Paolo Battaini 8853 Spa, Milano, IT

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Paolo Battaini 8853 Spa, Milano, IT
Paolo Battaini
8853 Spa, Milano, IT
Paolo Battaini è laureato in Ingegneria Nucleare,
indirizzo Materiali. Lavora da oltre 20 anni nel settore
della produzione e progettazione di leghe in metalli
preziosi per impieghi odontoiatrici ed orafi. Da anni è
consulente della Ditta 8853 SpA, dove è responsabile del
settore Ricerca e Sviluppo, oltre a seguire la produzione
dei semilavorati per oreficeria.Specializzato nell’uso
delle tecniche di microscopia elettronica a scansione,
lavora per vari settori industriali nel campo della failure
analysis, tramite la Esemir SaS, di cui è titolare. È
docente a contratto per l’insegnamento di “Tecnologie di
Lavorazione” nell’ambito del corso di laurea in “Scienze
e Tecnologie Orafe” all’Università Bicocca di Milano.
Nell’ambito orafo si stanno sviluppando leghe a base di
palladio. Il loro contenuto di Pd è pari a 950 ‰ e pertanto sono
caratterizzate da temperature di colata che solitamente superano
i 1500°C. Per questo motivo, chi lavora le leghe di Pt e con esse
produce gioielli mediante colaggio a cera persa sembra essere
avvantaggiato nel loro uso. Tuttavia, il Pd e le sue leghe hanno
caratteristiche fisiche significativamente diverse da quelle del
Pt e delle leghe di Pt. Un aiuto nell’utilizzo delle leghe di Pd
viene dall’esperienza acquisita nel settore delle leghe dentali,
dove sono utilizzate con successo da almeno 25 anni. Anche
se in questo caso il titolo del Pd generalmente non supera i
750 ‰ , le difficoltà che si sono dovute inizialmente superare
sono in gran parte analoghe a quelle presentate dalle leghe ora
utilizzate in oreficeria. Tenuto conto di questa esperienza, il
presente lavoro si propone di riassumere i principali problemi
di lavorazione delle leghe di Pd tipici del colaggio a cera persa,
prendendo anche in considerazione gli aspetti microstrutturali.
In particolare, verranno discusse le possibili interazioni tra Pd,
ossigeno, carbonio ed idrogeno. Verrà trattato il problema delle
rotture a caldo e della perdita di duttilità caratteristico di queste
leghe. L’esperienza acquisita nel settore delle leghe dentali
permette di suggerire procedure che possono aiutare l’orafo
nella lavorazione delle leghe di Pd 950.
Comportamento in colaggio a cera persa delle leghe orafe
a base di palladio.
Introduzione
Già dagli anni 70 del secolo scorso iniziò lo sviluppo di leghe dentali contenenti una
percentuale significativa di Pd. Queste leghe, impiegate per la realizzazione di protesi
con il metodo di colaggio a cera persa, erano del tipo Pd-Ag, con concentrazioni di
Pd variabili dal 40 al 60 % circa. A partire dagli anni 80 si ebbe lo sviluppo di leghe
dentali con contenuto di Pd variabile dal 70 all’85%. Queste leghe vennero dette a base
di palladio e richiesero da parte degli utilizzatori la messa a punto dei cicli di lavorazione
che dovettero adattarsi alle loro caratteristiche fisiche, non usuali per chi abitualmente
lavorava leghe d’oro. Le prime fasi di immissione sul mercato furono caratterizzate da
qualche difficoltà, a causa delle proprietà peculiari del Pd.
Nell’ambito orafo iniziano ora a svilupparsi leghe ad alto titolo di Pd. In questo caso il
contenuto di Pd è pari al 95% (950 ‰). Anche se questa concentrazione di Pd supera
quella tipica delle leghe dentali, si possono attendere problemi simili nella lavorazione
delle due famiglie di materiali. Obiettivo del presente lavoro è presentare le caratteristiche
fisico-chimiche più importanti delle leghe dentali ad alto titolo di Pd e trasferire
l’esperienza acquisita nel settore dentale a quello orafo.
Proprietà fisiche del palladio
Il palladio è un metallo con struttura cristallina cubica a facce centrate (f.c.c.), come
rame, platino, oro e argento. La tabella 1 riporta alcune delle caratteristiche fisiche più
importanti del palladio, confrontate a quelle del platino. Si noti in particolare la differenza
nella densità, significativamente inferiore per il palladio ed il valore del Coefficiente di
Dilatazione Termica Lineare Medio. Il Pd ha il C.D.T.L.M. maggiore tra i metalli del gruppo
del platino.
Pd
densità (g/cm3) temperatura
di fusione
a 20 C°
12.0
a 1552 °C
10,49 (liquido)
1552 °C
January 2009 Gennaio
C.D.T.L.M.
(x 10 -6 /°C) (*)
Variazione di
volume durante
la fusione
(%) (+)
(20÷1000°C)
7.0
243
Pt
densità (g/cm3) temperatura
di fusione
a 20 C°
21.45
a 1769 °C
19.0 (liquido)
C.D.T.L.M.
(x 10 -6 /°C) (*)
1769 °C
Variazione di
volume durante
la fusione
(%) (+)
6.0
11.31 (20÷ 1500°C)
Tab. 1
Alcune caratteristiche fisiche del Pd confrontate a quelle del Pt 1.
(+) calcolato dalla variazione di densità.
(*)C.D.T.L.M. : Coefficiente di dilatazione termica lineare medio.
Le leghe dentali ad alto titolo di palladio
La durezza Vickers del palladio commercialmente puro è pari a circa 42HV mentre il suo
sforzo di rottura è pari a 180 MPa 2 . Pertanto il palladio deve essere utilizzato in lega con
altri elementi, al fine di migliorarne le caratteristiche fisiche e meccaniche, rendendole
idonee all’impiego. Le figure 1 e 2 mostrano la variazione della durezza del palladio con
l’aggiunta in lega di alcuni elementi 2,3 .
Figura 1.
Variazione della durezza Vickers del Pd in funzione
della concentrazione atomica di alcuni elementi.
Figura 2.
Variazione della durezza Vickers del Pd in funzione
della concentrazione in peso di alcuni elementi.
La tabella 2 riporta la composizione chimica delle tipologie più comuni di leghe dentali ad
alto contenuto di Pd 4,5 . Come si vede, gli elementi di lega più utilizzati sono Cu, In e Ga.
Esistono anche leghe dentali del tipo Pd-Ag e Pd-Au. In questi casi la concentrazione del
Pd è solitamente inferiore al 40% in peso, e quindi tali leghe non verranno considerate
nel presente lavoro.
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LEGA
Pd
Au Ag
In
Cu
Ga Ru
9.8
9.0
x
6.0
x
Sn
1160-1300
240
x
Zn, Sn
1140-1240
350
Sn 4.9
1160-1275
250
1
79.0 2.0
2
75.0 6.0 6.0 6.0
3
75.0 2.0
6.5 10.0 6.0
4
74.0
5.0 14.5 1.6
Altri
intervallo di HV grezzo
fusione °C da fusione
1130-1230
350
Tab.2
Caratteristiche principali delle tipologie più comuni di leghe dentali ad alto contenuto di Pd.
Una caratteristica importante delle leghe dentali in Tab.2 è l’ampiezza elevata dell’intervallo
di fusione, generalmente compresa tra 100 e 150 °C. Se si confrontano le leghe ad alto
contenuto di Pd con alcune leghe di platino comunemente impiegate per colaggio a
cera persa (tabella 3), si nota la grande differenza tra le due tipologie di materiali, per
quanto riguarda l’ampiezza dell’intervallo di fusione. Evidentemente, poiché l’ampiezza
dell’intervallo di fusione ha implicazioni importanti sul processo di solidificazione6,
dobbiamo attenderci comportamenti diversi tra le due tipologie di leghe nelle operazioni
di colaggio a cera persa.
LEGA
Pt- 5%Cu
Pt-5% Co
Pt-5% Au
Pt-5%W
intervallo di fusione °C
1725-1745
1750-1765
1740-1770
1830-1845
Tab.3. Intervalli di fusione di alcune leghe orafe di platino 950.
Le tecniche di fusione più diffuse nel settore dentale per queste leghe sono la fusione
ad induzione in aria o con atmosfera protettiva di Ar e la classica fusione a cannello
ossigeno-propano. Viene sempre utilizzato un rivestimento a legante fosfatico senza
grafite, con temperatura di preriscaldo dei cilindri variabile da 830°C a 900°C in funzione
del tipo di lega. Si utilizzano crogioli in quarzo o ceramici (silice fusa o allumina). Ciò
nonostante che il Si possa generare problemi di fragilità con queste leghe, come verrà
discusso più avanti. I crogioli in grafite vengono assolutamente evitati.
Nelle leghe dentali a base di palladio, la presenza di numerosi elementi di lega genera
spesso una microstruttura complessa, con diverse fasi e costituenti strutturali. Le leghe
sono quindi disomogenee a livello microscopico. Si vedano a tal proposito le figure da
3 a 6. In particolare, sono spesso presenti costituenti strutturali a morfologia eutettica
lamellare. Si vedano le figure 7 e 8.
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Figura 3.
Microstruttra della lega 1 (tab.2) nelle
condizioni tal quali da colaggio a cera
persa. La lega presenta un grano cristallino
equiassico con dimensioni medie di circa
35 µm. La lega è multifasica.
Figura 4.
Microstruttura della lega 2 (tab.2) nelle
condizioni tal quali da colaggio a cera
persa. La lega presenta un grano cristallino
equiassico con dimensioni medie di circa
35 µm ed è multifasica.
Figura 5.
Microstruttura della lega 3 (tab.2) nelle
condizioni tal quali da colaggio a cera
persa. La lega si presenta bifasica e con
un costituente strutturale a morfologia
eutettica lamellare.
Figura 6.
Microstruttura della lega 4 (tab.2) nelle
condizioni tal quali da colaggio a cera
persa. La lega si presenta bifasica e con
un costituente strutturale a morfologia
eutettica lamellare.
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Figura 7.
Dettaglio della microstruttura di figura 3
(lega 1 di Tab.2). Si osserva la presenza
di precipitati, sia lungo i bordi dei grani
cristallini che all’interno di essi. Sono
anche presenti costituenti strutturali a
morfologia eutettica lamellare.
Figura 8.
Dettaglio della microstruttura di figura 6
(lega 4 di tab. 2). Si osserva la presenza
di un costituente strutturale a morfologia
eutettica lamellare.
Le leghe dentali ad alto contenuto di palladio sono solitamente a grano cristallino raffinato
per la presenza di elementi quali renio o rutenio. Comunque vengono anche impiegate
leghe con una struttura a grani cristallini grossolani e dendritici 7. Gli aspetti metallurgici
delle leghe ad alto contenuto di palladio sono stati in parte studiati. In generale si può
affermare che queste leghe sono multifasiche e consistono di una fase primaria cubica a
facce centrate basata sul reticolo cristallino del Pd, oltre che di fasi secondarie cubiche
a corpo centrato o semplicemente cubiche, simili a quelle dei composti intermetallici
Cu3Ga e PdGa8 .
Le lamelle scure, visibili nelle micrografie di figura 7 e 8, sono zone dove l’attacco chimico
metallografico è stato più efficace e sono ritenute essere costituite da una fase del tipo
Pd2Ga9. Il materiale compreso tra le lamelle è costituito dalla fase primaria cubica a facce
centrate basata sul reticolo cristallino del Pd, uguale a quella tipica della matrice dei grani
cristallini equiassici.
A causa della natura complessa della composizione chimica per le leghe viste in tabella 2,
la fase Pd2Ga e la matrice dei grani cristallini hanno composizioni chimiche complesse e
contengono percentuali variabili di tutti gli elementi di lega. In tal senso, la composizione
chimica della matrice e della fase costituente le lamelle varia da lega a lega.
La figura 9 mostra in dettaglio la morfologia del costituente strutturale lamellare
eutettico.
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Figura 9.
Dettaglio della microstruttura della lega 4 (tab.2 e figura 8), su campione metallografico osservato al SEM.
Altri autori 10 riportano la presenza di una fase tetragonale a facce centrate (f-c-t) del tipo
Pd3Ga o Pd3GaxCu1-x .
La presenza di queste fasi secondarie è responsabile dell’elevata durezza delle leghe
dentali a base di palladio, sia nelle condizioni grezze dopo colaggio a cera persa che
dopo trattamento termico.
Va tuttavia osservato che la microstruttura di queste leghe può variare a causa dei
trattamenti termici e anche delle diverse velocità di solidificazione e raffreddamento,
che possono cambiare da una colata all’altra. Solitamente si osserva una dissoluzione,
almeno parziale, della fase eutettica lamellare, in seguito a trattamento termico ad alta
temperatura. Si vedano ad esempio le figure 10 e 11. Evidentemente, in seguito ad aumento
della temperatura, fenomeni di diffusione allo stato solido portano alla dissoluzione
almeno parziale di queste fasi ed alla omogeneizzazione microstrutturale della lega. Nel
settore dentale è infatti uso comune eseguire trattamenti termici di omogeneizzazione
delle leghe a base di palladio, con riscaldamenti a temperature prossime ai 950 °C per
circa 10 minuti e raffreddamento rapido. Il trattamento ha anche un’influenza positiva
sulla resistenza a corrosione di queste leghe in ambiente orale, già comunque elevata a
causa della percentuale alta di Palladio.
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Figura 10. Microstruttura della lega 3. A sinistra nelle condizioni grezze da colaggio a cera persa. Le condizioni
dopo colaggio a cera persa possono cambiare in funzione delle diverse temperature di colata e velocità di
solidificazione o raffreddamento nel cilindro. Si confronti infatti con figura 5, relativa ad altra colata. A destra
dopo trattamento termico a 950°C per 10 minuti. La lega resta bifasica ma la fase eutettica tende a scomparire.
Figura 11. Microstruttura della lega 2. A sinistra dopo trattamento termico a 950°C per 10 minuti. A destra nelle
condizioni grezze dopo colaggio a cera persa.
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Figura 12. La micrografia mostra la microstruttura della lega 1 in tab.2, senza l’aggiunta di Ru. La microstruttura
è tipicamente a grano cristallino dendritico, di grandi dimensioni. Si confronti con figura 3.
In generale le leghe dentali ad alto titolo di Pd mostrano una segregazione di Cu, Ga,
In , quando presenti, in aree interdendritiche o lungo i bordi di grano. In altre parole, il
materiale che solidifica per primo è arricchito in Pd.
Il Ru viene generalmente introdotto in lega quale affinatore del grano cristallino e non ha
un ruolo primario nell’aumentarne la durezza di queste leghe. Il suo effetto è comunque
evidente confrontando le figure 12 e 3. Entrambe si riferiscono alla stessa lega 1 di
Tab. 2. Nel caso di figura 12 la micrografia mostra l’aspetto della microstruttura senza
l’aggiunta del Ru. I grani cristallini risultano avere la caratteristica morfologia dendritica,
di grandi dimensioni.
I diagrammi di stato delle leghe Pd-Cu, Pd-Ag e Pd-Au (figure 13, 14, 15) indicano che
questi sistemi cristallizzano con una serie continua di soluzioni solide. Pd-Au e Pd-Cu
mostrano trasformazioni allo stato solido a basse temperature e in alcuni intervalli di
composizione. Nei tre casi, inoltre, l’intervallo di fusione delle leghe risulta di piccola
ampiezza, non superiore a qualche decina di °C.
I sistemi Pd-Ga, Pd-In, Pd-Ru e Pd-Sn sono più complessi (figure da 16 a 19) 1, 2, 11, 12.
In particolare, Pd-In e Pd-Ga presentano numerosi composti intermetallici. Il Ga è una
delle cause della microstruttura multifasica delle leghe dentali di palladio. Particolare
importanza ha la presenza di un eutettico Pd-Ga a 1000°C che permane anche
sostituendo parte del Ga con In. Infatti l’indio agisce sostituzionalmente al gallio, cosicché
la temperatura eutettica non cambia.
Per concentrazioni di Pd intorno al 95% in peso, gli intervalli di fusione delle leghe
Pd-Ga Pd-Sn e Pd-Ru risultano piuttosto ampi (si vedano in particolare i diagrammi di
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stato in figura 18, 19 e 20 ). Questi tre elementi hanno quindi la caratteristica di allargare
l’intervallo di fusione delle leghe di Pd.
Quanto osservato fino ad ora si può riassumere dicendo che gli elementi In, Ga, Sn,
introdotti nelle leghe dentali per aumentare la durezza e le caratteristiche meccaniche del
Pd, nello stesso tempo ne abbassano la temperatura di colata. Nel caso delle leghe dentali,
il Ru viene introdotto in lega quale affinatore del grano cristallino con concentrazioni
inferiori allo 0,3 % in peso, e non ha un ruolo primario nell’aumentare la durezza. Infine,
ci si deve attendere che le leghe di Pd 950 utilizzate in oreficeria siano prevalentemente
monofasiche, poiché le concentrazioni degli elementi di lega non raggiungono i valori
tipici delle leghe dentali (figura 21).
Figura 13.
Diagramma di stato Cu-Pd. Sono presenti
trasformazioni allo stato solido, a bassa temperatura.
Figura 14.
Diagramma di stato Ag-Pd. L
a solubilità dell’ Ag nel Ga è completa.
Figura 15.
Diagramma di stato Au-Pd. Sono presenti
trasformazioni allo stato solido, a bassa temperatura.
Figura 16.
Diagramma di stato Pd-Ga. Sono presenti diverse
fasi intermedie e si osserva una buona solubilità del
Ga nel Pd.
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Figura 17.
Il diagramma di fase Pd-In mostra la presenza di
numerose fasi intermedie e composti intermetallici,
oltre che una buona solubilità dell’In nel Pd.
Figura 18
Il diagramma di fase Pd-Sn mostra la presenza di
numerose fasi intermedie ed una buona solubilità
dello Sn nel Pd.
Figura 19.
Il diagramma di fase Pd-Ru mostra una semplice
trasformazione peritettica, con una limitata ampiezza
delle fasi a base Ru e Pd.
Figura 20.
L’intervallo di fusione della lega Pd94.8 Ru5.2 ha
un’ampiezza di circa 70°C.
Figura 21.
Esempio dell’influenza di In e Ga sulla
microstruttura di una lega di Pd contenente
il 10% in peso di Cu. In funzione della
concentrazione di Ga ed In, si possono
avere leghe monofasiche o bifasiche 13 .
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Effetti di ossigeno, carbonio, idrogeno e silicio sulle leghe di palladio
Carbonio, ossigeno e silicio sono elementi a cui gli odontotecnici hanno rivolto da
subito l’attenzione, quando iniziò l’impiego delle leghe dentali a base di palladio. Per
comprendere l’importanza di questi tre elementi occorre riassumere brevemente le
modalità di impiego di questa tipologia di leghe, da parte degli odontotecnici. Le leghe
dentali a base di palladio sono impiegate per realizzare protesi in metallo-ceramica.
Una sottostruttura metallica, ottenuta per colaggio a cera persa, viene ricoperta con
un multistrato di ceramica per ricreare l’aspetto naturale del dente (figura 22). Gli strati
ceramici vengono sinterizzati a circa 980°C .
Figura 22.
Una sottostruttura metallica, ottenuta per
colaggio a cera persa, viene ricoperta
con un multistrato ceramico per simulare
l’aspetto naturale del dente.
Affinché esista un buon legame tra la ceramica e la lega, è necessario che si formino
ossidi idonei a tale scopo, all’interfaccia lega-ceramica14. Gli elementi In, Sn, Ga
rivestono un ruolo di primaria importanza nella formazione di questi ossidi, che vengono
prodotti durante un trattamento di ossidazione della lega, preliminare alla sinterizzazione
della ceramica. È molto importante che tali ossidi siano stabili, affinché non si verifichi
l’evoluzione di gas durante la sinterizzazione della ceramica. Si produrrebbero infatti
antiestetiche porosità nella ceramica, nonché possibili sue rotture o distacchi. È quindi
evidente che se la lega è in grado di rilasciare gas alla temperatura di sinterizzazione della
ceramica, i problemi che si presentano possono essere rilevanti. È per questo motivo
che, nell’impiego delle leghe dentali, è sempre stato un aspetto importante il legame tra
il palladio e la sua capacità di assorbire e rilasciare gas.
Ossigeno
Nonostante l’impiego del palladio in diversi campi, in letteratura sono disponibili solo
scarse informazioni sul comportamento dell’ossigeno nel palladio. Si riteneva che
il palladio fosse in grado di dissolvere grandi quantità di ossigeno. Questa opinione
derivava dai primi studi effettuati 15, quando si osservò che a temperature superiori
a 900°C il peso del palladio aumentava in presenza di ossigeno e si interpretò il
fenomeno come dovuto all’assorbimento dell’ossigeno da parte del metallo. In realtà
l’interpretazione era solo in parte corretta. Infatti l’assorbimento avveniva a causa
della formazione di ossidi dei metalli presenti nel palladio come impurità 16 e venne
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messo in evidenza che il palladio non sufficientemente puro presenta il fenomeno della
ossidazione interna dei metalli contenuti come elementi secondari di lega o impurità. Sia
nel caso delle leghe dentali che in quello delle leghe a base di palladio per impieghi orafi,
l’ossidazione interna è un fenomeno importante. Nel primo caso (figura 23) è prodotta sia
durante i trattamenti termici di ossidazione preventivi alla sinterizzazione della ceramica
che durante la solidificazione, in modo simile a quanto avviene per le leghe d’argento
(firestain) 17. Nel caso delle leghe orafe di Pd 950 si manifesta se il materiale viene tenuto
ad alta temperatura per lungo tempo, in atmosfera contenente ossigeno (figura 24). Non
si può escludere che, in funzione della composizione chimica, anche le leghe orafe di Pd
presentino ossidazione interna durante le fasi di raffreddamento, dopo la colata.
Naturalmente per le leghe orafe di Pd 950 ci si attende un fenomeno meno evidente
rispetto a quello delle leghe dentali.
Figura 23.
Ossidazione interna nella lega 3, dopo trattamento termico a 950 °C per 10 minuti. È visibile una dispersione di
ossidi dei principali elementi di lega, fino ad una profondità di circa 30 µm dalla superficie.
Lo spessore dello strato di ossidazione interna è stato studiato per le leghe dentali a base
di palladio e si è osservata una profondità maggiore nel caso di leghe a grano cristallino di
dimensioni inferiori 18. Sempre per queste leghe è stata studiata l’influenza degli elementi
di lega sull’ossidazione interna, dimostrando che l’aggiunta di B ne riduce lo spessore.
Questo comportamento può essere spiegato con la formazione di B2O3 che rallenta la
diffusione di ossigeno 18. Complessivamente, le osservazioni indicano che l’ossigeno
diffonde preferenzialmente lungo i bordi dei grani cristallini grazie all’interazione con
alcuni elementi di lega che qui segregano, anche sotto l’influenza dell’alta temperatura.
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Recentemente questo modello è stato verificato su una lega 98% Pd – 2% Cr, studiando
la microstruttura della lega con ossidazione interna mediante microscopia elettronica
a trasmissione, Auger Electron Spectroscopy and Thermogravimetria19, 20, 21. Ossidi del
tipo Cr 2O3 precipitano, dopo ossidazione della lega in aria a varie temperature. È quindi
dimostrato che, dopo esposizione ad alta temperatura (> 700°C) di una lega Pd-M ad un
ambiente ossidante, l’ossigeno si dissocia alla superficie e atomi di ossigeno diffondono
all’interno ossidando gli atomi M del soluto. M è un soluto più facilmente ossidabile del
Pd, è produce ossidi precipitati nella matrice di palladio puro (figura 25).
In conclusione, gli studi fino ad oggi condotti mostrano che le leghe di Pd, incluse quelle
che si stanno sviluppando per impieghi orafi, sono in grado di assorbire significative
quantità di O alle alte temperature, mentre il limite di solubilità dell’ossigeno nel palladio
solido è estremamente basso, sotto 1 ppm atomica 22 e con l’ossidazione confinata alla
superficie o nelle zone limitrofe 23.
Figura 24.
Ossidazione interna di una lega di Pd 950
per oreficeria, dopo trattamento termico a
1000°C per 1 ora in aria.
Figura 25.
Micrografia ottenuta al microscopio
elettronico a trasmissione che mostra la
distribuzione di particelle di Cr2O3 nella lega
98 %Pd - 2% Cr internamente ossidata.
Vicino ai bordi di grano i precipitati Cr2O3
sono maggiori in dimensioni ed inferiori di
numero, se confrontati con quelli presenti
all’interno del grano.
Purtroppo non si hanno informazioni precise sulla solubilità dell’ossigeno nel Pd liquido.
È tuttavia possibile che nel caso delle leghe di Pd allo stato liquido, l’ossigeno possa
essere presente, soprattutto se la lega contiene prima della fusione quantità apprezzabili
di ossidi interni dei metalli in lega.
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Nel caso delle leghe dentali è infatti importante la qualità degli sfridi che vengono
utilizzati per le successive colate. La rimozione mediante fresatura degli strati superficiali
degli sfridi contribuisce a ridurre la presenza di porosità da gas nella successiva colata.
Ovviamente la presenza di ossigeno può non essere la sola causa della porosità. Tuttavia
questo tipo di difetto è molto frequente nell’impiego delle leghe dentali a base di palladio
(figura 26). Anche nel caso delle leghe di Pd 950 per impieghi orafi si può osservare la
porosità da gas (figura 27).
Figura 26.
Porosità da gas nella lega dentale N.2
(tab.2).
Figura 27.
Porosità da gas in una lega Pd 950 per
impieghi orafi.
Carbonio
Fin dai primi impieghi delle leghe dentali a base di palladio era ben noto agli odontotecnici
che il palladio assorbe facilmente carbonio. Una elevata concentrazione di carbonio nella
lega genera importanti problemi in fase di ceramizzazione delle protesi. Il carbonio
assorbito può diventare fonte di monossido di carbonio che può causare porosità nella
ceramica, durante il processo di sinterizzazione. L’uso di crogioli in grafite per la fusione
di queste leghe dentali è quindi da evitare. Le osservazioni indicano che l’assorbimento
di carbonio da parte della lega aumenta proporzionalmente al suo contenuto di Pd ed al
tempo di permanenza nel crogiolo allo stato liquido (figura 28).
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Figura 28.
Assorbimento del carbonio durante
la fusione in crogiolo di grafite di
leghe dentali contenenti palladio 24.
Il contenuto di carbonio nella lega
aumenta in funzione della percentuale
di palladio che essa contiene e del
numero di fusioni subite. Per ogni
fusione la lega permane da 3 a 4 minuti
nel crogiolo, prima della colata.
Al fine di evitare la porosità dovuta allo sviluppo di monossido di carbonio è necessario
che il contenuto di carbonio nella lega sia inferiore a circa 60 ppm 25.
Da quanto detto si può comprendere che anche l’uso di rivestimenti fosfatici contenenti
grafite deve essere evitato. Questi rivestimenti hanno ottime caratteristiche di impiego
per leghe dentali contenenti meno del 40% in peso di palladio.
Potrebbe sembrare che la contaminazione con carbonio non sia un problema rilevante
per le leghe di Pd 950 impiegate in oreficeria, dato che i gioielli non vengono ceramizzati.
In realtà, la presenza di carbonio altera anche le proprietà meccaniche. In particolare, la
duttilità, espressa come allungamento totale a rottura, viene considerevolmente ridotta
da piccole concentrazioni di carbonio nel caso delle leghe ad alto contenuto di palladio 25.
La curva di solubilità del carbonio nel palladio è stata ricavata mediante analisi
metallografiche su campioni preparati appositamente 26 (figura 29). I campioni erano
costituiti da lamine di palladio in contatto con carbonio. Da questo studio risulta che
il palladio assorbe più del 0.4% in peso di carbonio come elemento interstiziale alla
temperatura di 1400°C. Leghe palladio-carbonio raffreddate rapidamente da temperature
superiori alla linea di solubilità sono soluzioni solide semplici. Un successivo trattamento
termico a temperature inferiori alla linea di solubilità fa precipitare il carbonio. Il carbonio
precipitato appare in forma di sferoidi. Nella stessa forma appare il carbonio assorbito dal
palladio fuso in crogioli di grafite, mantenuto liquido nel crogiolo per 5 minuti (figura 30).
Figura 29.
La solubilità del carbonio nel palladio
solido 26. La linea continua rappresenta il
limite di solubilità del carbonio alle varie
temperature.
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Figura 30.
Microstruttura di una lega carbonio-palladio
prodotta tenendo il palladio fuso in un
crogiolo di grafite per 5 minuti 26.
Idrogeno
È ben noto che il palladio può assorbire grandi quantità di idrogeno. A temperatura
ambiente il limite di solubilità dell’idrogeno nel palladio è pari a circa 0,6 H/Pd (percentuale
atomica)1, 27, 28. È quindi molto elevato poiché corrisponde a 6 atomi di idrogeno ogni 10
atomi di palladio. Ad una data temperatura, la solubilità dell’idrogeno nel palladio cresce
con l’aumentare della pressione dell’idrogeno. Sotto 300°C la soluzione solida omogenea
dell’idrogeno nel palladio si decompone in una fase a con bassa concentrazione di
idrogeno ed in una fase b espansa, ad alta concentrazione di idrogeno28. I rapporti tra le
concentrazioni atomiche (H/Pd) delle fasi a e b corrispondono alle linee tratteggiate in
entrambi i grafici di figura 31.
Lo studio della solubilità dell’idrogeno nel palladio ha permesso di determinare le curve
isoterme che esprimono la relazione fra la pressione dell’idrogeno gassoso in equilibrio
con il palladio e la concentrazione dell’idrogeno nel metallo ad ogni temperatura (figura 31).
La relazione tra la pressione dell’idrogeno gassoso che avvolge il palladio e la
concentrazione dell’idrogeno nel metallo (figura 31).
Figura 31. Concentrazione dell’idrogeno nel palladio in condizioni di equilibrio 1, 28. Ogni linea rappresenta la
concentrazione dell’idrogeno nel palladio in equilibrio con il gas a pressioni diverse e specifiche temperature.
Alle temperature prossime a quella ambiente (linee rette a destra nel diagramma) la concentrazione dell’idrogeno
nel palladio è molto alta anche a bassa pressione. Il grafico a destra mostra un dettaglio delle curve isoterme a
basse temperature e pressioni.
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Esaminando il grafico di figura 31 si osserva che la concentrazione di idrogeno nel
palladio è elevata anche a basse pressioni, come a pressione atmosferica. L’osservazione
è importante poiché ne discende che se il palladio viene ricotto a temperature elevate
(superiori a 600°C) in un flusso di azoto idrogenato a pressione atmosferica, non ci si
attende un elevato assorbimento del gas idrogeno da parte del metallo. Tuttavia, se il
successivo raffreddamento del palladio avviene nella medesima atmosfera, è possibile
che l’idrogeno rimanga assorbito nel metallo quando la temperatura diminuisce. Il
processo è favorito dal fatto che la velocità di diffusione dell’idrogeno nel palladio è
elevata 29.
Va anche considerato che se il palladio o la lega di palladio contengono ossidi interni,
l’idrogeno viene bloccato dagli atomi di ossigeno con legame molto robusto e non può
essere facilmente rimosso, ad esempio con il evacuando l’ambiente circostante, finché la
temperatura non supera almeno i 500 °C .
Sempre dall’esame di figura 31 consegue che il palladio può essere caricato con idrogeno
partendo da una miscela di gas che contiene idrogeno, nelle condizioni di temperatura e
pressione che favoriscono l’elevata solubilità del gas nel metallo.
È ben noto che il palladio e le leghe di palladio, quando sottoposte a caricamento di
idrogeno, possono formare idruri 30. La formazione di idruri può produrre anche cricche
interne al materiale, in particolare quando è presente l’ossidazione interna19.
Nel settore dentale difficilmente l’idrogeno entra nel ciclo produttivo. Pertanto gli
odontotecnici evitano solo l’uso di miscele di gas azoto-idrogeno nella protezione della
lega durante le fasi di fusione. In questo ambito un’atmosfera riducente può avere anche
altri effetti indesiderati, come si vedrà trattando del silicio. Altrettanto viene fatto dai
produttori delle leghe dentali, durante le fasi di produzione e ricottura dei lingotti in
forno.
Silicio
L’effetto infragilente del Si sulle leghe dentali ad alto titolo di palladio è stato evidenziato
da alcuni produttori di queste leghe già dagli anni 80 del secolo scorso18. La causa di
questa fragilità è la formazione di un eutettico Pd-Pd3Si alla temperatura di 782 °C
(figura 32) solitamente localizzato lungo il bordo dei grani cristallini. Tuttavia l’esperienza
nel settore dentale dimostra che questo tipo di infragilimento non sempre si verifica e
che, probabilmente, ciò dipende dalla composizione chimica della lega di palladio. Con
molte delle leghe del tipo visto in tabella 2 gli odontotecnici spesso impiegano crogioli
in quarzo, senza avere particolari effetti negativi. Con le leghe di Pd 950 l’esperienza non
è ancora matura per dare consigli certi in merito a questo tipo di infragilimento. Tuttavia
l’elevata concentrazione di Pd suggerisce l’uso di crogioli non contenenti Si o, almeno, a
trascurabile contenuto di Si, come i crogioli in zirconia. I crogioli in zirconia contengono
infatti una minima percentuale di Si (1.5÷1.7 % in peso. Tab 4). Alternativamente, crogioli
contenenti Si possono essere rivestiti di zirconia31 sulla superficie che deve entrare
in contatto con la lega liquida. Dal punto di vista pratico, l’infragilimento da silicio si
manifesta con la fenomenologia dell’ hot cracking di cui si tratterà più in dettaglio nel
successivo paragrafo.
259
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Le condizioni riducenti durante la fusione delle leghe di Pd devono essere evitate. Va
infatti ricordato che l’ossido di silicio, se in presenza di condizioni riducenti, può essere
ridotto a silicio elementare e quindi può reagire con il palladio. Come nel caso del Pt,
anche nella fusione del Pd devono essere evitate le condizioni riducenti come quelle
ottenibili con una atmosfera protettiva di gas forming (25% H2–75% N2 ). Il gas protettivo
più indicato è l’argon, utilizzato anche nel settore dentale con le macchine ad induzione
per colaggio a cera persa.
Figura 32.
Diagramma di stato Pd-Si 1. La presenza dell’eutettico Pd – Pd3Si alla temperatura di 782 °C, può portare alla
fragilità della lega, in particolare durante il processo di solidificazione.
SiO2 TiO2 Fe2O3
Al2O3
CaO MgO Na2O+K 2O
ZrO2+HfO2
Zirconia
ZAM
1.5
0.2
<0.15
0.7
0.15
4.6
<0.15
92.5
Zirconia
ZAL
1.7
0.2
<0.15
1.1
4.5
0.1
0.1
92.1
Tab.4. Composizione chimica tipica di crogioli in zirconia (% in peso).
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Suscettibilità a “hot cracking” delle leghe dentali ad alto titolo di palladio
Un’importante proprietà di una lega a base palladio è la sua resistenza agli sforzi che si
oppongono al suo ritiro, a temperature appena inferiori a quella del solido.
Al fine di meglio comprendere le ragioni di questa fenomenologia, è necessario accennare
al comportamento in espansione termica dei materiali da rivestimento.
Per quanto riguarda le leghe dentali, i rivestimenti a legante fosfatico utilizzati contengono
come elementi refrattari le tre forme di silice, quarzo, cristobalite e tridimite. Sopra i
650°C questi ossidi del silicio mostrano una espansione molto scarsa (figura 33). Il
valore complessivo dell’espansione di questi rivestimenti dipende dalla miscela tra
l’acqua distillata e l’apposito liquido fornito con le polveri. Questo liquido speciale fornito
dal produttore è una forma di silice colloidale. L’espansione totale del rivestimento è
quindi la somma della espansione da presa e dell’espansione termica (figura 34).
Figura 33.
I principali costituenti dei rivestimenti a
legante fosfatico impiegati nel settore dentale
non presentano una significativa espansione
sopra 650°C.
La Tridimite cambia la propria struttura
cristallina tra 105 e 160 °C. Il quarzo subisce
una trasformazione cristallina a 573°C e la
Cristobalite a 220°C. Le tre forme di silice,
riscaldate sopra 1700°C danno la silice fusa.
Figura 34.
L’espansione dei rivestimenti fosfatici
impiegati per il colaggio a cera persa delle
leghe dentali a base di palladio è molto
scarsa sopra i 650°C. L’espansione totale
è regolabile in funzione della miscela tra
acqua e liquido speciale d’impasto.
Dalle curve di espansione termica dei rivestimenti a legante fosfatico consegue che questi
non presentano una apprezzabile contrazione quando la temperatura scende da quella del
solido della lega fino a circa 650°C (figura 34). Viceversa, le leghe tendono generalmente
a contrarsi in modo approssimativamente lineare durante il raffreddamento.
Per quanto detto, fino a circa 650°C si svilupperanno considerevoli sforzi tra il rivestimento
e la lega in fase di raffreddamento, dopo la colata. Questi sforzi potranno causare le
rotture di hot cracking. In generale si può definire la suscettibilità all’hot cracking come la
261
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sensibilità di una data lega a criccarsi spontaneamente a temperature prossime a quelle
del solido.
La rottura può infatti avvenire sia leggermente al di sopra della temperatura del solido
(supersolidus cracking) che a temperature inferiori (subsolidus cracking).
Quando una lega si trova ad una temperatura inferiore a quella del liquido e ancora
superiore a quella del solido, sono presenti nuclei solidi in fase di accrescimento.
Diminuendo la temperatura i nuclei si uniscono formando una massa coerente ma non
ancora completamente solidificata. La temperatura a cui ciò avviene è detta the “coherence
temperature”. Alla “coherence temperature” la lega incomincia ad avere una resistenza
meccanica, che è molto bassa. Infatti, in questa prima fase della solidificazione la duttilità
della lega è sostanzialmente nulla. Quando la temperatura della lega scende sotto un
valore noto come “nil-ductility temperature”, la duttilità inizia a salire rapidamente e la
fragilità della lega in solidificazione diminuisce. La “nil-ductility temperature” è maggiore
della temperatura del solido. Quando l’intervallo fra la “coherence temperature” e la
“nil-ductility temperature” è ampio la lega risulta facilmente soggetta al “supersolidus
cracking” poiché l’intervallo di temperature in cui si manifesta la fragilità è ampio. In
questi casi si ritiene che la duttilità della lega sia nulla a causa della presenza di un
film intergranulare liquido che promuove l’hot cracking della lega a causa degli sforzi
che si sviluppano con il rivestimento. Le osservazioni al SEM forniscono un riscontro
sperimentale a questo modello (figura 35). Naturalmente, l’ampio intervallo di fusione
delle leghe dentali a base di palladio favorisce il supersolidus hot cracking”.
Figura 35. Esempio di supersolidus hot cracking in una lega dentale a base di palladio del tipo 2 (tabella 2).
L’immagine ottenuta al SEM mostra alcuni bordi di grano con il film liquido solidificato nell’atto del distacco dalla
superficie antagonista.
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262
I rivestimenti usati per le leghe di platino sono molto più semplici rispetto a quelli usati
per le leghe dentali. Sono costituiti principalmente da circa il 99% di silice fine con
additivi per circa l’1%. La silice è tutta costituita da quarzo, senza cristobalite 33. Una
delle differenze più importanti con i rivestimenti fosfatici impiegati nel settore dentale è
quindi il valore minore della loro espansione termica (si vedano i grafici in figura 33 e 36).
Figura 36.
Curva tipica di espansione termica di
un rivestimento per Pt 33.
Comunque, anche i rivestimenti per Pt presentano una scarsa variazione dimensionale
quando la temperatura scende da quella del solido tipica per leghe di Pd o Pt fino a circa
600 °C.
Le leghe orafe di palladio 950 recentemente immesse sul mercato vengono utilizzate
impiegando i rivestimenti studiati per il Pt. Non ci si attendono quindi sostanziali differenze
con quanto discusso per le leghe dentali in merito al processo di supersolidus hot
cracking che potrebbe verificarsi nel caso di leghe con intervallo di fusione ampio. Infatti,
questo tipo di rottura è stato osservato anche nelle leghe orafe di Pd 950 (figura 37 e 38).
Figura 37.
Superfici intergranulari di rottura per supersolidus hot cracking osservate al SEM in una lega di Pd 950. Sono
visibili i bordi ondulati del film liquido presente al bordo dei grani al momento della rottura. Le frecce indicano
alcuni punti dove il film liquido ha creato un ponte con quello presente sulla superficie antagonista al momento
del distacco. Si vedano i particolari in figura 38.
263
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Le indagini condotte sulle leghe dentali a base di palladio hanno mostrato che la
resistenza al supersolidus hot cracking migliora quando la dimensione media del grano
cristallino diminuisce18. Per quanto riguarda gli elementi di lega vi è l’indicazione che
In e Sn possano avere un effetto negativo sulla resistenza al supersolidus hot cracking,
mentre il Ga non influisce negativamente18.
In generale, per le leghe dentali, la riduzione della temperatura di colata e la riduzione
della temperatura finale di preriscaldo dei cilindri fino a 700 ÷ 750°C permette di ridurre
il supersolidus hot cracking. Naturalmente ciò è più difficile se questo tipo di rottura è
causato da un inquinamento della lega, ad esempio con Si, come discusso al precedente
paragrafo.
Figura 38.
Dettaglio di figura 37 che
evidenzia i filamenti di
connessione tra il film liquido
presente su questo lato del
bordo di grano e quello
opposto, al momento della
separazione per supersolidus
hot cracking.
Per quanto riguarda il subsolidus hot cracking, esso è dovuto sempre agli sforzi che
si sviluppano tra il rivestimento e la lega durante il raffreddamento. Anche in questo
caso, se la velocità di raffreddamento è bassa, si possono prevenire le rotture. Infatti una
buona parte della deformazione che la lega subisce a causa delle tensioni viene assorbita
dal creep che essa subisce alle alte temperature. Si tratta di un fenomeno di diffusione
dei difetti reticolari all’interno ed ai bordi dei grani cristallini in risposta agli sforzi che
essi subiscono localmente34 (meccanismi di Nabarro-Herring e di Coble - figura 39).
Un grano cristallino di piccole dimensioni favorisce questi fenomeni diffusivi e quindi
riduce l’eventualità di subsolidus hot cracking. In ogni caso, un raffreddamento lento è
sempre raccomandato. La figura 40 mostra un esempio di subsolidus hot cracking in
una lega dentale a base di palladio con grano cristallino grossolano e dendritico. Una
lega soggetta a questo tipo di rotture deve essere raffreddata il più lentamente possibile,
in modo da permettere al creep di assorbire gli sforzi generati dal rivestimento che
impedisce la contrazione della lega.
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Figura 39.
Rappresentazione schematica del creep da
diffusione. L’auto diffusione risulta in un
flusso di materia dai bordi di grano soggetti
a sforzi di compressione (bordi verticali)
verso i bordi sotto sforzo di trazione (bordi
orizzontali) 35. La diffusione degli atomi
avviene dentro i grani cristallini (meccanismo
di Nabarro-Herring ). Il creep è detto “Coble
creep” se il flusso di atomi avviene solo lungo
i bordi dei grani cristallini.
Figura 40.
Subsolidus hot cracking in una lega dentale a base di palladio, a grano cristallino grossolano.
Conclusioni
Un riesame del comportamento al colaggio a cera persa delle leghe dentali a base di
palladio è utile per evidenziare possibili problemi nell’uso delle leghe orafe di Pd 950.
Anche se il Pd 950 può essere considerato un materiale facile da utilizzare per
tecnici esperti nell’impiego delle leghe di Pt, ci si può attendere un comportamento
significativamente diverso a causa dell’elevata reattività del Pd con ossigeno, carbonio,
silicio ed idrogeno.
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Anche le procedure di colaggio dovrebbero essere riconsiderate, a causa della minore
densità del palladio rispetto al platino.
l’intervallo di fusione ampio, tipico delle leghe di Pd950, può dare luogo ad un diverso
comportamento in fase di solidificazione, se confrontato al comportamento delle leghe
di Pt. In particolare, la suscettibilità ad “hot cracking” è possibile.
È possibile che si debbano sviluppare materiali da rivestimento specifici per il Pd 950, al
fine di avere risultati ottimali.
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