Asilo e dignità - Libertà Civili
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Asilo e dignità - Libertà Civili
libertàcivili BIMESTRALE DI STUDI E DOCUMENTAZIONE SUI TEMI DELL’IMMIGRAZIONE Primo Piano / Asilo e dignità In questo numero interventi di: Daniela Di Capua Filippo Grandi Christopher Hein Laurens Jolles Francesco Margiotta Broglio Nadan Petrovic Sandra Sarti Rosetta Scotto Lavina libertàcivili 6/12 BIMESTRALE DI STUDI E DOCUMENTAZIONE SUI TEMI DELL’IMMIGRAZIONE libertàcivili Primo Piano / Asilo e dignità In questo numero interventi di: Daniela Di Capua Francesco Margiotta Broglio Filippo Grandi Nadan Petrovic Christopher Hein Sandra Sarti Laurens Jolles Rosetta Scotto Lavina libertàcivili Rivista bimestrale del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno Piazza del Viminale 1- 00184 Roma tel. 06 4 6 5 2 5 8 6 9 fax 06 4 8 2 7 2 0 9 [email protected] www.libertacivili.it Comitato scientifico Presidente Enzo Cheli Vice presidente emerito della Corte costituzionale Componenti Vincenzo Cesareo Professore emerito di Sociologia generale - Università cattolica del Sacro Cuore - Milano Mario Giro Responsabile per le relazioni internazionali Comunità di Sant’Egidio Antonio Golini Professore emerito, già ordinario di Demografia - “Sapienza” università di Roma libertàcivili Stampa Tipografia Iprint Srl Via Tiburtina Valeria km 18,300 00012 Guidonia-Montecelio Roma Serenella Ravioli Responsabile ufficio comunicazione istituzionale del ministero dell’Interno Anno III Sesto bimestre 2012 finito di stampare marzo 2013 Giuseppe Roma Direttore generale CENSIS BIMESTRALE DI STUDI E DOCUMENTAZIONE SUI TEMI DELL’IMMIGRAZIONE 2 Riccardo Compagnucci Prefetto - vice capo dipartimento vicario per le Libertà civili e l’Immigrazione Angelo Malandrino Prefetto - Autorità responsabile del “Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di Paesi terzi” 2007- 2013 Mario Morcellini Preside della facoltà di Scienze della comunicazione - “Sapienza” università di Roma 2 0 12 novembre - dicembre Direttore editoriale Angela Pria Prefetto - capo dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione Direttore responsabile Giuseppe Sangiorgi Redazione Alessandro Grilli Claudia Svampa Responsabile organizzativo Stefania Nasso Progetto grafico Studio Francesca Cantarelli Milano Fotografie Copertina © Ansa Archivio | John MacDougall; pag. 9 © Ghosheh | Unrwa Org.; pag. 19 © Ansa | Ciro Fusco; pag. 29 © Ansa | Ufficio Stampa Marina Militare; pag. 50 © Ansa Red | Stefano Snaidero; pag.61 © Ansa | Luciano Del Castillo DC; pag. 77 © Ansa | Teresa Carbone; pag. 93 © Ansa | F. 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Post. - D.L.353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art.1, comma 1 DCB Milano Copyright © 2 011 by Ministero dell’Interno Editoriale Una scelta che combatte la violenza con la giustizia 5 L’intervento Una battaglia quotidiana di civiltà, accanto ai rifugiati palestinesi Primo Piano Intervista a Filippo Grandi 7 Indice di Angela Pria Quel diritto antico quanto l’uomo di Sandra Sarti 15 Il dibattito sull’accoglienza: riflessioni e futuro di Rosetta Scotto Lavina 26 Verso la modifica del Regolamento Dublino di Antonella Dinacci 33 Lo Sprar, il possibile nucleo centrale del futuro sistema unico d’asilo di Daniela Di Capua 42 Crotone-Italia: l’esperienza sul campo delle commissioni territoriali di Fabrizio Gallo 47 L’informatica al servizio della protezione internazionale di Alessandra Camporota 57 Rendere effettivo il diritto al lavoro dei rifugiati di Christopher Hein 66 L’alfabeto delle donne con le ali di Claudia Svampa 72 L’improrogabile riforma del sistema d’asilo di Laurens Jolles 83 Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa di Nadan Petrovic 89 I progetti Nautilus e la fotografia dei richiedenti asilo di Valeria Lai 98 Per costruire un ponte fra l’Europa e il mondo arabo 106 La ricerca La mobilità in Emilia-Romagna fra emigrazione, immigrazione e turismo di Centro studi e ricerche Idos (a cura di Franco Pittau) 112 Dialogo interculturale Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali di Francesco Margiotta Broglio 120 Buon esempio Gli ingredienti per vivere insieme di Maria Grazia Profeta 131 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Le Rubriche di Paolo Iafrate 3 Imaginarium Documentazione e Statistiche libertàcivili Indice Se Bollywood sbarca in Italia 4 2 0 12 novembre - dicembre di Valeria Bordi 137 Sullo scaffale 14 3 I risultati della procedura di emersione 2012 dei rapporti di lavoro irregolari dei cittadini stranieri 14 8 di Angela Pria Editoriale Una scelta che combatte la violenza con la giustizia 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili L a tragedia rappresenta uno degli apporti più importanti che la Grecia ha fornito alla civiltà europea. Fenomeno al contempo religioso, politico e culturale essa consentì l’elaborazione di nuove metodologie d’indagine su quello che potremmo definire un classico fra i classici dei problemi, ovvero sulla “drammaticità della condizione umana”, legata com’è ai capricci di un cieco destino e all’incapacità dell’uomo di spiegare a se stesso il significato e la funzione che il dolore ha nella vita di tutti i giorni. Uno dei topos più ricorrenti in questo genere letterario è proprio quello della condizione dell’esule, doppiamente tragica per l’abbandono forzato della propria Patria e per la diffidente accoglienza riservatagli nella nuova terra di approdo. È questo un tema che si ritrova nei Supplici di Eschilo, nell’Edipo a Colono di Sofocle e nelle Eraclidi di Euripide. In quest’ultima opera il signore di Atene, figlio del nobile Teseo, è posto dinnanzi a una tragica scelta: dare asilo a Iolao e ai figli di Eracle, fuggiti da Argo dove è stata per loro decisa una condanna a morte, e accettare così di esporre Atene al rischio di una guerra con quella città, oppure consegnare i fuggitivi nelle mani dei loro persecutori. E Demofonte sceglie di dare asilo, anche a costo di affrontare una guerra dolorosa. C’è un piccolo brano, affidato al Coro, che mette in evidenza i valori sui quali poggia tale scelta: “Spesso evento ripete evento. Dicono che Atena abbia protetto il padre di questi supplici e ora la sua città e il suo popolo li hanno salvati. Hanno fermato la brutalità di un uomo che anteponeva violenza a giustizia. Mi auguro di non conoscere mai né arroganza né eccessi”. Le parole che spiccano in questi versi sono due e sono in netto reciproco contrasto: dìkas (giustizia) e bìaios (violenza). Sono parole che hanno oltrepassato i secoli, giungendo fino a noi, popoli post moderni, per ricordarci che il riconoscere il diritto d’asilo, a chi fugge da una minaccia alla propria vita 5 Una scelta che combatte la violenza con la giustizia libertàcivili Editoriale e alla propria libertà, rappresenta sempre la scelta d’impedire che la violenza sia anteposta alla giustizia. Una scelta, questa, che precede il diritto formalizzato nelle Costituzioni contemporanee, perché affonda le sue radici nell’anima della civiltà europea. In altri termini se, per assurdo, l’Italia non garantisse il diritto d’asilo, non già solo violerebbe la propria Costituzione, ma negherebbe se stessa e la propria storia. Una storia dove sono evidenti le linee di una trama che dalla Roma antica, cosmopolita e ospitale verso gli stranieri, e da quella cristiana risale sino all’umanesimo, al periodo dei lumi, a quello del liberalismo e, dopo la seconda guerra mondiale, alla democrazia social-liberale; epoche in cui il valore ellenico della dìke è stato coltivato e trasmesso nel pensiero e nell’azione. Ma l’Italia ha un doppio dovere morale di ospitalità, soprattutto verso chi è in fuga da una vita di persecuzione, essendo stati anche gli italiani, lo si è ricordato ampiamente in occasione dei festeggiamenti per il centocinquantesimo dell’unità nazionale, a loro volta immigrati in terre lontane, dove hanno conosciuto, prima del riscatto, l’umiliazione, la fatica e il dolore per la lontananza dalla casa natia. L’Italia deve essere come Teseo, grande sovrano della mitica Atene, che accoglie Edipo a Colono con queste parole: “Le tue vesti, lo squallore del tuo volto mi dicono chi sei, ed è con un senso di viva compassione che vorrei domandarti, o sventurato Edipo, perché sei venuto qua, per rivolgere quale supplica (…) a me e alla città. Dovresti propormi una richiesta inaudita perché mi tirassi indietro. Non ho dimenticato di essere stato, nella mia fanciullezza, esule come te e di aver affrontato come nessun altro, e a rischio della vita, ogni sorta di cimenti in terra straniera. Perciò non posso esimermi dal soccorrere uno straniero, quale ora sei tu; e del resto so bene di non essere che un uomo: non c’è attimo del domani che appartenga più a me che a te”. Ecco, ogni volta che riconosciamo il diritto d’asilo a uno sventurato affermiamo, come atto di giustizia, che il suo domani è uguale al nostro, che i suoi futuri attimi di vita hanno pari dignità dei nostri. 6 2 0 12 novembre - dicembre L’intervento Una battaglia quotidiana di civiltà, accanto ai rifugiati palestinesi A colloquio con Filippo Grandi, dal 2010 Commissario generale dell’Unrwa, l’agenzia Onu che fornisce assistenza umanitaria, servizi e opportunità di lavoro ai profughi della Palestina in Medio Oriente Intervista a cura di Stefania Nasso e Giuseppe Sangiorgi Commissario Grandi, lei ha un’esperienza di oltre 25 anni nel settore dell’assistenza e del soccorso umanitario. Come è cambiata la situazione e la percezione che si ha di questo problema rispetto a quando lei ha iniziato la sua esperienza di lavoro? In svariati modi ovviamente. Dirò una banalità ma mi sembra importante ribadirlo: le questioni umanitarie e dei rifugiati 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili L’assistenza ai rifugiati che si trovano a vivere le condizioni più disperate, come i profughi palestinesi sparsi nei Paesi del Medio Oriente, è la frontiera su cui si misura l’avanzamento del livello di civiltà del mondo intero e delle sue espressioni organizzate in singoli Paesi e in organizzazioni internazionali. È dunque un legittimo L’assistenza ai rifugiati orgoglio sapere che, a combattere su questo che vivono nelle condizioni fronte, c’è un italiano che, con il cuore e più disperate è la frontiera l’intelligenza che contraddistingue la parte su cui si misura l’avanzamento migliore del nostro popolo, partecipa quodel livello di civiltà del mondo, tidianamente a questa battaglia di civiltà. Filippo Grandi, 55 anni, guida dal 2010, dei singoli Paesi e delle nel ruolo di Commissario generale, l’Unrwa organizzazioni internazionali (United Nations Relief and Works Agency for Palestine refugees), l’agenzia Onu che fornisce assistenza umanitaria, servizi essenziali e opportunità di lavoro a 4,6 milioni di profughi della Palestina in Giordania, Libano, Siria, nella Striscia di Gaza e nella Cisgiordania. 7 L’intervento Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa sono diventate molto più complesse negli ultimi 25-30 anni, da quando me ne occupo. Per svariati motivi. Quando ho cominciato, all’inizio degli anni Ottanta, eravamo ancora in Guerra fredda, un contesto geopolitico completamente diverso. Poi la natura dei conflitti è cambiata; da quelli tra blocchi si è passati a conflitti interni che, per loro natura, purtroppo generano molto più facilmente movimenti involontari di popolazione. Il secondo cambiamento sostanziale sta nel fatto che i movimenti di popolazione, soprattutto quando si tratta di flussi migratori o di rifugiati in Paesi industrializzati – ma non solo – sono diventati molto più politicizzati. Questo è anche un risultato della necessità dei governi di dar conto al loro elettorato, di dover tener conto del “pericolo dell’altro che arriva”. Questo è un tema elettorale La questioni umanitarie molto sensibile in Europa, che condiziona i e dei rifugiati sono cambiate governi. Un aspetto, questo, che 25 anni fa era negli ultimi 30 anni: i conflitti meno rilevante, un po’ perché c’erano meno sono perlopiù interni ai Paesi, flussi e un po’ perché erano probabilmente i flussi più politicizzati diverse le dinamiche politiche. Ma questo non è solo un fenomeno del Nord. Vi racconto un ed è aumentato il numero piccolo aneddoto. Julius Nyerere 1 il famoso degli attori in campo presidente tanzaniano grande leader africano degli anni Sessanta e Settanta, che io visitai quando era già molto anziano ormai ritirato dalla vita politica, ci disse: quando io ero dittatore in Tanzania potevo accettare qualsiasi numero di rifugiati, tanto decidevo io e nessuno poteva obiettare. Quando è venuta la democrazia è diventato molto più complicato. Capisce? È paradossale. Questo mi sembra un grande cambiamento. Il terzo cambiamento è nel numero degli attori: quando ero molto giovane c’erano molte meno organizzazioni implicate nelle situazioni di emergenza. Oggi tra Nazioni Unite, Croce Rossa, interventi bilaterali, eserciti, organizzazioni non governative, organizzazioni locali, è diventato complesso il coordinamento dell’attività umanitaria. Questo certo porta più risorse, ma dall’altro lato rende più complicato il lavoro. libertàcivili L’agenzia delle Nazioni Unite che lei dirige, la Unrwa (United Nations Relief and Works Agency for Palestina 8 1 Julius Kambarage Nyerere stato un insegnante, economista e politico tanzaniano, Presidente della Tanzania, e precedentemente del Tanganika, dalla fondazione del Paese nel 19 6 4 fino al suo ritiro nel 19 8 5 2 0 12 novembre - dicembre Refugees) si basa su un modello operativo valido solo per i rifugiati palestinesi, o questo può essere utilizzato anche per altre situazioni di crisi? Il modello operativo dell’Unrwa è unico nel suo genere e ha radici storiche e politiche molte profonde; fu stabilito prima ancora che le Nazioni Unite creassero l’Alto commissariato per i rifugiati, ed è relativo solo alla popolazione palestinese. È un modello che praticamente si sostituisce agli Stati nel fornire servizi a una popolazione di rifugiati. Io credo che sia abbastanza straordinario e difficile da replicare al giorno d’oggi, visti i costi e le dinamiche delle situazioni dei rifugiati. Però ci sono molti elementi di questo modello, soprattutto il fatto che noi lavoriamo con le comunità, che possono dare molti spunti. L’intervento Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa libertàcivili Si può dire che le condizioni dei rifugiati palestinesi, per i tanti decenni dai quali questa condizione esiste, sono un paradigma generale riguardo alle vittime delle tante persecuzioni esistenti: politiche, ma anche religiose e razziali? Io credo che in un certo senso sì, anche se ogni caso è diverso dall’altro. Tutte le situazioni di rifugiati sono l’espressione di un fallimento politico e in questo senso non c’è fallimento più grande per la comunità internazionale di non essere riuscita 2 0 12 novembre - dicembre 9 Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa L’intervento a risolvere il conflitto arabo-israeliano e la questione dei rifugiati palestinesi ad esso intimamente connessa: se non si risolve il conflitto non si risolve la questione dei rifugiati palestinesi. E in questo senso essa è un mega-paradigma di tutte le situazioni dei rifugiati, perché la questione è vecchia di settant’anni, quindi molto grave. Nelle grandi aree di crisi africane e mediorientali quali sono oggi le situazioni più esplosive dal punto di vista del mancato rispetto dei diritti umani? Io credo che oggi nel Medio Oriente – inteso in senso allargato – ci sia esplosa fra le mani una lunga e trascurata situazione di deficit di diritti umani, che è quella che ha prevalso per decenni, con una certa complicità della comunità internazionale dell’occidente. La Primavera araba è in realtà un’esplosione e in che direzione andrà è difficile dirlo. Naturalmente poi questo ha generato altre situazioni molto gravi, ad esempio la Siria, che forse oggi è l’esempio più grave di conflitto, che genera flussi di rifugiati. Io Nel Medio Oriente ci è esplosa sono stato recentemente in Kuwait, dove c’è stata una grande conferenza per cercare di fra le mani una situazione, generare aiuti per i 700mila rifugiati siriani, a lungo trascurata, di deficit tra cui ci sono anche palestinesi. Questa è di diritti umani, che è quella la situazione centrale, che è risultato del che ha prevalso per decenni, fermento oggi presente nel mondo arabo attorno alla questione dei diritti, dei privilegi, con una certa complicità della corruzione etc. della comunità internazionale Naturalmente questo ha delle ripercussioni vastissime, perché quello che leggiamo oggi riguardo al Mali – l’altro conflitto importante in atto – è soltanto la punta dell’iceberg di una tensione grandissima che c’è da molti anni fra l’Africa subsahariana e l’Africa araba. Tutta quella cerniera del Sahel che va dal Mali fino al Corno d’Africa è sempre stata un punto nevralgico. Oggi con il fermento a Nord, con le armi che sono sparse dappertutto nella regione, quella tensione sta diventando un altro snodo cruciale. libertàcivili Il riferimento direi automatico va alla situazione della Libia Certo. Lo scioglimento di quello che c’era prima in Libia spero porterà cose buone per il Paese, ma ha anche liberato armi, energie, persone che stanno cavalcando varie tigri molto pericolose in quella regione. C’è una situazione fondamentale che è la mancanza di diritti nel Medio Oriente in senso allargato 10 2 0 12 novembre - dicembre Lei è a contatto personalmente con questa umanità dolente. In base alla sua esperienza come vivono i profughi la possibilità o l'obbligo di rimpatrio? Qual è il quadro che può raccontarci? Nella mia carriera ho incontrati migliaia di rifugiati nel senso autentico della parola, cioè quelli che fuggono da conflitti, persecuzioni, violenza. La stragrande maggioranza vuole tornare a casa. Questo credo che sia profondamente insito nella natura umana, nessuno di noi naturalmente vuole andarsene via, lasciare i propri cari, le proprie Molte volte ci si concentra famiglie. Molte volte ci si concentra sull’aspetto sull’aspetto “abusivo” dei “abusivo” di questi movimenti di persone, si movimenti di persone, pensa che vogliano approfittare del benesma non si pensa che in realtà sere di altre persone. Non si pensa mai che questi uomini e donne fanno in realtà queste persone fanno dei sacrifici sacrifici enormi, che non enormi, che non vorrebbero fare se potessero scegliere. E quindi per il rifugiato in particofarebbero se avessero scelta lare – non parlo in generale delle migrazioni ma dei rifugiati – il desiderio più profondo è di tornare a casa, ma per molti non è possibile perché c’è violenza, pericolo, miseria anche profondissima. Però è questo il loro desiderio e credo sia il desiderio di ogni persona che ha lasciato la propria terra perché è stato obbligato a farlo. Quale modalità di intervento può suggerire l’esperienza dell’Unrwa su tutti questi fronti per migliorare la gestione dell’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo in Italia? È una domanda un po’ difficile perché non ci occupiamo di asilo in Europa, questo è il compito dell’Alto commissariato (Unhcr). Posso però dire che noi facciamo un’esperienza a contatto con le comunità dei rifugiati li dove si trovano, quindi nei Paesi di asilo immediato, la Siria, il Libano la Giordania etc. Io credo che il nostro modello operativo sia molto radicato nella comunità, nelle scuole, nei centri sociali. Noi facciamo un lavoro sociale molto capillare “con” i rifugiati, abbiamo 30mila dipendenti che sono quasi tutti rifugiati palestinesi, quindi siamo integrati nella comunità che serviamo. Questo modello potrebbe, mutatis mutandis, con gli opportuni adattamenti, anche essere interessante per stabilizzare i flussi di popolazione. È un intervento molto capillare della comunità 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili e questo sta provocando una serie di crisi che oggi sono al centro dell’attenzione. Ci troviamo in una fase molto delicata e difficile di questa evoluzione. L’intervento Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa 11 Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa libertàcivili L’intervento internazionale dentro le comunità. Ora naturalmente ci sono valenze politiche specifiche per il nostro lavoro, però questo tipo di lavoro, che non è super ficiale, che non significa semplicemente lasciare gli aiuti e andarsene, ma impegnarsi con la comunità, è certamente un modello interessante. È l’esempio di ciò che si intende quando si parla di portare aiuti dove le popolazioni partono, per evitare flussi massicci e ingestibili. Però è un modello costoso, che richiede pazienza, tempo, investimenti, quindi non è facilissimo da replicare. Tuttavia, quello che noi facciamo con una popolazione rifugiata – investire nell’educazione, nella salute preventiva, nella riduzione della povertà – può essere traslato come modello di intervento nei Paesi poveri che generano flussi migratori. Abbiamo molte cose da raccontare a quelli che lavorano nello sviluppo perché lo facciamo a livello molto pratico. I grandi attori sovranazionali, le Nazioni Unite, ma anche l’Unione Europea, sono sufficientemente attenti al tema dei rifugiati, e sono in grado di determinare politiche concrete di accoglienza e di concessione dell’asilo da parte dei Paesi membri di questi organismi internazionali? Quando gli Stati sovrani parlano di sicurezza nazionale diventa molto difficile fare un discorso di cooperazione internazionale, perché la sicurezza nazionale passa davanti a tutto, per motivi che si possono anche Quando i flussi migratori, capire. Quando purtroppo i flussi migratori, soprattutto i flussi di rifugiati, e soprattutto i flussi di rifugiati, vengono vengono legati in modo legati al tema della sicurezza in modo strustrumentale al tema sicurezza, mentale, mettendo al centro dell’attenzione allora diventa difficile il tema della “minaccia“, allora diventa difficilissimo fare dei discorsi di sistema, di fare discorsi di sistema, norme, di principi, di approcci comuni. Questa di norme e principi comuni è una delle grandi evoluzioni negative dell’atteggiamento internazionale verso i rifugiati. Ovviamente le Nazioni Unite hanno degli organismi preposti a questo, dedicano molta attenzione a tali aspetti, e lo stesso le istituzioni europee; il problema si verifica quando si passa dal livello intergovernativo, internazionale a quello nazionale, dove purtroppo troppo spesso le considerazioni di sicurezza prevalgono. Con questo non sto sminuendo l’importanza delle considerazioni di sicurezza, sto solo dicendo che non bisogna renderle strumentali per motivi politici, per motivi elettorali e questo 12 2 0 12 novembre - dicembre Che cos’è l’Unrwa Fondata nel 1949 per iniziativa dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 302 (IV) dell’8 dicembre 1949, l’Unrwa (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) ha il compito di fornire sostegno e opportunità di lavoro a coloro, tra i 700mila rifugiati fuggiti dalla Palestina, che avevano perso sia l’abitazione che i mezzi di sussistenza a causa della guerra arabo-israeliana del 1948-49. L’Agenzia ha iniziato ad operare il 1 maggio 1950. Negli anni e nel corso dei successivi conflitti, le attività di Unrwa si sono ampliate, per rispondere all’aumento del numero di rifugiati e al radicarsi della loro situazione. Nata come organismo temporaneo, in assenza di una soluzione al problema dei rifugiati palestinesi, l’Assemblea generale ha rinnovato ripetutamente il mandato dell’Unrwa, che recentemente è stato prorogato al 30 giugno 2014. Nel 2 011, è salito a 4,96 milioni il numero di rifugiati palestinesi che hanno diritto a usufruire dei servizi dell’agenzia. Unrwa opera in 58 campi profughi riconosciuti e dislocati in Giordania, Libano, Siria, Gaza e Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. L’agenzia impiega circa 30mila persone, di cui la maggior parte sono rifugiati essi stessi. L’azione dell’Unrwa è fondata sull’impegno internazionale per lo sviluppo umano dei palestinesi, aiutandoli a acquisire conoscenze e competenze, avere un’aspettativa di vita sana e longeva, raggiungere standard di vita dignitosi, godere dei diritti umani nella misura più ampia possibile. Questo significa creare e mantenere per tutti i rifugiati le premesse che garantiscano un minimo di stabilità e prosperità; una vita sana, condizioni di vita dignitose, scolarizzazione e acquisizione di competenze professionali, e la possibilità di poter godere dei diritti umani fondamentali. Attualmente costituisce l’agenzia maggiormente impegnata nella fornitura di assistenza di base – beni di prima necessità, istruzione, servizi medici, servizi sociali – ai rifugiati palestinesi che attualmente si trovano nella propria area di competenza. Le operazioni dell’Agenzia sono quasi interamente finanziate da contributi volontari da parte dei donatori. 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili avviene troppo spesso, spazzando via ogni possibilità per gli organismi internazionali di intervenire in modo significativo, di convincere gli Stati ad aderire a convenzioni e ad adottare approcci comuni. L’intervento Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa 13 Primo Piano Asilo e dignità Asilo e dignità sono due parole da concepire come inseparabili: asilo ai rifugiati, alle vittime delle persecuzioni; e asilo che rispetti la dignità delle vittime, offrendo loro la possibilità di nuova vita. È la frontiera più esposta e tormentata delle infinite storie legate alle migrazioni. l’Italia è chiamata a fare la sua parte perché in gioco, nel concedere l’asilo, c’è anche la nostra dignità Primo Piano Quel diritto antico quanto l’uomo L’evoluzione del diritto di asilo, dalle radici filosofiche e concettuali rintracciabili nell’antichità e nel Medio Evo fino al Programma di Stoccolma dell’UE di Sandra Sarti Da quando esiste l’uomo, esiste chi fugge dalla sua violenza, ma esiste anche chi accoglie il fuggitivo Le radici del diritto di asilo La parola “asilo” deriva dal termine greco “asylon” e indica un luogo che non può essere violato in quanto sacro e, quindi, sicuro per i fuggitivi. L’etimologia della parola, composta dalla particella privativa “alfa” seguita dal verbo “sylào”, che significa catturare, fare violenza, riconduce a un luogo senza cattura, senza violenza. La sua storia, a ben vedere, da sempre si intreccia con quella dell’umanità poiché da quando esiste l’uomo, esiste chi fugge dalla sua violenza, ma esiste anche chi accoglie il fuggitivo. Inteso come accoglienza, l’asilo nasce dai popoli nomadi ove la protezione dello straniero era legge. Lo testimoniano sia la tradizione cristiana, che indica nell’aiutare lo straniero un precetto morale che è anche condizione di salvezza, sia la tradizione musulmana che prevedeva assistenza e asilo per coloro che avevano scelto l’esilio sia la tradizione ebraica. Ed ecco che il pensiero corre a figure bibliche come quella di Abramo e Mosè e poi, più avanti nel tempo, anche a figure mitiche di fuggitivi che, come Enea, raggiungono nuovi lidi per iniziare una nuova vita lontano dalle guerre. Il diritto di asilo è intrinseco alla storia dell’uomo perché appartiene all’uomo in quanto tale, in quanto essere umano; gli appartiene in modo oggettivo prescindendo da qualsiasi elaborazione soggettiva di criteri ascrittivi come la cittadinanza, il censo, l’appartenenza familiare o razziale. Il primo esemplare concettuale di quelli che dopo secoli sarebbero stati definiti ‘diritti dell’uomo’ venne enucleato da 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Direttore centrale Affari dei culti - Ministero dell’Interno 15 Il “Cilindro di Ciro” del 539 A.C. è considerato la “prima carta dei diritti dell’uomo” che la storia ci tramanda, in quanto contiene in nuce alcuni principi basilari 16 Ciro il Grande, nel 539 a.c. e scolpito su di un cilindro di marmo, il c.d. “Cilindro di Ciro”, rinvenuto nel 1879 e conservato al British Museum di Londra. Il testo recitava: “Io sono Ciro, re del mondo, gran re, re legittimo, re di Babilonia, re di Sumer e Akkad, re delle quattro estremità (della terra), figlio di Cambise, ………..Non permetto a nessuno di spargere terrore nel Paese di Sumer e Akkad. Voglio fermamente la pace a Babilonia e in tutte le sue sacre città. Per gli abitanti di Babilonia (…) io abolisco i lavori forzati [...] Da Ninive, Assur e Susa, Akkad, Eshnunna, Zamban, Me-Turnu e Der fino alla regione di Gutium, restituisco a queste sacre città dall'altro lato del Tigri i templi di cui è stata fatta rovina per lungo tempo, le immagini che una volta vi erano conservate e stabilisco che essi siano i loro templi. Ho anche radunato gli abitanti di queste regioni e ho restituito loro le case che avevano”. Questo testo è stato considerato come la “prima carta dei diritti dell’uomo” che la storia ci ha tramandato in quanto, laddove con la restituzione dei Templi ha espresso, in nuce, il concetto di tolleranza religiosa e il diritto dell’uomo alla religione e al culto, con le disposizioni relative all’abolizione dei lavori forzati e alla restituzione delle case agli abitanti ha conferito espresso valore alla dignità dell’uomo. E ancora, con il diniego di spargere terrore, ha riconosciuto alla “pace” il ruolo politico di fattore di forte coesione e di sviluppo sociale, elementi ritenuti entrambi necessari alla saggia ed equilibrata gestione dell’Impero di Ciro. Nonostante tale premessa il diritto di asilo non ebbe particolare rilievo nel diritto romano ma trovò, tuttavia, pratica applicazione durante le persecuzioni dei cristiani e, sotto il profilo dell’accoglienza, della carità, dell’aiuto, della solidarietà e della fratellanza, costituì uno dei punti cardine della dottrina cristiana. Diritto di asilo come diritto dell’uomo in quanto tale Il primo consolidamento della concezione del diritto di asilo avvenne, comunque, nel Medio Evo quando San Tommaso d’Aquino, tracciando il solco del giusnaturalismo, asserì che i diritti umani appartengono all’uomo nell’ordine naturale del creato. Egli definì i diritti naturali come un “insieme di primi principi etici, generalissimi” che “condizionano il legislatore nel diritto positivo, in quanto sono sigillo di Dio nella creazione delle cose”. La visione giusnaturalistica scolastica determinò un ribaltamento del concetto di asilo che fino ad allora era stato inteso non come “diritto di ogni uomo in quanto tale, in libertàcivili Primo Piano L’evoluzione del diritto di asilo 2 0 12 novembre - dicembre Il diritto di asilo dalla Prima guerra mondiale alla Costituzione Il tema del diritto di asilo si impose poi all’attenzione del mondo, nell’immediatezza del dopoguerra (la Prima guerra mondiale), con il fenomeno di milioni di persone, russi, greci, turchi, armeni, che erano state sradicate dai loro Paesi di appartenenza a causa dei disastrosi eventi bellici e politici di quel tempo. Su di loro si diresse l’attenzione del famoso 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Da San Tommaso d’Aquino alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 quanto creato”, bensì come concessione giuridicamente afferente alle immunità gestite dal detentore del potere pubblico. Mentre in Occidente, nel 1215, veniva adottata la Magna Charta Libertatum, che recava il primo documento di riconoscimento dei diritti dei cittadini e la prima limitazione del potere assoluto del sovrano, in Oriente, nel 1222, fu solennemente proclamata la Carta Manden, un documento recante statuizioni di valenza così incredibilmente universale da poter confluire, attraverso i secoli, nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Il testo asseriva: “ogni vita è una vita (valore della vita umana e dignità dell’uomo); il torto richiede una riparazione (valore sociale della giustizia); aiutatevi reciprocamente (valore morale e sociale del rispetto dell’altro e della solidarietà); veglia sulla patria (valore della terra in cui ha radice la storia del popolo cui si appartiene); combatti la servitù e la fame (tutela della vita e della dignità dell’uomo); che cessino i tormenti della guerra (valore della pace); chiunque è libero di dire, di fare e di vedere (libertà di pensiero e di espressione)”. Al periodo successivo alla scoperta delle Americhe, e quindi al 15 0 0, risale il dibattito sulla riduzione in schiavitù degli indigeni americani che i conquistatori consideravano alla stregua di bestie: la drammaticità della situazione richiese addirittura l’intervento di Papa Paolo III che, con la Bolla ‘Sublimis Deus’ dichiarò “l’umanità“ degli indigeni americani e il loro “diritto alla libertà e alla proprietà”. Nel Settecento il concetto di libertà dell'individuo animò ‘l’epoca dei lumi’ e la filosofia illuminista, contrapponendosi alla politica centralistica e assolutistica del tempo, e aprì, nel 1789, le porte alla Rivoluzione francese i cui principi di libertà, uguaglianza e fratellanza costituirono le basi delle moderne Costituzioni. L’art.1 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese del 1789 - analogamente a quanto affermato nel 1776 con la Dichiarazione di indipendenza nordamericana stabiliva che “les hommes naissent e demeurent libres et egaux en droits”. Primo Piano L’evoluzione del diritto di asilo 17 Primo Piano L’evoluzione del diritto di asilo libertàcivili Il “primo intervento umanitario” della storia: l’esploratore norvegese Fridtjof Nansen fu incaricato dalla Società delle Nazioni di soccorrere i profughi russi dopo la Rivoluzione d’Ottobre 18 2 0 12 novembre - dicembre esploratore norvegese Fridtjof Nansen che, fino ad allora, aveva condotto coraggiose spedizioni e sviluppato studi oceanografici. Nel 1921, quando il Comitato internazionale della Croce Rossa chiese alla Società delle Nazioni di soccorrere i profughi russi costretti all’esodo dopo la Rivoluzione di ottobre, Nansen venne chiamato a coordinare gli interventi in qualità di “Alto commissario per conto della Società delle Nazioni”. Con una totale dedizione alla causa, egli definì lo status giuridico dei rifugiati russi, organizzò il loro inserimento lavorativo nei Paesi ospitanti o il loro ritorno in Patria e costituì la prima struttura di quello che, circa trenta anni più tardi, sarebbe divenuto l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Si giunse così, per la prima volta nella storia, a garantire uno status giuridico certo a favore di coloro che venivano definitivamente accolti in un Paese ospitante e ad adottare i primi documenti di viaggio e d’identità per i rifugiati, per l’appunto denominati “passaporti Nansen”, storici antesignani del documento di viaggio poi previsto dalla Convenzione di Ginevra. Ma solo dopo la Seconda guerra mondiale, sull’onda dell’orrore della Shoah e dei milioni e milioni di morti, si giunse alla consacrazione dei diritti umani con la costituzione dell’“Organizzazione delle Nazioni Unite” (ONU) e l’adozione da parte dell’Assemblea generale della “Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo” che venne firmata a New York il 10 dicembre del 1948. Un documento di portata storica, una pietra miliare posta finalmente a difesa dei diritti umani, che in trenta articoli ha sancito i diritti individuali, civili, economici, e culturali di “ogni persona”. Tra questi, all’art. 13, in combinato disposto con l’art.14, la Dichiarazione ha riconosciuto ad ogni individuo il diritto di asilo inteso come “diritto alla libertà di movimento.. diritto a lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio… diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni”. Subito dopo, nel 1950, sulla base della Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite fu istituto l’Unhcr (United Nations High Commissioner for Refugees) e in rapida successione, il 28 luglio del 1951, una conferenza speciale dell’Onu approvò la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati. La Convenzione, poi entrata in vigore il 22 aprile 1954, ha per la prima volta enucleato il concetto di rifugiato indicando, nel contempo, i presupposti per il riconoscimento dello specifico status: “chi è fuori dal Paese di cui è cittadino e che non può rientrare perché ha il fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, di religione, nazionalità, per appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le opinioni politiche”. La fondatezza del timore costituisce la chiave di volta per il riconoscimento dello status e per l’attuazione del conseguente meccanismo di accoglienza e protezione, e i motivi della persecuzione subìta o temuta hanno una forte valenza di clausola di inclusione rispetto allo status e sono indicati in modo tassativo (razza, religione, nazionalità o appartenenza a un gruppo sociale, opinioni politiche). La Convenzione disciplina altresì le circostanze che integrano, sempre in modo tassativo, clausole di esclusione dal beneficio dello status nei confronti: di coloro che hanno commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra, o un crimine contro l’umanità, come definito negli strumenti internazionali elaborati per stabilire disposizioni riguardo a questi crimini; coloro che hanno commesso un crimine grave, di diritto comune, al di fuori del Paese di accoglienza, prima di esservi ammessi in qualità di rifugiati; coloro che si siano resi colpevoli di azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite. La portata dei predetti documenti con cui, per la prima volta nella storia moderna, è stata riconosciuta l’inalienabilità e l’universalità di diritti, è stata completata prevedendo che 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Primo Piano L’evoluzione del diritto di asilo 19 Primo Piano L’evoluzione del diritto di asilo libertàcivili Subito dopo la guerra, fra il 1945 e il 1952, anche l’Italia accolse i “suoi” rifugiati, circa 120mila; di questi, 10mila rimasero sul nostro territorio 20 l’applicazione delle disposizioni non avrebbe più dovuto essere geograficamente limitata ai soli Paesi occidentali, ma essere, invece, definitivamente estesa alla popolazione mondiale. Intanto, mentre sullo scenario internazionale si susseguivano i descritti avvenimenti che approdavano a una concezione positiva dei diritti umani, in Italia, nell’immediato dopoguerra, e più precisamente dal 1945 fino al 1952, erano arrivati oltre 120mila rifugiati ai quali la Nazione non era in grado di dare assistenza con le proprie risorse. Si fece pertanto ricorso, in quella circostanza, prima ai Fondi Unrra - United Nations Relief and Rehabilitation Administration, e poi all’Iro - International Refugee Organization. Questi rifugiati rimasero in Italia per un periodo relativamente breve e la maggior parte di loro andò a stanziarsi successivamente in Canada, negli Stati Uniti, in Australia e in Nuova Zelanda. Dei 120mila rifugiati iniziali ne rimasero, comunque, in Italia circa diecimila. Intanto il 2 giugno del 1946 era nata la Repubblica Italiana, basata sulla Costituzione democratica che, entrata in vigore il 1 gennaio del 1948, aveva recepito tra i “principi fondamentali” anche il diritto di asilo dimostrando come lo Stato fosse calato pure in quella rilevante parte di realtà internazionale che condizionava anche la vita interna del Paese. L’art.10, comma 3 della Costituzione, invero, recita “lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo sul territorio secondo le condizioni previste dalla legge”. Questa nozione costituzionale del diritto di asilo, per il riferimento specifico alle libertà garantite dal nostro impianto ordinamentale, risulta caratterizzata da un’ampiezza che supera quella della Convenzione di Ginevra ma che viene poi contenuta dal rinvio effettuato alle “condizioni previste dalla legge”. La formulazione della disposizione va pertanto considerata in un quadro di amplissima apertura verso i diritti fondamentali dell’uomo e fu proprio in tale ottica che, alla fine del 1951, il governo italiano, in collaborazione con l’Unhcr, si assunse la responsabilità di dare assistenza diretta a quei 10mila rifugiati che non si erano trasferiti in altri Stati. Il diritto di asilo e la normativa in tema di accoglienza in Italia Venne, dunque istituita l’Amministrazione per gli aiuti internazionali (AAI), che si occupò dell’assistenza dei rifugiati fino a quando la competenza non fu trasferita al ministero 2 0 12 novembre - dicembre 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Fra i primi istituti per il riconoscimento dello status di rifugiato c’è la Commissione paritetica di eleggibilità dell’Interno, e in particolare alla direzione generale dei Servizi civili, antesignana dell’attuale dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione. In quegli anni il riconoscimento dello status di rifugiato veniva affidato alla “Commissione paritetica di eleggibilità” (Cpe), che operò fino al 19 9 0 limitandosi ad esaminare solo richieste di asilo di stranieri provenienti dai Paesi europei. Ma poiché, a far data dagli anni Settanta, erano arrivati molti richiedenti asilo anche da Paesi non europei, come nel caso dei profughi dell’America latina che fuggivano da dittature militari, tale scelta di metodo determinò delle diversificazioni nell’esame delle domande. A questi rifugiati, infatti, lo status, che non poteva essere riconosciuto dallo Stato italiano, veniva concesso sul piano internazionale dall’Unhcr, prevedendo anche un permesso di soggiorno temporaneo che però prescindeva da qualsiasi forma di assistenza pubblica e dal diritto al lavoro. In tal modo, dal 1980 al 1989, l’Unhcr ha conferito protezione a circa 6.500 persone presenti in Italia. Nel 1989, a seguito della caduta del muro di Berlino, si determinò un riassetto degli equilibri politici europei che non fu indolore (basti pensare al collasso dell’ex Jugoslavia che fece ricomparire la “pulizia etnica”) e che provocò nuovi massicci esodi. In quei momenti storici, in verità, si immaginava anche che dall’Unione Sovietica sarebbero giunte in Europa decine di migliaia di persone e, invece, nel 1990 un esodo di incredibile portata vide protagonisti gli albanesi che arrivarono in Italia sulle cosi dette “carrette del mare” affrontando viaggi ad altissimo rischio attraverso l’Adriatico e sbarcando sulle coste della Puglia. Le modalità di identificazione e di accoglienza per questa ondata di profughi vennero organizzate, invero, in condizioni minime, nell’ottica del transito sul nostro Paese e non della permanenza. Poi, per il moltiplicarsi dei focolai di guerra e della disperazione nei Paesi poveri dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia, il nostro Paese, caratterizzato da una posizione geografica strategica, è stato via via esposto a una sempre crescente pressione migratoria. Tanto che la situazione emergenziale, attorno al 19 9 0, spinse il governo a un riassetto normativo dell’immigrazione che costituì oggetto della legge 39/1990 detta “legge Martelli”. Questa, vòlta a regolarizzare il fenomeno migratorio con l’ingresso programmato degli stranieri, reintrodusse il tema del riordino della procedura di asilo e del sistema di assistenza in favore dei richiedenti e soprattutto recepì, nel rispetto dei diritti umani, il criterio del non respingimento e il Primo Piano L’evoluzione del diritto di asilo 21 L’evoluzione del diritto di asilo Primo Piano divieto di espulsione dello straniero in uno Stato in cui esso potesse essere oggetto di persecuzioni. In seguito a tale riassetto normativo in tema d’asilo, venne istituita, in sostituzione della precedente Commissione paritetica, la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, ai cui lavori l’Unhcr ha sempre preso parte con funzioni consultive. libertàcivili In ambito UE, il Consiglio europeo di Tampere del 1999 ha posto le basi per le future Direttive europee in materia di asilo e accoglienza 22 2 0 12 novembre - dicembre Il diritto di asilo in Europa, da Tampere al Programma di Stoccolma Nel 19 9 9 anche l’Europa, nell’acquisita consapevolezza dell’inarrestabilità del fenomeno migratorio in atto e della necessità di offrire protezione ai numerosi rifugiati presenti sul territorio degli Stati membri, affrontò il tema dell’asilo, convocando a Tampere, in Finlandia, un Consiglio europeo straordinario e ponendo le basi per le future direttive europee. L’Europa assunse, in quella sede, l’impegno di ancorare le fondamenta dell’asilo a una piena e inclusiva applicazione della Convenzione di Ginevra e si pose l’obiettivo di dare corso al processo di armonizzazione dei quadri giuridici degli Stati membri, attuando una omogeneizzazione delle disposizioni vigenti in tema di asilo nei singoli Stati, mediante il recepimento di “norme minime comuni”. Si apriva così la prima fase europea del diritto di asilo (19 9 9 -20 0 5) durante la quale vennero adottate, come vedremo, le prime direttive. Nel contempo l’Italia esperiva concreti tentativi di ristrutturare il proprio sistema di accoglienza e, in coerenza con le indicazioni del Consiglio di Tampere, dalla collaborazione tra ministero dell’Interno, Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e Unhcr, nasceva il PNA (Piano nazionale asilo). Un progetto, questo, che poneva in capo al ministero dell’Interno i compiti di indirizzo e di raccordo con le strategie europee, affidando all’Unhcr la funzione di monitoraggio del rispetto dei diritti dei richiedenti asilo e all’Anci funzioni organizzative e di raccordo delle attività di accoglienza, decentrata inizialmente in 62 enti locali. Veniva così alla luce il primo sistema pubblico di accoglienza finanziato in via ordinaria dal ministero dell’Interno e in via straordinaria dai fondi della Presidenza del Consiglio dei ministri nonché dai primi fondi per rifugiati (Fer) messi a disposizione dalla Commissione europea. Il successo dell’iniziativa indusse il legislatore a recepirla nel contesto della nuova legge sull’immigrazione, la legge 189/2002, c.d. legge “Bossi Fini”. Questo testo normativo ebbe il pregio di istituzionalizzare, per la prima volta nella storia del 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Con la legge “Bossi-Fini” venne istituito il Sistema italiano di accoglienza definito Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) diritto di asilo in Italia, un sistema nazionale di accoglienza, definito Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), e di prevederne il sostentamento mediante la creazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Il sistema rispondeva non solo ai bisogni primari di accoglienza nel rispetto degli standard minimi indicati dalla direttiva 2003/9/CE, ma si poneva all’avanguardia avviando buone prassi sul piano dell’integrazione. Sulla strutturazione del sistema nazionale di accoglienza venivano intanto a incidere, nel contesto europeo, le direttive mirate ad avviare un processo di unificazione applicativa del diritto di asilo nei vari Stati membri. In particolare la Direttiva Dublino 343/2003/CE finalizzata a garantire che la domanda di asilo sarebbe stata esaminata solo dal Paese di primo ingresso del richiedente, per evitare l’asylum shopping; la Direttiva Eurodac per l’identificazione dei richiedenti e l’efficace applicazione del regolamento Dublino; la Direttiva Accoglienza 2003/9/CE (successivamente recepita con il D.Lgs 30 maggio 2005, n.140) recante standard minimi di accoglienza per i richiedenti asilo negli Stati membri e la Direttiva Qualifiche 2004/83/CE (successivamente recepita con il D.Lgs 19 novembre 2007, n. 251), recante norme minime per l’attribuzione della qualifica di rifugiato o di persona bisognosa di protezione internazionale. Nell’adozione di tali direttive si è articolata la prima fase del “percorso europeo verso un diritto di asilo comune che, come si è detto, prese le mosse dal Consiglio straordinario di Tampere. Un percorso durante il quale la Commissione ha rilevato forti difficoltà e ha verificato la assoluta diversità delle procedure di esame delle domande di asilo vigenti negli Stati membri. Occorreva dunque procedere al rafforzamento degli strumenti necessari a conseguire l’originario obiettivo di Tampere, avviando una seconda fase di direttive più capaci di incidere sugli ordinamenti dei singoli Stati in tema di asilo. Così, con il Programma dell’Aja del 2005, l’Europa si impegnava a perseguire la creazione di una “procedura comune di asilo e la definizione di uno status unico per coloro che hanno ottenuto l’asilo o la protezione sussidiaria”. Si impegnava, inoltre, in questa seconda fase del percorso (20 0 5-2010) a raggiungere un livello comune di protezione più elevato e più uniforme all’interno dell’Unione, garantendo una maggiore solidarietà tra gli Stati membri. Da questi obiettivi scaturiva la Direttiva Procedure 2005/85/CE inerente le procedure per il riconoscimento e la revoca dello Primo Piano L’evoluzione del diritto di asilo 23 Primo Piano L’evoluzione del diritto di asilo libertàcivili Con il Programma di Stoccolma si è dato corso alla terza fase del diritto d’asilo in ambito UE, il cui obiettivo è creare “un’Europa delle responsabilità, della solidarietà e del partenariato” in tema di immigrazione e asilo 24 2 0 12 novembre - dicembre status di rifugiato (successivamente recepita con il D.Lgs 28 gennaio 2008, n. 25). Inoltre veniva pubblicato il “libro verde” nel quale venivano indicate le linee del futuro assetto del sistema europeo di asilo definito con l’acronimo “Ceas - Commom european asylum system”. Nel libro venivano anche messe in risalto le criticità del processo di armonizzazione in atto e, pertanto, venivano avviati anche i processi di revisione di tutte le direttive finora adottate in tema di accoglienza: Dublino, Eurodac, Qualifiche e Procedure. A tal fine veniva affidato all’Unhcr il compito di svolgere indagini comparative tra le disposizioni normative in tema di asilo tra i vari Stati membri. La scacchiera dei numerosi interventi per la realizzazione dell’asilo unico europeo è stata poi ampliata con l’istituzione di specifici Fondi europei a sostegno degli Stati membri nella gestione dei fenomeni migratori. A partire dal 2007, con il “programma solidarietà e gestione dei flussi migratori” sono stati creati, per la programmazione annuale e pluriennale di progetti a sostegno dei migranti, il Fondo europeo per le frontiere esterne (Ebf); il Fondo europeo per l rimpatri (Fr); il Fondo europeo per l’integrazione (Fei) e il Fondo europeo per i rifugiati (Fer). Nel contempo, sul fronte italiano il sistema di accoglienza delineato dalla legge 189/2002 aveva raggiunto un livello di efficienza tale che il 10 ottobre 2007 è stato presentato dal Consiglio d’Europa come best practice, modello di riferimento per gli altri Stati membri. Cinque anni dopo il Programma dell’Aja si dava corso, con il Programma di Stoccolma a una terza fase del diritto di asilo europeo (2010- 2015) il cui obiettivo era individuato nella necessità di creare “un’Europa delle responsabilità, della solidarietà e del partenariato sul tema dell’immigrazione e dell’asilo”. In questo contesto è prevista la creazione di un Ufficio europeo di supporto all’Asilo – Easo (European Asylum Support Office), con sede a La Valletta, Malta – al quale affidare il coordinamento delle misure di capacity building tra gli Stati e un’equa condivisione delle responsabilità, e demandare l’avvio di una formazione comune sull’asilo, favorendo un comune accesso alle informazioni sui Paesi di origine dei richiedenti protezione internazionale. Su questo sistema di sostanziale complessiva efficienza, delineatosi alla fine del 2010 e tuttora operante, si è, tuttavia, manifestato l’impatto della vasta crisi del mondo occidentale che, sia sul piano nazionale che su quello europeo, ha alterato gli equilibri raggiunti. libertàcivili In rapida successione, si sono infatti susseguiti fenomeni di portata storica come la c.d. “Primavera araba” nei Paesi del Nord Africa e la trasformazione dei rispettivi governi; la crisi della Grecia all’interno dell’Europa; la crisi economica nazionale e l’attuazione delle conseguenti politiche di riduzione dei costi della spesa pubblica, che certo non hanno potuto incrementare il livello delle risorse necessarie al sostentamento del complesso sistema di accoglienza e di esame delle domande di protezione internazionale. Inoltre la politica europea in materia di immigrazione non ha mai previsto per il nostro Paese finanziamenti ad hoc che tenessero specifico conto della particolare esposizione geografica alla pressione degli sbarchi. Dunque, fermi restando i risultati ad oggi conseguiti in termini di adeguamento della normativa alle direttive europee e di mantenimento degli standard di accoglienza sembra, in questo periodo, di assistere a una fase di stand by di quella evoluzione del diritto di asilo che, se sotto il profilo umanitario aveva contributo al salvataggio di milioni di vite, stava anche contribuendo ad attuare il più generale processo di unificazione europea. Primo Piano L’evoluzione del diritto di asilo 2 0 12 novembre - dicembre 25 Primo Piano Il dibattito sull’accoglienza: riflessioni e futuro Bisogna lavorare a un potenziamento dell’attuale sistema di accoglienza, elaborando processi organizzativi che garantiscano una maggiore efficacia e integrazione degli immigrati e il coordinamento fra tutti i soggetti coinvolti di Rosetta Scotto Lavina Direttore centrale dei Servizi civili per l’immigrazione el’asilo - Ministero dell’Interno libertàcivili Accoglienza è un concetto che di norma evoca un pensiero positivo, ma non sempre è così nel caso delle migrazioni 26 2 0 12 novembre - dicembre Il tema dell’immigrazione è molto complesso e non è semplice affrontarlo perché costituisce un tratto fondamentale di una società caratterizzata da grandi trasformazioni. È un tema che coinvolge passioni e dibattiti politici, di sicurezza nazionale, tematiche giuridiche, economiche, religiose e sociali. Ma non è solo questo, perché nel contempo è una questione che implica accesi dibattiti sulla osservanza dei principi fondamentali di libertà e dignità della persona e sulle sfide nuove da affrontare. Il contesto nel quale ci muoviamo Il diritto all’accoglienza è un diritto fondamentale dei popoli, oggi più che mai in un periodo storico segnato da movimenti globali che interessano i popoli che, fuggendo da guerre e persecuzioni o per motivi economici, si muovono alla ricerca di un futuro migliore in altri Paesi, come sempre è stato del resto nella storia dell’umanità. Anche la storia recente dell’Italia è fatta di esodi e migrazioni di natura economica e il fatto che il nostro Paese – come è stato confermato dal recente censimento – sia diventato terra di migrazione non deve far dimenticare un passato di migranti. Dobbiamo impegnarci – è quanto chiedono sia il mondo cattolico sia chi opera nel terzo settore – per fare in modo che la storia, anche recente, non si ripeta nella sua crudezza. Accoglienza è un concetto che evoca un pensiero positivo e però, se accostato al tema dell’immigrazione, non sempre evoca riflessioni di questo genere. Ma proprio per tutti i riflessi che il tema dell’immigrazione porta con sé dobbiamo abituarci L’intervento dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni Una chiave di lettura positiva trova fonte nella Costituzione all’articolo 10, ove è sancito il principio secondo cui “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. In questo senso si comprende che “l’immigrazione debba essere affrontata, alla luce dei valori personalistici che caratterizzano la nostra Costituzione, come una grande questione nazionale che contribuisce a ridurre i problemi prodotti dalla accentuata denatalità del nostro Paese, con un anomalo suo 1 Durante la presentazione del Dossier statistico immigrazione 2012 2 Angela Pria, “Rapporto annuale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati 2011/2012” 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Un fenomeno che non si può contrastare ma deve essere guidato, con un uso efficace delle risorse e interventi basati sul principio di sussidiarietà a parlarne in positivo, come ha efficacemente ricordato monsignor Schiavon, presidente della Commissione Cei per le migrazioni e della fondazione Migrantes, che ha osservato come appartenga alla natura stessa dell’uomo di essere viandante 1 . Questa è la condizione che appartiene alla struttura stessa dell’esistere. Il tutto si muove da una consapevolezza: non è possibile contrastare questo fenomeno ma occorre guidarlo, assicurando un efficace utilizzo delle risorse disponibili con la piena compartecipazione dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e del mondo dell’associazionismo, organizzati, secondo il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale 2 . I dibattiti sull’accoglienza, con i quali si dovranno confrontare anche le future generazioni, costituiscono anche l’altra faccia della medaglia del corrispondente diritto dell’uomo di vivere nel proprio Paese. Tutto questo richiede la capacità di creare integrazione coniugata con una strategia di controllo dei fattori che spingono i popoli ad emigrare, interventi transnazionali tesi alla cooperazione con i Paesi di partenza e contromisure efficaci per contrastare il traffico di persone. Ma va anche incrementato l’apporto prezioso che già proviene dal mondo dell’associazionismo, con quello che il settore economico/produttivo e della cultura possono offrire in termini di opportunità concrete di integrazione, per dare slancio e crescita alla nostra società. Primo Piano Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro 27 Primo Piano Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro libertàcivili L’attenzione futura alle tematiche migratorie misurerà il livello della nostra democrazia, verificando il grado di realizzazione dei principi costituzionali che garantiscono il diritto di accoglienza allo straniero 28 notevole invecchiamento, e dalla sua stessa ‘fuga’ di molti italiani da varie attività lavorative, tuttora importanti” 3 . L’attenzione futura alle tematiche migratorie misurerà il livello della nostra democrazia verificando il grado di realizzazione dei principi costituzionali che garantiscono il diritto di accoglienza allo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche e misurerà quale sia, anche in termini di cooperazione internazionale, l’approccio nuovo a questo fenomeno. In occasione della giornata mondiale del migrante e del rifugiato, quest’anno il messaggio del Santo Padre Benedetto XVI ha ricordato che “ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”. Nel contempo il Santo Padre ha rammentato che nei confronti di migranti e rifugiati, occorre evitare il rischio del mero assistenzialismo, per favorire l’autentica integrazione, in quanto coloro che migrano nutrono la fiducia di trovare accoglienza, di ottenere un aiuto solidale e di trovarsi a contatto con persone che, comprendendo il disagio e la tragedia dei propri simili, e anche riconoscendo i valori e le risorse di cui sono portatori, siano disposte a condividere umanità e risorse materiali con chi è bisognoso e svantaggiato. Quindi partendo dalla necessità di “parlare in positivo dell’immigrazione” si possono spiegare i fronti sui quali è costante l’impegno del ministero dell’Interno, in particolare del dipartimento per le Libertà civili e dell’immigrazione, in materia di accoglienza e integrazione dell’immigrato. Il Dipartimento ha come compito istituzionale quello di svolgere funzioni di tutela dei diritti civili e dell’immigrazione, compresi quelli concernenti l’asilo, la cittadinanza e le confessioni religiose. Sul piano della comunicazione – cui oggi va prestata la necessaria attenzione – è estremamente importante evidenziare quello che l’Amministrazione dell’Interno ha fatto in materia di accoglienza, non trascurando di sottolineare che sicuramente molto altro ancora andrà fatto in futuro. Il sistema di accoglienza italiano è articolato su più fronti: l’accoglienza assicurata dai Centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa), dai Centri di accoglienza (Cda) e dai Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Altra accoglienza 3 Ugo De Siervo, “Immigrati, serve una legge più amichevole”, La Stampa, 4 gennaio 2013 2 0 12 novembre - dicembre viene soddisfatta dai progetti del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) costituito da una rete di comuni, province e organizzazioni del terzo settore, formato in prevalenza da strutture di piccole dimensioni con un forte radicamento sul territorio, che garantiscono interventi di “accoglienza integrata” ai richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale; svolgono in particolare attività di accompagnamento sociale, finalizzate alla conoscenza del territorio e all'effettivo accesso ai servizi locali, attività per l’apprendimento dell’italiano e l’istruzione degli adulti, iscrizione scolastica dei minori per l’adempimento dell’obbligo, interventi di informazione legale sulla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e sui diritti e doveri dei beneficiari in relazione al loro status. A queste strutture debbono aggiungersi i Centri polifunzionali costituti a seguito di convenzioni sottoscritte dal ministero dell’Interno in alcune città metropolitane interessate da una maggiore pressione migratoria e che forniscono accoglienza insieme a strumenti di integrazione attraverso corsi di alfabetizzazione e studio della lingua italiana, educazione alla cittadinanza, orientamento alla formazione professionale, supporto medico-psicologico. Sul sistema italiano di accoglienza, tuttavia, sono state 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Primo Piano Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro 29 Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro Primo Piano avanzate anche critiche dovute ai limiti della disponibilità dei posti e alla mancanza di omogeneità dei servizi offerti a livello territoriale, pur emergendo segnali dei miglioramenti apportati negli ultimi anni 4 . La best practice del progetto Praesidium, basato su un modello operativo multi-agenzia in cui ogni soggetto fornisce un contributo in base alla propria competenza istituzionale La complessità del tema immigrazione Il tema immigrazione è complesso e non può essere trattato per settori; esso comprende il tema delle risorse, quello della “diversita” dell’immigrazione a seconda dei Paesi provenienti e delle cause che ne sono alla base. In questa sede sarebbe lungo affrontare tutte le diverse problematiche; ma facciamo cenno ad alcune. libertàcivili 30 Il modello Praesidium Un elemento positivo da segnalare nel vasto articolarsi di interventi è dato anche dal progetto Praesidium. È giunto ormai alla ottava edizione, e si tratta di un progetto che si ispira a un modello multi-agenzia, ove ciascuna agenzia apporta la propria competenza istituzionale per la creazione di un sistema efficace di assistenza e di informazione legale sui diritti e doveri dei migranti, individuando tra loro gruppi di persone vulnerabili, bisognosi di particolare assistenza (minori non accompagnati, vittime di tratta, migranti a rischio sfruttamento), in tutte le possibili aree di sbarchi di migranti irregolari. L’attività viene assicurata dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), dalla Croce Rossa italiana e da Save the children (Italia) con il sostegno del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione. Anche in occasione dell’emergenza umanitaria conseguente all’eccezionale afflusso di cittadini stranieri provenienti dai Paesi del Nord Africa nel 2011, la ben nota Primavera araba, è stata confermata l’efficacia di questo modello operativo multi-agenzia, che viene ormai considerato quale una vera e propria best practice. In questa annualità un addendum alla convenzione sottoscritta da tutte le agenzie ha previsto la costituzione di una commissione presso ogni centro governativo di cui farà parte anche un rappresentante designato dalle agenzie con il compito di verifica e controllo degli standard di accoglienza garantiti nei centri. 4 Raccomandazioni dell’Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati) sugli aspetti rilevanti della protezione dei rifugiati in Italia (luglio 2012) 2 0 12 novembre - dicembre 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Il problema della immigrazione è certamente nazionale, ma è anche una questione europea, che coinvolge la responsabilità degli altri Stati, dato che la gran parte degli immigrati arrivati in Italia aspira a recarsi altrove Il tema dell’immigrazione si accompagna necessariamente al tema delle risorse necessarie per farvi fronte; è un tema delicato che va coniugato con l’attuale situazione economica – caratterizzata da una carenza di risorse e dalla necessità di un utilizzo finalizzato – e con i temi dell’accoglienza e di come questa possa essere garantita e migliorata. Una questione va comunque rilevata con attenzione; il “problema” dell’immigrazione è certamente nazionale e trova le proprie origini in considerazioni di più alto contesto cui si è fatto cenno, ma è soprattutto un problema europeo che coinvolge la responsabilità degli altri Stati, considerato che una buona parte degli immigrati aspira a transitare in altri Paesi e l’Italia funge – per la sua collocazione geografica – da ineludibile porta di ingresso all’Europa. Altro tema di questi giorni è quello della chiusura dell’emergenza umanitaria a seguito dei noti eventi della c.d. Primavera araba; anche qui le recenti disposizioni normative improntate a un maggior rigore di bilancio (art. 23, comma 12, del Dl 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135) hanno previsto il rientro nella gestione ordinaria da parte del ministero dell'Interno e delle altre amministrazioni competenti, degli interventi concernenti l’afflusso di cittadini stranieri provenienti dal Nord Africa. Con l’ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile n. 33 del 28 dicembre u.s. i prefetti delle province ove insistono cittadini stranieri accolti ai sensi della Opcm 3933/2011, sono stati individuati quali soggetti responsabili a porre in essere le attività occorrenti per la prosecuzione, in regime ordinario e nei limiti delle risorse disponibili, delle iniziative finalizzate all’accoglienza e a favorire percorsi di uscita nelle attività di assistenza ai cittadini stranieri. Con circolare del 28 dicembre u.s. il dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione ha diramato ai prefetti le direttive per garantire la continuità delle prestazioni, rinegoziando i rapporti in essere al 31 dicembre 2012, omologando il costo massimo unitario e onnicomprensivo a quello di 35 euro giornalieri per un periodo di 60 giorni, sino al 28 febbraio 2013. Si tratta di un tema complesso, che trova origine nella diversità di questo tipo di immigrazione che sinora è stata considerata come una emergenza, ma che ora va affrontata con gli strumenti ordinari. Tuttavia, l’intervento non è solo di competenza statale, ma necessita delle regioni e degli enti locali; un ambito ampio, di cui in questa sede si fa solo cenno. La costituzione del tavolo di Primo Piano Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro 31 La fine della Emergenza Nord Africa con il ritorno alla gestione ordinaria chiama in causa non solo la competenza statale ma anche il ruolo degli enti locali 32 coordinamento nazionale per l’Emergenza Nord Africa e dei tavoli di coordinamento regionali ha consentito – in questa fase complessa del passaggio dalla emergenza all’amministrazione competente in via ordinaria – di dare maggiore omogeneità agli interventi nei territori. Il tema è peraltro di stretta attualità; nel corso della Conferenza unificata del 7 febbraio scorso i comuni, le regioni e le province hanno presentato un ordine del giorno per chiedere al Governo, prima della chiusura del suo mandato, di “definire punti fermi dai quali l’azione del prossimo esecutivo possa ripartire con chiarezza e celerità”. In particolare le richieste riguardano: lo sblocco delle risorse già assegnate al ministero del Lavoro e Politiche sociali e di quelle già assegnate alla Protezione civile, con particolare riferimento alle persone più vulnerabili; la definizione di strumenti per l’accompagnamento all’autonomia; l’assunzione di responsabilità da parte del ministero dell’Interno in merito all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo; una maggiore operatività dei tavoli regionali. Si tratta di temi sui quali il lavoro è “in corso” e sul quale è ragionevole ipotizzare una soluzione nella collaborazione con il sistema delle regioni, dei comuni e delle province che hanno sempre contribuito ad affrontare con determinazione e pragmatismo una questione così complessa. Il futuro da affrontare Questi brevi cenni sul tema dell’accoglienza evidenziano perché esso assuma nel dibattito in corso un grande rilievo. Lo testimonia l’interesse dimostrato – a tutti i livelli – non solo in merito alla situazione della accoglienza garantita dal nostro Paese, ma anche sui processi di integrazione e sulla tutela dei diritti fondamentali, superando una visione solo emergenziale del fenomeno immigrazione per fare posto a una prospettiva nuova di accoglienza e di integrazione in un momento di crisi economica, ove anche gli immigrati stanno pagando duramente gli effetti arrivando a incidere per un quinto sui disoccupati. Bisogna però affrontare un’idea nuova e positiva della immigrazione e per fare questo occorre non sottrarsi ai cambiamenti, affrontando invece le future sfide che impegneranno la comunità nazionale e quella internazionale; proprio per questo bisogna lavorare per un potenziamento dell’attuale sistema di accoglienza e per elaborare processi organizzativi che garantiscano una sempre maggiore efficacia e integrazione. In quest’ottica occorre lavorare. libertàcivili Primo Piano Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro 2 0 12 novembre - dicembre Primo Piano Verso la modifica del Regolamento Dublino La principale fonte del diritto UE, che stabilisce la competenza degli Stati membri sulle domande d’asilo, sconta la mancata uniformità del sistema, fra prassi e tradizioni divergenti. Le proposte di riforma avanzate dalla Commissione europea di Antonella Dinacci L’Italia, insieme con altri Paesi come la Grecia e la Spagna, costituisce frontiera esterna dell’Unione Europea. La sua posizione geografica, infatti, favorisce l’accesso di cittadini extracomunitari che, entrati nel nostro Paese, si dirigono successivamente negli altri Stati UE, attratti da legami di amicizia o di parentela, da un’assistenza diversa o da differenti possibilità di lavoro. In tal modo, tuttavia, l’onere della sorveglianza della frontiera esterna comune ricade sui Paesi meridionali del Mediterraneo e, di conseguenza, risulta sfavorevole il principio della responsabilità dello Stato di primo La sorveglianza della frontiera ingresso o attraversamento ad esaminare una domanda di asilo, previsto dal regolamento esterna UE ricade sui Paesi (CE) n. 343/2003 del 18 febbraio 2003 del Sud del Mediterraneo; Dublino II, che stabilisce i criteri e i meccanismi all’Italia risulta sfavorevole il principio della responsabilità di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo dello Stato di primo ingresso presentata in uno degli Stati membri da un o attraversamento a esaminare cittadino di un Paese terzo. la domanda di asilo Il sistema mira ad evitare da una parte il fenomeno dell’asylum shopping – la stessa persona presenta domanda in più Stati – e dall’altra a garantire il principio di non refoulement (non respingimento) in un Paese a rischio di persecuzione. Il criterio principale della responsabilità dello Stato di primo ingresso o attraversamento, peraltro, non tiene conto dei movimenti secondari, ossia degli spostamenti dei richiedenti asilo dai Paesi di primo ingresso a quelli, in genere del Nord Europa, 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Responsabile Unità Dublino - Ministero dell’Interno 33 libertàcivili Primo Piano Verso la modifica del Regolamento Dublino 34 nei quali sono presenti parenti o amici, che possono favorire un diverso inserimento socio-lavorativo. D’altra parte, il considerando n.2.2 del regolamento prevede: “…gli Stati membri, tutti rispettosi del principio di non respingimento, sono considerati Stati sicuri per i cittadini di Paesi terzi”. L’enunciato si fonda sul rispetto delle norme poste a tutela dei diritti fondamentali e, più in particolare, delle norme in materia di asilo. Di conseguenza, dovrebbe venir meno l’interesse del richiedente protezione internazionale a presentare la propria domanda nello Stato ritenuto più favorevole. In realtà, ancora non è stata raggiunta la piena armonizzazione dei sistemi nazionali di asilo in un sistema europeo uniforme, determinando in tal modo il fenomeno dei cosiddetti rifugiati in orbita. Infatti, vari fattori, fra cui la mancanza di prassi comuni, le differenti tradizioni e la diversità delle fonti di informazione sui Paesi Mancanza di prassi comuni, differenti tradizioni e diversità di origine intervengono a determinare risultati divergenti. In tale contesto, la Commissione delle fonti di informazione europea si è impegnata a risolvere i problemi sui Paesi d’origine: queste emersi mediante una proposta di modifica le cause della mancata sia del Regolamento Dublino che del Regolaarmonizzazione dei sistemi mento Eurodac - (CE) n. 2725/20 0 0 per il di asilo e del fenomeno confronto delle impronte digitali, allo scopo dei rifugiati in orbita di garantire una coerenza dei sistemi normativi nazionali in linea con l’evoluzione dell’acquis sull’asilo. Al fine di realizzare il Sistema europeo comune di asilo (Ceas), inoltre, il Parlamento europeo in data 21 maggio 2010 ha approvato il Regolamento UE n. 439/2010 istitutivo dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo) che si pone come obiettivo generale quello di contribuire a una migliore attuazione dello spazio comune di asilo, riducendo le differenze presenti nei diversi Paesi e garantendo così standard più elevati e più uniformi. In particolare, il compito principale dell’Ufficio consiste nel rafforzare la cooperazione in materia di asilo tra gli Stati membri, volta a migliorare e garantire la qualità costante del processo decisionale a vantaggio tanto dei singoli Paesi UE, quanto, e soprattutto, dei richiedenti asilo, al fine di evitare oneri eccessivi per i primi e carenza di protezione per i secondi. A conferma dell’onere gravante in misura maggiore sui Paesi di frontiera esterna dell’Europa, occorre considerare l’andamento dei dati relativi all’applicazione del Regolamento Dublino in Italia. 2 0 12 novembre - dicembre L’esame di tali dati, infatti, mostra un trend in crescita delle richieste di presa/ripresa in carico dagli altri Stati membri all’Italia, mentre il divario è evidente rispetto al canale inverso, le richieste dall’Italia agli altri Stati membri. Richieste di competenza (2009 -2011) Periodo Richieste dall’Italia ai Paesi membri Gen-Dic 2009 Gen-Dic 2010 Primo Piano Verso la modifica del Regolamento Dublino Gen-Dic 2011 1.377 1.607 1.275 Richieste dai Paesi membri all’Italia 10.596 9.673 13.715 Totale 11.973 11.280 14.990 Trasferimenti (2009 -2011) Periodo Trasferimenti dall’Italia ai Paesi membri Gen-Dic 2009 Gen-Dic 2010 Gen-Dic 2011 47 113 14 Trasferimenti dai Paesi membri all’Italia 2.658 2.739 4.645 Totale 2.705 2.852 4.659 Nell’applicazione del Regolamento Dublino, dopo un periodo di diminuzione, si registra dal 2007 una costante crescita di attività collegata all’aumento delle domande di asilo. L’anno 2008 presenta in particolare una percentuale di incremento dell’80% delle richieste dagli altri Paesi all’Italia e per il 2009 si continua a registrare un sensibile aumento, dovuto anche all’entrata della Svizzera nel sistema dal mese di dicembre 2008. Nel 2010 si registra una lieve flessione, mentre nel 2011 le richieste di competenza dagli altri Stati UE aumentano in misura esponenziale, triplicando rispetto all’anno 2008, a seguito dell’eccezionale afflusso di stranieri extracomunitari sul territorio nazionale, anche in conseguenza dei noti eventi della “Primavera araba”. 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Fonte: Unità Dublino - Ministero dell’Interno 35 Primo Piano Verso la modifica del Regolamento Dublino Richieste di assunzione di competenza presentate dai Paesi membri all’Italia nel periodo 1 gennaio - 31 dicembre 2011 Paese Richiedente (*) Accolte In istruttoria Informazioni acquisite Rifiutate e ritiro domande Austria 317 64 191 143 715 Belgio 219 228 0 53 500 Bulgaria 0 0 2 1 3 Cipro 0 0 0 0 0 Repubblica Ceca 5 0 2 0 7 150 14 54 26 244 1 1 0 0 2 Danimarca Estonia Finlandia 33 114 3 0 150 197 431 30 158 816 1.429 152 5 419 2.005 Grecia 3 0 0 10 13 Ungheria 1 0 3 0 4 Islanda 2 2 2 3 9 Irlanda 4 1 8 3 16 Lettonia 1 2 1 1 5 Lituania 0 0 1 0 1 Lussemburgo 9 26 0 2 37 Malta 1 1 0 4 6 Paesi Bassi 137 282 13 45 477 Norvegia 372 151 315 116 954 Polonia 3 1 2 0 6 Portogallo 1 1 0 0 2 Romania 6 0 0 1 7 Francia Germania Slovacchia 4 0 0 0 4 Slovenia 7 0 0 10 17 Spagna 5 2 0 2 9 744 357 218 127 1.446 2.473 2.410 377 546 5.806 356 6 18 74 454 6.480 4.246 1.245 1.744 13.715 libertàcivili Svezia 36 Totale Svizzera Regno Unito Totale Fonte: Unità Dublino - Ministero dell’Interno 2 0 12 novembre - dicembre Paese a cui è stata presentata la Richiesta (*) Accolte In istruttoria Informazioni acquisite Rifiutate e ritiro domande 10 46 0 47 103 Belgio 5 15 0 15 35 Bulgaria 1 1 0 4 6 Cipro 0 4 0 3 7 Repubblica Ceca 0 1 0 5 6 Danimarca 3 13 0 8 24 Estonia 0 0 0 0 0 Austria Finlandia Totale 1 5 0 2 8 Francia 15 33 0 33 81 Germania 13 41 0 25 79 Grecia 2 105 0 103 210 Ungheria 5 14 0 11 30 Islanda 4 9 4 1 18 Irlanda 2 2 1 0 5 Lettonia 12 6 1 5 24 Lituania 0 1 0 0 1 Lussemburgo 0 1 0 0 1 Malta 20 62 0 72 154 Paesi Bassi 16 9 0 16 41 Norvegia 41 26 0 48 115 Polonia 1 6 0 2 9 Portogallo 0 1 0 1 2 Romania 0 3 0 14 17 Slovacchia 1 6 0 11 18 10 6 0 7 23 Spagna 4 19 0 13 36 Svezia 6 31 0 16 53 Svizzera 12 31 1 24 68 Regno Unito 12 37 1 51 101 19 6 53 4 8 537 1.275 Slovenia Totale Fonte: Unità Dublino - Ministero dell’Interno 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Richieste di assunzione di competenza presentate dall'Italia agli altri Paesi membri nel periodo 1 gennaio - 31 dicembre 2011 Primo Piano Verso la modifica del Regolamento Dublino 37 Un ruolo importante nell’interpretazione delle norme in argomento è costituito dalla giurisprudenza sia della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) sia della Corte di giustizia dell’Unione Europea. Al riguardo, è nota la sentenza M.S.S. c/ Belgio e Grecia in data 21 gennaio 2011, con la quale la Cedu ha condannato sia il Belgio che la Grecia, in quanto il primo Stato non avrebbe dovuto trasferire il ricorrente nel Paese ellenico. In particolare, la Grande Camera ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status di rifugiato, letto unitamente all’articolo 3, a causa delle carenze nell’esame, da parte delle autorità greche, della domanda di asilo del ricorrente, con il conseguente rischio di rimpatrio nel proprio Paese di origine senza un esame nel merito della sua istanza e senza poter accedere a un ricorso effettivo. Per quanto riguarda il Belgio, la Corte rileva che la protezione dei diritti fondamentali garantita dal diritto comunitario è equivalente a quella prevista dal sistema della Convenzione. Pertanto, secondo la Corte, La giurisprudenza della Corte il Belgio avrebbe potuto applicare nel caso di specie l’articolo 3.2 del Regolamento europea dei diritti dell’uomo Dublino che prevede, in deroga alla dispoe della Corte di giustizia UE; sizione generale di cui all’articolo 3.1, la il caso esemplare possibilità per ogni Stato membro di esadella sentenza del 2011 minare un’istanza di asilo presentata da un M.S.S. c/ Belgio e Grecia cittadino di un Paese terzo, anche se tale che ha condannato entrambi esame, secondo i criteri definiti dal Regoi Paesi lamento, non rientra nella sua competenza. Si tratta della cosiddetta clausola di sovranità: in tal caso, lo Stato interessato diventa lo Stato membro competente ai fini del Regolamento, facendosi carico degli obblighi connessi a tale competenza. La Corte conclude che, ai sensi del Regolamento Dublino, le autorità belghe avrebbero potuto astenersi dal trasferire il ricorrente se avessero tenuto conto del fatto che il Paese ricevente, vale a dire la Grecia, non adempie ai propri obblighi ai sensi della Convenzione. La Grande Camera rileva che il Belgio non ha tenuto conto delle osservazioni del Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa e dell’ufficio dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, come pure dei rapporti di alcune organizzazioni non governative internazionali che hanno rilevato la non conformità del sistema d’asilo greco ai criteri internazionali ed europei riguardanti la protezione dei diritti umani, ma anche delle relazioni della Commissione 38 2 0 12 novembre - dicembre Primo Piano libertàcivili Verso la modifica del Regolamento Dublino 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili sulla valutazione del sistema Dublino e delle proposte di rifusione del regolamento CE n. 343/2003 volte a rafforzare l’efficacia di tale sistema e la tutela effettiva dei diritti fondamentali. Conformemente alla precedente, la sentenza N.S. ed altri (causa C-411/10) della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 21 dicembre 2011 ha dichiarato: “Il diritto dell’Unione osta all’applicazione di una presunzione assoluta secondo la quale lo Stato membro che l’articolo 3, n.1 del regolamento n. 343/2003 designa come competente rispetta i diritti fondamentali dell’Unione Europea. L’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri, compresi gli organi giurisdizionali internazionali, sono tenuti a non trasferire La questione delle carenze un richiedente asilo verso lo ‘Stato membro competente’ ai sensi del regolamento sistemiche nella procedura n.343/2003 quando non possono ignorare di asilo di alcuni Paesi che le carenze sistemiche nella procedura dell’Unione Europea di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei e la mancanza di parametri richiedenti asilo in tale Stato membro costidettati dalla Corte di giustizia tuiscono motivi seri e comprovati di credere per individuare quali siano che il richiedente corra un rischio reale di le suddette carenze subire trattamenti inumani o degradanti ai sensi di tale disposizione. Ferma restando la facoltà, di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n. 343/2003, di esaminare esso stesso la domanda, l’impossibilità di trasferire un richiedente asilo verso un altro Stato membro dell’Unione Europea che risulti essere lo Stato membro competente in base ai criteri enunciati nel capo III di detto regolamento impone allo Stato membro che doveva effettuare tale trasferimento di proseguire l’esame dei criteri di cui al medesimo capo, per verificare se uno dei criteri ulteriori permetta di identificare un altro Stato membro come competente a esaminare la domanda di asilo. È necessario, tuttavia, che lo Stato membro nel quale si trova il richiedente asilo badi a non aggravare una situazione di violazione dei diritti fondamentali di tale richiedente con una procedura di determinazione dello Stato membro competente che abbia durata irragionevole. All’occorrenza, detto Stato è tenuto a esaminare esso stesso la domanda conformemente alle modalità previste all’art. 3, n. 2 del regolamento n. 343/2003.” Tuttavia, non sono stati dettati dalla Corte parametri attraverso i quali individuare con esattezza una carenza sistemica in un determinato Paese e, di conseguenza, quali carenze debbano Primo Piano Verso la modifica del Regolamento Dublino 39 Verso la modifica del Regolamento Dublino libertàcivili Primo Piano essere considerate sistemiche. Potrebbero essere considerate tali, sulla base delle considerazioni della Corte, le violazioni di norme di cui alle direttive asilo, unitamente alla violazione dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo, che in tal caso correrebbero il rischio di subire trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta. Al riguardo appare opportuno considerare la previsione nella proposta del nuovo Regolamento Dublino di un meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione della crisi. Inizialmente la norma prevedeva una sospensione dei trasferimenti verso quello Stato che presentava delle criticità particolari, in presenza dei requisiti espressamente indicati. Tuttavia, questa soluzione non è stata condivisa dalla maggioranza dei Paesi membri e pertanto è stata Tra le previsioni conenute elaborata una formulazione secondo la quale, su informazioni ottenute dall’Easo, se la all’interno del testo Commissione stabilisce che l’applicazione del del nuovo Regolamento Regolamento Dublino può essere ostacolata Dublino c’è quella di un meccanismo di allerta rapido da un rischio comprovato di speciale pressione sul sistema di asilo di uno Stato membro e/o per la gestione delle crisi da problemi nel funzionamento del sistema da parte dei Paesi sottoposti di asilo di un Paese UE, in cooperazione con a forte pressione migratoria l’Easo, essa rivolge raccomandazioni a tale Stato, invitandolo a redigere un piano d’azione preventivo. Quando è redatto un piano di azione preventivo, lo Stato membro interessato lo sottopone unitamente alle relazioni periodiche sull’attuazione del medesimo al Consiglio e alla Commissione, che informa il Parlamento europeo. Lo Stato membro interessato adotta tutte le misure appropriate per affrontare la speciale pressione sul suo sistema di asilo o per assicurare che le carenze e/o i problemi nel funzionamento del sistema di asilo siano risolti prima di un ulteriore deterioramento. Qualora la Commissione stabilisca l’insufficienza del piano di azione preventivo, può chiedere allo Stato membro interessato di redigere un piano di azione per la gestione della crisi. Nonostante una puntuale indicazione degli strumenti da adottare, i casi e l’entità delle eventuali misure di solidarietà a favore dello Stato interessato non vengono espressamente individuati, ma vengono lasciati alla valutazione del Parlamento europeo e del Consiglio caso per caso. Per quanto riguarda gli ulteriori punti di maggior rilievo della proposta di modifica, si segnalano l’estensione del campo 40 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili di applicazione del Regolamento Dublino alla protezione sussidiaria; il diritto del richiedente asilo all’informazione sul Regolamento Dublino; il colloquio personale con lo straniero al fine di agevolare la procedura di determinazione dello Stato membro competente; la specificazione delle circostanze e delle procedure di applicazione della clausola di sovranità e di quella umanitaria; la riduzione dei termini per rispondere alle domande di informazioni e la previsione di termini per la presentazione di domande di ripresa in carico. Inoltre, nel nuovo Regolamento di particolare interesse è la previsione relativa allo scambio delle informazioni utili e dei dati sanitari dei richiedenti asilo prima del trasferimento. Riguardo al primo, si sottolinea la necessità di fornire le informazioni idonee all’assistenza adeguata, comprese le cure mediche immediate. Ancora, gli eventuali estremi di familiari o parenti nello Stato membro destinatario e, nel caso di minori, informazioni sulla loro istruzione. Il successivo articolo dedica un’attenzione specifica allo scambio di dati sanitari relativi a persone con vulnerabilità, tutti protetti dalla normativa sulla privacy. In tal modo viene codificata la necessità dello scambio di notizie idonee a tutelare coloro ai quali prestare cure mediche o assistenza sanitaria. Alla luce di quanto sopra, risulta che, negli ultimi anni, sono stati compiuti molti progressi verso la creazione del Ceas, in particolare con le proposte di modifica ai regolamenti Dublino ed Eurodac e alle direttive relative alla protezione internazionale, nonché con la previsione di un organismo, quale l’Easo, sorto specificamente per le finalità dell’asilo. Permangono, tuttavia, forti divergenze fra gli Stati membri e occorre, pertanto, continuare sulla strada dell’effettiva armonizzazione, tramite gli sforzi congiunti di tutti gli interlocutori coinvolti, a garanzia di uno spazio comune di asilo, attraverso l’istituzione di un’efficace procedura, conforme ai valori e alla tradizione umanitaria dell’Unione Europea. Primo Piano Verso la modifica del Regolamento Dublino 2 0 12 novembre - dicembre 41 Primo Piano Lo Sprar, il possibile nucleo centrale del futuro sistema unico d’asilo Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati ha ricevuto il riconoscimento di buona prassi dal Consiglio d’Europa, ma sconta ancora due limiti: le risorse limitate e il mancato coordinamento con altri sistemi di accoglienza di Daniela Di Capua Direttrice del Servizio centrale dello Sprar - Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati libertàcivili Il sistema è costituito da una rete di enti locali che collabora con le realtà del terzo settore sviluppando interventi di accoglienza e integrazione 42 L’Italia è un Paese giovane, ha da poco compiuto 150 anni e il processo di unificazione culturale e sociale è tuttora in atto. A maggior ragione, è un Paese molto giovane rispetto agli interventi nazionali di accoglienza di coloro che, fuggendo forzatamente dai Paesi di origine, chiedono protezione e asilo: il 1990 è stato l’anno dei profughi che a decine di migliaia arrivarono dall’Albania, il 1999 quello dei kossovari. Ed è infatti il 2000 l’anno in cui, per la prima volta, il ministero dell’Interno insieme all’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) e l’Acnur (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), accomunati da una forte condivisione di intenti e una illuminata lungimiranza, danno il via alla sperimentazione di un progetto nazionale per l’accoglienza strutturata dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Italia. Si tratta del Pna (Programma nazionale asilo), il cui riconoscimento come buona prassi porta alla sua istituzionalizzazione tramite la legge 189/2002 e il passaggio allo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati)1. Lo Sprar è costituito da una rete di enti locali che, in stretta collaborazione con le preziose realtà del terzo settore, sviluppano interventi finalizzati all’accoglienza e all’integrazione di 1 Lo Sprar è stato istituito dalla legge n.189/2002 ed è costituito dalla rete degli enti locali che accedono, tramite apposito bando triennale del ministero dell’Interno, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Il coordinamento del Sistema di protezione è garantito dal Servizio centrale, una struttura operativa, costituita dalla stessa legge istitutiva del Sistema, attivata dal ministero dell’Interno e affidata con convenzione ad Anci, al fine di coordinare, assistere e monitorare i progetti della rete) 2 0 12 novembre - dicembre 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili richiedenti asilo e rifugiati, realizzando progetti di piccole dimensioni diffusi su tutto il territorio nazionale. I servizi attivati da ogni singolo progetto prevedono in primo luogo l’erogazione degli indispensabili mezzi di prima necessità, quali vitto, alloggio, assistenza sanitaria, inserimento dei minori a scuola. Ma in egual misura, in un’ottica di immediato avvio verso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico, i progetti provvedono I progetti, di piccole dimensioni anche misure di orientamento legale e sociale, e diffusi su tutto il territorio, servizi specialistici per la presa in carico dei prevedono l’erogazione di vitto, più vulnerabili, mediazione culturale, apprenalloggio, assistenza sanitaria, dimento della lingua italiana, orientamento al ma anche percorsi lavoro e alla formazione. Da qui la definizione di interventi di “accodi inserimento socio-economico glienza integrata” che hanno portato alla e mediazione culturale valutazione dello Sprar come buona prassi da parte dei Commissari per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg per l’anno 2011 e Nils Mulznieks, tuttora in carica, per l’anno 2012. Le caratteristiche principali del Sistema sono: il carattere pubblico delle risorse messe a disposizione e degli enti politicamente responsabili dell’accoglienza, ministero dell’Interno ed enti locali, nonché l’adesione a una rete decentrata sull’intero territorio nazionale, coordinata a livello centrale e in sinergia con i soggetti del terzo settore, che contribuiscono in maniera determinante alla realizzazione degli interventi, secondo una logica di governance multilivello e nel rispetto del principio della sussidiarietà orizzontale; tale modello garantisce standard di qualità dei servizi di accoglienza e integrazione in continua crescita, sulla base di linee guida condivise da tutti i progetti territoriali l’offerta di un’accoglienza diffusa e in rete: la maggior parte degli enti locali aderenti al Sistema sono comuni medi e piccoli disseminati su tutto il territorio nazionale, operando una distribuzione di beneficiari anche verso zone meno interessate al fenomeno, elemento determinante al fine sia di una più fluida inclusione sociale all’interno delle comunità autoctone, sia di una più probabile possibilità di inserimento lavorativo e abitativo il coinvolgimento a titolo strettamente volontario, che permette agli enti locali di scegliere se entrare o meno a far parte della rete e quindi di preparare gli attori del proprio territorio ad accogliere al meglio la nuova progettualità. Nonostante ciò, e anzi proprio grazie a questo, il numero di enti locali che chiedono di entrare nella rete è cresciuto di anno in anno. Primo Piano Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) 43 libertàcivili Primo Piano Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) 44 Distribuzione geografica degli enti locali finanziati dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo negli anni 2011-13 151 progetti territoriali (rappresentati nella cartina) 128 enti locali 3000 posti di accoglienza Progetti territoriali per categorie ordinarie Progetti territoriali per categorie vulnerabili Enti locali in cui sono attivi sia progetti per categorie ordinarie, che per categorie vulnerabili Progetti territoriali per categorie vulnerabili/ disagio mentale 2 0 12 novembre - dicembre Il Sistema di protezione, però, ha due forti limiti. Un limite di carattere numerico: 3.000 posti di accoglienza complessivi, che consentono di accogliere ogni anno circa 6.500 persone, a fronte di un numero di richieste superiore di almeno due volte. Altro limite è costituito dalla moltiplicazione di sistemi di accoglienza, che le situazioni di afflussi migratori straordinari portano con sé a causa dell’attuazione di interventi di carattere emergenziale. Ne è stato un esempio significativo la cosiddetta Emergenza Nord Africa, I 3mila posti di accoglienza che ha visto il circuito di accoglienza attivato complessivamente disponibili dalla Protezione civile aggiungersi a quello consentono l’assistenza dei Cara (Centri di assistenza per i richiedenti di circa 6.500 persone l’anno, asilo), dello Sprar ordinario, dello Sprar con ma sono insufficienti rispetto posti aggiuntivi straordinari, dei Centri polifunzionali delle aree metropolitane, senza al numero delle richieste, poi citare l’accoglienza organizzata e gestita che è almeno il doppio direttamente dai comuni con presenze particolarmente significative di richiedenti asilo e rifugiati sul proprio territorio. Da un punto di vista generale, va detto che l’aspetto di criticità non risiede tanto nella quantità degli interventi, quanto nella mancanza di coerenza e coordinamento fra essi: costi, criteri, tempi e intenti differenti che inevitabilmente producono azioni disomogenee e onerose, con risultati e ricadute estremamente difformi l’uno dall’altro. L’esperienza dell’Emergenza Nord Africa ha avuto però anche il merito di riaprire con forza il dibattito sul sistema di accoglienza in Italia e sul ruolo che i diversi attori nazionali e locali vi dovrebbero ricoprire e a questo proposito molto è stato detto e scritto anche in documenti ufficiali, condivisi da ministero dell’Interno, Anci, Upi (Unione delle province italiane), regioni, ministero del Lavoro. 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Anche questo è un elemento essenziale di garanzia della qualità degli interventi, poiché da un lato assicura una adesione e una dedizione all’iniziativa senza riserve di sorta e, dall’altro, agevola i rapporti interistituzionali necessari per mantenere e ampliare la rete di sostegno al progetto, necessaria per favorire i percorsi di integrazione dei rifugiati l’arricchimento del territorio anche in termini di aggiornamento e di apprendimento di nuove conoscenze e competenze per tutti gli attori, istituzionali e non, attraverso iniziative locali ma anche nazionali, attivate sia dal Servizio centrale che dagli stessi progetti. Primo Piano Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) 45 Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) libertàcivili Primo Piano Per quanto ci riguarda, da operatori dell’accoglienza, riteniamo che le intenzioni dichiarate vadano nella direzione giusta. In particolare, crediamo nella concreta possibilità di pensare a un sistema unico e uniforme, in grado di definire a parità di risorse il percorso che un richiedente asilo possa affrontare nel nostro Paese, dal primissimo momento del suo arrivo fino all’avvio di una nuova vita possibilmente autonoma. Crediamo che il nucleo centrale di tale percorso debba e possa essere lo Sprar, con un adeguato potenziamento delle sue caratteristiche d’eccellenza sia dal punto di vista economico che di standard di servizi e di modello di accoglienza diffusa. Crediamo che un coordinamento centrale, con una propria rappresentanza anche a livello locale, costituirebbe uno strumento strategico nell’ottica della costituzione di un vero sistema unico nazionale, all’interno del quale individuare priorità, uniformare criteri e procedure, confrontarsi con le esigenze dei richiedenti asilo e dei rifugiati, ma anche con quelle dei territori e degli operatori, allargare la condivisione degli interventi ad altri livelli, istituzionali e non. In altre parole un sistema di asilo nazionale in grado di garantire protezione e “accoglienza integrata” in egual misura a tutti i migranti forzati in arrivo in Italia. Nessuno (mai più) escluso. 46 2 0 12 novembre - dicembre Primo Piano Crotone-Italia: l’esperienza sul campo delle commissioni territoriali A partire del caso di Crotone, sede di uno degli organismi nazionali per il riconoscimento dello status di rifugiato, un excursus sugli aspetti giuridici e pratico-operativi del lavoro di questi importanti uffici sparsi sul territorio italiano di Fabrizio Gallo Nel 2004, la commissione di Crotone fu istituita insieme ad altre sei, costituendo il primo novero di autorità dislocate sul territorio nazionale incaricate di decidere sulle istanze dei richiedenti asilo La vicenda della Commissione territoriale di Crotone Il percorso della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone (allora Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato) ha inizio nel 2004, quando tale organismo fu costituito insieme con altri sei similari, venendo a crearsi il primo novero di “autorità” dislocate sul territorio, incaricate, in Italia, di decidere sulle istanze dei richiedenti asilo. In realtà, quella storia traeva le mosse da vicende precedenti, risalenti al 1999, quando in provincia di Crotone fu realizzato un grande Centro di accoglienza, ai sensi della L. 563/1995 (c.d. Legge Puglia), inizialmente utilizzato per assistere i profughi provenienti dal Kosovo e successivamente impegnato senza soluzione di continuità per accogliere immigrati extracomunitari provenienti via mare sulle coste calabresi e poi siciliane. La maggior parte di quelle persone fuggiva da teatri di aspri conflitti in Africa ed Asia e, per tale ragione, gli stessi presentavano richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato. In tal modo, il centro di accoglienza crotonese divenne uno dei poli italiani di maggiore concentrazione di richiedenti asilo, tanto che, in diverse occasioni, l’allora Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, unica autorità competente alla decisione di tali richieste, dovette recarsi nella predetta struttura al fine di velocizzare i tempi di decisione e consentire un più rapido deflusso degli ospiti dal Centro. Così, quando con la legge 189/2002 e con il successivo regolamento di attuazione, Dpr 303/2004, si sono poste le basi 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Presidente della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone 47 Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale Primo Piano per una prima, organica revisione del sistema organizzativo finalizzato all’esame e decisione delle istanze di status di rifugiato, la piccola provincia di Crotone è stata inclusa nei territori destinati ad ospitare i nuovi, importanti uffici, insieme a Foggia, Gorizia, Milano, Roma, Siracusa e Trapani 1 . Quello di Crotone è dunque un punto di riferimento privilegiato per potere seguire le tappe evolutive del sistema di protezione internazionale degli stranieri in Italia. L’operatività delle commissioni territoriali ha avuto, infatti, una visibile evoluzione nell’arco del primo periodo quasi decennale di attività, derivante da una serie di fattori, in primo luogo normativi, ma anche connessa alle tecniche di intervista e di redazione delle decisioni, ai sistemi di reperimento delle informazioni sui Paesi d’origine, agli sviluppi di carattere logistico e strumentale. libertàcivili La legge 189/2002 segna la prima organizzazione delle autorità in materia di rifugiati, delineando la struttura basata sulla Commissione nazionale asilo e su sette commissioni locali 48 L’evoluzione normativa Sotto il profilo normativo, le commissioni territoriali che iniziavano a operare nel 2005 trovavano i fondamentali parametri per la propria attività nella già citata legge 189/2002 (e nel regolamento attuativo, Dpr 303/2004). In quegli anni, la fonte fondamentale del diritto d’asilo era data dalla legge Martelli (legge 39/1990) che, avendo abolito la riserva geografica alla Convenzione di Ginevra del 1951, dava inizio a un nuovo corso, giuridico e concreto, nella materia in esame. Il sistema introdotto dalla legge 189/2002 dava luogo a una prima organizzazione delle autorità competenti in materia di status di rifugiato, delineando una struttura composta da un organo di coordinamento – la Commissione nazionale per il diritto d’asilo – e da sette commissioni territoriali. La procedura disegnata allora dal legislatore prevedeva una forma semplificata, destinata ai richiedenti per i quali veniva disposto il trattenimento negli appositi centri di identificazione (antesignani degli odierni centri di accoglienza per richiedenti asilo) che doveva esaurirsi in un massimo di venti giorni. Istituto peculiare di quella procedura, che era senz’altro quella maggiormente utilizzata, era il riesame. Lo straniero richiedente, infatti, aveva la possibilità di promuovere, entro cinque giorni dalla comunicazione della decisione, un’istanza di riesame la cui valutazione era affidata alla stessa commissione territoriale, integrata da un componente della Commissione nazionale per il 1 Sui criteri della scelta, v. Marco Benvenuti, La protezione internazionale degli stranieri in Italia, Jovene, 2011, p.126 2 0 12 novembre - dicembre 2 V., tra le altre, Cass. Sez. VI, Ord. N. 10686/12 del 29 maggio 2012 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Le tre forme di protezione riconoscibili o concedibili al richiedente in base alle norme e alla giurisprudenza: lo status di “rifugiato”, quello di “protezione sussidiaria”, la “protezione umanitaria” diritto d’asilo. Avverso la decisione della commissione territoriale era comunque previsto il ricorso giurisdizionale e, peraltro, il gravame non sospendeva il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale. Tra il 2005 ed il 2008, i parametri normativi per l’attività delle commissioni territoriali sono profondamente mutati, in attuazione dei provvedimenti di normazione comunitaria sull’asilo. Nel 2005, infatti, è stato emanato il D.Lgs 140/2005 sull’accoglienza dei richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato; nel 2007 il D.Lgs 251/2007, che definisce le forme e il contenuto della protezione internazionale e, nel 2008, il D.Lgs 25/2008 che ha ridefinito le procedure per l’accesso alla suddetta protezione internazionale. In particolare, gli ultimi due testi legislativi costituiscono un corpus completo di definizione sostanziale e procedurale della materia della protezione internazionale, tanto che la giurisprudenza afferma ormai costantemente che “il diritto d’asilo è oggi interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti di protezione ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs 251/2007 e dell’art. 5 c. 6 del Testo unico approvato con D.Lgs 286/1998 sì che non si scorge alcun margine di residuale diretta applicazione” dell’art.10 della Costituzione che reca la nozione del c.d. asilo costituzionale 2 . Tra le innovazioni più rilevanti del nuovo sistema, vi è senz’altro la protezione sussidiaria, un istituto per il quale è riconosciuta una forma di protezione internazionale a coloro che, non possedendo i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, se ritornassero nel proprio Paese d’origine, correrebbero un rischio effettivo di subire un grave danno, nelle forme indicate dalla stessa fonte legislativa (art. 2, lett. g, D.Lgs 251/2007). L’ambito delle forme di protezione riconoscibili o concedibili al richiedente, secondo quanto stabilito dalla nuova normativa e dall’interpretazione amministrativa e giurisdizionale sono ora, dunque, tre: lo status di rifugiato, così come definito dalla convenzione di Ginevra del 1951 lo status di protezione sussidiaria, nel senso sopra indicato la protezione umanitaria, ai sensi dell’art. 5, comma 6, D.Lgs 286/1998. Primo Piano Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale 49 Primo Piano Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale libertàcivili Occorre, inoltre, notare, ai fini delle presenti riflessioni, che la nuova normativa ha abolito l’istituto del riesame amministrativo e ha introdotto l’effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale contro il diniego della domanda, fatte salve alcune eccezioni espressamente indicate. Specifica è anche la disciplina delle domande reiterate, ovvero quelle istanze di protezione internazionale riproposte dopo che la Commissione territoriale abbia già deciso. Per esse, l’art. 29, comma 2, del D.Lgs 25/2008 prevede che, qualora nell’istanza stessa non si adducano nuovi elementi, la Commissione territoriale provveda a dichiarare l’inammissibilità. Un particolare impatto sull’attività delle commissioni territoriali deriva anche dalla disciplina del rinnovo del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria. L’art. 23 del D.Lgs 251/2007 prevede infatti che il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria abbia validità triennale e che lo stesso sia rinnovabile previa verifica delle condizioni che hanno consentito il 50 2 0 12 novembre - dicembre L’evoluzione delle tecniche di intervista e decisorie La prima esperienza delle commissioni territoriali, negli anni immediatamente successivi alla riforma della c.d. legge Martelli, è stata caratterizzata dalla necessità di appropriarsi di un modus operandi del tutto specifico (fatto sia di tecnicalità formali–amministrative sia di metodologie di ricerca e analisi delle informazioni dei Paesi d’origine) il quale, pur travasato dalla Commissione centrale, poi nazionale, attraverso gli appositi corsi di formazione, necessitava di tempo adeguato per l’affinamento. La comparazione dei verbali di audizione stesi in quei primi anni di attività con quelli attuali fornisce una prima, chiara indicazione in tal senso. Si evidenzia, infatti, come, a fronte di testi connotati da uno sforzo di sintesi e di omogeneità, anche nell’articolazione delle domande, si palesano oggi atti 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Il numero di commissioni territoriali è passato da sette a dieci, e ad esse sono state affiancate, nel periodo della Emergenza Nord Africa, 14 sezioni aggiuntive riconoscimento. Per prassi amministrativa, introdotta con indicazioni della Commissione nazionale per il diritto d’asilo, le questure, all’approssimarsi della scadenza del permesso di soggiorno, richiedono alle commissioni territoriali competenti l’avviso sul permanere delle suddette condizioni. Occorre infine segnalare che il panorama organizzativo delle commissioni territoriali si è significativamente evoluto negli ultimi anni e infatti il numero delle stesse è passato dalle sette originarie a dieci; inoltre, nell’ambito dei provvedimenti emessi nel quadro dello stato d’emergenza deliberato, dapprima, per il generale afflusso di cittadini extracomunitari alle coste italiane e poi per la specifica situazione relativa all’emergenza prodottasi in Nord Africa nel 2 011, fino allo scorso 31 dicembre 2012 erano operative anche 14 sezioni aggiuntive che avevano recato un indubbio giovamento alle perfomance del sistema in generale. Da ultimo, l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri (Opcm) 33 del 28 dicembre 2012, finalizzata a regolare la chiusura del predetto stato d’emergenza, ha prescritto la prosecuzione dell’operatività delle sole cinque sezioni istituite ai sensi dell’art. 2 dell’Opcm 3958/2 011, relativa all’Emergenza Nord Africa, e comunque non oltre il 30 giugno 2013. Le innovazioni sopra indicate hanno avuto, come detto, un impatto rilevante sull’operatività delle commissioni territoriali, in parte migliorandone i tempi di lavoro e, nel contempo, aumentandone il grado di approfondimento delle questioni (è il caso dell’istituzione di nuove commissioni e delle sezioni), in parte facendo sorgere nuovi problemi operativi che, auspicabilmente, dovranno trovare una soluzione. Primo Piano Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale 51 Primo Piano Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale Le attività istruttorie delle commissioni e la tecnica di redazione dei provvedimenti sono sempre più adeguate alla delicatezza delle funzioni espletate L’evoluzione logistica e informatica L’attività delle commissioni territoriali ha anche vissuto, nei pochi anni maturati di esperienza, rilevanti evoluzioni di carattere logistico e informatico. Sotto il primo profilo, proprio l’esperienza della commissione di Crotone è esemplare di uno sforzo di rendere sempre più confacente e funzionale la delicata attività decisionale, grazie al continuo, mirato impegno di investimenti del ministero dell’Interno – dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione. Si è passati, così, dalla primissima fase di operatività, nel 2005, in cui la Commissione era ospitata in tre locali, peraltro libertàcivili 52 più complessi e articolati nei quali è possibile riconoscere un’attenta valutazione, mediante l’ascolto del richiedente, dei profili rilevanti della vicenda narrata, sia sotto il profilo della situazione oggettiva del Paese d’origine sia per ciò che concerne la vicenda soggettiva. La stessa analisi delle informazioni sui Paesi d’origine, al momento attuale, si fonda su un insieme di fonti qualificate, quali le indicazioni della Commissione nazionale e dell’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) ma anche su una pluralità di contributi di diversa origine e, ovviamente, da sottoporre a vaglio critico, ma che pongono le commissioni territoriali veramente in grado di formarsi un’idea compiuta, non solo su specifiche aree territoriali oggetto d’indagine, ma anche sulle vicende soggettive narrate. Una tale evoluzione, prodotta da diversi fattori, tra i quali primeggiano la formazione continua, fondata sia sulle sessioni presso la Ssai (Scuola superiore dell’Amministrazione civile dell’Interno) sia sullo sforzo di approfondimento in loco, e l’enorme sviluppo tecnologico intervenuto negli ultimi anni e che permette di acquisire via internet ogni tipo di informazione, consente di ritenere che l’attività istruttoria delle commissioni sia sempre più adeguata alla delicatezza, anche morale, delle funzioni ad esse affidate. Parimenti, la tecnica di redazione dei provvedimenti ha conosciuto un significativo sviluppo. Se, infatti, gli atti decisori, nei primi anni di esperienza delle commissioni, erano ispirati a una logica di sintesi e uniformità, pur nel pieno rispetto degli obblighi di motivazione, oggi si nota a prima vista lo sforzo di differenziare i provvedimenti, specialmente quelli che negano il riconoscimento dello status di rifugiato, dando conto delle argomentazioni sviluppate dal richiedente e delle ragioni in fatto e diritto che inducono a una specifica determinazione. 2 0 12 novembre - dicembre I problemi attuali A circa otto anni dall’inizio dell’attività delle commissioni territoriali, avendo constatato il percorso notevole già compiuto, è ora possibile chiedersi quale sia la situazione e soprattutto quali sono gli aspetti problematici avvertiti nella pratica quotidiana. Muovendosi per tale riflessione è opportuno definire, in sintesi, quale sia il “nucleo duro” della mission di tali organismi. Esso sembra potersi individuare nella necessità di decidere presto e bene (rectius, con il massimo approfondimento possibile) le istanze di protezione internazionale. Il fondamento di una tale affermazione può essere individuato nell’undicesimo considerando della Direttiva 2005/85/CE del 1° dicembre 2005, secondo il quale è nell’interesse, sia degli Stati membri sia dei richiedenti asilo, decidere quanto prima possibile in merito alle domande d’asilo, nonché del decimo, per il quale è indispensabile che l’autorità decidente disponga di conoscenze adeguate in materia di asilo e diritto dei rifugiati. Se ciò è vero, se dunque anche l’aspetto temporale della 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili La Commissione di Crotone, in questi anni, ha subito una evoluzione sia dal punto di vista logistico che degli strumenti informatici dignitosi e ben disposti, all’interno del Centro d’accoglienza, alla situazione attuale, in cui dispone di una nuova autonoma sede, dotata di numerosi locali attrezzati. La Commissione, così, è messa in condizione, per ciascuno dei propri componenti, di utilizzare gli strumenti più adeguati per una celere e approfondita attività istruttoria. Si pensi, al riguardo, alla possibilità di accedere a fonti d’informazione qualificate e diversificate in modo semplice e immediato attraverso internet, ma anche alla possibilità di acquisire con tempestività elementi informativi sulla geografia delle zone d’interesse, sulla conformazione delle città fino a immagini delle vie e dei luoghi più significativi, così utili nel saggiare la veridicità dei racconti; una possibilità oggi resa virtualmente reale attraverso gli strumenti di mappatura elettronica rinvenibili su internet. Nell’ambito degli sviluppi informatici che hanno profondamente cambiato l’attività delle commissioni vi è senz’altro l’implementazione e la piena attuazione di Vestanet (vedi in questo numero l’articolo di Alessandra Camporota, ndr), un piattaforma informatica e telematica sulla quale sono veicolati gli atti del procedimento e le relative informazioni, collegando in tempo reale il lavoro delle questure e delle commissioni. Si tratta di un salto di qualità lavorativo che produce un notevole risparmio di lavoro cartaceo e un netto miglioramento nella certezza e condivisione del patrimonio informativo procedimentale. Primo Piano Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale 53 Primo Piano Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale libertàcivili L’enorme mole di lavoro burocratico che le commissioni sono costrette ad affrontare rischia di distogliere energie dallo sforzo di approfondimento qualitativo delle domande, che è un obiettivo fondamentale 54 2 0 12 novembre - dicembre decisione ha una sua fondamentale rilevanza, si pongono, allo stato attuale, alcune questioni problematiche. La prima, attiene alle modalità dell’esame del richiedente. In particolare ci si riferisce alla necessità, a normativa vigente, che la commissione provveda collegialmente a sentire l’interessato. Sul punto, è esperienza comune che un tale assetto sia difficilmente sostenibile: è sufficiente considerare il numero delle richieste di protezione che gravano su di una commissione mediamente impegnata, rapportarlo al numero massimo di giornate che si possono dedicare in un anno alle audizioni e alla durata media di un esame per esprimere perplessità al riguardo. Inoltre, sia la considerazione della cornice normativa europea sia il confronto comparato con altri sistemi giuridici non rende impossibile una riponderazione del dato normativo interno ai fini di una maggiore coerenza con la prassi amministrativa sin qui sviluppata. Nel merito, sembra essere ormai acquisizione comune, quantomeno tra i pratici del settore, che la peculiarità del funzionamento delle commissioni stia nel momento della discussione collegiale, in cui diverse sensibilità e diverse formazioni culturali si vanno a fondere al fine di concorrere alla migliore decisione possibile, che è relativa tanto ad aspetti sostanziali quanto a eventuali opportune indicazioni per seguiti istruttori mirati. La seconda questione da rilevare è la mole di lavoro burocratico che sempre più grava le commissioni e che rischia, soprattutto negli ambiti in cui vi è maggiore carenza di personale, di distogliere energie dallo sforzo di approfondimento qualitativo che pure deve essere un obiettivo fondamentale. Il primo flusso di lavoro cartaceo è relativo ai rinnovi. In proposito, ferma l’esigenza delle verifica dei presupposti che hanno dato luogo a una forma di protezione diversa dallo status di rifugiato, occorre valutare se non sia possibile approntare soluzioni normative tali per le quali sia reso necessario un pronunciamento espresso delle commissioni solo in caso di sopravvenienza di motivi sfavorevoli al rinnovo. Ulteriore, notevole aggravio dell’attività amministrativa della commissione è dato dal contenzioso giurisdizionale. Nell’esperienza di una commissione notevolmente impegnata, come quella di Crotone, si tratta di poco meno di mille processi civili all’anno, con una conseguente movimentazione cartacea che assorbe una parte importante delle energie lavorative del personale di supporto. Il sensibile aumento del contenzioso nel nuovo sistema può trovare qualche elemento di spiegazione in due elementi che 3 V., in questo senso ancora Marco Benvenuti, op.cit., p.710 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Sul notevole aumento del contenzioso giurisdizionale che si è sviluppato in merito alle decisioni delle commissioni incidono l’effetto sospensivo dei ricorsi e l’assenza di filtri precontenzioso che riducano il ricorso alla giustizia sembrano essere costituiti dall’effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale e dall’assenza di filtri tesi a ridurre il ricorso alla giustizia. Nel sistema pregresso, come detto, era operativo l’istituto del riesame. Tale strumento, che non ha avuto buona accoglienza in dottrina ed è stato espunto dall’ordinamento dalla nuova disciplina legislativa, aveva dato dei risultati che avrebbero meritato maggiore attenzione. Rilevante incidenza sembra avere anche l’effetto sospensivo della decisione di diniego che la normativa vigente riconnette alla proposizione del ricorso giurisdizionale. E in effetti, fermo il pieno diritto dell’interessato di fruire di ogni strumento messo a disposizione dall’ordinamento, un richiedente destinatario di diniego ha la possibilità di prolungare legittimamente il proprio soggiorno in Italia con la proposizione del ricorso, attenderne l’esito e successivamente, nel caso di avversa fortuna anche in sede giurisdizionale, proporre una domanda reiterata che lo ricondurrà nella posizione di richiedente asilo, fatta salva la possibilità, ex art. 29 del D.Lgs 25/2008, che la commissione territoriale dichiari l’inammissibilità della nuova istanza, con preclusione dell’effetto sospensivo, sempre che l’interessato non adduca nuovi elementi soggettivi od oggettivi. In relazione a tale tematica, senza voler promuovere ritorni al passato, sembra auspicabile individuare idonei e congrui sistemi di filtro precontenziosi, in linea con le tendenze generali delle politiche di deflazione del processo, che possano raggiungere un giusto equilibrio tra l’esigenza prioritaria di poter ricorrere efficacemente alla giustizia e quella di evitare ricorsi dilatori. In una tale situazione d’impegno anche quantitativo, in cui si avvertono le difficoltà che derivano dalla mancata previsione di una dotazione organica specifica, si è sviluppata, come notato in precedenza, l’esperienza molto positiva delle sezioni di commissione che, nate nel regime emergenziale, ci si augura possano assumere un ruolo stabile nella legislazione primaria. In conclusione, l’esperienza delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, vista dalla prospettiva del “pratico”, è complessivamente positiva. Si può affermare che, pur considerate alcune perplessità originarie della dottrina e del mondo che segue il settore dell’immigrazione 3 relative alla composizione di tali organi, proprio la diversa provenienza, sensibilità e formazione dei membri ha dato Primo Piano Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale 55 Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale libertàcivili Primo Piano luogo, gradualmente, a una cultura di fondo comune da cui scaturiscono decisioni quasi sempre unanimi e con un grado di celerità che, considerati i fattori sopra indicati, può indurre a valutazioni positive 4 . Si tratta di strumenti utili per una sempre maggiore tutela di principi fondamentali dei nostri sistemi giuridici, che potranno essere ulteriormente perfezionati, anche promuovendo forme di collaborazione sempre più costanti con il mondo scientifico, tenendo presenti i dati ormai disponibili sull’attività espletata e curando di introdurre rimedi concreti agli aspetti problematici che abbiamo di fronte. 56 4 Cfr. AA.VV., Procedure e garanzie del diritto d’asilo, Cedam, 2 011, p.192, e Sandra Sarti, L’Italia dei rifugiati, ed. Anci, p. 57 2 0 12 novembre - dicembre Primo Piano L’informatica al servizio della protezione internazionale Il dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno ha messo in campo uno sforzo notevole per l’informatizzazione delle procedure di sua competenza riguardanti il sistema asilo e l’immigrazione in generale di Alessandra Camporota Introduzione Il fenomeno migratorio ha assunto negli ultimi decenni proporzioni notevoli in gran parte degli Stati europei, tali da costituire un banco di prova per i rispettivi governi, sia nella gestione dell’immigrazione regolare, sia nel contrasto all’immigrazione irregolare, sia nello svolgimento del complesso e delicato compito dell’esame delle richieste di protezione internazionale. Tra le misure ad ampio raggio utili a supportare tali attività vanno contemplati gli interventi di innovazione tecnologica volti a ridurre la complessità degli adempimenti burocratici esistenti e a ottimizzare tempi e interventi. Al riguardo, presso il dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, con il coordinamento dell’ufficio VI di staff Sistema informatico del Dipartimento, è in fase di avanzata realizzazione un progetto Gli interventi di innovazione teso al riassetto e consolidamento tecnologico, tecnologica sono volti a ridurre architetturale, procedurale e organizzativo, la complessità degli per l’omogeneizzazione dei processi che adempimenti burocratici afferiscono all’immigrazione. Tale progetto – e a ottimizzare tempi avviato nel 2009 – mira a conseguire l’obiettivo e interventi nella gestione dell’automazione completa di tutti i procedimenti amministrativi gestiti dagli uffici centrali dell’immigrazione e periferici coinvolti nel trattamento delle problematiche inerenti l’immigrazione e le libertà civili, attraverso le seguenti realizzazioni: la creazione della Banca dati anagrafica unificata dell’immigrazione (BAI) 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Viceprefetto - Capo di gabinetto del dipartimento Libertà civili e Immigrazione 57 Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo libertàcivili Primo Piano l’interconnessione attraverso SPC (Sistema pubblico di connettività) e i servizi di cooperazione applicativa fra tutte le amministrazioni pubbliche e gli enti coinvolti per lo scambio informatizzato di dati e informazioni sui processi amministrativi riguardanti l’immigrazione l’avvio in modalità totalmente informatizzata delle istanze da parte degli utenti (domanda di protezione internazionale, richiesta di nulla osta al lavoro, emersione, cittadinanza, etc.) la creazione di un portale unico di accesso alle informazioni sullo stato di avanzamento della propria pratica. La piattaforma comprende anche i collegamenti verso il dipartimento di Pubblica sicurezza, l’Agenzia delle entrate, il ministero del Lavoro e le direzioni territoriali del lavoro, il ministero degli Affari esteri, l’Inps, le Poste italiane, il casellario giudiziale. L’utilizzo della Banca dati anagrafica dell’immigrazione Il Dpr 242/04 (Regolamento per la razionalizzazione e la interconnessione delle comunicazioni tra amministrazioni pubbliche in materia di immigrazione), all’art. 2 stabilisce che: “Ai fini della razionalizzazione del trattamento e dello scambio delle informazioni relative ai procedimenti di cui al testo unico e al regolamento, sono istituiti e tenuti dal ministero dell’Interno-dipartimento per le libertà civili e l’Immigrazione archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo. A tali archivi accedono le pubbliche amministrazioni interessate, individuate con decreto La BAI ha consentito del ministro dell’Interno”. In attuazione di di unificare in un solo archivio tale normativa, il complesso progetto della le anagrafiche dei cittadini Banca anagrafica dell’immigrazione (BAI), stranieri soggetti individuata anche dall’art. 60 del Codice a procedimenti amministrativi dell’amministrazione digitale (D. Lgs 7 marzo 2005, n. 82) come base dati di interesse gestiti dai sistemi applicativi nazionale, ha consentito di unificare in un del Dipartimento unico archivio le anagrafiche degli stranieri soggetti dei procedimenti amministrativi gestiti dai sistemi applicativi del Dipartimento. La BAI si sostanzia nella razionalizzazione e centralizzazione delle informazioni anagrafiche degli stranieri e delle relative tabelle tipologiche, registrate attraverso i diversi sistemi applicativi gestiti dal sistema informativo del Dipartimento (richiedenti la protezione internazionale, Unità Dublino, Sportello unico per l’immigrazione, cittadinanza etc.), consentendo di rendere disponibile, in maniera univoca e non frammentata, tutte le informazioni anagrafiche dello straniero. 58 2 0 12 novembre - dicembre I vantaggi nell’utilizzo della BAI L’immediato vantaggio apportato dall’utilizzo della Banca anagrafica dell’immigrazione è la disponibilità dei riferimenti che costituiscono la “storia dello straniero”, che spesso ha inizio proprio con la richiesta di protezione internazionale. Attraverso l’accesso alla BAI, infatti, l’utente/operatore abilitato, nel ricercare 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili La BAI e la richiesta di protezione internazionale Per quanto riguarda, in particolare, gli stranieri potenziali richiedenti asilo, la gestione delle procedure amministrative avviene attraverso il sistema applicativo “Centri”, di ausilio all’attività degli enti gestori, che conterrà, a regime, le generalità e le altre informazioni raccolte dagli uffici immigrazione delle questure. Successivamente, nell’ipotesi in cui lo straniero censito richieda la protezione internazionale, il sistema applicativo “VestanetC3” consente, dallo scorso anno, la compilazione e la trasmissione on-line della domanda di protezione internazionale (c.d. modello C3) dalla questura alla commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale competente. Alla procedura partecipa Centri, Vestanet C3, Dublinet, anche l’Unità Dublino, ufficio competente, in SPI, Sicitt: questi i nomi attuazione del Regolamento CE n 343/2003, dei principali sistemi informativi alla determinazione dello Stato membro cui che sovrintendono alle diverse spetta l’esame della richiesta di protezione procedure relative internazionale, attraverso l’utilizzo del sistema applicativo “Dublinet”. alle migrazioni gestite Per completezza di informazione, sul fronte dal ministero dell’Interno dell’immigrazione regolare, la domanda di lavoro dello straniero che intenda entrare in Italia per motivi di lavoro o per ricongiungimenti familiari viene inoltrata allo Sportello unico per l’immigrazione competente dal suo potenziale datore di lavoro che deve registrarsi, come il familiare che richiede il ricongiungimento, sul portale web per poter compilare e inviare la domanda (Portale “Ali”), mentre il sistema applicativo “SPI” gestisce, in ausilio dei vari attori coinvolti nel procedimento (Sportello unico, direzione territoriale del lavoro, questura, ministero Affari esteri) la procedura informatica. Infine lo straniero, in presenza dei requisiti previsti dalla normativa vigente, può richiedere la cittadinanza italiana all’ufficio territoriale del governo-prefettura competente per territorio e, in un prossimo futuro, potrà inviare la domanda on-line. La gestione della procedura avviene attraverso l’utilizzo del sistema applicativo “Sicitt”. Primo Piano Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo 59 Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo libertàcivili Primo Piano un’anagrafica, può visualizzare le informazioni complessive che fanno riferimento allo straniero, potendo quindi rappresentare la sua “storia”, attraverso la ricostruzione del suo percorso amministrativo. In precedenza, a causa della distribuzione frammentata delle pratiche presenti sui diversi sistemi applicativi che non dialogavano tra loro, tale possibilità di integrazione non era conseguibile mentre, a realizzazione della BAI completata, l’attività di caricamento delle informazioni anagrafiche potrà essere demandata solo all’operatore della prima richiesta di accesso alla procedura da parte dello straniero, mentre gli operatori competenti alla gestione delle altre procedure dovranno solo aggiornare le informazioni integrative di cui siano in possesso, se necessario. Il risultato positivo di tale modalità operativa è costituito sia dalla centralità e univocità delle informazioni relative allo straniero, sia dalla possibilità di ottenere la “fotografia” del singolo straniero e di conoscerne la storia. La realizzazione della BAI rappresenta pertanto un primo passo verso l’importante obiettivo del cambiamento dell’approccio alla gestione delle procedure amministrative relative agli stranieri, attraverso il capovolgimento del punto di vista della “singola pratica” in quello di “persona destinataria di più pratiche che ne rappresentano la storia”. Il sistema di alimentazione automatica delle pratiche e la sua applicazione alla procedura di asilo Il sistema è stato realizzato in origine per permettere la compilazione e l’invio telematico allo Sportello unico per l’immigrazione delle domande di nullaosta al lavoro, di ricongiungimento familiare, di conversione Nella logica della del permesso di soggiorno e di emersione dematerializzazione si iscrivono dal lavoro per cittadini extracomunitari. il sistema per l’invio telematico Questo sistema, via via perfezionato e delle domande allo Sportello semplificato, è stato utilizzato con successo unico per l’immigrazione fin dal 2007 per le operazioni legate sia ai e per la prenotazione decreti flussi sia alle c.d. “emersioni dal lavoro irregolare”, nel 2009 e nel settembre-ottobre e gestione dei test d’italiano dell’anno scorso, e ha consentito di eliminare la compilazione manuale delle domande. Dalla stessa logica di dematerializzazione sono derivate le implementazioni di sistemi applicativi relative alle procedure per la prenotazione e la gestione del test di italiano. In particolare, nel corso del 2010, è stato predisposto, in adesione 60 2 0 12 novembre - dicembre Primo Piano Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo Il progetto “modello C3 on-line”… La realizzazione riguarda l’informatizzazione dell’intera procedura per il riconoscimento dello stato di protezione internazionale, con particolare riferimento all’invio on-line del c.d. “modello C3” (domanda di protezione internazionale) da parte della questura competente alla commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di riferimento. La piena operatività del nuovo sistema, dopo una fase sperimentale, è avvenuta a decorrere dal mese di luglio 2012 e ha comportato il coinvolgimento nell’utilizzo del sistema informatico di tutti gli attori dell’iter procedurale amministrativo: le commissioni territoriali, che già utilizzavano 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili alla normativa vigente, un sistema informatico di supporto alle prefetture che consente di ricevere le richieste degli stranieri, di organizzare lo svolgimento del test e di acquisirne gli esiti. Nel corso del 2011 è stata poi implementata una funzionalità di estremo interesse realizzando l’applicativo demandato a gestire sia la sottoscrizione che la verifica dello stato dell’Accordo di integrazione, strumento disciplinato dal Dpr 14 settembre 2011 n.179. 61 un sistema informatico per le attività di competenza, le questure e l’unità Dublino. La nuova procedura informatizzata sta consentendo il raggiungimento dell’obiettivo di semplificazione del procedimento amministrativo relativo alle richieste di protezione internazionale attraverso l’eliminazione del cartaceo, la riduzione dei tempi di svolgimento del procedimento e una maggiore tracciabilità del complesso delle operazioni necessarie da parte dei diversi attori coinvolti. Nel momento in cui l’immigrato richiedente asilo giunge sul territorio nazionale vengono attivate, da parte delle questure, le procedure di accertamento riferite sia al La nuova procedura informatica Regolamento “Dublino” (Regolamento CE n. 343/03 del Consiglio che stabilisce “i criteri per il riconoscimento dello stato e i meccanismi di determinazione dello Stato di protezione internazionale membro competente per l’esame di una sta consentendo una domanda di asilo presentata in uno degli semplificazione grazie Stati membri da un cittadino di un Paese terzo”) sia al D.Lgs 28 gennaio 2008 n. 25, all’eliminazione della carta e alla riduzione dei tempi d’attesa relativo alle procedure di riconoscimento dello status di protezione internazionale. In particolare, la questura avvia il procedimento compilando il modello C3 tramite il sistema applicativo “Vestanet” (130 le postazioni tecnologiche messe a disposizione delle questure da parte del dipartimento Libertà civili e Immigrazione), effettua le verifiche di competenza e perfeziona la pratica coinvolgendo, nei casi previsti dalla normativa, l’Unità Dublino, con la compilazione informatizzata del “formulario Dublino”, chiude la fase istruttoria della pratica e la trasferisce, sempre attraverso il sistema, alla commissione territoriale competente. L’applicativo supporta la commissione e la questura nella fissazione della data di audizione e nella notifica di convocazione, nel rispetto della data di consegna del permesso di soggiorno temporaneo. Il richiedente riceve la notifica della convocazione. Il sistema gestisce, attraverso un flusso informatizzato, l’iter procedurale di competenza che si conclude con l’emissione del decreto di riconoscimento o rigetto della domanda. Il decreto viene notificato al richiedente tramite la questura e, successivamente, la commissione territoriale chiude la pratica sul sistema. Nelle ipotesi previste dalla normativa, inoltre, l’analisi viene trasferita, attraverso il sistema, all’Unità Dublino, che esamina il fascicolo e determina l’eventuale competenza dell’Italia nell’esame. Nel caso di competenza estera, la domanda è 62 2 0 12 novembre - dicembre Primo Piano libertàcivili Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo …e il “sistema Dublino” Come si è già illustrato con riferimento al progetto “modello C3 on-line”, negli ultimi due anni il dipartimento Libertà Civili e Immigrazione si è fatto promotore delle realizzazioni informatiche anche a favore degli altri enti coinvolti, in particolare il dipartimento della Pubblica sicurezza, soprattutto con riferimento ai sistemi applicativi concernenti le procedure di asilo. In questo periodo, infatti, è in atto lo studio e la realizzazione della completa informatizzazione della “procedura Dublino”, che vede coinvolti, oltre all’Unità Dublino, anche la Polizia scientifica e la direzione centrale Immigrazione e Polizia delle frontiere. In particolare, con la Polizia scientifica nel corso del 2011 si è già realizzato il colloquio diretto, nell’ambito dei servizi di cooperazione applicativa, per l’acquisizione del codice Eurodac, colloquio che è in fase di ulteriore perfezionamento. Inoltre, dal mese di novembre È in atto il progetto della dello scorso anno, è stato istituito presso il completa informatizzazione Dipartimento un tavolo tecnico per l’approfondella “procedura Dublino”, dimento del processo di scambio di inforche vede coinvolti l’omonima mazioni tra l’Unità Dublino e la polizia di Unità, la Polizia scientifica frontiera, al fine di una completa informatize la direzione centrale zazione della procedura, già supportata dal sistema applicativo “Dublinet”, realizzato a suo Immigrazione e Frontiere tempo in conformità allo standard europeo, sistema che colloquia da anni con gli altri Stati membri. L’implementazione prevede che, dopo la risposta della polizia scientifica, l’utente dell’Unità Dublino renda visibile la pratica da trattare alla direzione centrale Frontiere. La polizia di frontiera, dal canto suo, accede al sistema, visualizza la pratica da lavorare e inserisce i dati richiesti in un’apposita maschera che trasmette all’Unità Dublino attraverso il sistema “Dublinet”. È stato richiesto, inoltre, di poter avere una visualizzazione immediata delle pratiche in visione alla polizia di frontiera delle quali non si è ancora avuto risposta e delle pratiche evase dalla stessa polizia, oltre all’inserimento del semaforo che segnala l’urgenza della pratica, mentre il progetto prevede anche la realizzazione del colloquio tra il sistema “Dublinet” e la Polaria. 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili automaticamente trasferita alla questura che provvede agli adempimenti normativi sempre con il supporto del sistema. Primo Piano Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo 63 Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo Primo Piano A regime si otterrà, oltre all’informatizzazione completa della procedura – come già realizzato con il progetto “modello C3 on-line” – anche una stretta interrelazione tra sistemi applicativi, in una visione fortemente avanzata, creando tra l’altro un colloquio informatico costante tra diversi attori, italiani ed europei. libertàcivili Il portale di accesso alle informazioni sullo stato di avanzamento di una istanza Altra innovazione già da tempo realizzata presso il Dipartimento è la possibilità, per i soggetti interessati, utilizzando le credenziali ottenute in fase di invio della domanda o ricevute, ad esempio, dallo Sportello unico all’atto della sottoscrizione dell’Accordo di integrazione, di accedere a un portale che consente di consultare in tempo reale lo stato della propria domanda. In tal modo si è ridotto in maniera sostanziale l’accesso agli sportelli finalizzato alla sola richiesta di informazioni. Conclusioni Come si evince da quanto illustrato, il Dipartimento si è fatto promotore da anni, con una forte accelerazione negli ultimi due, in particolare nel settore dell’asilo, della realizzazione di un complessivo progetto di informatizzazione delle procedure amministrative relative agli stranieri, facendosi carico anche delle implementazioni L’informatizzazione di molte della parte di competenza di altre strutture, procedure ha fatto superare in un’ottica di proficua collaborazione finale possibili remore dovute lizzata al raggiungimento della maggiore soltanto a scarsa conoscenza efficienza del sistema e del sistema asilo, in dell’accessibilità e delle particolare, nel suo complesso. potenzialità offerte Tale impostazione è in linea con le evoluzioni avviate già in precedenza relative alla dal collegamento in rete realizzazione della BAI, che può essere considerata un primo obiettivo di un più ampio progetto di integrazione di tutti i dati anagrafici provenienti da procedimenti amministrativi di pertinenza anche di altri dipartimenti del ministero dell’Interno (rilascio/rinnovo dei permessi di soggiorno, anagrafe del cittadino), nonché di altri enti e pubbliche amministrazioni (situazione contributiva/assicurativa, situazione fiscale, doganale, etc.). È evidente che si tratta di un percorso ambizioso, lungo e complesso, che non rappresenta esclusivamente una innovazione di carattere informatico, ma che comporta un cambia- 64 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili mento nell’approccio e nella gestione dei procedimenti relativi allo straniero, la cui realizzazione potrà essere completata solo con la collaborazione e il concreto interesse da parte di tutti gli attori coinvolti. Nel settore della protezione internazionale, poi, la collaborazione assume caratteristiche di grande concretezza, attraverso l’approfondimento, in appositi tavoli tecnici, di tutte le fasi del procedimento, consentendo alla realizzazione informatica di ottimizzare e semplificare spesso anche aspetti burocratici non approfonditi in precedenza, con grande soddisfazione e coinvolgimento dei soggetti partecipanti. Si può parlare, con orgoglio, di una felice esperienza di “buone prassi” da enfatizzare e diffondere. Infine, un altro risultato non trascurabile ottenuto è relativo alla circostanza che il successo delle realizzazioni sopra illustrate, alle quali si aggiungerà, nel corso del 2013, l’invio on-line della domanda di cittadinanza, ha determinato senz’altro il definitivo superamento, nel perseguimento di una informatizzazione “spinta”, di ogni possibile remora dovuta soltanto a una scarsa conoscenza dell’accessibilità e delle potenzialità offerte dal collegamento in rete. Primo Piano Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo 2 0 12 novembre - dicembre 65 Primo Piano Rendere effettivo il diritto al lavoro dei rifugiati La possibilità di essere riconosciuti per ciò che si fa è determinante per l’integrazione dei richiedenti asilo. In un contesto di crisi, il supporto all’avviamento di un’attività imprenditoriale autonoma può essere una via d’uscita di Christopher Hein Direttore del Cir - Consiglio italiano per i rifugiati onlus libertàcivili Il diritto di lavorare è un diritto umano che prescinde dalla nazionalità o dallo status giuridico della persona 66 Il diritto di lavorare è innanzitutto un diritto umano, ovvero un diritto di tutti, indipendentemente dalla nazionalità o dallo status giuridico della persona 1 . Tuttavia, gli Stati possono restringere tale diritto, possono stabilire condizioni e requisiti, e possono privilegiare i propri cittadini nell’accesso al lavoro. Non possono invece discriminare certe categorie di persone, cittadini stranieri, per esempio in quanto alle condizioni di lavoro e alla remunerazione 2 . La Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, agli articoli 17 e 18, garantisce il diritto al lavoro dipendente e autonomo ai rifugiati, comunque per coloro che hanno meno di tre anni di residenza nel Paese, con la restrizione di applicare “il trattamento più favorevole accordato, nelle stesse circostanze, ai cittadini di un Paese straniero”. L’Italia aveva posto una riserva a questi articoli al momento della firma della Convenzione. Assieme all’abolizione della limitazione geografica nell’applicazione della Convenzione – che permetteva di richiedere lo status di rifugiato ai soli stranieri di provenienza europea – il Governo italiano ritirò la riserva al diritto di lavoro nel 1990. Si può dire che solo da quel momento l’Italia diventò un Paese d’asilo. Con la Direttiva dell’Unione Europea sulla qualifica per la 1 Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 16 dicembre 1966, articolo 6 2 2 0 12 novembre - dicembre Articolo 7 del Patto cit. protezione internazionale del 2004, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 251 del 19 novembre 2007, il diritto al lavoro per i rifugiati viene garantito in modo più ampio rispetto alla Convenzione di Ginevra, garantendo il medesimo trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di lavoro subordinato, lavoro autonomo, per l’iscrizione agli albi professionali, per la formazione professionale e per il tirocinio sul luogo di lavoro 3 . Inoltre, il diritto al lavoro viene concesso anche ai beneficiari della protezione sussidiaria, con l’eccezione dell’accesso all’impiego pubblico, previsto invece per i rifugiati. Nell’attuale realtà italiana il diritto diventa effettivo dopo sei mesi dal rilascio del primo permesso di soggiorno. La riforma della Direttiva “qualifiche” del dicembre 2011 4 , ancora non recepita dall’Italia, tende ad equiparare maggiormente il diritto dei beneficiari della protezione sussidiaria con quello dei rifugiati e rafforza il diritto di accesso all’occupazione nonché alla formazione professionale, precisando che il diritto è fruibile a partire dal momento dell’avvenuto riconoscimento della protezione internazionale. Tutto sommato, si può affermare che i rifugiati 5 godono degli stessi diritti dei cittadini italiani nell’ambito del lavoro e della formazione professionale. Ma una cosa è il diritto sulla carta, un’altra cosa è l’effettiva fruizione del diritto. I titolari della protezione internazionale si trovano in condizioni di svantaggio oggettivo e soggettivo rispetto ai nazionali, e, su certi aspetti, anche di svantaggio rispetto ai lavoratori immigrati. I maggiori svantaggi sono: mancanza o insufficiente conoscenza della lingua; mancanza di conoscenza del “sistema Paese” con le sue regole, le sue istituzioni, la sua storia e le sue abitudini; perdita del proprio ruolo professionale e sociale; mancanza di una rete familiare, amicale e di conoscenti; una condizione psicologica di angoscia, di senso di perdita, di nostalgia, legata ai traumi vissuti nel Paese di origine e durante il viaggio, a volte il senso di colpa per aver abbandonato i familiari e i propri contesti sociali; un senso di disorientamento causato dall’inserimento in una realtà completamente diversa in cui non si hanno radici, né storia né ricordi; la consapevolezza 3 Articolo 25 del Patto 4 Direttiva 2011/95/UE del 13 dicembre 2011 5 D’ora in avanti, il termine “rifugiati” sarà utilizzato per indicare anche i titolari di protezione sussidiaria 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili I rifugiati godono degli stessi diritti dei cittadini italiani nell’ambito del lavoro e della formazione professionale Primo Piano I rifugiati e il diritto al lavoro 67 Primo Piano I rifugiati e il diritto al lavoro In Italia l’accesso al mercato del lavoro avviene solo in minima parte attraverso canali istituzionali quali centri per l’impiego e uffici di collocamento, e in massima parte attraverso canali informali e conoscenze personali che non c’è una “marcia indietro”, che il ritorno nel proprio Paese non dipende dalla propria volontà. Sono proprio questi vissuti che alimentano la perdita di un’immagine di sé positiva e che influiscono sull’integrazione sociale e lavorativa nel Paese d’asilo. La possibilità, invece, di essere riconosciuti per ciò che si fa e di uscire dall’invisibilità acquistando un ruolo nella nuova società diventa quindi determinante e “terapeutico” per i rifugiati. In Italia, l’accesso al mercato del lavoro avviene solo in minima parte (2%) 6 attraverso canali istituzionali, centri per l’impiego, uffici di collocamento, e in massima parte attraverso canali informali, conoscenze personali. È proprio la carenza di questi canali informali che caratterizza la condizione dell’esilio, se non lì dove esistono comunità di connazionali che effettivamente assumono un ruolo di primaria importanza per la ricerca di un posto di lavoro. Risultato della situazione svantaggiata dei rifugiati è il loro elevatissimo tasso di disoccupazione. Gli immigrati – che dividono con i rifugiati alcuni, anche se non tutti gli elementi di svantaggio menzionati – hanno, all’inizio del 2012, un tasso di disoccupazione del 12,1%, quattro punti in più rispetto agli italiani 7 . Statistiche precise sulla disoccupazione dei rifugiati non esistono. Tuttavia, una recente ricerca basata su un campione ampio, ma non necessariamente rappresentativo, effettuata dal Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) con varie organizzazioni partner 8 dimostra una disoccupazione di rifugiati, titolari di protezione internazionale, presenti in Italia da oltre tre anni, del 49%, e anche quelli che lavorano dichiarano nel 22% dei casi di essere privi di contratto 9 . È evidente che l’attuale crisi del mercato del lavoro incide in modo particolare sull’occupazione degli immigrati e dei rifugiati, e rischia di far aumentare ulteriormente l’impiego nel mercato del lavoro sommerso, già da molti anni caratterizzato da un tasso sovra-proporzionale di impiego informale di questa categoria di persone, in particolare nei settori dell’agricoltura 6 libertàcivili K. Scannavini in: “Le Strade dell’Integrazione” ricerca sperimentale (pg . 167), finanziata dal Fondo europeo per i rifugiati, annualità 2012, Ed. CIR 68 7 Dossier statistico immigrazione Caritas Migrantes, 2012, pg. 234 8 “Le Strade dell’Integrazione”, op. cit., con partner: “Sapienza” università di Roma, dipartimento di Scienze sociali, Roma; associazione Comitato per il centro sociale, Caserta; Associazione Xenia, Bologna 9 2 0 12 novembre - dicembre “Le Strade dell’Integrazione”, op. cit., pg. 49 e dell’edilizia 10. Il lavoro irregolare, saltuario, senza diritti, mal pagato che spesso comporta sfruttamento estremo, rifiuto di pagare i compensi da parte dei datori di lavoro e perfino schiavismo è, per la maggior parte dei rifugiati, l’unica alternativa, considerando che non avendo mai potuto lavorare regolarmente non hanno i requisiti per beneficiare di cassa integrazione, sussidi per disoccupati o altri ammortizzatori sociali. In questo preoccupante scenario, una delle vie di uscita, almeno per un certo numero di rifugiati, potrebbe essere l’avviamento al lavoro indipendente, in proprio, attraverso un’attività micro-imprenditoriale. Facendo di nuovo il paragone con gli immigrati, si può constatare, in questo settore, una sorprendente controtendenza rispetto al mercato del lavoro dipendente o semi-autonomo. Nel 2011, il numero di imprese individuali e di micro-imprese11 condotte da cittadini stranieri si colloca per la prima volta sopra le 400mila unità, con un aumento dell’8,3% rispetto all’anno precedente, e quasi il doppio rispetto al 2005 12 . Mentre il lavoro autonomo in generale si trova in tutta l’Europa da tempo in un “progressivo declino storico” 13 , quello fatto da migranti è – non solo in Italia – in costante e lieve aumento, perfino in periodi di recessione economica. Non è stato ad oggi dimostrato fino a che punto questi dati possono essere validi anche per i rifugiati. Si può avere qualche dubbio, non solo a causa di fattori soggettivi dei rifugiati diversi da quelli degli immigrati, ma anche a causa di alcuni fattori oggettivi: i dati sull’imprenditoria di immigrati in Italia indicano, in primis, una forte concentrazione delle imprese nelle regioni del Nord e del Centro. Inoltre, più della metà dei micro-imprenditori stranieri provengono da soli quattro Paesi: Marocco, Romania, Asia e Albania – Paesi non rappresentati nelle statistiche di rifugiati e richiedenti asilo. E, infine, più del 70% delle imprese opera in soli due settori: costruzioni e 10 v. Cnel “Rapporto sul mercato del lavoro 2011-2012” del 18 dicembre 2012, pg.136 -141 11 Si definiscono imprese individuali quelle senza dipendenti; micro-imprese invece sono quelle con meno di 10 dipendenti. “Small Business Act for Europe”, Commissione europea, giugno 2008 12 Dossier Caritas Migrantes, pg. 265, su dati elaborati dalla Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA) e di Unioncamere 13 Cnel, Il Profilo nazionale dei migranti imprenditori in Italia, nov. 2011, pg. 27 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Nel 2011 il numero di imprese individuali e di microimprese condotte da cittadini stranieri si è collocato per la prima volta sopra le 400mila unità, quasi il doppio rispetto al 2005 Primo Piano I rifugiati e il diritto al lavoro 69 I rifugiati e il diritto al lavoro Primo Piano commercio 14 . Un’attività imprenditoriale richiede quasi sempre un minimo di capitale per l’investimento iniziale e i rifugiati, ancor più degli immigrati, non dispongono di conoscenze o reti in grado di assistere finanziariamente, mentre l’accesso al credito bancario ordinario è impossibile per mancanza di garanzie. Nel 2011, l’Associazione microfinanza e sviluppo (AMS), con i partner Micro Progress onlus e la Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), ha pubblicato uno “Studio di fattibilità sulle opportunità di microcredito in favore di titolari di protezione internazionale” 15 . Lo studio conclude affermando che “sussiste uno spazio operativo, ancorché sperimentale, nel quale offrire prodotti di micro-credito dedicati a questo specifico target di popolazione 16 . Lo studio attribuisce particolare importanza al “fattore soggettivo”: le capacità imprenditoriali del richiedente il micro-credito, l’abilità non solo di presentare un “business plan” valido ma di implementare il progetto nel tempo. Il progetto “RE-LAB: start up your business” realizzato dall’Oil con Microprogress onlus, Ams e il comune di Venezia 14 Dossier statistico immigrazione Caritas Migrantes, 2012, pg. 266 libertàcivili 70 A seguito dei risultati della propria ricerca sull’integrazione dei rifugiati nonché dello Studio di fattibilità di Ams, il Cir collabora dalla fine del 2012 al progetto “RE-LAB: start up your business” presentato dall’Organizzazione internazionale per il lavoro (Oil) con Microprogress onlus, Ams e il comune di Venezia. Tale progetto è finanziato dal Fondo europeo per i rifugiati, annualità 2011/2012. Promuovere iniziative imprenditoriali di titolari della protezione internazionale, fornire competenze e strumenti utili all’avvio di tale attività, assicurare l’accompagnamento sociale in un percorso di orientamento e formazione e sostenere economicamente la creazione di nuove imprese sono gli obiettivi che si inseriscono in una prospettiva più ampia. Un progetto, limitato nel tempo e nella dimensione geografica, non può certamente di per sé cambiare una situazione di grande difficoltà dei rifugiati per l’integrazione lavorativa. Quello che conta non è solo assistere un determinato numero 15 Lo studio è stato effettuato grazie ad un progetto finanziato dal Fondo europeo per i rifugiati, annualità 2009 16 Il micro-credito viene definito come credito inferiore a 25.000 euro, ma nella prassi la media dei crediti erogati in Europa occidentale è di 10.000 euro. “Studio di fattibilità sulle opportunità di microcredito in favore di titolari di protezione internazionale”, pg. 265 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili di persone ma anche creare un modello, trasformare uno studio di fattibilità in un esperimento sul campo, presentare i risultati per influenzare scelte politiche ed economiche. Se viene confermata l’ipotesi “yes, we can”, che la micro-imprenditorialità di rifugiati è un’opzione valida, quello che adesso è un “progetto” domani dovrà essere un “programma”, un’iniziativa messa a regime. Questo include naturalmente anche un orientamento per l’utilizzo dei futuri fondi europei nel periodo 2014-2021 e dei co-finanziamenti nazionali. L’auspicato futuro programma nazionale per favorire l’integrazione dei titolari della protezione internazionale e umanitaria dovrà tenerne conto e prevedere incentivi per l’avviamento di attività micro-imprenditoriali, per garantire la necessaria formazione nonché l’accompagnamento sociale durante un primo periodo, insieme ad altre iniziative atte a rendere efficace il diritto al lavoro. Primo Piano I rifugiati e il diritto al lavoro 2 0 12 novembre - dicembre 71 Primo Piano L’alfabeto delle donne con le ali Le donne rifugiate: uno spaccato dei problemi della sanità relativi ai richiedenti asilo di Claudia Svampa A volte solo ferite, a volte spezzate, queste donne ricordano a se stesse e al mondo il lungo volo fatto per giungere in Italia dai loro Paesi natali Questa testimonianza firmata S.B.B., molto recente, appare tra i commenti dell’articolo “Donne del Kosovo, vittime di una vergogna immeritata” pubblicato dalla testata giornalistica on-line “Osservatorio Balcani e Caucaso” (http://www.balcanicaucaso.org) ed è la più nitida fotografia dell’anima sfregiata nella galleria di ritratti del dolore e della sofferenza che molto spesso ci camminano di fianco lungo il nostro stesso marciapiede. Sono donne con le ali. A volte solo ferite, a volte spezzate ma che ricordano a se stesse e al mondo il lungo volo fatto per giungere fino qui, dai loro Paesi natali. libertàcivili 72 “Io sono una kosovara ke ha vissuto in kosovo per molti anni, ho subito violenza, insulti per come e cosa sono. Mi dispiace scrivere ma mi dispiace anche per la mia vita che e stata rovinata da gente molto... come dire…? Ma adesso sto meglio che sono in Italia. Ogni santo giorno mi ricordo, e forse vi chiedete e state pensando poverina e quanto è dura o forse dite ma esiste qualche cura per lei. Sì, ve lo dico subito: quando morirò! E devo dire una cosa: che in Italia ho trovato un calore immenso da parte di italiani, li ringrazio con tutta anima, sono loro che mi hanno sciolto il ghiaccio che mi bloccava per raccontare queste righe dal mio passato. Loro sempre sono stati per me e i miei bambini disponibili ad aiutare per ogni cosa e io cosa posso fare per loro? Per il momento solo grazie, per più avanti non ho idea cosa posso fare e se avrò opportunità miglior modo possibile per renderli contenti come loro stanno facendo per me. Grazie mille, grazie s.b.b” 2 0 12 novembre - dicembre Quelle ali, sporcate, ferite o spezzate, ma pur sempre da risanare, abbiamo cercato di osservarle più da vicino di una pagina web, entrando in uno dei luoghi di accoglienza e cura di questa donne, un nodo di protezione e aiuto che si chiama “Servizio sanità e tutela della donna” operativo a Roma dal novembre 2011 presso l’Inmp, l’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà. Abbiamo incontrato la psicologa del servizio che si occupa di queste donne, la dottoressa Sonia Viale, che ce le ha raccontate e spiegate. E grazie al suo mosaico di esperienze cliniche e di vissuti declinato in un racconto alfabetico dalla A alla Z delle donne migranti – irregolari o rifugiate, o richiedenti asilo, o con visti umanitari – scopriamo come si ancorino a un aiuto psicologico per non mollare gli ormeggi dell’anima che con immensa difficoltà ha seguito le ali spiegate nel lungo viaggio. Primo Piano L’alfabeto delle donne con le ali Ci sono tanti motivi per i quali queste donne arrivano da noi: o su segnalazione di un centro, o accompagnate da altre donne che sono già state qui, o inviate dai medici che rilevano una situazione problematica di qualsiasi tipo da sondare magari da un punto di vista psicologico, o dai mediatori culturali stessi. L’accesso sanitario per loro è gratuito nel momento in cui hanno la documentazione sanitaria come straniero temporaneamente presente, oppure hanno il permesso di soggiorno ma vi è attestazione che non percepiscono reddito in quanto disoccupate. Lo stesso vale per le italiane: se prive di reddito accedono alle cure gratuitamente con esenzione, in caso diverso pagando la quota di ticket prevista dal sistema sanitario nazionale. A livello di cure psicologiche ci sono dei pacchetti di otto sedute il cui ticket complessivo è di 50 euro. I primi tre colloqui servono per inquadrare queste donne, poi in base alla richiesta che portano, rispetto al bisogno di cui sono consapevoli, in base a quello che è più importante in quel momento di vita, si inizia a lavorare da un punto di vista psicologico. Considerando che si tratta di una struttura pubblica sono contraria alle lunghissime prese in carico nel senso che, pur trattandosi di situazioni multi-problematiche, credo sia un dovere etico cercare di dare più posti possibili e più possibilità a tutti. Quindi anche i percorsi di psicoterapia sono focalizzati su nuclei specifici. B come Base giuridica Sono gli “avvocati di strada” la base giuridica verso cui 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili A come Accoglienza 73 L’alfabeto delle donne con le ali Primo Piano confluiscono tutti i bisogni di patrocinio gratuito. Loro sono un organizzazione nazionale con una propria struttura e sono presenti nell’Istituto con uno sportello aperto tre volte a settimana. Lavorano davvero alacremente e il pomeriggio quando lo sportello è aperto c’è un’affluenza incredibile, perché ovviamente i bisogni sono tanti: dai senza dimora alle richieste di asilo, dalla residenza alla tutela dei diritti all’accesso ai servizi, alla perdita del lavoro, alla discriminazione, a tutte quelle che sono le dinamiche in un Paese burocratizzato come il nostro. C come Cifre Tiriamo le somme di quello che abbiamo fatto in questo servizio, che è nato da poco, nell’anno appena trascorso: io dal primo gennaio al 31 dicembre del 2012 ho trattato 85 donne – sia italiane che straniere e tutte maggiorenni – per un totale di 535 colloqui. D come Diritti libertàcivili Quel foglio che sancisce il diritto all’asilo e ti riconosce uno status, per queste donne è un simbolo di identità, inutile negarlo. Uno Stato ti dà il diritto di esistere o non ti fa esistere, dove per esistere intendo accedere al mondo del lavoro, dei servizi sanitari. Ma il foglio è anche un simbolo di riconoscimento di un vissuto traumatizzante. Le donne, tuttavia, non si buttano mai giù anche quando non l’ottengono: hanno quella forza della vita mirabile, per cui riescono a rivolgersi a un avvocato, riescono tante volte ad avere ragione della loro situazione e della loro verità. Proprio recentemente una ragazza che aveva avuto il diniego in commissione per la richiesta d’asilo, si è vista riconoscere dal tribunale la sussidiaria per tre anni. Del resto in un’audizione c’è una situazione così difficile emotivamente da affrontare che spesso non si riesce a spiegare, a far capire il proprio caso. Oppure, al contrario, attraverso un errato passaparola si crede di poter ottenere l’asilo senza invece averne diritto. In questo caso è importante dare a queste donne il dato di realtà, dare la consapevolezza di quello che è possibile fare, perché quando sanno cosa possono fare è anche più semplice indirizzare le proprie energie per tentare di ottenerlo. 74 E come Emozioni Ogni emozione che vivi ha due canali possibili, o un senso costruttivo o un senso distruttivo: la valenza dell’esperienza negativa o ti chiude ancora di più rendendoti più fragile o, se 2 0 12 novembre - dicembre usata costruttivamente, ti rinforza. Tutto può essere una perdita o un arricchimento, dipende dagli strumenti che in corso d’opera entrano in gioco. Tutte le emozioni se ci pensiamo bene possono essere le più costruttive o le più distruttive. La rabbia: quali vissuti percepisce una rabbia enorme, una rabbia che serve anche per non contattare la profondità del dolore. Ora la rabbia, o la vivi in maniera costruttiva o distruttiva. Costruttiva può essere un propulsore enorme. Primo Piano L’alfabeto delle donne con le ali F come Ferite Le donne che vengono qui sono sempre ferite, nel corpo o nell’anima. O in entrambi i luoghi, come nella storia della donna africana che ha avuto il coraggio di uscire dalla tratta subendone conseguenze fisiche forti. Una sorta di vendetta, di codice d’onore piuttosto crudele che l’ha marchiata anche fisicamente. Denunciare ha richiesto coraggio – anche il coraggio della disperazione e della sopravvivenza è coraggio – ma ha anche lasciato dei segni sul corpo tangibili, che ti ricordano in ogni momento, quando ti vesti, quando fai la doccia, quello che hai vissuto e subìto e con cui dovrai fare i conti per sempre, perché tu sei sempre quella, sei sempre la prostituta, sei sempre quella che ha pagato sulla propria pelle in senso fisico e mai abbastanza, perché continui a pagare con te stessa e le ferite che vorresti dimenticare ce le hai marchiate a fuoco sul corpo. Si tratta di una donna dal ritorno impossibile, un ritorno impossibile alla normalità, un ritorno impossibile alla propria terra, quindi gioco forza un doversi ricostruire. G come Gruppo L’intermediazione della struttura stessa, fortunatamente, contribuisce alla creazione al suo interno di una catena di solidarietà, un gruppo autonomo tra queste donne. Ed è una grande risorsa per loro e un grande momento di forza e di rivalsa su dei meccanismi di vita che ti annullano. Ancora una storia che abbiamo trattato: una madre subsahariana parte lasciando i figli alla sorella. In Italia si integra benissimo, lavora, riesce ad accedere ai servizi sociali, riesce ad ottenere una casa del comune di Roma, un alloggio popolare. A quel punto, uno alla volta, porta i propri figli qui. L’ultima figlia che va a prendere è quella che ha lasciato piccolissima, ed è quella che ha dato più problemi alla sorella: non voleva andare a scuola e sembrava la più difficile e la più svogliata. Salvo poi 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili H come Handicap 75 L’alfabeto delle donne con le ali Primo Piano scoprire, una volta in Italia, che questa ragazza, che oggi ha 21 anni, ha un ritardo mentale grave. Presumibilmente deve aver contratto una meningo-encefalite in occasione di un episodio febbrile severo intorno agli otto mesi; in seguito a ciò ha avuto un grave ritardo dello sviluppo intellettivo e adesso questa madre si ritrova disperata e in preda ai sensi di colpa, oltre alla difficoltà di accettare una figlia con un handicap. Il modularsi nel suo caso oggi oscilla fra smarrimento, rabbia e dolore di fronte a questa figlia che ha dei livelli di attenzione e di memoria di un bimbo di quattro anni. I come Italiane Ci sono anche loro, naturalmente, fra le donne che accedono ai servizi di cura dell’Istituto. Le loro problematiche sono prevalentemente legate alla violenza subita o a vissuti familiari difficili. Probabilmente si rivolgono a questa struttura perché gli viene suggerita dal medico durante una visita, o chiedono una consulenza psicologica. La sentono come un posto di aperture in cui c’è tanto di tutto e non esclusivamente uno sportello anti-violenza, cui poi per casi specifici vengono giustamente indirizzate. Anche qui la rete, con i centri antiviolenza, con le associazioni del territorio che a vario titolo si occupano della violenza contro le donne, è indispensabile. K come Kosovara libertàcivili Questa è la vicenda più recente che stiamo trattando. La signora in questione è una donna che ha fatto richiesta di asilo in Italia, provenendo dal Kosovo. Sappiamo tutti che oltre un decennio fa lì c’è stata una grave guerra, ma non è che terminata la guerra ne terminano gli esiti. Le ripercussioni su una popolazione sono naturalmente gravissime, soprattutto su chi ha meno possibilità e a quel punto cerca di darsi un’altra possibilità altrove. La posizione di questa donna si configura in maniera particolarmente complessa, perché è una donna che ha affrontato questo viaggio con tre bambini piccoli al seguito ed è arrivata da sola in Italia. Ha fatto con noi tutto il percorso previsto per la richiesta di asilo e ha poi ottenuto il permesso di soggiorno umanitario perché, pur non essendoci attualmente cause ostative al ritorno per l’incolumità fisica sia della signora che dei bambini, la Convenzione di Ginevra riconosce la povertà, l’indigenza, lo stato di bisogno come motivo di riconoscimento di asilo, quindi la signora con i bambini ha avuto il permesso di soggiorno umanitario. 76 2 0 12 novembre - dicembre La difficoltà del caso è che una persona che fa questo tipo di percorso si porta dietro la complessità della propria vita: c’è un marito che sta altrove, non ci sono possibilità di ricongiungimento perché non ci sono possibilità economiche per stare insieme. I bambini sono inseriti all’interno di una scuola, la signora è attualmente ospitata in una casa di accoglienza del comune di Roma in attesa della presa in carico dal segretariato sociale, per cercare una soluzione alloggiativa adeguata a una mamma con tre bambini. Ma non è tutto. Questa signora ha un disturbo post traumatico da stress cronicizzato, Ha vissuto con le bombe che le passavano sulla testa mentre un carro armato era puntato verso la finestra di casa sua. Si è ritrovata a vivere tutto questo mentre era incinta. E quando il suo bambino aveva tre mesi gli ha visto puntare una baionetta alla gola, mentre gli uomini venivano trascinati di notte per strada e le case venivano bruciate. Questa donna ha già fatto la sua enorme rivoluzione partendo da sola con i bambini. Ha già infranto dei tabù culturali perché comunque in quella società è l’uomo che decide. Però lei, non 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Primo Piano L’alfabeto delle donne con le ali 77 L’alfabeto delle donne con le ali Primo Piano sapendo più come dare da mangiare ai figli, non potendosi far aiutare in quella povertà assoluta neanche dalla sua famiglia di origine, ha fatto un gesto disperato e di enorme coraggio partendo, ma la sua energia è finita lì. Ora dentro ha solo un senso di morte. Sicuramente questa donna da sola non ce la fa. Quindi cercare un ricongiungimento familiare è, in un caso come questo, quanto meno necessario perché lei si senta sostenuta e poi per ridarle proprio il suo ruolo culturale. Il senso di appartenenza, anche culturale, è parte della salute mentale in ciascuno di noi. L come Lingua Anche a livello simbolico la conoscenza di una lingua esprime l’appartenere. Se io padroneggio una lingua so comunicare, so chiedere e so comprendere una risposta. Per fortuna si è arrivati a capire che la barriera linguistica va abbattuta e che questo è fondamentale per chi arriva nel nostro Paese. In secondo luogo, parlando con gli strumenti che ho, che sono quelli della psicologa, è fondamentale che uno riconosca se stesso, i sensi di appartenenza e che il mantenimento della propria lingua e della propria cultura non venga mai sottodimensionato. M come Mediazione libertàcivili Nel mio vissuto e nella pratica di lavoro di tutti i giorni se mancasse la mediazione sarebbe come camminare senza una gamba. È importantissimo imparare a tradurre non tanto le parole, ma il significato delle parole, altrimenti aggiungiamo violenza a violenza. Proprio perché non è la traduzione linguistica, ma è la possibilità che si ha, in campo psicologico, di tarare un intervento sulla persona e sulla sua realtà. Il mediatore non è soltanto un tramite linguistico, ma anche un tramite dei significati culturali. Anche se arrivano donne che parlano perfettamente l’italiano io chiedo comunque la presenza del mediatore, proprio perché sottolineo nel lavoro di tutti i giorni che non è rilevante solamente il fattore linguistico, ma lo sono anche valenze e significati altri, che io non potrei conoscere senza intermediazione culturale. Anche la figura dell’antropologa è una specificità dell’Istituto e rappresenta un valore aggiunto enorme, una preziosità irrinunciabile. Diciamo che mi aiuta a inquadrare determinati contesti culturali per i quali ha studiato e si è formata, dandomi una lettura delle valenze specifiche, dei significati diversi ad esempio di una mutilazione genetica compiuta in età neonatale o in pre-adolescenza. Sono sfumature che sembrano di secondo ordine, però poi rispetto ai vissuti che 78 2 0 12 novembre - dicembre porta quella persona sono fondamentali e per me è importante che un antropologo mi chiarisca questi nessi. N come Naturalizzati Nelle seconde generazioni, quelle naturalizzate italiane, sono più le madri che le figlie che vivono il loro appartenere a entrambe le culture come un tradire comunque: o tradiscono il gruppo dei pari o tradiscono la propria provenienza, sono senza scelta. Ricordo l’esempio di una madre stupenda, marocchina. Venuta in Italia con i primi flussi migratori, negli anni Ottanta, quindi con la prima generazione di migranti dal Marocco, con il marito adottò questa scelta illuminata, di mandare la femminuccia a scuola senza capo velato. Ovviamente ricevendo come contraccolpo tutte le critiche della cultura di origine. Tornare in estate dalle proprie famiglie in Marocco e sentirsi rimproverare molto severamente da madri, padri e fratelli per questo. Questo ha un prezzo per una donna no? Benché sia appartenuta a una diversa cultura, questa donna ha scelto di naturalizzare la sua bambina pensando ‘sei mia figlia, ti ho partorito qui in Italia, vivi tra gli italiani, voglio che tu studi, voglio che tu abbia un futuro qui’. Un’aspirazione legittima di una madre che vuole il meglio, che vuole il miglioramento sociale per la propria figlia, dovendo affrontare il conflitto tra questo desiderio e il desiderio di non tradire le proprie radici, anzi di mantenerle. Anche questo crea un profondo malessere entrando in conflitto con i propri sensi di appartenenza, che invece per forza devono essere molteplici. Primo Piano L’alfabeto delle donne con le ali L’operatività attraverso l’interdisciplinarietà è proprio una caratterizzazione del nostro gruppo di lavoro in cui confluiscono figure professionali diverse. Spesso questa condivisione coinvolge anche i medici: se prendiamo l’esempio dell’Hiv parte del setting viene diviso anche con l’infettivologo, nel caso di una gravidanza con il ginecologo, per le mutilazioni genitali con il dermatologo, o con il neuropsichiatra infantile in caso di presa in carico di donna con figli e così via. Noi che crediamo in quello che facciamo, insieme siamo una forza. In questo lavoro quello che si impara immediatamente è che uno da solo non fa niente. Da soli si sente di contare poco, è proprio la sinergia, il lavoro insieme a permetterci di andare avanti. P come Ponti Spesso utilizzo la metafora del ponte perché le donne sono 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili O come Operatività 79 L’alfabeto delle donne con le ali Primo Piano un ponte e la struttura dei pilastri è fondamentale. Sono un ponte proprio per loro natura, perché rispetto agli uomini migranti per i quali la focalizzazione sul lavoro è assoluta, i contatti con i servizi e con il sociale sono deputati alle donne. Le donne quando sono incinte, quando avendo bambini si relazionano con i servizi sanitari, sociali, scolastici, svolgono e sostengono il ruolo di collegamento. Però l’ingegneria ci insegna che un ponte è forte se c’è un pilastro forte da una parte e un secondo altrettanto forte dall’altra. Quindi in qualche modo a livello simbolico il mio lavoro è quello di aiutarle ad avere i sensi di appartenenza. Il senso di quello che si è avuto e che non si deve tradire, che deve rimanere, perché fa parte di te, ed è importante anche che tu lo tramandi ai tuoi figli. Però è altrettanto importante ancorarti qui, perché tu stai vivendo qui. Le donne questo smarrimento nel passaggio ce l’hanno. Q come Quo Vadis Quo vadis? Dove vai? Gran parte di queste donne o prima del loro percorso migratorio, o durante o dopo hanno subito o continuano a subire violenza di qualsiasi tipo. Un vissuto di migrazione cambia anche i rapporti di ruolo all’interno della famiglia, e tutto ciò corrisponde a un disagio e questo disagio, purtroppo, si traduce tante volte, troppe volte in violenza. Soprattutto domestica. R come Rotte Un’altra fotografia di storia vissuta che si snoda lungo le rotte migratorie via mare. È una speranza che si trasforma in tragedia. Partiti dall’Africa insieme con tutta la famiglia, mamma, papà e bimba piccolissima al seguito, durante un naufragio la giovane donna perde il compagno che annega e si ritrova da sola, in un mondo altro, con una bambina di 18 mesi e un polpaccio maciullato durante il viaggio perché nel frattempo anche i pesci hanno voluto la loro parte. Una volta arrivata qui, in tutto questo racconto tragico, la ragazza dice: ‘vedi, non potrò mai portare una gonna con una gamba ridotta così’. Ecco, dietro la sua attenzione verso la gamba ferita c’è un mondo di dolore che deve ancora esprimersi e che noi dobbiamo aiutarla ad accogliere. libertàcivili S come Sacrificio 80 Le migrazioni sudamericane sono migrazioni diverse. Sono scelte dal nucleo di provenienza che, nel corso di una riunione di famiglia, elegge il membro che verrà sacrificato per la partenza. La prescelta è colei che dovrà compiere il sacrificio 2 0 12 novembre - dicembre per il benessere della famiglia. Generalmente, infatti, si tratta di donne, e tutto ciò che guadagnano in Italia deve essere puntualmente inviato al mittente, quindi sono le sorelle che faranno studiare i fratelli, le mamme che consentiranno più agi ai figli, portando però con se stesse un disagio che è difficile descrivere, anche in relazione alla solitudine esistenziale nell’affrontare questo percorso. Primo Piano L’alfabeto delle donne con le ali T come Tornare Altra storia. Una mamma migrante proveniente dal Sud America lascia la sua bambina piccola a casa perché prescelta dalla famiglia a venire in Italia e mandare rimesse economiche. Dopo 10 anni, fa ritorno a casa aspettandosi che la piccola l’accolga a braccia aperte, ma la figlia è una preadolescente di 12 anni che in realtà non l’ha mai vista come madre, ma come bancomat ed è chiaro che non si relaziona con lei ma con la nonna. A quel punto queste donne non appartengono più a nulla, né al passato né al presente, e ritornano qui in Italia così come sono venute: scappando da quella realtà, ritornando in quella realtà e riscappando ancora. Non hanno più un posto loro e non si riconoscono più il diritto ad averlo, che è la cosa peggiore, non sentono più di avere il diritto a un posto nel mondo perché non se lo riconoscono più. U come Umanità V come Vittime Le vittime di violenza sono le protagoniste di quelle storie terribili e tragiche che ci fanno toccare con mano come fuori dalla porta dei nostri studi avvengano questi crimini, senza 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Nella tutela della salute della donna è proprio l’umanità quel collante attraverso il quale si riescono a muovere insieme i vari servizi, le varie figure professionali, e tutta una serie di interventi che volgono verso lo stesso obiettivo, ossia la stessa donna. Non essere una cartella clinica, un numero ma una persona con tutto il senso di umanità che l’essere persona comporta è premessa di riuscita nella presa in carico del paziente che, soprattutto, vuole sentirsi compreso. La prima cosa importante del mio lavoro è la comprensione, nel senso umanitario di ‘prendere con’, e non la comprensione del ‘capire con la testa’. Del resto anche il più grande esperto di salute mentale, se non ha un contatto prima di tutto umano con una persona, che cosa vede? Rischia di fare valutazioni assolutamente parziali se non addirittura inadeguate. 81 L’alfabeto delle donne con le ali Primo Piano bisogno di immaginarli lontani da noi. Anche lì la presa in carico del femminile è delicatissima perché in quel caso c’è una devastazione a tutti i livelli. Chi ha vissuto esperienze di questo genere, come la prostituzione ad esempio, non sempre è stata anche costretta con la forza a mercificare il proprio corpo. A volte tutto è iniziato con l’idea ‘vado in Italia, faccio questo mestiere per un po’, anche in un club privè, sistemo tutta la mia famiglia e poi torno a casa’. Quando poi ci si pone di fronte a un non ritorno, che non è un non ritorno geografico, ma un non ritorno di dignità di sé, di coscienza di sé, di ruolo, questo non ritorno da se stessi è la peggiore delle violenze, perché significa non tornare più alla propria illusione, alla propria dimensione, a viversi il proprio femminile. Z come Zonizzazione libertàcivili Le zonizzazioni di provenienza delle donne straniere che si rivolgono al servizio “Sanità e tutela della donna” si riferiscono prioritariamente alle aree continentali africane e centro o sudamericane. Le nazionalità più presenti sono state le africane subsahariane con la Nigeria in primo luogo, poi il Camerun, il Mali, la Costa D’Avorio, l’Etiopia e, dal Nord Africa, tanto il Marocco quanto la Tunisia. Per quel che riguarda le centro e sudamericane le migranti provengono invece dal Perù, dal Brasile, dalla Colombia, dall’Honduras e dal Paraguay. 82 2 0 12 novembre - dicembre Primo Piano L’improrogabile riforma del sistema d’asilo Nel corso degli ultimi vent’anni l’asilo in Italia è molto cambiato, ed è emersa la necessità di intraprendere riforme che portino alla creazione di un sistema in grado di rispondere al bisogno di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati di Laurens Jolles Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) - Delegato per il Sud Europa Dall’approvazione della “Legge Martelli” nel 1990, con la quale fu abolita la riserva geografica alla Convenzione di Ginevra del 1951, sono state presentate in Italia circa 320mila domande d’asilo 1 . Dal 2000, le richieste di protezione sono aumentate e hanno raggiunto una media annua di circa 19mila 2 , portando l’Italia al livello di altri Paesi europei, e quarta tra i Paesi industrializzati nel 2011. Si stima inoltre che siano circa 61mila oggi i rifugiati in Italia, un numero esiguo se comparato ad altri Paesi europei come ad esempio la Germania, la Francia e il Regno Unito. L’Italia, a causa della posizione geografica, è stata esposta ad arrivi via mare dal Nord Africa. Il Mediterraneo è diventato il crocevia dei cosiddetti “flussi migratori misti”, rifugiati e migranti che si spostano insieme diretti verso l’Italia e l’Europa. A tale proposito, si ritiene che circa tre quarti delle domande d’asilo presentate nel corso degli ultimi anni in Italia provengano da persone giunte via mare. Corre l’obbligo di ricordare che durante la traversata dal Nord Africa, spesso descritta come il “viaggio della speranza”, migliaia sono le persone che hanno perso la vita. Nello stesso periodo, nell’ambito dell’Unione Europea, si è 1 Ministero dell’Interno, Quaderno Statistico per gli anni 1990-2011, disponibile su: http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/asilo/sottotema009.html 2 Con valori che oscillano da un minimo di 10.026 domande nel 2006 a un massimo di 37.350 nel 2011 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Dal 1990 in Italia sono state presentate circa 320mila domande di asilo; il nostro Paese risulta al quarto posto fra le nazioni industrializzate 83 Primo Piano Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr libertàcivili Nonostante i miglioramenti, lo sviluppo del sistema di asilo in Italia è stato frenato dalla adozione di un approccio prevalentemente emergenziale 84 avviato, in particolare dal Consiglio europeo di Tampere del 1999, un processo di armonizzazione delle politiche in materia d’asilo e di costituzione di un Sistema comune europeo di asilo, al quale l’Italia ha partecipato attivamente, avendo per altro trasposto le relative direttive. In questo quadro complessivo di rafforzamento delle politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione, il dibattito sui principi di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri ha assunto un’importanza crescente 3 . L’Italia si è distinta in questi anni per un grande ed encomiabile sforzo nel contesto delle operazioni di salvataggio in mare. È stata inoltre istituita una procedura decentralizzata per il riconoscimento della protezione internazionale con soddisfacenti standard di garanzia, raggiungendo livelli di riconoscimento adeguati. La trasposizione della Direttiva europea sulle qualifiche ha apportato, sotto il profilo normativo, diversi e rilevanti sviluppi positivi per quanto riguarda la definizione dello status di protezione internazionale e i diritti ivi connessi. È stato inoltre creato, nel 2002, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar, vedi articolo di Daniela Di Capua in questo numero, ndr), che ha istituzionalizzato l’esperienza del Piano nazionale asilo, a sua volta frutto di un accordo di cooperazione tra il ministero dell’Interno, i comuni, l’Anci e l’Unhcr. A fronte di questi e altri importanti miglioramenti, lo sviluppo del sistema d’asilo in Italia è stato, in qualche modo, frenato dall’adozione di un approccio di carattere prevalentemente emergenziale, che ha lasciato situazioni di gravi lacune e vuoti normativi. In tal senso, l’asilo raramente è stato considerato come una priorità, ed è stato a volte trattato in modo strumentale rispetto ad altri temi, all’interno del dibattito politico. Sono quindi mancate sia la volontà di procedere a riforme strutturali sia una vera pianificazione, in via ordinaria, degli interventi. A questo si aggiunga che, alla trasposizione delle direttive europee, non è ancora seguito un riordino organico della normativa. Di conseguenza, non si sono create le basi per sviluppare una governance capace di rispondere pienamente ai bisogni e ai diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati. 3 Articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea: “Le politiche dell'Unione di cui al presente capo e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell'Unione adottati in virtù del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell'applicazione di tale principio” 2 0 12 novembre - dicembre 4 Per una visione d’insieme: Asgi, Caritas Italiana, Cespi, Consorzio Communitas, Aiccre, Il diritto alla protezione, (2012), disponibile su: http://www.asgi.it/home_ asgi.php?n=2040&l=it Unhcr, Raccomandazioni dell’Unhcr sugli aspetti rilevanti della protezione dei rifugiati in Italia, (2012), disponibile su: http://www.unhcr.it/cms/attach/editor/PDF/ Adv-Paper-IT-FINALE_1.pdf 5 Già nel marzo del 2012, gli enti di tutela riuniti nel Tavolo asilo avevano lanciato un appello per un piano d’uscita, disponibile su: http://www.unhcr.it/news/dir/ 26/view/1163/appello-al-governo-per-i-migranti-giunti-dalla-libia-116300.html 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili L’Emergenza Nord Africa del 2011 ha posto in risalto in modo definitivo le lacune del sistema, rendendo quindi non più rinviabile una risposta alle criticità evidenziate A partire dal febbraio del 2011, l’arrivo di un flusso significativo di migranti e richiedenti asilo dal Nord Africa, a seguito della Primavera araba, ha fatto emergere, in maniera inequivocabile, le lacune del sistema 4 . Sotto la particolare pressione di questi nuovi arrivi, alcune di queste criticità si sono ulteriormente aggravate, soprattutto per quanto riguarda le condizioni d’accoglienza dei richiedenti asilo e l’integrazione dei rifugiati. Inoltre, alcuni aspetti positivi della gestione emergenziale, tra cui l’istituzione di cabine regionali e di organismi di monitoraggio, non sono stati pienamente sviluppati. Il piano di accoglienza dei migranti, sebbene abbia consentito di ospitare un numero elevato di persone giunte in un arco di tempo ristretto, introducendo un innovativo sistema di distribuzione su base regionale, ha portato a una spesa sproporzionata rispetto al sistema ordinario, senza peraltro garantire, in molti casi, servizi adeguati e prospettive di inserimento socio-lavorativo. In aggiunta agli aspetti strutturali di criticità del sistema, una valutazione complessiva sulla gestione emergenziale non può, inoltre, non interrogarsi sull’inspiegabile ritardo con cui è stato pianificato il passaggio in ordinario 5 . Va segnalata, infine, come nota positiva, l’istituzione di un tavolo di coordinamento nazionale presso il ministero dell’Interno, che potrebbe e dovrebbe diventare una sede permanente per la gestione integrata del sistema d’asilo. Alla luce anche dell’esperienza dell’emergenza Nord Africa, un’adeguata risposta alle criticità del sistema d’asilo non può quindi più essere rinviata. L’Italia dovrebbe mettere a sistema le rilevanti competenze maturate negli ultimi anni e contribuire, con autorevolezza, al dibattito a livello europeo su questi temi, anche in previsione del proprio turno alla Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea nel secondo semestre del 2014. L’asilo, dunque, dovrebbe rientrare tra i temi che il Parlamento e il Governo dovranno affrontare nella prossima legislatura. A tal fine, il mio ufficio ha ritenuto necessario formulare, nell’ambito del proprio mandato istituzionale di supervisione della Primo Piano Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr 85 Primo Piano Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr Le raccomandazioni dell’Unhcr per il miglioramento del sistema d’asilo riguardano vari temi fra cui la procedura, la tutela dei minori non accompagnati, la cittadinanza, l’accesso al territorio Convenzione di Ginevra e con il consueto spirito di fattiva collaborazione con le autorità italiane, alcune raccomandazioni per il miglioramento del sistema asilo 6 . Vorrei richiamare qui di seguito le raccomandazioni in merito alle criticità sopra citate dell’accoglienza e dell’integrazione, e quelle legate ad altri temi che hanno assunto un rilievo particolare nella passata legislatura, tra cui la procedura d’asilo, la tutela tempestiva ed effettiva dei minori non accompagnati, la cittadinanza e infine l’accesso al territorio, gravemente compromesso in passato dalla politica dei respingimenti, per la quale l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) nel febbraio 2012 7. Altri aspetti prioritari per la prossima legislatura restano la disciplina del trattenimento, la comunicazione, l’apolidia e la sopra citata questione della governance. Accesso al territorio. Al fine di contribuire al rispetto del principio di non-refoulement (non respingimento), negli accordi finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare dovrebbero essere inserite adeguate clausole di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati, in particolare nell’accordo con la Libia. Nell’ambito dei meccanismi di controllo delle frontiere, dovrebbe essere garantita un’informazione tempestiva sull’asilo, prima dell’eventuale adozione di qualsiasi provvedimento di allontanamento. In particolare, i servizi di assistenza e informazione, previsti dal Testo unico sull’immigrazione dovrebbero essere resi disponibili a tutte le persone potenzialmente bisognose di una forma di protezione internazionale, e non soltanto a coloro che hanno già espresso l’intenzione di chiedere asilo, ed estesi anche alle zone degli sbarchi in Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Procedura di protezione internazionale. Per migliorare l’attuale sistema dovrebbe essere valutata la possibilità dell’istituzione 6 Unhcr, Italia Paese di protezione?, (2013), disponibile su: http://www.unhcr.it/cms/ attach/editor/PDF/Italia%20paese%20di%20protezione.pdf 7 libertàcivili Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo - Ricorso n.27765/09 del 23 febbraio 2012 - Hirsi Jamaa e altri c. Italia, disponibile su: http://www.giustizia.it/ giustizia/it/mg_1_20_1.wp?previsiousPage=mg_1_20&contentId=SDU743291 Le raccomandazioni dell’Unhcr relative alla sentenza sono disponibili su: http://www.unhcr.it/news/dir/91/view/1304/raccomandazioni-dell-unhcr-relative-allesecuzione-della-sentenza-della-grande-camera-della-corte-europea-dei-dirittidell-uomo-nel-procedimento-hirsi-jamaa-e-altri-c-italia-sentenza-del-23-febbraio2012-ricorso-n-2776509-130400.html 86 2 0 12 novembre - dicembre I minori stranieri non accompagnati. Maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta agli specifici bisogni di protezione dei minori non accompagnati che giungono in Italia anche attraverso l'adozione di procedure di identificazione idonee, incluso l'accertamento dell’età, qualora necessario, effettuato in maniera multidisciplinare; la pronta designazione di un tutore con le necessarie competenze e in grado di esercitare efficacemente il proprio ruolo; nonché la predisposizione di procedure appropriate per la determinazione del loro superiore interesse. L’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Per evitare che vi siano condizioni e standard disomogenei sarebbe necessario provvedere a una riorganizzazione del sistema d’accoglienza, che è attualmente composto da varie tipologie di strutture. Allo stesso tempo, l’assistenza e i servizi offerti ai richiedenti asilo e ai rifugiati dovrebbero essere maggiormente distinti, offrendo ai primi l’assistenza adeguata in attesa della decisione sul loro status e ai rifugiati misure di supporto per facilitare il loro inserimento nella società italiana. A questo proposito, sarebbe auspicabile un potenziamento della rete Sprar nell’ottica di una specializzazione verso la seconda accoglienza. Dovrebbe essere garantita un’adeguata disponibilità di posti in accoglienza per i richiedenti asilo privi di mezzi, anche in caso di arrivi straordinari, con un’omogenea distribuzione in tutto il Paese. Per questo motivo, l’attuale capacità ricettiva dell’accoglienza dovrebbe essere aumentata in via 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Le proposte relative alla riforma della procedura di riconoscimento della protezione internazionale di un’autorità amministrativa indipendente, competente sulla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, che valorizzi gli aspetti positivi dell’attuale modello. Con riferimento al sistema vigente dovrebbero essere introdotte adeguate misure legislative per garantire la conformità ai necessari requisiti di esperienza e competenza dei componenti delle commissioni territoriali. Inoltre, per garantire l’efficienza del sistema, mantenendo un ragionevole livello qualitativo, andrebbero introdotte norme che consentano in via ordinaria l’ampliamento delle commissioni in base al numero delle domande. Dovrebbe essere finalmente emanato il regolamento attuativo del decreto legislativo sulla procedura d’asilo (D.Lgs 25/2008). Infine, dovrebbero essere adottate misure specifiche per assicurare l’accesso senza ritardi alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, in particolare per i casi più vulnerabili. Primo Piano Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr 87 Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr Primo Piano ordinaria 8 , nell’ambito di un sistema d’accoglienza in grado di adattarsi al numero di domande di asilo e alla durata della procedura. Infine, dovrebbero essere rafforzati i sistemi di monitoraggio e controllo della qualità delle condizioni d’accoglienza. L’integrazione. Al fine di favorire l’integrazione dei titolari di protezione internazionale dovrebbe essere prevista una revisione del quadro normativo e delle prassi amministrative, anche per rimuovere gli ostacoli burocratici, in relazione ad esempio all’accesso alla residenza anagrafica e al riconoscimento dei titoli di studio, che hanno un impatto negativo sul processo di inserimento socio-economico dei rifugiati. Inoltre, dovrebbe essere introdotto un sistema strutturato e coordinato di azioni positive per sostenere i rifugiati, in particolare quelli maggiormente vulnerabili, nella prima fase del percorso di integrazione, attraverso misure di sostegno all’ingresso nel mercato del lavoro e all’alloggio. In ultimo appare opportuno favorire l’accesso dei beneficiari di protezione internazionale al permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. La cittadinanza. In vista di una piena integrazione dei rifugiati nella società italiana, dovrebbe essere ulteriormente facilitata la loro naturalizzazione, come previsto dall’art. 35 della Convenzione di Ginevra. L’attuale legislazione italiana prevede che un rifugiato o un apolide possano chiedere di acquisire la cittadinanza italiana dopo cinque anni di residenza. Tale criterio dovrebbe essere esteso anche ai titolari di protezione sussidiaria. Inoltre, in occasione della eventuale riforma complessiva della cittadinanza, la naturalizzazione per residenza dovrebbe essere legata a criteri certi e procedure trasparenti, nonché determinata in tempi ragionevoli. 8 libertàcivili Stefano Manservisi, Direttore della Direzione generale Affari inter ni della Commisisone Europea, ha recentemente scritto: “In particolare i posti in accoglienza disponibili per questa categoria di migranti (i.e., richiedenti asilo), che gode di garanzie specifiche nel quadro internazionale, sembrano essere significativamente limitati rispetto alle esigenze riscontrate a seguito della crisi nordafricana“, in Governare un bene condiviso – la prospettiva europea sul sistema Schengen dopo l’esperienza della primavera araba, Africa e Mediterraneo, n.77, (2012), Edizioni Lai-momo. Si veda anche l’intervista a Manservisi nel numero 5/2012 di libertàcvili 88 2 0 12 novembre - dicembre Primo Piano Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa Il massiccio arrivo di profughi dalle coste della Libia ha prodotto un sostanziale “collasso” degli strumenti “ordinari” d’accoglienza, accentuando una serie di contraddizioni già presenti e accelerando le necessità di riforma del sistema di Nadan Petrovic Responsabile Unità SID - Organizzazione internazionale per le immigrazioni La c.d. Emergenza Nord Africa del 2011 riguardante l’arrivo di diverse decine di migliaia di richiedenti protezione internazionale sancisce definitivamente la trasformazione dell’Italia in terra d’asilo. Un’attenta analisi delle domande d’asilo pervenute negli ultimi anni indica, infatti, una complessiva e sensibile crescita, iscrivendo l’Italia tra i Paesi maggiormente esposti ai flussi per richieste di asilo tra i paesi industrializzati; nel 2 011 l’Italia si è collocata – con 37.350 domande – al quarto posto tra i Paesi industrializzati tra le mete prescelte dai richiedenti protezione internazionale, subito dopo Stati Uniti, Germania e Francia. Tale passaggio è avvenuto molto gradualmente. Mentre in tutto il periodo tra gli anni Cinquanta e il 1989 vengono presentate in Italia solo 188.188 domande d’asilo 1 , la situazione cambia radicalmente all’inizio degli anni Novanta. Il cambiamento avviene per un duplice ordine dei motivi: da un lato attraverso l’adozione della c.d Legge Martelli 2 viene abolita la c.d. riserva 1 Tuttavia secondo i dati dell’Acnur aggiornati al 31 dicembre 1991, soltanto 12.203 rifugiati riconosciuti dal Governo italiano risultavano “stabiliti in Italia”, scegliendo la stragrande maggioranza il c.d. reinsediamento verso Paesi di più lunga tradizione migratoria (in particolare Stati Uniti, Canada e Australia) 2 Il decreto legge n. 416 del 30 dicembre 1989, convertito nella legge n. 39 del 28 febbraio 1990 contenenti le “norme urgenti in materia di asilo politico, ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e apolidi” rappresenta un importante passo avanti, ancorché non esaustivo, verso una regolamentazione complessiva della materia 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili L’Italia si è definitivamente trasformata in una terra d’asilo con l’arrivo delle decine di migliaia di migranti nel periodo dell’Emergenza Nord Africa 89 Primo Piano Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa Di fronte ai mutamenti di scenario, il nostro Paese ha intrapreso varie iniziative sia sul piano legislativo che su quello organizzativo geografica 3 , dall’altro lato, a partire dal 1990 l’Italia inizia ad essere investita da un sempre più crescente flusso di persone in fuga sia da persecuzioni individuali sia da situazioni di violenza generalizzata 4 . Di conseguenza, nell’ultimo ventennio la tutela del diritto d’asilo in Italia ha conosciuto profonde trasformazioni. Si è trattato tanto di un cambiamento “numerico” quanto normativo e sociologico, con inevitabili ricadute sulle politiche di accoglienza e integrazione degli stranieri che chiedono protezione. Di fronte a uno scenario completamente mutato – anche alla luce degli obblighi UE in materia 5 – sono state infatti intraprese iniziative sia sul piano legislativo 6 che sul piano organizzativo. L’evoluzione e la crescita del fenomeno, alla luce di un crescente interesse da parte dell’opinione pubblica, ha reso infatti necessario predisporre diverse misure d’intervento relativamente all’esame delle domande d’asilo e al rafforzamento dei diversi circuiti di accoglienza. Ciò è avvenuto attraverso la costituzione di una rete articolata di centri (Cda, Cara, Sprar e Centri delle aree metropolitane ecc.) a partire dai quelli allestiti per accogliere chi arriva via mare in condizioni di fortuna. 3 In base alla legge 722/54 di ratifica della Convenzione di Ginevra, il riconoscimento dello status di rifugiato ex Convenzione di Ginevra è attribuito ai soli individui di provenienza europea 4 In parallelo all’esponenziale aumento del numero delle richieste d’asilo, dall’inizio degli anni Novanta l’Italia viene investita dal notevole flusso delle persone che pur non rientrando nelle fattispecie contemplate dalla Convenzione di Ginevra, avevano bisogno di una qualche forma di protezione ancorché di carattere straordinario. Per affrontare tali situazioni, e in particolare le questioni relative allo status e agli aspetti assistenziali dei cittadini appartenenti a Stati particolari o provenienti da zone belliche, viene solitamente riconosciuto uno “status umanitario” di carattere temporaneo, che consente agli stessi non solo un soggiorno regolare in Italia, ma anche la possibilità di studiare e di lavorare 5 Ci si riferisce in particolare all’obbligo di garantire accoglienza per richiedenti asilo, n.a. 6 libertàcivili Mentre di fronte a emergenze degli anni Novanta, i diversi governi preferiscono ricorrere all’emanazione di leggi o decreti ministeriali ad hoc (anziché affrontare il problema dell’assenza di una normativa organica in materia di asilo o quello più generale della mancanza di un vero e proprio sistema d’accoglienza in Italia), i rilevanti interventi normativi vengono introdotti dalla c.d. legge Bossi- Fini adottata nel 2002, in particolare attraverso gli articoli 31 e 32 che definiscono le tematiche relative alla materia d’asilo. In parallello, il processo di unificazione comunitaria in materia d’asilo – volto all’istituzione del c.d. Spazio unico europeo in materia d’asilo – inizia ad influenzare fortemente le politiche italiane. Quest’ultimo processo, avviato dall’adozione della c.d. Convenzione di Dublino – approvata nel 1990 ed entrata in vigore in Italia a partire dal 1° settembre 1997 – si è materializzato in particolare attraverso l’adozione dei decreti legislativi in attuazione delle Direttive UE in materia di protezione temporanea, di standard minimi d’accoglienza, di procedure d’asilo e di status di protezione internazionale, e ha contribuito in maniera sempre più determinante all’avvio di una politica italiana maggiormente responsabile nei confronti delle migliaia di rifugiati approdati nel Paese a partire dalla fine degli anni Novanta 90 2 0 12 novembre - dicembre La riorganizzazione di cui sopra è passata sia dal potenziamento della complessiva capacità ricettiva che dal graduale miglioramento della gestione del fenomeno, in merito, ad esempio, agli standard di accoglienza realizzati, alle problematiche emerse nella tutela dei casi vulnerabili nonché alla predisposizione di alcune iniziative di seconda accoglienza e integrazione a favore di quanti ottengono una forma di protezione da parte dello Stato 7 . Tuttavia, nonostante gli indubbi e numerosi progressi, il completamento di un sistema nazionale d’asilo si può considerare tutt’altro che compiuto. Del resto, già prima della Emergenza Nord Africa sono diventati sempre più frequenti fenomeni di disagio sociale che interessano numerosi titolari della protezione internazionale (che si manifestano particolarmente nelle principali aree urbane), ma di fronte a un rilevante impatto migratorio causato dal conflitto in Libia, si è assistito a una sostanziale “collasso” dei sistemi “ordinari” d’accoglienza. In altre parole, l’Emergenza Nord Africa ha solo accentuato una serie di contraddizioni che hanno caratterizzato il sistema nazionale già prima del 2011 8 . A fronte di un elevato numero di arrivi nell’arco dei primi otto mesi del 2011, si è reso infatti necessario predisporre il c.d. Piano per l’accoglienza dei migranti, basato sulla distribuzione dei richiedenti protezione internazionale tra le 19 regioni italiane (Abruzzo esentato). Nell’ambito del suddetto Piano, originariamente pensato per accogliere 50mila persone, sono state attivate quasi 1.000 strutture d’accoglienza (di norma di dimensioni medio-piccole) per un totale di quasi 25mila posti letto, gestiti dalla Protezione civile tramite il sistema delle regioni. Nell’ambito del suddetto Piano sono stati realizzati interventi di accoglienza, che talvolta hanno presentato e tuttora presentano 7 Nell’ambito di tali attività non sono mancate le forme di valorizzazione delle iniziative nate dal basso dalle organizzazioni del terzo settore e degli enti locali che, a livello territoriale, cercano di rispondere alle necessità dei richiedenti asilo e dei rifugiati in stato di bisogno. Tali attività, inizialmente spontanee e non coordinate, che cercano di rispondere nell’immediato all’urgenza del problema gettano in seguito, con l’avvio di forme di coordinamento o di rete (in tal senso merita par ticolare attenzione l’esperienza del progetto Azione comune, del Programma nazionale asilo e del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) le basi di quello che diventerà il “modello italiano d’accoglienza” 8 Del resto, una situazione simile si è registrata già nel 2009 (gli arrivi nella sola isola di Lampedusa in quell’anno superano le 35mila unità) con la apertura di oltre 40 centri di prima accoglienza aggiuntivi distribuiti sull’intero territorio nazionale 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Nonostante gli indubbi e numerosi progressi, il completamento di un sistema nazionale d’asilo è tutt’altro che compiuto e la crisi nordafricana ha accentuato i problemi nella gestione ordinaria Primo Piano Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa 91 Primo Piano Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa L’accoglienza ai rifugiati è garantita dai Cara e dai circuiti di seconda accoglienza, ma si tratta di sistemi distinti e paralleli, non coordinati fra loro, per cui si pone da tempo l’esigenza di riorganizzare il settore elementi di forte criticità 9; tuttavia nell’ambito della stessa sono stati introdotti anche interventi di estremo interesse in relazione ad alcune criticità “strutturali” del sistema ordinario d’asilo. In particolare, nell’ambito dell’Emergenza vengono infatti introdotti nel panorama nazionale elementi di estrema novità in relazione all’organizzazione del sistema d’accoglienza. Allo stesso tempo, oltre agli aspetti più prettamente riconducibili all’accoglienza e all’integrazione, tale esperienza offre interessantissimi spunti di riflessione in relazione al governance territoriale e nazionale degli interventi e sull’organizzazione generale del sistema, quanto mai necessari per uscire dell’attuale “impasse” delle iniziative in tali ambiti. Per quanto riguarda l’accoglienza ai richiedenti protezione internazionale viene di norma garantita dai nove Cara 10 attualmente in funzione, che sono dislocati in varie regioni e possono ospitare complessivamente circa duemila persone 11 . Oltre a queste strutture, sul territorio nazionale sono presenti diversi circuiti di seconda accoglienza (rete Sprar; circuiti di accoglienza di alcune aree metropolitane; circuiti di accoglienza privati e degli enti locali). Tuttavia, si tratta di sistemi sottodimensionati e – aspetto ancora più rilevante – distinti e paralleli tra loro. Di conseguenza, oltre alla necessità di potenziamento dei singoli circuiti e di rafforzamento del collegamento funzionale tra gli stessi (e più in generale di un maggior coordinamento delle misure di accoglienza tra quanto disposto dal D.Lgs 140/05 e le misure in materia di accoglienza successivamente introdotte con il D.Lgs 25/08 e con il D.Llgs 159/08 e in ultima analisi sul legame tra il sistema di accoglienza nei Cara, il sistema Sprar e alcune realtà territoriali dalle caratteristiche peculiari - zone di arrivi, compresi valichi aeroportuali, aree metropolitane, come ad esempio. Roma, Milano, Torino, Firenze ecc.), si pone già da molto tempo il tema del riorganizzazione complessiva del settore. Tale riorganizzazione – che assume una rilevanza ancora 9 Una parte delle strutture allestite non ha garantito i servizi equivalenti a quelli previsti dalla normativa nazionale sugli standard di accoglienza nei Cara libertàcivili 10 I Cara sono gestiti in base al c.d. Capitolato per la gestione dei Centri di accoglienza (DM 21 novembre 2008) 92 11 Talvolta, tuttavia, i richiedenti protezione internazionale sono ospitati anche nei Cda (Centri di accoglienza), che por tano a circa 5mila posti la capacità complessiva del sistema Cara/Cda (alcuni centri svolgono la medesima funzione, n.a.). I richiedenti asilo che si trovano in particolari circostanze, laddove ad esempio sono già destinatari di un ordine di espulsione, possono anche essere trattenuti nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) 2 0 12 novembre - dicembre Primo Piano Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa 12 A partire anche dalla riflessione su una certa “regressione” rispetto al processo di costruzione del dispositivo nazionale dell’accoglienza avviato tramite c.d. PNA - Programma nazionale asilo del 2000/2001 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili maggiore in presenza di elevati numeri di titolari in condizione di emarginazione dopo la permanenza nei circuiti di seconda accoglienza (Sprar, circuiti delle aree metropolitane, ecc.) – dovrebbe avvenire attraverso un ripensamento dell’attuale impostazione 12 , a partire dalla maggiore “calibrazione” dei servizi in base allo status legale dei migranti (ovvero in base alla probabilità della loro successiva permanenza in Italia), nonché in base alla loro reale vulnerabilità, dalla quale deriverebbe la necessità dei beneficiari di essere inseriti nei percorsi di seconda accoglienza e più in generale dei percorsi gestiti dai servizi sociali dei comuni. Allo stesso tempo, le misure assistenziali devono essere predisposte in modo da tener conto delle fasi d’accoglienza precedenti, in un’ottica di gradualità della presa in carico delle persone e attraverso la messa in 93 Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa Primo Piano rete, attraverso riunioni periodiche, dei vari attori coinvolti nel processo d’accoglienza. In questo senso l’esperienza dell’Emergenza Nord Africa ha non solo apportato “sul campo dell’asilo” rilevanti energie nuove di stampo pubblico e privato (tra cui il mondo della cooperazione sociale), ma ha introdotto notevoli elementi di interesse in relazione ad esempio al “burden sharing” regionale e talvolta provinciale, e in relazione al ruolo delle regioni nella loro funzione di coordinamento, armonizzazione e, talvolta, del monitoraggio degli interventi. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, si ritiene che il ruolo svolto dalle regioni – per loro funzioni istituzionali e per la loro vicinanza territoriale – potrebbe essere la “chiave di volta” per risolvere una delle maggiori criticità del settore dell’accoglienza, quella relativa alla necessità di assicurare il controllo sull’effettiva erogazione dei servizi, che presentano un peso economico di rilievo per l’erario 13 . libertàcivili La necessità di interventi volti a favorire un più veloce inserimento sociolavorativo dei migranti sul territorio, per evitare le situazioni di emarginazione sociale 94 Allo stesso tempo, per quanto potenziata, la capacità da parte dei summenzionati circuiti d’accoglienza di “assorbire” il numero sempre più elevato di titolari di protezione internazionale in uscita dai centri di accoglienza continuerà ad essere molto limitata. Difatti, molte delle persone che escono dai centri, seppur munite di un permesso di soggiorno di validità pluriannuale, in assenza di un sistema strutturato di accesso alle politiche e ai servizi per il lavoro, finiscono in situazioni di emarginazione sociale (stazioni ferroviarie, stabili occupati ecc.). Di conseguenza, oltre agli interventi di potenziamento e razionalizzazione del sistema nazionale d’accoglienza – considerata peraltro la ristrettezza delle risorse finanziarie disponibili – si ritiene debbano essere predisposti ulteriori interventi (ivi compresa la necessità di misure che promuovano un maggior numero di uscite dallo Sprar “per motivi di integrazione” nonché una maggiore attenzione ai servizi per l’integrazione nella definizione del prossimo bando del Fondo nazionale per le politiche i i servizi d’asilo), volti a favorire un 13 In questo senso, creazione di “embrionali” meccanismi di monitoraggio nazionale e regionale, avviati nell’ambito del c.d. Gma - Gruppo di monitoraggio e assistenza costituito dal Commissario delegato in data 8 luglio 2011 (quale “organismo di coordinamento centrale [...] incaricato di definire le modalità con cui verrà effettuato il monitoraggio sul territorio, garantire l’organizzazione generale del lavoro e mantenere l’uniformità nelle risultanze delle verifiche”), pur di breve durata, è stato di grande importanza 2 0 12 novembre - dicembre 14 Attraverso questi strumenti, organizzati in modo da sfruttare al massimo il periodo di accoglienza dei beneficiari nei centri di accoglienza tramite la realizzazione di iniziative propedeutiche alla piena integrazione e in par ticolare all’inserimento nel tessuto lavorativo, si centrerebbe il duplice obiettivo di rispondere da un lato alle esigenze di soggetti già presenti sul territorio nazionale, portatori di professionalità e conoscenze linguistiche, dall’altro a un fabbisogno di manodopera straniera particolarmente accessibile in quanto non rientrante nei classici meccanismi dei “flussi”. Si sottolinea come questi soggetti non solo sono già presenti sul territorio nazionale e nella maggior parte dei casi già possiedono la conoscenza degli elementi di base della lingua italiana, ma al momento dell’uscita dai centri, ottengono un regolare titolo di soggior no di durata quinquennale o triennale, rinnovabile al momento della scadenza 15 Negli ultimi due anni, sono state realizzate in via sperimentale in alcuni contesti attività quali la registrazione dei c.d. profili delle competenze dei richiedenti/titolari di protezione internazionale ospitati nei centri, volta a sostenere, sotto il profilo lavorativo, la loro uscita dai centri medesimi e la loro integrazione lavorativa (ad. es, il Progetto “Mare Nostrum”, vedi libertàcivili n.1/2010). A tal fine, sono stati istituiti degli sportelli in alcuni Cara per orientare gli stranieri ai servizi del territorio, per il loro accompagnamento nella elaborazione di piani di inserimento lavorativo nonché per l’individuazione di possibili forme di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Tale attività, realizzata attraverso il collegamento degli sportelli stessi con gli uffici provinciali del lavoro, le agenzie interinali e le altre realtà territoriali interessate alla tematica, necessiterebbe tuttavia di essere portata a regime 16 Particolarmente rilevante in questo senso, il coinvolgimento anche dei vertici del Confcooperative e Lega delle Cooperative, n.a. 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Potenziamento della formazione professionale e un programma di integrazione che individui forme di incontro fra domanda e offerta di lavoro più veloce inserimento socio-lavorativo sul territorio per quanti non riescano a trovare un posto nei circuiti di seconda accoglienza e/o comunque non siano interessati a tale inserimento. Tali interventi dovrebbero riguardare sia il potenziamento delle attività di formazione professionale già durante la fase della prima accoglienza – anche attraverso il raccordo con il sistema di formazione professionale delle regioni e delle province sul cui territorio insistono i centri – che la realizzazione di un programma di integrazione che individui, tra l’altro, possibili forme di “job-matching” tra domanda e offerta di lavoro a favore della popolazione rifugiata o titolare di protezione sussidiaria e/o umanitaria 14 . Nonostante questo tipo di attività sia in sperimentazione anche nell’ambito di alcuni progetti finanziati dalle risorse del c.d. Fondo europeo per i rifugiati 15 , è proprio nell’ambito dell’Emergenza che essa acquisisce il suo vero valore. Ciò sia in relazione al fatto che molte delle strutture territoriali sono gestite dal mondo della cooperazione 16 , che – ancora di più – in relazione al fatto che nell’ambito dell’Emergenza inizia a profilarsi una strategia d’intervento che prevede un fattivo coinvolgimento del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e del sistema delle regioni. Non a caso, la parte più innovativa del Documento relativo alla c.d. Exit strategy dell’Emergenza Nord Africa – più ancora Primo Piano Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa 95 Il nodo centrale: la governance e il coordinamento degli interventi a livello nazionale e regionale libertàcivili Primo Piano Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa 96 2 0 12 novembre - dicembre sul piano metodologico e culturale che sul pur importante piano numerico – prevede l’attivazione dei percorsi di inserimento lavorativo tramite le c.d “doti formative individuali”. Un’ultimo aspetto rilevante, è rappresentato infine dalla necessità di assicurare un maggiore governance degli interventi. Data la complessità del problema nonché l’eterogeneità degli interventi s’impone l’esigenza di un coordinamento sia a livello nazionale che a livello regionale, al fine di assicurare una sinergia tra le diverse azioni ed evitare la sovrapposizione di iniziative uguali o simili, ma anche al fine di valorizzare le esperienze positive (le cosiddette buone prassi replicabili in altri/diversi contesti territoriali). Per implementare ulteriormente questa forma di governance nel contesto attuale, è indispensabile ridisegnare la “mappa della governance” anche al fine di assicurare il pieno e stabile coinvolgimento di quei soggetti che fino all’Emergenza Nord Africa ricoprivano un ruolo del tutto marginale (quando non del tutto inesistente) nel panorama nazionale d’asilo, nello specifico valorizzando il ruolo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e delle regioni, ma anche sollecitando un collegamento proficuo col mondo del lavoro e della cooperazione sociale. In questo senso è risultata estremamente positiva l’istituzione recente, nell’ambito dell’Emergenza Nord Africa, di un tavolo di coordinamento sulla accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, presieduto dal ministero dell’Interno, cui al momento partecipano il dipartimento della Protezione civile, in particolare per le responsabilità di soggetto attuatore nazionale rispetto alla accoglienza, il ministero del Lavoro, le Regioni, l’Upi e l’Anci, l’Unhcr e l’Oim. Non è di minore importanza anche la decisione di avviare per la prima volta le attività di coordinamento e monitoraggio degli interventi territoriali affidate a tavoli di coordinamento regionali (di cui faranno parte regioni, province, comuni, soggetti attuatori regionali, prefetture e questure coinvolte e – ci si augura – principali enti gestori e enti di tutela presenti sul territorio). L’esperienza dei tavoli di cui sopra, in una prospettiva non lontana, potrebbe evolvere anche verso l’individuazione e il relativo potenziamento delle strutture a livello regionale e centrale aventi un compito di coordinamento delle complessive attività in materia di asilo. Mentre a livello regionale tale maturazione dovrebbe portare alla creazione di specifici uffici regionali, a livello nazionale – alla luce della probabile crescente importanza del tema di asilo nel dibattito politico, mediatico e 1 7 Ipotesi del resto già sperimentata con successo in molti altri Paesi industrializzati e non, n.a. 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili istituzionale – si dovrebbe con ogni probabilità procedere attraverso l’individuazione di una specifica struttura pubblica con i compiti del coordinamento del sistema (attraverso la creazione di una direzione per le Politiche e i Servizi dell’asilo, oppure, di una vera e propria Agenzia nazionale sull’asilo con forte autonomia operativa) 17 . Le misure di cui sopra, alla maturazione delle quali l’Emergenza Nord Africa ha dato un notevole impulso, contribuirebbero in maniera determinante a un migliore funzionamento del sistema d’asilo (concretizzando finalmente gli alti ideali che hanno ispirato i Padri costituenti) e più in generale all’esigenza di rafforzamento della coesione sociale che costituisce, nell’ambito del quadro strategico nazionale, una delle specifiche priorità a cui ricondurre tutti gli investimenti pubblici ordinari e straordinari. Del resto, l’importanza, le dimensioni e la strutturalità del fenomeno dell’asilo in Italia di oggi non permettono più che tale tematica continui ad essere trattata come una questione secondaria nel quadro dell’elaborazione delle politiche nazionali. Primo Piano Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa 97 Primo Piano I progetti Nautilus e la fotografia dei richiedenti asilo Nell’ambito dei due progetti curati da Connecting People, il dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale della “Sapienza” ha realizzato un’indagine utile per conoscere dati, storie e progetti di vita dei migranti sbarcati in Italia di Valeria Lai “Sapienza” Università di Roma libertàcivili È difficile conoscere realmente chi sono i migranti che arrivano in Italia e qual è la loro storia, anche per la tendenza dei media a narrare il fenomeno in chiave negativa 98 L’immigrazione si presenta oggi nei suoi molteplici volti. Uomini, donne, ragazzi e ragazze vivono nelle città italiane costruendo giorno dopo giorno la propria vita, tra difficoltà e opportunità. Hanno lasciato alle spalle la loro patria, il lavoro e la famiglia per sfuggire a persecuzioni e guerre e, con un bagaglio di culture, professionalità e aspirazioni, hanno intrapreso il viaggio con l’aspettativa di migliorare la loro condizione. Sono testimonianze delle grandi crisi umanitarie e ambientali, narrazione della stessa storia dell’umanità, popolazioni in fuga, che con sofferenze e rinunce chiedono protezione, mostrando la propria identità ai Paesi che, inevitabilmente, stanno assumendo nuove fisionomie, frutto dell’intreccio di culture e persone diverse. Chi sono realmente e qual è la loro storia è difficile da sapere. I mezzi di informazione narrano spesso l’immigrazione come fenomeno negativo della società italiana1, quando diventa purtroppo notizia di cronaca nera nel linguaggio dell’emergenza e del pericolo di invasione quando si deve raccontare la tragedia perpetuata nelle coste italiane. Nella quotidianità, invece, nelle più naturali interazioni – rapporti di lavoro e di 1 Morcellini M. (2004), “Alle porte della cittadella mediale”, in Binotto M., Martino V. (a cura di), Fuoriluogo. L’mmigrazione e i media italiani, Rai-Eri Pellegrini Editore, Cosenza; Morcellini M. (2010), Il tema delle migrazioni nuova sfida alla comunicazione, in “libertàcivili”, FrancoAngeli, Milano, n.3/2010, Gianturco G., Lai V., L’immigrazione nel giornalismo italiano: immagini a confronto, in “libertàcivili”, FrancoAngeli, Milano, n.5/2010 2 0 12 novembre - dicembre I due progetti Nautilus, ideati da Connecting People, sono nati per migliorare i servizi di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati, protagonisti di un percorso che, fra traumi, rischi e opportunità, segna le loro vite in modo indelebile I progetti Nautilus I progetti “Nautilus” e “Nautilus2” sono nati proprio con l’obiettivo di migliorare i servizi di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati, protagonisti di un percorso che, fra traumi, rischi e opportunità segna indelebilmente la loro vita. I progetti, ideati da Connecting People, consorzio leader nei servizi di accoglienza e in quelli di orientamento e integrazione, nel quale centinaia di italiani e stranieri sono coinvolti nelle strutture di numerose città italiane, hanno inteso sviluppare interventi e azioni in grado di accompagnare i richiedenti e i titolari di protezione internazionale verso l’indipendenza e l’integrazione socioeconomica. Oltre alle principali attività dei progetti Nautilus e Nautilus2, Connecting People ha deciso di sviluppare una ricerca finalizzata a individuare i profili dei richiedenti protezione internazionale in Italia, affidandola al dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale della “Sapienza” università di Roma, con l’obiettivo di offrire, tanto ai cittadini quanto alle istituzioni pubbliche, elementi utili per migliorare la normativa che governa il sistema d’asilo e di accoglienza nel nostro Paese. Le storie, la formazione pregressa, gli affetti e i progetti di vita diventano ulteriori aspetti da considerare per conoscere a tutto tondo il fenomeno e intervenire con politiche pubbliche adeguate. Valorizzando le esperienze maturate nel tempo sul territorio dal consorzio Connecting People e le competenze e professionalità dei partner impegnati nel progetto, si è scelto di raccogliere alcune informazioni sui percorsi di vita dei richiedenti di protezione internazionale: qual è il percorso formativo sviluppato nel tempo, quali le professionalità e le competenze apprese? Qual è il titolo di studio conseguito? Il mestiere appreso? 2 Caritas/Migrantes, XXII° Dossier statistico immigrazione, Idos Edizioni, Roma, 2012 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili vicinato ad esempio – è possibile cogliere il volto umano dell’Altro. Negli ultimi anni, la società italiana ha assistito a una sensibile crescita del numero dei rifugiati e dei richiedenti asilo, posizionando il nostro Paese, nell’ambito di quelli industrializzati, tra i più esposti a tali flussi 2 . Di conseguenza, la normativa sul diritto d’asilo ha subito evoluzioni e cambiamenti così da rispondere alle esigenze e necessità determinate dal fenomeno e migliorare le politiche di accoglienza e di integrazione. Primo Piano L’esperienza dei progetti Nautilus 99 Primo Piano L’esperienza dei progetti Nautilus Cosa sono i progetti Nautilus Il progetto Nautilus dall’accoglienza all’integrazione, realizzato con i Fondi Fer 2009, ha visto il coinvolgimento dei seguenti partner: Connecting People, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), il Consorzio Mestieri, l’Aiccre (Associazione italiana per consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa) e il dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale di “Sapienza” Università di Roma. Il progetto Nautilus2 verso l’integrazione socio-economica, Fondi Fer 2010, invece è frutto della collaborazione di OIM, Consorzio Mestieri-Agenzia di intermediazione al lavoro, dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale della “Sapienza”, Aiccre, ITC-Interpreti e traduttori in cooperativa, Consorzio Communitas. Tra le attività svolte nell’ambito dei progetti Nautilus e Nautilus2 si ricordano: l’apertura di sportelli di informazione, orientamento e consulenza per i richiedenti e i titolari di protezione internazionale, attività formativa per gli operatori degli sportelli, raccolta di informazioni socio-anagrafiche, esperienze e competenze professionali e aspettative di vita utili alla creazione di una banca dati, azioni di job matching, attività di analisi e mappatura territoriale delle realtà impegnate sull’integrazione e costruzione di un network di comunità. Per conoscere il Consorzio Connecting People, i progetti e le attività si rinvia al sito http://www.connecting-people.it/ libertàcivili A questi fondamentali interrogativi sono seguite domande incentrate sul nucleo familiare, sulla questione abitativa vissuta in Italia, così come quelle sul rapporto con i servizi sanitari e di accoglienza. Un altro aspetto di rilievo riguarda il tentativo di conoscere le aspirazioni e i progetti di vita futuri. Il contributo della ricerca è anche quello di concorrere a restituire un’immagine della realtà migratoria nelle sue molteplici dimensioni, presentando le esperienze, i sentimenti e le professionalità dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale. Infatti, il fenomeno migratorio, pur essendo un processo che coinvolge la realtà italiana da tempo, ancora oggi viene erroneamente percepito come unidimensionale: richiedenti e titolari di protezione internazionale, rifugiati politici, profughi e migranti economici si caratterizzano e differenziano sulla base delle diverse motivazioni di un viaggio, di un progetto migratorio segnato da una dolorosa partenza – e dalle fasi che ne sono 100 2 0 12 novembre - dicembre 3 M. Morcellini, “Oltre gli sbarchi. I richiedenti e titolari di protezione internazionale verso l’integrazione socioeconomica”, in Gianturco G., Lai V., (a cura di), Nautilus2 verso l’integrazione socio economica. Rapporto di ricerca, Scripta Web, Napoli, 2012 4 La somministrazione delle interviste individuali e la raccolta dei dati attraverso il questionario è stata effettuata da operatori e mediatori culturali appositamente preparati grazie ai corsi di formazione previsti dal progetto. Le interviste sono state raccolte nei Cara (Centri di accoglienza per i richiedenti asilo), nei centri di accoglienza, negli Sprar e presso le sedi di associazioni presenti nei territori in cui sono stati istituiti gli sportelli delle seguenti città: Milano,Torino, Gradisca d’Isonzo (GO), Roma, Foggia, Bari, Brindisi, Crotone, Cagliari, Catania, Caltanissetta, Trapani. A questi punti fissi di rilevazione si è affiancato il team mobile, costituito da sei mediatori culturali e da un responsabile, che ha supportato temporaneamente il lavoro di somministrazione di questionari degli operatori nei Cara dove risultava esservi un maggior numero di presenze di richiedenti protezione internazionale (in particolare presso il centro di Mineo) libertàcivili Sono stati 2.400 i beneficiari dei corsi di educazione alla cittadinanza; altri cento hanno partecipato a corsi di formazione professionale seguite – e dalle prospettive per il futuro. Un processo che non è mai concluso e che riguarda anche la continua costruzione della propria identità. Eppure nelle immagini dei media e nelle percezioni dell’opinione pubblica non sembrano esserci sfumature, peraltro rilevanti, che contribuirebbero a delineare la realtà sociale italiana. Incontrare l’Altro nei luoghi dell’accoglienza e provare a recepire le esperienze passate e i progetti di vita dei protagonisti, è l’occasione offerta dalla realizzazione dei cosiddetti “sportelli di contatto” realizzati con Nautilus che, dislocati dal Nord al Sud dell’Italia, dimostrano come sia necessario porsi di fronte alla “vita vera” 3 . È proprio l’apertura di questi luoghi di incontro e di accoglienza per le persone appena arrivate in Italia che ha permesso di fornire adeguate informazioni sulla normativa italiana in materia di immigrazione e asilo e sui servizi presenti sul territorio, coinvolgendo attivamente, oltre ai ragazzi e alle ragazze selezionati e formati nel nostro Paese, coloro che hanno un’esperienza di immigrazione alle spalle (titolari di protezione internazionale e mediatori culturali). Nell’ambito dei progetti Nautilus, 2.400 beneficiari hanno partecipato a corsi di educazione alla cittadinanza, cento hanno partecipato a corsi di formazione professionale e ottantuno a tirocini formativi. Sessanta beneficiari sono stati avviati al lavoro e otto sono stati coinvolti nel progetto “Start it Up”, promosso da Unioncamere e finalizzato allo sviluppo di percorsi di auto imprenditorialità. Nei due anni del progetto Nautilus – dal 2010 al 2012 – sono state intervistate oltre dodicimila persone (12.085), con la compilazione di un questionato strutturato e grazie al lavoro degli orientatori sociali e mediatori culturali 4 . Si presentano in questa sede i principali risultati dell'indagine conoscitiva. Primo Piano L’esperienza dei progetti Nautilus 2 0 12 novembre - dicembre 101 Primo Piano L’esperienza dei progetti Nautilus Uomo, d’età compresa fra 18 e 34 anni, in Italia da meno di un anno: questo l’identikit tipo del richiedente asilo I risultati delle rilevazioni Rispetto all’analisi della prima serie di interviste (4.037 casi) 5 è emerso che i richiedenti sono principalmente uomini – quasi nove individui su dieci (3.618 soggetti, pari all’89,6%) – un dato in linea con il Rapporto annuale dello Sprar che nell’anno 2009-2010 ha registrato il 94% di popolazione maschile e il 6% di quella femminile. Sono per la maggior parte giovani: circa l’88% del campione è costituito da soggetti che appartengono alla fascia d’età tra i 18 e i 34 anni (i 18-26enni sono 2.180, pari al 54% e i 27-34enni sono 1.371, il 34%), seguiti dai 35-45enni (426 casi, il 10,6% degli intervistati), mentre le rimanenti tre classi di età (46-57, 58-64 e oltre 65 anni) sono sostanzialmente residuali (1,4%). La provenienza geografica è molto differenziata, infatti sono state registrate circa sessanta distinte nazionalità: sono prevalentemente nigeriani (10,2% del totale degli intervistati), tunisini (10%), pakistani (9,9%), afghani (9,6%) e ghanesi (l’8,7%). Queste cinque nazionalità di provenienza insieme compongono quasi la metà della popolazione (1,949 casi), cioè il 48,4% degli intervistati raggiunti dall’indagine 6 . Per quanto riguarda il periodo di permanenza in Italia, si evidenziano alcune differenze: quasi tutto il campione dei tunisini e pakistani dichiara di vivere nella penisola da un periodo pari o inferiore a un anno (99,5% e 96,2%), con valori inferiori seguono i nigeriani (85,3%) e gli afghani (81,5%). Questi ultimi, quindi, dichiarano di vivere in Italia da un periodo più lungo se si considera anche che il restante 10,9% dichiara una permanenza compresa tra uno e tre anni e il 7,6% è in Italia da un periodo più lungo. Come è noto, l’arrivo in Italia non è immediato ma è l’ultima tappa di un viaggio complesso, peri- 5 Si tratta di un'analisi di 4.037 casi rilevati e imputati in banca dati raccolti sino al 30 luglio 2011 e risponde alla necessità di esplorare le caratteristiche dei rifugiati e dei richiedenti asilo, allo scopo di individuare le principali evidenze empiriche – esplicitando cioè i dati che si mostrano maggiormente rilevanti ai fini dell’analisi – e di delineare alcune possibili ipotesi sull’intero universo della rilevazione effettuata e caricata sulla banca dati costruita ad hoc sotto la supervisione del capofila del progetto Connecting People. Per un approfondimento si rinvia a Gianturco G., Lai V., (a cura di), Nautilus2 verso l’integrazione socio economica. Rapporto di ricerca, ScriptaWeb, Napoli, 2012 6 libertàcivili Nell’esporre i risultati si è deciso di tenere disgiunte le nazionalità con frequenze pari o superiori alle 50 unità e raggruppare quelle con numerosità inferiore, per una migliore interpretazione delle risultanze e per facilitare la lettura dei dati, in quattro diverse macro-aree: altri Paesi dell’Africa (236 casi, 5,9% del totale degli intervistati); altri Paesi dell’Asia (72, 1,8%); altri Paesi dell’Europa (8, 0,2%) altri Paesi dell’America centro-meridionale (4, 0,1%). Per un approfondimento sulla proven i e n z a g e o g r a f i c a d e i r i c h i e d e n t i d i p ro t e z i o n e i n t e r n a z i o n a l e s i r i n v i a Gianturco G. Lai V., op. cit. 102 2 0 12 novembre - dicembre 7 In particolare, il 77,1% di coloro che sono in Italia da un periodo compreso tra i sei mesi e un anno ha lasciato il proprio Paese da un periodo equivalente e il 32,9% da un periodo superiore all’anno. Ad esempio, prendendo in considerazione le risposte dei nigeriani coinvolti nell'indagine, un modesto 4,4% dichiara di aver abbandonato il proprio Paese da meno di sei mesi e di vivere in Italia da un periodo altrettanto breve (secondo il 73,6%). Anche i ghanesi affermano di vivere nella penisola italiana per un periodo inferiore ai sei mesi (il 93,1%), ma solo il 5,7% di loro ha lasciato il Ghana da un periodo simile, mentre si registrano in prevalenza periodi di abbandoni medi (da uno a due anni, 35,7%) e medio-lunghi (da tre a quattro anni, 29,7%). Tendenze simili si registrano rispetto alle esperienze di coloro che provengono dalla Costa d’Avorio, dall’Eritrea, dalla Somalia, dal Burkina Faso, dal Senegal e dal Sudan. Cfr. Gianturco G. Lai V., op. cit. 8 Ambrosini M. Sociologia delle migrazioni, il Mulino, Bologna, 2005 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Per il 70% i richiedenti asilo sono musulmani, i cattolici sono uno su dieci; oltre il 60% sono celibi o nubili, ma tra le donne prevalgono le coniugate coloso e doloroso: più del 69,1% dei protagonisti dell’indagine, nella penisola italiana da meno di sei mesi, è effettivamente partito dal proprio Paese anche da più di un anno, mentre il 12,3% è partito da un tempo compreso fra i sei mesi e un anno 7 . Il rapporto fra i tempi della permanenza in Italia e quelli della partenza dal Paese di origine con la nazionalità fornisce interessanti informazioni sulle dinamiche dei flussi migratori. E così il percorso migratorio degli intervistati provenienti dai Paesi centro-africani è particolarmente lungo, riproponendo il noto modello della “migrazione a tappe” 8 . La posizione geografica e la condizione economica e politica del Paese di origine influenzano, inevitabilmente, le caratteristiche e le dinamiche dei flussi migratori. I profili dei richiedenti di protezione internazionale si arricchiscono e si completano con l’acquisizione di informazioni relative alla religione, allo stato civile e alla struttura familiare e al lavoro: un modo questo per scendere più in profondità e conoscere la vita e le identità delle persone che compongono la società italiana. Nella maggior parte dei casi gli intervistati sono musulmani (70,7%, 2.830 intervistati), seguiti dal 27,8% di cristiani con una netta prevalenza di non cattolici (che pesano per il 16,7% del totale delle interviste) sui cattolici (11,1%), mentre non vi sono risultati rilevanti rispetto alle altre confessioni. Dal punto di vista dello stato civile degli intervistati, prevalgono i celibi e le nubili (64,8%, 2.605 intervistati), mentre si registra il 32,2% (1.295) di coniugati, e le rimanenti modalità (convivente, separato/divorziato, vedovo) sono da considerare residuali, contando complessivamente il 2,9% del totale (119). Le donne che scelgono di vivere in Italia sono in prevalenza coniugate (58,3% contro il 29,2% degli uomini), di esse solo un terzo è nubile, mentre dichiarano di essere separate il 4,3%, conviventi il 2,4% e vedove l’1,9%. Primo Piano L’esperienza dei progetti Nautilus 103 Primo Piano L’esperienza dei progetti Nautilus libertàcivili L’Italia, dalle testimonianze raccolte, appare una meta definitiva per l’89,2% del campione, mentre il 10,8% vorrebbe cambiare Paese. In particolare, questa tendenza si registra tra coloro che hanno più di 11 anni di formazione: di questi l’8,9% ha conseguito un titolo universitario o superiore, il 41,9% un titolo di scuola media inferiore e/o superiore. Presumibilmente, proprio per le caratteristiche della rilevazione – le interviste sono state realizzate nei luoghi di prima accoglienza – la situazione giuridica della maggior parte degli intervistati appare precaria: l’85,3% è in “attesa della protezione internazionale”, contro il 3,3% di coloro che dichiara di essere già in possesso di tale protezione; il 6,1% gode della “protezione sussidiaria” e il 2,2% di quella “umanitaria”. Infine, il 3,1% di intervistati ha effettuato ricorso a seguito di un primo esito negativo alla domanda di protezione. Racconti e storie di vita, attività di ricerca e solidarietà contribuiscono a formulare nuove narrazioni sui viaggi dei migranti. Il lavoro degli studiosi e degli operatori impegnati sul tema delle migrazioni deve mettere in luce le buone pratiche di una società multiculturale, in modo tale da dare centralità alla cultura dell’accoglienza, così da poter essere una caratteristica distintiva della società italiana. 104 2 0 12 novembre - dicembre I due progetti Nautilus, nelle loro diverse direttrici di analisi e di intervento, sono stati un ulteriore contributo finalizzato anche a diffondere e mettere in chiara evidenza l’importanza della conoscenza della realtà italiana, sensibilizzando il pubblico a prestare adeguata attenzione alla cultura dei dati statistici, che oggi è ancora debole nel contesto italiano, ma quanto più necessaria per individuare e migliorare le politiche di accoglienza e integrazione. La conoscenza della realtà e delle persone che vivono e vogliono contribuire a costruire le nostra civiltà non può che migliorare il riconoscimento della dignità e del valore di ogni singolo individuo. Nautilus, nello specifico, è stata un’esperienza unica e concreta, valorizzata dalla messa in rete di professionalità e competenze di soggetti impegnati nell’accoglienza, nella ricerca e nei servizi. Un progetto, certo, ma anche un passo importante verso la costruzione di una rinnovata convivenza. Primo Piano L’esperienza dei progetti Nautilus Bibliografia Morcellini M., “Alle porte della cittadella mediale”, in Binotto M., Martino V. (a cura di), Fuoriluogo. L’immigrazione e i media italiani, Rai-Eri Pellegrini Editore, Cosenza, 2004 Morcellini M., Il tema delle migrazioni nuova sfida alla comunicazione, in “liber tàcivili”, FrancoAngeli, Milano, vol. 3, 2010 Morcellini M., “Pensieri Migranti tra realtà e media”, in Technology Review, n.1, 2011 Sarti S., L’Italia dei rifugiati, Stabilimenti Varigrafica Alto Lazio Srl, Nepi, 2010 libertàcivili Ambrosini M. Sociologia delle migrazioni, il Mulino, Bologna, 2 0 0 5 Caritas/Migrantes, XXII° Dossier statistico immigrazione, Idos Edizioni, Roma, 2012 Fondazione Cittalia - Anci Ricerche, I volti dell’integrazione. Il ruolo delle comunità locali, dei cittadini e dei mass media nei processi di integrazione dei rifugiati in Italia, 2010 Gianturco G., Lai V., L’immigrazione nel giornalismo italiano: immagini a confronto, in “libertàcivili”, FrancoAngeli, Milano, n. 5, 2010 Gianturco G., Lai V., (a cura di), Nautilus2 verso l’integrazione socio economica. Rapporto di ricerca, Scripta Web, Napoli, 2012 2 0 12 novembre - dicembre 105 Primo Piano Per costruire un ponte fra l’Europa e il mondo arabo La pubblicazione della versione araba del Glossario in materia di immigrazione e asilo è uno strumento per la realizzazione di un modello democratico comune, attraverso la definizione esauriente e chiara dei termini dell’immigrazione di Paolo Iafrate Dottore di ricerca in Diritto musulmano - università di Roma Tor Vergata libertàcivili Il volume è stato realizzato dal ministero dell’Interno dipartimento Libertà civili e Immigrazione, con il supporto del Centro studi e ricerche Idos, nell’ambito del programma comunitario Emn 106 2 0 12 novembre - dicembre Per presentare il primo Glossario in arabo su immigrazione e asilo realizzato dal ministero dell’Interno - dipartimento Libertà civili e Immigrazione, con il supporto del Centro studi e ricerche Idos nell’ambito del programma comunitario European Migration Network (Emn) che fa capo alla Commissione europea, torna opportuna una premessa. Sempre più spesso operatori giuridici, funzionari della Pubblica Amministrazione, autorità diplomatiche, consolari e la società nella sua globalità si devono confrontare con problemi nuovi che nascono proprio dalle regole che governano l’organizzazione delle singole comunità religiose. L’Islam non solo è una religione, che detta regole spirituali e temporali organizzate in modo tale da dar vita a un ordinamento giuridico, ma è anche “cultura” in quanto si relaziona con tradizioni, governi diversi e, di conseguenza, con realtà diverse. Lo Stato musulmano deve darsi oggi norme e principi che gli consentano di partecipare alla Comunità delle nazioni e custodire insieme le caratteristiche che lo compongono. Paolo Branca, uno studioso italiano, nel sottotitolo del suo celebre volume dedicato ai musulmani (I Musulmani, Il Mulino, Bologna 2000), scrive: “Per secoli li abbiamo temuti, ora dobbiamo conoscerli”, ed è proprio questa espressione che spinge ad approfondire questa materia. Tale forma di conoscenza non può che derivare dall’integrazione tra i musulmani presenti in Europa e nel nostro Paese. L’Italia è dunque chiamata, a motivo della sua stessa collocazione geografica, a svolgere un ruologuida nel governo dei flussi migratori su scala regionale. 1 Per un maggior approfondimento si veda http://paigrain.debatpublic.net/wp-content/ uploads/lezione_zagrebelsky.pdf 2 Al-Maghrib (o al-Maghreb). Nome (“Occidente”) con il quale gli arabi designano complessivamente i Paesi dell’Africa settentrionale, a Ovest dell’Egitto, spesso in opposizione a Mashriq “Oriente”. Varie le accezioni, dalla più comune (Tunisia, Algeria, Marocco) a una più ampia (Tunisia, Algeria, Marocco, Libia e Mauritania) a una più ristretta (Marocco). La regione, che non ha mai costituito un’entità politica unitaria, è abitata da popolazioni di stirpe araba e berbera; l’elemento comune e aggregante è l’Islam. Nel 1989 è stata istituita, al fine di avere un mercato comune, l’Unione del M. Arabo (con sede a Rabat) tra Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Mauritania. Le principali lingue parlate nell’area maghrebina sono l’arabo, nelle sue particolarità dialettali, e il berbero. L’arabo comprende infatti i dialetti di Marocco, Mauritania, Algeria, Tunisia, Libia e di parte della regione del delta del Nilo. L’insieme dei dialetti che costituiscono l’arabo maghrebino rivelano comunque una sostanziale unitarietà a livello fono-morfologico e lessicale, sebbene la comprensione tra parlanti di zone diverse non sia sempre garantita Il Mashrek, detto anche Mashriq o Mashreq, è l'insieme dei Paesi arabi che si trovano a est rispetto al Cairo e a nord rispetto alla penisola arabica. Si tratta della libertàcivili Un approccio multilaterale e integrato al governo dei flussi migratori richiede un supporto conoscitivo vasto, complesso e aggiornato in modo costante Un approccio multilaterale e integrato, ovvero non settoriale, al governo dei flussi migratori su scala regionale richiede un supporto conoscitivo vasto, complesso e costantemente aggiornato e la realizzazione di un glossario in arabo rappresenta il primo passo verso un’inclusione reciproca con il mondo arabo. L’Italia sarà dunque il primo Paese dell’Unione Europea a realizzare un “ponte” tra l’Europa e il mondo arabo, ovvero a) far conoscere il modello democratico occidentale fondato sui principi della “casa comune europea”, b) promuovere l’integrazione tra Paesi Arabi e l’Europa, c) favorire la cooperazione nella gestione delle migrazioni. In particolare, è indispensabile favorire la semplificazione delle procedure e rispettare i diritti fondamentali dell’immigrato, i trattati internazionali e gli accordi di cooperazione internazionale tra i suddetti Paesi. Gustavo Zagrebelsky nel corso di una sua lezione al “Biennale della democrazia” sottolineava che “il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia e dell’uguaglianza delle possibilità. Poche parole e poche idee, poche possibilità e poca democrazia; più sono le parole che si conoscono, più ricca è la discussione politica e, con essa, la vita democratica” 1 . Ebbene proprio la pubblicazione di una versione in arabo del Glossario in materia di immigrazione e asilo intende essere anche uno strumento per la realizzazione di un modello democratico comune attraverso una definizione dei termini dell’immigrazione, esauriente e chiara senza ricorrere ad eccessivi tecnicismi, bensì insistendo su una facile comprensione sia nella aree geografiche del Maghreb 2 che del Mashreq 3 . Infatti Primo Piano Il Glossario su immigrazione e asilo in arabo 2 0 12 novembre - dicembre 107 3 Primo Piano Il Glossario su immigrazione e asilo in arabo in ciascuna delle aree geografiche viene presentato il corrispettivo delle lingue europee, attraverso un termine uniforme, salvaguardando la loro comparabilità ed evitando eventuali contrasti originati dagli equivoci terminologici. L’obiettivo del Glossario in arabo è di arrivare a un’opera speculare rispetto a quella della Commissione, ma con un valore aggiuntivo determinato dal fatto che Emn Italia, con il sostegno scientifico dell’Istituto per l’Oriente “C.A.Nallino”, si fa mediatore per adattare l’opera al mondo arabo per conto della Commissione Europea. Un tale impegno, infatti, è in grado di assicurare una corretta comunicazione tra gli Stati membri libertàcivili macroregione orientale del mondo arabo, in opposizione al Maghrebed è sinonimo - al-Sham, di Bilad ma comprende anche l’Iraq e Kuwait. Talvolta è utilizzato come sinonimo di “non-Maghreb” e in questi casi comprende Egitto, Sudan, e la penisola arabica. Il ter mine deriva dalla radice araba sh-r-q, che significa “est” o anche “luogo dell’alba”. Il Mashrek comprende: Libano, Stato di Palestina, Siria, Iraq, Kuwait, Turchia, ma solo le province di Hatay e Kilis e parte delle province di Gaziantep e Sanlıurfa, Giordania, ma solo i governatorati di Ajlun, al-Zarqa, Balqa, ¸ Irbid, Jerash, Madaba, Mafraq e parte dei governatorati di al-Karak e Amman, Arabia Saudita, ma solo le Provincie di Al-Jawf e Al-Hudud al-Shamaliyya. Il “Mashreq non Maghreb” comprende anche Bahrain, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Oman, Yemen, Egitto, Sudan 108 2 0 12 novembre - dicembre Comitato esperti traduttori lingua araba dell’Ipocan (Istituto per l’Oriente Carlo Alfonso Nallino). Daniela Amaldi, Raoudha Mediouni e Alma Salem. Comitato esperti giuridici: Massimo Papa, cattedra Diritto musulmano e dei Paesi Islamici presso università degli studi di Roma Tor Vergata, Deborah Scolart, ricercatrice e Paolo Iafrate, dottore di ricerca presso la stessa Università libertàcivili Il glossario sarà utile a funzionari diplomatici e consolari, ministeriali, giudici, avvocati, ricercatori, studenti e operatori del settore, come strumento di pronta consultazione e i Paesi arabi, nonché tra le rispettive opinioni pubbliche. Non è neppure trascurabile la fonte di diritto internazionale, comunitaria o di altra origine, alla quale si riconnette il termine utilizzato. La pubblicazione di una versione in arabo del Glossario in materia di immigrazione e asilo rappresenta quindi un’attività straordinaria, realizzata grazie al forte convincimento del ministero dell’Interno, nei riguardi della quale la Commissione europea, sensibilmente interessata a tali tematiche, ha disposto la sua approvazione con un’apposita previsione finanziaria. Il sussidio sarà utile ai funzionari diplomatici, a quelli consolari, ai ministeriali, ai giudici, agli avvocati, ai ricercatori, agli studenti e gli stessi operatori del settore, tanto più che i termini sono ordinati alfabeticamente per rendere la ricerca più agevole. Esso sarà agevole e di pronta consultazione e mirerà a semplificare e unificare la base della comunicazione con la messa a punto di uno strumento di lavoro adeguato e puntuale. Il fine è di fornire una corretta comunicazione, evitando quanto meno problemi terminologici. Esaminiamo ora brevemente il lavoro svolto dal Comitato giuridico e da quello preposto alla traduzione 4 . L’attività svolta da quest’ultimo ha riguardato la revisione di lemmi, fonti, termini correlati attraverso un’armonizzazione dei termini. Il lavoro scientifico, correttamente impostato, è stato svolto da traduttori madrelingua con ampia conoscenza della lingua italiana, lessico specialistico e istituzionale. Talvolta è stata richiesta la delucidazione di esperti giuristi specializzati in ogni settore (giuristi internazionalisti, giuslavoristi, penalisti, amministrativisti). A differenza delle altre lingue europee, nell’arabo si ha omogenizzazione di categorie. Per quanto concerne le lingue/varianti dell’arabo ci si è trovati di fronte a una pluralità di ordinamenti, che privilegiano la tecnica pur ricorrendo a un arabo standardizzato. Stante la differenza tra le aree geografiche del mondo arabo, ciò ha determinato inevitabilmente delle scelte metodologiche, mediante l’utilizzo di un arabo standardizzato in uso sulle Gazzette Ufficiali, siti governativi, senza trascurare le specificità più evidenti che di volta in volta sono state segnalate. Primo Piano Il Glossario su immigrazione e asilo in arabo 2 0 12 novembre - dicembre 109 4 Il Glossario su immigrazione e asilo in arabo libertàcivili Primo Piano Si è trattato di un lavoro sperimentale in lingua araba, poichè non esistono prontuari e manuali di riferimento, né tanto meno dizionari specifici (neppure quelli più aggiornati contengono questi termini). Il lavoro della commissione di redazione è stato quello di adattare e di estrapolare dalle fonti le singole voci/categorie nella prospettiva del diritto dell’Unione. Particolare attenzione è stata dedicata altresì alle citazioni, quali bibliografia, fonti bibliografiche ad esempio siti web. Allorchè si tratti di neologisimi si è proceduto a una traduzione letterale più fedele possibile, ad esempio espressioni coniate nell’arabo standard (“sfollato per problemi ambientali”, “sfollato per problemi di ordine interno”). L’importanza di un linguaggio diretto, lineare e meno tecnico è sottolineata anche dallo scrittore-giurista Gianrico Carofiglio 5: “Noi giuristi possediamo solo le parole. In un processo di stesura di una lettera, nella redazione di un contratto, in una trattativa, le parole sono l’unico strumento di lavoro. Quando si scrive, quando si parla l’unico vero obiettivo è la chiarezza”. La pubblicazione si articola in sezioni. La prima prevede, in versione bilingue italiano e arabo: una prefazione del DG della Commissione europea per gli Affari interni una prefazione da parte del ministero dell’Interno italiano un’introduzione al Glossario una nota redazionale all’edizione in arabo che spiega la metodologia applicata e i problemi incontrati. La sezione terminologica contiene circa 330 lemmi, con l’apparato dei corrispettivi nelle 22 lingue comunitarie, e presenta la traduzione in arabo secondo il seguente schema: Definizione – Termini correlati (più specifici, più ampi-sinonimi, ecc) – Nota – Fonte - Nota all’edizione italiana - Nota all’edizione araba. Infine, il volume è completato dagli indici in arabo, italiano, inglese e francese (in quanto lingue più diffuse nell’area mediterranea). Il Glossario in arabo, un volume di circa 240 pagine, dopo la pubblicazione sarà disponibile sul sito del ministero dell’Interno (www.interno.it) e della rete europea Emn (www.emn.europa.eu). 110 5 2 0 12 novembre - dicembre Carofiglio Gianrico, La manomissione delle parole, Rizzoli, Milano, 2 0 10 Le Rubriche La ricerca La mobilità in Emilia-Romagna fra emigrazione, immigrazione e turismo In un’analisi del Centro studi e ricerche Idos il ritratto di una regione, fra le prime in Italia per flusso di immigrati, che si distingue anche per il numero di turisti stranieri e per la consistenza del fenomeno dei residenti all’estero di Centro studi e ricerche Idos (a cura di Franco Pittau) libertàcivili La mobilità internazionale costituisce parte integrante della realtà italiana odierna e l’EmiliaRomagna è anticipatrice del futuro del Paese per la consistenza del fenomeno 112 La mobilità internazionale costituisce parte integrante della realtà italiana odierna e l’Emilia-Romagna è anticipatrice del futuro del Paese per la consistenza del fenomeno. Questa regione è una tra le prime in Italia per numero di immigrati, ma si distingue per il numero di viaggiatori in provenienza dall’estero e per la consistenza degli emiliani-romagnoli che vivono all’estero. A livello nazionale, all’inizio del 2012 gli immigrati in Italia sono stati stimati in cinque milioni, gli emigrati italiani all’estero in 4,2 milioni (fonte Aire), almeno 60 milioni gli oriundi (stima) e oltre 76 milioni le persone che nel corso di un anno hanno attraversano le frontiere per entrare in Italia (Banca d’Italia). Oggi le migrazioni, seppure di durata più breve, sono tutt’altro che finite, tra forme tradizionali (insediamento) e quelle nuove (di breve durata) e ricordano il nostro grande passato migratorio. Il mondo odierno si caratterizza per la relatività delle frontiere e la facilità degli spostamenti non solo delle imprese e dei prodotti, ma anche delle persone. Dal livello nazionale bisogna passare a quello territoriale e interrogarsi sul molteplice significato di questa “globalizzazione umana” e individuare le sue implicazioni, economiche, culturali e religiose di cui tenere conto a livello informativo e formativo. Anche la presenza dei turisti, per quanto breve, va considerata un ponte in grado di collegare diverse culture e la temporaneità del soggiorno non deve indurre alla superficialità e rafforzare stereotipi, anziché concorrere a superarli. L’emigrazione dall’Emilia-Romagna A emigrare dall’Italia sono stati inizialmente gli abitanti del 2 0 12 novembre - dicembre Il fenomeno della emigrazione emilianoromagnola verso l’estero, durato fino agli anni CinquantaSessanta del ‘900 Settentrione, inclusi quelli dell’Emilia e della Romagna (in particolare dell’Appennino tosco-emiliano). Il flusso è continuato fino all’ultimo dopoguerra, per iniziare ad arrestarsi solo con lo sviluppo avviato negli anni Cinquanta e decisamente affermatosi negli anni Sessanta. I Paesi europei costituirono lo sbocco principale, segnatamente la Svizzera e la Germania. Gli abitanti della regione riuscirono a superare il tradizionale attaccamento alla terra, rimasto per tanto tempo legato alla forma della mezzadria. Se prima del secondo conflitto mondiale si emigrava per vincere letteralmente la fame, dopo si continuò a farlo per superare la disoccupazione o un’occupazione insoddisfacente (paghe basse e mancato rispetto delle garanzie contrattuali e contributive). All’esodo pose fine il profondo processo di trasformazione socio-economica che portò l’Emilia-Romagna a superare la povertà e a diventare una delle regioni più sviluppate dell’Unione Europea, specialmente tra il 1970 e il 1980, decennio in cui rientrarono dall’estero 1 milione e 600mila connazionali, trovando un’Italia più ricca e più egoistica rispetto a quella lasciata. Questa evoluzione viene raccontata in un bel libro dedicato alle storie degli emigrati rientrati in Emilia-Romagna (Zina Righi, Il coraggio dei sogni, Fara Editore, Santarcangelo di Romagna 2005), mentre un volume più recente è stato dedicato all’emigrazione delle donne emiliano-romagnole (Lisa Mazzi, Donne mobili. L’emigrazione femminile dall’Italia alla Germania (1890-2010), Cosmo Iannone Editore, Isernia, marzo 2012). I 146.743 emiliani-romagnoli (per il 48,4% donne), registrati al 31 dicembre 2011 dall’Aire, sono così ripartiti: Europa 79.970, America 53.116, Africa 3.120, Asia 2.648, Oceania 1.889. La prima collettività si trova in Argentina (21.185), seguita dalla Svizzera (17.465) e da significative presenze (oltre 4.000 persone) in Francia, Regno Unito, Brasile, San Marino, Germania, Belgio, Spagna e Stati Uniti d’America. La ricerca Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna Ripartizione dei 140.743 emiliani-romagnoli residenti all’estero (31 dicembre 2011) America Africa Asia Oceania Tutti Argentina i Paesi Svizzera Francia 79.970 53.116 3.120 2.648 1.889 140.743 21.185 17.465 14.182 56,8% 37,8% 2,2% 1,9% 1,3% 100 15,1% 12,4% 10,1% L’emigrazione dall’Italia continua ancora oggi ma a ritmi ridotti rispetto alle diverse centinaia di migliaia di esodi l’anno. libertàcivili Europa 2 0 12 novembre - dicembre 113 Fonte: elaborazioni Centro studi e ricerche Idos su dati Aire La ricerca Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna libertàcivili Il flusso annuale di cittadini in uscita dalla regione è di circa 50mila persone, a cui vanno aggiunti gli “emigrati in prova” e qualche decina di migliaia di pendolari che lavorano all’estero 114 2 0 12 novembre - dicembre I flussi annuali in uscita, desumibili dalle cancellazioni per l’estero registrate nelle anagrafi comunali, riguardano meno di 50mila persone e ancora di meno sono quelli che rimpatriano. Naturalmente, i flussi effettivi sono superiori perché molti preferiscono trasferirsi all’estero “in prova” e formalizzare il cambio di residenza dopo aver accertato la stabilità del loro inserimento nel nuovo Paese. Vi sono anche i pendolari che lavorano all’estero (qualche decina di migliaia secondo stime) e vi abitano, senza alcuna intenzione di cancellare la loro residenza in Italia dove ritornano di frequente (forme di pendolarismo si riscontrano anche tra immigrati venuti in Italia dai Paesi vicini). Mentre sugli emigrati “in prova” e sui pendolari non è possibile acquisire notizie dagli archivi ufficiali, qualche informazione in più la abbiamo sui 67mila frontalieri che si dirigono verso la Svizzera, verso la Francia e verso la Repubblica di San Marino (6.500). I flussi più consistenti sono però di tipo nuovo e sono stati evidenziati dalle statistiche sugli spostamenti internazionali per breve periodo per turismo, vacanze e motivi personali, ma anche per lavoro, sui quali la Banca d’Italia cura annualmente un’accurata indagine. Nel 2011 si sono recati all’estero 57.532.000 viaggiatori dall’Italia, dei quali circa la metà (28.026.000) ha effettuato almeno un pernottamento all’estero. I motivi del viaggio sono stati diversi: vacanze, motivi religiosi, cure, viaggi di nozze, shopping, studio e frequenza di corsi (1.096.000), motivi religiosi (1.096.000) e anche lavoro. A spostarsi per lavoro sono stati 15.226.000 viaggiatori. In particolare vi sono stati 4.914.000 attraversamenti delle frontiere a motivo di un rapporto di lavoro transfrontaliero e 956.000 per partecipare a convegni e congressi, mentre gli altri viaggi sono legati ad altri motivi lavorativi. I pernottamenti complessivi sono stati 247.751.000 (8,8 notti in media per i viaggiatori che si sono trattenuti all’estero, mentre i pernottamenti di quelli che si sono spostati per lavoro sono stati 63.125.000, quindi di durata più breve). Non hanno fatto ricorso ad alberghi o altre strutture ricettive 3.023.000 viaggiatori venuti per visitare parenti e 1.937.000 arrivati per visitare amici, mentre altri 1.631.000 si sono sistemati presso case di proprietà. La spesa complessiva degli italiani all’estero è stata di 20.583 milioni di euro, di cui 1.675 milioni sostenuta dai viaggiatori partiti dell’Emilia-Romagna (Bologna 601 milioni di euro, Modena 191 milioni e Parma 188 milioni). I viaggiatori in uscita dall’Emilia-Romagna sono stati 2.554.000 (da Bologna 875mila, da Modena 304mila, Parma 303mila e in numero inferiore dalle altre province). Di essi, La regione EmiliaRomagna è la terza assoluta in Italia per numero di immigrati, ma si distingue anche per la sua attrattività turistica, legata al suo potenziale ricettivo Le statistiche turistiche sull’afflusso in Italia e in Emilia-Romagna L’Italia è stato nel passato il primo Paese del mondo per afflusso di turisti e attualmente, pur avendo perso posizioni, è rimasto al quarto posto. La regione Emilia-Romagna non è solo la terza regione per numero di immigrati ma si distingue anche per la sua attrattività turistica, sia grazie al potenziale delle strutture che al volume degli arrivi. Secondo l’apposito censimento Istat del 2009, dei 4.598.682 posti letto disponibili in Italia (di cui quasi un quarto negli esercizi alberghieri e gli altri in strutture come campeggi e villaggi turistici, alloggi in affitto, strutture agro-turistiche, ostelli per la gioventù, case per ferie, rifugi alpini e bed and breakfast), 137.871 si trovano in Emilia-Romagna ripartiti in 4.076 esercizi (il 3% del totale nazionale). Questi flussi turistici senz’altro trovano un incentivo nelle collettività italiane insediate all’estero e, da ultimo, anche nelle collettività di cittadini stranieri che vivono in Italia, come attesta la sistemazione di molti turisti “presso parenti e amici” e anche in “case di proprietà”; ciò richiede una maggiore attenzione quando si valuta l’impatto economico del fenomeno migratorio. Nel 2011 sono state rilevate in entrata attraverso le frontiere italiane 76.378.000 persone (in costante aumento dal 2008, quando furono 71.701.000) e ciò porta a considerare anticiclico l’apporto finanziario del turismo. Sei persone su dieci venute in Italia (46.338.000) hanno effettuato almeno un pernottamento e diversi si sono trattenuti in più regioni (si spiega così perché, rispetto ai poco più di 76 milioni di persone registrate alle frontiere, nelle regioni siano state 95.596.000 persone che hanno soggiornato provenendo dall’estero). Il motivo prevalente dell’arrivo (otto casi su dieci) sono state le vacanze e i motivi personali (ad esempio 1.189.000 sono venuti per studio, 675mila su navi da crociera, 463mila per motivi religiosi) ma non sono trascurabili i motivi di lavoro, che hanno interessato 14.421.000 viaggiatori (di cui 512mila fontalieri/ stagionali, mentre quelli spostatisi per congressi e convegni sono stati 1.109.000). I pernottamenti effettuati sono stati 327.304.000 (in ripresa nonostante la persistenza della crisi, ma ancora 4,6 milioni in meno rispetto al 2008). 1.249.000 viaggiatori hanno pernottato in libertàcivili 216mila sono tornati in Italia in giornata senza effettuare alcun pernottamento e 435mila, anziché sistemarsi in albergo o presso altre strutture ricettive, sono stati ospiti di parenti e amici. La ricerca Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna 2 0 12 novembre - dicembre 115 Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna La ricerca case di proprietà. Anche la spesa effettuata da questi viaggiatori (30.891 milioni di euro) è aumentata ma senza raggiungere il livello del 2008 (31.090 milioni di euro). In Emilia-Romagna sono stati 3.991.000 i viaggiatori venuti dall’estero (il 4,2% dei viaggiatori rilevati nelle diverse regioni), con la maggiore rilevanza di tre province: Bologna 1.445.000, Modena 443mila e Parma 361mila. Più di un terzo dei viaggiatori (1.536.000) è venuto per lavoro (e quindi in misura percentuale più elevata rispetto alla media nazionale) e 2.445.000 lo hanno fatto per vacanza o altri motivi personali. La spesa effettuata in Emilia-Romagna è stata di 1.713 milioni di euro (Bologna 567, Parma 139, Ravenna 137 e Modena 135 milioni di euro). In Italia, in media, sono stati 7,1 i pernottamenti per viaggiatore e in Emilia-Romagna 5,4. I pernottamenti per motivi di lavoro sono ridotti sia a livello italiano (5,4) che in regione (3,5). Non è stato rilevato a livello regionale il numero dei viaggiatori che hanno pernottato in case di proprietà ma, facendo riferimento ad altri parametri dell’indagine, si può ipotizzare che siano stati all’incirca 10 0mila i viaggiatori dall’estero interessati a questa forma di sistemazione, che impone di far riferimento alla passata emigrazione e anche al più recente fenomeno dell’immigrazione straniera. Vacanza e motivi personali - di cui presso parenti/amici Totale pernottamenti - di cui pernottamenti per lavoro - di cui pernottamento in casa N.R. 3.991 44 2.455 1.536 723 21.738 5.487.000 N.R. 76.378 46.338 30.040 61.958 14.421 7.717 327.304 63.125 1.249 Lavoro Senza pernottamento Italia Con almeno un pernottamento EmiliaRomagna Rilievi all’ingresso Viaggiatori dall’estero arrivati in Italia e in Emilia-Romagna (2 011) Dati in migliaia di euro Fonte: elaborazioni Centro studi e ricerche Idos su dati della Banca d’Italia libertàcivili L’immigrazione di cittadini stranieri in Emilia -Romagna In Emilia-Romagna, area di forte attrazione per gli immigrati, è concentrato più di un decimo della popolazione straniera, che vi è attirata dalle maggiori opportunità di lavoro e da una efficiente rete di servizi. I dati riportati sono relativi al 2010, perché quelli del 2011 ancora non sono disponibili e sussistono difficoltà a collegare i risultati del censimento con quelli delle anagrafi comunali. 116 2 0 12 novembre - dicembre Nel periodo 2002-2010 le presenze in regione risultano triplicate; i poli di attrazione maggiori sono le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia, dove è concentrata oltre la metà degli immigrati 2 0 12 novembre - dicembre 117 La ricerca L’incidenza percentuale degli stranieri sulla popolazione residente nel 2010 (461.321 residenti) è stata superiore alla media nazionale (10,5% rispetto a 7%) ed era solo del 4,1% nel 2002. In due province l’incidenza è stata dell’11% (Modena e Parma) e in due il 12% (Piacenza e Reggio Emilia); nelle altre province, ad eccezione di Ferrara (6,8%), è stata superata la media nazionale (7%). L’incidenza alla fine del 2011 è aumentata ulteriormente al 12,4% su una popolazione residente di circa 4,5 milioni di residenti: secondo la stima del Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes le presenze regolari (immigrati non comunitari e comunitari) sono state 555mila. La regione si colloca al terzo posto della graduatoria nazionale, appaiata con il Veneto (che supera di appena mille unità) e preceduta dalla Lombardia (più di 1 milione di presenze di stranieri) e il Lazio (più di 600mila). Nel periodo 2002-2010 le presenze in regione risultano triplicate: quadruplicate a Ferrara, aumentate di 3,5 volte a Forlì, Piacenza e Ravenna e cresciute meno della media nei tradizionali poli migratori di Bologna, Modena e Reggio Emilia, dove comunque continua a essere concentrata oltre la metà degli immigrati (nel passato si trattava dei due terzi). La componente femminile, che era minoritaria nel 2002 (46,9%), è diventata maggioritaria (51,7%) ma non ancora tra gli immigrati non comunitari, dove comunque il dato si avvicina all’equilibrio. Sono oltre duemila l’anno i matrimoni misti, che coinvolgono in prevalenza donne immigrate. La propensione alla stabilità è attestata anche dal numero dei nuovi nati (9.677 nel 2010) e dei 114.128 minori (incidenza media in regione, nel 2010, del 22,8%, del 24,1% a Piacenza, del 24,5% a Modena e del 25,3% a Reggio Emilia). Il gruppo delle seconde generazioni comprende circa 90mila persone, quasi un sesto rispetto alla presenza immigrata totale. Gli anziani ultra65enni, che sono un quarto della popolazione italiana, tra gli stranieri incidono per circa il 2%. Tra i continenti di provenienza si impone l’Europa (48,9% dei residenti nel 2010), seguita dall’Africa con il 29,3%, dall’Asia con il 17,5% e dall’America con il 4,2%, mentre la presenza di persone provenienti dall’Oceania è residuale (0,1%). La graduatoria delle collettività nel 2011 vede in testa quella marocchina (81.623). Tra i dieci gruppi che seguono solo due sono comunitari: romeni (66.062 nel 2010), albanesi (62.681), moldavi (31.703), ucraini (30.646), cinesi (32.792), tunisini (28.307), pakistani (20.119), indiani (18.558) e polacchi (12.747 nel 2010). Secondo una stima di Idos, riportata nel libertàcivili Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna La ricerca Dossier statistico immigrazione 2010 (da ritenere vicina alla situazione attuale) gli immigrati sono stati così ripartiti per appartenenza religiosa: maggioranza dei musulmani con il 41,3%, seguiti dai cristiani con il 40,7% (di cui il 23,6% spettante agli ortodossi), da fedeli di religioni orientali (3% induisti e 2,2% buddisti) , dai fedeli di religioni tradizionali (1,8%), dagli ebrei (0,2%) e infine dal gruppo dei non credenti e dei non classificati (10,7%). Nel 2011, secondo l’archivio Inail, sono risultati occupati, almeno con una giornata di lavoro, 356.825 lavoratori nati all’estero, nel 41,7% dei casi donne, all’incirca un quinto (19,2%) del totale degli occupati. I titolari di impresa con cittadinanza straniera, ulteriormente aumentati, sono stati 27.245, un decimo del totale nazionale (249.464) e il 5,7% delle imprese operanti in regione: in oltre i due terzi dei casi si tratta di artigiani, mentre per un sesto alla fonte di queste iniziative si trova il protagonismo femminile. Nel 2011 dall’Emilia-Romagna sono stati inviati all’estero 476.142 milioni di euro come rimesse, più del doppio rispetto al 2005 (227.460). libertàcivili 118 Stranieri fine 2010 Var. % 2002-2009 Inc. stranieri % 2000 donne su tot. % 2011 donne non com. Inc. minori 2010 991.924 38.720 102.809 265,5 10,4 52,8 50,7 21,4 Ferrara 259.994 6.163 27.294 442,8 7,6 56,0 55,1 22,3 6.087 4.175 Forlì/ Cesena 395.489 12.046 41.587 345,2 10,5 50,0 47,3 22,6 9.417 6.479 Modena 700.913 33.146 89.346 260,6 12,7 50,1 49,1 24,5 21.857 14.532 Parma 442.120 16.822 55.069 327,4 12,5 51,4 50,2 22,2 12.238 Iscritti scuola 2011- 2012 Str. 2002 Bologna Minori 2 010 Pop. totale Gine 2010 L’immigrazione in Emilia-Romagna (dati 2010) 21.972 15.575 8.215 Piacenza 289.875 11.007 38.727 351,8 13,4 49,7 49,3 24,1 9.344 6.373 Ravenna 392.458 12.011 43.611 363,1 11,1 50,7 47,1 20,9 9.125 6.092 Reggio Emilia 539.343 23.877 69.060 289,2 13,0 50,5 48,0 25,3 Rimini 329.302 10.046 33.114 329,6 10,1 54,5 53,5 20,0 4.432.418 163.838 500.597 305,5 11,3 51,5 49,7 22,8 EmiliaRomagna 17.470 11.624 6.618 5.110 114.128 78.175 Fonte: “Dossier statistico immigrazione” Caritas/Migrantes - Elaborazioni Centro studi e ricerche Idos su dati Istat e ministeri dell’Interno e Istruzione 2 0 12 novembre - dicembre Indici di integrazione degli immigrati Tra gli studiosi si riscontra una certa consonanza sui principali fattori ritenuti atti a favorire una situazione di integrazione. Il Cnel ha ricercato gli indicatori statistici più adatti, li ha raggruppati in indici specifici e ha elaborato un indicatore sintetico per misurare il potenziale di integrazione delle regioni e delle province e assegnare loro un punteggio con relativa graduatoria e fasce d’intensità (massima, alta, media, bassa, minima). In questo modo è possibile individuare gli ambiti in cui è stato fatto di più e quelli dove si impone un recupero. L’EmiliaRomagna e le sue province si collocano in fascia alta per il potenziale d’integrazione. Per l’indice di inserimento sociale, fatta eccezione per la provincia di Rimini, la fascia d’intensità è quella media e ciò indica che molto si può fare ancora per far fruire agli stranieri pari opportunità di sviluppo. La ricerca Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna Indici di integrazione degli immigrati Province Indice attrattività Indice inserim. sociale Province Graduat. Indice Graduat. Indice Bologna Ferrara Forlì Modena Parma Province 27- M 53 - M 23 - M 9-A 19 - M 52,3 41,6 54,4 63,7 56,2 Indice attrattività 82 - M 88 - M 86 - M 66 - M 28 - M 48,9 47,0 47,4 51,7 58,0 Indice inserim. sociale 7- A 71 - M 43 - M 15 - A 10 - A 70,2 44,3 56,4 67,3 68,8 26 - M 82 - M 62 - M 28 - M 12 - A 59,5 45,7 51,9 59,5 63,4 Indice inserim. sociale Graduat. Indice Graduat. Indice Piacenza Ravenna Reggio E Rimini Emilia R. 16 - M 21 - M 4-A 13 - A 3-A Province Indice attrattività Indice inserim. sociale Graduat. Indice Graduat. Indice Graduat. Indice Graduat. Indice Bologna Ferrara Forlì C Modena Parma Indice attrattività Piacenza Ravenna Reggio E Rimini Emilia R. 5-A 19 - A 1-A 27- A 2-A 59,3 54,5 67,0 61,4 79,0 71,7 65,9 79,4 63,6 69,6 39 - M 41 - M 29 - M 5-A 13 - M 9-A 21 - A 3-A 8-A 5-A 56,1 55,6 57,5 64,4 56,7 63,9 60,8 68,4 64,0 63,1 Glossario Indice di attrattività: 1. Incidenza, 2. Densità per kmq, 3. Ricettività migratoria, 4. Stabilità (% minori), 5. Appartenenza familiare (almeno un membro immigrato). Indice di inserimento sociale: 1. Accessibilità al mercato immobiliare, 2. Istruzione liceale: stabilità del soggiorno (permessi lavoro e famiglia rimasti in vigore); 4. Naturalizzazione; 5. Iniziativa familiare (capofamiglia immigrato). Indice di inserimento occupazionale: 1. Incidenza sugli occupati dei nati all’estero, 2. Rapporto tra assunti e cessati; 3. Reddito medio pro capite; 4. Tenuta dell’occupazione femminile; 5. Lavoro in proprio. Potenziale d’integrazione o indice sintetico: sintesi dell’indice di inserimento sociale e dell’indice di inserimento occupazionale 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Fonte: elaborazioni Centro studi e ricerche Idos sugli indicatori di integrazione del Cnel (VIII Rapporto) 119 Dialogo interculturale Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali È necessario verificare, caso per caso, il reale significato attribuito ai simboli dalle diverse culture/religioni e la loro eventuale valenza consuetudinaria al di là delle pratiche di culto a cui sono normalmente collegati di Francesco Margiotta Broglio libertàcivili Università di Firenze 120 È del tutto evidente che il mutamento della geografia etnica e religiosa che si è verificato in Europa da circa mezzo secolo (effetti della decolonizzazione, crescenti flussi migratori da Paesi islamici e loro incidenza sugli assetti interni, diaspora di fedeli appartenenti ai riti e alle chiese “autocefale” ortodosse dopo la fine della guerra fredda, libera circolazione dei cittadiIl mutamento della geografia ni nell’UE, etc.) ha aperto la strada, a livello etnica e religiosa in Europa nazionale ed europeo, alla tutela delle divernegli ultimi 50 anni ha aperto sità come componente essenziale del princila strada, in Italia e nell’UE, pio di uguaglianza sostanziale, mettendo, alla tutela della diversità, però, alla prova il paradigma della razionalità quale componente essenziale di origine illuminista e la neutralità degli ordidel principio di uguaglianza namenti giuridici e delle istituzioni, la coesione sociale, la garanzia della sicurezza, degli interessi pubblici, dei diritti dei terzi (spesso divergenti) e della stessa convivenza pacifica nelle società europee. Società rimaste tradizionalmente monoculturali e religiosamente omogenee, anche in presenza, ad esempio, in Gran Bretagna di chiese anglicane “dissidenti”, antiche e nuove, in Francia e in Germania di cattolici, luterani e riformati di tradizione calvinista, in Italia della storica chiesa valdese e in molti Stati di antiche comunità ebraiche di particolare rilevanza religiosa e culturale, nonostante nel mondo vi siano soltanto circa tredici milioni di ebrei. Come ha scritto Loredana Sciolla, negli stessi anni si sono presentati “sulla scena politica e sociale… soggetti, gruppi e 2 0 12 novembre - dicembre Dialogo interculturale movimenti che rivendicano il proprio diritto all’essere piuttosto che al fare o all’avere”, e che sono, in definitiva interessati a “ridefinire e modificare… il sistema di riferimento entro cui interessi e preferenze acquistano significato” (L. Sciolla in AA.VV., Identità, Torino, 1983). All’interno di un abusato e indeterminato concetto di “multiculturalismo”, il termine “identità” è venuto gradualmente ad essere applicato anche con riferimento a gruppi etnici, razziali e religiosi, ai loro interessi collettivi e alla loro tendenza ad autoevidenziarsi, senza, ovviamente, pretermettere gli interessi individuali degli appartenenti, sempre liberi di abbandonare l’area di “appartenenza” senza conseguenza alcuna su di essi e sulle loro identità “civili” (si veda in proposito S. Benhabib, La rivendicazione dell’identità culturale, Bologna, Il Mulino, 2005). Segnalerei, inoltre, le “nuove minoranze” create da recenti movimenti religiosi (che alcuni ordinamenti definiscono “sette”) a vocazione universale, come, ad esempio, i Pentecostali, la Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon, la Chiesa di Scientology di Ron Hubbard o i sincretisti del New Age, che si ritrovano un po’ dappertutto nell’Europa secolarizzata. È quasi superfluo citare, in proposito, l’art.14 della Convenzione europea dei diritti del’uomo che interdice la discriminazione sulla base di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche o di altra natura, origine nazionale o sociale, fortuna, nascita, appartenenza a una minoranza. È invece necessario richiamare la ricca legislazione del Regno Unito che è stata riorganizzata nell’“Equality Act 2010” (una sorta di testo Tra i gruppi che rivendicano unico) e che era stata preceduta dai regolala loro identità ci sono anche menti del 2003 che hanno recepito le note i movimenti religiosi direttive comunitarie del 2000 (n.43 e n.78 CE), – da alcuni definiti “sette” – e dall’“Equality Act 2006”, anche perché “le a vocazione universale, come numerose e dettagliate eccezioni ai divieti di discriminazione, giustificate da esigenze i Pentecostali, Scientology, la chiesa del reverendo Moon religiose, testimoniano il tentativo delle diverse ipotesi che possono emergere di conciliare le varie sfere del diritto antidiscriminatorio”, mentre, in prospettiva, “l’introduzione di un equality duty relativo alla religione… fa intravedere una nuova responsabilità dei pubblici poteri nella gestione del problema della uguaglianza e delle diversità religiose” (S. Coglievina, Divieti di discriminazione e fattore religioso, in “Quaderni di diritto e politica ecclesiastica”, 2011, n.2; si veda anche il volume curato da N. Ghanea, The Challenge of Religious Discrimination, Leiden-Boston, Nijhoff, libertàcivili Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali 2 0 12 novembre - dicembre 121 Dialogo interculturale libertàcivili 122 Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali 2003). Un caso, quello del Regno Unito, che sarebbe molto utile tenere presente, anche se il modello “comunitarista” si adegua con difficoltà alle nuove dinamiche determinate da culture e religioni in quanto fenomeni identitari. I culti di minoranza storicamente presenti nei diversi Paesi (ebraismo, protestantesimo e ortodossia negli Stati a maggioranza cattolica; cattolicesimo, piccole chiese protestanti “libere” o separate, e comunità “dissidenti” come gli “antichi calendaristi” nei Paesi a maggioranza I culti di minoranza presenti in diversi Paesi, nella seconda protestante o ortodossa) avevano comunque trovato, nella seconda metà del secolo metà dell’800, grazie alle norme scorso, soprattutto grazie alla normativa di internazionali sui diritti derivazione internazionale sui diritti dell’uomo, dell’uomo, avevano trovato statuti accettabili nei sistemi costituzionali statuti accettabili nei sistemi delle democrazie pluraliste europee, sempre più condizionati dalle regole internazionali costituzionali europei (generali e “regionali”, vincolanti e non vincolanti) sulla libertà di coscienza e di religione o convinzione e di espressione pubblica delle medesime. Del resto già per il secolo XIX – che in realtà si chiude solo con la prima Guerra mondiale – la storia religiosa e la storia culturale dei Paesi europei (caratterizzati anche da livelli profondamente diversi di alfabetizzazione: Napoli, ad esempio, aveva nel 1901 il 43% di analfabeti) avevano condizionato la formazione delle identità nazionali, mentre il nuovo disegno geopolitico del Continente – derivato dai Trattati di pace e dalla dissoluzione degli imperi austro-ungarico e turco e, all’Est, dalle conseguenze della Rivoluzione di ottobre – aveva iniziato a situare in primo piano la questione delle minoranze nazionali, etniche, religiose e linguistiche. In società di “immigrazione permanente” (Casanova) e di frammentazione delle identità (Taylor), come quelle europee di oggi, fortemente segnate anche da una crescente secolarizzazione – che non dà vita, però, a una pertinente identità – e da un evidente “disincanto” della vita sociale (Max Weber, Marcel Gauchet), alcune “questioni” hanno acquistato, non sempre appropriatamente, una maggiore visibilità di fronte alle opinioni pubbliche europee non predisposte, in alcuni contesti nazionali, a raccogliere le sfide della convivenza multiculturale. Luc Ferry ha parlato di “umanizzazione del divino” e di “divinizzazione dell’umano” (L’Homme Dieu, Paris, Grasset, 1996), Marcel Gauchet di “religiosità che ignora se stessa” (La condition historique, Paris, Stock, 2003): insieme 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili si sono interrogati sul “Religieux après la religion” (Paris, Grasset, 2004). Si deve, comunque, tener presente che i processi di secolarizzazione hanno spinto la religione e le sue organizzazioni dalla “sfera” pubblica verso quella “privata”, all’interno della quale, però, esse hanno sviluppato le loro dimensioni assistenziale, scolastica, culturale e caritativa nello “spazio” pubblico in ragione della utilità sociale – crescente e in continua evoluzione – che esse rappresentano di fronte a uno “Stato sociale” sempre più in crisi. E le religioni, che si stanno trasformando in centri di “servizio sociale”, hanno bisogno di simboli evidenti più delle “chiesemadri” tradizionali che, in quanto tali, fruiscono di una molteplicità di “simbologie” stratificate le quali sopravvivono nei contesti secolarizzati, che le emarginano, grazie alle loro valenze storiche e culturali, mentre le articolazioni “sociali” dei culti godono di una crescente accoglienza nello “spazio” pubblico, in controtendenza rispetto alla perdita di rilievo delle “chiese-madri” nella “sfera” pubblica. Dialogo interculturale Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali 2 0 12 novembre - dicembre 123 Dialogo interculturale libertàcivili 124 Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali Venendo alle “questioni” maggiormente visibili e maggiormente percepite dalle opinioni pubbliche occidentali e prescindendo da temi come quello della cripto-poligamia (in Francia sarebbero oltre ventimila le relative Tra le questioni indotte nelle famiglie) e ovviamente, dall’inaccettabile nostre società dalla presenza parere del Consiglio di Stato italiano sul di altri gruppi religiosi ci sono numero minimo di appartenenti per l’approi matrimoni forzati, il problema vazione dei ministri di culto da parte del minidegli edifici di culto, il rapporto stero dell’Interno, è possibile evidenziare, tra le molte, le seguenti: fra libertà di espressione matrimoni forzati (che il premier Cameron e vilipendio della religione ha definito “forme di schiavitù) contro i quali il Regno Unito ha approvato una legge di “protezione” e sta per approvarne una che li definisce “reati” e punisce con gravi pene i genitori (in questo Stato ogni anno 10mila ragazzi e ragazze – rispettivamente 2mila e 8mila – con passaporto inglese sono costretti a sposarsi contro la loro volontà: il 30% minorenni, il 15% con meno di quindici anni) edifici di culto e reparti sepolcrali nei cimiteri comunali delle religioni di recente insediamento rapporto tra benessere animale e macellazioni rituali, con obbligo di etichettatura delle carni provenienti dalle medesime (si veda in proposito il recente volume di Eric Baraty, Le point de vue animal, Seuil, Parigi, 2012) rapporto tra libertà di espressione e vilipendio delle religioni posto, solitamente, “a scudo dei valori della cultura maggioritaria” ma in trasformazione in “spada…per punire atti di intolleranza nei confronti della diversità culturale e delle sue manifestazioni” (A. Bernardi, L’ondivaga rilevanza penale del “fattore culturale”, in “Politica del diritto”, 2007, 1) punizione dei c.d. reati “culturalmente motivati” e previsione di esimenti per fatti giustificati da regole del gruppo culturale o religioso di appartenenza, o di aggravanti per reati commessi per ragioni etniche, religiose o culturali (A. Bernardi, op.cit.) separazione delle donne dagli uomini nelle pratiche “miste” come quelle sportive (ad esempio palestre scolastiche e corsi di nuoto) riconoscimento in alcune situazioni (quella ad esempio dello Stato del Rhode Island) di regole matrimoniali religiose in conflitto con l’ordinamento giuridico (il matrimonio tra zio e nipote femmina di religione ebraica non è considerato, in quello Stato, incestuoso) (si veda P. Renteln, The Cultural Defense, New York, 2004, p.121) adeguamento dei servizi alimentari collettivi alle regole 2 0 12 novembre - dicembre Dialogo interculturale dettate dalle confessioni religiose chiusura di esercizi commerciali nei giorni festivi per un determinato culto e apertura durante le festività di altri culti civilmente riconosciute (ad esempio la domenica) rilevanza delle festività di religioni “minoritarie” nei rapporti di lavoro e nei calendari scolastici simboli religiosi forti, evidenti o esteriori, immediatamente riconoscibili, indossati o esposti in sedi o spazi pubblici: in proposito non riterrei che si possano distinguere “esposizioni statali” da “esposizioni pubbliche” per quanto riguarda il significato “culturale o religioso” dei medesimi, mentre si deve tener conto della distinzione tra “spazio comune”, “spazio politico” e “spazio istituzionale”, come propone Silvio Ferrari richiamando Dominique Wolton (Il “burqua” e la sfera pubblica in Europa, in “Quaderni di diritto e politica ecclesiastica” 2012, n.1). E ricorderei, sempre in proposito, la questione del turbante e del pugnale dei Sikh nel Regno Unito, quella dei copricapi degli uomini di religione ebraica e quella, fin troppo agitata, dei “veli” islamici, alla quale il recente fasc.1 del 2010 dei “Quaderni di diritto e politica ecclesiastica”, curato da Roberto Mazzola, ha dedicato uno Tema centrale è anche quello specifico volume monografico con contributi, dei simboli religiosi forti, italiani e stranieri, di livello particolarmente alto evidenti o esteriori, indossati (aggiungerei la recentissima decisione della o esposti in sedi o spazi procura della Repubblica di Torino che ha pubblici, su tutti la questione riconosciuto la legittimità del burqua indossato per manifestare la propria appartenenza dei veli islamici in rapporto alle norme sull’ordine pubblico religiosa – ma assimilato dal denunciante a un “passamontagna” – da una signora egiziana a Chivasso a condizione che, a richiesta delle autorità e per i necessari controlli, acconsenta a scoprire il volto). A problemi come quello dei crocefissi cristiani in Italia e nella Repubblica federale tedesca si può collegare la sentenza che ha imposto la rimozione di una preghiera affissa sul muro di una scuola pubblica a Cranston (Rhode Island), e si può citare il caso della statua di Gesù nel comprensorio sciistico dello Stato del Montana, dove l’organizzazione laicista “Freedom from Religion” ha recentemente chiesto la rimozione della medesima alla competente Corte distrettuale, o la sentenza 2010 della Corte suprema degli Stati Uniti che ha legittimato la presenza di una croce nella riserva naturale del Mojave, contea di S. Bernardino in California. Pochi sembrano preoccuparsi, invece, di questioni altrettanto libertàcivili Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali 2 0 12 novembre - dicembre 125 urgenti e pertinenti come quella degli insegnamenti confessionali nelle scuole pubbliche e dell’assistenza spirituale nelle strutture obbliganti (l’autorizzazione a esporre immagini o simboli religiosi nelle celle carcerarie – prevista dal Dpr 230/2000 e oggetto di una recentissima ricerca del Csps dell’università di Roma-Tor Vergata sui diritti al culto negli istituti di pena del Lazio – potrebbe, ad esempio, essere estesa anche ai luoghi d i degenza) per i fedeli di confessioni religiose senza intesa o senza riconoscimento ai sensi della legge 1159/1929, nonché di quelle assai delicate derivanti dalle pratiche religiose che comportano mutilazioni genitali femminili e maschili (si pensi alla recente sentenza del La questione del crocefisso Tribunale di grande istanza di Colonia che esposto nei luoghi pubblici condanna la pratica della circoncisione rituale ha sviato l’attenzione da temi dei bambini, i quali hanno un diritto all’integrità più sostanziali quali fisica che deve prevalere sui diritti “religiosi” gli insegnamenti confessionali dei genitori e che ha spinto il governo tedesco a predisporre agli inizi di ottobre 2012 una nelle scuole statali o le pratiche religiose mutilanti proposta di legge sugli standard medici da rispettare in materia) o anche piccole incisioni sfregiative sulla pelle che indicano l’appartenenza a una determinata comunità (ad esempio la c.d. scarification in uso presso popoli come Nuba, Nuer e Yoruba). Venendo specificamente al tema dei simboli (che non può essere isolato dalle delicate questioni che, tra le molte, ho sopra elencato) vorrei, anzitutto, precisare che il problema non è tanto quello del simbolo in sé, quanto quello della “società, dei suoi principi, della sua storia, delle sue specificità” (S. Allievi, La laicità imposta per legge, in “Vita e Pensiero”, 2004, n.2), tanto è vero che esso si pone ed è percepito in termini molto diversi nei Paesi europei, sia sul piano del loro utilizzo, sia su quello delle proibizioni. Inoltre deve essere verificato, caso per caso, il reale significato attribuito ai simboli dalle diverse culture/religioni e l’eventuale valenza consuetudinaria di un simbolo al di là di pratiche di culto che alcune persone (i cosiddetti “credenti etnici”) potrebbero non volere esercitare, pur continuando ad indossare o esporre un determinato simbolo che non induca, però, comportamenti offensivi. Sembra superfluo, in materia, soffermarsi sulla posizione, nella gerarchia delle fonti interne, delle norme emanate in Italia in esecuzione di trattati internazionali, anche con riferimento all’articolo 117, comma 1, della Costituzione, novellato nel 2001, e alle sentenze 348 e 349/2007 della Corte costituzionale. Mi libertàcivili Dialogo interculturale Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali 126 2 0 12 novembre - dicembre Dialogo interculturale sia consentito, invece, di segnalare l’Osservazione generale n. 22 del Comitato diritti dell’uomo Onu all’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, nella quale viene specificato che “l’adempimento dei riti e la pratica della religione o della credenza possono… comprendere non soltanto atti cerimoniali, ma anche costumi e regole consuetudinarie, quali l’osservanza di prescrizioni alimentari, l’uso di vestiti o copricapo distintivi”, e una molto puntuale considerazione della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) nella decisione della sua Grande Camera sul noto caso “Sahin c. Turchia” del 2005, che richiama anche gli ormai ben conosciuti precedenti della propria giurisprudenza in materia: “Lorsque se trouvent en jeu des questions sur les rapports entre l’Etat et les religions, sur lesquelles de profondes divergences peuvent raisonnablement exister dans une société démocratique, il y a lieu d’accorder une importance particulière au role du décideur national. Tel est notamment le cas lorsqu’il s’agit de la réglémentation du port de symboles religieux dans les établissements d’enseignement, d’autant plus…au vu de la diversité des approches nationales quant à cette question. En effet il n’est pas possible La sentenza del 2005 della de discerner à travers l’Europe une conception Grande Camera della Corte uniforme de la signification de la religion europea dei diritti dell’uomo dans la société et le sens ou l’impact des sul caso Sahin c. Turchia, actes correspondant à l’expression publique rappresenta un vero e proprio d’une convinction religieuse ne sont pas les compendio della memes suivant les époques et les contexts…. La règlementation en la matière peut varier giurisprudenza in materia par conséquent d’un pays à l’autre en function des traditions nationales et des exigences imposées par la protection des droits et libertés d’autrui et le maintien de l’ordre public. Dès lors, le choix quant’ à l’étendue et aux modalités d’une telle réglementation doit, par la force des choses, etre dans une certain mesure laissé à l’Etat concerné, puisqu’il depend du contexte national concerné”. Margine di apprezzamento nazionale che non è, però, illimitato e che la Corte si riserva di valutare e “misurare” caso per caso, come è avvenuto con la successiva pronuncia “Arslan ed altri c. Turchia” (2010), proprio in materia di abbigliamento religioso nei luoghi pubblici. Con essa si esclude la conformità alla Convenzione del 1950 di divieti generalizzati adottati da singoli Stati, e non giustificati da specifiche circostanze (come ad esempio l’identificazione o i controlli di sicurezza e lo svolgimento di pubbliche funzioni), dell’uso negli spazi pubblici aperti libertàcivili Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali 2 0 12 novembre - dicembre 127 Dialogo interculturale libertàcivili 128 Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali di determinati simboli “vestimentari” di carattere “credenziale”. Avviandomi a concludere, vorrei osservare che, dal punto di vista del diritto, non si possono distinguere, sul piano della protezione o su quello dei divieti, comportamenti e simboli culturali e comportamenti o simboli religiosi – giustificati in base a regole proprie della comunità di appartenenza – tenendo anche conto che la “non credenza”, che si esprime sul piano culturale, è garantita allo stesso livello delle credenze di religione e che il Trattato sul funzionamento dell’UE (art.17, 3) riconosce allo stesso modo l’identità e il contributo delle confessioni religiose e delle organizzazioni filosofiche e non confessionali e prevede un dialogo aperto e regolare dell’Unione con entrambe. Inoltre il medesimo Trattato (art.19, 1) consente l’adozione di speciali misure per lottare contro ogni tipo di discriminazione fondata, tra l’altro, sulla religione o le convinzioni non religiose e l’origine etnica, della quale la cultura è componente imprescindibile. Infatti nel diritto internazionale dei diritti dell’uomo (Onu e Consiglio d’Europa) e, appunto, ora in quello dell’UE la dimensione culturale e quella religiosa sono prese in considerazione sempre unitariamente. Non solo, ma in tutti i numerosi atti internazionali prodotti dall’Unesco – organizzazione internazionale culturale per eccellenza, che nella Dichiarazione sulle politiche culturali del 1982 si è impegnata a promuovere unitariamente i relativi diritti e che ha prodotto convenzioni per la protezione del patrimonio Nel diritto internazionale e UE, culturale mondiale, materiale e immateriale, la dimensione culturale le quali garantiscono anche i beni di carattere e quella religiosa sono prese religioso – le identità etniche, culturali e reliin considerazione sempre giose sono prese in considerazione insieme quali elementi essenziali per la conservazione unitariamente, quali elementi essenziali per la conservazione e lo sviluppo delle culture in tutti i loro aspetti, con riferimento specifico ai gruppi e lo sviluppo delle culture minoritari che devono essere garantiti contro ogni tentativo di assimilazione alla cultura o alla religione della maggioranza. Aggiungerei che la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali (1995) parla espressamente (art. 5) – come del resto molti Atti dell’Osce seguiti a quello finale di Helsinki del 1975 – di garanzie per la conservazione e lo sviluppo delle loro culture e degli elementi essenziali della loro identità, in particolare della religione, lingua, tradizioni e patrimonio culturale. E lo stesso si può dire 2 0 12 novembre - dicembre Non entro, ovviamente, nel merito della già menzionata e vexata quaestio, dei vari veli e copricapi islamici o ebraici (segnalo, in proposito, che in occasione della recente visita pontificia a Milano sono state fotografate alcune suore di clausura eccezionalmente A proposito del velo, la Francia, fuori convento, ma integralmente velate). Vorrei dopo avere vietato nel 2004 ricordare, però, che la questione interessa i simboli religiosi nelle scuole, molti Paesi dell’Europa occidentale, in primis ha approvato nel 2010 la Francia che, dopo aver vietato nel 2004 una legge che interdice l’ostentazione di simboli nelle scuole, ha per prima, con l’apposita e “simbolica” legge la dissimulazione del volto 11 ottobre 2010, interdetto la dissimulazione nello spazio pubblico del volto nello spazio pubblico e ha visto lo scorso anno le prime condanne (Tribunale di Meaux, settembre 2011), mentre il velo non integrale è ammesso in gran parte dei Paesi ex-comunisti, ma continua a libertàcivili per quanto riguarda la Convenzione del 1989 sui diritti del fanciullo (art. 30) che aggiunge alle persone appartenenti alle minoranze classiche, le persone di indigenous origin le quali hanno il diritto, individuale e collettivo, di fruire della propria cultura, di usare la propria lingua e di praticare la loro religione e che, comunque, mette in primo piano i Bests Interests of the Child e cerca di armonizzare l’eventuale istanza di differenziazione culturale della prole con la richiesta dei genitori di educarli secondo la cultura o la religione cui essi appartengono (i problemi diventano complessi nel caso di genitori appartenenti a culture o religioni diverse). Tornando all’UE si deve osservare che tutta la ricca normativa, vincolante e non vincolante, contro la discriminazione diretta e indiretta, soprattutto nel settore dell’occupazione, contempla la religione e le convinzioni personali sempre insieme all’origine etnica della quale, è opportuno ripeterlo, la cultura è uno degli elementi portanti. Una normativa che valorizza, inoltre, ma a mio avviso con qualche eccesso, le chiese e le altre organizzazioni la cui “etica” sia fondata sulla religione o le convinzioni personali quando prevede clausole derogatorie nei casi in cui religione o convinzioni rappresentino un requisito essenziale e legittimo per lo svolgimento delle attività di chiese e organizzazioni c.d. di tendenza, ovviamente anche di natura culturale o filosofica. Preciserei, ancora, che nel decreto legislativo 215/2003, che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva CE 2000/43, sulla parità di trattamento, si fa espresso e unitario riferimento a “forme di razzismo a carattere culturale e religioso”. Dialogo interculturale Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali 2 0 12 novembre - dicembre 129 Dialogo interculturale Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali creare, in diverse situazioni, serie difficoltà alla laicità turca, su alcune delle quali si è pronunciata anche la Corte europea di Strasburgo. E segnalerei, anche, che la stessa questione ha finito per lambire la lontana Australia dove, nonostante la recente presenza islamica rappresenti soltanto l’1,7% della popolazione, nel 2010 il deputato conservatore Fred Niles ha proposto, richiamandosi all’esempio francese, ma per ora senza esito, l’adozione di una legge che vieti il burqua. Ricorderei, infine, che i diversi tipi di velo, integrale e non, in uso nell’Islam stanno creando non pochi problemi alle società emerse dalle Primavere arabe, nelle quali la competizione elettorale starebbe favorendo i movimenti politici fondamentalisti e soffocando le connessioni dei primi fermenti rivoluzionari con i principi di libertà e con i diritti civili maturati e proclamati nel mondo occidentale. libertàcivili Concludo ribadendo che non si possono distinguere – sul piano della protezione dei diritti fondamentali, dei limiti posti al loro esercizio o di illeciti penali riconducibili all’appartenenza a comunità (autoctone o immigrate) culturali/confessionali (cultural offences) – simboli religiosi e simboli culturali e facendo presente che proprio la necessità di conciliare principio di uguaglianza e rispetto della diversità permette di valorizzare concretamente le potenzialità del pluralismo costituzionale italiano e di gestire le questioni pratiche in base ai sistemi giuridici interno, internazionale e comunitario che vietano la discriminazione basata sulle appartenenze religiose e culturali. Regole concrete di compatibilità tra l’uguaglianza e una diversità essenzialmente “mobile” devono assicurare un equilibrio impossibile da definire astrattamente, ma da ricercare “in presa diretta con i problemi pratici che la società multiculturale pone incessantemente” (Colajanni), soprattutto attraverso l’opera del giudice destinato a svolgere un ruolo sempre più rilevante, come è stato anche recentemente sottolineato (Zatti, Urso, d’Usseaux, Il diritto di famiglia nell’Unione Europea, Padova, Cedam, 2005 e in “Politica del diritto”, 2011, n.4). 130 2 0 12 novembre - dicembre Buon esempio Gli ingredienti per vivere insieme Il programma “Arzillamente con ribollita e cous cous” realizzato da una tv comunitaria toscana coinvolge anziani e assistenti familiari, coniugando due competenze chiave della vita in comune: comunicare e cucinare Come trasformare in risorsa l’aumento del flusso migratorio e la crescita del numero di anziani, soprattutto non autosufficienti Nella provincia di Arezzo il 30% dei cittadini ha già compiuto 60 anni di età. In più di 25mila hanno festeggiato 80 anni e sono soprattutto donne (64%), che spesso vivono sole. Negli ultimi quattro anni la popolazione straniera è cresciuta del 20% e oggi conta 37.691 cittadini stranieri di 120 nazionalità diverse, con un’incidenza di oltre il 10%, più alta rispetto alla media italiana ed europea. Come trasformare in risorsa l’aumento del flusso migratorio e la crescita del numero di anziani, soprattutto non autosufficienti? Si può creare un circolo virtuoso di interazione tra anziani, istituzioni, terzo settore e assistenti familiari, per potenziare la qualità dell’assistenza? Sono questi gli obiettivi del progetto Arzillamente, promosso dalla direzione toscana dell’InpsInpdap e dalla provincia di Arezzo, in collaborazione con la Usl 8 di Arezzo, le zone socio sanitarie e vari soggetti del terzo settore. L’iniziativa, rispondendo ai bisogni di tanti anziani in difficoltà e delle numerose assistenti in cerca di lavoro, ha riscosso da subito un enorme successo. Ma per fare rete, a maglie strette e fitte, è importante che sempre più persone vengano a conoscenza del progetto per essere coinvolte direttamente. La sfida viene raccolta dalla giovane emittente comunitaria aretina Tsd, che interpreta gli obiettivi del progetto con il format televisivo Arzillamente con ribollita e cous cous, un “laboratorio di vita domestica” che coniuga due competenze chiave della vita in comune: comunicare e cucinare. Infatti, per chi entra in famiglia come sostegno alle persone non autosufficienti, gestire la casa, libertàcivili di Maria Grazia Profeta 2 0 12 novembre - dicembre 131 Buon esempio Arzillamente, un laboratorio di vita domestica cucinare e comunicare sono competenze strategiche per padroneggiare anche le regole del vivere insieme. E il programma va in onda proprio nel 2012, “Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni”. Tsd - Da tv locale a regionale, anche sul web libertàcivili Le puntate di “Arzillamente”, in onda sul canale 85 (provincia di Arezzo), si possono rivedere all’indirizzo www.tsdtv.it/arzillamente-con-ribollita-e-cous-cous/. Sul sito della tv anche un blog con notizie, approfondimenti e backstage e gli altri programmi dedicati al tema dell'immigrazione e dell'integrazione, come il notiziario in sei lingue Tsd Week World con lo speakeraggio affidato ai giovani di seconda generazione, La tavola delle religioni sul dialogo interreligioso e La Carta dei valori per approfondire diritti, doveri e Costituzione. Nel mese di novembre è nato il consorzio Toscana Link, collaborazione tra Tv Prato, Tsd e agenzia multimediale Toscana Oggi, così ben presto i programmi raggiungeranno i cittadini di tutta le regione. Intanto gli stranieri possono seguire la diretta tv anche sui cellulari. 132 2 0 12 novembre - dicembre Come accade nelle cucine degli italiani, anche vicino ai fornelli c’è sempre una televisione accesa. È l’espediente narrativo per inserire tra le ricette dei piatti, altre “ricette” che contribuiscono al benessere delle persone anziane. Mentre le donne cucinano quello che va in onda in tv cattura la loro attenzione e quella dei telespettatori. In ogni puntata due cuoche portano a cottura un piatto della tradizione locale e uno contaminato dal gusto di una comunità straniera residente nel territorio. Anche tra i conduttori si mettono in gioco persone di nazionalità diverse, che insaporiscono il racconto con storie e aneddoti del proprio Paese. Varie le rubriche di approfondimento dedicate alla salute e realizzate con il contributo di medici specialisti (geriatri, nutrizionisti, dietisti, psicologi ecc), come la conservazione dei cibi, alimentazione e farmaci, le età in cucina, la cucina che cura (diete e patologie) ecc. Tra le rubriche anche una dedicata al vocabolario in cucina, sugli equivoci alimentari, con risultati esilaranti. Buon esempio Arzillamente, un laboratorio di vita domestica La presenza discreta di una troupe televisiva in una classe del corso di italiano per stranieri del CTP “M. Buonarroti” di Arezzo ha permesso di chiarire il significato di espressioni come “pasta al dente”, “pollo alla diavola”, “pesce al cartoccio” o “riso saltato”. Sono nati mini-reportage esilaranti, che hanno immortalato il divertimento del confronto reciproco e lo stupore degli studenti di fronte a modi di dire italiani a loro avviso improbabili e buffi. “Inizialmente non tutti gli studenti hanno accolto con favore l’iniziativa”, rivela il docente Eustachio Del Piano. “Quelli con una competenza linguistica più deficitaria vivevano il confronto con il mezzo televisivo con preoccupazione. Ma superato il primo momento di comprensibile imbarazzo tutti si sono lasciati coinvolgere. Nessuno pensava che potesse essere commestibile un pollo ‘alla diavola’ perché il diavolo non è una cosa buona e ugualmente sono rimasti perplessi di fronte ai ‘topini’, scoprendo che sono gnocchi e non ratti. Questi episodi hanno reso le lezioni di cucina divertenti e interattive. Inoltre la consapevolezza di partecipare attivamente a un programma che entra nelle case di tutti ha giocato a favore ed è la prova tangibile di come i cittadini stranieri, se coinvolti adeguatamente, siano tutt’altro che chiusi e capaci di superare timori e pudori. Ma ovviamente la cosa che ha fatto più colpo è stato rivedersi in tv perché ha fatto toccare con mano l’efficacia della lingua che si sta imparando, nonostante le difficoltà.” 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Equivoci alimentari Il “pollo alla diavola” non può essere una cosa “buona” da mangiare 133 Buon esempio Arzillamente, un laboratorio di vita domestica “Parlare di immigrazione in tv significa parlare di uno dei principali temi d'attualità”, spiega il direttore di Tsd Andrea Fagioli. “L'immigrazione è un fenomeno che ormai da tempo ci riguarda da vicino e in modo costante. E non solo per gli sbarchi a Lampedusa o per le centinaia, forse migliaia, di morti nel braccio di mare tra le nostre coste e quelle dell'Africa settentrionale. Tutti i giorni ci troviamo a contatto con immigrati. Episodi come quello capitato a Firenze nel dicembre 2 011, con l'uccisione di due senegalesi e il ferimento di altri loro connazionali, sono sicuramente gesti di un folle, ma bisogna stare attenti alla cultura che può generare quella follia. La nostra, soprattutto in Toscana dove noi operiamo, è sostanzialmente una cultura d'accoglienza, ma c’è ancora molto da fare per contribuire a una mentalità davvero aperta all'integrazione. Con il format “Arzillamente” pensiamo di aver lavorato in questa direzione. E lo abbiamo fatto con l’espediente della cucina, intesa come luogo di ritrovo, di condivisione, di confidenza, di vicinanza”. libertàcivili La storia di Lejdi Diplomazia in cucina: “L’integrazione passa anche per la gola” 134 Lejdi Dervishi, 29 anni, di origine albanese, ha già collaborato con Tsd per la traduzione del notiziario in sei lingue Tsd Week World ma con il programma “Arzillamente” si è cimentata per la prima volta nel ruolo di conduttrice, aiutata dal sorriso contagioso e la parlantina vivace. “Ho trovato davvero geniale l’idea di integrare popoli diversi passando anche per la gola”. A Tirana Lejdi era docente universitaria alla facoltà di Lingue. Nel 2008 vince una borsa di studio del ministero degli Affari esteri presso l’università degli studi di Firenze e decide di rimanere in Toscana. Nonostante difficoltà burocratiche e pregiudizi, riesce presto a farsi strada, fino a ricoprire la carica di consigliere con delega all’internazionalizzazione di impresa 2 0 12 novembre - dicembre presso la Ascom di Arezzo. Consegue una seconda laurea all’università degli studi di Siena e collabora con la procura della Repubblica e il tribunale di Arezzo, dove oggi è iscritta all’Albo dei periti e consulenti d’ufficio. Frequenta la specialistica in Relazioni internazionali e Scienze diplomatiche e opera nel terzo settore (lezioni di intercultura con l’associazione Rondine e accoglienza come civilista nel pronto soccorso dell’ospedale San Donato). Da pochi mesi Lejdi, sposata con un italiano, ha ottenuto anche la cittadinanza italiana. Un passo fondamentale verso il suo sogno più grande: la carriera diplomatica. La provincia di Arezzo ha immediatamente colto le potenzialità intrinseche nella collaborazione con Tsd per una diffusione capillare del progetto Arzillamente e Mirella Ricci, vicepresidente dell’ente, nonché assessore alle Politiche sociali, sanitarie e alla multiculturalità, è convinta che investire nella comunicazione sia fondamentale: “La trasmissione televisiva di Tsd fa arrivare il progetto ai destinatari entrando nelle loro case, facendo passare con semplicità e chiarezza messaggi importanti per gli anziani e chi li assiste. È un modo per formare e formarsi. Conoscere chi sono le assistenti familiari, quali sono le loro culture di appartenenza, come cucinano e quali ingredienti utilizzano è il tramite Buon esempio Arzillamente, un laboratorio di vita domestica Al programma tv hanno partecipato anche i soggetti del territorio che offrono servizi agli anziani e a chi li assiste, tra cui la Cna provinciale di Arezzo. “Al di fuori del sistema di welfare si è costituito un particolare mercato sociale, luogo di incontro tra domanda privata (famiglie) e offerta di lavoro (badanti)”, spiega Barbara Bennati, responsabile delle Politiche sociali di Cna. “Il contatto con le famiglie avviene mediante un servizio pubblico o un’agenzia solo per una minima parte delle assistenti familiari. Le donne straniere più anziane di 40-55 anni, le più numerose, possiedono un titolo di studio e spesso una professionalità definita. In genere sono sposate, con figli grandicelli, e hanno un progetto di guadagno-massimo risparmio che considera le esigenze della famiglia allargata e che prevede un ritorno programmato. Le più giovani, 23-33 anni, fresche di studi spesso interrotti dopo il diploma, sono in genere nubili o già separate, con figli piccoli che vengono curati da parenti e con progetti matrimoniali di radicamento sociale e di non ritorno”. Alla luce dell’aumento esponenziale della popolazione anziana e del ritirarsi dello Stato sociale, Cna Arezzo ha aperto uno sportello per informare su vari adempimenti, dall’inquadramento contrattuale agli incentivi per l’assunzione. “Non dimentichiamo”, sottolinea Bennati, “che tra famiglie-datori di lavoro e colf o badanti in servizio spesso nascono insidiosi e costosi contenziosi, causati, nella maggior parte dei casi, da una gestione superficiale del rapporto di lavoro”. Un ulteriore servizio è lo sportello Cna World rivolto a lavoratori stranieri e datori di lavoro. 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Il mercato sociale e la Cna - Lo sportello apre anche in tv 135 Buon esempio Arzillamente, un laboratorio di vita domestica libertàcivili giusto per far incrociare anche culture molto diverse. Non è semplice, ma la strategia di squadra è quella vincente. Più soggetti con un unico obiettivo: raggiungere più persone possibile e far scoprire loro, anche nei media, un mezzo utile per la loro vita”. È Giuseppe Conte, direttore regionale Inps Toscana, che anticipa le nuove sfide: “Sul fronte informativo la copertura dei media è stata fondamentale per la buona riuscita del progetto, riuscendo da un lato a comunicarne le opportunità e le potenzialità e dall'altro ad essere parte integrante dell’iniziativa. Analogo ruolo i mezzi di informazione possono svolgere in relazione ai nuovi servizi che l’Istituto sta lanciando. Dopo due anni di sperimentazione progettuale, nei quali Arzillamente si è distinto a livello nazionale quale buona pratica, l’Inps sta avviando un nuovo servizio di assistenza per non autosufficienti. L’esperienza della rete territoriale di Arzillamente sarà fondamentale per portare il servizio a regime”. 136 2 0 12 novembre - dicembre Imaginarium Se Bollywood sbarca in Italia Tra i fenomeni legati alla presenza dei cittadini indiani non va trascurato il ruolo del cinema di “Bollywood”, che si fonda sul trapianto del mondo hollywoodiano nella città di Bombay e che ora riscuote successo anche nel nostro Paese di Valeria Bordi India, terra di sapori e odori speziati, di sacralità e di misticismo, cui l’Italia è legata da forti interessi economici, tanto da essere annoverata come partner strategico oltre che quinto fornitore europeo, anche in virtù di consistenti importazioni verso il continente indiano di macchine utensili, apparati elettronici, perfino di navi, mentre la progettazione condivisa sembra incentrarsi sulle automobili di I flussi migratori dall’India piccola cilindrata e sul food processing, verso il nostro Paese ancora poco conosciuto in una economia che non accennano a diminuire; può vantare la posizione di primo produttore nel 2006 gli indiani residenti di cibo al mondo. in Italia erano circa 70mila, Citando l’ex Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, questi “sono gli anni un numero quasi raddoppiato dell’India” ma, a dispetto dell’unanime cinque anni dopo considerazione di “Paese emergente”, i flussi migratori da queste terre verso il nostro Paese non accennano a diminuire e anzi la crescita di residenti nei diversi comuni italiani è sempre sostenuta. Nel 2006 gli indiani residenti in Italia si aggiravano sulle 70mila unità, quasi raddoppiate nel 2010 e disseminate in circa 4mila comuni, con maggiore concentrazione in Lombardia (circa 50mila), seguita da Emilia-Romagna (17mila), Veneto e Lazio (15mila), impiegati prevalentemente nei settori della ristorazione, del turismo alberghiero e del commercio ambulante. Un piccolo rivolo del miliardo e duecento milioni di indiani che popola le terre sud-asiatiche, secondi, con il 17% della popolazione mondiale, solo ai cinesi. libertàcivili Presidente di Integra Onlus 2 0 12 novembre - dicembre 137 libertàcivili Imaginarium Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia 138 Praticamente assenti dalle cronache per fatti di criminalità, gli indiani hanno una spiccata vocazione per l’agricoltura, nella quale esprimono un impegno stakanovista e un comportamento generalmente rispettoso, che li rende particolarmente apprezzati dai datori di lavoro, che in molti casi sono protagonisti di uno sfruttamento sistemico. Non a caso la concentrazione di comunità indiane si registra in macroaree caratterizzate dalle coltivazioni intensive: tra le prime 15 località per residenti indiani figurano Sabaudia, Fondi, Terracina e Anzio, tutte in posizione rivierasca e interessate da un bacino orto-frutticolo di rilievo. Nel 2011 l’International Herald Tribune ha dedicato un lungo reportage, con il titolo “I contadini indiani permettono al latte italiano di continuare a scorrere”, alla realtà della provincia di Cremona dove ancora oggi si continua a registrare una copiosa presenza di immigrati indiani del Punjab, per lo più sikh. Ad essi va riconosciuto un ruolo predominante nel mantenimento di quella cultura agricola e rurale che andava scomparendo, sostituendosi ai giovani italiani “che non vogliono lavorare con le vacche”. Ecco cosa ha creato l’incontro con gli indiani, da sempre annoverati tra i destinatari dei decreti flussi stagionali che ogni anno permettono l’accesso a una manovalanza apprezzata dall’imprenditoria nostrana. Quindi un successo sotto il profilo economico ma soprattutto nell’ottica dell’integrazione, che si realizza solamente in presenza del rispetto reciproco delle identità culturali e politicoIl successo dell’integrazione religiose tra comunità accogliente ed etnia indiana sotto il profilo ospitata, senza alcun tentativo di sovraordieconomico favorisce anche nazione o di imposizione dell’una da parte lo scambio fra le due culture dell’altra. nei loro diversi aspetti: arte, In questi termini risulta possibile l’integrazione e quindi uno scambio simbiotico tra le cinema, ballo, gastronomia, civiltà coinvolte, che comprende arte, cultura, stili di comportamento cinema, ballo, gastronomia e quant’altro, includendo talvolta anche gli stili comportamentali e le concezioni filosofiche ad essi correlate. Certo è che, in presenza di una convivenza integrata, non sempre le reazioni sono indolori e non è raro avvertire negli indiani giunti nel nostro territorio una fisiologica diffidenza verso il popolo ospitante, quasi si sentissero violati o derubati di qualcosa che appartiene solo a loro e che un occidentale può solo sminuire o non comprendere. 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili La costruzione di templi induisti in Italia può essere invece letta come un segnale chiaro di disponibilità e di fiducia da parte delle pubbliche amministrazioni italiane nei confronti di questa popolazione immigrata. Prossima al completamento, nel mantovano, è la costruzione di uno dei più grandi templi induisti, fortemente voluto dall’associazione locale Shri Hari Om Mandir. Un altro evento significativo in ordine al processo di integrazione in atto è l’inaugurazione del tempio sikh di Pessina Cremonese, uno dei Gurdwara più grandi d’Europa e alla cui apertura hanno partecipato circa seimila sikh provenienti da tutto il Nord Italia. I Gurdwara sono luoghi aperti a tutti, perché alla base del sikhismo c’è proprio il concetto dell’accoglienza nei confronti dell’altro, tant’è vero che annessa a ogni tempio c’è sempre una grande cucina, chiamata langar, dove chiunque arriva deve essere sfamato e ospitato gratuitamente, come segno del fatto che Dio accoglie tutti, a prescindere dalla religione o dalla etnia. Imaginarium Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia 2 0 12 novembre - dicembre 139 libertàcivili Imaginarium Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia 140 Nel contesto integrativo dei cittadini indiani in Italia non va trascurata una componente, apparentemente lontana e marginale, che si chiama “Bollywood”, un fenomeno che si fonda sul trapianto del lucente mondo hollywoodiano nella città di Bombay, che ha avuto un impatto dirompente sulla popolazione indiana, letteralmente stregata dalle storie cantate e ballate nella cinematografia dei registi made in India. Tra intermezzi di balli coinvolgenti e di musiche festose, le storie d’amore si intrecciano, con tonalità garbate e gradevoli siparietti, alle tematiche sociali più disparate, con epiloghi spesso a lieto fine. Un cinema/musical decisamente particolare, spesso manicheo per la marcata riconoscibilità delle presenze positive rispetto a quelle malvagie nell’intreccio proposto, un’arte/industria che proprio quest’anno compie il suo centesimo anno di vita. In tutto il mondo impazzano celebrazioni, festival, rassegne e galà che non possono essere in alcun modo ignorati dagli indiani sparsi in ogni angolo del pianeta. La data del primo vero lungometraggio è in realtà controversa, essa dovrebbe orientarsi intorno al 1912 o il 1913, tuttavia l’esplosione del cinema popolare cominciò dopo l’indipendenza, con una differenziazione tra il cinema impegnato, quello girato a Calcutta, e quello L’esplosione del cinema di “cassetta” prodotto in altre location. La popolare in India cominciò produzione nazionale è in grado di sfornare dopo l’indipendenza, con una circa 1.500 film l’anno, un numero da capogiro, differenziazione fra il cinema inducendo milioni di persone a fare file impegnato, girato a Calcutta, estenuanti per avere un “pass” per assistere all’ultimo film, per vivere un altro sogno indiano. e quello di “cassetta” Paradossale appare, però, il fatto che questo prodotto in altre location business per anni sembra essere stato finanziato e gestito dalla mafia locale, i cui boss riciclavano i proventi del contrabbando e del traffico d’armi e droga. Le star sono venerate al pari degli dei e l’importanza di queste celebrities è stata confermata anche dall’annuale lista della rivista Forbes che ha incoronato Shahrukh Khan come il più grande “divo” indiano sia per successo che per guadagni. I personaggi dei film si muovono tra identità tradizionale e confronto con la società occidentale, i modelli proposti sono in gran parte tradizionali, data la prevalenza dell’autorità paterna, della famiglia numerosa e delle sue esigenze; il tempio, le cerimonie e le feste continuano a occupare un posto molto importante malgrado l’apertura e la contaminazione verso generi più occidentali, come thriller o fantascienza, non accenni a fermarsi. 2 0 12 novembre - dicembre Tra i nomi di attori di questi ultimi anni come non citare Salman Khan, spesso impegnato in ruoli di macho imperturbabile ma con quell’ironia e quella giusta dose di scazzottate che richiamano tanto alla memoria le avventure delle pellicole nostrane interpretate da Bud Spencer. Tra le stelle bollywoodiane figura anche Shahid Kapoor, straordinario ballerino che ha tentato di uscire dallo stereotipo di bravo ragazzo che ha sempre interpretato, con una toccante interpretazione nel film “Mausam”. Tra le attrici affermate, spesso venerate, vanno citate Madhuri Dixit, Kajol, Rani Mukherjee, cui si affiancano le nuove promesse Anushka Sharma e Sonashki Malgrado l’affermazione Sinha. sul mercato interno, l’industria Malgrado l’affermazione sul mercato interno, cinematografica di Bollywood l’industria cinematografica indiana è sempre è sempre più rivolta a un più rivolta a un pubblico mondiale e questo pubblico mondiale e questo ha determinato da un po’ di tempo lo sviluppo determina lo sviluppo di trame di trame più elaborate, ma anche più impegnate nel sociale e in tematiche controverse più elaborate e impegnate come nel film “Dil se” dove la storia d’amore tra i due protagonisti diventa il pretesto per dipingere la dolorosa situazione del terrorismo kashmiro. Un'altra pellicola che ha ottenuto un grandissimo riscontro in Occidente è “Il mio nome è Khan”, storia ambientata sullo sfondo della tragedia dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle, incentrata sulle vicende di un giovane affetto dalla Sindrome di Asperger, che scoprirà, oltre all’amore, anche il dolore per la morte del figlio acquisito, picchiato solo per quel cognome che gli occidentali continuano ad associare automaticamente al terrorismo islamico. Da quel momento comincerà un lungo viaggio del protagonista in tutti gli Stati dell’America solo per raggiungere il Presidente e riferire “il mio nome è Khan e non sono un terrorista”. Il lungometraggio ha peraltro riconfermato al vertice dell’Olimpo cinematografico la coppia d’oro Sharhukh Khan-Kajol. Negli ultimi tempi le produzioni indiane hanno cominciato ad apprezzare come location anche il nostro Bel Paese, in particolare la Puglia, considerando anche il fatto che a Cisternino, noto centro del brindisino, risiede una rigogliosa comunità indiana. L’ashram di Cisternino, noto come Centro Bhole Baba, oggi Fondazione Bhole Baba, è sorto nel 1979 per volere del Mahavatar Babaji. La vita del Centro si svolge seguendo il modello dell’ashram di Herakhan, alternando la meditazione e la preghiera col lavoro comunitario. Nell’ashram di Cisternino, dal 1986, è presente un tempio identico a quello di Herakhan. libertàcivili Imaginarium Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia 2 0 12 novembre - dicembre 141 Imaginarium Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia libertàcivili Babaji stesso volle questo tempio come simbolo di unione profonda col suo ashram in India. Chiunque può partecipare ai riti o risiedere nell’ashram per un determinato periodo, soprattutto nei mesi estivi, periodo in cui si svolgono vari seminari, attività o incontri. Per chi è intenzionato a un approccio più ravvicinato a tale affascinante mondo o è desideroso di imparare la lingua hindi in modo leggero o desidera solamente godere della gioiosità ma anche della profonda spiritualità dei film bollywoodiani, si segnala a Roma, nel quartiere multietnico di Piazza Vittorio, la presenza di negozietti in grado di fornire, in dvd, il meglio della cinematografia indiana, oppure vestiti tradizionali per potersi calare ancor di più nell’atmosfera “speziata” del cinema indiano. Proprio qui si può toccare con mano il crescente interesse per tale fenomeno anche da parte degli italiani. Nella Capitale sono molte le iniziative che testimoniano il grande interesse verso questa cultura, anche per quanto riguarda la danza tradizionale. Una su tutte la compagnia Apsaras dance company, concepita nel 2005 dalla fondatrice Valentina Manduchi, specializzata in “Bollywood dance” insieme a ballerine professioniste qualificate in danza classica indiana, balletto classico, danza del ventre e altre discipline. Il grande pregio di tale compagnia risiede non solo nelle colorate e coinvolgenti esibizioni, ma anche nel portare esponenti dei diversi stili di danza indiana nel nostro Paese, proponendo interessanti e entusiasmanti stage, aperti a tutti gli appassionati. Tra questi merita una citazione il masterclass di banghra con Ravi Deep Kundan e la sua affascinante moglie italiana, che hanno fondato una delle prime compagnie in Italia di questo caratteristico ballo del Punjab, e avviato una vera attività di servizi di intrattenimento ed esibizioni nei matrimoni indiani celebrati nel nostro Paese, e quello di Karan Pangali, giovane ballerino, già partecipante al programma “just dance India” e ora coreografo e insegnante, pronto a condividere le sue abilità nei diversi stili di danza indiana e non solo. Al teatro degli Arcimboldi di Milano, nel 2010, un grande successo ha salutato il musical “Bharati”, con 60 ballerini e 900 costumi. Il cinema indiano, come la cultura e la comunità indiana, avanza senza sosta e strizza l’occhio al mondo occidentale. Un mondo che, nel nostro Paese, ha trovato lavoro e vive, in piena libertà, le proprie feste, le proprie tradizioni, e festeggia le proprie ricorrenze religiose e che noi dobbiamo rispettare evitando di cadere continuamente nel becero stereotipo di chiamare un sikh con la barba “Osama Bin Laden”. 142 2 0 12 novembre - dicembre Cosa pensano gli americani (e perché sono così diversi da noi) di Francesco Antinucci Laterza 2012 Sullo scaffale Un immigrato negli Stati Uniti è destinato a diventare un cittadino americano. Un immigrato in Europa, in Italia, è destinato a restare un immigrato, sia pure inserito e magari pienamente integrato. Il forte peso dei valori etnico culturali dei Paesi europei fa ancora oggi una differenza di fondo rispetto agli Stati Uniti, dove ciò che è in gioco non è l’etnia di provenienza ma la condivisione del credo democratico di quel Paese. Paradossalmente gli Stati Uniti, proprio perché basati storicamente sull’immigrazione, attraverso i criteri della cittadinanza e dell’adesione ai valori fondamentali della Costituzione sono stati in grado di accogliere questa massa di gente rendendola a pieno titolo parte del Paese: rendendola cittadini americani. Negli ultimi vent’anni sono immigrate legalmente negli Stati Uniti circa un milione di persone l’anno. Tre quarti di queste persone diventano cittadini americani pleno iure. E i loro figli attraverso lo ius soli sono anch’essi subito americani. L’Italia, all’opposto, sembra superare qualunque altro Stato nella rigidità dell’appartenenza etnica come criterio di cittadinanza. Nell’unico caso in cui è costretta ad accettare lo ius soli lo fa con estrema riluttanza: oltre a essere nati in Italia bisogna averci vissuto 18 anni di seguito senza avere lasciato mai il Paese per poterlo invocare. E si ha una finestra di un solo anno di tempo per poterlo fare, poi si resta stranieri. L’interesse del nuovo libro di Francesco Antinucci, intellettuale e direttore di ricerca all’istituto di Scienze e Tecnologie della cognizione al Cnr, è nel far riflettere sulla serie di elementi di base attraverso i quali comprendere la profonda differenza tra la mentalità e la cultura dell’ “essere europei” rispetto a quella dell’“essere americani”: un principio di identità secondo il quale, scrive l’autore, “l’appartenenza alla nazione non avviene su base etnica bensì per adesione a un credo ideologico-politicoistituzionale; un principio che diverge radicalmente da quello europeo”. Antinucci spiega il come e il perché di tutto questo per i Saggi tascabili di Laterza attraverso una serie di coinvolgenti dialoghi sulla cittadinanza, sull’uguaglianza, sulla filantropia e sulla menzogna. Un manuale di conoscenza e di riflessione davvero da non perdere. libertàcivili Sullo scaffale 2 0 12 novembre - dicembre 143 Sullo scaffale Sullo scaffale libertàcivili L’islam radicale in Africa a cura di Daniele Cellamare, Roberto Angiuoni, Maria Egizia Gattamorta Editrice Apes 2012 144 2 0 12 novembre - dicembre “L’Islam radicale in Africa” è un lungo e completo viaggio che Daniele Cellamare - docente di Storia delle istituzioni militari presso l’università “Sapienza” di Roma e direttore dell’Istituto studi ricerche, informazione difesa (Istrid) insieme agli altri due autori Roberto Angiuoni - studioso di Storia delle relazioni internazionali - e Maria Egizia Gattamorta - esperta di questioni mediterranee e africane - racchiudono in un volume di studi approfonditi. Tale volume percorre storicamente, geograficamente e politicamente il continente africano attraverso i processi di espansionismo islamico e le analisi geopolitiche di un fenomeno che dopo l’11 settembre 2011 ha aperto un dibattito sempre più acceso in Europa su cause ed effetti del fondamentalismo religioso. I tre autori attraversano il variegato sistema di compenetrazione storica politica e socio culturale che l’Islam radicale sponsorizza in maniera crescente nei Paesi a forte componente religiosa musulmana, partendo da ricerche storiche e analisi geopolitiche di quei fenomeni che l’Europa ha iniziato a guardare con crescente attenzione solo quando il fondamentalismo religioso ha costituito una minaccia diretta per i Paesi della sponda nord del Mediterraneo attraverso il terrorismo islamico, le crisi politico economiche parallele alla Primavera araba o gli esodi di massa dai Paesi colpiti dall’instabilità politica. Un dibattito aperto sul ruolo dell’islamismo accompagna le ricerche approfondite che spesso sfatano i luoghi comuni più scontati, ripercorrono i processi di arabizzazione del Maghreb, le influenze coloniali nel Nord Africa, o i modelli sociali depauperanti sul piano culturale del radicalismo islamico. Ed è ancora “l’ombra lunga del fondamentalismo” ad essere oggetto degli studi di Cellamare che ne traccia con precisione e accuratezza percorsi geografici e strategie paramilitari. Con un risalto significativo al rapporto di giugno 2011 di Amnesty International per l’Africa che si conclude con una drammatica considerazione sul destino degli adolescenti somali: “Se sei un bambino in Somalia rischi la vita in ogni momento, puoi essere ucciso, reclutato e spedito al fronte, punito dagli al-shabab perché ti hanno trovato mentre ascoltavi musica o indossavi vestiti sbagliati, costretto ad arrangiarti solo perché hai perso i genitori o puoi morire perché non hai accesso alle cure mediche”. Per comprendere appieno i meccanismi dell’espulsione e dell’estradizione, al giorno d’oggi, bisogna essere profondamente consapevoli della difficoltà di giudizio e applicazione di questi sistemi, legati come sono da una parte all’antica storia della collocazione dello straniero all’interno di sovranità statali dirette e, dall’altra, all’evoluzione etica, politica e sociale che ha arricchito il nostro mondo reale della tutela dei diritti umani. Diritti umani goduti non solo dai residenti o dai cittadini, ma da tutte le persone in quanto individui, in quanto umani. È questo l’approccio seguito dalla monografia “Estradizione, espulsione e tutela dei diritti umani” (Aracne, Roma 2012), curata da Sandro Valletta, docente in Diritto delle migrazioni all’università “Guglielmo Marconi” di Roma. Si tratta del quinto volume di una collana sul Diritto delle migrazioni che intende coniugare la ricerca e l’interpretazione della normativa con l’individuazione della natura e della tipologia dei “conflitti” più ricorrenti che l’immigrazione ha alimentato e alimenta. Il volume intende offrire una fotografia dello stato attuale degli istituti dell’espulsione e dell’estradizione, collocata all’interno delle tutele dei diritti umani, sia nazionali sia internazionali, pur non tralasciando alcuni istituti maggiori ad essi collegati quali il respingimento o l’asilo, in relazione alla permanenza dello straniero sul territorio nazionale. Parlare di diritti umani significa ritrovare i fili di un tessuto che oggi è un unico e variegato arazzo, ma che parla di migliaia di esperienze e di vita di gente di tutto il mondo. I concetti di universalità, globalità, multiculturalità e migrazione sono alla base dei vissuti storici e sociali che sono stati riportati attraverso la ricostruzione della genesi di tutti quei documenti che hanno costituito la base delle attuali convenzioni internazionali sull’argomento. Proprio perché non è possibile parlare di “qui e oggi”, senza far riferimento al resto del mondo e al passato, la ricostruzione dell’evoluzione dei diritti umani è stata affrontata narrando la storia delle istituzioni internazionali e regionali e gli strumenti di tutela adottati nei vari contesti, fino ad arrivare allo Stato italiano, per affrontare più dettagliatamente lo stato di fatto nell’ambito nazionale, in particolare degli istituti dell’espulsione e dell’estradizione. Gli argomenti sono stati ripartiti in quattro capitoli. Nel primo viene illustrata la tutela dei diritti umani nella sua accezione più generica, cercando di offrire una panoramica storica della genesi dei vari tipi di garanzie sviluppatesi a tutela dei diritti della persona. A completamento, viene offerta una carrellata di tutti quegli organismi istituzionalmente preposti che costituiscono una rete di strumenti, talvolta anche sovrapposti, i quali concorrono al manteni- libertàcivili Estradizione, espulsione e tutela dei diritti umani Sandro Valletta Aracne 2012 Sullo scaffale Sullo scaffale 2 0 12 novembre - dicembre 145 Sullo scaffale Sullo scaffale libertàcivili mento, ma soprattutto alla tutela dei diritti umani nei loro mille volti. Nel secondo capitolo si affrontano gli argomenti dell’asilo e dell’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale, apparentemente in antitesi tra loro, ma ineludibilmente interconnessi, mentre il terzo capitolo verte sull’espulsione nell’ambito della disciplina dell’emigrazione, mettendone in risalto gli elementi che più incidono sulla sfera della libertà e sulla vita della persona: un complesso di divieti e limitazioni controbilanciati, quasi sempre, da garanzie poste a salvaguardia di quei diritti umani, faticosamente acquisiti, che costituiscono tutele irrinunciabili. Nell’ultimo capitolo si affronta l’estradizione all’interno delle complesse regolamentazioni nazionali, comunitarie e internazionali. Si opera, infine, un distinguo relativo alla recente introduzione del nuovo istituto del mandato di arresto europeo. Da un lato l’UE si è dotata di uno strumento snello ed efficace per gli obiettivi di cooperazione di giustizia, dall’altro ha finito per sacrificare le libertà individuali in nome della sicurezza pubblica. Volgere l’attenzione all’espulsione e all’estradizione, soprattutto nell’universo Italia, permette di sottolineare quel gap che contrappone una reale e fattiva tutela del diritto umano al bisogno collettivo di sicurezza. Le conclusioni del volume evidenziano come la diatriba circa la scelta operata dalle istituzioni sul tipo di interessi meritevoli di tutela possa farsi risalire all’assenza di universalità nell’interpretazione dei diritti umani. L’ago della bilancia in queste scelte è rappresentato dall’importanza della valenza dei diritti umani ed è evidente come solo attraverso il dibattito tra culture diverse, istituzioni e singoli individui, sia possibile trovare quell’equilibrio, sentito e accettato da tutti, che costituisce la giusta espressione e tutela dell’universalità dei diritti umani. Tuttavia, pur riconoscendo l’esistenza di numerose certezze, è indubbio che il cammino da percorrere sia ancora molto lungo. 146 2 0 12 novembre - dicembre Documentazione e Statistiche a cura di Stefania Nasso Documentazione e Statistiche I risultati della procedura di emersione 2012 dei rapporti di lavoro irregolari dei cittadini stranieri a cura di Stefania Nasso libertàcivili Presentiamo di seguito i dati della procedura di emersione dal lavoro irregolare dei cittadini stranieri extracomunitari del 2012. La dichiarazione di emersione poteva essere presentata a partire dal 15 settembre 2012 fino al 15 ottobre 2012 dai datori di lavoro (italiani, comunitari o extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo) che occupavano irregolarmente, da almeno tre mesi, lavoratori stranieri extracomunitari presenti in Italia almeno dal 31 dicembre 2 011. Non sono state stabilite quote massime di ammissione e non si è verificata quindi la necessità di inoltrare le istanze con l’urgenza di solito necessaria in occasione del decreto flussi. La domanda di regolarizzazione ha riguardato esclusivamente i rapporti di lavoro subordinato a tempo pieno e quelli del settore del lavoro domestico e di assistenza alla persona (colf e badanti) anche part-time. Ai datori di lavoro è stato richiesto il pagamento di un contributo forfetario di mille euro in fase di avvio della procedura di emersione. Successivamente alla presentazione dell’istanza, lo Sportello unico per l’immigrazione, dopo aver proceduto a una serie di verifiche e acquisizioni di pareri, in caso di esito positivo, convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno e per la presentazione della richiesta di soggiorno per lavoro subordinato. La chiusura definitiva della procedura è stata il 31 dicembre 2012, avendo il ministero dell’Interno concesso la possibilità di inviare le domande a quei datori di lavoro che, pur avendo versato nei tempi stabiliti il contributo forfetario di mille euro, non avevano provveduto a completare la procedura. I moduli telematici compilati sono stati 141.498. Di questi, le domande effettivamente inviate sono state 134.743 di cui 116.085 per la regolarizzazione di colf e badanti e 18.658 per la regolarizzazione di lavoro subordinato, con una netta prevalenza delle domande di emersione per lavoro domestico e di assistenza alla persona. 148 2 0 12 novembre - dicembre Totale istanze presentate Modello Numero domande MOD. EM-DOM 116.085 MOD. EM-SUB 18.658 Totale 134.743 Documentazione e Statistiche I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012 Totale istanze per settore produttivo Modello Settore produttivo Settore produttivo Agricoltura 4.9 02 *ND Alberghi e ristoranti 1.632 Organismi associativi Assicurazioni Attività professionale Attività professionale infor. Attività ricreative 8 495 5 164 Numero domande 211 2 Pesca 30 Rapporto di agenzia 24 Servizi 61 Servizi assistenziali 53 Carta - Stampa 85 Servizi collettivi 14 Chimico 35 Servizi domestici 91 Commercio Modello EM-SUB Numero domande Commercio dirigenti Conciario-Calzaturiero Costruzioni 2.916 5 93 3.3 40 Servizi in agricoltura Servizi istruzione 2 11 Servizi locali 4 Servizi pubblici 3 Estrattivo 23 Servizi pulizia Gomma 56 Servizi sanitari Industria 51 Tessile Industria dirigenti 15 Trasporto attività connesse 175 Intermediazione Legno Manifatturiera Metalmeccanico Minerali non metalliferi 7 174 21 1.115 998 24 626 Trasporto Comunicazione Trasporto marittimo Trasporto terrestre Turismo 24 2 460 16 28 Modello EM-DOM Servizi domestici 116.0 8 5 Totale: 116.085 libertàcivili Totale: 18.658 2 0 12 novembre - dicembre 149 Documentazione e Statistiche I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012 La distribuzione delle domande per nazionalità vede al primo posto il Bangladesh, seguito nell’ordine da Marocco, India, Ucraina, Pakistan, Egitto e Cina. Totale istanze per nazionalità Nazionalità lavoratore Afghanistan 13 3 Albania 2.764 1.128 Algeria 1.3 3 3 451 Andorra 2 Angola 2 Apolide 3 Arabia Saudita 2 58 9 Armenia 11 1 Australia 5 Azerbaigian 2 Bahama 6 Bangladesh Barbados Benin 1 5 2 14.3 6 5 1.411 3 27 4 Bielorussia 207 8 Bolivia 335 71 33 13 Brasile 970 123 Brunei 1 Bosnia ed Erzegovina Burkina Faso 181 59 Burundi 2 1 Cambogia 3 Camerun Canada Capo Verde libertàcivili 2 Argentina Bahrein 150 Numero di domande Modello EM-DOM Modello EM-SUB 141 13 4 1 74 Centrafrica 2 Christmas 1 Ciad Cile Cina Popolare 3 1 43 8 8.8 4 9 1.3 9 0 (segue) 2 0 12 novembre - dicembre Totale istanze per nazionalità Cina Repubblica Nazionale Cocos Colombia Congo Corea del Nord Corea del Sud Costa d’Avorio Costarica Croazia Cuba Dominica Ecuador Egitto El Salvador Emirati Arabi Uniti Eritrea Etiopia Figi Filippine Gambia Georgia Ghana Giamaica Giappone Gibuti Giordania Groenlandia Guadalupa Guatemala Guinea Guinea Bissau Haiti Honduras Hong Kong India Indonesia Numero di domande Modello EM-DOM Modello EM-SUB 458 130 1 115 14 2 32 101 6 36 122 40 471 8.3 0 2 925 1 11 45 2 2.687 45 2.73 5 966 3 20 1 13 1 1 45 50 6 3 277 7 10.6 0 8 10 18 6 22 17 12 19 4 102 2.418 81 5 70 8 13 107 1 13 3 1 5 1 10 1 2.703 1 (segue) libertàcivili Nazionalità lavoratore Documentazione e Statistiche I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012 2 0 12 novembre - dicembre 151 Documentazione e Statistiche libertàcivili 152 I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012 Totale istanze per nazionalità Nazionalità lavoratore Iran Iraq Isole Vergini Israele Jugoslavia (Ex-Serbia e Montenegro) Kazakistan Kenia Kirghuzistan Kosovo Libano Liberia Libia Macao Macedonia Madagascar Malawi MalaAysia Maldive Mali Malvine Marianne Marocco Marshall Mauritania Maurizio Messico Micronesia Stati Federali Moldavia Monaco Mongolia Montenegro Mozambico Namibia Nepal Nicaragua Numero di domande Modello EM-DOM Modello EM-SUB 41 4 1 10 7 6 3 104 30 66 147 181 55 15 20 1 104 23 2 5 1 27 1 7 12.664 2 16 289 33 2 2.852 1 3 12 2 1 194 36 97 3 3 4 141 14 2 16 49 1 1 7 3 2.963 1 21 6 139 1 16 4 (segue) 2 0 12 novembre - dicembre Totale istanze per nazionalità Nazionalità lavoratore Numero di domande Modello EM-DOM Modello EM-SUB Niger Nigeria Oman Pakistan Palau Repubblica Palestuna Panama Paraguay Perù Rep. Dominicana Rep. Democratica del Congo Ruanda Russia Samoa S.Christopher e Nevis Seicelle Senegal Serbia Sierra Leone Singapore Siria 46 3.271 5 10.4 9 9 7 8 2 108 1.647 221 12 2 717 1 1 12 5.83 5 130 11 1 67 15 3 51 1 1.243 Somalia Sri Lankka (Ceylon) Stati Uniti d’America Sud Africa Sudan Tagikistan Tanzania Thailandia Timor Togo Tunisia Turchia Tuvalu Ucraina Uganda 3 2.677 32 3 7 2 20 31 2 44 3.164 156 6 12.6 4 3 7 1 15 6 11 Documentazione e Statistiche I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012 2 8 127 31 30 468 36 2 10 4 3 (segue) libertàcivili 13 1.4 57 16 6 1 518 2 0 12 novembre - dicembre 153 Documentazione e Statistiche I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012 Totale istanze per nazionalità Nazionalità lavoratore Numero di domande Modello EM-DOM Modello EM-SUB Uruguay Uzbekistan Vanuatu Venezuela Vietnam Yemen Zambia Zimbabwe Totale 19 10 1 86 5 2 1 3 116.0 8 5 5 12 2 18.658 Le province che hanno registrato il maggior numero di domande sono Milano, Roma e Napoli. Totale istanze per provincia Provincia libertàcivili Agrigento Alessandria Ancona Aosta Arezzo Ascoli Piceno Asti Avellino Bari Belluno Benevento Bergamo Biella Bologna Bolzano Brescia Brindisi Cagliari Caltanisetta 154 Numero domande Modello EM-DOM 211 501 617 48 671 544 174 201 1.6 9 0 176 132 3.3 9 8 77 2.986 587 4.689 141 512 79 Numero domande Modello EM-SUB 49 73 129 12 107 80 28 55 249 11 19 4 41 4 282 51 534 24 57 24 (segue) 2 0 12 novembre - dicembre Totale istanze per provincia Provincia Campobasso Numero domande Modello EM-DOM 88 Numero domande Modello EM-SUB 67 Caserta 2.4 2 8 618 Catania 523 112 Catanzaro 290 73 Chieti 14 6 36 Como 1.0 6 6 187 Cosenza 626 288 Cremona 84 6 85 Crotone 147 97 Cuneo 472 69 19 3 Enna Ferrara 830 93 Firenze 2.253 333 Foggia 534 378 Forlì 61 9 30 Frosinone Genova Gorizia 280 40 1.280 235 91 13 Grosseto 273 26 Imperia 322 34 18 8 L’Aquila 402 169 La Spezia 333 55 Latina 2.012 924 Lecce 553 51 Lecco 639 42 Livorno 597 57 Isernia Lodi 478 85 Lucca 392 38 Macerata Mantova 717 68 1.8 8 3 179 21 6 16 Matera 15 6 110 Messina Milano (segue) libertàcivili Massa Carrara Documentazione e Statistiche I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012 2 0 12 novembre - dicembre 155 690 74 15.5 6 7 3.5 21 Documentazione e Statistiche I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012 Totale istanze per provincia Provincia Modena Monza Brianza Napoli Novara Nuoro Oristano 315 2 - 10.261 853 755 123 73 8 26 5 1.409 218 Palermo 1.180 113 Parma 1.397 106 Pavia 1.083 173 Perugia 791 91 Pesaro 313 31 Pescara 310 37 624 53 1.210 91 Pistoia 281 49 Pordenone 221 13 Potenza 161 100 Prato 928 12 8 Ragusa 974 525 Ravenna 608 43 Reggio Calabria 1.3 2 6 10 5 Reggio Emilia 2.652 251 Rieti 145 12 Rimini 613 79 Roma 12.17 3 1.6 5 5 386 91 Salerno 2.341 1.11 5 Sassari 468 48 Savona 536 59 Siena 4 07 25 Siracusa 112 89 Sondrio 137 22 Tranto 212 66 Teramo 316 63 Pisa Rovigo libertàcivili 2.578 Numero domande Modello EM-SUB Padova Piacenza 156 Numero domande Modello EM-DOM (segue) 2 0 12 novembre - dicembre Totale istanze per provincia Provincia Numero domande Modello EM-DOM Terni Torino Numero domande Modello EM-SUB 223 26 2.762 355 Trapani 168 65 Trento 383 43 Treviso 1.227 146 Trieste 200 38 Udine 246 50 Varese 1.734 167 Venezia 1.534 111 172 24 Verbano Cusio Ossola Vercelli 159 7 Verona 2.605 268 Vibo Valentia Vicenza 89 11 2.086 112 Vitebo 268 37 Totale 116.085 18.658 Documentazione e Statistiche I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012 I datori di lavori hanno in gran par te inviato la domanda direttamente, oltre ad avvalersi degli altri soggetti abilitati all’inoltro telematico. Modalità di compilazione dei moduli Privati 83.618 Associazioni e patronati 53.269 Comuni Totale 4.19 6 415 141.4 9 8 libertàcivili Consulenti del lavoro 2 0 12 novembre - dicembre 157 Hanno collaborato a libertàcivili Francesca Locatelli Cristiano Marini Enrico Melis Mario Morcone Marco Omizzolo Luca Pacini Giuseppe Roma Stefano Sampaolo Augusto Venanzetti Mario Morcone Maria Assunta Rosa Alfonso Rosolia Peter Schatzer Le interviste Isabella Bertolini Alberto Bombassei Gianclaudio Bressa Michel Camdessus Domenico Lucano Morena Piccinini Consuelo Rumi Maurizio Sacconi Fouad Twal libertàcivili 1/10 libertàcivili 4 /10 Gian Carlo Blangiardo Enzo Cheli Luigi De Andreis Guerino Di Tora Renato Franceschelli Daniela Ghio Mario Giro Antonio Golini Nunzia Marciano Mario Morcone Vinicio Ongini Nadan Petrovic Stefano Rolando Giulio M. Salerno Volker Türk Antonio Maria Vegliò Foad Aodi Carlo Cardia Anna Di Bartolomeo Ester Dini Antonio Golini Pina Lalli Agostino Marchetto Bruno Mazzara Enrico Melis Mario Morcone Carlo Nicolais Maruan Oussaifi Anna Prouse Francesca Rinaldo Maria Virginia Rizzo Maria Assunta Rosa libertàcivili libertàcivili 2/10 Carlo Borgomeo Vincenzo Cesareo Federico Cingano Giuseppe De Rita Renato Franceschelli Antonio Golini Cristiano Marini Alessio Menonna 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili 3/10 Rita Bichi Arianna Caporali Enrico Cesarini Antonella Dinacci Andrea Fama Paolo Garimberti Daniela Ghio Chiara Giaccardi Giovanna Gianturco Guia Gilardoni Giampiero Gramaglia Roberto Natale Viorica Nechifor Mario Morcelini Mario Morcone Angela Oriti Nando Pagnocelli Antonello Petrillo Lorenzo Prencipe Maria Vittoria Pontieri Serenella Ravioli Alessandra M.Straniero Le interviste Fedele Confalonieri Sergio Zavoli Le interviste Elisabetta Belloni Carolina Lussana Cecilia Malmström libertàcivili 6/10 Alberto Bordi Piero Alberto Capotosti Klodiana C¸ uka Andrea De Martino Antonio Golini Marco Lombardi Manuela Lo Prejato Antonio Marzano Massimiliano Monnanni Mario Morcone Gabriele Natalizia Piero Raimondi Giovanni Giulio Valtolina Marco Villani Le interviste Marou Amadou Howard Duncan Franco Frattini Demetrios Papademetriou libertàcivili 5 /10 Alfredo Alietti Alfredo Agustoni Alberto Bordi Vasco Errani Andrea Fama Giovanna Gianturco Antonio Golini Maurizio Guaitoli Anna Italia Valeria Lai 2010 Le interviste Gianni Amelio Zygmunt Bauman Maria Stella Gelmini Roberto Maroni 158 Le interviste Sergio Chiamparino Flavio Tosi Hanno collaborato a libertàcivili libertàcivili 1/11 libertàcivili 4 / 11 Maurizio Ambrosini Elena Besozzi Gian Carlo Blangiardo Guia Gilardoni Graziella Giovannini Antonio Golini Gaia Peruzzi Angela Pria Stefania Rimoldi Maria Virginia Rizzo Maria Assunta Rosa Mariagrazia Santagati Milena Santerini Mohamed A.Tailmoun Giovanni Giulio Valtolina Attilio Balestrieri Corrado Beguinot Alberto Bordi Raffaele Bracalenti Alessia Damonte Andrea Fama Massimiliano Fiorucci Chiara Giaccardi Mario Giro Alfonso Molina Roberto Mongardini Ban Ki Moon Maria Paola Nanni Marco Omizzolo Franco Pittau Angela Pria Enzo Rossi Vincenzo Scotti Francesco Vecchio Luca Vitali Berna Yilmaz Le interviste Erri De Luca libertàcivili 3/11 Vincenzo Cesareo Enrico Cesarini Enzo Cheli Ennio Codini Andrea Fama Monia Gangarossa Antonio Golini Nelly Ippolito Macrina Angelo Malandrino Massimo Montanari Lara Olivetti Marco Omizzolo Nadan Petrovic Mariavittoria Pisani Angela Pria Gianfranco Ravasi Giuseppe Roma Le interviste Graziano Delrio Le interviste Sonia Viale libertàcivili 2/ 11 Paula Baudet Vivanco Marinella Belluati Alberto Bordi Emanuela Casti Andrea Fama Guia Gilardoni Anna Italia Marcello Maneri Anna Meli Mario Morcellini Angela Pria Enrico Pugliese Serenella Ravioli libertàcivili 5 / 11 Miguel Angel Ayuso Guixot Valeria Benvenuti Maria Bombardieri Alberto Bordi Marco Bruno Paolo Cavana Andrea Fama Alessandro Ferrari Silvio Ferrari Stefania Fragapane Antonio Golini Alessandro Iovino Giovanni la Manna Roberto Mazzola Enrico Melis Cesare Mirabelli Mario Morcellini Vincenzo Paglia Angela Pria Veronica Riniolo Annavittoria Sarli Sandra Sarti Claudio Siniscalchi Le interviste Riccardo Di Segni Adnane Mokrani libertàcivili 6/11 Valeria Benvenuti Vincenzo Cesareo Ennio Codini Giuseppe Del Ninno Andrea Fama Antonio Golini Roberto Leone Maria Paola Nanni Stefano Pelaggi Franco Pittau Maria Vittoria Pontieri Angela Pria Enrico Quintavalle Giuseppe Roma Francesca Serva Laura Zanfrini Le interviste Gregorio Arena Otto Bitjoka Stefano Zamagni 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili Le interviste Luca Artesi Antonello Folco Biagini Carmelo M. Bonnici Natale Forlani Andrea Segre 2011 Laura Zanfrini 159 Hanno collaborato a libertàcivili Veronica Riniolo Giuseppe Roma Andrea Stuppini Maurizio Trabuio Carla Collicelli Marta Cordini Joshua Evangelista Antonio Golini Maurizio Mastrolembo Enrico Melis Maria Pangaro Maria Vittoria Pontieri Angela Pria Sandra Rainero Isaac Tesfaye Le interviste Andrea Riccardi libertàcivili 1/12 libertàcivili 4/12 Gianluca Bascherini Alberto Bordi Antonello Ciervo Andrea Fama Natascia Marchei Raffaele Miele Paolo Morozzo della Rocca Stefano Pelaggi Daniele Pellegrino Paolo Pomponio Angela Pria Luisa Prodi Andrea Romano Valeria Benvenuti Alberto Bordi Maria Carolina Brandi Antonella Cammisa Mattea Capelli Andrea Carteny Marco Cilento Delfina Licata Stefano Menon Mario Morcellini Giovanna Motta Giuseppe Motta Gabriele Natalizia Carla Pasquinelli Stefano Pelaggi Alessandro Pistecchia Franco Pittau Francesco Pongiluppi Maria Vittoria Pontieri Lino Posteraro Angela Pria Antonio Ricci Marco Rotelli Nino Sergi Isaac Tesfaye Gabriele Vargiu Le interviste Franco Ferrarotti libertàcivili 3/12 Costanza Bargellini Jonis Bascir Simona Bodo Chiara Bonasso Rita Calvo Sivana Cantù Gianni Capuzzi Ennio Codini Andrea Fama Antonio Lauritano Eugenio Marchina Silvia Mascheroni Maria Paola Nanni Angela Pria Giovanni Romeo Isaac Tesfaye Francesco Vecchio Le interviste Giuseppe Mazza Ermanno Olmi Moni Ovadia Le interviste Ilkka Laitinen Massimo Livi Bacci Stefano Manservisi Rodolfo Ronconi Le interviste Antonello Folco Biagini Tullio De Mauro Giuseppe Scopelliti 160 Alfredo Alietti Stefania Aristei Laura Cicinelli Stefania Dall’Oglio Carlo Devillanova Flavio Felice Natale Forlani Oscar Gaspari Rodolfo Giorgetti Carlo Melegari Marco Omizzolo Mariavittoria Pisani Lorenzo Prencipe Angela Pria 2 0 12 novembre - dicembre libertàcivili 5/12 Ennio Codini 2012 libertàcivili libertàcivili 2 /12 Papa Benedetto XVI NEL PROSSIMO NUMERO Un’agenda per la legislatura Realizzato con il contributo del Fondo Europeo per l’Integrazione dei cittadini di Paesi terzi libertàcivili “Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”. BIMESTRALE DI STUDI E DOCUMENTAZIONE SUI TEMI DELL’IMMIGRAZIONE