02/2012 - akzonobel magazine - tomorrow`s
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02/2012 - AKZONOBEL MAGAZINE - TOMORROW’S ANSWERS TODAY PAINT, magazine 2012 n. 2 Periodico pubblicato da Akzo Nobel Coatings S.p.A, Decorative Paints Italia. Via Giovanni Pascoli, 11 - 28040 Dormelletto (NO). email: [email protected] Stampa a cura di: biemme srl (Milano) Questo numero è stato chiuso in tipografia il 2 luglio 2012. Direttore Responsabile: Maurizio Poletti Coordinamento Editoriale: Direzione Marketing, Arianna Storoni Realizzazione grafica e design: casiraghi greco&, Milano Hanno collaborato a questo numero: Roberto Meregalli, Domenico Di Odoardo, Nadia Odorico, Francesco Pezzo, Biagio Pezzuto, Alessandra Sighinolfi, Maria Sole Tazzetti, Anna Marotta, David Lichtneker, Pierluigi Mutti. Un particolare ringraziamento a: Studio Architettura Michele de Lucchi, arch. Alberto Bianchi - Milano. Intesa Sanpaolo Raffaella Santi, Ufficio Marketing, Cotto D’Este - Sassuolo (MO) Monica Ledda, Modulnova - Prata di Pordenone Ludovico Zamarian, Promocolor - San Michele al Tagliamento (VE) Franco Fontana, fotografo. Foto di: Federico Buscarino; Mario Carrieri; Franco Fontana; David Lichtneker; Alessandra Giardiello; Barbara Moretti; Domenico Di Odoardo; Nadia Odorico; Arianna Storoni; banche immagini iStockphoto e Getty Images. I testi pubblicati possono essere riprodotti liberamente salvo citazioni della fonte. COLOREDIT L’editoriale di Maurizio Poletti PRIMO PIANO / 3 4 / Piano del Colore di Bergamo: un omaggio alla città e alla sua identità L’ECCELLENZA DEL COLORE COLORAMENTE L’importanza del colore Londra 2012 Abbattere le barriere / 8 Vivere il colore nel profondo / / 6 10 DI TUTTI I COLORI impronte di moda, costume e lifestyle Azzurro SIGN & DESIGN IL COLORE FA TENDENZA Kukikolor Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 539 del 7.11.2011 / 14 / 12 L’editoriale di Maurizio Poletti Affrontare la crisi con lucidità Cari lettori, Aprire questo editoriale senza fare riferimento alla drammatica crisi economica che sta attanagliando il Paese e l’Europa intera sarebbe difficile. Le assai timide misure per lo sviluppo che in questi giorni il Governo sta elaborando non saranno sufficienti se non si inietterà nel sistema un incentivo all’imprenditorialità. Semplificare in modo drastico la burocrazia e ridurre altrettanto drasticamente gli sprechi della politica e della pubblica amministrazione sono passaggi obbligati se davvero si desidera accelerare sulla via di una possibile ripresa. Ma non è di questo argomento che desidero parlare, in quanto i quotidiani sono già pieni di approfondite argomentazioni di ogni tipo scritte da esperti di economia. Vorrei invece approfondire il tema relativo alla possibile reazione da parte dell’impresa e delle persone che ne fanno parte rispetto a questa situazione che ci vede coinvolti quotidianamente in una ridda di scenari in continuo mutamento. Leggendo le pagine dei quotidiani le speranze si alternano a previsioni di caduta nel baratro che viene ogni giorno rimandata ma che molti ritengono ineluttabile. Nello scorso numero abbiamo parlato di sostenibilità. Lo sviluppo sostenibile come si diceva è oggi sulla bocca di tutti, salvo poi sapere davvero di che cosa si tratta. Non riguarda solo l’ambiente, ma anche il benessere della persona. Ed è a questo che dovremmo ambire in un contesto di crisi economico-sociale come quella che stiamo attraversando. Le imprese più virtuose hanno creato al proprio interno dei modelli che tengono conto del benessere psico-fisico dei propri dipendenti. Lo stress è una delle principali cause di disagio, insieme alla preoccupazione per il futuro e per la propria salute e quella dei propri famigliari. Far crescere il livello di benessere psico-fisico delle persone è tanto ambizioso quanto quello di far crescere il Prodotto Interno Lordo. Tuttavia penso che se potessimo migliorare il primo, in un contesto globale ne trarrebbe giovamento anche il secondo. La routine quotidiana ci assale con i suoi meccanismi impossibili da evitare, ma se riuscissimo a gestirli meglio allora saremmo in grado di guardare con maggiore serenità alla difficile situazione che stiamo attraversando. Occorre creare opportunità che devono essere visibili e perseguibili. Non dobbiamo farci schiacciare dalle notizie allarmanti che invadono quotidianamente la nostra sfera privata. L’ansia che viene generata non produce alcun vantaggio ma peggiora ogni cosa. Dovremmo gestire le nostre imprese in modo tale da generare speranza. Questo lo si ottiene attraverso una maggiore motivazione e una cura della propria professionalità. Se sapremo monitorare e gestire la nostra attività con la giusta dose di motivazione bilanciata, con la consapevolezza del contesto nel quale viviamo, potremo dare risposte più adeguate alla situazione. Ogni ruolo è importante per uno sviluppo sostenibile. Dalla reception alla fabbrica, dal marketing alle vendite, al top management. Dovremo affrontare certamente tempi difficili, ma se sapremo reagire con serenità (che non significa incoscienza) potremo ottenere un risultato migliore per noi stessi e per la nostra impresa. Politiche oculate sono figlie di menti lucide e non appannate dall’emotività. Per avere mente lucida occorre avere un buon equilibrio psico-fisico. Ogni imprenditore capace, deve saper trovare la giusta formula per tenere saldo il timone dell’Azienda nella tempesta, ma allo stesso tempo spiegare le vele nel momento più opportuno perché l’energia del vento ci possa spingere oltre la crisi. Per poter essere pronti occorre mantenere in continuazione allenate le nostre capacità sensoriali. La crisi passerà. L’entità del danno che si lascerà alle spalle in gran parte dipende da come la sapremo affrontare. La velocità della ripresa dipenderà anche da questo, come la storia ci insegna. 2 Maurizio Poletti Amministratore Delegato Akzo Nobel Coatings S.p.A. 3 l’eccellenza del colore PIANO DEL COLORE DI BERGAMO: UN OMAGGIO ALLA CITTÀ E ALLA SUA IDENTITÀ FOTO DI Federico Buscarino PRESENTATE LE LINEE GUIDA PER GLI INTERVENTI SULLE FACCIATE STORICHE. INDIVIDUATI 130 COLORI PER CITTÀ ALTA. Q uando il colore si fa emozione, e un’intera città condivide con trasporto ed entusiasmo la presentazione di un progetto che la vede protagonista. Il Piano del Colore di Bergamo di Sikkens, è stato presentato ufficialmente il 13 aprile, durante un pomeriggio di primavera che stentava ancora a fiorire. Sono sbocciati invece, sul palco del prestigioso Teatro Sociale in città alta, i colori del Piano che come quinte di una scena contemporanea - si sono svelati al pubblico al suono di melodie della più illustre tradizione musicale, italiana e straniera. Madrina d’eccezione Cristina Parodi. Lanciato a fine 2009, dopo oltre due anni di lavoro, il Piano del Colore di Bergamo Alta - Linee guida per gli interventi sulle facciate storiche - è stato presentato lo scorso aprile ai professionisti del settore, alle autorità e ai cittadini. Un progetto importante, fortemente voluto dal Comune di Bergamo, dall’Assessorato all’Edilizia Privata e alle Politiche per la casa, con il patrocinio della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano. Un grande impegno reso possibile grazie alla forte sinergia e stretta collaborazione con l’equipe di progettisti ed esperti, coordinati dagli architetti Riccardo Zanetta - già autore, coautore e consulente di numerosi Piani del Colore - e dall’architetto Domenico Egizi, esperto ambientale con pluriennale esperienza nel campo dell’urbanistica e del restauro di edifici storici. “Vedere tutta questa gente oggi per un incontro tecnico mi emoziona. Siamo di fronte ad un progetto importante unico in Lombardia e frutto di una collaborazione tra pubblico e privato altrettanto preziosa” ha affermato il Sindaco di Bergamo, Franco Tentorio. Ha proseguito poi il giovane Assessore all’Edilizia Privata Tommaso D’Aloia: “Il piano del colore rappresenta un punto di riferimento per tutti i professionisti e committenti che intenderanno intervenire con restauri conservativi sulle facciate degli edifici del borgo vecchio e quindi questo consentirà di preservare l’identità cromatica e la tradizione culturale della nostra città”. 4 Il cuore dell’evento è stata la tavola rotonda, composta dai 6 relatori che hanno illustrato nel dettaglio le varie fasi del progetto: arch. Domenico Egizi, inquadramento urbanistico e basi del progetto; professoressa Juanita Schiavini e professore Fulvio Adobati dell’Università di Bergamo CST/Centro Studi Lelio Pagani, analisi storica e osservazione diretta; architetto Riccardo Zanetta, metodologia Un momento particolarmente emozionante, l’esibizione del trio Bergamelli, Trovesi e Zanetti come accompagnamento musicale di un video storico realizzato dall’associazione bergamasca Lab80. Utilizzate anche tecnologie al laser: ai palazzi è stata fatta anche una radiografia Attraverso un particolare sistema di scanner laser che ha censito e fotografato gli edifici e le loro superfici. MAURIZIO POLETTI, AMMINISTRATORE DELEGATO AKZO NOBEL COATINGS S.P.A. IL PIANO IN CIFRE 150.000 30.000 2 4 240 130 E - Offerti da AkzoNobel come sponsor tecnico E - la spesa complessiva del Comune di Bergamo per finanziare il piano anni di lavoro km le facciate mappate edifici mappati tonalità di colore codificate per Città Alta Lo studio del Piano è esteso a diverse zone del centro storico, come Piazza Cittadella, Mercato delle Scarpe, Porta Dipinta, Piazza Mercato del Fieno, San Lorenzo e numerose vie adiacenti. di analisi e di progetto; architetto Massimo Casanova e geometra Ettore Freri del Comune di Bergamo, per la valorizzazione futura e attuazione di un progetto innovativo. Il Piano del Colore di Bergamo è stato un progetto molto ambizioso che apre un nuovo capitolo per la grande committenza di Sikkens: un punto di arrivo per un nuovo inizio nell’ambito dell’urbanistica e dello studio dei colori per l’edilizia. Dove il patrimonio storico e culturale di un centro come Bergamo Alta - e perché no anche delle sue zone limitrofe - sarà tutelato e valorizzato maggiormente da norme e indicazioni di progetto a cui i professionisti e anche i normali cittadini potranno fare riferimento. da sinistra Tommaso D’Aloia, Assessore all’Edilizia Privata e Franco Tentorio, Sindaco di Bergamo. Cristina Parodi al centro, Maurizio Poletti, Amministratore Delegato AkzoNobel, Giuseppe Napoleone della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano. 5 L’importanza del colore FOTO DI David Lichtneker LONDRA 2012 SI ACCENDE LA SFIDA. L’ inglese Sebastian Coe viene consacrato a pieno titolo come uno dei più forti corridori di distanze medie di tutta la storia. Oggi è il responsabile delle Olimpiadi di Londra 2012. Per vincere qualsiasi sfida nella vita, nulla è di maggior aiuto che una sana dose di pressione! Testo tratto da “The winner takes it all” di David Lichtneker, A - AkzoNobel magazine n. 11 Per chi c’era, provate a tornare indietro con la memoria alle Olimpiadi 1980 a Mosca. L’atleta britannico Sebastian Coe, dopo essersi aggiudicato tre record mondiali in 41 giorni durante l’anno precedente, arriva come favorito assoluto per vincere la medaglia d’oro negli 800 metri. La successiva sconfitta e il relativo secondo posto dovuto a Steve Ovett, rivale connazionale molto forte, rappresenta quasi uno scossone di terremoto in tutto il mondo sportivo. Sei giorni dopo, i due atleti si trovano nuovamente l’uno contro l’altro, nella finale dei 1500 metri, l’appuntamento più atteso per Ovett. Coe quasi va all’assalto della corsia e vince in una delle più memorabili corse di media distanza nella storia delle Olimpiadi, lasciando Ovett al terzo posto. Se mai vi sia stato un esempio lampante di performance di massimi livelli per uno sportivo in grado di superare anche le pressioni più gravose, questo è stato indubbiamente il caso più eclatante! Basta osservare l’espressione sul volto di Coe mentre taglia il traguardo per rendersi conto di cosa ciò possa aver significato per lui, che da quel momento viene consacrato come campione indiscusso nella sua disciplina. Coe si ritira dall’atletica nel 1990, mettendo fine ad una brillante carriera che lo vede vincitore in totale di quattro medaglie olimpiche, due d’oro e due d’argento, oltre a stabilire la bellezza di 11 record mondiali. SEBASTIAN COE 6 Segue quindi una strada totalmente diversa, dedicandosi per vari anni alla carriera politica e diventando Member of Parliament tra le fila del partito conservatore. Ma lo sport, in particolare le Olimpiadi, è la linfa che ancora oggi continua a scorrere nelle sue vene. Insignito del titolo vitalizio di Pari (dovremmo pertanto appellarlo “Lord Coe”), oggi è impegnato a tempo pieno a preparare l’edizione 2012 dei giochi olimpici, che si terranno a Londra. La sua mansione ufficiale è quella di presidente del comitato organizzatore, tuttavia egli è stato il motore trainante sin dalle prime battute della gara di appalto, in grado di riportare nella capitale inglese i giochi olimpici per la terza volta dopo le due edizioni del secolo scorso, nel 1908 e nel 1948. Per Sebastian Coe l’edizione di Londra 2012 darà risultati incredibili sotto ogni punto di vista. “Negli ultimi sei anni abbiamo lavorato senza sosta per programmare ogni dettaglio delle Olimpiadi e per essere sicuri di offrire ad atleti, spettatori, mass media il migliore spettacolo possibile”, spiega. “Sarà un’occasione preziosa per mettere in luce tutta l’energia, la creatività e la vitalità che caratterizzano la nostra capitale oltre a poter mostrare il meglio della cultura britannica al mondo intero”. Giorno dopo giorno vengono fornite nuove informazioni riguardanti l’evento; ad esempio, è stato recentemente reso noto che la cerimonia d’apertura (diretta da Danny Boyle, premio Oscar per i film The Millionaire e Trainspotting) sarà denominata “Isles of Wonder” (letteralmente “isole delle meraviglie”). Ma in che modo la carriera sportiva di Coe ha influenzato il suo ruolo come responsabile generale di Londra 2012? “Sono sempre più convinto che qualsiasi cosa uno faccia nella vita, è necessario dedicarvisi anima e corpo”, afferma risoluto. “Ai miei figli ripeto sempre che appoggio qualsiasi scelta desiderino fare, purché diano il massimo delle proprie capacità e non rinuncino mai ai propri sogni”. E naturalmente, le Olimpiadi rappresentano il coronamento di tutti i propri sogni, ma nessuno ha mai potuto raggiungere un risultato di qualsivoglia genere senza grandi sforzi e sacrifici. Per un atleta, questo significa in particolare essere sempre al massimo della condizione fisica e mentale. “Si tratta di due aspetti entrambi essenziali per uno sportivo che desideri ottenere risultati importanti”, aggiunge Coe. “Quando si entra sul campo di gara, l’atleta deve essere certo di trovarsi non soltanto nella migliore condizione fisica possibile, ma deve altresì riuscire a gestire la pressione che le circostanze implicano. Credo che questo tipo di gestione sia essenziale per ottenere il giusto equilibrio tra i due aspetti e conseguire risultati prestigiosi”. Alla domanda riguardante le sue gesta fenomenali, con enorme modestia preferisce citare quanti gli sono stati attorno. “La mia fortuna? Aver avuto attorno un team di persone fantastiche che mi hanno garantito il massimo supporto, in particolare la mia famiglia. Senza di loro non avrei potuto far nulla. Ma ero anche estremamente determinato e caparbio: volevo essere uno tra i migliori atleti e sapevo che potevo farcela”. AKZONOBEL NELL’OLIMPO DELLO SPORT Rappresentare il proprio Paese durante i Giochi Olimpici è un vero privilegio per qualsiasi atleta. Molti degli sportivi “eletti”, sia uomini sia donne, hanno avuto la fortuna - e indubbiamente il talento - di poter adempiere a questo compito in più di un’occasione. AkzoNobel non ha alcuna medaglia da sfoggiare a riprova di ciò, ma vanta trascorsi storici assolutamente prestigiosi per quanto concerne le Olimpiadi. Probabilmente nessuno l’ha notato, ma AkzoNobel si è trovata nel cuore organizzativo delle edizioni tenutesi in Cina, Grecia, Australia. Ad esempio, siamo stati uno dei due fornitori ufficiali di vernici durante l’edizione 2008 delle OIimpiadi di Pechino, fornendo altresì verniciature protettive in polvere per il Bird’s Nest Stadium principale (nella foto), per l’incredibile Water Cube e per varie altre località. I nostri prodotti sono stati altresì utilizzati presso i principali stadi olimpici in Grecia nel 2004 e a Sydney nel 2000. Guardando ancora più lontano, le vernici AkzoNobel proteggono e decorano oggi una schiera di prestigiosi luoghi sportivi, tra cui il Wimbledon’s Center Court (tennis) e l’Etihad Stadium e Old Trafford (calcio) nel Regno Unito; e ancora, i circuiti di Formula 1 ad Abu Dhabi, Shanghai e in India, il Lincoln Financial Field (NFL) e il Great American Ball Park (baseball) negli Stati Uniti, nonché cinque località impiegate durante i mondiali di calcio 2010 tenutisi in Sud Africa. Per rimanere in casa “azzurra”, AkzoNobel ha dato il suo contributo per il campo centrale di tennis del Foro Italico di Roma, in occasione degli Internazionali BNL d’Italia di quest’anno. Tutta questa grande determinazione finalizzata a ottenere risultati di primo livello è la riprova che egli sia stato in grado di gestire una grande pressione ed è proprio questo che gli ha permesso di essere consacrato come uno dei migliori atleti di tutti i tempi. Un approccio che ha indubbiamente portato i suoi frutti: al suo già incredibile curriculum vanno aggiunte anche quattro medaglie ai campionati europei. Coe, il quale afferma che le Olimpiadi rappresentano il momento di picco per la carriera di qualsiasi atleta, ha brillantemente difeso il suo titolo nei 1500 metri durante l’edizione 1984 delle Olimpiadi tenutesi a Los Angeles, con un risultato decisamente sorprendente. A Londra, una schiera composta dai migliori sportivi di tutto il mondo, capeggiata dal velocista giamaicano Usain Bolt tra i contingenti internazionali, tenterà di seguire le sue illustri orme. Tuttavia Coe, non perde tempo ad aggiungere che qualsiasi sportivo, uomo o donna che sia, che prenderà parte alle competizioni ha una grande responsabilità sia sul campo sia fuori dal campo. “Quando nel 2005 abbiamo presentato l’offerta per partecipare alla gara di appalto sulle Olimpiadi, abbiamo affermato di voler sfruttare tutto il potere di attrattiva dei giochi olimpici per ispirare i giovani a scegliere lo sport sano e lasciare così un segno indelebile nella storia. Gli atleti possono giocare un ruolo concreto nell’aiutarci a raggiungere tale visione e sono profondamente convinto che siamo sulla strada giusta per dare compimento a tali aspirazioni”. Gran parte delle attività durante le Olimpiadi e Paraolimpiadi sarà concentrata presso l’Olympic Stadium principale, costruito in una area economicamente svantaggiata dell’East London. Costruito in poco meno di tre anni e con una capacità di 80.000 persone, questo stadio pare abbia già attirato l’interesse di 16 gruppi, i quali avrebbero manifestato l’interesse di trasferirvisi per condurre lì le proprie attività una volta terminate le Olimpiadi 2012. Gli altri luoghi nuovi costituiranno altresì un patrimonio per il futuro; tra di essi vi sono l’Aquatics Centre, il cosiddetto Copper Box (pallamano, pentathlon moderno) e il Velodrome. “I giochi olimpici e paraolimpici hanno richiesto la generazione e rigenerazione di ingenti investimenti nell’arco di pochi anni”, prosegue Coe, che rimarca altresì l’importanza di lasciare un’eredità a lungo termine; questa è la più grande sfida che, insieme al proprio team, egli deve affrontare. “Le strutture sportive di prima classe, i nuovi alloggi, un nuovo parco cittadino, i nuovi collegamenti dei trasporti nella zona ovest e i collegamenti preesistenti potenziati sono tutti fattori che hanno dato quasi vita ad una nuova comunità in questa area. Sono fiero che le Olimpiadi abbiano prodotto tutta questa ventata di novità”. In altre parole, pensando a Londra 2012, i risultati più interessanti riguardano la longevità nel corso del tempo e non tanto un momento spettacolare fine a se stesso. Dimostrando tutta la passione profusa nello svolgimento di questa mansione, Coe ammette di non vedere l’ora che le Olimpiadi abbiano inizio per godersi lo spettacolo competitivo offerto dagli atleti. Non sappiamo ancora se saremo testimoni di un qualsiasi evento che possa ricordare l’entusiasmo e la commozione generati dalla sua rivalità con Steve Ovett; per questo dovremo attendere ancora e vedere cosa succede dopo l’inaugurazione, prevista per il 27 luglio. Coe, tuttavia, ancora in ottima forma per poter competere con atleti della metà dei suoi anni, ha un’unica certezza: “Abbiamo la responsabilità di offrire uno spettacolo sportivo indimenticabile e non avrò pace finché ciò non sarà accaduto”. Da vincitore indiscusso sul podio quale è, anche in questo caso Coe otterrà la medaglia d’oro! 7 L a probabilità che il mondo delle aziende e le ONG impegnate per la tutela ambientale si sedessero ad un unico tavolo per intessere un dibattito costruttivo in passato era a dir poco una chimera, tanto quanto scoprire la presenza degli alieni su Marte. E invece, al posto di farsi la guerra, ci si è riscoperti amici! Testo tratto da “Breaking down the barriers” di Jim Wake, A - AkzoNobel magazine n. 11 In passato, menzionare l’espressione “ONG impegnate nella tutela ambientale” nel mondo delle aziende aveva lo stesso peso specifico di un flebile alito di vento. Viceversa, era molto facile innescare una diatriba di rabbiose condanne contro gli idealisti più naïf, i quali non comprendevano la complessità dell’economia, oppure contro il ruolo predominante giocato dalle aziende nel mantenimento di uno standard di vita che le persone in occidente davano ormai per scontato. D’altro canto, quando si parlava di “imprese e industria” alla presenza di attivisti ambientali, nascevano violenti attacchi verbali su come le avide aziende mettessero a repentaglio il futuro del pianeta solo per garantire ai propri azionisti i dividendi trimestrali. Le ONG e le aziende venivano messe l’una contro l’altra senza alcuna speranza di sanare quella che sembrava essere divenuta ormai una separazione incolmabile. Tuttavia, negli ultimi 10-15 anni si è registrato un graduale cambiamento. Oggi sarebbe certamente esagerato affermare che la mancanza di fiducia che una volta aveva la meglio sia ora sostituita da un rapporto idilliaco tra il mondo aziendale e il mondo delle ONG. Tuttavia, è vero che su entrambi i fronti, quantomeno tra alcuni dei più importanti attori, l’astio è stato sostituito da atteggiamenti più pragmatici. Se una volta le ONG e le aziende erano solite alzare la voce l’una contro l’altra, oggi si siedono attorno ad un tavolo per intessere discussioni costruttive. Man mano che la conoscenza reciproca è cresciuta, si è andato sviluppando un sano rispetto verso le competenze che ciascuno possiede e le buone intenzioni reciproche che entrambe le fazioni ora riescono a comprendere, rendendosi conto delle motivazioni che si celano dietro l’altrui operato. I manager aziendali impegnati in progetti di responsabilità sociale di impresa e sostenibilità hanno ormai chiaro che le ONG sono in grado di fornire un prezioso e valido aiuto per conseguire tale obiettivo. Le ONG che hanno programmi di tutela ambientale, promozione dello sviluppo sostenibile, sradicamento della povertà e delle malattie, sono sempre più convinte che vi saranno maggiori probabilità di conseguire tali obiettivi collaborando con le aziende coinvolte in attività di sensibilizzazione. In certi casi si sono registrati cambiamenti pressoché radicali, con l’avvio di collaborazioni particolarmente fruttuose che stanno apportando grandi risultati sul campo di azione, nelle pratiche sia agricole sia minerarie, nei rapporti con i lavoratori, nella salute e sicurezza dei dipendenti nonché con migliori condizioni di vita per i produttori di beni agricoli e prodotti di prima necessità. “In passato”, afferma André Veneman, direttore dei progetti di sostenibilità presso AkzoNobel, “il mondo delle ONG aveva la tendenza a prendersela con chi rimaneva indietro, per concentrarsi su problematiche ambientali più grandi. Oggi, invece, le ONG iniziano a comprendere la possibilità di utilizzare la carota e il bastone e che possono collaborare con importanti aziende per favorire progetti concreti e propositivi. Il nuovo imperativo commerciale è ottenere risultati su tre punti essenziali: conseguire profitti sostenibili contribuendo al contempo alla creazione di un valore ambientale e sociale. Possiamo immaginare in modo figurato tale fenomeno come tre cerchi, che rappresentano rispettivamente le persone, il pianeta, il profitto; la sfida sta nell’identificare la porzione della nostra azienda in cui vi sono i prodotti e i servizi che consentono di raggiungere i 8 succitati tre punti essenziali”. Resta tuttavia aperta la domanda su come sia possibile rafforzare ed accelerare tale processo. “Siamo coscienti che le aziende non ce la possono fare da sole”, prosegue Veneman. “Le aziende leader assumono una sempre maggiore consapevolezza circa la necessità di lavorare non soltanto con clienti e fornitori, ma anche con governi e ONG. Pertanto, quello che ci sforziamo di identificare è un “punto d’incontro”, un’area in cui governi, ONG e aziende leader trovino il terreno comune per collaborare”. Johan van de Gronden, amministratore delegato del World Wildlife Fund for Nature (WWF) in Olanda, conferma che il rapporto è cresciuto tra la sfera delle ONG e il mondo delle aziende. Alcuni anni fa, sottolinea, alcune ONG hanno avviato progetti di partnership denominati “Embedded Giving” (letteralmente “donazione implicita”), in cui l’1 o il 2% del prezzo di acquisto di un prodotto al consumatore poteva essere donato alla ONG partner. Altre aziende hanno invece adottato programmi di responsabilità sociale d’impresa, in taluni casi con la collaborazione delle ONG. Van de Gronden afferma tuttavia che in molti casi tali operazioni sono sembrate maggiormente finalizzate a difendere la propria immagine piuttosto che uno sforzo reale volto a favorire cambiamenti sostanziali. Tuttavia, le tipologie di collaborazioni che ora si sviluppano sono ben più complesse e potranno altresì avere impatti decisamente maggiori. “Le collaborazioni del 21° secolo tra ONG e aziende riguardano il cambiamento, le attività principali aziendali, lo sforzo di collaborare per conseguire risultati concreti. Si tratta naturalmente di un compito ben più arduo”. Van de Gronden aggiunge che l’iniziativa talvolta nasce da partner aziendali e talvolta dal lato dell’ONG. Una delle più importanti (e incredibili) iniziative promosse dal WWF è quella denominata “Iniziativa sulla trasformazione del mercato”. Il punto di partenza di tale iniziativa è la teoria secondo cui è possibile trasformare la catena di fornitura, ovvero direzionandola verso la sostenibilità, se circa il 40-50% della catena di fornitura complessiva adottasse pratiche sostenibili. L’idea è di concentrarsi su 35 regioni caratterizzate da biodiversità eccezionale, particolarmente minacciate dalla produzione e dal consumo di 15 prodotti di prima necessità, quali zucchero di canna, olio di palma, soia, prodotti caseari e cotone, nonché focalizzarsi sulle circa 100 aziende che esercitano una influenza spropositata sulle catene di fornitura di tali 15 prodotti di prima necessità. Pertanto, il WWF ha attivamente promosso una serie di collaborazioni con il maggior numero possibile di aziende, allo scopo di direzionare i mercati verso la sostenibilità. “Vi sono ora catene di fornitura in cui stiamo davvero iniziando a fare la differenza. In Olanda, abbiamo dato vita ad un mercato per il legname sostenibile che ora equivale a circa il 25% del mercato totale e prevediamo il raddoppio entro il prossimo quinquennio; questo significa che per un lungo periodo non sarà possibile vendere un qualsiasi lotto di legname nel mercato dei Paesi Bassi senza un certificato emesso dal Forest Stewardship Council o altro documento equivalente”. Il WWF è la dimostrazione lampante di come una ONG possa avviare le collaborazioni con le imprese per trasformare i mercati. Un altro approccio che fa ben sperare per il futuro è creare coalizioni che riuniscano i principali attori aziendali nel mercato dei beni di prima necessità per promuovere pratiche commerciali e sviluppo sostenibile. In Olanda, il governo centrale ha dato vita al progetto Sustainable Trade Initiative (IDH) con il mandato di orientare verso la sostenibilità le catene di fornitura internazionali relative ai beni di prima necessità. Il governo ha accantonato un fondo pari a €100 milioni per supportare i progetti finalizzati a portare avanti tale programma; l’IDH ha il compito di facilitare l’implementazione di tali progetti. Il problema è che i fondi del governo verranno unicamente stanziati se corrisposti dal settore privato. Le aziende ci hanno interpellato in quanto desiderano lavorare tramite noi per adottare prassi economiche più sostenibili”, illustra il direttore esecutivo del progetto IDH, Joost Oorthuizen. “Il nostro aiuto è pertanto finalizzato a creare coalizioni di aziende impegnate, governi e ONG per ottenere cambiamenti effettivi in tali catene di fornitura; ad esempio, siamo stati contattati da quattro tra le principali aziende al mondo per la tostatura di caffé, le quali hanno chiesto aiuto per elaborare una strategia comune di sostenibilità sulle produzioni future. Nel complesso, tali quattro aziende per la tostatura del caffé equivalgono al 30% del mercato mondiale”. Il progetto IDH rappresenta una sorta di “angolo di paradiso” per tali aziende; altrimenti esse sarebbero da un lato passibili dell’accusa di concorrenza sleale, mentre dall’altro risulterebbe pressoché impossibile avviare tali nuove iniziative di sostenibilità senza mettere a repentaglio la propria posizione competitiva. Inoltre, l’avvallo dei governi nonché il coinvolgimento delle ONG garantiscono al progetto IDH grande credibilità in termini di collaborazione tra pubblico e privato. Il risultato è una scala di valori che sarebbe impensabile per qualsiasi singolo azionista; ma all’interno della coalizione, essi possono decidere di aderire alle pratiche concordate e fornire ulteriori fondi per favorire le ONG le quali, a loro volta, possono incentivare la produttività, supportare pratiche agricole più sostenibili, garantire l’assistenza ai produttori in modo da uscire dalla condizione di povertà. Oorthuizen indica AkzoNobel come uno dei trendsetter nell’orientamento verso la sostenibilità. “Si tratta di un’azienda che ha compreso con una certa precocità che vi sono opportunità commerciali per il sourcing sostenibile. L’azienda si è infatti resa conto che rinnovando la catena di fornitura e senza dover andare a spremere fino all’ultimo centesimo i fornitori, i quali possono invece essere considerati partner strategici per l’innovazione, è possibile conseguire risultati di crescita prima impensabili”. Veneman, alla guida del comitato supervisore del progetto IDH, sostiene che tali coalizioni composte da imprese, ONG, governi, siano perfino più importanti in tempi di austerità. “In un momento come questo, in cui i governi sono meno impegnati nel supportare le innovazioni che favoriscono programmi di crescita sostenibile, in quanto la crisi economica ha prodotto un taglio dei costi, è ancor più importante lavorare in collaborazione con le ONG e il settore pubblico per ottenere risultati sui tre punti di base”. Van de Gronden prosegue: “La partita da giocare ora riguarda l’efficacia delle risorse. Offrire punti di vista sulle strategie commerciali può sembrare apparentemente il ruolo inverso per i responsabili delle principali organizzazioni impegnate nella tutela ambientale, ma in realtà esso riflette i cambiamenti reali. Nell’affrontare questa avvincente sfida sulle risorse, sia che si tratti di carbone, energia o materie prime, le ONG, sempre responsabili e accorte, possono favorire i risultati in modo eccezionale. Oltre a ciò, le imprese si renderebbero conto del palese senso di responsabilità diffusosi tra la società civile. Sempre di più vi sono consumatori attenti là fuori, i quali vogliono sapere tutto sui prodotti e servizi acquistati. Dare per assodato che per qualche anno si potrebbe riuscire a tenere l’opinione pubblica quieta è la strategia commerciale più rischiosa che si potrebbe mai immaginare”. L’importanza del colore Abbattere le barriere 9 L’importanza del colore Venice (Usa) VIVERE IL COLORE NEL PROFONDO COLLOQUIO CON IL GRANDE FOTOGRAFO FRANCO FONTANA. FOTO DI Franco Fontana “Q uest’anno voglio fare una vacanza riposante, mi piazzo in un bel posto e non mi muovo più”. “Quest’anno voglio proprio concedermi un bel viaggio”. Due modi di concepire una vacanza, due approcci per pensarsi fuori dal ritmo abituale della propria vita, ma in entrambi i casi pronti a captare gli stimoli sensoriali che ci arriveranno. A parte la pattuglia di persone impermeabili alle sollecitazioni - quelli che se non trovano gli spaghetti in Namibia restano delusi - in genere ci si accosta al viaggio con la curiosità di conoscere le varie declinazioni della realtà che andremo a visitare. E se torniamo dove siamo già stati è perché ci fa piacere ripercorrere quelle sensazioni. Un viaggio è fatto di ascolto, osservazione, curiosità e voglia di comprendere: stati d’animo che si esplicano in molti modi e soprattutto in base all’indole di ognuno. Se possiamo immagazzinare dentro di noi i ricordi memorizzando a vari livelli suoni, profumi e sapori, sensazioni ed emozioni - a volte anche profonde e durature - serve qualcosa di più e di diverso per fissare in modo indelebile una visione o un particolare che ci hanno colpito. Il Grand Tour, che a partire dal ‘700 portava gli aristocratici e i letterati a visitare i luoghi eccellenti dell’Europa, prevedeva la contemplazione e spesso anche l’acquisto, FRANCO FONTANA È uno dei pochi fotografi italiani conosciuti anche all’estero, soprattutto per la straordinaria produzione di paesaggi. Ma la sua inesauribile vena di sperimentatore lo ha portato a cimentarsi - e a eccellere - anche nel reportage, nel ritratto e in altre specialità, con pellicola classica, polaroid e digitale. Il senso del colore è la caratteristica saliente della sua ricerca. 10 di quei quadri tipici che illustravano in modo quasi fotografico gli scorci più belli. Oggi è tutto più semplice e rapido e si ricorre allo scatto fotografico - o al video - per catturare un ricordo o per il desiderio di documentare. La tecnologia disponibile oggi permette a chiunque di essere un fotografo sufficientemente abile a soddisfare qualsiasi esigenza. In realtà non è facile cogliere il significato profondo di un luogo semplicemente scegliendo un’inquadratura, non sempre ritroviamo con identica forza nell’immagine ritratta quel taglio di luce che ci ha catturato. E spesso non è questione di tecnica, forse invece è vero che finiamo per fotografare quello che intimamente volevamo fissare, come se cercassimo qualcosa che era già dentro noi stessi. Questa è precisamente la tesi di uno dei più famosi fotografi italiani, Franco Fontana, che può essere definito a tutti gli effetti un maestro del colore. “Ti attrae quello che hai già dentro di te - afferma Fontana - dovunque tu vada scopri quello che in realtà già conosci. Picasso diceva ‘non vado a cercare, vado a trovare’. Trovare vuol dire che quando scatto una foto a un paesaggio urbano ho trovato quello che ho dentro di me, è un obiettivo spirituale. Quando mi rivolgo a un soggetto che attira la mia attenzione e lo fotografo è perché è già parte di me stesso. Questa è filosofia Zen ma è la verità”. È difficile però pensare a una ricerca così intensa senza ricorrere al mezzo del viaggio per raggiungere tappe significative. “Il viaggio è quello che sei, non è che se vai a New York diventi più furbo - sentenzia netto Fontana - il paesaggio urbano l’ho trovato a Los Angeles, ma quando l’ho visto in realtà lo avevo già trovato. La molla che muove non è quella di andare a vedere che cosa c’è, perché trovi solo quello che conosci e capisci solo quello che sai. D’altra parte Kant, senza mai muoversi da un piccolo paese, ha influenzato il pensiero contemporaneo”. Chi ha fotografato praticamente qualsiasi soggetto in mezzo mondo ha certamente immagazzinato un bagaglio di esperienze e di riferimenti legati ai diversi luoghi dove ha operato. “Negli Stati Uniti ho trovato il paesaggio urbano, quello naturale in Puglia e Basilicata, il nudo magari in una piscina, anche se questo spunto lo tengo come una vacanza fotografica. Bisogna, però, capire che è fondamentale il cambiamento: ho ricevuto riconoscimenti in tutto il mondo per il mio lavoro sul paesaggio ma è inutile che continui a seguire questo filone, rimuovere è più importante di ricordare. Si deve sempre ripartire e non ripetere, altrimenti diventa un lavoro impiegatizio dove l’anima non c’entra più. In questo momento sto lavorando sui cimiteri - la ricerca si chiama Vita Nova - in certe sculture e bassorilievi c’è un erotismo intenso, inaspettato”. Ibiza Può sembrare banale chiedere a un maestro del colore come nasca la sua ispirazione e la sua ricerca in relazione al cromatismo, ma è una curiosità inevitabile. “Il bianco e nero è inventato perché non è reale, il mondo non lo vediamo così - afferma Franco Fontana - il colore invece rappresenta la realtà e l’artista non può fare a meno di lavorare sulla realtà, ma la deve reinventare, deve mostrarla in modo differente da quella che è. Il mio colore è il soggetto, non l’oggetto, non è la pellicola che registra l’oggetto. Lavorare con il colore è qualcosa di viscerale, sei tu che lo vivi, lo interpreti e lo significhi, fa parte del soggetto generale dell’immagine. Il pittore inventa, aggiunge e fa astrazione: mentre il fotografo deve andare sul posto e scattare, non è mai astratto anche se fotografa due pezzi di colore che, poi osservandoli, si fatica a capire cosa sono, l’astrazione è il suo pensiero. Anche l’uso del computer non va considerato un’intrusione, perché sei sempre tu che decidi cosa fare, come intervenire su un’immagine che hai fotografato e creato tu. Se poi ti aiuta a esprimere meglio la tua ispirazione ben venga”. Come dire, la libertà della genialità. Pierluigi Mutti Asfalto, Losanna Paesaggio in Basilicata Vita Nova, dittico 11 impronte di moda, costume e lifestyle AZZURRO: L’estate è sempre più azzurra. “O 12 ra l’inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole”. Sì, è stato un inverno di scontenti. Sarà stato l’andamento incolore della nostra politica, sarà il rosso dei conti delle famiglie italiane, sarà l’umore grigio che ha animato i mesi più freddi, è certo che molti di noi non vedevano l’ora che spuntasse di nuovo il sole. E sarà per forza una meravigliosa estate. Perché per un attimo (e succede sempre così), tutti noi dimenticheremo i colori che anneriscono le nostre giornate per lasciare spazio solo all’azzurro che, consciamente e inconsciamente, dipinge la nostra anima. Saranno proprio le olimpiadi e gli europei di calcio a rimettere tutte le cose al loro posto. Noi abbiamo ben altro a cui dedicarci, un’estate all’insegna dell’azzurro. Il cielo sarà di un azzurro intenso anche durante un temporale estivo, il mare sarà il più azzurro mai visto prima, da far invidia alle Canarie e frotte di principi azzurri invaderanno le strade per pavoneggiare tra cenerentole in costume azzurro e ci ritroveremo a cantare a squarcia gola “Azzurro, il pomeriggio è troppo Azzurro...”. Perché l’azzurro delle nostre giornate nasce da dentro e non importa cosa escogiteranno per distruggerci il sogno, non c’è incubo che possa adombrare quest’estate. Questo perché non parliamo di un campionato di calcio dove i colori si susseguono negli anni, senza badare troppo alle mode, il blu-nero lascia il posto al rosso-nero, che a sua volta cede al bianco-nero. Non stiamo parlando di colori che piacciono quasi esclusivamente agli uomini e che le donne sopportano a malapena. No, parliamo di un fenomeno che accade ogni due anni. Quando le piazze sono invase da tifosi di ambo i sessi che hanno il tricolore stampato in faccia e l’azzurro sul resto del corpo. Tifosi che soffrono e gridano “che sfortuna!” dopo che la palla, infelice, cozza contro la traversa. Persone che si meravigliano davanti a una ragazzina che a solo 15 anni piroetta leggera in pedana. Operai che faticano e sudano più che al lavoro, davanti a una ragazzona bionda che batte ogni record in piscina fra una crisi asmatica e una di panico. Questo perché tutti loro hanno qualcosa in comune hanno l’azzurro tatuato addosso nella divisa e nello spirito. E noi ci siamo innamorati di quel colore prima del nostro principe o principessa, prima ancora di tutto il resto. Perché quello che viviamo, quello che vediamo è un italiano che è riuscito in qualcosa, è uno come noi, un azzurro. Uno del nostro paese, un paese esasperante, fastidioso, il più delle volte separato da una incredibile quantità di emozioni e sentimenti contrapposti. Un paese che dovrebbe fare molto di più, che non si applica abbastanza nonostante il talento, come diceva la mia maestra ai colloqui. Un Paese difficile, più volte sull’orlo del baratro, ma poi succede che qualcuno grida “Gol!!!” o “E andiamo a vincere!!!” fino a perdere la voce e allora tutti noi ci destiamo, attirati come nel mito di Persefone da un irresistibile giacinto azzurro profumato, finiamo per lasciarci andare all’idea che il cielo è sempre più azzurro. Che il temporale è passato. Già, un giacinto azzurro profumato, speriamo che per noi sia profumo di vittoria. 13 IL COLORE FA TENDENZA KUKIKOLOR: KUCINE KOLORATE? S olo gli abitanti di una casa, o un esperto, sono in grado di dire se una cucina funzioni più o meno bene. Invece il suo aspetto viene immediatamente valutato. E in gran parte questo aspetto dipende dai materiali con cui la cucina stessa è realizzata: legno o laminato, ceramica o acciaio, granito o sughero. Le nuove linee delle collezioni sfoggiano cromatismi degni di una collezione di moda: cataloghi, pubblicità, pieghevoli, tutto ciò che racconta l’immagine della cucina parla di colori accesi e luminosi. I rossi rampanti e dinamici, i gialli solari, gli azzurri marini, i blu intensi, le tonalità dei verdi e dei marroni si fanno dominanti tanto nelle cucine minimaliste e cromate quanto nel classico legno o nello stile country. Nonostante questo, si può dire che gli Italiani continuano a “comprare in bianco e nero”, in legno, in tonalità neutre, bianco, crema, beige. Da un lato vi è la fantasia e l’estetica emozionale che portano ad una vera rivoluzione tra i fogli e le matite di designers, produttori, grafici, e pubblicitari mentre dall’altra parte (nelle case, negli appartamenti, nella scelta quotidiana del consumatore) il rassicurante colore neutro continua a vincere. La cucina verso il futuro, riguarda il nostro modo di consumare, di mangiare, di abitare. Da centro della vita sociale, luogo di incontro e interazione si apre al soggiorno: una vera e propria invasione che incorpora così quelle funzioni che fino ad ora erano destinate alla zona considerata di accoglienza per antonomasia. Progetti di configurazioni e forme nuove, finiture in linea con le tendenze si arricchiscono di sfumature, essenze in legno trattato, vetri e materiali inusuali (kerlite*, resine), giochi di luce e texture, riflessioni opache e lucide, ma sempre tutto ton sur ton. Una nuova diffusa consapevolezza che parla di ecosostenibilità, sicurezza ambientale, risparmio energetico: la “cucina che non spreca” in grado di ottimizzare le risorse e l’impiego di acqua e di calore. Meccanismi motorizzati di apertura e chiusura, disegni digitali, postazioni altamente tecnologiche perfettamente integrate con i sistemi di collegamento multimediali della casa, comandi domotici che permettono di controllare tutti gli elettrodomestici della cucina e di programmarli a distanza di tempo e di spazio: a muoversi in sintonia con questi cambiamenti c’è la grande industria del settore, forte, creativa e moderna. Fra dieci anni si potranno trovare sicuramente cucine che utilizzino funzioni per avere acqua pulita e sapone vegetale da quello che cuciniamo! Nelle immagini Cucine di Modulnova: modello Twenty con rivestimenti in Kerlite, Modello Twenty Cemento con finiture in resina e Modello Light con finitura laccata satinata e piani in rovere carbone dogato * Kerlite è un grès laminato di Cotto D’este, ottenuto attraverso un sistema produttivo estremamente innovativo: materiale facilmente igienizzabile, resistente ad alte fonti di calore, sagomabile con notevole semplicità riveste in maniera assolutamente inusuale anche pensili ed ante, compresi i lavelli. Bibliografia Sighinolfi Alessandra, Tazzetti Maria Sole, KUKIKOLOR - Cromatismo in cucina come carattere culturale, Tesi di Laurea, rel. Anna Marotta, Torino, Politecnico, Luglio 2009. Marotta Anna, Policroma: dalle teorie comparate al progetto del colore, Celid, Torino 1999. 14 15 IL COLORE È OVUNQUE, BASTA CERCARLO. BASTA CERCARLO. IL COLORE È OVUNQUE,