fulco di verdura
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fulco di verdura
ministero dell’istruzione e della ricerca alta formazione artistica e musicale ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALERMO FULCO DI VERDURA IL DESIGNER DELLE DIVE diploma accademico di primo livello in progettista di moda tesi di: Sabrina Cusimano relatore: prof. Sergio Pausig correlatore: Prof. Guido Santoro a.a. 2007-2008 SABRINA CUSIMANO fulco di verdura il designer delle dive INDICE introduzione... p. 4 1. fulco di verdura... p. 6 2. l’oggetto del desiderio... p. 16 3. il pomander... p. 22 4. la corruzione della carne e il profumo dell’anima... p. 33 5. laboratorio dei metalli preziosi: collegio universitario arces Corso telamp... p. 38 6. Fusione a cera persa... p. 45 7. Progettazione: evoluzione... p. 47 di un gioiello BIBLIOGRAFIA... P.48 3 Introduzione QUESTO ELABORATO RACCOGLIE L’ESPERIENZA DI UN PERCORSO SPERIMENTALE, SVOLTO ALL’INTERNO DEL CORSO DI DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN PROGETTISTA DI MODA, DELL’ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALERMO. TALE PERCORSO NEL CAMPO DEL DESIGN DEL GIOIELLO E DELL’ACCESSORIO DI MODA, HA CONSENTITO DI PROGETTARE PROTOTIPI E DI AFFINARE LE CONOSCENZE NEL CAMPO DEL CREATIVE DESIGN, APPRESE DURANTE I TRE ANNI DEL CORSO DI DESIGN DEL GIOIELLO E DELL’ACCESSORIO DI MODA. LA PRIMA FASE DEL LAVORO E’ STATA INDIRIZZATA VERSO LO STUDIO E L’APPROFONDIMENTO DELLO STILE E DELLA STORIA DEL GIOIELLIERE FULCO DI VERDURA. NELLA SECONDA FASE DEL LAVORO SONO STATI REALIZZATI DEI PROTOTIPI IN ARGILLA POLIMERICA DI ALCUNI DEI SUOI GIOIELLI E SEMPRE ISPIRATE A QUEST’ULTIMI SONO STATE SVILUPPATE UNA SERIE DI TAVOLE PROGETTUALI CHE MOSTRANO DEI PROTOTIPI DI ORNAMENTI PREZIOSI APPLICATI SU POCHETTE DA SERA, CINTE, SCARPE ED OCCHIALI. PER AMPLIARE IL CAMPO DELLA PROGETTAZIONE SI È CONSIDERATO 4 DI RAPPRESENTARE QUESTI STESSI PROTOTIPI CON UN SOFTWARE DI MODELLAZIONE 3D E PERMETTERE COSÌ ANCHE UNA EVENTUALE PRODUZIONE IN SERIE DEI GIOIELLI PROGETTATI. SI è, INOLTRE, APPROFONDITO LO STUDIO SUL SIGNIFICATO SIMBOLICO E SOCIALE DEL GIOIELLO, ANALIZZANDO NELLO SPECIFICO LA STORIA E LA SIMBOLOGIA DEL CIONDOLO POMANDER. LA PROFIQUA FREQUENTAZIONE DI UN CORSO DI ARGENTERIA E OREFICERIA PRESSO IL COLLEGIO UNIVERSITARIO ARCES HA COMPLETATO LE CONOSCENZE SULLA LAVORAZIONE DEI METALLI PREZIOSI. DURANTE LO SVOLGIMENTO DELLE LEZIONI DI LABORATORIO DI ARGENTERIA, OREFICERIA, INCASTONATURA, SBALZO E CESELLO SONO STATE EFFETTUATE DELLE ESERCITAZIONI CHE MIRAVANO ALL’APPRENDIMENTO DELLE TECNICHE BASE PER LA LAVORAZIONE DEI METALLI PREZIOSI E ALL’UTILIZZO DEGLI OPPORTUNI STRUMENTI PROPRI DEI MESTIERI DI ORAFO E ARGENTIERE. 5 FULCO DI VERDURA Fulco di Verduca ritratto da Horst, New York 1940 Artista di un incredibile cultura, conquistò fama e ricchezza usando le sue mani come un abilissimo artigiano latino. Al ruolo di “Duca” Fulco, ha preferito quello di artigiano; si autodefiniva “un artigiano della gioielleria”. Negli Stati Uniti fin dal 1935, non prese mai la cittadinanza americana. La Sicilia, il suo mare, “la sua gente” , i suoi ricordi d’infanzia, cotituirono sempre il vero mondo di Fulco. “A cosa ti ispiri?” “a tutto!”; persino un soffitto a cassettoni guardato distrattamente durante una conferenza noiosa serviva a Fulco per creare un gioiello in oro e pietre preziose. 6 Fulco diede alle sue creazioni tutta l’atmosfera che avvolgeva gli oziosi pomeriggi, circondato da tante meraviglie della natura. Ed ecco che una cascata di iridescenti brillanti illuminano ali di farfalle svolazzanti che si posano soavemente su rose infuocate da rossi rubini rossi del Siam, deliziosi topolini dal corpicino imbiancato da candide opali sfuggono alla vista di tenere bestioline dal pelo dorato. Cammelli stilizzati portavano carichi di gioielli su una gobba fatta di perle barocche, pantere ornate e coronate con un ricco collare perdono l'aria minacciosa alla vista di una palla di perla. Con un tocco di ironia Fulco trasformò gli animali del suo fantasmagorico serraglio in affascinanti oggetti ornamentali. Girando per i saloni affrescati di Villa Niscemi, una volta, l'attenzione del giovane Fulco fu attirata da un libro impreziosito da una elegante rilegatura in marocchino disegni e gioielli di Fulco ispirati al mondo fantastico 7 verde: splendide illustrazioni di dipinti e sculture fecero nascere in lui l'amore per l'Arte e, "spinto dal desiderio di emulazione" disegnò su qualunque pezzo di carta gli passasse tra le mani castelli incantati abitati da strani personaggi e superbe regine. Disegni che prendevano spunto dal rinascimento raffiguravano cornucopie ricolme di perle, serpenti che serravano pietre incastonate su calici dorati, tritoni che lanciavano frecce tridenti, delfini che trainavano carri sostenuti da sensuali sirene. E poi ancora mori che caratterizzavano le tele del Veronese, dalla pelle così scura da un contrasto con il loro petto di perla barocca, con pennacchi usciti dai loro chilometrici turbanti ed il collo serrato da cravatte smaltate, seduti su cavalli militari o abbracciati come gemelli siamesi, in una esplosione di colori e di materiali preziosi. Spilla in avorio, pietre dure, diamanti, perle 8 Fulco di Santostefano della Cerda duca di Verdura a Villa Niscemi, nasce a Palermo il 20 Marzo 1899, da Carolina Valguarnera di Niscemi e Giulio Santostefano della Cerda, cugini di secondo grado, entrambi di discendenza spagnola. Trascorre la sua infanzia nelle dimore familiari di Villa Niscemi, di Palazzo Niscemi in via Montevergine, della villa estiva di Bagheria. La vita di Fulco trascorre spensierata in compagnia della sorella, di qualche anno maggiore, Maria Felice, a Villa Niscemi, l’unica casa che egli ha veramente amato, e nel suo Eden, il Parco della Favorita. L’educazione di Fulco è affidata anche all’istruttrice inglese, Miss Aileen Brennen, con la quale si addentra nel magico mondo delle Nursery rhymes, di “Alice nel paese delle meraviglie”, di “Peter Rabbit”. La vita quotidiana a Villa Niscemi è diretta dalla figura di Grandmamà, Maria Favara, nonna materna di Fulco, con la quale Fulco condividerà la grande passione per la musica lirica. Compagni di gioco di Fulco e Maria Felice sono Musetta e Dick, i cagnolini di Villa Niscemi. Dopo un ballo in costume a Palazzo Verdura, il 13 aprile 1925 Fulco lascia Palermo per stabilirsi a Venezia, Londra, Parigi. I ricevimenti mondani segnarono i momenti decisivi della vita dell'artista: ad un ballo dato da Cole Porter nei fastosi saloni della sua residenza veneziana di Ca' Rezzonico, avvenne l'incontro con la donna che diede la svolta al suo destino, l'affascinante Coco Chanel, che, percependo il suo talento creativo, gli affidò la realizzazione di nuovi gioielli ricavati da bellissime 9 pietre preziose. la creazione che segnò l'inizio della collaborazione tra i due artisti fu il famoso bracciale di smalto ottenuto con una nuova tecnica che consisteva nel depositare su una base dorata strati sottili di smalto bianco decorando la sua superficie levigata con una Croce di Malta tempestata di pietre colorate che evocavano la policromia delle vetrate gotiche. Coco difficilmente riuscì a staccarsi dai suoi bracciali che adornavano i suoi polsi e con i quali fu ritratta dai più grandi fotografi del tempo. I viaggi fatti con Coco gli fecero scoprire incantevoli angoli di paradiso come la Schatzkammer di Monaco, ricolma di gioielli rinascimentali che gli ispirarono motivi decorativi da applicare ai suoi gioielli, dal motivo a nodi di Leonardo Da Vinci a quello a cestino di Giulio Romano, maestro orafo alla corte Gonzaga. Coppia di bracciali in smalto bianco. decorati cona la Croce di Malta, disegnati per Coco Chanel. 10 Fulco fu il primo a trasformare motivi classici come corde, monete e funi, riproponendoli in modo da metterne in risalto più la finezza della lavorazione che l'importanza delle pietre. Nel 1929 Fulco di Verdura organizza a Palermo un “Ballo 1799” dedicato a Lady Hamilton e Lord Nelson che erano stati nel passato ospiti a Palazzo Verdura. Partecipando al ballo numerosi ospiti arrivati da Parigi, Londra e New York. Tra i quali Cole Porter, Elsa Maxwell, Carlos de Beistegui. In quell’occasione Lady Blunt fa eseguire i ritratti fotografici di ciascun ospite. Le note dei musical di Cole Porter caratterizzarono gli inizi della carriera di Fulco, proiettando il suo nome in quegli ambienti diventati mète internazionali del lusso come Venezia, Parigi e Cape d'Antibes. Il grande compositore americano diede fiducia alla verve creativa del giovane aristocratico siciliano facendogli realizzare una serie di portasigarette per siglare i successi di ogni prima dei suoi musical. Portasigarette in oro con motivo cochiglia. 1938 11 Lasciatosi alle spalle i successi francesi e spinto dalla voglia di novità, Fulco insieme al suo grande amico Nicholas de Gunzburg arriva nel 1934 in America dove inizia a lavorare per Paul Flato, e quando questo apre una filiale a Los Angeles, a Sunset Boulevard, è proprio Fulco a dirigerla. Tutte le star del silver screan, da Gloria Swanson a Greta Garbo, non ebbero esitazioni ad aumentare il loro fascino con le creazioni di Fulco, adornando i loro abiti con braccialetti, enormi quantità di fili di perle e lunghissimi pendenti. A Hollywood, dove si trasferisce per due anni, disegna i gioielli di scena per Katherine Hepburn in Philadelphia Story e per molti attori e attrici come Susan Howard, Greta Garbo, Gary Cooper, Joan Crawford e Irene Selznick. 12 Polsini in oro e smalto “Nigth and Day”, ispirati al celebre musical, per Cole Porter. Bracciale in oro per Greta Garbo Bracciale a doppi cerchi in oro, fermaglio in diamanti.1945 Fulco crea una rottura con il classicismo di vecchi canoni estetici ormai privi di vitalità, scatenando la meraviglia di coloro che posavano per la prima volta il loro sguardo sulle sue creazioni. Per Wally Simpson, duchessa di Windsor, Fulco raccolse variopinte conchiglie sulle solari spiagge di Mondello e di Fire Island, ricoprendole di brillanti e smeraldi, o intessendole con spirali d'oro, trasformandole in broche e orecchini mai visti prima d'allora. 13 Una conchiglia a zampa di leone, montata in oro giallo e ricoperta da zaffiri cabochon fece la felicità della più affascinante delle sue clienti, Mona Bismark Williams, celebre per la bellezza dei suoi grandi occhi azzurri. Durante gli anni Cinquanta lei e le altre raffinate donne americane indossarono il "turbante Verdura" composto da una conchiglia naturale inchiodata da peridoti e turchesi. Una spumeggiante onda dorata, realizzata da un incisore di Hokosai, ispira a Fulco il disegno di una splendida broche che segnò l'apice della sua ispirazione marina. Un carpio d'oro si insinuava tra sentieri di rami di corallo, pesci tropicali nuotavano in coppia, delfini, tratti dalla sua passione per il rinascimento, si tuffavano nel mare con la coda all'insù. Verdura fu instancabile nella ricerca di materiali naturali. Un semplice sassolino poteva essere ricoperto di pietre preziose e montato in oro. 14 Significativo è l'incontro con il grande Salvador Dalì, che Sceglie Fulco per la creazione di fantasmagorici gioielli dipinti. La fama di Fulco non diminuisce dopo il suo ritiro dall'attività creativa, che affida al suo socio di sempre Joseph Alfano. trasferendosi definitivamente a Londra e circondandosi dei suoi libri, dei lussuosi objects de luxe e dei nostalgici ricordi della sua infanzia dorata che scrisse nel libro “Estati felici”. Nel 1984 Ward Landrigan acquista l'archivio di bozzetti, disegni e prototipi da Joseph Alfano dopo la morte di Fulco, e inaugura al 745 della Fifth Avenue a New York. Fulco Muore a Londra, dove si era ritirato per dedicarsi alla pittura, nel 1978, e viene sepolto nella cappella di famiglia del cimitero di Sant' Orsola a Palermo. 15 l’oggetto del desiderio Da sempre l’uomo ha amato adornarsi di bellissimi oggetti, che spesso hanno assunto valore simbolico o sono divenuti strumenti per esibire un potere economico o politico. Dalla quantità e dal loro splendore si desumeva il grado della potenza di quanti li possedevano. Per la sua natura, il gioiello è espressione e segnalazione di valore, sia per la preziosità dei materiali utilizzati che per il valore aggiunto della componente artistica. Oggetto con una propria storia e presenza, che da sempre accompagna e significa il corpo ponendolo in relazione con il cosmo. Ne troviamo tracce già nell’arte parietale e mobiliare della preistoria, sui corpi delle Veneri e più oltre nei dipinti. I gioielli, infatti, appartengono alla divinità prima che all’uomo per poi diventare il tesoro della comunità ed entrare a far parte del mondo della regalità e del guerriero. Simboli religiosi, esaltano la virilità, il potere e connotano lo status sociale, l’identità e l’appartenenza a una stirpe o a un clan. Sono quindi oggetti identitari e performativi, oggetti che “fanno essere”, dotati di potere e di “magia” , strutturando gerarchie, e sono espressione di un linguaggio ineffabile tra l’uomo e la natura1. 1 Eleonora Fiorani, Abitare il corpo: La moda, Milano, Lupetti, 2004, p. 213 16 Oggetto intramontabile, che possiede un valore che va al di là del suo valore d’uso, e si arricchisce con il passare del tempo e l’accumularsi della memoria, di cui è custode. Per il gioiello non vale la dinamica tra moda e fuori-moda, ma domina la lunga durata, la permanenza delle forme nella ripetizione e nella reinterpretazione, che non le fa mai scomparire del tutto. Oggetto duro e duraturo ancora oggi ha tratto le sue prime espressioni dalla materia più compatta, consistente e inalterabile conosciuta in natura. La pietra, l’osso, il dente, la conchiglia, ogni forma concreta e particolare che privilegiasse un significato dovette essere d’emblée gioiello per l’uomo primitivo. Diventa il modo di indossare e comunicare i propri valori, credenze, gusti, di ritrovare l’infanzia. Rappresenta ciò che sogniamo di essere, ciò in cui crediamo, la messa in scena di noi stessi. Come vettore di messaggi verso gli altri i gioielli mediano significati di distinzioni, d’integrazione, di supremazia e per questo si sono avvalsi variamente ora di forme riproducenti la realtà, floreali, animali, geometriche, ora di forme astratte, fantastiche, simboliche o magiche, acquisendo via via i caratteri dell’espressione artistica, del documento storico, del veicolo culturale, dell’indicatore di costume, ma più che altro forse esprimendo quei sentimenti più lievi di vacuità, fatuità e vanità che pure sono insiti 17 nell’essere umano e lo contraddistinguono dalle forme di vita inferiore2. Se sovrapponiamo una mappa dei gioielli a uno schema corporeo sia esso femminile o maschile, si configura una sorta di geografia delle sue zone sensibili. Pur potendo investire ogni parte del corpo, i gioielli di norma si collocano in prossimità degli organi ricettivi: il collo, le mani, le orecchie, il naso e l’ombelico. Sottolineano fisicamente il corpo e lo recintano semanticamente. E fanno riferimento alle parti del corpo caratterizzate da maggiore visibilità e mobilità: quelle più esposte allo sguardo come il viso e le mani, e quelle maggiormente mobili come le braccia, le caviglie e il collo. Infiniti significati gli si possono attribuire a seconda del tempo, del luogo, delle circostanze, del contesto in cui è esibito. Nel gioiello il materiale ha un’importanza determinante ai fini espressivi dell’oggetto, ne è la pelle, l’artefice del proprio contatto tra noi e l’oggetto, e racconta di stili, tecnologie, valori. La scelta di un materiale piuttosto che un altro contribuisce a caricare il gioiello di significati differenti3. La consuetudine a usarlo può evidenziare talune proprietà del gioiello come quella di simbolo, o di amuleto, strumento valido per tutti contro le forme malefiche di natura spirituale, o di presidio taumaturgico, ausilio contro i mali fisici. 2 3 Maria Concetta Di Natale,Gioielli di Sicilia, Palermo, Flaccovio, 2000, p. 7 E. Fiorani, Abitare il corpo: La moda. cit., p. 217 18 Il metallo nobile che lo supporta conferisce pari valore a chi lo porta e le gemme preservano dal male, inducono al bene e trasmettono potere. Dapprima i gioielli furono quasi esclusivamente in oro, in seguito s’impiegarono anche l’argento e il rame. L’oro simboleggia la regalità, il più alto potere sull’ordine fisico e sociale del mondo, la massima autorità su uomini e cose, la fecondità, l’abbondanza, la pienezza aurea, saturnina, la completezza spirituale e materiale. Segno di sovranità, di potere, di dovizia, di aristocrazia morale, di distinzione sociale, sin dai tempi antichi è il metallo naturale pregiato più consono a rappresentare il gioiello, facilmente modellabile e pertanto idoneo alla fantasia creativa dell’artefice e all’inesauribile capriccio dell’uomo, capace di identificarsi con lo splendore di un Dio. Gioielli lavorati o grezzi non importa, è la materia in sé che ha qui valore e significato. Ogni intervento umano nel renderlo più apprezzabile ha avuto come scopo per i metalli quello di aumentare la levigatezza, la superficie riflettente, la lucentezza, e, per le pietre preziose, di perfezionare il taglio, di curarne l’accostamento dei colori e delle tonalità, di accentuarne la luminosità. La scelta del metallo è preferenzialmente ricaduta sull’oro, che nell’immaginario delle genti, per le sue doti di solare incorruttibilità, ha sempre avuto un posto di privilegio nella composizione del gioiello, sia da solo nelle più svariate forme, sia come 19 supporto in gioielli polimaterici4. Nonostante l’oro fosse considerato leader tra i metalli preziosi, a questo veniva tuttavia talora preferito l’argento, cui non mancavano le caratteristiche fisiche, estetiche o di duttilità, che ne consentissero la più svariata manipolazione, né le doti sovrastrutturali, magiche, simboliche, religiose, apotropaiche, che ne facevano una materia “nobile” simile all’oro. Nell’immaginario popolare peraltro sembra avere la capacità di allontanare le forze malefiche. Come l’oro è segno regale di autorità e sfarzo, l’argento è invece segno di benessere dei ceti medi. Il gioiello, carico di una forte valenza simbolica, oggi ritorna in primo piano e torna a investire anche il corpo maschile. Rompe le tassonomie tradizionali trasformandosi in vestito, scarpa, cintura, borsa, parte integrante, oltre che della moda, del paesaggio e degli stili della vita urbana. E ne ha seguite le vicende, diventando, insieme agli altri accessori, il perno fondamentale di un’estetica della vita proprio perché parte dell’inessenziale, del superfluo. La modernità li trasforma in ornamenti e in oggetti di seduzione, parte integrante del sistema della moda. L’uso dei gioielli, strettamente collegato a concetti di gratificante godimento e intenso piacere, trova per altro riscontro nell’idea di bellezza. Qualunque sia la motivazione che spinga all’uso, è comunque innegabile che il gioiello si configuri principalmente come efficace strumento dell’apparire. M.C. Di Natale,Gioielli di Sicilia. cit., p. 9 20 pomander In età classica, la borghesia e l’aristocrazia francesi praticavano una toeletta a secco che comportava anche un ampio ricorso ai profumi. L’acqua era stata eliminata dalle abitudini igieniche dopo la chiusura delle saune nel XVI secolo, su accorato consiglio di Ambroise Paré e di altri umanisti. L’acqua era stata messa al bando già nel 1348 con la Peste Nera la cui propagazione era stata imputata proprio ai bagni caldi, responsabili, secondo i medici del tempo, di indebolire l’organismo e di aprire i pori, facilitando la penetrazione dei veleni. Nessuno aveva tuttavia sospettato che la condivisione dell’acqua potesse essere un fattore di contaminazione. All’epoca, le terme erano luoghi deputati al piacere più che all’igiene personale, tant’è che il concilio di Trento ne aveva disposto la chiusura in nome di una rinnovata moralità5. Con il passare del tempo, le abitudini igieniche hanno continuato a confidare nelle virtù purificanti del profumo, ma hanno progressivamente eliminato l’uso dell’acqua. La minaccia costante delle malattie, l’idea confusa del <<miasma>> pronto a penetrare nell’organismo, hanno condotto a ipotizzare che l’involucro corporeo fosse pericolosamente poroso. 5 Munier B., Storia dei profumi. Dagli dèi dell’Olimpo al cyber-profumo. Dedalo ed., Bari 2006. Cit. p. 101 21 La minaccia costante delle malattie, l’idea confusa del <<miasma>> pronto a penetrare nell’organismo, hanno condotto a ipotizzare che l’involucro corporeo fosse pericolosamente poroso. A titolo di precauzione, pertanto, veniva consigliato di adottare alcuni semplici accorgimenti dettati dal buon senso: evitare l’acqua, perché capace di penetrare nel corpo, e indossare indumenti con tessuti a trama fitta6. In tempo di epidemie, la quarantena è diventata di fondamentale importanza tanto quanto la necessità di evitare i miasmi venefici. A queste misure si accompagnavano spesso le inalazioni di profumi, considerati terapeutici perché in grado di penetrare il corpo e di purificarlo. Il XVII secolo, attento all’eleganza e alla cura dell’aspetto, non si lavava, ma si <<cosmetizzava>>. Al mattino, rinfrescava mani e viso, ma ignorava il resto del corpo. Per rimediare alle secrezioni del corpo si usavano le spugnature o tutt’al più le frizioni con un panno bianco, seguite dalla purificazione tramite applicazione di unguenti aromatici7. Il profumo, dunque, purificava il sudore e la traspirazione, ostruendo al contempo i pori dilatati. La pelle, essendo porosa, veniva penetrata dal profumo che ne garantiva la depurazione interna attraverso l’eliminazione dei miasmi o della corruzione organica. 6 7 Op. cit., p. 102 Op. cit., p.103 22 All’epoca, così come nei periodi seguenti, una poltiglia infetta ricopriva le strade parigine, ammassandosi lungo i marciapiedi. Il fetore era talmente nauseabondo che qualsiasi profumo apportava necessariamente una piacevole ventata di aria fresca. In questa prospettiva, il buon odore non soddisfaceva semplicemente un piacere, ma contribuiva ad alimentare l’illusione di vera igiene. I signori che si avventuravano per le strade della città erano soliti tenere davanti al naso un fazzoletto imbevuto di essenza; quelli più abbienti stringevano un pomme, un pomo, di profumo o di ambra. Questi pomi odorosi erano piccoli recipienti sferici, realizzati in metallo nobile, generalmente di metallo traforato allo scopo di lasciar uscire la fragranza scelta e talvolta impreziositi da gemme, in cui era contenuto appunto del profumo. pomander XVII sec. pomander XVII sec. 23 Questi contenitori erano solitamente appesi al collo o alla cintura; e spesso avevano la forma di pera o di mela, dal francese “ambre du pomme”, mela ambrata. I pomanders venivano riempiti con una miscela di diverse sostanze resinose. Qualche modello aveva più sezioni, per inserire diversi profumi e a volte un compartimento con una spugnetta imbibita di aceto balsamico. Anche una noce moscata con una montatura d’argento veniva usata come pomander e a volte la frutta veniva svuotata e farcita di erbe, aromi e spezie. Questi raffinati portaessenza, pare siano stati fabbricati già prima del XIV secolo, perché l’imperatore Federico Barbarossa ricevette dal re di Gerusalemme, nel 1174, diversi pomi odorosi d’oro ripieni di muschio. il pomo d’ambra, viene presentato nel 24 Ritratto di Clarissa Strozzi. Tiziano Vecellio, 1542. olio su tela, 115 x 98 cm, Berlino, Staatliche Museen. pomander inglese in argento dorato, 1580. Diviso in sei compartimenti. Mostrato chiuso e aperto. Medioevo come rimedio sovrano contro la peste. Grazie al suo intenso profumo, possiede al massimo grado la proprietà di rafforzare i sensi e tonificare il corpo, di Pomander sferico, 1320. confortare tutti i tempe- Pomander in oro e argento, ramenti, di facilitare la sezionata in otto parti. respirazione8. L’ambra gri- In alcuni dei segmenti vi sono iscritti i nomi dei contegia , ricavata dalle con- nuti; 'Rosen', 'ruten', 'mocrezioni intestinali di scat', 'canel' e 'rosmarin'. alcuni cetacei, in particolare del campidoglio, fu portata nel 325 dai soldati di Nearco, Ammiraglio di Alessandro Magno, i quali l’avevano scoperta presso gli Ittiofagi,un popolo che abitava le coste dell’oceano Indiano. Attraverso l’inalazione dei profumi che fuoriuscivano dai pomander, si pensava di sanificare l’aria prima del suo ingresso nei polmoni, analogamente a quanto avveniva bruciando le pastiglie o i piccoli coni d’incenso. Le pommes sono rimaste in voga per tutto il secolo, il loro contenuto però variava in base alle disponibilità di coloro che le adoperavano. I profumi di origine animale erano i più apprezzati, ma senza dubbio, anche i più cari. Erano in pochi a potersi permettere le pommes da profumo, di per sé già molto costose, riempite di aromi come incenso, mirra, sandalo, canfora mescolati con una pasta solida. 8 A. LE GUÈRER, Les pouvoirs de l’odeur, Odile Jacob, Paris 1998; trad. It., I poteri dell’odore, Boringhieri, Torino 2004, p. 87. Cit.,in, op. cit., p. 106 25 Il popolo doveva accontentarsi di spugne imbevute di sostanze aromatiche che, meno comode e meno eleganti, svolgevano un’analoga funzione terapeutica9. Le famose pommes de seuters tenute davanti al naso per proteggersi dai Pomander 1680-1700 miasmi erano solo uno dei numerosi dispositivi profumati disponibili a quel tempo e dotati di molteplici funzioni. Vi erano anche sacchetti profumati cuciti all’interno degli indumenti per assorbire e purificare, ovunque ce ne fosse bisogno, le esalazioni del corpo; cuffie provviste di fodera interna contenente erbe aromatiche essiccate, le cui proprietà fortificanti e tonificanti, servivano anche a proteggere dalle infreddature e dalle perdite di memoria; ciprie profumate che, sparse sulla biancheria a contatto con il corpo o sulle parrucche, avevano funzioni protettive. In quell’epoca, l’incredibile diffusione del cosiddetto, aceto dei sette ladri, vera panacea contro la peste. Secondo la leggenda, un gruppo formato da quattro, talvolta di sette, manigoldi era solito spogliare i cadaveri degli appestati e <<ungere> le porte delle abitazioni, al fine di propagare l’epidemia e svaligiare le case dei defunti. Le forze dell’ordine sono poi riusciti ad acciuffarli ma è stata loro con9 Op. cit., p.107 26 cessa la grazie in cambio della ricetta dell’aceto aromatizzato che essi stessi avevano utilizzato per proteggersi dal contagio. Da quel momento, si diffuse l’uso delle vinaigrettes, piccole scatole decorate contenenti una spugna imbevuta del famoso aceto. Questi piccoli recipienti, realizzati in oro, argento o porcellana, hanno conosciuto una diffusione simile a quella dei contenitori da sali per combattere i cattivi odori10. Vinaigrettes 10 Può essere tutt’ora annusato, all’Osmothèque di Versailles 27 Pomander, XVI secolo Pomander in oro impostato con 33 diamanti tagliati. Per i ricchi, il pomanders ha assunto forme di elaborati pezzi di gioielleria come questo esempio. I poveri avevano a che fare con versioni improvvisate, come ad esempio uno spillo di colore arancione con chiodi di garofano. Oreficeria siciliana della prima metà del XVII secolo, Pomander in oro e smalti policromi (dep. inv. n. 1775) 28 Pomanders, 1640 circa. Paesi Bassi. h 5,5 cm Pomander d’argento antico, di forma sferica su piede bombato, il pendaglio è diviso in sei segmenti rilasciati da una parte superiore rotante. L’esterno descrive fitte foglie e fiori, mentre l’interno è inciso con motivi floreali, ogni segmento è numerato e ha un coperchio scorrevole( montaggio successivo). Pomander in argento, Europa occidentale 1600-50, donato da Miss Mabel M. Boore. Victoire and Albert Museum 29 Pomander in oro, smalti e perle, Europa centrale 1620-40. Victoire and Albert Museum. Pomander smaltato, XVI secolo. Collezione Casa Burghly. Pomanders in oro traforato. Questo design consentiva all’aroma contenuta all’interno di evaporare liberamente attraverso il fitto traforo. Questi eleganti ed elaborati pomanders, decorati con smalti e perle venivano sospesi ad una catena o ad una cintura. 30 Pomander ciondolo. Hunt Museum. H 3 x 2,5 Ciondolo pomander di forma circolare in oro e turchesi. Sospeso in cima con gancio circolare. È incernierato su un lato e chiusa da una clip in basso. L'interno è in oro smaltato con motivi floreali in rosso, verde e blu. Inglese o francese. Pomander a forma di libro, 17 ° secolo. Tweedy, Eileen, Science & society Museum Questo pomander, in argento, con un ratto inciso su di un lato, contiene sei comparti e una catena di sospensione. E 'stato probabilmente portato come protettore contro la peste bubbonica (malattia trasmessa da ratti a persone tramite pulci). 31 la corruzione del corpo e il profumo dell’anima Fin dall’antichità, odori e profumi hanno rivestito nella società un triplice ruolo: religioso, terapeutico e sociale. Il profumo racchiude in sé una vasta simbologia che plasma l’immaginario corporeo. Il suo impiego accomuna liturgie sacre e riti pagani, innalza uno spartiacque sociale e contribuisce a dipingere, goccia dopo goccia, lo scenario dell’identità personale, attraverso i suoi rapporti con gli uomini e gli dèi11. L’impiego dei profumi è un tema ricorrente nella storia di tutte le civiltà. Esso è stato adoperato nell’antichità per compiacere gli dèi. La pratica di bruciare le essenze sugli altari ha cambiato la concezione dell’odore e del profumo. Il fumo che si leva dagli incensi per raggiungere Dio è divenuto simbolo tangibile della preghiera, mentre l’atto di inalare quell’odore è partecipazione mistica al sacro mistero della fede. L’uomo ha cominciato molto presto a ungere le statue di oli profumati e a cospargerle di essenze. Il diffondersi della fragranza e le spire del fumo appartengono al simbolismo ascensionale dell’aquilone, dell’arcobaleno, della scala di Giacobbe, ossia di tutto ciò che raffigura la tensione dell’anima verso Dio o che stabilisce la relazione e la distanza tra gli esseri mortali e le divinità. 11 Munier B., Storia dei profumi. Dagli dèi dell’Olimpo al cyber-profumo. Dedalo ed., Bari 2006.cit., p.9 32 Alcuni rituali appartenenti a società semplici o differenziati testimoniano un’analoga volontà di convertire i piaceri dell’olfatto, animali o erotici, in sublimazione religiosa. Raro, costoso, seducente per il naso umano, il profumo si erge a simbolo dell’alleanza tra l’uomo e la divinità. La Grecia, rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per qualsiasi studio sul paradosso olfattivo. Il profumo qui si rivela innanzitutto sotto forma di sostanze aromatiche le cui esalazioni sono gradite agli dèi. È stato Prometeo, eroe mitologico nonché fondatore della stirpe degli uomini, a decretare quale doveva essere il ruolo degli aromi e dei profumi. Uomini e dèi sedettero attorno allo stesso desco. A Prometeo, il discendente dei Titani che non aveva sfidato gli dèi del’Olimpo, spettò il compito di dividere il grosso bue sacrificale in due parti: una per gli uomini e una per gli dèi. Prometeo nascose tutta la carne all’interno dello stomaco dell’animale e lo ricoprì con la pelle, mentre ammucchiò da un’altra parte tutte le ossa, e le coprì con uno spesso strato di appetitoso grasso. Zeus, invitato a scegliere per primo, finse di non aver scoperto l’inganno e indicò le ossa. Per vendicarsi, Zeus tolse agli uomini il fuoco di cui fino a quel momento avevano fatto libero uso. Prometeo allora ne nascose alcune braci nella parte cava di una canna e la donò agli uomini insieme ad alcuni cereali. Il re dell’Olimpo vedendo nuovamente ardere i bracieri sugli altari, decise di infliggere agli uomini una punizione esemplare: con la complicità 33 degli altri dèi, creò e inviò sulla terra un regalo dall’aspetto ingannevole, Pandora, <<colei che possiede tutti i doni>>; ogni immortale le aveva infatti fatto dono di una qualche sventura da riservare sui mortali. Questi episodi sono alla base di tre aspetti che caratterizzano la natura umana secondo lo schema mitologico: la mortalità, il lavoro e la sessualità. L’attribuzione della carne, dei cereali e del fuoco da alimentare presupponeva l’allevamento e l’agricoltura cui seguivano il consumo della carne e dei prodotti coltivati con il duro lavoro. La donna rappresentava l’unione per la procreazione e così l’umanità, condannata a generare se stessa, ha perso l’immortalità. Gli uomini hanno sacrificato e cotto sugli altari gli animali cosparsi di piante aromatiche i cui fumi odorosi s’innalzavano fino a raggiungere gi dèi. Le spire profumate che salivano verso l’Olimpo rappresentavano al contempo il legame e la distanza tra l’umano e il divino. Il sacrificio, preludio al consumo della carne, ricorda costantemente agli uomini che il loro nutrimento, cioè le carni morte e marcescibili, è lo specchio dei loro stessi corpi, condannati alla fame, alla corruzione, ai miasmi e infine alla morte. Gli dèi, al contrario, si nutrono di esalazioni profumate che, in quanto tali, sono incorruttibili e li preservano dalla degradazione cui è soggetta la vita biologica, destinata a invecchiare e perire.12 1 2 Op. cit. p. 18 34 Durante i riti sacrificali, gli dèi respirano le esalazioni profumate provenienti dalla distruzione degli animali: il loro sostentamento dunque proviene dalla quintessenza, dall’anima e non dalla loro carne, che è cibo per gli uomini.13 Il rogo della carne diventa strumento per scindere il marcescibile dallo spirituale e i fumi che salgono verso il cielo in volute leggere diventano testimonianza visibile ma imponderabile dell’essenza incorruttibile.14 Per i greci antichi, così come per svariati popoli, il desiderio d’immortalità passava attraverso il buon odore simbolo di purificazione dalla corruzione del corpo. Aromi e profumi, sia che vengono bruciate e si levino verso gli dèi in forma di volute odorose, sia che vengono adoperate per ungere le statue o per esaltare l’incontro amoroso, ricoprono un ruolo ontologico e sociale che richiama la natura e il posto assegnato agli dèi e agli uomini. Il profumo, simbolo di immortalità, possiede un potere tale che abusarne comporta il rischio di essere banditi dalla società nonché d’incorrere nell’ira degli dèi15. Le fragranze, molto apprezzate dai greci che, non a caso, erano tra i più abili produttori dell’antichità, sono pericolose in virtù del loro potere di seduzione: lo stato primitivo è sempre vicino alla divinità e tutta l’abilità dell’uomo è volta a trovare un modo di vivere senza dimenticare di essere solo un uomo. 1 13 14 15 Op. cit. p. 20 Op. cit. p. 28 Op. cit. p. 28 35 Le giovani spose potevano profumarsi solo il giorno delle nozze, e al fine di non sviare il matrimonio dalla sua vera finalità, che era appunto la procreazione e non l’erotismo, era consigliato loro di astenersi dall’usare il profumo in altre occasioni. L‘antica Grecia assegna alle piante aromatiche una duplice connotazione, positiva e negativa allo stesso tempo. La divinità ha per sua natura un buon odore perché nutre con i profumi un corpo che ignora qualsiasi esigenza viscerale. I mortali, invece, possono cospargersi di profumi, ma non sono in grado di impedire che, durante lo sforzo fisico o il sonno, il corpo esali il cattivo odore del sudore o dell’alito; per quanto profumato possa essere, non può sottrarsi al suo destino mortale. Miti e riti palesano la sacralità del potere dei profumi attraverso un’attenta regolamentazione del loro impiego, a metà strada tra misticità ed erotismo. Il fetore associato alla corruzione fisica e morale ostacola la fecondità, ma d’altro canto l’abuso dei profumi conduce alla bestialità.Il profumo è sostanza sacra e pertanto non può essere introdotta nella vita dei mortali senza correre rischi o, quantomeno, senza ricorrere a rituali codificati e complessi16. 16 Op. cit. p. 35 36 laboratorio dei metalli preziosi collegio universitario arces Corso telamp L’esperienza artigianale si è svolta nell’anno 2007/2008 presso il Collegio Universitario Arces, che nasce come organizzazione no-profit e che svolge attività intese a favorire iniziative per la formazione integrale della gioventù e per la partecipazione di strati sociali sempre più ampi all’istruzione superiore e alla qualificazione professionale. In particolare, il corso denominato Telamp, ovvero Tecnico nella Lavorazione dei Metalli Preziosi, mirava alla rivalutazione di quei mestieri tradizionali molto fiorenti, quali quello dell'orafo e dell'argentiere, fornendo il Know-how tecnologico necessario per migliorare le strategie della produzione e della commercializzazione, e le competenze per lavorare sia con sistemi tradizionali, tipicamente artigianali, sia con metodi innovativi come l’uso delle tecnologie informatiche CAD. Il corso, della durata di 900 ore, iniziato il 3 giugno 2007 e conclusosi il 20 dicembre 2008, è stato condotto da docenti professionisti, e si è sviluppato 37 per 700 ore di attività d’aula e 200 ore di stage. Lo stage da me effettuato è stato svolto presso il laborat-orio orafo di piero maniscalco. Il corso è stato strutturato in diversi moduli e prevedeva sia lo svolgimento di lezioni frontali, come disegno tecnico, disegno a mano libera, progettazione e storia dell’oreficeria e dell’argenteria, e attività di laboratorio sia informatico, tecniche CAD e prototipazione, sia artigianali come oreficeria, incastonatura, argenteria, sbalzo e cesello. Durante quest’ultimi laboratori sono state effettuate dell’ esercitazioni che miravano all’apprendimento delle tecniche base della lavorazione dei metalli preziosi, oro e argento, e all’utilizzo degli strumenti propri di queste diverse attività artigianali. Nel corso dei laboratori di oreficeria e argenteria sono state spiegate e mostrate le varie fasi e tecniche per la lavorazione dell’oro e dell’argento, dalla fusione della materia dallo stato solido allo stato liquido alla laminatura, trafilatura, traforo, saldatura, sino alla pulitura e lucidatura. Adesso brevemente esporrò le principali fasi di lavorazione dell’oro e dell’ argento sopra elencate: La laminatura: dopo avere ottenuto dalla fusione la verga di metallo, inserendola nel laminatoio, una macchina formata da due cilindri rotanti in senso contrario, se ne riduce lo spessore con successivi passaggi fino a raggiungere la lastra dello spessore desiderato. 38 La trafilatura: ottenuta la verga dalla fusione, viene passata entro il laminatoio scanalato e con successivi passaggi si ottiene un filo di sezione ottagonale. Una volta ottenuta la dimensione desiderata si procede alla trafilatura vera e propria, si usa quindi la trafila costituita da una sbarra di acciaio con una spilla in ottone. serie di fori di diamesopra lastra traforata. sotto sbalzata e rifinita con lime. tro decrescente. Il traforo: tale tecnica è in genere utilizzata per la creazione di motivi decorativi su lastre di argento ed oro. I due procedimenti maggiormente usati sono quelli del traforo a giorno e del traforo incamiciato. Nel primo si crea un vuoto passante, e l’effetto ottenuto è simile al merletto. Mentre nel traforo incamiciato è applicata a pressione una lastra di metallo liscia nel vuoto creato dal traforo a giorno. La saldatura: è l’unione di due parti metalliche ottenuta per riscaldamento fino a fusione di una lega interposta foggiata in lamina o in filo. La pulitura e la lucidatura: Per pulitura si intendono quelle fasi di rifinitura del manufatto che avvengono esclusivamente attraverso l’uso di paste abrasive applicate con delle spazzole, di diverso tipo. Si distinguono essenzialmente due fasi: una 39 prima fase di “ripulitura generale” dell’oggetto, terminato dall’orafo e non ancora incassato, che comprende anche la pulizia dei piccoli trafori, interstizi vari e dell’interno dei castoni.La seconda fase, terminata l’incassatura dell’oggetto, consiste nello sgrassare e lucidare il gioiello, attraverso l’uso degli stessi presidi ma cambiando il tipo di spazzole, che devono essere più morbide e le paste meno abrasive e comunque adatte al tipo di pietre già incassate. L’obiettivo è quello di fare acquisire al gioiello la giusta brillantezza per esaltare le rifiniture e i volumi. Ciondolo ape in argento in fase di lavorazione. Ciondolo ape rifinito con lime e lucidato. 40 preparaziopne di una lastra in ottone per la realizzazione di un bracciale cesellato e sbalzato. bracciale in ottone cesellato e sbalzato. Nel corso di laboratorio di cesello e sbalzo sono state svolte delle esercitazioni col fine di apprendere queste due antiche tecniche di decorazione del metallo. Sbalzo e cesellatura sono infatti due tecniche che normalmente in oreficeria e argenteria compaiono abbinate. Lo sbalzo viene praticato sul rovescio della lastra precedentemente disegnata, mentre la cesellatura si pratica sul diritto. Lo sbalzo consiste nella modellazione con il cesello - barretta in acciaio dalla punta smussata e arrotondata appositamente forgiata dall’artigiano - e una mazzetta (particolare martello con il manico lungo e sottile) di una lastra in metallo, posta su un piano di lavoro, in genere una semisfera sulla quale viene applicato uno strato di pece mantenuta calda per rendere più duttile il supporto. Il cesellatore, battendo sul retro della lastra con ceselli di diversa grandezza crea un bassorilievo, oppure rifinisce oggetti d’arte precedentemente fusi. La tecnica della cesellatura viene in genere 41 usata per rifinire il lavoro di sbalzo. Infine il laboratorio di incastonatura durante il quale le esercitazioni svolte, hanno permesso di apprendere tale tecnica. Si definisce incastonatura la sistema- preparazione di una piastrina di rame per zione di gemme nei castoni, l’incastonatura di zirconi incassatura quella in cavità a forma di cassa, ad esempio per le baguette. L’incastratura è invece utilizzata quando si adoperano le griffe. L’incassatura a notte è stata utilizzata in gioielleria fino agli inizi del Novecento, attualmente viene utilizzata solo l’incassatura a giorno. ciodolo in rame zirconi incastonati Quella a notte è ancora usata in bigiotteria. Si richiede che la capacità professionale venga dall’uso degli strumenti tradizionali quali bulini, bulini piatti e mezzi tondi, perlinatore o milligrana, fusi e mastice, pietra tipo Arkansas (per l’affilatura dei bulini) e utilizzo della mola (per la preparazione dei bulini), granitore o impallinatore, carte smeriglio e carte lucide, cerino prendipietra, quadrato di plastilina, lime di varia forma e grana, martelletto e ferro battitore, non escludendo comunque altri strumenti e pratiche di applicazione della propria manualità. 42 Fusione a cera persa Il procedimento che permette di ottenere oggetti in metallo per mezzo della tecnica di microfusione detto “a cera persa” è di origini antichissime, conosciuto fin dal 4.000 a.C. I resti ritrovati in Mesopotamia, Egitto e Grecia testimoniano la conoscenza della tecnica fusoria a stampo. In Cina questa tecnica era già conosciuta all’epoca della dinastia Shang e in Europa ebbe un rapido sviluppo nell’età del bronzo specialmente presso i Celti (XII e X sec. a.C.). Sono ottenuti per fusione a cera persa molti oggetti ritrovati in altri luoghi e risalenti ad epoche più recenti (V - IV sec. a.C.). Il procedimento fu applicato con grande abilità tecnica e artistica anche presso le civiltà che in epoca precolombiana abitavano l’attuale Messico (Mexica e Mixteca), l’America centrale (Maya) e il Perù (Nazca). Nei tempi moderni la microfusione ricevette nuovo e decisivo impulso a partire dal 1907, quando un dentista pensò di applicarla per la produzione di protesi odontotecniche. Da allora il procedimento è stato costantemente perfezionato, fino a raggiungere un altissimo livello tecnologico, ed è oggi uno dei metodi più usati nella produzione di oreficeria e gioielleria, per le possibilità di realizzare oggetti di alta qualità e con tempi di produzione molto ridotti. 43 L'impiego della microfusione (e quindi anche della lavorazione delle cere) amplia le possibilità creative e tecniche. Procedimento di fusione a cera persa Il concetto è quello di realizzare uno stampo in negativo degli oggetti realizzati in cera, nel quale versare il metallo fuso ed ottenere così una o più repliche del modello originario. La prima fase consiste nel preparare un modello (il prototipo) dell'oggetto che si desidera replicare. Il prototipo può essere realizzato in metallo oppure in cera, ma possono essere utilizzati anche altri materiali, come resine, plastilina, materiali organici..... Dal prototipo in metallo si realizza un calco (o matrice) in gomma vulcanizzata che servirà per riprodurre -praticamente all'infinito- copie in cera del modello iniziale. Le cere così ottenute sono sistemate in un contenitore di acciaio di forma cilindrica e poi inglobate in un materiale refrattario, chiamato rivestimento (composto da cristobalite, comunemente ed erroneamente chiamata "gesso"), in grado di solidificare e di resistere alle alte temperature. Tramite riscaldamento in forno, e secondo una precisa ed abbastanza lunga curva di riscaldamento e cottura, la cera viene completamente eliminata, ed il materiale di rivestimento indurisce (cuoce) e raggiunge la temperatura necessaria a ricevere poi il getto di metallo fuso. 44 Si ottiene allo stesso tempo, all’interno del cilindro di rivestimento, una cavità corrispondente al negativo dell’oggetto in cera. Il processo completo prevede distinte fasi di lavorazione: 1. Realizzazione del modello in cera; Oppure realizzazione del modello in metallo (o fusione del modello in cera per ottenere il prototipo in metallo). La scelta dipende dalla tipologia del modello stesso e dalle preferenze/attitudini personali del modellista. Il modello può essere composto da parti diverse da assemblare nella fase finale (metalli di colore diverso oppure necessità di trattamenti diversi, oppure ancora complessità di realizzazione di uno stampo unico). 2. Realizzazione del calco di gomma vulcanizzata o silicone; 3. Riproduzione delle copie in cera mediante iniezione di cera fusa nel calco; 4. Costruzione dell'albero in cera; 5. Realizzazione dei cilindri in materiale refrattario; 6. Cottura dei cilindri ed eliminazione delle cere; 7. Getto del metallo fuso nei cilindri. 8. Finitura dei pezzi fusi. 45 simulazione della fusione a cera persa prototipo in cernit utilizzato come matrice stampo in negativo del prototipo copia in resina del prototipo 46 BIBLIOGRAFIA Abbate V., Di Natale M.C., Il tesoro nascosto. Gioie e argenti della Madonna di trapani, Novecento ed., Palermo 1991. Bellucci G., Amueti Italiani Antichi e Contemporanei, Il Vespro ed., Palermo 1980. Di Natale M.c., Gioielli di Sicilia, Flaccovio ed., Palermo 2000. Fulco di Verdura gioielli, a cura di D. Alessi, Novecento ed., Palermo 1999. Gioielli in Italia. Sacro e profano dall’antichità ai giorni nostri, a cura di L. Lenti e D. Liscia Benporad, Marsilio ed., Venezia 2001. Munier B., Storia dei profumi. Dagli dèi dell’Olimpo al cyber-profumo. Dedalo ed., Bari 2006. Omaggio M.R., Il Linguaggio dei Gioielli. Il significato nascosto e ritrovato dell’eterna arte dell’ornamento dalla A alla Z. Zelig ed. Milano 2001. Phillips C., Gioielli. Breve storia dall’antichità ad oggi. Rizzoli ed., Ginevra-Milano 2003. Villiers E., Amuleti e Talismani, Hoepli ed., Milano 1957. Brochure della mostra, Pulcherrima Res. Preziosi ornamenti dal passato. 47 Progetto Evoluzioni di un gioiello Il presente progetto nasce da alcune considerazioni e sperimentazioni sui gioielli del desiner palermitano Fulco di Verdura (1898-1978), dopo una prima fase di studio e riproduzione grafica dei gioielli originali, sono stati realizzati dei prototipi in argilla polimerica (una pasta per modellare), rifiniti con smalti policromi, a simulare sia il colore che l’aspetto di materiali preziosi come l’oro bianco e giallo, perle e pietre dure, come zaffiri, rubini, tormaline rosa, topazi gialli, turchesi e brillanti. In un secondo tempo si è realizzato una serie di tavole progettuali in cui vi è una sequenza di evoluzioni del prototipo del gioiello prescelto tra le creazioni di Fulco. Partendo da un elemento, ripetuto a moduli, assemblato in diversi modi o addirittura deformato, grazie all’ausilio di diversi software di grafica, si è ottenuto una serie d’elementi decorativi applicabili su diversi accessori di moda, quali borse, cinte, scarpe, occhiali o in veri e propri gioielli come spille, orecchini, anelli e collane. con la collaborazione di elisa bellino, assistente del prof. sergio pausig, si è inoltre rappresentato uno di questi prototipi con un software di modellazione 3D. 48