Ave Maria - Hör mein Bitten Der 42 Psalm

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Ave Maria - Hör mein Bitten Der 42 Psalm
Concerto di Natale
F. Mendelssohn - Bartholdy
Ave Maria - Hör mein Bitten
Der 42 Psalm - Der 115 Psalm
per soli, coro e orchestra
Lunedì 17 Dicembre 2007 - ore 21
Cattedrale di Lodi
Cappella Musicale della Cattedrale
Alessandra Rizzello soprano
Luca Di Gioia tenore
Niccolò Scaccabarozzi baritono
Capella Instrumentalis Laudensis
Elvira Soresini organo
Don Pietro Panzetti direttore
Ritengo che sia bello per la Cattedrale di Lodi poter invitare, a partire da quest’anno, le Cappelle Musicali di Cattedrali Italiane ed Europee, con la loro storia,
con la loro vita.
La cappella musicale di una cattedrale è il luogo in cui si custodiscono e si coltivano
i suoni della voce e i suoni degli strumenti. Tale opera, perseguita con dedizione
amorosa e con attento studio della relazione che i suoni hanno tra loro, costituisce
l’habitat nel quale crescono persone dedite alla musica: i cantori, l’organista, il
maestro di cappella. Esse frequentano con assiduità la cattedrale; imparano gradualmente il suo linguaggio fatto di pietre, di colori, di luci, di profumi, di silenzi
e di Presenza; scoprono e si adeguano docilmente alla sua armoniosità, fino a sentirsene parte. Seguendo il ritmo di questa lenta assimilazione, quanti costituiscono
una cappella musicale altro non vorrebbero cercare se non il farsi voce di ciò che sta
oltre, di ciò che per la via dei suoni diventa più facilmente raggiungibile: il cuore
di Dio, il cuore dell’uomo.
Cresciuto a mia volta nel grembo di tale ricchezza, ho voluto la rassegna
CATTEDRALI, perché lo spirito che anima una cappella musicale possa maggiormente propagarsi a vantaggio della bellezza.
Don Pietro Panzetti
Maestro della Cappella Musicale della Cattedrale di Lodi
Ars est velare artem
La musica sacra di Mendelssohn
Come tu, nell’agire, sei guidato da amore e felicità,
così noi tutti ti auguriamo che tu sia felice
come lo sono i frutti del tuo ingegno.
Goethe, 20 gennaio 1822
Premessa
La musica c’introduce di colpo in una sfera ignota, estranea, inaudita: che ingenuità accostare
quel discorso insinuante che nasce dalle dita sulla tastiera e i vaghi canti che la metafora presta al
vento, ai giochi d’acqua, agli uccelli in amore! In realtà, il mondo degli esseri musicali, anche nella
forma più elementare, quella del ritmo, non esiste al di fuori dell’arte umana: essa è una creazione
pura dello spirito. Sotto lo sforzo dello spirito che lotta per mantenerla presente, l’immagine spirituale della musica fiammeggia per un momento in tutto il fulgore della coscienza; poi, diventando
ancora più interiore, essa sfuma, diventa meno cosciente, più silenziosa ancora, lasciando dietro di
sé, come una lunga scia persistente, solo l’emozione indicibile che essa ha risvegliato e alimentato.
Trovo le parole più indicate per presentare il programma dell’annuale concerto
natalizio offerto dalla Cappella musicale della Cattedrale, in un saggio del grande
storico medievista H.-I. Marrou, che solo in questi mesi vede la luce in traduzione
italiana1.
La musica sacra di Mendelssohn, pur nella sintetica antologia di questa sera, ha
la potente forza di farci entrare in quella dimensione superiore, in quella “sfera
ignota”, che sa ospitare solo una “emozione indicibile”, che è essa stessa felicità,
segno della raggiunta serenità dello spirito. Più di tante, vuote parole, è forse questo l’augurio più autentico che sembra emergere dalle musiche di Mendelssohn in
programma in questo concerto natalizio. Un filo sottile attraversa ognuna delle
pagine proposte che, pur nella diversa tipologia, le unisce in una superiore armonia
e le illumina: è la certezza che solo la fiducia in Dio ci permette di raggiungere la
felice pace dello spirito.
Sì, perché Felix Mendelssohn-Bartholdy (Amburgo, 1809 - Lipsia, 1847) è stato un
musicista “felix”, di nome e di fatto. Questa è l’immagine più diffusa e accreditata
che accompagna ancora oggi il suo nome. Per abitudine, per tradizione, forse an-
1. H.-I. Marrou, Il silenzio e la storia, Napoli 2007, passim.
che per pigrizia, gli aggettivi più frequenti che accompagnano la sua musica sono,
di solito: “piacevole”, “godibile”, “serena”, “facile”. Ma è davvero così? Davvero
l’universo musicale di Mendelssohn è fatto soltanto di limpidezza, di clarté cartesiana, di soave imperturbabilità espressiva?
La domanda, per quanto di difficile risposta, è almeno legittima. Una buona parte
del “giudizio critico” dipende infatti dalla consueta sovrapposizione, frequentissima fino all’inizio del secolo scorso, tra “vita” e “arte”, tra “biografia” e “stile”.
Non c’è dubbio, infatti, che Mendelssohn sia stato un uomo accarezzato dalla
fortuna. Figlio di un facoltoso banchiere berlinese, nipote di un filosofo illustre,
ospite abituale della casa di Goethe, il giovane Felix ha ricevuto un’educazione
“perfetta”: musica, pittura, poesia, filosofia, equitazione sono entrate a far parte
del suo sapere sin dai primissimi anni di vita. E il rampollo dei Mendelssohn, modello esemplare di enfant prodige, imparava ogni cosa a velocità prodigiosa: a dodici
anni era già un pittore di talento, un traduttore esperto, un poeta accademico, un
compositore sensibilissimo. E anche la sua “vita adulta” non è stata meno splendente: onori, incarichi, fama, successi, un matrimonio impeccabile.
Non si deve però nascondere che questo idillio (per altro apparente ed esteriore)
non si è di certo sempre tradotto in uno stile musicale altrettanto limpido e privo
di turbamenti. Anzi, al contrario, più si approfondisce l’indagine “trasversale” nelle
opere di Mendelssohn e più ci si rende conto che un velo di inquietudine, di ansia,
a volte di compostissimo “dolore”, tende spesso a velare l’immagine tersa e disimpegnata del Mendelssohn “comune”. Il cuneo “tragico” della romantik, insomma,
si insinua più frequentemente di quanto si creda nella perfetta e sapiente trama
compositiva del musicista “felix”.
Eppure, sembra fuor di dubbio che quella superiore felicitas trovi la sua più completa realizzazione proprio nella musica sacra , la sola in cui sembrano non avere
il sopravvento le debolezze dell’ “uomo” Mendelssohn. Per poter capire questo
occorre ripercorrere, in breve, le tappe fondamentali della formazione musicale e
spirituale di Mendelssohn.
1. La religiosità di Mendelssohn: la formazione e l’opera.
1.1. L’ambiente familiare
Il nome della famiglia Mendelssohn era già famoso nella cultura tedesca di primo
Ottocento ben prima ancora che nel 1809 nascesse Felix. Il nonno del futuro
musicista, Moses Mendelssohn, era stato infatti un filosofo di cultura ebraica di
una certa rinomanza, autore di un Fedone tradotto già a suo tempo in oltre trenta
lingue straniere. Anche il padre Abraham si era messo in luce con la sua attività
di banchiere, condotta insieme al fratello Joseph nella banca da questi fondata. La
famiglia nella quale Felix nacque, quindi, garanti¬va delle condizioni particolarmente favorevoli non solo per la agiatezza economica, quanto soprattutto per la
ricchezza di stimoli culturali che poteva offrire: l’atmosfera che vi regna¬va era
quella forgiata dagli influssi illuministici, cui Abraham era particolarmente sensibile. Abraham stesso aveva ereditato dal padre Moses la disposizione razionale tipica
dell’epoca illuministica, ma non la convinta adesione alla fede ebraica; ad essa
aveva preferito un at¬teggiamento agnostico, ma aperto ad un regime di massima
tolleranza verso il pensiero al¬trui. Sebbene quindi in questioni relative alla religione e alle sue manifestazioni terrene avesse idee molto più libere ed elastiche di
quanto ne aveva avuto il padre Moses e di quanto ne avrebbe manifestato in seguito il figlio Felix, Abraham fece battezzare i figli e li fece educare nel solco della fede
protestante: ciò avvenne soprattutto per favorire la loro integrazione all’interno
della società berlinese, nella quale il sentimento di diffidenza e di rifiuto verso le
famiglie di cultura o anche solo di cultura ebraica era ben più che latente. In misura
maggiore o minore, le diverse esperienze culturali della famiglia lasciarono traccia
nella formazione della personalità di Felix. In primo luogo bisogna sottolineare
l’eredità della componente ebraica che derivava dalla tra¬dizione di famiglia; gli
influssi che essa determinò si concretarono in una serie di disposi¬zioni d’animo
frequentemente rilevabili nel carteggio edito ed inedito del musicista. Oltre al forte
legame con i parenti ed al senso di rispetto verso l’autorità familiare, bisogna ricordare la sua concezione etico-morale della vita, il rigoroso senso della disciplina
interiore, lo zelo diligente e la co¬scienza del dovere non solo verso se stesso, ma
anche verso il mondo esterno, lo spiccato spirito autocritico: sono queste le doti
che, accanto ad una indubitabile genialità gli permi¬sero uno sviluppo estremamente precoce delle sue attitudini ed una serie di risultati impressionanti pur nel
breve arco della sua vita. Strettamente connessa con la tradizione il¬luministica
era la concezione razionalistica della religione, concezione che Felíx ereditò - almeno in parte - dal padre, e che si manifestò con un’attività impegnata ed un confronto con i problemi della vita: la componente razionalista, tuttavia, non era tale
da trasformarlo in un cristiano piegato al credo religioso a causa di speculazioni
intellettuali o per adesione ad un sistema morale. Sotto l’influsso della teologia
di Schleiermacher, anzi, egli aggiunse alla sua religiosità una componente di sentimentalismo romantico, senza mai cadere però in forme di fanatismo o di pietismo, ancor meno di ingenua creduloneria. Gli influssi del¬l’eredità ebraica ebbero
un’efficacia di natura generale sulla concezione della vita di Mendelssohn che però
non visse mai all’interno di una comunità ebraica, né ebbe mai profonda conoscenza dei riti e delle pratiche della sinagoga, nonostante l’importanza della figura
del nonno Moses per la storia della comunità berlinese. La formazione dottrinale
del giovane Felix, con tutte le limitazioni ed i correttivi cui si è accennato, rimase
sempre ancorata all’interno della tradizione luterana: la sicura conoscenza che egli
aveva dell’Antico Testamento era accompagnata da un’altrettanto approfondita
lettura del Nuovo Testamento che, per lui, era il completamento natu¬rale delle
scritture più antiche. Non solo dalle sue lettere, ma anche dalla testimonianza dei
suoi contemporanei si ricava che Mendelssohn fu un uomo religioso per tutta la
sua vita, sebbene non fosse un assiduo frequentatore di chiese.
Il mondo etico-religioso di Mendelssohn si riflette anche nella sua concezione
dell’arte: le stesse esigenze morali che egli pone a sé e agli altri uomini valgono anche per l’arte e per l’artista che la crea, come egli scrisse «Kunst und Leben sind nicht
zweierlei» («Arte e vita non sono due cose distinte»).
1.2. La formazione musicale
L’interesse di Mendelssohn per la musica sacra non nacque affatto dall’ambiente
per il quale in prima istanza la musica sacra veniva composta, ossia dalla frequentazione dei servizi liturgici delle chiese protestanti di Berlino. Del resto la componente musicale del rito, all’epoca in cui Mendelssohn muoveva i primi passi nella
religione luterana, era assai ridotta e priva di stimoli artistici: la riforma del canto
liturgico allora stava appena cominciando. Ma il contatto con la produzione sacra
fu ugualmente molto precoce per l’azione combinata di due avvenimenti: da un
lato l’inizio delle lezioni di composizione con C. F. Zelter (1758-1832), uno dei più
autorevoli maestri di contrappunto e grande amico di Goethe, dall’altro la partecipazione alle prove ed alle esecuzioni della Singakademie, diretta dallo stesso Zelter.
Risulta difficile ricostruire con esattezza la cronologia dell’impatto di Mendelssohn
con le composizioni sacre dei più svariati musicisti delle epoche più diverse; ma se
non si dimentica che, come la sorella Fanny, egli aveva una straordinaria memoria musicale ed una insaziabile curiosità, basterebbe fare un elenco anche parziale
del repertorio della Singakademie per avere la certezza che nel giro di pochi anni
il giovane musicista aveva già avuto l’occasione di conoscere da vicino e di farsi
una adeguata idea di parecchie opere rappresentanti vari stili e generi compositivi.
Fra i numerosi compositori la cui musica veniva regolarmente eseguita dalla Singakademie compaiono i nomi di Lotti, Durante, Palestrina, Mozart, Haendel, Bach,
Fasch e Zelter. Tutte le esperienze successive furono occasioni di arricchimento
e di approfondimento della conoscenza dello sterminato repertorio della musica
sacra dei secoli precedenti e dell’epoca a lui contemporanea, ma si può affermare
che già nell’esercizio corale degli anni giovanili c’è in nuce l’approccio con le varie
problematiche sollevate dai diversi generi di musica sacra espressi nei secoli. Certamente ci furono momenti particolarmente significativi nella vita di Mendelssohn
che segnarono un progresso prepotente nell’indagine di questo o quell’autore, di
uno stile o piuttosto di un altro. Per il Natale del 1823, ad esempio, ricevette
in dono una copia della partitura della Passione secondo Matteo di Bach: il giovane
musicista si mise a studiare alacremente, per cominciare poi nel 1827 una serie
di prove private fra amici che condussero infine all’audace progetto, concretatosi
nel 1829, di resuscitare l’opera bachiana. Sebbene la Passione fosse solo una delle
tante opere di Bach che Mendelssohn studiò e ristudiò nel corso della sua vita, una
convivenza così approfondita e così prolungata con una simile partitura lascia ben
pochi dubbi sulla competenza che egli poté già allora ottenere riguardo alla musica
del Thomaskantor. Ma in quello stesso anno 1829 Mendelssohn compì anche il suo
primo viaggio in Inghilterra, durante il quale ebbe il permesso del libero accesso
ai fondi musicali del British Museum, nonché l’autorizzazione a copiarsi qualsiasi
cosa volesse: il musicista non si fece sfuggire l’occasione per indagare a fondo il
materiale là esistente finché non scoprì sessanta grossi volumi di opere manoscritte di Haendel; anche in questo caso, conoscendo la sua curiositas e lo zelo che egli
profondeva in ogni attività, soprattutto se ben gradita, c’è da ritenere che poté
acquisire una conoscenza definitiva della musica haendeliana. Di poco successivo al primo soggiorno inglese fu il Reise, secondo una moda tutta ottocentesca,
attraverso l’Europa che nel giro di due anni, fra il 1830 e il 1832, lo portò a conoscere l’Austria, l’Italia, la Francia e nuovamente l’Inghilterra. In particolare in Italia
Mendelssohn scoprì il deludente stato della musica contemporanea, ma allo stesso
tempo a Roma incontrò l’abate Baini, curatore della prima biografia palestriníana,
e l’abate Santini, la cui collezione di musiche di autori di ogni tempo fu a sua totale
disposizione. Sempre a Roma ebbe esperienza diretta dei riti della Cappella Sistina
con i residui della sua tradizione esecutiva: in particolar modo egli poté assistere
ai riti della Settimana Santa e così avere un incontro diretto con la liturgia cattolica nella sede più prestigiosa, incontro che lasciò in lui una grande impressione.
A Parigi Mendelssohn ebbe modo di conoscere la musica sacra di Cherubini ed
Hummel, mentre a Londra, oltre ad approfondire le ricerche sulla musica di Haendel, ebbe contatti con Thomas Attwood, organista inglese allievo di Mozart, che
gli fece conoscere il vasto repertorio della antica musica sacra inglese. Da questa
rapidissima disamina risulta evidente che Mendelssohn a poco più di vent’anni
possedeva già un quadro completo delle linee essenziali di sviluppo della musica
sacra attraverso i vari generi e stili; in certi casi, addirittura, la sua conoscenza era
talmente approfondita che ne era diventato uno specialista.
1.3. L’opera musicale sacra
Dopo aver esaminato la complessità delle sue radici culturali assai differenti, dopo
aver constatato la ricchezza delle sue conoscenze storiche e stilistiche in relazione
alla produzione di altri musicisti, sorge spontanea la domanda di quale tipo sia stato
il contributo mendelssohniano nel campo della musica sacra. Anche in questo caso
la risposta non è univoca: per gli stili compositivi adottati, per gli influssi ricevuti,
per la destinazione delle opere, per il diverso profilo delle singole manifestazioni di
esse, il corpus della sua musica sacra è molto eterogeneo. Certamente si può affermare che la maggior parte della sua produzione sacra non è musica scritta a scopo
liturgico, bensì è musica su testo sacro con funzione extraliturgica, composta con
una predisposizione etica di tipo religioso: in altre parole Mendelssohn creò poca
Kirchenmusik (musica da chiesa o liturgica) e molta geistliche Musik (musica sacra).
Mentre nella musica di tipo liturgico l’aspettativa è quella di contribuire all’oggettivazione del fenomeno religioso, ossia il suo compito è quello di accompagnare e
- possibilmente - incrementare la forza di un rito che espone collettivamente i capisaldi oggettivi o dogmatici di una fede, la musica extraliturgica di natura religiosa
assolve un compito opposto: essa esterna la dimensione prettamente soggettiva
dell’artista che si confronta con la problematica religiosa, essa stessa intesa in senso talvolta molto lato e non necessariamente legata ad istanze dogmatiche, men
che meno a vincoli rituali. Lo sbilanciamento quantitativo, nella produzione mendelssohniana di musica sacra, fra musica liturgica e musica religiosa - a netto favore
della seconda - rispecchia da vicino la personalità del suo autore e ne interpreta
molto fedelmente l’aspetto romantico. Questa sola considerazione basterebbe a
smentire quanti ritenessero Mendelssohn autore classico in virtù della sua musica
sacra, che solo esteriormente (e solo apparentemente) si avvicina ai modelli per
lui classici di Haendel e di Bach. Che l’aspetto soggettivo della musica religiosa di
Mendelssohn fosse in linea con le istanze del Romanticismo è comprovato anche
dal fatto che le sue opere corrisposero in larga misura al sentimento collettivo dei
suoi contemporanei, presso i quali esse ottennero un ampio successo2.
Per quanto riguarda la musica più strettamente orientata verso scopi liturgici, la
mancanza di limiti dogmatici rigorosi consentì a Mendelssohn di scrivere anche
per altre confessioni, ovviamente oltre che per la propria, a condizione che la natura del testo si con¬facesse alla sua sensibilità. In particolare egli compose brani
di vario genere anche per il rito anglicano, per quello cattolico, perfino per quello
ebraico. Il problema di fondo di Mendelssohn compositore di musica sacra, tuttavia, non è l’adesione più o meno fedele all’una od all’altra confessione, quanto
invece la sua capacità di concepire una musica adatta al rito liturgico. Migliori di
qualsiasi commento sono le parole dello stesso Mendelssohn, che troviamo in una
lettera scritta al pastore Bruno Bauer il 12 gennaio 1835 da cui emerge il suo scet-
2. Per la complessa questione, qui ricordata nelle sue linee essenziali, si rimanda a R. Werner, F. Mendelssohn-Bartholdy als Kirchenmusiker, Frankfurt am Main 1930 p. 128 ss..
ticismo riguardo alla possibilità di combinare le esigenze del rito (nella fattispecie
quello evangelico, ma il discorso è passibile di estensione anche ad altri riti) con
quelle di una musica d’arte. Infatti il problema che egli si pone non è quello della
collocazione esatta della musica nell’articolazione interna del rito, bensì - più radicalmente - della possibilità della musica di interagire fattivamente allo svolgimento
della funzione liturgica. In sostanza per Mendelssohn vi sono due sole alternative: o la musica ha un valore di per se stessa, ma così costituisce un’alternativa
che distrae dal rito come un concerto in mezzo ad una celebrazione; oppure essa
deve svolgere un ruolo subordinato nei confronti della liturgia, ma allora perde
di importanza come espressione d’arte e diventa un elemento scenografico della
cerimonia, al pari di candele ed incenso. La visione mendelssohniana dei difficili
rapporti fra musica e rito, difficoltà che più volte nel corso della storia ha dato
luogo a conflitti fra musicisti e clero, è lucida e cosciente: non è vero, quindi, che
egli non avesse sensibilità per la liturgia, quanto forse è vero 1’opposto. Il fatto
che Mendelssohn non abbia scritto composizioni rigorosamente fedeli al servizio
liturgico o, quando lo ha fatto, le abbia scritte cercando almeno di preservare una
qualità musicale minima è chiaro indizio di una scelta artistica: egli cioè non ha mai
voluto abdicare alla sua vocazione di musicista per scrivere musica secondo criteri
non suoi.
Le scelte stilistiche di Mendelssohn rispecchiano la vastità delle sue conoscenze in
ambito storico, ma non sono mai totalmente debitrici di un’epoca o di un autore in
particolare. Come egli si rifiutò di emulare pedissequamente le tecniche compositive di Bach o di Haendel, così si rifiutò pure di assoggettarsi supinamente alle varie
tendenze sviluppatesi nel primo Ottocento. Fu uno dei protagonisti dello storicismo musicale, e la ripresa della Passione di Bach così come la serie dei concerti
storici ne sono chiara riprova; ma dello storicismo non divenne schiavo nella sua
produzione. Scrisse mottetti a cappella, ma non si sottomise mai all’ideale romantico della musica vocale priva di ogni supporto strumentale. Compose numerosi
corali, ma rifiutò la sola eredità dell’Illuminismo che bandiva ogni arti¬ficio dalla
musica sacra. Mendelssohn era poco incline ad assumere acriticamente idee ed esigenze del suo tempo e mantenne un atteggiamento di vigile autonomia verso ogni
entusiasmo di parte. Particolarmente eloquente e significativo è quanto scriveva
il 4 marzo 1833 ancora al pastore Bauer, dichiarando di non volere una sorta di
Renaissance, ma un rispetto della continuità della più autentica eredità (Weiterführung
des wertvollen Erbes); ma al tempo stesso egli non fu nemmeno un rivoluzionario. Mendelssohn era favorevole e si adoperò in prima persona per un progresso
della musica sacra senza svalutare quanto già presente, dimostrando con questo
atteggiamento un senso della realtà di gran lunga maggiore della gran parte dei
suoi contemporanei.
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3. Guida all’ascolto
3. 1. Ave Maria, op. 23 n. 2 per tenore solo, coro a 8 voci e orchestra
Diverse sono le ragioni che spiegano l’abbondante produzione di Mendelssohn
nell’ambito della musica sacra. In primo luogo la sua formazione musicale presso
C. F. Zelter, l’organizzatore dell’archivio musicale della Staatsbibliothek di Berlino, oltre che direttore della Singakademie, il quale gli fece conoscere soprattutto le
opere di Bach e di Haendel. Ma ciò che indirizzò Mendelssohn alla musica sacra
è soprattutto la sua famigliarità con le Scritture, come lui stesso dichiarerà: «Ho
scritto dei pezzi sacri solamente perché ne sentivo il bisogno, proprio come un
impulso irresistibile spinge a leggere un certo libro – fu questo la Bibbia – e si
prova un’immensa gioia nel leggerlo». Infine, i numerosi viaggi di Mendelssohn
dovevano condurlo a Roma verso la fine dell’anno 1830, dove riscoprirà in tutto il
suo vigore la polifonia di Palestrina, di Allegri e di Lotti.
Mendelssohn compose i Tre pezzi sacri op. 23, in cui l’Ave Maria occupa il secondo
posto, poco dopo il suo arrivo a Roma, nel novembre del 1830, quasi come reazione immediata a una delle sue prime visite alla Basilica di san Pietro. Entusiasta, il
compositore, allora ventenne, scrisse alla famiglia: «Dopo colazione, suono, canto
e compongo fino verso mezzogiorno. Poi Roma mi attende in tutto il suo splendore». Dal punto di vista musicale il giudizio di Mendelssohn è però più severo:
«Le orchestre suonano peggio di quanto si possa immaginare. Nessuno sembra
preoccuparsi e c’è poca speranza di un seppur piccolo miglioramento». Anche il
canto, a quanto pare, lasciava molto a desiderare.
L’Ave Maria era stata in realtà già progettata a Vienna due mesi prima e fu terminata a Roma verso la fine del mese di novembre. In una lettera datata 30 novembre,
il compositore precisa: «Nell’ Ave Maria, che è un saluto a Maria, è un tenore che
canta ininterrottamente davanti al coro e tutto solo dall’inizio alla fine». La versione definitiva è differente in quanto fa alternare il tenore nella parti estreme, mentre
la sezione centrale (Con moto), in cui si implora la Vergine di pregare per i peccatori,
si schiude in una densa polifonia a otto voci. Scritta in origine a cappella, l’Ave Maria
riceverà più tardi un accompagnamento d’organo e di ensemble strumentale (due
clarinetti, due fagotti, violoncelli e contrabbassi) e verrà inserita nell’op. 23.
Quel che sembra certo è che la sua fede protestante non impedì a Mendelssohn di
comporre una delle più belle versioni musicali della più nota preghiera cattolica in
latino. L’Ave Maria, divisa in tre parti, sembra stabilire un contrasto eloquente fra la
semplicità devozionale delle sezioni estreme (che condividono lo stesso materiale
musicale di base) e la tessitura contrappuntistica particolarmente elaborata della
sezione centrale («Sancta Maria»). Estasiato, Heinrich Dorn, musicista e critico musicale contemporaneo, scrisse sulla Neue Zeitschrift für Musik: «La musica dice con
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una tale convinzione la santità di Maria che essa potrebbe condurre alla Vergine
anche un non cattolico. Questo pezzo corale in la maggiore, di una gioia sacra
vera, è come un vassoio d’oro sul quale il maestro avrebbe deposto questo inno
puro. Qui noi troviamo i più teneri colori tonali dell’edificazione, del culto e della
religione rivolti verso il Cielo e riflessi nello sguardo».
3. 2. Wie der Hirsch schreit nach frischem Wasser, salmo 42, op. 42 per soli, coro e orchestra
Il salmo Wie der Hirsch, come altre composizioni di Mendelssohn, non fu composto in un’unica soluzione, bensì a più riprese in un arco di tempo che va dall’aprile
del 1837 all’inizio del 1838. Una prima versione fu scritta rapidamente durante
il viaggio di nozze nella primavera del 1837, apparentemente in seguito ad una
ispirazione immediata e non sulla base di progetti precedentemente concepiti e
lungamente meditati. Secondo la datazione presente nell’autografo il primo coro
del Salmo 42 fu terminato a Freiburg il 30 aprile di quell’anno. La conclusione definitiva del salmo avvenne solo verso la fine del 1837, allorché il compositore rimise
mano all’ultimo movimento che poté ultimare solamente il 22 dicembre, come si
ricava dal manoscritto originale che conserva, appunto, la seconda versione del finale. Così perfezionato, ma ancora in versione manoscritta, il Salmo 42 fu eseguito
per la prima volta in pubblico al Gewandhaus di Lipsia il primo gennaio del l838,
secondo una tradizione che voleva l’esecuzione di un pezzo di musica sacra nel
concerto all’inizio del nuovo anno. In una lettera scritta all’amico Hiller il 20 gennaio compare l’apprezzamento personale del compositore per la propria opera in
termini che in realtà si trovano frequentemente usati anche per altre composizioni.
Ma nel caso del Salmo 42, Mendelssohn sembra rimanere fedele a questa predilezione che ribadisce in più occasioni nel suo epistolario. Non è escluso che tale
preferenza nasca non tanto da intrinseci valori musicali, quanto da legami affettivi
del compositore con la sua opera, nata in un momento di particolare serenità ed
associata all’evento gioioso del matrimonio. La cantata, tuttavia, non comportò
solamente la riscrittura del movimento finale, bensì la composizione ex novo di tre
movimenti intermedi, gli attuali terzo, quarto e quinto, che dovettero comunque
essere completati entro la prima settimana di febbraio, come ci informa lo stesso
Mendelssohn in una lettera indirizzata alla sorella Fanny il 9 febbraio 1837.
Questo salmo gode di una strana prerogativa: di essere stato il più apprezzato ed
eseguito all’epoca di Mendelssohn ed in quella immediatamente successiva, ma al
tempo stesso anche di essere la composizione sacra sulla quale maggiormente si
appunta una critica ricorrente di numerosi musicologi. Essi infatti rilevano spesso
in Mendelssohn, ed in particolare nel Salmo 42, l’incapacità di sentire profondamente - e quindi di rendere musicalmente - la drammaticità insita nel testo sacro;
il compositore causerebbe così una discrepanza insanabile fra il contenuto testuale
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del salmo e la veste musicale di cui lo rivestì3. L’incongruenza fra il grido di angoscia di un’anima alla ricerca di Dio e la resa musicale molto più “morbida” viene
ancor più accentuata dal fatto che questa cantata fu schizzata e stesa per la maggior
parte durante il viaggio di nozze, in un periodo in cui lo stato d’animo del musicista doveva essere ben distante dalla disperazione espressa dal testo salmodico4. Ma
non solo questa coincidenza cronologica spiega il tono lirico di parte della composizione: esso può derivare anche da una deliberata intenzione di Mendelssohn di
interpretare diversamente il salmo, sbilanciandone il senso a favore di una visione
ottimistica che privilegia l’attenzione sulla fiducia in Dio.
Effettivamente non è affatto necessario che il medesimo testo sacro sia interpretato sempre allo stesso modo, e tanto meno che venga musicato solamente secondo
un’unica soluzione: se è vero, ad esempio, che il primo coro risveglia una sensazione di malinconia e nostalgia interiore, non è altrettanto vincolante che questa
nostalgia si manifesti in una passione agitata. Mendelssohn quindi si muove in
un’atmosfera che è data dal testo solo in modo potenziale: da un ventaglio di possibilità espressive diverse egli coglie quelle a sé più idonee tanto dal punto di vista
testuale quanto da quello musicale. In questo senso egli non fa violenza al testo
del salmo: in linea con le tendenze romantiche lo interpreta soggettiva¬mente e
ne dà una lettura musicale che del romanticismo accoglie alcune istanze espressive.
E’ per questo che Schumann considera il Salmo 42 come la miglior opera religiosa
di Mendelssohn e addirittura lo pone come ideale verso cui dovrebbe aspirare la
nuova musica sacra5.
3.3 Hör mein Bitten, inno per soprano solo, coro e orchestra
Conosciuto in tutto il mondo anglosassone nella versione inglese («Hear my prayer»),
approvata dall’autore, è la più popolare delle opere corali di piccole dimensioni che
Mendelssohn scrisse nel corso del suo ottavo soggiorno inglese (maggio-giugno
1844), prima di concludere il suo Concerto per violino in mi minore. Oltre ai consueti obblighi sociali, Mendelssohn diresse sei concerti alla Philharmonic Society, fra i
quali figurano le famose esecuzioni del Concerto per violino di Beethoven con Joseph Joachim e del suo Concerto per pianoforte n° 4. Egli descrive questo periodo
inglese come «folle, assolutamente folle», cosa che non ha nulla di sorprendente.
Raramente si coricava prima dell’1.30 del mattino e trascorreva tutta la giornata
nel vortice febbrile degli impegni di società e musicali. Più tardi confesserà di aver
fatto più musica in due mesi trascorsi a Londra che in tutto il resto dell’anno.
3. R. Werner, op. cit., p. 81.
4. E’ quanto sostiene E. Werner, Mendelssoh. La vita e l’opera in una nuova prospettiva, trad. it., Milano 1984, p. 470 ss..
5. Cfr. Neue Zeitschrift für Musik, 8, 1838, p. 107.
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Hör mein Bitten fu concepito dapprima per soprano solo, coro e accompagnamento
di organo obbligato; qualche anno dopo, all’inizio del 1847, Mendelssohn lo riscrisse con un accompagnamento orchestrale (due oboi, due clarinetti, due fagotti,
due corni, timpani, due violini, viola, violoncello e contrabbasso). Il compositore
morì nel novembre del 1847 prima di aver visto l’ultima versione stampata, meno
di un anno dopo averla terminata. Ma la magistrale orchestrazione dell’opera e le
numerose minuziose revisioni fatte nel 1847 inducono a credere che egli avesse
veramente l’intenzione di pubblicare la seconda versione.
Tale piccolo capolavoro non lascia trapelare affatto il carico di impegni che Mendelssohn dovette affrontare durante il soggiorno londinese. Al contrario, sembra
che il compositore abbia voluto consegnare ad esso i sentimenti di pace e di gioia
che cercava disperatamente nella sua vita privata. Il testo, basato su una libera
parafrasi del salmo 55, descrive lo spavento e l’angoscia che invadono l’anima
del credente di fronte alle minacce dei nemici della fede. Se l’inno inizia con una
preghiera serena e melodiosa sulla dominante intonata dal soprano solo (Andante),
l’opera prende un carattere più cromatico sulle parole che evocano la solitudine
dell’uomo. Quando il coro, nella seconda strofa, si unisce al soprano, la musica
passa ad un tempo ternario (3/8) e alla tonalità di mi minore e diventa nettamente
più animata (Allegro moderato) là dove intende descrivere le minacce dei nemici.
Dopo un breve e drammatico Recitativo, solista e coro innalzano una preghiera a Dio perché ascolti la supplica del credente. La sezione finale inizia con una
melodia commovente: il solista esprime il desiderio di ‘volare’ (fliegen) lontano da
coloro che minacciano la sua vita; in essa il gioco ripetuto delle terzine sembra
voler proprio disegnare tale volo. Infine il coro impiega il soggetto per una breve
fuga sulla quale si inserisce ancora il solista che riprende lo stesso tema iniziale in
contrappunto con le voci del coro
3.4 Nicht unserm Namen, Herrn, salmo 115 per soli, coro e orchestra
La data di composizione di questo salmo cade all’inizio di quel periodo ricchissimo di esperienze che fu il viaggio che Mendelssohn compì fra il 1830 e il 1832,
attraversando e conoscendo vari paesi europei allo scopo di valutare dove il suo
futuro di musicista avrebbe potuto trovare la sede più idonea per potersi realizzare.
Durante questo lasso di tempo Mendelssohn ebbe modo di entrare in contatto con
vari ambienti musicali. Per non citare tutte le città che egli attraversò nel corso del
viaggio, basti indicare quelle musicalmente più importanti dove egli ebbe una permanenza prolungata: Monaco, Vienna, Roma, Napoli, Parigi, Londra. Ricchissima
è anche la sua produzione compositiva di questo periodo: accanto all’ouverture Le
Ebridi e alla cantata profana Die erste Walpurgisnacht, le cui prime versioni furono
ultimate rispettivamente a Roma e a Milano, Mendelssohn scrisse un elevato nu-
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mero di composizioni sacre, fra le quali spiccano quattro Choralkantaten e numerosi
mottetti. Anche il Salmo 115, una Psalmkantate, rientra nel numero delle composizioni terminate sul suolo italiano. Le testimonianze epistolari permettono in parte
di ricostruire i tempi attraverso i quali si realizzò la composizione di questo salmo.
La prima idea scaturì durante il viaggio in Inghilterra, effettuato da Mendelssohn
nel 1829; di tale prima iniziativa si ha notizia attraverso una passo di una lettera
inedita che Mendelssohn scrisse ai familiari da Venezia il 18 ottobre 1830. Questo
progetto sembra però decadere, poiché nelle successive lettere spedite da Vienna
non v’è traccia di questo lavoro; in questa città Mendelssohn, al contrario, portò a
compimento la composizione della cantata O Haupt voll Blut und Wunden e del sopra
citato mottetto Ave Maria, poi pubblicato come op. 23 n. 2.
Concluso il soggiorno viennese, continuano a mancare notizie relative a questo
salmo: Mendelssohn descrive piuttosto nelle sue lettere l’effetto profondo provato dalla lettura di una raccolta di corali protestanti donatagli a Vienna dall’amico
Franz Hauser, lettura che ha come conseguenza la composizione, secondo diversi
modi di rielaborazione, di alcuni di questi corali. Ma nonostante ciò Mendelssohn
doveva aver avviato la redazione del Salmo 115 perché il 18 ottobre da Venezia
poteva annunciare alla famiglia di aver quasi concluso il brano concepito l’anno
precedente in Inghilterra. Trasferitosi a Roma e giuntovi il giorno 1 novembre,
Mendelssohn si preoccupò di trovare un alloggio stabile per i mesi successivi e
ricominciò subito i suoi lavori lasciati in sospeso: fra questi il Salmo 115.
Il completamento del Salmo 115 diventò l’obiettivo principale di Mendelssohn per
la prima metà del mese di novembre; esso, effettivamente, fu portato a termine il
giorno 15 di quel mese, come si può evincere dal diario con le annotazioni personali di Mendelssohn. E la causa di tanta sollecitudine è spiegata dalla lettera che il
giorno seguente Felix scrisse alla sorella, nella quale le annunciava - come regalo
di compleanno - proprio questa composizione. In essa Mendelssohn dichiarava di
trovarsi in un periodo di particolare fervore creativo, sebbene l’ambiente italiano lo
stimolasse sotto ogni punto di vista, tranne proprio quello musicale.
In questo salmo è possibile cogliere il frutto di tutta l’esperienza maturata in oltre
otto anni di continue sperimentazioni, anni durante i quali Mendelssohn passa
dalla condizione di eccellente e dotatissimo studente a quella di compositore tecnicamente perfezionato in cerca di una propria identità di musicista e di artista.
In questo caso il compositore può scegliere e sviluppare una forma molto ampia,
articolata in diversi movimenti, favorito in ciò dalla struttura testuale del salmo
nella sua connaturata successione di brevi versetti.
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3.5 Da nobis pacem, inno per coro e orchestra
Il “bis” che, come è tradizione, chiude il concerto natalizio e che rappresenta una
sorta di augurio del Coro della Cappella musicale della Cattedrale, è affidato ancora ad una breve ma intensa pagina di Mendelssohn: l’inno Da nobis pacem.
Da nobis pacem
(Verleih’ uns Frieden gnädiglich)
Da nobis pacem, Domine,
da pacem perdurare;
nam nullus est qui valide pro nobis
possit stare, quam tu, nostra spes et salus.
Concedi a noi la pace
Concedici, o Signore,
concedici una pace duratura.
Perché nessuno, se non tu solo, nostra
speranza e salvezza, può resistere per noi.
Più noto nella dizione tedesca Verleih uns Frieden gnädiglich, composto nel 1831 al
tempo dei Tre pezzi sacri, op. 23, che Mendelssohn chiama «klein Lied» in una lettera
indirizzata a Franz Hauser, è concepito come una composizione corale senza cantus firmus. Questo fatto è tanti più strano in quanto l’«Antiphona pro pace», tradotta
da lutero, presenti una melodia ricavata dal canto gregoriano. Con tutta probabilità
il proposito iniziale di Mendelssohn era di scrivere di scrivere l’inno come un «canone con violoncello e contrabbassi» e di musicare l’antifona, cantata all’epoca di
Lutero alla fine del rito, come un canto corale uniforme. Il testo e la melodia sono
ripeuti tre volte: la prima volta, il basso presenta la semplice melodia; la seconda,
essa è affidata all’alto e il basso l’accompagna in contrappunto; solo durante la terza
ripetizione interviene il coro a quattro voci. Mentre il piano originario di Mendelssohn prevedeva un «canone con violoncello e contrabbassi», la versione definitiva
presenta un’orchestrazione molto più ricca con archi e legni che gradualmente, ma
con efficacia sostengono l’entrata delle diverse voci in un crescendo sempre più
accorato, come ad esprimere la richiesta insistente della pace. La conferma che il
«klein Lied» fosse stato accolto con grande entusiasmo dai contemporanei, ci viene
dalle parole di Robert Schumann che così scriveva nel 1840 sul n° 12 della Neue
Zeitschrift für Musik: «Una composizione singolarmente bella, del cui effetto una
semplice occhiata alla partitura può dare appena un’idea. Questo piccolo pezzo
merita fama mondiale e in futuro l’avrà: le Madonne di Murillo e di Raffaello non
possono restare nascoste a lungo».
Ettore Garioni
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Ave Maria op. 23, 2
Ave Maria op. 23, 2
Ave Maria, gratia plena!
Dominus tecum,
benedicta tu in mulieribus!
Sancta Maria, mater Dei,
ora pro nobis peccatoribus,
nunc et in hora mortis nostri.
Ave Maria, piena di grazia!
Il Signore è con te,
benedette tu fra le donne!
Santa Maria, madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell’ora della nostra morte.
Der 42. Psalm op. 42. Wie der Hirsch schreit
Salmo 42 op. 42 Come la cerva sospira
1. Chor
Wie der Hirsch schreit nach frischem Wasser,
so schreit meine Seele, Gott, zu Dir.
1. Coro
Come la cerva anela verso i corsi d’acqua fresca,
così l’anima mia sospira a te, o Dio.
2. Arie (Sopran solo)
Meine Seele dürstet nach Gott,
nach dem lebendigen Gotte.
Wann werde ich dahin kommen,
daß ich Gottes Angesicht schaue?
2. Aria (Soprano solo)
L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente.
Quando verrò
a contemplare il volto di Dio?
3. Rezitativ und Chor
Meine Tränen sind meine Speise Tag und Nacht,
weil man täglich zu mir saget: Wo ist nun dein
Gott?
Wenn ich des inne werde,
so schütte ich mein Herz aus bei mir selbst.
3. Recitativo e Coro
Le mie lacrime sono mio cibo giorno e notte
poiché mi si dice tutto il giorno: «Dov’è il tuo
Dio?».
Quando io mi ricordo,
il mio cuore in me si strugge.
Denn ich wollte gern hingehen mit dem Haufen
und mit ihnen wallen zum Hause Gottes,
mit Frohlocken und mit Danken
unter dem Haufen, die da feiern.
Io desideravo ardentemente avanzare con la folla
e con lei andare alla casa di Dio,
con canti di canti di gioia e di ringraziamento
tra una moltitudine che faceva festa.
4. Chor
Was betrübst du dich, meine Seele,
und bist so unruhig in mir? Harre auf Gott!
Denn ich werde ihm noch danken,
daß er mir hilft mit seinem Angesicht.
4. Coro
Perché ti affliggi, anima mia,
e sei così inquieta in me? Spera in Dio! Ancora
lo ringrazierò,
perché mi aiuti con il suo volto.
5. Rezitativ
Mein Gott, betrübt ist meine Seele in mir,
darum gedenke ich an dich.
Deine Fluten rauschen daher,
daß hier eine Tiefe und dort eine Tiefe brausen;
alle deine Wasserwogen und Wellen geh’n über
mich. Mein Gott, betrübt ist meine Seele in mir!
5. Recitativo
Mio Dio, la mia anima in me si rattrista,
per questo io penso a te.
I tuoi flutti dilagano, lì un abisso risuona con
fragore, là un altro abisso; tutte le tue onde e
i tuoi flutti passano su di me. Mio Dio, la mia
anima in me si rattrista!
6. Quintett
Der Herr hat des Tages verheißen seine Güte,
und des Nachts singe ich zu ihm und bete
6. Quintetto
Di giorno il Signore mi ha promesso la sua grazia, di notte a lui innalzo il mio canto e prego il
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zu dem Gotte meines Lebens.
Mein Gott, betrübt ist meine Seele in mir!
Warum hast du meiner vergessen?
Warum muß ich so traurig gehn,
wenn mein Feind mich drängt?
Dio della mia vita.
Mio Dio, la mia anima in me si rattrista!
Perché mi hai dimenticato?
Perché me ne devo andare triste,
quando il nemico mi opprime?
7. Schlußchor
Was betrübst du dich, meine Seele,
und bist so unruhig in mir?
Harre auf Gott! Denn ich werde ihm noch danken,
daß er meines Angesichts Hilfe und mein Gott ist.
Preis sei dem Herrn, dem Gott Israels,
von nun an bis in Ewigkeit!
7. Coro finale
Perché ti affliggi, anima mia,
e perché sei così inquieta in me?
Spera in Dio! Ancora lo ringrazierò,
perché egli è la salvezza della mia vita e mio Dio.
Sia lode al Signore, il Dio di Israele, da ora fino
all’eternità!
Hör’ mein Bitten. Hymne
Ascolta la mia preghiera. Inno
Hör’ mein Bitten, Herr, neige dich zu mir,
auf deines Kindes Stimme habe Acht!
Ich bin allein;
wer wird mir Tröster und Helfer sein?
Ich irre ohne Pfad in dunkler Nacht!
Ascolta la mia preghiera, Signore, volgiti verso di
me, porgi attenzione alla voce del tuo figlio!
Io sono solo;
chi sarà il mio consolatore e aiuto?
Io vago senza un sentiero nella notte oscura!
Die Feinde sie droh’n und heben ihr Haupt:
“Wo ist nun der Retter, an den ihr geglaubt?”
Sie lästern dich täglich, sie stellen uns nach
und halten die Frommen in Knechtschaft und
Schmach.
I nemici mi minacciano e alzano la testa:
”Dov’è ora il salvatore, in cui credevate?”
Essi ti bestemmiano tutti i giorni,
ci perseguitano e tengono i devoti nella schiavitù
e nella vergogna.
Mich fasst des Todes Furcht bei ihrem Dräu’n!
Sie sind unzählige, ich bin allein;
mit meiner Kraft kann ich nicht widersteh’n,
Herr, kämpfe du für mich,
Gott, hör mein Flehn!
Mi prende la paura della morte davanti alle loro
minacce! Essi sono innumerevoli, io sono solo;
con la mia forza non posso resistere,
o Signore, combatti tu per me,
Dio, ascolta la mia supplica!
O könnt’ ich fliegen wie Tauben dahin,
weit hinweg vor dem Feinde zu flieh’n!
In die Wüste eilt’ ich dann fort,
fände Ruhe am schattigen Ort.
Oh, potessi volare come le colombe, laggiù,
fuggire via lontano dal nemico!
Verso il deserto allora mi affretterei
e troverei riposo in un luogo ombroso.
Der 115. Psalm op. 31. Non nobis Domine
Salmo 115 op. 31 Non il nostro nome
1. Chor
Nicht unserm Namen, Herr,
nur deinem geheiligten Namen sei Ehr’ gebracht.
Laß deine Gnad’ und Herrlichkeit
und Wahrheit uns umleuchten.
Laß nicht die Heiden sprechen,
wo ist die Macht ihres Gottes?
1. Coro
Non il nostro nome, o Signore,
ma solo il tuo santo nome sia glorificato.
Lascia che la tua grazia, il tuo splendore
e la tua verità ci illuminino.
Non lasciare che le genti dicano:
«Dov’è la potenza del loro Dio?».
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2. Duett mit Chor
Israel hofft auf dich,
du wirst sie beschützen in Noth,
denn du bist ihr Helfer,
ihr Erretter bist du allein.
Aaron hofft auf dich,
du wirst sie beschützen in Noth,
denn du bist ihr Helfer,
ihr Erretter bist du allein.
Wahrlich der Herr gedenket unser,
und segnet seine Kinder,
denn er segnet das Haus Israel
und er segnet alles Volk
die seinen Namen fürchten, beide,
klein und große, die seinen Namen fürchten.
2. Duetto e Coro
Israele confida in te,
tu lo proteggerai nella miseria,
perché tu sei il suo soccorso,
tu solo sei il suo salvatore.
Aronne confida in te,
tu lo proteggerai nella miseria,
perché tu sei il suo soccorso,
tu solo sei il suo salvatore.
Veramente il Signore si ricorda di noi,
e benedice i suoi figli,
perché egli benedice la casa di Israele
e benedice tutti quelli
che temono il suo nome,
i piccoli e i grandi, che temono il suo nome.
3. Arioso
Er segne euch, je mehr und mehr,
euer Haus und alle eure Kinder.
3. Arioso
Egli benedica sempre più voi,
la vostra casa e i vostri figli.
4. [Chor]
Die Todten werden dich nicht loben, o Herr,
alle die hinunter fahren in die Stille;
doch wir die leben heut, loben dich den Herrn
vom Anbeginn bis in Ewigkeit, Halleluia!
Nicht unserm Namen, Herr, sei Ehre,
nur deinem Namen sei Ehr’ gebracht.
Laß deine Herrlichkeit und Gnade
und Wahrheit uns umleuchten.
4. [Coro]
Non i morti ti loderanno, o Signore,
tutti quelli che scendono nel silenzio;
ma noi i viventi, oggi, lodiamo il Signore
da ora fino all’eternità, alleluia!
Non il nostro nome, o Signore,
ma solo il tuo santo nome sia glorificato.
Fa’ che la tua grazia, il tuo splendore
e la tua verità ci illuminino.
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Editing a cura di Maria Laura Gelmini
grazie a Etttore Garioni
Finito di stampare nel mese di Settembre 2007
dalla Tipografia Sollicitudo - Lodi