvertono tutta una serie di pericoli, alcuni dei quali sono reali, molti altri appartengono all’immaginario. Tra questi pericoli, vi è la possibilità per bambini e bambine di incorrere nella pedofilia, di essere attratti verso un mondo da cui loro stessi non sono in grado di difendersi autonomamente, e i genitori non possono quasi nulla dal momento che questi contatti si insinuano in una maniera che è difficile da individuare, nei giochi o nei siti dedicati ai più piccoli. Anche qui però vi è una differenza tra le madri che hanno familiarità con questo mondo e quelle che non ce l’hanno: le prime, essendo consapevoli del pericolo costituito da internet ma essendo altrettanto convinte dell’importanza di poterli utilizzare, ci raccontano di tutta una serie di meccanismi messi in atto per proteggere i loro figli e le loro figlie. Si va da particolari filtri, ad orari limitati in cui avere accesso alla rete, alla supervisione continua durante la navigazione, etc. Spesso si sente dire che sono successe delle cose brutte ai bambini, quando usano le chat. A casa nostra abbiamo delle regole per le bambine: abbiamo stabilito quali siti possono guardare e che possono giocare al computer un’ora al giorno, quando hanno completato i loro compiti per la scuola, ma non giocano spesso. Internet lo possono usare in relazione con i loro compiti, per la scuola. Finora non ho mai scoperto che hanno visitato siti che per loro sono stati proibiti. Ascoltano la radio on-line, ma non comprano musica146. Ho molta paura dei siti di pedofili; per questo motivo ho scelto di mettere dei filtri sul nostro computer personale. A volte ho anche paura degli hacker, specialmente ora che abbiamo l’ADSL, ma abbiamo dei programmi anti-virus, e bisogna imparare a vivere con il rischio. A casa abbiamo stabilito delle regole: ovviamente i figli possono usare il computer per i loro compiti, in più il minore può giocare a Runscape ed usare la chat, ma devono rispettare degli orari, altrimenti sono capaci di stare li tutto il giorno147. Tuttavia penso che i bambini si appassionano al computer. Ecco perché noi 146 147 Intervista 15 DK. Intervista 16 DK. 62 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 abbiamo orari – una mezz’ora di gioco, perché ho amiche i cui figli giocano fino a mezzanotte o l’una di notte. Ma penso anche che fa male agli occhi. Non so ma questo è la mia opinione. Mio piccolo figlio ha dei problemi con gli occhi – qualche allergia – e quando guarda a lungo lo schermo i suoi occhi diventano rossi. C’è anche un altro problema: i bambini non sono molto ubbidienti e se giocano a qualche gioco o fanno un’altra cosa al computer non sentono nulla148. Voglio controllare mio figlio su che siti va. Non sono lì presente, ma visto che la cucina è sotto [lo studio] sento quando entra e ad un certo punto faccio finta di niente e vado su di sopra. Però ci va raramente, quindi sono tranquilla149. Per contro, le madri che non hanno familiarità con computer e rete, parlano di questi pericoli, di cui hanno sentito parlare attraverso i media, con toni catastrofici, privi di una presa sul reale. E di conseguenza, non sono nemmeno in grado di pensare o proporre strumenti e situazioni che proteggano i loro figli e le loro figlie. Forse, questo diverso modo di regolamentare l’accesso a computer e rete è un motivo per cui le madri hanno un atteggiamento molto differente per quanto riguarda il pericolo di isolamento di chi utilizza troppo internet e il computer rispetto al mondo reale. Per prima cosa è interessante notare che quasi esclusivamente le madri che non hanno familiarità con le TIC avvertono questo pericolo come incombente, come qualcosa che, proprio perchè non controllabile, è dietro l’angolo. L’altra cosa altrettanto interessante da rilevare è che nei racconti di queste donne, sono sempre i giovani a perdersi nel mondo di internet, a perdere i contatti con la vita reale perché immersi in un mondo fantastico. Sono i giovani che rinunciano ai contatti personali con gli altri coetanei, nel senso che non hanno più il piacere di uscire di casa, di fare delle passeggiate e incontrare gli amici in carne e ossa, di praticare sport e di leggere libri. I giovani stanno troppo tempo davanti al computer, e col tempo diventano malati e chi sa che cosa, non escono mai fuori e non usano più il loro corpo. Mi fa paura quando 148 149 Intervista 17 B. Intervista 35 I. 63 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 non riesco a comunicare con i miei figli, a volte sembra di parlare con una porta, quando sono davanti al computer. Mi sembra che il computer abbia preso il potere, e vale per tante persone specialmente i giovani150. La tecnologia […] a volte però mette dei paletti. Delle volte piuttosto che andare a fare una passeggiata dove c’è un po’ di gente… Molti non lo fanno più! Una persona timida è difficile che la schiodi dal computer per andare in mezzo ad altra gente: il rischio è questo!151 Il bene è l’economia del tempo, il male…Beh! se qualcuno s’abitua, può essere la dipendenza [risata] Questo non mi minaccia. Penso che la gente della mia età non sia a rischio di dipendenza, principalmente capita agli adolescenti152. Internet è più dannoso che utile. Lo vedo dalle persone che mi stanno vicino: il figlioccio gioca nel sito internazionale senza mangiare, senza bere, è pallido e gioca, è computer-dipendente. È molto male, è patologico153. Ritengo che moltissimi bambini si ammalino della dipendenza dal computer, perchè la maggior parte gioca con i giochi, che sviluppano l’intelletto, ma sono abbastanza aggressivi, un’altra parte siede nel sito draugi.lv (un sito lettone) l’intera giornata154. Forte è anche la percezione di un pericolo per la propria salute: si va dall’arrossamento degli occhi, al mal di testa, all’incapacità di agire e pensare con la propria testa. Qualche tempo fa ero andata ai corsi. [guarda nel vuoto] Forse è una barriera psicologica, un respingimento, non riesco a capirlo. Dopo essere tornata dai corsi avevo sempre mal di occhi e di testa. [pensierosa] Forse sono io stessa a pormi così. [rigida] 150 151 152 153 154 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 7 DK. 18 I. 4 L. 18 L. 3 L. 64 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Ho deciso che questo per me è nocivo e ho smesso tutto [riferito ai corsi]. Non so da dove mi viene questa paura155. É vero che fa risparmiare molto tempo e soldi. Tempo fa però al mio lavoro hanno tolto l’elettricità: a quel tempo noi abbiamo dovuto fare un gran accertamento di contabilità. E devo dire che era molto difficile. È venuto il programmista e ha aggiornato il programma […] Prima di cominciare a lavorare al computer queste cose le sapevo benissimo. E adesso all’improvviso quando l’elettricità è mancata, avendo una scadenza per finire il lavoro, e non funzionava neanche la calcolatrice – anch’essa funziona con l’elettricità... Era tanto difficile per me. Quindi il computer ha molti aspetti positivi, ma una persona può dimenticare come si calcola a mano e tante altre cose156. D’altra parte però io non trovo il computer come una cosa utile perché fa male alla salute – irradia. Il problema non è solo la radiazione, ma le luci e le vibrazioni dello schermo che sono quelle che fanno male agli occhi. Secondo me però il computer fa male a tutto il corpo umano. Si tratta anche di movimento cioè la gente non fa tanti moto quando sta al computer. Secondo me d’ora in poi si vedranno i danni del computer. E penso anche che questo fatto è ancora un segreto. Quindi penso che come il computer è utile così è anche dannoso specialmente per la salute157. Non sono abituata a lavorare a lungo al computer, si rompono i capillari degli occhi158. Infine, in qualche intervista le interlocutrici hanno segnalato i danni che le irradiazioni del monitor possono provocare per la salute di chi sta seduto davanti allo schermo del computer per tanto tempo. Chiaro che si danneggia la salute, dipendenza totale, non io, ma i miei alunni, gli adolescenti sono molto dipendenti. Si danneggia il sistema endocrino a causa del 155 156 157 158 Intervista Intervista Intervista Intervista 49 12 16 17 L. B. B. L. 65 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 computer, perchè la tiroide sta proprio contro il monitor del computer, e viene attraversata perchè la sedia per computer ha un piede metallico che conduce le radiazioni159. Un pericolo che è viene avvertito un po’ ovunque è legato al fatto che i computer sono visti come i responsabili della perdita e del venire meno di molti posti di lavoro. In certi campi il computer è fondamentale però ha levato anche tanto lavoro160. Ho paura che col tempo ci saranno più disoccupati, perché il computer prende sempre più potere161. I computer non mi piacciono. Non lo trovo divertente, né interessante, né ora né prima. L’idea che mi è rimasta da allora è che arrivava un “mostriciattolo” a sostituire la manodopera. Mi è rimasta questa idea ed è difficile mandarla via. Ciò non vuol dire che non lo usi162. So che è utile per le aziende, è molto utile che tutto sia informatizzato, rende più facile conservare documenti, cercare le cose, ma per la gente è sgradevole, perché molti perdono il lavoro a causa dei computer. Le imprese vengono informatizzate, ma si perdono posti di lavoro163. Un diffuso senso di inadeguatezza Crediamo sia connesso all’immaginario negativo un diffuso senso di inadeguatezza che si rileva dalle interviste. Inadeguatezza a cosa? Verso cosa? Paura di rompere, di sbagliare, e inadeguatezza verso uno strumento che non si conosce ed è tuttavia ritenuto fondamentale nella società attuale. 159 160 161 162 163 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 19 L. 1 I. 7 DK. 15 P. 47 P. 66 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Le nuove tecnologie sono molto importanti, perché oggi è così e uno sente che rimane indietro, è triste164. All’inizio era tutto diverso, si viveva benissimo senza computer, senza informatica, ma oggi no. Non c’è impresa, servizio che non sia informatizzato. E chi non sa l’informatica, per trovare lavoro, per esempio, non trova niente165. E oggi non c’è niente che non si faccia con il computer, oggi chi non ne capisce di computer, non sa niente, è proprio vero. Mi dispiace non saperne di più, ma è anche la pigrizia, credo [breve pausa] Non è proprio pigrizia, è rimandare a quando avrò tempo166. Il vissuto di inadeguatezza è strettamente connesso più che alle competenze reali e all’impiego pratico che delle tecnologie si fa, a quelli che potremmo chiamare ‘i fantasmi della tecnica’. Io assolutamente non sono una specialista di computer, nonostante sia davanti al computer quasi tutto il giorno167. Infatti, questa paura inspiegabile ha un peso fortissimo nella prima fase di apprendimento, ma va scemando con l’uso quotidiano e un maggiore apprendimento. Prima avevo paura di andare per tentativi. Avevo paura di rovinare qualcosa. [Adesso] mi sento sicura e ho anche aiutato le colleghe che hanno difficoltà, a volte passo per gli altri uffici e mi chiamano per aiutarle ed io cerco di risolvere il problema168. Forse non ho formazione per certe cose, ma mio marito mi dice che non ce n’è bisogno, mi dice che basta solo cominciare a usarlo169. 164 165 166 167 168 169 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 38 P. 46 P. 42 P. 34 B. 5 P. 44 P. 67 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Riteniamo che questa paura sia connessa alla differenza femminile nel senso che nel caso dei primi approcci fatti da uomini della stessa generazione, questi sentimenti sono totalmente assenti. E infatti nei racconti sia fatti da uomini che da donne, gli uomini da subito sperimentano in completa autonomia, si lanciano in questa nuova avventura senza timori. Mio marito, che non ha fatto nessun corso, va dappertutto e con mia figlia è la stessa cosa, credo che il problema sia cominciare a usarlo e imparare senza paura170. Lui [il compagno] prende e va, ma sa già come muoversi. [ride]171 La paura di tentare, di procedere attraverso tentativi ed errori, di mettersi alla prova praticamente senza nessun appoggio teorico pare appartenere quasi esclusivamente alla generazione delle donne adulte, che infatti riconoscono a figli e figlie, mariti, compagni, colleghe, sorelle… un coraggio e una spregiudicatezza che non appartiene loro, almeno in prima battuta. Inoltre, questo tipo di paura pare quasi totalmente sconosciuta, oltre che agli uomini, alle nuove generazioni di uomini e donne. Mia sorella non ha niente a che vedere con me perché lavora in un ufficio e senza aver fatto corsi. Tutto quel che sa è per tentativi, anche quando c’è un problema che nessuno risolve lei lo risolve, me ne sono accorta. Fa molti tentativi, io non sono così, non ho questa intraprendenza172. Quando scrivo o faccio un lavoro ho sempre mia figlia accanto, lei ne capisce di computer, non ha fatto corsi, ma sa cosa fare173. Inoltre, c’è una inadeguatezza percepita che riteniamo legata allo stereotipo, smentito dalla realtà quotidiana, che vede le donne e le tecnologie come mondi separati. Infatti, alla domanda iniziale se sanno usare il computer, moltissime donne negano, 170 171 172 173 Intervista Intervista Intervista Intervista 44 P. 5 IT 41 P. 14 P. 68 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 dicono di utilizzarlo ma senza competenze specifiche. Cosa che è contraddetta poi dalla descrizione delle funzioni che utilizzano e delle attività che riescono ad utilizzare. Personalmente non credo di essere diventata più brava ad usare il computer, però ammetto che non posso distruggere niente, e perciò ho più coraggio a sperimentare174. Magari è l’età, l’età c’entra e anche il tempo e la disponibilità. Perchè credo che l’informatica sia proprio così e se noi non la usiamo, non ci lavoriamo, non impariamo niente. Mi ritengo in pratica un’analfabeta, perché lavoro soltanto con programmi specifici, so solo quello che ho imparato con quei programmi175. Il computer lo uso da quando è uscito [sul mercato], perché nell’azienda dove lavoravo lo hanno messo subito. Cioè, un minimo lo so fare: è chiaro che non sono un prodigio del computer, perché non ho la velocità non utilizzandolo spesso176. Resistenza alla tecnica Rispetto all’immaginario positivo che circonda le tecnologie informatiche, che le vede come il nuovo, insostituibile mezzo di comunicazione e lavoro, nelle interviste registriamo una sorta di resistenza passiva, il desiderio molto forte di non uniformarsi a questo immaginario, di non rinunciare a quegli aspetti della propria esistenza - come i contatti umani e la passione per i libri stampati – che in questa nuova grande narrazione non trovano una collocazione. Per me come storica in Internet c’è un intero pianeta d’informazione. L’Internet come mezzo di comunicazione non l’uso e non l’userò perchè per me è importante vedere la persona direttamente177. Anche se so che è il mezzo di comunicazione più importante, che la gente risolve tutto con il computer, tutta la comunicazione e i documenti, nonostante tutto me ne 174 175 176 177 Intervista Intervista Intervista Intervista 1 DK. 46 P. 2 L. 40 L. 69 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 sento lontana. E in qualche modo, allo stesso tempo vedo che è uno strumento avanzato, e mi fa paura e quando penso al computer e a macchine simili è un’evoluzione molto grande, ma è anche un danno per la nostra vita sociale178. Va benissimo anche la posta elettronica per scambiare foto. Anche se la lettera è una cosa diversa. Una lettera è sempre una lettera, fa sempre piacere: è una cosa che scrivi personalmente. È un’altra cosa!179 Non uso la Chat e non navigo senza avere un motivo specifico, so che tanti lo fanno, ma non mi interessa180. Io non uso un computer e sono felice di dirlo, perché non sono dipendente da nessuna tecnica. Io sono decisamente per il loro utilizzo. Noi pensiamo di comprare presto un computer per nostri figli perché facciano il loro lavoro. Nonostante non mi serva un computer181. Penso di conoscere quasi tutte le cose che si possono fare con il computer e internet. So che si possono scaricare libri (e-books), ma non lo faccio, ma mi piace leggere in quel modo182. Molto spesso, questa forma di resistenza non è pienamente consapevole, e si traduce più con una serie di atteggiamenti poco accoglienti che come una vera e propria critica rispetto a questo immaginario. Forse mi piacerebbe e mi potrei interessare ma no, non ho molta pratica. Se davvero mi piacesse molto, forse avrei già imparato, il computer a casa c’è sempre stato183. 178 179 180 181 182 183 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 25 P. 3 I. 11 DK. 13 B. 31 DK. 27 P. 70 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 La tecnologia per me è il massimo! Mi dispiace che non mi attiri, non mi stimoli, c’è qualcosa in me che non mi spinge ad andare avanti. Il computer mi fa pensare al lavoro184. A casa non l’avrò mai, mi basta la TV e il video. Non vorrei a casa un semiuomo. [ride] 185 Qui non ho tempo, e a casa succede lo stesso, perché quando c’è mia figlia, che lo usa, io non ho mai tempo, a volte penso che mi piacerebbe usarlo, ma ho sempre un sacco di cose da fare, rinvio sempre e non ho mai provato, ma sono curiosa, perché mi piacerebbe sapere, e mi piace usare tutto quello che ho a casa e mi piace saperlo usare, mi piace lavorare con tutte le macchine, sino ad ora non è capitato, ma verrà la volta buona perché credo sia importante, usarlo e saperlo usare186. Non provo nessuna avversione per le nuove tecnologie. Non mi sono interessata di più forse perché non è ancora arrivato il momento di farlo187. Mi piacerebbe imparare, ma come? Non faccio niente per imparare, bisognerebbe che qualcuno mi stimolasse e dovrei comprare un computer e allora nascerebbe il piacere del computer188. C’è nella intervistate la sensazione che, abbandonandosi completamente in questo nuovo mondo e nell’immaginario connesso – che pure avvertono come affascinante ed utile – saranno poi costrette a rinunciare ad aspetti della loro vita privata che ritengono fondamentali e a cui non sono disposte in alcun modo a fare a meno. Non provo alcuna curiosità di saperlo usare! [risata] Non ne ho mai avuto voglia. C’è gente che se la sente, io no. Se si trattasse di un’altra cosa credo che mi piacerebbe 184 185 186 187 188 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 11 P. 19 L. 42 P. 8 P. 25 P. 71 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 imparare, ma questo no! Toccare tanti pulsanti. È come con i cellulari, ho il cellulare, ricevo e faccio telefonate, ma messaggi … . Il tempo che mi fa perdere. Magari avessi tempo per altre cose. So che certe cose sono molto più facili con il computer e su Internet189. Internet è una cosa grande però ha anche le sue cose negative. Da una parte ci dà tanta informazione. Ma dall’altra ti fa sentire stupido. Perché? Perché ognuno può mettere una informazione, ma nessuno è responsabile per la sua verità. In questo modo si può mettere qualsiasi informazione che non è vera. Così la gente che vuole imparare può imparare una cosa che è falsa190. Il computer è diventato l’unico attrezzo che è possibile usare, perciò non è più solo un attrezzo, ma un obbligo per lavorare, ha aumentato il suo potere. A volte mi sembra di perdere un po’ della mia creatività, perchè penso solo alle possibilità del computer191. Ho paura della freddezza, sono tutti oggetti che ci fanno diventare degli automi, delle macchine. Ad esempio, tu mi parlavi di internet. Se tu mi dovessi dire che noi facciamo tutto tramite Internet: acquistiamo frutta, verdura, pane… No, no, non mi va bene. Io piuttosto faccio 10 km ma preferisco andare in fondo a via Sestri perché so che lì vendono le puntarelle o la pasta che viene da Napoli, e la mia vita è arricchita dalla soddisfazione di cucinare cose nuove, di parlare con chi ti vende il prodotto e ti dice che è originale, perché altrimenti tu vai al supermercato che tutto è uguale, ti viene una tristezza dentro che è da piangere!192 Riesco ad accenderlo, a fare dei lavori ma non provo quell’entusiasmo che hanno certe persone, e la smania di Internet. Se devo andarci e navigare, ci vado, ma se non ce n’è bisogno non ho quella curiosità. Lo confesso non ho un grande interesse, proprio no193. 189 190 191 192 193 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 12 P. 9 B. 31 DK. 8 I. 18 P. 72 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 L’inglese: una difficoltà oltre la difficoltà Per le donne intervistate, una difficoltà che si aggiunge alle altre nella possibilità di apprendimento e utilizzo di computer e rete è costituita dall’impiego nelle TIC della lingua inglese come lingua universale. Infatti, in molte ci hanno segnalato che, dal momento che loro non padroneggiano questa lingua ritenuta irrilevante o poco importante ai tempi della loro formazione, questo ha costituito per loro un ulteriore ostacolo di non poca entità. Ciò è vero in dimensione maggiore per i computer di prima generazione che adottavano l’inglese come lingua ufficiale. All’inizio, per me, è stato molto difficile, era una scatola che mi stava davanti ed emetteva messaggi [pausa] che non capivo [pausa] ma poi ho cominciato a capire il computer. È stato difficile, era tutto in inglese, non c’era niente in portoghese [pausa] ma ho imparato a conoscerlo! 194 Per noi è molto più difficile, perché non so l’inglese e questa è stata la difficoltà maggiore195. Ma rimane vero anche oggi per quei Paesi, come Bulgaria e Lettonia, in cui la lingua madre prevede l’impiego di caratteri alfabetici differenti da quelli impiegati dall’inglese. Anche l’inglese è molto importante. Perché senza questo inglese è impossibile sedere davanti al computer. E veramente si deve prima imparare l’inglese, e poi mettersi al computer, o almeno tutte le due cose insieme. Altrimenti non va196. Certamente c’è una barriera di lingua perchè se non posso fare qualcosa, il computer getta un testo in inglese, ma non ho le cognizioni così buone per capire, ma 194 195 196 Intervista 3 P. Intervista 21 P. Intervista 18 B. 73 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 non ho anche nessuna necessità di scrivere197. Il computer, credo che se sapessi l’inglese, riuscirei a usarlo, quello chiede tutto e non è così difficile, credo di no198. Loro [i computer] mi parlano in inglese ed io non so l’inglese199. Il mio grande problema è che tutto quello che è scritto al computer è in inglese ed io parlo tedesco, quindi è tanto difficile per me200. Il mio grande problema finora è la lingua. Se voglio lavorare al computer e a tutti i suoi comandi, dovrei sapere la lingua inglese201. Commenti e considerazioni finali Alla luce del lavoro di ricerca sulle storie di vita e della conseguente analisi comparativa, possiamo affermare che le narrazioni, e quindi le esperienze, raccolte nei diversi Paesi coinvolti nel progetto, pur nella loro estrema differenza e complessità, sono accomunate per il fatto di attraversare, chi più chi meno, otto grandi gruppi di questioni che possiamo così riassumere: 1) Per il nostro target, l’uso di computer e rete sono vincolati all’esistenza di una qualche forma di necessità, di un qualche tipo di bisogno che si ritiene soddisfabile grazie all’impiego di queste nuove tecnologie. Nonostante esistano e siano menzionate diverse tipologie di necessità, tutte legate alla sfera dei bisogni personali, in assoluto è la necessità legata al mondo del lavoro il motore e la causa prima che spinge al primo approccio verso le TIC: quasi tutte le donne intervistate hanno iniziato o perché computer e rete facilitano il lavoro che svolgono, o perché sul luogo di lavoro è diventato obbligatorio saper utilizzare certi strumenti e programmi, o infine, perché cercavano di reinserirsi nel mercato lavorativo in cui l’impiego di queste tecnologie risulta 197 198 199 200 201 Intervista Intervista Intervista Intervista Intervista 2 L. 24 P. 13 P. 1 B. 32 B. 74 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 imprescindibile. 2) Il tipo di approccio all’uso delle TIC da parte delle donne adulte intervistate rende indispensabile l’incrocio di teoria e pratica; infatti, se nel momento iniziale molte di loro si sentono legittimate e protette nel delicato processo di apprendimento dal fatto di poter seguire dei corsi specifici, il salto di qualità avviene sempre e soltanto quando c’è la possibilità/necessità di utilizzare i nuovi strumenti e le nuove conoscenze quotidianamente. 3) Agli occhi di parecchie delle intervistate, le TIC appaiono come mezzi efficaci per ottenere le informazioni cercate e per rendere più agevoli e veloci alcune operazioni, come la prenotazione di viaggi e di spettacoli, oppure le operazioni bancarie e fiscali. Tutto ciò produce un notevole risparmio di tempo, risparmio che non si traduce quasi mai in un re-impiego del proprio tempo nell’utilizzo delle TIC per interessi personali, ma piuttosto nella possibilità di avere più tempo libero da dedicare alle proprie passioni. Rispetto al risparmio di tempo, una segnalazione che arriva da più parti è che questo è possibile solo quando si ha una certa familiarità con l’uso di computer e rete, mentre quando si è ancora inesperte è indispensabile avere molto tempo a disposizione per imparare e fare pratica. E questa esigenza di tempo pare costituire la causa di numerosi abbandoni, soprattutto da parte di donne che, oltre a lavorare e occuparsi della famiglia, non riescono a ritagliarsi uno spazio apposito per dedicarsi all’acquisizione di nuove conoscenze e saperi. 4) Spessissimo l’accesso alle TIC è veicolato da mediazioni viventi, cioè da un familiare, soprattutto dalle figlie femmine, ma anche da mariti, amici e colleghi, che aiutano e facilitano il processo di apprendimento. Queste figure rivestono un ruolo importante sia come compagne e compagni di studi, ma anche come maestri e maestre amorevoli e accoglienti, sempre disposti ad aiutare e a fornire spiegazioni. Inoltre, quando le donne adulte vedono in computer e rete degli strumenti utili per dialogare e mantenersi in contatto con le persone lontane velocemente e a costi ridotti, la concreta possibilità di comunicare costituisce anch’essa una buona mediazione per avvicinarle al mondo informatico. 5) C’è e permane un immaginario negativo che circonda il mondo delle TIC, rispetto al quale nelle nostre interviste abbiamo registrato via via o la percezione di un pericolo per la propria salute o per la propria sicurezza, oppure una sorta di resistenza rispetto a 75 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 strumenti che si avvertono come totali e totalizzanti, oppure ancora un rapporto di inimicizia che si traduce con una non familiarità nei confronti degli strumenti. Rispetto ai pericoli connessi alla possibilità di utilizzare computer e rete, un peso molto forte è costituito dalla possibilità, soprattutto per i più giovani, di incappare nelle numerose reti di pedofili, o comunque di entrare a contatto con persone poco affidabili, oppure nel rischio di perdersi in un mondo virtuale senza più contatti con la realtà. Oltre a ciò, computer e rete in molti casi sono ritenuti responsabili della perdita di numerosi posti di lavoro. 6) Nelle parole delle donne intervistate, molto spesso abbiamo avvertito un diffuso senso di inadeguatezza, almeno nella prima fase di apprendimento all’uso. Un senso di inadeguatezza che va scemando con l’aumentare delle capacità delle intervistate di utilizzare gli strumenti informatici, ma che in alcuni casi pare persistere nonostante il rapporto con le TIC sia un buon rapporto che si gioca nella quotidianità. È come se rimanesse sullo sfondo e continuasse ad avere un peso l’immaginario negativo che vuole le donne e le tecnologie come mondi incomunicabili. 7) Oltre al diffuso senso di inadeguatezza, nelle interviste abbiamo avuto modo di leggere una sorta di resistenza passiva, più o meno conscia, che parecchie donne intervistate sembrano mettere in atto nei confronti delle TIC. Resistenza rispetto a cosa? Rispetto ad un mondo in cui alcuni degli aspetti della propria vita, come il piacere di uscire di casa e di incontrare gli amici o di leggere un libro stampato, paiono non trovare più spazio. È come se molte donne avessero paura che aderire a questo mondo e allo stile di vita che questa adesione comporta, le costringesse a fare e meno di qualcosa a cui non sono disposte a rinunciare. Raramente questa resistenza è una resistenza consapevole che si traduce in una vera critica rispetto a questo mondo. Molto più spesso è una resistenza passiva che si traduce in atteggiamenti poco accoglienti o scostanti rispetto alle possibilità offerte da computer e rete. 8) Infine, soprattutto per le donne più avanti negli anni, il problema dell’impiego di una lingua straniera nei comandi e nell’uso delle TIC di prima generazione ha costituito e continua a costituire un ostacolo che si aggiunge agli altri. Un ostacolo il cui impatto emotivo continua a rimanere molto forte, e che continua a persistere nonostante nei computer di ultima generazione questo impiego massiccio della lingua inglese sia quasi scomparso. 76 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Da ultimo, un discorso a parte meritano forse le interviste realizzate in Danimarca. Infatti, questo è un paese che sotto questo aspetto appare totalmente differente rispetto agli altri: le TIC sono molto diffuse, vengono utilizzate a qualsiasi livello e, quasi, da chiunque e questo impiego massiccio pare essere un patrimonio comune della cultura danese ormai da diverso tempo. Questo probabilmente fa sì che anche l’immaginario sia assolutamente positivo, senza che vi sia tuttavia una eccessiva esaltazione delle TIC. È un immaginario che si sostanzia di vissuti concreti, in cui anche gli aspetti negativi, come la continua accelerazione delle nostre vite connessa all’utilizzo di questi strumenti o il pericolo di perdersi nel mondo virtuale, trovano una loro collocazione. Le donne danesi sono le uniche che parlano di computer e rete non solo come di strumenti utili per il proprio lavoro, ma anche e soprattutto come dispositivi che consentono loro di conciliare vita privata e lavoro, studio e impegni familiari. 77 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Parte 2 A partire dall’analisi di alcune riviste Lara Corradi e Antonia De Vita La scelta di spogliare riviste femminili per esplorare il rapporto tra donne e tecnologie Durante la stesura iniziale del progetto, la ricerca ha previsto una seconda fase di lavoro nella quale, attraverso lo spoglio di riviste in ciascun paese partner, si potesse indagare quali rappresentazioni e contenuti emergevano da articoli e testi sulla relazione tra le donne e le TIC, in particolar modo pc e internet. La scelta delle cinque riviste è stata orientata dai seguenti criteri: 1) una rivista dalla diffusione ampia rivolta ad un pubblico femminile più tradizionale, senza esclusione di quello maschile, che trattasse di valori e famiglia, stili e cicli di vita, casa (esempio italiano: Famiglia Cristina) 2) una rivista più centrata su temi di politica e società, attualità e dibattiti internazionali per un target medio-alto di persone informate (Espresso, Panorama) 3) una rivista maggiormente orientata a temi “fashion”, “glamour” (Marie Claire, Elle) di cui esistono corrispondenti nei diversi paesi e una che affrontasse le medesime questioni con un taglio più pratico ampliando le tematiche, oltre alla moda, alla cura del corpo, etc., anche alle relazioni uomo/donna etc. (Donna moderna, Grazia) 4) una rivista di taglio più apertamente femminile, attenta alla vita e al lavoro delle donne, alle sue evoluzioni e ai più recenti dibattiti europei ed extra europei (La repubblica delle donne). L’ipotesi di base che giustificava la scelta di questa indagine è che grazie alla dimensione mass mediale si potesse avere una visione di due differenti livelli: da un lato approfondire le varie rappresentazioni attorno al rapporto tra donne e TIC e dall’altra monitorare quali iniziative coinvolgono le donne nei loro rapporti con le tecnologie 78 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 (segnalate dalle riviste e pertanto rilevanti). Per procedere in questo senso ciascun paese, dopo una prima ricognizione del materiale disponibile sul proprio territorio nazionale -sia dal punto di vista delle caratteristiche editoriali come la periodicità e il target, che della possibilità di reperire con facilità le pubblicazioni degli ultimi due anni- e un primo momento di discussione durante il meeting di Riga avvenuto a giugno 2006, ha individuato cinque riviste molto diffuse nel proprio paese che corrispondessero il più possibile ai criteri comuni sopra definiti, facendo in modo che vi fosse omogeneità nella scelta di tali riviste che ad un primo sguardo possono apparire molto diverse tra loro, per le differenze nella periodicità e nei tipi di target, dovuti a scelte editoriali proprie di ciascun Paese e che non trovavano corrispondenze nelle riviste degli altri Paesi oggetto d’indagine. Ciascun paese ha selezionato e spogliato le seguenti riviste: Portogallo: - - - Visao. È una rivista settimanale che segue i principali avvenimenti della politica nazionale e internazionale e si occupa di vari temi di attualità internazionale. I principali temi affrontati riguardano società, politica, economia e finanze, cultura, scienza, sport e medicina. Diffusione: 120 225; Gruppo IMPRESA; sito: http//www.visaoonline.pt Famula Crista. È una rivista mensile che si rivolge alle famiglie, si occupa di argomenti che spaziano dalla religione alla politica, dall'economia alla società. Diffusione: 20 000; Instituto Missionário Pia Sociedade de S. Paulo; sito: http://www.familiacrista.com Unica. Una rivista di opinione che si occupa di temi sociali, politici, economici, finanziari, di cultura, scienza, sport e medicina. Rivista settimanale del Jornal Espresso; sito: http://semanal.expresso.clix.pt/unica/ Maxima. È una rivista mensile di moda, gastronomia, servizi di sostegno alla famiglia, notizie, bellezza, salute e fitness, denaro e carriera, cultura e tempo libero, arredamento, astrologia. Sito: http://www.maxima.pt Muhler Moderna. È una rivista femminile, settimanale, di moda, salute, bellezza, gastronomia, arredamento, cinema e televisione, sessualità e famiglia, astrologia e attualità Dffusione: 39 250; Gruppo IMPALA; sito: http://www.impala.pt. Bulgaria: - Eva. È una rivista mensile che tratta di moda, stile di vita, bellezza e salute, e di vari personaggi ed eventi. In essa le lettrici ed i lettori possono trovare le risposte alle domande più frequenti riguardanti i campi menzionati. La rivista ha un carattere di divertimento e contiene vari giochi, test e oroscopo. La rivista è destinata alle donne, ma ha un carattere commerciale e di divertimento. Qui non ci sono articoli che riguardano le donne ed il loro lavoro, ma solo sullo stile di vita e sul mantenimento del loro aspetto esteriore. Si trovano però anche molti articoli su carriere maschili di successo. 79 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 - - Jenata dnes ovvero La donna oggi Jurnal za jenata ovvero La rivista per la donna Paralleli. La rivista Parallelii pubblica articoli riguardanti lo stile e la bellezza, e informazioni sulle varie sfere della vita. Contiene recensioni di libri ed album musicali. I lettori imparano diversi fatti della storia e hanno l’opportunità di leggere delle notizie attuali riguardanti le stelle del cinema famose. Paralleli contiene anche consigli per migliorare il vostro aspetto esteriore – dal trucco al perdere il peso. Tema. Danimarca - - - Famiglie Journalen. Ovvero ‘La rivista della famiglia’ è il settimanale danese più diffuso e conosciuto da gran parte dei danesi. I lettori abituali sanno che la rivista negli ultimi anni è stata sottoposta a grandi cambiamenti per apparire come una rivista moderna, con lo scopo di soddisfare le tante richieste delle lettrici. Contiene storie interessanti sulla vita dei danesi, romanzi di alta qualità, la posta dei lettori, rubriche su salute, benessere, ricette e cucito, giardinaggio, cruciverba, guida TV ecc. Come è stato notato dalla ricercatrice, nel 2004 tale rivista dichiara di non avere la possibilità di rispondere alle e-mail: c’è un solo indirizzo e-mail, nella posta dei lettori, mentre ci sono i numeri di telefono e gli indirizzi postali per ogni argomento. Dal n° 37 del 2004, viene tolta la restrizione alle e-mail. Nel 2005 nasce una rubrica che si intitola “Utile su Internet” e c’è anche un indirizzo e-mail per contattare il redattore. Dall’ultimo numero del 2005 ci sono indirizzi e-mail per 4 delle rubriche di buoni consigli. Pian piano ci sono sempre più siti web nella rivista. Sito: http://www.aller.dk/ Femina. È un settimanale femminile molto radicato nella cultura danese. É una rivista moderna composta da un misto di moda, arredamento, consigli e tanta nuove idee; ci sono ricette di cucina, che sono all’altezza delle esigenze della vita moderna di facile preparazione, nutrienti e sane. Le pagine di bellezza mostrano tutte le nuove tendenze. Infine ci sono una seria di articoli che parlano di persone che hanno qualcosa da dire. Gli articoli a tema mettono in discussione diversi problemi e cercano anche di trovare una via di uscita. Gli articoli parlano soprattutto di moda, arredamento e argomenti brevi; c’è un articolo fisso che parla della vita di coppia. Come è stato notato dalla ricercatrice, nel primo numero che è stato esaminato c’erano indirizzi e-mail per 3 rubriche delle numerose rubriche. C’erano 2 pagine con gli indirizzi degli inserzionisti, una pagina con i siti web e una con gli indirizzi e-mail, il resto erano numeri di telefono. Dal 2006 ci sono collegamenti a pagine web in alcuni articoli e più indirizzi e-mail. Sito: http://www.femina.dk/ Alt for damerne Il settimanale ‘Tutto per le donne’ si rivolge a donne attive, sia nel lavoro che nel tempo libero, donne curiose e impegnate, che stanno dietro ai loro interessi, agli amici e alla famiglia, che vogliono avere sia stimoli che sfide, e hanno la mente aperta per nuovi input. La lettrice tipo è consapevole, si interessa dei propri cari e ama viaggiare. É una donna che ama il tempo libero, va al cinema e a teatro, visita mostre e mangia spesso fuori. Abita tipicamente nell’area della capitale o in grandi città, ha fra i 20 e i 50 anni. Il commento dell’esaminatore: nel 2006 una pubblicità su dodici fa riferimento a siti web. L’uso di computer da parte di donne non è un tema di per sè trattato nella rivista. Ci 80 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 - - - sono alcuni articoli che parlano di donne e lavoro, spesso storie di donne che possono essere modello per le altre. Vi sono articoli d’opinione. Sito: http://www.altfordamerne.dk/asp/frame.asp?side=oplag%20og%20profil.html Domenica è un settimanale conosciuto per i suoi articoli che sollecitano la riflessione. Ogni numero contiene interviste a donne famose e dinamiche, 12 pagine di ricette e cucina, 16 pagine di parole incrociate e 8 pagine di guida TV, 4 pagine di “spotlight” di libri, teatro, cinema ecc. e 4 pagine di viaggi. La moda per la donna matura viene seguita attentamente e si può trovare inspirazione per la casa nelle pagine di arredamento. Domenica è la rivista per la donna matura che cerca idee, ispirazioni e intrattenimento. Il commento dell’esaminatore: la rivista ha un indirizzo e-mail in rilievo sotto l’articolo di fondo del redattore e tratta la posta dei lettori tramite un loro indirizzo e-mail, spesso ci sono anche riferimenti al sito web. In fondo a quasi tutti gli articoli ci sono gli indirizzi e-mail di giornalisti che li hanno scritti. Non ci sono articoli che parlano direttamente di tecnologia, ma c’è un uso costante di termini tecnici che prevedono una certa conoscenza. Gli articoli sulle donne e del loro lavoro parlano di donne forti, che anche in circostanze difficili riescono a farsi valere e vengono viste come esempi per le lettrici. Sito: http://www.aller.dk/ Henders verden ovvero ‘Il suo mondo’ è un settimanale che prende spunto dagli interessi delle lettrici: salute e benessere, casa e giardino, cucina e feste, moda e bellezza, bambini, cucito e piccoli progetti fai da te. Il commento dell’esaminatore: nella rivista si trova una rubrica fissa con il titolo ‘Computer e suggerimenti’; ci sono 5-6 brevi notizie con una impostazione fissa, ci sono suggerimenti di siti web delle lettrici, qualcosa che si può creare grazie al computer, che riguarda la salute, notizie dal mondo, corsi di computer e novità. Il contenuto corcorda bene con il profilo ufficiale: “la rivista per le donne attive e le grandi consumatrici.” Il punto di partenza non è di informare dell’esistenza del computer e di internet, che viene dato per scontato dalla redazione. Perciò ci sono brevi notizie e buoni suggerimenti che le lettrici possono sfruttare secondo le loro capacità. Le qualità tecniche cui si fa riferimento partono da un livello semplice, fino a arrivare ad un livello avanzato dell’uso di programmi professionali. É ovvio che la redazione parte dal presupposto che fra le sue lettrici ci sono sia principianti che professioniste, e che tutte devono essere soddisfatte. Negli ultimi numeri ci sono soprattutto riferimenti a siti web d’interesse e novità dal mondo del computer, invece di istruzioni per l’uso. Sito: http://www.dmu-mags.dk/PgEgmont/hendes_verden.htm. Lettonia: - Una Ieva Italia: - Donna moderna settimanale che si presenta come una sorta di “prontuario” per la donna di oggi che si trova a dover affrontare i molteplici impegni quotidiani: lavoro, casa, famiglia ma che comunque è sensibile anche alla moda e ai consigli di bellezza. Il giornale è strutturato in articoli brevi, di veloce lettura. Gli articoli 81 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 - - - - - che parlano di computer, si uniformano alla linea editoriale del rotocalco, fornendo consigli molto pratici come indirizzi di siti per poter fare la spesa on line, pagare le bollette, così come suggerimenti sui programmi utili per la gestire al meglio le esigenze per sé e la famiglia. Da questo punto di vista si riscontra un’analogia con quanto emerso nelle interviste, ovvero, l’uso del computer è sempre finalizzato, riconducibile al soddisfacimento di uno specifico bisogno/necessità che comunque può anche essere “frivola” (cercare l’indirizzo di una palestra). Il giornale presenta alle sue lettrici il pc come mezzo per semplificarsi la vita ma anche per raccogliere informazioni utili per il proprio tempo libero. Negli articoli mancano invece momenti di riflessione sul rapporto tra donne e tecnologia. La Repubblica delle donne è un giornale particolare in quanto supplemento di un quotidiano. Da un lato quindi ci sono servizi dedicati alla moda, alla casa, alla bellezza, alla cucina come in altri periodici femminili, ma dall’altro non mancano gli spazi dedicati all’approfondimento. La sensazione è che si rivolga ad un pubblico più colto che non cerca una rivista da leggere in maniera distratta ma piuttosto ha piacere nel leggere articoli di approfondimento. Grande attenzione al mondo femminile e all’evoluzione della società. Molteplici sono i temi trattati: lavoro, tecnologia, vita familiare…Negli articoli vengono sempre paragonati diversi pareri di esperti ma soprattutto c’è una tendenza a rifuggire quelli che sono gli stereotipi sulle donne esistenti nell’immaginario comune. Sito: http://www.dweb.repubblica.it/dweb/index.jsp Famiglia cristiana è un giornale fortemente ancorato a valori tradizionali. Anche quando si parla delle donne in carriera all’interno di istituzioni cattoliche –scuole, associazioni…- si sottolinea come la presenza femminile sia importante in virtù delle caratteristiche che da sempre vengono associate alle donne come capacità di ascolto e di cura. Consultando il giornale l’idea è che ci si rivolga ad un pubblico di lettori fedeli alla testata che ne condividono anche i valori. L’espresso è un rotocalco che si rivolge prevalentemente ad un pubblico maschile di elevato livello culturale. Gli articoli sono lunghi e trattano approfonditamente temi politici e di attualità. Il giornale ha varie rubriche tra cui una dedicata alla tecnologia in cui fornisce informazioni molto tecniche usando un linguaggio specialistico. Il giornale parla poco di donne e quando lo fa è per presentare delle ricerche bizzarre sul comportamento affettivo/sessuale femminile svolte da università o comunque enti di ricerca specializzati. Grazia assieme a Gioia si presenta come rotocalco femminile decisamente più frivolo. La parte più corposa del giornale è dedicata a servizi fotografici prevalentemente di moda femminile e moda per bambini. Ci sono varie rubriche estremamente sintetiche, quasi dei piccoli box, mentre gli articoli sono mediamente una decina per numero e pochi sono quelli di approfondimento. L’impressione è quella di un giornale di puro intrattenimento, con una quasi totale assenza di momenti di riflessione. Gli unici articoli relativi al computer sono del 2006 e coincidono con l’apertura del blog di Grazia. Gioia Inizialmente, nell’impossibilità di reperire Grazia, si era pensato di sostituire questa testata con Gioia, di cui però sono stati visionati solo i numeri dal gennaio 2005 a giugno 2006 –gli unici reperibili. Sebbene in un secondo momento sia 82 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 stato possibile visionare anche Grazia si è pensato comunque di tenere il materiale raccolto. Gioia ha una veste simile a Grazia, con molte foto e rubriche e pochi articoli. Rispetto a Grazia però il giornale sembra puntare maggiormente sul gossip riferito a personaggi famosi o presunti tali e il formato del rotocalco è decisamente più scarno. Il tema donna/utilizzo pc non viene mai affrontato, l’unico accenno è in un breve articolo che parla del boom dei corsi. Difficilmente vengono affrontati i temi del lavoro e della formazione, l’unico articolo che affrontava il tema parlava di come è opportuno andare vestite in ufficio. Elementi emersi dall’analisi delle riviste In generale si può dire che in nessuno degli articoli analizzati dai Paesi partner, il tema della nostra ricerca - il rapporto delle donne adulte con le TIC - è affrontato apertamente. Il tema è affrontato in maniera del tutto indiretta e dunque il fuoco dell’analisi si è concentrato per necessità sullo spazio dedicato nei magazines alle tecnologie informatiche. Abbiamo dunque preso in esame questo aspetto riscontrando che benché tutti e cinque i paesi avessero in comune la mancata trattazione del tema, sono tuttavia notevoli le differenze rispetto allo spazio dato alle TIC e alla retorica relativa al loro uso. Esemplari, perché antitetiche, le posizioni di Danimarca e Lettonia. Negli articoli analizzati su riviste provenienti dalla Danimarca, dove l’89% della popolazione usa il pc, la retorica che circonda l’impiego delle TIC è assolutamente positiva. Vengono esaltate quali exempla donne forti, in carriera, che nonostante le difficoltà incontrate sul loro cammino sono riuscite a risollevarsi e a ricostruirsi una vita e lo hanno fatto, spesso, utilizzando le TIC come alleati per risparmiare tempo, e riuscire a conciliare tempo di vita e di lavoro. Al contrario, negli articoli esaminati in Lettonia, dove la percentuale di utenti di pc ed internet è molto più bassa, la retorica è piuttosto negativa, e la cosa su cui si insiste maggiormente sono i pericoli connessi all’uso delle TIC, paragonate per pericolosità all’alcol col quale hanno in comune sia la capacità di produrre dipendenza che di produrre danni fisici. Tra queste due estremi, si collocano con differenti sfumature e posizioni, gli articoli contenuti nelle riviste portoghesi, italiane e bulgare. Nelle riviste portoghesi analizzate, in generale, il tema più diffuso sembra essere il dibattito sulla differenza di genere, con forti punte rivendicative per la discriminazione 83 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 subita dalle donne in termini di salario e condizioni lavorative. In egual misura si trovano da un lato articoli che esaltano le potenzialità delle TIC e i vantaggi derivanti dal loro uso e, dall’altro lato, articoli che mettono in guardia dai pericoli connessi ad un uso sconsiderato delle TIC, soprattutto per i più giovani. In generale però vi è una lieve preponderanza negli articoli che propongono una visione positiva, che pare essere spinta in particolare dai politici, uomini e donne indifferentemente. In Italia vi è un sostanziale equilibrio tra la visione positiva - che arriva a paragonare il pc ad un elettrodomestico come gli altri- e quella negativa che mette in guardia dai pericoli per un uso sconsiderato delle TIC. È interessante notare che in numerosi articoli di riviste, anche molto diverse tra loro, si trovano consigli pratici per affrontare questo modo che risulta all’utenza italiana ancora abbastanza sconosciuto – si va da consigli per smascherare le bufale on line a suggerimenti per lo shopping on line, etc. Negli articoli analizzati in Bulgaria la situazione pare essere apparentemente molto simile a quella riscontrabile in Danimarca, ma con una differenza fondamentale: infatti, come in Danimarca, anche in Bulgaria quasi tutti gli articoli presi in esame propongono con insistenza l’immagine di una donna forte, che riesce a conciliare tempi di vita e di lavoro, e a farsi valere in un mondo di uomini. Ma mentre negli articoli di riviste danesi si fa riferimento alle TIC come risorsa per queste super-donne, come strumenti utili per realizzare le loro imprese e rialzarsi dopo momenti difficili, negli articoli bulgari questo non accade mai e tutto pare essere lasciato esclusivamente alle risorse e capacità individuali delle singole donne, le cui storie vengono riportate come esempio e stimolo per tutte. I risultati attesi e quelli raggiunti Presentare gli elementi emersi dallo spoglio delle singole riviste mostra quanto il tema oggetto dell’indagine, il rapporto tra donne e TIC, sia del tutto assente e presente solo in maniera del tutto trasversale come trattazione singola di aspetti differenti della vita delle donne da un lato o di impiego delle tecnologie dall’altro. Lo spoglio ha disatteso l’aspettativa di trovare numerosi articoli sul tema e ci ha costretti a tornare sull’ipotesi iniziale di una presenza mass-mediatica del tema. Durante il meeting di Sofia (maggio 2007), a seguito della presentazione dei 84 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 risultati da parte di ciascun partner, abbiamo discusso le ragioni dei risultati attesi. L’ipotesi più significativa che giustifica l’aspettativa va nel senso di una ‘pervasività’ del tema a livello mass mediatico e ancor più a livello di diffusione di stereotipi. Detto altrimenti, la relazione tra donne e tecnologie informatiche è presente in maniera pervasiva nelle rappresentazioni e negli stereotipi e circola in maniera massiccia anche se dal punto di vista della ‘presenza reale’ della trattazione del tema nelle riviste selezionate è del tutto marginale o quasi assente. Dallo spoglio delle riviste gli elementi emersi mostrano che è molto forte l’attenzione verso temi che riguardano trasversalmente la vita delle donne e il lavoro femminile, come pure la conciliazione tra questi aspetti e la forte attenzione su una dimensione ancora fortemente discriminante tra i due sessi. 85 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Parte 3 Note di metodologia della ricerca nel contesto di progetti europei Lara Corradi e Antonia De Vita Il progetto Ciao!Women ha avuto un’origine lontana nel tempo in un Partenariato di Apprendimento202 intitolato CIAO! - Communication via It for Adults Online.203 L’idea su cui questo primo progetto si basava era quella di indagare cosa effettivamente si conosceva di quelle persone adulte che, pur non avendo una conoscenza dell’uso del computer o di Internet, avevano deciso o erano state costrette ad utilizzare gli strumenti tecnologici. In particolare, interessava raggiungere coloro che non avevano dimestichezza con l’uso delle tecnologie, con un’attenzione particolare alle donne, per poter scoprire che idea questo target di utenti si era fatto della possibilità, ad esempio, di comunicare via Internet o di utilizzare il pc nei luoghi di lavoro, tentando di scoprirne anche i timori, i dubbi, e le aspettative. Per poter parlare con queste persone, difficilmente raggiungibili altrimenti, abbiamo portato delle postazioni multimediali in luoghi frequentati per le finalità più diverse (acquisti, svago, spesa quotidiana) e collegato online i Paesi che partecipavano al progetto, in modo da dare alle persone che frequentavano questi luoghi l’opportunità di interagire in tutta libertà. Infatti, in un primo momento abbiamo lasciare le persone libere di dialogare, e solo in un secondo momento abbiamo chiesto loro di rispondere ad alcune domande volte ad esplorare la loro percezione dell’uso di tecnologie. L’analisi delle interviste, unita all’osservazione di quanto successo durante i collegamenti, ci ha permesso di ottenere dati utili ad ipotizzare con quale terminologia, secondo quali modalità, e con quali scopi prioritari offrire dei corsi sulle tecnologie e il 202 Un Partenariato d’apprendimento Grundtvig prevede attività di cooperazione tra organizzazioni impegnate nel campo dell’educazione degli adulti. 203 Il Partenariato ha avuto una durata di tre anni, dal 2001 al 2004, ed è stato cofinanziato dal Programma Socrates, azione Gruntvig 2 (Partenariati di apprendimento). 86 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 loro uso. Ma il numero esiguo delle interviste realizzate in questo primo progetto, circa 50, non ci ha permesso di approfondire ed analizzare queste tematiche come avremmo voluto, e quindi abbiamo deciso di ideare un progetto di più ampio respiro, che abbiamo deciso di intitolare CIAO!Women, in quanto rivolto interamente alla percezione che le donne hanno delle tecnologie informatiche204. Il progetto Ciao!Women nasce dall’interesse ad indagare i bisogni educativi specifici di donne adulte in relazione alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Siamo convinte che sia necessario ideare approcci innovativi capaci di rispondere al bisogno crescente di donne adulte, che lavorano o che sono fuori dal mercato del lavoro (per scelta personale o per motivi familiari), di accedere a percorsi educativi che, tenendo conto dei loro desideri specifici, rispondano ai loro bisogni concreti e tengano conto dei loro impegni e disponibilità. Alcune domande ci hanno guidato nell’ideazione del progetto: cosa significa tenere conto delle raccomandazioni dell’UE in relazione alle tematiche di genere e alla promozione delle Pari Opportunità? Quali criteri seguire nell’organizzare attività di progettazione, ricerca, valutazione, nello stilare questionari e nel realizzare analisi di bisogni per valorizzare gli aspetti legati al genere? Come conciliare le esigenze e le peculiarità di tutti, donne e uomini, nelle varie attività che fanno parte di progetti di ricerca nel vasto campo della formazione e dell’educazione adulta? Al fine di farsi carico di questi quesiti e nel tentativo di individuare un percorso in grado di tenere aperta la questione senza schiacciarla in soluzioni veloci e semplicistiche che risulterebbero necessariamente riduttive e inefficaci, abbiamo ritenuto importante trovare il modo di incrociare il sapere guadagnato dalla riflessione delle donne in questi ultimi due secoli in termini di uso del linguaggio, pratiche, e modelli di educazione adulta e di formazione, e le direttive europee. Questo ci ha permesso di individuare nuovi criteri per la realizzazione di percorsi formativi per rispondere ai bisogni e agli interessi di quelle donne adulte ancora lontane dal mondo della tecnologia informatica, non facendoci influenzare dagli stereotipi sulle relazione fra donne e tecnologie e usando una terminologia specifica che abbia un senso alle orecchie delle destinatarie dal momento 204 Il primo progetto Ciao! è stato coordinato da Rita Bencivenga che rappresenta l’elemento di continuità nelle progettualità Ciao! Women. 87 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 che i corsi e le attività formative tradizionali rischiano di risultare appropriati solo per coloro che hanno confidenza con il mondo dell’informatica, ma risultano escludenti per coloro che non hanno questa familiarità e che non hanno neanche quelle conoscenze generiche comuni a tutti coloro che sono nati in un’epoca in cui i computer erano già parte della quotidianità. Ognuno dei paesi partner del progetto - Italia, Portogallo, Lettonia, Bulgaria, Danimarca - è stato presente nel progetto nelle differenti fasi di svolgimento della ricerca attraverso un proprio team di ricercatotrici/ricercatori. La prima fase della ricerca ha previsto la realizzazione di circa 50 interviste in ogni Paese partner del progetto205, per un totale di 253 interviste, a donne di età compresa tra i 35 e i 55 anni. In Lettonia, tra le 50 donne intervistate 24 vivono in area urbana e 26 in area rurale. Una di esse ha un basso livello di istruzione (6 anni), 17 livello medio (7-12 anni) e 23 alto (più di 12 anni). 4 sono disoccupate (tutte donne con disabilità); 42 sono occupate, 4 fanno un lavoro indipendente. Sono state contattate grazie alla collaborazione con istituzioni locali e tramite contatti informali. In Italia sono state realizzate 53 interviste narrative. Tra le intervistate, 22 hanno un’età compresa fra 35 e 40 anni, 20 fra 41 e 50 e 11 sopra i 50. 30 hanno un livello di istruzione medio/basso (8 anni), 21 medio/alto (8+5 anni) e 2 alto (8 + 5 + 4/5/6 anni). 28 sono disoccupate e 25 occupate: lavorano come segretarie, cameriere, operatrici di call center. Molte donne aiutano i mariti nel loro lavoro. Le intervistate sono state scelte attingendo dalle liste delle iscritte ai Centri per L’impiego della Provincia di Genova, avvalendosi della collaborazione degli Sportelli Informalavoro che sono dislocati su tutto il territorio provinciale, tramite canali informali (conoscenti) o tramite associazioni che si occupano di persone diversamente abili. In Portogallo, tra le 50 intervistate c’erano 3 donne con disabilità. 11 delle donne intervistate vivono in aree rurali e 39 in area urbana. Sono state contattate grazie alla 205 I dati sulle donne con disabilità e l’analisi dettagliata delle loro interviste sono riportati nel capitolo a cura di Piera Nobili contenuto nella versione integrale del testo “Our experience in making a qualitative research in an international context”. . 88 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 collaborazione con enti regionali o tramite contatti informali. 24 hanno un basso livello di istruzione (fino a 6 anni), 24 livello medio (7-12 anni) e 24 un livello alto (più di 12 anni). 7 sono disoccupate, 38 lavorano nel settore terziario (lavorando nell’istruzione formale e non formale), 1 nel settore secondario, 2 sono casalinghe e 2 pensionate. In Danimarca, le 50 persone intervistate comprendono un gruppo dai 35-55 anni. Ci sono rappresentanti di tanti tipi di professioni, sia lavoratori autonomi, che dipendenti; statali e privati. Ci sono persone senza istruzione, con medie e lunghe istruzioni, e persone fuori dal mercato del lavoro, qui compreso anche disabili. Le persone abitano sia in città che in campagna. In Bulgaria delle 50 donne intervistate, 4 sono donne con disabilità. In generale le donne sono state individuate in aree urbane e rurali, e hanno un livello educativo basso, medio o alto. La seconda fase del progetto prevedeva una seconda fase di ricerca nella quale, attraverso lo spoglio di riviste in ciascun paese partner, si potesse indagare quali rappresentazioni e contenuti emergevano da articoli e testi sulla relazione tra le donne e le TIC, in particolar modo pc e internet. L’ipotesi di base che giustificava la scelta di questa indagine è che grazie alla dimensione mass mediale si potesse avere una visione di due differenti livelli: da un lato approfondire le varie rappresentazioni attorno al rapporto tra donne e TIC e dall’altra monitorare quali iniziative coinvolgono le donne nei loro rapporti con le tecnologie (segnalate dalle riviste e pertanto rilevanti). Per procedere in questo senso ciascun paese, dopo una prima ricognizione del materiale disponibile sul proprio territorio nazionale -sia dal punto di vista delle caratteristiche editoriali come la periodicità e il target, che della possibilità di reperire con facilità le pubblicazioni degli ultimi due anni- e un primo momento di discussione durante il meeting di Riga avvenuto a giugno 2006, ha individuato cinque riviste molto diffuse nel proprio paese che corrispondessero il più possibile ai caratteri comuni sopra definiti, facendo in modo che vi fosse omogeneità nella scelta di tali riviste che ad un primo sguardo possono apparire molto diverse tra loro, per le differenze nella periodicità e nei tipi di target dovuti a scelte editoriali proprie di ciascun Paese e che non trovavano corrispondenze negli altri Paesi oggetti d’indagine. 89 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 L’approccio qualitativo della ricerca e la centralità dell’impiego dell’intervista narrativa, benché sufficientemente conosciuti e diffusi nei paesi europei, hanno richiesto un profilo abbastanza definito dei ricercatori e delle ricercatrici che avrebbero materialmente svolto le interviste e le avrebbero trattate. In fase di progettazione, la formazione richiesta per entrare a far parte dei team di ricerca è una formazione di tipo umanistico. È preferibile provenire da facoltà di Scienze dell’educazione o di Sociologia o Psicologia, con una conoscenza di metodologie della ricerca qualitativa e in particolare di approcci biografici sufficientemente consolidata. I team così selezionati e formati hanno avuto occasione di incontrarsi per la prima volta nel workshop tenutosi a Verona nel dicembre 2005 per condividere l’impiego dell’intervista narrativa come approccio e strumento, e per affrontare assieme tutte le questioni connesse alle difficoltà riscontrabili nel corso della preparazione dell’intervista, della realizzazione dell’intervista vera e propria, e dell’analisi finale della stessa (sbobinatura e trattamento). Inoltre, durante questo primo incontro ampio spazio è stato dato al tema della differenza di genere, in quanto le diverse equipe non avevano una competenza specifica su questo approccio. In particolare, molto tempo è stato dedicato alla condivisione della necessità di individuare un modo per incrociare il sapere guadagnato dalla riflessione delle donne in questi ultimi due secoli in termini di impiego del linguaggio, pratiche e modelli di educazione adulta e di formazione, e le direttive europee che, come è noto, hanno ribadito più volte la necessità e l’opportunità di affrontare il tema delle pari opportunità e, aggiungiamo noi, della differenza di genere. Inoltre, molto tempo è stato dedicato alla condivisione del taglio epistemologico con cui abbiamo affrontato questo progetto; taglio che ha posto al centro, come base e punto di partenza, la categoria della differenza sessuale come paradigma non neutro nella creazione del pensiero, del discorso, dell’agire in educazione e nella formazione. Sulla base dell’esperienza di conduzione e coordinamento dei team nelle cinque nazioni, nel contesto di un progetto europeo di Educazione degli Adulti che coinvolge partner di differenti nazioni, le note e le osservazioni di metodologia della ricerca possono essere così riassunte: • Delineare chiaramente le pre-condizioni per la formazione del team di 90 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 ricerca, privilegiando ricercatotrici e/o ricercatori con consolidata conoscenza di metodologie della ricerca sociale • Disporre di maggiori occasioni di incontri in presenza per workshop dedicati alla costruzione e condivisione delle metodologie che si intendono impiegare nel corso del progetto • Prevedere ampio spazio per la discussione comune in maniera tale che le differenze culturali trovino espressione e possano diventare una ricchezza per tutti e non solo un ostacolo al lavoro comune • Prevedere momenti di condivisione e discussione approfondita dell’approccio epistemologico che muove la ricerca, cercando di rendere espliciti ed evidenti per tutti le scelte messe in campo • Co-costruire un linguaggio e un terreno valoriale in comune che renda possibile uno scambio meno formale di contenuti e risultati e che permetta di far emergere gli elementi di originalità connessi alle differenti culture di riferimento • Rispetto alla differenza sessuale e all’approccio di genere: preferire, quando possibile, ricercatrici donne che faciliteranno lo svolgersi delle interviste secondo la metodologie del peer to peer. Prevedere ampio spazio per la discussione e condivisione del tema che troppo spesso viene dato per scontato e quindi non viene affrontato in tutti i suoi risvolti e in tutte le sue conseguenze • Utilizzare un diario di lavoro e prevedere numerosi momenti di confronto attraverso un ambiente adatto (web conference etc.) che permettano di confrontarsi e scambiare sull’avvio del lavoro e sulle difficoltà incontrate • Avere presente che l’inglese, sebbene parlato da tutti i partner, non è la lingua madre di nessuno e quindi è necessario per ciascuno un tempo e uno spazio per ritradurre i diversi concetti e valori nella propria lingua di appartenenza, riportandoli così entro la cultura propria • Tenere nel giusto conto che l’incontro tra differenti partner implica l’incontro di differenti culture del lavoro: conciliare diversi tempi e modi di stare nei luoghi di lavoro può in alcuni casi diventare anch’esso un lavoro senza il quale l’intero progetto verrebbe meno. 91 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Ruolo del ricercatore Rita Bencivenga Una visione ispirata alla filosofia della differenza sessuale richiede di ribaltare una visione della società che diamo spesso per scontata, quella di una società “neutra” e quindi disponibile ad integrare le donne in tutti i suoi aspetti, semplicemente ritagliando uno spazio per fare loro posto ma senza necessità di modificarsi. Nelle prime fasi degli scritti che davano voce alle donne o a particolari gruppi di donne, non ci si ponevano problemi riguardo alla rappresentazione delle esperienze, pertanto le ricercatrici ponevano domande alle donne su vari aspetti della loro vita e trascrivevano le risposte delle intervistate. Ma presto ci si rese conto del fatto che l’esperienza è sempre mediata, che quando si risponde a una domanda si sceglie sempre di dare una rappresentazione, una interpretazione delle proprie esperienze, non solo, ma che ciò che le ricercatrici scrivono conseguentemente è ulteriormente mediato dalla loro esperienza e dalla loro visione del mondo, situata e, spesso, privilegiata. Si tratta quindi di rappresentazioni o interpretazioni che sono il prodotto di processi sociali che dovrebbero anche essi essere oggetto di analisi. Non c’é una relazione diretta tra l’esperienza, la verità e la conoscenza e avere accesso all’esperienza non significa che abbiamo accesso a (e riproduciamo) qualcosa di non mediato. Si tratta di cercare di comprendere le interpretazioni all’opera (da parte sia del ricercatore sia di chi é soggetto di ricerca). Dobbiamo quindi riflettere su come le nostre soggettività sono costruite attraverso le esperienze del vivere le pratiche discorsive, come siamo resi ‘genere’, ‘classe’, ecc. attraverso discorsi culturali. È un approccio che mette in guardia dal considerare l’esperienza come verità, che evidenzia l’enorme potere di cui é investito il ricercatore nella ricerca convenzionale in quanto ha la possibilità di imporre la propria interpretazione, ma allo stesso tempo può sostenere di essere un semplice tramite dell’espressione delle esperienze di altre donne. Abbiamo intervistato anche donne con disabilità, pertanto è importante sottolineare che un dibattito simile è nato in seno ai disability studies in relazione allo sfruttamento di persone disabili da parte di ricercatori, e al bisogno di privilegiare una ricerca emancipatoria. Il pericolo di una ricerca che sfrutta chi è oggetto di indagine ha portato a sottolineare l’importanza del rendere espliciti il proprio posizionamento e come 92 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 ci si situa, scrivere se stessi nel lavoro, rendendo note le proprie biografie intellettuali e i paradigmi interpretativi così che i lettori possano facilmente situare e contestualizzare le loro analisi. Le teorie post strutturaliste e decostruzioniste criticano la visione del ricercatore come esperto portatore di obiettività e neutralità, interprete di una realtà esente da rappresentazioni e indagabile tramite strumenti appropriati. Il decostruzionismo infatti considera oggetto di conoscenza anche colei o colui che conosce: il Soggetto. Ciò fa mettere in discussione il ruolo del ricercatore e la sua prospettiva. In quanto ricercatrice, devo quindi assumermi la responsabilità del mio giudizio, di ciò che affermo, e per fare questo devo prendere coscienza della posizione che occupo fra gli altri (in questo caso in particolare fra le donne, fra le persone con disabilità). Sono consapevole che il mio sapere è condizionato da una molteplicità di fattori che disegnano una storia e un sapere personali. In questa storia, diversa per ognuno di noi, si intersecano la ‘razza’206, la nazionalità, l’età, la classe sociale, l'identità sessuale, il proprio percorso esistenziale, la formazione culturale, il periodo storico in cui si vive, ecc. Tutto ciò ci permette di poter pensare certe cose ma allo stesso tempo ce ne preclude altre. Possiamo vedere certi fenomeni, ma altri ci restano nascosti. Quanto sopra è anche alla base della scelta di parlare in prima persona e non in terza persona, pratica usuale in documenti che si basano sulle prospettive da me adottate. Pensiero femminile e disabilità Una docente universitaria nel 1988 disse ad una delle autrici e curatrici del libro Women with disabilities, che le chiedeva come mai fra i temi oggetti di analisi delle femministe non vi fosse la disabilità: ‘Perchè studiare le donne disabili, visto che rinforzano gli stereotipi tradizionali di donne dipendenti, passive e bisognose?’207 206 Seguendo le convenzioni sociologiche, scriverò il termine razza con virgolette, ‘razza’, per indicare che sebbene resti un termine usato allo scopo di distinguere fra gruppi che si differenziano dal punto di vista culturale, delle caratteristiche fisiche, e in relazione al potere e ai privilegi, non ci sono, di fatto, razze distinte da un punto di vista biologico fra gli esseri umani. Come é noto, gli studi di paleoantropologia combinati con gli studi genetici hanno dimostrato che noi tutti deriviamo da un’unica popolazione di homo sapiens sapiens. 207 Fine, Michelle Adrienne, Asch ed. Women with disabilities: essays in psychology, culture, and politics. Temple University Press, 1988. xv, 347 p.Temple University Press 1988. p.4. 93 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Per quanto la visione della docente non sia certamente condivisa né condivisibile da molte, resta il fatto che ancora oggi, a distanza di quasi vent’anni e nonostante la grande quantità di testi prodotti dalla ricerca condotta da donne sulla tecnologia, sui cyborg, sul rapporto con le macchine, sull’utilizzo di tecnologie sul corpo, sulla diversità ecc. in effetti la riflessione sulla disabilità sia ancora molto scarsa. Rita Barbuto, direttrice di DPI Italia208 ha recentemente dichiarato che nell’ambito del movimento delle persone con disabilità, il genere è irrilevante e che la disabilità viene considerata come un concetto unitario che eclissa tutte le altre dimensioni. Ma c’è di più: “Allo stesso modo, il pensiero femminista continua ad ignorare e ad escludere le donne con disabilità. Le donne si sono unite agli uomini, senza o con disabilità, relegando le donne disabili ad un livello inferiore della loro riflessione intellettuale e politica. Con tutta probabilità una delle ragioni principali per cui le donne con disabilità sono sostanzialmente escluse dal movimento femminista è l’impegno a veicolare un’immagine di donna forte, potente, competente e attraente; infatti, queste donne "indifese", "eterne fanciulle", "dipendenti", "bisognose" e "passive", non possono che rafforzare lo stereotipo tradizionale della donna. E quindi la donna con disabilità - considerata da sempre inadatta a ricoprire i tradizionali ruoli di madre, moglie, casalinga e innamorata altrettanto viene considerata inadatta a ricoprire i nuovi ruoli di una società in cui domina il mito della produttività e dell’apparenza.” La visione puramente sociale della disabilità, o la disabilità vista solo come relaziona sociale oppressiva è stata criticata negli ultimi anni da chi ritiene che la realtà e l’esperienza fisica della menomazione non abbiano posto in questa visione. Il determinismo sociale non tiene conto delle differenze individuali, che sono suscettibili di arricchire la comprensione della disabilità e le modalità politiche per l’inclusione delle persone con disabilità nello spazio democratico comune. La disabilità va compresa non solo a livello collettivo, ma anche individuale, e questa considerazione è alla base delle critiche poste al modello sociale. Un buon numero di tali critiche sono state formulate da studiose donne, spesso femministe, che deplorano, inoltre, la doppia esclusione delle donne con disabilità, trascurata sia dal 208 Il testo, del 2006, si può leggere per intero alla pagina web: http://www.superando.it/content/view/1218/120/. 94 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 modello sociale della disabilità sia dall’approccio femminista209. Altre critiche sono state indirizzate alla mancanza di riferimenti all’origine etnica e all’orientamento sessuale delle donne e a seguito di ciò si sono sviluppate riflessioni sulla possibilità di mediare l’esperienza della disabilità da parte di appartenenti a minoranze culturali o in una prospettiva di genere. In conclusione Il fatto che la rivoluzione femminile sia molto più una rivoluzione simbolica che una rivoluzione fattuale, certamente, non è meno considerevole. Fornire agli individui gli strumenti per riflettere sulla propria storia identitaria e per scegliere con consapevolezza il percorso da intraprendere e leggere le relazioni tra il soggetto e il contesto di riferimento si configurano come pratiche volte a promuovere azioni in grado di liberare le risorse individuali e la capacità di gestire il cambiamento210. Narrare di sé non ha solo il significato di far sentire le voci di donne che raramente abbiamo sentito, ma si inserisce in un percorso che ci dice che possiamo cosi creare nuovi modi di comprendere cosa sia la conoscenza e come la si produca. Ciò ha ripercussioni sulla nostra ricerca perché ci ricorda che ogni conoscenza è situata, che la conoscenza è un prodotto sociale legato ad un tempo, ad un luogo, ad un posizionamento sociale. I racconti delle donne intervistate, così come ogni altro racconto personale di esperienze vissute personalmente, non ci danno accesso ad esperienze di vita dirette o non mediate. Il narrare è una rappresentazione, e comporta interpretazione e selezione nel momento di narrare, negli stimoli forniti dalle intervistatrici, nella lettura che ne ho fatto io, ed infine nelle future interpretazioni di chi legge il rapporto. Nel leggere le interviste dobbiamo tenere presente che nel narrare possiamo trovarci (di fatto ci troviamo spesso) in condizioni irrimediabili di autoestraneazione, cioè 209 Liz Crow. 1996. «Including all of our lives: Renewing the social model of disability†», in Colin BARNES e Geof Mercer, éd. Exploring theDivide. Illness and Disability. Leeds, The Disability Press†: 55-73; Jenny MORRIS. 1992. «Personal and political: A feminist perspective on researching physical disability», Disability,Handicap and Society, 7, 2: 157-166; Carol,THOMAS. 1999. Female Forms. Experiencing and Understanding Disability. Milton Keynes, Open University Press. 210 Francesca Marone, op cit pag. 274. 95 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 nell’impossibilità di identificarci e di narrarci, se non attraverso identità assegnate e simboli che magari non ci appartengono. Per trovare nuove identità e nuovi simboli dobbiamo scavare dentro le parole, i comportamenti, i luoghi comuni, le ideologie, i concetti, i saperi, in un percorso lungo e difficile. Rimisi profondamente in discussione il concetto di cura della persona con afasia, per sostituirlo con il termine più consono di “supporto alla rinegoziazione identitaria”211 Possiamo ipotizzare percorsi di rinegoziazione identitaria? Sia il femminismo postmoderno sia quello della differenza hanno mostrato i limiti dell’approccio egualitario, senza negare l’importanza della lotta per l’emancipazione e l’uguaglianza, ma soprattutto hanno lavorato per far passare la normalità, la razionalità, l’eterosessualità, dalla posizione di soggetto universale del discorso a una posizione di oggetto d’interrogazione e critica. La lettura delle interviste ci aiuta a riflettere su come è rappresentato oggi il rapporto fra le donne intervistate e la tecnologia, e che tipo di rappresentazione vorremmo per il futuro. Teresa De Lauretis212 ha parlato di due spinte opposte che lavorano alla produzione della autorappresentazione del femminismo: una spinta erotica e narcisistica che accresce l'immagine del femminismo come differenza, ribellione, intervento, self- empowerment (autopotenziamento), sfida, eccesso, sovversione, slealtà, piacere e pericolo, e che rigetta ogni immagine di impotenza, di vittimizzazione, sottomissione, acquiescenza, passività, conformismo, sesso debole ed una spinta etica che lavora a favore della comunità, della responsabilità, del potere collettivo, della sorellanza, dei legami femminili, dell'appartenenza ad un mondo comune di donne che condividono ciò che Adrienne Rich ha chiamato "il sogno di un linguaggio comune". 211 Alessandra Tinti, Una storia da riscrivere. in “Educazione, teatro e persone con afasia, un’esperienza alla riconquista del sé”. L.APH. Learning and Aphasia, 2007. Disponibile anche online alla pagina www.aphasiaforum.com/sitolaph/tools.htm 212 Teresa De Lauretis, Il femminismo e le sue differenze. In Mediterranean, rivista semestrale ed. da MEDiterranea MEDIA n. 2 (disponibile online all’indirizzo http://www.medmedia.org/review/index.htm). 96 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Audre Lorde213 concluse così un seminario di poesia tenutosi nel 1989 a Stanford: «Stare insieme alle donne non era abbastanza, eravamo diverse. Stare insieme alle donne gay non era abbastanza, eravamo diverse. Stare insieme alle donne nere non era abbastanza, eravamo diverse. Stare insieme alle donne lesbiche nere non era abbastanza, eravamo diverse. Ognuna di noi aveva i suoi propri bisogni ed i suoi obiettivi e tante e diverse alleanze. La sopravvivenza avvertiva qualcuna di noi che non potevamo permetterci di definire noi stesse facilmente, né di chiuderci in una definizione angusta ... C'è voluto un bel po' di tempo prima che ci rendessimo conto che il nostro posto era proprio la casa della differenza piuttosto che la sicurezza di una qualunque particolare differenza» Possiamo tentare di uscire dall'insieme dei processi attraverso cui attribuiamo e costruiamo i significati e i valori, dalle modalità valutative con cui percepiamo le cose del mondo e gli altri, in altre parole dal nostro ordine simbolico e di significazione, per guardarlo da lontano e osservarne la struttura? 213 poetessa e scrittrice statunitense che con il suo impegno sociale ha sfidato omofobia, sessismo e classismo. Testo citato in De Lauretis, op cit 97 razzismo, Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Il pensiero della differenza sessuale: un approccio di ricerca Antonia De Vita Lo sforzo di questi anni di molte studiose, scienziate e istituti di ricerca e formazione è stato quello di individuare pratiche e metodologie formative e di ricerca che non presupponessero di essere neutre, che non intendessero negare la differenza che è data dal nascere uomini o donne, ma che proprio a partire da questa differenza non meramente biologica, riuscissero a dar conto di diversi modi di esprimersi, di studiare, di lavorare, di approcciarsi al mondo tecnologico. Il risultato di tale impegno è stata l’individuazione di alcune pratiche e metodologie che non solo non neutralizzano i saperi, ma che sono capaci di restituire in una dimensione complessa e articolata uno sguardo non neutro sul mondo. Alcune delle metodologie utilizzate dalle scienze sociali sono state individuate come particolarmente idonee, altre sono state inventate ad hoc per soddisfare le esigenze di ricerca e formazione che facevano riferimento alle pratiche adottate all’interno di quel movimento portato avanti dalle donne a partire dagli anni ‘60. Tra questa, per il tipo di indagine che abbiamo condotto, abbiamo individuato nell’intervista narrativa la metodologia più idonea ad indagare a livello profondo il tipo di rapporto che, consciamente o inconsciamente, le donne adulte instaurano nel corso della loro vita con le tecnologie informatiche, in particolare con l’utilizzo del pc e dei sistemi di comunicazione informatica come internet e la posta elettronica. La più idonea per raccontare storie di donne; essa infatti ci è parsa una delle poche metodologie in grado di rispettare quei parametri di ricerca e formazione che la riflessione femminile ha individuato: la centralità dei soggetti e della pratica del partire da sé; l’attenzione all’uso di un linguaggio “sessuato”; l’importanza della narrazione e delle pratiche biografiche e autobiografiche. Infatti, fondamentale è riuscire a far parlare sé stessi e la propria singolarità, dar voce alle proprie esperienze, capitalizzare un bagaglio di conoscenze che molto spesso viene sottovalutato, mettendo in parole e facendo i conti con le proprie paure e aspettative, desideri e bisogni. In questa cornice, una particolare attenzione va data al linguaggio dal momento che “il linguaggio, in quanto sistema che riflette la realtà sociale, ma al tempo stesso la crea e la produce, diviene il luogo in cui la soggettività si costruisce e prende forma, dal momento che il soggetto si può esprimere solo entro il 98 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 linguaggio e il linguaggio non può costituirsi senza un soggetto che lo fa esistere”..Come, quindi, una donna con la sua soggettività trova espressione nella lingua italiana che prevede un io parlante universale, cioè maschile? Creare le condizioni perché si possa utilizzare un linguaggio sessuato significa restituire ai soggetti – sia femminili che maschili – uno sguardo sulla realtà più complesso e complessivo, che non nega o ritiene irrilevante l’esperienza e il sapere che deriva dall’essere uomini o donne. Significa in altre parole creare le condizioni affinché ogni individuo, uomo o donna non importa, possa trovare nel linguaggio uno strumento efficace ed utile per descrivere la propria esperienza, per dar conto di sé agli altri e alle altre. Raccontarsi: una preferenza femminile Le forme biografiche e autobiografiche sono da sempre un genere preferito dalle donne; c’è in esse una differenza femminile che si esprime e che è strettamente connessa alle possibilità che questa modalità scritturaria apre alla soggettività e alla sua libera espressione. L’autobiografia, come pure altre pratiche connesse all’espressione del sé, sono state tradizionalmente associate alle donne e solo più recentemente largamente impiegate in campo pedagogico e formativo. E’ dunque particolarmente significativo considerare l’importanza delle pratiche autobiografiche e delle metodologie ad esse connesse per indagare quali relazioni intercorrono tra le donne e l’impiego del pc. Le dimensioni della narrazione del sé, nelle forme strettamente biografiche o di narrazione hanno fortemente segnato gli approcci epistemologici della ricerca qualitativa degli ultimi decenni mostrando la grande fecondità di paradigmi scientifici che non tendano ad oggettivare l’oggetto di studio ma ad entrarvi in relazione rinunciando alla neutralità del ricercatore, del tutto astratta e chimera di un approccio positivista. L’espressione della soggettività – sempre sessuata – si è così dimostrata una risorsa fondamentale per tutte quelle metodologie e pratiche impiegate in contesti e azioni formative rivolte in particolare a donne. Far parlare la differenza nel dilemma dell’uguaglianza Il femminismo della differenza parte dalla presa d’atto dell’innegabile differenza tra uomini e donne: differenza che è analizzata e affrontata nella sua interezza, non essendo possibile per queste pensatrici ridurla né a semplice dato biologico e tanto meno a 99 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 semplice costruzione sociale come il pensiero del ‘gender’ tende a fare. A partire da questa differenza iniziale e costitutiva, il femminismo della differenza si interroga sulla possibilità che questa caratteristica ontologica possa costituire una potenzialità per entrambi i sessi che costituiscono il genere umano, donne e uomini. È una differenza, un essere diverse quella di cui si parla nel femminismo della differenza, che pone le donne fuori/a lato di quella competizione per omologarsi al modello maschile e primeggiare, per dimostrare di non essere mancanti, inferiori, ma solamente diverse dal sesso maschile a cui non ritengono più necessario uniformarsi – cosa che invece è molto presente nella riflessione emancipazionista. A creare resistenza rispetto alla possibile accettazione di questa nozione di differenza intesa come arricchente, contribuisce il fatto che in Occidente il concetto di differenza è sempre letto nell’ottica dell’identità, quindi come una mancanza rispetto ad un modello dato: “Manca, nella modernità, un concetto libero di differenza, tale che essa non scada subito in essere da meno; manca l’idea di disparità arricchente, di differenza che, evitando la simmetria mimetica che ben presto si tramuta in competizione, sia fonte di arricchimento per entrambi gli elementi in relazione; manca perfino, nella nostra cultura occidentale, la parola per disegnare una disparità non inferiorizzante, e questa assenza è sintomatica di un vuoto di pensiero”214. È per prima Virginia Woolf a mettere in parola e a parlare esplicitamente non più della necessità di riconoscere l’uguaglianza delle donne rispetto agli uomini, ma di riconoscere che esiste una differenza femminile che è semplicemente diversa, non necessariamente inferiore: “forse non si tratta né di un pensiero né di un emozione, ma di qualcosa di più profondo, di più fondamentale. Di una differenza, forse. E diversi lo siamo, come hanno dimostrato i fatti, per sesso ed educazione. È da quella differenza, ancora una volta, che può venirvi l’aiuto, se aiutarvi possiamo, per difendere la libertà, per prevenire la guerra”215. Una differenza dalla quale ripartire per trovare un nuovo modo di stare al mondo, un modo che non si fondi più sulla sopraffazione di un sesso sull’altro, ma che sia capace di farsi guidare dal difficile equilibrio tra queste due differenti espressioni dell’umanità: differenza femminile e differenza maschile. Il femminismo della differenza critica e si contrappone all’idea delle Pari Opportunità proprio in virtù della sua critica al concetto di uguaglianza: così come non 214 215 Wanda Tommasi, I filosofi e le donne, Tre Lune Edizioni, Mantova 2001, p. 15. Virginia Woolf, Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1984, p. 141. 100 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 esistono due soggetti completamente uguali e con le medesime opportunità, non esiste una differenza femminile da superare, da oltrepassare. Emblematico in quanto è portatore di una falsa idea di uguaglianza, risulta quindi il modello sociale americano: “il sistema americano si fonda sulla metafora di un rapporto idealizzato tra fratelli potenzialmente uguali, nel quale l’affetto si mescola con la competizione. In realtà è raro che due fratelli siano davvero uguali, e le sorelle ancor meno”216. Dunque, la critica al femminismo paritario da parte del femminismo della differenza è dovuta al fatto che mentre il primo interpreta e vive la differenza femminile esclusivamente “come un’inferiorità da cui le donne dovrebbero emanciparsi”217, il secondo, usando le parole di Luisa Muraro, una delle rappresentanti italiane più significative di questo movimento, “la differenza dei sessi differisce da ogni altra differenza storica o antropologica perché non passa fra due entità rappresentabili come tali, ma marca di sé l’essere umano senza farne due esseri, e rendendolo, a rigore, un essere incoerente, non rappresentabile. Quanto a umanità, una donna e un uomo sono fra loro identici e differenti, al tempo stesso” 218 216 . Mary Caterine Bateson, Comporre una vita, Feltrinelli, Milano 1992, p. 22. Wanda Tommasi, I filosofi e le donne, op. cit., p. 15. 218 Luisa Muraro, Oltre L’uguaglianza, in Diotima, Oltre l’uguaglianza, Liguori Editori, Napoli 1995, p. 106. 217 101 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Interviews to experts on women, lifelong learning and ICT219 Rita Bencivenga Introduzione Per realizzare questo rapporto, I Partner hanno concordato alcune tracce iniziali per gli intervistatori. Naturalmente queste sono state considerate come indicazioni e i Partner sono stati liberi di adattare le interviste alle persone intervistate. Argomenti generali indicati: - La situazione attuale delle TIC [Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione] e le attese per il futuro prossimo nel punto di vista degli intervistati e/o - Linee guida per l’attenzione alle problematiche di genere nell’organizzazione di attività educative (formali e non formali) per adulti in merito alle nuove tecnologie. Fasi seguite dagli intervistatori: - Gli esperti hanno ricevuto una breve descrizione del progetto, per capire i motivi del loro coinvolgimento. - Qualche volta gli otto punti emersi dalle 250 interviste sono stati usati per descrivere in breve i principali risultati del progetto. Ogni intervistatore, in base alle proprie competenze individuali, ha scelto uno, due o più degli otto punti proposti. - Le interviste sono state spedite nuovamente all’esperto per essere controllate e verificate. Sunto degli otto punti emersi dalle 250 interviste 1) Necessità (in particolare in campo lavorativo) - utilità – validità - applicabilità L’utilizzo delle tecnologie, in particolare del PC, sembra essere prevalentemente legato alla effettiva necessità più che alla voglia di scoprire un nuovo strumento o al piacere del gioco e del divertimento. Per le donne, la prima opportunità di venire a contatto con il computer è generalmente legata a necessità di lavoro. Il PC è considerato essenzialmente uno strumento, qualcosa di indispensabile nella nuova struttura 219 Questo testo non contiene la versione integrale di tale report, ma solo alcune estratti. In particolare, sono state selezionate solo le interviste ad esperte che ci sono parse le più significative. 102 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 organizzativa del lavoro e quindi utile, funzionale, facilitante, necessario. Una volta iniziato ad usare il computer per le ragioni citate, il secondo impatto è positivo le donne, infatti, cominciano ad interessarsi al PC e alle sue potenzialità. In ogni caso, esso non diventa un oggetto legato alla sfera del gioco o dell’interesse, rimane semplicemente uno strumento utile e funzionale. 2) Approccio: teoria/pratica Nonostante la spinta verso il computer nasca, per molte donne, da esigenze lavorative, tuttavia le interviste rivelano che il rapporto con lo strumento diviene più vivo quando c’è occasione di usarlo giornalmente e l’effettivo utilizzo diviene rilevante. Le donne che cominciano ad usare il computer e Internet attraverso un corso considerano questo momento iniziale importante per “rompere il ghiaccio” e per avvicinarsi alle nuove tecnologie. I progressi nell’uso e nel rapporto con il computer non sono, tuttavia, legati all’approccio teorico dei corsi ma all’effettivo utilizzo nella vita di ogni giorno. 3) Risparmio (di tempo): rendere più veloce e semplificare Il PC ed Internet sono percepiti, dalle donne intervistate, come strumenti capaci di rendere la ricerca di informazioni più rapida; strumenti in grado di semplificare e rendere più agevoli compiti che, altrimenti, necessiterebbero di molte ore di lavoro per essere svolti. Particolarmente importante è l’uso di e-mail e la possibilità di comunicare con persone significative che sono distanti. Questi aspetti sono rilevanti, tuttavia il computer e internet non sostituiscono le normali attività del tempo libero o dell’extra lavoro. 4) Mediatori (soprattutto figlie e amiche) Oltre all’avvicinamento formale al computer e a internet attraverso i corsi, l’uso delle tecnologie è facilitato da mediatori, molto spesso figlie o amiche, che aiutano e facilitano l’apprendimento. I figli maschi mostrano minore disponibilità a dedicare tempo e pazienza a questa attività di insegnamento; mariti e colleghi, d’altra parte, non sono assolutamente disponibili a mettere in comune questo settore. Esiste una competizione tra maschi e femmine sull’uso della tecnologia? 103 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 5) Pericoli della tecnologia/resistenze verso la tecnologia Un immaginario negativo circonda le nuove tecnologie. Un immaginario alimentato da esperienze realmente vissute che vanno dalla semplice resistenza all’uso, alla percezione di un vero e proprio pericolo. Talvolta si tratta di mera paura della tecnologia, talvolta di ostilità dovuta a scarsa sintonia con lo strumento, altre volte si tratta addirittura della percezione di un pericolo nel vasto e rischioso mondo della rete. 6) Inadeguatezza Noi crediamo che il diffuso senso di inadeguatezza che emerge dalle interviste possa essere legato ad un immaginario negativo. Inadeguatezza rispetto a che cosa? Paura di arrecare danni, di commettere errori e senso di inettitudine nei confronti di uno strumento poco conosciuto ma percepito come essenziale nella attuale società. Questa idea di inadeguatezza è legata alla “minaccia della tecnologia” piuttosto che alle reali competenze e al loro utilizzo pratico? 7) Immagine negativa di contro ad un utilizzo efficace L’utilizzo quotidiano regolare del PC indica alle donne che sono in grado di usarlo. É un rapporto concreto e pratico legato alla dimensione della “vita reale” che le donne comunemente hanno. Nonostante questo, l’immaginario negativo che circonda le donne e la tecnologia rimane inalterato 8) Problemi legati all’uso della lingua inglese nei vari software, in Internet ecc. Per alcune delle donne intervistate, soprattutto quelle tra i 45 e i 55 anni, imparare ad usare il PC ed Internet rappresenta una difficoltà doppia, dal momento che c’è necessita di conoscere un po’ di inglese per poterlo fare (in alcuni casi i software più usati nel loro paese sono in inglese e non nella loro lingua madre). 104 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Lucia Bertell, Italia. Progettista sociale e della formazione. Domanda: Nella sua esperienza di corsi di formazione all’impresa con donne adulte che rapporto ha riscontrato tra le donne e le tecnologie? Le donne arrivano ai nostri corsi dopo una lunga assenza dal mercato del lavoro o una permanenza in situazioni, che per svariate ragioni, considerano insoddisfacenti. C’è in loro un grande bisogno e desiderio di sentirsi ‘più adeguate’, di aggiornare le loro competenze, di sentirsi al passo con i cambiamenti e di percepirsi come in gradi di stare nel mercato del lavoro secondo le richieste che ne emergono. E da questo punto di vista saper usare il computer è un segno che va in questo senso. Contemporaneamente, lavorando assieme, emerge che c’è anche una sorta di resistenza ad adeguarsi alle aspettative ‘del mercato’. Nei corsi di formazione finanziati dall’Unione Europea per molti anni il modulo legato alle conoscenze informatiche è stato sempre presente. In generale c’era un entusiasmo circolante nella opportunità di poter essere guidate in un percorso di apprendimento o di alfabetizzazione ai programmi più diffusi, soprattutto nelle principianti. Risultava meno interessante e poco stimolante per le partecipanti che avevano già una conoscenza dell’uso del computer e di internet. Il livello di coinvolgimento e di apprendimento dipendeva molto dalla capacità dell’insegnante di diversificare i vari livelli di conoscenze e soprattutto di intercettare gli interessi più vicini. Generalmente ho sempre percepito un grande interesse a usare il pc soprattutto per poter fare cose considerate utili per gli obiettivi del corso o per altri interessi di lavoro. Molto spesso le donne si sono divertite a produrre prodotti legati alla comunicazione della loro futura impresa! Domanda: Entrando nel merito quali osservazioni emergono dalla sua esperienza rispetto alla pratica consolidata di proporre la conoscenza dell’uso del pc come modulo a sé in un percorso formativo? La proposta di un modulo a sé non è mai stato una buona scelta nella mia esperienza. In questo modo si privilegia una impostazione che poco si amalgama con le proposte complessive e in questa operazione di isolare le competenze informatiche il più delle volte non si considerano i diversi livelli di conoscenza e soprattutto si rende molto 105 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 astratta la proposta. Pur avendo sempre scelto insegnanti competenti e capaci di far apprezzare l’impiego del computer e di internet, è sempre stato molto difficile non ricalcare un copione già scritto. Il programma partiva con degli elementi generali e inesorabilmente si arrivava al programma Word o Excel o altri, proposti in una modalità di alfebatizzazione di base che io trovo poco convincente. Io sono una appassionata di tecnologie e da autodidatta ho imparato moltissime cose; ho una capacità in tal senso e pur sapendo che non tutte condividiamo la stessa passione trovo un po’ mortificante questo modo elementare e un po’ semplicistico di presentare la tecnologie. Domanda: Che cosa intende? Intendo dire che i corsi impostati in una maniera così astratta ed elementare sottendono forse una visione dei soggetti (donne in questo caso) in formazione mortificata dall’idea che si stanno formando dei ‘soggetti deboli’, fuori dal mercato o in difficoltà a rimanerci. Ne consegue che si debba partire da zero per far rimontare uno svantaggio legato anche alle competenze informatiche etc. E’ una visione tutt’altro che neutra e penalizzante. Come se dalle donne non ci si aspettasse una competenza che può essere avanzata. Domanda: Come proporrebbe l’impiego delle tecnologie a donne principianti o già avanti nelle conoscenze? Partirei da un livello che apre in verticale le cose semplici e quelle complesse: insieme e da subito. Abbandonerei una visione ascendente e didattica per cui si debba passare, passo dopo passo da tutti i programmi più noti e scontati per arrivare poi, u n giorno a cose più appassionanti e difficili. Per far questo è necessario agganciare i contenuti e la proposta didattica agli interessi reali delle donne, ai loro bisogni e alle loro necessità lavorative o esistenziali. Si tratta di intercettare una motivazione forte e a partire da questo aprire delle conoscenze. In questo modo si potrebbero orientare le donne in formazione, da subito, su cose che interessano e che le incoraggino a superare una sorta di pregiudizio negativo verso l’uso del computer. Alcune donne conservano infatti una autovaluzione negativa nei confronti delle loro possibilità di uso e impiego del computer ma molte altre invece imparano a gestire le cose più importanti e utili per le necessità lavorative e a provare anche un divertimento e una leggerezza. 106 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Anna Maria Piussi, Italia. Prof.ssa di Pedagogia presso l’Università di Verona e co-fondatrice della Comunità filosofica Diotima Domanda: nella sua riflessione più che ventennale sui temi della differenza sessuale in educazione, più recentemente si è occupata di tematiche che riguardano il rapporto tra donne e tecnologie l’uso e l’impiego che ne fanno anche per comunicare a distanza. Ci può dire qualcosa a questo proposito? Per un certo tempo ho pensato che le nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione, pur rappresentando una grande opportunità per l’apprendimento informale, autogestito o a distanza, non fossero in grado di competere con offerte, formali o non, di insegnamento/apprendimento in presenza. Confesso di aver anzi nutrito in proposito molte perplessità. Quest’anno ho aderito alla proposta di tenere uno dei moduli del “Master on line en Estudios de la Diferencia sexual” del Centro de Investigación de Mujeres DUODA dell’Università di Barcelona, e, devo dire, solo per fiducia nei confronti di alcune delle organizzatrici, colleghe di quell’Università, con cui sono in relazione politica e scientifica da anni. Il Master, che ha riscosso un notevole successo in Spagna e in molti paesi ispanofoni (America Latina), è alla sua quinta edizione. E’ rivolto a donne e uomini interessati ad accostarsi a o ad approfondire il pensiero della differenza sessuale in vari ambiti di riflessione e di ricerca, e la postura simbolica desiderata e perseguita è quella del partire da sé, di tradizione femminista. Domanda: ci può raccontare, a partire dalla partecipazione a questo master on line, quali riflessioni ha maturato? Prima di addentrarmi nella breve riflessione su questa esperienza in corso e sugli effetti da esso prodotti, ricordo un passaggio storico-simbolico solitamente trascurato. Il grande interesse sorto negli ultimi decenni attorno alla cultura autobiografica e biografica è certamente dovuto a molti fattori, tra cui la caduta delle “grandi narrazioni” che ha stimolato l’attenzione alle microstorie e alle scritture personali anche come occasioni di autoconoscenza e di autoorientamento nelle società dell’incertezza. Tuttavia non è da dimenticare l’origine non remota di questa esplosione di interesse per la dimensione soggettiva, per le narrazioni autobiografiche, per le scritture del partire da sé, rappresentata dalle pratiche femminili-femministe di autocoscienza diffusesi per contagio 107 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 dalla metà degli anni ’60 in tutti i paesi occidentali. Ritornando al master on line: la struttura del corso è relativamente semplice e apparentemente non si discosta molto dalla didattica tradizionale. Ciascun modulo mette a disposizione alcuni testi redatti da una docente, frutto del suo lavoro di ricerca, sui quali viene richiesto ai partecipanti di svolgere, in sequenza, esercizi e commenti redigendo scritture a partire da sé e dalla propria esperienza. La docente-tutor interagisce per e-mail con ciascuna, ciascuno degli iscritti, secondo scansioni temporali prefissate ma non troppo rigide, il tutto nell’arco di circa sei-otto mesi. Il corso prevede alcuni momenti di chat, la valutazione continua e finale, la redazione di una tesina e, in caso di valutazione positiva, l’assegnazione di crediti. Le/i partecipanti – una quindicina di donne e due uomini, di età diverse – vivono attualmente per lo più in Spagna, ma alcune in Argentina, in Messico, in Costa Rica, e una in Alaska. Il corso è in fase avanzata ma non è ancora concluso, e finora non le/li ho mai incontrati di persona. Fin dall’inizio della mia interazione a distanza con loro ho colto elementi di grande novità e interesse. Nonostante la fatica di rispettare, se pur in modo flessibile, i tre appuntamenti mensili previsti per lo scambio on line (lettura degli esercizi individuali, miei commenti e risposte), è venuta emergendo fin dal primo momento una dimensione di piacere che ho sentito, se pur in modo variabile, condivisa da tutti. Rispetto all’attuale logica della didattica universitaria presenziale “mordi e fuggi” - moduli brevi e tempi contratti – il corso ha offerto l’occasione di creare, a distanza, un contesto simile a “una stanza tutta per sé” (Woolf, 1980), uno spazio-tempo di pensiero e di parola in cui linguaggi consumati ritrovano qua e là il proprio senso originario o si aprono a nuovi sensi, grazie alla mediazione della scrittura. Una scrittura motivata e sostenuta dal desiderio di mettersi in gioco, di allargare e approfondire la propria comprensione del mondo, anche del proprio mondo interno, nello scambio tra noi: in un movimento di andata e ritorno (“de ida y vuelta”, come ha scritto una corsista) che, partendo dai temi affrontati nei miei testi (differenza sessuale e libertà femminile/maschile nella scuola, nel lavoro, nella maternità), e passando per le trasformazioni provocate dal loro riflettere in sintonia con il loro sentire, li riconduceva via via a contatto con la propria esperienza potenziandone gli elementi di libera intelligenza, in una circolarità non conchiusa. 108 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Domanda: il pregiudizio iniziale è stato dunque superato con inaspettate sorprese? Mi sono velocemente ricreduta su alcuni luoghi comuni, che io stessa coltivavo da quando le tecnologie informatiche e telematiche hanno fatto irruzione nelle nostre vite: ad esempio che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione siano responsabili del raffreddamento delle relazioni umane, e che risultino limitanti lo spazio e le potenzialità della scrittura. Al contrario, senza accorgermene mi sono trovata immersa in un ambiente “caldo”, molto più caldo delle fugaci relazioni con le/gli studenti che incontriamo in presenza nelle nostre aule universitarie. Non solo: la necessità di comunicare attraverso la scrittura, e solo quella, in un contesto didattico così particolare, mi ha fatto scoprire che l’”oralità di ritorno” (Ong, 1986) in cui siamo immersi anche in forza delle tecnologie telematiche non annulla la scrittura ma la contamina, spesso anche vivificandola. La scrittura on line per esempio, acquista modalità nuove e antiche allo stesso tempo: in primo luogo la forma dialogica, che fa di un testo l’elemento di una tessitura frammentaria e infinita a più mani e a più menti, e contribuisce a creare un con-testo condiviso e condivisibile in modo aperto. E ancora: molti elementi “presenziali” entrano nello scambio scritto on line, tanto da potervi cogliere quasi tangibilmente la carnalità dell’oralità (Martini, 2004: 134): il dinamismo del pensiero che si fluidifica e si elabora in situazione, in modo vivo e personale anche se frammentario e incompiuto; la vicinanza all’esperienza e al mondo emotivo di chi scrive e forse di chi legge; i passaggi introspettivi che toccano la materia del proprio io ma ne sfumano la centralità in una tessitura a più voci, in un’avventura aperta agli imprevisti; le riflessioni retrospettive che preludono, a volte, a cambiamenti di sé anche profondi, a un ritorno a sé e alla propria storia trasformati dallo scambio comunicativo con altre e altri. Domanda: quali guadagni ha registrato in termini di scrittura e apprendimento in questa comunicazione a distanza? Con il tempo i miei testi, che rappresentavano il materiale base del corso, sono in qualche misura usciti trasformati dalle incursioni di senso e di pensiero dei partecipanti a volte anche caotici ma raramente immotivati – , sono stati attraversati e messi alla prova dalle loro esperienze di vita e dai loro saperi, in parte così diversi dai miei, sì da dar luogo a saperi mobili e in divenire. Ma in modo analogo, anche i loro percorsi di conoscenza e autoconoscenza ne sono 109 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 usciti modificati almeno un po’, certo per alcune di più. Via via che i loro esercizi sui miei testi procedevano, e le mie risposte-commenti entravano in sintonia con il loro voler dire più vero, a volte attraverso spiazzamenti non indolori, aumentava anche il loro interesse e la loro capacità a distanziarsi dalla rappresentazione iniziale di sé e della propria vita. Calandosi nella situazione di apprendimento condiviso e di creazione relazionale di pensiero, a contatto con le questioni da me presentate e discusse, e sentendosi autorizzate/i a narrare le proprie esperienze e riflessioni, mostravano piacere e disponibilità a interrogare la propria esperienza, la propria esistenza e i propri desideri. I testi da loro prodotti si sono fatti via via più originali, più fedeli a sé e alla propria voce: si sono aperte crepe nel tessuto senza smagliature e un po’ convenzionale dell’inizio, varchi da cui esporsi con la scrittura a giudizi autonomi, a parole e gesti di libertà, vuoti su cui sporgersi verso un divenire possibile, un altrove forse solo intravisto, intuito o desiderato. E la loro scrittura si è fatta più esigente, più capace di misurarsi con conflitti e contraddizioni interni ed esterni, più rigorosa nel dire le proprie verità fatte di luci e ombre, e al tempo stesso sostenuta dalla scoperta del piacere dello scrivere e del farsi leggere, accompagnata dalla lievità di chi si riconosce titolare dell’esperienza narrata e della riflessione proposta. A questo credo abbia contribuito lo stile della nostra comunicazione. Ho scelto infatti intenzionalmente come forma dello scambio scritto quel movimento del dare-riceverericambiare-rilanciare che è la movenza della vera conversazione: un transito di andata e ritorno, dalla sfera del cosiddetto “privato” alla sfera del “pubblico” e viceversa, e tra piani diversi della propria esperienza, in un movimento circolare e aperto alla trascendenza del senso; uno scambio, dunque, che non si esaurisce nell’inviare e ricevere informazioni, ma va molto oltre. La conversazione, quando è tale, non si basa solo sulla disponibilità ad ascoltare, sulla fiducia e sul rispetto, ma anche sulla capacità di mettere a repentaglio le proprie e le altrui opinioni per la scommessa di un di più di senso. Dunque la conversazione così intesa è anche un rischio, un’avventura, un cammino condiviso e non tutto prevedibile, in grado di cambiare almeno un po’ le nostre vite: “la conversazione cambia il modo in cui vediamo il mondo, e cambia anche il mondo”(Zeldin, 2002: 28). E i loro testi sempre più si sono rivelati con-testi, scene vive e sensibili disegnate da un’economia simbolica personale e relazionale insieme. Anche l’alternanza tra brani autobiografici (narrazioni di episodi esemplari, di paesaggi interiori, 110 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 di personaggi significativi, di svolte importanti della propria vita ecc.) e scritture riflessivo-argomentative sembrava rispondere a necessità e ritmi interni del pensiero nel suo farsi e del corpo nel suo emozionarsi: e cominciava a riflettere una competenza simbolica220 guadagnata o riguadagnata, una capacità di connettere esperienza e significazione, di pensare e parlare a partire da sé e non dal simulacro del sé, di dire la vita così come la si è conosciuta e così come si presenta, unita a una ricerca di senso mai conclusa: in definitiva, e certo non per tutti allo stesso modo, una scrittura della trasformazione di sé, grande o piccola che fosse. Come se lo spazio-tempo del corso on line avesse consentito di trovare, almeno per alcune, alcuni, quella mediazione di ritorno a sé e alla propria lingua, quella possibilità di far fare una nuova esperienza al corpo e alla mente, che la scrittura a certe condizioni sa offrire disegnando un giro più lungo. Riferimenti bibliografici Cosentino Vita (cur.) (2006), Lingua bene comune, Città Aperta, Troina. Maragliano Roberto (2004), Pedagogia dell’e-learning, Laterza & Figli, Bari. Martini Ornella (2004), Essere studente on-line, in R. Maragliano (cur.). Ong J.Walter (1986), Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, tr. it., Il Mulino, Bologna. Woolf Virginia (1980), Una stanza tutta per sé, tr. it., Il Saggiatore, Milano. Zamboni Chiara (2006), Un’estranea intimità, in V. Cosentino (cur.). Zeldin Theodore (2002), La conversazione. Di come i discorsi possano cambiarci la vita, tr. it., Sellerio, Palermo. 220 Competenza simbolica è espressione molto usata nel pensiero della differenza sessuale. Chiara Zamboni (2006) ne propone i significati essenziali, ricordando che essa ha a che fare con una posizione simbolica piuttosto che con il sapere: la si può insegnare facendola sperimentare, non come si insegna un sapere. Essa non è padronanza della lingua, ma è saper abitare la lingua, che sta tra interno ed esterno di noi stessi, in libertà e in fedeltà al proprio voler dire più vero, in un rapporto vivo con le parole e con il reale, senza farsi schiacciare dal peso delle convenzioni e dei significati coatti. Conclude Zamboni, sottolineando il valore trasformativo della competenza simbolica: “La competenza simbolica, quando è guidata dal desiderio di verità e dall’amore, può essere dolorosa e rivoluzionaria al medesimo tempo” (p. 180). 111 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Radosveta Drakeva, Bulgaria Data 26 settembre 2007 Nome Radosveta Drakeva Età 46 Formazione Master Universitario in lingua e letteratura bulgara; Laurea in lingua inglese; Diploma post laurea in Gestione della formazione; Professione Esperta in educazione degli adulti e in software didattici Stato civile Coniugata, con 2 figli – 24, 21 Brevi note biografiche Non così semplice come sembra Sono nata nell’era precedente allo sviluppo dei PC, sono cresciuta quindi con libri di fiabe, bambole di porcellana con vestiti colorati, e lucenti mosaici in plastica sparsi per tutta la casa. Ho frequentato la scuola secondaria a Sofia; la English Language School, questo probabilmente ha influito positivamente, non solo perché, in seguito, non ho mai avuto problemi con l’inglese (compreso l’inglese informatico), ma anche perché il modello educativo della nostra scuola era abbastanza aperto ed eravamo spinti a leggere molto, a sperimentare novità anche al di fuori della scuola e a non temere ambiti sconosciuti. Il retroterra della mia istruzione universitaria viene da una facoltà umanistica. Ho conseguito il diploma di laurea in Lingua e letteratura bulgara presso l’Università di Sofia. Ho conseguito, inoltre, diversi diplomi post laurea in Teoria della Formazione e in Gestione e Marketing della Formazione. Ho anche una specializzazione in “Informatizzazione dei Sistemi Sociali” conseguita presso l’istituto internazionale MASHAV in Israele. Per evitare ogni equivoco è bene precisare subito che in quella sede non abbiamo mai toccato un computer. Si trattava di un programma di management. Ho iniziato a lavorare nel 1984 in una scuola a Sofia come organizzatrice di attività extra scolastiche per studenti (lo faccio ancora come attività di volontariato ormai da parecchi anni); facevo inoltre l’insegnante di inglese nella materna e nella scuola primaria. Cinque anni dopo, nel 1989 sono diventata la vice-preside della scuola. Nel 1993 fu allestito il primo laboratorio di informatica nella scuola, iniziammo, quindi, a trasferire in formato digitale tutta la documentazione scolastica e a sviluppare il primo database per studenti e docenti per facilitare l’ordinario lavoro d’ufficio (e per trascorrere ore un po’ più divertenti, a battere su una tastiera piuttosto che a scrivere su carta). Nel 1998 un progetto PHARE per la Bulgaria ha indetto una gara d’appalto per lo sviluppo di un sistema informatizzato di gestione della scuola per le 100 scuole pilota aderenti al progetto. Con l’amministratore del laboratorio informatico esaminammo attentamente il bando e ci accorgemmo che ciò che veniva richiesto era molto simile al sistema che avevamo sviluppato per la nostra scuola. Inviammo quindi la nostra 112 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 candidatura ed ottenemmo l’incarico, da quel momento la mia vita lavorativa ha seguito due direzioni.... Una volta portato a termine il progetto sono passata dall’istruzione nella scuola secondaria, all’istruzione e formazione degli adulti e al sistema CVET. Al momento lavoro in un ente formatore per adulti; abbiamo varie proposte extra scolastiche, e partecipiamo a molti progetti ed attività di cooperazione nell’ambito della Comunità Europea. In qualità di esperta sono coinvolta in molte attività di sviluppo e consulenza sia a livello nazionale sia europeo, mi sto occupando di molti progetti con la National Agency for Vocational Education and Training [Agenzia Nazionale per l’Istruzione e la Formazione Professionale]. Sono anche impegnata in molti progetti di assistenza tecnica PHARE per lo sviluppo di idee e documenti di indirizzo politico, per quanto riguarda la formazione degli adulti e l’apprendimento permanente. Il software sviluppato con il progetto PHARE nel 1998, inoltre, è ancora in uso. Il sistema è piaciuto al Ministero dell’istruzione che intende utilizzarlo in tutte le scuole, quindi, ci stiamo ancora lavorando. Due anni dopo fu chiaro che non era possibile avere solo due persone che si occupavano del sistema, altre persone si unirono a noi e dopo un po’ fondammo una azienda indipendente; l’azienda attualmente occupa 10 esperti a tempo pieno che gestiscono progettazione e assistenza. L’azienda sviluppa il software gestionale delle scuole secondo il sistema MES (si occupa di database per tutte le scuole, gli asili e le università; catalogazioni varie, comparazione e analisi di dati ecc.). Sviluppiamo, inoltre, sistemi informatici per altri segmenti dell’istruzione e della formazione e alcuni strumenti didattici multimediali. Sono tuttora l’executive manager della società. Anche se ho una certa conoscenza del linguaggio della programmazione, non scrivo più programmi veri e propri. La tecnologia si sviluppa rapidissimamente e ha ormai superato le mie competenze; tuttavia mi occupo ancora dell’analisi dei sistemi, della progettazione di database e dell’interfaccia logica dell’utente. E non ho una sola certificazione che indichi che sono in grado di usare un computer. Le TIC e le donne – nel passato e adesso (Può dirci, per favore come ha iniziato, se ha trovato ostacoli e quali motivazioni l’hanno spinta? Quale è la sua opinione sull’utilizzo delle TIC da parte delle donne, e sul rapporto tra donne e tecnologia?) Adesso torniamo al passato... Ho iniziato ad occuparmi delle TIC nel 1992. A quel tempo ero la vice-preside della scuola; dovevamo ricevere 10 computer “Pravetz221 8” per gli studenti e un computer “Pravetz 16” per l’insegnante. Il “Pravetz 16” arrivò e fu messo nel mio ufficio ma, a causa di un errore amministrativo, i 10 “Pravetz 8” non arrivarono mai. L’unico computer della scuola stette a fianco della mia scrivania da aprile fino a giugno; a settembre “gli” dissi che se non avesse iniziato a fare qualcosa di utile sarebbe finito in soffitta. 221 Una marca di computer molto diffusi, prodotti in Bulgaria prima del 1990 113 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Il giorno seguente chiesi al marito di una delle mie colleghe che lavorava con “grandi macchine calcolatrici” di venire a vedere che razza di macchina avessi nel mio ufficio. Lui venne, accese il computer, lo schermo si illuminò di nero e verde, digitò qualcosa sulla tastiera (forse un comando “dir c:”), sullo schermo comparve una lunga serie di simboli verdi in una linea continua ed esclamò: “Che bella macchina! Funziona alla perfezione! Approfittane!” “Ma ...- balbettai – che cosa devo farci?” Il giorno dopo si presentò con 2 floppy da 5 pollici, uno con editor PE2, l’altro con MS Word 5, entrambi con anche i caratteri cirillici... Questo fu l’inizio di tutto. Ho scoperto veramente il computer, per la prima volta, quando mi sono resa conto di poter scrivere sulla pagina precedente di un testo senza cancellare tutto il resto, oppure di poter aggiungere o sostituire ovunque parti di testo. La seconda volta è stato quando scovai il comando “save as” [salva con nome]. La terza volta quando scoprii la differenza tra zero, null e una stringa vuota. Ma questo accadde molto tempo dopo..... Così, in quindici minuti, produssi un numero enorme, più di trenta, “circolari per l’inizio dell’anno scolastico”. L’anno precedente ci avevo impiegato un giorno e mezzo. (Naturalmente per la stampa delle trenta nuove circolari ci vollero tre giorni perché dovettero essere trasferiti su floppy e dati al marito della mia collega, ma questo è un altro discorso.) Nel 1992 avevo 32 anni ed ero considerata una delle “giovani e promettenti” dirigenti scolastiche della regione. Nessuno, quindi, si sorprese quando arrivai all’Ufficio Scolastico con tutta la documentazione “stampata a computer”, tuttavia giudicarono la cosa abbastanza insolita. Adesso, 15 anni più tardi, tutti i dirigenti scolastici del paese si presentano all’Ufficio Scolastico con 200 pagine di documentazione scolastica stampata con software sofisticati, e con un database aggiornato con i dati relativi a tutti gli studenti e agli insegnanti. La documentazione, in formato elettronico, viene raccolta presso il Ministero dell’istruzione ed usata per programmare il piano economico della scuola (ammetto le mie colpe; tutto questo è il risultato dei miei esperimenti sul sistema gestionale informatico della scuola.....). In ogni caso, mi ritengo una persona fortunata; all’inizio del mio rapporto 114 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 quotidiano con il computer lavoravo con un giovane collega, che dava lezioni di informatica ai bambini, ed aveva un atteggiamento molto positivo verso i computer. Non si stancava mai di ripetere ai dirigenti, agli insegnanti (soprattutto alle donne!) e agli studenti di stare tranquilli, che niente di irreparabile poteva succedere. Si comportava come se usare il computer fosse la cosa più naturale al mondo e ci incoraggiava a non aver paura di provare222. Quando non avevamo la soluzione ai problemi ci invitava a non rinunciare e ad andare a leggere la guida in linea. Più tardi, con il boom di internet, ci invitava a consultare “Zio Google”. In realtà, ho sempre trovato piacevole utilizzare i computer e i vari dispositivi ad essi collegati. Mi sono sempre sentita a mio agio davanti allo schermo di un computer e non ne ho mai avuto paura. Quando riesco a fare un documento bello anche esteticamente, o a trovare informazioni interessanti, o a produrre un programma intelligente, mi sento totalmente serena e sicura di me. Talvolta questo è un modo per mettermi alla prova e vedere se sono ancora capace di svolgere il mio lavoro. I miei figli sono cresciuti con il computer, usare il computer per loro è naturale come respirare. Non per merito mio, ma usare il computer quotidianamente nel mio lavoro, e essere un dirigente di un’azienda che produce software, mi ha sempre consentito di sapere, sui computer, sempre qualcosa più di loro (non mi riferisco ovviamente a giochi, torrent o hacking, purtroppo). C’è una specie di guerra non dichiarata: da un po’ di tempo stanno cercando di dimostrare di saperne più di me ☺ All’inizio del 2000 ci fu un giorno solenne per i miei figli e i loro amici, quando la loro madre apparve online su un canale IRC per cercare di scoprire dove era sua figlia, e se sarebbe tornata a casa prima delle otto. Mi rendo conto che i computer hanno contribuito enormemente a garantirmi autorevolezza e rispetto nei confronti dei miei studenti, degli amici dei miei figli e dei miei figli stessi. Nel mio ambiente sociale e lavorativo, l’uso del computer è ritenuto un must. Si pensa che chiunque debba saperlo usare; e possedere gli accessori più recenti garantisce una 222 ...é bene ricordare che stiamo parlando del 1995, 1996, quando i computer in Bulgaria erano ancora considerati un “extra” 115 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 forma di rispetto. Come nel resto del mondo nel campo dell’istruzione, in Bulgaria le donne sono predominanti, tutte le mie colleghe sanno utilizzare i computer ad un livello accettabile rispetto alle necessità del lavoro quotidiano (in realtà, ne conosco una che non sa utilizzare affatto il computer e chiede alla sua segretaria di scrivere tutte le sue lettere, ma non lo ammette, e si comporta come se fosse un’esperta di computer). Nel mio ambiente non ho mai percepito atteggiamenti negativi o accuse di comportarmi, per quanto riguarda questo aspetto, in modo scorretto. Non è un argomento in discussione; come è normale che tutti sappiano leggere e scrivere, ci si aspetta anche che tutti sappiano usare un computer. - Le TIC come fattore sociale: So che esistono i siti di incontri online, ma non ne ho mai visitati.... Ad esser seri ☺, le TIC hanno cambiato il modo di comunicare. La mia povera cassetta delle lettere (quella vera, che si trova sulla porta di casa) riceve soltanto pubblicità e fatture dell’acqua e della luce... Nessuna sensazione intima, non è neppure necessario scrivervi nome e cognome, è sufficiente scrivere “appartamento 8”.... E contemporaneamente mi sembra del tutto naturale inviare un messaggio ICQ alla collega che mi abita di fianco, o inviare una mail a qualcuno che a mala pena conosco. Le TIC rendono tutti i contatti sociali e personali molto più facili perché non hanno alcuna limitazione formale. É così naturale cliccare il tasto “invia”! I “nuovi adepti delle TIC” distruggono rapidamente ogni limite esistente, percepiscono la libertà di comunicazione delle TIC come una violazione del protocollo della formale vita quotidiana. E tentano, così, di sfuggirle. Gli utenti più esperti delle TIC, invece, raramente osano comportarsi così; sanno già che sfuggire potrebbe essere pericoloso. - Le TIC in campo didattico: Potrei rispondere a questa domanda in un’unica riga. “Fai una ricerca su Google”. Questo è il modo in cui si impara adesso, e non dipende dall’età. In età scolare, si cercano informazioni da copiare e incollare per fare i compiti. Nella normale attività lavorativa, si ricercano documenti o normative, tutte le novità della nostra professione, le notizie della giornata. O l’oroscopo. 116 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Tutto questo è una variazione sul tema “stai connesso, risparmia tempo e impara di più” Lo chiamano “Apprendimento permanente informale”. Non lo prendiamo troppo seriamente, ma funziona e ci sta progressivamente cambiando. Qualche volta è necessario fermarsi e guardarsi con attenzione per assicurarci di non essere cambiati troppo. 117 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Ulla Gjørling, Danimarca Chief Consultant. Dati Personali: Nata nel maggio 1964, 2 bambini Formazione nelle tecnologie dell’informazione: Esperienza nell’utilizzo didattico delle nuove tecnologie dal 1993. Principali aree di intervento: all’inizio ha preso parte alla produzione e acquisizione di software educativo, nell’ultimo periodo la sua attenzione si è rivolta alla progettazione e realizzazione di percorsi di formazione integrativa per docenti e formatori. Posizione professionale: Chief Consultant – Niras, http://www.niras.com/ dal 2007. National investigator per uTeacher – un progetto europeo sul profilo professionale dei docenti riguardo alle TIC http://ulearn.itd.ge.cnr.it/uteacher/ Chief Consultant – UNI-C, 2000 – 2007. EPICT (European Pedagogical IT-license) [Patente pedagogica Europea sulle TIC] http://www.epict.org/ Sund-IT http://www.sund-it.dk/ Il progetto Gymnasium-IT (istruzione secondaria di secondo grado), http://www.gymnasie-it.dk/. Webmaster - Aarhus chapter of Ladies Circle http://www.lc19.dk/ Future webmaster - Ladies Circle Danmark http://www.ladiescircle.dk Intervistatore/trice: Quale di questi 8 punti attira la sua attenzione? Per iniziare, le tecnologie dell’informazione sono un male necessario? Non possono essere un male in nessun caso – piuttosto sono semplicemente un mezzo di comunicazione tra le persone. Non le ho mai percepite come qualcosa di diverso. Intervistatore/trice: Per quanto riguarda l’approccio alle tecnologie dell’informazione, è necessario frequentare dei corsi o ci sono altri modi per avvicinarsi a queste? Per la maggior parte delle persone di mezza età o più anziane è necessario partecipare a corsi o essere in qualche modo avvicinate da altri alle tecnologie dell’informazione. Le generazioni più giovani, invece, raccolgono lungo il loro percorso le necessarie conoscenze e competenze. Intervistatore/trice: Grazie. Nel momento in cui una donna si avvicina alle nuove tecnologie, normalmente è assistita in questo da una figlia o da un’amica in contrapposizione al marito o ad un figlio maschio? I figli maschi e gli uomini, qualche volta, fungono da ostacolo. Se 118 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 consideriamo la nostra esperienza con la patente pedagogica sulle TIC, notiamo subito che quando le donne hanno accesso al proprio PC o al proprio laptop progrediscono di più e più in fretta rispetto a coloro le quali usano il PC di casa che è il “PC di famiglia”. In quest’ultimo caso, la gerarchia degli utenti del PC di famiglia, di solito, prevede che il figlio maschio sia l’utente principale, seguito dal padre, dalla figlia, e la madre occupa solo il quarto posto. Quando la madre riesce finalmente ad accedere al computer, c’è sempre qualcuno che le mette fretta per usare il computer, oppure il desktop è stato modificato e non è più come l’ultima volta che lo ha usato; in questo caso è sempre imbarazzante chiedere dove sono scomparsi i suoi indirizzi o i suoi file. In questo modo alla madre è spesso precluso l’uso del PC e l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione. Intervistatore/trice: Per quanto riguarda la resistenza all’utilizzo del PC, si può parlare di tecnofobia nei confronti delle tecnologie dell’informazione? Sono convinta che questo problema non esista quasi più. Tra gli anziani, forse, la tecnofobia esiste ancora in pochi casi e in continua diminuzione. Sono rimasti in pochi a vivere con ansia le nuove tecnologie, e comunque l’atteggiamento di starsene a guardare a braccia conserte sembra del tutto scomparso. Intervistatore/trice: Che cosa può dirci della paura del vasto e incontrollato mondo di internet? Non credo che vi siano molte persone che abbiano paura ad andare in internet. La paura è piuttosto rivolta a ciò che i giovani possano incontrare nella rete, l’incontro con pedofili, la possibilità di essere vittime di bullismo o abusi sociali da parte di altre persone tramite l’accesso ai siti per giovani in Internet. Non si tratta, pertanto, di paura di Internet in sé e per sé, si tratta piuttosto di genitori timorosi che ostacolano i loro figli nell’utilizzo di internet, impedendo un uso creativo del mezzo per la paura di conseguenze negative. Intervistatore/trice: Che cosa possiamo dire della sensazione di inadeguatezza e di scarsa autostima delle donne? Devono sapere come affrontare il problema e a che cosa stanno andando incontro prima di fare questo passo, questo credo sia generalmente 119 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 l’approccio femminile. Intervistatore/trice: L’utilizzo giornaliero delle tecnologie dell’informazione mostra alle donne che sono competenti, tuttavia, esiste ancora una corrente di pensiero che ritiene le donne del tutto inadatte alle tecnologie dell’informazione. Esiste ancora questo modo di vedere? Dipende da luogo a luogo. Se posso generalizzare, gli utenti più competenti e creativi delle tecnologie dell’informazione in ambito didattico, sono senza dubbio donne di mezza età! Ciò è contrario alla percezione generale. Le donne tendono ad essere più orientate all’utilizzo pratico, mente gli uomini tendono ad essere dei fissati tecnologici. Lavorare sulla quantità e con strumenti poco raffinati, questo spiega perché così tanti uomini sono degli “smanettoni” mentre la maggior parte dei consulenti sulle tecnologie dell’informazione sono donne. Quando si incontrano problemi con i mezzi tecnologici, le donne tendono a pensare: “che cosa ho sbagliato?” mentre gli uomini pensano: “questa robaccia non funziona”. Generalmente donne e tecnologia è un’accoppiata che non ha ancora sfondato in ambito lavorativo. Probabilmente questo avverrà soltanto quando le giovani leve inizieranno ad entrare nel mercato del lavoro. Intervistatore/trice: Siamo arrivati alla questione lingua – le donne non conoscono l’inglese..... Questa è una vera e propria sciocchezza. In effetti per alcuni anziani può avere un effetto di estraniamento sentire, all’interno dei notiziari televisivi, che su internet possiamo trovare approfondimenti alle notizie. La domanda che nasce spontanea è se non sia possibile vivere nel nostro paese senza una connessione internet. Ovviamente è possibile, quando un anziano naviga online, però, può dover fare i conti con la lingua inglese che potrebbe causare più di un problema; esaminando l’attività online dell’utente medio danese, comunque, ci accorgiamo che i siti più visitati sono di gran lunga quelli in lingua danese. Intervistatore/trice: Quale è la vostra opinione sul punto di vista delle riviste femminili su “Donne e tecnologie dell’informazione? Devo ammettere che la mia conoscenza nel campo delle riviste femminili è marginale. 120 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Leggo queste riviste troppo raramente per farmi un’idea chiara del loro punto di vista sulle donne e le tecnologie dell’informazione. Tuttavia nella mia comunità online di donne è chiaro che le cosiddette “donne forti” usano il web e l’e-mail e che Internet rappresenta una fonte d’informazione pienamente utilizzata. Il rovescio della medaglia è rappresentato da quella moltitudine di donne che ancora non ha un proprio indirizzo mail, e ne condivide uno con il proprio marito. Per questo motivo molte mail provenienti dalle varie Hellen sono contrassegnate dal nome “Peter Smith”. Intervistatore/trice: qual è la sua opinione sulla situazione attuale delle tecnologie dell’informazione in questa area? La mia area di competenza è l’uso didattico delle tecnologie dell’informazione. Sono certa che, dato l’attuale quadro politico, le nuove tecnologie e la didattica non saranno priorità come lo sono state fino a adesso. L’orientamento adesso è che gli insegnanti debbano arrangiarsi da soli. Sono stati organizzati corsi per loro, è stata fornita loro assistenza e sono state istituite funzioni di supporto, adesso, quindi, i docenti devono mostrare di essere in grado ed aver voglia di camminare sulle loro gambe. L’utilizzo delle nuove tecnologie, come strumento personale e professionale nell’attività didattica, è considerato una competenza di base che ogni insegnante deve avere. Intervistatore/trice: Ha un’idea di quale potrebbe o dovrebbe essere una strategia corretta, nell’organizzazione di attività rivolte agli adulti nel campo delle tecnologie dell’informazione (ad esempio formazione permanente) affinché queste possano essere rivolte sia a uomini sia a donne? Il problema principale, in merito alle proposte rivolte agli adulti nel campo delle nuove tecnologie, è semplicemente rendersi conto che le donne non trovano interessanti le cose che lo sono, invece, per gli uomini. Gli uomini, inevitabilmente, prenderanno possesso della tastiera e per le donne non vi sarà possibilità di accesso. Quindi, se il corso è rivolto ad entrambi i sessi, è necessario che ci siano computer per tutti. Oltre a questo, sembra che per le donne sia fondamentale che l’interfaccia utente (desktop e posizione delle icone) rimanga la stessa da una sessione all’altra Intervistatore/trice: Grazie per l’intervista. 121 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Arta Ciša, Lettonia. Data 01 agosto 2007 Nome, cognome Arta Ciša Età 38 anni Qualifiche Laureata in scienze delle comunicazioni e in pedagogia professionali Professione Giornalista, insegnante Stato civile Sposata, 3 figli Quando ha cominciato a lavorare col PC, con internet e com’è stato all’inizio? Per quanto mi ricordo, penso che si trattasse del 1993. Tornavo al lavoro (ero giornalista) da un congedo maternità. Tutti stavano già lavorando col computer. Io stessa avevo un PC che mi stava aspettando; prima lavoravamo tutti con le macchine da scrivere. I miei colleghi mi mostrarono come funzionava e m’insegnarono quali comandi utilizzare. Scrissi la sequenza di comandi su un foglietto di carta ed è così che li ho imparati. Si ricorda di qualcuno in particolare fra i colleghi che le diedero le prime istruzioni e di quali emozioni si ricorda che sorsero durante quel periodo di apprendimento? Si trattava di un collega e mi spiegò tutto in maniera estremamente semplice. Era veramente tutto facile. All’epoca assistevamo ad una vera e propria invasione informatico-tecnologica. Non mi azzarderei a dire che sarebbe altrettanto facile per me imparare i concetti informatici del giorno d’oggi, ma allora ne avevo bisogno per il lavoro. Si trattava di qualcosa che doveva essere fatta. Questo periodo di formazione – se così lo possiamo chiamare – durò più o meno un mese. Elaboravo metodi per apprendere più facilmente – scrivevo le informazioni su un blocco d’appunti e, se avevo bisogno di qualcosa, guardavo sulla pagina corrispondente e basta. Quando apparivano invece sullo schermo dei messaggi che non capivo (erano in inglese) erano i miei colleghi a venirmi in aiuto. Molte donne avevano paura di rompere o danneggiare il computer in qualche modo; era così anche per lei? In realtà ero più interessata che impaurita, no, non mi sentivo in soggezione. Più tardi, 122 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 con gli anni, erano mio marito e I miei figli a insegnarmi sempre qualcosa di nuovo. Mio marito mi ha spiegato come funziona PowerPoint e mio figlio mi ha iniziato alla navigazione su internet. Non ho mai frequentato alcun tipo di corso e non lo farò mai visto che è possibile imparare tutto lavorando in maniera autodidatta. Non è inusuale che siano stati marito e figlio ad essere i primi insegnanti d’informatica. La maggioranza delle donne ha però dichiarato un certo imbarazzo al momento in cui dovevano chiedere un aiuto al marito, poiché di solito e istruzioni erano date mal volentieri ed in maniera poco chiara. Beh, forse non siamo una famiglia tipo, visto che non abbiamo mai avuto problemi di comunicazione Inoltre io e mio marito lavoriamo insieme (è mio socio in affari) e impariamo l‘uno dall’altro. Mio marito ha un opinione paritaria riguardo ruolo delle donne e non riesco nemmeno ad immaginarmi che gli sia mai capitato di proferire parole di scherno o offensive riguardo alle donne Per questo non ho alcun problema a chiedere aiuto a mio marito o a mio figlio per questioni legate alla tecnologia. La sua formazione informatica era legata solo al lavoro o ne ha avuto bisogno anche per altri scopi? In linea di massima tutto ciò che ho studiato a che vedere col mio lavoro. Uso la mail a scopo privato solo in rari casi. Vivo secondo il principio: se ho un qualsiasi tipo di problema, non è difficile trovare qualcuno che mi aiuti a uscirne fuori. Qualcuno ha lanciato l’idea di iniziare le donne all’uso del computer basandosi sulle loro reali necessità, qual è la sua opinione al proposito? È giustissimo. Mia sorella, per esempio, è una donna in carriera di 53 anni. Quest’anno ha comprato un computer e vuole imparare ad usarlo. Il suo più grave errore è stato quello di sedersi di fronte al suo laptop iniziando a maneggiare qua e là. È impossibile arrivare a far funzionare tutto subito, è l’approccio sbagliato. Bisogna avanzare per gradi. Per prima cosa devi sapere cosa vuoi imparare esattamente, scegliendo tra tutte le possibilità che ti offre un computer. Lei dà lezioni alle infermiere e deve preparare del materiale di presentazione. Ha bisogno d’imparare ad usare internet, deve apprendere a copiare documenti, a separare un testo per una presentazione in PowerPoint, ecc. S’impara decisamente meglio così che “seguendo il manuale d’istruzioni punto per punto.” 123 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Le moderne tecnologie hanno cambiato il suo modo di vedere le cose, la suo scala di valori? La mia scala di valori non è mutata, per quel che riguarda il mio modo di vedere le cose, invece, devo dire di sì. Il computer è un sistema universale che fornisce alla vita un nuovo ritmo, alzandone il livello qualitativo. Le cose si ottengono più velocemente. Una volta ciò richiedeva molto più tempo. L’uso delle nuove tecnologie migliora le capacità del personale lavorativo in quanto, tramite esse, s’imparano una marea di nuove cose utili. Lei ha elencato molti aspetti positive. Qual è l’altra faccia della medaglia nell’uso delle tecnologie? Direi che l’uomo è ancora padrone del proprio mondo, non esiste una matrice, ogni singolo individuo è libero di scegliere di quanta tecnologia ha bisogno d’introdurre nella propria vita. Mi piace vedere i giovani lavorare liberamente alla tastiera, cambiare repentinamente programma, usare il mouse alla velocità della luce. Queste sono capacità ereditate dal periodo in cui si soffriva di “computermania”. È una cosa superata. Io permetto ai miei figli un uso libero del PC, ma non posso parlare di dipendenza, sebbene resti dell’opinione che per altri la cosa potrebbe diventare un problema; e questo, qualora il computer diventasse l’unico amico. Per che cosa usa maggiormente il computer e internet? Non sono membro di draugiem.lv, mi piace ancora chiamare la gente al telefono. Il PC è il mio strumento di lavoro, senza il quale sarei perduta. Negli ultimi anni i mass-media sono cambiati in maniera significativa proprio a causa dello sviluppo della tecnologia moderna. 20 anni fa il ritmo normale delle notizie era scandito settimanalmente. L’informazione quotidiana risultava difficile. L’informazione non riguardava qualcosa accaduto oggi, ma qualcosa che era accaduta ieri o il giorno prima. Solo i veri professionisti potevano permettersi di azzardare previsioni per domani o dopodomani. Oggi non è assolutamente un problema redigere un quotidiano dal momento che non è più necessario essere presenti sul luogo di cui stai scrivendo (a meno che tu non sia un fotografo); puoi chiamare qualcuno al telefono, comunicare attraverso internet e sviluppare grazie a ciò una grande quantità di notizie. Inoltre è possibile aggiungere una foto istantaneamente, cosa che avrebbe preso un’intera giornata in passato. Ha notato un qualche problema riguardo le donne comprese fra un’età di 35 e 60 anni e 124 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 il loro rapporto con la tecnologia? Il problema è che le donne hanno vissuto a lungo fuori dal mondo tecnologico e ora, improvvisamente, devono tuffarsi dentro un sistema che ha già funzionato per anni. Per tutti è normale avere problemi se, cambiando ambiente di lavoro, si devono apprendere cose nuove. In alcuni casi. Quale consiglio darebbe alle donne per incoraggiarle a usare le nuove tecnologie? In realtà tutto dipende dal datore di lavoro, perché è lui che sa cosa le donne hanno bisogno d’imparare a fare tramite il computer. Non ci sarebbe alcun problema se la domanda fosse: “impara a lavorare su Excel”. E non: “Sai come si lavora al computer?” Se qualcuno me lo chiedesse, risponderei di no, visto che non so usare InDesign, ecc. Gli annunci d’impiego dovrebbero specificare esattamente quali competenze sono richieste per il lavoro. Le donne si organizzerebbero allora a frequentare dei corsi o a imparare il necessario in maniera autodidatta. Mass-media: la rivista Ieva si è data da fare per dare una formazione tecnologica alle donne. Vantaggi e conseguenze pratiche? Non penso che funzionerà; la gente non lo legge. Le donne che non usano il computer gireranno automaticamente pagina, quelle che lo usano non lo leggeranno in quanto sanno già cosa fare e non hanno problemi. Queste piccole cose che Ieva sta già facendo (come fare acquisti su internet, come prenotare biglietti online) dovrebbero essere fornite a più piccole dosi, non impiegando da 3 a 5 pagine. Non è il formato della nostra rivista. Quali idee ha lei per poter migliorare la situazione delle donne lituane in relazione all’uso delle moderne tecnologie? Vorrei sottolineare che la motivazione è la molla che spinge ogni persona a fare qualcosa; se lo si vuole fare, lo s’impara. Tentare di motivare qualcuno a volere qualcosa…. Mi sembra un po’ strano. Normalmente la motivazione viene da una necessità interna. Imparare qualcosa perché si è capaci, è semplicemente assurdo. Ai tempi dell’Unione Sovietica era esattamente la stessa cosa riguardo l’apprendimento delle lingue. Qualcuno le studiava? Naturalmente no, visto che non ne facevano corrente uso, ma quando le persone avevano bisogno di andare all’estero, allora sì che le imparavano: usandole. 125 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Penso che sia spinte da una situazione contingente, sia motivate da bisogni personali, le donne di ogni età impareranno ad usare i computer ed è addirittura possibile che alcune di loro non ne abbiano nemmeno bisogno. 126 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Mónica Aldeia, Portogallo. Data 4 Maggio 2007 Nome, Cognome Mónica Aldeia Età 33 anni Qualifiche Dottorato in Scienze dell' Educazione Professione Docente con mansioni tecnico-pedagogiche e di controllo Stato Civile Divorziata Nota biografica. Inizia gli studi superiori all' Istituto Scuole Superiori a Beja, dove consegue il Diploma di Insegnamento nelle Scuole Elementari e la laurea in Portoghese/Francese. Quando fece il suo ingresso nel mondo del lavoro, iniziò con l' insegnamento agli adulti (professione che svolge tuttora), oltre alle attività scolastiche con bambini e adolescenti. Ha frequentato un corso di Sviluppo Personale e Sociale, ricoprendo la posizione di formatrice in classi formate da persone dalle medie in su, che ha suscitato in lei un interesse nelle questioni interpersonali, e nei diritti umani, in base a cittadinanza e sesso delle persone. Il Master ed il Dottorato hanno integrato il suo livello di preparazione da docente, attraverso una proposta formativa nell' apprendimento elettronico. Dato che la tecnologia può spezzare molte barriere che non permettono agli adulti di abbracciare i loro studi, specialmente le donne che sono obbligate a conciliare i turni di lavoro, gli impegni di vita personale e familiare e l' educazione continua, questa è stata l' area di maggiore interesse (software educativo e strumenti di apprendimento elettronico). Quando ha prestato servizio presso la Direzione Regionale dell' Economia di Algarve, ha lavorato con gruppi di persone disagiate e famiglie di un solo genitore (il sostegno alle donne separate o alle madri senza partner è stato socialmente effettuato in diversi modi - salute, educazione scolastica, lavoro...). Ti ringraziamo per la tua disponibilità. Divideremo questa intervista in due parti. Prima di tutto, vorremmo che ci descrivessi la tua prospettiva sulla situazione attuale delle Tecnologie di Informazione e Comunicazione e le aspettative future. A tale scopo, abbiamo preparato alcune domande. Come vedi il ruolo di tali tecnologie oggi? Le tecnologie sono sempre più importanti e fanno parte della nostra vita. Ne facciamo uso a casa, al lavoro, a scuola. I ragazzi usano la tecnologia quasi nei primi anni di educazione scolastica e durante tutto il loro processo educativo, e, in molti casi, anche quando decidono di lasciare la scuola ed entrare nel mondo del lavoro. Sempre più spesso, le professioni richiedono alcune abilità riguardo le nuove tecnologie. Mi sono accorta di questo mentre lavoravo come formatrice di adulti. La gente cerca, sempre più 127 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 spesso, corsi base, intensivi e brevi, per acquisire le capacità basilari il prima possibile. Questo succede, ad esempio, con adulti giovani, persone in età attiva ma anche persone fra i 50 e i 70 anni. Le tecnologie o l' informatica, dal punto di vista degli utenti, sono fra le materie di cui si sente più il bisogno nell' insegnamento agli adulti. In linea generale, vogliono imparare ad usare Word, linee chat e vari messenger per comunicare. Quindi la tecnologia diventa parte della nostra vita, non ne possiamo essere esclusi... è quasi come se fosse un'estensione del nostro corpo, o delle nostre dita. Riguardo al progetto CIAO ed il tuo pubblico target (donne adulte di bassa/media istruzione), pensi che in qualche modo diverse forme di tecnologia, Internet e computer, possano promuovere l' immagine della donna o interagire nel ruolo della donna? Il ruolo inteso come contributo offerto dalla donna? Sì, credo di sì. Potrei sembrare un po’ discriminatoria, ma ciò che accade realmente è che la tecnologia rivolta alle donne è spesso il robot da cucina, la “bacchetta magica” e tutto ciò che è legato alla cura della casa e, in questo caso, non si tratta di questo, ma si tratta invece di Internet, delle Tecnologie di Informazione e Comunicazione, non di macchine elettriche usate in cucina. Ancora oggi, nelle coppie, la donna si trova ancora un po’ nell'ombra rispetto all'uomo. Spesso sentiamo: "il computer di mio marito". Nei corsi, molte di loro usano l'indirizzo email del marito. Per quanto riguarda la tecnologia, credo che molte donne rimangano spesso all'ombra dei loro mariti e anche dei loro figli, maschi o femmine che siano. Al giorno d'oggi, non vediamo differenze nell' uso delle tecnologie. Credo che le donne sui trent' anni siano probabilmente più tecnologicamente dipendenti e se hanno qualche tipo di aiuto, esse non fanno un grosso sforzo, a meno che non sentano che è necessario. Che cosa ti aspetti dallo sviluppo delle tecnologie, ovvero quali potrebbero essere le conseguenze e il loro ruolo nel futuro? Credo che occorra essere attenti, poiché ci affidiamo troppo alla tecnologia ed alle macchine. Se lavoriamo con Internet e riscontriamo che non funziona, ci sentiamo smarriti e la stessa cosa accade con le cosiddette "case intelligenti". Credo che dobbiamo essere regolari ma equilibrati nell'uso della tecnologia, in modo da compensare in altri modi quando viene meno. Deve sempre esserci qualche tipo di meccanismo alternativo per non essere dipendenti dal suo uso. 128 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Secondo le conclusioni tratte dalla prima fase del progetto Ciao!Woman, le donne che sono state intervistate hanno enfatizzato alcuni aspetti pratici della tecnologia, nonché l' utilità e la funzionalità del computer. In quali modi ti identifichi con questi punti di vista? E inoltre, prevedi che vi siano dei cambiamenti in futuro? Perché? Il punto principale, ed anche quello con cui mi identifico, hanno a che vedere con il senso pragmatico e funzionale della tecnologia. La tecnologia deve essere utile, al fine di risparmiare del tempo in alcune attività. Essa è al mio servizio per liberarmi da alcuni tipi di mansioni che altrimenti sarebbero state lente da compiere. L' aspetto pragmatico è quello più importante per me. Prevedi che vi siano dei cambiamenti in futuro? Credo che in termini di futuro, la tecnologia servirà ancora di più a tale scopo, per facilitare la nostra vita, il nostro lavoro. La tecnologia nasce per farti risparmiare tempo e per risolvere le questioni, nel più breve tempo possibile. Inoltre, nasce anche per la sua flessibilità. Vedo la tecnologia anche nella flessibilità delle mansioni. Mi riferisco, ad esempio, all' apprendimento elettronico, all' apprendimento a distanza; questa tecnologia consente un' enorme flessibilità, non ci sono barriere geografiche o transitorie. Con un computer e l' accesso a Internet abbiamo anche superato la barriera economica. Pensando alle tecnologie, si possono prevedere alcuni cambiamenti. Che dire della sua evoluzione? Vedo la tecnologia in molte aree. Mi riferisco ad aree molto importanti, come la medicina. Esiste già la consultazione a distanza - la tele-medicina, e anche le operazioni chirurgiche a distanza. Ritengo che sia straordinario, e nel futuro si migliorerà anche di più, e questo è un gran beneficio. In termini educativi penso che sia anche molto importante, essa espande moltissimo le capacità di organizzazione, e la gestione del tempo: ci rende liberi, e questo permette di mettere in risalto gli aspetti pedagogici e incoraggia le relazioni interpersonali senza dimenticare il contatto diretto. Se mettiamo insieme queste due parti, credo che non si possa che averne vantaggi. Vedo una gran evoluzione ogni giorno sempre più veloce, le attrezzature sono sempre più sofisticate, più tecnologiche, ci sostengono e facilitano la nostra vita. 129 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Puoi dirci qualcosa riguardo il ruolo delle tecnologie per le donne? Prima dicevo che le donne sono ancora molto dipendenti dall' uso che gli uomini, i loro compagni, fanno della tecnologia. Credo anche che le donne di domani (le ragazze attuali che sono già indipendenti tecnologicamente) non permetteranno la differenziazione dell' uso tecnologico fra i sessi. Le persone useranno la tecnologia secondo le necessità lavorative o familiari, a prescindere dal proprio sesso. In qualche modo, un certo immaginario negativo riguarda le tecnologie e la relazione che le donne hanno con le tecnologie. Le donne hanno qualche reticenza iniziale, ne sono spaventate, hanno paura ad usarle. Come credi che si possano spiegare queste sensazioni? E' una questione di generazione, di cultura? Credo che le donne vi resistano per ragioni culturali, è quasi come la trasposizione della condizione sociale della donna. Attraverso la storia, le donne hanno sempre dovuto combattere per avere il diritto di votare, per avere il diritto a delle funzioni di direttiva, per avere un lavoro. Tradizionalmente, il loro ruolo era a casa. Ci sono ancora molte donne che si sentono sicure solamente in presenza di altre persone, hanno timore che possano danneggiare il computer. Credo che questo sia condizionato dalla cultura poiché le donne hanno avuto differenti ruoli durante i decenni. Di solito, gli uomini hanno dovuto occuparsi di mansioni maschili, tecniche. Gli uomini hanno avuto il potere della decisione ed il potere tecnico. Le donne hanno avuto invece ruoli femminili, come quello affettivo. Credo che sia una questione culturale, l'uomo con la tecnologia, e le donne con gli affetti, le relazioni umane, la casa e l'educazione dei figli. Cosa possiamo ancora fare? Come possiamo dissipare questa paura? Quale dovrebbe essere la strategia? Credo che debba essere fatto un pò tramite la forza, diciamo per bisogno. Quando cerchiamo di raggiungere un determinato livello nel mondo del lavoro, sempre più competenze tecnologiche sono richieste, e se non vengono acquisite possiamo perdere opportunità di lavoro. Le donne sono "obbligate" a sviluppare abilità, per perdere il timore, non per perdere le opportunità, così da poter aiutare i loro figli. 130 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Onestamente, credo che le donne abbiano anche maggiore abilità di controllo, sono più curiose, cercano i dettagli. Gli uomini sono invece più generalisti. Queste caratteristiche femminili sono molto positive per sfruttare le tecnologie. La seconda questione di cui vorremmo parlare è relativa all'educazione, e, poiché lavori nel campo dell’ educazione degli adulti, vorremmo che ci dicessi cosa pensi riguardo gli orientamenti, i suggerimenti per organizzare le attività di insegnamento nelle Tecnologie di Informazione e Comunicazione rivolte alle donne adulte. In breve, quali orientamenti e suggerimenti segnaleresti per raggiungere tale organizzazione, quali strategie per rompere il ghiaccio, ad esempio. Ho alcune idee personali a proposito. Da quando ho iniziato a lavorare (quando avevo 22 anni) ho ricevuto subito un'educazione per adulti. Era molto diversificata, nel campo delle relazioni interpersonali, le tecnologie e con adulti di differenti età, adulti anziani e adulti attivi e inoltre con donne di differente condizione sociale, persone di differenti gruppi sociali, alcuni di loro provenienti da gruppi a rischio, come donne che avevano subito violenza domestica o donne sieropositive. La mia esperienza nell’ educazione mi aiuta ad organizzare il mio insegnamento. Credo, perciò, che sia necessario considerare l’età delle persone quando organizziamo un corso per adulti collegato alle tecnologie a causa dei ritmi di lavoro; il livello di educazione dovuto al livello linguistico da usare, inoltre dobbiamo prestare anche attenzione al livello socio-culturale. L’aspetto delle dinamiche di gruppo è qualcosa per me indispensabile, credo che sia davvero importante "rompere il ghiaccio". D'altronde, con le donne tutto parte dalla relazione interpersonale e conoscere i colleghi e gli insegnanti è molto importante per il successo dell'educazione. Credo che le donne siano molto sensibili e, se riusciamo a coinvolgere una persona emotivamente, darle fiducia, questa si sentirà più sicura nello svolgere attività che altrimenti avrebbe rifiutato. Cerco sempre di includere le dinamiche di gruppo. Credo che esse siano importanti anche in questo tipo di educazione con i computer, quando siamo sedute per diverso tempo davanti al computer. Per persone che non ne sono abituate questo è molto noioso, è necessario smuovere le persone con qualcosa... abbiamo bisogno di una bella risata per rilassare un gruppo di 131 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 persone stanche. Per sintetizzare un po’, se possibile, che tipo di attività, in quale contesto, e che tipo di educazione ritieni sia più efficace per questo gruppo di donne adulte? Credo che dovremmo investire nelle attività pratiche, con qualche componente teorica, ma sempre compensate da una parte pratica: insomma... manipolare, usare! Non dovrebbe richiedere molto tempo, dobbiamo essere in grado di gestire le attività quotidiane. Dovremmo sempre fare una valutazione dei bisogni e questi devono corrispondere alle necessità del gruppo. In quanto al metodo, preferisco un workshop o un ciclo di studi. Quest’ ultimo credo sia ottimo per le donne poiché l’apprendistato è svolto in comune, a vicenda. Quale tipo di materiale e risorse potrebbero essere più appropriate per queste persone? Poiché si tratta di un corso di tecnologia, credo che dovremmo abbandonare il rapporto con la carta, gradualmente, ma non totalmente. Dobbiamo investire nella produzione di contenuti in formato digitale. Alla gente piace ricevere CD o DVD da portare a casa ed essere in grado di avere accesso a documenti, immagini e video. Credo che i formati debbano essere diversi e digitali. Le materie dovrebbero corrispondere ai bisogni delle persone. L’educazione su Internet è molto importante: ad esempio, l’uso e la sicurezza che li aiuta a mantenere il passo con i figli. Un aiuto per usare la banca online è anch' esso importante. Internet è una delle materie interessanti, esplorare il suo potenziale, imparare a ricercare e consultare in sicurezza. 132 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 L’equipè di lavoro Progettazione e coordinamento dell’intero progetto Ciao! Women Rita Bencivenga, Provincia di Genova Direzione e coordinamento dei gruppi di ricerca Studio Guglielma ricerca e creazione sociale Direzione e coordinamento: Antonia De Vita, Università di Verona Ricerca e coordinamento: Lara Corradi, Studio Guglielma ricerca e creazione sociale Il team di intervistatrici Sei intervistatrici hanno intervistato 253 donne di età compresa fra i 35 e i 55 anni. Senza la loro preziosa collaborazione, il lavoro sulle interviste narrative e sulle riviste non esisterebbe. Ecco i loro nomi: Ivita Dambeniece, Riga, Lettonia [email protected] Marinela Festas, Èvora, Portogallo [email protected] Vicência Maio, Èvora, Portogallo [email protected] Birgitte Nielsen, Aabenraa, Danimarca [email protected] Lia Orzati, Genova, Italia [email protected] Virjinia Petkova-Tasheva, Sofia, Bulgaria [email protected] Le interviste alle figure esperte sono state realizzate da: Kenneth Reimer, Senior Consultant Master of Art CVU Sønderjylland - University College Center for Undervisningsmidler Birkelund 1 - 6200 Aabenraa - Denmark Antonia De Vita Senior Researcher Università di Verona Responsabile della Ricerca Studio Guglielma ricerca e creazione sociale Via Magellano 8 - 37138 Verona- Italia 133 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Presentazione Studio GUGLIELMA ricerca e creazione sociale è una società cooperativa a governo femminile che si ispira al pensiero e alle pratiche delle relazioni tra donne, e sostiene legami e creazioni sociali capaci di modificare l’esistente in un orizzonte di giustizia sociale; è retta e disciplinata secondo il principio della mutualità senza fini di speculazione privata; la cooperativa ha lo scopo di procurare alle socie e ai soci continuità d’occupazione lavorativa e di contribuire, tramite l’esercizio in forma associata dell’impresa, al miglioramento delle loro condizioni sociali, culturali, professionali, economiche, promovendo: la partecipazione delle/degli stesse/i alla gestione dell’impresa nei suoi aspetti sociali, tecnici ed economici; la condivisione di spazi e tempi di vita e di lavoro, di impegno sociale e politico concordati tra le/i socie/soci. Studio GUGLIELMA è nata dal desiderio di alcune donne che si sono incontrate nell’esperienza di Mimesis associazione universitaria di cultura e servizi di Verona. Studio GUGLIELMA svolge attività di progettazione e creazione sociale attraverso metodologie di attivazione/partecipazione e strumenti quali la ricerca, la formazione e l’educazione, la consulenza, l’organizzazione nei settori: dell’impresa sociale e del terzo settore; dei processi comunicativi in ambito sociale e di impresa; del lavoro; della rigenerazione sociale e urbana; della cultura. Svolge le proprie attività per e in collaborazioni con enti e aziende pubbliche e private, enti locali, società cooperative e associazioni, associazioni di categoria, scuole, università, gruppi, libere aggregazioni e singoli individui. Via Magellano 8 – 37138 Verona telefono e fax 045.8309946 e-mail [email protected] 134 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Indice Introduzione 1 Parte 1 Origine del progetto: comunicare online 4 Le interviste che hanno portato al progetto CIAO!Women 8 Analisi delle interviste di Ciao! 9 Conclusioni 14 Donne e tecnologie 16 Considerazioni generali 16 Scopi del progetto 18 La mia ferramenta: le donne e i loro rapporti con le tecnologie informatiche 19 Unione Europea e riflessione femminile: un rapporto difficile. 19 La riflessione femminile tra Pari Opportunità e femminismo della differenza 20 Uguaglianza o differenza? 22 Il pensiero della differenza sessuale: l’esperienza italiana 24 Dalla differenza di genere a pratiche formative e di ricerca in una prospettiva non neutra 25 Il bisogno di raccontarsi 27 L’intervista narrativa 29 Alcune questioni metodologiche 29 L’intervista narrativa e la sua realizzazione 32 Fasi dell’intervista narrativa 33 La ricerca e i suoi risultati 39 Gli otto nuclei tematici 42 Commenti e considerazioni finali: gli otto nuclei tematici 74 Parte 2 A partire dall’analisi di alcune riviste 78 La scelta di spogliare riviste femminili per esplorare il rapporto tra donne e tecnologie 78 135 Program Socrates Action Grundtvig Grant Agreement number: 225348-CP-1-2005-IT-GRUNDTVIG-G1 Elementi emersi dall’analisi delle riviste 83 I risultati attesi e quelli raggiunti 84 Parte 3 Note di metodologia della ricerca nel contesto di progetti europei 86 Ruolo del ricercatore 92 Pensiero femminile e disabilità 93 In conclusione 95 Il pensiero della differenza sessuale: un approccio di ricerca 98 Raccontarsi: una preferenza femminile 99 Far parlare la differenza nel dilemma dell’uguaglianza 99 Interviews to experts on women, lifelong learning and ICT 102 Introduzione 102 Lucia Bertell, Italia 105 Anna Maria Piussi, Italia 107 Radosveta Drakeva, Bulgaria 112 Ulla Gjørling, Danimarca 118 Arta Ciša, Lettonia 122 Mónica Aldeia, Portogallo 127 L’equipè di lavoro 133 Presentazione di Studio Guglielma 134 136