L`omissione di soccorso tra reato e illecito amministrativo

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L`omissione di soccorso tra reato e illecito amministrativo
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PENALE
Delitti contro la persona
L’omissione di soccorso tra reato
e illecito amministrativo
L’assetto normativo e le principali peculiarità dell’“omissione di soccorso”
nel regime del Codice della strada: la fattispecie, il regime sanzionatorio,
i principali tratti distintivi rispetto al corrispondente reato previsto dal Codice penale
e la disciplina delle ipotesi connesse punite con sola sanzione amministrativa.
a cura di Nicola Fabio de Feo*
LA QUESTIONE
Qual è il quadro generale dell’attuale disciplina dell’omissione di soccorso? Come distinguere le ipotesi costituenti reato da quelle punite come illecito amministrativo? Quali, in particolare, le posizioni di obbligo e di vantaggio che la legge
collega al verificarsi di un sinistro stradale?
INTRODUZIONE
Sotto il comune denominatore di “omissione di soccorso” si sogliono comunemente e impropriamente far rientrare diverse ipotesi, sia punite a titolo di reato, sia costituenti mero illecito amministrativo. La distinzione appare spesso non agevole, pur essendo assai rilevante, soprattutto dopo gli ultimi interventi di inasprimento del regime sanzionatorio delle fattispecie previste dal D.Lgs. n. 285/2002.
La legislazione (forse soprattutto, quella penale) italiana appare informata anche da un generale principio solidaristico, o di mutua assistenza: sicché non di rado ci si trova di fronte alla
creazione di obblighi giuridici non solo di desistenza, ma addirittura di intervento attivo in
presenza di situazioni che vedano un soggetto in posizione di “svantaggio”. Naturalmente tale posizione “di garanzia attiva”, per così dire, diviene tanto più vincolante e intensa quanto
più grave sia lo stato di bisogno del soggetto “beneficiario” della condotta richiesta e – in parallelo – quanto più direttamente “coinvolto” sia l’obbligato (cioè il soggetto tenuto al comportamento richiesto) nella causazione del fatto generatore della posizione di deficit.
Uno dei campi elettivi di operatività di questi principi, con i relativi corollari di supporto, è
naturalmente quello della tutela della salute/sanità (fisica e mentale) delle persone fisiche; e
* Avvocato del Foro di Bari.
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– in consonanza logica – è altrettanto ovvio che le aree nelle quali si intervenga più incisivamente siano quelle nelle quali più di frequente possano verificarsi fatti lesivi dei beni giuridici tutelati su descritti.
Orbene, gli incidenti stradali costituiscono sicuramente una delle cause più frequenti e trasversalmente1 diffuse di “lesione” o “messa in pericolo” perlomeno del bene giuridico “salute fisica”:
ed è dunque ovvio e corretto che il legislatore – soprattutto quello della “branca speciale” del diritto della circolazione stradale – abbia minuziosamente regolamentato il comportamento da tenersi non soltanto prima dell’evento (allo scopo di evitarlo: l’intero Codice della strada è ovviamente informato a questo principio ispiratore) ma anche quando il fatto-sinistro si sia verificato.
L’art. 189 del Codice della strada è appunto dedicato interamente a tale evenienza: si tratta,
cioè, di norma che detta il comportamento da tenersi in caso di sinistro stradale; e cercheremo,
quindi, di delineare quelle che sono le condotte richieste dal legislatore nell’immediatezza, a seconda delle varie “evidenze” e “conseguenze” che dal sinistro paiano essere derivate.
LE NORME
Codice penale
Art. 593 – Omissione di soccorso
Codice di procedura penale
Art. 6 – Competenza del tribunale
Art. 33 ter – Attribuzioni del tribunale in composizione monocratica
Codice della strada
Art. 189 – Più violazioni di norme che prevedono sanzioni amministrative pecuniarie
Legge 24 novembre 1981, n. 689 – Modifiche del sistema penale (cosiddetta “legge quadro sulla depenalizzazione”).
D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 – Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma
dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468.
LA FATTISPECIE
Le condotte esigibili in caso di incidente stradale: definizioni
Come abbiamo avuto appena modo di segnalare, la norma in questione – e cioè l’art. 189 c.d.s. –
indica esaustivamente i comportamenti che vengono richiesti ai soggetti coinvolti in un incidente
1)
Nel senso di non essere limitate a determinate categorie di soggetti individuabili – e che dunque potrebbero essere destinatari di
particolari norme di protezione speciale, come, ad esempio, determinate comunità di lavoratori esposti a rischi specifici –, a meno
di non volerla identificare nell’“utente della strada”, categoria così vasta e variabile da essere già da un punto di vista logico, prima
che scientifico, poco utile ai fini dell’indagine che si sta effettuando.
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stradale; e vedremo a breve come essi si diversifichino non solo a seconda della gravità dell’evento e/o delle sue conseguenze – perlomeno per come apprezzabili prima facie o secondo ordinarie
regole di diligenza e prudenza –, ma anche in ragione del ruolo che il soggetto astrattamente “obbligato” (a tenere un dato comportamento) abbia svolto nella dinamica del sinistro.
Due premesse, tuttavia, ci paiono opportune.
In primo luogo, è necessario considerare che la nozione di “sinistro” utilizzata in questa
fattispecie è particolarmente ampia, ma non univoca, poiché acquista estensione diversa a
seconda delle ipotesi prese in esame: si parte perciò dalla mera collisione derivante anche
da semplice interferenza (che comporta l’assenza di un contatto fisico tra i mezzi interessati) per giungere sino all’evento nel quale taluni soggetti coinvolti abbiano riportato lesioni.
Peraltro, che il Codice voglia limitarsi al solo “incidente stradale” e non anche ad altri tipi di
eventi sinistrosi2 ci pare agevolmente ricavabile tanto dalla sedes materiae (appunto, il Codice della strada) quanto dalla circostanza che soggetto attivo della gran parte delle fattispecie sia “l’utente della strada” (comma 1). D’altronde, ci lascia sereni, anche da un punto
di vista squisitamente concreto, l’operatività – nelle altre ipotesi, e cioè in tutti i casi di incidenti “non stradali” – della norma generale prevista dal Codice penale, l’art. 593.
Inoltre, tutti i comportamenti penalmente sanzionati che la norma prescrive, e che – s’è detto – differiscono fondamentalmente a seconda della gravità del danno derivato dal sinistro,
hanno come base minimale la circostanza che il sinistro sia «comunque ricollegabile al comportamento» del soggetto in questione (art. 189, comma 1, c.d.s.): infatti, tutti i successivi
commi che prevedano una “pena”3 richiamano la locuzione appena indicata.
Così non è, invece, per le ipotesi di illecito amministrativo, alcune delle quali prescindono – secondo l’interpretazione letterale che ci pare più corretta – dal fatto che tra comportamento del
destinatario della prescrizione normativa ed evento-sinistro sussista un collegamento diretto: così, in particolare, il comma 2 dell’art. 189, come si avrà modo di osservare a brevissimo.
Regola generale
Stante quanto appena affermato, una brevissima scorsa al comma 1 dell’art. 189 si impone:
trattasi, infatti, di una sorta di “precetto informatore generale”, che descrive cioè il nucleo
contenutistico tipico del comportamento da tenere in caso di incidente.
L’utente della strada, infatti, qualora si trovi di fronte a un “incidente” che sia “comunque
ricollegabile al suo comportamento”, deve4 fermarsi e prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subìto un danno alla persona.
Dunque, l’obbligo primario è quello di fermarsi: cioè perlomeno di arrestare la marcia del
veicolo (non è perciò sufficiente il solo rallentare5) ed effettuare una sorta di “ricognizione”
dell’accaduto; a esito di tale primo “rilievo” – rispetto al quale l’“arresto” costituisce contemporaneamente un presupposto fattuale e un obbligo autonomo – il soggetto onerato sarà
2)
3)
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Si potrebbe pensare, a titolo esemplificativo, a un incidente industriale o ecologico.
In senso proprio: dunque una sanzione penale.
Rectius: «ha l’obbligo».
È un precetto per qualche verso analogo a quello dell’art. 145, comma 5, c.d.s.
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tenuto a comportamenti diversi a seconda delle conseguenze che abbia riscontrato, e che così si possono riassumere:
– assenza di qualsiasi danno a cose e persone;
– presenza di soli danni a cose;
– presenza di danni anche (o, in ipotesi, solo)6 a persone.
Sempre a proposito dell’estensione della portata del comma in esame, vale la pena di soffermarsi succintamente sul concetto di “riconducibilità del sinistro”, presupposto di operatività della fattispecie.
È nostra opinione che l’espressione in questione non implichi in alcun modo un giudizio di
“responsabilità”, cioè di attribuzione di una qualche percentuale di “colpa” nella causazione
dell’evento: e ciò sia per il diverso lemma utilizzato (appunto, “riconducibilità” in luogo di
“responsabilità”7), sia per il suo significato proprio, coerente con la ratio della disposizione:
infatti, il legislatore ha inteso ampliare al massimo la portata almeno della forma minimale
di intervento, quella concretizzata dall’obbligo di “arresto”.
Sicché è sufficiente – perché scatti l’obbligo di cui stiamo trattando – che il soggetto onerato abbia avuto almeno parte nel verificarsi “fisico” del sinistro, con ciò intendendosi un mero apporto concausale, anche minimale: e dunque, in concreto, si possono individuare come
figure “tipiche” fondamentalmente i conducenti dei veicoli (fermo restando che, in casi rari,
possono essere interessati anche soggetti diversi: si pensi a un pedone per evitare il quale un
veicolo sia finito fuori strada o abbia colpito un altro mezzo).
Come anticipato, una volta ottemperato all’obbligo di arresto, scattano poi – in rapporto alla situazione creatasi – eventuali ulteriori doveri di comportamento; fra i quali citiamo subito quello di fornire le proprie generalità e le altre informazioni utili a fini risarcitori alle persone danneggiate (per tali dovendosi intendere non solo coloro che abbiano subito danni fisici, ma anche danni materiali ai veicoli coinvolti): l’inosservanza di tale obbligo di collaborazione con i terzi è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 71 a 86 euro, oltre
alla decurtazione di due punti dalla patente di guida (art. 189, comma 9, c.d.s.).
Un’ultima annotazione: la norma impone l’obbligo appena menzionato soltanto ai conducenti, mentre nulla dice per quanto concerne gli altri coinvolti (che pure potrebbero svolgere l’importantissima funzione di testimoni).
Obbligo di collaborazione e custodia dei “coinvolti” nel sinistro
L’art. 189, comma 2, detta, inoltre, un’altra disposizione a carattere generale, che riguarda
non solo i soggetti il cui comportamento sia comunque ricollegabile al sinistro (comma 1),
ma anche tutti coloro che siano “coinvolti” nel sinistro: il che, a nostro modo di vedere, amplia considerevolmente il novero dei destinatari della norma, tra i quali sono da ricomprendere anche, ad esempio, i trasportati sui veicoli interessati dall’evento.
Tutti costoro sono tenuti, indistintamente – e a meno che non siano rimasti feriti nell’occorso – a
6) È ben concepibile, infatti, un sinistro nel quale, senza urto tra veicoli o tra veicoli e pedone, persone riportino comunque lesioni: si
pensi al caso di una brusca frenata senza impatto.
7) Termine che peraltro il Codice della strada ben conosce anche in tema di responsabilità penale: si pensi all’art. 223 a proposito
dell’applicabilità in sede cautelare della sanzione amministrativa accessoria a reato della sospensione della patente di guida.
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«porre in atto ogni misura idonea a salvaguardare la sicurezza della circolazione e, compatibilmente
con tale esigenza, adoperarsi affinché non venga modificato lo stato dei luoghi e disperse le tracce
utili per l’accertamento delle responsabilità»: si tratta dunque di un obbligo di collaborazione preventiva, per così dire, con le autorità competenti che – si presume – interverranno sul luogo del sinistro; e inoltre, ove vi siano solo danni a cose (presa d’atto che può ovviamente intervenire solo
dopo che ci si sia arrestati, in osservanza del comma 1 dell’art. 189 c.d.s.), tutti i soggetti che partecipino del fatto (precisamente «i conducenti e ogni altro utente della strada coinvolto») devono,
inoltre, «ove possibile, evitare intralcio alla circolazione, secondo le disposizioni dell’art. 161».
L’inosservanza di questi obblighi viene punita a titolo di illecito amministrativo, e precisamente con una sanzione pecuniaria da euro 71 a euro 286, e con la decurtazione di due punti dalla patente di guida.
L’omissione di arresto nel caso di sinistro con danno a sole cose
Si tratta dell’ipotesi regolamentata dal comma 5, e costituisce una specificazione (quasi una
“sub-fattispecie”) del comma 1 di cui s’è detto: infatti la norma in questione disciplina il comportamento richiesto ai soggetti il cui comportamento sia comunque ricollegabile al sinistro8
nel caso in cui da tale evento siano derivati solo danni a cose.
Costoro devono – s’è detto più volte – innanzitutto arrestarsi: ove non lo facciano sono assoggettati alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1000; ma v’è di più:
ove dal sinistro siano derivati danni a sole cose, sì, ma tali da determinare l’obbligo di sottoporre almeno uno dei veicoli coinvolti a revisione ex art. 80 c.d.s.9, a tale sanzione si associa anche la sanzione amministrativa accessoria a illecito amministrativo della sospensione della patente di guida da quindici giorni a due mesi, con evidente intento “repressivo” e
– a un tempo – “generalpreventivo” nel caso di sinistri ad alto coefficiente di “dannosità” (anche perché essi presentano, non di rado, particolare difficoltà nella ricostruzione della dinamica: donde anche la maggior intensità della fase repressiva).
L’omesso arresto in caso di sinistro con danno anche a persone
Il comma 6 dell’art. 189 sanziona il comportamento che – senza pretese dogmatiche – abbiamo ritenuto opportuno definire di “omesso arresto in caso di sinistro” con danno (anche) a persone, al fine di differenziarlo dall’ipotesi di vera e propria “omissione di soccorso stradale”.
Appare dunque evidente sin dalla formulazione della norma che tratto differenziale rispetto
alle altre fattispecie esaminate sinora risieda proprio nella circostanza che dall’evento (anche qui senza nessun’anticipazione di giudizio di responsabilità, bastando, al solito, la mera
riconducibilità causale) derivino anche (o solo10) danni a persone.
8)
9)
Come indica la locuzione «chiunque (…) nelle condizioni di cui al comma 1» che introduce la disposizione in esame.
Più precisamente dal comma 7 di detto articolo: «in caso di incidente stradale nel quale i veicoli a motore o rimorchi abbiano subito gravi danni in conseguenza dei quali possono sorgere dubbi sulle condizioni di sicurezza per la circolazione, gli organi di polizia
stradale di cui all’art. 12 commi 1 e 2, intervenuti per i rilievi, sono tenuti a darne notizia al competente ufficio della Direzione generale della M.C.T.C. per la adozione del provvedimento di revisione singola».
10) Come nel caso di investimento di pedoni senza danneggiamento del mezzo.
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Soggetto attivo, in virtù dell’usuale richiamo al comma 1 dello stesso art. 189, è l’“utente della
strada”; e contenuto dell’obbligo specifico permane quello di “arresto finalizzato” (essendo l’ulteriore obbligo di assistenza previsto dal comma successivo), consistente nel fermare la marcia
del veicolo per un tempo utile per accertarsi se la persona abbia o meno necessità di assistenza.
Si tratta di un reato (rectius: di un delitto), punito a solo titolo di dolo; la pena principale è
quella della reclusione da tre mesi a tre anni, e a essa si accompagnano obbligatoriamente:
– la sanzione amministrativa accessoria a reato della sospensione della patente di guida da
1 a 3 anni che viene irrogata dal giudice penale, ma che viene applicata in via “cautelare”
dal Prefetto con il procedimento di cui all’art. 223, comma 3;
– la decurtazione di punteggio di 10 punti (ex art. 126 bis e tabella allegata).
Competente è il tribunale in composizione monocratica.
L’omissione di soccorso stradale in senso stretto
La norma che invece prevede la fattispecie più correttamente e precisamente definibile come “omissione di soccorso” (sempre nella materia della circolazione stradale: si tratta dunque di norma speciale rispetto all’art. 593 c.p.) è il comma 6 dell’art. 189, che è posto a presidio di un duplice bene giuridico – il che spiega la sua importanza in tema di concorso di
reati e di applicazione del principio di specialità –, e cioè per un verso la sicurezza della circolazione stradale (sub specie di previsione di comportamenti che “diminuiscano” gli effetti di un evento “tipico”, purtroppo, del traffico stradale) e per l’altro l’incolumità fisica del
soggetto potenziale destinatario del comportamento doveroso.
Si tratta di un delitto doloso che la giurisprudenza fa rientrare tra i reati cosiddetti “di pericolo”, poiché non è necessario che il soggetto passivo (il ferito) subisca un danno dal comportamento del soggetto attivo, essendo sufficiente mera condotta omissiva.
Un’annotazione – che avevamo già proposto in altra sede – ci pare interessante: a seguito
della riformulazione della fattispecie avutasi con il D.Lgs. n. 360/1993, l’obbligo in questione incombe giusta combinato disposto dei commi 7 e 1 non sul solo “conducente” (il che
presuppone comunque un “veicolo”), ma sull’“utente della strada”.
Questi, tuttavia, deve comunque almeno essere coinvolto in un sinistro ricollegabile al suo
comportamento, secondo l’espressione contenuta nel comma 1 dell’art. 189 c.d.s.: sono
dunque esclusi coloro che – pur “utenti della strada” – siano “estranei” all’incidente, ad esempio, nel caso di un semplice passante (sempre che, ribadiamo, il suo comportamento sia del
tutto indifferente rispetto alla verificazione dell’evento: si pensi all’ipotesi in cui un veicolo
abbia sterzato per evitare un investimento); e comunque ciò non toglie l’eventuale applicabilità della fattispecie “ordinaria” di omissione di soccorso, quella prevista dall’art. 593 c.p.
L’obbligo in questione consiste nel “prestare assistenza” a chi sia anche solo “eventualmente ferito”; il concetto è sufficientemente ampio, ed evidentemente diversa è la prestazione
esigibile a seconda dei soggetti interessati: è ben chiaro, ad esempio, che a un medico si dovrà richiedere una cura “tecnica”, il che non è esigibile da un quivis de populo.
Riteniamo, tuttavia, che come canone generale minimale si possa utilizzare quello previsto
dalla norma “generale” ex art. 593 c.p., ossia l’avviso all’Autorità (cioè, in altre parole, il
chiamare un soccorso).
Circa, poi, il soggetto destinatario della prestazione, va rilevato che appare necessario perN° 9 - settembre 2006
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lomeno che l’onerato sia in grado di rendersi conto dell’esistenza di un ferito: sicché nessun
tipo di censura – sotto il profilo penale, poiché tale comportamento potrebbe invece concretizzare una delle fattispecie amministrativamente sanzionate di cui s’è detto prima – potrà muoversi, ad esempio, a chi si sia fermato e abbia chiesto ai coinvolti se necessitassero
di cure (e, a nostro modo di vedere, anche nel caso in cui taluno, pur ferito, abbia rifiutato
di farsi prestare assistenza, trattandosi di comportamento incoercibile)11.
D’altronde, anche se si tratta di una tendenza che si sta consolidando solo recentemente in materia, la giurisprudenza ritiene necessaria anche l’effettività del bisogno dell’investito, che viene
meno non soltanto nei casi estremi di morte o di assenza completa di lesione, ma anche ove l’intervento del soggetto coinvolto nell’incedere non sia più utile (ad esempio, qualora il soggetto passivo sia stato comunque già utilmente soccorso)12 o perché egli non abbia riportato una lesione
effettiva e pregiudizievole: in questo senso, da ultimo, Cass., Sez. IV, 8 marzo 2000, n. 95313.
Come detto, si tratta di delitto doloso, punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni; inoltre è irrogata la sospensione della patente di guida per un periodo da 1 anno e sei mesi
sino a cinque anni; inspiegabilmente, invece, non è applicata la decurtazione di punteggio, non
essendo la fattispecie in questione tra quelle ricomprese nell’elenco tassativo ex art. 126 bis c.d.s.
LA GIURISPRUDENZA
OMISSIONE DI SOCCORSO
Cassazione pen., Sez. IV, 10 novembre 2004, n. 7615
La condotta contemplata nel sesto comma dell’art. 189 del Codice stradale integra un reato omissivo di pericolo e consiste nella violazione da parte dell’agente dell’obbligo di fermarsi in presenza di un incidente, da lui percepito, che sia riconducibile al suo comportamento e che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone, peraltro non accertabile immediatamente nella sua sussistenza e consistenza (Cass., Sez. IV, 12 novembre 2002 n. 3982,
Mancini). Una diversa interpretazione che collegasse l’obbligo di fermarsi alla condotta da cui sia derivato un danno effettivo alle persone
emergente ictu oculi e nella immediatezza dell’incidente (o meglio contestualmente al verificarsi del medesimo) limiterebbe, invero, l’ambito di operatività della fattispecie ai soli casi di macroscopica e immediata evidenza di lesioni o di morte. (CED Cass., RV 230816)
Cassazione pen., Sez. IV, 10 gennaio 2003, n. 8103
(...) il reato contestato (violazione dell’art. 189 commi 6 e 7 c.d.s., n.d.a.) ha natura di delitto e quindi è punito a titolo di dolo, in
mancanza di previsione di ipotesi colposa: ne consegue che la sentenza che ritenga la responsabilità debba esser motivata anche
sotto l’aspetto dell’elemento psicologico, che è costituito da previsione e intenzione dell’evento. Non basta peraltro la mera volontà
della condotta, ma occorre che l’agente sia consapevole degli elementi della fattispecie che non debbono essere voluti, e in particolare dei presupposti del fatto: tale è infatti la necessità di soccorso, che non può considerarsi condizione obbiettiva di punibilità
(come ritenuto da Cassazione penale, Sez. IV, 31 ottobre 1997, n. 327, Martino), in quanto detta condizione per sua natura è successiva o al più concomitante alla condotta e giammai – per sua struttura – può essere antecedente. Nel caso del reato in questione occorre la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente avesse bisogno di soccorso, consapevolezza che può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che ordinariamente si configura in relazione all’elemento volitivo, ma che ben può
attenere all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in costanza dei
quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza. (Cass. pen., 2004, 1350, s.m.)
11)
Fatti salvi solo i casi-limite di incapacità di intendere e volere (conseguente o meno all’evento) o – diremmo all’opposto – qualora il soggetto obbligato disponga di tali cognizioni da poter intravedere eventuali conseguenze dannose già dai primi sviluppi: si pensi a un medico che sia in grado di diagnosticare una potenziale emorragia interna dai sintomi riferitigli da uno dei soggetti coinvolti
che pure abbia rifiutato i soccorsi, sempre ferma restando la concreta incoercibilità di massima della prestazione sanitaria.
12) Cass., Sez. IV, 9 maggio 2000, n. 5416, su CED Cass., RV 216465.
13) Su Cass. pen., 2001, 1902, relativa a soggetto che, investito, si era immediatamente rialzato e non si era fatto neppur identificare.
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PENALE
Cassazione pen., Sez. IV, 8 luglio 2002, n. 33300
Tra il reato di lesioni colpose a seguito di incidente stradale e quelli di omissione dell’obbligo di fermata e di soccorso alle
persone rimaste (art. 189, commi 6 e 7, c. strad.), non è possibile ritenere sussistente la continuazione, giacché la natura
colposa del primo dei detti reati esclude che possa essere ipotizzata l’unicità del disegno criminoso con gli altri. E neppure
è possibile ravvisare il concorso formale, dal momento che i due comportamenti sono stati posti in essere con condotte distinte, essendo le violazioni dell’art. 189 c. strad. evidentemente successive, sia pure di poco, all’incidente causato. (Riv.
pen., 2002, 982)
Per ulteriori approfondimenti dottrinali
– CADOPPI, «Il reato di omissione di soccorso», in Codice penale, Cedam, 1993 (pubblicazione dell’Università degli studi di Trento, collana del dipartimento di scienze giuridiche);
– DE FEO, Diritto penale della circolazione stradale, Maggioli, 2006;
– PICCIONI, I reati stradali, Il Sole 24 Ore, 2004;
– SILVESTRE, «Omissione di soccorso: pene più aspre e misure coercitive», in Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti, ACI, 11/2004, n. 4.
LE CONCLUSIONI
L’art. 189 del Codice della strada prevede una disciplina differenziata – sia quanto a condotte esigibili sia quanto addirittura a “tipo” o “rango” di illecito (penale o amministrativo) – con riguardo alla condotta da tenere in caso di incidente stradale.
Riassumendo:
– tutti i coinvolti nel sinistro devono «porre in atto ogni misura idonea a salvaguardare
la sicurezza della circolazione e, compatibilmente con tale esigenza, adoperarsi affinché non venga modificato lo stato dei luoghi e disperse le tracce utili per l’accertamento delle responsabilità»; ed inoltre devono «ove possibile, evitare intralcio alla circolazione, secondo le disposizioni dell’art. 161»;
– gli “utenti della strada” il cui comportamento sia comunque ricollegabile eziologicamente al sinistro devono:
1. comunque arrestarsi, cioè cessare la marcia; obbligo sanzionato amministrativamente in caso di sinistro con solo danni a cose (art. 189, comma 5), e penalmente
nel caso di danno a persone (art. 189, comma 6);
2. ove constatino l’esistenza di solo danno a cose, qualora siano anche conducenti dei
veicoli coinvolti, fornire le proprie generalità nonché ogni altra informazione utile
anche a fini risarcitori (ad esempio, estremi della polizza assicurativa) ai danneggiati, sia se presenti sia se assenti (in tal caso, comunicandole): obbligo sanzionato amministrativamente: art. 189, commi 4-9;
3. ove invece dal sinistro siano derivati danni a persone, anche prestare assistenza, obbligo sanzionato penalmente (omissione di soccorso in senso proprio: art. 189, comma 7).
Permane intatta l’eventualità di applicare – ove ne ricorrano gli elementi costitutivi – la
fattispecie generale dell’art. 593 c.p.
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