relazione tecnica

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relazione tecnica
C O M U N E
P R O V I N C I A
D I
D I
C E T O
B R E S C I A
Committente:
Comune di Ceto
RELAZIONE TECNICA
Determinazione del Reticolo Idrico Minore
ai sensi della D.G.R. 25/01/2002 n° VII/7868 e
della D.G.R. 22/12/2011 n° IX/2762
- Località - Ceto (BS) –
Gennaio 2013 – aggiornamento Settembre 2013
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dr. geologo Fausto Franzoni
studio di geologia
V ia Mi lano 50/ A – 250 42 B orn o ( B S)
Tel 328.8327827 / FAX 0364.41318
[email protected]
C.F. FRN FST 70P08 B054L - P.IVA 02078230980
iscritto all'Ordine dei Geologi della Lombardia n° 1094
Studio Tecnico Geologico, dr. geol. Fausto Franzoni
Via Milano 50 – 25042 Borno (BS)
[email protected] - tel. e FAX 0364.310613
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Indice degli argomenti
1 Introduzione ed inquadramento del lavoro .............................................................................................. 2
2 Riferimenti normativi ......................................................................................................................... 5
3 Definizioni ...................................................................................................................................... 7
4 Inquadramento territoriale e geologia .................................................................................................... 8
5 Inquadramento geologico-strutturale .................................................................................................. 10
6 Corpi idrici superficiali e fasce di rispetto idraulico ................................................................................. 16
7 Metodologia di lavoro ...................................................................................................................... 18
8 Studio idraulico del torrente Figna ...................................................................................................... 21
Dati morfometrici del bacino ................................................................................................................ 22
Dati pluviometrici .............................................................................................................................. 22
Elaborazione delle precipitazioni ........................................................................................................... 25
Tempo di corrivazione ........................................................................................................................ 26
Precipitazioni critiche per assegnati tempi di ritorno .............................................................................................. 27
Valutazione delle portate di piena per assegnata frequenza probabile.......................................................................... 28
Portate smaltibili .............................................................................................................................. 28
9 Studio idraulico del torrente Palobbia .................................................................................................. 31
Dati morfometrici del bacino............................................................................................................................ 31
Dati pluviometrici ......................................................................................................................................... 31
Elaborazione delle precipitazioni ...................................................................................................................... 35
Tempo di corrivazione ................................................................................................................................... 36
Precipitazioni critiche per assegnati tempi di ritorno .............................................................................................. 36
Valutazione delle portate di piena per assegnata frequenza probabile.......................................................................... 37
Portate smaltibili.......................................................................................................................................... 37
Bibliografia...................................................................................................................................... 40
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Relazione Tecnica – RIM Comune di Ceto (BS)–Dicembre 2012 / aggiornamento Aprile 2013
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Studio Tecnico Geologico, dr. geol. Fausto Franzoni
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1 Introduzione ed inquadramento del lavoro
Su incarico dell’Amministrazione Comunale di Ceto, con determinazione del Responsabile del Servizio n°
165 del 03/12/2012, viene affidato al dr. geol. Fausto Franzoni, con Studio di Geologia Tecnica in Borno (BS) il
presente studio effettuato per la determinazione del reticolo idrico minore del territorio comunale, ai sensi della
Deliberazione della Giunta Regionale del 25/01/2002 n° 7/7868 “Determinazione del reticolo idrico principale.
Trasferimento delle funzioni relative alla polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore come indicato dall’art.
3 commi 108/114 della L.R. 1/2000 - Determinazione dei canoni di polizia idraulica.”, successiva D.G.R. n°
7/13950 del 01/08/2003 ed ai sensi della D.G.R. del 22/12/2011 n° IX/2762 “Semplificazione dei canoni di polizia
idraulica e riordino dei reticoli idrici”.
La D.G.R. 7/7868 attribuisce al Comune:
“... le funzioni relative all’adozione dei provvedimenti di polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore...”
(art.2);
“...le funzioni relative alla manutenzione dei corsi d’acqua appartenenti al reticolo idrico minore...” (art.3);
“...la realizzazione di opere di pronto intervento (L.R. 34/73) sui corsi d’acqua che costituiscono il reticolo idrico
minore...” (art.9);
“...la predisposizione dei provvedimenti autorizzativi e concessori e il calcolo dei canoni di polizia idraulica relativi al
reticolo idrico minore...” (art.11);
“...l’introito dei proventi derivanti dai canoni di polizia idraulica, da utilizzare per le spese di gestione delle attività di
polizia idraulica e per la manutenzione dei corsi d’acqua del reticolo minore stesso.” (art.8);
L’obiettivo del lavoro è quello di individuare e classificare i corsi d’acqua secondo i criteri della D.G.R.
n° 7/7868, riportando e segnando in carta le relative fasce di rispetto, in funzione della regolamentazione delle
attività di polizia idraulica, intese come attività di controllo degli interventi di gestione e trasformazione del demanio
idrico e del suolo lungo i corpi idrici. Questo per far sì che abbia inizio, da parte dell’Amministrazione Comunale,
un’azione di pianificazione e di gestione del territorio in rapporto con il sistema idraulico presente. In particolare
l’allegato B della Deliberazione definisce i criteri per l’esercizio dell’attività di polizia idraulica di competenza
comunale, per il quale sono trasferite ai Comuni le funzioni di polizia idraulica concernenti il reticolo minore.
Tale studio nello specifico si prefigge di porre le basi per:
- conseguire un quadro conoscitivo del reticolo principale e minore, comprensivo di informazioni tecnicooperative e cartografiche, della ubicazione topografica della rete e dei rapporti con l’urbanizzato;
- inserire il reticolo idraulico minore negli elaborati per la componente geologica previsti dalla L.R. 41/97 e
successive deliberazioni, che fanno parte integrante del Piano Regolatore Generale vigente, in modo da poter fissare
le fasce di rispetto per determinare le attività soggette ad autorizzazione e quelle vietate;
- operare sul reticolo idraulico minore in una logica di sistema in rapporto con le reti tecnologiche
(fognature, acquedotti …) al servizio delle aree urbanizzate e localizzate nel sottosuolo stradale ed urbano;
- definire un modello di gestione per gli interventi di pianificazione, di manutenzione e dei nuovi interventi
diretti ed indiretti sulle opere idrauliche presenti. Tutto ciò è volto a sviluppare azioni di difesa dai rischi idraulici ed
idrogeologici e di rivalorizzazione del territorio;
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- attivare dei sistemi di protezione sulle aree, con l’obiettivo di individuare le situazioni anomale od a rischio
per limitare i danni idraulici. Inoltre essere capaci di intervenire nelle situazioni di emergenza legate alla protezione
civile.
Questi obiettivi potranno diventare la base per un’azione comunale nel momento in cui si riuscirà ad attuare
una corretta gestione del territorio, nel rispetto degli indirizzi di pianificazione di seguito esplicitati svolgendo
interventi ed azioni tali da assicurare un reticolo efficiente.
La sua efficienza va quindi vista nella qualità di deflusso e soprattutto nella tempestività di ripristino sia in
caso di dissesti che di disservizi.
Questi interventi dovranno essere svolti in sintonia con gli indirizzi di pianificazione regionale e provinciale in
modo da puntare a:
- ridurre il rischio idrogeologico del territorio ed il suo utilizzo nel rispetto del suo stato, della sua tendenza
evolutiva e delle sue potenzialità d’uso;
- risanare e riqualificare dal punto di vista idraulico le aree fluviali ed i canali irrigui riducendo il rischio
idrogeologico e puntando ad utilizzare in modo razionale le risorse idriche superficiali.
L’analisi del reticolo idrografico rappresenta la prima azione conoscitiva, che deve essere sviluppata
seguendo le indicazioni legislative e deve tendere a:
- individuare e verificare i problemi che il reticolo principale individuato dalla Regione Lombardia (Allegato A,
D.G.R. n° 7/7868 e successiva D.G.R. n° 7/13950) comporta per il territorio comunale e che le azioni siano in
sintonia con gli obiettivi del Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico P.A.I. (Legge 189/89);
- individuare il reticolo minore secondo i criteri previsti nell’Allegato B della D.G.R. n° 7/7868 (e successiva
D.G.R. n° 7/13950);
- indicazione delle fasce di rispetto elaborate dalla Regione Lombardia e/o dell’Autorità di Bacino per il
reticolo principale e i criteri di determinazione delle fasce di rispetto per il reticolo minore.
Il lavoro di analisi sul reticolo idrografico è stato restituito in un elaborato tecnico-cartografico, nel quale
sono riportati:
- i criteri e le modalità di lavoro svolti nella fase di analisi;
- la suddivisione dei reticoli in principale e minore e la loro mappatura con le fasce di rispetto;
- vincoli di salvaguardia delle sorgenti captate a scopi idropotabili.
La base cartografica utilizzata per la stesura del presente studio è costituita da:
 Carte Tecniche Regionali 1:10.000, Foglio n° 19 Tirano D3d4 Saviore dell’Adamello / D3d5 Capo di Ponte
 Carte I.G.M. scala 1:25.000
 Voli aerofotogrammetrici
Le elaborazioni sono state completate attraverso:
- l’individuazione delle attività vietate od autorizzabili in prossimità del reticolo idrografico nel suo complesso;
- la definizione delle attività di manutenzione e di pronto intervento nei casi di dissesto per cause alluvionali;
- le proposte di interventi preventivi nelle zone adiacenti ai corsi d’acqua in situazioni di rischio idrogeologico.
Nel momento in cui le attività di pianificazione verranno rese operative, sarà necessario:
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- effettuare un censimento di campagna per localizzare le attività presenti valutando eventuali interferenze con il
sistema delle acque, richiedere la documentazione autorizzativa al Genio Civile (D.G.R. n° 7/7868) per attivare
anche la fase di riscossione dei canoni previsti per la polizia idraulica;
- predisporre un piano di massima per le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria e di pronto intervento;
- definire un piano di protezione civile di dimensione comunale collegato con i comuni limitrofi e verificato con gli
Uffici della Protezione Civile a livello provinciale.
La predisposizione dell’elaborato tecnico costituito dalla “Carta del reticolo idrografico con indicazione delle
fasce di rispetto” alla scala 1:10.000, del presente documento tecnico e del documento normativo: “Norme di
Polizia Idraulica”, consentiranno all’Amministrazione Comunale di individuare le fasce di rispetto dei corsi d’acqua
censiti e di effettuare l’attività di “Polizia Idraulica”. Quest’ultima si configura come attività di controllo degli
interventi di gestione e trasformazione del demanio idrico e del suolo in fregio ai corpi idrici.
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2 Riferimenti normativi
Le normative di riferimento, di cui si è tenuto conto per la predisposizione delle norme che disciplinano le
attività vietate e soggette ad autorizzazione, sono le seguenti:
•
R.D. n° 523 del 1904, è il testo unico sulle opere idrauliche; tale norma è stata fondamentale in
quanto ha costituito storicamente il riferimento per regolamentare le attività di polizia idraulica,
definendo le fasce di rispetto dei corsi d’acqua pubblici e indicandone le attività vietate (art. 96) e
quelle consentite previa autorizzazione (artt. 97, 98);
•
Testo Unico n° 1775/1933, che ha indicato le modalità di classificazione delle acque pubbliche con
la redazione di “Elenchi delle acque pubbliche” con periodici aggiornamenti;
•
Legge n. 36 / 1994 – “Disposizioni in materia di risorse idriche”, e relativo regolamento attuativo
(D.P.R. n. 238/99).
•
L.R. 1/2000 (Determinazione dei canoni di polizia idraulica), in attuazione del D.Lgs. n°112/98, che
prevede l’obbligo per la Regione di individuare il Reticolo Principale, sul quale la stessa mantiene le
funzioni di polizia idraulica, trasferendo ai Comuni le competenze sul reticolo idrografico minore.
•
Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (Deliberazione n.18/2001 dell’Autorità di Bacino del
Fiume Po) - norme per le aree di esondazione e i dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo
le aste dei corsi d’acqua – art. 9 commi 5, 6 e 6 bis.
•
D.G.R. 25 gennaio 2002 – n°7/7868, “Determinazione del reticolo idrico principale. Trasferimento
delle funzioni relative alla polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore come indicato all’art.
3 comma 114 della L.R.; 1/2000 – Determinazione dei canoni regionali di polizia idraulica”; tale
D.G.R. e la successiva modifica della D.G.R. n° 7/13950, trasferiscono ai Comuni tutte le funzioni
relative all’adozione dei provvedimenti di Polizia idraulica relative al reticolo idrico minore;
•
D.G.R. 1 agosto 2003 – n°7/13950 “Modifica della D.G.R. 25 gennaio 2002- n°7/7868”
•
D.Lgs. 22-01-2004 n° 42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’art. 10 della Legge
06-07-2002 n° 137” definisce i beni tutelati per legge, in quanto di rilevante valore storico e/o
paesaggistico. Per l’identificazione dei fiumi, torrenti e corsi d’acqua è necessario rifarsi agli
elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici,
approvato con R.D. n° 1775 del 11-12-1933.
•
D.G.R. del 22/12/2011 n° 9/2762 “Semplificazione dei canoni di polizia idraulica e riordino dei
reticoli idrici”.
Le competenze comunali in materia possono essere suddivise in tre categorie:
Pianificazione territoriale: individuazione dei corsi d’acqua del reticolo idrico minore, definizione delle fasce di
rispetto e regolamentazione delle attività vietate o soggette ad autorizzazione, con norme tecniche attuative;
Amministrative: rilascio di concessioni urbanistiche, autorizzazioni allo scarico in corsi d’acqua (relativamente
all’aspetto quantitativo delle acque recapitate), applicazione e riscossione dei canoni di polizia idraulica relativi al
RIM;
Manutentive: interventi di manutenzione ordinaria e di pronto intervento.
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Sono di competenza Regionale – Direzione Generale Territorio e Urbanistica, la gestione dei corsi d’acqua
riportati nell’allegato "A" della D.G.R. n. 7/13950 ("Elenco dei corsi d'acqua che costituiscono il reticolo idrico
principale") e l'approvazione dei Decreti e dei Disciplinari tipo di polizia idraulica relativi ai corsi d’acqua del reticolo
idrico principale e minore (DGR 7/7868 punto 7).
A latere sono significativamente importanti anche la Legge Regionale 16 giugno 2003 n. 7 (Norme in materia
di bonifica e irrigazione) ed la successiva DGR n. 7/20552 del 11 febbraio 2005 (Approvazione del reticolo idrico di
competenza dei consorzi di bonifica) e la DGR n. 8/8127 del 1 ottobre 2008 (modifica del reticolo idrico principale
determinato dalla dgr 7868/2002).
Sono inoltre interagenti con diverse norme i contenuti del D.Lgs. 152/06 (che ha recepito buona parte del
vecchio D.Lgs. 152/99) e smi (in particolare D.Lgs. 4/2008).
Per la definizione di ‘corso d’acqua’ si considera inoltre interessante quanto contenuto nella delibera del
Comitato Interministeriale Ambiente del 04.02.77 (GU n. 48 del 21.02.1977). La disciplina del reticolo idrico, per la
sua stessa natura, presenta diversi aspetti controversi che nel tempo, cominciano a prendere una loro specifica
fisionomia grazie anche ai pronunciamenti degli enti di controllo o dai diversi portatori di interesse.
In sintesi le funzioni che vengono delegate al comune riguardano, fra l’altro, la stesura dell’elaborato tecnico
costituito da una parte cartografica con l’indicazione del reticolo idraulico e relative fasce di rispetto e da una parte
normativa (regolamento di polizia idraulica); la definizione e la riduzione delle fasce di rispetto nell’ambito delle
competenze accordate; il rilascio di autorizzazioni di scarichi nei corsi d’acqua, attraversamenti aerei,
attraversamenti in subalveo, occupazioni aree demaniali; ripristino dei corsi d’acqua a seguito di violazioni delle
normative in materia di polizia idraulica, mediante l’adozione di apposita Ordinanza sindacale; modifica o
definizione dei limiti alle aree demaniali da proporre ai competenti uffici dell’agenzia del Demanio; indicazioni per il
calcolo dei canoni di Polizia idraulica corrisposti dai titolari di concessione e autorizzazione. Tali canoni devono
essere utilizzati per le spese di gestione del servizio e per la manutenzione del reticolo stesso.
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3 Definizioni
Ai fini del presente regolamento si utilizzano le seguenti definizioni:
•
Reticolo Idrico Principale: comprende i corsi d'acqua individuati dagli Uffici dell’ex Genio Civile
sulla base delle indicazioni contenute nelle D.G.R. n. 6/47310 del 22.12.1999, per i quali l’esercizio
delle attività di polizia idraulica compete alla Regione Lombardia. Il Reticolo Idrico Principale è
definito nell’Allegato “A” alla DGR n. 7/13950 del 01-08-2003 “Individuazione del reticolo idrico
principale”.
•
Reticolo Idrico Minore: comprende tutte le acque superficiali, ad esclusione delle “acque piovane
non ancora convogliate in un corso d’acqua” e delle acque già individuate nel reticolo idrico
principale; l’esercizio della polizia idraulica compete ai Comuni. Il Reticolo Idrico Minore è definito
nell’Allegato “B” alla DGR n. 7/13950 del 01-08-2003 “Criteri per l’esercizio dell’attività di Polizia
Idraulica di competenza comunale”.
•
Fascia di rispetto: comprende una porzione di territorio circostante un corso d’acqua; individua
un’area da tutelare all’interno della quale, ai sensi del presente regolamento, sono indicate le
attività vietate e normate quelle soggette ad autorizzazione comunale.
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4 Inquadramento territoriale e geologia
Il territorio comunale di Ceto presenta una estensione di 32,43 kmq, per una sviluppo lineare dei confini
comunali pari a circa 37,453 km, ed è situato sul versante orografico sinistro della media Valle Camonica, in
Provincia di Brescia. Il territorio è altimetricamente compreso tra i 324,0 m s.l.m. del fondovalle, ed i 2.823,8 m
s.l.m. della Cima Dernal, per un dislivello complessivo di circa 2.500,0 m. Il limite settentrionale del territorio
comunale coincide con il Comune di Cimbergo, Cevo e Capo di Ponte; ad E confina con i Comuni di Daone (in
Provincia di Trento), Breno ed ancora Cimbergo; a S con i Comuni di Breno e Braone; ad W con i Comuni di Cerveno,
Ono San Pietro e Capo di Ponte.
La base cartografica utilizzata per la stesura del presente studio è costituita dalle seguenti Carte Tecniche
Regionali in scala 1:10.000:
Foglio n° 34 Breno:
- D4c1 Breno Nord / D4d1 Braone / D4e1 Monte del Gelo /
Foglio n° 19 Tirano:
- D3c5 Ono San Pietro / D3d5 Capo di Ponte / D3e5 Monte Re di Castello
L’area è così individuata nell’ambito del sistema di coordinate Gauss-Boaga e coordinate geografiche
(queste ultime si riferiscono alla Cartografia Ufficiale Italiana con ellissoide orientato a Monte Mario, fuso W con
origine convenzionale delle coordinate E: 1500 km ad W del meridiano centrale; le coordinate N hanno origine
sull’equatore come il sistema di riferimento europeo U.T.M.):
Gauss-Boaga (m)
Coordinate Geografiche U.T.M.
Nord
N: 5098170 – E: 1613080
Lat. N 46°01’37” – Long. W 01°59’29”
Ovest
N: 5094210 – E: 1603370
Lat. N 45°59’34” – Long. W 02°07’03”
Sud
N: 5090520 – E: 1610940
Lat. N 45°57’30” – Long. W 02°01’15”
Est
N: 5097525 – E: 1613958
Lat. N 46°01’15” – Long. W 01°58’49”
I tre nuclei abitativi di Nadro (N: 5096285 – E: 1604775 / Lat. N 46°00’41” – Long. W 02°05’56”), Ceto (N:
5095290 – E: 1604665 / Lat. N 46°00’08” – Long. W 02°06’02”) e Badetto di Ceto (N: 5094595 – E: 1603675 / Lat.
N 45°59’46” – Long. W 02°06’49”), si collocano nella parte occidentale del territorio comunale, a quote
rispettivamente di 428 m s.l.m., 453 m s.l.m. e di 357 m s.l.m.. È presente inoltre un piccolo agglomerato abitativo
non stanziale in località Val Paghera (N: 5093335 – E: 1609040 / Lat. N 45°59’03” – Long. W 02°02’41”), ad una
quota di circa 1.200 m s.l.m.
Morfologicamente il territorio può essere suddiviso in quattro aree distinte fra loro:
- un’area occidentale nella quale scorre il fiume Oglio, ove sono presenti le aree antropizzate, a quote inferiori ai 500
m s.l.m..;
- un’area centrale, da quota 500 m a quota 900 m s.l.m., caratterizzata dall’incisione generata dal torrente Palobbia
che va poi a confluire nel fiume Oglio; si osserva un pendio generalmente ripido con affioramenti vari e pareti
rocciose.
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- un’area orientale, compresa tra la quota 900 m e 2000 m s.l.m., caratterizzata dalla Valpaghera e dai pendii erbosi
della media e bassa Val di Dois, della Conca del Listino e della Val Monoccola;
- l’area posta all’estremo settore orientale, a quote superiori ai 2000 m s.l.m., con prevalenza di condizioni
geomorfologiche di alta montagna, con falde, coni detritici alla base delle pareti rocciose, e circhi glaciali.
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5 Inquadramento geologico-strutturale
L’assetto strutturale generale è il risultato di eventi deformativi correlati all’orogenesi alpina il cui sviluppo è
stato a volte orientato dalla presenza di lineamenti precedenti. Il quadro complessivo ravvisa un insieme di strutture
tettoniche N-vergenti, legate principalmente a sforzi compressivi che determinano continue sovrapposizioni della
serie in senso N-S.
Per quanto riguarda il territorio in studio, nella parte NW del territorio a monte della località Zurlo, affiorano
le rocce permiane della copertura sedimentaria, rappresentate dalle arenarie del Verrucano Lombardo.
Le unità della copertura sedimentaria, affioranti a partire dai nuclei di Ceto e Nadro, costituiscono il fianco
nord di una grossa piega sinclinale, molto strizzata e coricata, il cui asse è disposto trasversalmente alla Valle
Camonica e decorre da Losine a Braone con direzione WSW–ENE. Il piano assiale della piega è subverticale ed
immerge verso NNW; il fianco settentrionale risulta così ribaltato. Infine, al contatto con il plutone dell’Adamello, i
cui termini granodioritici e tonalitici affiorano diffusamente nella parte orientale del territorio in esame, le formazioni
calcaree e calcareo marnose della copertura sedimentaria, appaiono metamorfosate per contatto.
Gli elementi strutturali presenti hanno altresì esercitato un forte controllo anche sullo sviluppo del reticolo
idrografico, che mostra un andamento con tratti disposti parallelamente alla direzione delle principali famiglie di
discontinuità.
Le unità litostratigrafiche presenti nel territorio comunale comprendono formazioni che vanno dal Permiano
al Terziario. Partendo dalla formazione stratigraficamente più bassa ed antica, queste sono:
Formazione di Monte Mignolo o Verrucano Lombardo [Permiano superiore]
Servino [Scitico inferiore]
Carniola di Bovegno [Scitico superiore]
Calcare di Angolo [Anisico medio-inferiore, Tuvalico]
Calcare di Prezzo [Anisico superiore, Illirico]
Calcare di Buchenstein [Ladinico inferiore, Fassanico]
Formazione di Wengen [Ladinico superiore, Longobardico]
Calcare di Esino [Anisico superiore–Carnico inferiore]
Masse intrusive dell’Adamello [Terziario]
Di seguito si espone un quadro generale dell’evoluzione stratigrafico-strutturale della zona.
Nell’era Paleozoica, sul finire del Carbonifero (da 300 a 280 milioni di anni fa.), si sviluppano in Lombardia
due bacini allungati, il primo tra la Val Brembana e la Val Seriana ed il secondo nell’alta Val Trompia, che vengono
riempiti dalle arenarie e siltiti della Formazione di Collio [Permico inferiore] e dai potenti depositi detritici alluvionali
e lacustri del Conglomerato del Dosso dei Galli [Permico inferiore]). Sopra di essi l’attività vulcanica, molto intensa,
riversa grandi masse laviche (Vulcaniti di Auccia).
Alla fine del Paleozoico, durante il Permiano (da 280 a 225 m.a.), il colmamento dei bacini crea una vasta
area a morfologia irregolare, strutturalmente stabile, che viene ricoperta da una grande quantità di materiale
alluvionale ghiaioso e sabbioso (Verrucano Lombardo [Permico superiore]) derivante dallo smantellamento di
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antichi rilievi ercinici. La formazione affiora nella zona NW del territorio comunale, a monte della località Zurlo. Nelle
aree di affioramento gli ammassi rocciosi appaiono in genere da poco a mediamente fratturati e costituiscono pareti
rocciose molto alte e ripide, ai piedi delle quali si ritrovano depositi detritici grossolani formati in prevalenza da
blocchi di dimensioni medie e grandi.
L’Era Mesozoica si inaugura con l’avanzata del mare in tutte le Alpi Meridionali. Questo ambiente
caratterizzerà la natura di tutte le rocce del Sebino, in quanto è proprio dai sedimenti deposti sui fondali marini che
traggono origine le rocce dell’area.
All’inizio del Triassico (da 225 a 190 m.a.) anche in Lombardia, con la deposizione del Servino [Scitico
inferiore], si rinvengono sedimenti marini rappresentati da arenarie, siltiti, argilliti e marne policrome. La loro natura
testimonia che tale deposizione è avvenuta in bacini marini poco profondi, di piattaforma continentale, in cui
prevalgono ambienti litorali. Questa formazione affiora tra Nadro e Ceto, a monte dei nuclei abitativi, e nella forra
del torrente Figna.
Alla fine dello Scitico, si verifica una fase di ritiro marino con la formazione di bacini lagunari costieri e di
transizione, come testimoniano gli estesi depositi di carniole e, localmente, di gessi ed anidriti che affiorano a
Volpino, a Castelfranco ed a Pisogne. In questa fase vi è la deposizione della Carniola di Bovegno [Scitico superiore],
costituita prevalentemente da brecce tettoniche, da medie a minute, di colore giallo e subordinatamente da calcari
vacuolari di colore grigio, grigio-giallastro in alterazione, fortemente tettonizzati. I clasti che costituiscono le brecce
sono principalmente rappresentati da frammenti di siltiti molto alterate, di colore rosso o verde e, secondariamente,
da frammenti di calcari grigi anch’essi fortemente alterati. Questi litotipi compaiono in limitati affioramenti sul
versante sinistro della Valle Dafus, intorno a quota 900 m s.l.m..
Nell’Anisico, il territorio è interessato da una rapida subsidenza che comporta l’affermazione del mare
aperto, nel quale si depositano le potenti successioni calcareo-argillose del Calcare di Angolo [Anisico medioinferiore], e, in ambienti marini con acque particolarmente pulite ed ossigenate di scogliera, i Calcari di Camorelli
[Anisico medio-inferiore]. I litotipi appartenenti al Calcare di Angolo affiorano limitatamente nella forra del Palobbia
ed in maniera diffusa sul versante a monte del nucleo abitativo di Ceto, fino alla quota di 1600 m s.l.m. circa.
Localmente si rinvengono “marmi” con liste di selce cornubianiti generati da metamorfismo di contatto
conseguente all’intrusione terziaria del Plutone dell’Adamello.
Alla fine dell’Anisico, con la deposizione del Calcare di Prezzo [Anisico superiore], la configurazione
paleogeografica del territorio del Sebino si presenta come un bassofondo stabile. I litotipi del Calcare di Prezzo si
ritrovano sul versante orografico destro della bassa Valpaghera, e costituiscono il substrato roccioso sul quale
scorre l’ultimo tratto del torrente Palobbia. L’evoluzione ladinica del bassofondo orientale è varia e complessa. Un
crescendo di attività vulcanica sottomarina causa l’innalzamento del fondo e l’emersione di piccoli centri eruttivi
che determinano frequenti intercalazioni di rocce eruttive, come nel Calcare di Buchenstein [Ladinico inferiore],
costituito da calcari scuri silicei con intercalazioni argilloso-marnose. Alla base del Calcare di Buchenstein è
presente un filone porfiritico ad andamento strato-concordante, legato con ogni probabilità all’intrusione terziaria
del plutone dell’Adamello.
Risalendo la sequenza stratigrafica si riscontra la Formazione di Wengen [Ladinico superiore], un’unità di
ambiente bacinale, costituita da marne nerastre a stratificazione sottile, arenarie grigio-verdastre e calcari marnosi,
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nella quale sono visibili fenomeni di ‘slumping’ indicativi di un continuo approfondimento dei fondali compensato
comunque dal graduale apporto terrigeno, comportante una regressione del livello eustatico. Gli affioramenti sono
limitati ad una fascia ettometrica alla base del Pizzo Badile.
Al tetto della Formazione di Wengen si può ritrovare sia il Calcare di Esino [Ladinico], il quale rappresenta il
ritorno alla zona fotica, costituito da calcari e calcari dolomitici da grigio-chiari a grigio-scuri, a stratificazione
massiccia, sia l’Argillite di Lozio [Ladinico superiore], costituita da argilliti nerastre scheggiose a stratificazione
indistinta, alternate con siltiti; l’Argillite di Lozio è presente in affioramenti semicontinui sul versante destro della
Valpaghera. In tale situazione si ha una progressiva diminuzione dei movimenti tettonici e dell’attività vulcanica che
si verifica alla fine del Ladinico, che porta ad un rapido prevalere delle scogliere carbonatiche. Il Calcare di Esino
costituisce la parte sommitale del Pizzo Badile. Gli affioramenti sono circondati ed a volte intrusi da ammassi
granodioritici, per cui appaiono spesso interessati da metamorfismo di contatto il quale ha prodotto oltre ad effetti
chimici (trasformazione in “marmi” a grana fine o saccaroide), effetti meccanici dovuti all’intrusione (fratturazione
intensa, pieghe, milonitizzazioni e brecciature).
Col Carnico si manifesta un generale sollevamento del fondo marino con la formazione di una dorsale
parzialmente emersa ubicata in corrispondenza del bordo meridionale delle Prealpi. Lungo la scarpata
settentrionale di questa dorsale, si manifesta un’intensissima attività vulcanica, in parte sottomarina ed in parte
sub-aerea, con centri molti attivi in Val Trompia e Val Sabbia. La distribuzione dei diversi tipi di rocce del Carnico fa
supporre che a N di questa “fascia di fuoco” doveva estendersi un bacino marino in fase di sprofondamento limitato,
a settentrione, da un altofondo a sedimentazione calcareo-dolomitica, nel quale si sono formate le rocce calcareodolomitiche della Formazione di Breno [Carnico medio-inferiore]. Entro questo bacino allungato, si sono depositati
tufi ed arenarie vulcaniche (Arenarie di Val Sabbia [Carnico medio-inferiore]) e, più lontano, sedimenti
prevalentemente calcareo-marnosi, neri e fossiliferi della Formazione di Gorno [Carnico medio-inferiore].
Alla fine del Carnico si accentua ulteriormente il ritiro delle acque marine con l’instaurazione, in tutta la
Lombardia centro-orientale, di condizioni lagunari dove avviene la deposizione dei sedimenti della Formazione di
San Giovanni Bianco [Carnico superiore], come le carniole e le argilliti policrome, o le rocce evaporitiche, come i
gessi di Lovere e di Toline.
Nel Norico, la sedimentazione si uniforma in tutta la Lombardia, come su gran parte delle Alpi centroorientali, attraverso la deposizione generalizzata della Dolomia Principale [Norico], classico esempio di
dolomitizzazione regionale.
Nel settore orientale del territorio comunale si possono osservare le rocce del plutone dell’Adamello; tale
corpo post-collisionale, con la sua caratteristica forma a cuneo, si colloca nel diedero individuato a N dalla Linea del
Tonale (o Linea Insubrica) e ad E dalla Linea delle Giudicarie. Le rocce incassanti sono rappresentate dal basamento
Sudalpino e da rocce della copertura permo-mesozoica, delle quali si è parlato precedentemente. Il plutone è stato
generato da una sequenza di intrusioni distinte che si sono messe in posto da SW verso NE, ciascuna caratterizzata
da una propria serie evolutiva.
Le tre masse principali partendo da SW a NE sono denominate:
Re di Castello (42-40 milioni di anni d’età);
Adamello (36-32 m.a.);
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Presanella (33-29 m.a.).
A queste va aggiunta una quarta masserella, nota come Corno Alto-Sostino.
Il plutone dell’Adamello è costituito prevalentemente da tonaliti e quarzodioriti biotitiche. Queste rocce sono
costituite per la maggior parte da plagioclasio e quarzo, il primo con composizione normativa intorno al 50% di
anortite; una caratteristica dei plagioclasi dell’Adamello è rappresentata dai nuclei corrosi molto ricchi di anortite. Il
quarzo risulta più abbondante nelle quarzodioriti; il feldpsato potassico è del tutto subordinato in entrambi i litotipi.
La Linea del Tonale citata in precedenza è molto importante in quanto divide la zona tettonica delle Alpi Meridionali
dalle zone tettoniche delle Austridi e delle Pennidi.
Nell’area interessata prevalgono facies tonalitiche con vario contenuto di biotite e di anfibolo, con frequenti
differenziazioni:
- in senso sialico, con leucotonaliti, leucoquarzodioriti e granodioriti biotitiche povere o prive di anfibolo;
- in senso femico, con dioriti e gabbrodioriti anfiboliche povere o prive di biotite, passanti a gabbri anfibolicoplagioclasici.
I componenti mineralogici principali sono i plagioclasi, con marcata zonatura entro limiti normali compresi
fra labradorite ed andesina. Meno abbondante il quarzo e generalmente subordinato, o quasi assente, l’ortoclasio
nella frazione sialica. Tra i costituenti femici, la biotite e l’orneblenda si trovano in proporzioni diverse e spesso
vicarianti fra loro, determinando la varietà dei tipi predetti. È interessante osservare, nel pendio sottostante la Cima
del Vallone (a SE dell’area), una vasta plaga sialica, di composizione granodioritica, compresa nei vasti affioramenti
leucotonalitici.
Sono presenti inoltre molti filoni, soprattutto nella Valle della Monoccola, in località Corni delle Plagne e
lungo il versante occidentale e settentrionale del Monte Listino (m s.l.m. 3.683). Vi sono pochi filoni denominati
‘filoni poco differenziati’ (Valle della Monoccola), costituiti da microtonaliti, microdioriti, malachiti e porfiriti
feldspatiche. Esiste poi una vasta gamma di ‘filoni ben differenziati in senso leucocratico o melanocratico’, nei quali
si possono osservare: porfiriti anfibolico-pirosseniche, porfiriti orneblendico-plagioclasiche, spessartiti anfiboliche
ed odiniti anfibolico-pirosseniche.
Le rocce presenti sono le seguenti:
Granodioriti: sono rocce magmatiche intrusive di aspetto molto simile a quello dei graniti, di colore da grigio
chiaro a grigio scuro, a struttura massiccia con grana media o fine e con frequenti fenomeni di orientazione da
flusso, la tessitura è granulare ipidiomorfa. I componenti mineralogici essenziali sono: quarzo, plagioclasio,
feldspato potassico, biotite ed orneblenda. I componenti accessori sono: magnetite, apatite, titanite e zircone.
Affiora in modo continuo nella parte orientale del territorio (Cima della Vacca, Cima del Vallone, Passo di
Mezzamalga, Corno Craper, Cime del Tredenus e Monte Rossola) a quote superiori ai 1250 m s.l.m., dove danno
luogo a gran parte degli ammassi rocciosi, che si presentano, come gran parte dei rilievi, costituiti da rocce
magmatiche con pareti anche subverticali, creste e vette aguzze.
Tonaliti: sono rocce magmatiche intrusive, di colore grigio medio con frequenti inclusioni scure, a struttura
massiccia, talora con passaggi a fluitale; la tessitura è granulare ipidiomorfa con locali passaggi a porfirica. I
componenti mineralogici essenziali sono: plagioclasio, quarzo, orneblenda e biotite. I componenti accessori sono:
ortoclasio, magnetite, apatite e zircone. Affiora in tutta la conca del Listino ed alla testata della Val Dois.
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Gabbrodioriti: sono rocce magmatiche intrusive, di colore da grigio scuro a nerastro, a struttura massiccia
con frequenti passaggi a fluidale; la tessitura è granulare ipidiomorfa con locali passaggi a porfirica. I componenti
mineralogici essenziali sono: plagioclasio, orneblenda e biotite. I componenti accessori sono: titanite, ortite e
quarzo. Affiorano alla testata della Conca del Listino ed in un affioramento isolato a SW del Pizzo Badile.
I depositi quaternari sono costituiti da:
Morene: i depositi glaciali, o morene, principalmente legati alla grande glaciazione würmiana, sono presenti
in plaghe discontinue di varie dimensioni e con spessori variabili da pochi metri a qualche decina. I depositi glaciali
sono presenti abbastanza diffusamente sul territorio comunale. Si tratta di sedimenti la cui origine è direttamente
legata all’azione delle lingue glaciali che in passato hanno occupato sia il solco principale della Valle Camonica che
le valli laterali ad essa tributarie. Sono prevalentemente depositi di ablazione che originariamente costituivano le
morene laterali o frontali delle lingue glaciali. Questi depositi sono costituiti da sedimenti sciolti, eterometrici,
massivi, a supporto clastico o a supporto di matrice. I clasti, litologicamente eterogenei, sono da spigolosi a
subarrotondati, meno frequentemente arrotondati. In particolare i depositi legati al ghiacciaio principale sono a
prevalente supporto di matrice, con clasti in genere subarrotondati, a volte alterati e appartenenti ai vari litotipi
affioranti in Val Camonica tra i quali compaiono rocce provenienti dal basamento cristallino (micascisti) e dal
Verrucano Lombardo. Si tratta di sedimenti appartenenti al Complesso dell’Oglio. Si possono avere ghiaie a
supporto di clasti o di matrice con ciottoli ben arrotondati, stratificate; sabbie laminate; abbondanti clasti del
basamento e della successione permotriassica della Val Camonica, frequenti tonaliti, locali limi di esondazione. La
superficie limite superiore è caratterizzata da morfologie ben conservate, solo localmente in erosione, con suoli di
spessore massimo 1,1 m, e colore tra 7.5YR e 10YR; la copertura loessica è assente. Localmente si può avere una
cementazione diffusa. Il Complesso dell’Oglio riunisce diverse unità legate al bacino dell’Oglio nella sua accezione
più ampia; esse sono caratterizzate da profili di alterazione poco sviluppati, che non interessano l’intero spessore
del deposito, e da morfologie piuttosto ben conservate. Vengono riuniti pertanto in esso i depositi che
rappresentano l’espressione sedimentaria del ghiacciaio che ha occupato la Valle Camonica.
Depositi alluvionali: si tratta di depositi legati all’azione delle acque incanalate. Sono costituiti da materiali
grossolani, quali ghiaie, ciottoli e sabbie grosse, a supporto clastico, trasportati in sospensione dalle acque di
inondazione e depositati con velocità di sedimentazione molto bassa, dell’ordine di spessori centimetrici per ogni
periodo di piena. I clasti si presentano arrotondati o subarrotondati. In corrispondenza dei coni alluvionali sono
presenti orizzonti a supporto di matrice, legati a fenomeni di trasporto in massa.
Depositi detritici di versante: sono depositi legati principalmente all’azione della gravità, e si originano
dall’accumulo, ai piedi delle pareti rocciose, dei materiali che si distaccano in seguito ai processi di alterazione e
disgregazione chimico-meccanica degli ammassi rocciosi. All’interno di tali depositi i clasti si distribuiscono dando
luogo ad orizzonti clinostratigrafici, con gradazione laterale per gravità. La disposizione è solitamente a coni (lungo
i canaloni) o a falde, con sviluppo relativamente allungato. L’angolo di inclinazione dei coni o delle falde tende
all’angolo limite di stabilità del materiale che lo costituisce. Si tratta di sedimenti a supporto clastico, raramente a
supporto di matrice, costituiti da ciottoli e blocchi a spigoli vivi con una percentuale variabile di matrice.
Generalmente le dimensioni dei clasti sono molto variabili (si va dai blocchi alla ghiaia, in relazione alle
caratteristiche geomeccaniche e litologiche delle rocce), ed aumentano dalla zona prossimale alla zona distale dei
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depositi. I detriti posti alle quote inferiori sono in prevalenza inattivi e colonizzati dalla vegetazione e, a causa
dell’alterazione, sono caratterizzati da una maggiore percentuale di materiale fine, mentre quelli che si rinvengono
nelle aree altimetricamente più elevate, sono spesso attivi e non colonizzati.
Depositi eluviali: costituiscono la normale copertura delle rocce di substrato subaffioranti; tali depositi sono
costituiti da materiali derivanti dall’alterazione chimica, fisica e biologica in posto del substrato roccioso, e sono
coincidenti con i suoli e con le unità pedostratigrafiche. Sono disposti parallelamente alla superficie topografica, ed
impediscono l’osservazione diretta dei litotipi che costituiscono il substrato roccioso. Si tratta di sedimenti fini a
supporto di matrice rappresentati da ciottoli e ghiaia immersi in un’abbondante frazione sabbioso-limosa. Questi
depositi sono distribuiti in tutto il territorio comunale e costituiscono delle coltri di spessore generalmente sottile e
sono spesso molto discontinue. Nel sistema Piano Montano (PM), coincidente con le fasce fitoclimatiche del
‘Picetum’ e del ‘Fagetum’ a quote comprese tra 700 e 1700 m s.l.m. (+/- 300 m), e nel sistema Piano Basale (PB),
coincidente con la fascia fitoclimatica del ‘Castanetum’ a quote inferiori a 700 m s.l.m. (+/- 300 m), si ritrovano
suoli sottili e scheletrici spesso associati a roccia affiorante (Entisols, Inceptisols).
Depositi colluviali: i depositi colluviali derivano invece dal trasporto e dall’accumulo lungo i versanti, ad
opera della gravità, dei materiali eluviali; anche in questo caso si tratta di sedimenti prevalentemente fini a supporto
di matrice. Si ritrovano solitamente ai piedi dei versanti per colamento progressivo dei materiali costituenti la coltre
di alterazione dei versanti stessi.
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6 Corpi idrici superficiali e fasce di rispetto idraulico
Gli elaborati tecnici prodotti in scala 1:10.000, per tutto il territorio comunale, ed in scala 1:2.000 per le aree
urbanizzate, contengono informazioni relative al reticolo idrografico superficiale (formato dai corpi idrici superficiali
che costituiscono la rete drenante), individuato in base alle indicazioni della D.G.R. del 25/01/2002 n° 7/7868,
allegato B (e successiva D.G.R. n° 7/13950).
Nell’ambito del territorio comunale sono presenti corsi d’acqua rientranti nell’elenco di cui all’Allegato A
della Deliberazione in oggetto, iscritti nell’elenco delle acque pubbliche di cui al Testo Unico n° 1775/33.
È stato quindi riportato il reticolo idrico principale, costituito da (vedasi allegato seguente):
- fiume Oglio (num. progr. BS001, iscr. EI. AAPP n° 1): il fiume Oglio rappresenta l’elemento idraulico di
confine con i Comuni di Cerveno e Ono San Pietro ad W; si presenta arginato per la quasi totalità delle sponde, con
prevalenza delle arginature in sponda sinistra;
- torrente Figna (num. progr. BS037, iscr. EI. AAPP n° 85): il torrente ha una lunghezza di circa 1600 m e
scorre nel settore settentrionale del territorio comunale, passando nell’abitato di Nadro; è generato dall’unione del
torrente Varecola (ret. idr. minore C585-004) e del torrente Pradello (ret. idr. principale BS038); si immette nel
Fiume Oglio dando origine ad una estesa conoide alluvionale. Il torrente è completamente regolarizzato.
- torrente Pradello (num. progr. BS038, iscr. EI. AAPP n° 85): il torrente scorre nel settore settentrionale del
comune, per la maggior parte nel Comune di Cimbergo; la lunghezza del corso idrico è di circa 3200 m; si immette
nel torrente Figna a quota 640 m s.l.m. in loc. Prato di Campo, passando nella Valle Dafus;
- torrente Palobbia (num. progr. BS039, iscr. EI. AAPP n° 86): il torrente presenta una lunghezza di circa 15
km, scorrendo quasi completamente nel Comune di Ceto fino alla loc. Runa; l’ultimo tratto di circa 1 km scorre nel
Comune di Braone (con gli ultimi 200 metri a confine), immettendosi poi nel fiume Oglio. Sono presenti opere di
difesa trasversali e longitudinali solamente nell’ultimo tratto. Il torrente Palobbia ha generato l’estesa conoide
alluvionale sulla quale sono presenti gli abitati di Braone e di Badetto di Ceto.
- torrente Valle di Dois (num. progr. BS040, iscr. EI. AAPP n° 88): il torrente scorre completamente nel
territorio comunale, nel settore orientale, per una lunghezza complessiva del corso d’acqua di circa 11,6 km; non
sono presenti arginature artificiali.
L’individuazione del reticolo idrico minore è stata effettuata in considerazione alla sopraccitata D.G.R.
25/01/2002 n° 7/7868 e s.m.i. ed a quanto riportato nel D.P.R. 18/02/1999 n° 238 (Regolamento recante norme
per l’attuazione di talune disposizioni della Legge 05 Gennaio 1994 n° 36 in materia di risorse idriche) con
riferimento all’art. 1 comma 1 “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque
sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in invasi o cisterne.”, ad esclusione di “…tutte le acque piovane
non ancora convogliate in un corso d’acqua o non ancora raccolte in invasi o cisterne.” (art. 1 comma 2).
L’individuazione cartografica del reticolo idrico è stata sviluppata mediante opportuni rilevamenti secondo le
seguenti modalità:
- esame-rilievo aerofotogrammetrico fornito dall’Ufficio Tecnico Comunale di Ceto ed osservazioni delle foto
aeree del territorio;
- esame mappe catastali in formato raster fornite dall’U.T.C..
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Sono stati inseriti quindi, quali appartenenti al reticolo idrico minore, i corsi d’acqua che rispondevano ai
seguenti criteri:
- corsi d’acqua rappresentati come tali nelle cartografie I.G.M. e C.T.R.;
- corsi d’acqua indicati come demaniali nelle carte catastali del territorio comunale.
Sono stati inoltre cartografati i canali di derivazione e la condotta forzata che dalla località Bacino giunge
alla località Gaz, presso la Centrale ENEL. Per tali elementi si prevede una fascia di rispetto di 5 m per ogni lato dei
corsi d'acqua coperti e per i tratti tombinati (questi ultimi non riportati negli elaborati grafici). Le distanze dai corsi
d'acqua devono intendersi misurate dalla dimensione esterna in pianta del manufatto che costituisce il canale o
dall’area indicata in mappa catastale.
Costituiscono quindi il reticolo idrografico minore, individuato ai sensi della D.G.R. del 25/01/2002 n°
7/7868, i corsi d’acqua presenti nell’Elaborato 1 allegato al presente studio, individuati mediante il codice catastale
di Ceto (C585) e secondo una numerazione progressiva.
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7 Metodologia di lavoro
Per la stesura del presente documento si è proceduto principalmente suddividendo il lavoro in due fasi:
1. Individuazione del reticolo
2. Fase di regolamentazione
Individuazione del reticolo
La fase di individuazione è consistita in:
- una attenta valutazione, a partire dalle indicazioni delle normative vigenti supportata da un’analisi
mediante la verifica in campo ed attraverso l’analisi della cartografia esistente (catastali, aerofotogrammetrico,
CTR, ortofoto) dello stato attuale dei reticoli,
- la valutazione delle caratteristiche di ogni singolo corso idrico, naturale od artificiale con l’obiettivo di
definire le più consone fasce di rispetto per i corsi d’acqua appartenenti al reticolo idrico e minore sulla base della
normativa vigente.
- Il confronto ed il recepimento di quanto previsto dalla normativa vigente e dai diversi strumenti pianificatori
per quanto riguarda la definizione e le regole relative al reticolo principale, di bonifica, ed ai canali e rocce
interaziendali.
In base all’individuazione è stata redatta la carta (scala 1:10.000) con l’individuazione del reticolo, che dovrà
venire recepito nell’ambito dello studio geologico del P.G.T. ai sensi dell’art. 57 della LR 12/05 e le fasce di rispetto.
Fase di regolamentazione
La fase di regolamentazione, redatta sulla base di criteri condivisi con l’Amministrazione Comunale nel
rispetto della normativa vigente, ha invece portato alla definizione di un regolamento di polizia idraulica, contenente
tutte le attività vietate o soggette ad autorizzazione all’interno delle fasce di rispetto. Si ricorda che l’individuazione
cartografica delle fasce di rispetto può essere soggetta ad un errore cartografico ed andrà sempre verificata in vera
grandezza; si ricorda inoltre che in caso di discrepanze o contraddizioni fra il regolamento in oggetto ed altri
strumenti legislativi od urbanistici varrà come riferimento la norma legislativa di ordine superiore.
Gli elaborati tecnici prodotti in scala 1:10.000, per tutto il territorio comunale, contengono informazioni
relative al reticolo idrografico superficiale (formato dai corpi idrici superficiali che costituiscono la rete drenante),
individuato in base alle indicazioni della D.G.R. del 25/01/2002 n° 7/7868, allegato B (e successiva D.G.R. n°
7/13950).
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Reticolo Idrico Principale
Nell’ambito del territorio comunale è presente un corso d’acqua rientrante nell’elenco di cui all’Allegato A
della D.G.R. del 01 Ottobre 2008 n° 8/8127, iscritto nell’elenco delle acque pubbliche di cui al Testo Unico n°
1775/33.
È stato quindi riportato il reticolo idrico principale, costituito da (vedasi allegato seguente):
- Fiume Oglio (num. progr. BS001, iscr. EI. AAPP n° 1): il fiume Oglio rappresenta l’elemento idraulico di
confine con i Comuni di Cerveno e Ono San Pietro ad W; si presenta arginato per la quasi totalità delle sponde, con
prevalenza delle arginature in sponda sinistra;
- Torrente Figna (num. progr. BS037, iscr. EI. AAPP n° 85): il torrente ha una lunghezza di circa 1600 m e
scorre nel settore settentrionale del territorio comunale, passando nell’abitato di Nadro; è generato dall’unione del
torrente Varecola (ret. idr. minore C585-004) e del torrente Pradello (ret. idr. principale BS038); si immette nel
Fiume Oglio dando origine ad una estesa conoide alluvionale. Il torrente è completamente regolarizzato.
- Torrente Pradello (num. progr. BS038, iscr. EI. AAPP n° 85): il torrente scorre nel settore settentrionale del
comune, per la maggior parte nel Comune di Cimbergo; la lunghezza del corso idrico è di circa 3200 m; si immette
nel torrente Figna a quota 640 m s.l.m. in loc. Prato di Campo, passando nella Valle Dafus;
- Torrente Palobbia (num. progr. BS039, iscr. EI. AAPP n° 86): il torrente presenta una lunghezza di circa 15
km, scorrendo quasi completamente nel Comune di Ceto fino alla loc. Runa; l’ultimo tratto di circa 1 km scorre nel
Comune di Braone (con gli ultimi 200 metri a confine), immettendosi poi nel fiume Oglio. Sono presenti opere di
difesa trasversali e longitudinali solamente nell’ultimo tratto. Il torrente Palobbia ha generato l’estesa conoide
alluvionale sulla quale sono presenti gli abitati di Braone e di Badetto di Ceto.
- Torrente Valle di Dois (num. progr. BS040, iscr. EI. AAPP n° 88): il torrente scorre completamente nel
territorio comunale, nel settore orientale, per una lunghezza complessiva del corso d’acqua di circa 11,6 km; non
sono presenti arginature artificiali.
Reticolo Idrico Minore
L’individuazione del reticolo idrico minore è stata effettuata in considerazione alla sopraccitata D.G.R.
25/01/2002 n° 7/7868 e s.m.i. ed a quanto riportato nel D.P.R. 18/02/1999 n° 238 (Regolamento recante norme
per l’attuazione di talune disposizioni della Legge 05 Gennaio 1994 n° 36 in materia di risorse idriche) con
riferimento all’art. 1 comma 1 “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque
sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in invasi o cisterne.”, ad esclusione di “…tutte le acque piovane
non ancora convogliate in un corso d’acqua o non ancora raccolte in invasi o cisterne.” (art. 1 comma 2).
L’individuazione cartografica del reticolo idrico è stata sviluppata mediante opportuni rilevamenti secondo le
seguenti modalità:
- esame-rilievo aerofotogrammetrico ed osservazioni delle foto aeree del territorio;
- esame mappe catastali in formato raster fornite dall’U.T.C..
Sono stati inseriti quindi, quali appartenenti al reticolo idrico minore, i corsi d’acqua che rispondevano ad
almeno uno dei seguenti criteri:
- corsi d’acqua rappresentati come tali nelle cartografie I.G.M. e C.T.R.;
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- corsi d’acqua indicati come demaniali nelle carte catastali del territorio comunale.
- corsi d’acqua che sono stati oggetto di interventi di sistemazione idraulica con finanziamenti pubblici.
Sono stati inoltre cartografati i canali di derivazione e la condotta forzata (proveniente dal Lago d’Arno)
presenti nel settore centro settentrionale del territorio comunale. Per tali elementi si prevede una fascia di rispetto
di 4 m per ogni lato dei corsi d'acqua coperti e per i tratti tombinati. Le distanze dai corsi d'acqua devono intendersi
misurate dalla dimensione esterna in pianta del manufatto che costituisce il canale o dall’area indicata in mappa
catastale.
Costituiscono quindi il reticolo idrografico minore, individuato ai sensi della D.G.R. del 25/01/2002 n°
7/7868, i corsi d’acqua presenti nell’Elaborato 1 allegato al presente studio, individuati mediante il codice catastale
di Ceto (G354) e secondo una numerazione progressiva.
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8 Studio idraulico del torrente Figna
I corsi d’acqua sono sistemi complessi, dinamici ed in continua evoluzione. Tutti i parametri che li
contraddistinguono, come la scabrezza, la velocità, la pendenza e la forma, variano o per cause naturali dovute
all’evoluzione geomorfologica del bacino in conseguenza dell’influenza esercitata su di essi dall’attività antropica.
Le modificazioni che subisce un corso d’acqua hanno un’influenza sui parametri succitati sia dal punto di
vista fisico che temporale. L’analisi e lo studio dei processi che regolano un sistema fluviale appaiono pertanto di
una certa complessità e si basano su due componenti fondamentali:
-
le caratteristiche idrauliche;
-
la dinamica geomorfologica del corso d’acqua.
Il bacino idrografico del torrente Figna (appartenente al reticolo idraulico principale num. progr. BS037, iscr.
EI. AAPP n° 85) presenta, al punto di chiusura in esame nell’abitato di Nadro (N: 5096020–E: 1604715 / Lat. N
46°00’32”–Long. W 02°05’59”), ove è presente un attraversamento con luce di circa 5 metri, una superficie di 4,470
km2, con uno sviluppo lineare del limite del bacino pari a 10,166 km; l’altezza massima del bacino coincide con il
Pizzo Badile ad una quota di 2.434,6 m s.l.m. La quota minima al punto di chiusura, ove è presente un
attraversamento stradale, è di 435 m s.l.m..
Il torrente Figna è generato dall’incontro del torrente Varecola (reticolo idraulico minore, C585-004) e del
torrente Pradello (ret. idraulico principale, num. progr. BS038, iscr. EI. AAPP n° 85). Il corso d’acqua principale non
presenta nel tratto a monte e a valle dell’abitato di Nadro, erosione spondale e di fondo, in quanto attualmente
entrambe le erosioni sono controllate da una serie di opere di difesa longitudinali prevalentemente di tipo radente
(arginature in pietrame di altezza variabile da 1,50 a 2,50 m) e trasversali (briglie a pettine, soglie, gradonature) a
monte e a valle dell’attraversamento oggetto di studio. La verifica idraulica è stata effettuata per analizzare il
regime di afflussi-deflussi relativo al bacino idrografico del torrente Figna al punto di chiusura in esame.
Tale indagine intende valutare, attraverso il calcolo della portate dello stesso corso idraulico, la probabilità
che si verifichi un certo evento di piena associato ad un determinato tempo di ritorno. I tempi di ritorno considerati
sono relativi a 20, 100, 200 e 500 anni, mentre la verifica della portata smaltibile è stata effettuata nella sezione ove
è presente il ponte.
Tuttavia è improprio parlare di ponte vero e proprio per la struttura in esame, in quanto, secondo le
indicazioni della normativa CNR – UNI 10007, si definisce ponte o viadotto un “manufatto di attraversamento con
luce netta complessiva superiore a 6 metri”. In tal caso il franco minimo tra la quota idrometrica relativa alla piena
di progetto e la quota di intradosso del ponte deve essere 0,5 volte l’altezza cinetica della corrente e comunque non
inferiore ad 1 metro.
Nel caso in questione quindi non è necessario attenersi alle prescrizioni di cui sopra relative al franco
minimo, avendo l’attraversamento idraulico oggetto della presente verifica una luce netta di circa 5 metri e quindi
inferiore ai 6 metri minimi richiesti dalla normativa in questione.
In ogni modo nei paragrafi seguenti si quantificherà il franco minimo relativo al caso in particolare.
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Dati morfometrici del bacino
Le caratteristiche morfometriche del bacino del torrente Figna sono riassunte nella seguente tabella:
Area bacino
4,470 km2
Quota max del bacino – H max
2.434,6 m s.l.m.
Quota media del bacino –
1.434,8 m s.l.m.
H med
Quota min del bacino – H min
435,0 m s.l.m.
Dislivello medio - ∆H
999,8 m
Lunghezza asta principale
4,452 km
Pendenza media asta
44,91 %
dove:
H med = (H max + H min )/2
∆H = H med -H min
Dati pluviometrici
Per i dati pluviometrici si è fatto riferimento alle precipitazioni registrate dal 1938 al 1971 nella stazione di
Breno (BS), riportate nella Relazione dell’Amministrazione Provinciale di Brescia (Comitato d’intesa BresciaBergamo) “Piano generale di bonifica montana dell’Alto Bacino del Fiume Oglio (Legge 991/52)”., non avendo a
disposizione i dati di stazioni più vicine all’area.
Il dato utilizzato è stato quello relativo alle massime precipitazioni rilevate per un giorno consecutivo, che
sono state elaborate con il metodo Visentini (1938) al fine di ottenere le massime precipitazioni orarie
rispettivamente per 1, 3, 6, 12 e 24 ore.
Di seguito si riportano i dati pluviometrici della stazione di Breno, la più vicina all’area in esame, per la quale
si dispongono di dati per un periodo superiore a 30 anni.
La stazione di Breno è posta nella medesima località a 312 m s.l.m.. La stazione dispone di un pluviometro
registratore, oltre ad un termometro registratore.
Viene considerata, ai fini dello studio, la media mensile delle precipitazioni:
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MEDIA MENSILE DELLE PRECIPITAZIONI
mese Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
mm 47 43 62 81 115 127 101 107 92 102 84 58
Il totale delle precipitazioni è pari a 1.019 mm, con un importo medio mensile di 84,9 mm. Il minimo assoluto
si è avuto nel 1921, con 449 mm, il massimo assoluto nel 1926, con 3.377 mm.
Breno - regime delle precipitazioni
140
120
100
med
mm
80
med/12
60
40
20
0
Analizzando il grafico del regime delle precipitazioni, si nota che i mesi di Mag, Giu, Lug, Ago, Set, Ott hanno
un totale di precipitazione superiore all’importo medio mensile di 84,9 mm.
La distribuzione stagionale delle precipitazioni, secondo il criterio cronologico dell’annata pluviometrica, è la
seguente:
S-O-N D-G-F semestre invernale
278
148
M-A-M G-L-A
258
426 (41,8%)
semestre estivo
335
593 (58,2%)
Si nota che il massimo delle precipitazioni cade nel trimestre estivo G-L-A con 335 mm.
Si riporta di seguito il numero medio mensile dei giorni perturbati:
NUMERO MEDIO MENSILE DEI GIORNI PERTURBATI
mese Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
giorni
4
5
6
9
12
11
9
8
8
7
8
6
Confrontando il regime annuo dei giorni perturbati medi mensili, con il valore medio mensile, si osserva che i
mesi di Apr, Mag, Giu, Lug, Ago, Set e Nov hanno un valore maggiore di quello medio mensile, pari a 7,75.
Il regime annuo medio dei giorni perturbati presenta il massimo relativo a Maggio, in discordanza con il
regime pluviometrico. Il minimo dei giorni perturbati si ha a Gennaio.
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Breno - distribuzione dei giorni perturbati
14
12
10
med
6
med/12
gg
8
4
2
0
Si calcola ora l’intensità media diurna (Imd) per mesi per anno, ottenuta dal rapporto tra la precipitazione
media mensile ed il numero dei giorni perturbati medi mensili:
INTENSITA’ MEDIA DIURNA
mese Gen Feb Mar Apr Mag Giu
Imd
11,8 8,6 10,3 9,0
Lug Ago
Set
Ott
Nov Dic
9,6 11,5 11,2 13,4 11,5 14,6 10,5 9,7
Si nota un massimo a Ottobre ed un minimo a Febbraio.
La tabella successiva mostra invece la frequenza percentuale dei giorni piovosi di ogni mese e dell’anno:
FREQUENZA PERCENTUALE DEI GIORNI PIOVOSI
Gen Feb Mar
Apr Mag Giu
Lug Ago
Set
Ott
Nov
Dic anno
12,9 17,9 19,4 30,0 38,7 36,7 29,0 25,8 26,7 22,6 26,7 19,4 23,3
Si nota un massimo assoluto a Maggio ed un minimo assoluto a Gennaio, in accordo con l’andamento annuo
delle precipitazioni.
Dall’analisi dei dati raccolti ed elaborati per la stazione di Breno, si può ricavare per la stessa un regime di
tipo subequinoziale primaverile.
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Stazione di Breno - precipitazioni massime orarie
Elaborazione delle precipitazioni
Per ciascuna popolazione di dati pluviometrici, relativi ad un determinato tempo di pioggia (t), è possibile
ricavare il rispettivo valore dell’altezza dell’evento meteorico con un tempo di ritorno tr pari a quello prefissato.
Tali dati pluviometrici sono stati ulteriormente studiati con un sistema statistico-probabilistico, detto
Regolarizzazione di Gumbel (1941), che è risultato particolarmente valido per i piccoli bacini come quello in esame.
Tale metodo consente di ottenere valori di precipitazione massima di breve durata relativi ad un dato intervallo di
tempo (vedasi allegato n° 1 – Elaborazione statistica di Gumbel).
I dati ottenuti sono stati poi inseriti in un grafico bilogaritmico (vedasi allegato n° 2), dove sulle ascisse sono
riportati i tempi (in ore) e sulle ordinate le altezze di precipitazione massime di breve durata (in mm), al fine di
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ottenere delle curve di probabilità pluviometrica o curve di possibilità climatica per il periodo 1938-1971 relative a
tempi di ritorno (tr) di 10, 20, 100, 200 e 500 anni per questa data zona.
Tali curve sono descritte dalla ben nota legge di regressione:
h = a ⋅tn
dove :
h = precipitazione massima relativa ad una certo tempo per un dato tr, in mm
t = durata della pioggia, in ore
a, n = valori caratteristici dei coefficienti di possibilità climatica per un dato luogo e per un dato tr, ricavati
dal grafico bilogaritmico.
Dalle elaborazioni effettuate i coefficienti a ed n sono risultati essere i seguenti:
tr
a
n
10
30,835
0,2635
20
34,855
0,2616
100
43,952
0,2585
200
47,833
0,2575
500
52,925
0,2565
(anni)
Si riportano di seguito, quale verifica, i valori di a ed n ricavati dallo studio del bacino del Fiume Oglio,
effettuato dall’Autorità di Bacino del Fiume Po per la stazione di Breno, con differenze sostanzialmente limitate, e
quindi concorrenti all’ipotesi preliminare di utilizzare i dati della stazione di Breno per i calcoli in esame.
tr (anni)
a
n
10
-
-
20
35,07 0,298
100
43,39 0,293
200
47,38 0,288
500
-
-
Tempo di corrivazione
La dinamica della pioggia che cade al suolo e che va a formare il deflusso superficiale è molto complessa ed
è influenzata da diversi fattori.
Per ogni bacino viene solitamente considerato un intervallo di tempo caratteristico, definito tempo di
corrivazione (tc), che corrisponde teoricamente al tempo necessario a far confluire quella parte di precipitazione che
contribuisce alla piena, in particolare quella che scorre in superficie, dal punto idraulicamente più distante del
bacino alla sezione di chiusura.
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Il tempo di corrivazione è inoltre il tempo che, una volta eguagliato dalla durata della precipitazione,
determina il raggiungimento della portata massima di deflusso nella sezione di analisi.
Quindi se una pioggia ha una durata t<tc non tutto il bacino defluirà contemporaneamente alla sezione
considerata; cioè alla fine della pioggia la parte più lontana del bacino non avrà ancora fatto sentire il suo effetto nel
deflusso.
Ciò evidenzia l’importanza nella determinazione di tale parametro; in bibliografia e nella pratica, la formula
più attendibile ed utilizzata è quella proposta da Giandotti (1934):
tc =
4 ⋅ S + 1.5 L
0.8 ⋅ H m − H o
dove:
tc = tempo di corrivazione, in ore
S = superficie del bacino, in km2
L = lunghezza dell’asta principale del bacino, estesa sino allo spartiacque, in km
Hm = altezza media del bacino rispetto alla sezione di chiusura, in m
Ho = quota della sezione di chiusura, in m
Nella seguente tabella viene riportato il tempo di corrivazione (in ore) calcolato per la sezione esaminata,
dove sono inoltre riportate la superficie del bacino (S in km2), la lunghezza dell’asta principale sino alla sezione
considerata (L in km) ed il dislivello medio del bacino (∆H in m):
Sezione
S (km2)
L (km)
Hm (m slm)
Ho (m slm)
Unica
4,470
4,452
1.434,8
435,0
∆H =[Hm-Ho]
(m)
999,8
tc (ore)
0,60
Precipitazioni critiche per assegnati tempi di ritorno
Il calcolo delle precipitazioni critiche (hc) è stato effettuato utilizzando le curve di possibilità pluviometrica
(vedasi allegato n°2) ricavate dall’analisi delle precipitazioni e assegnando a t il valore del tempo di corrivazione tc:
hc = a ⋅ t cn
tale ipotesi rappresenta la situazione limite per cui tutto il bacino, sia pure per un solo istante, contribuisce al
deflusso con la pioggia di durata minima e perciò intensa. Questa risulta dunque la condizione critica agli effetti del
valore della portata.
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Nella seguente tabella vengono riassunti i valori di precipitazione critica (mm) ricavati presso la sezione in
esame:
Precipitazione critica (mm)
Sezione
tc (ore)
Tr 10
Tr 20
Tr 100
Tr 200
Tr 500
Unica
0,60
26,95
30,50
38,52
41,94
46,43
Valutazione delle portate di piena per assegnata frequenza probabile
Per il calcolo delle portate di piena probabili (Qx) di una certa frequenza, viene utilizzato un metodo analitico
detto metodo cinematico.
Esso propone come espressione di riferimento la seguente formula razionale:
Qx =
c ⋅ hc ⋅ S
3.6 ⋅ tc
dove:
c = coefficiente di deflusso, dipendente dalla natura dei terreni, dall’estensione e dal tipo di copertura
vegetale e dal grado di saturazione dei terreni al momento della precipitazione.
S = area del bacino, in Km2
tc = tempo di corrivazione, in ore
hc = precipitazione massima verificatasi nel tc, in mm
Il valore di c è stato ricavato applicando le tabelle proposte dalla F.A.O. (1976) ed è risultato pari a 0,22.
Nella seguente tabella vengono riportati i valori di portata di piena per assegnati tempi di ritorno (10, 20,
100, 200 e 500 anni):
Portate di piena (m3/s)
Sezione tc (ore) S (km2)
Unica
0,60
4,470
c
tr 10
tr 20
tr 100
tr 200
tr 500
0,32
17,85
20,19
25,51
27,77
30,70
Portate smaltibili
La portata smaltibile (Qsm) costituisce la massima quantità fluida che può fluire da una data sezione di
alveo in un certo periodo di tempo. Essa è individuata dalla formula:
Qsm = V ⋅ A
dove V è la velocità media dell’acqua (in m/s) nella sezione esaminata, ed A è l’area della sezione di flusso.
Per il calcolo della velocità si utilizza la nota formula di Chézy, valida per il moto uniforme nei canali, ma
estendibile anche a corsi d’acqua di questo tipo:
V = χ ⋅ R⋅i
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dove:
χ = coefficiente di Chézy, legato alla scabrezza del canale e dal raggio idraulico. Tra le varie espressioni di χ
6
utilizziamo quella proposta da Gauckler-Strickler: χ = k ⋅ R , con k coefficiente di scabrezza di Gauckler-
Strickler ([m1/3 s-1] da Chow, 1959);
R = raggio idraulico in m, definito come il rapporto tra l’area bagnata A della sezione ed il relativo contorno o
perimetro bagnato P;
i = gradiente idraulico (pendenza del pelo libero dell’acqua che nel caso del moto uniforme coincide con la
pendenza del fondo dell’alveo nel tratto precedente la sezione);
Nella seguente tabella viene riportata la Qsm per l’attraversamento in esame, nel caso particolare a sezione
trapezoidale, per varie altezze del pelo libero della corrente:
Contorno
Area
bagnato
deflusso
(cm)
(m2)
15,0
530,00
30,0
H deflusso
Raggio
Portata
Velocità
idraulico (m)
3
(m /s)
(m/s)
0,750
0,142
2,44
3,26
560,00
1,500
0,268
7,48
4,99
45,0
590,00
2,250
0,381
14,20
6,31
60,0
620,00
3,000
0,484
22,19
7,40
75,0
650,00
3,750
0,577
31,19
8,32
90,0
680,00
4,500
0,662
41,01
9,11
105,0
710,00
5,250
0,739
51,52
9,81
120,0
740,00
6,000
0,811
62,61
10,43
135,0
770,00
6,750
0,877
74,19
10,99
150,0
800,00
7,500
0,938
86,21
11,49
165,0
830,00
8,250
0,994
98,60
11,95
180,0
860,00
9,000
1,047
111,32
12,37
195,0
890,00
9,750
1,096
124,34
12,75
210,0
920,00
10,500
1,141
137,61
13,11
(cm)
225,0
950,00
11,250
1,184
151,11
13,43
240,0
980,00
12,000
1,224
164,82
13,73
255,0
1010,00
12,750
1,262
178,71
14,02
270,0
1040,00
13,500
1,298
192,77
14,28
285,0
1070,00
14,250
1,332
206,99
14,53
300,0
1100,00
15,000
1,364
221,35
14,76
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La portata di progetto, corrispondente per un tempo di ritorno tr di 100 anni, così come prescritto dalle
N.d.A. del P.A.I. Direttiva n° 4, Elaborato n° 7, art. 3.2 “Criteri di compatibilità idraulica per i ponti e i rilevati di
accesso in progetto”, approvata con deliberazione del Comitato istituzionale n° 2 del 11/05/1999, defluisce con i
seguenti valori:
H deflusso
Contorno bagnato
Area deflusso
Raggio idraulico
Portata
Velocità
(cm)
(cm)
(m )
(m)
3
(m /s)
(m/s)
65,72
631,43
3,286
0,520
25,51
7,76
2
Di seguito si riporta la sezione del ponte con l’altezza del pelo libero della corrente coincidente con la portata
di piena massima per un tempo di ritorno pari a 100 anni:
Sezione
350
300
250
200
150
100
50
0
0
100
200
Sez canale
300
400
500
600
Livello acqua
Dall’esame delle elaborazioni di cui sopra si evince che il franco minimo risultante dal deflusso della portata
di progetto per un tempo di ritorno di 100 anni (25,51 m3/s) risulta essere pari a circa 234 cm (300 cm – 65,72 cm).
Dall’analisi dello studio geologico del territorio a supporto del P.R.G.C. a firma del dr. geol. Feriti Gianpiero, si
osserva l’individuazione di due sezioni critiche relative al torrente Figna, individuate a valle dell’attraversamento di
Nadro, in corrispondenza di Via Donatori di Sangue (sez. 9) e della S.P. n° 42 (sez. 11), per le quali valgono le
considerazioni riportate negli allegati relativi alle classi di fattibilità.
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9 Studio idraulico del torrente Palobbia
Il bacino idrografico del torrente Palobbia (appartenente al reticolo idraulico principale num. progr. BS039,
iscr. EI. AAPP n° 86) presenta, al punto di chiusura in esame in località Case Rovet (N: 5093570–E: 1608355 / Lat.
N 45°59’11”–Long. W 02°03’12”), una superficie di 21,779 km2, con uno sviluppo lineare del limite del bacino pari a
22,757 km; l’altezza massima del bacino coincide con la Cima Dernal ad una quota di 2.823,8 m s.l.m. La quota
minima al punto di chiusura, ove è presente un piccolo attraversamento pedonale, è di 1.130 m s.l.m..
Il torrente Palobbia è alimentato principalmente dal torrente della Valle di Dois (ret. idraulico principale, num.
progr. BS040, iscr. EI. AAPP n° 81). Il corso d’acqua principale presenta, in località Case di Valpaghera, una erosione
spondale soprattutto in argine destro, in quanto l’arginatura sinistra è protetta da una serie di massi ciclopici a
protezione degli insediamenti abitativi presenti. La verifica idraulica è stata effettuata per analizzare il regime di
afflussi-deflussi relativo al bacino idrografico del torrente Palobbia al punto di chiusura in esame.
Tale indagine intende valutare, attraverso il calcolo della portate dello stesso corso idraulico, la probabilità
che si verifichi un certo evento di piena associato ad un determinato tempo di ritorno. I tempi di ritorno considerati
sono relativi a 20, 100, 200 e 500 anni, mentre la verifica della portata smaltibile è stata effettuata nella sezione ove
è presente l’attraversamento pedonale.
Dati morfometrici del bacino
Le caratteristiche morfometriche del bacino del torrente Palobbia sono riassunte nella seguente tabella:
Area bacino
21,779 km2
Quota max del bacino – H max
2.823,8 m s.l.m.
Quota media del bacino –
1.976,9 m s.l.m.
H med
Quota min del bacino – H min
Dislivello medio - ∆H
Lunghezza asta principale
Pendenza media asta
1.130,0 m s.l.m.
846,9 m
13,815 km
12,26 %
dove:
H med = (H max + H min )/2
∆H = H med -H min
Dati pluviometrici
Per i dati pluviometrici si è fatto riferimento alle precipitazioni registrate dal 1938 al 1971 nella stazione di
Breno (BS), riportate nella Relazione dell’Amministrazione Provinciale di Brescia (Comitato d’intesa BresciaBergamo) “Piano generale di bonifica montana dell’Alto Bacino del Fiume Oglio (Legge 991/52)”., non avendo a
disposizione i dati di stazioni più vicine all’area.
Il dato utilizzato è stato quello relativo alle massime precipitazioni rilevate per un giorno consecutivo, che
sono state elaborate con il metodo Visentini (1938) al fine di ottenere le massime precipitazioni orarie
rispettivamente per 1, 3, 6, 12 e 24 ore.
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Di seguito si riportano i dati pluviometrici della stazione di Breno, la più vicina all’area in esame, per la quale
si dispongono di dati per un periodo superiore a 30 anni.
La stazione di Breno è posta nella medesima località a 312 m s.l.m.. La stazione dispone di un pluviometro
registratore, oltre ad un termometro registratore.
Viene considerata, ai fini dello studio, la media mensile delle precipitazioni:
MEDIA MENSILE DELLE PRECIPITAZIONI
mese Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
mm 47 43 62 81 115 127 101 107 92 102 84 58
Il totale delle precipitazioni è pari a 1.019 mm, con un importo medio mensile di 84,9 mm. Il minimo assoluto
si è avuto nel 1921, con 449 mm, il massimo assoluto nel 1926, con 3.377 mm.
Breno - regime delle precipitazioni
140
120
100
med
mm
80
med/12
60
40
20
0
Analizzando il grafico del regime delle precipitazioni, si nota che i mesi di Mag, Giu, Lug, Ago, Set, Ott hanno
un totale di precipitazione superiore all’importo medio mensile di 84,9 mm.
La distribuzione stagionale delle precipitazioni, secondo il criterio cronologico dell’annata pluviometrica, è la
seguente:
S-O-N D-G-F semestre invernale
278
148
M-A-M G-L-A
258
426 (41,8%)
semestre estivo
335
593 (58,2%)
Si nota che il massimo delle precipitazioni cade nel trimestre estivo G-L-A con 335 mm.
Si riporta di seguito il numero medio mensile dei giorni perturbati:
NUMERO MEDIO MENSILE DEI GIORNI PERTURBATI
mese Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
giorni
4
5
6
9
12
11
9
8
8
7
8
6
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Confrontando il regime annuo dei giorni perturbati medi mensili, con il valore medio mensile, si osserva che i
mesi di Apr, Mag, Giu, Lug, Ago, Set e Nov hanno un valore maggiore di quello medio mensile, pari a 7,75.
Il regime annuo medio dei giorni perturbati presenta il massimo relativo a Maggio, in discordanza con il
regime pluviometrico. Il minimo dei giorni perturbati si ha a Gennaio.
Breno - distribuzione dei giorni perturbati
14
12
10
med
6
med/12
gg
8
4
2
0
Si calcola ora l’intensità media diurna (Imd) per mesi per anno, ottenuta dal rapporto tra la precipitazione
media mensile ed il numero dei giorni perturbati medi mensili:
INTENSITA’ MEDIA DIURNA
mese Gen Feb Mar Apr Mag Giu
Imd
11,8 8,6 10,3 9,0
Lug Ago
Set
Ott
Nov Dic
9,6 11,5 11,2 13,4 11,5 14,6 10,5 9,7
Si nota un massimo a Ottobre ed un minimo a Febbraio.
La tabella successiva mostra invece la frequenza percentuale dei giorni piovosi di ogni mese e dell’anno:
FREQUENZA PERCENTUALE DEI GIORNI PIOVOSI
Gen Feb Mar
Apr Mag Giu
Lug Ago
Set
Ott
Nov
Dic anno
12,9 17,9 19,4 30,0 38,7 36,7 29,0 25,8 26,7 22,6 26,7 19,4 23,3
Si nota un massimo assoluto a Maggio ed un minimo assoluto a Gennaio, in accordo con l’andamento annuo
delle precipitazioni.
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Dall’analisi dei dati raccolti ed elaborati per la stazione di Breno, si può ricavare per la stessa un regime di
tipo subequinoziale primaverile.
Stazione di Breno - precipitazioni massime orarie
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Elaborazione delle precipitazioni
Per ciascuna popolazione di dati pluviometrici, relativi ad un determinato tempo di pioggia (t), è possibile
ricavare il rispettivo valore dell’altezza dell’evento meteorico con un tempo di ritorno tr pari a quello prefissato.
Tali dati pluviometrici sono stati ulteriormente studiati con un sistema statistico-probabilistico, detto
Regolarizzazione di Gumbel (1941), che è risultato particolarmente valido per i piccoli bacini come quello in esame.
Tale metodo consente di ottenere valori di precipitazione massima di breve durata relativi ad un dato intervallo di
tempo (vedasi allegato n° 1 – Elaborazione statistica di Gumbel).
I dati ottenuti sono stati poi inseriti in un grafico bilogaritmico (vedasi allegato n° 2), dove sulle ascisse sono
riportati i tempi (in ore) e sulle ordinate le altezze di precipitazione massime di breve durata (in mm), al fine di
ottenere delle curve di probabilità pluviometrica o curve di possibilità climatica per il periodo 1938-1971 relative a
tempi di ritorno (tr) di 10, 20, 100, 200 e 500 anni per questa data zona.
Tali curve sono descritte dalla ben nota legge di regressione:
h = a ⋅tn
dove :
h = precipitazione massima relativa ad una certo tempo per un dato tr, in mm
t = durata della pioggia, in ore
a, n = valori caratteristici dei coefficienti di possibilità climatica per un dato luogo e per un dato tr, ricavati
dal grafico bilogaritmico.
Dalle elaborazioni effettuate i coefficienti a ed n sono risultati essere i seguenti:
tr
a
n
(anni)
10
30,835 0,2635
20
34,855 0,2616
100
43,952 0,2585
200
47,833 0,2575
500
52,925 0,2565
Si riportano di seguito, quale verifica, i valori di a ed n ricavati dallo studio del bacino del Fiume Oglio,
effettuato dall’Autorità di Bacino del Fiume Po per la stazione di Breno, con differenze sostanzialmente limitate, e
quindi concorrenti all’ipotesi preliminare di utilizzare i dati della stazione di Breno per i calcoli in esame.
tr (anni)
a
n
10
-
-
20
35,07
0,298
100
43,39
0,293
200
47,38
0,288
500
-
-
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Tempo di corrivazione
La dinamica della pioggia che cade al suolo e che va a formare il deflusso superficiale è molto complessa ed
è influenzata da diversi fattori.
Per ogni bacino viene solitamente considerato un intervallo di tempo caratteristico, definito tempo di
corrivazione (tc), che corrisponde teoricamente al tempo necessario a far confluire quella parte di precipitazione che
contribuisce alla piena, in particolare quella che scorre in superficie, dal punto idraulicamente più distante del
bacino alla sezione di chiusura.
Il tempo di corrivazione è inoltre il tempo che, una volta eguagliato dalla durata della precipitazione,
determina il raggiungimento della portata massima di deflusso nella sezione di analisi.
Quindi se una pioggia ha una durata t<tc non tutto il bacino defluirà contemporaneamente alla sezione
considerata; cioè alla fine della pioggia la parte più lontana del bacino non avrà ancora fatto sentire il suo effetto nel
deflusso.
Ciò evidenzia l’importanza nella determinazione di tale parametro; in bibliografia e nella pratica, la formula
più attendibile ed utilizzata è quella proposta da Giandotti (1934):
tc =
4 ⋅ S + 1.5 L
0.8 ⋅ H m − H o
dove:
tc = tempo di corrivazione, in ore
S = superficie del bacino, in km2
L = lunghezza dell’asta principale del bacino, estesa sino allo spartiacque, in km
Hm = altezza media del bacino rispetto alla sezione di chiusura, in m
Ho = quota della sezione di chiusura, in m
Nella seguente tabella viene riportato il tempo di corrivazione (in ore) calcolato per la sezione esaminata,
dove sono inoltre riportate la superficie del bacino (S in km2), la lunghezza dell’asta principale sino alla sezione
considerata (L in km) ed il dislivello medio del bacino (∆H in m):
Sezione
S (km2)
L (km)
Hm (m slm)
Ho (m slm)
Unica
21,779
13,815
1.976,9
1.130,0
∆H =[Hm-Ho]
(m)
846,9
tc (ore)
1,69
Precipitazioni critiche per assegnati tempi di ritorno
Il calcolo delle precipitazioni critiche (hc) è stato effettuato utilizzando le curve di possibilità pluviometrica
(vedasi allegato n°2) ricavate dall’analisi delle precipitazioni e assegnando a t il valore del tempo di corrivazione tc:
hc = a ⋅ t cn
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tale ipotesi rappresenta la situazione limite per cui tutto il bacino, sia pure per un solo istante, contribuisce al
deflusso con la pioggia di durata minima e perciò intensa. Questa risulta dunque la condizione critica agli effetti del
valore della portata.
Nella seguente tabella vengono riassunti i valori di precipitazione critica (mm) ricavati presso la sezione in
esame:
Precipitazione critica (mm)
Sezione
tc (ore)
Tr 10
Tr 20
Tr 100
Tr 200
Tr 500
Unica
1,69
35,41
39,98
50,34
54,75
60,55
Valutazione delle portate di piena per assegnata frequenza probabile
Per il calcolo delle portate di piena probabili (Qx) di una certa frequenza, viene utilizzato un metodo analitico
detto metodo cinematico.
Esso propone come espressione di riferimento la seguente formula razionale:
Qx =
c ⋅ hc ⋅ S
3.6 ⋅ tc
dove:
c = coefficiente di deflusso, dipendente dalla natura dei terreni, dall’estensione e dal tipo di copertura
vegetale e dal grado di saturazione dei terreni al momento della precipitazione.
S = area del bacino, in Km2
tc = tempo di corrivazione, in ore
hc = precipitazione massima verificatasi nel tc, in mm
Il valore di c è stato ricavato applicando le tabelle proposte dalla F.A.O. (1976) ed è risultato pari a 0,33.
Nella seguente tabella vengono riportati i valori di portata di piena per assegnati tempi di ritorno (10, 20,
100, 200 e 500 anni):
Portate di piena (m3/s)
Sezione tc (ore) S (km2)
Unica
1,68
22,289
c
tr 10
tr 20
tr 100
tr 200
tr 500
0,36
41,83
47,23
59,46
64,68
71,53
Portate smaltibili
La portata smaltibile (Qsm) costituisce la massima quantità fluida che può fluire da una data sezione di
alveo in un certo periodo di tempo. Essa è individuata dalla formula:
Qsm = V ⋅ A
dove V è la velocità media dell’acqua (in m/s) nella sezione esaminata, ed A è l’area della sezione di flusso.
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Per il calcolo della velocità si utilizza la nota formula di Chézy, valida per il moto uniforme nei canali, ma
estendibile anche a corsi d’acqua di questo tipo:
V = χ ⋅ R⋅i
dove:
χ = coefficiente di Chézy, legato alla scabrezza del canale e dal raggio idraulico. Tra le varie espressioni di χ
6
utilizziamo quella proposta da Gauckler-Strickler: χ = k ⋅ R , con k coefficiente di scabrezza di Gauckler-
Strickler ([m1/3 s-1] da Chow, 1959);
R = raggio idraulico in m, definito come il rapporto tra l’area bagnata A della sezione ed il relativo contorno o
perimetro bagnato P;
i = gradiente idraulico (pendenza del pelo libero dell’acqua che nel caso del moto uniforme coincide con la
pendenza del fondo dell’alveo nel tratto precedente la sezione);
Nella seguente tabella viene riportata la Qsm per la sezione in esame, che può essere riconducibile ad una
sezione trapezoidale, per varie altezze del pelo libero della corrente:
Contorno
Area
bagnato
deflusso
(cm)
(m2)
10,0
1025,01
20,0
H deflusso
Raggio
Portata
Velocità
idraulico (m)
(m3/s)
(m/s)
1,008
0,098
3,09
3,07
1050,01
2,030
0,193
9,79
4,82
30,0
1075,02
3,068
0,285
19,18
6,25
40,0
1100,02
4,120
0,375
30,87
7,49
50,0
1125,03
5,188
0,461
44,65
8,61
60,0
1150,04
6,270
0,545
60,35
9,63
70,0
1175,04
7,368
0,627
77,84
10,57
80,0
1200,05
8,480
0,707
97,03
11,44
90,0
1225,06
9,608
0,784
117,84
12,27
100,0
1250,06
10,751
0,860
140,21
13,04
110,0
1275,07
11,908
0,934
164,09
13,78
120,0
1300,07
13,081
1,006
189,43
14,48
(cm)
130,0
1325,08
14,268
1,077
216,19
15,15
140,0
1350,09
15,471
1,146
244,34
15,79
150,0
1375,09
16,689
1,214
273,85
16,41
160,0
1400,10
17,921
1,280
304,70
17,00
170,0
1425,10
19,169
1,345
336,87
17,57
180,0
1450,11
20,432
1,409
370,34
18,13
190,0
1475,12
21,709
1,472
405,10
18,66
200,0
1500,12
23,002
1,533
441,12
19,18
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accesso in progetto”, approvata con deliberazione del Comitato istituzionale n° 2 del 11/05/1999, defluisce con i
seguenti valori:
H deflusso
Contorno bagnato
Area deflusso
Raggio idraulico
Portata
Velocità
(cm)
(cm)
(m )
(m)
3
(m /s)
(m/s)
59,46
1148,69
6,212
0,541
59,46
9,57
2
Il Tecnico incaricato
dr. geologo Fausto Franzoni
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Bibliografia
- AA.VV. (1990): Guide Geologiche Regionali, Alpi e Prealpi Lombarde. Soc. Geol. It., Dip. Sc. Terra Univ. Milano, BEMA editrice, Milano
- Accordi B. (1950): Appunti geologici sul versante sinistro della media Valle Camonica. Rend. Acc. Naz. Lincei Serie
VIII Vol. VIII fasc. III, 1950.
- Amministrazione Provinciale di Brescia (Comitato d’intesa Brescia-Bergamo): Piano generale di bonifica montana
dell’Alto Bacino del Fiume Oglio (L. 991/52). RELAZIONE.
- Assereto R. Casati P. (1965): Revisione della stratigrafia permo-triassica della Val Camonica Meridionale
(Lombardia) « Riv. Ital. Pal. Strat. », vol. 71, n° 4, pp. 999-1097, Milano
- Bianchi A., Boni A., Callegari E., Casati P., Cassinis G., Comizzoli G., Dal Piaz GB., Desio A., Giuseppetti G., Martina E.,
Passeri L. D., Sassi F. P., Zanettin B., Zipoli G. (1971): Note illustrative della Carta Geologica d’Italia alla scala
1:100.000. Foglio 34 Breno. Roma.
- Boni A.: Carta geologica delle Alpi bresciane a Sud dell’Adamello. Atti dell’Istituto geologico dell’Università di Pavia
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Relazione Tecnica – RIM Comune di Ceto (BS)–Dicembre 2012 / aggiornamento Aprile 2013
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