Studio a scala di dettaglio della variabilità spaziale del 137Cs nei
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Studio a scala di dettaglio della variabilità spaziale del 137Cs nei
Rendiconti online Soc. Geol. It., Vol. 8 (2009), 39-41 Studio a scala di dettaglio della variabilità spaziale del 137Cs nei suoli alpini in relazione a fenomeni erosivi G. CURIONI (*) & C. BALLABIO (*) ABSTRACT Studio a scala di dettaglio della variabilità spaziale del 137Cs nei suoli alpini in relazione a fenomeni erosivi This work deals with the study of 137Cs spatial variability in alpine soils. A study area of 250 Ha situated in the Northern part of Valchiavenna (North of Italy, SO), at about 2000 m AMSL, was selected. 137Cs activity measurement is a widespread method to evaluate soil erosion, this technique being usually used in agricultural lands. In the specific case study, land use has been a pasture for thousands of years. Most of 137Cs deposited few days after Chernobyl nuclear accident occurred on 26 April 1986. Because fallout was uniform within the study area and because 137Cs is strongly retained to the cation exchange complex of soil, encountered differences in 137Cs concentration can be mostly attributed to soil erosion. To study the 137Cs spatial variability, 173 samples with constant volume (20x20x5 cm) were collected, 135 from the first 5 cm from surface, the others deeper to study the 137Cs vertical gradient. 137Cs activity was measured using a HPGe (High Purity Germanium), and for each sample CEC (Cation Exchange Capacity) was also evaluated. Topographic factors were calculated from a DTM with a spatial resolution of 1 m, using a GIS software (SAGA GIS), and data from aerial photos were collected. These images were comprised by an RGB colour composite whose values correspond to three bands in the spectra of green, red and near infrared. A 137Cs activity distribution map was obtained applying a regression model to topographic data and data derived from aerial photos, using software R. Eventually a comparison was carried out between activity distribution and erosion values calculated by an empirical erosion model (WEPP). INTRODUZIONE L’oggetto di questa ricerca è la valutazione della distribuzione spaziale del 137Cs in ambiente alpino ai fini della stima dell’erosione. L’uso del 137Cs per lo studio dell’erosione del suolo è ben documentato nella letteratura scientifica specifica (Yamagata et al., 1963; Rogowski e Tamura, 1965, 1970a, 1970b; Ritchie e McHenry, 1990). L’assunto alla base di questa metodologia è che la deposizione del 137Cs sia avvenuta in modo spazialmente omogeneo nell’area di studio, il 137Cs infatti è in grado di fissarsi al complesso di scambio cationico del suolo e viene pertanto scarsamente dilavato. Le differenze di concentrazione in una data area sono, quindi, imputabili alla ridistribuzione orizzontale del suolo, causata essenzialmente da fenomeni erosivi. La deposizione del 137Cs nell’area di studio si è verificata prevalentemente tra il 30 aprile e il 6 maggio 1986, a seguito _________________________ (*) Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Milano dell’incidente nucleare di Chernobyl occorso il 26 aprile di quell’anno. Essendo l’area studiata relativamente poco estesa (circa 250 ettari) si è considerata una deposizione spazialmente omogenea. AREA DI STUDIO L’area indagata è situata in località Andossi, nella parte alta della Valchiavenna, nel comune di Madesimo (SO). Si tratta di un altopiano di circa 250 ettari di estensione, posto a una quota compresa tra circa 1800 e 2000 m, il cui uso è quello di pascolo estivo. La morfologia estremamente variabile dell’area è dovuta a fenomeni di paleo-carsismo dovuto al particolare substrato roccioso, costituito da marmi e calcari cristallini, solo a tratti ricoperto da detriti glaciali (scisti, gneiss). L’assetto morfologico dell’area è stato successivamente e parzialmente modificato da fenomeni glaciali e periglaciali. La vegetazione è prevalentemente erbacea, anche se in alcune aree è presente un’intensa copertura di arbusti, costituiti principalmente da rododendri, mirtilli e ginepri. METODI DI INDAGINE Il campionamento ha comportato la raccolta di 135 campioni distribuiti secondo uno schema a “random lattice with local pairs” che copre in modo uniforme l’area indagata. È stato inoltre effettuato un infittimento locale in corrispondenza di una dolina di 1,5 Ha di estensione, per studiare la microvariabilità spaziale del 137Cs, e sono stati costruiti dei transetti topografici lungo alcuni versanti. Per ogni punto è stato campionato un volume di suolo pari a 2000 cm3, prelevando il campione nei primi 5 cm di suolo, dove si riscontra la massima concentrazione di 137Cs. In alcuni punti sono stati inoltre prelevati campioni di profondità, per studiare il gradiente verticale del 137Cs. In totale sono stati prelevati 173 campioni. Le misure di laboratorio sono state condotte presso il Laboratorio di Radioattività del dipartimento di Fisica G. Occhialini dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Per la misura del 137Cs è stato utilizzato un rivelatore HPGe, questo strumento è in grado di rilevare i raggi γ emessi durante il decadimento del 137Cs, che avviene a una specifica energia (661keV). Il numero di fotoni γ emessi è proporzionale alla concentrazione dell’elemento ricercato nel campione, G. CURIONI & C. BALLABIO 40 considerando l’efficienza del rivelatore e la probabilità che l’elemento decada γ (nel caso del 137Cs questo valore di probabilità è pari all’85,1%), si è ottenuto un valore di attività del 137Cs, che è stato poi riferito a un kg di campione. Il risultato è stato quindi espresso in Bq/kg. I valori ottenuti relativi ai campioni superficiali presentano una grande variabilità: Oltre al 137Cs sono stati misurati anche la capacità di attività media 137 Cs (Bq/kg) 246 dev.st 308 mediana 158 min 18 max 2051 corrispondenza di 3 outlier; questo è dovuto alle caratteristiche del kriging, che presuppone l’esistenza di autocorrelazione spaziale, tuttavia è probabile che nell’intorno di questi punti i valori di attività di 137Cs siano sovrastimati. I predittori di entrambi i modelli sembrano essere relazionati con l’erosione del suolo (stream power index, wetness index, convergenza). Inoltre i valori di 137Cs sono coerenti con i risultati forniti dal modello WEPP: il modello infatti calcola valori elevati di erosione lungo i versanti e accumulo di materiale alla loro base; i valori misurati di attività di 137Cs riflettono questo andamento, con una bassa attività lungo i versanti e concentrazioni maggiori alla base degli stessi. Legend Tab. 1 – Statistiche di base dell’attività del 137Cs 137 Cs Relative Accumulation Value scambio cationico (CSC) e i cationi di scambio. La capacità del suolo di trattenere il 137Cs è funzione della generica capacità di trattenere cationi, è quindi ipotizzabile una correlazione tra la CSC e l’attività del 137Cs; inoltre una divergenza tra il contenuto in K e in 137Cs può essere significativa nello studio di fenomeni erosivi, avendo il potassio un chimismo simile al cesio, ma origine litologica. Per modellizzare la distribuzione spaziale del 137Cs è stata messa in relazione l’attività con i fattori topografici e i dati ricavati da immagini aeree. Per mezzo del software SAGA GIS 2.0 sono state costruite diverse mappe di parametri topografici a partire dal DTM dell’area degli Andossi (con risoluzione di 1 m), ricavato tramite rilievo LIDAR. Tra i parametri derivati vi sono la pendenza, l’esposizione, l’insolazione, la curvatura, e alcuni indici topografici come il topographic wetness index (TWI). Oltre a questi parametri sono stati considerati i valori delle bande spettrali del verde, del rosso e dell’infrarosso vicino, ottenuti a partire da immagini aeree ad alta risoluzione acquisite durante il rilievo LIDAR. Mediante il software di statistica R, questi parametri sono stati posti in relazione all’attività del 137Cs utilizzando i GLM (Generalized Linear Models). Si è scelto di utilizzare la regressione di Poisson, in quanto si addice a variabili costituite da conteggi, e il regression kriging, che combina la regressione lineare con il kriging semplice sui residui di tale regressione. I due modelli sono stati utilizzati per produrre delle mappe di distribuzione spaziale del 137Cs. Il dati derivati dal campionamento dei transetti è stato infine confrontato con il modello di erosione WEPP (Water Erosion Prediction Project), nella sua versione profile. High : 10.8702 Low : 0.1 0 87.5 175 350 525 700 Meters Fig. 1 – Mappa ottenuta applicando il modello di Poisson (varianza spiegata 34%) Legend 137 Cs Relative Accumulation Value High : 10.8702 Low : 0.1 RISULTATI Complessivamente le mappe risultanti dall’applicazione dei modelli non presentano outlier non riscontrati nel campionamento, e i valori calcolati nei punti indagati non si discostano molto dai valori effettivamente misurati. Il modello di Poisson e il regression kriging spiegano rispettivamente il 34% e il 64% della varianza. Nella mappa prodotta con il regression kriging si notano degli hot-spot piuttosto estesi, in 0 87.5 175 350 525 700 Meters Fig. 2 – Mappa ottenuta col Regression Kriging (varianza spiegata 64%) STUDIO A SCALA DI DETTAGLIO DELLA VARIABILITÀ SPAZIALE DEL 137CS NEI SUOLI ALPINI IN RELAZIONE A FENOMENI EROSIVI CONCLUSIONI Dal presente studio è risultato che l’attività del 137Cs nei campioni superficiali è molto variabile, ed è compresa tra 18 e 2500 Bq/kg, nonostante la scarsa estensione dell’area campionata. Si sono rilevati tre hot-spot locali con valori di attività maggiori di 1500 Bq/kg. Questi outlier sembrano essere situati principalmente alla base di pendii o lungo degli impluvi. La peculiarità della localizzazione farebbe pensare a zone di forte accumulo, anche se valori di attività paragonabili non sono stati riscontrati in altri punti posti in condizioni topografiche simili. I parametri risultati significativi sia nel modello di Poisson sia nel regression kriging sono relazionati con l’erosione del suolo. Analizzando i punti dei transetti si è notato un andamento ben visibile del dato di 137Cs, collegato con i fattori topografici: in cima ai dossi i valori erano inferiori, mentre alla loro base l’attività risultava superiore. Questo andamento è stato confermato dai risultati forniti dal modello di erosione WEPP. A conclusione di questo studio si può affermare che il 137 Cs può essere utilizzato come indicatore qualitativo di fenomeni erosivi in ambiente alpino, dando una stima relativa di erosione ed accumulo. REFERENCES ALBERTS E. E., HOLZHEY C. S., WEST L. T. & NORDIN J. O. (1987) - Soil Selection: USDA water erosion prediction project (WEPP). PAPER NO. 87-2542, AM. SOC. AGRIC. ENG., ST. JOSEPH, MI CIUFFO L.E.C., BELLI M., PASQUALE A., MENEGON S. E VELASCO H.R. 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Three main factors (slope, lithology, thickness of recent deposits) have been established as instability factors. A partial index of hazard has been computed for each parameters, which have been combined into a global hazard index, defining. three classes of geomorphological hazards. Key words: rapid mapping, remote sensing, geomorphological hazard, Campania, Italy. INTRODUZIONE Il presente lavoro ha previsto l’utilizzo di dati multispettrali Landasat 5 e di tematismi cartografici di tipo raster e vettoriale implementati attraverso la realizzazione di un Sistema Informativo Territoriale per la mappatura delle aree percorse da incendio e per la successiva valutazione della pericolosità geomorfologia ad esse connessa. Una versione semplificata del SIT è stata prodotta anche per piattaforma Web-Gis finalizzata alla sua pubblicazione online. Il lavoro rientra nelle attività di assistenza tecnica svolte dal gruppo di lavoro PODIS alla Regione Campania. modelli teorici (CHIRICI & CORONA, 2005). Le metodologie di analisi prevedono sostanzialmente due differenti approcci basati rispettivamente su analisi multispettrale monotemporale e su analisi multispettrale multitemporale (BOTTAI et alii, 2008). Per la mappatura delle aree percorse da incendio durante la stagione estiva 2007 sono stati utilizzati i dati multispettrali Landsat 5 del passaggio del 15 settembre 2007, relativi alle frame 189/31 e 189/32, a copertura quasi totale del territorio della Regione Campania. Sono stati anche eseguiti numerosi accertamenti sul terreno per la verifica delle aree percorse da incendio (Fig. 1). I dati satellitari sono stati sottoposti a pre-processamento geometrico, georiferimento, mosaicatura e successivamente compressi spettralmente e classificati secondo tecnica supervised. Il sistema di riferimento adottato, in accordo con gli standard cartografici di riferimento Cnipa-Inspire, è UTM WGS84 Fuso 33N. MAPPATURA AREE PERCORSE DA INCENDIO AL 15 SETTEMBRE 2007 DA TELERILEVAMENTO SATELLITARE Nell’ultimo ventennio le applicazioni di immagini telerilevate per il monitoraggio degli effetti degli incendi si sono progressivamente moltiplicate ed affinate fino a diventare necessario strumento di sviluppo ed implementazione per i _________________________ (*) Unità di Supporto Locale n°6 PODiS c/o Ufficio Autorità Ambientale Regione Campania, Napoli Lavoro eseguito nell’ambito del progetto PODiS (Progetto Operativo Difesa Suolo) con il contributo finanziario del QCS PON-ATAS 2000-2006 MATTM – Direzione Generale Difesa Suolo. Fig. 1 – Esempio di mappatura su ortofoto in 3D di un incendio nell’area di Monte Stella presso Salerno (foto in alto). F. D’ARGENIO ET ALII 43 Fig. 2 – Confronto tra le immagini Landasat 5 mosaicate e processate. Successivamente le immagini sono state comparate attraverso tecnica di change-detection con l’immagine di archivio Landsat 5 del luglio 2006 e mediante editing cartografico è stata ottenuta la mappatura delle aree devegetate per presumibile passaggio di incendio con l’accuratezza planimetrica del dato multi spettrale Landsat pari a 30 metri (Fig. 2). In questo modo sono state individuate 763 aree devegetate che ricoprono una superficie complessiva di 217 kmq, rappresentante l’ 1,55% del territorio regionale. In accordo con la logica SIT le aree così elaborate sono state arricchite di un corredo tabellare riportante informazioni di carattere amministrativo quali Comune, Provincia, Autorità di Bacino, SIC e ZPS, allo scopo di meglio contestualizzare il fenomeno devegetativo, e la caratterizzazione di alcuni parametri geologici (litologie presenti, depositi recenti, spessori, al fine di avere una parametrizzazione utile nella successiva fase di valutazione della pericolosità geomorfologica. CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA DELLE AREE MAPPATE Al fine di definire la natura dei tipi rocciosi e dei depositi recenti affioranti nelle aree devegetate è stata utilizzata la Carta Geologica d’Italia in scala 1:100.000 (SERVIZIO GEOLOGICO NAZIONALE, 2008a), individuando l’unità geologica cartografata nell’ambito dell’areale devegetato. Vista la notevole eterogeneità descrittiva delle legende dei fogli geologici consultati e al fine di uniformare l’informazione geolitologica, sono state utilizzate le categorie litologiche previste nelle schede IFFI (SERVIZIO GEOLOGICO NAZIONALE, 2008b), sintetizzandole dalla descrizione delle litologie riportate nelle legende. Sono stati definiti due ulteriori tematismi quali la tipologia e lo spessore dei depositi recenti caratterizzanti gli areali delle aree incendiate, ottenuti dall’analisi integrata dell’ortofoto IT2000, del CUAS e della Carta Geologica in scala 1:100.000. VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITÀ GEOLOGICA POTENZIALE (PROPENSIONE AL TRASPORTO SOLIDO) NELLE AREE DEVEGETATE La procedura valutativa si è basata sulla indicizzazione dei tre fattori principali (pendenza, litologia e spessore dei depositi recenti) che possono concorrere all’instabilità geomorfologica dei versanti devegetati. Tali fattori, confluiti nel SIT, sono stati definiti e confrontati mediante metodologie di analisi geoinformatiche di tipo cartografico e statistico finalizzate alla valutazione della pericolosità geomorfologia (CESARANO et alii, 2003). Il processo ha seguito i seguenti step: 1) Rasterizzazione degli areali in funzione della litologia e dello spessore dei depositi recenti con pixel di 20 m. 2) Indicizzazione della litologia dei depositi recenti in 5 classi (Tab. 1). classe Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 Classe 5 descrizione litologia depositi recenti piroclastici e detritico piroclastici depositi recenti detritici grossolani depositi recenti detritico colluviali depositi recenti pelitico colluviali substrato carbonatico con depositi recenti discontinui Tab. 1 – Classi di litologia dei depositi recenti. peso 10 3 7 5 1 44 RAPID MAPPING DELLE AREE INCENDIATE PER LA VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA A SCALA REGIONALE Figura 3 – Mappatura della pericolosità geomorfologica potenziale nelle aree devegetate a seguito di probabile incendio riferita al settembre 2007. 3) Indicizzazione dello spessore dei depositi recenti in 4 classi (Tab. 2). classe Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 descrizione spessore spessore scarso o copertura assente (< 0,5 m) spessore basso (0,5 – 2,0 m) spessore medio (2,0 - 4,0 m) spessore alto (> 4,0 m) peso 1 3 7 10 Tab. 2 - Classi di spessore dei depositi recenti. 4) Elaborazione dem a passo 20 m. 5) Creazione slope. 6) Elaborazione carta inventario frane facendo specifico riferimento alle frane IFFI (SERVIZIO GEOLOGICO NAZIONALE, 2008b) e alle frane Tellus (PODiS, 2008) intersecanti le aree devegetate. 7) Rasterizzazione carta inventario frane. 8) Calcolo della frequenza percentuale delle frane nelle varie classi di pendenza (Tab. 3). intervallo di pendenza 0° – 0,1° 0,1° - 5,0° 5,1° - 10,0° 10,1° - 15,0° 15,0° - 20,0° 20,1° - 25,0° 25,1° - 35,0° 35,1° - 45,0° 45,1° - 60,0° 60,1° - 90,0° valore percentuale 0% 6% 21 % 27 % 19 % 11 % 10 % 5% 1% 0% Tab. 3 – Distribuzione percentuale dei fenomeni franosi che interessano le aree devegetate in relazione alle classi di pendenza. 9) Indicizzazione dello slope in 10 classi sulla base della frequenza percentuale del fenomeno franoso in ciascuna di esse (Tab. 4). F. D’ARGENIO ET ALII classe Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 Classe 5 Classe 6 Classe 7 Classe 8 Classe 9 intervalli di pendenza 0° e 60, 1° - 90° 0,1° – 5° 5,1° - 10° 10,1 – 15° 15,1° - 20° 20,1° - 25° 25,1° - 35° 35,1° - 45° 45,1° - 60° peso 0 6 21 27 19 11 10 5 1 Tab. 4 – Classi di pendenza. CLASSIFICAZIONE FINALE DELLA PROPENSIONE AL DISSESTO La classificazione finale ha tenuto conto delle indicizzazioni così come descritte; allo scopo di meglio armonizzare il singolo contributo dei vari fattori predisponenti, è stata successivamente applicata una normalizzazione a valori compresi tra 0 e 20. La combinazione dei fattori, attraverso la sommatoria dei valori indicizzati e normalizzati, ha pertanto fornito una valutazione della propensione al trasporto solido in valori compresi tra un minimo di 4 ed un massimo di 60 che sono stati raggruppati in tre classi (Tab. 5). classe Classe 1 Classe 2 Classe 3 indice 4 - 22 22,1 - 38 38,1 - 60 pericolosità Bassa Media Alta area 38,6 kmq 91,1 kmq 86,8 kmq Tab. 5 – Classi di pericolosità geomorfologia. La rappresentazione finale in tre classi consente di visualizzare in maniera efficace la pericolosità geomorfologica potenziale legata all’innesco di fenomeni franosi e di trasporto solido nelle aree devegetate a seguito di probabile incendio riferita al settembre 2007 (Fig. 3). 45 L’analisi della distribuzione areale delle tre classi di pericolosità evidenzia una prevalenza delle classi medio alte così come meglio evidenziato nella Tab. 5. REFERENCES BOTTAI L., MONTAGHI A. & MASELLI F. 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APAT, Roma (http://www.apat.gov.it/site/itIT/Progetti/IFFI__Inventario_dei_fenomeni_franosi_in_Italia/) Rendiconti online Soc. Geol. It., Vol. 8 (2009), 46-49 BeeGIS: a new open source tool for mobile GIS applications M. DE DONATIS (*), A. ANTONELLO (*)(°), M. FOI (*), C. FORESTO (*), S. FRANCESCHI (°) & S. SUSINI (*) ABSTRACT BeeGIS: un nuovo applicativo a codice aperto e multipiattaforma per il rilevamento digitale BeeGIS è il nuovo software mobile-GIS per il rilevamento su terreno nato dalla collaborazione tra LINEE (Laboratory of INformation technology for Earth and Environmental sciences) dell’Università di Urbino e Hydrologis. L’incontro tra l’esperienza di sviluppo e utilizzo di precedenti prodotti mobile GIS da una parte con l’esperienza di sviluppo di GIS in Java, ha condotto all’ideazione e creazione di un software open source. Tale software è pensato principalmente per un utilizzo su tablet PC anche se può essere installato su qualsiasi computer, con qualsiasi sistema operativo (Windows, Linux e Mac). BeeGIS è stato sviluppato sul nuovo JGrass (http://jgrass.dev.fsc.bz.it/) che a sua volta utilizza la struttura di un diffuso software open source quale uDig (http://udig.refractions.net/). Oltre alle funzioni di quest’ultimo software, BeeGIS permette di: - acquisire i dati GPS da qualsiasi ricevitore NMEA, catturando punti, linee e poligoni sia in maniera automatica che manuale; - disegnate annotazioni direttamente sulla mappa con uno strumento che permette di disegnare e colorare; - utilizzare delle Geonote per disegnare, scrivere e inserire con un drag-&drop file di qualsiasi tipo (nel caso di immagini digitali è possibile utilizzare un editor per disegnare o scrivere sulle stesse). Nuove funzionalità, come il Field-book (quaderno di campagna), sono già nella fase di sviluppo. Avendo un codice libero, gli ideatori sperano di costituire una community in cui utilizzatori e sviluppatori possano incontrarsi e dar vita a uno strumento sempre più ricco e condiviso. Il software è disponibile sul sito www.beegis.org. Key words: Digital field mapping, GPS, mobile GIS, multiplatform software. INTRODUCTION LINEE (Laboratory of Information Technology for Earth and Environmental Sciences), has experienced previous commercial software development (CLEGG et al. 2006; DE DONATIS & BRUCIATELLI, 2006). Together with HydroloGIS, an environmental engineering company, the lab has now developed a new open-source system for geological mapping with a tablet PC computer in the field using GIS software: BeeGIS. _________________________ (*) LINEE, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, Campus Scientifico, Urbino (°) HydroloGIS s.r.l., Bolzano. Based on the Udig and JGrass GIS framework, in BeeGIS several new tools have been integrated. These include support for GPS realtime acquisition and mainly observations georeferencing. These observations like Geonotes, sketches and photos are stored into a file-based database management system. The current technology boost towards mobility greatly supports outdoor aimed instruments. Nowadays the price of airy machines has reached an affordable level for the average professional. Also the hardware features as to outdoor screen visibility and battery lasting time have experienced an enormous growth. A tablet pc or an ultramobile pc with integrated GPS and digital camera are affordable by any professional and that is also all you need to be able try out a different technique of field mapping, no more based on the traditional paper mapping techniques, but instead on digital mapping techniques. BeeGIS is not only thought to help professional to fully support his/her data acquisition (CARVER ET AL., 1995; WALKER & BALCK, 200; AKCIZ ET AL., 2002), as he would do with paper. BeeGIS wants to drastically reduce the loss of information by immediately entering the information gathered on site where the momentum is the best for the description and interpretation of the environment they are experiencing. The idea is to create a tool to be efficiently and simply used in the field by professionals (mainly geologists and engineers) who may have a limited knowledge of GIS and who want to minimize the learning time for new technologies. BeeGIS, is designed to support professionals as geologists and engineers on their outdoor activities. Focus will be kept on the set of integrated tools that make out of BeeGIS a perfect field mapping instrument. MAIN FEATURES GPS tools Like most applications BeeGIS connects to a NMEA enabled bluetooth GPS through a virtual serial port, accessing it with rxtx (WWW.RXTX.ORG) serial I/O libraries. Since also integrated GPS exploit this functionality, BeeGIS can also connect to those (Fig. 1). Once a GPS connection is established, BeeGIS offers a set of functionalities. Logging can be enabled, which activates a pulsing cursor on top of the map layers that keeps track of the M. DE DONATIS ET ALII current position in real time. From that moment on any feature layer can be selected and shapes of the contained geometry type of the layer can be placed in the layer manually. Points are placed as single units into the current layer. Lines are created keeping as nodes the chosen GPS positions, which is the same that applies to polygon layers, that are different only for the fact that the last point is attached to the first one of the shape. While manual taking of GPS points leads to more accurate data, the automatic GPS data acquisition creates shapes in the selected layer at regular timesteps. This can for example be useful to delimitate larger areas. Geonotes BeeGIS can associate various geographical objects with sketches, textual information or links to any type of document. Once selected the Geonote tool, a single click on the map window pops up a new Geonote (or opens an old one). The Geonote itself at first look is similar to one of those well known as post-it notes (Fig. 1). There is a title on the top, a color toolbar on the bottom to easily change the note's color, choosing between few default colors. The main area of the 47 opened with the default system application for that particular media type. This applies for all media types, except of the image types, for which BeeGIS provides an extra editor, that gives the possibility to the user to draw notes on the image with the digital pen. Annotation In order to keep the traditional way of filed mapping using coloured pencils on the paper map, BeeGIS offers an annotation tool that allow to draw and colour directly on the map as used (Fig. 2). After clicking on the annotation toolbar, a new layer (named “annotations layer”) will appear together with a new window with tool to chose annotation properties as: width, transparency, colour an possibility to erase every annotations or the last stroke only. This tool allows to draw simple lines or colour extended areas on the base map. It does not have any topological control, but it can be used very easily in the field where the environmental conditions are not the same of the “armchair work” in the lab. Fig. 1 –View of a BeeGIS project showing a geonote with sketch. In the down-left frame, a GPS information are reported. Geonote is divided in three tabbed areas. The first enables a drawing area dedicated to sketches, the second accepts textual input inserted by keyboard and the third, called mediabox, accepts the dragging of documents into the note's area. The inserted documents are stored into a filebased HSQLDB database. By double clicking on inserted document, this is FUTURE DEVELOPMENTS Other tools are under development at the moment: 48 BEEGIS: A NEW OPEN SOURCE TOOL FOR MOBILI GIS APPLICATION Fig. 2 – The annotation tool allow to draw and handwrite directly on a layer. It is possible to choose width, colour and trasparency of the lines (left down frame). A Field book (see also BRINER ET AL., 1999) will allow to collect every Geonote (with text, sketches, pictures) in a well structured digital book. Browsing the page of the field book, a direct link location will be activate and the feature having an associate Geonote will be higlited. A Form editor will be developed to create customized forms which can be used for data entry during field work. This tool will be very helpful especially when the mapper must work within the simplified bounds of the interface prepared by the manager for the quick insertion of information (HOWARD, 2002; BRODARIC, 2004). Each time that a cartographic element is added in a theme, the appropriate form appears for the insertion of the data that must be gathered for the associated layer. Other features will be added to BeeGIS also tacking in account the needs of possible future contributors. In order to download the up-date version of the software and to join the community of users and developers, you can connect to www.beegis.org. REFERENCES AKCIZ S.O., SHEEHAN D.D., NIEMI N.A., NGUYEN H., HUTCHISON W.E., CARR C.E., HODGES K.V., BURCHFIEL B.C. & FULLER E. (2002) - What does it take to collect GIS data in the field? Proceedings of GSA Annual Meeting. Denver,185-9.(http://www.geosociety.org/meetings/2002/) BRINER A.P., KRONENBERG H., MAZUREK M., HORN H. ENGI, M. & PETERS T. (1999) - Fieldbook and geodatabase-tools for field data acquisition and analysis. Computers & Geosciences, 25 (10), 1101-1111. BRODARIC B. 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(2006) - Digital Geological Mapping with Tablet PC and PDA: a comparison. Computer & Geosciences, 32 (10), 1682-1698. Rendiconti online Soc. Geol. It., Vol. 8 (2009), 50-58 Applicazione dei GIS nello studio dei fenomeni di debris flows dell'Appennino umbro-marchigiano (Regione Marche, Italia) P. FARABOLLINI (*) & E. SPURIO (*) ABSTRACT Applicazione dei GIS nello studio dei fenomeni di debris flows dell'Appennino umbro-marchigiano (Regione Marche, Italia) The present research regard a first geomorphologic and statistical approach to the knowledge and definition of the genesis of the mechanism and the main characteristics of debris flow phenomena that affected the calcareous areas of the Sibillini chain. The study is carried out with the GIS technology through the creation of a database that contain geometric and morphological parameters of debris flow phenomena. The study area is represented by the Adriatic slope of the Sibillini chain belonging the 325 sheet of the Regional Technical Chart (C.T.R.) of the Marche Region: it deal of an area characterized by presence of mainly calcareous lithology, frequently covered by quaternary continental deposits, and the slopes with high energy of relief and transversal valleys strong deepening and influenced by Plio-Quaternay tectonic. In the study area we are evidenced two main objectives: - the first to provide a survey about the genesis and dynamic of debris flow processes, through their localization, cataloguing, sampling and restitution in georeferentied data base, subsequently represented by the census forms; - the second, that have request the statistical elaboration of acquired data to give a case histories of debris flow events in the study area, with the possibility to extrapolate the evaluative informations (dynamic evolution of debris flows, time of recurrence, removal volume of materials, formulation of dynamic evolution of debris flow processes, to the environmental planning, etc.) applied to the territories that have the same geo-lithological and morpho-climatic characteristics of the studied areas. The debris flows in the study area, well distributed in the whole apenninic chain and apart from lithological domain, occurre prevalently during the summer connected with stormy rainfalls, short and severe, and in minor measure, during the autumn or spring, connected with plentiful rainfalls increasing of snow melting. Most of debris flow phenomena are produced along the slope very steep characterized by the top with a considerable quantity of detritus, stratified or not, easy remobilized, where the bedrock is very intensely fractured or stratified. The debris flow phenomena are produced inside the channels or the valleys that characterized the bedrock, building at the bottom of valleys very large alluvial fans or producing aggradation until some kilometres. Nevertheless in some cases it is possible to verified that these processes utilize the old avalanche channels characterized by the presence of melted detritus, easily removed. In fact the strong contribution of the trigger of debris flow processes is conditioned by the presence of snow during the some part of the winter. During the warm periods the snow melted facilitate the saturation of the debris body that slip at the bottom of the valleys. _________________________ (*) Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Camerino, Camerino (Mc) Lavoro eseguito nell’ambito del progetto CIPE 2003 con il contributo finanziario dell’Università di Camerino, fondi di Ateneo. Responsabile prof. Farabollini Key words: Debris flows, Geomorphological analysis, GIS, Italy, Umbro-marchean Apennine. INTRODUZIONE Nell’ultimo decennio l’aumentata frequenza di occorrenza di eventi parossistici nel territorio montano e la conseguente interferenza con le strutture antropiche del territorio stesso hanno generato un maggior interesse, sia nell’ambito della pura ricerca scientifica che nell’ambito delle attività di pianificazione territoriale, ai fenomeni di intenso trasporto di materiale solido, generalmente identificati con i termini debris flows o colate di detrito. Con tale denominazione vengono compresi quei processi naturali che avvengono lungo pendii ricoperti da materiale detritico sciolto o debolmente cementato ed interpretati come flussi di una mistura solido-liquida composta da grani non coesivi di dimensione uniforme, circondati da un fluido newtoniano (TAKAHASHI, 1991). Affinché possa innescarsi un fenomeno di debris flow è chiaramente necessaria una critica combinazione di fattori predisponesti, quali quelli idrologici e idrogeologici, e di particolari assetti geomorfologici e specifiche caratteristiche dei materiali. Caratteri geometrici, quali l'angolo del pendio e lo spessore dei depositi, o i parametri geotecnici del materiale, quali permeabilità e resistenza al taglio dei suoli, giocano un ruolo fondamentale nell'influenzare i meccanismi di rottura e di propagazione delle masse lungo i pendii (COSTA, 1984; JOHNSON & RODINE, 1984; INNES, 1993; SEMINARA & TUBINO, 1993; COUSSOT & MEUNIER, 1996; CHENG-LUNG, 1997; IVERSON et alii,1997). I processi di debris flows che caratterizzano l’appennino umbro-marchigiano, sono stati relativamente poco studiati, (BUCCOLINI et alii, 1989; GUZZETTI & CARDINALI, 1991; DRAMIS et alii, 2002; GENTILI, 2002; CONVERSINI et alii, 2005; FARABOLLINI, 2005), prediligendo soprattutto l’aspetto dinamico e solo marginalmente l’aspetto prettamente geomorfologico. Il presente studio, che prende in considerazione l’area ricadente all’interno dei Fogli 324 e 325 della CTR della Regione Marche (Fig. 1), inserendosi nel contesto delle conoscenze attuali, vuole fornire, attraverso un’indagine geomorfologica di dettaglio di questi processi, e proponendo una analisi statistica di tali fenomeni tramite strumenti informativi e tecniche GIS, elementi utili per una approfondita 51 comprensione della fenomenologia e dei parametri che li condizionano e ne caratterizzano la pericolosità. L’analisi si basa anche sulla ricerca storica che permette di avere un quadro spazio-temporale dei fenomeni; in particolare ampio spazio viene dato alla caratterizzazione delle conoidi alla base del versante dando indicazioni sulla frequenza degli eventi, sulle variazioni delle caratteristiche d’alveo e sull’incidenza antropica sulla conoide stessa (KELLERHALS & CHURCH, 1990; WHIPPLE & DUNNE, 1992; AA.VV., 1996; CERINI et alii, 1998; REGIONE PIEMONTE, 1999; FOSSATI et alii, 2001). medie annue variano tra i 12,5°C ed 15,5°C; il mese più freddo è gennaio (3,5°C circa) e le temperature massime si registrano in luglio ed agosto (22°C circa). L’escursione termica annua si attesta tra 17 e 19°C mentre quella giornaliera si aggira attorno ai 10°C. Una considerazione deve essere fatta per quanto riguarda gli effetti dell’antropizzazione sul territorio analizzato in quanto, nel versante adriatico dell’Italia centrale, l’impatto antropico assume una valenza morfogenetica, a partire dal XVI secolo, con l'avvio di attività agro-silvo-pastorali ed estese CARATTERISTICHE FISIOGRAFICHE DELL’AREA DI STUDIO L’area di studio, è rappresentata per la quasi totalità dalla catena dei monti Sibillini, tra Monte Priora a nord e Monte Vettore a sud (Fig.1). In particolare tale area è caratterizzata dalla catena montuosa appenninica e dalla zona di raccordo tra i rilievi montuosi e le adiacenti aree più depresse, dove prevalgono le litologie calcaree e calcareo-marnose e/o silicee, e dove le quote sono generalmente al di sopra dei 1500m slm. Il paesaggio è caratterizzato da creste sommitali per lo più arrotondate e parallele, con elevati valori dell’energia di rilievo (che può superare i 1000 m) e di acclività (anche oltre il 40%). I processi morfogenetici attuali prevalenti sono quelli gravitativi; sono inoltre presenti fenomeni di ruscellamento, che tendono a dare origine anche ad estese aree per lo più denudate, e processi di dissoluzione chimica (carsismo) di una certa importanza. Le rocce affioranti sono per lo più costituite da calcari stratificati e/o massivi, calcari marnosi e calcari selciferi ai quali si alternano marne e marne calcaree (Trias – Eocene). Gli strati sono disposti in strutture anticlinoriche (Fig. 1) il cui assetto è complicato dalla presenza di thrust a vergenza adriatica, faglie normali e transtensive a direzione appenninica e antiappenninica (CENTAMORE & DEIANA, 1986) che conferiscono alle litologie sopra descritte una diffusa e pervasiva fratturazione e fessurazione, all’origine dei notevoli accumuli detritici. I depositi superficiali sono dati prevalentemente da coperture detritiche, moreniche (all’interno delle valli di origine glaciale), corpi di frana ed eluvio-colluviali, i cui spessori, anche di diversi metri, possono variare in rapporto alla morfologia dei versanti. Le caratteristiche climatiche dell’area di studio, determinate sulla base dei dati riferiti al periodo 1921-2003, risultano piuttosto omogenee in tutta l’area di studio: la piovosità media annua è compresa tra i 600 mm della costa ed i 1100 mm della fascia montana; il numero dei giorni di pioggia è compreso tra 60 e 75, pur con una forte variabilità intrannuale; le intensità medie giornaliere sono di 10-12 mm. Il regime pluviometrico dominante è di tipo sublitoraneo, con un massimo assoluto mensile in novembre; l’autunno risulta essere la stagione più piovosa, con un secondo massimo in primavera. La stagione estiva è piuttosto secca, ma, di norma, non siccitosa. Infatti, raramente i periodi senza precipitazioni superano i 40 giorni e sono più frequenti i fenomeni temporaleschi di tipo convettivo-orografico. Le temperature Fig. 1 – Area di studio. 1- Ghiaie, sabbie e argille (Quaternario); 2- Argille e argille marnose con intercalazioni di arenarie, sabbie e conglomerati (Pliocene inferiore – Pleistocene inferiore); 3- Arenarie, argille marnose e subordinatamente conglomerati (Miocene medio-superiore); 4- Marne, marne argillose e calcari marnosi (Eocene superiore – Miocene superiore); 5- Calcari, calcari selciferi e, subordinatamente, marne e marne argillose (Trias medio – Eocene medio); 6- Sovrascorrimenti; 7- Faglie normali; 8- Faglie trascorrenti; 9- Anticlinali; 10- Sinclinali; 11- Dorsale umbro-marchigiana; 12- Dorsale marchigiana; 13- Area periadriatica. ampiamente anche nei secoli successivi. Il notevole ricorso alle pratiche di diboscamenti delle aree montane, ha favorito l’attivazione di rapidi ed intensi processi erosivi, che spintisi fino al livello regolitico, rendevano impossibile il prosieguo dell'attività agricola o pastorale, costringendo l'agricoltore a spostarsi su altre aree dove ripetevano le stesse pratiche (GENTILI, 2002). Un ulteriore ed importante fattore di controllo dell’intensa morfodinamica può essere individuato nelle variazioni climatiche quaternarie (PINNA, 1984), ed in particolare nella cosiddetta “Piccola Età Glaciale”, che hanno favorito l’innesco a volte di imponenti processi gravitativi e soprattutto di fenomeni di debris flows (FARABOLLINI, 2005; MATERAZZI et alii, 2008). METODOLOGIA DI LAVORO L’analisi si è svolta in tre fasi principali: 1- La prima fase dell’attività, ha interessato l‘analisi dei lineamenti fisiografici e morfo-climatici del territorio comprendente la dorsale carbonatica umbro-marchigiana ed un rilevamento geologico-geomorfologico di dettaglio al quale ha fatto seguito campionature sui materiali costituenti la zona di alimentazione del debris flow e la zona di accumulo; 2- Nella seconda fase dell’attività è stata strutturata una 52 APPLICAZIONE DEI GIS NELLO STUDIO DEI FENOMENI DI DEBRIS FLOWS DELL’APPENNINO UMBRO-MARCHIGIANO (REGIONE MARCHE, ITALIA) bozza di archivio informatico da associare alla cartografia realizzata. Attraverso la realizzazione, aggiornamento e l’interrogazione delle informazioni contenute, si è cercato di ipotizzare una modellizzazione di detti flussi e di stabilirne le caratteristiche principali sia da un punto di vista reologico che morfometrico, funzionali per una definizione delle soglie di innesco dei fenomeni di debris flows dell’appennino umbromarchigiano. I dati raccolti sono stati organizzati in schede sperimentali di censimento, elaborate specificatamente per ognuno degli eventi individuati. In esse sono contenuti i vari tipi di elementi ottenuti (caratteristiche geometriche, morfologiche, dinamiche, fisico-meccaniche, ecc.) rappresentati secondo diverse modalità (foto, schemi evolutivi, cartografie georeferenziate e richiami alla banca dati locale) al fine di realizzare cartografie tematiche (Carta della localizzazione delle colate detritiche con definizione della superficie areale; Carta dell’esposizione dei bacini idrografici inerenti i fenomeni censiti; Carta degli spessori dei depositi amovibili; Carta delle Pendenze dei fenomeni; Carta delle Acclività; Carta delle probabili valanghe e interazione diretta con i debris-flows, ecc.); 3- La terza fase dell’attività è stata impostata in modo da offrire un quadro esaustivo delle caratteristiche dinamiche dei fenomeni in funzione della prevenzione e mitigazione del rischio da colata detritica, attraverso a) la delimitazione dei fenomeni ritenuti più caratteristici, eseguendo analisi di dettaglio periodiche e, principalmente dopo fenomeni atmosferici rilevanti e b) l’analisi statistica generalizza a tutti i fenomeni censiti, utile per redigere un modello evolutivo integrato e aggiornato, il quale potrà risultare fondamentale per la classificazione del rischio e soprattutto per la definizione delle tipologie di intervento più idonee, ed eventualmente per la realizzazione di linee guida, fruibili a ampio spettro, sulle modalità di conoscenza, controllo ed intervento dei fenomeni di debris flows. In definitiva, lo scopo del lavoro è stato quello di cartografare tramite GIS i Debris Flows presenti nei fogli 324 e 325 della CTR Marche in modo da poter calcolare sulle forme, i parametri morfometrici e geometrici riguardanti gli stessi e sui bacini idrografici. Tutto ciò per avere un’analisi più esaustiva possibile delle caratteristiche di ogni singolo evento, necessaria al “processing” dei dati e funzionale a ricavare un modello reologico generalizzato sui Debris Flows dell’appennino Umbro-Marchigiano. Tutte le informazioni raccolte sono state rielaborate ed organizzate in modo da permettere una restituzione cartacea comprensibile, al fine di contribuire alla realizzazione di un modello informativo univoco e facilmente consultabile. Questo genere di archiviazione e restituzione dei dati acquisiti è avvenuta attraverso la stesura sperimentale di “Schede informative di Censimento”, elaborate specificatamente per ognuno degli eventi di Colate Detritica individuati, anche sulla base di quanto proposto da altri Autori (KELLERHALS & CHURCH, 1990; AA.VV., 1996; CERINI et alii, 1998; REGIONE PIEMONTE, 1999; TROPEANO & TURCONI, 1999; FIORASO, 2000; FOSSATI et alii, 2001). Le Schede censimento, pertanto, fungono da testo e restituzione dei diversi elementi acquisiti: testimonianze storiche scritte ed orali degli eventi; dati bibliografici e cartografie tematiche; materiale fotografico storico e recente; rilevamento di campagna, analisi aerofotografia, dati meteorologici etc. La struttura delle schede può essere riassunta in 4 parti: la prima, inerente la presentazione dell’evento, in cui si rendono note l’ubicazione e la localizzazione dello stesso. Vengono inoltre riportati i riferimenti cartografici e lo stralcio della carta Geomorfologica alla scala 1:10.000 redatta leggermente modificando la legenda proposta dal Servizio Geologico Italiano per la realizzazione del progetto CARG Geomorfologico. La seconda, dedicata alla caratterizzazione dell’elemento, dove si definiscono i parametrici morfometrici come quote, lunghezze, dislivelli ecc. e successivamente del bacino idrografico che lo contiene. In questa fase di lavoro si è prestata particolare attenzione a due voci, una relativa alla colata, l’altra relativa al bacino. Per la prima vengono riportate le differenti tipologie di distribuzione di attività (BISCI & DRAMIS, 1991; TROPEANO & TURCONI, 1999): libero (moving): movimento in cui il materiale spostato continua a muoversi ma in cui la superficie di rottura non mostra variazioni apprezzabili; retrogressiva (retrogressing): se la superficie di rottura si estende in senso opposto a quello del movimento del materiale spostato; comporta l'arretramento della scarpata principale; in avanzamento (advancing): se la superficie di rottura si estende nella direzione del movimento. Si realizza o attraverso la formazione di superfici di scorrimento multiple (cioè formatesi contemporaneamente) o successive (cioè formatesi in tempi diversi) o per semplice avanzamento del piede; in allargamento (widening): se la superficie di rottura si estende su uno o entrambi i margini laterali; multi-direzionale (enlarging): se la superficie di rottura si estende in due o più direzioni; in tal modo viene continuamente aggiunto materiale al volume del materiale spostato. confinato (confined): movimento in cui è presente una scarpata ma in cui non è visibile la superficie di scorrimento al piede della massa spostata, probabilmente dovuti alla compressione ed al rigonfiamento del materiale al piede. Per quanto riguarda il bacino idrografico invece si è preso in considerazione “l’esposizione dei versanti” in quanto tale elemento condiziona la meteorizzazione del substrato roccioso e la stabilità dei terreni ed è funzione del microclima che può influire favorendo il deterioramento delle rocce e la formazione di coperture e suoli. La terza parte, si riconduce alle informazioni riguardanti il bacino e riporta la carta dell’esposizione dei versanti ottenuta dal DEM “Modello Altimetrico Digitale” e il relativo profilo longitudinale. Nell’ultima, vengono riportate le notizie storiche riguardanti la localizzazione, il periodo, i danni provocati, il tipo di fenomeno e la citazione dell’area interessata dal fenomeno di flusso detritico; inoltre è riportata una documentazione fotografica del fenomeno in oggetto. P. FARABOLLINI & E. SPURIO Nell’area in studio sono stati censite circa 152 colate detritiche per le quali è stata scelta una classificazione in attive, allorquando il fenomeno è stato riscontrato in atto o ricorrente a breve ciclo (quindi secondo una frequenza stagionale o annuale), quiescenti, quando le evidenze geomorfologiche hanno fatto dedurre un obiettiva possibilità di riattivazione. La scheda proposta di seguito (Fig. 2), ed opportunamente compilata, fa riferimento al fenomeni di Vallinfante, che ha manifestato attività nel corso dei secoli, con eventi estremi nel XII-XIII, XV e XIX secolo e particolarmente disastrosi nel 1494, 1807, 1858 e 1906 (BUCCOLINI et alii, 1989; GENTILI, 2002). I FENOMENI DI DEBRIS FLOWS DELL’APPENNINO UMBRO-MARCHIGIANO Il rilevamento geomorfologico di dettaglio sull’area di studio, effettuato alla scala 1:10.000 ha permesso di riconoscere e cartografare circa 150 fenomeni di debris flows, distribuiti principalmente nelle aree a più forte acclività e con maggior Fig. 2 – Scheda censimento debris flow compilata per la situazione di Vallinfante. 53 presenza di materiali sciolti di natura poligenica. In particolare l’analisi geomorfologia ha permesso di verificare che circa il 70% di tali processi sono attivi mentre il restante 30% non hanno manifestato recente attività, pur non potendosi considerare ancora inattivi (Castelsantangelo sul Nera, 1906; Nocelleto, 1946; Visso, 1959). Le colate detritiche, distribuite in modo continuo lungo tutto l’arco appenninico e indipendentemente dal dominio litologico, avvengono in netta prevalenza nei mesi estivi (per fenomeni temporaleschi) e autunnali (per precipitazioni abbondanti), con frequenze particolarmente elevate nei mesi di luglio e novembre (Fig. 3). I debris flows si incanalano solitamente all’interno di canaloni e vallecole molto incise che già caratterizzano il substrato stesso, producendo al piede dei versanti, conoidi detritici anche molto estesi, o sovralluvionando valli anche per qualche km di lunghezza (Fig. 4). 54 APPLICAZIONE DEI GIS NELLO STUDIO DEI FENOMENI DI DEBRIS FLOWS DELL’APPENNINO UMBRO-MARCHIGIANO (REGIONE MARCHE, ITALIA) Fig.2 – Continua Un elemento al quale è stato dato ampio significato è quello relativo alla natura dei materiali detritici coinvolti e che costituiscono il materiale dell’area sorgente, distinto in “attivo” e “in temporaneo equilibrio” dove il primo è rappresentato dai materiali detritici suscettibili al moto, che si trovano attualmente nell’alveo o lungo le scarpate dell’incisione fluviale, mentre il secondo è quello che si trova lungo i versanti e che attualmente non manifestano indizi di movimento incipiente: tali accumuli, che presentano superfici complessive a luoghi anche notevoli, sono caratterizzate dalla presenza di detrito a grossi elementi ed in alcuni casi anche da blocchi di roccia di dimensioni ragguardevoli. Al materiale di natura detritica (morene, detriti di versante, corpi di frana, ecc.) (Tab. 1) comunque contribuisce anche la forte fratturazione e fessurazione di origine tettonica del substrato roccioso che in queste aree rappresenta una componente notevole nella produzione di detrito sciolto. Fig. 3 - Istogrammi relativi ad alcune caratteristiche geomorfologiche dei debris flows dell’area di studio. P. FARABOLLINI & E. SPURIO Argilla + Limo Sabbia Ghiaia Ciottoli Blocchi Foce Apice conoide 0,00% 0,00% 65,38% 34,62% 0,00% Foce Area sorgente Foce loc.Laghetto (zona alimentazione) Foce loc. Laghetto (apice conoide) Calcara di Ussita (zona alimentazione) Acquacanica (zona alimentazione) Nocelleto Rapegna (zona alimentazione) Nocelleto Rapegna (base conoide) Nocelleto Rapegna (conoide) Pretare-Vettore (zona alimentazione) Pretare-Vettore (apice conoide) Vallazza di Ussita (zona alimentazione) Vallestretta (zona alimentazione) Vallestretta (base conoide) Vallinfante (zona alimentazione) Vallinfante (apice conoide) 0,00% 0,00% 88,62% 11,38% 0,00% 0,00% 0,00% 69,17% 30,83% 0,00% 0,00% 0,00% 76,97% 23,03% 0,00% 0,00% 0,00% 82,89% 17,11% 0,00% 0,00% 0,08% 74,47% 25,45% 0,00% 0,00% 0,02% 99,98% 0,00% 0,00% 0,09% 6,56% 86,13% 7,22% 0,00% 0,01% 0,06% 99,93% 0,00% 0,00% 0,10% 0,40% 25,99% 0,00% 0,00% 0,00% 73,51% 100,00 % 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 30,44% 0,00% 0,00% 0,00% 69,56% 100,00 % 0,00% 0,00% 0,12% 1,04% 85,14% 13,70% 0,00% 0,00% 1,00% 77,34% 21,64% 0,02% 0,00% 0,00% 78,34% 21,66% 0,00% Denominazione Fig. 4 – Panoramica della valle di Vallestretta nel comune di Ussita. Ai fini di una valutazione del materiale rimobilizzato sono state eseguite analisi granulometriche in situ ed in laboratorio, utilizzando la Normativa ASTM D 421; sono stati realizzati campionamenti del materiale sia a monte che a valle della zona di scorrimento del debris flow alfine di meglio evidenziare le caratteristiche del materiale sorgente e del materiale effettivamente rimobilizzato ed in alcuni casi si è proceduto al campionamento del deposito di conoide. I materiali coinvolti sono generalmente dati da detriti delle dimensioni delle ghiaie grossolane (Tab. 2), anche perchè tale materiale è quello prodotto in tali aree per le caratteristiche litostrutturali del substrato che affiora nell’area in parola solo eccezionalmente si possono produrre debris flows con materiale coinvolto delle dimensioni dei blocchi. Inoltre l’analisi ha evidenziato che la zona di innesco risulta distribuita in un campo di pendenze superiori ai 20°, mentre quella di propagazione è distribuita tra 3° e 40° con concentrazione di eventi di trasporto tra i 5° e i 20° ed in fine le aree di deposito e di arresto sono concentrate su pendenze variabili tra 2° e 7° (Fig. 5). Dal punto di vista morfometrico, i debris flows mostrano una lunghezza generalmente molto maggiore della larghezza; il loro rapporto è di molto superiore a 10:1 arrivando, in alcuni casi, anche a valori prossimi a 50:1, in accordo con quanto verificato per le aree alpine (CROSTA et alii, 1990; NIEUWEINHUIJZEN & VAN STEIJN, 1990; RIKENMANN & ZIMMERMAN, 1993; GOVI et alii, 1994; DEANGELI & GIANI, 1996; VAN STEIJN H. 1996; TROPEANO & TURCONI, 1998b; BERTI et alii, 1999; CNR-GNDCI, 1999; DEGANUTTI et alii, 1999; FIORASO, 2000). La distanza d’arresto varia e dipende da diversi fattori quali, le caratteristiche geometriche e morfologiche dell’alveo o del versante, le caratteristiche del materiale coinvolto e il suo volume. In alcuni casi il materiale deposto risulta classato; infatti, in molti dei casi analizzati, nella zona di arresto, è possibile riconoscere una spiccata separazione tra depositi caratterizzati da granulometria più fine e quelli a granulometria maggiore, dove questi ultimi costituiscono, di norma, il fronte della colata. 55 Tab. 1 – Analisi granulometrica sui depositi dei principali debris flows dell’area di studio. Inoltre tale analisi, pur ancora incompleta, perché riguarda solamente una piccola porzione dell’Appennino umbromarchigiano, ha permesso di evidenziare come tali processi non presentino una stretta relazione con gli eventi sismici che caratterizzano l’area, anche se è stato possibile constatare come in occasione di eventi meteorici anche non troppo significativi, successivi ad una scossa sismica, si siano prodotti localizzati debris flows a seguito della rimobilizzati dei materiali detritici sciolti per effetto dello scuotimento sismico (FARABOLLINI, 2006). Un ulteriore considerazione deve essere fatta per quanto riguarda il rapporto esistente tra debris flows e valanghe che interessano la porzione più rilevata dell’area di studio: molte colate detritiche torrentizie interpretate, soprattutto alle quote più elevate, come valanghe (NEVINI, 1998), in quanto i materiali detritici si attivano grazie soprattutto a tale fenomeno, dove, la presenza della neve ed il suo successivo scioglimento, ne permette la saturazione, facendone assumere le caratteristiche di un debris flow, sfruttando le vie preferenziali create dall’azione delle valanghe per proseguire il loro moto verso il fondovalle. Infine un ultima considerazione deve essere fatta per quanto riguardano quelle aree che nel passato sono state oggetto di incendi e che pertanto, al pari di disboscamenti antropici, hanno dato origine a versanti intensamente denudati che, in concomitanza di precipitazioni anche non particolarmente intense, possono essere oggetto di fenomeni di debris flows. Nell’area in parola tuttavia non vi sono evidenze 56 APPLICAZIONE DEI GIS NELLO STUDIO DEI FENOMENI DI DEBRIS FLOWS DELL’APPENNINO UMBRO-MARCHIGIANO (REGIONE MARCHE, ITALIA) Località del genere. Macchie di Castelsantangelo sul Nera Valleinfante di Castelsantangelo sul Nera Acquacanica Gualdo di Castelsantangelo sul Nera Vallestretta di Ussita Vallazza di Ussita Calcara di Ussita Nocelleto-Rapegna Pretare-Monte Vettore Lunghezza e larghezza Lunghezza 2,8km Larghezza 400m Volume di materiale e genesi 20 milioni di m3; Depositi detritici vari Forma, Argini Assenza di argini Valle sovralluvionata Attività Attivo Lunghezza 3,2 km Larghezza 400m Circa 14 milioni di m3 Depositi detritici vari e corpi di frana Assenza di argini Valle sovralluvionata Attivo Lunghezza 400m Larghezza 14m Detrito prevalentemente calcareo Quiescente Lunghezza 500m Larghezza 10m Detrito prevalentemente calcareo Assenza di argini Conoide detritico alla base Argini poco abbozzati Valle sovralluvionata Lunghezza 1,5 km; Larghezza zona di accumulo 350m Lunghezza 3 km; Larghezza porzione terminale 350m Lunghezza 4 km Larghezza 600 m Dell’ordine delle centinaia di migliaia di m3 Detrito calcareo Intorno al milione di m3; depositi detritici vari Lunghezza 1,3km; Larghezza porzione terminale 140m; Lunghezza 1 km Larghezza 140 m 25 milioni di m3 Depositi detritici e depositi morenici Detrito prevalentemente calcareo Detrito prevalentemente calcareo Piano San Lorenzo (monte Vettore) Lunghezza 2,2 km Larghezza 130 m Detrito prevalentemente calcareo Castro di Montegallo Lunghezza 2 km Larghezza 140 m Depositi detritici e depositi morenici Foce di Montemonaco Lunghezza 800m Larghezza 120m Detrito prevalentemente calcareo Quiescente Assenza di argini Valle sovralluvionata Attivo Assenza di argini Valle sovralluvionata Attivo Assenza di argini Esteso conoide detritico alla base Assenza di argini Esteso conoide detritico alla base Presenza di argini ben definiti Conoide detritico alla base Assenza di argini Esteso conoide detritico alla base Assenza di argini Esteso conoide detritico alla base Presenza di argini Esteso conoide detritico alla base Attivo Quiescente Attivo Attivo Attivo Attivo ghiaccio, acque di falde poco profonde, sorgenti, ecc.). Tab. 2 – Principali caratteristiche geomorfologiche dei più evidenti fenomeni di debris flow dell’area di studio. CONCLUSIONI Lo studio sulle colate detritiche del versante adriatico dell’Appennino umbro-marchigiano, ricadente all’interno dei fogli 324 e 325 della CTR Marche, ha permesso di verificare come tali eventi siano costantemente presenti, con ricorrenze a volta stagionali, ed abbiano costituito un elemento morfodinamico molto importante nell’evoluzione quaternaria del paesaggio montano. L’analisi statistica effettuata sui 150 fenomeni di debris flows riconosciuti nei Monti Sibillini, ha permesso soprattutto di verificare come le principali condizioni predisponesti possono essere ricondotte: 1- nell’assetto stratigrafico (pendenze elevate, in genere superiori al 35-40%), 2- nelle caratteristiche giaciturali (intensa fratturazione associata a fitta stratificazione ed alternanza litologica), 3- nella maggiore entità di tettonizzazione di alcune aree per presenza di thrusts e faglie inverse, 4- nella presenza di notevoli quantità di materiale sciolto poco classato (detriti, corpi di frana, morene, ecc.), 5- nella presenza di acqua (neve, Tale studio, pur presentando limitazioni da un punto di vista idrodinamico (dinamica di trasporto dei sedimenti, valutazione delle soglie di innesco dei debris flows, ecc.), rappresenta un primo passo nello studio di tali fenomeni che, Fig.5 – Mappa 3D dell’area di Castelsantangelo sul Nera. In bianco le aree interessate da fenomeni di debris flows. pur essendo alquanto frequenti e caratteristici di quest’area dell’Appennino umbro-marchigiano, purtroppo sono stati poco P. FARABOLLINI & E. SPURIO studiati, soprattutto in funzione della loro notevole pericolosità. Da tali presupposti e dai risultati ottenuti con il presente studio, sarà possibile effettuare considerazioni e valutazioni di tipo pianificatorio sulle aree soggette o comunque interessate da tali eventi, con il fine di predisporre adeguati interventi di mitigazione e di salvaguardia di un territorio, che se pur ancora poco antropizzato, tuttavia risulta ad elevato rischio idrogeologico, soprattutto per tale tipologia di fenomeni. REFERENCES AA.VV., 1996. Alluvial fan flooding. National Academy Press, Washington, 182pp. BERTI M., GENEVOIS R., SIMONI A. & TECCA P.R., 1999. Field observations of a debris flow event in the Dolomites. Geomorphology, 29, 265-274. BISCI C. & DRAMIS F., 1991. 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