fulco di verdura

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fulco di verdura
ministero dell’istruzione
e della ricerca
alta formazione artistica e musicale
ACCADEMIA DI BELLE ARTI
DI PALERMO
FULCO DI VERDURA
IL DESIGNER DELLE DIVE
diploma accademico di primo livello
in progettista di moda
tesi di:
Sabrina Cusimano
relatore: prof. Sergio Pausig
correlatore: Prof. Guido Santoro
a.a. 2007-2008
SABRINA CUSIMANO
fulco di verdura
il designer delle dive
INDICE
introduzione... p. 4
1. fulco di verdura... p. 6
2. l’oggetto del desiderio... p. 16
3. il pomander... p. 22
4. la corruzione della carne e il
profumo dell’anima... p. 33
5. laboratorio dei metalli preziosi:
collegio universitario
arces Corso telamp... p. 38
6. Fusione a cera persa... p. 45
7. Progettazione: evoluzione... p. 47
di un gioiello
BIBLIOGRAFIA... P.48
3
Introduzione
QUESTO ELABORATO RACCOGLIE L’ESPERIENZA DI UN PERCORSO SPERIMENTALE,
SVOLTO ALL’INTERNO DEL CORSO DI DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN
PROGETTISTA DI MODA, DELL’ACCADEMIA DI
BELLE ARTI DI PALERMO. TALE PERCORSO NEL
CAMPO DEL DESIGN DEL GIOIELLO E DELL’ACCESSORIO DI MODA, HA CONSENTITO DI
PROGETTARE PROTOTIPI E DI AFFINARE LE
CONOSCENZE NEL CAMPO DEL CREATIVE DESIGN, APPRESE DURANTE I TRE ANNI DEL
CORSO DI DESIGN DEL GIOIELLO E DELL’ACCESSORIO DI MODA. LA PRIMA FASE DEL LAVORO E’ STATA INDIRIZZATA VERSO LO
STUDIO E L’APPROFONDIMENTO DELLO STILE
E DELLA STORIA DEL GIOIELLIERE FULCO DI
VERDURA. NELLA SECONDA FASE DEL LAVORO
SONO STATI REALIZZATI DEI PROTOTIPI IN
ARGILLA POLIMERICA DI ALCUNI DEI SUOI
GIOIELLI E SEMPRE ISPIRATE A QUEST’ULTIMI
SONO STATE SVILUPPATE UNA SERIE DI TAVOLE PROGETTUALI CHE MOSTRANO DEI
PROTOTIPI DI ORNAMENTI PREZIOSI APPLICATI SU POCHETTE DA SERA, CINTE, SCARPE
ED OCCHIALI. PER AMPLIARE IL CAMPO
DELLA PROGETTAZIONE SI È CONSIDERATO
4
DI RAPPRESENTARE QUESTI STESSI PROTOTIPI
CON UN SOFTWARE DI MODELLAZIONE 3D E
PERMETTERE COSÌ ANCHE UNA EVENTUALE
PRODUZIONE IN SERIE DEI GIOIELLI PROGETTATI. SI è, INOLTRE, APPROFONDITO LO
STUDIO SUL SIGNIFICATO SIMBOLICO E SOCIALE DEL GIOIELLO, ANALIZZANDO NELLO
SPECIFICO LA STORIA E LA SIMBOLOGIA DEL
CIONDOLO POMANDER. LA PROFIQUA FREQUENTAZIONE DI UN CORSO DI ARGENTERIA E OREFICERIA PRESSO IL COLLEGIO
UNIVERSITARIO ARCES HA COMPLETATO LE
CONOSCENZE SULLA LAVORAZIONE DEI METALLI PREZIOSI. DURANTE LO SVOLGIMENTO
DELLE LEZIONI DI LABORATORIO DI ARGENTERIA,
OREFICERIA,
INCASTONATURA,
SBALZO E CESELLO SONO STATE EFFETTUATE
DELLE ESERCITAZIONI CHE MIRAVANO ALL’APPRENDIMENTO DELLE TECNICHE BASE
PER LA LAVORAZIONE DEI METALLI PREZIOSI
E ALL’UTILIZZO DEGLI OPPORTUNI STRUMENTI PROPRI DEI MESTIERI DI ORAFO E ARGENTIERE.
5
FULCO DI VERDURA
Fulco di Verduca ritratto da Horst, New
York 1940
Artista di un incredibile cultura, conquistò fama e ricchezza usando le sue mani
come un abilissimo artigiano latino. Al
ruolo di “Duca” Fulco, ha preferito quello
di artigiano; si autodefiniva “un artigiano
della gioielleria”. Negli Stati Uniti fin dal
1935, non prese mai la cittadinanza americana. La Sicilia, il suo mare, “la sua gente” ,
i suoi ricordi d’infanzia, cotituirono sempre il vero mondo di Fulco. “A cosa ti
ispiri?” “a tutto!”; persino un soffitto a cassettoni guardato distrattamente durante
una conferenza noiosa serviva a Fulco per
creare un gioiello in oro e pietre preziose.
6
Fulco diede alle sue creazioni tutta l’atmosfera
che avvolgeva gli oziosi
pomeriggi, circondato da
tante meraviglie della natura. Ed ecco che una cascata
di
iridescenti
brillanti illuminano ali
di farfalle svolazzanti
che si posano soavemente
su rose infuocate da rossi
rubini rossi del Siam, deliziosi topolini dal corpicino
imbiancato
da
candide opali sfuggono
alla vista di tenere bestioline dal pelo dorato. Cammelli stilizzati portavano
carichi di gioielli su una
gobba fatta di perle barocche, pantere ornate e
coronate con un ricco
collare perdono l'aria minacciosa alla vista di una
palla di perla. Con un
tocco di ironia Fulco
trasformò gli animali del
suo fantasmagorico serraglio in affascinanti oggetti
ornamentali.
Girando per i saloni affrescati di Villa Niscemi,
una volta, l'attenzione
del giovane Fulco fu attirata da un libro impreziosito da una elegante
rilegatura in marocchino
disegni e gioielli di Fulco
ispirati al mondo fantastico
7
verde: splendide illustrazioni di dipinti e
sculture fecero nascere in lui l'amore per
l'Arte e, "spinto dal desiderio di emulazione" disegnò su qualunque pezzo di carta
gli passasse tra le mani castelli incantati
abitati da strani personaggi e superbe regine. Disegni che prendevano spunto dal
rinascimento raffiguravano cornucopie
ricolme di perle, serpenti che serravano pietre incastonate su calici dorati, tritoni
che lanciavano frecce tridenti, delfini che
trainavano carri sostenuti da sensuali sirene. E poi ancora mori che caratterizzavano le tele del Veronese, dalla pelle così
scura da un contrasto con il loro petto
di perla barocca, con pennacchi usciti dai
loro chilometrici turbanti ed il collo serrato da cravatte smaltate, seduti su cavalli
militari o abbracciati come gemelli siamesi,
in una esplosione di colori e di materiali
preziosi.
Spilla in avorio, pietre
dure, diamanti, perle
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Fulco di Santostefano della Cerda duca di
Verdura a Villa Niscemi, nasce a Palermo il
20 Marzo 1899, da Carolina Valguarnera di
Niscemi e Giulio Santostefano della Cerda,
cugini di secondo grado, entrambi di discendenza spagnola. Trascorre la sua infanzia nelle dimore familiari di Villa
Niscemi, di Palazzo Niscemi in via Montevergine, della villa estiva di Bagheria. La
vita di Fulco trascorre spensierata in compagnia della sorella, di qualche anno maggiore, Maria Felice, a Villa Niscemi, l’unica
casa che egli ha veramente amato, e nel suo
Eden, il Parco della Favorita. L’educazione
di Fulco è affidata anche all’istruttrice inglese, Miss Aileen Brennen, con la quale si
addentra nel magico mondo delle Nursery
rhymes, di “Alice nel paese delle meraviglie”,
di “Peter Rabbit”. La vita quotidiana a Villa
Niscemi è diretta dalla figura di Grandmamà, Maria Favara, nonna materna di
Fulco, con la quale Fulco condividerà la
grande passione per la musica lirica. Compagni di gioco di Fulco e Maria Felice sono
Musetta e Dick, i cagnolini di Villa Niscemi.
Dopo un ballo in costume a Palazzo Verdura, il 13 aprile 1925 Fulco lascia Palermo
per stabilirsi a Venezia, Londra, Parigi. I ricevimenti mondani segnarono i momenti
decisivi della vita dell'artista: ad un ballo
dato da Cole Porter nei fastosi saloni
della sua residenza veneziana di Ca' Rezzonico, avvenne l'incontro con la donna che
diede la svolta al suo destino, l'affascinante Coco Chanel, che, percependo il suo
talento creativo, gli affidò la realizzazione di nuovi gioielli ricavati da bellissime
9
pietre preziose. la creazione che segnò l'inizio della collaborazione tra i due artisti
fu il famoso bracciale di smalto ottenuto
con una nuova tecnica che consisteva nel
depositare su una base dorata strati sottili
di smalto bianco decorando la sua superficie levigata con una Croce di Malta tempestata di pietre colorate che evocavano la
policromia delle vetrate gotiche. Coco
difficilmente riuscì a staccarsi dai suoi
bracciali che adornavano i suoi polsi e con
i quali fu ritratta dai più grandi fotografi
del tempo. I viaggi fatti con Coco gli fecero scoprire incantevoli angoli di paradiso come la Schatzkammer di Monaco,
ricolma di gioielli rinascimentali che gli
ispirarono motivi decorativi da applicare
ai suoi gioielli, dal motivo a nodi di Leonardo Da Vinci a quello a cestino di Giulio
Romano, maestro orafo alla corte Gonzaga.
Coppia di bracciali in smalto bianco. decorati cona la Croce
di Malta, disegnati per Coco Chanel.
10
Fulco fu il primo a trasformare motivi
classici come corde, monete e funi, riproponendoli in modo da metterne in risalto
più la finezza della lavorazione che l'importanza delle pietre. Nel 1929 Fulco di Verdura organizza a Palermo un “Ballo 1799”
dedicato a Lady Hamilton e Lord Nelson
che erano stati nel passato ospiti a Palazzo
Verdura. Partecipando al ballo numerosi
ospiti arrivati da Parigi, Londra e New
York. Tra i quali Cole Porter, Elsa Maxwell,
Carlos de Beistegui. In quell’occasione
Lady Blunt fa eseguire i ritratti fotografici di ciascun ospite. Le note dei musical di
Cole Porter caratterizzarono gli inizi
della carriera di Fulco, proiettando il suo
nome in quegli ambienti diventati mète internazionali del lusso come Venezia, Parigi
e Cape d'Antibes. Il grande compositore
americano diede fiducia alla verve creativa
del giovane aristocratico siciliano facendogli realizzare una serie di portasigarette
per siglare i successi di ogni prima dei suoi
musical.
Portasigarette in oro con motivo cochiglia.
1938
11
Lasciatosi alle spalle i
successi
francesi
e
spinto dalla voglia di
novità, Fulco insieme al
suo grande amico Nicholas de Gunzburg arriva nel 1934 in America
dove inizia a lavorare
per Paul Flato, e quando
questo apre una filiale a
Los Angeles, a Sunset
Boulevard, è proprio
Fulco a dirigerla. Tutte
le star del silver screan,
da Gloria Swanson a
Greta Garbo, non ebbero esitazioni ad aumentare il loro fascino
con le creazioni di
Fulco, adornando i
loro abiti con braccialetti, enormi quantità
di fili di perle e lunghissimi pendenti. A
Hollywood, dove si trasferisce per due anni, disegna i gioielli di scena
per Katherine Hepburn
in Philadelphia Story e
per molti attori e attrici come Susan Howard, Greta Garbo, Gary
Cooper, Joan Crawford
e Irene Selznick.
12
Polsini in oro e smalto “Nigth
and Day”, ispirati al celebre
musical, per Cole Porter.
Bracciale in oro per Greta
Garbo
Bracciale a doppi cerchi in oro,
fermaglio in diamanti.1945
Fulco crea una rottura con il classicismo
di vecchi canoni estetici ormai privi di vitalità, scatenando la
meraviglia di coloro
che posavano per la
prima volta il loro
sguardo sulle sue creazioni. Per Wally Simpson,
duchessa
di
Windsor, Fulco raccolse variopinte conchiglie sulle solari
spiagge di Mondello e
di Fire Island, ricoprendole di brillanti e
smeraldi, o intessendole con spirali d'oro,
trasformandole
in
broche e orecchini mai
visti prima d'allora.
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Una conchiglia a zampa di leone, montata
in oro giallo e ricoperta da zaffiri cabochon fece la felicità della più affascinante
delle sue clienti, Mona Bismark Williams,
celebre per la bellezza dei suoi grandi
occhi azzurri.
Durante gli anni Cinquanta lei e le altre
raffinate donne americane indossarono il
"turbante Verdura" composto da una conchiglia naturale inchiodata da peridoti e
turchesi. Una spumeggiante onda dorata,
realizzata da un incisore di Hokosai, ispira
a Fulco il disegno di una splendida broche
che segnò l'apice della sua ispirazione marina. Un carpio d'oro si insinuava tra sentieri di rami di corallo, pesci tropicali
nuotavano in coppia, delfini, tratti dalla
sua passione per il rinascimento, si tuffavano nel mare con la coda all'insù. Verdura fu instancabile nella ricerca di
materiali naturali. Un semplice sassolino
poteva essere ricoperto di pietre preziose e
montato in oro.
14
Significativo è l'incontro con il grande
Salvador Dalì, che Sceglie Fulco per la
creazione di fantasmagorici gioielli dipinti. La fama di Fulco non diminuisce
dopo il suo ritiro dall'attività creativa,
che affida al suo socio di sempre Joseph Alfano. trasferendosi definitivamente a Londra e circondandosi dei suoi libri, dei
lussuosi objects de luxe e dei nostalgici ricordi della sua infanzia dorata che scrisse
nel libro “Estati felici”. Nel 1984 Ward Landrigan acquista l'archivio di bozzetti, disegni e prototipi da Joseph Alfano dopo la
morte di Fulco, e inaugura al 745 della
Fifth Avenue a New York. Fulco Muore a
Londra, dove si era ritirato per dedicarsi
alla pittura, nel 1978, e viene sepolto nella
cappella di famiglia del cimitero di Sant'
Orsola a Palermo.
15
l’oggetto del desiderio
Da sempre l’uomo ha amato adornarsi di
bellissimi oggetti, che spesso hanno assunto valore simbolico o sono divenuti
strumenti per esibire un potere economico
o politico. Dalla quantità e dal loro splendore si desumeva il grado della potenza di
quanti li possedevano.
Per la sua natura, il gioiello è espressione e
segnalazione di valore, sia per la preziosità
dei materiali utilizzati che per il valore aggiunto della componente artistica. Oggetto con una propria storia e presenza,
che da sempre accompagna e significa il
corpo ponendolo in relazione con il
cosmo. Ne troviamo tracce già nell’arte parietale e mobiliare della preistoria, sui
corpi delle Veneri e più oltre nei dipinti. I
gioielli, infatti, appartengono alla divinità
prima che all’uomo per poi diventare il tesoro della comunità ed entrare a far parte
del mondo della regalità e del guerriero.
Simboli religiosi, esaltano la virilità, il potere e connotano lo status sociale, l’identità e l’appartenenza a una stirpe o a un
clan. Sono quindi oggetti identitari e performativi, oggetti che “fanno essere”, dotati di potere e di “magia” , strutturando
gerarchie, e sono espressione di un linguaggio ineffabile tra l’uomo e la natura1.
1
Eleonora Fiorani, Abitare il corpo: La moda, Milano, Lupetti, 2004, p. 213
16
Oggetto intramontabile, che possiede un
valore che va al di là del suo valore d’uso,
e si arricchisce con il passare del tempo e
l’accumularsi della memoria, di cui è custode. Per il gioiello non vale la dinamica
tra moda e fuori-moda, ma domina la lunga
durata, la permanenza delle forme nella ripetizione e nella reinterpretazione, che
non le fa mai scomparire del tutto. Oggetto duro e duraturo ancora oggi ha
tratto le sue prime espressioni dalla materia più compatta, consistente e inalterabile
conosciuta in natura. La pietra, l’osso, il
dente, la conchiglia, ogni forma concreta
e particolare che privilegiasse un significato dovette essere d’emblée gioiello per
l’uomo primitivo. Diventa il modo di indossare e comunicare i propri valori, credenze, gusti, di ritrovare l’infanzia.
Rappresenta ciò che sogniamo di essere, ciò
in cui crediamo, la messa in scena di noi
stessi. Come vettore di messaggi verso gli
altri i gioielli mediano significati di distinzioni, d’integrazione, di supremazia e
per questo si sono avvalsi variamente ora
di forme riproducenti la realtà, floreali,
animali, geometriche, ora di forme
astratte, fantastiche, simboliche o magiche, acquisendo via via i caratteri dell’espressione artistica, del documento
storico, del veicolo culturale, dell’indicatore di costume, ma più che altro forse
esprimendo quei sentimenti più lievi di vacuità, fatuità e vanità che pure sono insiti
17
nell’essere umano e lo contraddistinguono dalle forme di vita inferiore2.
Se sovrapponiamo una mappa dei gioielli a
uno schema corporeo sia esso femminile o
maschile, si configura una sorta di geografia delle sue zone sensibili. Pur potendo
investire ogni parte del corpo, i gioielli di
norma si collocano in prossimità degli organi ricettivi: il collo, le mani, le orecchie,
il naso e l’ombelico. Sottolineano fisicamente il corpo e lo recintano semanticamente. E fanno riferimento alle parti del
corpo caratterizzate da maggiore visibilità
e mobilità: quelle più esposte allo sguardo
come il viso e le mani, e quelle maggiormente mobili come le braccia, le caviglie e
il collo.
Infiniti significati gli si possono attribuire
a seconda del tempo, del luogo, delle circostanze, del contesto in cui è esibito.
Nel gioiello il materiale ha un’importanza
determinante ai fini espressivi dell’oggetto, ne è la pelle, l’artefice del proprio
contatto tra noi e l’oggetto, e racconta di
stili, tecnologie, valori. La scelta di un materiale piuttosto che un altro contribuisce a caricare il gioiello di significati
differenti3. La consuetudine a usarlo può
evidenziare talune proprietà del gioiello
come quella di simbolo, o di amuleto, strumento valido per tutti contro le forme
malefiche di natura spirituale, o di presidio
taumaturgico, ausilio contro i mali fisici.
2
3
Maria Concetta Di Natale,Gioielli di Sicilia, Palermo, Flaccovio, 2000, p. 7
E. Fiorani, Abitare il corpo: La moda. cit., p. 217
18
Il metallo nobile che lo supporta conferisce pari valore a chi lo porta e le gemme
preservano dal male, inducono al bene e
trasmettono potere.
Dapprima i gioielli furono quasi esclusivamente in oro, in seguito s’impiegarono
anche l’argento e il rame.
L’oro simboleggia la regalità, il più alto potere sull’ordine fisico e sociale del mondo,
la massima autorità su uomini e cose, la fecondità, l’abbondanza, la pienezza aurea, saturnina, la completezza spirituale e
materiale. Segno di sovranità, di potere, di
dovizia, di aristocrazia morale, di distinzione sociale, sin dai tempi antichi è il metallo naturale pregiato più consono a
rappresentare il gioiello, facilmente modellabile e pertanto idoneo alla fantasia
creativa dell’artefice e all’inesauribile capriccio dell’uomo, capace di identificarsi
con lo splendore di un Dio.
Gioielli lavorati o grezzi non importa, è la
materia in sé che ha qui valore e significato. Ogni intervento umano nel renderlo
più apprezzabile ha avuto come scopo per i
metalli quello di aumentare la levigatezza,
la superficie riflettente, la lucentezza, e,
per le pietre preziose, di perfezionare il taglio, di curarne l’accostamento dei colori
e delle tonalità, di accentuarne la luminosità.
La scelta del metallo è preferenzialmente
ricaduta sull’oro, che nell’immaginario
delle genti, per le sue doti di solare incorruttibilità, ha sempre avuto un posto di privilegio nella composizione del gioiello, sia
da solo nelle più svariate forme, sia come
19
supporto in gioielli polimaterici4. Nonostante l’oro fosse considerato leader tra i
metalli preziosi, a questo veniva tuttavia
talora preferito l’argento, cui non mancavano le caratteristiche fisiche, estetiche o
di duttilità, che ne consentissero la più
svariata manipolazione, né le doti sovrastrutturali, magiche, simboliche, religiose,
apotropaiche, che ne facevano una materia
“nobile” simile all’oro. Nell’immaginario popolare peraltro sembra avere la capacità di
allontanare le forze malefiche. Come l’oro
è segno regale di autorità e sfarzo, l’argento è invece segno di benessere dei ceti
medi. Il gioiello, carico di una forte valenza simbolica, oggi ritorna in primo
piano e torna a investire anche il corpo
maschile. Rompe le tassonomie tradizionali
trasformandosi in vestito, scarpa, cintura,
borsa, parte integrante, oltre che della
moda, del paesaggio e degli stili della vita
urbana. E ne ha seguite le vicende, diventando, insieme agli altri accessori, il perno
fondamentale di un’estetica della vita proprio perché parte dell’inessenziale, del superfluo. La modernità li trasforma in
ornamenti e in oggetti di seduzione, parte
integrante del sistema della moda. L’uso
dei gioielli, strettamente collegato a concetti di gratificante godimento e intenso
piacere, trova per altro riscontro nell’idea
di bellezza. Qualunque sia la motivazione
che spinga all’uso, è comunque innegabile
che il gioiello si configuri principalmente
come efficace strumento dell’apparire.
M.C. Di Natale,Gioielli di Sicilia. cit., p. 9
20
pomander
In età classica, la borghesia e l’aristocrazia francesi praticavano una toeletta a
secco che comportava anche un ampio ricorso ai profumi. L’acqua era stata eliminata dalle abitudini igieniche dopo la
chiusura delle saune nel XVI secolo, su accorato consiglio di Ambroise Paré e di altri
umanisti. L’acqua era stata messa al bando
già nel 1348 con la Peste Nera la cui propagazione era stata imputata proprio ai bagni
caldi, responsabili, secondo i medici del
tempo, di indebolire l’organismo e di aprire
i pori, facilitando la penetrazione dei veleni. Nessuno aveva tuttavia sospettato che
la condivisione dell’acqua potesse essere
un fattore di contaminazione. All’epoca, le
terme erano luoghi deputati al piacere più
che all’igiene personale, tant’è che il concilio di Trento ne aveva disposto la chiusura in nome di una rinnovata moralità5.
Con il passare del tempo, le abitudini igieniche hanno continuato a confidare nelle
virtù purificanti del profumo, ma hanno
progressivamente eliminato l’uso dell’acqua. La minaccia costante delle malattie,
l’idea confusa del <<miasma>> pronto a penetrare nell’organismo, hanno condotto
a ipotizzare che l’involucro corporeo
fosse pericolosamente poroso.
5
Munier B., Storia dei profumi. Dagli dèi dell’Olimpo al cyber-profumo. Dedalo
ed., Bari 2006. Cit. p. 101
21
La minaccia costante delle malattie, l’idea
confusa del <<miasma>> pronto a penetrare
nell’organismo, hanno condotto a ipotizzare che l’involucro corporeo fosse pericolosamente
poroso.
A
titolo
di
precauzione, pertanto, veniva consigliato
di adottare alcuni semplici accorgimenti
dettati dal buon senso: evitare l’acqua, perché capace di penetrare nel corpo, e indossare indumenti con tessuti a trama fitta6.
In tempo di epidemie, la quarantena è diventata di fondamentale importanza tanto
quanto la necessità di evitare i miasmi venefici. A queste misure si accompagnavano
spesso le inalazioni di profumi, considerati
terapeutici perché in grado di penetrare il
corpo e di purificarlo. Il XVII secolo, attento all’eleganza e alla cura dell’aspetto,
non si lavava, ma si <<cosmetizzava>>. Al mattino, rinfrescava mani e viso, ma ignorava
il resto del corpo. Per rimediare alle secrezioni del corpo si usavano le spugnature o
tutt’al più le frizioni con un panno bianco,
seguite dalla purificazione tramite applicazione di unguenti aromatici7. Il profumo, dunque, purificava il sudore e la
traspirazione, ostruendo al contempo i
pori dilatati. La pelle, essendo porosa, veniva penetrata dal profumo che ne garantiva la depurazione interna attraverso
l’eliminazione dei miasmi o della corruzione organica.
6
7
Op. cit., p. 102
Op. cit., p.103
22
All’epoca, così come nei periodi seguenti,
una poltiglia infetta ricopriva le strade parigine, ammassandosi lungo i marciapiedi.
Il fetore era talmente nauseabondo che
qualsiasi profumo apportava necessariamente una piacevole ventata di aria fresca.
In questa prospettiva, il buon odore non
soddisfaceva semplicemente un piacere, ma
contribuiva ad alimentare l’illusione di
vera igiene. I signori che si avventuravano
per le strade della città erano soliti tenere
davanti al naso un fazzoletto imbevuto di
essenza; quelli più abbienti stringevano un
pomme, un pomo, di profumo o di ambra.
Questi pomi odorosi erano piccoli recipienti sferici, realizzati in metallo nobile,
generalmente di metallo traforato allo
scopo di lasciar uscire la fragranza scelta
e talvolta impreziositi da gemme, in cui era
contenuto appunto del profumo.
pomander XVII sec.
pomander XVII sec.
23
Questi
contenitori
erano solitamente appesi al collo o alla
cintura; e spesso avevano la forma di pera
o di mela, dal francese
“ambre du pomme”, mela
ambrata. I pomanders
venivano riempiti con
una miscela di diverse
sostanze
resinose.
Qualche
modello
aveva più sezioni, per
inserire diversi profumi e a volte un compartimento con una
spugnetta imbibita di
aceto
balsamico.
Anche una noce moscata con una montatura d’argento veniva
usata come pomander
e a volte la frutta veniva svuotata e farcita
di erbe, aromi e spezie.
Questi raffinati portaessenza, pare siano
stati fabbricati già
prima del XIV secolo,
perché l’imperatore Federico Barbarossa ricevette dal re di
Gerusalemme, nel 1174,
diversi pomi odorosi
d’oro ripieni di muschio. il pomo d’ambra,
viene presentato nel
24
Ritratto di Clarissa Strozzi.
Tiziano Vecellio, 1542.
olio su tela, 115 x 98 cm,
Berlino, Staatliche Museen.
pomander inglese in argento
dorato, 1580.
Diviso in sei compartimenti.
Mostrato chiuso e aperto.
Medioevo come rimedio
sovrano contro la peste.
Grazie al suo intenso profumo, possiede al massimo
grado la proprietà di rafforzare i sensi e tonificare
il
corpo,
di
Pomander sferico, 1320.
confortare tutti i tempe- Pomander
in oro e argento,
ramenti, di facilitare la
sezionata in otto parti.
respirazione8. L’ambra gri- In alcuni dei segmenti vi
sono iscritti i nomi dei contegia , ricavata dalle con- nuti; 'Rosen', 'ruten', 'mocrezioni intestinali di scat', 'canel' e 'rosmarin'.
alcuni cetacei, in particolare del campidoglio, fu portata nel 325 dai
soldati di Nearco, Ammiraglio di Alessandro Magno, i quali l’avevano scoperta
presso gli Ittiofagi,un popolo che abitava
le coste dell’oceano Indiano. Attraverso
l’inalazione dei profumi che fuoriuscivano
dai pomander, si pensava di sanificare l’aria
prima del suo ingresso nei polmoni, analogamente a quanto avveniva bruciando le
pastiglie o i piccoli coni d’incenso. Le pommes sono rimaste in voga per tutto il secolo, il loro contenuto però variava in
base alle disponibilità di coloro che le
adoperavano. I profumi di origine animale
erano i più apprezzati, ma senza dubbio,
anche i più cari. Erano in pochi a potersi
permettere le pommes da profumo, di per sé
già molto costose, riempite di aromi come
incenso, mirra, sandalo, canfora mescolati
con una pasta solida.
8
A. LE GUÈRER, Les pouvoirs de l’odeur, Odile Jacob, Paris 1998; trad. It., I
poteri dell’odore, Boringhieri, Torino 2004, p. 87. Cit.,in, op. cit., p. 106
25
Il popolo doveva accontentarsi di spugne imbevute
di
sostanze
aromatiche che, meno comode e meno eleganti,
svolgevano un’analoga
funzione terapeutica9.
Le famose pommes de seuters tenute davanti al
naso per proteggersi dai
Pomander 1680-1700
miasmi erano solo uno
dei numerosi dispositivi profumati disponibili a quel tempo e dotati di molteplici funzioni. Vi erano anche sacchetti profumati
cuciti all’interno degli indumenti per assorbire e purificare, ovunque ce ne fosse bisogno, le esalazioni del corpo; cuffie
provviste di fodera interna contenente
erbe aromatiche essiccate, le cui proprietà
fortificanti e tonificanti, servivano anche
a proteggere dalle infreddature e dalle
perdite di memoria; ciprie profumate che,
sparse sulla biancheria a contatto con il
corpo o sulle parrucche, avevano funzioni
protettive. In quell’epoca, l’incredibile diffusione del cosiddetto, aceto dei sette
ladri, vera panacea contro la peste. Secondo la leggenda, un gruppo formato da
quattro, talvolta di sette, manigoldi era
solito spogliare i cadaveri degli appestati e
<<ungere> le porte delle abitazioni, al fine
di propagare l’epidemia e svaligiare le case
dei defunti. Le forze dell’ordine sono poi
riusciti ad acciuffarli ma è stata loro con9
Op. cit., p.107
26
cessa la grazie in cambio della ricetta dell’aceto aromatizzato che essi stessi avevano
utilizzato per proteggersi dal contagio. Da
quel momento, si diffuse l’uso delle vinaigrettes, piccole scatole decorate contenenti una spugna imbevuta del famoso
aceto. Questi piccoli recipienti, realizzati
in oro, argento o porcellana, hanno conosciuto una diffusione simile a quella dei
contenitori da sali per combattere i cattivi
odori10.
Vinaigrettes
10
Può essere tutt’ora annusato, all’Osmothèque di Versailles
27
Pomander, XVI secolo
Pomander in oro impostato con 33 diamanti tagliati. Per i ricchi, il pomanders
ha assunto forme di elaborati pezzi di
gioielleria come questo esempio. I poveri
avevano a che fare con versioni improvvisate, come ad esempio uno spillo di colore arancione con chiodi di garofano.
Oreficeria siciliana della prima metà del XVII secolo,
Pomander in oro e smalti policromi (dep. inv. n. 1775)
28
Pomanders, 1640 circa.
Paesi Bassi.
h 5,5 cm
Pomander d’argento antico, di forma sferica su piede bombato, il pendaglio è diviso
in sei segmenti rilasciati da una parte superiore rotante. L’esterno descrive fitte foglie e fiori, mentre l’interno è inciso con
motivi floreali, ogni segmento è numerato
e ha un coperchio scorrevole( montaggio
successivo).
Pomander in argento, Europa occidentale 1600-50,
donato da Miss Mabel M. Boore.
Victoire and Albert Museum
29
Pomander in oro,
smalti e perle,
Europa centrale 1620-40.
Victoire and Albert Museum.
Pomander smaltato,
XVI secolo.
Collezione Casa Burghly.
Pomanders in oro traforato. Questo design consentiva all’aroma contenuta all’interno
di
evaporare
liberamente
attraverso il fitto traforo. Questi eleganti
ed elaborati pomanders, decorati con
smalti e perle venivano sospesi ad una catena o ad una cintura.
30
Pomander ciondolo.
Hunt Museum. H 3 x 2,5
Ciondolo pomander di forma circolare in
oro e turchesi. Sospeso in cima con gancio
circolare. È incernierato su un lato e
chiusa da una clip in basso. L'interno è in
oro smaltato con motivi floreali in rosso,
verde e blu. Inglese o francese.
Pomander a forma di libro, 17 ° secolo.
Tweedy, Eileen,
Science & society Museum
Questo pomander, in argento, con un
ratto inciso su di un lato, contiene sei
comparti e una catena di sospensione. E
'stato probabilmente portato come protettore contro la peste bubbonica (malattia
trasmessa da ratti a persone tramite pulci).
31
la corruzione del corpo e
il profumo dell’anima
Fin dall’antichità, odori e profumi hanno
rivestito nella società un triplice ruolo:
religioso, terapeutico e sociale. Il profumo
racchiude in sé una vasta simbologia che
plasma l’immaginario corporeo. Il suo impiego accomuna liturgie sacre e riti pagani,
innalza uno spartiacque sociale e contribuisce a dipingere, goccia dopo goccia, lo
scenario dell’identità personale, attraverso i suoi rapporti con gli uomini e gli
dèi11. L’impiego dei profumi è un tema ricorrente nella storia di tutte le civiltà. Esso è
stato adoperato nell’antichità per compiacere gli dèi. La pratica di bruciare le essenze sugli altari ha cambiato la
concezione dell’odore e del profumo. Il
fumo che si leva dagli incensi per raggiungere Dio è divenuto simbolo tangibile della
preghiera, mentre l’atto di inalare quell’odore è partecipazione mistica al sacro
mistero della fede. L’uomo ha cominciato
molto presto a ungere le statue di oli profumati e a cospargerle di essenze. Il diffondersi della fragranza e le spire del fumo
appartengono al simbolismo ascensionale
dell’aquilone, dell’arcobaleno, della scala
di Giacobbe, ossia di tutto ciò che raffigura la tensione dell’anima verso Dio o
che stabilisce la relazione e la distanza tra
gli esseri mortali e le divinità.
11
Munier B., Storia dei profumi. Dagli dèi dell’Olimpo al cyber-profumo. Dedalo
ed., Bari 2006.cit., p.9
32
Alcuni rituali appartenenti a società semplici o differenziati testimoniano un’analoga volontà di convertire i piaceri
dell’olfatto, animali o erotici, in sublimazione religiosa. Raro, costoso, seducente
per il naso umano, il profumo si erge a simbolo dell’alleanza tra l’uomo e la divinità.
La Grecia, rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per qualsiasi studio
sul paradosso olfattivo. Il profumo qui si
rivela innanzitutto sotto forma di sostanze aromatiche le cui esalazioni sono
gradite agli dèi. È stato Prometeo, eroe mitologico nonché fondatore della stirpe
degli uomini, a decretare quale doveva essere il ruolo degli aromi e dei profumi. Uomini e dèi sedettero attorno allo stesso
desco. A Prometeo, il discendente dei Titani
che non aveva sfidato gli dèi del’Olimpo,
spettò il compito di dividere il grosso bue
sacrificale in due parti: una per gli uomini
e una per gli dèi. Prometeo nascose tutta la
carne all’interno dello stomaco dell’animale e lo ricoprì con la pelle, mentre ammucchiò da un’altra parte tutte le ossa, e
le coprì con uno spesso strato di appetitoso grasso. Zeus, invitato a scegliere per
primo, finse di non aver scoperto l’inganno
e indicò le ossa. Per vendicarsi, Zeus tolse
agli uomini il fuoco di cui fino a quel momento avevano fatto libero uso. Prometeo
allora ne nascose alcune braci nella parte
cava di una canna e la donò agli uomini insieme ad alcuni cereali. Il re dell’Olimpo vedendo nuovamente ardere i bracieri sugli
altari, decise di infliggere agli uomini una
punizione esemplare: con la complicità
33
degli altri dèi, creò e inviò sulla terra un
regalo dall’aspetto ingannevole, Pandora,
<<colei che possiede tutti i doni>>; ogni immortale le aveva infatti fatto dono di una
qualche sventura da riservare sui mortali.
Questi episodi sono alla base di tre aspetti
che caratterizzano la natura umana secondo lo schema mitologico: la mortalità,
il lavoro e la sessualità. L’attribuzione
della carne, dei cereali e del fuoco da alimentare presupponeva l’allevamento e
l’agricoltura cui seguivano il consumo
della carne e dei prodotti coltivati con il
duro lavoro. La donna rappresentava
l’unione per la procreazione e così l’umanità, condannata a generare se stessa, ha
perso l’immortalità. Gli uomini hanno sacrificato e cotto sugli altari gli animali
cosparsi di piante aromatiche i cui fumi
odorosi s’innalzavano fino a raggiungere
gi dèi. Le spire profumate che salivano verso
l’Olimpo rappresentavano al contempo il
legame e la distanza tra l’umano e il divino.
Il sacrificio, preludio al consumo della
carne, ricorda costantemente agli uomini
che il loro nutrimento, cioè le carni
morte e marcescibili, è lo specchio dei loro
stessi corpi, condannati alla fame, alla
corruzione, ai miasmi e infine alla morte.
Gli dèi, al contrario, si nutrono di esalazioni profumate che, in quanto tali, sono
incorruttibili e li preservano dalla degradazione cui è soggetta la vita biologica, destinata a invecchiare e perire.12
1
2
Op. cit. p. 18
34
Durante i riti sacrificali, gli dèi respirano
le esalazioni profumate provenienti dalla
distruzione degli animali: il loro sostentamento dunque proviene dalla quintessenza, dall’anima e non dalla loro carne,
che è cibo per gli uomini.13 Il rogo della
carne diventa strumento per scindere il
marcescibile dallo spirituale e i fumi che
salgono verso il cielo in volute leggere diventano testimonianza visibile ma imponderabile dell’essenza incorruttibile.14 Per i
greci antichi, così come per svariati popoli,
il desiderio d’immortalità passava attraverso il buon odore simbolo di purificazione dalla corruzione del corpo. Aromi e
profumi, sia che vengono bruciate e si levino verso gli dèi in forma di volute odorose, sia che vengono adoperate per ungere
le statue o per esaltare l’incontro amoroso, ricoprono un ruolo ontologico e
sociale che richiama la natura e il posto
assegnato agli dèi e agli uomini. Il profumo, simbolo di immortalità, possiede un
potere tale che abusarne comporta il rischio di essere banditi dalla società nonché d’incorrere nell’ira degli dèi15. Le
fragranze, molto apprezzate dai greci che,
non a caso, erano tra i più abili produttori
dell’antichità, sono pericolose in virtù del
loro potere di seduzione: lo stato primitivo è sempre vicino alla divinità e tutta
l’abilità dell’uomo è volta a trovare un
modo di vivere senza dimenticare di essere
solo un uomo.
1
13
14
15
Op. cit. p. 20
Op. cit. p. 28
Op. cit. p. 28
35
Le giovani spose potevano profumarsi solo
il giorno delle nozze, e al fine di non
sviare il matrimonio dalla sua vera finalità, che era appunto la procreazione e non
l’erotismo, era consigliato loro di astenersi dall’usare il profumo in altre occasioni. L‘antica Grecia assegna alle piante
aromatiche una duplice connotazione, positiva e negativa allo stesso tempo. La divinità ha per sua natura un buon odore
perché nutre con i profumi un corpo che
ignora qualsiasi esigenza viscerale. I mortali, invece, possono cospargersi di profumi, ma non sono in grado di impedire
che, durante lo sforzo fisico o il sonno, il
corpo esali il cattivo odore del sudore o
dell’alito; per quanto profumato possa essere, non può sottrarsi al suo destino mortale. Miti e riti palesano la sacralità del
potere dei profumi attraverso un’attenta
regolamentazione del loro impiego, a metà
strada tra misticità ed erotismo. Il fetore
associato alla corruzione fisica e morale
ostacola la fecondità, ma d’altro canto
l’abuso dei profumi conduce alla bestialità.Il profumo è sostanza sacra e pertanto
non può essere introdotta nella vita dei
mortali senza correre rischi o, quantomeno, senza ricorrere a rituali codificati e
complessi16.
16
Op. cit. p. 35
36
laboratorio
dei metalli preziosi
collegio universitario
arces Corso telamp
L’esperienza artigianale si è svolta nell’anno 2007/2008 presso il Collegio Universitario
Arces,
che
nasce
come
organizzazione no-profit e che svolge attività intese a favorire iniziative per la formazione integrale della gioventù e per la
partecipazione di strati sociali sempre più
ampi all’istruzione superiore e alla qualificazione professionale. In particolare, il
corso denominato Telamp, ovvero Tecnico
nella Lavorazione dei Metalli Preziosi, mirava alla rivalutazione di quei mestieri tradizionali molto fiorenti, quali quello
dell'orafo e dell'argentiere, fornendo il
Know-how tecnologico necessario per migliorare le strategie della produzione e
della commercializzazione, e le competenze
per lavorare sia con sistemi tradizionali,
tipicamente artigianali, sia con metodi innovativi come l’uso delle tecnologie informatiche CAD. Il corso, della durata di
900 ore, iniziato il 3 giugno 2007 e conclusosi il 20 dicembre 2008, è stato condotto
da docenti professionisti, e si è sviluppato
37
per 700 ore di attività d’aula e 200 ore di
stage. Lo stage da me effettuato è stato
svolto presso il laborat-orio orafo di
piero maniscalco. Il corso è stato strutturato in diversi moduli e prevedeva sia lo
svolgimento di lezioni frontali, come disegno tecnico, disegno a mano libera, progettazione e storia dell’oreficeria e
dell’argenteria, e attività di laboratorio
sia informatico, tecniche CAD e prototipazione, sia artigianali come oreficeria, incastonatura, argenteria, sbalzo e cesello.
Durante quest’ultimi laboratori sono state
effettuate dell’ esercitazioni che miravano
all’apprendimento delle tecniche base
della lavorazione dei metalli preziosi, oro
e argento, e all’utilizzo degli strumenti
propri di queste diverse attività artigianali.
Nel corso dei laboratori di oreficeria e argenteria sono state spiegate e mostrate le
varie fasi e tecniche per la lavorazione dell’oro e dell’argento, dalla fusione della
materia dallo stato solido allo stato liquido alla laminatura, trafilatura, traforo, saldatura, sino alla pulitura e
lucidatura.
Adesso brevemente esporrò le principali
fasi di lavorazione dell’oro e dell’ argento
sopra elencate:
La laminatura: dopo avere ottenuto dalla
fusione la verga di metallo, inserendola
nel laminatoio, una macchina formata da
due cilindri rotanti in senso contrario, se
ne riduce lo spessore con successivi passaggi fino a raggiungere la lastra dello
spessore desiderato.
38
La trafilatura: ottenuta la verga dalla fusione, viene passata
entro il laminatoio
scanalato e con successivi passaggi si ottiene un filo di sezione
ottagonale. Una volta
ottenuta la dimensione desiderata si procede alla trafilatura
vera e propria, si usa
quindi la trafila costituita da una sbarra
di acciaio con una
spilla in ottone.
serie di fori di diamesopra lastra traforata.
sotto sbalzata e rifinita con lime.
tro decrescente.
Il traforo: tale tecnica è in genere utilizzata per la creazione di motivi decorativi
su lastre di argento ed oro. I due procedimenti maggiormente usati sono quelli del
traforo a giorno e del traforo incamiciato. Nel primo si crea un vuoto passante,
e l’effetto ottenuto è simile al merletto.
Mentre nel traforo incamiciato è applicata
a pressione una lastra di metallo liscia nel
vuoto creato dal traforo a giorno.
La saldatura: è l’unione di due parti metalliche ottenuta per riscaldamento fino a
fusione di una lega interposta foggiata in
lamina o in filo.
La pulitura e la lucidatura: Per pulitura si
intendono quelle fasi di rifinitura del manufatto che avvengono esclusivamente attraverso l’uso di paste abrasive applicate
con delle spazzole, di diverso tipo. Si distinguono essenzialmente due fasi: una
39
prima fase di “ripulitura generale” dell’oggetto, terminato dall’orafo e non ancora
incassato, che comprende anche la pulizia
dei piccoli trafori, interstizi vari e dell’interno dei castoni.La seconda fase, terminata l’incassatura dell’oggetto, consiste
nello sgrassare e lucidare il gioiello, attraverso l’uso degli stessi presidi ma cambiando il tipo di spazzole, che devono
essere più morbide e le paste meno abrasive e
comunque adatte al tipo di pietre già incassate. L’obiettivo è quello di fare acquisire al gioiello la giusta brillantezza per
esaltare le rifiniture e i volumi.
Ciondolo ape in argento
in fase di lavorazione.
Ciondolo ape rifinito con lime
e lucidato.
40
preparaziopne di una lastra in ottone
per la realizzazione di un bracciale
cesellato e sbalzato.
bracciale in ottone
cesellato e sbalzato.
Nel corso di laboratorio di cesello e
sbalzo sono state svolte delle esercitazioni
col fine di apprendere queste due antiche
tecniche di decorazione del metallo.
Sbalzo e cesellatura sono infatti due tecniche che normalmente in oreficeria e argenteria compaiono abbinate. Lo sbalzo
viene praticato sul rovescio della lastra
precedentemente disegnata, mentre la cesellatura si pratica sul diritto. Lo sbalzo
consiste nella modellazione con il cesello
- barretta in acciaio dalla punta smussata
e arrotondata appositamente forgiata dall’artigiano - e una mazzetta (particolare
martello con il manico lungo e sottile) di
una lastra in metallo, posta su un piano di
lavoro, in genere una semisfera sulla quale
viene applicato uno strato di pece mantenuta calda per rendere più duttile il supporto. Il cesellatore, battendo sul retro
della lastra con ceselli di diversa grandezza crea un bassorilievo, oppure rifinisce
oggetti d’arte precedentemente fusi. La
tecnica della cesellatura viene in genere
41
usata per rifinire il lavoro di
sbalzo.
Infine il laboratorio di incastonatura durante il quale
le
esercitazioni
svolte,
hanno permesso di apprendere tale tecnica. Si definisce
incastonatura la sistema- preparazione di una
piastrina di rame per
zione di gemme nei castoni, l’incastonatura di
zirconi
incassatura quella in cavità a
forma di cassa, ad esempio per
le baguette. L’incastratura è
invece utilizzata quando si
adoperano le griffe. L’incassatura a notte è stata utilizzata in gioielleria fino agli
inizi del Novecento, attualmente viene utilizzata solo
l’incassatura
a
giorno. ciodolo in rame zirconi
incastonati
Quella a notte è ancora
usata in bigiotteria. Si richiede che la capacità professionale venga dall’uso degli
strumenti tradizionali quali bulini, bulini
piatti e mezzi tondi, perlinatore o milligrana, fusi e mastice, pietra tipo Arkansas
(per l’affilatura dei bulini) e utilizzo della
mola (per la preparazione dei bulini), granitore o impallinatore, carte smeriglio e
carte lucide, cerino prendipietra, quadrato di plastilina, lime di varia forma e
grana, martelletto e ferro battitore, non
escludendo comunque altri strumenti e
pratiche di applicazione della propria manualità.
42
Fusione a cera persa
Il procedimento che permette di ottenere
oggetti in metallo per mezzo della tecnica
di microfusione detto “a cera persa” è di
origini antichissime, conosciuto fin dal
4.000 a.C.
I resti ritrovati in Mesopotamia, Egitto e
Grecia testimoniano la conoscenza della
tecnica fusoria a stampo.
In Cina questa tecnica era già conosciuta
all’epoca della dinastia Shang e in Europa
ebbe un rapido sviluppo nell’età del bronzo
specialmente presso i Celti (XII e X sec. a.C.).
Sono ottenuti per fusione a cera persa
molti oggetti ritrovati in altri luoghi e risalenti ad epoche più recenti (V - IV sec.
a.C.). Il procedimento fu applicato con
grande abilità tecnica e artistica anche
presso le civiltà che in epoca precolombiana abitavano l’attuale Messico (Mexica e
Mixteca), l’America centrale (Maya) e il Perù
(Nazca). Nei tempi moderni la microfusione
ricevette nuovo e decisivo impulso a partire dal 1907, quando un dentista pensò di
applicarla per la produzione di protesi
odontotecniche. Da allora il procedimento è stato costantemente perfezionato,
fino a raggiungere un altissimo livello
tecnologico, ed è oggi uno dei metodi più
usati nella produzione di oreficeria e gioielleria, per le possibilità di realizzare oggetti di alta qualità e con tempi di
produzione molto ridotti.
43
L'impiego della microfusione (e quindi
anche della lavorazione delle cere) amplia
le possibilità creative e tecniche.
Procedimento di fusione a cera persa
Il concetto è quello di realizzare uno
stampo in negativo degli oggetti realizzati
in cera, nel quale versare il metallo fuso ed
ottenere così una o più repliche del modello originario.
La prima fase consiste nel preparare un modello (il prototipo) dell'oggetto che si desidera replicare. Il prototipo può essere
realizzato in metallo oppure in cera, ma
possono essere utilizzati anche altri materiali, come resine, plastilina, materiali organici.....
Dal prototipo in metallo si realizza un
calco (o matrice) in gomma vulcanizzata
che servirà per riprodurre -praticamente
all'infinito- copie in cera del modello iniziale. Le cere così ottenute sono sistemate
in un contenitore di acciaio di forma cilindrica e poi inglobate in un materiale refrattario,
chiamato
rivestimento
(composto da cristobalite, comunemente
ed erroneamente chiamata "gesso"), in
grado di solidificare e di resistere alle alte
temperature.
Tramite riscaldamento in forno, e secondo una precisa ed abbastanza lunga
curva di riscaldamento e cottura, la cera
viene completamente eliminata, ed il materiale di rivestimento indurisce (cuoce) e
raggiunge la temperatura necessaria a ricevere poi il getto di metallo fuso.
44
Si ottiene allo stesso tempo, all’interno
del cilindro di rivestimento, una cavità
corrispondente al negativo dell’oggetto
in cera.
Il processo completo prevede distinte fasi
di lavorazione:
1. Realizzazione del modello in cera; Oppure realizzazione del modello in metallo
(o fusione del modello in cera per ottenere
il prototipo in metallo). La scelta dipende
dalla tipologia del modello stesso e dalle
preferenze/attitudini personali del modellista. Il modello può essere composto da
parti diverse da assemblare nella fase finale
(metalli di colore diverso oppure necessità
di trattamenti diversi, oppure ancora complessità di realizzazione di uno stampo
unico).
2. Realizzazione del calco di gomma vulcanizzata o silicone;
3.
Riproduzione delle copie in cera mediante iniezione di cera fusa nel calco;
4. Costruzione dell'albero in cera;
5. Realizzazione dei cilindri in materiale
refrattario;
6.
Cottura dei cilindri ed eliminazione
delle cere;
7. Getto del metallo fuso nei cilindri.
8. Finitura dei pezzi fusi.
45
simulazione della fusione
a cera persa
prototipo in cernit utilizzato come matrice
stampo in negativo del prototipo
copia in resina del prototipo
46
BIBLIOGRAFIA
Abbate V., Di Natale M.C., Il tesoro nascosto.
Gioie e argenti della Madonna di trapani, Novecento ed., Palermo 1991.
Bellucci G., Amueti Italiani Antichi e Contemporanei, Il Vespro ed., Palermo 1980.
Di Natale M.c., Gioielli di Sicilia, Flaccovio ed.,
Palermo 2000.
Fulco di Verdura gioielli, a cura di D. Alessi,
Novecento ed., Palermo 1999.
Gioielli in Italia. Sacro e profano dall’antichità ai giorni nostri, a cura di L. Lenti e D. Liscia Benporad, Marsilio ed., Venezia 2001.
Munier B., Storia dei profumi. Dagli dèi dell’Olimpo al cyber-profumo. Dedalo ed., Bari
2006.
Omaggio M.R., Il Linguaggio dei Gioielli. Il significato nascosto e ritrovato dell’eterna
arte dell’ornamento dalla A alla Z. Zelig ed.
Milano 2001.
Phillips C., Gioielli. Breve storia dall’antichità
ad oggi. Rizzoli ed., Ginevra-Milano 2003.
Villiers E., Amuleti e Talismani, Hoepli ed., Milano 1957.
Brochure della mostra, Pulcherrima Res. Preziosi ornamenti dal passato.
47
Progetto
Evoluzioni di un gioiello
Il presente progetto nasce da alcune considerazioni e sperimentazioni sui gioielli
del desiner palermitano Fulco di Verdura
(1898-1978),
dopo una prima fase di studio e riproduzione grafica dei gioielli originali, sono
stati realizzati dei prototipi in argilla polimerica (una pasta per modellare), rifiniti
con smalti policromi, a simulare sia il colore che l’aspetto di materiali preziosi
come l’oro bianco e giallo, perle e pietre
dure, come zaffiri, rubini, tormaline rosa,
topazi gialli, turchesi e brillanti.
In un secondo tempo si è realizzato una
serie di tavole progettuali in cui vi è una
sequenza di evoluzioni del prototipo del
gioiello prescelto tra le creazioni di
Fulco. Partendo da un elemento, ripetuto
a moduli, assemblato in diversi modi o addirittura deformato, grazie all’ausilio di
diversi software di grafica, si è ottenuto
una serie d’elementi decorativi applicabili
su diversi accessori di moda, quali borse,
cinte, scarpe, occhiali o in veri e propri
gioielli come spille, orecchini, anelli e collane. con la collaborazione di elisa bellino, assistente del prof. sergio pausig, si è
inoltre rappresentato uno di questi prototipi con un software di modellazione 3D.
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