Il Tufo Giallo della Via Tiberina
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Il Tufo Giallo della Via Tiberina
Rend. Fis. Acc. Lincei s. 9, v. 17:263-287 (2006) Geologia. Ð Il Tufo Giallo della Via Tiberina (Roma) utilizzato nei monumenti romani. Nota di GIANNI LOMBARDI e COSTANTINO MEUCCI, presentata (*) dal Socio A. Mottana. ABSTRACT. Ð The Via Tiberina Yellow Tuff (Rome) used in the Roman monuments. This tuff (TGVT) is a product of the Quaternary Sabatini Volcanic District outcropping just north of Rome. At first excavated by the Etruscan, it was used for the structures of relevant Roman monuments during the Republican and Imperial age. A synthesis of the geological and historical data is presented together with the results of chromatic, petrographic and chemical analyses of samples from ancient monuments and modern quarries which allowed to assess the range of the compositional and structural variations of the tuff. As many other tuffs related to the alkalinepotassic volcanism of the perithyrrenian belt, the TGVT contains abundant zeolites (chabazite and phillipsite) derived from the volcanic glass transformation. Together with calcite, they are the binding agent of the tuff and responsible for its good mechanical properties. Results of this work show that the TGVT has compositional ranges different from other tuffs used by the Romans and good general properties which justify its use in ancient and modern times. KEY WORDS: Rome; Monuments; Tuff; Petrography; Zeolites. RIASSUNTO. Ð Il Tufo Giallo della Via Tiberina (TGVT) eÁ un prodotto del Distretto Vulcanico dei Sabatini affiorante a nord di Roma. GiaÁ cavato dagli Etruschi, eÁ stato utilizzato nelle strutture di importanti monumenti della Roma Repubblicana ed Imperiale. Si presenta un inquadramento geologico e storico ed i risultati di analisi cromatiche, petrografiche, chimiche su campioni da monumenti e da cave in attivitaÁ che hanno mostrato i campi di variazione strutturale e composizione del tufo. CosõÁ come altri tufi prodotti dal vulcanismo alcalino-potassico della fascia peritirrenica, il TGVT eÁ ricco in zeoliti (cabasite e phillipsite) derivate dalla trasformazione del vetro. Insieme alla calcite costituiscono il sistema cementante del tufo che ha buone caratteristiche meccaniche. Nell'insieme risulta che il TGVT ha suoi specifici caratteri che lo differenziano da altri tufi utilizzati dai Romani e caratteristiche che lo hanno fatto apprezzare come materiale da costruzione sia nell'antichitaÁ sia nei tempi moderni. INTRODUZIONE La lunga affascinante storia della cittaÁ di Roma, dai primi insediamenti alla sua fondazione, allo sviluppo, potenza, decadenza, Medioevo, Rinascimento e storia recente, eÁ stata preceduta da una ben piuÁ lunga e complessa interazione di eventi geologici che ha dato origine agli attuali rilievi dell'area metropolitana e della sua provincia ed alla creazione di condizioni favorevoli al suo sviluppo. Dalla complessa storia geologica dell'area si eÁ, infatti, arrivati alla dolce morfologia dei sette Colli e dei rilievi circostanti, alla ricchezza in acqua dei monti che la circondano, alle essenziali vie fluviali di comunicazione del Tevere e dell'Aniene, alla fertilitaÁ del suolo vulcanico e a quel particolare modellato della Campagna romana ispirazione sin dal '600'700 delle opere di illustri pittori. (*) Nella seduta del 10 marzo 2006. 264 G. LOMBARDI - C. MEUCCI Il vulcanismo ha avuto un ruolo essenziale. Nella fascia compresa tra gli Appennini ed il Tirreno nel Pliocene superiore e, con ampiezza ben maggiore, nel Quaternario, il Lazio eÁ stato caratterizzato da imponenti fenomeni vulcanici. Sono riferibili principalmente ai quattro grandi Complessi, da nord a sud, dei Vulsini, sviluppatisi attorno all'attuale Lago di Bolsena; del Vico, con centro nell'omonimo lago; dei Sabatini, attorno al Lago di Bracciano; dei Colli Albani a sud e sudest di Roma. Il vulcanismo ha modificato profondamente la vecchia morfologia legata ai depositi dapprima marini e poi continentali del Pliocene, portando alla costruzione di rilievi e di laghi vulcanici, a variazioni del reticolo idrografico. I vulcani del Lazio hanno emesso centinaia di chilometri cubi di rocce piroclastiche (comunemente denominate «tufi») largamente utilizzate nell'edilizia dai tempi dell'antica Roma sino ai tempi nostri. I giochi policromatici dei diversi tufi nei monumenti antichi e moderni, la lava (il «lapis durus» dei Romani) sotto forma di lastre dei basolati e dei marciapiedi, piuÁ tardi trasformati in caratteristiche troncopiramidi («sampietrini»), di pietrisco, la durata e gli straordinari caratteri meccanici delle malte pozzolaniche romane non sarebbero esistiti senza l'attivitaÁ vulcanica. Tra i prodotti vulcanici, le lave sono volumetricamente subordinate, mentre predominano i «tufi», termine omnicomprensivo largamente utilizzato in campo storico-archeologico per indicare prodotti che in realtaÁ possono avere modalitaÁ di origine molto diverse. Dal punto di vista vulcanologico, infatti, nell'ambito dei cosiddetti «tufi» sono compresi i depositi di piroclastiti di ricaduta, di colate piroclastiche, di eruzioni idromagmatiche, legati a meccanismi eruttivi che portano alla costruzione finale di materiali con un'ampia variabilitaÁ di caratteri composizionali, granulometrici e fisicomeccanici. Entro l'area cittadina, gli affioramenti vulcanici sono riferibili all'attivitaÁ del Vulcano dei Colli Albani, con centri principali di emissione localizzati nell'area a est-sudest, e del Complesso Vulcanico dei Sabatini, che si estende per vaste aree verso nord, principalmente in riva destra del Tevere. Aggiornati schemi della distribuzione e stratigrafia delle principali formazioni vulcaniche dell'area romana sono presentati nel recente lavoro di Jackson et al. (2005), ove eÁ anche una sintesi dei principali caratteri dei tufi da costruzione dell'area romana. I tufi vulcanici, facilmente lavorabili, a basso peso specifico e buoni isolanti sono stati sempre un materiale da costruzione privilegiato largamente impiegato nelle strutture monumentali della Roma antica e moderna. In questo lavoro eÁ presentata una summa delle conoscenze geologiche e storiche sul Tufo Giallo della Via Tiberina (TGVT), affiorante principalmente a nord di Roma nel dominio del Complesso Vulcanico dei Sabatini, ed i risultati di nuove analisi petrografiche e chimiche su campioni sia da affioramenti sia da monumenti. In un lavoro di prossima pubblicazione saranno illustrati i risultati di una serie di analisi fisico-meccaniche eseguite su 75 blocchetti di TGVT prelevati da cinque cave in attivitaÁ nella zona di Riano (De Casa e Lombardi, 2006). IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... 265 STRATIGRAFIA, AFFIORAMENTI, DENOMINAZIONI Il TGVT eÁ stato emesso durante le prime grandi fasi di sviluppo del Complesso Vulcanico Sabatino, i cui prodotti coprono una vasta area del Lazio settentrionale compresa tra Civita Castellana a nord, i Monti della Tolfa ad ovest e la valle del Tevere. Derivano dall'attivitaÁ anche contemporanea di una serie di crateri, caldere, fessure che hanno condotto alla messa in posto di enormi quantitaÁ di rocce vulcaniche di vario tipo, in gran parte d'etaÁ compresa tra 800.000 e 200.000 anni. Tra i piuÁ importanti centri di emissione si ricorda l'attuale caldera di Sacrofano, lo sprofondamento vulcano-tettonico del Lago di Bracciano, i centri di Morlupo e di Baccano. Da questi e da altri centri minori si eÁ avuta la formazione di colate piroclastiche, di altre piroclastiti di vario tipo e di subordinate colate laviche. Nelle fasi finali d'attivitaÁ, le vulcaniti piuÁ antiche sono state coperte dai prodotti di un'attivitaÁ idromagmatica (derivata dal contatto tra acque profonde e magma) sviluppatasi da numerosi centri, quali gli odierni lago di Martignano ed il cratere di Stracciacappe. Il TGVT eÁ una colata piroclastica (ignimbrite) prodotta dall'attivitaÁ del centro di Sacrofano, localizzato circa 15 km ad ovest della valle del Tevere e di Riano; in piuÁ punti si eÁ messa in posto direttamente sui sedimenti pliopleistocenici del basamento sedimentario e larga parte dei suoi volumi eÁ sepolta da vulcaniti piuÁ recenti. Esistono varie ricostruzioni della serie stratigrafica che comprende il TGVT ed in fig. 1 eÁ riportato uno schema semplificato con le denominazioni piuÁ tradizionali. Nella stratigrafia di Karner et al. (2001) e di Jackson et al. (2005), il TGVT (etaÁ 561.000548.000 anni) eÁ sottostante al «Tufo Giallo di Prima Porta» (514.000 anni) e a quelli che erano chiamati genericamente «Tufi Stratificati Varicolori di Sacrofano» o «Tufi stratificati di Sacrofano», distinti ora in «Grottarossa Pyroclastic Sequence» (514.000-518.000 anni) e «Tufo Terroso con Pomici Bianche» (488.000 anni). Al disopra di questi, si trova il «Tufo Rosso a Scorie Nere» (449.000 anni), anch'esso utilizzato nelle strutture di numerosi monumenti romani. L'eruzione del TGVT ha emesso i suoi prodotti su un'area di alcune centinaia di km2 comprendente verso est la valle del Paleotevere ed a sud la cittaÁ di Roma. La sua distribuzione eÁ riportata nelle carte geologiche di Mattias e Ventriglia (1970), di Nappi et al. (1979), De Rita et al. (1983) e nella Carta geologica d'Italia in scala 1:100.000, Fogli 143, 144 e 150. Gli affioramenti di TGVT di maggiore estensione sono a nord di Roma in riva destra del Tevere, tra Rignano-Faleria a nord e Formello-Isola Farnese ad est. Lo spessore eÁ variabile: a nordest non piuÁ di 20 metri; con il riempimento delle incisioni vallive progradanti verso la valle del Tevere, lungo la Via Tiberina, ove erano le antiche cave dei Romani e sono impostate le grandi cave attuali, si raggiungono i 70-80 m, mentre lontano dal centro eruttivo sono conservati spessori inferiori al metro. Nel TGVT, messo in posto in un lungo periodo su una vasta estensione, sono state individuate varie unitaÁ sovrapposte, con diversi caratteri litologici. Nella zona della Via Tiberina Nappi et al. (1979) hanno considerato due tipi litologici fondamentali: uno stratigraficamente superiore con componenti di dimensioni minori e, tra le abbondanti 266 G. LOMBARDI - C. MEUCCI Fig. 1. ± A sinistra, una carta schematica della zona a nord di Roma con la delimitazione (linea nera scura) dell'area ove sono gli affioramenti di maggiore spessore e le cave del TGVT (modificata da Nappi et al., 1979). A destra, una colonna stratigrafica semplificata con evidenziata la posizione del Tufo Giallo della Via Tiberina (TGVT) tra i prodotti del Complesso Vulcanico Sabatino (modificata da Karner et al., 2001). zeoliti, la cabasite prevalente sulla phillipsite; l'altro, nei livelli piuÁ bassi della formazione, ha grana grossolana, phillipsite piuÁ abbondante della cabasite e argillificazione per azione delle acque di falda. De Rita et al. (1993) distinguono tre unitaÁ, separate da livelli di altre piroclastiti di natura diversa. Campobasso et al. (1994), che hanno studiato la successione del TGVT piuÁ a nord, riconoscono almeno 7 unitaÁ deposizionali. Nella serie di Karner et al. (2001) ad un TGVT Inferiore, con etaÁ radiometrica di 561.000 1 ka, segue un TGVT Superiore con etaÁ 548.000 4 ka. L'Inferiore si osserva in affioramento con spessori compresi tra i 4 e gli 8 m a Calcata nella parte settentrionale dei Sabatini, e poi poco a nord di Roma, nell'area di Grotta Oscura lungo la Via Tiberina. Il TGVT Superiore ha spessori ben maggiori ed eÁ quello cavato sin dai tempi degli Etruschi. IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... 267 Gli affioramenti di vulcaniti della cittaÁ di Roma sono riferibili ad emissioni vulcaniche provenienti sia dai settentrionali Monti Sabatini sia dal Vulcano dei Colli Albani. Fino ai primi anni '90, le cartografie esistenti indicavano che la massima parte dei prodotti era attribuibile ad eruzioni provenienti dai Colli Albani ed anche nella carta geologica del Vulcano dei Colli Albani (De Rita et al., 1988) all'interno delle Mura Aureliane sono indicati quasi solo prodotti di quel vulcanismo. Successivamente, in varie localitaÁ sono stati riconosciuti prodotti del Sabatino, tra i quali il TGVT, e sono state avanzate nuove interpretazioni. Ecco cosõÁ che nella «Carta geologica del Centro storico di Roma» di Marra e Rosa (1995) la massima parte della superficie all'interno delle Mura Aureliane eÁ indicata come costituita da «Piroclastiti di ricaduta. In parte rimaneggiate, provenienti principalmente dal Distretto Vulcanico dei Sabatini» e viene anche segnalata la presenza di un affioramento di TGVT a Piazza della Rovere, nei pressi di Piazza San Pietro. Peraltro, in una rappresentazione schematica all'interno del lavoro al quale la carta eÁ allegata, la stessa area appare essere ancora dominio delle «unitaÁ ignimbritiche dei Colli Albani». Analoga attribuzione dei prodotti vulcanici della cinta urbana ai Colli Albani eÁ data in un coevo lavoro sull'inquadramento geologico-strutturale dell'area romana (Faccenna et al., 1995) ed anche nelle carte schematiche dei lavori di Watkins et al. (2002) e De Rita et al. (2002). In realtaÁ le attivitaÁ del Complesso Vulcanico dei Sabatini e del Vulcano dei Colli Albani avvennero in gran parte nello stesso arco temporale e i loro prodotti sono intercalati. Karner et al. (2001), sulla base di datazioni radiometriche e analisi delle stratigrafie di numerosi affioramenti, confermano la presenza di prodotti dei Sabatini in varie aree della parte centrale e semicentrale della cittaÁ. Sono alternati ai prodotti dei Colli Albani che divengono dominanti procedendo verso la periferia orientale e meridionale. In particolare vari affioramenti di TGVT sono stati identificati nella valle dell'Aniene e nella cinta urbana anche fino a sud poco oltre il Grande Raccordo Anulare. Non eÁ documentato che in cittaÁ sia mai stato cavato come materiale da costruzione. Nella letteratura storico-archeologica e nelle cartografie geologiche il TGVT, come molti altri tufi, ha cambiato piuÁ volte nome. Vitruvio (Gros, 1997) nel De Architectura (II, 7) lo annovera tra le «pietre tenere» che affiorano nei pressi di Roma lungo la Via Flaminia nella localitaÁ nota come Saxa Rubra. Il riferimento eÁ ripreso da Plinio (Conte, 1988) il quale, peroÁ, sembra attribuire la varietaÁ rossa al tufo litoide stratigraficamente superiore. La generica denominazione Lapis Ruber dei Romani eÁ quindi da intendersi riferita alle piroclastiti affioranti in riva destra del Tevere presso Prima Porta. Secondo Lugli (1957) il TGVT eÁ compreso «probabilmente nel nome generico di lapides Rubri (Saxa Rubra) dalla qualitaÁ del tufo che si trova verso Roma, sulla Via Flaminia, ed ancora oggi alla localitaÁ di nome di Grotta Rossa». Nella carta geologica dei dintorni di Roma del Tellini (1893) il TGVT era chiamato «Tufo giallo-chiaro litoide a grana eterogenea con molti proietti»; dal Frank (1924) eÁ denominato «Tufo giallo di Grotta Oscura» o piuÁ semplicemente «Grotta Oscura»; eÁ stato incluso tra i «tufi gialli» dei Sabatini da Scherillo (1941). Nel 268 G. LOMBARDI - C. MEUCCI 1970 Mattias e Ventriglia coniarono il termine «Tufo Giallo della Via Tiberina», utilizzato anche da Nappi et al. (1979) e da altri Autori. Nella Carta Geologica d'Italia scala 1:100.000, sulla base della sua modalitaÁ di messa in posto e composizione, fu denominato nel Foglio 150 Roma (Lipparini et al., 1967) «Ignimbrite (l.s.) tefriticoleucitica ("tufo giallo litoide" Auct.)», nel Foglio 144 Palombara Sabina (Chiocchini et al., 1975) «Ignimbrite (l.s.) tefritico leucitica (tufo giallo e tufo giallo trachitico, Auct.)» e nel Foglio 143 Bracciano (Bertini et al., 1971) «Ignimbrite (l.s.) trachitica («tufo giallo» o «tufo trachitico» Auct.)». Nel 1983 De Rita et al. definirono il TGVT «Colata piroclastica inferiore di Sacrofano». Nella legenda della carta geologica del centro storico di Roma (Marra e Rosa, 1995), nel lavoro sulla cronologia dei Monti Sabatini e del Vulcano dei Colli Albani di Karner et al. (2001) e in Jackson et al. (2005) riappare comunque il termine Tufo Giallo della Via Tiberina che rimane il piuÁ popolare e diffuso, utilizzato dagli odierni cavatori nella versione «Tufo giallo» o «Tufo di Riano». IL TGVT NEI MONUMENTI ROMANI Sin dai loro primi insediamenti nell'area del Foro Romano-Campidoglio, i Romani utilizzarono i tufi come materiale da costruzione. Iniziarono con l'impiego del cosiddetto «Cappellaccio» (Tufo del Palatino o Tufo Grigio Granulare), un tufo di modeste qualitaÁ meccaniche affiorante nell'area del Foro Romano e del Palatino, e del Tufo Lionato, ambedue prodotti del Vulcano dei Colli Albani. L'estrazione, oltre che in superficie, avveniva nelle latomie (cave sotterranee) del Campidoglio e del Palatino. Quando le cave si esaurirono e non furono piuÁ sufficienti a soddisfare la necessitaÁ di materia prima per lo sviluppo urbanistico, l'attivitaÁ si spostoÁ verso la periferia della cittaÁ, in particolare nei vasti affioramenti di Tufo Lionato della Valle dell'Aniene. Con la vittoria nella guerra contro gli Etruschi, durata dieci anni, M. Furio Camillo nel 396 a.C. allargoÁ il dominio di Roma verso nord sino a comprendere i territori etruschi di Veio e Fidene. Si continuoÁ ad utilizzare il Tufo Grigio Granulare ed il Tufo Lionato, ma nel secondo periodo, dal 309 al 210 a.C., si cominciarono a sfruttare le cave della Via Flaminia-Tiberina e sia il TGVT (Lapis Ruber) sia il Tufo Rosso a Scorie Nere (Lapis Fidenates) trovarono impiego nei grandi lavori necessari alla ristrutturazione edilizia della cittaÁ. Il TGVT era stato giaÁ cavato dagli Etruschi ed i Romani inizialmente impiegarono la stessa manodopera che lavorava negli impianti d'escavazione esistenti. Le cave erano localizzate soprattutto nella Valle Lunga, al km 13 della Via Tiberina, nell'area di Grotta Oscura giaÁ territorio di Veio. Da quest'area, un affluente del Tevere consentiva il trasporto dei blocchi per via d'acqua fino al centro di Roma. Attualmente l'affluente (torrente) ha una portata molto limitata ed eÁ a malapena riconoscibile. Frank (1924) descrive cave a cielo aperto e in sotterraneo coltivate con il sistema per camere e pilastri con gallerie lunghe anche oltre 100 m, larghezza dai 6 agli 8 metri, IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... 269 separate da grandi piloni che sostenevano il tetto. I resti di alcune cave sono ancora visibili all'interno della zona militare situata al km 13 della Via Tiberina. Il TGVT fu impiegato dai Romani per vari secoli, con ancora ben conservati grandi volumi di blocchi in monumenti quali il Colosseo, il Teatro di Marcello e numerose strutture del Foro Romano e del Palatino. Il suo uso divenne man mano piuÁ raro sia per l'evoluzione delle tecniche costruttive verso l'opera cementizia rivestita di materiali pregiati, sia perche nel tempo furono sempre piuÁ cavati il Tufo Lionato ed il Peperino di Albano, materiali piroclastici di migliori e piuÁ uniformi caratteristiche meccaniche. Il Peperino, inoltre, si prestava anche alla lavorazione di cornici ed elementi modanati da finire a stucco imitante il marmo, cosa questa non possibile con il TGVT fortemente vacuolizzato. Oltre il VI sec. d.C. non vi sono monumenti ove sia stato utilizzato il TGVT e l'attivitaÁ di estrazione prosegue solo su piccola scala e riprenderaÁ con vigore solo nella seconda metaÁ del secolo scorso. Nel corso dei molti anni nei quali gli autori di questo lavoro hanno seguito le opere di scavo e restauro di monumenti romani, eÁ stato possibile ottenere campioni di TGVT sui quali sono state eseguite sia analisi petrografiche sia prove di trattamenti conservativi. I tufi, infatti, presentano problemi di alterazione da parte degli agenti esogeni che in alcuni casi hanno prodotto danni notevoli ai manufatti. Nell'ultimo trentennio molti lavori si sono concentrati su questo argomento e si eÁ cominciata a porre l'attenzione ai problemi della conservazione dei manufatti in tufo, una linea di ricerca nella quale anche gli autori si sono impegnati con esperimenti sia di laboratorio sia con attivitaÁ in situ (Bianchetti et al., 1994; Calcaterra et al., 1995; Capozza, 1999; Charola et al., 1994; De Casa et al., 1994, 1999; de' Gennaro et al., 1995; Grissom, 1994; Lombardi et al., 1997). I monumenti in TGVT dai quali provengono i campioni utilizzati in questo lavoro sono tutti in opera quadrata conservata nelle strutture in elevato, a volte consistenti in pochi filari di blocchi. Non sono state considerate le strutture in opera reticolata, frequentemente realizzate con TGVT, o i calcestruzzi delle costruzioni piuÁ tarde i cui caementa, ricavati da materiali di recupero o di demolizione, spesso utilizzano scaglie di TGVT. In particolare, i dati riportati in questo lavoro sono stati ottenuti dall'esame di campioni repertati dai seguenti monumenti. Stipe Votiva (VII sec. a.C.). EÁ costituita da pochi elementi architettonici, alcuni in TGVT, di un deposito votivo che si rinviene nel Foro Romano adiacente alle strutture della I fase del podio del Tempio della Concordia. Tempio di Apollo Sosiano (431 a.C.). EÁ situato vicino alla grande struttura del Teatro di Marcello. Fu terminato e dedicato nel 431 a.C., ma ricostruito interamente nel 34 a.C. da Caio Sosio dal quale ha preso il nome. Sono ancora ben visibili il podio, costruito con caementa, blocchi di TGVT e travertino e tre colonne sormontate da un fregio (fig. 2). Mura Serviane (389-353 a.C.). Le Mura, costruite nel VI sec. a.C., con importanti rifacimenti del IV sec. a.C., si sviluppavano per 11 km abbracciando una superficie di 426 ettari comprendente quasi tutti i Sette Colli. Oltre che TGVT e Tufo Grigio Granulare, in epoche successive furono impiegati blocchi di altri tufi come il Lionato e la Pietra Gabina (fig. 3). 270 G. LOMBARDI - C. MEUCCI Figg. 2 e 3. ± In alto, il Tempio di Apollo Sosiano (Roma) con alla base grossi blocchi di TGVT. In basso, sul Piazzale della Stazione Termini, resti delle Mura Serviane costruite con blocchi di TGVT. IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... 271 Fogna repubblicana (IV sec. a.C.). Blocchi di TGVT costituiscono le strutture presenti davanti al podio del Tempio della Concordia, vicino all'Umbilicus Urbis, ove sono resti di un sistema di fogne che dal Campidoglio scendevano verso la Cloaca massima. Tempio di Bellona (III sec. a.C.). Fu costruito da Appio Claudio il Cieco poco distante dal Tempio di Apollo Sosiano e dedicato alla divinitaÁ di Bellona, dea della guerra. Vi si riuniva talvolta il Senato per decidere lo svolgimento dei trionfi. Attualmente ne eÁ conservato solo il basamento, costruito con blocchi di tufo tra cui anche di TGVT. Tullianum o Carcere Mamertino (dal II sec. a.C.). Edificio situato nella parte occidentale del Foro Romano, ebbe la funzione di carcere. La parte denominata Tullianum (da tullus, sorgente) eÁ costituita da blocchi di TGVT ben visibili anche negli scavi delle mura a quota -4 m dal piano di calpestio. Tempio di Giano Repubblicano (264-241 a.C.). Situato nell'antica piazza del Foro Olitorio, fu edificato da Caio Duilio durante la prima guerra Punica e restaurato nel 17 a.C. EÁ affiancato dai templi di Giunone Sospita e di Spes. Le colonne, i capitelli e le basi conservate sono in peperino; il podio eÁ in opera cementizia e poggia su una serie di blocchi di TGVT. Tempio di Cibele (204-191 a.C.). Dedicato al culto della Magna Mater, personificazione della forza creatrice della natura, sorge nell'angolo sudoccidentale del Palatino. Attualmente eÁ visibile il basamento in opera incerta di TGVT, costruito in epoca repubblicana e varie colonne della fase augustea in peperino dei Colli Albani. Tempio della Pietas (191-181 a.C.). Fu costruito da Marco Acilio Glabrione e dal figlio presso l'area del Circo Flaminio, luogo di cortei trionfali. Ebbe breve vita perche Cesare lo demolõÁ per edificare il Teatro di Marcello ed eÁ stato identificato in recenti scavi durante i quali sono state portate alla luce fondazioni in TGVT. Area Sacra di Santo Omobono (179 a.C.). Nel Foro Boario quest'area conserva le strutture di due templi dell'epoca di Servio Tullio, dedicati alla Fortuna ed alla Mater Matuta. Blocchi di TGVT sono stati utilizzati nel basamento dell'Area Sacra. Tempio Rotondo (Tempio di Vesta) (I sec. a.C.). Situato nell'area archeologica del Foro Boario, l'antico mercato delle carni, eÁ il piuÁ antico edificio di marmo greco (pentelico) esistente a Roma. Blocchi di TGVT sono stati utilizzati nella costruzione del nucleo interno del podio. Crypta Balbi (I sec. a.C.). EÁ un portico a pianta quasi quadrata, situato alle spalle della scena del Teatro di Balbo, in Via delle Botteghe Oscure, con strutture augustee ancora ben conservate. Il TGVT eÁ stato impiegato in varie strutture dell'edificio ed in particolare nel muro di fondo delle Latrinae. Teatro di Marcello (17 a.C.). Iniziato a costruire da Cesare e terminato da Augusto nel 17 a.C. eÁ un imponente edificio con importanti rifacimenti del XVI sec, riportato in luce da scavi, demolizioni e restauri effettuati negli anni `30. EÁ costruito in travertino e diversi tipi di tufo, tra i quali il TGVT. Per quanto riguarda un inventario dei monumenti romani nei quali eÁ stato utilizzato il TGVT si rimanda ai lavori di Frank (1924) relativo alle strutture in opera quadrata e di Lugli (1957). 272 G. LOMBARDI - C. MEUCCI PETROGRAFIA DEL TGVT Caratteri macroscopici e colore. La sintesi delle caratteristiche macro- e microscopiche del TGVT deriva dall'analisi di una serie di campioni sia da monumenti sia provenienti da diversi livelli delle cave attuali. Osservato sulla parete verticale delle cave in attivitaÁ, il TGVT nella sua facies piuÁ caratteristica si presenta massivo, coerente, prevalentemente litoide, con caratteri relativamente omogenei su grandi volumi. La formazione eÁ a tratti interessata da importanti fratture ad andamento subverticale, spesso mineralizzate, con creazione di aree incoerenti, negative per i processi di coltivazione delle cave. Altre facies incoerenti sono presenti al tetto, ove il TGVT fa transizione verso i fertili suoli di superficie e nella parte piuÁ bassa, interessata da fenomeni di argillificazione. I blocchi di TGVT sono compatti, nella massima parte degli affioramenti di colore giallo chiaro quando asciutti, molto piuÁ scuri quando bagnati; esistono anche alcune facies di colore rossastro o grigio. La roccia ha durezza modesta tanto che nelle cave viene tagliata agevolmente con una sega circolare a denti rinforzati; per la dimensione dei suoi componenti e la presenza di diffusi vacuoli anche di dimensioni centimetriche non eÁ adatta ad una lavorazione in lastre sottili. Questa limitazione era giaÁ stata riscontrata nell'antichitaÁ, visto che gli Etruschi ed i Romani hanno in massima parte posto in opera il materiale in forma di blocchi. Nei blocchi estratti da zone vicine alla falda freatica, il contenuto in acqua puoÁ raggiungere il 30% in peso, inducendo una diminuzione fino al 40% della resistenza meccanica del materiale (De Casa e Lombardi, 2006). Man mano che procede l'essiccamento, diminuisce il peso di volume del tufo che riacquista le sue caratteristiche di materiale di buona qualitaÁ dal punto di vista sia della lavorabilitaÁ sia della resistenza alle sollecitazioni meccaniche. Si eÁ dedicata particolare attenzione alla valutazione del colore del TGVT sia agli affioramenti sia in campioni da monumenti, prendendo in considerazione principalmente la facies piuÁ diffusa con prevalenza dei toni dal giallo al grigio. I campioni sono stati preliminarmente disaggregati, setacciati e dalla frazione superiore ai 2 mm eliminati al microscopio tutti i frammenti di lave, di rocce argillose e carbonatiche e di quanto altro strappato dal basamento durante l'eruzione non faceva parte del convoglio magmatico originario. Con uno spettrofotometro Minolta, adottando il sistema di Munsell, sono state eseguite misurazioni del colore sulle polveri di TGVT ed i risultati sono riportati in tab. I. Nella stessa tabella sono ripresi per confronto i dati relativi al Tufo Lionato, prodotto del Vulcano dei Colli Albani largamente utilizzato nei monumenti romani (De Casa et al., 1999). Per quanto riguarda il TGVT, la TonalitaÁ dei vari campioni eÁ in massima parte compresa nei campi dei bassi valori del Giallo (Yellow) e del contiguo campo degli alti valori del Giallo-Rosso (Yellow-Red). Il campo di variazione della Saturazione e LuminositaÁ del colore del TGVT eÁ abbastanza ampio, giustificato principalmente dalle variazioni composizionali dallo stato di ossidazione e di alterazione della matrice vetrosa. 273 IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... TABELLA I. ± Colore di polveri fini di campioni di TGVT da cave di Riano e del Tufo Lionato (da De Casa et al., 1999) valutato secondo il sistema di Munsell con uno spettrofotometro Minolta. I dati rappresentano la media di tre misure. TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA Campioni da cave R1 Cannetaccio R2 Cannetaccio R3 Cannetaccio R4 Cannetaccio R5 Perina R6 Perina R7 Perina R8 Perina Favari Mandrioni Pozzuolo Lodolina Campioni da monumenti Crypta Balbi Tempio Cibele Mura Serviane Tempio Apollo Tempio Giano Teatro Marcello Tempio Pietas TUFO LIONATO Saturazione e LuminositaÁ Campioni da cave TonalitaÁ Saturazione e LuminositaÁ 1,1 Y 9,7 YR 0,1 Y 7,5 Y 2,5 Y 9,7 YR 0,7 Y 8,1 YR 9,6 YR 9,5 YR 9,6 YR 0,1 Y 8,9/0,7 9,2/0,8 9,1/0,5 8,5/0,1 8,2/0,1 9,5/0,9 9,7/0,3 9,4/0,9 11,1/0,2 8,2/2,2 8,8/1,9 7,1/1,2 Cecchignola 25 Cecchignola 26 Cecchignola 27 Cecchignola 28 Cecchignola 29 Divino Amore 1 Divino Amore 2 Divino Amore 3 Torre Angela 2 Torre Angela 3 9,6 YR 8,8 YR 8,9 YR 9,9 YR 0,4 Y 0,9 Y 0,4 Y 9,6 YR 9,6 YR 9,6 YR 5,5/3,2 5,6/5,1 6,1/5,4 6,3/4,3 6,1/3,1 6,1/3,4 6,3/3,6 6,3/4,5 6,1/4,6 6,0/4,5 TonalitaÁ Saturazione e LuminositaÁ Campioni da monumenti TonalitaÁ Saturazione e LuminositaÁ 9,0 YR 9,2 YR 0,1 Y 0,9 Y 9,5 YR 9,4 YR 2,4 Y 9,6/1,7 9,4/1,4 9,7/1,5 9,3/0,9 9,1/1,1 9,7/1,3 9,6/0,3 Campidoglio Palatino Palatino Pantheon 1 Pantheon 2 Pantheon 3 Pantheon 4 Pantheon 5 9,3 YR 2,0 Y 8,7 YR 1,0 Y 0,5 Y 0,1 Y 9,7 YR 9,3 YR 6,1/4,6 6,7/2,9 5,7/5,4 6,2/3,5 6,0/3,7 6,0/4,0 5,9/4,3 5,8/4,5 TonalitaÁ Interessante eÁ il confronto con i risultati di analoghe misurazioni del colore eseguite sul Tufo Lionato (tab. I). Si osserva che mentre le TonalitaÁ hanno notevoli analogie, le misurazioni con lo spettrofotometro evidenziano una netta differenza nei pur ampi campi di variazione della Saturazione e LuminositaÁ dei due tipi di tufi. PorositaÁ. Il TGVT, cosõÁ come la maggior parte dei tufi, eÁ caratterizzato da un'elevata porositaÁ, con un peso di volume medio di poco superiore a 12 kN/m3. In sezione sottile la porositaÁ complessiva della roccia eÁ data per una modesta percentuale da una porositaÁ intergranulare generalmente aperta, mentre la maggior parte dei vuoti eÁ dovuta alla porositaÁ chiusa intragranulare dei componenti essenziali della roccia, pomici di varie dimensioni costituite da vetro vulcanico. Nell'ambito del citato studio dei caratteri fisico-meccanici del TGVT (De Casa e Lombardi, 2006) sono state eseguite un totale di 280 misure di porositaÁ con un porosimetro ad elio e secondo il metodo di misura ASTM D4404-84 (1991). La media dei risultati si attesta su 48% con una porositaÁ minima di 41,8% ed una massima di 52,9%. 274 G. LOMBARDI - C. MEUCCI TABELLA II. ± Sintesi dei risultati ottenuti dall'analisi di un frammento di TGVT dalle Mura Serviane effettuata con un porosimetro Carlo Erba. Pori Raggio (mm) % in volume Micro 0,01-0,0037 0,025-0,01 1,41 4,08 PorositaÁ totale (%) Volume cumulativo (mm /g) 306 Meso 0,025-0,05 6,47 Superficie specifica (m2/g) 6,1 0,2-0,05 0,5-0,2 2,0-0,5 7,5-2,0 22,45 28,14 18,94 10,21 Raggio medio (mm) 0,12 DensitaÁ (g/cm3) 1,34 DensitaÁ apparente (g/cm3) 227 15-7,5 25-15 35-25 3,53 1,65 3,12 Macro Mega 41 3 Sono state effettuate anche misure con un porosimetro a mercurio Carlo Erba che consente di ottenere: la distribuzione dei pori del materiale in funzione del loro raggio e volume; la superficie specifica; il raggio medio; la densitaÁ totale ed apparente. Per le analisi si possono utilizzare frammenti del volume di pochi cm3 che, nel caso di rocce come i tufi con componenti e porositaÁ anche di dimensioni centimetriche, consentono di avere dati significativi solo sui pori di piccole e piccolissime dimensioni. In tabella II eÁ riportato un esempio dei risultati ottenuti su un frammento pomiceo omogeneo di TGVT. La suddivisione dei pori eÁ indicata secondo le classi previste dal Normal denominate micro- meso- macro- e megapori (Doc. NorMal. 4/80, 1980). La classe dei macropori comprende circa l'85% del totale dei pori, con basse percentuali di meso- e micropori e ancora minori di megapori. Questa distribuzione eÁ risultata essere una caratteristica del TGVT, riscontrata anche nelle analisi porosimetriche di altri campioni. In particolare, in tutti i campioni analizzati la classe dimensionale 0,5-2 mm rappresenta sempre percentualmente il volume maggiore, una dimensione critica legata evidentemente alla struttura interna delle pomici della roccia. La porositaÁ totale del piccolo frammento eÁ risultata essere del 41%, corrispondente ad un volume cumulativo di 306 mm3/g. Composizione. Macroscopicamente il TGVT si presenta come un aggregato di pomici, le piuÁ frequenti di colore dal giallo all'aranciato, altre grigie e nerastre, di dimensioni normalmente centimetriche, a volte decimetriche. Le pomici sono legate da una matrice molto fine, da cineritica a micropomicea, con vescicolazione minuta ed omogenea, talora con accenni di stratificazione. Il colore giallastro eÁ spesso dovuto ad un'incipiente argillificazione; le pomici alterate divengono friabili e creano superfici vacuolari. Nella massa del tufo sono visibili: noduletti biancastri di consistenza farinosa costituiti da leucite analcimizzata, occasionali cristallini neri ben formati di pirosseno (augite o diopside) ad abito prismatico; cristalli appiattiti vitrei e trasparenti di sanidino oltre a lamine nere di mica biotite; inclusi scuri di altri tufi e neri e compatti di lave e di inclusi IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... 275 Fig. 4. ± Al microscopio polarizzatore, in sezione sottile. Aspetti generali della struttura del TGVT con una matrice vetrosa zeolitizzata che ingloba uno scheletro eterogeneo con componenti vulcaniche (prevalenti) e sedimentarie. Po = pomici; Ca = rocce carbonatiche; sa = sanidino; pi = pirosseno; bi = biotite. 276 G. LOMBARDI - C. MEUCCI olocristallini; frequenti inclusi litici carbonatici talora arrotondati, di colore biancastro e marnosi ed argillosi, poco coerenti, di colore grigio-giallastro. Nei livelli piuÁ bassi della formazione si rinvengono tronchi e parti di alberi strappati dal basamento durante il movimento della colata piroclastica e frammenti di altri vegetali o cavitaÁ con morfologia di originari resti vegetali. Al microscopio il TGVT eÁ caratterizzato da una matrice di micropomici e di piuÁ fine cenere vulcanica che lega un eterogeneo scheletro di frammenti di rocce e minerali. La struttura eÁ vitroclastica, la tessitura normalmente isotropa (fig. 4), con solo in occasionali livelli tracce di isorientazione con pseudofluidalitaÁ. Tra i frammenti vulcanici dominano le pomici ad elevato grado di vescicolazione, poco coerenti, contenenti minerali quali sanidino, plagioclasi e pirosseni. I frammenti di lava nella maggior parte dei casi sono riferibili a tipi leucititici. Tra i minerali, il sanidino eÁ il sialico piuÁ abbondante, normalmente inalterato e limpido, con dimensioni anche centimetriche, talvolta con geminazioni Carlsbad. EÁ presente sia come cristallo singolo sia in occasionali minuti aggregati olocristallini ove eÁ associato a plagioclasio e clinopirosseno. Il plagioclasio di tipo labradoritico eÁ in quantitaÁ modesta, con solo tracce di argillificazione. In tutti i campioni eÁ rilevabile la presenza di leucite, riconoscibile solo per la morfologia dei contorni ora riempiti dal minerale di alterazione analcime, ma in alcuni casi ancora in cristalli con ben evidenti le caratteristiche ottiche. I clinopirosseni sono i minerali femici piuÁ abbondanti, in cristalli frequentemente euedrali, prismatici. Da incolori a debolmente pleocroici sui toni del verde, zonati, spesso geminati, sono riferibili a vari termini di miscela del gruppo del diopside. Piccole percentuali di biotite, ossidi ed idrossidi di ferro, rari granati melanitici, occasionale titanite ed apatite completano il panorama dei minerali primari presenti in piccole percentuali in quasi tutte le facies esaminate. CosõÁ come in molte altre piroclastiti del Lazio, lo scheletro del TGVT eÁ caratterizzato dalla presenza di componenti sedimentarie strappate dal basamento durante l'eruzione. In tutti i campioni, in quantitaÁ variabili e talora anche sostanziali, si rinvengono inclusi sia a spigoli vivi sia arrotondati, di colore chiaro, di rocce carbonatiche riferibili a formazioni sedimentarie meso-cenozoiche, con dimensioni occasionalmente anche decimetriche, ma di norma da pochi cm a pochi mm. Sono riconoscibili diverse facies, quali micriti fossilifere, sterili e ricristallizzate, intraspariti, calcari oolitici, biospariti. In molti campioni si osservano isolati microfossili e loro frammenti, a guscio carbonatico, talora piritizzati. Sono anche presenti frammenti di rocce marnose ed argillose, occasionali frammenti di arenarie quarzose e di selce di vari colori nonche xenoclasti e aggregati policristallini di quarzo di natura sia sedimentaria sia metamorfica. Ancora derivati da rocce del basamento, sono stati osservati cristalli del feldspato microclino e di quarzo. Inclusi sedimentari di rocce del basamento sono comuni in numerose formazioni piroclastiche del Lazio e, in particolare nel Vulcano dei Colli Albani, alcuni mostrano chiare tracce di riscaldamento, sino alla formazione di facies tipiche del metamorfismo di contatto (Fornaseri et al., 1963; Federico, 1995). Nel TGVT eÁ da osservare che in prevalenza gli inclusi sedimentari conservano i loro caratteri strutturali con solo IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... 277 occasionali fenomeni di ricottura ai bordi, indice di un modesto riscaldamento che non eÁ compatibile con una loro derivazione da rocce incassanti del bacino magmatico profondo. EÁ piuÁ probabile che gran parte di questi frammenti sedimentari siano derivati da antiche alluvioni della valle del Tevere, strappati durante le fasi piuÁ superficiali di movimento dell'ignimbrite. La matrice del TGVT eÁ costituita sempre da un'associazione di micropomici e di cenere con frammisti minuti frammenti di minerali. In un recente lavoro di Jackson et al. (2005), unitamente a quelli riguardanti altri tufi dell'area romana, sono riportati i risultati di analisi modali di 4 campioni di TGVT. La matrice vetrosa costituisce tra il 42 ed il 54% della roccia, i frammenti litici e cristalli tra il 6 ed il 14% ed i minerali secondari quali zeoliti e calcite tra il 37 ed il 48%. Gran parte della massa vetrosa del TGVT ha subito un evidente processo di zeolitizzazione, con formazione di aggregati di cabasite e phillipsite che possono arrivare a costituirne anche oltre il 50% in volume e sono i principali responsabili dell'elevato grado di litificazione della roccia. Le zeoliti si presentano sia in aggregati di minuti cristalli in sostituzione del vetro della matrice, sia con bell'abito idiomorfo entro i diffusi vacuoli, con la phillipsite in cristalli prismatici allungati talora geminati e la cabasite pseudocubica (fig. 5). Il rapporto cabasite/phillipsite eÁ molto variabile, con generale prevalenza della Fig. 5. ± Al microscopio polarizzatore, in sezione sottile. a) Cristalli di phillipsite con abito idiomorfo cristallizzati entro un vacuolo della matrice del TGVT; b) aggregati di cabasite nella pasta di fondo del TGVT. 278 G. LOMBARDI - C. MEUCCI cabasite, sia nei campioni da monumenti sia in quelli da cave. Analisi chimiche della cabasite del TGVT riportate in Bianchetti (1981) indicano la prevalenza di varietaÁ potassiche, con ridotte quantitaÁ di sodio, analoghe quindi per chimismo a quanto riscontrato da de' Gennaro et al. (1990) in cabasiti contenute nel Tufo Giallo Napoletano, un prodotto del vulcanismo dei Campi Flegrei. I livelli del TGVT piuÁ bassi stratigraficamente, spesso a contatto con le falde freatiche, mostrano processi di argillificazione della massa vetrosa con formazione di halloysite e di smectite, rivelati in sezione sottile da caratteristiche plaghette di colore marrone-rossastro ed evidenziati anche dalle analisi diffrattometriche ai raggi X su polveri. Altro minerale secondario diffuso nella massima parte dei campioni eÁ la calcite, derivata da precipitazione di acque circolanti durante le fasi diagenetiche. Si presenta in diverse forme: in aggregati di cristalli poligonali all'interno dei vacuoli della matrice; in minute venette anastomizzate; come importante componente della matrice nella quale, assieme alle zeoliti, va a costituire la parte cementante la roccia. EÁ quindi legata a diverse fasi genetiche; quando visibili, i rapporti di abito indicano che rispetto alle zeoliti la calcite eÁ in genere l'ultimo minerale a formarsi. TABELLA III. ± Analisi chimiche di Tufi Gialli della Via Tiberina. Ossidi principali espressi in percentuale; elementi minori in parti per milione (ppm). a b c d e Media f g Media SiO2 TiO2 Al2O3 Fe2O3 FeO MnO MgO CaO Na2O K2O P2O5 SO3 CO2 H2O+ H2O- Ossidi 46,70 0,52 18,30 1,89 1,50 nd 1,19 6,52 1,70 5,48 0,20 0,22 ± 4,95 11,40 46,31 0,28 16,34 3,52 0,53 nd 1,44 9,76 1,34 7,50 0,12 ± 6,13 3,01 3,88 43,91 0,28 15,42 2,56 1,28 nd 1,54 11,34 1,02 4,22 0,18 ± 6,04 5,83 6,86 42,88 0,30 17,88 4,65 0,20 nd 1,12 6,36 1,05 5,63 0,20 ± ± 7,74 12,15 47,36 0,37 17,07 3,73 0,28 nd 0,82 7,11 1,76 3,24 0,16 ± 1,04 6,61 10,31 45,43 0,35 17,00 3,27 0,76 nd 1,22 8,22 1,37 5,21 0,17 ± ± 5,63 8,92 55,13 0,52 18,23 3,82 55,63 0,50 18,60 3,43 55,38 0,51 18,42 3,63 0,14 0,67 4,27 4,86 7,21 0,07 0,15 0,50 3,94 4,61 7,57 0,06 0,15 0,59 4,11 4,73 7,39 0,06 5,34 5,27 5,31 Totale 100,57 100,16 100,48 100,16 99,86 100,26 100,26 ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± ± 2283 432 712 56 44 1770 595 842 59 29 Elementi minori Sr Rb Zr Nb Y ± ± ± ± ± 2027 514 777 58 37 a = Tufo Giallo di Prima Porta; b e c = Tufo Giallo della Via Tiberina, facies gialla (b) e grigia (c); d = pomici dal campione a; e = pomici del TGVT della via Tiberina (da Scherillo, 1941); f = Calcata, pomici dal livello intermedio; g = Calcata, pomici dal livello inferiore (da Campobasso et al., 1994). 279 IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... Chimismo. Nonostante i numerosi rilevamenti e studi di carattere vulcanologico che hanno interessato il Distretto Vulcanico Sabatino, pochi sono i dati sul chimismo del TGVT. Cinque analisi di campioni della Via Tiberina (Scherillo, 1941) riguardano sia pomici sia campioni talquali prelevati anche a chilometri di distanza tra loro e hanno composizione chimica molto diversa (tab. III da a ad e). Due campioni di pomici prelevati molto piuÁ a nord (nell'area di Calcata) ove affiora la parte superiore della formazione, sono stati analizzati da Campobasso et al. (1994). Hanno chimismo tra loro molto simile (tab. III f e g), ma con evidenti differenze in particolare dei contenuti in calcio, potassio e soprattutto sodio rispetto alla media del TGVT della Via Tiberina. Visto che i tufi utilizzati nell'area romana differiscono sia in caratteri macro- e microscopici sia nel chimismo, che quindi puoÁ aiutare ad una loro corretta classificazione, sono state eseguite analisi chimiche su campioni sia da cave attuali sia da monumenti. Per quanto riguarda le cave, con la collaborazione della SocietaÁ Cave Riunite che TABELLA IV. ± LocalitaÁ di prelievo e quote s.l.m. dei campioni di TGVT delle cave di Riano. Campione Latitudine Longitudine Quota s.l.m. Luogo di prelievo R8 42,08749405N 12,54240152E 52,0 Riano, cava Perina, livello inferiore vicino al contatto con il basamento sedimentario, facies chiara R3 e R4 42,08378176N 12,53133593E 69,3 Riano, cava Cannetaccio, livello inferiore, alla base della zona di estrazione, facies chiara (R3) e facies scura (R4) R2 42,08421745N 12,53156431E 72,8 Riano, cava Cannetaccio, livello intermedio, facies chiara R7 42,08646074N 12,54233014E 76,8 Riano, cava Perina, livello intermedio, facies chiara R1 42,08470527N 12,53184480E 77,3 Riano, cava Cannetaccio, livello intermedio, facies chiara R5 e R6 42,08610969N 12,54334387E 91,6 Riano, cava Perina, livello superiore, nella parte piuÁ alta della zona di estrazione, facies chiara (R6) e scura (R5) gestisce l'attivitaÁ d'estrazione nell'area di Riano, sono stati prelevati otto campioni rappresentativi del TGVT a diversi livelli della formazione da due cave distanti circa 2 km una dall'altra. Le quote ed i punti di prelievo sono stati registrati con un ricevitore GPS di classe geodetica Trimble 5700 e le coordinate espresse in WGS84 (tab. IV). Un secondo gruppo di campioni eÁ costituito da frammenti prelevati da strutture archeologiche di etaÁ Romana. Si sono preferiti campioni con una massa adeguata (superiore a 300 g) che consentisse di avere volumi che non risentissero troppo della presenza anomala di alcuni tipi di costituenti o di alterazioni in superficie. Per diminuire l'influenza delle componenti alloctone sui risultati, tutti i campioni sono stati preparati cosõÁ come per le analisi colorimetriche eliminando al microscopio i frammenti superiori ai 2 mm di lave, di rocce argillose e carbonatiche e di quanto altro strappato dal basamento durante l'eruzione non facesse parte del convoglio magmatico originario. Il materiale cosõÁ ottenuto eÁ stato macinato finemente ed analizzato dalla 280 G. LOMBARDI - C. MEUCCI TABELLA V. ± Analisi chimiche di campioni di TGVT prelevati in due cave di Riano a diversi livelli della formazione. Errore ricavato dallo scarto quadratico medio. Livello inferiore Ossidi Livello intermedio Livello superiore R3 R4 R8 R1 R2 R7 R5 R6 Medie Errore SiO2 TiO2 Al2O3 Fe2O3 MnO MgO CaO Na2O K2O P2O5 CO2 LOI 46,59 0,43 15,66 3,21 0,12 1,03 9,18 0,63 7,61 0,10 4,60 9,45 47,29 0,44 15,75 3,27 0,11 1,36 8,56 0,63 7,92 0,09 4,30 9,36 45,88 0,43 14,33 3,22 0,10 1,37 10,79 0,61 4,65 0,11 5,70 12,38 47,84 0,46 15,71 3,65 0,10 1,20 9,19 0,82 8,73 0,13 5,45 5,86 51,69 0,49 17,55 3,76 0,13 1,11 3,97 0,91 8,63 0,10 0,48 10,60 43,75 0,42 14,66 3,33 0,10 1,30 10,73 0,79 6,74 0,12 5,65 11,57 43,75 0,44 14,65 3,69 0,09 1,66 12,06 1,07 4,75 0,16 6,25 10,32 44,06 0,47 14,48 4,00 0,11 1,52 11,35 0,65 6,27 0,17 6,50 9,04 46,36 0,45 15,35 3,52 0,11 1,32 9,48 0,76 6,91 0,12 4,87 9,82 2,52 0,02 1,00 0,28 0,01 0,19 2,37 0,15 1,50 0,03 1,80 1,84 Totale 98,61 99,08 99,57 99,14 99,42 99,16 98,89 98,62 960 2971 31 2 457 12 65 861 1575 34 3 460 12 71 649 1810 29 5 373 10 78 1173 1773 29 4 391 11 79 1303 2712 31 3 492 13 72 1063 1634 29 4 379 11 73 1223 1901 27 5 327 9 83 1243 2147 28 5 336 9 86 1059 2065 30 4 402 11 76 209,90 480,78 2,05 1,05 56,97 1,36 6,45 Elementi minori ppm Ba Sr Y Sc Zr Be V Activation Laboratories (Canada) con fluorescenza a raggi X (XRF) e analisi al plasma (ICP). I risultati per i campioni dalle cave e dai monumenti sono riportati nelle tabelle V e VI rispettivamente, insieme con l'errore ricavato dal calcolo dello scarto quadratico medio dei dati ottenuti per i singoli ossidi. Considerando i volumi del TGVT in esposizione sui fronti delle cave, il numero di analisi eÁ limitato, ma consente comunque alcune osservazioni. Non sono emerse differenze significative tra campioni di diversi livelli della formazione, anche se i prelievi hanno riguardato quote comprese tra 52 e 91,6 m di quota s.l.m. Sussistono campi di variazione dei contenuti di ossidi principali analoghi tra campioni dello stesso livello e di livelli diversi, variazioni accentuate dalla presenza di un campione (R2) «anomalo» Da rilevare la marcata analogia tra i chimismi dei campioni R3 e R4, rispettivamente di colore giallastro chiaro e grigio molto scuro. Sono stati prelevati a 3 m di distanza l'uno dall'altro su una parete di cava con una fascia verticale di colore scuro della larghezza di alcuni metri affiancata in apparente continuitaÁ di giacitura con la massa dominante di colore giallastro. La variazione cromatica, che si osserva anche su altri fronti di cava, puoÁ essere dovuta a locali diversitaÁ nell'andamento dell'ossidazione durante l'eruzione e cammino della colata piroclastica. Ma la morfologia dei volumi di colore nerastro eÁ compatibile anche con l'ipotesi di una diffusione di materia organica combusta derivata 281 IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... dalla carbonizzazione di strutture vegetali durante il tumultuoso procedere della colata piroclastica. Alla sua base in numerose localitaÁ sono visibili impronte e calchi di alberi anche di notevoli dimensioni. Al momento le analisi chimiche e le sezioni sottili non hanno dato indizi significativi per spiegare l'origine di questi volumi di colore scuro. In tutti i campioni, con l'eccezione di R2, eÁ evidente la ricchezza in calcio, legata in parte alla calcite. Sulla base dei contenuti di CO2, la percentuale di calcite presente varia dall'1,1% del campione R2 al 14,8% dello R6. La calcite eÁ presente non solo nei diffusi frammenti carbonatici in gran parte eliminati preliminarmente, ma anche nella matrice, ove costituisce, insieme alle zeoliti (cabasite e phillipsite), il sistema cementante del TGVT. La percentuale di CaO di origine magmatica nella roccia eÁ inferiore al 4%. Parte del calcio e del potassio, originariamente contenuti nel vetro vulcanico, sono attualmente componenti della struttura delle diffuse zeoliti. Tra gli elementi minori risaltano gli elevati e diversi contenuti in bario e stronzio, cosõÁ come caratteristico delle vulcaniti alcalino-potassiche del Lazio settentrionale. Il contenuto TABELLA VI. ± Analisi chimiche di campioni di TGVT da monumenti romani. Errore ricavato dallo scarto quadratico medio. Campioni da strutture archeologiche del centro di Roma CB MM MS TA TG TM TP Crypta Balbi Manacorda, strutture augustee del 13 a.C. Tempio di Cibele, blocchi del basamento (II sec. a.C.) Mura Serviane (Stazione Termini), Bottino dell'Acqua Marcia (389-393 a.C.) Tempio di Apollo Sosiano (431 a.C.) Tempio di Giano Repubblicano (264-241 a.C.) Teatro Marcello (17 a.C.) Tempio della Pietas (191-181 a.C.) Ossidi CB MM MS TA TG TM TP Media Errore SiO2 TiO2 Al2O3 Fe2O3 MnO MgO CaO Na2O K2O P2O5 CO2 H2O+ 45,43 0,41 15,31 3,07 0,10 1,00 7,91 1,88 7,39 0,09 3,70 12,93 47,39 0,45 15,40 3,61 0,12 0,93 8,03 0,81 7,21 0,10 4,70 10,30 47,07 0,44 15,29 3,33 0,10 1,07 9,41 0,57 6,28 0,11 4,90 10,87 47,24 0,45 15,87 3,28 0,12 1,07 8,43 0,79 7,60 0,15 3,80 9,94 46,43 0,43 15,74 3,27 0,13 1,38 8,00 0,49 6,65 0,13 2,90 12,98 46,31 0,44 15,07 3,33 0,10 1,28 9,08 0,60 6,24 0,12 4,35 12,79 42,64 0,46 13,97 3,83 0,09 1,63 12,90 0,90 4,86 0,22 7,20 10,85 46,07 0,44 15,24 3,39 0,11 1,19 9,11 0,86 6,60 0,13 4,51 11,52 1,53 0,02 0,58 0,23 0,01 0,23 1,64 0,44 0,87 0,04 1,27 1,23 Totale 99,22 99,05 99,44 98,74 98,53 99,71 99,55 1070 1126 31 3 437 12 68 728 1302 32 4 485 12 110 788 1505 30 4 437 12 84 1135 1308 32 3 456 12 70 1860 1449 29 2 411 11 70 694 1851 30 4 439 12 74 2024 1385 26 5 304 9 80 1186 1418 30 4 424 11 79 504,67 209,74 1,93 1,00 53,29 1,13 13,60 Elementi minori ppm Ba Sr Y Sc Zr Be V 282 G. LOMBARDI - C. MEUCCI in bario sembra diminuire procedendo verso il livello inferiore; quello di stronzio non eÁ proporzionale alla percentuale di calcite presente, ma eÁ legato alla frazione silicatica della roccia. Per bario, stronzio e zirconio, l'errore eÁ molto elevato e riflette la variabilitaÁ dei contenuti che non sembra essere legata a particolari componenti della roccia. La perdita in peso sia a bassa sia ad alta temperatura (LOI) eÁ dovuta in parte alla disidratazione del vetro, ma soprattutto all'abbondanza di zeoliti che caratterizza quasi tutte le facies. Rispetto al chimismo del TGVT segnalato piuÁ a nord da Campobasso et al. (1994) (analisi riportate nella tab. III) eÁ da osservare che vi sono evidenti diversitaÁ, in particolare per quanto riguarda silice, calcio, zirconio e, soprattutto, sodio. Il chimismo medio dei sette campioni di TGVT provenienti da strutture di monumenti romani (tab. VI) eÁ del tutto analogo a quello dei campioni dai diversi livelli delle cave di Riano (salvo che in questi ultimi il contenuto in H2O+ eÁ mediamente minore) sottolineando quindi l'appartenenza ad un'unica formazione (fig. 6). Il campo di variazione dei contenuti dei diversi ossidi eÁ minore di quello osservato nei campioni dalle cave di Riano, come evidenziato dai valori degli errori, quasi tutti minori di quelli calcolati per gli ossidi dei campioni da cave. Questa relativa omogeneitaÁ eÁ sorprendente se si tiene conto che i campioni sono frammenti distaccatisi anche da tempo da monumenti diversi per etaÁ e stato di degrado. Le variazioni riscontrate sono comunque di un'entitaÁ non compatibile con l'ipotesi che tutto il TGVT utilizzato dai Romani nei monumenti considerati derivi da un'unica cava e livello della formazione. Fig. 6. ± In parallelo, le medie (quadratini) e l'errore dei contenuti di ossidi principali dei campioni dalle cave di Riano e dai monumenti. Sull'asse delle ordinate le percentuali, con i valori per i campioni dei monumenti incrementati del 20% per motivi grafici. IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... 283 Dal punto di vista petrografico il TGVT secondo la classificazione basata sui contenuti in silice ed alcali (TAS), per quanto applicabile, eÁ classificabile come una colata piroclastica di natura da tefritico leucitica a fonolitico-leucitica. Il TGVT affiorante piuÁ a nord studiato da Campobasso et al. (1994) eÁ di natura da trachitica sottosatura a fonolitica. Diffrattometria ai raggi X. Le analisi sono state eseguite sui campioni da cave e monumenti utilizzati per le analisi chimiche, depurati quindi degli inclusi di maggiore dimensione, ed in fig. 7 sono riportati alcuni esempi di diffrattogrammi caratteristici dei due tipi di campioni. I picchi della zeolite cabasite sono evidenti in tutti i diffrattogrammi e normalmente con la maggiore intensitaÁ relativa. La zeolite phillipsite eÁ presente nella maggior parte dei campioni analizzati, ma con intensitaÁ relative sempre minori di quelli della cabasite. I vistosi picchi della calcite sono dovuti sia a minuti frammenti di carbonato sia alla calcite dispersa nella matrice, ben visibile anche al microscopio. Tutte le analisi hanno messo in evidenza la presenza di: feldspati (sanidino e plagioclasi basici) pertinenti alla paragenesi vulcanica cosõÁ come la leucite; quarzo osservato in sezione sottile sotto forma di frammenti di quarziti e cristalli singoli derivati dal basamento sedimentario; mica biotite in quasi tutti i campioni e tracce di minerali argillosi del gruppo della caolinite. Fig. 7. ± Esempi di analisi diffrattometriche ai raggi X di TGVT da cava e da monumenti. R3, R5 = campioni da cava. TG = Tempio di Giano; TP = Tempio della Pietas. CH = cabasite; PH = phillipsite; Fd = feldspati; LE = leucite; CA = calcite. 284 G. LOMBARDI - C. MEUCCI I risultati della diffrattometria ai raggi X indicano che, nonostante i grandi spessori e l'estensione degli affioramenti, campioni di diversa provenienza danno tracciati analoghi essendo costituiti da variazioni limitate dei principali componenti cristallini. DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONCLUSIONI L'analisi dei monumenti di Roma e delle aree limitrofe ha messo in evidenza che il TGVT fu utilizzato fin da epoche remote sia dagli Etruschi nei territori di loro pertinenza sia dai Romani che lo impiegarono nelle strutture di numerosi monumenti dalla fine del IV sec. a.C. Caduto l'Impero, per molti secoli l'uso del TGVT fu limitato alle aree prossime alle cave e anche quando nella Roma rinascimentale riprese vigore l'attivitaÁ costruttiva al TGVT fu preferito il Tufo Lionato che ha cave ed affioramenti all'interno o molto prossimi alla cittaÁ. In secondo luogo fu usato il Peperino di Albano e Marino. Solo nella metaÁ del secolo scorso l'estrazione del TGVT eÁ ripresa a gran ritmo costituendo attualmente una materia prima di marcato interesse economico. L'analisi microscopica di campioni provenienti da cave attuali e da monumenti romani ha consentito di tracciare un panorama completo della composizione del TGVT affiorante nell'area della via Tiberina, ove erano le cave romane. Nonostante gli elevati spessori della formazione e l'eterogeneitaÁ dei componenti sia vulcanici sia sedimentari, non si sono osservate differenze significative tra campioni vicino alla base e quanto presente nella parte sommitale. Anche i campioni dai monumenti, prelevati probabilmente dalla stessa area, ma nell'arco di piuÁ secoli, non presentano tra di loro differenze sostanziali. Le variazioni riscontrate tra campioni sia da cave attuali sia da monumenti riguardano in massima parte solo le percentuali di presenza dei medesimi componenti principali. In tutti i campioni di TGVT, le zeoliti rappresentano una componente fondamentale. Cabasite [Ca2Al2Si4O12.6H2O] e phillipsite [KCaAl3Si5O16.6H2O] sono di gran lunga le piuÁ comuni, associate ad analcime [NaAlSi2O6.H2O] in gran parte derivato dall'alterazione della leucite. I rapporti cabasite/phillipsite lungo sezioni verticali o nei vari campioni analizzati sono variabili, ma nella massima parte dei casi si osserva che nel TGVT la cabasite eÁ di gran lunga prevalente sulla phillipsite. Si hanno dati sui contenuti in zeoliti di tre formazioni piroclastiche («tufi») del Lazio e della Campania: il TGVT, il Tufo Lionato del Vulcano dei Colli Albani ed il Tufo Giallo Napoletano dei Campi Flegrei. Sono prodotti affini dal punto di vista vulcanologico emessi con modalitaÁ simili dal vulcanismo alcalino-potassico quaternario della fascia peritirrenica e con molte analogie strutturali e composizionali. Sia nel Tufo Giallo Napoletano (Colella et al., 1982; de' Gennaro et al., 1990, 2000) sia nel Tufo Lionato (De Casa et al., 1999) eÁ la phillipsite a prevalere, ad indicare un ambiente chimico-fisico parzialmente diverso nel quale si sono formate le due zeoliti. Non vi sono dati sperimentali che consentano di precisare l'influenza dei singoli parametri che presiedono alla formazione dell'una o dell'altra zeolite, quali gradienti di raffreddamento, distribuzione e chimica dei fluidi, struttura della matrice vetrosa. Nel 285 IL TUFO GIALLO DELLA VIA TIBERINA ... TGVT i diversi aspetti delle zeoliti (microcristalline nella matrice, di relativamente grandi dimensioni entro venature, con abito idiomorfo a riempimento parziale di vacuoli) indicano che la loro formazione eÁ avvenuta in fasi diverse durante il raffreddamento della colata piroclastica e la diagenesi. Dai rapporti di abito delle due zeoliti, nel TGVT sembra che la phillipsite si sia in molti casi formata dopo la cabasite. Le analisi chimiche di campioni di TGVT da cava e da monumenti hanno mostrato un campo di variazione dei contenuti dei singoli ossidi analogo e piuttosto ampio, giustificato dall'eterogeneitaÁ dei componenti e dalle modifiche indotte dai processi di diagenesi. Dai dati su otto campioni dalle cave attuali non sono evidenti variazioni sistematiche lungo i profili verticali della formazione. Le medie delle composizioni dei campioni dalle cave attuali e dai monumenti hanno una notevole e per certi versi sorprendente analogia, testimoni della relativa omogeneitaÁ composizionale ed individualitaÁ della formazione almeno nell'area lungo la Via Tiberina ove erano le antiche aree di estrazione dei Romani e le cave di Riano attualmente sfruttate. Nell'insieme eÁ risultato che anche su grandi spessori il TGVT ha caratteri composizionali e strutturali relativamente omogenei. Per la sua facile lavorabilitaÁ, basso peso specifico, buone caratteristiche meccaniche, bassa conducibilitaÁ termica legata alla sua microporositaÁ il TGVT rappresenta una valido materiale da costruzione, umile, silenziosa struttura portante di tanti monumenti e fabbricati della Roma antica e moderna. RINGRAZIAMENTI Il lavoro eÁ stato eseguito con un contributo (G. Lombardi) di L 1.500.000 del MIUR 60%. Gli Autori ringraziano la Dott.ssa G. Alessandrini del Centro CNR «Gino Bozza» del Politecnico di Milano per le misure con il porosimetro al mercurio; il Dott. G. Nappi per la collaborazione ricevuta; l'Italtufo per l'accesso alle cave. BIBLIOGRAFIA ASTM DESIGNATION: D4404-84, 1991. Standard test method for determination of pore volume and pore volume distribution of soil and rock by mercury intrusion porosimetry. Annual Book of ASTM Standards, Section 4, vol. 04.08: 673-677. BERTINI M., D'AMICO C., DERIU M., TAGLIAVINI S., VERNIA L., 1971. 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