schemi esemplificativi ed integrativi

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schemi esemplificativi ed integrativi
Facoltà di Scienze Politiche
Università della Calabria
Ampliamento Polifunzionale
Arcavacata di Rende (CS)
Docente: Alessandro Sicora
Corso di METODI DEL SERVIZIO SOCIALE
A.A. 2008-2009
SCHEMI ESEMPLIFICATIVI ED INTEGRATIVI
Versione definitiva (identica a versione a.a. 2007/2008 7.0 dd. 5.11.07)
CONTENUTO DEL FASCICOLO:
1
2
3
4
5
6
Metodologia d'intervento nel lavoro sociale .................................................................................2
1.1 Caratteristiche del servizio sociale italiano ............................................................................2
1.2 Definizione di territorio ..........................................................................................................2
Principali modelli teorici di servizio sociale .................................................................................2
2.1 Definizioni di modello............................................................................................................2
2.2 Il concetto di "modello" nella ricerca e nella speculazione scientifica...................................3
2.3 Variabili considerate nei modelli del servizio sociale ............................................................3
2.4 Evoluzione storica dei modelli del servizio sociale................................................................4
2.5 Servizio Sociale italiano e modelli – anni Ottanta e Novanta ................................................5
2.6 Modello psico-sociale.............................................................................................................5
2.7 Modello del problem solving..................................................................................................6
2.8 Modello centrato sul compito .................................................................................................6
2.9 Passaggio dall’epistemologia psicoanalitica a quella sistemica .............................................7
2.10 Modello integrato....................................................................................................................7
2.11 Modello esistenziale ...............................................................................................................8
2.12 Approccio di rete ....................................................................................................................9
L'assistente sociale riflessivo ........................................................................................................9
3.1 Ciclo della riflessività di Gibbs ..............................................................................................9
3.2 Competenze professionali.....................................................................................................10
Il colloquio d'aiuto.......................................................................................................................12
4.1 Assiomi della comunicazione ...............................................................................................12
4.2 Tattiche e uso di domande per la conduzione del colloquio.................................................13
La documentazione......................................................................................................................14
5.1 Accesso alla documentazione della Pubblica Amministrazione ..........................................14
5.2 Tutela delle persone rispetto al trattamento dati personali e sensibili nell’ambito degli enti
pubblici...........................................................................................................................................14
5.3 Dati personali e dati sensibili................................................................................................15
5.4 Dal dato all’azione................................................................................................................16
5.5 Definizione di documentazione: ...........................................................................................16
5.6 Ipotesi di struttura di un progetto..........................................................................................17
Cenni al lavoro di gruppo e alla sua verbalizzazione..................................................................18
6.1 Il brainstorming ....................................................................................................................18
6.2 Finalità delle riunioni di lavoro ............................................................................................19
6.3 Decision making di gruppo...................................................................................................19
6.4 Verbale di riunioni................................................................................................................19
6.5 Tecniche per la stesura di un verbale....................................................................................20
Corso di Metodi del servizio sociale – Schemi esemplificativi ed integrativi - A. Sicora
1
1
Metodologia d'intervento nel lavoro sociale
1.1 Caratteristiche del servizio sociale italiano1
1. TERRITORIALITA’
• S.S. territoriale (Comune, distretto...) come punto di riferimento per i bisogni di tutta la
popolazione residente sul territorio
• attenzione non a solo “patologie” in atto MA ricerca sui bisogni, organizzazione servizi e
coordinamento risorse per “migliore qualità della vita” della comunità territoriale
2. GENERALITA’
• ai servizi sociali territoriali qualunque tipo di problema e utenza
• problemi (mancanza mezzi economici, casa, lavoro; rapporti familiari ...) <--> prestazioni:
assistenza (sussidio, assisistenza domiciliare, ricovero ...), consulenza (= parere di un
professionista su una questione di specifica competenza), case-management (integrazione
risorse)
3. UNITARIETA’ METODOLOGICA
• metà anni ‘70 superamento “metodi” ---> “metodo unico” --> fasi:
1. conoscitiva
2. valutativa
3. propositiva-decisionale
4. attuattiva
5. verifica
4. PLURIFUNZIONALITA’
• svolgimento contemporaneo di funzioni:
1. presa in carico dell’utenza
2. conoscenza dei bisogni e di risorse della comunità (ricerca sociale)
3. elaborazione di progetti di servizi
4. organizzazione e gestione dei servizi dell’Ente
5. animazione e coordinamento di risorse comunitarie
1.2 Definizione di territorio
Per territorio si intende un “sistema spaziale e sociale di dimensioni relativamente ridotte, che
consente alla maggior parte dei suoi membri di avere una conoscenza e una esperienza personale
diretta delle attività, degli orientamenti, della posizione sociale, dei connotati degli altri membri, nel
quale la convivenza entro uno spazio limitato, la particolare cultura e subcultura che si sviluppa, gli
interessi che in esso e per esso nascono, producono una forma peculiare di solidarietà e di identità
soggettiva, tali da legare affettivamente le persone a quel territorio e a quella popolazione più che
ad ogni altro” 2.
2 Principali modelli teorici di servizio sociale
2.1 Definizioni di modello3
1. Termine di riferimento ritenuto valido come esempio o prototipo e degno d'imitazione; cosa o
persona assunta come soggetto per un ritratto, un disegno, una costruzione ecc. @ esempio,
esemplare, campione: seguire il m.; un m. da imitare; un nuovo m. di sviluppo; un m. di bontà,
1
tratto da Dal Pra Ponticelli, Maria. Il servizio sociale oggi in Italia, A.I.DO.S.S, 1993
Gallino, Luciano. Dizionario di Sociologia, Utet, Torino, 1978
3
Voce “Modello” in AA.VV. Dizionario della lingua italiana, Giunti, Firenze, 1997
2
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2
prendere a m. qlcu. o qlco.; tenere a m.
2. Prototipo, tipo: inventare un nuovo m. di televisore; estens. oggetto industriale che riproduce
tale prototipo: il m. di un nuovo aereo; il m. di un’automobile; in sartoria, sagoma in carta delle
parti da riportare su stoffa per ricavarne un vestito: il m. di un abito; estens., il vestito ricavato
da sagome originali: un m. esclusivo
3. Uomo che per professione posa per artisti o che indossa capi d’abbigliamento per fotografie,
sfilate di moda
4. Riproduzione in scala ridotta di strutture edilizie, meccaniche e sim. @ plastico: presentare i
diversi m. di un ponte; riproduzione a scopo didattico di organismi o parti di essi: un m. di
corpo umano
5. Stampo per fusione o per altri tipi di lavorazione: fondere molti vasi con lo stesso m.; anche in
senso fig., la pasta di cui uno è fatto, il carattere, il tipo cui pare ispirarsi: le due sorelle
sembrano fatte con lo stesso m.
6. Nel l. burocratico, modulo a stampa, spesso contrassegnato da una sigla, per usi amministrativi
@ stampato: il m. 101 rilasciato dal datare di lavoro; dichiarazione da presentare su m.
ministeriale
7. Schema teorico scelto come rappresentativo di una classe di fenomeni: m. epistemologico,
economico Il modello matematico, il complesso delle equazioni che descrivono in modo
semplificato le relazioni che si ipotizza possano esistere tra un gruppo di fenomeni per spiegarne
lo svolgimento
2.2 Il concetto di "modello" nella ricerca e nella speculazione
scientifica.
1. "MODELLO" (= classificazione e sintesi di complessità attraverso categorie logiche) come:
1.1.
rappresentazione sintetica di fenomeni
1.2.
forma esemplare e rappresentativa di una classe di fenomeni
1.3.
norma, criterio di comportamento
1.4.
costruzione teorica e artificiale
2. FUNZIONI DEL MODELLO:
2.1.
modelli come enunciati descrittivo-esplicativi (a fini "sistematici") valore euristico
dei modelli (ideal-tipo Weber o tertium comparationis come strumento di indagine per
sistematizzazione razionalizzatrice dei materiali assemblati ruolo attivo ricercatore in
utilizzazione modello a fini euristici)
2.2.
modelli prescrittivi (a fini "assiologici"  assiologia = scienza o teoria dei valori)
3. MODELLI E SERVIZIO SOCIALE: modelli teorici quali schemi teorico-orientativi per:
3.1.
l’esplorazione della realtà
3.2.
la ricerca di relazione tra dati
3.3.
la pratica (conoscere per orientare l’operatività)
2.3 Variabili considerate nei modelli del servizio sociale
1. chi ha il problema/chi è l’utente
2. cos’è il bisogno/problema
3. cause del problema
4. area d’azione del servizio sociale
5. livelli a cui opera il servizio sociale
6. chi e con chi opera l’assistente sociale
7. obiettivi
8. risorse
9. fasi
10. mezzi (attraverso cui opera l’ass.soc)
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3
2.4 Evoluzione storica dei modelli del servizio sociale
MODELLI DEL SERVIZIO SOCIALE
(= modelli per la pratica; risultato della mediazione fra
scienze sociali e prassi del Servizio Sociale)
inizio: condizioni ambientali
anni ‘20: scuola diagnostica di M. Richmond
(influenza Freud e centralità di diagnosi
psicologica personalità)
modelli di impostazione medica
(studio-diagnosi-trattamento)
anni ‘30: modello funzionale di V. Robinson
(interesse per integrazione psico-sociale e aspetti
psico-sociali personalità [neofreudiani non
deterministi] e rapporto con ente e operatori)
anni ‘40 -’60: modello psico-sociale di Hollis
(riconoscimento potenzialità della persona
neofreudiani [Anna Freud e Erikson], psicologia
umanistia [Rogers e Maslow]) e problem solving di
Perlman (1957)
modelli di passaggio (fine anni ‘60)
modelli olistici o integrati (dopo ‘70)
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• modello di modifica del comportamento di Yehu (1972)
• modello centrato sul compito di Reid (1972 - 78)
• modello esistenziale di Germaine (1979)
modello unitario
modello integrato di Pincus e Minahan
4
2.5 Servizio Sociale italiano e modelli – anni Ottanta e Novanta4
università quale sede unica della formazione di base a fine anni Ottanta sviluppo letteratura e
convegni
principali contributi italiani:
AUTORI
ANNO
Milana e Pittaluga
Masini e Sanicola
Campanini e Luppi
Lerma
1983
1988
1988
1992
modello unitario centrato sul compito
Ferrario
1996
anni 90
anni
80
PARADIGMA/ORIENTAMENTO
psicoanalitico
psicosociale
sistemico
sistemico
2.6 Modello psico-sociale5
MODELLO PSICO-SOCIALE (Hollis 1964)
in filone scuola “diagnostica” (studio – diagnosi – trattamento) influenzato da neofreudiani (A. Freud, Erickson) e psicologia umanistica; riferimenti Hollis a teoria dei
sistemi
2. chi ha il problema/chi individuo
è l’utente
3. cos’è il bisogno/
bisogno = “manifestazione di un problema di adattamento sociale, discrepanza nel
4. problema
reciproco adattamento tra l’individuo e le altre persone a cui è legato”6 (ovvero
risposta inadeguata a pressioni ambientali conseguente disfunzioni nel processo di
adattamento e integrazione fra l’individuo e la sua situazione sociale)
5. cause del problema
Cause pregresse, spesso risalenti all’infanzia (teorie psicanalitiche)
6. livelli a cui opera il
Trattamento diretto (utente)* e indiretto (ambiente) mediazione, chiarificazione,
serv.soc.
informazione, influenza su persone significative
7. con chi opera
Individui
l’ass.soc.
8. obiettivi
• “cambiamento nell’individuo/i o nella situazione o in entrambi”7
• Riflessione sugli aspetti dinamici ed evolutivi dei propri modelli comportamentali +
Cura percezioni distorte di sé e delle situazioni insight (presa di coscienza
configurazione individuo-situazione aiuto a comprensione propri pensieri ed
emozioni)
9. fasi
1. f. iniziale (capire ragioni 1° contatto, stabilire rapporto, impeganre utente nel
trattamento, inizio trattamento, studio psicosociale)
2. valutazione dell’utente nella sua situazione (programmazione obiettivi e
trattamento)
10. mezzi (attraverso cui Comunicazione (sostegno, influenza diretta, catarsi, esplorazione, comunicazione
opera ass.soc.)
riflessiva)* •
esplorazione continua
1. fonti teoriche
4
Dal Pra, Maria. I modelli teorici del Servizio Sociale, Roma, Astrolabio, 1985
Elaborazione da Dal Pra Ponticelli, Maria. I modelli teorici del servizio sociale, Roma, Astrolabio, 1985
6
Hollis, Florence. “L’approccio psicosociale nella pratica del servizio sociale”, Dal Pra Ponticelli, Maria. I modelli
teorici del servizio sociale, Roma, Astrolabio, 1985, p.103
7
idem, p. 104
5
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5
•
•
•
•
11. efficacia
verbalizzazione in accettazione
considerazione riflessiva su complesso individuo-situazione
sostegno verbale
comunicazione di tipo direttivo
Settore medico e psichiatrico
2.7 Modello del problem solving8
PROBLEM SOLVING9
(Perlman 1957 )
n.b. superamento schema
“medico” studio – diagnosi –
trattamento  analisi iniziale
è già trattamento
1. fonti teoriche
2. chi ha il problema/chi
è l’utente
3. cos’è il
bisogno/problema
4. cause del problema
5. livelli a cui opera il
servizio sociale
6. con chi opera
l’assistente sociale
7. quali sono le risorse
8. obiettivi
9. fasi
10.mezzi (attraverso cui
opera ass.soc.)
11.efficacia
conoscenze psicosociali (psicologia dell’Io) e orientamento cognitivistico
individuo
difficoltà nella soluzione dei problemi
1. mancanza di mezzi e risorse, 2. ignoranza o cattiva comprensione dei fatti, 3.
esaurimento energie emotive o fisiche, 4. sentimenti troppo intensi (es. ansia), 5.
cronicizzazione assoggettamento ad emozioni, 6. no sistematicità in pensiero e
azione
livello individuale + alcuni aspetti dell’ambiente
Individui
capacità dell’individuo e dell’assistente sociale
“Il processo di servizio sociale individuale sostiene, integra e fortifica le funzioni
dell’io del cliente”
• immediato: ridurre l’ansia (visione più chiara), diminuire le difese vs. sorgente di
aiuto e apprendere comportamento adeguato
• di fondo: impegnare dinamismo interno per processo di apprendimento sociale
(azioni appropriate sia alla realtà sociale sia al raggiungimento dei propri fini
consapevolmente scelti) lavoro utente sui propri sentimenti, atteggiamenti, idee
e comportamenti
3. chiarificazione fatti del problema
4. riflessione (penetrare i fatti per coglierne i nessi)
5. decisione (esame congiunto delle alternative e delle conseguenze)
• rapporto professionale
• sistematica discussione e azione su problema
• uso di servizi, prestazioni e risorse
adatto per persone autonome, in crisi temporanea, con incapacità di mediare tra
risorse e problemi
2.8 Modello centrato sul compito10
MODELLO CENTRATO SUL COMPITO (Reid 1972)
1. chi ha il problema/chi
è l’utente
individuo
8
Elaborazione da Dal Pra Ponticelli, Maria. I modelli teorici del servizio sociale, Roma, Astrolabio, 1985
Perlman H., Social Casework: a Problem Solving Process, 1957
10
Elaborazione da Dal Pra Ponticelli, Maria. I modelli teorici del servizio sociale, Roma, Astrolabio, 1985
9
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6
2. cos’è il
bisogno/problema
3. cause del problema
4. area d’azione del
servizio sociale
5. livelli a cui opera il
servizio sociale
6. con chi opera
l’assistente sociale
7. quali sono le risorse
8. obiettivi
9. fasi
10.mezzi (attraverso cui
opera ass.soc.)
11.efficacia
capacità non sfruttate dell’individuo
comportamento errato
attenzione a ciò che l’utente e l’ass.soc. possono cambiare, non alle cause remote
individuale + alcuni aspetti dell’ambiente (influenzare e sensibilizzare persone
significative)
individui
capacità dell’individuo
apprendimento sociale
1. specificazione del problema
2. contrattazione
3. pianificazione del compito (sperimentare nuovi comportamenti)
4. analisi e rimozione ostacoli
5. sperimentazione e attività guidata
6. revisione del compito
7. conclusione
• rapporto professionale
• Ente (“autorità” dell’ass.soc.)
problematica particolare e limitate difficoltà di svolgere dei ruoli
2.9 Passaggio dall’epistemologia psicoanalitica a quella sistemica11
•
•
•
DA:
Trasmissione di energia
Individuo come sistema chiuso
Interesse verso i processi intrapsichici
•
•
•
•
•
Causalità lineare
Scarsa attenzione al contesto
•
•
•
Il sintomo come espressione di conflitti
intrapsichici
Interesse verso il passato
Interpretazione e insight come obiettivo
terapeutico
•
•
•
•
•
A:
Trasmissione di informazioni
Individuo come sistema aperto
Interesse verso le interrelazioni e i processi
comunicativi
Causalità circolare
Importanza del contesto nello sviluppo del
sintomo
Il sintomo come espressione di una situazione
interpersonale
Interesse verso il presente
Cambiamento come obiettivo terapeutico
2.10 Modello integrato12
MODELLO INTEGRATO (Pincus e Minahan, 1973)
1. chi ha il problema/chi
è l’utente
2. cos’è il
bisogno/problema
3. area d’azione del
servizio sociale
4. livelli a cui opera il
servizio sociale
11
12
sistemi
attributo del rapporto tra persona/-e e risorse
interazione tra persone e loro ambiente sociale
• individuo (problem-solving)
• rapporto (interazione tra bisogni e risorse)
Campanini, Annamaria e Luppi, Francesco. Servizio sociale e modello sistemico, Roma, NIS, 1988
Elaborazione da Dal Pra Ponticelli, Maria. I modelli teorici del servizio sociale, Roma, Astrolabio, 1985
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7
5. chi è l’assistente
sociale
6. con chi opera
l’assistente sociale
7. quali sono le risorse
8. obiettivo
9. fasi
10.mezzi (attraverso cui
opera ass.soc.)
• sistemi (formali e sociali)
agente di cambiamento
sistemi (s. agente, s. di cambiamento, s. cliente, s. bersaglio)
risorse sistemiche (naturali, formali, sociali)
Stabilire, facilitare, modificare i legami tra persone e sistemi di risorse “aiutare le
persone a sviluppare e usare in modo efficace le capacità personali di reazione e di
problem solvine”
1. individuazione problema
2. instaurazione del rapporto
3. chiarificazione o diagnosi
4. analisi dei possibili obiettivi
5. individuazione delle azioni di cambiamento
6. presa di coscienza del cambiamento
7. conclusione rapporto
• rapporti instaurati con i 4 sistemi coinvolti --> collaborazione/
contrattazione/conflitto
• contratto ass.soc.-sistemi
2.11 Modello esistenziale13
1.
2.
fonti teoriche
chi ha il
problema/chi è
l’utente
cos’è il bisogno/
problema
cause del
problema
aree d’intervento
dell’ass.soc.
3.
4.
5.
6.
MODELLO ESISTENZIALE (LIFE MODEL) (Germain e Gitterman 1979)
prospettiva ecologico-sistemica (con influenze dalle teorie psicologiche di Erickson)
individuo
problemi di vita che causano stress e hanno messo a dura prova la capacità di
reazione dell’utente tipologia: v. aree punto 6
frattura tra bisogni di reazione e sostegni ambientali (es. reti sociali)
1. fasi di transizione del ciclo vitale
2. compiti per modificare l’ambiente alla ricerca di una maggiore rispondenza ai
bisogni
3. rapporti interpersonali e strutture di comunicazione che condizionano le risorse
ai bisogni
livelli a cui opera utente e ambiente
il serv.soc.
con chi opera
Individui
l’ass.soc.
obiettivi
funzione del S.S. : migliorare rapporti tra ambiente e cliente; intervenire sul punto di
raccordo in cui i modelli di reazione e il potenziale di adattamento della persona
vengono a scontrarsi con le caratteristiche di un ambiente negativo
7.
8.
9.
10.
fasi
13
1. aiutare l’utente a superare difficoltà in aree punto 6
2. mettere a fuoco la propria identità
3. sviluppare le proprie competenze
1. definizione del bisogno-problema
2. definizione obiettivi e pianificazione dell’intervento
3. intervento
Elaborazione da Dal Pra Ponticelli, Maria. I modelli teorici del servizio sociale, Roma, Astrolabio, 1985
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8
11.
mezzi (attraverso •
cui opera
•
ass.soc.)
•
tecniche specifiche (genogramma, ecomappe, scultura della famiglia…)
compiti da svolgere come prescrizioni di terapia relazionale
uso di servizi integrativi o sostitutivi della famiglia
2.12 Approccio di rete14
Da Welfare State a Welfare Mix (neoliberale; a.s. come “case manager”) e Welfare Society
(impostazione societaria)
L’assistente sociale secondo l’approccio di rete (Folgheraiter) aiuta gli interessati a:
• definire il problema come un “fronteggiamento” condiviso,
• stabilire i loro stessi obiettivi e i passi progressivi per raggiungerli,
• fare assieme (e poi eventualmente a "comprare" servizi),
• valutare la loro azione e il ben-essere che hanno costruito insieme.
3 L'assistente sociale riflessivo
3.1 Ciclo della riflessività di Gibbs
1.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Descrizione degli eventi
Dov’ero?
Chi altri era con me?
Perché ero lì?
Cosa stavo facendo?
Cosa stavano facendo le altre persone?
Quale era il contesto dell’evento?
Cosa è successo?
Che parte ho avuto in ciò che è successo?
Che parte hanno avuto gli altri?
Quale è stato il risultato?
2.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Sensazioni
Come erano le mie sensazioni immediatamente prima che l’evento iniziasse?
Cosa stavo pensando in quel momento?
Cosa ho pensato dell’evento quando è iniziato?
Come mi ha fatto sentire?
Cosa mi hanno fatto pensare le parole/azioni degli altri?
Come queste mi hanno fatto sentire?
Come mi sono sentito a proposito dell’esito dell’evento?
Cosa ne penso ora?
Fare una lista di tutte le emozioni provate in relazione all’evento dal suo inizio alla fine. Quale
di queste emozioni ha per me maggior significato?
3. Valutazione
• Cosa c’è stato di positivo nell’esperienza?
• Cosa c’è stato di negativo nell’esperienza?
4. Analisi
• Cosa è andato bene?
• Cosa ho fatto bene?
14
Folgheraiter, Fabio. Teoria e metodologia del servizio sociale. La prospettiva di rete. Milano: Franco Angeli, 1998
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9
•
•
•
•
•
Cosa hanno fatto bene gli altri?
Cosa è “andato storto” o non bene come avevo pensato?
In che modo ho contribuito a questo?
In che modo gli altri hanno contribuito a questo?
Perché sarebbero successe tutte queste cose?
5. Conclusioni
• Consapevolezza e comprensione su come il mio comportamento e quello degli altri hanno
contribuito agli esiti (outcome) dell’evento
• Cos’altro avrei potuto fare?
6. Piano d’azione
• Cosa farei di diverso se la situazione si ripresentasse?
3.2 Competenze professionali
COMPETENZA
definizioni
1. Piena capacità di orientarsi in un determinato campo (es. “è nota la sua c. in campo
finanziario”)15
2. insieme di modelli di comportamento che il titolare deve possedere in una posizione per
eseguire con efficacia compiti e funzioni
3. ma anche:
3.1.
Legittima autorità di esplicare un mandato, spec. giudiziario (c. per materia, per valore,
per territorio; l'istruttoria è di c. del magistrato; conflitto di c.)16
3.2.
complesso delle attribuzioni inerenti a un ufficio o a una mansione
componenti
competenza (comportamenti efficaci o azioni specifiche) come area di intersezione delle
dimensioni:
1. persona (competenza individuale come prodotto dell’interazione di: motivazioni, valori,
immagine di sé, abilità)
2. organizzazione (richieste della posizione e ambiente organizzativo)
tipi di competenze professionali
1. competenze di realizzazione
2. competenze interpersonali
3. competenze di efficacia personale
1. competenze di realizzazione17
predisposizione ad agire per eseguire compiti (e non tanto per influenzare gli altri) e per migliorare i
risultati:
1. orientamento al risultato interesse a:
15
Devoto, Giacomo e Oli, Gian Carlo. Dizionario della lingua italiano, Firenze, Le Monnier 1990
Garruti, Giovanna. Seminario “La formazione come apprendimento ad apprendere: esigenze ed esperienze nella
formazione degli Assistenti Sociali – AIDOSS Firenze 1-2-3 ottobre 1998, materiale non pubblicato
17
Garruti, Giovanna. Seminario “La formazione come apprendimento ad apprendere: esigenze ed esperienze nella
formazione degli Assistenti Sociali – AIDOSS Firenze 1-2-3 ottobre 1998, materiale non pubblicato
16
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10
1.1.
lavorare bene e a migliorare gli standard
1.2.
fissare obiettivi sfidanti e a organizzarsi per perseguirli
1.3.
a raccogliere informazioni ed approfondire i problemi
2. consapevolezza organizzativa: capacità di comprendere ed utilizzare le diverse culture
istituzionali/professionali oltre la propria
3. abilità tecnico-professionali: implica la padronanza del corpo di conoscenze, di strumenti e di
capacità proprie del mestiere e di utilizzarle in modo appropriato
2. competenze interpersonali18
• predisposizione ad agire nell’ottica di influenzare gli altri
 motivazione al “potere” inteso come scambio finalizzato a risultati non privatistici
 comportamento efficace guidato dal desiderio di servire uno scopo, l’organizzazione, gli altri
NON dal desiderio di dominio
Orientamento al cliente
nell’accezione di conoscere le esigenze degli altri e di adoperarsi per aiutare o servirle in stretta
correlazione con capacità relazionali e di influenzamento
Competenze relazionali e di comunicazione
come esercizio concreto dell’attenzione agli altri, verso i singoli, i gruppi ed i sistemi complessi
3. competenze di efficacia personale19
•
riflesso della maturità (acquisizione di appropriati strumenti di comportamento) della persona di
fronte agli altri ed al lavoro
•
da queste competenze dipende l’efficacia della performance individuale anche in situazioni
critiche e difficili.
•
supportano l’efficacia delle altre competenze in relazione all’ambiente.
Competenze professionali dell’assistente sociale20
A.
competenze di realizzazione
4. orientamento al risultato
c. di analisi, def. degli obiettivi, valutazione dei risultati, gestione e selezione dell’informazione,
collegamenti tra risorse e tra bisogni e risorse, attenzione ai processi, problem solving
5. consapevolezza organizzativa:
coordinamento, multidisciplinarietà, distinzione confini delle diverse professionalità,
interdipendenza, negoziazione, collaborazione, specificità dei ruoli, lettura normativa
6. abilità tecnico-professionali:
particolarizzazione/generalizzazione, lavoro con/in gruppi, autovalutazione, scrivere/documentare,
ricerca, coordinamento, decodifica domanda, supervisione, consulenza
18
Garruti, Giovanna. Seminario “La formazione come apprendimento ad apprendere: esigenze ed esperienze nella
formazione degli Assistenti Sociali – AIDOSS Firenze 1-2-3 ottobre 1998, materiale non pubblicato
19
idem
20
Elaborazione Sicora da materiale prodotto nei gruppi di lavoro del seminario AIDOSS “La formazione come
apprendimento ad apprendere: esigenze ed esperienze nella formazione degli assistenti sociali” – Firenze 1-3/10/98
Corso di Metodi del servizio sociale – Schemi esemplificativi ed integrativi - A. Sicora
11
Competenze professionali dell’assistente sociale21
B. competenze interpersonali
1. Orientamento al cliente
ascolto, negoziazione, problem solving con l’altro, rendere autonomi, leggere bisogni, patrocinare,
ascolto/osservazione, accettazione dell’altro, empatia
2. Competenze relazionali e di comunicazione
Ledership e membership, leggere i bisogni degli altri, decodificare e usare linguaggi differenti,
interdipendenza, stare nel conflitto, trasmettere saperi, collaborare
Competenze professionali dell’assistente sociale22
C. competenze di efficacia personale
Autocritica, riflessività, creatività, atteggiamento di ricerca, collaborazione, gestione frustrazioni,
stare nei limiti del tempo/spazio, consapevolezza relatività e complessità, flessibilità,
influenza/autorevolezza, autoformazione, conoscenza di sé, spirito d’iniziativa, , autovalutazione,
capacità di pensare (tempo di reazione) e di “stare nel vuoto” (mancanza di feed-back)
4 Il colloquio d'aiuto
4.1 Assiomi della comunicazione23
1. “Non si può non comunicare”
2. “Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il
secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione”
• “Questo è un ordine”, “Sto solo scherzando”
• definizione del sé e dell’altro: (i) conferma, (ii) rifiuto, (iii) disconferma (“buono, molto buono”
detto indifferentemente se minestra buona o bruciata)
3. “La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i
comunicanti”
• conflitti su ciò che è causa (es. aggressione) e ciò che è effetto (es. difesa) e corsa agli armamenti
• marito “Io mi chiudo in me stesso perché tu brontoli” VS. moglie “Io brontolo perché tu ti chiudi
in te stesso”
• profezia che si autodetermina (“non piaccio a nessuno” --> comportamento sospettoso)
4. “Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico. Il
linguaggio numerico ha una sintassi24 logica assai complessa e di estrema efficacia ma manca
21
22
idem
idem
23
Watzlawick, Paul; Beavin, Janet Helmick e Jackson, Don D.. Pragmatica della comunicazione umana, Roma, Astrolabio, 1971, pp. 41-63
per sintassi si intende, in linguistica, l’insieme delle relazioni grammaticali tra le parole che costituiscono una frase o, in generale, un’espressione
linguistica di più elementi e, nel linguaggio filosofico, quella parte della logica, e specificamente della semiotica, che ha per oggetto di studio le
relazioni tra i segni, indipendentemente dai significati (DISC Compact - Dizionario Italiano Sabatini - Coletti, Firenze, Giunti Gruppo Editoriale,
1997)
24
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12
di una semantica25 adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la
semantica ma non ha alcuna sintassi adeguata per definire in modo che non sia ambiguo la
natura delle relazioni”
5. “Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano
basati sull’uguaglianza o sulla differenza”
N.B. per una comunicazione efficace e’ importante saper metacomunicare
4.2 Tattiche e uso di domande per la conduzione del colloquio
1. Espressioni di comprensione e interesse (anche con riferimento all’uso consapevole della
comunicazione non verbale)
2. Ripetizione
dell’ultima/e parola/e pronunciate dall’utente (con tono interrogativo)
3. Chiarificazione e interpretazione
ripetizione di quanto detto dall’utente, ma in un linguaggio più familiare, anche in forma di
domanda
Dovrei capire che lei vuol dire…
Mi sta dicendo che...
Ho sentito che diceva di…
Voleva dire che…
4. Riassunto o ricapitolazione
Vediamo se sono riuscito a capire: da ciò che ho sentito, la sua situazione è così e così…
Per riassumere ciò di cui abbiamo discusso…
Negli ultimi dieci minuti abbiamo parlato… e mi sembra che lei stesse dicendo…
5. Domande
Aperte: Cosa….? Come…? Cosa/come pensa di…? Come si sente….?
Evitare risposte si/no: piuttosto che domandare Le riesce difficile andare avanti con questo
sussidio? Meglio dire “Come è riuscita ad andare avanti con questo sussidio?
Domande investigative: Utente: Sono stanca, Assistente sociale: Cosa la rende così stanca?/Mi può
fare qualche esempio?
Domande investigative ipotetiche: Supponiamo che Lei facesse…. Supponiamo che avesse… Cosa
crede succederebbe se lei dicesse….
6. Domande lineari e domande relazionali
Domande lineari: Come si chiama? Dove abita?...
Domande relazionali: es. domande triadiche o circolari: si rivolgono ad un componente della
famiglia per conoscere come vede la relazione tra altri due componenti, possibilmente alla presenza
di tutti
Come si è comportata sua moglie quando suo figlio è scappato di casa?
Come reagisce sua moglie quando lei si mette a bere?
Domande lineari possono essere “cosa la rende infelice?” o “quando è diventato così infelice?” ,
mentre domande circolari possono essere “cosa fa il suo partner quando lei si sente così infelice?”
25
per semantica si intende, in linguistica, l’analisi e lo studio del linguaggio dal punto di vista del significato e, in logica, lo studio del rapporto fra i
segni e gli oggetti a cui si riferiscono, cioè dei nessi fra i segni linguistici e i loro significati (DISC Compact - Dizionario Italiano Sabatini - Coletti,
Firenze, Giunti Gruppo Editoriale, 1997)
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13
5 La documentazione
5.1 Accesso alla documentazione della Pubblica Amministrazione
legge 7 agosto 1990 n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi
“E’ considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle
pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa” (art. 22.2)
diritto di accesso  dovere di trasparenza
obbligo mitivazione (presupposti di fatto e ragioni giuridiche) per ogni provvedimento
amministrativo
i cittadini hanno diritto a (art. 10):
• prendere visione degli atti (ma facoltà di differimento se lesione diritto riservatezza terzi o
impedimento o grave ostacolo a svolgimento azione amm.va) richiesta accesso motivata e
rivolta a P.A. che ha prodotto o detiene stabilmente documento
• presentare memorie scritte e documenti (che la P.A. ha l’obbligo di valutare)
5.2 Tutela delle persone rispetto al trattamento dati personali e
sensibili nell’ambito degli enti pubblici
Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 - Codice in materia di protezione dei dati personali
Art. 18. Principi applicabili a tutti i trattamenti effettuati da soggetti pubblici
1. Le disposizioni del presente capo riguardano tutti i soggetti pubblici, esclusi gli enti pubblici
economici.
2. Qualunque trattamento di dati personali da parte di soggetti pubblici è consentito soltanto per lo
svolgimento delle funzioni istituzionali.
3. Nel trattare i dati il soggetto pubblico osserva i presupposti e i limiti stabiliti dal presente codice,
anche in relazione alla diversa natura dei dati, nonché dalla legge e dai regolamenti.
4. Salvo quanto previsto nella Parte II per gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi
sanitari pubblici, i soggetti pubblici non devono richiedere il consenso dell'interessato.
(omissis)
Art. 19. Principi applicabili al trattamento di dati diversi da quelli sensibili e giudiziari
1. Il trattamento da parte di un soggetto pubblico riguardante dati diversi da quelli sensibili e
giudiziari è consentito, fermo restando quanto previsto dall'articolo 18, comma 2, anche in
mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda espressamente.
(omissis)
Art. 20. Principi applicabili al trattamento di dati sensibili
1. Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da
espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e
di operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite.
(omissis)
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5.3 Dati personali e dati sensibili
DATO PERSONALE:
DATO ANONIMO:
qualunque informazione relativa a persona fisica, persona
giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili,
anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi
altra informazione, ivi compreso un numero di
identificazione personale
il dato che in origine, o a seguito di trattamento,
non può essere associato ad un interessato
identificato o identificabile
DATO SENSIBILE
idoneo a rilevare l’origine razziale ed etnica, le
convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le
opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati,
associazioni od organizzazioni a carattere religioso,
filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali
idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale
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15
5.4 Dal dato all’azione
DATO
ELABORAZIONE
AUMENTO DI SIGNIFICATIVITA’
(anche in produzione di documentazione)
INFORMAZIONE
DECISIONE
AZIONE
Dato =
1. espressione generica usata per indicare operandi o fattori costituiti da numeri, caratteri alfabetici
o simboli che designano una qualunque condizione, valore o stato
2. descrizione oggettiva, originaria e non interpretata di un evento
Informazione:
• = insieme di dati memorizzati, classificati, organizzati, messi in relazione e interpretati
nell’ambito di un contesto dotato di significato
• quantità e qualità delle informazioni: la mappa non è il territorio (per andare a Roma serve una
cartina stradale, non una fotografia dell’Italia)
• informazione sociale: pertinente, efficace, efficiente; accessibile, tempestiva, rilevante; di
esercizio (operatività) e di governo
Sistema informativo = trasferimento organizzato d’informazioni in un’organizzazione, ovvero
l’insieme dei metodi, delle procedure e degli strumenti per la gestione (raccolta, classificazione,
associazione, conservazione e reperimento) delle informazione
5.5 Definizione di documentazione:
1. insieme dei dati, dei documenti (= qualsiasi cosa che costituisce materiale d’informazione o che
può essere utile a documentare qualcosa) e simili che consentono di documentare (= comprovare
o dimostrare qualcosa con documenti)
2. operazione di stesura, raccolta e classificazione di materiale informativo e dimostrativo per usi
specifici, collegata in tutto o in parte al sistema informativo dell’ente
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5.6 Ipotesi di struttura di un progetto
1)
2)
PREMESSA:
3)
INDIVIDUAZIONE DEL PROBLEMA
4)
OBIETTIVI DEL PROGETTO
5)
SOGGETTI COINVOLTI NEL PROGETTO:
6)
AZIONI E TEMPI
7)
RISORSE
8)
CRITERI DI VALUTAZIONE
1)
PREMESSA:
QUADRO ISTITUZIONALE E NORMATIVO
-
breve esposizione su:
(1) i perché della nascita del progetto
(2) come nasce il progetto? (quale metodologia utilizzata? lavoro di gruppo? di chi?)
(3) gli elementi di contesto (ruolo e interventi degli enti locali e/o dell’ente all’interno
del quale si sviluppa la progettazione)
2) QUADRO ISTITUZIONALE E NORMATIVO previsto dalla normativa vigente
3) INDIVIDUAZIONE DEL PROBLEMA
problema come scostamento fra situazione desiderata e situazione reale:
(1) quali segni indicano la presenza del problema (indicatori del problema)?
(2) quali le cause ipotizzabili?
(3) se il problema è ineliminabile, quali azioni ne potrebbero ridurre gli effetti al
minimo?
4)
OBIETTIVI DEL PROGETTO
-
descritti in termini concreti, misurabili, valutabili
5) SOGGETTI COINVOLTI NEL PROGETTO:
responsabilità: chi decide che cosa, chi fa che cosa
attenzione: qui la precisione previene conflitti, sovrapposizioni di compiti o compiti non
portati a termine
6) AZIONI E TEMPISTICA: dare articolazione in sequenza di azioni raggruppate in fasi n.b.: va
provata la validità tecnica del progetto ovvero deve essere chiaro che le azioni condurranno alla
realizzazione degli obiettivi
7)
RISORSE
-
finanziamenti, personale, spazi, informazioni, ecc.: ove possibile, richiedere risorse
limitate ad un periodo di tempo relativamente breve
8) CRITERI DI VALUTAZIONE:
perché valutare? per giustificare le risorse spese? per proseguire con il progetto? per
migliorarlo? per studiarlo?
come si farà a sapere se il progetto, una volta attuato, si rivelerà efficace o no?  obiettivo espresso
correttamente = valutazione efficace
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6 Cenni al lavoro di gruppo e alla sua verbalizzazione
6.1 Il brainstorming26
Il Brainstorming è una tecnica ideata negli anni ’50 da Alex Osborn con lo scopo iniziale di
utilizzare la creatività del gruppo per affrontare problemi pubblicitari e di marketing, in seguito
adottata in diverse applicazioni, ed in particolare nelle attività di gruppo finalizzate al
Miglioramento della Qualità.
In generale, il Brainstorming è uno strumento utile in tutti quei casi in cui si desidera coinvolgere
attivamente un gruppo di collaboratori o di rappresentanti di funzioni interessate al problema,
facendo emergere nuove idee dai vari punti di vista.
In particolare, nel processo di Problem Solving, il Brainstorming può essere utilizzato:
• in Fase Diagnostica per far emergere le possibili cause di uno scostamento;
• in Fase Decisionale per fare emergere le possibili azioni che possono contribuire a
conseguire un determinato obiettivo di miglioramento;
• in Fase di Pianificazione per far emergere i problemi potenziali, o "criticità", nonché a
ipotizzare le loro possibili cause.
Una sessione di Brainstorming, per essere efficace, deve seguire una precisa procedura.
1. Comunicazione del tema: il tema del Brainstorming (sufficientemente specifico, ma non tale da
precludere l’espressione di idee creative e innovative) deve essere scritto in modo sintetico e
visibile a tutto il gruppo.
2. Esplicitazione delle regole e del procedimento: serve per rendere tutti consapevoli su come si
deve procedere.
3. Fase creativa individuale: i partecipanti per un breve tempo (3-10 minuti) riflettono
individualmente sul tema, registrando su un foglio le proprie idee.
4. Raccolta e registrazione delle idee: un primo partecipante viene invitato ad esprimere la prima
idea della sua lista, che il conduttore annota in modo ben visibile a tutti. Si procede poi "a giro di
tavolo" e ogni partecipante enuncia, "un’idea inedita per ogni giro". Le idee vengono tutte scritte in
modo visibile. Si procede in questo modo fino ad esaurimento delle idee o, in ogni caso, fino a che i
partecipanti sono sufficientemente concentrati (max 60 min.). Risultato di questa attività è un
elenco di idee, abbastanza disordinato, magari con alcune ripetizioni concettuali.
REGOLE PER LA SESSIONE
♦ NESSUNA CRITICA Le critiche saranno esposte in una fase successiva o causerebbero
l'inibizione dei ragionamenti a ruota libera, che sono la seconda regola.
♦ RAGIONAMENTI A RUOTA LIBERA Capita spesso, che mentre lavoriamo,
giochiamo o studiamo, ci vengano in mente idee stravaganti o stupide, tanto da farci
smettere di pensarle dicendoci "ma guarda cosa mi viene in mente!". Quelle idee o
pensieri, sono degli ottimi punti di partenza.
♦ TANTE IDEE Più idee verranno create, più sarà facile trovare la soluzione al problema
♦ PERSEGUIRE GLI OBBIETTIVI I brainstormer, non devono solo contribuire alle
idee, ma anche associare le varie idee per aprirsi nuove strade
♦ NON ARRENDERSI MAI Non aspettare che venga l'ispirazione, cercare i mezzi per
farla uscire
♦ CONCENTRAZIONE Sugli elementi che si hanno a disposizione.
5. Organizzazione delle idee: l’elenco creatosi nella fase precedente viene riscritto, classificando le
idee in gruppi per analogie ed eliminando le eventuali ripetizioni.
26
Testo a cura di Alberto Giorgi
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6. Valutazione delle idee: si da un giudizio positivo oppure negativo ad ogni idea e sulla base del
numero di giudizi positivi ottenuti si scelgono tre idee; si rifà poi la votazione ottenendo così l’idea
finale da mettere in pratica. Tutti devono votare.
6.2 Finalità delle riunioni di lavoro
Le riunioni di lavoro possono essere finalizzate alla decisione e/o all’informazione.
6.3 Decision making di gruppo27
I gruppi sono un elemento essenziale ed ineliminabile dell’attività di decision making e spesso
surclassano i singoli individui.
Conviene avere ben chiari i pro e i contro dell’impiego dei gruppi, le tecniche per controllarli e i
modi di promuovere l’efficacia.
I gruppi efficaci sono produttivi, soddisfano i loro membri, generano molte idee e risolvono i
problemi, portando a buone decisioni e coinvolgendo emotivamente i partecipanti.
L’efficacia dei gruppi si migliora applicando opportune tecniche d’impostazione (scelta dei membri
e metodo di lavoro) e regole d’organizzazione (ordine del giorno, definizione ruoli, disposizione dei
posti, ecc.)
Nel decision making di gruppo occorre fare attenzione a come si gestisce l’ordine del
giorno.
La disposizione fisica dei partecipanti può influire sul modo in cui il gruppo si esprime e sui
suoi risultati.
Il funzionamento del gruppo va facilitato incoraggiando lo scambio di informazioni e la
risoluzione delle differenze e dei contrasti.
Chi conduce il gruppo deve mostrarsi neutrale.
Il lavoro del gruppo migliora con l’attenzione, il riconoscimento degli sforzi altrui,
l’empatia, la concentrazione, la regolazione, la critica, gli interventi riassuntivi e con la
mediazione.
6.4 Verbale di riunioni28
Utile per partecipanti (“memoria” e “oggettivazione” della riunione) e destinatari esterni
(bisogno di informazione)
Segretario: responsabile ufficiale della memorizzazione
Rispetto espressione dei singoli partecipanti
Dosagggio quantità appunti 
1. tipo resoconto, utilizzo e destinatari
2. tipo di conduzione (il moderatore sintetizza i punti chiave e le conclusioni? A voce? Su
lavagna? Su fogli?)
3. rispetto dell’ordine del giorno
4. “clima” della discussione (attenzione a precisione quando esiste disaccordo)
Quale tipo di appunti:
1. esaustivi (es. registrazione audio)
27
28
Leigh, Andrew. Decisioni, decisioni!, Milano, FrancoAngeli, 1987, pp. 146 - 166
Fonte: Simonet, Renée e Jean. Scrivere per ricordare, FrancoAngeli
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2. selettivi (in dettaglio solo alcuni punti della discussione)
3. imperniati sulle decisioni
1.
2.
3.
4.
5.
Informazioni essenziali:
data e luogo della riunione
obiettivo
nome e funzione dei partecipanti
nome del moderatore (o conduttore o presidente) e del segretario (o verbalista) della seduta
ordine del giorno (se ufficializzato)
6.5 Tecniche per la stesura di un verbale
1)
2)
3)
4)
5)
scrivere rapidamente e con abbreviazioni
ascolto attivo dei punti di vista esposti
individuazione delle parole chiave
sintesi (per riformulare in modo conciso)
scelta dei momenti chiave:
a) proposta di un nuovo tema
b) conclusione-sintesi
6) utilizzo di tabelle e schemi per evidenziare
a) punti di divergenza e convergenza
b) relazioni fra causa ed effetto
Esempi di tabelle:
Esempio: alcuni partecipanti esprimono punti di vista differenti sulle possibili soluzioni di un
problema
Enunciato delle soluzioni
Argomenti a favore
Argomenti contrari
Soluzione 1
…..
…..
Soluzione 2
…..
……
…..
Esempio: in una riunione per lo studio di problemi è possibile prevedere una o più schede per ogni
fase della riunione
I problemi
Le cause
La decisione
Le soluzioni possibili
Vantaggi
S1
S2
S3
Svantaggi
Le modalità d’azione
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