gennaio 2017 - Scienze e Ricerche

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gennaio 2017 - Scienze e Ricerche
ISSN 2283-5873
Scienze e Ricerche
SR
N. 44, GENNAIO 2017
44.
RIVISTA MENSILE · ISSN 2283-5873
GLI ANNALI 2016
[email protected]
44. Sommario
5
21
EMILIO MATRICCIANI, LIBERATO DE CARO
Finzione letteraria o antiche osservazioni astronomiche e meteorologiche
nell’opera di Maria Valtorta?
JACQUES COURSIL
Semiotica dell’ascolto
pag.
5
pag.
21
pag.
29
pag.
39
pag.
51
pag.
57
VINCENZO CROSIO
39
Il simbolismo religioso come sistema di epistemologia semantica
(note di espistemologia semantica 3)
BRUNO CARBONARO, FEDERICA VITALE
Livelli di matematizzazione e stadi di sviluppo delle teorie scientifiche
BRIGIDA LUCIA COPPEDO, STEFANIA SANTAMARIA
“Dalla famiglia alle famiglie”. Dibattiti intorno al riconoscimento
internazionale e nazionale delle unioni omosessuali
51
n. 44 (gennaio 2017)
SALVATORE NESCI, VITTORIA VENTRELLA, FABIANA TROMBETTI,
MAURIZIO PIRINI, ALESSANDRA PAGLIARANI
Mini-review. Nitrite as novel pore-shutter from the preferential
inhibition of the mitochondrial ATP-ase when acvivated by Ca2+
3
N. 44, GENNAIO 2017
ISSN 2283-5873
Scienze e Ricerche
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n. 44, gennaio 2017
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4
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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE
Finzione letteraria o antiche
osservazioni astronomiche e
meteorologiche nell’opera
di Maria Valtorta?
EMILIO MATRICCIANI1 E LIBERATO DE CARO2
1 Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB), Politecnico di Milano
2 Istituto di Cristallografia, Consiglio Nazionale delle Ricerche (IC-CNR), Bari
L’Evangelo come mi è stato rivelato è l’opera letteraria
principale di Maria Valtorta (1897-1961), scritta mentre si
trovava allettata per gravi problemi di salute negli anni a
cavallo tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e il primo
periodo post-bellico. L’Autrice riporta in questa voluminosa
opera descrizioni particolareggiate di usi, costumi, paesaggi
della Palestina del tempo in cui visse Gesù di Nazareth, una
mole d’informazioni di ogni sorta: storiche, archeologiche,
astronomiche, geografiche, meteorologiche. La ricchezza di
elementi narrativi ha permesso di eseguire numerosi studi
sui suoi scritti poiché l’Autrice afferma che non si tratta
di fantasia, ma che ha annotato tutto ciò che osservava “in
visione”. Quanto affermato da Maria Valtorta non dovrebbe
essere possibile in termini esclusivamente razionali poiché
in base alle nostre conoscenze scientifiche non è possibile
avere “visioni” di avvenimenti passati che, nel caso specifico in questione, sarebbero risalenti a duemila anni fa,
quando Gesù di Nazareth percorreva le vie della Palestina.
Ma dall’analisi dettagliata delle informazioni calendariali
esplicite ed implicite, quali riferimenti alle fasi lunari, costellazioni, pianeti visibili nel cielo notturno mentre si svolgono le vicende narrate, verificabili con il sussidio dell’Astronomia, si constata che ogni avvenimento descritto sottende un ben preciso riferimento cronologico - giorno, mese
e anno - senza che esso sia stato riportato esplicitamente
dall’Autrice. Ad esempio, da queste analisi si deduce che la
crocifissione di Gesù sarebbe avvenuta il venerdì 23 aprile
34, che coincide con una delle possibili date della sua morte
deducibili astronomicamente. Maria Valtorta ha annotato
anche i giorni di pioggia e ciò ha permesso una verifica statistica con i dati meteorologici odierni della Palestina, sotto
la duplice ipotesi che si tratti di osservazioni meteorologiche casuali e che non ci siano stati significativi cambiamenti
nel regime delle piogge nella regione. Il confronto statistico
tra i giorni piovosi descritti nell’opera, annuali e persino
mensili, e quelli forniti dal Servizio Meteorologico Israeliano mostra che essi sono sovrapponibili. I risultati ottenuti
sono sorprendenti e inaspettati e non trovano un’immediata
spiegazione dal punto di vista scientifico.
1. Un’opera letteraria inaudita
L
’Evangelo come mi è stato rivelato è l’opera
letteraria principale di Maria Valtorta (18971961). Scritta su comuni quaderni, di getto,
mentre si trovava allettata per gravi problemi di salute, negli anni a cavallo tra la fine
della Seconda Guerra Mondiale e il primo periodo post-bellico, l’opera, che indicheremo con EMV, consiste in una dettagliatissima vita di Gesù di Nazareth. Per dare un’idea della
sua estensione si consideri che il romanzo più lungo scritto
sinora, Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, consta di 9.609.000 caratteri1, mentre L’EMV, pubblicato dal
Centro Editoriale Valtortiano (CEV) in dieci volumi, consta
di circa 10.800.000 caratteri.
L’Autrice mentre descrive le vicende dei tanti personaggi
che animano le vicende della sua vita narrate nei Vangeli,
annota paesaggi, costumi, usanze, personaggi dell’epoca,
strade, città, fiumi, laghi, colline, vallate, vegetazione, coltivazioni, clima, il cielo con i suoi astri. La ricchezza di elementi narrativi presenti nell’opera ha permesso di eseguire
su di essa numerosi studi poiché l’Autrice afferma che non
si tratta del frutto della sua fantasia, ma che ha annotato tutto
ciò che osservava poiché era come se fosse presente nella
Palestina di duemila anni fa, là dove si svolgevano le vicende
narrate nei Vangeli.
Nei suoi scritti, ad esempio, sono presenti tanti elementi narrativi che veicolano informazioni cronologiche come,
giorni di riposo cultuale, riferimenti alle principali festività
giudaiche, giorni di mercato, stagioni dell’anno, mesi riferiti sia al calendario luni-solare ebraico sia a quello giuliano
1 Guinness World Records: http://www.guinnessworldrecords.com/
world-records/longest-novel (sito web visitato il 12 dicembre 2016).
5
SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
in vigore duemila
Abstract
a stabilire una data
anni fa nell’Impero
abbastanza preciThe Gospel As Revealed to Me (L’Evangelo come mi è stato rivelato) is
Romano. Nessuna
sa attraverso un
the main literary work by Maria Valtorta (1897-1961), written while she
data, però, è riporcomplesso calcolo
tata esplicitamente
was bedridden for serious health problems in the years between the end
matematico e ciò
rispetto al calenof World War II and the first years after the war. In her voluminous work
esclude che l’Audario giuliano, se
trice fosse consapeshe reports detailed descriptions of uses, customs, landscape of Palestine
si eccettua un solo
vole del dato cronoat the time of Jesus of Nazareth, a large quantity of information of every
caso (cfr. EMV
logico sotteso. Sapkind: historical, archaeological, astronomical, geographical, meteorological. The richness of narrative elements has allowed pursuing many stud461.162) sebbene,
piamo, per certo,
anche in questo,
ies on her literary work because she states that it is not due to her imagiche Maria Valtorta
non sia indicato
nation, but that she has written down everything she watched “in vision”.
non aveva compel’anno. Troviamo,
This should not be possible based only on logical reasoning because, as
tenze astronomiche
inoltre, tanti rifefar as we know, it is not possible to have visions on past events which, in
e che non era mai
rimenti all’aspetto
this case, would refer to 2000 years ago when Jesus walked the roads of
stata in Palestina.
della Luna nel ciePalestine. However, by a detailed analysis of explicit and implicit calenPer giunta, durante
lo notturno (fasi
dar information, such as reference to lunar phases, constellations, planets
la Seconda Guerra
lunari), a pianeti,
visible in the night sky while she tells what is happening, verifiable with
Mondiale non esicostellazioni, alle
the Astronomy, it is ascertained that every event described implies a prestevano programmi
cise chronological reference – day, month, year – without being explicitly
condizioni meteoautomatici di calrologiche, tutti elereported. For example, from this analysis it is inferred that the crucifixcolo astronomico.
menti narrativi acion should have occurred on Friday 23rd of April in the year 34, which
Né, tanto meno, per
coincides with one of the dates of crucifixion deducible with the help of
curati e dettagliati
la scienza sarebbe
Astronomy. Maria Valtorta has recorded also the days with rain and this
che arricchiscono
possibile recupeallows a statistical test with the current meteorological data of Palestine,
gli
avvenimenti
rare informazioni
under the hypothesis of random observations and no important changes
della vita di Gesù
cronologiche dettaregarding rainfall daily frequency in Palestine. The annual or monthly avdescritti, tanto da
gliate appartenenti
erage frequencies of rainy days deduced from the data available from the
sembrare di avere
a un passato remoIsrael Meteorological Service and the similar frequencies deduced from
a disposizione dati
to. Pertanto, semthe analysis of the Maria Valtorta’s work agree very well. These results
reali, come se fosbrerebbe del tutto
are surprising and unexpected, and no scientific explanation seems to be
sero stati annotati
ovvio
aspettarsi
immediate.
da un attento osche l’incrocio di
servatore presente
tante informazioni
sulla scena. Il detcalendariali e astrotaglio dei riferimenti astronomici e meteorologici presenti nomiche presenti nella lunghissima narrazione della vita di
nell’opera valtortiana è tale da renderli sottoponibili alla ve- Gesù effettuata da Maria Valtorta dovrebbe portare a tante
rifica di un’indagine scientifica.
contraddizioni cronologiche. Dagli anni ‘90 è stata proprio la
Infatti, in linea di principio, due sono le ipotesi possibili verifica di questo aspetto della questione ad essere al centro
sull’opera di Maria Valtorta. La prima, la più ovvia, è che sia degli studi scientifici sull’opera valtortiana3,4,5,6 e lo è anche
i dati calendariali sia quelli sottoponibili a un’analisi astro- per il presente articolo. La dettagliata analisi degli scritti
nomica siano il frutto della sua fantasia. In tal caso, ogni loro valtortiani condotta negli ultimi anni ha dimostrato, sorprenanalisi porterebbe all’impossibilità di ricostruire un quadro dentemente, che ogni avvenimento narrato sottende una ben
cronologico coerente. La seconda è che si tratti di dati che precisa data. In questo studio, inoltre, l’opera valtortiana sarà
sottendono una ben determinata cronologia e, pertanto, at- analizzata per la prima volta anche per quanto concerne il
traverso la loro analisi, sarebbe possibile associare a ogni vaglio di un’altra scienza: la meteorologia. Partiremo con il
avvenimento narrato date precise riferite al calendario giu- fornire un breve esempio inedito degli studi sull’opera valliano. Quest’ultimo risultato, a sua volta, implicherebbe la tortiana basati sull’analisi astronomica e cronologica dei dati
necessità di dover dare una risposta a quale possa essere stata
l’origine di tale informazione cronologica poiché non si può 3 Jean Aulagnier, Avec Jésus au jour le jour, Éditions Résiac, Montûrs
certo ricondurre alle conoscenze, alle competenze e alla con- (1994).
4 Lonnie L. Van Zandt (1994), https://engineering.purdue.edu/~zak/
sapevolezza dell’Autrice. Un dato astronomico, infatti, porta
2 «Maestro, Giovanni è morto il sesto giorno avanti le none di giugno
secondo i romani, quasi alla neomenia di tamuz secondo gli ebrei». Nella
citazione dei passi dell’EMV il primo numero indica il capitolo, il secondo
la suddivisione del capitolo, entrambi stabiliti dal curatore dell’opera.
6
Van_Zandt.pdf (sito web visitato l’1 settembre 2016).
5 Jean-François Lavère, L’énigme Valtorta, Une une vie de Jésus romancée, Tome I (2012) et II (2014), Les Editions Rassemblement A Son
Image.
6 Liberato De Caro, I cieli raccontano. Indagine sulla vita di Gesù nell’opera di Maria Valtorta attraverso l’Astronomia, Vol. I (2014) e II (2015),
Centro Editoriale Valtortiano, Isola del Liri (Fr).
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE
in essa presenti, rimandando il lettore alla bibliografia citata
per eventuali approfondimenti. Sottoporremo, poi, l’EMV
all’analisi meteorologica.
2. Dalle osservazioni astronomiche contenute nell’EMV la
data della crocifissione di Gesù: Newton aveva ragione?
Il calendario ebraico è luni-solare e anche dopo migliaia
di anni può essere ricostruito grazie al sussidio dell’Astronomia, data la periodicità del moto della Luna intorno alla
Terra e di questa intorno al Sole. Isaac Newton è stato il primo che ha ricostruito con il metodo moderno, con calcoli
astronomici, la data della crocifissione di Gesù, da lui posta
al venerdì 23 aprile dell’anno 34 (il 14 del mese di Nisan,
vigilia di pasqua del calendario luni-solare ebraico), in un
lavoro pubblicato postumo nel 17337. Gli studi più recenti
confermano la possibile storicità di questa data8 e, sorprendentemente, anche i dati contenuti nell’EMV, sottoponibili a
un’indagine astronomico-calendariale, portano a questa datazione della crocifissione.9
Infatti, dall’analisi dettagliata delle informazioni calendariali esplicite – ad esempio, riferimenti ai giorni di riposo
cultuale (sabato), secondo la tradizione ebraica – ed implicite – riferimenti alle fasi lunari, costellazioni, pianeti visibili
nel cielo notturno mentre si svolgono le vicende narrate –,
contenute nell’EMV, è emerso, inaspettatamente, un quadro
cronologico coerente. Ad ogni avvenimento narrato è possibile associare una precisa data, determinata dall’incrocio di
tanti elementi narrativi veicolanti stretti vincoli cronologici.
Questo risultato implica che le informazioni astronomiche
e calendariali riportate nell’EMV non possono essere frutto
della fantasia dell’Autrice. È al di fuori degli scopi del presente articolo rispondere alla questione di come sia possibile
questo e verificare nei dettagli come si ricostruisca il quadro
cronologico suddetto. Per questo ultimo aspetto si rimanda
alla bibliografia precedentemente citata.10 Per dare un’idea
di quanto vincolanti siano le informazioni calendariali riportate da Maria Valtorta, sebbene in tutti i suoi scritti non sia
mai precisata alcuna data in termini di giorno, mese e anno,
in quest’articolo dimostreremo attraverso un’analisi inedita
come sia possibile determinare univocamente la datazione della crocifissione di Gesù dalle informazioni riportate
nell’EMV.
Nella narrazione valtortiana della vita di Gesù si afferma
esplicitamente che l’anno prima della sua morte, il 14 di
7 I. Newton, Of the Times of the Birth and Passion of Christ, «Observations upon the Prophecies of Daniel and the Apocalypse of St. John»,
London 1733; Un estratto dell’articolo originale di Newton riguardante
proprio la datazione della crocifissione si trova in J. P. Pratt, Newton’s
Date for the Crucifixion, «Quarterly Journal of the Royal Astronomical
Society» 32 (1991) 301–304. La conclusione di Newton è questa: «Thus
all the characters of the Passion agree to the year 34; and that is the only
year to which they all agree».
8 F. La Greca e L. De Caro, Nuovi studi sulla datazione della crocifissione nell’anno 34 e della nascita di Gesù il 25 dicembre dell’1 a.C.,
“Annales Theologici”, in corso di pubblicazione (2017).
9 L. De Caro, ibid.
10 L. De Caro, ibid.
Nisan del calendario luni-solare ebraico, vigilia di pasqua,
è stato un venerdì, perché riferendosi a essa si parla di parasceve (ossia di vigilia) (cfr. EMV 372-375), e si afferma
che la pasqua è caduta in giorno di sabato (cfr. EMV 378.3).
Anche la vigilia (14 di Nisan) di pasqua della crocifissione è
posta dall’Autrice a un venerdì, in accordo con la cronologia
degli avvenimenti della morte di Gesù descritta nel Vangelo
secondo Giovanni. Infine, la penultima pasqua pubblica di
Gesù è posta in aprile, senza indicare il giorno della settimana (cfr. EMV 195.3). Come verificheremo, questi semplici
dati sono estremamente vincolanti nel fissare le possibili date
del calendario giuliano associabili a tali festività ebraiche.
Per comprendere questo punto è necessario considerare
che il calendario ebraico è luni-solare, con 12 mesi lunari per
una durata dell’anno di 354 giorni, circa 11 giorni in meno
rispetto all’anno solare. Per questo motivo gli anni del calendario ebraico sono costituiti da 12 o da 13 mesi lunari, questi ultimi detti anni embolismali. Infatti, all’incirca ogni tre
anni è necessario aggiungere un mese lunare per riallineare
il calendario con le stagioni, dando luogo agli anni embolismali. Il calendario ebraico moderno ha già prefissato gli
anni costituiti da 13 mesi, ma nel I secolo non era così, e gli
anni con 13 mesi erano ufficialmente proclamati dal Sinedrio soltanto quando necessario. L’equinozio di primavera,
che segna astronomicamente la fine dell’inverno, di solito
era una condizione sufficiente per garantire una crescita adeguata degli agnelli da immolare per la Pasqua e la presenza
delle prime spighe di grano mature da offrire durante la liturgia degli Azzimi del 16 di Nisan, data la bassa latitudine
della regione e il conseguente clima mite. Quando ciò non
succedeva, a causa di un inverno troppo rigido, anche se era
già passata la data dell’equinozio di primavera, nell’anno che
terminava era inserito un tredicesimo mese, per far slittare di
circa trenta giorni l’inizio di quello nuovo.11 Non sappiamo
quali siano stati gli anni embolismali del I secolo poiché non
ci sono pervenuti documenti storici al riguardo, ma l’Astronomia permette di determinare quali potrebbero essere stati
gli anni embolismali di quel periodo storico.
L’inizio dei mesi lunari nella versione moderna del calendario luni-solare, che astronomicamente hanno una durata
di circa 29,5 giorni, è oggi predeterminato secondo regole
ben definite. Duemila anni fa, invece, essi iniziavano dopo
l’osservazione diretta della prima luna crescente al tramonto
del sole, dopo la congiunzione della Luna con il Sole (luna
nuova). Osservando a occhio nudo il cielo non sempre è possibile, però, verificare che si sia nella fase di luna crescente
già nel primo giorno dopo la congiunzione e, di conseguenza, alcuni mesi erano di 29 giorni, altri di 30, mai di 31 o di
28, per convenzione. Dal punto di vista pratico l’esperienza
mostra che in un’osservazione del cielo a occhio nudo, se la
frazione del disco lunare illuminato dal sole, visto dalla Terra, è inferiore al 2%, diventa molto difficile vedere la Luna
nel crepuscolo del tramonto, causando spesso un conseguente slittamento di 1 giorno dell’inizio del mese lunare. Anche
11 F. La Greca e L. De Caro, ibid.
7
SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
condizioni atmosferiche sfavorevoli potevano ritardare l’inizio dei mesi lunari di 1 giorno, visto che la sottile “virgola”
di luna crescente era visibile nel cielo solo per circa un’ora
dopo il tramonto del sole.
Con un software di calcolo astronomico12 è oggi possibile
determinare con sufficiente accuratezza l’ora del sorgere e
tramontare della Luna, la percentuale del suo disco illuminato dal Sole, così come era visibile da Gerusalemme duemila anni fa. In tal modo è possibile avanzare delle ipotesi
attendibili su quando i mesi lunari, verosimilmente, abbiano
avuto inizio rispetto al calendario giuliano e determinare, ad
esempio, le date delle principali feste di pellegrinaggio ebraiche, come la Pasqua e i Tabernacoli, rispetto al calendario
giuliano in uso nel I secolo d.C. in gran parte dell’Impero
Romano. L’inizio di tali festività cadeva al tramonto del sole
del 14 del mese lunare, quando iniziava il giorno 15, entro un
giorno circa dall’effettivo plenilunio.
Fatte queste premesse generali si noti che il verificarsi due
volte di seguito che la vigilia della pasqua ebraica cada nello stesso giorno della settimana, come emerge dagli scritti
valtortiani, rappresenta un forte vincolo calendariale. Infatti,
poiché un mese lunare è di circa 29,5 giorni, 12 mesi lunari
sono pari a circa 354 giorni, a meno di qualche ora di scarto.
Ma 354 non è multiplo intero di 7; dà resto 4. Conseguentemente da questa semplice considerazione si deduce che dopo
1 anno di 12 mesi lunari non è possibile che la pasqua ebraica
cada nello stesso giorno della settimana di quella dell’anno
precedente, avendosi un resto di 4 giorni, oltre un numero
intero di settimane. Tredici mesi lunari, invece, sono pari a
384 giorni, a meno di qualche ora di scarto. Anche 384 non
è divisibile per 7 poiché dà resto 1. Lo scarto, però, è pari
soltanto a 1 giorno. Pertanto, nell’ipotesi di un ritardo di 1
giorno nell’inizio del mese lunare di Nisan, cosa possibile
per la flessibilità con cui nel I secolo erano proclamati gli
inizi dei mesi lunari, come precedentemente ricordato, nel
caso di anno embolismale è possibile che la pasqua cada nello stesso giorno della settimana in cui era caduta l’anno precedente. Un semplice calcolo matematico, quindi, dimostra
che solo se le due precedenti condizioni sono entrambe verificate (anno embolismale e ritardo di un giorno del mese di
Nisan), è possibile avere due pasque consecutive dell’antico
calendario luni-solare ebraico che cadono nello stesso giorno
della settimana.
Una rapida occhiata alle possibili datazioni della pasqua,
considerate più probabili dagli storici, negli anni in cui Ponzio Pilato si trovava in Palestina (26-36 d.C.), permette di
verificare che soltanto negli anni 33 e 34 il 14 del mese di
Nisan (vigilia di pasqua) sia potuto cadere due volte di seguito in un venerdì del mese di aprile, secondo quando indicato da Maria Valtorta, nelle ipotesi di anno embolismale e
di ritardo di 1 giorno nello stabilire l’inizio del mese di Nisan
per l’anno 34. Non ci sono altre possibilità, come si deduce
12 Nei nostri studi abbiamo usato Skychart, sviluppato da Patrick Chevalley, sito web http://www.ap-i.net/skychart/
8
dai più importanti studi di Astronomia sull’argomento.13 I
risultati dell’analisi astronomica sono riassunti nella Tabella
1 nella quale sono riportati in grigio i giorni che cadono di
sabato e, graficamente, le fasi lunari. Dalla Tabella 1 emerge
chiaramente che soltanto negli anni 33 e 34 si sarebbero potute avere due pasque ebraiche cadute di sabato, evidenziate
da due caselle grigie nella stessa riga, entrambe nel mese di
aprile, nell’ipotesi che il 34 sia stato embolismale e che il
mese di Nisan sia iniziato con 1 giorno di ritardo. Sotto tale
ipotesi anche 3 anni prima, il 31, sarebbe stato embolismale.
Il giorno della vigilia di pasqua, quindi, negli anni 33 e 34
è stato un venerdì, il 3 aprile per il 33, il 23 aprile per il 34.
È possibile verificare che non esistono altre possibilità e che
pur forzando tutte le pasque a cadere in aprile anche per gli
anni 26-28, non si succedono mai due vigilie pasquali di venerdì, così come sarebbe potuto accadere negli anni 33 e 34.
Si consideri che, in base a quanto appena discusso, non
era affatto scontato che esistesse una soluzione che soddisfacesse tutti i vincoli imposti al problema dai dati calendariali
contenuti nell’EMV. Anzi, tutto l’opposto, poiché ci sono
tanti altri elementi narrativi negli scritti di Maria Valtorta
che contengono vincoli calendariali e astronomici, che non
discutiamo per brevità, che concordano con tale ricostruzione cronologica. Ritenere che il tutto possa essere frutto del
caso è fuori discussione. Per un approfondimento in merito
rimandiamo agli studi citati.14
Il risultato sintetizzato in Tabella 1 è emblematico per riassumere quanto sistematicamente emerge dall’analisi astronomico-calendariale dell’EMV: l’unicità della ricostruzione
cronologica associabile agli avvenimenti narrati. In questo
articolo, per motivi di brevità, abbiamo soffermato la nostra
attenzione soltanto sulla datazione della crocifissione, mostrando che questa data debba essere necessariamente quella
del venerdì 23 aprile dell’anno 34. Ma ogni altra data associabile agli avvenimenti narrati e, in ultima analisi, ai tanti
avvenimenti della vita di Gesù narrati nei Vangeli canonici,
dall’analisi astronomica e calendariale dell’EMV trova un’univoca determinazione. Si noti, inoltre, che la datazione della
crocifissione proposta da I. Newton, quella del 23 aprile 34,
che emerge anche dall’EMV, raramente è presa in considerazione dagli storici, che di solito pongono la crocifissione
al 7 aprile del 30 o al 3 aprile del 33. Non possiamo, perciò,
nemmeno ipotizzare che Maria Valtorta sia stata in qualche
modo influenzata da quanto conosceva al riguardo, o che
13 J. K. Fotheringham, The evidence of astronomy and technical chronology for the date of the crucifixion, “Journal of the Theological Studies”,
35 (1934), pp. 146-162; B. E. Schafer, Lunar visibility and the crucifixion, “Quaterly Journal of the Royal Astronomical Society”, 31 (1990), pp.
53-67; J. Finegan, Handbook of Biblical Chronology, Principles of time
reckoning in the ancient world and problems of chronology in the Bible,
Peabody 1998, p. 363; C. J. Humphreys, W. G. Waddington, The jewish
calendar, a lunar eclipse and the date of Christ’s crucifixion, “Tyndale
Bulletine”, 43 (1992), p. 336; H. K. Bond, Dating the death of Jesus: memory and the religious imagination, “New Testament Studies”, 59 (2013),
pp. 461-475.
14 L. De Caro, ibid.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE
Tabella 1: Ricostruzione dei giorni del mese di Nisan per gli anni 29-34 secondo il calendario giuliano. I
giorni di sabato sono indicati dalle caselle grigie. La “E” indica gli anni embolismali, di 13 mesi.
Giorni di
Nisan
Fase lunare
29
30
31 E
32
33
34 E
1
5 apr
25 mar
13 apr
1 apr
21 mar
10 apr
2
6 apr
26 mar
14 apr
2 apr
22 mar
11 apr
3
5 apr
27 mar
15 apr
3 apr
23 mar
12 apr
4
8 apr
28 mar
16 apr
4 apr
24 mar
13 apr
5
9 apr
29 mar
17 apr
5 apr
25 mar
14 apr
6
10 apr
30 mar
18 apr
6 apr
26 mar
15 apr
7
11 apr
31 mar
19 apr
7 apr
27 mar
16 apr
8
12 apr
1 apr
20 apr
8 apr
28 mar
17 apr
9
13 apr
2 apr
21 apr
9 apr
29 mar
18 apr
10
14 apr
3 apr
22 apr
10 apr
30 mar
19 apr
11
15 apr
4 apr
23 apr
11 apr
31 mar
20 apr
12
16 apr
5 apr
24 apr
12 apr
1 apr
21 apr
13
17 apr
6 apr
25 apr
13 apr
2 apr
22 apr
14
18 apr
7 apr
26 apr
14 apr
3 apr
23 apr
15 Pasqua
19 apr
8 apr
27 apr
15 apr
4 apr
24 apr
16
20 apr
9 apr
28 apr
16 apr
5 apr
25 apr
17
21 apr
10 apr
29 apr
17 apr
6 apr
26 apr
18
22 apr
11 apr
30 apr
18 apr
7 apr
27 apr
19
23 apr
12 apr
1 mag
19 apr
8 apr
28 apr
20
24 apr
13 apr
2 mag
20 apr
9 apr
29 apr
21
25 apr
14 apr
3 mag
21 apr
10 apr
30 apr
22
26 apr
15 apr
4 mag
22 apr
11 apr
1 mag
23
27 apr
16 apr
5 mag
23 apr
12 apr
2 mag
24
28 apr
17 apr
6 mag
24 apr
13 apr
3 mag
25
29 apr
18 apr
7 mag
25 apr
14 apr
4 mag
26
30 apr
19apr
8 mag
26 apr
15 apr
5 mag
27
1 mag
20 apr
9 mag
27 apr
16 apr
6 mag
28
2 mag
21 apr
10 mag
28 apr
17 apr
7 mag
29
3 mag
22 apr
11 mag
29 apr
18 apr
8 mag
30
4 mag
23 apr
avesse letto lo scritto di Newton. D’altra parte, come già osservato, nessuna data è esplicitamente riportata nell’EMV. È
solo grazie a una complessa e rigorosa analisi astronomica e
calendariale degli elementi narrativi presenti nei suoi scritti
che è possibile determinare una precisa cronologia di ogni
avvenimento della vita di Gesù da lei raccontato. Per di più
quelle che Maria Valtorta indica come locuzioni e visioni mistiche, che avrebbero portato alla stesura dell’EMV, sarebbero iniziate il venerdì santo del 23 aprile del 1943. Troviamo
19 apr
una forte correlazione con la datazione della crocifissione,
il venerdì 23 aprile 34, che emerge dall’analisi astronomica
della sua opera. Si consideri che prima dell’anno 1943 il venerdì santo è caduto il 23 aprile soltanto nel 1886. E dal 1943
ad oggi non è mai più capitato che il venerdì santo sia caduto
il 23 aprile. La prossima volta sarà nel 2038. La coincidenza
per caso, dunque, si può senza dubbio escludere e, dal punto
di vista razionale, tutto quanto rimane senza un’immediata
spiegazione.
9
SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Tabella 2: Numero dei giorni di pioggia descritti negli anni di vita pubblica di Gesù dedotti dall’analisi
astronomica dell’EMV. In ogni cella le quattro cifre si riferiscono, nell’ordine, alla primavera, estate,
autunno, inverno, con inizio delle stagioni agli equinozi e ai solstizi.
EMV
I anno
6 gen 31
7 gen 32
II anno
9 gen 32
27 dic 32
III anno
28 dic 32
17 dic 33
Mesi finali
18 dic 33
23 apr 34
Totale
6 gen 31
23 apr 34
Giorni descritti
75 su 366
15+30+20+10
115 su 354
35+25+25+30
150 su 354
35+35+35+45
40 su 126
20+0+10+10
380 su 1204
105+90+90+95
Giorni di pioggia
9 su 75
0+1+7+1
16 su 115
3+3+9+1
22 su 150
3+2+7+10
5 su 40
4+0+0+1
52 su 380
10+6+23+13
3. Giorni di pioggia descritti nell’EMV e loro datazione
secondo la ricostruzione basata sull’Astronomia
L’Astronomia non è l’unica scienza alla quale si può sottoporre l’analisi dell’EMV. Maria Valtorta, infatti, ha annotato
nei suoi scritti anche i giorni di pioggia e ciò suggerisce una
verifica statistica con i dati meteorologici odierni della Palestina. Il confronto statistico riferito a presunte condizioni
meteorologiche tanto distanti nel tempo non può essere così
puntuale come l’analisi calendariale-astronomica appena discussa ma, ciò nonostante, esso è di sicuro interesse.
La frequenza delle precipitazioni dipende dal clima locale
di ogni regione della Terra. La Palestina si situa in un’area
geografica di transizione tra una regione di clima temperato
e una di clima arido. La parte meridionale e le aree orientali
sono caratterizzate da un clima arido mentre il resto è caratterizzato da un clima mediterraneo. Una delle caratteristiche
fondamentali di questo tipo di clima è la grande variabilità
nella quantità di precipitazione da anno in anno e tra aree
diverse. L’estate è molto calda, raramente piove, l’inverno è
fresco e piovoso, con piogge da ottobre a maggio circa, tanto
che il Servizio Meteorologico Israeliano, indicato in seguito
con IMS (Israel Meteorological Service), dà15 i dati statistici
della precipitazione (pioggia, neve) di lungo termine riferiti
al così detto anno di pioggia, da agosto a luglio.
In altre parole il clima della Palestina è mediterraneo lungo la costa e semi-desertico, con pioggia scarsa e poco frequente, nella depressione del fiume Giordano e nel Deserto
di Giuda, più abbondante e frequente man mano che ci si
sposta verso il Mar Mediterraneo e verso Nord. Oggi i servizi meteorologici di molti paesi, come l’IMS, mettono a disposizione estese banche dati delle precipitazioni nelle loro
aree geografiche, che permettono di calcolare, tra l’altro, la
frequenza media annuale dei giorni di pioggia al variare della latitudine e longitudine di una località, dati che possono
essere confrontati con quanto riportato nell’EMV. Poiché il
clima della Palestina è rimasto quasi invariato negli ultimi
duemila anni perché non sono cambiati i vincoli climatolo15 Central Bureau of Statistics, http://www.cbs.gov.il/reader/shnaton/
shnatone_new.htm
10
gi che lo determinano (mare Mediterraneo a ovest e deserto
a est e a sud), l’analisi statistica dei giorni piovosi forniti
dall’IMS può essere confrontata con quanto Maria Valtorta
ha scritto al riguardo.
L’Autrice non è mai stata in Palestina e l’esperienza personale che aveva della frequenza delle precipitazioni era tipica
dell’Italia del centro-nord, ben diversa da quella che caratterizza un clima semi-desertico. Per dare un’idea delle grandi
differenze è utile osservare che, ad esempio, ad Alamogordo
(latitudine 32,5°, simile alle località della Palestina), in New
Mexico (USA), con un clima pure semi-desertico e piogge
concentrate in un periodo dell’anno (in estate e in autunno
in questa località mentre in Palestina sono concentrate in autunno e in inverno), dal 1951 al 2000, in 50 anni, ci sono
stati 2657 giorni piovosi, ossia una media annua di 53,1 giorni di pioggia. Per confronto, a Milano, dal 1858 al 2000, in
143 anni, ci sono stati 15635 giorni piovosi, cioè 109,3 per
anno16, una frequenza media doppia, tipica delle località in
cui può piovere in ogni mese dell’anno.
Per verificare la verosimiglianza dei dati presenti nell’EMV
è stato necessario ricercare nell’opera tutti i riferimenti ai
giorni di pioggia riguardanti il periodo della vita pubblica
di Gesù. La ricostruzione astronomica delle date associabili
agli avvenimenti narrati da Maria Valtorta ha poi permesso
di stimare quanti giorni della vita pubblica, sul totale di tre
anni e alcuni mesi, siano stati effettivamente descritti nell’opera. Ha permesso, inoltre, di stabilire se i riferimenti alla
pioggia riguardassero lo stesso giorno, oppure più giorni
contigui, o giorni separati tra loro da intervalli senza precipitazioni. Una prima parte dell’analisi è riassunta nella Tabella
2, che riporta il numero di giorni descritti e i giorni di pioggia
suddivisi per stagione, per i singoli anni di vita pubblica di
Gesù, mentre la Tabella 3 riporta il nome delle località, mostrate nella mappa di Figura 1, le coordinate geografiche e le
date alle quali sono associati i giorni di pioggia. Queste ultime sono state dedotte negli studi precedentemente citati.17
16 E. Matricciani, A mathematical theory of de-integration long-time integrated rainfall statistics. Part II: from 1 day to 1 minute, International
Journal of Satellite Communications and Networking, 31 (2013), p. 77102.
17 L. De Caro, ibid.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE
Figura 1: Località della Palestina visitate da Gesù in giorni di pioggia secondo l’EMV.
11
SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Tabella 3: Giorni di pioggia, località (latitudine, longitudine) secondo l’EMV negli anni della vita pubblica di Gesù, suddivisi per
anno.
I anno (6 gen 31-7 gen 32)
1, Nazaret (32.73, 35.27);18 2, Esdrelon (32.71, 35.13); 19 1, Meron (32.99, 35.54);20 1, Acqua Speciosa (31.97, 35.73);21
3, Acqua Speciosa (31.97, 35.73); 22 1, Acqua Speciosa (31.97, 35.73).23
II anno (9 gen 32-27 dic 32)
1, Betsaida (32.88, 35.28);24 1, Ippo (32.78, 35.66);25 1, Sichem (32.23, 35.26);26 1, Gerusalemme (31.78, 35.22);27
1, Cafarnao (32.88, 35.58); 28 1, Cana-Nazaret (32.75, 35.59; 32.73, 35.27);29 1, Gennesaret (32.85, 35.52);30 4+1, Arbela
(32.55, 35.85);31 1, Meron (32.99, 35.54);32 3, Magdala (32.84, 35.50).33
III anno (28 dic 32-17 dic 33)
2+1, Nazaret e Jiftael (32.73, 35.27; 32.83, 35.39);34 1, Tolemaide (32.82, 35.09);35 1, circa latitudine di Cipro;36 1, Aczib
(33.09, 35.11);37 2, Pella-Jabes Gaalad (32.45, 35.61);38 2, Pella-Jabes Gaalad (32.45, 35.61);39 1, nei pressi del Guado
18 “La giornata è burrascosa, prossima ad un temporale” (EMV 92): giovedì 2/08/31; “Gesù esce nell’orto, che appare tutto lavato dal temporale
della sera avanti … la recente pioggia che ha deterso l’aria. Pietro dice: «É venerdì... Maestro, domani è sabato...»” (EMV 93): venerdì 3/08/31.
19 “Un giorno seminuvoloso di fine autunno. Vi deve essere stata della pioggia nella notte … Verso sera, ecco un carro militare romano che li
raggiunge. … I due soldati fermano; dalla tenda tirata sul carro, poiché comincia a piovere” (EMV 109): 4-5/10/31. La latitudine e la longitudine
considerate sono quelle della città di Kyriat Tivon.
20 “Piove, Maestro. Che facciamo?” (EMV 110): venerdì 12/10/31. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Hatzor.
21 “La voce di Gesù rimbomba nello stanzone pieno di folla, perché piove” (EMV 120): terza decade di novembre; “Vai a cercare il Maestro. E’ nel
bosco sul fiume” (EMV 121): se Gesù è nel bosco non piove; non siamo, quindi, nello stesso giorno del cap. 120; “le piogge cadute i giorni avanti”
(EMV 122): il riferimento è al cap. 120. In realtà, si tratta di un sol giorno di pioggia sebbene Maria Valtorta faccia genericamente riferimento ai
“giorni avanti”; “Giovanni che viene dai prati” (EMV 122): stanno all’aperto; quindi non piove. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle
della città di Niran.
22 “Aia allagata dalla pioggia … pioggia che infittisce” (EMV 123): terza decade di novembre; “La giornata è talmente orrida che non c’è nessun
pellegrino. Piove a rovesci” (EMV 124): giorno di pioggia, diverso dal precedente; “La giornata meno tremenda, per quanto ancora piovosa, permette
alla gente di venire dal Maestro” (EMV 125): terzo giorno di pioggia consecutivo.
23 “la giornata è piovosa” (EMV 137): domenica 6/01/32.
24 “Il temporale di giorni or sono ci ha fatto sostare di poche ore” (EMV 180): 10-12/03/32.
25 “Vedo che il cielo si incupisce e il sole si nasconde dietro dei nuvoloni temporaleschi … La tempesta si fa sempre più brutta” (EMV 185): 2324/03/32; “il recente temporale” (EMV 186): si riferisce all’EMV 185.
26 “Un acquazzone nella notte ha messo un poco di fango nelle vie” (EMV 193): mercoledì 2/04/32; “Ma deve avere molto piovuto” (EMV 193): fa
riferimento alla pioggia della notte.
27 “Il cielo è a pioggia” (195): venerdì 4/4/32.
28 “Egli ci ha salvato anche dalla pioggia … la pioggia, i tuoni e i lampi … sotto un temporale … grandine prossima” (EMV 238): venerdì 11/07/32;
“pioggia persistente … grandine” (EMV 239): dalla narrazione si evince che è sempre lo stesso giorno del cap. 238.
29 “Tanto la recente burrasca le ha lavate e la rugiada le mantiene” (EMV 244): 17-18/07/32.
30 “Stia mettendo insieme una burrasca” (EMV 274): 15/09/32. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Ginosar.
31 “Viva l’acqua! Ha servito anche a tenerti nella mia casa cinque giorni” (EMV 296): martedì 11/11/32; “arrivo ad Aera sotto la pioggia; è tre
giorni che viene verso questo luogo, con le bestie sotto l’acqua” (EMV 296): sera del mercoledì 12/11/32; Pietro sapeva che Gesù sarebbe rimasto
ad Arbela per il riposo sabbatico a prescindere dalla pioggia. Per la pioggia la partenza di Gesù viene rimandata dalla domenica al martedì, per essere
al mercoledì sera ad Aera. I giorni di pioggia, quindi, sono la domenica, il lunedì, il martedì e il mercoledì, poiché l’arrivo ad Aera avviene sempre
sotto la pioggia. Non possiamo dire che il sabato piovesse, poiché questo giorno non è descritto nella narrazione. Perciò i giorni di pioggia consecutivi
sono stati almeno 4. Si può ragionevolmente ipotizzare 4 giorni consecutivi più 1 separato dai 4 da 1 giorno senza precipitazioni. La latitudine e la
longitudine considerate sono quelle della città di Irbid.
32 “Rivedo il lago di Meron in un fosco giorno di acqua … Fango e nuvole” (EMV 298): domenica 16/11/32.
33 “Acqua, acqua, acqua …” (EMV 302): 28/11/32; “cercando il sole tiepido succeduto a giorni di burrasca” (EMV 305): 5/12/32; Maria Valtorta
parla di più giorni di pioggia; dalla narrazione, però, non si può dire quanti siano stati con precisione. Si può assumere che si abbiano avuti almeno tre
giorni consecutivi di pioggia, visto che Maria Valtorta parla di un “sole tiepido succeduto a giorni di burrasca”.
34 “È una piovosa mattina di inverno” (EMV 312): 28/12/32; (EMV 313): 29/12/32; “Nazaret è buia e dormente sotto l’acqua gelida della notte
d’inverno” (EMV 314): 29/12/32; “Deve aver piovuto tutta la notte. Ma con l’alba è succeduto un vento asciutto che ha respinto le nubi verso sud,
oltre i colli di Nazaret. Perciò un timido sole invernale osa affacciarsi” (EMV 315): 30/12/32; “perseguitati da un tempo piovoso e freddo” (EMV
316): 31/12/32. Nel cap. 315 si fa riferimento a una giornata fredda ma senza pioggia. Perciò potrebbero essere stati 2 giorni consecutivi di pioggia più
uno separato dai due precedenti per un giorno senza pioggia (cfr. EMV 315). La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Iblin.
35 “La pioggia si infittisce” (EMV 318): 1/1/33.
36 “Inferno che è il mare, fischia per tutto commento e mugola” (EMV 320): 3/1/33; “Ma che tempesta!” (EMV 322): lunedì 5/1/33, si riferisce alla
tempesta del cap. 320. Non considerato nella media perché non fa parte della Palestina.
37 “Le ultime grandinate hanno bruciato a strisce la campagna” (EMV 332): 25/1/33. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della
città di Rosh Hanikra.
38 “Per essere a Pella prima della pioggia” (EMV 357): 15/03/33 a Gadara; “cadono le prime gocce di pioggia … via bagnata di pioggia” (EMV
358): 16/03/33 a Pella; “olmo scivoloso di pioggia” (EMV 359): 17/03/33 a Jabes Gaalad.
39 “Per essere a Pella prima della pioggia” (EMV 357): 15/03/33 a Gadara; “cadono le prime gocce di pioggia … via bagnata di pioggia” (EMV
358): 16/03/33 a Pella; “olmo scivoloso di pioggia” (EMV 359): 17/03/33 a Jabes Gaalad.
12
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE
del Giordano (31.84, 35.55);40 1, Guado del Giordano (31.84, 35.55);41 3, Esdrelon (32.71, 35.13);42 1, Tiberiade (32.78,
35.53);43 1, Cafarnao;44 2, Nazaret-Engannim (32.73, 35.27; 32.46, 35.30);45 1, Nobe;46 1, Betania oltre Giordano; 47 1,
Bet Horon (31.88, 35.40);48 2, Nobe.49
Mesi finali
1, Gofena (31.96, 35.22);50 1, Doco (31.86, 35.46);51 2, Betania (31.78, 35.22);52 1, Gerusalemme (31.78, 35.22).53
40 “Insistere di pioggia … piovasco violento” (EMV 360): 19/03/33.
41 “Brevi piovaschi” (EMV 361): 22/03/33.
42 “Il temporale incombe … acquazzone” (EMV 428): giovedì 18/06/33; “deve aver continuato a piovere per tutto il dì avanti … lo scroscio dura”
(EMV 429): 19/06/33; “rami ancora gocciolanti come per un temporale” (EMV 430): 20/06/33; i giorni di pioggia consecutivi dovrebbero essere 3
perché se i rami erano ancora gocciolanti vuol dire che aveva smesso di piovere da poco.
43 “I primi tuoni e lampi solcanti il cielo livido … Entrano, fra il primo scroscio d’acqua” (EMV 445): 2/9/33.
44 “Prima che piova” (EMV 458): 11/09/33; “senza curarsi del temporale” (EMV 459): 11/09/33; “avevamo navigato in un mare in tempesta”
(EMV 460): 12/09/33; si riferisce al giorno precedente; “acquazzone della sera avanti” (EMV 461): 12/09/33; si riferisce al giorno precedente.
45 “Breve pioggia, caduta certo da poco” (EMV 478): 24/9/33, vicino Nazaret; “oggi pioverà” (EMV 480): venerdì 25/9/33; “non vedete come è
bagnato e stanco?” (EMV 481): venerdì 25/9/33 a Engannim; in totale 2 giorni di pioggia consecutivi. Per la seconda località la latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Jenin.
46 “Una vera tromba d’aria sotto un cielo pauroso” (EMV 489): 4/10/33. Per Nobe la latitudine e la longitudine considerate sono quelle di Gerusalemme.
47 “La stagione è brutta, piove, c’è fango” (EMV 504): 27/10/33.
48 “Perché ha piovuto” (EMV 514): 6/11/33.
49 “Dopo un sabato e due giorni di tempo piovoso” (EMV 530): 22-23/11/33.
50 “Al suono del vento si unisce quello della pioggia” (EMV 561): inverno. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Jifna.
51 “Deve esser scesa nella notte una breve pioggia” (EMV 576): primavera del 34. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città
di Gerico.
52 “Non è molta la pioggia” (EMV 581): giovedì 15/04/34; “forse a sesta tornerà la pioggia” (EMV 582): venerdì 16/04/34; “accendere di luce le
gocce della pioggia” (EMV 583): venerdì 16/04/34. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle di Gerusalemme.
53 “Questo giorno temporalesco” (EMV 608): venerdì 23/04/34.
Tabella 4: Distribuzione mensile dei 380 giorni descritti nell’EMV.
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
21
32
43
62
33
18
37
19
26
30
35
24
Dall’analisi emerge che dei 1204 giorni di vita pubblica
di Gesù (dal 6 gennaio 31 al 23 aprile 34) soltanto 380 circa sono stati effettivamente descritti da Maria Valtorta e, di
questi, 52 sono stati annotati come giorni di pioggia. Dall’osservazione astronomica si evince che i 380 giorni descritti nell’EMV si distribuiscono nei mesi dell’anno secondo
quanto riportato nella Tabella 4. Questi ultimi dati devono
considerarsi suscettibili di piccole variazioni, di qualche
giorno, dovute a possibili indeterminazioni nella ricostruzione cronologica per i giorni che cadono al passaggio da un
mese all’altro.
Se si esclude il dato corrispondente alla località costiera di
latitudine circa uguale a quella di Cipro, non appartenente alla
Palestina, si ricava una frequenza annua di 51x365/380=49
giorni di pioggia. Per quanto annotato prima riguardo ad Alamogordo, 49 giorni piovosi all’anno è un dato compatibile
con un clima in cui le piogge siano concentrate in due stagioni contigue dell’anno, come avviene anche per la Palestina.
Le osservazioni riportate nell’EMV sono evidentemente
dovute a ragioni indipendenti dal verificarsi di eventi meteorologici e, di conseguenza, è corretto ipotizzare che il
numero di giorni piovosi (51 giorni) rapportato al periodo
di osservazione (380 giorni) sia un dato attendibile per la
Palestina, così come altre informazioni ricavate in seguito,
e possa essere confrontato con il medesimo dato statistico
ricavato dalla banca dati dell’IMS, ipotizzando che non ci
siano stati significativi cambiamenti nel regime delle piogge
in quell’area geografica, data la permanenza dei fattori che
ne determinano il clima, ossia il mare Mediterraneo a ovest e
il deserto a est e a sud.
4. Un quadro meteorologico statisticamente coerente con i
dati odierni della Palestina
Come osservato, in Palestina i giorni piovosi sono concentrati soprattutto nei mesi autunnali e invernali. Relativamente
al periodo 1990-2015 e per 184 località distribuite in tutta
la Palestina, quasi tutte osservate per 26 anni, la Figura 2
13
SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Periodo piovoso
240
230
M
220
Media annua (giorni)
HU
G
210
200
190
N
T
180
170
160
K
150
140
34.4
34.6
34.8
35
35.2
Longitudine (°)
35.4
35.6
(a)
Periodo piovoso
240
230
M
220
Media annua (giorni)
HU
210
G
200
N
190
T
180
170
160
K
150
140
30
30.5
31
31.5
Latitudine (°)
32
32.5
33
(b)
Figura 2: Media annua del periodo piovoso relativo a 184 località della Palestina
al variare della longitudine (a) e della latitudine (b), dal 1990 al 2015. 1 Sono
esplicitamente indicati i valori di Gerusalemme (G, rosso), Tel Aviv (T, nero),
Haifa Università (HU, verde), Nazareth (N, magenta), Malkiya (M, nero), Kalya
(K, nero). È mostrata anche la retta si regressione tra la media annua e la
longitudine (a) o la latitudine (b).
1 Fonte dei dati: elaborazione ottenuta dai dati scaricabili liberamente da https://ims.data.gov.
il/ims/7, (IMS).
14
mostra la durata del periodo piovoso
annuo in funzione della longitudine
(Figura 2a) e della latitudine (Figura
2b), così calcolata: si determina prima
l’intervallo di tempo continuo tra l’ultimo giorno piovoso di primavera e il priTmo giorno piovoso d’autunno, e questo
valore è sottratto alla durata dell’anno,
determinando così la durata del periodo
piovoso annuo. Nella Figura 2 sono indicate esplicitamente, per riferimento,
le medie di alcune località e la retta di
regressione che mostra l’andamento al
variare della latitudine o della longitudine. Si può notare che per quasi metà
dell’anno non piove mai o raramente e,
anche se non mostrato esplicitamente,
sempre nel periodo che va da maggio a
ottobre. Solo in pochissime località può
piovere due o tre giorni in estate.
La Figura 3 mostra la media annua
dei giorni piovosi, in funzione della longitudine (a) e della latitudine (b) per le
località citate. Le croci rosse corrispondono al valore ricavato dall’EMV (49),
quelle nere al valore medio di 159 località con latitudine maggiore di 31,5°, la
latitudine minima delle località per cui
l’EMV indica giorni di pioggia (Figura
1), pari a 50,6 giorni. È evidente che sia
i valori medi, sia i valori a ±1 deviazione standard della latitudine e longitudine delle località descritte nei giorni
piovosi, sorprendentemente, coincidono. Sono indicate esplicitamente, per
riferimento, le medie di alcune località
e la retta di regressione che mostra l’andamento al variare della latitudine, e i
due limiti a ±1 deviazione standard. È
possibile notare un accordo inaspettato
anche da questa analisi più dettagliata.
Le località indicate dall’EMV hanno
una distribuzione in longitudine un po’
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE
Giorni piovosi
70
M
HU
60
G
N
IMS
T
Media annua
50
EMV
40
30
54 E. Matricciani, ibid.
K
20
10
34.4
34.6
34.8
35
35.2
35.4
Longitudine (°)
35.6
(a)
Giorni piovosi
70
M
HU
60
G
N
50
IMS
EMV
T
Media annua
più spostata ad Est rispetto ai dati riportati dall’IMS perché, oltre alle località
della Palestina, nei viaggi di evangelizzazione descritti nell’EMV sono
indicate anche molte località a Est del
Giordano (Figura 1), oggi appartenenti
alla Giordania e non presenti nella banca dati dell’IMS.
Un altro dato interessante per le applicazioni è il numero di coppie di giorni piovosi, come stabilito dalla teoria
matematica della de-integrazione della
quantità d’acqua raccolta ogni giorno54,
che è in grado di fornire, tra l’altro, la
statistica della quantità d’acqua caduta ogni minuto (in pratica, istantanea).
La teoria ha bisogno di pochissimi dati
d’ingresso misurati localmente, e tra
questi il numero di giorni piovosi e il
numero delle coppie di giorni piovosi.
I giorni piovosi sono quelli direttamente registrati dai servizi meteorologici
(come l’IMS), mentre il numero di
coppie di giorni piovosi si determina
considerando sequenze disgiunte di
due giorni alla volta, e dichiarandole
piovose se piove in uno dei due giorni
o in entrambi. Dal punto di vista meteorologico, se si trasforma il tempo in
distanza mediante la velocità (costante)
di traslazione orizzontale delle perturbazioni, si ha un’idea approssimativa
della loro estensione. Il numero di coppie piovose è dunque un altro dato tipico, come il numero di giorni piovosi, di
una certa area geografica, e dà un’idea
dell’estensione su vasta scala delle perturbazioni e del loro succedersi. Le due
variabili aleatorie sono tra loro abbastanza correlate.
40
30
K
20
10
30
30.5
31
31.5
Latitudine (°)
32
32.5
33
(b)
Figura 3: Media annua dei giorni piovosi relativi a 184 località della Palestina
al variare della longitudine (a) e della latitudine (b) dal 1990 al 2015 1. Le croci
in rosso riportano il valore ricavato dall’EMV (49) per i valori di longitudine (o
latitudine) media e per i valori a ±1 deviazione standard, ricavati dalla Tabella 3.
Le croci in nero riportano gli stessi dati ricavati per 159 località con latitudine
maggiore o uguale a 31,5° (latitudine minima relativa alle località descritte
nella Tabella 3), media pari a 50,6. Sono esplicitamente indicati i valori di
Gerusalemme (G, rosso), Tel Aviv (T, nero), Haifa Università (HU, verde),
Nazaret (N, magenta), Malkiya (M, nero), Kalya (K, nero). È mostrata anche la
retta si regressione tra l’indice medio e la longitudine, o la latitudine, e i limiti a
±1 deviazione standard.
1 Fonte dei dati: elaborazione ottenuta dai dati scaricabili liberamente da https://ims.data.gov.
il/ims/7, (IMS).
15
SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Coppie piovose
50
M
HU
45
40
IMS
Media annua
35
G
N
EMV
T
30
25
20
K
15
10
34.4
34.6
34.8
35
35.2
Longitudine (°)
35.4
35.6
(a)
Coppie piovose
50
HU
45
M
G
40
IMS
T
Media annua
35
EMV
N
30
25
20
K
15
10
30
30.5
31
31.5
Latitudine (°)
32
32.5
33
(b)
Figura 4: Media annua delle coppie di giorni piovosi relative a 184 località in
Palestina al variare della longitudine (a) e della latitudine (b) dal 1990 al
20151. Le croci in rosso riportano il valore 38,4 ricavato dall’EMV per i valori di
longitudine (o latitudine) media e per i valori a una deviazione standard della
latitudine o longitudine, ricavati dalla Tabella 3. Le croci in nero riportano gli
stessi dati ricavati per le 159 località con latitudine maggiore o uguale a 31,5°
(latitudine minima relativa alle località descritte nella Tabella 3), media pari a
36,0. Sono esplicitamente indicati i valori di Gerusalemme (G, rosso), Tel Aviv
(T, nero), Haifa Università (HU, verde), Nazaret (N, magenta), Malkiya (M,
nero), Kalya (K, nero). È mostrata anche la retta di regressione tra l’indice medio
e la longitudine, o la latitudine, e i limiti a ±1 deviazione standard.
1 Fonte dei dati: elaborazione ottenuta dai dati scaricabili liberamente da https://ims.data.gov.
il/ims/7, (IMS).
16
La Figura 4 riporta la media annua
del numero di coppie di giorni piovosi relativo alle già citate 184 località
della Palestina in funzione della longitudine (Figura 4a) e della latitudine
(Figura 4b). La stima delle coppie piovose deducibili dall’EMV, in base alla
cronologia ricostruita nella Tabella 3,
dà 41 coppie e, se si esclude sempre
il dato relativo a Cipro per confrontare i dati ricavati dall’EMV con quelli
ricavabili dall’IMS, in un anno si trovano 40x365/380=38,4 coppie piovose, in accordo con il valore derivabile
dall’IMS per le 159 località di latitudine >31,5°, ossia 36 coppie. Ancora una
volta è possibile notare, dalla Figura
4, una sorprendente correlazione tra i
dati medi e a ±1 deviazione standard
della latitudine e longitudine deducibili
dall’EMV, e quelli ricavabili dall’IMS
per 159 località con latitudini maggiori
di 31,5°.
5. Distribuzione mensile dei giorni
piovosi
Osserviamo ora i dati meteorologici
con dettaglio temporale più fine. La Figura 5 mostra per ogni mese dell’anno
il valore medio e i valori a ±1 deviazione standard per le 184 località della
Palestina già esaminate. Si noti che il
ciclo annuale è ripetuto per mostrare la
continuità della funzione tra dicembre
e gennaio. La figura conferma l’andamento fortemente stagionale delle precipitazioni.
Da questi dati dell’IMS possiamo
calcolare il valore medio e la deviazione standard mensili previsti per i giorni mensili descritti nell’EMV, tenendo
conto che sono stati descritti soltanto i
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE
Giorni piovosi mensili Palestina
m+s
Giorni
10
m
m-s
5
0
2
4
6
8
10
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
12
14
16
18
20
22
24
Dev. standard (g)
2.5
2
1.5
1
0.5
0
Mese
Figura 5: Figura superiore (a): valore medio e valori a ±1 deviazione standard dei giorni piovosi mensili relativi a 184 località
in Palestina, da gennaio (1) a dicembre (12). Figura inferiore (b): deviazione standard (in giorni). Si noti che il ciclo annuale è
ripetuto per mostrare la continuità delle funzioni tra dicembre e gennaio.
giorni totali della Tabella 4 e che questi dati parziali si riferiscono a circa 3 anni, da agosto a luglio di ogni anno, essendo il primo giorno di pioggia nell’EMV il 3 agosto 31,
a Nazareth, e l’ultimo il 23 aprile 34 a Gerusalemme, come
deducibile dalla Tabella 3, e che, dopo aprile, i giorni piovosi
sono estremamente rari (Figura 5).
Siano mi e si il valore medio e la deviazione standard, rispettivamente, dei giorni piovosi del mese i - esimo dell’anno, i = 1,2,...12, secondo l’IMS (Figura 5); δi i giorni descritti
per il mese i - esimo secondo l’EMV (Tabella 4), di i giorni
di ciascun mese (31 per i = 1 , etc.). Il valore medio di giorni
piovosi di ciascun mese si può scalare, dai dati graficati nella
Figura 5, in rapporto ai giorni mensili osservati nell’EMV,
trovando così il valore medio relativo a 380 giorni osservati
secondo la Tabella 4:
�i =
�i
mi
3d i
(3)
Se ora consideriamo il valore medio a +1 deviazione standard σi , otteniamo:
(4)
E un valore totale di giorni piovosi annui dato da:
(5)
12
i =1
�i = si 26 / 3
(1)
Ad esempio, per i = 1, il fattore che moltiplica m1 è pari a
21/(3 x 31). Il valore annuale di giorni piovosi è quindi dato
da:
G = � �i = 17 ,2
anno (ipotesi fisicamente accettabile), il valore medio mensile μi può essere considerato come una variabile aleatoria
con valore medio dato dalla eq. (1) e deviazione standard55
data da:
(2)
Il valore totale (eq. (2)) è minore del valore medio di lungo
termine, ossia 47,8 per tutte le 184 località, o 50,6 per le 159
località di latitudine >31,5°, perché, ovviamente, il numero
parziale di giorni mensili osservati in 3 anni nell’EMV (δi)
è minore del numero di giorni mensili totali osservabili in 3
anni (3 di). D’altra parte, passando da 26 a 3 anni, e supponendo osservazioni scorrelate di mese in mese e di anno in
un valore molto vicino a quello di lungo termine 47,8 per
le 184 località (oppure 50,6 per le 159 località di latitudine
>31.5°, Figura 3). In altre parole, i dati sperimentali indicano
che il valore dato dalla combinazione della eq. (4) e della eq.
(5) sia una stima più precisa del valore medio mensile dei
giorni piovosi per un periodo di 3 anni osservati casualmente
soltanto per 380 giorni come riportato nella Tabella 4, rispetto al periodo di lungo termine (26 anni).
55 Chiamato N il numero di osservazioni tra loro scorrelate, la deviazione standard della variabile aleatori “valore medio” è proporzionale a
, di conseguenza al variare di N da 26 a 3 essa si scala come
indicato nella eq. (3). Si consulti un manuale di statistica, o E. Matricciani,
Lezioni di probabilità e processi aleatori, Progetto Leonardo, Esculapio,
Bologna, 2a ed., 2011.
17
SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Giorni piovosi mensili EMV
IMS
Giorni
10
IMS EMV
EMV
5
0
2
4
6
8
10
12
14
Mese
16
18
20
22
24
Figura 6: Valore medio mensile dei giorni piovosi osservati in circa 26 anni per 184 località della Palestina (curva IMS, nero),
e in 3 anni per soli 380 giorni in accordo alla Tabella 4 in base ai dati IMS (curva IMS EMV, verde), equazione (4). La curva
EMV (rosso) mostra il numero di giorni mensili ricavati dall’EMV, equazione (8). Si noti che il ciclo annuale è ripetuto per
mostrare la continuità delle funzioni tra dicembre e gennaio.
Si noti che se si scala direttamente il valore dato dall’eq.
(2) a 3 anni si ottiene circa lo stesso valore dato dalla eq. (5),
ossia 17,2 x 3 x 365/380 = 49,6.
Applichiamo lo ragionamento ai giorni piovosi dell’EMV.
Si trova:
(6)
(7)
Il valore medio a ±1 deviazione standard σi è dato da:
(8)
Per cui il numero di giorni totali in 380 giorni è stimato in:
(9)
un valore praticamente identico a quello dell’IMS (51,2). Da
esso si ottiene un valore medio annuo pari a 51,6 x 365/380 =
49,6 praticamente identico al numero di giorni piovosi annui
(49) descritti nell’EMV. Se si scala direttamente l’eq. (7) a 3
anni si trova 17,3 x 3 x 365/380 = 51,0 a conferma dell’eq.
(9).
In altre parole, la stima del numero totale di giorni piovosi
a partire dai giorni mensili sembra molto robusta per cui si
può ritenere che la distribuzione mensile dei giorni piovosi
secondo l’EMV sia attendibile. La Figura 6 mostra sinotticamente tutti questi risultati.
In conclusione, anche quest’analisi fine indica che la distribuzione mensile dei giorni piovosi non può essere frutto
dell’inventiva dell’Autrice.
6. In 2000 anni è cambiato il clima della Palestina?
La Palestina di oggi sembra sia più arida e meno piovosa di
quella di 2000 anni fa. Il cambiamento sembra sia stato pro18
vocato da molti fattori, sia climatici (ciclici) sia dovuti all’uomo (guerre, distruzioni, abbandono delle coltivazioni)56. Negli ultimi decenni sul Mediterraneo c’è stata una tendenza
generale a una riduzione della quantità d’acqua precipitata e,
nel contempo, ad un aumento dei suoi valori di picco (massimi), con inverni più rigidi ed estati più torride. Nel Mediterraneo orientale si sono avute tendenze contrastanti negli anni
1951-199057. Un’eccezione, infatti, alla tendenza generale
è l’area geografica che include il Negev e la parte centromeridionale della Palestina, dove c’è stato un aumento della
quantità d’acqua totale precipitata, sembra a causa di un uso
diverso del suolo (coltivazioni agricole) 58.
Nel nostro studio abbiamo confrontato con i dati degli ultimi decenni il numero di giorni piovosi, l’unica grandezza
meteorologica ricavabile dall’EMV, ipotizzando che questa
variabile aleatoria non sia cambiata drasticamente negli ultimi 2000 anni.
A sostegno di questa ipotesi la Figura 7 mostra l’andamento del numero di giorni piovosi (pannello superiore) e
la quantità d’acqua (pannello inferiore) accumulata nel mese
di Marzo, nella città di Gerusalemme, dal 1960 al 2014 (55
anni). Le curve in rosso sono state ottenute filtrando le serie
temporali originali con un filtro che elimina le componenti
sinusoidali di periodo inferiore a 7 anni, per ridurre le fluttuazioni di breve periodo. La Figura 8 mostra il diagramma
di dispersione tra le due grandezze, la cui correlazione è 0,57
per i dati non filtrati e 0,30 per i dati filtrati. Questi ultimi,
non avendo più le fluttuazioni rapide, sono più adatti ad evi56 Hellsworth Huntington, The Climate of Ancient Palestine, Bulletin of
American Geographical Society, (1908) XL, parte I p.513-522, parte II p.
577-586, parte III p. 641-652. Anche se del 1908, l’articolo riporta uno
studio ancora attuale e importante.
57 P. Abert, I. Osetinsky, B. Ziv, H. Shafir, Semi-Objective classification
for daily synoptic systems: Application to the Eastern Mediterranean
Climate Change, International Journal on Climatology (2004), 24, p.
1001-1011.
58 P. Abert, S.O. Krichak, D. Haim, H. Shafir, , I. Osetinsky, Climatic trends
to extremes employing regional modeling and statisticalinterpretation
over the E. Mediterranean, Global and Planetary Change (2008), 63, p.
163-170.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE
Figura 7. Numero di giorni piovosi (figura superiore) e quantità d’acqua totale precipitata (figura inferiore), espressa in cm
di altezza per m2 di superficie, in Gerusalemme nel mese di Marzo, dal 1960 al 2014 (55 anni) 1. Le curve in rosso sono state
ottenute filtrando le serie temporali (blu) con un filtro alla Butterworth che elimina le componenti sinusoidali di periodo
inferiore a 7 anni.
1 Fonte dei dati: elaborazione ottenuta dai dati scaricabili liberamente da https://ims.data.gov.il/ims/7, (IMS).
Figura 8. Diagramma di dispersione tra il numero di giorni piovosi (ascissa) e la quantità d’acqua totale precipitata
(ordinata), espressa in cm di altezza per m2 di superficie, in Gerusalemme nel mese di Marzo, dal 1960 al 2014 (55 anni). Il
coefficiente di correlazione è 0,57.
19
SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
denziare il legame di lungo termine. Come si può notare non
esiste una correlazione elevata tra le due grandezze, fatto
ancora più evidente nelle grandezze filtrate. In altre parole,
sono possibili mesi con lo stesso numero di giorni piovosi
ma con quantità d’acqua molto diversa. Questo risultato conferma che il numero di giorni piovosi sia una variabile aleatoria molto stabile nel tempo, tale da permettere il confronto
con quanto deducibile dall’analisi dell’EMV.
7. Conclusione
La ricchezza di elementi narrativi presenti nell’Evangelo
come mi è stato rivelato di Maria Valtorta (EMV) ha permesso di eseguire su di esso studi astronomici e meteorologici, atti a verificare il più possibile quanto l’Autrice afferma.
Dall’analisi è emerso un risultato sorprendente ed inaspettato: ciò che Maria Valtorta narra sembra non sia frutto della
sua fantasia. Infatti, grazie a una complessa e rigorosa analisi
astronomica degli elementi narrativi presenti nei suoi scritti
è stato possibile determinare una precisa cronologia di ogni
avvenimento della vita di Gesù da lei raccontato e, in particolare, essa ha condotto a datarne la crocifissione al 23 aprile
34, un dato già proposto da I. Newton.
Maria Valtorta ha annotato anche la presenza di pioggia e
ciò ha suggerito una verifica statistica diretta con i dati me-
20
teorologici odierni della Palestina. Quello che è emerso, ancora una volta, è sorprendente e inatteso perché coerente con
i dati odierni. Sembra quasi di trovarsi di fronte ad accurati
dati concernenti fenomeni realmente accaduti durante la vita
di Gesù, annotati da un attento osservatore di quell’epoca, da
un testimone oculare.
Si apre, naturalmente, la questione, irrisolta da un punto
di vista esclusivamente razionale, di come sia possibile tutto ciò, poiché quanto annotato da Maria Valtorta non può
essere riconducibile in alcun modo alla sua fantasia o alle
sue competenze astronomiche e meteorologiche. Infatti, se
da una parte l’analisi scientifica condotta ha permesso di
porre in evidenza tutti i risultati sorprendenti ed inaspettati descritti nel presente studio, dall’altra, però, quest’analisi
e le nostre conoscenze scientifiche non possono fornire una
spiegazione immediata di come ciò sia stato possibile.
Ringraziamenti
Desideriamo ringraziare il Servizio meteorologico israeliano per aver messo a disposizione i dati meteorologici
grezzi, e il collega Carlo Riva, del Politecnico di Milano,
per averci fornito una preziosa consulenza per i programmi
di analisi dati.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | LINGUISTICA
Semiotica dell’ascolto
JACQUES COURSIL
Traduzione di Maria Giuzio
C’è una scissione d’essenza tra le onde acustiche e i rumori
che mostra come la nostra capacità d’ascolto sia una parte
culturalmente organizzata della nostra sensibilità, sia cioè
un interpretante che semiotizza dei saperi - I limiti semiologici del rumore colti per differenza con i suoni musicali e
quelli linguistici - La musica come linguaggio senza segni
ma isomorfo al linguaggio parlato - In che modo i numeri
e le scritture del solfeggio mostrano l’inaccessibilità della
musica al linguaggio parlato - La genesi nell’ascolto della
fonte sonora e la conseguente natura di architettura psichica
dell’ascolto della musica - L’intervallo d’ottava come relazione differenziale d’identità (a = b) - Alternanza dei valori
acustici e ethos del timbro.
(ineffabilità, asemanticità, purezza, armonia, forma acustica del biologico innato o epigenetico che sia). Coursil, che
nella sua gerla ha una delle letture più rigorose e penetranti
dei testi linguistici e semiologici saussuriani, nelle riflessioni che pubblichiamo avanza una soluzione ai paradossi del
principio di indeterminazione, mostrando quale possa (qualcuno direbbe debba) essere il modello, matriciale o ondulatorio poco importa, con cui studiare i fatti che chiamiamo
musicali. E’ una soluzione interessante, che ci porta molto
dentro alla musica che ascoltiamo quotidianamente e forse
ancora più in profondità nelle lingue che parliamo.
Domenico Russo
N
DALLE ONDE ACUSTICHE AI RUMORI
Proponiamo di seguito alcune dense riflessioni di Jacques
Coursil sulla musica. Lo facciamo per due importanti ragioni tra le altre. La prima sta nel fatto che Coursil, inserendosi
nel filone della prosa scientifica inglese e francese nata nel
Settecento in quegli ambienti e tuttora vivacissima, maestra
e redditizia, sa portare ai colleghi delle altre scienze e al
pubblico colto i contenuti più avanzati e tecnicamente ostici della ricerca semiotica e linguistica. La seconda ragione
sta nel fatto, sorprendente, che non c’è forse semiotica più
negletta e mal trattata della semiotica musicale, nonostante
sia, in termini statistici, di bello e buono la più praticata al
mondo dopo quella linguistica. A tutt’oggi, infatti, sembra
quasi che la musica venga guardata come si guardavano gli
elettroni prima di Heisenberg. Cerchiamo di stabilire quali
sia no i suoi significati cercando di stabilire come mai ne faccia a meno. Cerchiamo di stabilire quali siano i suoi significanti cercando di stabilire come mai non ne abbia. Non c’è
scritto di semiotica musicale da cui non trapeli una sotterranea e sottile vena di infelicità degli studiosi, costretti loro
malgrado, nonostante i modi assertivi, a lasciare da parte
chi la quantità di moto (la musica esprime idee, sentimenti,
ideologie, archetipi e quant’altro ancora) chi la posizione
oi viviamo in un gas. Il dominio dei fenomeni acustici è uno spazio chiuso. Al di
là della bolla atmosferica, il problema dei
suoni e della musica non si pone. Dobbiamo allora, sin dall’inizio, limitare le nostre finzioni; l’aria non sta nelle arie ma sulla terra; non ci
sono né rumori, né musiche celesti; ci sono solo onde.
La fisica ci spiega che le onde acustiche sono longitudinali
e si propagano secondo l’asse del tempo in tutte le direzioni
della nostra atmosfera. La fisiologia ci descrive le fasi della
loro intercettazione. Ma i suoni e i rumori sono dei valori.
Suppongono, per tutte le specie viventi dotate di udito, una
disposizione caratteristica che possiamo studiare solo in una
semiotica dell’ascolto. Tra le onde e i rumori (i rumori di
qualche cosa) c’è una scissione d’essenza, di metodi e di
incognite. Tra, da una parte, i fenomeni fisici della propagazione delle onde e fisiologici della loro intercettazione
e, dall’altra, il verificarsi semiopsichico del loro realizzarsi
come suoni e come rumori, la questione è capovolta, perché
un suono o un rumore non esistono che sentiti. Così, diciamo
il cacciatore ha sentito un rumore; la giraffa ha sentito un
21
LINGUISTICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
rumore, ma non diciamo (nonostante sia ottima sintassi) il
cervello ha sentito un rumore; l’orecchio ha sentito un rumore; il ricevitore ha sentito un rumore. Sentire un rumore suppone un processo significante. La semiotica inverte
lo schema classico della comunicazione; a differenza delle
onde meccaniche, i rumori non nascono dalla loro fonte né
viaggiano nello spazio, ma si realizzano nell’ascolto.
Per un soggetto sociale adulto appartenente a una cultura, i
rumori del mondo sono tutti semiotizzati, vale a dire formalmente attesi e predicibili: rumore di vetri rotti, di autobus che
frena, di pioggia, di tempesta, di grida di bambini o di folla in
uno stadio; i rumori insoliti sono rari e pongono delle domande. La nostra capacità di ascolto costituisce una parte culturalmente organizzata della nostra sensibilità1. Un cacciatore
nelle sue profonde foreste sente rumori che un meccanico di
città non sente e viceversa. Questa capacità il cui potenziale
ci è dato all’inizio dall’evoluzione e il cui sviluppo è acquisito con l’educazione e l’acculturazione, è un interpretante (nel
senso di Peirce), vale a dire una memoria effettiva autonoma.
E’ quest’interpretante mnestico che opera la semiosi, la presa
in atto, dei fenomeni acustici come rumori del mondo, perché i rumori sono degli avvenimenti proprio in quanto sono
1 La disposizione preliminare all’ascolto non è nuova. In Kant: «la
materia di tutti i fenomeni ci è data solo a posteriori: la forma deve
essere a priori nello spirito». In Berkeley: «esse = percipi» (essere è
essere rappresentato – in uno spazio). In Peirce troviamo la nozione di
interpretante diagrammatico. In Wittgenstein «Capire un linguaggio è
coglierlo in un simbolismo come un tutto». In Quine: «essere è essere
il valore di una variabile (in un insieme – olismo)» e così via, fino alla
nozione di frame nelle attuali scienze cognitive.
22
dei saperi.
In linea generale, gli esseri viventi dotati di udito percepiscono solo una parte dello spettro sonoro. L’orecchio umano
sente solo i suoni in un delta di variazione che va da 16Hz a
20Hz2. Sopra i 20Hz ci sono gli ultrasuoni. Il cane può percepire suoni fino a 45Hz, il gatto fino a 65Hz, il pipistrello (che
caccia nel buio più totale) e il delfino, fino a 500Hz. Sotto i
16Hz, le vibrazioni dell’ambiente sono gli infrasuoni; sappiamo, per esempio, che gli elefanti comunicano a infrasuoni
a diversi chilometri di distanza. Insomma, visto che ci sono
molti suoni a noi inaccessibili che altri invece percepiscono,
noi siamo, di fatto, quasi sordi.
DAI RUMORI AI SUONI MUSICALI
Posto il capovolgimento della fonte nell’ascolto, anche
la nozione di rumore ha i suoi limiti, e li possiamo sottolineare con dei semplici giochi linguistici (Wittgenstein). Si
dice rumore di stivali, di passi ma non rumore di canto, né
tanto meno rumore di clarinetto. Certo, lo possiamo comunque dire (l’ho fatto proprio ora anche io) ma sono tropismi,
forme che non appartengono all’uso linguistico diffuso. Un
francofono o un italofono userà più volentieri suono di. Cercando anche rapidamente tra gli usi, arriviamo facilmente
alla conclusione che la nozione di rumore si arresta (o almeno, bussa) alle porte della musica. Un rumore di tenore ? un
2 A una frequenza debole corrisponde un suono grave, a una frequenza
elevata un suono acuto.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | LINGUISTICA
rumore di sinfonia, di canzone ? Le restrizioni linguistiche zare ciò che troviamo in uno agli altri. Si tratta, sottolinea
non sono affatto obbligate, a essere obbligate sono semmai Saussure (ripreso da Levi-Strauss), di «sistemi totalmente inle loro contrarie, al costo di non potersi più capire su cosa sia dipendenti». Per Saussure, il linguaggio non è che «una parte
la musica stessa (se tutto è musica e tutto è rumore, niente lo di una scienza generale» che copre tutti questi domini e che
è e così sia)3. Così, il mio vicino del piano di sopra suona la lui chiama semiologia; il linguaggio corrisponde a un campo
chitarra elettrica con un potente amplificatore. Fa un rumore semiotico, la musica a un altro, così come l’aritmetica degli
tale che mi manderà al manicomio. La mia vicina del piano interi e poco altro. Scegliamo un numero ristretto (il più picdi sotto invece suona il violino. Ma è una principiante e pro- colo possibile) di semiologie primarie, dette così perché non
duce suoni orripilanti. Anche lei mi manderà al manicomio, sono derivabili. Questi domini, essendo logicamente distinti
ma non è la stessa cosa. Del
e disposti arbitrariamente,
chitarrista dirò senza mezzi
non sono complementari,
Résumé
termini che fa rumore, della
ma sono mutualmente necessari. La loro combinatoviolinista, che pure scortica
Entre les ondes acoustiques et les bruits il y a une coupure
ria apre una varietà immensa
il mio orecchio pre-formatd’essence montrant que notre capacité d’entendre n’est
tato (semiotizzato), non dirò
di domini derivati nei quali
qu’une part culturellement organisée de notre sensibilité,
lo stesso, se non altro perché
le culture formano le loro
c’est-à-dire un interprétant qui sémiotise des savoirs – Les
non sfonda i miei timpani.
pratiche.
limites sémiologiques des bruits face aux sons musicaux
Succede la stessa cosa per
Musica e linguaggio coet linguistiques – La musique en tant que langage sans
stituiscono dunque due sila pratica della parola. Abbiamo rumori con la bocca
signes, mais qui présente, dans sa structure, un isomorphistemi rispettivamente chiusme avec le langage parlé – De quelle manière les nomma difficilmente rumori di
si. Il linguaggio parlato è un
bres et les écritures du solfège montrent l’inaccessibilité
linguaggio, anche se si tratta
sistema di valori e di segni
de la musique au langage parlé – La genèse dans l’entente
di esplosioni di voce. L’uso
(Saussure); la musica è un
de la source sonore témoigne l’architecture psychique de
storce la bocca ai rumori di
sistema di valori senza sela musique – L’intervalle d’octave en tant que relation
gni. I valori dei due sistemi
parole o ai rumori di frase,
différentielle d’identité (a=b) – Alternance des valeurs
non sono sovrapponibili. La
anche sentiti da lontano;
acoustiques et ethos du timbre.
musica (strumentale), così
la libertà tropologica della
ricca di forme e così variaparola non autorizza tutto.
ta, è intrinsecamente un’arte
Sentiamo suoni linguistici
senza parola, un’arte senza
ma non rumori di sillabe. Le
parole possono essere rumorose ma non sono colte senza tor- significante. Per dirla chiaramente: il linguaggio non è la musione mentale come rumori di umani, mentre lo starnazzare sica, né la musica è un linguaggio6. La musica si mormora, il
linguaggio si bisbiglia, l’inversa non tiene. Sappiamo anche
delle oche lo è di sicuro.
che la simultaneità delle parole non porta all’armonia ma al
LA MUSICA E LA LINGUA PARLATA
disastro significante, perché, contrariamente alla musica, il
linguaggio funziona sull’unicità del ruolo; se c’è più di un
I gruppi umani producono linguaggio e musica4, contano, parlante alla volta, la parola esplode. Basta parlare allo stesso
servendosi della serie dei numeri interi e usano qualche al- tempo e l’effetto è sicuro: la lingua affonda.
tra pratica primaria costitutiva di qualsiasi campo sociale5.
Resta il caso del canto e delle canzoni, che mostrano, graQuesti domini semiotici si ricoprono parzialmente, ma sono devolmente, come il linguaggio e la musica stiano bene indistinti e autonomi. Occorre fare attenzione a non generaliz- sieme. Questa evidenza, data come fattuale, è in effetti un
modo per salvare le apparenze. Certo, una melodia somiglia
alla prosodia del linguaggio ma, radicalmente, le note (grup3 Le musiche contemporanee, come in ogni arte, amano giocare con i
pi di note) non formano né parole né frasi. Non solo, le palimiti. Così qualunque rumore può essere assimilato nella loro musicalità. I
role delle canzoni non sono le parole del dialogo ma testi
musicisti ascoltano attentamente tutti i rumori del mondo. Ma non bisogna
invertire il ragionamento, perché è a partire dalla musica che sentono i
ripetibili:
rumori come tali.
4 Saussure nel suo insegnamento parla di «facoltà dei gruppi umani di
creare le lingue». Questa «facoltà dei gruppi» di creare sistemi semiologici
si oppone radicalmente a qualsiasi facoltà individuale innata. Quest’idea
è sostenuta sin dai tempi dei presocratici. Per Eraclito per esempio «la
ragione non è propria dell’individuo, ma del suo ambiente» (frag. 147,
trad. Battistini).
5 Abbiamo trovato un popolo sul pianeta che non conosceva la serie
dei numeri interi naturali e ne abbiamo concluso un po’ troppo in fretta
che i numeri non erano universali. E’ un ragionamento strano, perché la
questione fondamentale è la seguente: quando sul pianeta troviamo numeri
interi, questi numeri, quale che sia la loro notazione e la loro valenza, sono
dei numeri interi.
6 Per Levi-Strauss la musica è «il linguaggio meno il senso» e per
Stravinsky, nel suo motto celebre: «la musica per essenza è impotente
a esprimere qualsiasi cosa: un sentimento, un atteggiamento, uno stato
psicologico, un fenomeno della natura ecc. L’espressione non è mai stata
la proprietà immanente della musica. La ragion d’essere di questa non è in
niente condizionata da quella. Se, come quasi sempre succede, la musica
sembra esprimere qualcosa, è una illusione e mai la realtà. E’ semplicemente
un elemento addizionale che per tacita e inveterata convenzione le abbiamo
prestato, imposto come un’etichetta, un protocollo, in breve, un’uniforme,
e che, per abitudine o incoscienza, abbiamo finito per confondere con la
sua essenza».
23
LINGUISTICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
La chiamavano Bocca di Rosa,
metteva l’amore, metteva l’amore
La chiamavano Bocca di Rosa
metteva l’amore sopra ogni cosa7
I suoni del linguaggio e i suoni musicali sono dunque molto diversi. I primi sono sillabe definite all’interno della complessità di una grammatica8. Dalla loro parte, i suoni musicali coprono una parte più larga di frequenze udibili e evolvono
anche meno rapidamente, il che favorisce la differenziazione
delle altezze. Così, nella lingua parlata la voce del linguaggio non è né quella del canto, né quella della declamazione
testuale; la parola, in principio, non è cadenzata come nella
versificazione. Le forme rimate e cantate costituiscono delle distorsioni artistiche che non dipendono dai principi della
conversazione corrente. L’accentuazione lessicale o frastica,
per esempio, non è in alcun modo sincrona con una cadenza
di tipo musicale; lo mostra bene il rap, retorica ritmata, che
opera per spostamento sistematico degli accenti.
Vènistedamè inuna chiesàgreste vidissifidèl esadèste ched’è?’
(Veniste da me in una chiesa agreste, vi dissi ‘Fideles adeste che
d’è’?’)9
Insomma, il canto non è il frutto del matrimonio felice della lingua (parlata) e della musica, ma quello della musica di
certe forme di parola preliminarmente testualizzate.
Nera di malasorte che ammazza e passa oltre
nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c’è luna
nera di falde amare che passano le bare10
Esiste nondimeno un isomorfismo di struttura, una sorta di architettura comune tra musica e linguaggio. Un asse
verticale marca le altezze per la musica e le categorie per il
linguaggio. Un asse orizzontale marca il ritmo nella musica
e per il linguaggio le sequenze dei segni. Tuttavia va notata
una differenza essenziale: la musica dispone di un principio
d’identità che si applica sui due assi mentre il linguaggio lo
accetta solo per le categorie (asse verticale). Così, contrariamente alla ripetizione musicale, procedimento corrente, non
si può avere ridondanza (orizzontale) in uno stesso gruppo
linguistico: la frase un bambino è un bambino non è una
ripetizione e non viene capita sul modello tautologico a =
a. In questo esempio il primo bambino designa un oggetto,
poi, in seconda occorrenza, un giudizio. Altro esempio: provi
un uomo a dire a una donna che una donna è una donna e
imparerà a spese del suo sessismo che nella parola non c’è
ripetizione di segni. In breve, i suoni del linguaggio non si
7 Fabrizio De André, Bocca di Rosa (1967).
8 Contrariamente alle apparenze, i fonemi, costituenti delle sillabe,
non sono suoni. Per esempio, le consonanti che sono dei fonemi, sono
impronunciabili senza il sostegno di una vocale. Senza entrare nei dettagli,
il suono del linguaggio comincia dalla sillaba.
9 Caparezza, Felici ma trimoni (2006).
10 Fabrizio De André, Dolcenera (1996).
24
ripetono, tata, papa sono ogni volta suoni distinti. Nella lingua, l’identità a = a è un tropo.
Le arti del linguaggio (retorica, poetica) traggono dalla
musica il principio di ripetizione che a loro manca. Detto
altrimenti, la musica cadenza la lingua. Nel canto, la prosodia del linguaggio (che è una sintassi), si piega alle forme
della misura ritmica. Sappiamo che le assonanze, le rime e il
metro, effetti poetici fondati sulla ripetizione, sono delle forme di godimento: ancora, ancora, ancora… Il grande Count
Basie non esitava: «one more time!» e l’orchestra rieseguiva
la sequenza per l’estasi di tutti. Allo stesso modo, le canzoni
hanno un refrain e nel refrain il pubblico si sente a casa. Ma
la ripetizione musicale, attesa cadenzata, non ha equivalenti nel dialogo; il dialogo corrente evita la ripetizione delle
parole. Il linguaggio e la musica costituiscono dunque due
campi semiotici autonomi.
SOLFEGGIO: NUMERI E SCRITTURE
Nelle culture che praticano la scrittura, la musica elabora
la metrica dei suoi valori sulla teoria dei numeri (Occidente,
Mondo Arabo, India, ecc.). Per la setta dei pitagorici, le altezze musicali di una corda vibrante (monocorde) rinviano alle
potenze dei numeri11. In effetti, nel solfeggio, sotto simboli
diversi, occidentale o sargam carnatico (sarigamapadani), ci
sono solo numeri. Tuttavia, il solfeggio parla ai musicisti ma
non ai profani; la comunicazione tra loro è opaca perché le
scritture musicali (forme numeriche) non sono traducibili in
prosa. Così, per via di questa mancanza di compatibilità tra i
due valori, il discorso sull’esperienza musicale, trascendenza
forzata, resta irrisolto; la musica è ineffabile dicono i filosofi.
Relegato fuori della scrittura che si dà solo con il calcolo,
il discorso che commenta la musica, sorta di filosofia senza
segni, cede alla fine il posto alle scienze. «La musica (scrive
Rameau 1722) è una scienza che deve avere regole certe; le
regole devono essere tratte da un principio evidente, e non è
assolutamente possibile conoscere il principio senza il ricorso alla matematica»12. E cosa importa? L’ascolto musicale,
disposizione antropologica primaria, non suppone, per principio, alcun sapere teorico né tecnico preliminare e neanche
alcuna scrittura; possiamo essere finemente sensibili a un
brano musicale senza saperlo né suonare, né leggerne una
nota. Resta però che cantiamo in quinta nel Caucaso e a Bali,
in terza in Africa occidentale e centrale e anche in Nuova
Guinea, in seconda a Taïwan e in Dalmazia, forse (ma senza
dubbio) senza saperlo13. E così, a parte i musicisti e gli spe11 Si dice la stessa cosa della versificazione classica francese:
dodecasillabi, ottonario, ecc. che possiamo ritmare in valori musicali.
12 Jean-Philippe Rameau, Traité de l’harmonie réduite à ses principes
naturels (1722). Nella storia della musica tonale in Occidente, la
teoria degli accordi di Rameau permette di costruire la gamma per
sovrapposizione di terze e per inversione sulla base di una fondamentale
invariante. Allo stesso modo, per il grande matematico Leonhard Euler
(1707-1783), capire la musica è conoscere i numeri.
13 Quel che vale per le teorie musicali vale anche per le grammatiche
delle lingue, che i locutori ignorano quasi del tutto dal momento che la loro
conoscenza non è per nulla necessaria alla pratica della parola.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | LINGUISTICA
cialisti, che non hanno necessariamente un orecchio migliore
dei profani, il discorso sulla musica si riduce il più delle volte
a una sorta di pathos senza contorni, in cui si mescolano le
emozioni, gli aggettivi e i grandi avverbi.
Il discorso può certamente suggerire e magari anche calcolare la musica in maniera precisa con l’aiuto del solfeggio,
ma non può testimoniare il carattere esperenziale delle forme
musicali. In altri termini, il discorso non può raggiungere la
musica; la musica bisogna ascoltarla. Eppure ne parliamo,
la parola parla di tutto, e ovunque al mondo, in ogni istante,
musica e linguaggio sono mischiati. I trattati disponibili sono
tanti e a questi si aggiungono studi molto severi di musicologia e di etnomusicologia. Possiamo evitare la maldestra
preterizione che consiste nel dire della musica che non si può
dire?
Di musica se ne può parlare solo dal di fuori; l’esperienza sensibile dei suoi valori resta fuori della portata del dire.
Per esempio, il discorso (linguaggio) non può trasmettere,
senza l’aiuto di uno strumento, la semplice esperienza della
differenza tra un accordo minore e uno maggiore e neppure
trasmettere, senza ascolto, la differenza tra le musiche modali e quelle tonali.
L’esperienza sensibile della musica sembra dunque inaccessibile al linguaggio. Tuttavia, non può farne a meno. La
musica non va senza nome. Senza il linguaggio non ha alcun
posto nella città. Così il linguaggio, non potendola afferrare,
l’avvolge nei suoi segni e gli dà corpo sotto forma di funzioni
sociali. A questo punto la parola musica diventa un termine
relazionale (musica di, per, ecc.): musiche da ballo, da divertimento, rituali, dotte, religiose, profane o militari, a cui si
aggiunge la loro localizzazione14: di Bali o del Congo, antica
del Giappone o italiana e altri parametri sociostorici e geografici.
Svilluppando culturalmente il potenziale neuronale di cui
dispone a titolo di anthropos, il soggetto umano, all’opposto
di altre specie, sente la musica come musica e non semplicemente come rumore. Al circo, il cavallo che balla non sente
i suoni dell’orchestra come musica. Gli uccelli, malgrado le
apparenze, non praticano l’unisono, né l’armonia, né compongono nuove arie. Attraverso questa pre-disposizione neuro-semiotica sviluppata nel suo ambiente, l’umano, animale
musicale, si realizza come soggetto. In altre parole, un’aria
musicale è il risultato di un atto di ascolto operato in una
matrice semiotica, in costante attesa; detto altrimenti, un sapere15. E’ proprio questo soggetto ascoltatore che costituisce
l’oggetto di studio della semiotica. Ricordiamo sempre che
i compositori, i musicisti non sono solo produttori ma anche
soggetti ascoltatori16. La questione è dunque rovesciata: il
soggetto della musica è l’altro, l’ascoltatore. La Τύχη (sensibilità toccata) è ormai primaria e riassume la pratica musicale.
L’individuo umano integra la musica del suo ambiente,
intendiamo con ciò un sistema d’intonazione e un sistema
ritmico. Questa doppia architettura memoria non è uno stock
di melodie (rimemorizzazione) ma una tavola caratteristica
di possibili (capacità di ascolto). Così, se la memoria di una
melodia è una rimanenza, la memoria strutturata, semiotica dei valori che permette l’ascolto musicale, è immanente.
Un’aria nuova, mai sentita nella tradizione, una semplice
melodia o una complessa partitura d’orchestra, sono ricevute
perfettamente in quanto si iscrivono in una combinatoria inesauribile, spazio specifico di valori calcolabili.
La nozione di percezione, indispensabile in fisiologia, è
problematica in semiotica. Lascia pensare che la musica si
formi nello strumento, viaggi nell’aria e venga infine percepita, mentre invece nasce come tale, non nell’emissione, ma
nella sensibilità (semioticamente organizzata) del musicista
e del suo pubblico. Nella schema classico di comunicazione
da un io verso un altro, la bocca è sorda e l’orecchio è muto.
Percepiamo le onde, nessuno ne dubita; ma dire che percepiamo la musica vuol dire confondere tutto. Per l’animale
musicale che siamo, la musica non è un fenomeno che viene da fuori. Immaginiamo il caso contrario, una macchina,
un sintetizzatore autonomo, che, in assenza di umani, dia un
concerto a una rete di macchine o a un gruppo di gatti. La
musica bisogna essere lì per sentirla, bisogna che si sia umani perché sia.
Un pezzo di musica è una totalità sui generis, uno spazio di valori chiuso per la definizione dei suoi valori. Basta
sopprimerne un elemento, o che il brano sia incompiuto, e i
suoi uditori, anche se lo sentono per la prima volta, se ne accorgono immediatamente. Supponiamo che nel corso di una
esecuzione un solista sbagli una nota che suona falsa. Cos’è
successo? Il suono sentito ha preso il posto di un altro atteso.
Tale è la semiosi musicale nella sua funzione differenziale
di attesa17.
Appena si cambia punto di vista, dalla fonte generatrice
all’ascolto, tutto si problematizza. Il principio semiotico del
suono implica che ogni volta che si menziona una fonte sonora, siamo tenuti a menzionare l’ascolto in cui quel suono si
forma come valore. La priorità della disposizione all’ascolto
colloca l’artista al centro del campo sociale, non di fronte,
né al di sopra. In altri termini, la musica non è il teatro, dove
l’attore non vede la maschera che mostra. All’inverso, anche
14 H. Bhabha (1994)
15 La distinzione tra poïesis (per il musicista) e estetica (per il pubblico)
stabilita da Jean Molino e Jean-Jacques Nattiez (2009) non può essere
mantenuta, perché il produttore è allo stesso tempo un ascoltatore e un
attante; allo stesso modo, il parlante è un ascoltatore e lo scrittore un
lettore, per definizione. E’ evidente che lo schema d’intercomunicazione
che questi autori assumono nei loro argomenti nasconde loro la divisione
del soggetto.
16 Per Wittgenstein una grammatica è un sistema di comprensione
(understanding). Nota: «Come si può parlare di capire o non capire una
proposizione? E’ evidente che è una proposizione solo quando la si è
capita».
17 Da un sistema di intonazione all’altro un evento dissonante può
passare del tutto inavvertito
LA MUSICA COME ARCHITETTURA PSICHICA
DELL’ASCOLTO
25
LINGUISTICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
se vestito di paillettes e altri artifici visivi, il musicista non
sta sulla scena per interpretare il musicista ma per fare musica, la sua presenza è una persona intera non-riducibile a una
rappresentazione. Così quel che suona il flauto è sentito allo
stesso tempo da tutti i presenti: dal flautista e dal suo pubblico. I filosofi (Wittgenstein) e i linguisti (Saussure, Benveniste) alle prese con questo problema non esitano a dire
che il soggetto emana dal linguaggio, che ne è meno l’agente
quanto la posta. Allo stesso modo, la musica, arte sociale, è
fondata su una capacità comune di cui il soggetto è un noiascoltatore iscritto in ogni ego, ego che, da questo momento,
non è riducibile a un io-esecutore. Questo spostamento concettuale, tutto sommato controintuitivo, non ci impedisce affatto di attribuire il merito delle opere (o l’obbrobrio) all’artista; così come una bella esecuzione può non avere successo
davanti a un pubblico inappropriato. Nel suo narcisismo, un
musicista acclamato da tutti può pensare di esprimere il suo
io profondo, ma non fa che ripetere, a suo modo, quel che tutti si aspettano da lui. Guai a prendersi delle libertà, a uscire
dalla tradizione architettonica, deluderebbe le attese di tutti
coloro che lo ascoltano. I grandi innovatori ne sanno qualcosa; quando il noi non è lì, l’ego è nei guai.
I grandi creatori sono sempre contro-culturali, in qualche
modo, perché le loro opere spostano la cultura e la destabilizzano. Gli artisti, contrariamente alle nostre attese, non
sono lì solo per soddisfare le nostre domande, ma per pervertirle e cambiarle. La soggettività artistica si riduce allora a
solitudine ispirata? No. Perché nella soggettività creatrice il
soggetto non è mai solo. Se tutta l’educazione consiste a far
passare una parte del campo sociale in un soggetto individuale, qualunque creazione corrisponde a una forma trasformata
di restituzione. In altri termini, paradossalmente, le creazioni più rivoluzionarie sono forme di continuità della cultura,
mentre le riproduzioni fatte in nome della tradizione spesso
non sono altro che forme lente e qualche volta impercettibili
della sua degradazione.
L’INTERVALLO D’OTTAVA: UNA RELAZIONE
DIFFERENZIALE D’IDENTITÀ
I sistemi d’intonazione nel mondo sono tutti diversi ma
posseggono non di meno un punto comune, proprio all’umano, che distingue i suoni musicali dai suoni (sovente melodiosi e espressivi) delle altre specie. Fondati sui numeri, i
nostri solfeggi, muniti di misure d’unità proprie, potrebbero
suggerirci sequenze armoniche tendenti all’infinito. Tuttavia,
il continuum non è un buon modello musicale di calcolo, perché la sequenza dei valori armonici è articolata da un principio d’identità. Nella musica occidentale, che divide lo spettro
dei toni in base 8, si chiama ottava18. L’ottava è l’intervallo
18 I modi della musica orientale si strutturano su scale contenenti
intervalli di tre quarti di tono e non di quarti di tono. Ciò che conta è
che l’intervallo in uso sia un multiplo. Per esempio, la terza minore
[tono+semi-tono] (re/mi/fa) o in [semi-tono+tono] (re/mib/fa) diventa [3/4
tono + 3/4 tono] (re/mib/fa), il che fa 1 tono + 1/2 tono in tutto, ma non dei
quarti di tono. La scrittura che parte dai micro-intervalli è tradizionalmente
26
più consonante, il suo rovescio è un unisono.
Nell’intervallo d’ottava, la frequenza del suono più acuto è
doppia di quella del più grave, e così i due suoni, per quanto
differenti, sono sentiti come uno stesso valore (1 ≡ 8)19. Il
principio d’identità in gioco qui non è quello della metafisica classica (a = a) ma quello della logica contemporanea
(a = b). Questa identità differenziale struttura tutti i sistemi
di intonazione. Il canto umano comincia a questo intervallo
fondamentale, la cui identità non è quantitativa ma principale, se fosse quantitativa non potrebbe essere mai raggiunta.
Quando ci mettiamo dal punto di vista della loro produzione,
tutte le scale sono approssimative, ma nell’ascolto musicale
si tratta di attese assolute per i soggetti iscritti culturalmente
nei loro rispettivi sistemi di intonazione. La scala d’ottava è,
senza alcun dubbio, convenzionale e storica, perché quel che
conta non è il numero (otto o settantadue) ma che l’unitàintervallo sia un multiplo, come le barrette di una scala o le
cifre del quadrante di un orologio. Il principio d’identità in
musica è una disposizione antropologica primaria. Le culture, secondo la loro storia, gestiscono le suddivisioni, ma il
principio resta ovunque costante20.
Gli strumenti musicali e la voce sono stranamente restii.
Cantare bene, cantare male, generalmente sappiamo cos’è
perché, in un sistema d’intonazione acquisito, anche se cantiamo male, forse (come chiunque), sentiamo però bene.
Bene, in una scala armonica tonale, vuol dire che un intervallo è un multiplo (esatto) di un altro e un suono, più le sue armoniche sono calcolabili per multipli interi della fondamentale, più è considerato puro. Questa precisione d’intervalli, la
cui produzione è approssimativa, esiste in tutte le musiche,
perché è l’attesa del suono che è in gioco.
La semiosi musicale, in altre parole, la musica come godimento (che non si ferma al principio di piacere), sta nelle
attese e inattese di una soggettività culturale psichicamente
iscritta e non in forme oggettive da percepire e da osservare21. Così, quando il trombone suona una nota della melodia,
le note che precedono, che non sono più presenti, si mantengono in memoria in absentia; sentiamo un suono nell’eco
di un altro che precede attendendone un altro a venire. Per
suonare la nota che segue, bisogna averla sentita nelle armoniche della precedente. La melodia scorre cambiando il presente a ogni ritorno del tempo forte. Così, la grande arte del
impiegata nel mondo arabo e in India. Nella musica araba, l’intervallo è
abbastanza spesso 3/4 di tono e 2/3 di tono come nella mezued tunisina.
Lo stesso dicasi del neï (flauto arabo).
19 Matematicamente, le frequenze dei suoni situati alle estremità di
una ottava valgono il doppio l’una dell’altra; se si sceglie come punto di
partenza la nota standardizzata (La) che ha una frequenza di 440Hz, le
ottave situate da una parte e dall’altra di questa nota avranno per estremità
le frequenze 55, 110, 220, e 880, 1760 Hz, e così di seguito. All’opposto
per discendere di una ottava, la lunghezza deve essere moltiplicata per due,
di due ottave per quattro e di tre ottave per otto.
20 La scala di seconda aumentata (musica araba, indù, russa, ungherese,
rumena, spagnola) si caratterizza per un intervallo di seconda aumentata in
ognuna delle tetracorde che costituisce l’ottava.
21 Schubert parla di musikalische Momente perché, per lui, la musica è
fatta di momenti vissuti e non di strutture oggettive, si tratta innanzitutto
di presenza.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | LINGUISTICA
ritmo consiste nel suonare il tempo forte il più tardi possibile,
all’estremo, ma nella più grande esattezza. Questa suspense,
attesa seguita da una caduta al fondo-di-tempo, è il marchio
di fabbrica del jazz e del Rythm & Blues. All’opposto delle
musiche militari e di certe musiche popolari attuali che marcano il tempo o lo martellano come (o con) delle macchine,
i batteristi di jazz pongono il tempo, tempo esatto, e non di
meno sospeso.
ALTERNANZA DEI VALORI ACUSTICI
Una nota A (La), fisicamente accordata a 440Hz, ha un
valore in D (Re maggiore) dove suona come una quinta, un
valore diverso in F (Fa maggiore) dove suona come una terza. Nel recitativo modale della liturgia romana do-mi-nusvo-bis-cum / et-cum-spi-ri-tu-tuo / o-re-mus, ogni sillaba è
cantata sulla stessa nota (stessa frequenza) ma non è sentita
come uno stesso valore. Allo stesso modo, in Samba De Uma
Nota Só22, il compositore brasiliano, in una scala tonale, ripete una stessa nota facendone variare il valore. Per mostrare
questa distinzione in maniera più generale, sappiamo che i
rubinetti chiusi male gocciolano in alternanza, che gli orologi fanno tic tac, e non tac tac, che le campane fanno din don
dan e gli schiaffi doppi fanno scift sciaft. In queste variazioni
alterne d’ascolto, troviamo il contrario della non-ripetizione
sintagmatica delle lingue di cui abbiamo parlato più su. Così,
zum zum zum (slogan brasiliano, cantato da Mina) non è una
ripetizione. Ci vuole il genio poetico di Gertrude Stein per
scrivere a rose is a rose is a rose.
Il rovesciamento del primato (emissione / ascolto) sviluppato più su s’impone, perché l’alternanza dei valori per una
stessa frequenza si trova nell’ascolto. Del resto lo possiamo
sentire su un pianoforte elettrico, che, in principio, non varia nelle ri-occorrenze. Per convincersene, basta suonare le
prime misure di Samba De Uma Nota Só o meglio di tamburellare le tre prime note del famoso pom pom pom (pom) che
introduce la Quinta di Beethoven, nessuno, per questi incipit,
sosterrà seriamente che si tratti di stretta ripetizione.
ETHOS DEL TIMBRO
Gli strumenti, le voci, si distinguono per i loro timbri, che
sono forme di armoniche. Nozione molto complessa, il timbro non si può scrivere in un solfeggio. Sotto questa fredda
e oscura definizione si nasconde la specificità individuale
di ogni artista, di ogni gruppo o orchestra. La voce di Fela
Anikulapo Kuti, il suono della tromba di Miles Davis o del
sassofono di John Coltrane sono infallibili. Sono la marca
primaria dell’originalità musicale. Nel jazz, il timbro è l’ethos, la persona, lui/lei, immancabilmente, e non un altro.
In Martinica, il canto delle alture, chiamato la-vwa-béf, è la
voce magica dei fuggiaschi che si sentono ancora nella Bélè
(canto locale recitativo) che, nel timbro inimitabile e intonazione tutta particolare, suona come un appello. L’ethos del
timbro è sentito anche da colui che lo produce. E’ la sua arte.
Così, una toccata, una voce, una sonorità naturale o elaborata, risulta una condivisione, un felice equilibrio tra le cadenze del corpo dell’artista e la finezza del suo orecchio.
L’idea di ethos la ritroviamo negli stoici, filosofi in Grecia,
schiavi a Roma, che sostenevano una concezione materialista dell’anima chiamata «soffio artista (soffio: ‘anima’)» - il
corpo che respira è la sola anima che io abbia - e che sottolinea il carattere centrale dell’individuazione del timbro.
L’anima-soffio si applica solo agli strumenti a fiato e al canto, perché tutti i musicisti respirano (compreso il direttore
d’orchestra!). Glissant parla di «respiration cassée de la connaissance souterraine», perché lo strumento serve anzitutto a
respirare; con gli strumenti a fiato, è quando i polmoni sono
vuoti e un po’ doloranti che i suoni sono più belli. In questo soffio tenuto, niente canta come le vocali e niente risalta
come le consonanti: «Io dico, scrive il poeta, che la poesia (la
musica) è carne».
Il godimento della musica giace negli intervalli (di altezza
e di durata) e non solo nelle note. Il tempo svolge l’armonia
nelle durate cadenzate e noi diciamo che l’armonia eleva lo
spirito e il ritmo l’intero corpo. È il ballo.
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27
Magazine
Scienze SRe Ricerche
gennaio 2017
OGNI MESE IN SUPPLEMENTO A SCIENZE E RICERCHE
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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE DELL’ANTICHITÀ
Il simbolismo religioso come
sistema di epistemologia semantica
(note di epistemologia semantica 3)
VINCENZO CROSIO
Storico della conoscenza
P
L’epistemologia semantica è la scienza che rende conto non
er la complessità degli argomenti che riguardei contenuti delle tesi e delle affermazioni di un sistema
dano il pensiero umano, sarebbe una grave
logico formale, ma delle sue implicazioni semiofisiche,
ingenuità oggi nel secondo millennio, in quelsemiobiologiche, semioperative, semioanalitiche, in una
la che Lyotard definisce un po’ troppo enfaparola della continuità e/o delle discontinità morfologiche
ticamente post-modernità (1), non dire che
di un sistema logico formale, indicandone: a) le sequenze
una questione così emblematica, così particolare come l’e‘normali’ (simmetriche); b) le sequenze asimmetriche; c) le
sperienza religiosa, sia possibile affrontarla classificandola
forme topologiche; d) gli assetti paradigmatici. Nel caso del
come argomentazione semplice. E’ ormai da oltre un secolo
simbolismo religioso e del suo sistema rappresentativo le
che l’antropologia, la sociologia e la teologia, hanno restievidenze di epistemologia semantica corrono attraverso par- tuito alla religione la dignità di elemento connaturale dello
ticolari rilevanze semiotiche. E cioè: la pregnanza della sua
spirito umano, superando un equivoco generato da una visiorappresentazione dell’oggetto sacro e la iscrizione simbolica ne positivista e iperrazionale della realtà (2). Non stiamo qui
del suo codice di rapprea ripercorrere la storia di
Résumé
sentazione. Ad esempio
questo equivoco, sfociaper il Cristianesimo la
to nella incauta definiL‘épistémologie sémantique est la science qui nous fait comCroce, per il Buddhismo
zione materialista della
prendre les implications sémiophisiques, sémiobiologiques,
la rappresentazione icoreligione come oppio
sémioanalatiques, sémioopératives, en mot la continuité ou la
nica del Risveglio, la podei popoli. Nel tentativo
discontinuité d’un système de logique formelle, quand indique:
stura del Loto, per l’Edi ridurre il simbolico,il
a) les séquences symétriques; b) les séquences asymétriques; c)
braismo il Candelabro
valore simbolico, a pura
les formes topologiques; d) la stabilité paradigmatique. Dans le
(la Menorah) e il Libro
apparenza della realtà,
cas d’un symbolisme religieux et d’un systéme qui représente
(Tanakh). Questo delia forma iconica della
l’object du Sacré, les évidences d’épistémologie sémantique
nearsi di una immagine
realtà, il materialismo
courent à traver des particuliers reliefs sémiotiques. C’est-a-dire
ed una figurazione che
volgare ha prodotto una
la plénitude de la represéntation du object sacré et l’iscription
addensa simbolicamente
incapacità a comprendesymbolique du code de la représentation. Par exemple pour le
il senso e il significato di
re questo fenomeno da
Christianisme la Croix, pour le Bouddhisme la représentation
un assunto di un intero
parte di coloro che pure
iconique de l’éveil du Bouddha (la posture du Lotus), pour
sistema religioso, può
avrebbero dovuto leggel’Hébraìsme le Candélabre (Menorah) et le Livre (Tanakh).
essere correttamente inre con attenzione le paterpretato ed analizzato
L’émergence d’une image et d’une trace qui condense d’une
gine gloriose di Marx su
dalla sua espressione
manière symbolique le sens et la signification d’une assertion
identità e feticismo (3).
epistemologica (il suo
d’un entier systéme religieux, peut être correctement interprétée
Dunque il XX secolo si
percorso di senso) e dalet analysée par son expression épistémologique (son parcours
incarica, attraverso l’ola grammatica della sua
pera di Levy-Brul, di M.
du sens) et par la grammaire de sa représentation formelle (sa
rappresentazione formaMauss, di Levy-Strauss,
sémantique).
le (la sua semantica).
Max Weber, M. Eliade,
29
SCIENZE DELL’ANTICHITÀ | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
G. Dumezil, W.Benjamin, E. Levinas, di Max Scheler e A.
Ghelen, G. Bateson, S.Y. Rappaport, R. Guardini, di dare
alla religione la dignità di sistema simbolico per eccellenza.
E aggiungiamo noi di sistema privilegiato di epistemologia
semantica, in qualche modo. Un approccio non ontologico
alla realtà come pura soggettività fenomenologica, permetteva ad Husserl (4) e meglio ancora a Merlau- Ponty (5), di
tracciare la rotta verso una definizione antropo-fenomenologica della religione o più precisamente di quell’insieme
di pratiche, riti, culti ed eventi che vanno sotto il nome di
Religione. La Fenomenologìa della religione diventerà disciplina a sé con l’opera monumentale di R. Otto, di G. van der
Leeuw, R. Bultmann, M. Eliade, K. Kerenyi, G. Scholem.
Dunque è per forza di cose che siamo indotti a ricorrere
ad una categoria di sistema. La logica sistematica in realtà
ricorre per la prima vota in Aristotele (anche se la parola la
dobbiamo a Sesto Empirico) che si incarica - allontanandosi
dall’Accademia dopo la successione di Speusippo a Platone di organizzare secondo criteri logici e di sistema appunto non
solo il lascito del sommo maestro, Platone, ma anche dell’intero patrimonio filosofico della Grecia antica. A lui si devono
l’introduzione degli aspetti categoriali delle procedure e dei
sistemi logici, alla cui base secondo Aristotele bisogna ancorare la filosofia. Si tratta di passare dal mondo delle idee,
delle forme platoniche alle successioni logiche degli ordini
fisici, naturali e metafisici. E’ sua la decisone di classificare
tutto lo scibile filosofico in Logica, Fisica e Metafisica, di
distinguere la fase della teologia antica, cioè la speculazione antecedente all’urbanesimo illuminista greco (V-IV sec.
a.C.) e la fase della Scienza come Conoscenza, come epi-
L’iniziazione rituale di un giovane in Malawi
30
stemologìa (6). Questo spartiacque dà per scontato un passaggio epocale, che segna irreversibilmente l’orizzonte della
speculazione occidentale. Il passaggio dalla Trasmissione
orale, mitica della realtà, che aveva fatta grande la Grecia
arcaica e la civiltà egea, con il ciclo dell’Epos Omerico, alla
civiltà della nuova scrittura ereditata dai Fenici di Cadmo.
Le lettere, i caratteri fenici della cananea giudaica, segnano
l’introduzione della nuova scrittura, economica, cittadina e
cosmopolita. Accanto alla nuova scrittura dei Logoi, dei caratteri urbani della Polis greca, vengono trasmesse regole,
sistemi di misura, sistemi politici, sistemi religiosi. Agli dei
scorbutici e dissestati dell’Arcaicità, quali Poseidone, Demetra, Dioniso, lo stesso Zeus, viene sostituito un sistema religioso più attento al tèmenos, al recinto sacro, ai culti, all’aspetto ierofanico e disciplinare del sacro. Ordini religiosi e
profetici, mantici, collegi sacerdotali e ierofanici, scrivono
norme e regole dell’aspetto cultuale. In ogni città greca e della Magna Grecia, sacerdoti del Dio oggetto di culto, conservano linguaggi, riti e procedure che appartengono solo a quel
Dio e non ad un altro (7). Un po’ come oggi sono i santuari
e i tempi di culto maggiori della Cristianità. Le Dionisiache,
le Orfiche, Le Nemee, Le Heree, Le Cibelee, le stesse Olimpiadi, sono eventi cultuali di massa che interrompono il ciclo
ordinato del procedere del Tempo biologico vengono iscritti
nel tempo della polis (8). Il Tempo Religioso, si organizza
a prescindere dal Tempo Politico, dal Tempo Economico,
dal Tempo Evenemenziale. Diventa esso stesso un evento,
diventa “Avvento”.
L’Avvento del Cristo, come già il profetismo oracolare
in Daniele, ad esempio viene percepito come la fine di tutti
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE DELL’ANTICHITÀ
terra; è il ricordo di Apoli tempi storici, la fine delle
lo e Artemide nati a Delos,
quattro età in cui veniva didi Hermes, generato in una
viso il tempo storico, la fine
caverna, Afrodite emerstessa della storia e l’avgente dalle onde dell’Egeo,
vento di un Tempo NuoVulcano che ha la sua casa
vo (9). Diventa il Tempo,
in una operosa officina che
come aggettivazione del
sprizza fuoco” (12). Ecco
Templum, spazio riservato
perché sia stato possibile
al divino, con i propri saprocessare, condannare per
cerdoti, con i propri sacrifiempietà persino Socrate,
ci, con le proprie cadenze e
che si difende dall’accusa
ritmi corali, con i propri riti,
di non onorare gli dei, cicon i propri codici linguitando la sua disposizione
stici, con la propria dramfilosofica come attuazione
maturgìa. Si pensi a quella
di un detto oracolare (l’oierofanìa grandiosa che è
racolo di Delfi): “Gnothi se
la Tragedìa greca: Tempo
auton! Conosci te stesso!”
di una Festa, Tempo libe(13). Il Giudaismo e poi il
rato alla normatività del
Cristianesimo perfezionequotidiano, Tempo a volte
ranno l’assetto giuridico,
dell’eccesso e del sacrifilegislativo, procedurale del
cio, Tempo in cui il Divino
culto, adottando una parola
taglia di netto la temporache sintetizzerà l’aspetto
lità e scrive il suo Nome
rituale, l’aspetto religioso,
secondo un altro ordine e
l’aspetto teandrico della recodice normativo, secondo
ligione: la liturgia. Azione
il suo essere Nume, il suo
drammatica, spettacolare
esse deus (10). La speciavolta a rendere esplicito ai
lizzazione del sacro diOfferta tradizionale di fiori al Lingam a Varanasi in India
devoti, l’atto di culto (14).
venta la specializzazione
Che dunque da parte di
dell’atto sacrale che il dio
Marcel Detienne, Levy–
inaugura e fa. Ogni divinità, ogni santuario ha il suo particolare daimon, e ogni daimon Strauss, E. Durkeim, M. Eliade, M. Rodinsonn, E. Poulat,
ha il suo nume tutelare, e ogni nume tutelare o santo stabili- M.R. Hayuon, A. Cheng, M. Granet, R. Gombrich, A.M.
sce il suo particolare carisma e il carisma del nume tutelare Di Nola, Enzo Pace e A.M. Terrin (per citare i maggiori) si
stabilisce il territorio, il dominio del sacro, la sua santità. “Se sottolinei la Religione come sistema di riti ed atti liturgici,
si ha a che fare con una geografia interna o implicita nei miti, per indicare l’evento di culto, ci induce ,oggi, a poter dire
similmente le categorie specifiche della mitologia possono che non si può parlare della Religione, delle Religioni senservire ad organizzare lo spazio, a delineare il paesaggio e i za parlare dei sistemi di linguaggio, semiotici, rituali ad essi
suoi dintorni. Ogni accidente del terreno può essere di sup- connessi. Fosse anche il sistema cultuale, culturale del Vodu
porto ad una frase del rituale, ad un gesto del cerimoniale e il o del Candoblè.
Scrive Seneca, a proposito della differenza di visione del
paesaggio si trasforma in una mitologia in rilievo del quale il
più piccolo dettaglio rivela un’azione eroica, la traccia di un mondo greco-romana, filosofica e pagana, e quella etrusca,
dio, l’ingiunzione di un silenzio o la minaccia acustica di una fortemente intrisa di valori religiosi ed escatologici: “Questa
interdizione” (11), così M. Detienne descrive il delinearsi del è la differenza tra noi e gli Etruschi…: noi pensiamo che i
territorio sacro che il Nume, la potenza del numinoso, traccia fulmini si producano in seguito all’urto delle nubi; essi invesul territorio che così resta ritualmente delineato. L’urbazio- ce ritengono che le nubi si scontrino perché si possano prone del territorio, la cardinalizzazione degli assi centrali della durre fulmini e infatti, poiché attribuiscono tutto alla divinicittà, la disposizione dei tribunali e delle are sacre, dei tem- tà, sono convinti che le cose hanno un significato non perché
pli, i luoghi della foresta e i luoghi dell’abitato, i luoghi dove avvengono, ma che esse avvengono in quanto portatrici di
si manifesta il daimon, il genius loci, i recinti sacri dove si significati) (Sen. n.q.II, 32,2). In questo passo Seneca, lucicelebra il culto al dio o la tenda dell’Arca santa dove si ma- dissimo, mette in rilievo la differenza tra una speculazione
nifesta il Dio, lo zampillare delle acque, i banchetti cerimo- naturalistica greca e poi romana con la concezione teologica
niali, le libagioni, che seguono o anticipano il sacrificio ani- e teleologica del mondo propria degli etruschi, che la elemale, lo scuotimento di un terremoto, sono la ritualizzazione vavano a vera e propria Disciplina sacerdotale, aruspicina,
cerimoniale di atti religiosi. “In Grecia, gli dei nascono sulla in cui tutto il mondo fenomenico viene inquadrato in senso
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SCIENZE DELL’ANTICHITÀ | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
religioso e ritualistico in prodigia, ostenta e portenta.
Ci sono dunque aspetti culturali, antropo-filosofici e specifici che devono essere affrontati dentro e non fuori il sistema
di linguaggio che il fatto religioso inaugura. La religione è
un sistema orientato verso la ricerca di senso, in questo caso
l’evento fondante: la Morte e la Resurrezione del Cristo, Il
Nirvana del Buddha, la trasmissione della Thorà a Mosè,
l’Ascesa al cielo di Maometto (14).
Ma un sistema cos’è? Ci pare utile e doverosa una definizione di una certa proprietà perché parlare di sistema religioso vuol dire porre la religione stessa sul piano dell’evento
e ancor più della metacomunicazione che essa attiva, della
sua epistemologia semantica. Nella definizione che ci pare
più appropriata, riportiamo qui di seguito le parole di Niklas
Luhmann: “In genere il concetto di sistema viene definito ancora nel suo significato tradizionale di un tessuto di rapporti
che ordinano le varie parti in un tutto. Tuttavia, dietro questa rappresentazione di un ordine puramente interno di parti
che si uniscono per formare un tutto, affiora una concezione
del sistema di natura completamente diversa. Essa intende
il senso della formazione del sistema non solo in un ordine
puramente interno di parti, ma nel conflitto del sistema con
il suo ambiente; soltanto questa problematica infatti indica
quale ordinamento interno può affermarsi con successo e
deve essere conservato e protetto dalle minacce provenienti
dall’ambiente. Tale concezione del sistema trova il suo simbolo fondamentale nell’organismo vivente” (15).
Se la prima parte non pone problemi al senso comune di studiosi e non, la seconda parte dell’affermazione di
Luhmann è di un certo rilievo in quanto pone il problema
della demarcazione territoriale dell’evento di culto. E non
potrebbe essere altrimenti. Chi potrebbe negare che la Morte e la Resurrezione del Cristo sia uno spartiacque all’interno della concezione continuista della religione ebraica? Ne
sono coscienti gli Ebrei e quanti si pongono oggi il problema
dell’ebraicità del Cristo, dentro la continuità della fede ebraica (16). Chi si potrebbe opporre alla specificità dell’Islam
dentro la triade del Monoteismo? Il problema non è lì evidentemente, ma nel fatto che una identità sociale e religiosa organizzata in un sistema ideologico e dottrinario, di fatto pone
una questione di conflitto politico e giuridico sulla natura
stessa del sistema che si autoorganizza (17). Come attesta
la storia del Cristianesimo che si affermò dentro e contro il
sistema politico imperiale romano (18). Dunque un qualsiasi
sistema biopolitico, organizza anche una demarcazione della
sfera semantica e comunicativa, una biosemiosfera (19), che
costringe gli altri sistemi ad autorganizzarsi reciprocamente,
a definire se stessi come sistemi non identici ma dinamici
e polemici tra di loro. Anzi potremmo considerare il senso
di questa definizione di Luhmann, il senso stesso dell’organizzazione del pensiero che pensa. Sull’importanza cognitiva delle strutture semantiche di confine, sul concetto di
bordure, di boundary così si esprime J.M. Lotman: “Poiché
il confine è un elemento necessario alla semiosfera, essa ha
bisogno di un ambiente esterno non organizzato e quando
manca, se lo crea. La cultura non crea infatti soltanto la sua
32
organizzazione interna, ma anche un tipo di disorganizzazione esterna. Così l’antichità si è costruita “ barbari” e la
coscienza “il subcosciente” ed ancora: “quello che dal punto
di vista interno ad una cultura appare esterno non semiotico,
si può presentare ad un osservatore esterno come la periferia
semiotica di quella cultura. Il punto da cui passa il confine
di una cultura, dipende così dalla posizione dell’osservatore” e poi ancora: “Il confine è un meccanismo bilinguistico,
che traduce le comunicazioni esterne nel linguaggio interno
della semiosfera e viceversa. Solo col suo aiuto (del confine)
la semiosfera può così realizzare contatti con lo spazio extra sistemico o non semiotico) (20). Questo è evidente per il
vivente, per la storia delle idee, ed infine per la storia delle
religioni e del pensiero religioso.
Senza ricorrere a teorie troppo raffinate, alla mente modulare di un sistema introdotta da Fodor e Minsky, che pure ha
un suo grande fascino e valore dentro la complessità dei sistemi mentali e artificiali, possiamo concordare con Luhmann
e ancor più col concetto di biopoiesi promosso da Francisco
Varela e da H. Maturana, ma già definito da C. Bernard nella
metà del XIX secolo, per cui non esiste in natura un sistema assolutamente semplice, in quanto un sistema è di per
sé complesso, dovendo reggere una complessità di funzioni
di alta specializzazione biopoietica, biocostruttive (21). La
stessa cellula vivente è un immenso sistema di connessione.
In ogni caso basti pensare ad una rete ferroviaria, per avere
un’idea precisa di quel che diciamo. Un sistema culturale,
per chiudere, ogni sistema direi, mette insieme, raccoglie
dentro di sé diversi elementi, costituendo un particolare contesto di senso, che a sua volta determina una differenza con
altri contesti. Determina piani di consenso e piani di dissenso, istituisce differenze e morfogenesi.
Determina addirittura campi di senso e topologici. Secondo le diverse accezioni, religione vuol dire sia re-ligare, riunire, legare insieme, costituire un ordinamento, sia leggere
di nuovo, reinterpretare (22). La religione come sistema di
senso e di segni, da un lato rilega, mette insieme vari significati e campi di significato: il sacro, il divino, l’evento che annuncia, il culto, i linguaggi che significano il culto, la liturgia
(23). E dall’altro rilegge, dà una interpretazione, pratica una
ermeneusi dei segni, degli eventi e dei casi, reinterpretando il
senso di accadimenti altrimenti illeggibili, trascinando dietro
di sé, moltiplicando altri mondi semantici. Inaugura la semiogenesi e la ritualizzazione di linguaggi attraverso un uso
particolare del corpo. Le danze e i canti dei coreuti - nella
tragedia greca il ditirambo di Dioniso - sono scandite secondo un’accezione tutta particolare, secondo misure ritmiche,
che daranno poi nella scultura, origine ad uno dei linguaggi
artistici più simbolici di tutta l’antichità. I gesti e le parole
del sacerdote sono gesti e parole particolari, che segnano, demarcano, denotano confini. I sacerdoti aruspici etruschi e poi
romani hanno il compito di interpretare i segni del divino, la
volontà degli dei. Di sacralizzare tempi e spazi. La fondazione delle città ad esempio, l’urbare, il tracciare con l’urbum,
la parte bassa dell’aratro, segna con l’aratro il confine della
città ma anche chi vi abita e indica nel forestiero colui che
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE DELL’ANTICHITÀ
Abside della basilica di San Vitale a Ravenna. Cristo offre la corona di martire a San Vitale, mentre un angelo offre un modello di chiesa al vescovo Ecclesio.
non vi appartiene (24). Include ed esclude, in un gioco che
è di cittadinanza, di diritto di cittadinanza, di protezione, di
salvezza in qualche modo, e di esclusione. Il lasciare la città
o esserne costretto, esserne bandito è quasi una maledizione,
per chiunque. Il re di Tebe, Edipo, si acceca dopo aver scoperto che il crimine da lui commesso, l’aver giaciuto con la
propria madre, ha causato una pestilenza inguaribile se non
con una espiazione: la sua cecità e l’abbandono della città.
L’esilio viene percepito come la più disastrosa catastrofe
perché espone l’individuo o un popolo, ad uno statuto di eccezione: non aver nessun diritto. E dunque essere esposti al
pericolo. Il bando di Caino viene segnato da Dio sulla fronte
e riserverà a lui e alla sua stirpe, alla sua tribù, i Cainiti, l’esilio nomadico in eterno: quel segno sulla fronte gli salva la
vita ma lo condanna all’esilio eterno. “Saggi, siate guardinghi nelle parole perché potreste essere condannati al castigo
dell’esilio, ad andare in esilio in un luogo di acque cattive
e i discepoli che vi seguono bevendone ne morrebbero e il
nome del cielo ne risulterebbe profanato”, afferma la Misnah, in Avot, “I padri” (25). Paolo di Tarso al contrario può
reclamare per sé un giudizio equo in quanto civis romanus:
vuole ed ottiene di essere giudicato da un tribunale romano.
Vuole ed ottiene di essere scortato per mare da un manipolo
di soldati romani fino a Roma. Siamo dunque all’interno di
un sistema che predetermina una genealogia di senso di una
vastità spropositata, che nega o autorizza, segna i giorni in
Fausti e Nefasti, attribuisce gerarchie o scioglie enigmi. Il
potere sacrale dunque ha in questo caso un altro senso, il
senso proprio del Carisma, il Potere di chi può perché ha
ricevuto in dono, in grazia, un potere che lo autorizza, gli dà
auctoritas. Nell’antico linguaggio italico maddix è sia giudice che medico (meddix) ma perché è in antico un mantis,
uno che dispone di una sapienza sacra, che pratica la mantica
ed ha mathema, sapienza della mente (26). Di cui l’inglese moderno mind conserva ancora sia il senso di funzione,
cervello, sia quello di coscienza, sia quello di capacità oltre la mente stessa, nel senso di mente generale, che guarda
a trecentosessanta gradi. Un po’ come dire la mente di Dio
o la mente di Buddha, una specie di super- coscienza. Nel
giapponese di Maestro Dogen Zenji è la coscienza hishiryo,
la coscienza assoluta, come nel greco epibolè e nel tedesco
weltanschauung, che è una specie di intuizione, un rapporto
diretto quasi compartecipativo della mente col suo oggetto.
Nell’antico sanscrito è uno xsatrya o Buddha, un risvegliato.
Nell’antica Grecia determina il potere vero e proprio dell’Arconte Basileus, di un capo spirituale che ne fa l’alter ego del
Primo Arconte, del Capo del governo della città. L’equivalente del Rex sacrificulus in Roma antica, delle origini. Lo è
altrettanto il mitico Minosse per la Creta antica che istituisce
la Legge e la Religione. Lo è Zeus dikaios, Giove giudice
e legislatore dell’universo per gli Elleni; Moshè ed Aronne
sono reciprocamente il Condottiero e il Sacerdote. E a Moshè
Dio rivela La Thorà e ancor prima gli consente di aprire le
acque in palude del Mar Rosso, con un bastone che ha del
33
SCIENZE DELL’ANTICHITÀ | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Taiko, tamburo giapponese
portentoso. E’ il primo Condottiero e Sapiente taumaturgo
d’Israele. I re Achemenidi in Persia rivestono il proprio regno di una sacralità che genera segni e significati tutti particolari: “Il re Achemenide, diversamente da altre concezioni
della sovranità,risulta essere più una funzione investita da un
potere (xsay) che eredita funzioni e carismi delle monarchie
vicino orientali di Urartu, di Assiria e di Babilonia, perpetuando la loro articolata costruzione ideologica di rappresentazioni e scenografie del potere… e autorizza a considerare
questo regno come un ‘impero dei segni’, in cui la figura del
sovrano configura uno spazio di rappresentazioni e scenografie del potere il cui punto focale è il re”. Nella Francia merovingia, carolingia, nell’impero romano-germanico e cristiano, i re sono re taumaturghi,addirittura santi, come San Luigi di Tolosa. Sono tutti Capi carismatici che governano un
particolare dominio, la guida del proprio popolo, la vita e la
morte dei sudditi. Al Re santo viene riconosciuto un particolare carisma (27). Come presso gli Ebrei veniva riconosciuto
un particolare carisma, trasmesso attraverso l’unzione sacra
ad un particolare Re, il Messìa, il Consacrato. Saul e Davide
per esempio sono sacralizzati con l’unzione del Massìah, che
riconosce un particolare carisma, una particolare missione
divina (28).
Per capire esattamente la complessità di un sistema religioso, i suoi riferimenti cultuali, testuali e di finalità etica
verso il fedele, citiamo quanto riferisce Jacob Neusner, studioso del giudaismo, nel suo magistrale lavoro “I fondamenti del giudaismo”, ma il cui rigoroso statuto metodologico
può essere esteso ad ogni sistema religioso: “Ritengo che un
quadro chiaro e succinto dei fondamenti del giudaismo fornirà un esempio di come, a partire da diversi scritti, si possa
34
descrivere una vasta e complessa tradizione religiosa. Infatti
credo che per analizzare qualunque grande religione si debbano porre le stesse domande: come opera questa tradizione
religiosa, cioè come risale dai propri libri sacri alla sua più
ampia collocazione? In altre parole, come passa dal contenuto al contesto? Questa religione come spiega ai propri fedeli
i suoi scopi e i suoi fini? Questa tradizione come presenta,
in un unico simbolo evocativo, l’insieme della sua dottrina?
Esponendo, all’interno di queste categorie, il sistema giudaico della doppia Torah (Torah scritta e Torah orale), spero di
fornire un utile esempio di analisi di un sistema religioso a
partire dai suoi scritti, in sostanza un esercizio di descrizione
religiosa” (29).
Ma la direzione verso una sistemazione trasversale dei dati
antropologici, etnologici, storici e religiosi nel senso della
metacomunicazione sistemica, la dobbiamo a due grandi
personalità del pensiero culturale del Novecento, C. LevyStrauss e C. Geertz, che nelle loro opere fondamentali, sebbene totalmente diverse l’una dall’altra per ispirazione, hanno cambiato il volto dell’antropologia e del pensiero delle
scienze umane, come metodologie e approccio paradigmatico. C. Levy-Strauss ha fatto dell’antropologia, una piattaforma ardita nelle strutture cognitive dell’uomo, dando luogo
ad una modalità di pensiero che sarà definita da Foucault
come archeologia dei pensieri, mentre C. Geertz ha intuito
genialmente il carattere interpretativo delle culture umane.
In “La religione come sistema culturale” definisce non solo
i modelli di cultura ma soprattutto il carattere di sistema culturale della religione come un sistema di simboli che agisce a
tutti i livelli delle strutture di senso. La religione per Geertz,
non è solo un enorme deposito di credenze, culti ed atti litur-
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE DELL’ANTICHITÀ
gici, ma è anche un profondo esercizio di interpretazione del
mondo da parte della cultura umana: “In quanto problema
religioso, il problema della sofferenza non è paradossalmente, come evitare la sofferenza, ma come soffrire, come fare
del dolore fisico, del lutto personale, della sconfitta terrena o
della contemplazione impotente dell’agonia altrui qualcosa
di sopportabile, di sostenibile… Se la religione, da una parte
fonda il potere delle nostre risorse simboliche per formulare concetti analitici su una concezione autorerefenziale che
pone in luce la forma generale della realtà, dall’altra àncora
il potere delle nostre risorse, anch’esse simboliche, per esprimere emozioni, stati d’animo, sentimenti, passioni, affetti,
sensazioni, a una concezione analoga che pone in luce la pervasività, la complessità e l’armonizzazione intrinseca della
realtà” (30).
Siamo adesso in grado, dopo aver definito in che senso la
religione sia un sistema di senso, di dare alcune coordinate
spazio temporali, di metter alcuni punti fermi senza i quali
ogni discussione in termini di religione, di pensiero religioso
come sistema di senso, diventa ovvia o peggio inutile.
Innanzitutto ci riferiamo a ciò che G. Deleuze nella “Logica del senso” definisce come significazione: “Dal punto di
vista della significazione, consideriamo sempre gli elementi
della proposizione come “significanti” implicazioni di concetti che possono rinviare ad altre proposizioni capaci di servire da premesse alla prima. La significazione si definisce
attraverso quest’ordine di implicazione concettuale, in cui la
proposizione considerata interviene soltanto come elemento
di una “dimostrazione”, nel senso più generale della parola,
sia come premessa, sia come conclusione” (31).
In seconda istanza, chiamiamo questi punti fermi “argomenti”, nel senso teorico e filosofico del termine, così come
l’intende Chaim Perelman nella sua opera fondamentale:
Traitè dell’Argumentation, Trattato sull’Argomentazione e
L’empire rhetorique, il Dominio della retorica (32). L’argomento di una significazione deve avere capacità, non di
dimostrare una verità, ma di porre all’attenzione del lettore o
dell’ascoltatore, la possibilità stessa di decidere della validità
dell’argomento in questione. Che rappresenta una questione
fondamentale nella formulazione di ipotesi, processi cognitivi, più o meno verosimili, più o meno accertabili, più o meno
referenti ad autorità epistemologica e semantica. Dunque, nel
campo di una ipotesi (in questo caso il simbolismo religioso
come ipotesi di prova di una epistemologia semantica) si affacciano problemi cognitivi di cui vale la pena sperimentare
l’assunto, contrariamente a negare a questo assunto proprietà
di significato simbolico ed effettuale. (33)
NOTE
1) J.F. Lyotard. La condizione post-moderna. Feltrinelli
2) G. Filoramo. Le vie del sacro, ai parag. 1, il paradosso
della religione, e 2, la religione tra modernità e postmodernità. Einaudi; R. Tagliaferri. Fenomenologia del sacro. Introduzione e il paragrafo: Per uno statuto epistemologico del
sacro. Ist. Superiore di Scienze Religiose SS. Vitale e Agri-
cola. Bologna; E. Poulat. Lo statuto variabile e contestato
della religione in Atlante delle Religioni. Utet
3) R. Madera. Identità e feticismo, in particolare il capit.
4 della prima parte, e il cap. 2 della seconda parte. Moizzi.
4) E. Husserl. Idee per una fenomenologia pura. Introd.; I,
15; Einaudi
5) M. Merlau Ponty. Fenomenologia della Percezione (Introduzione). Bompiani
6) a) Aristotele. La Metafisica - Introduzione di A. Viano.
Aristotele. Analitici secondi. I, 2; I, 4. Utet; b) D. Allan. La
filosofia di Aristotele nei paragrafi: Come opera la sapienza e La logica formale. Lampugnani Nigri ed.; J. Ritter, nei
parag.: “Origine e senso della Theoria” e in: “Aristotele e
i Presocratici”. Metafisica e politica. Marietti; E. Severino.
Legge e caso. pagg. 16-29. Adelphi. Sui caratteri teologici
e non scientifici dell’antica filosofia, Aristotele così si esprime: “Dai primi e più antichi teologi è stata tramandata ai
posteri, in forma di mito, una tradizione, secondo la quale
il divino abbraccia tutta la natura” (Met. XII 8, 1074° 38-b
3). Dopo San Tommaso e Bernardo di Chiaravalle, sarà F.
Boll (Vita contemplativa), F.J. Festugière (Contemplazione
e via contemplativa in Platone) e poi lo Jagaer (La teologia
dei primi pensatori greci) a interpretare la più antica filosofia
come teologia.
7) M. Detienne. Lo spazio della pubblicità, pagg. 10-21,
in Sapere e scrittura in Grecia. Laterza; A.Marini. Santuari
e luoghi di culto, pagg. 69-72, in Civiltà micenea e civiltà
greca. Il mondo antico. Salerno ed.; M. Untersteiner. Verso
la conquista dell’Individualismo, pagg. 37-38, in Sofocle.
Lampugnani.; Nicole Loraux. Alcune esperienze umane del
divino, pag. 204, in Atlante delle Religioni. Utet.
8) J. P. Vernant. La Grecia, pagg 70-73. In Atlante delle
Religioni. Utet
9) A. Momigliano. Le origini della storia universale, pagg.
25-55, in Tra storia e storicismo. Nistri Lischi ed.; K. Pomian. L’ordre du temps, pagg. 120-122. Gallimard; R. Koselleck. Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici.,
pagg. 119-120. Marietti
10) Ed. Federico. Culti, miti, feste: una religione nella società. Il Mondo antico. Salerno Ed.
11) M. Detienne. Puissance du jaillissement. Entre mythes
e paysages., in Il destino della Sibilla, pag. 144. Bibliopolis
(la traduzione del brano dal francese è mia); Sul concetto di
sacro e sul daimon in Grecia vedi il bellissimo: H.G. Gadamer. Religione e religiosità in Socrate, in L’ anima alle soglie
del pensiero nella filosofia greca. Bibliopolis
12) Giulia Sissa, Nicole Loraux. La Grecia antica, pag.
200, in Atlante delle Religioni. Utet
13) Platone. Apologia di Socrate, in Opere. Utet; H. G.
Gadamer. L’anima alle soglie del pensiero nella filosofia
greca; Religione e religiosità in Socrate, pagg. 26-33. Bibliopolis
14) N. Luhmann: Scopo-Potere-Sistema in “Stato di diritto
e sistema sociale”. Guida ed.
15) Leo Baeck. Il Vangelo: un documento ebraico.Giuntina
35
SCIENZE DELL’ANTICHITÀ | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
17) H. Atlan. Complessità, disordine e autocreazione del
significato. Feltrinelli
18) M. Meslin. Il cristianesimo antico, in La Religione,
vol II. Utet
19) Sul concetto di biosemiosfera vedi mio editoriale su:
biosemiosfera.bogspot.com
20) J. Lotman. La semiosfera. L‘asimmetria e il dialogo
nelle strutture pensanti, pagg. 62 e 63. Marsilio
21) A.M. Iacono. L’evento e l’osservatore. a) L’autopoiesi
e Claude Bernard. Pagg. 113-127. Pierluigi Lubrina ed.; F.
Varela. Quattro pilastri per il futuro della scienza cognitiva.
“Pluriverso” 5, n. 2, 2000.
22) E. Benveniste, alla voce “religione e superstizione”.
Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee. Vol. II Einaudi.
23) G. Filoramo. Dizionario delle religioni, alla voce liturgia. Einaudi; G. Bonaccorso. Il rito e l’altro. La liturgia come
tempo, linguaggio ed azione. pag. 172; G. Nahon e C. Touati,
Il tempo sacro e i riti, in Il Giudaismo; G.Roux.Luoghi sacri
e comportamenti, in L‘antica Grecia; P. Gros.La gerarchia
degli spazi e il templum, in Roma, tutti in Pratiche: gesti,
parole, oggetti e tecniche. Atlante delle Religioni. Utet
24) A. Grillo. La riscoperta del Rito come dato della Teologia, pagg. 7-11. Istituto Italiano Zen Soto. Dispensa del
Seminario Teologico; G.Ieranò. La polis sulla scena, in “Il
mondo antico”. La Grecia, vol. II, pagg. 563-573. Salerno
25) Misnah. 1,11. La Misnah, Torah she-be-‘al peh, Torah
orale è il primo documento ebraico dopo la Scrittura, dopo
la Torah scritta, Torah shebi-khthabh. In essa sono raccolti
gli insegnamenti di maestri che vissero dall’inizio del primo
secolo fino all’ultimazione della Misnah stessa, verso il 200
d.C. La Thorà dunque si divide in scritta e orale, i cinque
Rotoli, Meghillà, del Pentateuco e la Tradizione orale degli
insegnamenti rabbinici della Misnà e del Talmud.La caballah è l’insegnamento mistico della Torah, riservato da alcuni
rabbi, maestri, a particolari allievi ed emerge come tradizione scritta solo durante il medieovo in Egitto, in Provenza e
in Renania ma trova in Spagna intorno al XIII secolo la sua
formulazione più clamorosa, con il dibattito tra le tre mistiche, cristiana, ebraica e musulmana. Per saperne i più vedi G.
Scholem. Le grandi correnti della mistica ebrica. Einuadi e
R. Goetschel. La cabbalà. Giuntina; Sull’esilio di Caino.Gen.
4,16-17; Gen.10; M. Venturi Ferriolo: “Caino costruisce la
sua città ad oriente di Eden, bisognoso di una protezione per
la vita propria e dei suoi” pag. 234, in Paesaggio, giardino e
progetto, in Estetica e paesaggio. Il Mulino
26) E. Benveniste: alla voce “med e la nozione di misura”
in Il Vocabolario delle Istituzioni indoeuropee. vol II. Einaudi. Per la generalità della questione sapienziale oracolare
in Grecia: J.P Vernant: Mito e pensiero greco. Einaudi; G.
Colli. La sapienza Greca. Adelphi; W.F. Otto. Gli dei della
Grecia. La nuova Italia.
27) E. Campanile. Antichità indoeuropee, pagg. 32-33, in
Le lingue indoeuropee; E. Benveniste: La regalità e i suoi
privilegi: alla voce “rex” e alla voce “la regalità ellenica” in
Il vocabolario delle Istituzioni indoeuropee, vol II. Einaudi.
Per la trattazione generale: Il G. Doumezil. La religion ro36
maine archaique. Gallimard e G. Doumezil. Les dieux souvrains des Indo-Europeens. Gallimard; G. Pugliese Carratelli. Minos e Cocalos in Cadmo e Orfeo. Il Mulino; A. Marini.
La struttura della società e l’esercizio del potere: dal wanax
al basileus, in Civiltà micenea e civiltà greca, op. cit.; A. Piras. Ideologia, carismi del Gran Re e scenografia imperiale,
in Medi e Persiani: Dall’Iran al Mar Egeo, in Il Mondo antico
vol. III, pagg 318-320; E.H. Kantorowitz. I due corpi del Re.
L’idea di regalità nella teologia politica medievale. Einaudi;
J. Le Goff. alla voce Re in Dizionario dell’Occidente medievale. Einaudi; F. Parente. Le istituzioni politiche del popolo
d’Israele, in Storia delle idee politiche economiche e sociali.
Utet; F. Parente. La figura del re nelle sue implicazioni sacrali, in Il pensiero politico ebraico. Storia delle idee politiche
economiche e sociali. Utet
28) G. Busi. Simboli del pensiero ebraico: alla voce masiah. Mondadori; F. Parente. Le concezioni messianiche:
loro significato politico e religioso, in Il pensiero politico
ebraico, op. cit.; R.Scharf Kugler. Re Saul e il popolo di Dio,
in Psiche e Bibbia. Giuntina
29) J. Neusner. I fondamenti del giudaismo. pagg. 9-10.
Giuntina
30) C. Geertz. La religione come sistema culturale, pag.
159 in Interpretazioni di culture. Il Mulino. Così C. LevyStrauss in Mitologia, pag 27-28 a proposito della simmetria
e significato delle strutture culturali: “Noi non pretendiamo
di mostrare come gi uomini pensino nei miti, ma viceversa
come i miti si pensano negli uomini, e a loro insaputa. E
forse conviene spingersi ancora più in la, facendo astrazione
da ogni soggetto per considerare che, in un certo modo, i
miti si pensano fra di essi”. Viene in questo modo posto il
problema delle strutture di pensiero pensanti, dialoganti, in
qualche modo presente in Lacan e Barthes, nella grammatica generativa di N. Chomsky, fonte e origine della Logica
Bologrammatica che trova incredibilmente il suo padre fondatore nel genio smisurato del nostro G.B. Vico che così si
esprime nella Scienza Nuova, nel libro I, nella II parte alla
XXII considerazione: “E’ necessario che vi sia nella natura
delle cose una lingua mentale comune a tutte le nazioni, la
quale uniformemente intenda la sostanza delle cose agibili
nella vita socievole, la spieghi con tante diverse modificazioni… Questa lingua è propria di questa Scienza con la quale
potremmo formare un vocabolario comune a tutte le lingue
articolate diverse, morte e viventi.”
Per quest’ultima questione vedi: N. Badaloni. Introduzione a Vico. Laterza; V. Crosio. Tra sensismo e magia. Saggio
sopra l’opera monumentale di G.B. della Porta e G.B. Vico,
Maestri della conoscenza, pagg. 40-47. Edizioni della biblioteca. Pareto, Pozzuoli. Per un’ampia e complessiva veduta
generale della questione metodologica: M. Detienne. Metodi
e teorie nel campo religioso, pagg. 566-67. In Atlante delle
religioni. Utet
31) G. Deleuze. Logica del senso, pag. 20. Feltrinelli
32) Ch. Perelman-L. Olbrechts. Trattato dell’argomentazione, pagg. 7, 71, 73, 553, 536. Einaudi; Ch. Perelman. Il
domino retorico, pagg. 25-26, 35. Einaudi
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE DELL’ANTICHITÀ
33) Vincenzo Crosio. Novum theatrum orbis terrarum:
scritture, immagini, simboli ed iconografie (note di epistemologia semantica 2), in Scienze e ricerche, n. 42 del 1° dicembre 2016.
Nota supplementare: *dha, radice, radicale antico nelle
forme proto indoeuropee, dunque anche nella forma sanscrita, deve intendersi il terreno costituito, la costituzione materiale; terra, terreno organico come ad esempio nella damater,
damatera, terra madre,dea madre, colei che ci ha generato
e che ci alimenta; nella intuizione Aristotelica, la Potenza
della natura, la sua dynamis, il suo essere dyus, dyaus, dio
potente, un dio, nella sua forma, nel suo nomen, potenza del
verbo, nama. E a ben vedere è anche in questo senso in cui va
inteso: e sia fatto il tuo Nome, il farsi del Nome, Shem Shemaym, nella preghiera rituale ebraica e cristiana (J. Neusner.
I fondam. del giudaismo. Giuntina). Secondo una tradizione
medievale poi, durante la liturgia del sabato, viene cantato
l’Inno “L’anima in ogni vivente” Nishmat kol chaj, attribuito
a Shimon ben Kefà, cioè all’Apostolo Pietro (Pnina Navè
Levinson. Introduzione alla teologia ebraica. pag. 93. ed.
San Paolo). Per tutta la questione etimol. vedi P. Chantraine.
Dizionario etimologico della lingua greca. Parigi; Le lingue
indoeuropee a cura di Anna Giacalone Ramat e Paolo Ramat.
Il Mulino; per Dieus, dio, dyaus, vedi l’insuperato Dyaus,
varuna, pagg. 74-75 e Zeus, pag. 87 in Trattato di storia delle
Religioni. G. Dumezil. Boringhieri; per il radicale dha, dhar,
vedi E. Benveniste. Istituzioni indoeuropee, pag. 359, vol.
II, Einaudi.
37
A
ll’età di 246 anni, Taddeus Sierpinskij ci ha lasciati. Un’età ragguardevole, certamente;
ma, ciononostante, una grave perdita per la Scienza e la Cultura. Non ci si può non
chiedere, infatti, quante altre gemme di pensiero avrebbe potuto regalare all’umanità
il Nostro, se solo avesse potuto stare con noi ancora qualche tempo. Sulla sua età
Egli soleva spesso scherzare: «Non è mio merito - amava ripetere - si tratta soltanto
di buona salute». E spesso soggiungeva: «Buona salute che mi deriva probabilmente dall’aver
imparato sin da bambino a dire: ‘No!’». Come ebbe a rimarcare una volta, durante una sua
conferenza all’università di Cambridge: «Di fronte ad una persona di oggi sono senza dubbio un
fenomeno da baraccone; di fronte ad un profeta pre-diluvio sono invece soltanto un giovanotto di
belle speranze». Ma ora, purtroppo, se n’è andato per sempre.
(dall’introduzione)
[email protected]
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | MATEMATICA
Livelli di matematizzazione e stadi di
sviluppo delle teorie scientifiche
BRUNO CARBONARO & FEDERICA VITALE
Dipartimento di Matematica, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Caserta
Le scienze, come tutte le attività umane, si evolvono nel
tempo, modificano i propri metodi e i propri obiettivi, e
presentano in tempi successivi stadi di sviluppo diversi. In
questo lavoro si tenta di argomentare la convinzione che,
per le scienze che ambiscono ad essere «normative», e non
puramente tassonomiche o descrittive, stadi di sviluppo
più evoluti, e caratterizzati da maggior potere predittivo e
maggiore flessibilità rispetto a risultati sperimentali inattesi,
corrispondono ad interventi più massicci della matematica,
e soprattutto del suo metodo assiomatico-deduttivo, nel loro
linguaggio e nelle loro argomentazioni.
C
1. INTRODUZIONE
ontrariamente a quanto si può credere, la
parola «matematizzazione» — a dispetto
del suo suono truce e del suo apparente
riferimento a un’attività da iniziati — ha
un contenuto intuitivo che dovrebb’essere
noto non soltanto a coloro che svolgono studi scientifici, ma
a chiunque sia dotato di una cultura media (in particolare
agli studenti delle scuole medie superiori e dell’Università)
e abbia affrontato alcuni problemi proposti nelle riviste di
enigmistica. Naturalmente, talvolta, per portare a un livello cosciente questo contenuto intuitivo, occorre far riflettere
sull’etimologia e su qualche esempio. «Matematizzare», si
troverà, vuol dire «rendere matematico». Ma questo è piuttosto vago. Sorgono immediate altre due domande: che cosa si
può matematizzare?1 E come?
Nella discussione che segue, ci proponiamo anzitutto di
richiamare brevemente le risposte che immediatamente sorgono in mente a tutti in merito alla prima domanda, e poi
1 Ad esempio, nella sua prefazione a [29], Lucio Lombardo Radice argomenta: «sebbene ci siano problemi non matematizzati (e, a mio parere,
non matematizzabili) … ». Questa frase è del tutto oscura se non abbiamo
già risposto a questa domanda.
analizzare la seconda. Cercheremo di mostrare che esistono
diversi modi di «matematizzare» che però non dipendono
soltanto — come sarebbero subito disposti a pensare e dichiarare quasi tutti i matematici e moltissimi fra coloro che
si sono trovati o si trovano a usare la matematica nella loro
attività lavorativa — dal fatto che il patrimonio delle idee
matematiche si articola in un vero e proprio firmamento di
nozioni, teorie e discipline astratte distinte e indipendenti
l’una dall’altra, che possono spesso farsi corrispondere, ma
in genere non si spiegano né descrivono a vicenda, ma da
qualcosa di più profondo, che in qualche modo corrisponde
allo stesso sviluppo storico della matematica dai tempi più
antichi sino ad oggi, e ai diversi modi in cui si sono atteggiati
i suoi interventi nella cultura e nella scienza. Speriamo anzi
di riuscire a mostrare — anche se, per ovvi motivi di spazio,
saremo costretti a farlo soltanto per accenni — che l’evoluzione di questi interventi è speculare a quella delle scienze
che se ne giovano. In proposito, la tesi che intendiamo illustrare è che la matematizzazione si può pensare articolata in
tre livelli:
1. il livello puramente quantitativo-geometrico (quantificazione);
2. il livello formale (formalizzazione);
3. il livello logico-linguistico (assiomatizzazione).
A questi tre livelli corrispondono altrettante caratteristiche
delle descrizioni scientifiche del mondo. Come cercheremo
di argomentare ed illustrare nel seguito, le scienze propriamente dette che possono «matematizzarsi» soltanto ai primi
due livelli sono le cosiddette «scienze descrittive» oppure le
«scienze tassonomiche». Le descrizioni del mondo che hanno ambizioni normative o predittive ma si fermano al primo
o al secondo livello devono considerarsi ancora nella loro
forma «prescientifica». Pertanto la distinzione tra i livelli di
matematizzazione e l’analisi del livello che caratterizza la
pratica di ciascuna scienza ci consente di individuare il suo
tipo oppure il suo stadio di sviluppo.
39
MATEMATICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Questa discussione si articola in quattro ulteriori Sezioni:
in particolare, la Sezione 2 offrirà una discussione il più possibile sintetica di ciò che oggi può intendersi per «matematizzazione» di un qualsiasi sistema di descrizioni mutuamente
correlate di opportune porzioni del mondo empirico, mentre
ciascuna delle altre tre introdurrà e discuterà un diverso livello di matematizzazione, ne fornirà alcuni esempi, e discuterà
il modo in cui essa caratterizza alcune scienze.
2. COSA DOVREBBE INTENDERSI PER
«MATEMATIZZAZIONE»
Chiunque possegga una sia pur minima familiarità con la
matematica, anche se a un livello elementare, dovrebbe comprendere facilmente che cosa significhi «matematizzare».
Ma, per rendere questa esposizione il più possibile autosufficiente, cercheremo di delineare qui il senso di questa attività
com’è e dev’essere intesa oggi, con particolare riferimento
allo sviluppo attuale delle scienze e all’esattezza e alla condivisibilità delle loro affermazioni sul mondo.
Va da sé che la discussione non potrà che apparire ai più
incompleta e superficiale, soprattutto riguardo all’elencazione dei riferimenti bibliografici, che — moltiplicatisi a dismisura nell’ultimo secolo a partire dai dibattiti sui fondamenti
della matematica e sul suo ruolo nella conquista di una «conoscenza» riconoscibile universalmente come tale — da soli
potrebbero riempire una biblioteca. Ma dev’essere chiaro
che, anche in mancanza di citazioni esplicite, non si pretende
qui di presentare idee tanto nuove da non essere mai state
neppure adombrate in almeno alcuni elementi della vastissima letteratura epistemologica corrente, ma soltanto di evidenziare, soprattutto agli occhi degli scienziati specializzati
professionisti, una prospettiva che ancor oggi molti tendono
a trascurare. Perciò, riteniamo che l’inevitabile «rarità» dei
riferimenti bibliografici, e il tono un po’ naif dell’esposizione potrebbero meritare una certa indulgenza.
Ciò premesso, il naturale punto di partenza della nostra discussione sembra essere l’eliminazione di un equivoco, poiché la parola «matematizzazione» ha una connotazione ben
precisa nell’ambito della storia e della filosofia della scienza. Nella vastissima letteratura al riguardo [9, 20, 23, 27] si
usa spesso l’espressione «matematizzazione della natura»2
per identificare il metodo che, fondandosi sulla sua (troppo
citata) affermazione che l’universo «è scritto in lingua matematica» [9, 19, 20], si considera introdotto da Galileo nella descrizione dei fenomeni meccanici. Così interpretata, la
«matematizzazione della natura» risulta l’elemento caratteristico delle scienze moderne (la fisica, anzitutto, e poi chimica, zoologia e botanica, geologia, biologia, etc. … ), secondo
2 Riesce spontaneo osservare che — secondo questa espressione — non
si matematizzano le formulazioni dei problemi o le descrizioni degli oggetti e dei fenomeni naturali, ma direttamente questi ultimi. Probabilmente, si tratta solo di un’espressione infelice che alla fin fine vuol dire la
stessa cosa, tuttavia la scelta lessicale è interessante, perché sembra voler
sottolineare il presunto scopo di sostituire, non solo interpretare, con nozioni matematiche i contenuti stessi dell’esperienza.
40
molti critici [23] essenzialmente legato all’obiettivo pratico
di prevedere e dominare gli eventi naturali stabilendo
connessioni ragionevolmente certe e precise (ossia basate su
misure che possano considerarsi tali) tra fenomeni non solo
distinti, ma anche del tutto indipendenti, ma almeno in parte
fondato sulla concezione platonico-pitagorica dell’armonia
dell’universo [20].
I due aspetti basilari della matematizzazione galileiana
(che alcuni autori, tuttavia, riconducono a Copernico e a
Luca Pacioli) sono (1) la procedura di associare a oggetti e
fenomeni empirici oggetti matematici (numeri reali ed enti
geometrici euclidei) e (2) la concezione «di principio» (cui
si deve la nascita delle scienze moderne) secondo la quale
questa procedura deve essere applicabile ad ogni oggetto e
fenomeno dell’universo. Ma, proprio per questo, attenersi a
questo significato storico della parola «matematizzazione»
sarebbe un errore grave, in almeno due sensi.
Da un lato, la pura e semplice procedura del matematizzare è ovviamente molto più antica di Galileo. In un ambito
puramente scientifico, la legge della spinta idrostatica di Archimede e la sua formulazione delle condizioni di equilibrio
(uguaglianza tra i momenti — forza x braccio — dei pesi)
che hanno condotto ai principi di funzionamento delle leve,
della stadera e delle carrucole mobili, sono autentici esempi
di grande matematizzazione «galileiana» molto ante litteram. Ma, in termini assai più generali, una forma basilare di
matematizzazione deve riconoscersi risalire quasi agli albori
dell’homo sapiens, e fare tutt’uno con la nascita stessa della
matematica nelle sue forme oggi considerate più elementari
(aritmetica e geometria «intuitiva»). Un uomo primitivo che
dica: «Ehi! C’è un lupo … e (poi) un lupo … e (ancora) un
lupo!» dà una descrizione esattamente empirica (qualitativa)
delle sue percezioni; ma nel momento in cui dice:«Ehi! Ci
sono tre lupi!», sta matematizzando. Associa alla sua esperienza un oggetto matematico (il numero «tre»), e se ne serve
per darne un resoconto sintetico. Allo stesso modo, il capo
di una tribù primitiva che ritenga necessario sacrificare una
pecora a un’oscura divinità, dovendo scegliere tra le greggi
dell’uno o dell’altro dei membri della sua tribù, può decidere di essere del tutto arbitrario, capriccioso e casuale; ma
può decidere di sacrificare dal gregge più ricco, se e solo se
ha acquisito una visione «matematica» delle greggi, ovvero
se vede questa proprietà (la ricchezza), la cui definizione è
già un atto di creazione matematica, e impara a confrontarne i gradi. Il conteggio è la prima forma di matematizzazione. E quando il nostro antenato primitivo impara a farsi
(«scrivere», qualunque sia lo strumento che usi per farlo, per
esempio una pietra affilata, e qualunque sia il suo supporto
di scrittura, per esempio un ramo o un pezzo di osso [5]) un
promemoria del numero dei lupi (o di pecore, o di nemici, o
di possibili prede) nasce la matematica.
L’espressione quantitativa non soltanto è antichissima, ma
anche altrettanto naturale delle descrizioni qualitative. Gli
inizi del linguaggio umano logicamente articolato poggiano
sull’astrazione, e precisamente sull’invenzione di nomi per
cose e gruppi di cose (nomi comuni) e proprietà (predicati e
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | MATEMATICA
aggettivi sostantivati). Un momento di riflessione potrebbe
convincerci del carattere astratto di quasi tutte le parole che
usiamo. Limitandoci ai nomi comuni e agli aggettivi sostantivati, riconosciamo che, ovviamente, non esiste il cane, ma
solo i singoli cani, né il colore rosso, ma solo i singoli oggetti rossi, né la ruvidezza, ma solo i singoli oggetti ruvidi.
Parlare della proprietà di essere cani, com’è implicito in frasi
quali «i cani sono carnivori», o dei colori o della ruvidezza,
comporta l’acquisizione dell’abitudine a un certo livello di
astrazione, senza dubbio ben presente a Platone [35] nello
sviluppo della sua nozione di «idea», e a tutti i logici da Aristotele [2] in poi. La nascita della matematica si deve allo
stesso tipo di astrazione: non si vede alcuna differenza tra le
frasi «Fido è un cane» o «questa mela è rossa» e «i miei fratelli sono una terna» (o «sono tre»). La differenza, semmai,
sta nella procedura di acquisizione della percezione e della
conseguente definizione delle due proprietà. Per la prima,
basta l’osservazione casuale; per la seconda, presumibilimente, serve l’esperimento. Più precisamente, un bambino
(o un uomo primitivo) che veda un fiore rosso qui e una mela
rossa domani a molti chilometri di distanza coglie subito la
sensazione comune che poi si tradurrà nella proprietà «essere
rosso». Ma se vede tre fiori su un cespuglio qui e tre frutti
su un albero lì, il carattere comune richiede uno sforzo di
attenzione: deve contare, il che significa che deve costruirsi
(per esempio con tre dita) un promemoria dei tre fiori, e poi
osservare che — per costruirsi un analogo promemoria per
i frutti — può usare le stesse tre dita. La costruzione degli
elementi di un linguaggio evoluto e quella delle nozioni matematiche a partire dalle esperienze sono dunque procedure
identiche, basate entrambe su un confronto.
La novità della matematizzazione galileiana rispetto alla
«matematizzazione naturale» sta nell’aver esplicitato e codificato il metodo di confronto tra grandezze variabili col
tempo, e di aver così dato, nella scia di Copernico [15] e Keplero, il decisivo impulso all’introduzione esplicita del concetto di «funzione». Così, l’esempio dei grandi scienziati dei
secoli XVI e XVII è un’ulteriore conferma della sostanziale
identità tra la necessità della matematizzazione e lo sviluppo
della matematica come disciplina.
D’altra parte, la matematizzazione galileiana era naturalmente progettata e fondata sulla matematica disponibile ai
suoi tempi, ossia essenzialmente sull’algebra e sulla geometria euclidea. Attenersi ad essa (come purtroppo ancora
accade in molte scienze contemporanee), nella definizione
o anche solo nell’applicazione della procedura di matematizzazione, sarebbe antistorico e significherebbe, da un lato,
limitare (e banalizzare) tanto gli scopi della matematizzazione quanto le procedure che la caratterizzano, dall’altro,
commettere una grave colpa contro la percezione obiettiva
dell’evoluzione storica, trascurando sia quella di tutte le
scienze sia quella della matematica stessa nel suo complesso. A questo proposito, in questa esposizione tenteremo di
evidenziare come l’evoluzione della matematica, soprattutto
nel periodo dalla scoperta delle geometrie non-euclidee ad
oggi, renda parziale e antiscientifica l’interpretazione della
matematizzazione come analisi delle dipendenze funzionali
tra classi di misure, in quanto limita le possibilità evolutive
della scienza stessa. In effetti, vorremmo che risultasse chiaro che la deliberata scelta di questa sola interpretazione denota un’altrettanto deliberata resistenza a qualsiasi possibile
cambiamento di paradigma [24].
Perciò, se non vogliamo cadere in questo errore paralizzante, dobbiamo interpretare la «matematizzazione» nel
senso più ampio possibile, non soltanto come procedimento
per attribuire alle nostre esperienze, agli oggetti e alle loro
proprietà, delle etichette numeriche o geometriche, ma come
procedura di rappresentazione, che di fatto sostituisce alcuni
contenuti della nostra esperienza con nozioni matematiche,
scelte tra tutte quelle che oggi la matematica descrive nelle
sue teorie, e ragiona su queste; a conclusione del ragionamento, si ritraducono le conclusioni raggiunte in termini di
fatti sperimentali, e l’accordo o il disaccordo delle descrizioni così ottenute con le nostre constatazioni empiriche stabilisce il successo, totale o parziale, o l’insuccesso del nostro
tentativo di matematizzazione. In altre parole, si «matematizza» in genere nell’ambito delle scienze che vogliono avere, nella loro descrizione del mondo, un valore «normativo»
o «predittivo», ossia mirano a stabilire regole di connessione
tra le nostre esperienze, ed orientare le nostre attese.
Questa interpretazione non è personale e arbitraria, e neppure del tutto nuova. Oggi, fortunatamente — sia pure nella
forma riduttiva del «mathematical modeling» [6,7,12], altamente specializzata e mirata a risultati pratici accuratamente
circoscritti, così da perdere di vista la visione panoramica
essenziale al vero progresso della scienza — è oggi anche il
senso più largamente condiviso, anche se probabilmente non
sarebbe unanimemente descritto nella forma che abbiamo
proposto, che, in termini più precisi, ma più arcigni, che il
lettore non familiare col linguaggio filosofico e matematico
può saltare a pié pari senza ledere la comprensibilità del seguito, può enunciarsi come segue.
1. la matematizzazione deve intendersi come un procedimento strettamente logico e metodo-logico;
2. sotto il profilo logico, riguardante la descrizione degli
oggetti e dei fatti dell’esperienza, essa è un procedimento semantico, attraverso il quale si rappresentano oggetti ed eventi empirici e le loro relazioni (e perciò anche i problemi che li
riguardano) tramite nozioni matematiche, che naturalmente
vanno cercate e scelte fra tutte quelle che oggi la matematica
offre, grazie alla sua evoluzione storica, e che vanno ben oltre le nozioni di «misura» e «disposizione spaziale»;
3. sotto il profilo metodologico, le ipotesi e le argomentazioni riguardanti le proprietà delle «immagini matematiche»
dei contenuti dell’esperienza vanno rispettivamente formulate e sviluppate coi metodi attuali della matematica, quali
sono venuti configurandosi nel corso del suo sviluppo (con
particolare riguardo agli ultimi due secoli).
Nel seguito, cercheremo di mostrare che le scienze seguono in generale questa procedura a diversi livelli, identificabili
attraverso l’esame delle nozioni e dei metodi matematici che
scelgono di utilizzare. In particolare, individueremo i tre li41
MATEMATICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
velli di matematizzazione indicati nell’Introduzione, cercheremo di descriverli e caratterizzarli, di mostrare che scienze
diverse, con scopi diversi, possono attenersi ai primi due livelli, o anche soltanto al primo, ma che le scienze che mirano
a fornire un quadro predittivo particolarmente ampio rispetto
alla classe di fenomeni della quale si occupano non possono
che intraprendere procedure di matematizzazione al massimo livello. Conseguentemente, il loro stadio di sviluppo può
essere valutato e definito in base al loro livello di matematizzazione, e non esiteremo a valutare come «prescientifico»
lo stadio di sviluppo di quelle fra esse che si sono fermate ai
primi due livelli.
Fra l’altro, questo ci consentirà di offrire una reinterpretazione dell’abituale e ormai scontata distinzione tra le scienze comunemente qualificate come soft e le classiche scienze
hard, o «esatte» (tipicamente la fisica e la chimica), che si
riconoscerà non essere riconducibile unicamente o principalmente ad aspetti intrinseci delle scienze, ma soprattutto a
stadi del loro sviluppo.
3. MATEMATIZZAZIONE QUANTITATIVOGEOMETRICA DELLE DESCRIZIONI EMPIRICHE
Il primo livello di matematizzazione, quello che abbiamo
chiamato di «quantificazione», o quantitativo-geometrico,
avrà in questa discussione un ruolo quasi puramente introduttivo, e perciò sarà trattato molto brevemente. Ed anche
gli esempi di quelle scienze che ad esso si attengono, o si
sono attenute agli inizi del proprio sviluppo metodologico,
costituiranno un catalogo decisamente minimale. Del resto,
sarebbe impossibile esaminare i livelli (e le necessità) di matematizzazione, non diremo di tutte, ma di una percentuale
sufficientemente elevata dell’enorme numero delle scienze
moderne, senza scrivere un trattato in più volumi.
Precisando quanto abbiamo detto nella Sezione precedente, per sottolineare la nostra interpretazione di ciò che
dovrebbe intendersi per «matematizzazione», questo primo
livello consiste precipuamente nelle procedure di conteggio
e misura (e, contestualmente, nell’introduzione delle prime
grandezze «fisiche», come il peso3 e la velocità4), e nell’associazione di figure geometriche «stilizzate» alla percezione
dei terreni da recintare e coltivare (si pensi all’etimologia
della parola «geometria»).
Questo, tuttavia, è semplicemente il procedimento di matematizzazione più ovvio ed elementare, e non a caso è il
più antico. Sarebbe un grave errore logico ed epistemologico
pensare che il primo livello di matematizzazione si esaurisca
in esso. Due strumenti potenti ed
estremamente diffusi di matematizzazione quantitativa
sono la statistica descrittiva e la probabilità [13], una procedura e una nozione strettamente legate l’una all’altra ed
3 Che solo molti secoli dopo l’introduzione della bilancia a bracci uguali e della stadera si sarebbe scoperto essere, più correttamente, la massa
gravitazionale.
4 Che permise di valutare le distanze in «giorni di cammino», «ore di
corsa a cavallo», e così via.
42
emerse esplicitamente, descritte ed elaborate stranamente
tardi rispetto al tacito uso che l’uomo ha quasi certamente
dovuto farne sin dai primordi per la soluzione dei suoi problemi di apprendimento e decisione [21, 42, 44], o anche
solo per orientarsi nei giochi d’azzardo [16]. Entrambe concorrono talvolta, quando opportuno, a descrivere fenomeni
(ripetuti) o comportamenti di (classi di) oggetti o individui.
Ci riferiremo perciò alla prima come «descrizione statistica», e alla seconda come «descrizione stocastica».
Inoltre, con la creazione della geometria analitica, la rappresentazione geometrica «stilizzata» di (classi di) oggetti
empirici si raffina. I contenuti dell’esperienza, quando identificabili con gruppi di misure, si rappresentano con punti del
piano o dello spazio. Siamo alle porte del secondo livello
di matematizzazione, che identificheremo come «formalizzazione», e che si compirà, come vedremo nella prossima
Sezione, con la considerazione di spazi a più di tre dimensioni e l’acquisizione della capacità di descrivere le relazioni
tra misure in termini di (sistemi di) equazioni di luoghi geometrici. Ma, finché ci si attiene alla rappresentazione simbolica, siamo ancora al primo livello di matematizzazione. Un
esempio, tratto proprio dal prototipo delle scienze esatte, la
fisica, e specificamente dalla meccanica, varrà a chiarire senza ambiguità la natura di questo primo livello: si tratta della
cinematica (dei corpi rigidi quanto di quelli deformabili, anche nel caso limite in cui si considerino sperimentalmente
non rilevabili i moti delle loro diverse parti le une rispetto
alle altre), non a caso ormai tradizionalmente considerata
come mera «base linguistica» per formulare i problemi e le
leggi della dinamica e della statica, e nella quale si introducono la velocità, l’accelerazione e tutte quelle grandezze
geometriche che ci forniscono i criteri per una rigorosa tassonomia dei diversi tipi di possibili moti.
Quasi tutte le scienze utilizzano questa «matematizzazione» di primo livello costituita dai quattro tipi di descrizione
che stiamo considerando in questa Sezione: il quantitativo
e il geometrico — di cui abbiamo visto poco prima qualche esempio elementare — e lo statistico e lo stocastico.
Le scienze della natura (fisica, chimica, biologia, zoologia,
botanica, mineralogia, … , etc.), ovviamente, basate non
soltanto sull’attenta osservazione dei fenomeni, ma sulla necessità di riferire gli esiti degli esperimenti in termini non
ambigui, condivisibili e correggibili, ossia su attività iniziali consistenti nella raccolta di «dati», ovvero di risultati di
misurazioni precise; ma anche alcune delle scienze umane
(antropologia, psicologia, economia, e persino, sotto alcuni
aspetti, la filologia — in quanto utilizza più o meno esplicitamente considerazioni combinatorie e analisi di regolarità
sintattico-semantiche5 — e anche la critica letteraria, almeno in riferimento alla poesia, quando si analizzano i diversi
tipi di «musicalità» dei versi. Più in generale, possiamo dire
che questo genere di matematizzazione interviene in tutte le
scienze che abbiano una sezione per la quale sia stato coniato un nome col suffisso «-metria»: così, l’antropologia ha
5 Che sono analoghe a certi tipi di corrispondenze geometriche.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | MATEMATICA
l’antropo-metria [26], la psicologia ha la psico-metria [1],
l’economia ha l’econo-metria [43] e la filologia e la critica
letteraria, quando applicate a testi poetici, hanno la prosodia
e la metrica dei versi.
La psicologia, ad esempio, nella descrizione e nell’elaborazione delle proprie indagini sui comportamenti umani e
sulle pulsioni che li determinano, fa oggi un vasto uso (cfr.
[1, 14, 17]) di punteggi, che da un lato fanno quasi spontaneamente riferimento a un’«intensità» (tanto degli uni quanto
delle altre), dall’altro, come vedremo nel seguito, possono
costituire un prezioso strumento iniziale per inferire leggi
di dipendenza tra stati psicologici e comportamenti. Come
primo passo verso questo metodo d’inferenza, si adotta un
linguaggio geometrico, rappresentando condizioni psicologiche complesse come punti di uno spazio cartesiano a più
dimensioni, le cui coordinate sono i punteggi associati ai diversi comportamenti (e caratteri psicologici collegati).
Un altro esempio, lampante nella sua sedimentazione storica, ci è offerto dall’economia, trasformatasi da branca della
filosofia a studio naturalmente quantitativo con l’introduzione delle nozioni di «prezzo», «valore», «domanda» e
«offerta» (intese rispettivamente come quantità di beni
richieste oppure prodotte e immesse sul mercato), che alla
fin fine non fanno altro che trasporre in termini descrittivi la
presenza fisica del denaro nelle attività economiche [32,40].
Questa quantificazione diviene più specificamente statistica
(in senso descrittivo) in ambito macro-economico, nel quale
si utilizzano medie aritmetiche o somme di dati individuali
per descrivere le condizioni economiche di intere collettività.
Ora, la questione che vogliamo porre è: basta questo tipo
di matematizzazione al pieno sviluppo di tutte queste scienze? Nelle Sezioni che seguono ci sforzeremo di mostrare che
la risposta è, in generale, negativa, o, più precisamente, dipende dallo scopo che ciascuna scienza si prefigge. Qui, a
questo proposito, possiamo limitarci ad osservare che essa
sembra rispondere pienamente alle esigenze e agli scopi di
scienze come la zoologia, la botanica, la mineralogia, l’antropologia, e persino vaste branche della biologia e della
chimica. In effetti, queste scienze sono descrittive (hanno
spesso in parte lo scopo di fornire delle tassonomie il più
possibile esatte e non ambigue6) ed «esplicative», cioè, laddove non mirino semplicemente a scoprire ed evidenziare
analogie e differenze, formulano ipotesi sulla loro origine. E
tuttavia, in questa ricerca di spiegazioni, anche queste scienze debbono spesso ricorrere al secondo livello di matematizzazione. Se, come abbiamo visto nella Sezione precedente,
la «matematizzazione quantitativo-geometrica» delle descrizioni delle nostre esperienze deve considerarsi, tanto in una
6 Riteniamo doveroso osservare esplicitamente che si tratta di un compito
tutt’altro che semplice: richiede un profondo spirito di osservazione, attenzione per i dettagli, e una grande accuratezza nel descrivere i contenuti
dell’esperienza, oltre che — spesso — una grande sensibilità alla presenza
o all’assenza di trasformazioni geometriche di tipo metrico o anche solo
topologico tra i diversi oggetti di sperimentazione. Questo chiarisce sia il
titolo della Sezione, sia l’insistenza che abbiamo posto sul fatto che ciascun livello di matematizzazione si evolve insieme con gli strumenti che la
matematica è capace di fornire per esso.
prospettiva puramente logica quanto nella prospettiva storica
(almeno fino alla fine del secolo XVIII), non solo contestuale
ma essenzialmente coincidente con la stessa «creazione della
matematica», ora possiamo notare che — proprio per questo
— essa è troppo elementare per esaurire le necessità descrittive e argomentative di ogni scienza che non voglia limitarsi
ad essere puramente descrittiva e tassonomica.
4. FORMALIZZAZIONE, RELAZIONI EMPIRICHE ED
ARGOMENTAZIONI
Nella Sezione precedente, abbiamo visto, in sostanza, che
un complemento — se non essenziale — molto utile e potente della nostra conoscenza e della nostra descrizione del
mondo esterno, un fondamentale arricchimento delle nostre
esperienze, è il riconoscimento delle forme e l’introduzione
della nozione di «misura», che è poi la nozione unificatrice
di tutte le procedure di associazione di etichette numeriche
ai contenuti delle nostre osservazioni. Abbiamo anche visto
come l’attività scientifica si giovi di questa nozione per rendere le proprie descrizioni meno arbitrarie, più precise e universalmente condivise.
Questa nozione, tuttavia, è legata da un lato a una chiara prescrizione delle procedure di misurazione, attraverso le
quali si quantificano certi contenuti dell’esperienza, dall’altro alla definizione di «che cosa stiamo misurando». Questi
due aspetti sono strettamente interconnessi, e si traducono
nelle nozioni di «variabile», «parametro» e (nome più infelice di tutti) «grandezza». In effetti, la ripetizione delle procedure significa che stiamo misurando lo stesso parametro,
che ne resta definito, e d’altra parte esso è «variabile» perché
differenti ripetizioni, in circostanze diverse, produrranno in
generale valori numerici distinti.
L’introduzione di queste nuove nozioni offre nuove percezioni, e perciò la possibilità di nuove descrizioni, coi
problemi che ad esse possano accompagnarsi, aprendo in
definitiva la strada alla procedura descrittiva e conoscitiva
che abbiamo identificato come «formalizzazione». Questa,
in effetti, consiste in una ben precisa sequenza di passi, per
comprendere la quale si può fare riferimento a un fenomeno
semplice (o meglio, alla classe di tutte le sue possibili ripetizioni): quello che, qualitativamente, si può descrivere come
«caduta sul pavimento di un qualsiasi oggetto che era fermo
in un luogo elevato della stanza». Si quantifica la descrizione del fenomeno misurando (almeno) l’altezza del posto
dove l’oggetto è inizialmente e il tempo tra il momento in cui
lo vediamo cominciare a muoversi e quello in cui urta il pavimento; ma il primo passo verso la formalizzazione si compie
quando riconosciamo che, usando la stessa cordicella (magari graduata) e la stessa clessidra, possiamo descrivere in
termini quantitativi tutte le possibili cadute (dello stesso oggetto, diciamo) da qualsiasi posto e su qualsiasi pavimento: e
le due misure che prenderemo saranno sempre, in ogni caso,
l’altezza di caduta e il tempo impiegato da quell’oggetto per
arrivare a colpire il pavimento. Così, «altezza» e «tempo»
(di caduta) diventano due nozioni astratte indipendenti dalla
43
MATEMATICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
particolare caduta e dalle particolari misure ottenute, e molto
più collegate ai metodi che abbiamo usato per ottenerle. Diventano due parametri.
Questa nozione ci consente di unificare le nostre osservazioni (spesso in origine casuali, e poi ripetute volutamente)
circa le relazioni tra le diverse misure prese in corrispondenza di ciascuna ripetizione del fenomeno «caduta». Per esempio, possiamo osservare che una biglia di gomma che cada da
3 metri impiega circa 78 centesimi di secondo a raggiungere
il suolo; la stessa biglia, cadendo da 5 metri, impiega circa un
secondo e, se cade da 10 metri, impiega 1,42 secondi. Vediamo così che i tempi non sono proporzionali alle altezze. Ma,
se tra noi c’è Galileo Galilei, si accorgerà che lo sono i quadrati dei tempi, e che, per ogni coppia di misure dell’altezza
h e del tempo t, è risultato h = 4.9t2. Avremo dunque una forma generale (non a caso, «formula») per ricavare una delle
due misure dall’altra attraverso un calcolo, e non attraverso
la misurazione diretta, almeno nei casi constatati. Facendo
poi l’ipotesi che essa sia stata sempre vera da quando esistono la terra e le biglie di gomma, e che lo sarà per sempre, a
ogni possibile caduta di un’identica biglia, avremo ottenuto
una conoscenza formale di una regola che dovrà essere rispettata da tutte le cadute di siffatte biglie7.
Enucleando da questo esempio (che tuttavia coglie soltanto un aspetto molto particolare della grande varietà di descrizioni di origine empirica che si potrebbero considerare)
una definizione di «formalizzazione», possiamo dire che
essa, come passo successivo alla descrizione quantitativogeometrica (o quantitativo-disposizionale), consiste nel sostituire alle descrizioni singole la considerazione di tutte le
descrizioni possibili, attraverso l’introduzione della nozione
di «variabile» e di quella di «funzione» (e, conseguentemente, quelle di «incognita» e di «equazione»): grosso modo,
essa sancisce il passaggio dell’intervento della matematica
dalla sola classe di quelli che Popper [36] chiama «enunciati
singolari» alle «teorie», o agli «enunciati generali». In sintesi, e ipersemplificando in qualche modo, possiamo asserire
che, in definitiva, una scienza può considerarsi formalizzata
quando è in grado di sostituire con una relazione tra variabili
ogni collezione di relazioni tra contenuti empirici particolari, quantitative o disposizionali nel senso più ampio, che ne
facciano parte8.
7 Il metodo adottato da Galileo, su basi puramente intuitive, senza alcuna «formale» prescrizione delle procedure, e perciò — se ci si passa
l’avverbio provocatorio — quasi inconsapevolmente, è quello statistico
inferenziale della ricerca di leggi di correlazione \cite{carvit}, a sua volta
formalizzato soltanto quasi tre secoli più tardi, con la nascita della Statistica Inferenziale e con le indagini sulla corrispondenza tra frequenze relative
e probabilità, che a sua volta condusse alla deduzione rigorosa e puramente
formale della «legge empirica del caso» di Bernoulli.
8 Si deve osservare, sia pure a volo d’uccello, che è importante il riferimento alle relazioni disposizionali, nelle quali intervengono, in linguaggio
magari simbolico, ma certo non quantitativo, particolari relazioni di «ordine» e di «equivalenza», per sottolineare la vastità e la multiformità del processo di formalizzazione, che trova la sua prima applicazione nel mondo
delle relazioni quantitative, ma poi si diffonde a tutti i casi nei quali intere
classi di affermazioni «particolari», ossia riferite a singole osservazioni, si
sostituiscono con enunciati «generali» (o «universali») — cfr. [36].
44
Giunti a questa stipulazione, riconosciamo da un lato che
il nome infelicemente generico di «matematizzazione» col
quale si indica la proposta descrittiva galileiana si riferisce,
più precisamente, a questo secondo passo, dall’altro che la
matematica stessa si è evoluta anzitutto grazie a una costante e ripetuta procedura di auto-formalizzazione. Un esempio
ovvio ed elementare si può trovare nel raffronto tra i risultati
di tipo aritmetico e geometrico contenuti in uno dei documenti più antichi e significativi della storia della matematica,
il papiro Rhind (cfr. [5]), che tradiscono la loro origine chiaramente empirica (come la consapevolezza che l’ipotenusa
di un triangolo rettangolo i cui cateti siano rispettivamente
lunghi 3 e 4 è lunga 5), e le prime opere dei matematici greci,
che generalizzano in teoremi, come il teorema di Pitagora, i
contenuti di siffatte osservazioni particolari9. In particolare,
costituiscono un esempio lampante e particolarmente significativo di formalizzazione gli Elementi di Euclide [18], che
raccolgono e collegano le numerose formalizzazioni parziali
ottenute dal piccolo ma agguerrito e geniale esercito dei matematici precedenti, il cui merito principale fu di aver capito
che la geometria, l’agrimensura propriamente detta, poteva
affrancarsi dall’attività empirica del misurare, e che ogni forma, piana o solida, poteva decomporsi in elementi singoli e
identificarsi con un sistema fisso di relazioni tra le loro misure, e di essersi impegnati a cercare ed applicare dei metodi
che fossero in grado di condurli a tali relazioni senza passare
per la constatazione empirica. Questo metodo si articolava in
due passi, il primo dei quali, la formalizzazione propriamente detta, era destinato a svincolare il secondo, la deduzione,
dal caso particolare, rendendolo efficace in tutti i possibili
casi riconosciuti formalmente simili ad esso.
Ma, ai fini di questa esposizione, risultano molto più interessanti gli interventi della procedura di formalizzazione
nelle scienze a base empirica, destinate non solo a descrivere
i fenomeni naturali, ma anche a prescrivere le nostre aspettative circa fenomeni non ancora constatati, in condizioni non
ancora realizzate. A tal proposito, ci limiteremo a richiamare
l’attenzione soltanto su alcuni esempi di particolare rilievo
storico, per rivolgerla poi alle scienze che solo in tempi relativamente recenti hanno considerato la possibilità di una
trattazione formale dei loro oggetti di studio.
Nell’astronomia e nello studio del moto dei corpi celesti,
dobbiamo riconoscere che veri capolavori di formalizzazione sono già l’Almagesto di Claudio Tolomeo [22], e il De
Revolutionibus orbium coelestium di Niccolò Copernico
[15], e le tre leggi di Keplero. In tutti questi casi, la formalizzazione consiste nell’adozione di variabili suscettibili di
assumere come valori i dati osservativi, cosicché le relazioni
aritmetiche tra misure divengono relazioni funzionali tra variabili. Queste variabili «abitano» in strutture matematiche
opportunamente definite, le cui proprietà e le cui «regole
d’uso» si studiano indipendentemente nell’ambito di quella
che usualmente si chiama «matematica pura». Questa defini9 E non è affatto un caso che la parola greca qewr˜
hma derivante dal verbo
qewr`
ew, «guardo», significhi letteralmente «osservazione».
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | MATEMATICA
zione e questo studio sono la chiave della formalizzazione di
ciascuna scienza, e contribuiscono a precisarla e potenziarla.
Così, lo sviluppo della formalizzazione di una scienza va di
pari passo con l’arricchimento del linguaggio matematico.
Si deve anche notare — l’importanza di questa osservazione apparirà chiara nella Sezione seguente — che la formalizzazione è in tutti questi casi geometrica10, non meccanica. La
cinematica, che è essenzialmente geometrica per sua natura,
e la statica, che usa un linguaggio puramente geometrico almeno nel suo stadio iniziale, allorquando si occupa soltanto
di gravi vincolati, concependo il peso non come una forza
ma come una proprietà intrinseca dei corpi11, sono il punto di
partenza dell’indagine fisica, che ha prodotto gli esempi più
perfetti di formalizzazione delle descrizioni, delle previsioni
e delle leggi che governano vaste classi di comportamenti
del mondo empirico. E, in effetti, a quanto oggi ci risulta, i
più perfetti esempi di geniale formalizzazione delle scienze
sono la Relatività Generale e la Meccanica Quantistica, che
non a caso sono le teorie più avanzate e comprensive di cui
disponga la nostra descrizione del mondo empirico.
Il livello di formalizzazione raggiunto da queste due branche della fisica è da molto tempo un modello e un obiettivo
per quasi tutte quelle discipline che ambiscano alla qualifica
di «scienze», Oggi, come abbiamo già sottolineato nell’Introduzione, quasi tutte le scienze che ambiscano ad essere
predittive12 fanno un largo uso della formalizzazione. Si assiste a una quasi sterminata produzione di lavori matematici
che studiano la possibilità di ottenere informazioni non ambigue da qualcuna delle tantissime equazioni proposte dagli
scienziati «applicati» per descrivere certe classi di comportamenti del mondo naturale e, almeno per alcuni dei suoi aspetti, del mondo umano. Spiccano, in quest’ambito, molte branche della Biologia, compresa la cosiddetta «Developmental
Biology» con le sue analisi dei meccanismi dell’evoluzione,
la Psicologia e l’Economia.
La Psicologia, cui per molto tempo si è da più parti negato
(e continua a negarsi tuttora), tra gli epistemologi e i cultori
delle «scienze esatte», lo status di scienza vera e propria, utilizza oggi le procedure statistiche più avanzate e complesse
(segnatamente l’«analisi fattoriale» e l’«analisi in componenti principali»13 [14, 17]) per giungere alla formalizzazione delle relazionI tra i diversi aspetti dell’animo umano e
tra essi e i comportamenti individuali (cfr. [14]). Lo scopo
dell’intero procedimento è proprio rintracciare parametri definibili, addirittura allo stadio iniziale del collegamento tra
osservazioni per pervenire a una qualche prescrizione delle
tecniche di misurazione. Naturalmente, questo è un proble-
ma che non potrà mai considerarsi completamente risolto,
non lo è mai neppure per le scienze riconosciute come tali
da maggior tempo, poiché si presentano sempre nuovi sistemi di osservazioni, e nuove possibili misurazioni indirette,
ma se e quando lo si sarà risolto per una classe sufficientemente ampia di sistemi di osservazioni (e soprattutto si
saranno stabiliti in termini non ambigui dei criteri di valutazione dell’ampiezza degli errori di misura), la Psicologia
sarà pronta a descrivere i profili psicologici e le previsioni
di comportamento tramite sistemi di relazioni tra parametri
e diverrà una scienza almeno parzialmente formalizzata. Al
momento, la si deve considerare al livello iniziale di formalizzazione [12, 25, 28, 30, 31].
Come esempio di scienza formalizzata, l’Economia riveste
un interesse particolare, essenzialmente per due ragioni: 1) i
primi tentativi di formalizzazione che la riguardano, esplicitamente mirati ad ottenere strutture teoriche il più possibile
simili a quella della meccanica newtoniana, risalgono al secolo XVIII e ne fanno una delle prime scienze formalizzate
[3, 45-47]; 2) essa risulta particolarmente esemplare della
nozione di «pura formalizzazione» come l’abbiamo descritta
più o meno implicitamente prima [4, 32, 40].
In effetti, dalla precedente descrizione della procedura di
formalizzazione, dovrebbe essere apparso chiaro che essa ha
due caratteristiche essenziali: in primo luogo, essa trae origine da problemi specifici di predizione (ed è per questo che
costituisce il passo fondamentale nella nascita delle scienze
in quanto tali) e, in secondo luogo, le definizioni dei parametri introdotti in relazione ai diversi ambiti problematici
sono — come ovvia conseguenza — altamente dipendenti
dal contesto, col possibile risultato che di parametri distinti,
definiti per sottolineare aspetti distinti di uno stesso tipo di
fenomeni, si finisca con l’ignorare la mutua dipendenza, e se
ne deducono e descrivono proprietà che, a uno sguardo unificante, potrebbero risultare sottilmente contraddittorie. Un
esempio macroscopico di questa situazione è il conflitto concettuale tra la Relatività Generale e la Meccanica Quantistica
[8, 48], per il quale solo relativamente di recente sono state
proposte soluzioni in competizione (teoria delle stringhe, teoria dei loop). Sebbene in Economia non si presentino
conflitti dello stesso tipo, ma solo contrapposizioni chiaramente collegate a incompletezze di schema, la forte dipendenza dal contesto delle nozioni economiche appare ovvia,
ed anzi sembra l’elemento che meglio descrive e motiva tali
incompletezze, e le contraddizioni puntuali che così frequentemente ne derivano.
5. ASSIOMATIZZAZIONE E SCIENZA
10 Oggi si direbbe ``cinematica’’.
11 Questa è la ben nota confusione tra massa e peso, contro la quale è
ancora necessario mettere in guardia gli studenti.
12 O normative, e di queste fanno parte anche alcune scienze preminentemente tassonomiche, come per esempio la Botanica e la Mineralogia.
13 Queste sono un’evoluzione dei metodi di ricerca delle leggi di correlazione citati nella Nota \ref{corr}, riguardano la correlazione tra molte
variabili, e partono addirittura dalla ricerca dei parametri da definire come
indipendenti, dei quali tutti gli altri parametri osservabili possano considerarsi funzioni.
Può apparire bizzarro, ma una scienza (del tipo di quelle
che stiamo considerando nel nostro lavoro) può considerarsi prossima al proprio stadio «maturo» e perciò pienamente
scientifico quando si interroga circa i propri «fondamenti» ed
arrischia una qualche forma di risposta. Allorquando questo
accade, essa prende coscienza dell’inevitabile carattere arbitrario dei suoi primi passi, non soltanto della scelta degli og45
MATEMATICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
getti del suo studio, ma anche dell’interpretazione che essa
deve darne nel momento stesso in cui ne formula una descrizione. Questi oggetti saranno i suoi «indefinibili», dal momento che una qualsiasi definizione equivarrebbe a una selezione da un ambiente (classe di oggetti) più ampio, e perciò
non soltanto a un rinvio a una classe di indefinibili più vasta
e indeterminata, ma anche alla pretesa di disporre di un’interpretazione preferenziale, perlopiù non dichiarata e meno
che mai giustificata. Le caratteristiche degli «indefinibili»,
dalle quali dedurre le leggi dei loro comportamenti e tutte le
previsioni particolari che li riguardano e alle quali siamo interessati, devono essere proposte, nella consapevolezza che
l’accettabilità della proposta dipenderà dall’aderenza delle
previsioni dedotte ai comportamenti sperimentati: saranno
gli assiomi della scienza. Quasi sempre, come accade ad
esempio nella stessa matematica e nella fisica, questa si articolerà in teorie. Potranno esserci — cioè — alcuni assiomi
formulati per descrivere in tutta generalità l’intera collettività
degli oggetti di cui la particolare scienza si occupa, ma il più
delle volte avremo soltanto un certo numero di gruppi distinti
di assiomi differenti, ciascuno dei quali isolerà in questa collettività una particolare classe di elementi, e concorrerà alla
previsione dei comportamenti di questi ultimi, e di nessun
altro. Ciascun gruppo di assiomi definirà una diversa teoria
nell’ambito della scienza considerata. E la classe completa
degli oggetti di cui questa si occupa resterà indefinita finché
non si possa essere certi che non ci sono altre teorie (ossia
gruppi di assiomi) ad essa pertinenti da aggiungere. Il che,
quasi certamente, non accadrà mai per alcuna scienza14.
L’esplicitazione degli indefinibili e degli assiomi che li descrivono sembra essere considerata del tutto marginale nelle
indagini epistemologiche e metodologiche, e poco più di una
pura perdita di tempo, una curiosità intellettuale forse innocua, ma certamente improduttiva, dalla stragrande maggioranza degli scienziati professionisti, molto più interessati alla
soluzione di problemi specifici e all’ottenimento di risultati
nuovi. Si tratta di atteggiamenti un po’ superficiali, e sicuramente sbagliati, per parecchie ragioni.
In primo luogo, per quanto paradossale possa sembrare, la
procedura di assiomatizzazione serve a prendere le distanze
dagli oggetti di cui vogliamo parlare, o meglio, a renderci
conto di tali distanze. In effetti, quando ci limitiamo a formalizzare vogliamo soltanto enunciare leggi di mutua dipendenza tra risultati di misure, ma la scelta dei parametri,
del modo in cui raggrupparli e delle strutture algebrico-geometriche cui questi si assumeranno appartenere, dipende dal
modo in cui il nostro cervello ha creato gli oggetti dell’esperienza, con quell’attività cognitiva nota nella letteratura filosofica col nome di «reificazione» (da res, «cosa», e facere,
«fare», costruzione delle cose), attraverso la quale — prima
ancora della nascita di qualsiasi forma di scienza — il nostro
mondo di percezioni (o stimoli sensoriali, se si vuole) vie-
14 Ci saranno sempre assiomi da aggiungere per ampliare e suddividere
più finemente la classe dei fenomeni da studiare.
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ne trasformato in un mondo di cose15. E questi oggetti sono
identificati e nominati secondo le nostre abitudini mentali
più inveterate. Ora, ogni scienza da un lato arricchisce —
attraverso l’introduzione di metodi e strumenti di osservazione — la nube di stimoli che concorrono ad identificare
ciascun oggetto, dall’altro ne seleziona certi gruppi a scopi
specifici. Così, gli oggetti di cui parla ciascuna scienza non
coincidono con quelli della nostra esperienza, anzi hanno
con essi ben poche somiglianze, ed è un errore sia logico che
metodologico usare acriticamente i nomi di questi ultimi per
indicarli. La meccanica classica — per esempio — non parla
di sassi, palloni da calcio e missili, ma di oggetti astratti le
cui proprietà, accuratamente enunciate, si suppongono avere in quelli dei corrispondenti che dovrebbero produrre dei
comportamenti a loro volta corrispondenti, almeno approssimativamente, ma in modo non ambiguo, a certe funzioni
matematiche. Nel linguaggio prescientifico, la «forza» è la
mia forza, grazie alla quale sollevo una valigia e la carico in
auto; in meccanica classica, la forza è solo una legge che collega in ogni istante l’accelerazione della valigia alla sua posizione e alla sua velocità (e anche alle mie). è evidente che
la prima descrive delle percezioni, tra le quali quella della
maggiore o minore «facilità» con la quale io riesco a spostare
una valigia, e l’altra è una pura nozione matematica, la quale
può interpretarsi come regola di corrispondenza tra valori di
misure istantanee e simultanee, totalmente inesistenti in natura (nessuna azione percettibile è istantanea, e non esistono
coppie di azioni simultanee, in natura: o almeno, se esistono,
non lo sappiamo16. Tutta la fisica classica è un monumentale
sistema di belle favole che hanno l’enorme pregio di essere interpretabili e reputabili «vere» nell’esperienza a patto
di ignorare certe discrepanze che decidiamo di considerare
«trascurabili».
Si giunge così al secondo motivo per cui trascurare deliberatamente l’analisi delle radici assiomatiche profonde di
quelli che oggi si chiamano «modelli matematici (quantitativi e formali) dei fenomeni» è un errore tanto epistemologico
quanto metodologico: è infatti del tutto ovvio che le regole
secondo le quali si manipolano gli oggetti matematici destinati a unificare diversi sistemi di esperienze sparsi nello
spazio e nel tempo debbono, in linea di principio, considerarsi del tutto arbitrarie. Esse — alla stregua delle descrizioni dei personaggi delle opere letterarie — si riferiscono a
prodotti della nostra immaginazione, e dai capricci di questa
dipendono (salvo l’obbligo di essere coerenti, o consistenti).
Questa arbitrarietà sembra, a un primo sguardo, un difetto, e
senza dubbio lo è se viene ignorata o sottaciuta, perché in tal
caso si tenta d’imporre come necessaria una scelta persona-
15 In termini grossolani, le «cose» sono costruzioni del nostro cervello,
che percepisce la costante compresenza di stimoli sensoriali (per esempio,
per una mela, il colore rosso, la levigatezza, la friabilità e il sapore) che si
ripetono pressoché inalterati, e tutti insieme, nello spazio e nel tempo, e
chiama «mela» questa compresenza.
16 Sono circa ottant’anni che la Meccanica Quantistica cerca di spiegarcelo, e di rimuovere certe ingenuità dal nostro modo di pensare.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | MATEMATICA
le, prevaricando qualsiasi proposta alternativa17; ma diviene
una ricchezza se la si riconosce e la si prende come spunto
per ricerche alternative: le geometrie ellittica e iperbolica
non sarebbero esistite se il postulato delle parallele fosse stato considerato «necessario».
Nella precedente discussione, poi, abbiamo toccato un
punto estremamente importante, che di fatto è il terzo motivo
della rilevanza del procedimento di assiomatizzazione per lo
sviluppo della scienza, ed è il fatto che gli oggetti matematici
descritti dagli assiomi sono destinati a unificare i fenomeni
che la teoria descrive e vuole prevedere. I modelli matematici oggi così usati e diffusi (cfr. ad es. [6, 7, 12]) di rado si
pongono questo problema: come abbiamo visto nella Sezione precedente, essi si limitano a proporre relazioni formali
tra parametri formalmente definiti da metodi di misurazione.
Ora, tali parametri esprimono soltanto alcune delle proprietà
dei soggetti, considerati intuitivi o percepiti nella loro interezza, e convenzionalmente descritti in linguaggio naturale,
che definiscono lo schema teorico generale nel quale s’inscrive il modello, e precisamente quelle che intervengono nella
classe di fenomeni che il modello stesso mira a regolamentare. Ogni altra proprietà è ignorata come ininfluente. Il felice
risultato di questo procedimento è che spesso, quando qualcuno di questi parametri compare simultaneamente in due
o più modelli diversi, oppure si considerano fenomeni che
richiederebbero la loro sovrapposizione, ci si trova di fronte
a contraddizioni. Il primo caso è di gran lunga il peggiore,
poiché si tende a risolvere la contraddizione semplicemente
ignorandola, ossia tenendo i modelli rigorosamente separati e servendosene unicamente come strumenti per risolvere
problemi specifici. È il modello del progresso dell’interazione uomo-mondo (non della conoscenza, per carità!) a compartimenti stagni. In questo modello, gli oggetti delle teorie
che dovrebbero stare alla base dei modelli finiscono col diventare puri pretesti linguistici.
Un esempio di questa situazione, e di come la ricerca
dell’unificazione possa essere lo strumento d’elezione per
risolverla, è fornito dalla storia della Fisica, che non a caso è
tra le scienze più evolute, se non la più evoluta. Le equazioni
di Maxwell, in origine un «modello» per i fenomeni elettromagnetici (correnti elettriche indotte, campi magnetici concatenati, etc.) risultarono in contraddizione con la trasformazione di Galilei, che in origine era soltanto un «modello» per
il raffronto delle misure meccaniche di due osservatori qualsiasi in moto traslatorio uniforme l’uno rispetto all’altro18.
I fisici dell’epoca avrebbero potuto infischiarsi altamente di
questa contraddizione, e continuare ad usare le equazioni
di Maxwell per studiare gli impianti elettrici e la dinamica
classica per studiare il moto dei proiettili di cannone, del17 In qualche libro scolastico di molti anni fa, dedicato all’esposizione
della geometria euclidea, si legge la frase «un postulato è una verità evidente che non si dimostra». In testi più moderni è stata rilevata la palese
assurdità di una tale affermazione.
18 Qui dobbiamo limitarci a questi brevi cenni. Per ulteriori dettagli, può
essere utile la lettura di [37, 39] o di un qualsiasi buon manuale universitario di Fisica che non trascuri la Relatività Ristretta.
le automobili e degli aerei. Ma invece, cercarono di capire
che tipo di assunzioni di contrabbando fossero intervenute
tanto nella deduzione delle equazioni di Maxwell quanto in
quella della trasformazione di Galilei, e quale fra esse fosse sbagliata: e scoprirono che la trasformazione di Galilei
era basata sull’implicita convinzione che le misure di lunghezza fossero istantanee, ossia che la luce viaggiasse a velocità infinita. Corressero questa convinzione, e sostituirono
la trasformazione di Galilei con quella di Lorentz [39], che
metteva d’accordo le equazioni di Maxwell con tutte le leggi
della meccanica, anche nella loro forma classica, purché ci si
limitasse a usarla solo per descrivere fenomeni nei quali fossero coinvolte unicamente velocità molto più basse di quella
della luce. Trovarono dunque che la Meccanica Classica si
basava implicitamente sull’assioma: «La velocità della luce
è infinita», che era sbagliato, e andava sostituito dalla sua
negazione: «La velocità della luce è finita (ed è la stessa per
tutti gli osservatori in reciproco moto traslatorio uniforme)»
[10, 11, 37, 39]. Così nacque la Relatività Ristretta, e la Fisica progredì enormemente, giungendo a scoprire leggi che
condussero alla propulsione atomica e alla costruzione delle
centrali nucleari.
L’analisi in termini di assiomi (espliciti o impliciti) degli
oggetti di studio dell’ambito teorico generale cui appartengono diversi modelli matematici apparentemente indipendenti è unificante e sempre feconda, ed è per questo che forse
— tra i tre motivi sinora discussi per i quali tale analisi non
andrebbe trascurata né sottovalutata — è proprio questo il
più importante.
Ma c’è di più. La nostra breve e senza dubbio incompleta
rievocazione della nascita della Relatività Ristretta e, soprattutto, del chiarimento delle sue relazioni con la Meccanica
Classica, cui si riduce nella descrizione di tutti gli ordinari fenomeni meccanici che sperimentiamo nella vita quotidiana,
ci insegna un’altra circostanza fondamentale, che costituisce
il quarto motivo dell’importanza dell’analisi assiomatica: le
convinzioni ampiamente condivise, per quanto ovvie possano sembrare, come la validità della trasformazione di Galilei,
dedotta rigorosamente da un ragionamento puramente geometrico e sostanzialmente elementare, possono nascondere
un altrettanto ampiamente condiviso errore marchiano, ossia
essere collegate (o essere equivalenti) ad altre convinzioni,
nascoste ed erronee. Nel caso in esame, la deduzione puramente geometrica passa sotto silenzio il fatto che le distanze e le velocità non si calcolano soltanto teoricamente, ma
vanno rilevate, ed ogni tipo di rilevazione richiede l’invio
e la ricezione di un segnale, per esempio lo stimolo visivo,
ovvero un raggio di luce; essa19 risulta perciò equivalente
all’inconsapevole assunzione che la velocità della luce sia
infinita [10, 11, 37, 39]. Quando quest’assunzione silenziosa
è dimostrata falsa, si va a sbattere contro una contraddizione.
Solo l’esplicitazione assiomatica ci fa capire dove avevamo
sbagliato prima e che cosa dobbiamo correggere20.
19 La sopra menzionata deduzione puramente geometrica.
20 Rinunciamo qui alla discussione di esempi più attuali e profondi, come
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MATEMATICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Per tutte queste buone ragioni, e probabilmente molte altre che qui non abbiamo preso in considerazione,
l’«assiomatizzazione profonda» delle proprietà degli oggetti
generali del suo studio andrebbe riguardata come la meta finale del percorso evolutivo di ogni scienza, la condizione che
ne armonizzerebbe e verosimilmente renderebbe più rapidi
ed efficaci tutti i successivi sviluppi. Non è un caso che la Fisica, la quale ha più o meno esplicitamente applicato quest’analisi con grande assiduità e rigore in tutto il corso della sua
storia21, si palesi come la scienza più evoluta, completa e
comprensiva. Nessun’altra delle scienze moderne mostra, a
un livello sufficientemente generale, lo stesso tipo di analisi
appena descritto, la stessa limpidezza nell’espressione delle
assunzioni. Per molte scienze questo si deve senza dubbio a
un interesse prevalentemente tassonomico; per altre, specialmente quelle individuate come soft, come la sociologia o la
psicologia, ciò si deve quasi certamente all’impegno preliminare di raggiungere almeno lo stadio della formalizzazione,
attraverso il superamento dello storico uso di un linguaggio
qualitativo e la sua disambiguazione. Questo, al momento,
assorbe naturalmente le energie e il tempo dei ricercatori impegnati in ricostruzioni teoriche. Per quanto riguarda la psicologia, un tentativo particolarmente interessante in questo
senso si deve allo psicanalista cileno I. MATTE BLANCO
[28] (cfr, anche [25, 30, 31]), la cui formalizzazione22 delle
nozioni di «conscio» e «inconscio» ha, non a caso, attratto
l’attenzione di studiosi informatici [30, 31] e fisici [25].
Sarebbe interessante che analoghi tentativi si facessero
nell’ambito di indagini e riflessioni di carattere eminentemente filosofico, qualitativo e pre-matematico: potremmo
ambire a un Diritto scientifico, e a una Sociologia scientifica
o, più profondamente, a un’Etica scientifica (e a un’Estetica,
a una Politologia, ecc.).
Altre scienze ancora, come la Biochimica, la Biologia Molecolare e molte di quelle designate con l’etichetta comune
di «Scienze Biologiche», vivono una condizione ben diversa. Gli oggetti del loro studio sono ancora (o ancor più che
in passato) suscettibili di definizione «ostensiva», anche se
in un senso lato, o «generalizzato», nel quale la percezione
è mediata da una strumentazione estremamente composita
e sofisticata (microscopio elettronico, risonanza magnetica,
spettrofotometria, ecc.), e gran parte degli sforzi degli studiosi è concentrata nella ricerca di evidenze sperimentali che
consentano di giungere alla formulazione di un’ampia classe
di «assiomi locali», ovvero regole empiriche di comportal’analisi del dualismo onda-particella o della contraddizione tra Meccanica
Quantistica (rigorosamente valida su scala microscopica) [8, 48] e Relatività Generale (rigorosamente valida su scala cosmica). Il primo motivo di
questa rinuncia è che tale discussione eccederebbe enormemente i limiti di
un’esposizione come questa; il secondo è che l’analisi di questi problemi
non sembra aver ancora superato i limiti della geniale formalizzazione tramite gli strumenti della matematica più sofisticata: essa perciò è ancora al
secondo livello, e non ha rilievo per l’assiomatizzazione.
21 Spesso, e di nuovo non a caso, anche grazie al contributo di grandi
matematici, tra i quali citeremo soltanto Poincaré e von Neumann, tanto
per limitiarci solo a due fra i più grandi.
22 Possiamo a buon diritto classificarla così.
48
mento, riguardanti classi ben circoscritte e relativamente limitate di fenomeni, la cui unificazione, per il loro esorbitante numero, la loro inevitabile provvisorietà, e la complessità
dei sistemi che esse devono descrivere, sembra un’impresa
ancora ben lungi dall’essere realizzabile. E tuttavia, vanno
diffondendosi pubblicazioni dedicate alla «Biologia Matematica», nelle quali si propongono sempre più numerosi e
profondi tentativi di formalizzazione di un numero sempre
maggiore di problemi generali: il passo intermedio verso
l’assiomatizzazione si sta compiendo; per l’ultimo passo
manca al momento la percezione di possibili nozioni abbastanza fondamentali e condivise, ma si può nutrire fiducia
che in un futuro non troppo lontano tale passo sarà compiuto.
Una posizione speciale occupa invece, tra le scienze moderne, l’Economia. Il suo statuto epistemologico è, per la
verità, alquanto dubbio persino agli occhi di qualche economista, ma la si deve considerare in quanto la stragrande
maggioranza dei suoi cultori rivendica per essa un ruolo di
particolare rilievo nel novero delle scienze sociali. Eppure, il
livello della sua matematizzazione, che trae origine dai lavori di LÈON WALRAS [45-47] e di LOUIS BACHELIER [3]
che di fatto sono alla base dell’uso del linguaggio matematico
in quei settori dell’Economia oggi noti rispettivamente come
Microeconomia, Macroeconomia e Finanza, è sorprendentemente basso, nonostante sembri altrimenti a causa della
notevole complessità dei metodi statistici di cui si serve. Con
ogni evidenza, essa si trova più o meno nelle stesse condizioni delle scienze biologiche menzionate prima, ossia è ancora
alla ricerca di risultati empirici che le consentano di fondare
meglio (o, all’occorrenza, modificare) i suoi «assiomi locali»
(noti come «leggi fondamentalli dell’economia»), e possibilmente di formularne di nuovi, alcuni dei quali possano costituire la descrizione di una prospettiva unitaria per le attività
economiche nel loro complesso. E di fatto, è l’urgenza di
ampliare e integrare questi risultati empirici una ragione non
secondaria del successo delle opere di THOMAS PIKETTY
[33, 34], che si è dedicato con grande rigore scientifico ed
estrema perizia tecnica al tentativo di istituire correlazioni
empiriche tra parametri economici classici (redditi, capitale,
crescita … etc.), senza peraltro proporre una formalizzazione
compiuta delle conclusioni che ne trae. Nello stesso tempo,
sulla base di ardite generalizzazioni di esperienze personali,
o di una sorta di «esperimenti pensati» il cui esito è in massima parte influenzato da inclinazioni personali23, gli studiosi
di economia hanno proposto e propongono modelli parziali
di attività economiche particolari (scambi, produzione, imposizione fiscale, e soprattutto investimenti e transazioni
finanziarie), ottenendo una modellazione frammentaria. In
tal modo, l’economia si presenta imme-diatamente come
un’attività di riflessione con mire conoscitive, che ambisce
al ruolo, alla sicurezza, al potere, e soprattutto alle capacità
di crescita e miglioramento della scienza, ma è ferma a uno
stadio intermedio tra la quantificazione e la formalizzazione,
23 Questa procedura è chiaramente riconoscibile sin dalle opere dei cosiddetti «economisti classici», a cominciare da ADAM SMITH [42].
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | MATEMATICA
e non riesce a raggiungere il livello di maturità caratterizzato
dall’assiomatizzazione. In effetti, da quanto discusso prima
risulta che il metodo dell’assiomatizzazione è precisamente
lo strumento più importante per il miglioramento e la crescita (intesi non in senso meramente estensivo, cioè collegato
all’aumento dei tipi di problemi affrontati, ma in senso intensivo, ossia come approfondimento delle descrizioni) di qualsiasi scienza. Ed è per questo che le scienze più mature sono
quelle che mostrano di aver compreso e di saper utilizzare
questo metodo. Quelle che si fermano a uno dei primi due
livelli, ma pretendono di essere «prescrittive», sono chiaramente soltanto agli inizi del loro cammino.
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MATEMATICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE GIURIDICHE E SOCIALI
“Dalla famiglia alle famiglie”. Dibattiti
intorno al riconoscimento internazionale
e nazionale delle unioni omosessuali
BRIGIDA LUCIA COPPEDO1, STEFANIA SANTAMARIA2
1 Università degli Studi di Napoli “Federico II”
2 Università degli Studi di Napoli “Parthenope”
La famiglia costituisce un nucleo pre-giuridico in cui
si sviluppa la personalità dell’individuo. Si tratta di un
concetto non universale e immodificabile ma condizionato
nelle varie società ed epoche, dalla cultura, dalla morale
e dal costume. Con il processo di industrializzazione,
si è passati dalla famiglia plurinucleare e patriarcale
ad una mononucleare nella quale vige la parità tra i
sessi. L’evoluzione della società, poi, ha fatto emergere
“nuove forme di famiglia”, non più legate ad un vincolo
matrimoniale né al requisito della eterosessualità. Ciò ha
messo a dura prova il legislatore, sovranazionale prima
e nazionale dopo, che hanno dovuto trovare, non sempre
tempestivamente, nuove forme di tutela.
DALLA FAMIGLIA PATRIARCALE ALLE COPPIE
L
OMOSESSUALI
a famiglia costituisce un nucleo pre-giuridico in cui si sviluppa la personalità dell’individuo. Si tratta di un concetto non universale e immodificabile ma condizionato nelle
varie società ed epoche, dalla cultura, dalla
morale e dal costume. La società prevalentemente agricola
era caratterizzata dalla famiglia plurinucleare in cui il capo
era il pater familias il quale godeva di una posizione di supremazia rispetto alla moglie ed i figli. Tale realtà sociale si
rifletteva nel tessuto normativo: difatti, il testo originario del
codice civile relegava la moglie in un ruolo di subordinazione rispetto al marito che era investito del potere maritale. Ciò
emergeva, in particolare, nella scelta della dimora ex art. 144
c.c. ad appannaggio esclusivo del marito, nell’istituto della
dote e nella separazione dei beni, quale regime patrimoniale
legale della famiglia.
Successivamente, con il processo di industrializzazione
si è passati dalla famiglia innanzi delineata ad una di tipo
nucleare in cui tutti i componenti della stessa sono posti sullo stesso piano. La diversa realtà sociale ha influenzato la
disciplina normativa. Innanzitutto, la famiglia quale società
naturale fondata sul matrimonio ha trovato riconoscimento a
livello costituzionale nell’articolo 29, ove viene garantita l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Inoltre, con l’entrata in vigore della Costituzione del 1948 è sorta l’esigenza
di apportare delle modifiche al diritto di famiglia per renderlo coerente con i precetti costituzionali. Tale adeguamento
è segnato dalla stagione delle riforme post-codicistiche, con
specifico riferimento alla legge n. 898 del 1970 sul divorzio, alla riforma organica n. 151 del 1975, sino alla legge n.
194 del 1978 sull’interruzione della gravidanza. Attraverso
le stesse, il legislatore ha provveduto a rivisitare l’intera normativa sulla famiglia, assegnando ai coniugi una posizione
di assoluta parità sia nei rapporti reciproci di natura personale e patrimoniale, che nei rapporti con i figli; inoltre, con esse
si è verificato il graduale superamento della visione meramente istituzionalistica della famiglia, in quanto oltre il dato
formale - l’atto di matrimonio -, si è deciso di valorizzare il
concreto svolgimento della vita di coppia - il rapporto1- e la
sua funzione2.
Tuttavia, l’assetto giuridico dei rapporti familiari è soggetto ad un continuo rinnovamento determinato dall’evoluzione del costume e dalle nuove esigenze poste dalla società.
Così, il mutare del contesto economico-sociale ha condotto
all’affermazione della famiglia di fatto cioè di quelle persone di sesso diverso che, pur non essendo legate dal vincolo
matrimoniale, hanno inteso creare un rapporto stabile e continuativo basato sulla comunione morale e materiale di vita
insieme agli eventuali figli nati dalla loro unione. Il loro primo riconoscimento è avvenuto ad opera della giurisprudenza
che le ha annoverate tra le formazioni sociali, ex art. 2 Cost.
meritevoli di tutela giuridica anche se non completamente
assoggettabili alla disciplina prevista per la famiglia legit1 G. FURGIUELE, Libertà e famiglia, Giuffrè, Milano, 1979, p. 59 e ss.
2 L. MENGONI, La famiglia in una società complessa, in Iustitia, 1990,
p. 10
51
SCIENZE GIURIDICHE E SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
tima. Inoltre, il legislatore
Abstract
Relativamente, poi, all’art.
ha provveduto a regolamen11 Cost. non vi è stata alcuna
Family is an important institution in which a person
tare la famiglia di fatto in
accettazione di limitazione di
develops his personality. It changes over time: societies
specifici ambiti, attraverso
sovranità dello Stato italiano
grow, become more complex and stratified due to the
una disciplina disorganica e
per effetto dell’adesione alla
evolution of economical system. Currently, in fact,
frammentaria3. Nel corso del
detta Convenzione. La Contempo, all’interno del tessuto
sulta ha, quindi, ritenuto che
society is composed not only by heterosexual families
sociale è emerso il fenomeno
le norme CEDU rientrano
but by homosexual ones too. Therefore, it was difficult
delle coppie omosessuali che
nell’ambito di operatività
for the legislator realize new forms of protection in order
hanno sollecitato l’interesse
dell’art. 117 co. 1 Cost. in
to guarantee the equality between the above mentioned
della dottrina e della giuriquanto detto articolo condifamilies.
sprudenza. La questione ha
ziona l’esercizio della poassunto particolare rilevanza
testà legislativa dello Stato
a seguito delle istanze di tutela avanzate delle dette coppie e delle regioni al rispetto degli obblighi internazionali tra i
volte a un riconoscimento giuridico delle loro unioni.
quali rientrano quelli derivanti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
EXCURSUS VERSO IL RICONOSCIMENTO DELLE
Da ciò emerge che la partecipazione dell’Italia all’Unione
COPPIE OMOSESSUALI
Europea produce, quali effetti giuridici, l’entrata a far parte
nel sistema giuridico italiano di regole e valori4. Con riguarIn merito alla questione del riconoscimento delle coppie do, in particolare, al diritto di famiglia ed al riconoscimento
omosessuali, appare di preliminare importanza indagare, delle coppie omosessuali, occorre prendere atto della diverseppur brevemente, i rapporti che l’ordinamento italiano ha sificazione di tutela all’interno dei Paesi dell’Unione Eurocon l’Unione Europea e con la CEDU.
pea. Difatti, numerosi Paesi hanno disciplinato l’istituto del
In merito al fondamento costituzionale dell’adesione matrimonio omosessuale5, mentre altri, riconoscono solo le
dell’Italia all’Unione Europea, esso è da rintracciarsi negli unioni civili tra persone dello stesso sesso6. Questa distinartt. 10 e 11 Cost.. Il primo, stabilendo che “l’ordinamento zione di riconoscimento delle coppie same sex è dovuta alla
giuridico italiano si conforma alle norme del diritto interna- circostanza che il diritto di famiglia è rimesso alle legislazionale generalmente riconosciute”, si riferisce alle norme zioni dei singoli Stati membri, anche se negli ultimi tempi è
consuetudinarie e dispone l’adattamento automatico rispet- stato influenzato in parte dal processo di “europeizzazione”
to alle stesse. Invece, l’ art. 11 Cost. prevede che: “l’Italia del diritto nell’ambito, in particolare, dei diritti fondamenta[…] consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle li. Infatti, nell’ultimo decennio si è assistito ad un’erosione
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che dell’ambito di discrezionalità degli Stati nella materia in esaassicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e fa- me ed ad una graduale, ma non piena, armonizzazione del
vorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tal scopo”. diritto di famiglia nell’Unione Europea, in virtù delle legislaCon il riferimento alle “limitazioni di sovranità”, la norma zioni degli Stati membri particolarmente eterogenee.
consente forti limitazioni di competenza dello Stato italiano
A livello dei diritti fondamentali, riveste particolare imin conseguenza dell’adesione ai Trattati comunitari. Pur tut- portanza la Carta di Nizza che individua una serie di diritti
tavia, con il summenzionato articolo, non si assiste ad una
totale cessione di sovranità: ne deriva che l’incidenza dell’Unione Europea sul sistema costituzionale incontra dei limiti, 4 Ex multis: La parità di trattamento per i cittadini di tutti gli Stati membri, la libertà di circolazione e stabilimento.
rappresentati dai diritti inviolabili della persona umana e dai
5 All’interno dell’Unione Europea: Olanda, Belgio, Spagna, Svezia, Porprincipi fondamentali della Carta costituzionale.
togallo, Lussemburgo e Slovenia. Fuori dai confini dell’Unione Europea
Relativamente al fondamento costituzionale dei rappor- i matrimoni omosessuali sono disciplinati nel Regno Unito, in Norvegia
ti con la CEDU, si è escluso che esso si trovi negli articoli e Islanda. Anche il Canada e alcuni Stati Americani regolamentano tali
unioni. La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America nel 2013 si era proappena menzionati. Con riferimento all’art. 10 Cost., come nunciata sulla questione di legittimità costituzionale dei matrimoni fra pergià ribadito, l’espressione “norme del diritto internaziona- sone dello stesso sesso, dichiarando incostituzionale nel giudizio United
le generalmente riconosciute” ci si riferisce solo alle norme States v. Windsor, il DOMA (Defense of Marriage Act), nella parte in cui
esso obbliga il governo federale a considerare matrimoni solo le persone
consuetudinarie e non alle norme pattizie, ancorchè generali di sesso diverso. Successivamente, si è previsto che le persone dello stesso
contenute in trattati internazionali bilaterali o multilaterali. sesso avrebbero potuto contrarre matrimonio nella capitale Washington e
3 Si vedano alcuni interventi diretti a ottenere la corresponsione della
pensione di guerra (D.Lgs 1726/1918 e L. 313/68), nonché ai seguenti diritti: alle prestazioni assistenziali (L. 405/75), alla richiesta di adozione in
casi particolari (L. 184/83), ad ottenere un ordine di protezione contro gli
abusi sessuali (artt. 342 bis e 343 ter c.c.), di proporre istanza di interdizione e inabilitazione (art. 417 c.c.), ad essere nominato amministratore di
sostegno (art. 408 c.c.), di astensione dalla testimonianza (art. 199 c.p.p.)
52
in 32 Stati della federazione. Purtuttavia, oggi il matrimonio tra persone
dello stesso sesso è previsto per tutti gli Stati della federazione a seguito
della sentenza della Corte Suprema del 26 giugno 2015 riguardante il caso
Obergefell v. Hodeges che ha stabilito che negare la licenza matrimoniale
a coppie dello stesso sesso viola alcune clausole del XIV emendamento
della Costituzione degli Stati Uniti d’America.
6 Danimarca, Austria, Finlandia, Estonia, Germania, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Irlanda, Ungheria e, fino alla Legge Cirinnà del 2016 anche
l’Italia
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE GIURIDICHE E SOCIALI
inalienabili che incidono anche nell’ambito familiare7.
L’articolo 98 della detta Carta, dedicato al diritto al matrimonio, non prevede la differenza sessuale tra i nubendi
come condizione per contrarre il vincolo matrimoniale. La
non necessaria eterosessualità, pur non essendo un dato che
impone agli Stati membri di regolare le unioni omosessuali
con il matrimonio, indica il favor verso la tutela delle stesse.
Coerentemente, l’art. 21 vieta ogni forma di discriminazione,
comprese quelle fondate sulle tendenze sessuali9.
La spinta verso il riconoscimento delle unioni civili è
stata avanzata dalle Nazioni Unite, dal Parlamento e dalla
Commissione europea. Nel 2011, infatti, la risoluzione delle
Nazioni Unite con la quale si riconoscono i diritti degli omosessuali, è stata sottoscritta dalla maggioranza dei Paesi europei che hanno disciplinato il matrimonio tra persone dello
stesso sesso superando le discriminazioni tra coppie etero ed
omosessuali sul presupposto che il rapporto omosessuale costituisca libera espressione della propria sessualità10. Inoltre,
più volte il Parlamento europeo si è espresso sulla questione
sollecitando gli Stati ad adeguare le proprie legislazioni al
fine di introdurre la convivenza tra persone dello stesso sesso riconoscendo loro gli stessi diritti e doveri previsti dalla
convivenza eterosessuale. Difatti, di recente, con due risoluzioni nel 2012 e nel 2014, sono stati invitati gli Stati membri
ad assicurare che “le coppie dello stesso sesso godano del
medesimo rispetto, dignità e protezione riconosciuti al resto
7 La Carta di Nizza pur essendo stata proclamata e sottoscritta nel 2000, è
entrata in vigore con efficacia giuridica vincolante solo il 1 dicembre 2009,
in virtù del richiamo attuato dal Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre
2007, che ha assegnato il medesimo valore giuridico dei Trattati.
8 Art. 9 Carta di Nizza: “il diritto di sposarsi e il diritto di costituire
una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. Tale articolo si differenzia dall’art. 12 della Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo il quale prevede: “A partire dall’età minima
per contrarre matrimonio, l’uomo e la donna hanno diritto di sposarsi e di
fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio
di tale diritto”. La differenza tra la Convenzione del 1950 e la Carta del
2009 che rigetta tale impostazione è figlia del mutato tessuto sociale.
9 Art. 21 Carta di Nizza: “E’ vietata ogni forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale,
le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convenzioni personali, le opinioni politiche o qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad
una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o
le tendenze sessuali.”
10 R. GAROFOLI, Focus Magistratura n. 32/2016, Nel Diritto, p. 57
della società”11.
Alla luce di quanto registrato negli altri Paesi europei, anche nell’ ordinamento italiano si è posto il problema della
rilevanza giuridica delle unioni omosessuali e della relativa tutela, in assenza di espressi provvedimenti legislativi in
materia. Diversi giudici di merito, infatti, hanno sollevato
questione di legittimità costituzionale chiamando la Consulta a valutare se le norme del codice civile che escludono
le coppie omosessuali dal matrimonio siano conformi alla
Costituzione12. In particolare, il Tribunale di Venezia ha
pronunciato un’ordinanza di rimessione in cui ha prospettato
una presunta violazione degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143,
143 bis, 156 bis c.c., perché non consentono il matrimonio o
altra forma di celebrazione ufficiale tra persone dello stesso
sesso in violazione degli artt. 2, 3 e 29 Cost., nonché dell’art.
117 Cost. in relazione alla CEDU e alla Carta di Nizza. Posto
che la Corte costituzionale, con sentenza n. 138 del 2010, ha
respinto il ricorso perché inammissibile con riferimento agli
articoli 2 e 117 della Costituzione e infondato con riferimento agli articoli 3 e 29, la Consulta si è pronunciata in diritto
annoverando la stabile unione tra persone dello stesso sesso
tra le formazioni sociali ex art. 2 della Carta costituzionale,
quale luogo di espressione della personalità13. Ciononostante, i giudici hanno sostenuto che l’istituto del matrimonio,
così come disciplinato nella Costituzione, nel codice civile
e nella legislazione speciale, si riferisce solo all’unione tra
un uomo ed una donna. Dunque, non è possibile estendere
11 Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2012 sulla parità tra
uomini e donne nell’Unione Europea, Risoluzione del Parlamento europeo
del 4 febbraio 2014 sulla tabella di marcia contro l’omofobia e la discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere.
12 La questione è stata sollevata dal Tribunale di Venezia in sede di ricorso contro il rifiuto opposto dall’ufficiale di stato civile alle pubblicazioni di
matrimonio richieste da due uomini, con l’ordinanza del 3 aprile 2009 (registro ordinanze della Corte cost. n. 177/2009 pubblicata in G.U. 1/7/2009
n. 26); vanno, poi, rammentate l’ordinanza della Corte d’Appello di Trento
nell’agosto del 2009, della Corte d’Appello di Firenze, del Tribunale civile
di Ferrara.
13 […]“per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità,
semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo
della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del
modello pluralistico.”; ai componenti dell’unione omosessuale “spetta il
diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendo il relativo riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”.
Corte Costituzionale, 15/04/2010 n. 138
53
SCIENZE GIURIDICHE E SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
all’unione omosessuale la relativa disciplina civilistica. E’,
quindi, necessario che il Parlamento nell’esercizio della sua
discrezionalità, individui una forma di riconoscimento per le
unioni omoaffettive.
Inoltre, con riguardo alla presunta violazione degli obblighi gravanti sul legislatore nazionale di rispettare i vincoli
derivanti dall’ordinamento europeo e internazionale, la Corte costituzionale ha dichiarato l’inammissibilità della questione, poiché l’art. 9 della Carta di Nizza e l’art. 12 della
CEDU, rinviando alle leggi nazionali, confermano che la
materia è affidata agli Stati membri, spettando al legislatore
nazionale, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare forme idonee di garanzia e di riconoscimento per le
relazioni suddette.
Sempre nel 2010 è intervenuta un’importante sentenza
della Corte di Strasburgo14 in cui i giudici prendendo atto
della profonda diversità di soluzioni esistenti in materia tra
gli ordinamenti degli Stati contraenti, hanno sostenuto che
dall’art. 8 CEDU discende il diritto delle coppie same sex
di vedere riconosciuta la propria unione alla stregua di una
forma di vita familiare. Allo stesso modo l’art. 12 CEDU
prevede che il diritto fondamentale di sposarsi e di fondare
una famiglia, non è più limitato solo alle coppie formate da
persone di sesso diverso. Ancora una volta, quindi, la Corte
sostiene che sebbene gli artt. 8 e 12 CEDU ammettano la
giuridica esistenza delle unioni omosessuali è rimessa alla
valutazione degli Stati membri la scelta di prevedere o meno
all’interno del proprio ordinamento l’estensione dell’istituto
del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Si tratta di un
orientamento interpretativo evolutivo delle diverse garanzie
convenzionali.
Alla luce del mancato riconoscimento di forme di tutela
delle coppie omosessuali nel sistema giuridico italiano, molti cittadini omosessuali hanno deciso di celebrare il proprio
matrimonio in Paesi esteri in cui esso è ammesso. La questione, però, che è stata immediatamente sottoposta ai giudici
italiani, è stata relativa all’efficacia interna di detti matrimoni
a seguito delle numerose istanze di trascrizione.
DIBATTITI INTORNO AL RICONOSCIMENTO IN
ITALIA DEI MATRIMONI OMOSESSUALI CONTRATTI
ALL’ESTERO
Per poter valutare gli effetti da attribuire ai matrimoni
omosessuali contratti all’estero appare necessario esaminare, seppur brevemente, la normativa di diritto internazionale
privato in relazione al tema in oggetto. In primo luogo, viene
in rilievo l’art. 27 della legge 218/1995 il quale dispone che
“la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre
matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun
nubendo al momento del matrimonio”. Con riguardo alla capacità matrimoniale, occorre richiamare l’art. 115, comma 1
del codice civile, il quale prevede, con riguardo al matrimonio del cittadino italiano all’estero, che questi sia soggetto
14 caso Schalk and Kopf c. Austria
54
alle norme nazionali interne che disciplinano le condizioni
necessarie per contrarre matrimonio: in particolare, il riferimento è agli artt. 84 e ss. del c.c.15 . La mancanza di uno dei
requisiti o l’esistenza di uno degli impedimenti previsti dalle
predette norme renderebbe invalido il matrimonio contratto
con riferimento all’ordinamento giuridico italiano. Il successivo art. 28 riguarda la forma del matrimonio e statuisce che:
“il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato
tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale
momento”. Dalla lettura combinata delle predette disposizioni si evince un sistema di riconoscimento “automatico” delle
situazioni giuridiche createsi all’estero, fermo restando un
duplice limite: il rispetto delle condizioni previste nell’art.
115 c.c. che costituisce una norma di applicazione necessaria dell’ordinamento italiano16, e dell’art. 16 della legge
218/95, ai sensi del quale “la legge straniera non è applicata
se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico”17. Nello
specifico, il limite dell’ordine pubblico ha la finalità di preservare i valori complessivi dell’ordinamento giuridico interno dall’applicazione di norme straniere che produrrebbero
risultati contrastanti con le concezioni sociali e giuridiche
dell’ordinamento italiano. Ne deriva che l’unico vero limite
che potrebbe essere opposto al riconoscimento in Italia dei
matrimoni omosessuali celebrati all’estero può essere rappresentato dall’art. 1618 della legge di cui si discute.
Ciò precisato, secondo la tesi tradizionale, il matrimonio
celebrato all’estero tra due persone dello stesso sesso non
può essere trascritto in Italia perché inesistente; ciò troverebbe conferma nelle numerose norme del codice civile in
15 Art. 84 riguarda l’età, art. 85 la sanità mentale, art. 86 l’inesistenza
di precedente vincolo matrimoniale, art. 87 l’inesistenza di determinati
vincoli di parentela, affinità, adozione tra i nubendi, art. 88 le ipotesi di
delitto.
16 Le norme di applicazione necessaria costituiscono un limite preventivo e positivo all’ingresso di norme straniere nell’ordinamento
17 L’ordine pubblico costituisce un limite successivo e negativo perché
presuppone che sia già stata individuata una legge straniera quale norma
applicabile al caso concreto e svolge la funzione di impedire l’applicazione della predetta norma. Esso presenta i caratteri di relatività nello spazio
e nel tempo. In particolare, si veda C. FOCARELLI, Lezioni di diritto internazionale privato, Morlacchi, 2005, p. 70. In giurisprudenza, si veda la
Cass., 28. 10. 2006 n. 27592, la quale afferma che l’ordine pubblico è formato “da quell’insieme di principi desumibili dalla Carta Costituzionale o,
comunque, pur non trovando in essa collocazione, fondanti l’intero assetto
ordinamentale, tali da caratterizzare l’atteggiamento dell’ordinamento
stesso in un dato momento storico e da formare il cardine della struttura
etica, sociale ed economica della comunità nazionale conferendole una
ben individuata e inconfondibile fisionomia”
18 La dottrina ha sostenuto che l’art. 16 della legge 218/1195 fa riferimento al concetto di ordine pubblico “internazionale” e non di ordine pubblico “interno”. Cfr. G. BARILE, Principi fondamentali dell’ordinamento
costituzionale e principi di ordine pubblico internazionale, in Riv. Dir.
Int. Priv. e Proc., 1986, p. 5 e ss.; E. CALO’, Le successioni nel diritto
internazionale privato, IPSOA, 2007, p. 71 e ss. . Il concetto di ordine
pubblico non si identifica con “il c. d ordine pubblico interno, e, cioè con
qualsiasi norma imperativa dell’ordinamento civile, bensì con quello di
ordine pubblico internazionale, costituito dai soli principi fondamentali
e caratterizzanti l’atteggiamento etico-giuridico dell’ordinamento in un
dato periodo storico” Cass. S. U. 18.07.2008, n. 19809 (Conforme Cass.
6. 12. 2002, n. 17349)
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE GIURIDICHE E SOCIALI
materia di matrimonio che si riferiscono a un uomo e a una
donna19.
La Corte di Cassazione, nell’interpretare in maniera positiva la sentenza n. 138 del 2010 della Corte costituzionale
e la sentenza Schalk and Kopf della Corte di Strasburgo ha
ribadito, poi, la non trascrivibilità del matrimonio contratto
all’estero tra persone dello stesso sesso, essendo inidoneo a
produrre qualsiasi effetto giuridico nel nostro ordinamento.
Tuttavia, secondo i giudici della Suprema Corte, l’intrascrivibilità nei registri dello stato civile italiano del matrimonio
contratto all’estero non deriverebbe dalla contrarietà all’ordine pubblico, bensì dalla non riconoscibilità dello stesso quale
atto di matrimonio per l’ordinamento giuridico. Nonostante
ciò, è stata ammessa una parziale apertura all’accoglimento
delle unioni omosessuali. Infatti, i Supremi Giudici hanno
sostenuto che i componenti di una coppia omosessuale sono
titolari del diritto “alla vita familiare, di vivere liberamente
una condizione di coppia e di vedere tutelate specificatamente determinate situazioni”20.
Sulla scia di tale linea interpretativa sembra essersi mossa una parte della giurisprudenza di merito21 - Tribunale di
Grosseto - , la quale ha osservato che il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero può essere trascritto
nei Registri dello stato civile in quanto non contrario all’ordine pubblico, valido ed atto a produrre effetti giuridici nel
luogo in cui è stato pubblicato. Secondo tale orientamento
giurisprudenziale manca sia a livello di legislazione interna
che nelle norme di diritto internazionale privato il riferimento alla diversità di sesso quale condizione necessaria per contrarre matrimonio22, con la conseguenza che la trascrizione
non avrà natura costitutiva come prescritto dalle regole generali in materia ma natura certificativa e di pubblicità di una
situazione già avvenuta23.
Sebbene l’ordinanza del Tribunale di Grosseto sia stata
annullata dalla Corte di Appello di Firenze per vizi procedu19 Ad es., l’art. 107 c.c. fa riferimento espressamente al prendersi rispettivamente in marito e moglie
20 Cass. sez. I , 15.03.2012, n. 4184.
21 Trib. di Grosseto, ordinanza del 3 aprile 2014
22 I motivi dell’accoglimento sono stati fondati sulla non contrarietà del
matrimonio al principio di ordine pubblico ai sensi dell’art. 18 D.P.R. n.
396 del 2000; all’art. 115 c.c. in materia di matrimonio contratto all’estero
da cittadino italiano, dall’art. 27 della L. n. 218 del 1995 in materia di capacità giuridica di contrarre matrimonio, all’art. 28 della L. 218 del 1995
che disciplina la validità della forma di matrimonio contratto all’estero,
all’art. 65 della L. 218 del 1995 sulla compatibilità con l’ordine pubblico
e i diritti essenziali della difesa del provvedimento straniero, ai fini della
sua efficacia.
23 La pronuncia del Tribunale di Grosseto pur mostrandosi innovativa è
censurabile con riguardo alla limitata efficacia determinando una lesione
nella fruizione dei diritti di libertà in danno delle coppie di fatto rispetto
a quelle coniugate, per le quali sarebbe più agevole la percorribilità della
strategia della tutela giurisdizionale. Si determinerebbe una lesione del legislatore determinata dall’introduzione della nuova figura della trascrizione avente solo effetto certificativo; dall’altro la creazione di un’ulteriore
ipotesi di certificazione anagrafica, in violazione del principio di tassatività previsto in materia di stato civile. Si veda D. FERRARI, La Corte
costituzionale torna sulla condizione giuridica delle coppie omosessuali:
l’imporsi di un modello eterosessuale di coniugio?, in Pol. dir., 2014, 3,
p. 466-467
rali24, da quel momento ha preso avvio una campagna di trascrizioni da parte dei Sindaci di molti comuni, dando, però,
luogo a numerosi contenziosi giudiziari.
Di significativo interesse si mostra la sentenza del Tar Lazio25 in cui i giudici hanno sostenuto che l’ordinamento dello
stato civile non prevede alcun potere di intervento, rectius
sostituzione, in capo al Prefetto sulle trascrizioni nei registri
dello stato civile dei matrimoni esteri, ritenendo necessario
adire l’autorità giudiziaria ordinaria la quale è l’unica a poter
disporre della facoltà di operare la cancellazione di un atto
indebitamente trascritto nel registro matrimoniale. Tuttavia,
i giudici laziali hanno continuato a ribadire l’intrascrivibilità
degli atti di matrimonio tra coppie omosessuali per inidoneità a produrre qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano, in ragione della inosservanza del requisito sostanziale
della diversità di sesso tra i nubendi.
Nel 2015, il tortuoso iter giurisprudenziale si è arricchito della sentenza della Corte di Cassazione26 la quale, dopo
aver confermato il rifiuto di procedere alle pubblicazioni matrimoniali alla coppia omosessuale per difetto del requisito
della diversità di sesso tra i nubendi, ha sostenuto la necessità
di un “tempestivo intervento legislativo” volto a regolamentare le unioni omosessuali, anche se in forma diversa da quella di coniugio in quanto ad esse va riconosciuto il diritto fondamentale alla libera vita di una relazione di coppia. Inoltre,
gli ermellini hanno affermato che la mancata estensione della
disciplina sul matrimonio non determina una lesione della
dignità umana e dell’eguaglianza, dato che le unioni omoafettive rientrano nelle formazioni sociali costituzionalmente
protette ex art. 2 e 3 della Costituzione, essendo compito del
legislatore emanare uno statuto protettivo delle stesse unioni. Con riguardo, poi, alla questione della trascrivibilità in
Italia del matrimonio contratto all’estero tra coppie omosessuali, la Suprema Corte ha concluso nel senso di “escludere
la contrarietà all’ordine pubblico del titolo matrimoniale
estero, pur riconoscendone l’inidoneità a produrre nel nostro ordinamento gli effetti del vincolo matrimoniale”. Detta
inidoneità non deve attribuirsi, ad una presunta contrarietà
della fattispecie ai valori e ai principi fondanti il nostro ordinamento, ma alla mancanza di una scelta legislativa in tal
senso.
Nello stesso anno anche la Corte Edu è intervenuta nel dibattito relativo alla regolamentazione giuridica delle coppie
omoaffettive, accertando la violazione dell’art. 8 CEDU da
parte dell’Italia la quale non ha adottato una disciplina volta
24 Corte d’Appello di Firenze 24 settembre 2014
25 TAR LAZIO, sent. 12 febbraio-9 marzo 2015, n. 3907 con la quale è
stato accolto il ricorso avente ad oggetto il provvedimento con il quale il
Prefetto di Roma ha annullato le trascrizioni nel registro dello stato civile
presso il Comune di Roma di matrimoni contratti all’estero da persone dello stesso sesso, e la circolare del Ministro dell’Interno Angelino Alfano del
7 ottobre 2014 che invitava i Prefetti a “rivolgere ai Sindaci formale invito
al ritiro di disposizioni ed alla cancellazione, ove effettuate, delle conseguenti trascrizioni, contestualmente avvertendo che, in caso di inerzia, si
procederà al successivo annullamento d’ufficio degli atti illegittimamente
adottati”
26 Cass., sez. I, 9 febbraio 2015 n. 2400
55
SCIENZE GIURIDICHE E SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
al riconoscimento e alla protezione delle unioni tra persone
dello stesso sesso. La Corte interpretando l’art. 8 CEDU, ha
ribadito che le persone dello stesso sesso hanno diritto alla
vita privata e familiare nonché al medesimo riconoscimento
giuridico e tutela della propria unione al pari delle coppie
formate da sesso diverso. Il riconoscimento deve avvenire ad
opera del legislatore nazionale attraverso l’adozione di misure idonee ad assicurare il rispetto effettivo dei diritti a tutti
gli individui. Nonostante ciò, gli Stati contraenti godono di
un certo margine di apprezzamento, rientrando nella discrezionalità degli stessi la regolazione delle unioni omosessuali
attraverso il matrimonio o altra forma di tutela. In definitiva,
con tale sentenza, i giudici pur non affermando l’obbligo per
l’Italia di riconoscere il diritto al matrimonio omosessuali,
hanno imposto allo Stato di assicurare una tutela giuridica
alle unioni omoaffettive.
L’ultima tappa dell’iter in esame è rappresentata dalla sentenza del Consiglio di Stato del 2015 n. 489927. Con essa, i
giudici amministrativi hanno delineato le condizioni necessarie per contrarre matrimonio anche quando l’atto viene celebrato all’estero. Infatti, dopo averle individuate in alcune
norme del codice civile e nella legge di riforma del sistema di
diritto internazionale privato, dove emerge quale condizione
di validità ed efficacia del matrimonio la diversità di sesso
dei nubendi, hanno affermato che qualora un atto matrimoniale sia sprovvisto di tale elemento essenziale è inidoneo a
produrre effetti nel nostro ordinamento e, quindi, intrascrivibile nei registri dello stato civile. La sentenza evidenzia
che è compito dell’ufficiale dello stato civile adempiere alla
verifica della presenza di tutti gli elementi formali e sostanziali richiesti dalla legge e dai contenuti indispensabili per la
trascrivibilità degli atti matrimoniali. Inoltre, la pronuncia in
esame occupandosi del rapporto interorganico tra Ministro,
Prefetto e ufficiale di Sato civile, ritiene che il Sindaco si
pone in una relazione di subordinazione rispetto al Ministro
dell’interno e al Prefetto il quale gode di poteri di direttiva
e di vigilanza rispetto al Sindaco. Pertanto, la titolarità della
funzione spetta al Ministro, mentre al Sindaco residuano i
compiti attinenti al suo esercizio, al fine di assicurare l’uniformità di indirizzo nella tenuta dei registri dello stato civile
su tutto il territorio nazionale evitando arbitri da parte di ogni
Sindaco. Ne deriva che l’arbitraria trascrizione del matrimonio omosessuale da parte del Sindaco determinerebbe l’attivazione dei poteri di annullamento del Prefetto.
Infine, i giudici del Supremo Consesso ritengono che non
27 Il fatto oggetto della sentenza è il seguente: in data 18 ottobre 2014
il Sindaco del Comune di Roma aveva provveduto alla trascrizione nel
registro dei matrimoni presso l’ufficio di stato civile del Comune del matrimonio contratto dai ricorrenti omosessuali all’estero, con decreto del
31 ottobre 2014, il Prefetto della provincia di Roma ne aveva disposto
l’annullamento ordinando al funzionario dello stato civile di porre in essere i necessari adempimenti susseguenti. Il provvedimento prefettizio era
fondato dal presupposto che l’omosessualità dei nubendi determinasse
l’assenza dei requisiti sostanziali del matrimonio ai sensi del combinato
disposto degli artt. 107, 115 cc. e 27. 2 comma della legge 218 del 1995, e
pertanto, rientrassero nel divieto di trascrizione di cui all’art. 18 del D.P.R.
del 3 novembre 2000 n. 369
56
è configurabile un diritto fondamentale della persona al matrimonio omosessuale, quindi, la mancata estensione della
disciplina civile sul matrimonio alle coppie omosessuali non
è confliggente con i vincoli contratti dall’Italia a livello europeo e internazionale dal nostro ordinamento. Nonostante
ciò, è riconosciuto agli omosessuali di vivere liberamente la
propria condizione di coppia, quindi, spetta a ciascun Stato
attuare questo diritto con forme di riconoscimento idonee a
garantire le coppie omosessuali.
In tale quadro giurisprudenziale nazionale e sovranazionale viene emanata dal legislatore nazionale la legge Cirinnà
approvata dal Parlamento nel 2016 volta alla regolamentazione delle unioni tra persone dello stesso sesso e delle
convivenze. Le prime sono dirette a regolare le relazioni di
natura affettiva tra due persone maggiorenni dello stesso sesso che si estrinsecano in una convivenza, connotata da un
progetto di vita comune e dalla reciproca assistenza morale
e materiale, le seconde, invece, sono volte a regolamentare
una forma di condivisione sociale ed affettiva tra due persone maggiorenni che si assistono reciprocamente moralmente
e materialmente.
Inoltre, l’art. 28 della presente legge delega al Governo
di adottare entro sei mesi dalla sua entrata in vigore uno o
più decreti legislativi in materia di unione civile tra persone
dello stesso sesso riguardanti disposizioni per l’adeguamento delle norme dell’ordinamento dello stato civile in materia
di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni alle previsioni della
legge sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone
dello stesso sesso, nonché di adottare disposizioni recanti
modifiche ed integrazioni normative per il necessario coordinamento con la medesima legge sulla regolamentazione
delle unioni civili, delle disposizioni contenute nelle leggi,
negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti, disposizioni di modifica e riordino delle norme di diritto
internazionale privato in materia di unioni civili tra persone
dello stesso sesso ed infine disposizioni di coordinamento in
materia penale.
A tal fine, il Consiglio dei Ministri il 4 ottobre 2016, su
proposta del Ministro della giustizia Andrea Orlando, ha approvato, in esame preliminare, tre decreti legislativi di attuazione dell’articolo 1, comma 28, lettere a), b) e c), della
Legge 20 maggio 2016, n. 76. I decreti prevedono tra le altre
novità alcune sotto il profilo del diritto internazionale cioè
che nel caso di unione civile tra omosessuali contratta all’estero da cittadini italiani regolarmente residenti in Italia, l’unione venga regolata dalla normativa italiana, fatto salvo la
presenza di profili oggettivi di transnazionalità. I detti decreti
dovranno essere esaminate dalle Commissioni competenti di
Camera e Senato prima di essere approvate in via definitiva
dal Governo. La data della loro probabile approvazione potrebbe essere il 5 dicembre, ma l’esecutivo avrà altri tre mesi
(ossia fino al 5 marzo) per l’adozione definitiva dei decreti
attuativi.
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | BIOCHIMICA
Mini-review. Nitrite as novel
pore-shutter: hints from the preferential
inhibition of the mitochondrial ATP-ase
when activated by Ca2+
SALVATORE NESCI, VITTORIA VENTRELLA, FABIANA TROMBETTI, MAURIZIO PIRINI,
ALESSANDRA PAGLIARANI
Department of Veterinary Medical Sciences (DIMEVET), University of Bologna, Italy
Small inorganic compounds able to prevent the mitochondrial permeability transition, the master player in apoptosis
and necrosis, are increasingly considered as beneficial tools
in cytoprotection. Nitrite, a known cellular nitric oxide
reservoir, has a recognized role in cardioprotection, but
the molecular mechanisms of its action are not thoroughly
understood. Mitochondrial permeability changes are known
to constitute the molecular bases of human cardiac diseases
and pathologies related to mitochondrial dysfunctions. In
turn oxidative stress and mitochondrial damage are related
issues in degenerative and cardiovascular diseases. Assumed that the mitochondrial F1FO complex is structurally
or functionally involved in the mitochondrial permeability
transition pore (MPTP), which triggers the mitochondrial permeability transition, nitrite effects on the enzyme
complex may be exploited to shut the MPTP. Many clues
suggest that nitrite may prevent or limit cell death by modulating the F1FO complex. Accordingly, nitrite decreases
the ATPase activity stimulated by Ca2+, it is ineffective
on the Mg-ATPase up to 2 mM and the enzyme inhibition
is apparently enhanced under oxidative stress conditions.
Through the inhibition of the calcium-activated F1FO complex, nitrite would shut the MPTP, which is likely to be
related to the calcium-dependent functioning mode of the
F1FO complex, and limit mitochondrial impairment and cell
death under physio-pathological conditions.
Introduction
In spite of past health concerns due to the potential genesis of carcinogenic nitrosamine derivatives, at present nitrite
(NO2-) and nitrate (NO3-) are increasingly considered beneficial dietary constituents, especially on considering their positive effects on blood pressure regulation and cardioprotection
(Lundberg et al., 2008; Butler, 2015). Interestingly, nitrate,
which is abundant in green vegetables (Lidder et al., 2013),
is converted to nitrite in the mouth by anaerobic bacteria. Independently of their origin, nitrite and nitrate maintain quite
stable their concentrations in plasma, approximately in the
0.01-0.6 µM range for nitrite and between 20 and 40 µM for
nitrate (Lundberg et al., 2008; Maccha & Schlechter, 2011).
Nitrite naturally occurs in saliva, sweat, milk and colostrum.
Quite surprisingly, breast-fed babies receive a more than
10-fold dose than the acceptable daily intake (ADI) for nitrite (0.07 mg nitrite/Kg body weight per day) (Bedale et al.,
2016). In biological tissues nitrite can be oxidized to nitrate
and slowly converted back to nitrite by bacterial enzymes
in the microbiome. In turn nitrite can be further reduced to
nitric oxide (NO) by mammalian enzymes and again reoxidized to nitrite and nitrate in the so-called nitrate-nitrite-NO
cycle (Lundberg et al., 2008). Thus, nitrite constitutes an endocrine reservoir supporting NO signalling during ischemia
and acidosis (Curtis et al., 2012; Shiva, 2013). Nitrite, whose
level in tissues increases during exercise, can be indirectly
involved in the counteraction of hypertension and ischemia,
by generating NO, which in turn rules the vascular tone (Piknova et al., 2016).
Interestingly, even if the therapeutic potential of the nitrate-nitrite-NO pathway modulation was envisaged since
medieval times by Chinese physicians (Lundberg et al.,
2008), it is mainly during the last 20 years that the biological role of nitrite has been not only extensively explored but
continuously re-evaluated. Puzzling fluctuations between
presumptive harmfulness as potential carcinogen and health
benefits have been recorded in literature, up to enclose nitrite
among recommended dietary nutrients (Bryan & Ivy, 2015).
Indeed, the widespread nitrite occurrence in biological flu57
BIOCHIMICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
ids suggests that this inorganic anion must have a regulatory
role and that, adjusting the dose, nitrite benefits may be exploited in therapy. Dose-response studies in mice point out a
wide safety range of nitrite from 0.1 to 100 µmoles per kg. A
significant hypotensive effect in humans was obtained at increasing nitrite levels in plasma from 140-220 nM (Lundberg
et al., 2008). There is now general consensus that nitrate, nitrite and NO have all important and interconnected biological roles, even if partially unclear (Bryan & Ivy, 2015).
In search for the mitochondrial enzymatic mechanism(s)
involved in the therapeutical role of nitrite
The mitochondrion has a main role in nitrite metabolism,
being able to reduce nitrite to NO, also through Complex III,
cytochrome c and Complex IV (Shiva, 2010), and to produce
NO from arginine (Brookes, 2004), formed in the mitochondrion or imported by mitochondrial carriers (Porcelli et al,
2016). NO at nmol/mg protein concentrations targets and
inhibits the ATP synthase by modifying reactive cysteines,
a mechanism indirectly related to the enzyme inhibition
by contaminants such as monocrotophos (Venkatesh et al.,
2009). However, nitrite may also act independently of NO
on targeted mitochondrial mechanisms. Nitrite inhibits com-
plex I and cytochrome c oxidase through post-translational
modifications (Shiva, 2013). Due to its recognized role in
health and disease (Johannsen & Ravussin, 2009), the mitochondrial F1FO-ATP synthase (EC 3.6.3.14) looks as a fascinating and poorly explored candidate target of nitrite. Previous studies carried out in the presence of tetranitromethane
(Fujisawa et al., 2009) showed that the enzyme activity is
inhibited by tyrosine nitration in the β subunit (Figure 1) and
that this mechanism can be involved in aging. The F1FO-ATP
synthase, embedded in the inner mitochondrial membrane
(IMM), not only builds ATP by oxidative phosphorylation
(Walker, 2013), but counteracts the IMM depolarization,
for instance during myocardial ischemia (Johannsen & Ravussin, 2009), by exploiting its reverse function of ATP hydrolase, which repolarizes the membrane at the expense of
ATP hydrolysis, which may lead to ATP exhaustion (Grover
& Malm, 2009). The ATP synthase/hydrolase has recently
been involved also in cell death (Nesci et al., 2014; Bonora
et al., 2015; Kaludercic & Giorgio, 2016), due to its participation to the IMM permeability changes. The IMM permeability increases when calcium concentration in the mitochondrial matrix increases, accompanied by reactive oxygen
species (ROS) generation, high Pi concentration and adenine
Figure 1. Crystal structure of the nitrated ATP synthase. Accession number PDB ID code: 5ARA. Within the β-subunit (violet), the Walker
motif, highlighted in green, binds the ATP molecule (bronze). The whole structure of the nitrated tyrosines,, Tyr368 and Tyr345, according to
Fujisawa et al., 2009, is drawn.
58
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | BIOCHIMICA
nucleotide depletion. As a cascade this dramatic change in
membrane features leads to osmotic shifts, mitochondrial
dysfunctions and eventually cell death. The so-called Mitochondrial Permeability Transition Pore (MPTP), namely the
structural entity which triggers the mitochondrial permeability transition (MPT), presumptively involves the F1FO-complex or at least part of it, such as the c-ring which constitutes
the core of FO (Bonora et al., 2013), or ATP synthase dimers
(Giorgio et al., 2013; Kaludercic & Giorgio, 2016). In turn
MPT and mitochondrial dysfunction play a crucial role in the
ischemia/reperfusion (I/R) injury, which features several diseases especially in Western countries (Murillo et al., 2011;
Parlakpinar et al., 2013). Other than myocardial disease
(Weiss et al., 2003), a variety of human pathologies, namely
neurodegenerative diseases such as Alzheimer’s (Du et al.,
2010) and Huntington (Quintanilla et al., 2013) diseases,
amyotrophic lateral sclerosis and multiple sclerosis (Kaludercic & Giorgio, 2016), acute (Mukherrjee et al., 2015) and
alcoholic (Shalbueva et al., 2013) pancreatitis, dry-eye disease (Gao et al., 2013) and Reye syndrome (Glasgow, 2001)
have been linked to MPTP opening (Figure 2). On these bases, MPTP inhibitors have been proposed as potential drugs to
counteract MPTP-based diseases (Javadov at al., 2009; Morota et al., 2011; Šileikyte & Forte, 2016). On the other hand,
MPT inducers can be exploited in anticancer therapies as cytotoxic drugs (Rasola & Bernardi, 2014). In ischemic tissues
the oxygen depletion inhibits the mitochondrial respiration
and decreases ATP concentration (Grover & Malm, 2009).
Upon oxygen reintroduction, i.e. reperfusion, the highly reactive electron-deficient molecules accumulated within the
respiratory chain during ischemia lead to oxidative stress.
Then, prolonged oxidative stress and Ca2+ massive influx in
mitochondria trigger MPT (Shiva & Gladwin, 2009). Recent
advances point out that post-translational modifications of
critical aminoacids of the ATP synthase such as cysteines,
tyrosines or tryptophan produce conformational and enzyme
activity changes involved with MPT (Kaludercic & Giorgio,
2016). In turn MPTP opening, which responds to the oxidative challenge in mitochondria, results in ROS burst leading
to destruction of mitochondria and, if propagated from mitochondrion to mitochondrion, to the cell itself. The incidence
of cell death depends on the proportion of damaged mitochondria undergoing MPT and on the physiological status of
the cell (Zorov, 2014).
During the past decade, disruption of mitochondrial function and structural integrity has emerged as a pivotal event in
the generation of cell damage (Soustien et al., 2012). Most
of I/R injury damages at reperfusion, namely arrhythmia, necrosis, myocardial stunning and microvascular obstruction,
have been related to MPTP opening (Morciano et al., 2015).
Recently, nitrite was shown to modulate the mitochondrial
function, mediate cytoprotection after I/R (Shiva & Gladwin,
2009; Murillo et al., 2011) and liver transplantation (Li et
al, 2012) and inhibit MPT, maybe also by inhibiting respiratory complexes (Shiva, 2013). If it is ascertained that the
nitrate-nitrite-NO pathway acts on the cardiovascular system
(Omar & Webb, 2014), both nitrite (Suscheck at al., 2003)
and NO (Li & Wogan, 2005) modulate apoptosis, especially
under oxidative stress, and calcium increase promotes MPT
(Šileikyte & Forte, 2016), which is the biochemical link connecting nitrite, calcium increase in mitochondria, cell death
and cytoprotection?
Links between the Ca-ATPase and the MPTP
In swine heart mitochondria both the calcium-activated
ATPase activity and the magnesium-activated ATPase ac-
Figure 2. Involvement of the mitochondrial permeability transition pore (MPTP) in human diseases. The related references are in brackets.
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BIOCHIMICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
tivity refer to the catalytic activity of the same F1FO complex
(Nesci et al., 2016a) and can pump protons across the IMM
to repolarize the membrane (Walker, 2013). The connection
of the Ca-ATPase with the MPTP (Nesci et al., 2016b), first
hinted by the generation of a proton current indistinguishable from that of MPTP (Bernardi, 2013), is shouldered by
the enzyme inhibition by cyclosporin A (CsA), known to desensitize the MPTP (Bernardi, 2013; Antoniel et al., 2014;
Kaludercic & Giorgio, 2016), which increases at increasing
Ca2+ concentrations (Nesci et al., 2016a).
Even if the identity of the MPTP remains to be elucidated
(Bernardi et al, 2015; Kaludercic & Giorgio, 2016), it seems
clear that the mitochondrial ATPase activity stimulated by
Ca2+ has peculiar features, which somehow distinguish it
from the “normal” ATPase activity stimulated by Mg2+ and
increasingly strengthen its functional involvement with the
MPTP (Antoniel et al., 2014; Bernardi & di Lisa, 2015; Nesci et al., 2016b).
Nitrite and calcium increase in mitochondria
Calcium concentration increase in mitochondria is usually
linked to negative events, which may lead to cell death, even
if discrepancies exist between in vitro and in vivo data (Zorov, 2014). At resting condition Ca2+ level in heart myocytes
is <100 nM but during contractions Ca2+ can rise up to 600
nM and promote MPT in vitro. In turn calcium stimulates
mitochondrial respiration and increases ROS production. A
putative control mechanism exerted by nitrite on the mitochondrial F1FO-ATPase activity was pointed out. Accordingly, up to 2 mM nitrite, and not the related compound nitrate,
inhibits the ATPase activity raised by calcium and leaves
unaffected the enzyme activity stimulated by Mg2+ (Figure
3). Additionally, the enzyme affinity for nitrite is about 20
times greater when the enzyme is activated by calcium ion
than when activated by magnesium ion. In other words, this
means that nitrite effect is much more pronounced when the
enzyme complex is activated by Ca2+ (Nesci et al., 2016a).
Accordingly, when calcium concentration increases in the
mitochondrial matrix, the enzyme complex would switch
to the Ca2+-activated mode. In turn the increase in calcium
concentration is associated to IMM depolarization (Antoniel
et al., 2014). Under such conditions, elevated nitrite concentrations in vivo may selectively inhibit the Ca2+-dependent
F1FO-ATPase activity without affecting that activated by
Mg2+.
Nitrite and oxidative stress: a radical mechanism which
could explain the enhancement of Ca-ATPase inhibition
It is well known that nitrite interferes in redox reactions
and, upon oxidative stress, would generate the radical ∙NO2,
which in turn would promote the formation of tyrosyl radicals from tyrosine residues of the protein (Herold, 2004). By
binding to the enzyme-ATP complex (ES), consistently with
the uncompetitive inhibition mechanism (Nesci et al., 2016a),
nitrite would produce a two-step post-translational modification on the enzyme. According to this mechanism, in the
first step tyrosyl radicals are produced and in the subsequent
step the ES complex and dityrosine are formed. Dityrosine
formation would be favored by the conformational change
of the catalytic sites during the ATP hydrolysis, which, by
making closer two adjacent aromatic radicals, would make
them bind together. Consistently, in mitochondrial suspensions the formation of dityrosine residues dose-dependently
increased at >5 mM nitrite, while nitrotyrosines, the most
common post-translational modification of tyrosine in some
pathologies (Di Giacomo et al., 2012), were undetectable
(Nesci et al., 2016a).
Consistently with this radical mechanism, oxidative stress
favours dityrosine formation promoted by nitrite and enhances the enzyme inhibition, as proven by the enhancement
of the inhibition of the ATPase activity after H2O2 addition
(Nesci et al., 2016a).
Nutritional and pharmacological implications
All the in vitro experimental evidence accumulated up to
now (Nesci et al., 2016a,b) leads to think that nitrite could
act as pore-blocker and prevent MPT, especially under conditions of calcium increase in mitochondria and oxidative
Figure 3. Effect of nitrite concentrations up to 2 mM on the mitochondrial F1FO-ATPase activity activated by Ca2+ (A) and Mg2+ (B). Nitrite
is thought to act both on the catalytic activity and on transmembrane proton pumping by the F1FO complex.
60
SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | BIOCHIMICA
Nitrite can cross the
stress.
Riassunto
blood-brain
barrier
Assumed that the nitrite-driven modulation
(Pluta et al., 2005), so it
Negli ultimi anni viene sempre più considerata la possibilità che
of the F1FO complex is
is tempting to speculate
alcuni composti inorganici a basso peso molecolare possano ralsimilarly operative in
that it could act locally
lentare o impedire la transizione di permeabilità mitocondriale
vitro and in vivo, the
to counteract neuronal
(TPM), un evento coinvolto in diversi tipi di morte cellulare, agenATPase inhibition by
diseases (Kaludercic &
do quindi come citoprotettori. L’aumento di permeabilità della
nitrite could partially
Giorgio, 2016).
membrana mitocondriale è a sua volta correlato con disfunzioni
explain the beneficial
This
presumptive
mitocondriali riscontrate in un vasto spettro di patologie umane,
effects of this inorganitrite role of natural
tra cui quelle cardiache. Da tempo si sa che il nitrito, anione noto
nic anion to counteract
MPTP blocker, may
come riserva intracellulare di monossido di azoto, una importante
cardiovascular diseaefficiently
contribute
molecola-segnale cellulare, ha effetto cardioprotettivo, ma ancora
ses (Shiva & Gladwin,
to the beneficial nitrite
non sono completamente chiariti i meccanismi molecolari attra2009; Shiva, 2013).
verso cui esplica tale effetto. Recenti dati sperimentali fanno oggi
role in cytoprotection.
Since the F1FO complex
pensare che il nitrito possa anche prevenire o limitare la morte
Due to the key roles of
is involved in the MPTP
cellulare inibendo il complesso F1FO, il complesso enzimatico conthe F1FO complex and
siderato essere il responsabile strutturale e/o funzionale del poro di
MPTP in ruling cell
(Morciano et al., 2015),
transizione di permeabilità mitocondriale (PTPM), la cui apertura,
fate, the nitrite-driven
particularly when it is
2+
2+
in seguito ad un aumento intracellulare di Ca , innesca la TPM.
F1FO modulation may
stimulated by Ca (BerInfatti, il nitrito diminuisce l’attività della F1FO-ATPasi stimolata
nardi & Di Lisa, 2015;
be of vital importance,
dal Ca2+ e tale inibizione è potenziata dallo stress ossidativo, conNesci et al., 2016b), nieven if it constitutes
dizione comune a diverse patologie. Al contrario l’attività della
trite would inhibit MPT
only a drop in the sea
2+
F1FO-ATPasi in presenza del cofattore naturale Mg non è alterata
to limit and prevent cell
of the variegated effects
fino a concentrazione 2 mM di nitrito. Il nitrito, che abbonda in vedeath. Let see how, acof nitrite on mitochondria (Shiva & Gladwin,
getali a foglia verde e nella dieta mediterranea, inibendo l’attività
cording to our hypothe2009; Shiva, 2013). Addella F1FO-ATPasi Ca2+-dipendente, potrebbe favorire la chiusura
sis, nitrite would act.
2+
del PTPM, evitando o limitando i danni mitocondriali in condizioditionally, if the F1FO
Since both Ca and
Mg2+ elicit ATPase accomplex role in MPTP
ni fisio-patologiche che portano a morte cellulare.
tivities referable to the
opening will be elucidated, the role of nitrite as
same
F1FO-complex
(Nesci et al., 2016a), when the enzyme complex switches pore shutter could be significantly broadened.
to the Ca2+-activated mode, due to calcium rise in mitochonTaken together, all these emerging clues reinforce the podria, it may undergo nitrite inhibition and decrease ATP tential and promising use of nitrite and nitrate supplemenbreakdown. Under conditions of calcium concentration in- tation in diets to reduce cardiovascular risk (Butler, 2015;
crease in the mitochondrial matrix, the IMM is depolarized Lidder &Webb, 2013; Shiva & Gladwin, 2009; Shiva, 2013;
(Zorov, 2014) and the F1FO-ATPase works “in reverse”, na- Habermeyer et al., 2015; Bedale et al., 2016). The beneficial
mely in the direction of ATP hydrolysis (Grover & Malm, health effects can be simply obtained at intake levels resul2009; Walker, 2013), an operating mode which leads to ATP ting from the daily consumption of green leafy vegetables,
dissipation. During hypoxia/reoxygenation cycles in cardiac especially celery, cress, lettuce, spinach and rocket (approximitochondria a sudden loss of membrane potential is accom- mately 150-250 g) (Lundberg et al., 2008; Habermeyer et al.,
panied by an increase in ROS (Zorov, 2014). Under such 2015). High micromolar nitrite doses may have a therapeutic
conditions, elevated nitrite concentrations may efficiently potential (Parrillo et al., 2011). At present, it seems difficult
block the ATPase activity sustained by Ca2+ without affec- to define the beneficial daily amount of these vegetables
ting that activated by Mg2+. The enhancement of the enzyme which contain both nitrite and nitrate. The conversion of niinhibition by nitrite under oxidative stress may be especially trate to nitrite also depends on the amount of reducing dietary
helpful to limit cellular injury. These beneficial effects of ni- components such as polyphenols and vitamin C.. Additiotrite, especially relevant in the heart, may be operative also in nally, to gain benefit from nitrite, the threat of production of
other body districts such as the skeletal muscle, where nitrite methaemoglobin, from the reaction with deoxyhemoglobin,
rises after exercise, and this mechanism may help to counte- should be taken into account, while the nitrite carcinogenic
ract the effects of hypoxia (Piknova et al., 2016). In gene- potential has been probably overestimated and nitrite coming
ral, nitrite may act as MPTP regulator (Brenner & Moulin, from a vegetable-rich diet cannot be harmful in this respect
2012), by preventing or limiting MPTP opening and subse- (Bryan & Ivy, 2015). An estimated EC50 of 1 g for nitrite was
quent cell death, a mechanism involved in many human dise- established in humans, but less than 40 mg nitrite in a 70 kg
ases of apparently different etiology (Glasgow, 2001; Weiss adult has been considered as enough to cope with myocardial
et al., 2003; Du et al., 2010; Gao et al., 2013; Quintanilla et infarction (Lundberg et al., 2008). Hopefully, the beneficial
al., 2013; Shalbueva et al., 2013; Mukherrjee et al., 2015). properties of nitrite may be extended to counteract other
61
BIOCHIMICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
MPT-based diseases (Glasgow, 2001; Weiss et al., 2003; Du
et al., 2010; Gao et al., 2013; Quintanilla et al., 2013; Shalbueva et al., 2013; Mukherrjee et al., 2015; Kaludercic &
Giorgio, 2016)).
Once again an appropriate nutrition, by making precious
bioactive molecules promptly available, turns out to be the
best and most natural weapon to fight human diseases.
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63
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Giorgio Assanti
Giuseppina Damiano
L’agricoltura biodinamica di
Rudolf Steiner
L’esplorazione dello spazio nel
Novecento e la guerra fredda
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Claudia Maria Bonavita
Teresa De Marinis
Il sistema aureo e il disavanzo
della bilancia degli scambi
internazionali
Lo scioglimento delle unioni civili
nell’ordinamento italiano
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Alberto Doria
Mario Del Fante
La classificazione dei rifiuti
pericolosi dopo l’entrata in vigore
del Regolamento 1272/2008
L’immigrazione straniera nei
paesi europei. Un confronto tra le
diverse politiche di integrazione
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Nicola Cerasoli
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Il mito di Ulisse e
le versioni della guerra di Troia
Vittoria Cremonesi
Le Corbusier e la nascita del
Movimento Moderno
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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | IL COMITATO SCIENTIFICO
N. 44 (GENNAIO 2017)
Comitato scientifico
AMBITO A - SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE,
CHIMICHE E DELLA TERRA
Area 01. Scienze matematiche e informatiche
Elena Agliari (Sapienza Università di Roma)
Stefano Bistarelli (Università degli Studi di Perugia)
Andrea Bonfiglioli (Alma Mater Studiorum Università di
Bologna)
Lorenzo Carlucci (Sapienza Università di Roma)
Umberto Cerruti (Università degli Studi di Torino)
Luca Di Persio (Università degli Studi di Verona)
Alberto Facchini (Università degli Studi di Padova)
Luca Granieri (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Paola Magnaghi-Delfino (Politecnico di Milano)
Paolo Maria Mariano (Università degli Studi di Firenze)
Vito Napolitano (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli)
Linda Pagli (Università di Pisa)
Mario Pavone (Università degli Studi di Catania)
Giorgio Riccardi (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli)
Gloria Rinaldi (Università degli Studi di Modena e Reggio
Emilia)
Brunello Tirozzi (Sapienza Università di Roma)
Pietro Ursino (Università degli Studi dell’Insubria)
Guido Zaccarelli (Università degli Studi di Modena e Reggio
Emilia)
Area 02. Scienze fisiche
Fabrizio Arciprete (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
Franco Bagnoli (Università degli Studi di Firenze)
Adriano Barra (Sapienza Università di Roma)
Alessio Bosio (Università degli Studi di Parma)
Maria Grazia Bridelli (Università degli Studi di Parma)
Giacomo Mauro D’Ariano (Università degli Studi di Pavia)
Alessandra De Lorenzi (Università Ca’ Foscari Venezia)
Carlo del Papa (Università degli Studi di Udine)
Andrea Ferrara (Scuola Normale Superiore)
Roberto Fieschi (Università degli Studi di Parma)
Andrea Frova (Sapienza Università di Roma)
Alessandro Gabrielli (Alma Mater Studiorum Università di
Bologna)
Maurizio Iori (Sapienza Università di Roma)
Gaetano Lanzalone (Università degli Studi di Enna Kore)
Luca Malagoli (Istituto A. Volta di Sassuolo)
Lino Miramonti (Università degli Studi di Milano)
Annamaria Muoio (Università degli Studi di Messina)
Luigi Pilo (Università degli Studi dell’Aquila)
Nicola Umberto Piovella (Università degli Studi di Milano)
Franco Taggi (Istituto Superiore di Sanità)
Area 03. Scienze chimiche
Vincenzo Barone (Scuola Normale Superiore)
Ignazio Blanco (Università degli Studi di Catania)
Vincenzo Brandolini (Università degli Studi di Ferrara)
Irene Dini (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Francesca Caterina Izzo (Università Ca’ Foscari Venezia)
Marcello Locatelli (Università degli Studi G. D’Annunzio
Chieti Pescara)
Salvatore Lorusso (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Placido Mineo (Università degli Studi di Catania)
Neri Niccolai (Università degli Studi di Siena)
Stefano Protti (Università degli Studi di Pavia)
Andrea Pucci (Università di Pisa)
Carmela Saturnino (Università degli Studi della Basilicata)
Pietro Tagliatesta (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
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IL COMITATO SCIENTIFICO | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Vincenzo Villani (Università degli Studi della Basilicata)
Area 06. Scienze mediche
Area 04. Scienze della Terra
Amedeo Amedei (Università degli Studi di Firenze)
Adriano Angelucci (Università degli Studi dell’Aquila)
Nicola Avenia (Università degli Studi di Perugia)
Cesario Bellantuono (Università Politecnica delle Marche)
Antonio Brunetti (Università degli Studi Magna Græcia di
Catanzaro)
Marco Cambiaghi (Università degli Studi di Torino)
Marco Carotenuto (Università degli Studi della Campania
Luigi Vanvitelli)
Angelo Cazzadori (Università degli Studi di Verona)
Maria Esposito (Università degli Studi della Campania Luigi
Vanvitelli)
Paolo Francesco Fabene (Università degli Studi di Verona)
Davide Festi (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Lucio Achille Gaspari (Università degli Studi di Roma Tor
Vergata)
Maurizio Giuliani (Università degli Studi dell’Aquila)
Roberta Granese (Università degli Studi di Messina)
Paolo Gritti (Università degli Studi della Campania Luigi
Vanvitelli)
Ciro Isidoro (Università degli Studi del Piemonte Orientale
Amedeo Avogadro)
Antonio Simone Laganà (Università degli Studi di Messina)
Angelo Lavano (Università degli Studi Magna Græcia di Catanzaro)
Filomena Mazzeo (Università degli Studi di Napoli Parthenope)
Massimo Miniati (Università degli Studi di Firenze)
Letteria Minutoli (Università degli Studi di Messina)
Luigi Muratori (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Francesco Orzi (Sapienza Università di Roma)
Letizia Polito (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Edoardo Raposio (Università degli Studi di Parma)
Giuseppina Rizzo (Università degli Studi di Messina)
Elisabetta Rovida (Università degli Studi di Firenze)
Davide Schiffer (Università degli Studi di Torino)
Tullio Scrimali (Università degli Studi di Catania)
Leandra Silvestro (Università degli Studi di Torino)
Bartolomeo Valentino (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli)
Marco Zaffanello (Università degli Studi di Verona)
Giovanni Bruno (Politecnico di Bari)
Claudio Cassardo (Università degli Studi di Torino)
Michele Lustrino (Sapienza Università di Roma)
Enrico Miccadei (Università degli Studi G. D’Annunzio
Chieti Pescara)
Silvia Peppoloni (istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia)
Giovanni Santarato (Università degli Studi di Ferrara)
Michele Saroli (Università degli Studi di Cassino e del Lazio
Meridionale)
AMBITO B - SCIENZE DELLA VITA E DELLA SALUTE
Area 05. Scienze biologiche
Silvia Arossa (Università Politecnica delle Marche)
Giuseppe Barbiero (Università della Valle d’Aosta)
Mario Bortolozzi (Università degli Studi di Padova)
Maurizio Francesco Brivio (Università degli Studi dell’Insubria)
Stefania Bulotta (Università degli Studi Magna Græcia di
Catanzaro)
Antonella Carsana (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Bruno Cicolani (Università degli Studi dell’Aquila)
Renata Cozzi (Università degli Studi Roma Tre)
Pierangelo Crucitti
Roberta Di Pietro (Università degli Studi G. D’Annunzio
Chieti Pescara)
Guglielmina Froldi (Università degli Studi di Padova)
Erminio Giavini (Università degli Studi di Milano)
Gianni Guidetti (Università degli Studi di Pavia)
Caterina La Porta (Università degli Studi di Milano)
Fabrizio Loreni (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
Stefania Marzocco (Università degli Studi di Salerno)
Fabrizio Mattei (Istituto Superiore di Sanità)
Elisabetta Meacci (Università degli Studi di Firenze)
Salvatore Nesci (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Mario Pestarino (Università degli Studi di Genova)
Giovanni Fulvio Russo (Università degli Studi di Napoli Parthenope)
Roberto Sandulli (Università degli Studi di Napoli Parthenope)
Valeria Specchia (Università del Salento)
Renata Viscuso (Università degli Studi di Catania)
Nicola Zambrano (Università degli Studi di Napoli Federico
II)
Area 07. Scienze agrarie e veterinarie
Sergio Angeli (Libera Università di Bolzano)
Monica Colitti (Università degli Studi di Udine)
Francesco Contò (Università degli Studi di Foggia)
Edo D’Agaro (Università degli Studi di Udine)
Tullia Gallina Toschi (Alma Mater Studiorum Università di
Bologna)
Alessandra Mazzeo (Università degli Studi del Molise)
Gianfranco Militerno (Alma Mater Studiorum Università di
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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | IL COMITATO SCIENTIFICO
Bologna)
Giuseppe Morello (Università degli Studi di Palermo)
Alessandra Pelagalli (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Patrizia Serratore (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Dominga Soglia (Università degli Studi di Torino)
Francesco Sottile (Università degli Studi di Palermo)
Antonio Stasi (Università degli Studi di Foggia)
Francesco Vizzarri (Università degli Studi del Molise)
Aldo Zechini D’Aulerio (Alma Mater Studiorum Università
di Bologna)
AMBITO C - SCIENZE DELL’INGEGNERIA E
DELL’ARCHITETTURA
Area 08. Ingegneria civile e Architettura
Filippo Angelucci (Università degli Studi G. D’Annunzio
Chieti Pescara)
Michele Betti (Università degli Studi di Firenze)
Alberto Bologna (Politecnico di Torino Università degli Studi di Genova)
Francesco Saverio Capaldo (Università degli Studi di Napoli
Federico II)
Alessandra Carlini (Università degli Studi Roma Tre)
Orazio Carpenzano (Sapienza Università di Roma)
Arnaldo Cecchini (Università degli Studi di Sassari)
Carlo Coppola (Università degli Studi della Campania Luigi
Vanvitelli)
Alessandra Cucurnia (Università degli Studi di Firenze)
Sebastiano D’Urso (Università degli Studi di Catania)
Caterina Cristina Fiorentino (Università degli Studi della
Campania Luigi Vanvitelli)
Antonio Formisano (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Giada Gasparini (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Francesca Giglio (Università Mediterranea di Reggio Calabria)
Francesca Giofrè (Sapienza Università di Roma)
Anna Granà (Università degli Studi di Palermo)
Angela Giovanna Leuzzi (Università degli Studi di Camerino)
Angelo Luongo (Università degli Studi dell’Aquila)
Michele Mossa (Politecnico di Bari)
Maurizio Oddo (Università degli Studi di Enna Kore)
Ivana Passamani (Università degli Studi di Brescia)
Giovanni Perillo (Università degli Studi di Napoli Parthenope)
Lucia Pietroni (Università degli Studi di Camerino)
Bernardino Romano (Università degli Studi dell’Aquila)
Cesare Renzo Romeo (Politecnico di Torino)
Giovanni Santi (Università di Pisa)
Vincenzo Sapienza (Università degli Studi di Catania)
Michelangelo Savino (Università degli Studi di Padova)
Massimiliano Savorra (Università degli Studi del Molise)
Maria Grazia Turco (Sapienza Università di Roma)
Antonella Violano (Università degli Studi della Campania
Luigi Vanvitelli)
Area 09. Ingegneria industriale e dell’informazione
Sergio Baragetti (Università degli Studi di Bergamo)
Salvatore Brischetto (Politecnico di Torino)
Eugenio Brusa (Politecnico di Torino)
Federico Cheli (Politecnico di Milano)
Gianpiero Colangelo (Università del Salento)
Giorgio De Pasquale (Politecnico di Torino)
Sergio Della Valle (Università degli Studi di Napoli Federico
II)
Alberto Gallifuoco (Università degli Studi dell’Aquila)
Giancarlo Genta (Politecnico di Torino)
Alessio Giorgetti (Scuola Superiore Sant’Anna di Studi Universitari e di Perfezionamento)
Giada Giorgi (Università degli Studi di Padova)
Agostino Giorgio (Politecnico di Bari)
Massimo Guarnieri (Università degli Studi di Padova)
Giuliana Guazzaroni (Università Politecnica delle Marche)
Francesco Iacoviello (Università degli Studi di Cassino e del
Lazio Meridionale)
Luigi Landini (Università di Pisa)
Francesco Lattarulo (Politecnico di Bari)
Vinicio Magi (Università degli Studi della Basilicata)
Carlo Manna
Salvo Marcuccio (Università di Pisa)
Raffaele Marotta (Università degli Studi di Napoli Federico
II)
Emilio Matricciani (Politecnico di Milano)
Luciano Mescia (Politecnico di Bari)
Dino Musmarra (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli)
Anna Gina Perri (Politecnico di Bari)
Carlo Eugenio Rottenbacher (Università degli Studi di Pavia)
Carlo Santulli (Università degli Studi di Camerino)
Gaetano Valenza (Università di Pisa)
Silvano Vergura (Politecnico di Bari)
Gabriele Virzì Mariotti (Università degli Studi di Palermo)
Antonio Zuorro (Sapienza Università di Roma)
AMBITO D - SCIENZE DELL’UOMO, FILOSOFICHE,
STORICHE, LETTERARIE E DELLA FORMAZIONE
Area 10. Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e
storico-artistiche
Enrico Acquaro (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Emanuela Andreoni Fontecedro (Università degli Studi
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IL COMITATO SCIENTIFICO | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Roma Tre)
Donella Antelmi (IULM - Libera Università di Lingue e Comunicazione)
Angelo Ariemma (Sapienza Università di Roma)
Carlo Beltrame (Università Ca’ Foscari Venezia)
Antonella Benucci (Università per Stranieri di Siena)
Alessandra Calanchi (Università degli Studi di Urbino Carlo
Bo)
Gian Paolo Caprettini (Università degli Studi di Torino)
Giovanna Carloni (Università degli Studi di Urbino Carlo
Bo)
Ornella Castiglione (Università degli Studi di Milano Bicocca)
Maria Catricalà (Università degli Studi Roma Tre)
Fulvia Ciliberto (Università degli Studi del Molise)
Carla Comellini (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Massimiliano David (Alma Mater Studiorum Università di
Bologna)
Cosimo De Giovanni (Università degli Studi di Cagliari)
Roberto De Romanis (Università degli Studi di Perugia)
Pierangela Diadori (Università per Stranieri di Siena)
Emanuele Ferrari (Università degli Studi di Milano Bicocca)
Francesca Ghedini (Università degli Studi di Padova)
Antonio Lucio Giannone (Università del Salento)
Mirko Grimaldi (Università del Salento)
Maria Teresa Guaitoli (Alma Mater Studiorum Università di
Bologna)
Rosa Lombardi (Università degli Studi Roma Tre)
Anna Manna (Sapienza Università di Roma)
Paola Martinuzzi (Università Ca’ Foscari Venezia)
Maria Grazia Meriggi
Trinis Antonietta Messina Fajardo (Università degli Studi di
Enna Kore)
Anna Lucia Natale (Sapienza Università di Roma)
Paolo Nitti (Università degli Studi di Torino)
Gianni Nuti (Università della Valle d’Aosta)
Gaetano Oliva (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Alessio Persic (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Marco Perugini (Università degli Studi Guglielmo Marconi)
Paola Radici Colace (Università degli Studi di Messina)
Vincenza Rosiello (esperto)
Domenico Russo (Università degli Studi G. D’Annunzio
Chieti Pescara)
Mariagrazia Russo (Università degli Studi della Tuscia)
Matteo Santipolo (Università degli Studi di Padova)
Sonia Saporiti (Università degli Studi del Molise)
Matteo Segafreddo (Università Ca’ Foscari Venezia)
Giuseppe Solaro (Università degli Studi di Foggia)
Silvia Stucchi (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano)
Alessandro Teatini (Università degli Studi di Sassari)
Immacolata Tempesta (Università del Salento)
Paolo Torresan (Università Ca’ Foscari Venezia)
Patrizia Torricelli (Università degli Studi di Messina)
Guido Vannini (Università degli Studi di Firenze)
Gabriella Vanotti (Università degli Studi del Piemonte
Orientale Amedeo Avogadro)
Maria Teresa Zanola (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Area 11. Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e
psicologiche
Mario Alai (Università degli Studi di Urbino Carlo Bo)
Giovanni Arduini (Università degli Studi di Cassino e del
Lazio Meridionale)
Barbara Barcaccia (Sapienza Università di Roma e Associazione di Psicologia Cognitiva-Scuola di Psicoterapia Cognitiva srl APC-SPC)
Marta Bertolaso (Università Campus Bio-Medico di Roma)
Sergio Bonetti
Andrea Candela (Università degli Studi dell’Insubria)
Anna Rosa Candura (Università degli Studi di Pavia)
Paolo Carusi (Università degli Studi Roma Tre)
Luciano Celi (Università degli Studi di Trento - CNR)
Rosa Cera (Università degli Studi di Foggia)
Marco Ciardi (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Margherita Ciervo (Università degli Studi di Foggia)
Stefano Colloca (Università degli Studi di Pavia)
Rosa Conte (Università di Macerata)
Vincenzo Crosio
Giuseppe Curcio (Università degli Studi dell’Aquila)
Francesca Cuzzocrea (Università degli Studi di Messina)
Marco D’Addario (Università degli Studi di Milano Bicocca)
Maria D’Ambrosio (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa)
Chiara d’Auria (Università degli Studi di Salerno)
Fabrizio Dal Passo (Sapienza Università di Roma)
Paola Dal Toso (Università degli Studi di Verona)
Daria De Donno (Università del Salento)
Renata De Lorenzo (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Barbara De Serio (Università degli Studi di Foggia)
Mirko Di Bernardo (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
Isabella Gagliardi (Università degli Studi di Firenze)
Uberta Ganucci Cancellieri (Università per Stranieri Dante
Alighieri di Reggio Calabria)
Maria Amata Garito (UTIU - Università Telematica Internazionale Uninettuno)
Lia Giancristofaro (Università degli Studi G. D’Annunzio
Chieti Pescara)
Enrico Giora (Università Vita-Salute San Raffaele)
Antonio Godino (Università del Salento)
Massimiliano Gollin (Università degli Studi di Torino)
Paola Gremigni (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Domenico Ienna (Sapienza Università di Roma)
Alessandra Cecilia Jacomuzzi (Università Ca’ Foscari Venezia)
Caterina Lombardo (Sapienza Università di Roma)
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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | IL COMITATO SCIENTIFICO
Paola Magnano (Università degli Studi di Enna Kore)
Pasqualino Maietta Latessa (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Gianna Marrone (Università degli Studi Roma Tre)
Stefano Maso (Università Ca’ Foscari Venezia)
Stefania Giulia Mazzone (Università degli Studi di Catania)
Paolo Molinari (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Federica Monteleone (Università degli Studi di Bari Aldo
Moro)
Giovanni Moretti (Università degli Studi Roma Tre)
Laura Moschini (Università degli Studi Roma Tre)
Giuseppe Motta (Sapienza Università di Roma)
Antonella Nuzzaci (Università degli Studi dell’Aquila)
Susanna Pallini (Università degli Studi Roma Tre)
Claudio Palumbo (Università degli Studi di Parma)
Rossano Pazzagli (Università degli Studi del Molise)
Luciana Petracca (Università del Salento)
Irene Petruccelli (Università degli Studi di Enna Kore)
Olimpia Pino (Università degli Studi di Parma)
Emanuele Poli (Università degli Studi di Pavia)
Francesco Randazzo (Università degli Studi di Perugia)
Luca Refrigeri (Università degli Studi del Molise)
Franco Riva (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Milena Sabato (Università del Salento)
Leonardo Sacco (Sapienza Università di Roma)
Stefano Salmeri (Università degli Studi di Enna Kore)
Flavia Santoianni (Università degli Studi di Napoli Federico
II)
Marco Santoro (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa)
Paolo Scarpi (Università degli Studi di Padova)
Antonio Scornajenghi (Università degli Studi Roma Tre)
Vincenzo Paolo Senese (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli)
Fabrizio Manuel Sirignano (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa)
Stefano Soriani (Università Ca’ Foscari Venezia)
Domenico Tafuri (Università degli Studi di Napoli Parthenope)
Anna Toscano (Campus Numérique Arménien - UCLy,
Lyon)
Gabriella Valera (Università degli Studi di Trieste)
Angelo Ventrone (Università di Macerata)
Renato Vignati (Università di Macerata)
AMBITO E - SCIENZE GIURIDICHE, ECONOMICHE E
SOCIALI
Area 12. Scienze giuridiche
Gaetano Armao (Università degli Studi di Palermo)
Elena Bellisario (Università degli Studi Roma Tre)
Antonietta Chiantia (Università degli Studi di Messina)
Daniele Coduti (Università degli Studi di Foggia)
Angela Cossiri (Università di Macerata)
Giovanni Di Cosimo (Università di Macerata)
Lorenzo Gagliardi (Università degli Studi di Milano)
Giancarlo Guarino (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Rolandino Guidotti (Alma Mater Studiorum Università di
Bologna)
Agostina Latino (Università degli Studi di Camerino)
Antonio Maria Leozappa (Università degli Studi Niccolò
Cusano)
Massimiliano Mancini (Sapienza Università di Roma)
Simone Mezzacapo (Università degli Studi di Perugia)
Silvia Nicodemo (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Marco Gaetano Pulvirenti (Università degli Studi di Catania)
Biancamaria Raganelli (Università degli Studi di Roma Tor
Vergata)
Carlo Rasia (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Francesco Rende (Università degli Studi di Messina)
Gennaro Rotondo (Università degli Studi della Campania
Luigi Vanvitelli)
Gianpaolo Maria Ruotolo (Università degli Studi di di Foggia - King’s College London)
Fabrizia Santini (Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro)
Lorenzo Scillitani (Università degli Studi del Molise)
Domenico Siclari (Università per Stranieri Dante Alighieri
di Reggio Calabria)
Giuseppe Spoto (Università degli Studi Roma Tre)
Nicola Triggiani (Università degli Studi di Bari Aldo Moro)
Anna Lucia Valvo (Università degli Studi di Enna Kore)
Maria Rosaria Viviano (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli)
Area 13. Scienze economiche e statistiche
Rossella Agliardi (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Vincenzo Asero (Università degli Studi di Catania)
Antonio Attalienti (Università degli Studi di Bari Aldo Moro)
Giuliana Birindelli (Università degli Studi G. D’Annunzio
Chieti Pescara)
Domenico Bodega (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Sabrina Bonomi (Università degli Studi eCampus)
Antonio Botti (Università degli Studi di Salerno)
Luigi Bottone (Università Carlo Cattaneo - LIUC)
Rossella Canestrino (Università degli Studi di Napoli Parthenope)
Antonio Capaldo (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Antonella Cappiello (Università di Pisa)
Laura Castellucci (Università degli Studi di Roma Tor Vergata)
Fausto Cavallaro (Università degli Studi del Molise)
Luciano Consolati (Università degli Studi Guglielmo Marconi)
Gaetano Cuomo (Università degli Studi di Napoli Federico
II)
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IL COMITATO SCIENTIFICO | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017
Mariantonietta Fiore (Università degli Studi di Foggia)
Massimo Franco (Università degli Studi di Napoli Federico
II)
Riccardo Gallo (Sapienza Università di Roma)
Massimiliano Giacalone (Università degli Studi di Napoli
Federico II)
Pierpaolo Giannoccolo (Alma Mater Studiorum Università
di Bologna)
Pierpaolo Magliocca (Università degli Studi di Foggia)
Giuseppe Marotta (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia)
Monica Palma (Università del Salento)
Elisa Pintus (Università della Valle d’Aosta)
Maria Cristina Quirici (Università di Pisa)
Alessia Sammarra (Università degli Studi dell’Aquila)
Barbara Scozzi (Politecnico di Bari)
Claudio Socci (Università di Macerata)
Michela Soverchia (Università di Macerata)
Riccardo Stacchezzini (Università degli Studi di Verona)
Caterina Tricase (Università degli Studi di Foggia)
Erica Varese (Università degli Studi di Torino)
Fabio Zucca (Università degli Studi dell’Insubria)
Area 14. Scienze politiche e sociali
Luca Benvenga (Università del Salento)
Giovanni Borriello (Università degli Studi Roma Tre)
Domenico Carbone (Università degli Studi del Piemonte
Orientale Amedeo Avogadro)
Luigi Colaianni (Università degli Studi di Padova)
Ivo Colozzi (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Paolo Corvo (Università degli Studi di Scienze Gastronomiche)
Giuliana Costa (Politecnico di Milano)
Sara Gentile (Università degli Studi di Catania)
Michele Lanna (Università degli Studi della Campania Luigi
Vanvitelli)
Andrea Lombardinilo (Università degli Studi G. D’Annunzio Chieti Pescara)
Maurizio Lozzi (esperto)
Vincenzo Memoli (Università degli Studi di Catania)
Andrea Millefiorini (Università degli Studi della Campania
Luigi Vanvitelli)
Fortunato Musella (Università degli Studi di Napoli Federico
II)
Cristiana Ottaviano (Università degli Studi di Bergamo)
Paola Panarese (Sapienza Università di Roma)
Gianluca Pastori (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Pasquale Peluso (Università degli Studi Guglielmo Marconi)
Valentina Possenti (Centro Nazionale di Epidemiologia,
Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità)
Irene Ranaldi (Sapienza Università di Roma)
Andrea Spreafico (Università degli Studi Roma Tre)
Luca Toschi (Università degli Studi di Firenze)
Roberto Veraldi (Università degli Studi G. D’Annunzio
Chieti Pescara)
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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | I REFEREES
N. 44 (GENNAIO 2017)
I referees 2016 di
Scienze e Ricerche
Pubblichiamo di seguito i nominativi dei referees intervenuti
nel 2016 nella valutazione degli articoli scientifici presentati
a Scienze e Ricerche.
Domenico Albanese (Università degli Studi di Milano)
Mario Arrigoni Neri (Università degli Studi di Bergamo)
Serena Baiani (Sapienza Università di Roma)
Enrica Capelli (Università degli Studi di Pavia)
Rosa Caponetto (Università degli Studi di Catania)
Marco D’Addario (Università degli Studi di Milano Bicocca)
Giuseppa Di Bella (Università degli Studi di Messina)
Mauro Gaggero (Institute of Intelligent Systems for Automation - ISSIA)
Maurizio Giuliani (Università degli Studi dell’Aquila)
Massimiliano Gollin (Università degli Studi di Torino)
Domenico Labbate (Università degli Studi della Basilicata)
Luigi Landini (Università di Pisa)
Paolo Maestro (Università degli Studi di Siena)
Raffaele Marotta (Università degli Studi di Napoli Federico
II)
Letteria Minutoli (Università degli Studi di Messina)
Neri Niccolai (Università degli Studi di Siena)
Giuseppe Palumbo (Università degli Studi di Napoli Federico II)
Cecilia Perin (Università degli Studi di Milano Bicocca)
Francesco Perrotta (Libera Università di Bolzano)
Giorgio Poletti (Università degli Studi di Ferrara)
Fulvio Ricci (Sapienza Università di Roma)
Franco Riva (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Arianna Rotondo (Università degli Studi di Catania)
Antonino Salibra (Università Ca’ Foscari Venezia)
Massimo Santinello (Università degli Studi di Padova)
Giuseppe Scianna (Università degli Studi di Siena)
Francesca Sgobbi (Università degli Studi di Brescia)
Guglielmo Sorci (Università degli Studi di Perugia)
Franco Taggi (Istituto Superiore di Sanità)
Anna Toscano (Campus Numérique Arménien – UCLy,
Lyon)
Walter Vesperi
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Magazine
Scienze SRe Ricerche
gennaio 2017
OGNI MESE IN SUPPLEMENTO A SCIENZE E RICERCHE
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