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n° 362 - ottobre 2013
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Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via W. Tobagi, 8 - 20068 Peschiera Borromeo (MI) - www.fondazione-menarini.it
Il volto del Novecento
Oltre ottanta capolavori dal Centre Pompidou di Parigi raccontano in una mostra
a Milano la complessa evoluzione della ritrattistica nel corso del Ventesimo secolo
La figura umana è da sempre un centro d’interesse per gli artisti e non
solo: già nell’antichità, infatti, è presente nelle raffigurazioni per andare
a comporre una storia lunga e complessa. Nel secolo scorso si compie
però un passaggio fondamentale: l’invenzione della psicoanalisi, la negazione dell’uomo con i regimi totalitari, l’annientamento dell’identità nei
campi di sterminio nazisti, la creazione di uno pseudoimmaginario sulla
scia dei nuovi mezzi di comunicazione, l’arte che si spinge verso l’astrazione, tutto sembra portare verso
un mondo senza più volti. Al contempo, mentre la raffigurazione morfologica tende a rarefarsi, cresce la vo-
glia di farsi immortalare per moltiplicare e imporre la propria immagine, esattamente come ci suggeriscono i media contemporanei: si afferma pertanto l’immagine della propria immagine.
Dopo che l’Impressionismo ha traghettato il pittore verso una nuova
autonomia, l’artista moderno affronta
il ritratto con la libertà di andare
oltre l’imitazione del modello. Passa
attraverso il soggetto per andare
alla ricerca del Sé interiore, dando, al
tempo stesso, libero sfogo alle sue intenzioni artistiche. L’arte è finalmente
libera da tutti quei vincoli connaturati al ritratto, quelli fissati dalla committenza che solitamente si aspetta
una raffigurazione benevola che la collochi dal punto di vista sociale attraverso una simbologia stabilmente codificata.
dall’alto a sinistra in senso orario
Robert Delaunay: Ritratto di Madame Heim
Joan Miró: testa di uomo
Constantin Brancusi: Musa dormiente
Frantisek Kupka: Il rossetto
Henri Matisse: Odalisca con i pantaloni rossi
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Una visione dei cambiamenti e delle
innovazioni che hanno toccato non
solo la storia dell’arte del XX secolo,
ma anche quella dell’uomo, si può osservare nel mutamento degli stili e
dei caratteri nella raffigurazione umana
e nella ritrattistica. È questo l’intento
della mostra Il volto del ‘900. Da Matisse a Bacon, in corso fino al 9 febbraio
prossimo nelle sale del piano nobile
di Palazzo Reale a Milano, che presenta un’ottantina di opere provenienti dal Musée National d’Art Moderne Centre Pompidou di Parigi.
L’intento dell’esposizione è quello di
mettere a confronto tra loro le opere
dei maestri del secolo scorso offendo
così un’ampia panoramica sull’evoluzione del genere del ritratto. È possibile ammirare capolavori di Picasso,
Matisse, Modigliani, Mirò, De Chirico affiancati da nomi meno noti, ma
non per questo di minor valore come
Kupka, Raoul Dufy, Gris, Macke, di
cui sono presenti anche opere mai
esposte in Italia.
La rassegna è articolata in cinque
sezioni, che non seguono un ordine
cronologico, bensì le assonanze del
modo di trattare la figura umana da
parte degli artisti.
La prima sezione, Il mistero dell’anima,
prende in prestito il titolo usato dal
regista tedesco G.W. Pabst per uno
dei primi film ispirati alle teorie psicanalitiche. Agli inizi del Novecento
si tenta una lettura del lato oscuro
dell’uomo proprio attraverso la psicanalisi, che vede nei sogni una finestra sull’inconscio, e tramite discipline come la fisiognomica, cerca di
leggere la personalità dell’individuo
nell’espressione o nei tratti morfologici del volto. Il Fauvismo e l’Espressionismo divengono gli echi di quella
fragile soggettività individuale: l’oscurità interiore di donne fatali o angeli
caduti, moderni idoli dagli sguardi
malinconici e indefiniti da cui traspare la presenza di un mondo interiore. La mostra si apre affiancando ai
ritratti maschili innovativi per posizione e indefinitezza dei tratti o postura, il magico inconscio dei soggetti
femminili della pittura d’inizio secolo. Ritratti di donne che, per forza
espressiva e intensità della valenza
psicologica, hanno il potere di impri-
mersi nella memoria.
L’incontro con la propria immagine
genera la rappresentazione di una particolare ricerca introspettiva, quella
che si compie attraverso il riflesso
di uno specchio e che si rivolge verso
se stessi. L’autorappresentazione si
lega alla questione del doppio e origina un manifesto metafisico e pittorico per ciascuna opera. È questo il
tema della seconda parte della mostra, Autoritratti, che presenta opere
particolarmente significative, da Magritte a Severini, da Bacon a Delaunay.
Il rifiuto della somiglianza, concetto
connaturato al ritratto, è l’essenza
della terza sezione. In Brancusi, il concetto platonico della scultura come
Idea si manifesta come un’affermazione antimimica che allontana lo
scolpire l’immagine dall’aspetto esteriore del modello. Il processo di analisi e sintesi della fisionomia del soggetto permette una grande espressività e consente di tradurre la personalità del modello in un linguaggio
visivo. Ecco perciò sfilare le teste-scultura di artisti come Lipchitz, Ernst,
Brancusi o Derain, di particolare bellezza, nelle quali il volto, con grande
impatto visivo, emerge da forme
decisamente insolite. Oppure le pitture in cui artisti come Delaunay, Leger o Magnelli hanno disaggregato,
duplicato, smontato la figura umana.
La quarta sezione condivide invece
La gioia dell’imperfezione in contrapposizione con gli ideali di bellezza
perfetta ereditati dal classicismo. Ecco
perciò le figure scomposte, sintesi
della figura umana di Giacometti,
Debuffet, Mirò, Bacon, dove il dissolversi dell’immagine umana è spinto
alle estreme conseguenze insieme alla
drammaticità e la finitezza del vivere.
La parte finale della mostra comprende
alcune opere di grande perizia formale, nelle quali gli artisti tra cui Valadon, Matisse Tamara de Lempicka,
insieme con autori meno conosciuti
che si presentano come autentiche
scoperte, fanno a gara nel far emergere la personalità del soggetto. È
la conseguenza dell’esperienza fotografica che sostituisce le lunghe sedute del ritratto con lo scatto istantaneo. La fotografia imita la pittura
Francis Bacon: Ritratto di Michel Leiris
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Pablo Picasso: Ritratto di donna - Amedeo Modigliani: Ritratto di Dédie - Alberto Giacometti: Diego - René Magritte: Lo stupro
e la pittura segue un percorso identico, ma simmetrico adottando il principio di posa con scatti improvvisati,
con prospettive abbassate o sommerse,
affermando nello stesso tempo le qualità del dipingere, sia nei materiali
sia nel soggetto. La pittura del XX
secolo supera la fotografia e rifiuta
il principio di obiettività per l’affermazione di una situazione pittorica.
In sintesi, la rassegna milanese è una
ricca carrellata di volti, figure, posture di straordinaria intensità, attraverso la quale viene raccontata l’evo-
luzione del ritratto nel Novecento con
capolavori di grandi maestri insieme
a opere di livello realizzate da autori
meno conosciuti, ma non per questo meno interessanti. Un’indagine
sul volto che, nel secolo scorso, diventa il palco sul quale si misurano
i maggiori artisti del tempo e che oggi
diventa un grande spettacolo che fa
dialogare i grandi nomi dell’arte e
crea un complesso di voci narrante la
storia del rapporto dell’uomo con se
stesso.
francesca bardi