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KAZAKISTAN . 1
ni della sua presidenza, che coincidono con quelli del Kazakistan indipendente, il benessere dei
di dirigere lo Stato perfino qualora cessi di esserne il presidente. Una legge speciale lo paragonava al Mahatma
Gandhi, a George Washington, a Kemal Ataturk. Nazarbayev si schermiva, ma i deputati erano irremovibili. «È
la volontà del popolo», dicevano. «Beh, se le cose stanno così, vuol dire che non c’è scelta», si è “arreso” alla fine il presidente.
In Kazakistan si arriva a conflitti politici aperti solo
quando i deputati, indovinando il desiderio popolare,
decidono di aumentare o di prolungare il potere di Nazarbayev, di nominarlo sovrano a vita o, più modestamente, di dare il suo nome alla capitale. Dalla maggior
suoi cittadini è aumentato decine di volte, suscitando l’invidia dei vicini uzbeki, kirghizi, turkme-
Nursultan Nazarbayev brinda con Hu Jintao.
Nursultan Nazarbayev,
il khan della steppa
Grazie ai miliardi dei petroldollari occidentali Nazarbayev ha costruito uno Stato che, nel contesto postsovietico dell’Asia centrale, può venir definito moderno, ricco e liberale.
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Niente
di strano, dunque, se i kazaki non vedono alcun motivo per allontanarlo dal potere per il
solo fatto di averlo esercitato troppo a lungo.
Da un sondaggio effettuato in primavera dall’Istituto Gallup è risultato che i “sudditi” di
Nazarbayev, in maniera praticamente univoca,
si augurano che continui a governare.
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di Wojciech Jagielski
ursultan Nazarbayev ha appena vinto le ultime elezioni in Kazakistan (ha raccolto la quasi totalità dei
voti e in suo favore ha votato anche l’opposizione),
prolungando il suo mandato tanto da renderlo uno dei
più longevi fra tutti i leader mondiali. Nazarbayev ha già
annunciato che parteciperà anche alle prossime elezioni, previste fra sette anni. E potrà farlo quante volte vorrà: glielo consentono leggi speciali, deliberate da un parlamento di cui fanno parte esclusivamente i suoi sostenitori. E tutte le volte che il “sovrano” kazako desidererà
partecipare alle elezioni le vincerà e riceverà praticamente tutti i voti dei suoi “sudditi”. I suoi cortigiani si sono
N
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Negli an-
addirittura accorti del fatto che elezioni dall’esito tanto
scontato non costituiscono altro che una perdita di tempo e di denaro. All’inizio dell’anno una loro petizione,
che chiedeva di non convocare altre elezioni e di prolungare subito il governo di Nazarbayev almeno fino al 2020,
ha raccolto le firme di un terzo degli abitanti. L’idea però
è poi stata cassata, per non mettere in imbarazzo l’Occidente, con la cui benedizione il Kazakistan nel 2010 ha
presieduto l’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa, salvaguardia delle leggi e dei costumi democratici.
Questo era, da anni, il sogno di Nazarbayev. Da quando aveva assunto il potere vagheggiava un Kazakistan
ponte fra Oriente e Occidente. L’Occidente ha soddisfatto il suo capriccio, pur senza ritenere trasparente nessuna delle consultazioni elettorali svoltesi nel corso della
storia ventennale del Kazakistan indipendente (delle
quali ha però riconosciuto, senza alcun imbarazzo, i risultati). I leader occidentali spiegavano che questo onore avrebbe invogliato Nazarbayev ad un più spiccato
esercizio democratico e che era quanto aveva promesso
solennemente.
Quando, al termine della sua presidenza dell’Osce,
ospitando i leader del mondo occidentale, Nazarbayev
vantava che i kazaki, discendenti di Gengis Khan, «avevano costruito la democrazia dove prima non esisteva»,
i suoi cortigiani stavano appunto redigendo la petizione
atta a cancellare le inutili elezioni e a prolungare il regno
del loro sovrano. Già durante la presidenza Osce Nazarbayev è stato nominato Elbasha, ‘guida del popolo’, colui che non è soggetto a giudizi e cui spetta il privilegio
Pool / Ap Photo / H.H. Young
ni o tagiki, sconvolti dalle guerre.
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parte dei duelli Nazarbayev esce sconfitto. A gennaio però si è impuntato e non solo non ha accettato che, al posto di nuove elezioni, il suo governo venisse prolungato,
ma ha bandito per il 3 aprile delle elezioni anticipate, che
di norma avrebbero dovuto aver luogo solamente nel
2012. Sicuro di vincere, non ha fatto nessuna campagna
elettorale e ha rifiutato di partecipare ai dibattiti televisivi con gli altri pretendenti. «Se il presidente si misurasse con loro, sarebbe una scorrettezza nei confronti dei
suoi rivali», ha ammesso Marat Sarsenbayev della commissione centrale elettorale. «Nel pugilato ogni professionista deve combattere nella sua categoria. I microbi
non vanno a misurarsi contro i giganti».
Prima di diventare un campione politico dei pesi mas-
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a terra kazaka cela una quantità impressionante
di ricchezze minerarie e, subito dopo la dichiarazione di indipendenza, vi sono stati scoperti i
giacimenti di uranio e di petrolio più vasti al mondo. Era
mezzo secolo che non se ne vedevano di simili. Nazarbayev li vendette ai commercianti di petrolio occidentali e cinesi, affinché gli investimenti esteri fornissero al
Kazakistan il denaro necessario a costruire uno Stato indipendente e, al tempo stesso, i giacimenti fossero al sicuro dalle tentazioni imperiali di Mosca. Giovane, sorridente, gentile alla maniera asiatica, divenne in breve il
beniamino di banchieri e petrolieri occidentali, che se-
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dusse ulteriormente rinunciando agli arsenali atomici
ereditati dall’impero sovietico. I leader occidentali lo invitavano nei loro salotti, lo prendevano a modello della
trasformazione, lo portavano in palma di mano a dimostrazione della possibilità che un piccolo funzionario sovietico potesse diventare un democratico di sinceri sentimenti civici.
Furono loro a creare il mito del bravo e illuminato khan
kazako, dell’uomo della provvidenza, di colui che risvegliava il popolo assopito a nuova vita. Non li turbava il
fatto che Nazarbayev non nascondesse di subire più il fascino della Cina che non quello della democrazia occidentale. «Democrazia significa anzitutto disciplina e rispetto della legge. Non può esserci democrazia alla catena di montaggio, o mi sbaglio?», ripeteva. «La strada dal
totalitarismo alla democrazia deve passare per l’autoritarismo illuminato».
Grazie ai miliardi dei petroldollari occidentali ha costruito uno Stato che, nel contesto postsovietico dell’Asia centrale, può venir definito moderno, ricco e liberale. Negli anni della sua presidenza, che coincidono con
quelli del Kazakistan indipendente, il benessere dei suoi
cittadini è aumentato decine di volte, suscitando l’invidia dei vicini uzbeki, kirghizi, turkmeni o tagiki, sconvolti dalle guerre. Niente di strano, dunque, se i kazaki
non vedono alcun motivo per allontanarlo dal potere per
il solo fatto di averlo esercitato troppo a lungo. Da un sondaggio effettuato in primavera dall’Istituto Gallup è risultato che i “sudditi” di Nazarbayev, in maniera praticamente univoca, si augurano che continui a governare.
«Alla gente le cose hanno cominciato ad andare bene.
Si sono potuti comprare appartamenti, case, automobili
giapponesi, si sono abituati ad andare in vacanza, a far
acquisti a Dubai, a mandare i figli a studiare all’estero»,
mi ha raccontato uno dei dissidenti kazaki. «Perché cambiare, se le cose vanno tanto bene?»
pubblico viene versato su conti privati in banche svizzere, con la scusa che altrimenti verrebbe sperperato e trafugato dai ministri. Davanti a un tribunale di New York,
da dieci anni, è in corso un processo riguardante bustarelle milionarie che sarebbero state versate dai petrolieri americani ai cortigiani di Nazarbayev per ottenere concessioni petrolifere.
L’organizzazione Transparency International da anni
considera il Kazakistan uno dei Paesi più corrotti del
mondo e già a metà degli anni Novanta il Financial Times aveva inserito i Nazarbayev al potere nell’elenco delle 25 famiglie più ricche al mondo. Il giornale moscovita Novoe vremja ha stimato il patrimonio dei Nazarbayev
in 7 miliardi di dollari. Per edificare in piena steppa la
nuova capitale, Astana, sono stati spesi oltre dieci miliardi di dollari. Vi è stata costruita la tenda del khan più
grande al mondo: al suo interno si trovano un centro
commerciale e una spiaggia artificiale, funzionante persino nel cuore dell’inverno, il più rigido dell’intera Asia.
Nazarbayev sogna di poter organizzare ad Astana le
Olimpiadi invernali. Nei suoi possedimenti fuori città,
nel suo maneggio che conta una cinquantina di destrieri provenienti da ogni angolo della terra, organizza solenni cacce all’orso, alle quali invita i personaggi più influenti e famosi.
Piuttosto che mandare la polizia a casa di avversari politici e di rivali al trono e farli sbattere in galera, Nazarbayev ora se li può comprare: anche a questo è servita la
manna dei petroldollari. I giovani, sempre pronti alla rivolta, li ha chetati con borse di studio per le università
straniere. Ha consentito che la gente si affrancasse, che
si arricchisse. A un’unica condizione: è vietato immischiarsi nella politica e, che Dio ne guardi, pensare di poterlo sostituire al potere. Con coloro che infrangono questa legge è spietato. Una classe media apolitica, sazia e
impigrita deve costituire per Nazarbayev la garanzia di
un governo lungo e tranquillo. L’unica rivalità consentita è quella per i suoi favori.
«Se l’Occidente riteneva che il mercato libero avrebbe
portato la democrazia in Kazakistan, si è sbagliato di
grosso», sostiene il politologo kazako Sergej Duvanov. «Il
risultato è completamente diverso, tutto il potere è nelle
mani di un solo uomo».
«Se Nazarbayev non sa e non consente, nulla in Kazakistan ha diritto di esistere», aggiunge uno dei leader dell’opposizione, Piotr Svoik. «Il presidente si è trasformato in un khan». In quanto khan, Nursultan si è messo a
governare il Kazakistan come un regno che lui non solamente presiede, ma al tempo stesso possiede. Il denaro
Elzhas Alpiyev, il piccolo attore
che impersonifica Nazarbayev bambino
ne Il cielo della mia infanzia,
film sulla vita del presidente kazako
nelle sale da aprile.
Lo stesso Nazarbayev fa due brevi apparizioni,
all’inizio e alla fine del film.
La figura di Nazarbayev
è onnipresente in televisione.
a sono anche i suoi cari a essersi trasformati in
veri nababbi. Delle tre figlie del khan la maggiore, la quarantottenne Dariga, insieme al marito
Rachat Aliyev, ha fatto fortuna con le banche entrate in
loro possesso e con gli imperi mediatici costruiti in Kazakistan. La sorella minore di Dariga, Dinara, e suo marito Timur Kulibayev, presidente dell’industria energetica statale, hanno guadagnato così tanto con banche e
petrolio che nel 2008, con un patrimonio stimato dalla
rivista Forbes in due miliardi di dollari, si sono trovati
nell’elenco delle 500 persone più ricche al mondo.
Nel 2007, per il quarantunesimo compleanno di Kulibayev, che si vanta dell’amicizia del duca di York, Andrew di Windsor, a cantargli happy birthday era stato fatto venire apposta da Londra Elton John.
Al compleanno di Dinara, quello stesso anno, cantava
Nelly Furtado. La più giovane delle sorelle, Aliya, possiede hotel, casinò e l’impero delle ditte di costruzione
che hanno eretto la capitale.
Secondo i politologi kazaki Nazarbayev prolungherà il
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Ap Photo / Movie studio “Kazakhfilm”
simi, Nazarbayev ha percorso una strada che dall’abisso
lo ha condotto fino alle vette del potere. Da bambino, figlio di un pastore, pascolava le pecore insieme al padre
analfabeta. Il padre incitava il ragazzo a studiare e questi si dimostrava eccezionalmente capace e laborioso:
sempre promosso, sempre il primo della classe.
Studiava e al tempo stesso lavorava come operaio in
una fonderia. «Noi andavamo a ballare e lui non faceva
altro che lavorare o sgobbare sui libri», rammenta uno
dei compagni di studio di Nazarbayev. Da operaio semplice avanzò a operaio specializzato, da operaio specializzato a ingegnere. Divenuto ingegnere, si iscrisse prima al Komsomol, poi al Partito comunista, che lo mandò a studiare nell’Accademia di partito. Faceva carriera
in fabbrica e in politica. A metà degli anni Ottanta, durante l’agonia del comunismo, diventò primo ministro
del Kazakistan.
Nazarbayev sottolinea sempre che tutti i suoi successi
sono dovuti alla sua laboriosità e all’aver avuto la testa
fra le nuvole, ma i piedi ben saldi per terra. «Eravamo
gente dal carattere d’acciaio, dalla volontà inflessibile»,
ebbe a dire una volta. «Sono state queste le caratteristiche che hanno consentito alla mia generazione di superare gli ostacoli più grandi, di conquistare tutte le vette».
In breve si guadagnò l’attenzione del giovane leader del
Cremlino, Michail Gorbaciov, che tentava disperatamente di salvare l’impero che andava frantumandosi. Gorbaciov lo nominò suo luogotenente in Kazakistan, segretario del partito locale. Lo allettò con il posto di suo sostituto, di vicepresidente dell’impero e persino con quello
di successore al trono di Mosca. Il kazako non ebbe il tempo di rifletterci. L’impero cadde e lui riuscì solamente a
farsi nominare presidente del Kazakistan indipendente.
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Robert Harding World Imagery / Getty Images
Epa / Corbis / Y. Kochetkov
suo governo finché non riuscirà a decidere chi nominare come suo successore, qualcuno che possa garantire la
sicurezza e il benessere della famiglia al potere. Non ha
figli maschi e nessuno dei suoi generi si è dimostrato all’altezza del ruolo di nuovo khan.
Rachat Aliyev, il 48enne marito della figlia maggiore
Dariga, già vicino al trono, non è stato abbastanza paziente. Aveva ricoperto i posti di: vicedirettore dei servizi di
sicurezza, comandante della guardia presidenziale, comandante della polizia di frontiera, capo dell’Agenzia
delle dogane, viceministro dell’Educazione, ambasciatore, presidente del Comitato olimpico, presidente della
Federazione calcistica. Convinto che il suocero avrebbe
in breve rinunciato al potere e che gli avrebbe concesso
personalmente l’investitura, affermò pubblicamente di
pretendere al trono. Angustiato dal sospetto che la sfrontatezza del genero potesse fomentare trame di palazzo e
attentati, irritato dalla sua sfrontatezza, Nazarbayev lo ha
diseredato, accusato dei peggiori crimini e ha ordinato
alla figlia di divorziare. Aliyev, furente nel suo esilio
viennese, ha pubblicato il libro Il suocero-padrino in cui
accusa Nazarbayev di tirannia e corruzione, nonché di
essere mandante di omicidi politici e di intrattenere re-
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Il presidente kazako Nursultan Nazarbayev
lascia la sede elettorale di Astana con la moglie e altri
membri della famiglia dopo aver votato per le presidenziali.
lazioni extraconiugali con hostess e modelle. Insieme al
marito non è più nelle grazie del padre la stessa Dariga,
benché si dicesse che il khan pensasse a lei come sua vera erede. Anche il secondo genero, Timur Kulibayev, marito di Dinara, ha sprecato le sue chance, almeno così pare. I suoi errori sono consistiti nel vantarsi in modo troppo sfacciato della propria ricchezza e nella relazione extraconiugale con la bellezza kazaka Gaukhar Ashkenazi,
residente a Londra, con la quale ha avuto un figlio. Temendo che il suocero possa togliergli tutto, così come ha
fatto con Aliyev, Kulibayev da anni investe in banche
estere e acquista immobili in Gran Bretagna.
n tentativo di trovare un successore e al contempo di cementare l’alleanza fra Kazakistan e Kirghizistan è stato visto nel matrimonio fra la diciottenne Aliya Nazarbayeva e il 23enne Aydar Akayev,
figlio del presidente del Kirghizistan Askar Akayev, av-
U
venuto nel 1998. Il matrimonio, che aveva avuto i presidenti come testimoni, non è però durato a lungo e Alya
si è sposata una seconda volta, con il calciatore Daniyar
Chasenov, la cui carriera è stata immediatamente favorita dal suocero, ma che per ora è diventato solamente vicepresidente delle Ferrovie di Stato.
Ultimamente si è iniziato a pensare che il nuovo khan
potrebbe essere un altro calciatore: Aysultan, figlio di Dariga e Aliyev, nipote di Nazarbayev. Diplomato all’accademia militare britannica di Sandhurst, ha solamente 21
anni e più del potere lo interessa la carriera da calciatore. Ha già giocato all’attacco nella squadra nazionale junior e ultimamente è passato a professionista nel club
della capitale, il Lokomotiv, creato per desiderio del nonno. Nel 2020, quando il nonno avrà compiuto 80 anni e
sarà terminato uno dei suoi ennesimi mandati, il trentenne Aysultan che, dopo il divorzio dei genitori, porta ora
il cognome di Nazarbayev, sarà però ancora troppo giovane per essere nominato presidente. Salvo che i deputati non cambino la Costituzione, per far sì che la carica
di presidente possa essere ricoperta da chi ha meno di
quarant’anni.
«Abbiamo almeno dieci anni per occuparci della que-
Il palazzo presidenziale di Astana.
stione della successione», ha ammesso Jer-Muhammed
Jertysbayev, uno dei consiglieri più vicini a Nazarbayev.
«Il presidente sprizza salute, di energia ne ha semplicemente troppa. Siamo fortunati ad aver un leader come
lui». Un confidente di Nazarbayev sostiene di essere convinto che i rimproveri mossi dall’Occidente al “sovrano”
kazako per le sue tentazioni autoritarie siano solamente
di facciata, dato che, in realtà, l’unica cosa che desidera
è che regni il più a lungo possibile, che garantisca al suo
Paese la pace e alle industrie straniere un guadagno indisturbato. «Dittatura o democrazia, per loro è lo stesso»,
afferma. «Basta che abbiano un profitto».
Ci ha assicurato che, fosse anche solo per questo motivo, in Kazakistan, a differenza di Tunisia, Egitto o Libia,
non ci saranno mai rivoluzioni. Così come non ce ne sono state neanche quando le rivolte sconvolgevano la Georgia, l’Ucraina o il confinante Kirghizistan. Al contrario:
l’aumento del prezzo del petrolio, suscitato dalle tempeste politiche nei Paesi arabi, non farà altro che arricchire
il forziere del khan kazako, rafforzandone il potere.
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